La danza dell'Erinni

di Marbella
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Buio, dolore, sangue... ***
Capitolo 2: *** Atto primo: uccidere. ***
Capitolo 3: *** Requiescat in pace. ***
Capitolo 4: *** Si va in scena. ***



Capitolo 1
*** Prologo: Buio, dolore, sangue... ***


Prologo

Buio, dolore, sangue...


Francia, Aquitania, boschi presso Bordeaux - notte tra il 15 e il 16 Aprile 1671


Acqua di colonia e sigaro... un lieve scricchiolare di assi di legno... e un'intensa zaffata di quell'odore dolciastro...

Umide labbra sulla fronte, una mano si insinua scostando le pesanti coperte. Fa freddo, è quasi inverno e l'avido gesto sembra svegliare la ragazzina. Pigra gira il capo ancora ad occhi chiusi e fa per riprendersi le coltri, ma il tocco ruvido della mano raggiunge la pelle delicata del braccio.

Gli occhi spalancati nell'oscurità si accorgono dell'intruso... rapida un'altra mano corre a tacitare le giovani labbra, con forza preme...soffoca.

"Zitta, sta zitta...tanto non verrà nessuno, questa è casa mia!"

Le coperte gettate sul pavimento lasciano ora indifese le tenere forme femminili, appena celate dalla camiciola di mussola. Rudemente l'uomo trattiene le gambe scalcianti, induginado sul ginocchio e risalendo sulla coscia tiepida e liscia.

La morbida stoffa viene strappata e il corpo massiccio dell'uomo prende il sopravvento bloccando, greve, il bacino della ragazza. Inutili si levano i palmi per schiaffeggiare, graffiare, scacciare.

"No, no, nooooooooooo"

Le urla irrompono, infine, suoni strozzati dalla paura, mentre i teneri seni vengono morsi e succhiati da una bocca impietosa.

Dolore infuocato penetra in lei, le membra squassate dalle spinte animali e dal pianto...

...sangue...

Sangue schizza sulle sue guance...le sue mani, non più inermi, sono grondanti...

Ora è lei a torreggiare sull'uomo steso a terra, una scomposta macchia scura sullo sfondo rubino del pavimento.

Ora è la bocca che ha tortuarato oscena ogni centimetro della sua pelle, ad essere spalancata in un ghigno di terrore.

...sangue...

Colette si svegliò annaspando, madida di sudore. La prima cosa che percepì fu nuovamente l'odore metallico del sangue che aveva addosso e sembrava impregnarle l'anima. Trattenne a stento un conato rigirandosi sul pagliericcio. Non era ancora l'alba, doveva aspettare.

I suoi occhi pallidi vagarono lungo le travi del capanno, quasi le importasse contare le ragnatele e le fessure del legno.

L'aveva riconosciuta, sì, ne era sicura: era morto sapendo che era stata una donna a batterlo in duello, che era stata lei... un sorriso crudele fiorì sulle sue labbra, per poi ripiegarsi e svanire rapido al sopraggiungere di un altro pensiero. Padre... Colette inspirò a fondo per calmarsi e frenare i singhiozzi che sentiva montarle nel petto. La pagheranno, la pagheranno tutti... giurò a se stessa, fingendo di non odiarsi e non provare solo schifo per quello che aveva fatto, fingendo di essere in grado di affrontare qualunque cosa, pur di ottenere la sua vendetta.



Angolo dell'autrice

Ciao a tutti, questo è il primo capitoletto della mia ff storica! Spero che vi incuriosisca, è un incipit in medias res, ma non troppo ...medias.

Beh, insomma, ditemi che ne pensate per favore *_*

a presto (SpErO)!

// P.S. Ho inserito una Nota storica alla fine del Capitolo 1 //

Bye bye

Marby

 

...Nel prossimo capitolo:

"Nel silenzio cupo della grande aula l'aggressore, chinatosi in ginocchio su di lui, gli prese la destra, se la portò al petto e sussurrò: Vi ricordate di me, ora? -

Il terrore brillò impietoso sul volto contratto del morente, mentre bruscamente ritraeva la mano biascicando: Putt... - ma la gola gli venne squarciata di netto."



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Capitolo 2
*** Atto primo: uccidere. ***


 

Capitolo 1

Atto primo: Uccidere

Francia, Aquitania, Saint Quentin de Baron - 15 Aprile 1671

La spada penetrò a fondo nel ventre dell'uomo, che cadde a terra rantolante.

Nel silenzio cupo della grande aula l'aggressore, chinatosi in ginocchio su di lui, gli prese la destra, se la portò al petto e sussurrò: Vi ricordate di me, ora? -

Il terrore brillò impietoso sul volto contratto del morente, mentre bruscamente ritraeva la mano biascicando: Putt... - ma la gola gli venne squarciata di netto. Il sangue schizzò ovunque, allargandosi poi in una pozza vermiglia sotto il corpo del Marchese. L'altro, in piedi vicino al cadavere, estrasse con uno strattone la spada per rinfoderarla. Ripulì l'arma corta sui calzoni e infine, imperturbabile, mosse verso l'uscita, senza degnare di uno sguardo i due testimoni e il medico sbigottito.

La Marchesa giungeva in quel momento scortata da un amico del marito, il quale si era premurato di avvisarla dell'imminente scontro. Alla vista delle impronte sanguigne lasciate dagli stivali dell'uomo che veniva verso di lei, si precipitò nella stanza con un urlo e svenne dopo pochi passi, ancora in tempo per sentire, soffiato alle sue spalle: Credetemi, Madame, Vi ho solamente fatto un piacere...-

Tutto era compiuto: l'offesa, la sfida, la morte. I presenti, scioccati, non avevano avuto il coraggio di fiatare, ma ad un tratto qualcuno aprì bocca appiccando un fuoco di grida concitate: Ma questo è ...assassinio...

- Le guardie, presto, chiamate le guardie del tribunale!

- Fermate quell'uomo!

Tra gomitate e spintoni la gente ben vestita si riversò fuori dall'aula, disperdendosi per i corridoi alla ricerca affannosa dell'uomo, già scomparso.

Poco dopo, in un impeto di muscoli, un cavallo percorse al galoppo lo spiazzo in terra battuta dietro al tribunale e si tuffò nel bosco di castagni che si apriva a poca distanza dal modesto edificio della Giustizia. Il cavaliere, teso sul collo dell'animale, lo dirigeva deciso tra gli alberi, voltandosi di tanto in tanto e aguzzando lo sguardo ceruleo. Proprio in questo movimento un ciuffo di capelli ricci e scuri s'impigliò fra i rami sovrastanti e venne strappato di colpo, liberando un'imprevedibile chioma color grano - Dannazione! - si lasciò sfuggire la ragazza; non aveva proprio il tempo di fermarsi a raccogliere la parrucca tra le foglie del sottobosco, e proseguì spronando ulteriormente la povera bestia.

Quei riccioli bruni cuciti su tela di sacco finissima erano costati parecchio, ma l'effetto che davano, insieme ai finti baffetti applicati con miele colloso, era di incredibile realismo. La gola della giovane e la sua marsina erano incrostate di sangue, come le mani che stringevano con rabbia le redini: un coltello e una spada vibravano agganciati alla cintura.

Procedette nel bosco fino a notte, senza fermarsi, ma costretta a rallentare sensibilmente l'andatura per via del terreno accidentato e degli alberi. Doveva raggiungere la meta, ormai mancava poco.

Il baluginio del fuoco la fece sobbalzare, arrestò il cavallo e attese; una fiaccola emerse dal buio lanciando al suolo un'ombra deformata.

- Ci sei riuscita? - domandò impaziente una roca voce maschile

- Sì...il Marchese de Flossy è morto. -

Nel pronunciare la frase Colette fu presa da un tremito tale da costringerla a scendere a terra. L'uomo rimase distante a scrutare la nipote che vomitava, vinta dalla stanchezza, dall'angoscia e dall'orrore. Poi fece qualche passo e le si accostò con fare tenero

- Brava, sei stata brava. Ora possiamo proseguire con il nostro piano. Non pensarci più, domani mattina saremo a Bordeaux. Adesso riposati! -

Colette si raddrizzò, pallida in volto, lo guardò fisso negli occhi per un attimo e strappatagli la torcia di mano si diresse verso la piccola baracca da cacciatore, che sapeva trovarsi nei pressi. Camminando, si sbottonava con furia la giacca, si strofinava la gola, le guance: sfregava e piangeva lacrime tinte di sangue, non suo. Infine, accovacciata sul pagliericcio umido del capanno, si addormentò tra i suoi incubi, al buio, mentre lo zio si godeva quel momento di trionfo, sentendosi come non si era mai sentito prima.


Angoletto dell'autrice

Dunque, questo è il secondo capitoletto della mia ff (Questi primi capitoli sono corti per renderli più incisivi in sé, come scene singole). Please, please, please recensite, commentate...anche solo per dire "mi piace" o "mi fa schifo" etc. Mi farebbe piacere avere la vostra opinione :D Spero di sentirvi presto, un bacione,

Marby

Nota storica.

Nel mio racconto il castello che attribuisco come dimora ad André Maurice de Rohan, Marquis de Flossy (che non ha fatto nè una bella figura, nè una bella fine), e sarà dimora del suo erede, è Chateau de Curton, un castello realmente esistente presso il borgo di Tizac-de-Curton, in Aquitania, divenuto dal 1563 sede del Marchese di Chabannes per poi finire in mano al popolo con la Rivoluzione Francese. Il borgo di Tizac fa/faceva parte della circoscrizione maggiore del paese di Saint Quentin de Baron a circa 4 km di distanza sulla strada per Bordeaux. E' qui che il racconto comincia in quanto centro di maggior importanza dove venivano risolte questioni d'onore e di altro genere relative al ceto borghese, più raramente del popolo, da parte dei nobili che controllavano la zona.
Per quanto possibile i particolari e i personaggi storici riportati saranno veritieri e verificati :) Ciao!

 

... Nel prossimo capitolo:

"-Che ha combinato il vecchio?- domandò Robert, che in piedi accanto alla finestra ora aperta, fece un cenno ad Annette perché lo aiutasse a rivestirsi.

-E' morto Monsieur...- Luc si maledì appena ebbe pronunciato quelle parole.

...Il sorriso beffardo sul volto del Conte si polverizzò..."

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Capitolo 3
*** Requiescat in pace. ***


Ciao! Eccomi con un nuovo capitolo :)

Ringrazio tutti quelli che stanno leggendo e spero davvero di ricevere presto i vostri commenti e consigli (O_o vi prego ho bisogno di sapere che ne pensate) !

Ora la storia comincia a delinearsi meglio... o forse no, ma mi piace tenere i fili in sospeso per un po' prima che siano completamente definiti i vari personaggi, altrimenti che gusto c'è?

Dunque spero che vi piaccia, buona lettura, Baci, M.


Capitolo 2

Requiescat in pace


Francia, Aquitania, Bordeaux - 16 Aprile 1671


Strinse le cosce della donna tra le mani fino a lasciarle i segni delle dita sulla pelle, mentre con impeto la penetrava. Urletti d'incitamento accompagnarono teatrali le sue spinte - Oui, oui, Robert! - Lo chiamava per nome, la sfrontata, e sorrideva maliziosa.

Doveva proprio ammettere che quel visino a forma di cuore e gli occhioni scuri lo eccitavano parecchio. Se non fosse che era stata dannatamente cara, e solo per l'esotico colore della sua carne soda! Mme Pouillon stava diventando veramente esosa, quasi credesse di essere l'unica a gestire un bordello in città. Forse, però... per quel corpo...al diavolo la taccagneria: l'avrebbe chiesta di nuovo a Madame.

Sorrise fra sé chinandosi a mordere le labbra di velluto della puttana che lo aveva sedotto quella notte, per poi abbattersi ansante su di lei con un ultimo grugnito di piacere.

-Davvero notevole, Sibille, davvero...- mormorò, più a se stesso che alla ragazza, mentre si sdraiava soddisfatto nel grande letto.

-Non sono Sibille!- fece quella indispettita, staccandosi da lui e girandosi di scatto dall'altra parte.

-Oh pardonnez moi, chéri, mi capita di avere la memoria corta!- rispose sogghignando il Conte.

-D'altronde, credo proprio che Mme Pouillon non mi abbia dato precisamente il Vostro nome di battesimo, o sbaglio Mademoiselle? ...Posso chiamarti come mi pare, pago anche per questo...- aggiunse sarcastico, portandole una mano al mento per voltarle bruscamente la testa verso di lui.

Annette, così si chiamava la giovane, si limitò a mostrare una smorfietta irritata e ad allungare il palmo verso il basso ventre dell'uomo, stuzzicandolo appena. A volte li odiava con tutto il cuore, i clienti, e la loro boria; ma almeno questo non le provocava un senso di nausea all'idea di farsi scopare. Anzi, era decisamente un bell'uomo, sui trentacinque anni, alto e dal fisico asciutto, la mascella decisa e la bocca carnosa, per quanto perennemente piegata in un'espressione di sufficienza.

Con suo grande stupore si ritrovò a pensare quasi invidiosa all'affettata nobildonna che prima o poi lo avrebbe sposato. Perché era inevitabile che anche Robert Philippe de Rohan Conte di Montfourret si sarebbe dovuto sposare, cedendo di malanimo alle pressanti richieste del padre.

In effetti, per essere figlio unico aveva goduto anche troppo a lungo del suo status di scapolo. Non che dopo il matrimonio avrebbe smesso di girare per il bordello di Madame. Ovviamente.

Guardandolo meglio -rifletté- solo i suoi occhi riuscivano a incuterle un brivido; in totale contrasto con i lunghi capelli neri, essi erano di un azzurro slavato e freddo come il ghiaccio, che nessuna passione pareva poter sfiorare.

Qualcuno bussò alla porta della stanza, ancora immersa in una polverosa penombra grazie ai pesanti tendaggi incuranti del sole che si stava levando nel cielo di Bordeaux.

-M...Monsieur?- balbettò incerta una voce.

-Luc?- domandò il Conte scocciato .

-Oui Monsieur, sono io. P...posso entrare?-

-Avanti, Luc, muoviti! Entra!- rispose sempre più seccato Robert, alzandosi dal letto per infilarsi la vestaglia.

La porta venne appena scostata e degli occhietti da topo si spalancarono alla vista di Annette che placidamente se n'era rimasta sdraiata tra le lenzuola di seta. I due si fissarono un istante, prima che la ragazza si vedesse costretta a sollevare un po' di stoffa per coprirsi ed evitare che il giovane mingherlino che stava alla porta evaporasse per l'imbarazzo.

-Luc! Allora! Entra...Santo Cielo, ma non hai mai visto una donna nuda?-

-S..sì, certo Monsieur...- e finalmente entrò, mentre il Conte scostava le tende, illuminando completamente la camera della lussuria.

-Monsieur Vi devo dare una terribile notizia...Vi cercavo da ieri sera...Vostro padre...- Luc si stava tormentando le mani tenendo gli occhi bassi; avrebbe preferito dare la notizia da dietro la porta chiusa, per poi scappare via di corsa . Il figlio del Marchese lo metteva in soggezione, forse ancora più del padre, pace all'anima Sua, ma Mme Florianne gli aveva ordinato di cercarlo per tutta Bordeaux e di trascinarlo a Chateau de Curton, di peso... come se ciò fosse stato anche solo pensabile...

-Che ha combinato il vecchio?- domandò Robert, che in piedi accanto alla finestra ora aperta, fece un cenno ad Annette perché lo aiutasse a rivestirsi.

-E' morto Monsieur...- Luc si maledì appena ebbe pronunciato quelle parole. Diavolo, poteva esprimersi con un po' più di tatto!

Il sorriso beffardo sul volto del Conte si polverizzò, mentre con la mano destra afferrava il bordo scheggiato della vetrata. E non si capiva se lo stesse stringendo per sostenersi o per sgretolarlo tra le dita.

-Sono veramente rammaricato di doverVi comunicare questa sciagura, Monsieur. Il Marchese è rimasto vittima di un regolare duello ieri pomeriggio a Saint Quentin, p...presso il tribunale...-

Robert continuava a vedere le labbra sottili del servitore aprirsi e richiudersi, ma non riusciva a percepire realmente alcun suono. La sua mente era ancora bloccata alla parola "morto" associata a "Vostro padre". Il che non aveva davvero il minimo senso. Quel vecchio avido e inflessibile. Suo padre. Svanito.

-L'uomo che lo ha sfidato a duello non si era mai visto nella zona, eppure...- proseguiva Luc imperterrito,

-Duello?- sbottò infine il Conte -Ma questa è un'assurdità!- Poteva anche accettare che suo padre fosse morto di cuore o strozzandosi con un osso di pollo, ma non facendosi infilzare come un idiota dopo aver accettato alla sua età un duello all'ultimo sangue.

-Monsieur, mi dispiace...- mormorò Annette, che si era avvicinata sfiorandogli un braccio con la mano.

-E lasciami tu!- la rimbeccò Robert scostandola in malo modo e afferrando dal divanetto di broccato i suoi calzoni.

-Monsieur, sì il Marchese ha accettato un duello all'ultimo sangue con quell'uomo, che appunto, dicevo, sembrava in qualche modo conoscere...Era molto agitato...A quanto pare la questione d'onore era veramente grave, e stranamente doveva avere a che fare con l'imprigionamento e la morte del Barone de la Motte avvenuta una decina di anni fa...ma il vero motivo della sfida non è stato dichiarato neanche ai testimoni. Il Marchese ha voluto che fosse taciuto...-

-Il nome!- urlò a quel punto Robert -Dimmi il suo nome!- ricordava perfettamene ciò che era accaduto dieci anni prima. Era giovane, ma sapeva benissimo che il padre era riuscito a far condannare de la Motte in modo non proprio pulito. E lui stesso aveva dovuto mentire davanti al re per accontentarlo. Era improbabile, non impossibile, che qualcuno si fosse attardato a vendicare il Barone finito in disgrazia.

-Ha...ha detto che si chiamava Jean-Constant Pousset, Conte di Belville...- Luc tirò fuori quel nome con l'ultimo fiato rimastogli e poi attese con ansia la reazione di de Rohan.

-E chi diavolo sarebbe?!- sbraitò nuovamente il Conte, finendo di vestirsi con rabbia. Non aveva mai amato suo padre e, in verità, dopo un primo momento di sconcerto si era convinto che non gli importasse molto se era vivo o morto; ma la scocciatura enorme che la sua dipartita gli avrebbe comportato, ecco, questo lo rendeva furioso.

Infine, agganciata la spada alla cintura sotto la marsina blu scuro, si voltò verso il servitore ringhiando -Allora, Luc?! Che aspetti? Immagino che mia madre ti abbia spedito qui per farmi rientrare al castello, o no?- E si diresse alla porta senza aspettare risposta. Fu solo quando scorse con la coda dell'occhio la figurina nuda di Annette, ancora immobile accanto alla finestra, che storse la bocca trattenendo un'imprecazione: adesso sì che sarebbe stato costretto a sposarsi!


Un bacio a tutti, alla prossima

M.

 

...Nel prossimo capitolo:

"-Pensa a tuo padre, pensa a te stessa. Hai fatto ciò che era necessario. Alla fine sarà solo un brutto ricordo…-

François le aveva preso il cencio e con fare paterno aveva cominciato a pulirle il viso solcato dalle lacrime. Poi i suoi occhi avevano sfiorato la scollatura lasciata aperta dai lacci sciolti della camicia di lino, e la sua mano si era fermata."

 

 

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Capitolo 4
*** Si va in scena. ***


 

Ecco finalmente il nuovo capitolo della storia di Colette. Comincia a dipanarsi la matassa ;)

Buona divertimento e grazie di cuore a tutti quelli che leggono, commentano e seguono questa avventura!

Ogni suggerimento è prezioso: quindi non siate timidi ^.^

Un bacione, M.


 


 

 

Capitolo 3

Si va in scena


Francia, Aquitania, Bordeaux - 16 Aprile 1671


Era diventata una bella donna - la sua nipotina - si sorprese nuovamente a pensare François Gaulet, mentre i sobbalzi della carrozza facevano dondolare avanti e indietro i ricci ambrati di Colette, assopita contro il finestrino.

- Bella e letale… - sogghignò fra sé e sé.

Assurdamente fiero di aver trasformato un’orfana spaventata e vittima di violenza in un’insospettabile Erinni, non si poneva il minimo problema morale per ciò che aveva fatto, a lei o grazie a lei. Dopo tutto, era stata proprio sua moglie, orgogliosa sorella di de la Motte, a fargli giurare che avrebbe vendicato il Barone ingiustamente condannato. Di certo, se Caroline fosse stata ancora viva, non gli avrebbe permesso di servirsi della nipote a tale scopo, ma in ballo c’erano anche i soldi -molti soldi- che nella mente di François appartenevano di diritto a Colette, e quindi a lui, se fosse riuscito a estromettere definitivamente i de Flossy dalla scena. Il suo “progetto a lungo termine”, come lo definiva, si stava rivelando perfetto, per cui non c’era davvero motivo di farsi venire degli scrupoli: avrebbe avuto l’eredità del Marchese e avrebbe pagato i debiti di gioco, scrollandosi definitivamente gli strozzini di dosso … nonché togliendosi qualche sfizio personale.

*

Quel giorno Margot e Pietro erano arrivati all’alba nel punto prefissato con la bella carrozza da viaggio acquistata da François non appena giunti in Francia dall’Italia. I due servitori avevano fermato la vettura carica di bagagli lungo la strada polverosa che conduceva a Bordeaux, al limitare del bosco in cui zio e nipote avevano passato la notte. A quell’ora del mattino si supponeva non ci fossero occhi indiscreti a controllare i loro movimenti: e così era stato.

Con il comparire della prima tenue luce diurna, Colette si era finalmente alzata dal pagliericcio e afferrato il fiasco con l’acqua e un canovaccio pulito, era uscita dal capanno per cercare di lavarsi. Si era slacciata un poco la camicetta imbrattata e aveva preso a sfregarsi il collo e il viso con la pezza inumidita, ma l’odore acre del sangue le impregnava ogni poro. A un tratto si era guardata le mani che reggevano la stoffa e un brivido l’aveva percorsa: le gocce d’acqua avevano sciolto qua e là il sangue rappreso, e ora questo colava lasciando sulla sua pelle viscose striature rossastre. Qualcosa in lei si era spezzato ed era scoppiata a piangere, le spalle sottili curvate e scosse, finché una mano non vi si era posata:

- Quell’uomo non vale una sola delle tue lacrime, lo sai Colette! - la voce di François era calda e rassicurante, la voce di chi l’aveva cresciuta, confortata e … addestrata a uccidere.

-Pensa a tuo padre, pensa a te stessa. Hai fatto ciò che era necessario. Alla fine sarà solo un brutto ricordo…- François le aveva preso il cencio e con fare paterno aveva cominciato a pulirle il viso solcato dalle lacrime. Poi i suoi occhi avevano sfiorato la scollatura lasciata aperta dai lacci sciolti della camicia di lino, e la sua mano si era fermata. Colette indossava ancora attorno al seno la stretta fascia che le aveva permesso di fingersi un giovane spadaccino, ma sotto la semplice stoffa s’intuivano facilmente le curve delicate delle sue forme. Con un vago senso di imbarazzo lo zio si era ritratto.

-Monsieur, siamo arrivati … Ho portato l’abito di Mademoiselle-

Con un ampio fagotto in mano Margot era comparsa all’improvviso tra gli alberi dietro alla baracca da cacciatore, dando a François il pretesto per allontanarsi dalla nipote che lo fissava immobile.

-Certo… perfetto! Aiutate Colette a lavarsi e cercate di renderla presentabile. Non possiamo sollevare sospetti di alcun tipo. Pietro è rimasto alla carrozza?-

-Sì, Monsieur, vi aspetta.-

-Bene, dunque vi precedo, fate in fretta! Non abbiamo molto tempo prima che sulla strada cominci a comparire qualcun altro. Ah, i vestiti sporchi gettateli sul fuoco. Non lasciamo tracce!- e fece per avviarsi.

-Aspettate! Il mio cavallo, dov’è?- domandò la ragazza notando solo allora  i finimenti e la sella in mano a François.

-Mentre dormivi l’ho spaventato con il fuoco per farlo scappare, Colette. Sarebbe stato riconoscibile, nel caso di un’inchiesta. Non sappiamo come verrà considerata la morte del Marchese. Sicuramente il figlio vorrà vederci chiaro sul duello … e noi non possiamo permettergli di arrivare alle giuste conclusioni. Ad ogni modo, sei sicura di aver fatto perdere le tue tracce arrivando qui?-

-Sì, zio…- La mente di Colette era al momento troppo sopraffatta dalla stanchezza per poter pensare a quella costosa parrucca di ricci castani, che una mano guantata stava raccogliendo nel sottobosco a trenta chilometri di distanza.

*

Margot aveva proprio fatto del suo meglio per restituire un po’ di femminile eleganza all’aspetto di Colette. Con l’abito turchese e un po’ di colore sulle guance, nessuno avrebbe mai potuto pensare che quel corpo delicato portasse ancora le tracce di sangue altrui.

François si rilassò sullo schienale imbottito della carrozza con un sorriso di appagamento sulle labbra sottili. Prima di lasciare l’Italia era riuscito a ottenere un ultimo ingente prestito dai maledetti banchieri fiorentini; doveva mantenere le apparenze di ricco nobiluomo, se sperava di portare a termine il piano. Dunque aveva bisogno di denaro per una bella carrozza, bei vestiti e una dimora all’altezza del titolo di Conte di Valdarno; titolo che, ovviamente, si era attribuito da solo, ma che avrebbe permesso a se stesso, Franceso Rimedi, e alla graziosa figlia Eleonora, di accedere ai salotti dell’alta società bordolese.

-Zio…- Colette aveva aperto gli occhi mentre la carrozza attraversava il ponte sulla Garonna per entrare in città.

-Padre, d’ora in poi... non dimenticarlo, Eleonora!-

François era vissuto in Italia per quasi vent’anni, da quando poco dopo il matrimonio aveva acquistato alcune terre nel Ducato di Toscana e vi si era trasferito. Al momento, quelle terre erano in balia degli strozzini, e della sua ricchezza sperperata al gioco rimanevano solamente i debiti da ripagare; tuttavia, la lunga permanenza mediterranea gli aveva fatto acquisire modi e parlata locali, per cui non dubitava di poter mentire bene circa le proprie origini. Temeva, in realtà, che fosse Colette a tradirsi, sebbene a sua volta parlasse perfettamente il fiorentino. La ragazza aveva raggiunto gli zii in Italia dopo la morte del padre e la violenza subita la notte in cui il Marchese l’aveva generosamente ospitata a casa sua; metà della sua vita era quindi trascorsa sulle sponde dell’Arno, ma era la tensione di una finzione continua che metteva a rischio un’interpretazione convincente. Colette, inoltre, non si sarebbe potuta limitare a recitare la parte della figlia del nobile italiano, avrebbe anche dovuto fare in modo di attirare le giuste attenzioni, e intrecciare il proprio destino con chi le aveva rovinato la vita.

-Sì, padre … Volevo chiedervi, pensate che lo vedremo già questa sera?- riprese Colette correggendosi e parlando in italiano.

-Credo di sì, mia cara, credo di sì…- rispose il Conte di Valdarno, guardando fuori dal finestrino e socchiudendo gli occhi al sole che si alzava nel cielo. La Garonna sotto di loro scorreva con la sua pigra corrente: erano arrivati a Bordeaux.

Si andava in scena.

 


 

 

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