I'd Come for You

di samek
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima Parte ***
Capitolo 2: *** Seconda Parte ***



Capitolo 1
*** Prima Parte ***


Lo scricchiolio degli scalini di casa aveva qualcosa di rassicurante, mentre arrancava verso camera sua dopo aver sventato l’ennesima Apocalisse

Fandom: Supernatural.

Pairing/Personaggi: god!Castiel/Dean, Bobby/Crowley, Carver Edlund Chuck, Sam.

Rating: Pg.

Charapter: 1/2.

Genere: Angst, Introspettivo, Romanico.

Warning: Linguaggio, Pre-Slash, Spoiler 6x22.

Words: 5328/10591(fiumidiparole).

Summary: Post 6x22 – Crowley ha un piano per sistemare le cose: recupererà l’amuleto in grado di localizzare Dio, i Winchester e Bobby troveranno il Signore, Lui disinnescherà Castiel e così tutti si salveranno il culo. Sembra semplice, no? Sembra, appunto.

Note: Il titolo della fic è lo stesso dell’omonima canzone dei Nickalback, le cui strofe accompagnano l’intera storia.

Dedica: A neera_pendragon per il suo compleanno �/ Tesoro, dovrebbero esserci ben due shippe che ti piacciono, spero solo di essere stata all’altezza. Tanti Auguri, Honey ♥ Buon Compleanno e 100 di questi giorni!

 

DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù

 

I’d Come for You

Prima Parte

 

Solo un altro momento,
è tutto ciò di cui c’è bisogno,
come soldati feriti,
bisognosi di guarire,
E’ tempo di essere onesti,
questa volta mi dichiaro colpevole,
per favore non soffermarti su questo,
perché non intendevo farlo
.

 

Lo scricchiolio degli scalini di casa aveva qualcosa di rassicurante, mentre arrancava verso camera sua, dopo aver  sventato l’ennesima Apocalisse. Non importava quando impolverato fosse il parquet o quanto arrugginito fosse il corrimano, la sensazione di casa nei suoni, negli odori, nei sapori perfino, valeva tutto quello.

Bobby chiuse una mano stanca sul pomello della porta e lo girò piano, gustando il metallo freddo sotto il palmo, ma non appena la porta fu aperta di uno spiraglio, notò che la camera era già illuminata. Con circospezione, impugnò la pistola prima di spingere lentamente il pannello con la mano libera.

I ragazzi erano di sotto e sarebbero accorsi al primo rumore sospetto, ma erano esausti ed emotivamente prosciugati – era l’effetto che faceva recuperare la memoria e perdere un amico che amavi come un fratello – e lui non era ancora così vecchio da non potersela cavare da solo.

Be’, certo, non si aspettava di trovare proprio lui; non così presto, almeno. Non nella sua dannatissima camera da letto, soprattutto.

Seduto comodo sul materasso, infatti, con le gambe elegantemente accavallate ed il peso poggiato sulle braccia puntate dietro di sé, c’era niente meno che il Re dell’Inferno.

«Che diavolo ci fai tu qui?» sbuffò il padrone di casa sfinito, abbassando l’arma, dato che sarebbe stata del tutto inutile.

Crowley si guardò attorno con fare svagato, osservando i vetri coperti da sigilli enochiani ed il soffitto su cui era tracciato un sigillo di Salomone. «Mi piace come hai sistemato questo posto. Davvero carino» asserì. «E adoro come riesci sempre a sottolineare chi sono e da dove vengo, Robert» sorrise mefistofelico. «Mi spiace per la scortesia, ma volevo evitare i due mocciosi al piano di sotto. Dean Winchester sa essere molto… come dire? Sgradevole. Tra uomini adulti, invece, si può ragionare, non è vero, Bobby? Non ho trovato una sedia, ma il letto è molto comodo» concluse, alludendo all’arredamento decisamente spartano.

«Bla-bla-bla. Non hai ancora risposto, Fergus» gli fece notare il cacciatore, calcando appositamente il suo nome mortale per irritarlo.

Il demone non fece un piega, ma finalmente tornò serio. Lo era sempre quando si parlava di affari. «Si da il capo che abbiamo un interesse comune, voi ed io» osservò.

«Ma davvero? Paura che il nuovo sceriffo prenda a calcia il tuo culo scozzese, caro?» replicò Bobby, chiudendo finalmente la porta dietro di sé e gettando a terra la sacca delle armi.

«Qualcosa del genere, sì. Ci tengo particolarmente al mio culo» ammise lui.

«Non ne dubito» ironizzò l’uomo.

«E poi sai come si dice: il nemico del mio nemico è mio amico. Specie se possiede del whiskey decente» continuò Crowley, osservando Bobby tirare fuori una bottiglia di liquore da un cassetto e versarsene una generosa dose in una tazza di ceramica.

Dopo un momento d’incertezza, il cacciatore recuperò un bicchiere impolverato, lo sciacquo con del whiskey che gettò via e poi ne versò altre tre dita, offrendole all’ospite non esattamente gradito. Era stata una giornata pesante per tutti.

«E pensi sul serio che ci fideremo di te?» si sentì in dovere di rispondere, tuttavia.
L’altro scrollò spalle. «Penso di essere rimasto l’unico coerente a se stesso, onestamente» replicò.
«Non c’è proprio nulla di onesto in te» lo stroncò lui.
«Ma è proprio questo il punto: puoi sempre confidare che un disonesto resti disonesto, mentre non puoi mai sapere quando una persona onesta farà qualcosa di immensamente stupido» osservò, riferendosi nemmeno in modo troppo velato a quello che una volta era il loro angelo sulla spalla.[1]
«Se hai finito di citare Pirati dei Caraibi, arriva al punto per favore, così posso esorcizzarti ed andare a letto» ribatté il cacciatore. «Che c’è?» aggiunse quando il demone gli lanciò un’occhiata sorpresa «Mi piacciono i pirati» concluse.
«Già, Johnny Depp ha un certo fascino tenebroso» convenne Crowley. «Bobby Singer, adorabile ubriacone, anche tu sei uno che resta sempre coerente a se stesso. Per questo mi piaci» continuò quindi.

«Il punto, Crowley» gli ricordò seccato.

«Oh, certo. Il punto è questo: un po’ di tempo fa il caro Dean possedeva qualcosa di molto utile, regalatogli da Sam; roba che gli avevi trovato tu, se non erro. Un amuleto in grado di segnalare la presenza di Dio» iniziò a spiegare il Re dell’Inferno. «Io recupero il ciondolo, voi trovate il Padreterno, Lui disinnesca Chernobyl e ci salviamo tutti il culo. Una proposta molto ragionevole, non trovi? Come ho già detto, ci tengo parecchio al mio» concluse ammiccante.

Bobby poggiò la tazza sul comodino ed incrociò le braccia davanti al petto. «Non ho nessuna intenzione di baciarti di nuovo» asserì fulminandolo con lo sguardo.

Il demone si alzò in piedi e posò il bicchiere accanto alla tazza, accostandosi a lui con un sorriso appena accennato. «Perché no? L’ultima volta ti era piaciuto» osservò divertito, compiacendosi del rossore che emerse dalla barba ispida sulle guance dell’uomo.

«Volevo dire che non intendo stringere alcun patto» specificò il cacciatore.

«Un accordo non è un patto» precisò allora Crowley. «Non c’è in gioco la tua anima. Ma potrei baciarti lo stesso, se preferisci» sogghignò.

«No, grazie» ringhiò Bobby, sciogliendo le braccia ed allontanandosi per versarsi dell’altro whiskey; ne aveva davvero bisogno.

«Devo considerare il tuo rifiuto come un all’accordo?» chiese l’altro, osservando la sua schiena larga.

«Devo parlarne con i ragazzi, prima» rispose il cacciatore, liberandosi del berretto e passandosi una mano tra i capelli ingrigiti. «Ma non ci spererei troppo, fossi in te» continuò osservandolo di sbieco «La proposta non gli piacerà».

«Be’, chiamatemi se avete un alternativa migliore» replicò il demone. «Il letto è davvero comodo» aggiunse, prima di scomparire.

Bobby sospirò sfinito. Sperava di non trovarci altre sorprese in mezzo, un pervertito in kilt era più che sufficiente.

 

*°*°*°*°*

 

Quando scese da basso, la mattina dopo, ed entrò in cucina per ingollare il primo caffè della giornata, trovò qualcuno ad aspettarlo.

Dean era lì, seduto al tavolo e circondato da montagne di libri, alcuni aperti sul ripiano, altri impilati a terra, altri ancora già scartati. Tutto ciò che il ragazzo gli concesse in segno di buon giorno fu un grugnito.

«Sam?» gli chiese il vecchio cacciatore.

«Sul divano. È esausto, ha avuto incubi tutta la notte» Il maggiore dei Winchester strinse le labbra in una linea bianca e dura; quella di suo fratello era un’altra situazione che non sapevano come risolvere. Cristo, un anno e mezzo all’Inferno… a quanto corrispondeva, centovent’anni? Dean era stato laggiù per quattro mesi – quarant’anni – e ne era uscito distrutto, e non era tra le amorevoli grinfie di Lucifer e Michael.

«Hai chiuso occhio almeno per un po’?» continuò Bobby, scettico. Ed infatti Dean nemmeno gli rispose, continuando a sfogliare il volume che aveva tra le mani; di rado l’aveva visto così dedico alla lettura. «Cosa stai cercando?» gli domandò allora, anche se aveva qualche sospetto.

«Qualunque cosa possa esserci d’aiuto con Cas».

Bobby osservò quel ragazzo che amava come un figlio – le sue spalle curve, la mascella serrata, gli occhi arrossati dalla fatica, i capelli arruffati dalle dita che vi si erano infilate in mezzo troppe volte – e sospirò. Gli strinse gentilmente un braccio. «Figliolo… non è colpa tua».

Dean chiuse gli occhi. Sì, lo è, pensò. «Avrei dovuto saperlo. Avrei… avrei dovuto capirlo, prestargli più attenzione… insistere».

«Ragazzo, so che ti piace pensarlo, ma Castiel non è un moccioso. E tu non sei suo padre. Quella creatura ha millenni sulle spalle, ha visto cose che tu ed io non possiamo nemmeno immaginare – ai suoi occhi siamo noi i bambini – e ha fatto delle scelte».

«Tu non lo conosci come lo conosco io, Bobby» s’intestardì Dean. «Nessuno lo conosce come lo conosco io».

«Forse non lo conoscevi poi così bene, no?» fu la voce di Sam, arrivato silenziosamente sulla soglia della cucina, ad obbiettare.

Bobby lo osservò con attenzione. C’era qualcosa, negli occhi di quel ragazzino, che aveva sperato di non vedere più, da quando avevano recuperato la sua anima: una durezza spietata che non lasciava scampo. Era pallido e, malgrado avesse dormito tutta la mattina e buona parte del pomeriggio, aveva gli occhi cerchiati di viola e si sosteneva allo stipite della porta per tenersi in piedi.

Il fratello maggiore sollevò su di lui uno sguardo ferito, fin troppo vulnerabile; fu solo un attimo, ma Bobby e Sam erano troppo allenati al Dean-watching per non notarlo.

Il vecchio cacciatore non lo aiutò; al momento, non era un grande fan di Castiel. L’angelo aveva salvato il culo a tutti loro molte volte, ma negli ultimi giorni erano saltate fuori troppe verità scomode sul suo conto. E poi aveva abbattuto il muro che proteggeva Sam dai ricordi, e aveva ucciso Ellie. No, decisamente Castiel non era più sulla sua lista degli auguri di Natale.

Dean si sfregò una mano nulla bocca, come faceva tutte le volte che era esausto e nervoso. «Cas ha sbagliato, sono il primo a dirlo e non lo scuso per questo. Non lo perdono. Ma… io avrei dovuto fare qualcosa». Strinse le mani a pugno, sopra le pagine del libro. «Ero troppo preso da me stesso, all’inizio, e poi da quello che stava succedendo a Sam, e… e ho pensato che lui… lui è Cas, capite? È forte. Pensavo che potesse cavarsela da solo. E che se avesse avuto bisogno di noi ce l’avrebbe fatto sapere. Io…» s’interruppe e una risata amara gli sfuggi dalle labbra. «Ho fatto esattamente quello che faceva nostro padre con me: l’ho dato per scontato. L’ho abbandonato – a se stesso, a tutto quello schifo con cui doveva avere a che fare. L’ho abbandonato».

«Lui sapeva dove trovarti, Dean. Dove trovare tutti noi. Era solo troppo fottutamente orgoglioso per farsi vivo» replicò il minore dei Winchester.

«E chi gli ha insegnato orgoglio e testardaggine, Sammy? Siamo stati noi. Cas era estraneo a tutto questa merda, quando l’ho conosciuto».

«Castiel è un soldato di Dio. Orgoglio e tenacia sono tra le sue prime caratteristiche».

«Forse, ma non così. Questa situazione le ha tipo… mandate in cancrena, quelle caratteristiche. E non sarebbe successo se io ci fossi stato».

«Ti stai solo illudendo, Dean».

Bobby grugnì, lasciando i due bambini a bisticciare, mentre si versava una tazza di caffè. «La ricreazione è finita» sbuffò poi, sedendosi di fronte al maggiore. «Dobbiamo parlare» annunciò osservando entrambi.

Subito i due si zittirono e Sam prese posto al lato libero del tavolo, poi lo fissarono in attesa, da bravi soldatini. Oh, John li aveva educati proprio bene.

«Stanotte ho ricevuto una visita» esordì Bobby.

Sammy inarcò un sopraciglio. «In camera da letto

Il vecchio cacciatore sbuffò dal naso, seccato, affondando bocca e barba nella tazza di caffè. «Sua Maestà Crowley ha avuto un’idea» spiegò con sarcasmo. E subito lo sguardo di Dean s’incendiò di rabbia.

«Che diavolo vuole ora quel figlio di puttana?» Crowley, Crowley, sempre Crowley! Personalmente, cominciava a considerarlo la fonte di tutti i mali.

«Salvarsi il culo; nulla di nuovo» Bobby poggiò con attenzione la tazza sul tavolo. «Pensa che se trovassimo Dio – il vero Dio, intendo – Lui potrebbe fare il culo a Castiel e rimettere le cose a posto».

«E come pensa di trovarlo?» intervenne Sam.

«In realtà, vuole che siamo noi a trovarlo, fornendoci l’amuleto».

«L’amuleto? Il mio amuleto?» chiese conferma Dean.

«Sì, proprio quello».

«L’ho buttato in un cestino secoli fa, sarà finito in qualche discarica ed arrostito da chissà quanto tempo!»

«Ho come la sensazione che Crowley sarebbe in grado di recuperarlo comunque» osservò Bobby.

«Be’, sì, vaffanculo. Non se ne parla» dichiarò il maggiore dei Winchester.

Sam e Bobby si scambiarono uno sguardo, poi il primo asserì circospetto: «Potrebbe essere la nostra unica possibilità, Dean».

«Che diavolo sta succedendo, si può sapere? Di recente fare patti con quel figlio di puttana è diventata l’ultima moda ed i paparazzi hanno dimenticato di annunciarlo?» allora sbottò lui «Noi non facciamo patti con i demoni – non più! –, l’avete dimenticato?»

«C’è un’alternativa» disse suo fratello, il volto privo d’espressione, lo sguardo vuoto. «Rivolgerci a Death».

Perfino Bobby sentì un brivido gelido rotolargli giù per la schiena, a quelle parole, e Dean impallidì così velocemente che lui pensò stesse per vomitare. Il ragazzo aveva un pugno poggiato sulla bocca e gli occhi chiusi, le lentiggini risaltavano come pois al neon sulle sue guance. In uno scatto di rabbia sbatté le mani sul tavolo e si alzò, dando le spalle a tutti loro.

Si fermò davanti alla finestra, poggiando i palmi sull’infisso, puntellandosi contro di esso. Fuori non c’era proprio nulla da vedere, solo cataste di auto e terra spianata, ma ad ogni modo non era quello che lui era interessato ad osservare. Era il cielo quello che guardava. Death, pensò, Death che ha detto che un giorno si prenderà anche Dio. La scelta era tra lui e Crowley. Strano a dirsi, ma preferiva il Cavaliere dell’Apocalisse.

La sua testa crollò tra le spalle. «D’accordo. Chiamiamo quel figlio di puttana». Per quanto Death gli stesse simpatico, non gli avrebbe lasciato Cas. Non così presto, almeno. Non senza lottare.

 

*°*°*°*°*

 

Bobby alzò lo sguardo al soffitto. Lì sopra si trovava la camera dove Sammy dormiva sempre da bambino, quando John lasciava i piccoli a casa sua, la stessa dove l’aveva spedito a riposare adesso, con la minaccia di tramortirlo e chiudercelo dentro, se non l’avesse ascoltato.

Quel ragazzo lo preoccupava e non poco. Di recente aveva degli sbalzi d’umore – o di personalità? – da vera prima donna. Un momento prima era irascibile, quello dopo freddo, poi sembrava sforzarsi per sembrare normale, ma lui – e anche Dean, soprattutto Dean – l’aveva visto tremare durante il sonno, e perfino piangere in un paio d’occasioni.

Bobby scosse la testa, notando ben due bottiglie di whisky completamente consumate  riverse sulla scrivania. Si chiese chi le avesse scolate, Dean o Sam? Una a testa?

«Buonasera, Duchesse. Dove hai lasciato Bizet e Matisse?» La voce familiare comparve dal nulla, facendolo sobbalzare.[2]

Bobby fissò il Re dell’Inferno con sguardo stralunato, non sapeva se essere più preoccupato del fatto che riuscisse sempre ad infilarsi in casa sua, malgrado tutte le precauzioni che lui vi apponeva, o del fatto che lo paragonasse a mamma gatta. Propendeva più per la seconda.

«Dean è nella rimessa, sta riparando l’Impala, e Sam sta dormendo» Spero, terminò tra sé. «Quindi nessuno dei due verrà qui a prendere a calci il tuo culo peloso, Romeo. Allora, ce l’hai?» tagliò corto.

Crowley tornò finalmente serio. «Certo che ce l’ho, che domande» storse il naso, porgendo al cacciatore un piccolo involto di stoffa; un fazzoletto profumati di lavanda, in seta.

Bobby inarcò un sopraciglio, aprendolo lentamente e scoprendo il ciondolo, le fattezze del dio sumero luccicanti sotto la luce che filtrava dai vetri opachi delle finestre. «Una confezione davvero di classe» osservò.

«Quell’affare protegge dal male, tra le altre cose, hai presente? Non posso toccarlo a mani nude» spiegò seccato. «Ma il fazzoletto puoi tenerlo come mio pegno d’amore» ammiccò.

«Quindi è per questo che ti serviamo. Tu non puoi indossarlo, altrimenti avresti fatto tutto da solo».

«Be’, non è che io sia tanto impaziente di farmi una chiacchierata con il Signore, sai?» Non era mai stato un Suo grande fan. «Lascio il piacere ai tuoi ragazzi; Dean potrebbe tentare di prendere a calci perfino Lui, e quello sarebbe divertente» sogghignò il demone. «Au revoir, mon chere» concluse, prima di sparire.

Bobby grugnì seccato, infilandosi l’amuleto – con fazzoletto e tutto il resto – in tasca.

 

*°*°*°*°*

 

Il sole di mezzogiorno era sadico, un’autentica tortura sulla pelle. Dean lo voleva, voleva tutto quello: il calore che gli bruciava le braccia dove la canottiera non arrivava a coprirlo, il tessuto che gli si appiccicava addosso per il sudore, la stanchezza che gli appesantiva i muscoli e gli ottenebrava il cervello. Erano una benedizione.

Bobby entrò nella rimessa con circospezione ed osservò la macchina che lui stava riverniciando. I finestrini distrutti non erano ancora stati sostituiti e la carrozzeria era ridotta da fare schifo, ma fortunatamente il motore non aveva riportato grossi danni, ed il ragazzo ci lavorava già da qualche giorno, ormai. Ci lavorava quasi ossessivamente, in effetti, e – pur con tutto l’amore che provava per quella vecchia ferraglia – non era normale. Quasi non mangiava e non dormiva, per prendersi cura della sua bambina. Bobby immaginava che il lavoro manuale gli impedisse si pensare. E immaginava giusto.

«Come sta andando, figliolo?» gli domandò per spezzare il silenzio, anche se di automobili ne capiva più di lui; era ancora un meccanico, dopotutto, ed era stato lui – non John – ad insegnare a Dean gran parte di quello che sapeva.

«È quasi a posto. Sto aspettando che mi arrivino i pezzi di ricambio originali, ma una volta istallati sarà bella come prima» gli assicurò il ragazzo, accarezzando il tettuccio con affetto. Era bollente, quasi ustionante, sotto le sue dita – meraviglioso.

Bobby approvò con un secco cenno del capo. «Prendi» lo avvisò, prima di lanciargli l’amuleto.

Il maggiore dei Winchester lo afferrò al volo, poi rimase per qualche minuti in silenzio ad osservarlo, poggiando il culo sul cofano, dove non aveva ancora passato la vernice. Il vecchio cacciatore lo affiancò, sedendosi accanto a lui, in silenzio.

Dean si leccò nervosamente le labbra. «L’ultima volta che l’ho visto, è stato quando Cas ha perso la fede e me l’ha restituito» ricordò tracciando le fattezze del dio con il pollice. «Era così ubriaco» un lieve sorriso gli incurvò la bocca. «Così distrutto» chiuse la mano attorno al ciondolo.

Bobby non era certo di sapere cosa rispondere, forse non c’era proprio nulla da dire. Quando Dean iniziava a torturarsi in quel modo, c’era ben poco che loro potessero fare.

«Se n’è andato, Bobby. Quello… quell’essere non è lui. Mi ha fatto paura. E Cas non mi ha mai, mai fatto paura. Nemmeno ai primi tempi, nemmeno quella volta che mi ha fatto a polpette» confessò, abbassando il capo, il sole che luccicava sulla sua nuca sudata. «Non c’è, Bobby. Non è qui attorno» Dean non sapeva come spiegargli la sensazione che provava e che lo stava corrodendo dall’interno. Fino a quel momento Castiel c’era sempre stato, anche quando lui non ne era cosciente, perfino quand’era da Lisa e Ben. E se ne stava rendendo conto solo ora, ora che sentiva quel vuoto divorante. Cas era sempre stato intorno a lui per proteggerlo e ora non c’era più. «Io… lo avvertivo. Lui mi teneva al sicuro, e da qualche parte nel subconscio io lo sapevo. Ora non c’è. So che non c’è. Sento la sua assenza» Come un punto vuoto all’angolo dell’occhio – sul fondo del cuore. «Se n’è andato».

Bobby non gli offrì parole vuote, ma un laccio nero a cui attaccare l’amuleto. «Lo riporteremo a casa, ragazzo» gli assicurò.

«E se non fosse più quello di prima?» Finalmente Dean trovò la forza di esprimere il dubbio che opprimeva tutti loro.

Bobby non aveva risposta. Che tornasse quello di prima o no, Castiel andava fermato.

«Lo riporteremo a casa comunque, no? È questo che si fa con la famiglia».

 

*°*°*°*°*

 

«Allora… da dove iniziamo?» domandò Sam quella sera, in soggiorno, con i capelli ancora arruffati dal sonno e gli occhi cerchiati. Si sentiva così stanco, così fottutamente stanco. Ma non l’avrebbe dato a vedere più del necessario, no.

«Non lo so. Cas poteva svolazzare qua e là a suo piacimento e perfino per lui era come cercare un ago in un pagliaio» osservò Dean, inforcando una sedia e poggiando le braccia incrociate sullo schienale.

«Dobbiamo stilare una lista di posti più probabili» disse Bobby, versando tre dita di whisky in una tazza sbeccata.

«E chi ci dice che Dio non si sposti spesso, anziché prendere il sole in Messico?» obbiettò il maggiore dei Winchester. «Ammettiamolo: non abbiamo la più pallida idea di come gli piaccia passare il suo tempo o di che segni lasci al suo passaggio – sempre se ne lascia. Potrebbe essere morto, o in letargo, per quello che ne sappiamo».

«Ha resuscitato Castiel un paio di volte, quindi è vivo e non del tutto indifferente, o all’oscuro, di quello che succede» gli ricordò il vecchio cacciatore, prendendo posto dietro la scrivania ingombra di carte.

«Sì, be’, non sembra nemmeno troppo preoccupato, però» sbottò Dean. Sì, Lo avrebbe preso a calci volentieri. Più che volentieri.

«Potremmo chiamare Chuck» intervenne Sam, aggiustando la propria posizione sul divano, mentre una molla tentava di forargli i reni.

«Il Profeta?» grugnì Bobby scettico.

Il ragazzo annuì, soffocando uno sbadiglio. «Potrebbe avere qualche dritta».

Dean sbuffò. «Tentare non nuoce».

Così Sammy prese il cellulare e compose il numero in memoria. Attese qualche minuto, ma il telefono continuò a squillare a vuoto ed infine entrò la segreteria. «Non risponde» comunicò, chiudendo la chiamata.

«Forse è in bagno» il fratello scrollò le spalle, regalandogli uno dei suoi sorrisi storti.

Ma per quante volte riprovarono a chiamarlo e per quanti messaggi lasciarono in memoria, Chuck continuava a non essere reperibile.

Ed infine Sam diede voce al pensiero comune: «Qualcosa non va».

«Dobbiamo andare a cercarlo» convenne Dean, in tono grave. «Partirò domani mattina».

«Non da solo» lo placcò il minore, tirandosi su di colpo. Ignorò le vertigini che gli fecero girare la testa, non era proprio il momento di prestargli attenzione. Più tardi, avrebbe dormito più tardi.

«Non sei in condizioni da andare da nessuna parte» replicò l’altro, fulminando con un’occhiataccia.

«Verrò io con te» sì offrì Bobby.

Sam si accigliò. «Non mi lascerete indietro come una brava mogliettina».

Quindi Dean e Bobby si scambiarono uno sguardo significativo. «D’accordo, allora andremo tutti» annunciò il primo. Uno dei due l’avrebbe sempre tenuto d’occhio.

 

*°*°*°*°*

 

La casa di Chuck era deserta, i vetri delle finestre tanto sporchi da impedire quasi di vedere all’interno, la cassetta della posta così piena di lettere da essere sul punto di scoppiare; bollette, rifiuti di pubblicazione, lettere dei fan, pubblicità – erano tutte lì, tutte ammucchiate, da più di un anno. Quando Dean scassinò la porta, trovarono ad accoglierli un velo di polvere spesso come un sudario. Sulla scrivania il laptop era ancora aperto, la batteria esaurita ormai da tempo. Attorno nessun segno di colluttazione. La macchina era nel garage, intoccata.

«Che diavolo è successo, qui?» ancora una volta fu Sam a dare voce a quello che stavano pensando tutti e tre.

«Sembra che il Profeta sia semplicemente… andato» osservò Bobby «Come se si fosse alzato dalla scrivania per uscire a fare una passeggiata e non fosse più tornato».

«Tutto questo non ha senso» borbottò Dean. «Non si è più fatto sentire, quindi io pensavo…» una sensazione orribile gli gelò il sangue nelle vene. «Cazzo!» sbottò, dando un pugno al muro. «Un altro che ho dato per scontato. Merda!»

«Dean, non è colpa tua, nemmeno a me è venuto in mente di chiamarlo» disse Sam, posandogli gentilmente una mano sulla spalla, il senso di colpa che gli attanagliava le viscere. Chuck era un tipo bizzarro, okay, ma era loro amico.

«Tu sei stato senza anima per un anno. Avrei dovuto essere io a preoccuparmene» replicò il fratello, scrollando le spalle per scacciarlo, arrabbiato con se stesso.

«Non ci sono tracce di zolfo» intervenne Bobby, cercando di riportarli alle cose veramente importanti. Poi tirò fuori il rilevatore CEM, ma non ottenne nulla. «Angeli?» propose quindi.

«Ma perché? Era un loro protetto» obbiettò il maggiore dei Winchester.

«Anche voi lo eravate – di alcuni di loro. Il Cielo era diviso in fazioni ed il ragazzo sognava il futuro. Poteva essere molto comodo averlo a disposizione» gli fece allora presente il vecchio cacciatore.

«L’arcangelo che lo proteggeva era Raphael» ricordò Sam.

«Fantastico. Davvero fantastico» ringhiò Dean frustrato. «E adesso che facciamo?» domandò, osservando la desolazione attorno a loro.

«Ci serve aiuto da qualcuno più in alto» rilevò Bobby.

«Non lo spaventapasseri, vi prego» ribatté il maggiore dei Winchester non appena intercettò i loro sguardi. Ricevette in cambio un’occhiataccia. «’Fanculo» borbottò poi, intuendo l’antifona.

Ma per quante volte pregarono Balthazar di raggiungerli, lui non si fece vivo. Così, imprecando e borbottando – be’, Dean imprecava e borbottava, gli altri due per lo più sopportavano in silenzio –, tornarono in albergo per evocarlo con il solito rito. Nemmeno quello parve funzionare, e non è che fosse esattamente un invito cortese, fino a quel momento l’angelo era sempre stato costretto a presentarsi all’appello, volente o no.

«Nell’ultimo periodo Balthazar era dalla nostra parte, non sarà che Castiel…» iniziò Sam.

«Non dirlo!» lo fermò subito il fratello, puntandogli un dito contro. «Cas ci teneva a lui, non l’avrebbe mai fatto».

«Ah, sì? Come non si sarebbe mai alleato con Crowley, o non ci avrebbe mai nascosto la verità? O non ci avrebbe mai ordinato di inginocchiarsi al suo cospetto?» sbottò il minore, più violento ad ogni interrogativo che poneva. Perché, cazzo, perché Dean continuava a difenderlo così?

«È diverso, okay? Per quanto poco mi piaccia, Balthazar è un fratello per Cas. Voglio dire un vero fratello. Cas ha pianto quando lo credeva morto» ribatté lui sullo stesso tono.

«Sì, e voleva abbracciarmi quando hai recuperato la mia anima, ma ha comunque fatto a pezzi il muro di Death!» gli urlò contro Sam, esasperato.

«Voleva abbracciarti?» chiese Dean stupito, perdendo il tono aggressivo.

«Ragazzi» li richiamò Bobby in un ringhio. «Restate concentrati. Dobbiamo trovare Dio» ricordò ad entrambi.

«Sì, be’, lanciamo una freccetta su un mappamondo, allora, perché per quanto mi riguarda ho esaurito le idee» sbuffò il maggiore dei Winchester.

«Anche io» dovette ammettere il vecchio cacciatore. «Dormiamoci su. Domattina rientreremo a casa e decideremo cosa fare».

 

*°*°*°*°*

 

La notte, sorprendentemente, portò davvero consiglio.

«So come trovare Dio» annunciò Sammy la mattina dopo, mentre facevano colazione in una tavola calda.

«Come?» lo interrogò subito Bobby, abbassando la tazza di caffè nero in cui stava tentando di affogarsi.

«Cercando i miracoli» rispose il minore dei Winchester, soddisfatto, infilzando una frittella.

«Miracoli?» ripeté Dean scettico. «Ma la maggior parte dei miracoli a cui inneggia la gente non sono veri, sono patti con il diavolo, o semplici trucchi, o visioni di psicopatici» obbiettò storcendo la bocca.

«Ma ogni tanto c’è qualcosa di vero» dovette ammettere Bobby, considerando la questione.

«È un’altra ricerca d’ago in un pagliaio» sbuffò Dean.

«Hai un’idea migliore?» replicò il fratello.

«No» sospirò lui.

«Allora è deciso, rientriamo a casa e diamo la caccia ai miracoli, ragazzi» concluse il vecchio cacciatore.

 

*°*°*°*°*

 

Iniziando le ricerche, venne fuori che vi erano molti più “miracoli” al mondo di quanti avessero immaginato, specie dopo l’Apocalisse. Piogge di pesci, guarigioni improvvise, eredità inspiegabili, statue piangenti dei santi, icone trasudanti olio sacro, bambini che piegavano cucchiai con la mente, uomini che camminavano sull’acqua, donne che guarivano le persone tramite imposizione delle mani… per qualunque sciocchezza si inneggiava al miracolo.

Quando la prima notizia davvero interessante venne dal New Mexico, Dean rise così tanto da rischiare di cadere dalla sedia. Si trattava di un uomo che viveva sulla spiaggia, si era sparsa la voce che anche solo toccando i suoi abiti si potesse guarire da qualunque malattia.

«Non c’è un episodio del genere nel Vangelo? Un donna toccò l’orlo della veste di Gesù e guarì da una qualche malattia…» osservò Bobby, sfogliando la Bibbia. «Trovato: Ed ecco una donna, che soffriva d'emorragia da dodici anni, gli si accostò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Pensava infatti: “Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita”. Gesù, voltatosi, la vide e disse: “Coraggio, figliola, la tua fede ti ha guarita”. E in quell'istante la donna guarì».[3]

«D’accordo, andiamo a vedere» decise Dean, animato da un filo di speranza.

Quando arrivarono, l’uomo in questione era sparito.

«Pensi…?» esordì Sam.

«Che potesse essere davvero Lui? Forse. O forse era tutta una cazzata. Chiamiamo Bobby, chiediamogli se ci sono altre notizie di un tizio del genere in giro per il mondo. E se riesce anche a trovarci una descrizione» propose.

La notizia c’era: in Canada un uomo si era fatto una nuotata in un lago chiuso da anni per inquinamento ed al successivo controllo l’acqua era risultata bonificata. Il custode asseriva di non essere riuscito a fermarlo, l’intruso gli aveva toccato la fronte e lui era svenuto.

«Cos’è, la moderna trasmutazione dell’acqua in vino?» Sammy inarcò un sopraciglio perplesso.

«Non so. C’è perfino una descrizione: maschio, caucasico, tra i venticinque e i trent’anni, capelli e barba scuri, occhi chiari e… un costume da bagno degli X-Men? Sembra che Dio abbia il senso dell’umorismo» ironizzò il fratello.

Di nuovo, quando arrivarono, di lui non c’era più traccia. La pista era ormai fredda.

«Stiamo giocando a guardia e ladri con il Signore?» sbuffò Sam, alzando le braccia al cielo e lasciandole ricadere in segno di resa.

«Sembra che il bastardo non abbia voglia di compagnia» concordò Dean, scrutando i suoi occhi cerchiati. «D’accordo, torniamo in motel».

«Non sono stanco» obbiettò il fratello.

«Io sì, però. Ho bisogno di una doccia e da qui non ne caviamo piede. Domani mattina decideremo dove andare» decretò.

In realtà, malgrado le lunghe ore passare in macchina, non si sentiva più stanco del solito, quello che lo preoccupava era Sam. Il suo aspetto non era affatto migliorato, ne il suo sonno o il suo umore, e aveva notato che beveva molto più del solito. Dean era ben lungi dal biasimarlo, insomma lui aveva fatto anche di peggio, ma non aveva idea di come aiutarlo. Suo fratello l’aveva spinto a parlare quando era stato lui a trovarsi in quella situazione, ma la cosa non l’aveva affatto aiutato, quindi dubitava che potesse funzionare, anche se… be’… Sammy era diverso da lui.

Il problema era che Dean non era proprio portato per le chiacchierate a cuore aperto. Ma magari per il suo fratellino poteva fare un tentativo. Lungo la strada accosto su una piazzola di sosta, dove gli alberi si aprivano regalando una splendida visione delle montagne al tramonto.

«Che succede?» gli domandò Sam.

«Nulla, ho solo bisogno di sgranchirmi le gambe. Tu no?» rispose, scendendo dalla macchina, ed allungò le braccia sopra la testa per stiracchiarsi.

Il fratello lo imitò, poi si appoggiò contro il cofano dell’Impala. «L’aria è davvero migliore qui» osservò, innamorato della natura come al solito.

Dean si sedette al suo fianco e colpì leggermente la sua spalla con la propria. «Nerd» borbottò.

«Fesso» sbuffò Sammy.

«Puttana» rilanciò il maggiore, come sempre, sorridendo appena. «Ehi…» disse dopo un momento «Vuoi parlarne?»

Suo fratello lo osservò sorpreso, chiaramente non se lo aspettava da lui. «Be’… penso che tu abbia già un’idea di cosa mi è successo» osservò dopo qualche attimo di silenzio, la voce improvvisamente roca. «E… sul serio, ti sono grato per la pazienza che mi stai dimostrando, so che ultimamente sono stato… una gran rottura di palle» ammise abbassando il capo. I capelli scesero ad ombreggiare il viso, nascondendolo alla vista.

«Ehi! Non fare il cazzone» lo riprese Dean.

Sam scosse la testa e chiuse gli occhi. «A volte, non era così male… soprattutto all’inizio» esordì e poi le parole vennero fuori tutte insieme, come una cascata di orrori. «Lucifer e Michael passavano un sacco di tempo a litigare tra loro. Sembravano non averne mai abbastanza. Poi Lucifer è… uscito dal mio corpo – non saprei come altro spiegartelo – e ha iniziato a prendersela con me» un sorriso amaro gli incrinò la bocca «Ovviamente era incazzato perché lo avevo fregato. In quei momenti Michael stava sulle sue o lo derideva, non gli interessava accanirsi su di me, ne su Adam. E Adam, lui… quando Michael lo ha finalmente liberato era parecchio incazzato, gli ha detto che l’aveva ingannato e allora il grande arcangelo ha perso il controllo» Il modo in cui disse grande arcangelo grondava sarcasmo. «L’ha prestato a Lucifer per i suoi giochi, e lui ci ha torturati entrambi. Ogni giorno ci faceva la stessa proposta – sembra che Alastair non fosse poi così originale, deve aver imparato dal maestro: “Impugna la frusta, usala su tuo fratello ed io ti lascerò stare”. E quanto ci godeva, oh, quanto! Non ne hai idea. Penso che lo facesse per ferire Michael, oltre che noi. Il primo a cedere è stato Adam. A quel punto erano già passati cinquanta o sessant’anni, non ne sono certo. Ed io… vorrei solo riuscire a chiudere gli occhi e smettere di vederlo – di vedere tutti loro» la sua voce s’incrinò, spezzandosi mentre Sam si accasciava in avanti e si copriva il viso con le mani.

Dean si morse l’interno di una guancia, cercando di non piangere insieme a lui. Un secolo e mezzo nella Gabbia… Cristo, era un miracolo che non fosse già uscito fuori di testa. Gli mise una mano tra i capelli e se lo tirò addosso, come faceva quand’era bambino. Sammy poggiò la fronte contro la sua spalla, grande e grosso e così fottutamente fragile, stringendo tra le dita un lembo della sua maglietta.

«Adam è ancora là sotto, Dean» gemette e lui chiuse gli occhi.

«Troveremo una soluzione, Sammy. Te lo prometto» sussurrò. Perché è questo che fa la famiglia: riporta tutti a casa.

 

Non posso credere di aver detto che avrei lasciato perdere il nostro amore,
ma non importa perché mi sono riconciliato,
perdonami adesso
Ogni giorno che passo lontano,
la mia anima è al rovescio,
dev’esserci un modo per fare pace
con te adesso, in qualche modo
ormai lo sai che

 

Verrei per te
nessun altro che te,
sì, verrei per te
ma solo se me lo dicessi tu.
Combatterei per te,
mentirei, è vero
darei la mia vita per te
Tu sai che verrei sempre per te
.

 



[1] Tratta, ed un po’ parafrasata,  da Pirati dei Caraibi – La Maledizione della Prima Luna (2003). L’originale è: «Io sono un disonesto, e un disonesto puoi sempre confidare che sia disonesto. Onestamente, è dagli onesti che devi guardarti, perché non puoi mai prevedere quando faranno qualcosa di incredibilmente stupido!»

[2] I protagonisti di “Gli Aristogatti (Disney, 1970); Duchesse, mamma gatta, e i due cuccioli maschi Bizet e Mattisse. Romeo è il gattone innamorato di Duchese.

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Capitolo 2
*** Seconda Parte ***


Fandom: Supernatural

Fandom: Supernatural.

Pairing/Personaggi: god!Castiel/Dean, Bobby/Crowley, Carver Edlund Chuck, Sam.

Rating: Pg.

Charapter: 2/2.

Genere: Angst, Introspettivo, Romanico.

Warning: Linguaggio, Pre-Slash, Spoiler 6x22.

Words: 5264/10591(fiumidiparole).

Summary: Post 6x22 – Crowley ha un piano per sistemare le cose: recupererà l’amuleto in grado di localizzare Dio, i Winchester e Bobby troveranno il Signore, Lui disinnescherà Castiel e così tutti si salveranno il culo. Sembra semplice, no? Sembra, appunto.

Note: Il titolo della fic è lo stesso dell’omonima canzone dei Nickalback, le cui strofe accompagneranno l’intera storia.

Dedica: A neera_pendragon per il suo compleanno �/ Tesoro, dovrebbero esserci ben due shippe che ti piacciono, spero solo di essere stata all’altezza. Tanti Auguri, Honey ♥ Buon Compleanno e 100 di questi giorni!

 

DISCLAIMER: Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù

 

I’d Come for You

Seconda Parte

 

Avevo gli occhi bendati,
ma adesso riesco a vedere,
la mia mente si stava chiudendo,
adesso sto credendo
.

 

Quelle settimane per Bobby furono un po’ solitarie, ma gli andava bene così; per quanto amasse quei ragazzi, iniziava ad averne abbastanza delle loro discussioni. I Winchester erano da assumere con moderazione, oltre un certo dosaggio non erano salutari. E lui l’aveva imparato fin dai tempi in cui cacciava con John.

La sua occupazione principale, ormai, era rintracciare i movimenti dell’Uomo dei Miracoli – così Dean lo aveva soprannominato –, ma il tizio era più sfuggente di un anguilla. Esausto, si sfregò gli occhi con due dita e si alzò per dirigersi in cucina e preparare del caffè. Quando tornò in soggiorno, non era più solo. Seduto dietro la sua scrivania c’era il Re dell’Inferno, le gambe accavallate ed un libro tra le mani ben curate.

«Bentornato. Ho letto un po’ per ingannare l’attesa, spero non ti dispiaccia» lo accolse il demone, mostrandogli la copertina di Good Omens, prima d’infilarci in mezzo un segnalibro e richiuderlo con attenzione. «L’unico libro che riesce a mettermi di buon umore. Uno degli autori è un mio fan».[1]

«Cosa vuoi, stavolta?» sbuffò il cacciatore.

«Notizie» Crowley sì alzò e prese due bicchieri da una credenzina, a suo agio come se si trovasse in casa propria, servendo poi ad entrambi tre dita di whiskey. «Come procede la ricerca?» domandò, rigirando il liquore nel tumbler.

Bobby prese un sorso per scaldarsi la gola. «A rilento. Crediamo di averlo individuato, ma non è semplice stargli dietro».

«Merda» sibilò il demone, attirando la sua attenzione.

«Che succede?» lo interrogò sospettoso.

«Nulla, l’Inferno brucia come sempre, quindi va a meraviglia» sostenne il Re, ma Bobby non se la bevve. Crowley non portava la giacca e la sua camicia era stropicciata; da che aveva il – dubbio – piacere di conoscerlo, non si era mai presentato da lui meno che impeccabile.

«Le tue doti da attore consumato iniziano a fare cilecca» lo informò.

«Anche il tuo udito, Robert» replicò il demone, in tono piatto, ed il fatto che raccogliesse la sua provocazione era già di per sé un altro indizio. «Non hai sentito nulla, nelle ultime settimane?»

«Sentito cosa?» si accigliò l’interpellato.

«Il nuovo Signore dei Cieli ha sguinzagliato i suoi cani. Vampiri, Licantropi, Mutaforma, Spiriti, Poltergeist, Skinwalker… gli angeli stanno facendo fuori tutto. Compresi i miei demoni!» ruggì. Poi prese un profondo respiro e scolò il resto del whisky in un’unica sorsata. «Tra poco voi cacciatori rimarrete disoccupati» osservò con un ghigno, ma decisamente non era brillante come al solito.

Se gli angeli eseguivano gli ordini di Castiel, occupandosi di queste cose da poco, significava che lui aveva già il completo controllo del Paradiso.

«Merda» convenne Bobby.

«Cin-Cin» concluse Crowley, rabboccando il bicchiere ed alzandolo al suo indirizzo.

 

*°*°*°*°*

 

A New Orleans, dopo il passaggio di un uragano, un gruppo di pazienti rimase intrappolato per tre giorni in un’ala d’ospedale. Un uomo – «Non uno dei ricoverati, doveva essere venuto a visitare qualcuno, prima che il soffitto della corsia crollasse» aveva sostenuto un’infermiera –  moltiplicò quattro panini e due merendine per sfamare una ventina di persone.

«Merendine? Sul serio?» ripeté Dean, quando Bobby gli riferì la notizia. «Inizio a capire da chi avesse preso Gabriel».

Così presero una camera in una piccola pensione del quartiere francese, piacevolmente più colorata e calda di quelle a cui erano abituati. Se non fosse stato per la piccola TV a schermo piatto e la connessione WI-FI presente nella hall, Sam avrebbe pensato di essere tornato di cent’anni indietro nel tempo – l’aspetto dell’intero quartiere sembrava essere stato fermato a cavallo tra l’ottocento ed il novecento.

«Vado a cercare qualcosa da mangiare» lo avvertì il fratello, prendendo le chiavi della macchina. «Se non torno, probabilmente è perché mi ha rapito Lestat» lo avvertì quand’era già sulla porta, regalandogli un sorriso enorme.[2]

«Il tuo amore per Tom Cruise è qualcosa di indecente» sbuffò Sam perplesso.

«Anche lui mi ama, ne sono certo. Solo che ancora non lo sa» rispose Dean facendogli l’occhiolino, prima di chiudersi l’uscio alle spalle.

Il minore scosse il capo e decise di approfittarne per farsi una doccia. Quando rientrò nella camera, con i capelli ancora bagnati, l’altro ragazzo non era ancora rientrato, ma c’era qualcuno al suo posto.

«Ciao, Sam» lo salutò una voce ormai – spiacevolmente – familiare.

Istintivamente il cacciatore si irrigidì, indietreggiando di qualche passo. «Che diavolo ci fai qui, Castiel?» chiese freddo.

Era esattamente come lo ricordava: capelli arruffati, trench stropicciato, barba sfatta, occhi blu e penetranti. Ma non c’era alcun calore in quello sguardo, era gelido, mostruoso.

«Sono venuto a sistemare le cose, come avevo promesso» rispose l’angelo – no, non angelo, nuovo Dio.

«Quali cose?» domandò Sam guardingo.

«I tuoi ricordi».

Il ragazzo chiuse i pugni con rabbia. «Hai una bella faccia tosta a ripresentarti qui per questo».

«Non tirare troppo la corda, Samuel. Sono tornato perché avevo dato la mia parola, ma non ti permetto di parlarmi in questo tono» lo avvertì quella creatura.

«Cosa vorresti fare?» ribatté il minore dei Winchester, ignorando la minaccia nemmeno troppo velata.

«Ripristinare il muro» spiegò Castiel. «Non era mia intenzione farti soffrire più del necessario, ma dovevo trovare il modo di rallentarvi».

«Non voglio il tuo aiuto. Potevi pensarci prima di crearlo, questo casino. Non sono felice che tu abbia fatto a pezzi il muro di Death, ma non fuggirò dai miei ricordi» asserì il cacciatore.

Castiel non rispose subito, si guardò attorno, lasciando scivolare lo sguardo sulle cose di Dean abbandonate ai piedi del letto. «Possiamo trovare una via di mezzo» propose, dopo una breve riflessione. «Posso erigere di nuovo il muro e lasciarvi un passaggio… una porta che tu potrai aprire e chiudere a tuo piacimento, in modo che almeno il tuo sonno possa essere sereno».

Sam incrociò le braccia al petto, non sapendo bene dove metterle, essendo disarmato – e non sapeva nemmeno se esistesse un arma che avesse effetto contro quell’essere. Rimase lì impalato; non si sentiva abbastanza a suo agio per sedersi o fare qualsiasi altra cosa. «Questa porta non si aprirà comunque mentre sono incosciente?» chiese, per nulla convinto, ma quantomeno interessato all’idea.

«No, dovrai fare uno sforzo consapevole per aprirla, cercando di ricordare quel periodo. Come se le tue intenzioni fossero una chiave per aprirla» spiegò Castiel.

«Perché Death non ha fatto una cosa del genere?»

«Perché non poteva».

«Tu invece sì. Sei più potente di lui, è questo che stai cercando di dirmi?» arguì il ragazzo.

«Tra le altre cose» rispose quello.

«Se accetto, non ne approfitterai per…» iniziò Sammy.

«Per cosa

«Non lo so» ammise.

«Mi ritieni così meschino?» lo interrogò Castiel, sinceramente stupito – forse perfino ferito.

«Non so più cosa pensare di te» confermò in maniera implicita il cacciatore.

Castiel strinse le labbra, abbassando brevemente lo sguardo, poi riportò gli occhi nei suoi. «Non ne approfitterò per fare nulla. Sistemerò il problema che ho creato, poi me ne andrò» asserì. Gli si accostò con cautela, sollevando due dita ed avvicinandole alla sua fronte, aspettando un suo cenno prima di toccarlo.

«D’accordo» accettò il ragazzo dopo una lunga pausa. Chiuse gli occhi e Castiel lo sfiorò appena.

«Fatto» lo avvertì.

Sam socchiuse le ciglia. «Non ho sentito nulla» osservò.

«Non c’è niente da sentire» chiarì Castiel scostandosi.

«Quando hai abbattuto il muro sono svenuto» ricordò il cacciatore.

«Era un’azione più violenta» spiegò allora il nuovo Dio e Sam ebbe la netta sensazione che stesse per sparire, così, senza nemmeno un cenno di saluto.

«Sei venuto proprio ora che Dean non c’è» disse spinto dall’istinto.

«Non sono venuto qui per lui» rispose Castiel accigliato, irrigidendosi appena, ma a lui non sfuggì comunque.

«Sembra quasi che tu voglia evitarlo» continuò il minore dei Winchester.

«Non ho nulla da dirgli» Castiel inclinò il capo in quella posa così familiare, che lo faceva apparire tanto confuso ed innocente. Poi gli voltò le spalle, pronto a teletrasportarsi.

«È così che fai, dopo tutto quello che Dean ha fatto per te?» sbottò Sam, ora davvero incazzato.

Lui si voltò e gli rivolse uno sguardo gelido, quasi sprezzante. «Sono stato fin troppo buono con voi Winchester. Non sono al vostro servizio, ne a quello di nessun altro». E poi se ne andò davvero, pochi passi ed era sparito. Al ragazzo ricordò quella volta che era rientrato nel suo tramite, dopo che i suoi fratelli lo avevano trascinato in Paradiso per fargli il lavaggio del cervello.

Fantastico. Dean ne avrebbe sofferto da morire.

 

*°*°*°*°*

 

 

Ho finalmente capito che cosa significa lasciar entrare qualcuno,
vedere il lato di me che non vede nessuno, o nessuno vedrà mai
Quindi
qualora tu fossi perduto e ti ritrovassi da solo,
Cercherei per sempre, per poterti riportare a casa,
qui e adesso, faccio voto di questo
ormai dovresti sapere che

 

Verrei per te
nessun altro che te,
sì, verrei per te
ma solo se me lo dicessi tu.
Combatterei per te,
mentirei, è vero
darei la mia vita per te
Tu sai che verrei sempre per te
Tu sai che verrei sempre per te
.

 

L’Impala uscì da una traversa e si immise sulla strada principale, illuminata dalle calde luci del quartiere francese. Dean percorse gran parte di Annunciation St., ascoltando solo il motore che faceva le fusa per lui, mentre conduceva la sua bambina ad una velocità costante.

Lo stomaco gli doleva per i crampi della fame, ma aveva la gola chiusa. Pensò al sacchetto di cibo lasciato sul tavolino della camera di motel che avevano preso, l’aveva poggiato appena entrato. Aveva capito subito che qualcosa non andava, non appena aveva visto Sammy; glielo si leggeva in faccia.

Continuò a guidare senza meta, non sapendo nemmeno bene dove si stesse dirigendo, volevo solo andare. Fu costretto a fermarsi quando si rese conto che non stava affatto badando alla strada. Accostò e, quando alzò lo sguardo, scoprì di essere davanti ad un grande edificio bianco: una chiesa. Era ancora aperta.

Seguendo un istinto sconosciuto, scese dalla macchina e si diresse verso il portone di legno aperto; la luce aranciata che veniva dall’interno sembrava un invito. Era una chiesa piccola, poco più di una cappella, in effetti. Dean si sedette ai primi banchi e fissò l’altare; un sorriso storto gli incurvò le labbra quando si accorse di essere davanti ad una raffigurazione di St. Michael. Molto appropriato.

«Ti fanno sempre una faccia da femminuccia, amico» sussurrò, osservando il viso delicato dell’arcangelo. Capelli biondi, volto bianco, braccia sottili, ali variopinte, vesti da centurione; tutto sbagliato. Andiamo, Roma nemmeno era stata immaginata quando Michael aveva scacciato Lucifer dal Paradiso!

Abbassò il capo, fissandosi le mani abbandonate sul proprio grembo. Che diavolo ci faceva lì? Non metteva piede in una chiesa da quando era morta sua madre, se si eccettuavano i rari casi in cui era costretto a farlo per lavoro. Non era nemmeno certo di cosa si dovesse fare. Il segno della croce all’ingresso? Bagnare le dita nell’acquasantiera, prima?

Sua madre era credente, questo lo ricordava. Andavano a messa tutte le domeniche, quand’era bambino. Cercò di rammentare la sua voce che recitava il Padre Nostro, la mano forte si suo padre che stringeva la sua, così piccola.

Castiel era venuto per Sam. Per Sam.

Aveva rincorso Dio da una parte all’altra degli Stati Uniti solo per lui. Per Castiel. E lui era venuto per Sam. Non sapeva se essergli grato o volergli urlare contro. E non sapeva più cosa fare.

«Non so bene come funzioni la cosa» esordì con voce roca. «Ho dimenticato tutte le preghiere che mia madre mi aveva insegnato. Questo è più che altro il campo di Sammy, sai. E so che probabilmente di me non Ti importa niente, ma qui non si tratta di me, okay? È per Cas» si schiarì la gola. «E devi tenerci a lui, se l’hai riportato in vita due volte, no?» fece una pausa, forse sperando che giungesse una risposta o forse solo per osservare le fiamme delle candele baluginare sotto un crocifisso. «Non Ti rompe le palle che ti abbia rubato il lavoro?» aggiunse dopo un po’. Cosa sto facendo, che senso ha tutto questo?, si domandò, stringendo in mano il ciondolo che portava al collo. «Probabilmente la mia è solo una voce irritante in mezzo ad altre mille fastidiose. La gente Ti nomina in vano di continuo, vero? Io stesso lo faccio spesso. Però Ti stiamo dietro da mesi e… non so più cosa fare. Davvero, non so più cosa fare» chiuse gli occhi, esausto. «Perciò, per favore, fatti vivo. Ti sto pregando. Ti prego».

«Hai ragione, sei davvero molesto» lo interruppe una voce stranamente familiare.

Dean si voltò, fissando a bocca aperta la figura ancora incorniciata dalla porta. «Chuck… cosa… cosa ci fai qui?» smozzicò allibito. Poi lo osservò meglio. L’amico era… strano. Non c’era più traccia dell’ubriacone sfigato che ricordava, aveva la barba curata e vestiva perfino degli abiti eleganti. Be’, eleganti per essere Chuck, s’intende. In realtà si trattava di una camicia e di paio di pantaloni dal taglio classico molto normali.

«Continuavi a chiamarmi» rispose lui «E forse nessuno dei miei figli te l’ha mai accennato, ma sai essere davvero insistente e logorroico».

Il ragazzo ci mise qualche secondo a capire. Non aveva chiamato nessuno, a parte… «Tu… Tu… TU sei Dio?» esclamò balzando in piedi. «Come? Da quanto?»

«Ha davvero importanza?» replicò Questi, sedendosi nel posto vuoto accanto a lui.

Dean crollò di nuovo sulla panca. «Figlio di puttana» ansò senza fiato.

Dio ridacchiò. «No, non Mi chiamo così».

«Cristo!» sbottò, cercando di capacitarsi della situazione.

«E nemmeno così. Ma va già meglio; dopo duemila anni ci si abitua ad essere confusi. E d’altronde mi somigliava molto» continuò il Signore divertito.

Il cacciatore gli rivolse un’occhiataccia. «Come dovrei chiamarti, allora? Qual è il Tuo nome?» sbuffò.

«Per il momento puoi chiamarmi Chuck. O Carver Edlund, se preferisci. Sono stato Io ad aiutare il tuo amico a trovare questo pseudonimo, sai? A dispetto di quello che credete voi umani, Mi piacciono i nomi semplici. Niente Yaveh, Ensof, Geova o chissà che altro, grazie».

«Okay» soffiò Dean, un attimino sopraffatto.

«Allora, cosa vuoi da Me, figliolo?» gli domandò Chuck con gentilezza, poggiando un braccio sullo schienale della panca e voltandosi leggermente verso di lui, per poterlo guardare meglio in viso.

«Che Tu fermi Cas» rispose prontamente il ragazzo.

«Perché?»

«Come sarebbe a dire perché? Hai l’antenna rotta, per caso? Non sai che diavolo è successo negli ultimi tempi, Ti è forse sfuggito cosa sta combinando?» ringhiò Dean.

«No, affatto» rispose Lui con calma «Sta facendo un buon lavoro. No, sul serio, qual è il problema? Castiel sta rimettendo in sesto il Paradiso e tiene sotto scacco Crowley. Tra l’altro, mi piace quel ragazzo come Re dell’Inferno; è l'unico demone a non essere davvero malvagio, ma semplicemente furbo ed opportunista».

«Il problema è che quello non è Cas! Sì è ingozzato di anime e si è montato la testa».

«Tutti hanno bisogno di fare errori per imparare – perfino Io  e nessuno dovrebbe saperlo meglio di te, Dean. Non appena Castiel si renderà conto di cosa vuol dire essere Dio, abbasserà la cresta, non temere. Lo sta già facendo, a dire il vero; è sempre stato un bambino intelligente. Ma, davvero, non vedo chi meglio di lui potrebbe assumere questo ruolo. Sta facendo un ottimo lavoro, credimi, dovresti proprio vederlo» sostenne il Signore, ed il Suo tono era aperto, amichevole, perfino non privo di una certa punta di orgoglio nei confronti del figlio.

«Quindi non farai nulla» arguì Dean, in una accusa nemmeno troppo velata.

«Non sono Io che devo fare qualcosa, mio caro. Il tuo problema non è la nuova natura di Castiel, ma il fatto evidente che si è stancato di voi. Ed in particolare di te» replicò Dio, affondandogli senza troppa pietà un metaforico pugnale nel petto. «Ebbene, se vuoi fargli smettere di tenere il broncio, devi toglierti la scopa dal culo e riguadagnarti la sua fiducia. Ho parlato in modo abbastanza chiaro?» domandò, inarcando un sopracciglio «Mesi e mesi che corri dietro alle mie gonne, quando avresti potuto pronunciare una magica parolina – Cas – e sistemare tutto».

«Uoh! Lui… lui non…» boccheggiò a corto di parole.

«Lui cosa? Credi forse che non abbia più bisogno di te? Ne ha bisogno ora più che mai. Ha bisogno di tutti voi. Ha bisogno di te, della sua spada, come Io avevo bisogno di Michael. Ha bisogno di Sam, di qualcuno che gli mostri le cose sotto un’altra luce, come Io avevo bisogno di Lucifer. Ha bisogno di un buon confidente, di Bobby, come Io avevo – e ho ancora – bisogno di Joshua. E, diamine, ha bisogno di qualcuno che lo faccia ridere!» esclamò il Signore. «È un peccato che Gabriel non sia più nei paraggi. Magari potresti suggerire a Castiel di perdonare Balthazar e riportarlo indietro. Quel ragazzo gli voleva bene» considerò poi, quasi tra Sé.

«Ha davvero fatto fuori Balthazar?» chiese Dean.

«Sì» rispose Chuck in tono grave, e lui si sfregò una mano sulla bocca. Non sapeva perché questa cosa lo colpisse tanto, ma era così.

«Io… io non so se ce la faccio» ammise con voce incrinata.

«A fare cosa?» chiese gentilmente Dio.

«A perdonarlo» mormorò Dean, abbassando il capo. Castiel l’aveva ferito così tanto. Aveva idea – anche solo una vaga idea – di quanto? Si fidava di lui ciecamente. E non era solo fiducia, Cas gli aveva insegnato ad avere fede, e Dean aveva fede in lui.

«Devi, figliolo. Perché lui ti ama. Ti ama molto più di quanto abbia mai amato chiunque altro al mondo, compreso Me. Ha fatto di te il suo scopo, e senza di te non sa andare avanti. Si sente perso esattamente quanto ti senti perso tu» gli rivelò il Padre, posando una mano morbida tra i suoi capelli chiari.

 

*°*°*°*°*

 

Dean allungò una mano verso l’autoradio per abbassare il volume al minimo. Sammy, accanto a lui, aveva il viso reclinato su una spalla, gli occhi chiusi, un ciuffo di capelli castani che gli attraversava la faccia solleticandogli la bocca e costringendolo ad arricciare il naso di quando in quando.

Gli ricordò quella volta che, da ragazzini – lui aveva diciassette anni  e suo fratello quanti, tredici? – avevano preso la macchina ed erano andati di nascosto al cinema, mentre il loro padre era impegnato in una caccia con Zio Bobby – sì, a quel tempo lo chiamavano ancora così –, per vedere Evita. In realtà, Dean avrebbe preferito Indipendence Day, ma Sammy aveva insistito e, be’, lui al tempo era abbastanza innamorato di Madonna da cedere. Il film era finito più tardi del previsto, Sam all’uscita dalla sala era entusiasta – sì, anche Dean, ma non l’avrebbe mai ammesso – e, nonostante tutto, si era addormentato pochi minuti dopo essere salito in macchina. Erano arrivati a casa di Bobby appena in tempo per non farsi beccare.

Ora stava dormendo nella stessa posizione di quella volta. Dormendo – Dio, sì! – stava dormendo davvero! E l’aveva fatto per una notte filata, senza agitarsi, senza svegliarsi. Ah, il mondo era bello.

Fu quasi tentato di liberargli il viso da quella stupida ciocca di capelli. Ma non l’avrebbe fatto, no, che diavolo!, Sammy non aveva più tredici anni. Magari avrebbe potuto aprire il finestrino e richiuderlo incastrandola in mezzo, però. Sorrise, no, non oggi; per stavolta l’avrebbe lasciato dormire in pace.

Lo guardò di sottecchi mentre guidava. Visti così, loro due non si somigliavano proprio per un cazzo; quante volte la gente, vedendoli sempre insieme, aveva frainteso il loro rapporto? Aveva perso il conto. Però sotto quelle ciglia odiosamente lunghe c’erano due occhi verdi identici ai suoi – il miscuglio perfetto tra il castano del loro padre e l’azzurro della loro madre – e, be’, cos’erano, tutti ciechi, per non rendersene conto?

Sammy starnutì, facendo svolazzare la ciocca, e si grattò il naso, prima di accoccolarsi sull’altro lato, contro lo sportello. Stupido gigante, per quanto si rannicchiasse era troppo grosso per stare comodo su quel sedile. Dean ridacchiò, togliendogli di dosso la giacca che il fratello si era gettato sopra a mo’ di coperta; ormai il sole era alto e faceva troppo caldo.

Era venuto su bene, quel cretino – tutto sommato aveva fatto un buon lavoro. Sam insisteva tanto perché lui si facesse una famiglia, ma non si rendeva conto che Dean un bambino lo aveva già cresciuto? Aveva visto i suoi primi passi, corretto le sue prime paroline, gioito alle sue prime vittorie, dato una lezione a chi aveva cercato di fargli del male. E ora che Sammy era adulto e lui era libero da quegli obblighi, avrebbe dovuto ricominciare da capo? Aveva già dato, grazie tante.

«Dio esiste e metteremo tutto a posto, Sammy, te lo prometto» sussurrò, abbassando leggermente il suo finestrino per fargli arrivare un po’ d’aria sul viso e spostare quella ciocca. «Andiamo a casa, ora».

 

*°*°*°*°*

 

«Ti dispiace ripetere?» scandì Crowley con tono pericolosamente calmo.

«Dio non ha alcuna intenzione di punire Cas» eseguì Dean servizievole e, davvero, non capiva che diavolo ci facesse ancora lì quel figlio di puttana.

Il demone si adombrò e, compassionevole, Bobby gli versò altre tre dita di whisky.

Sammy, ancora in piedi, sbadigliò sonoramente. «Penso che andrò a dormire» biascicò, poi un sorriso ebete si dipinse sulla sua faccia. «Dormire. Avevo dimenticato quanto fosse bello».

Dean gli lanciò addosso la carta con cui era stato involto l’hamburger che aveva appena finito ed il fratello sbuffò, ma non disse nulla.

«Vado a farmi un giro» annunciò il maggiore, dopo che l’altro fu salito al piano di sopra.

«Ma hai viaggiato tutto il giorno» osservò Bobby perplesso.

«Ho… delle cose da fare» rispose il ragazzo, rivolgendogli un mezzo sorriso.

«Salutaci Nostro Signore del Trench» replicò Crowley inacidito.

Dean borbottò un insulto al suo indirizzo mentre si chiudeva la porta di casa alle spalle.

«Cosa hai intenzione di fare, adesso?» gli domandò il vecchio cacciatore, da bravo bastardo paranoico.

Il Re dell’Inferno non rispose subito. Prese un sorso di whisky, poi fece roteare il bicchiere, osservando il colore ambrato del liquore attraverso la luce pallida di un paralume. Il soggiorno era immerso in una semioscurità confortante.

«Non sono nato ricco, sai?» disse all’improvviso. «Ero un sarto, un normalissimo sarto da due soldi. Una sera mi ritrovai in una taverna a giocare a carte contro un tizio, cercando d’imbrogliarlo, e quello mi chiese cosa desideravo di più al mondo. Io volevo solo vivere bene. È quello che ho sempre voluto: vivere bene. Ma ero già completamente ubriaco e prima c’era stato tutto un bizzarro discorso su quanto avercelo lungo portasse fortuna nella vita. Così mi dissi, diavolo, perché no?, qualche centimetro in più può fare solo comodo. Poi il tizio mi baciò e la serata… be’, ti risparmio i dettagli. Il giorno dopo mi capitò per un caso fortuito di salvare la vita al signorotto del paese e, per ringraziarmi – indovina un po’? – lui mi offrì la mano di sua figlia. Mi ritrovai improvvisamente ricco e, dopo qualche tempo, misi al mondo un figlio – Gavin, diamine, quanto era insopportabile – giusto perché dovevo; le donne non sono mai state il mio genere, sai, ma un matrimonio non era ritenuto vero se non veniva consumato. Dieci anni più avanti i cerberi vennero a prendermi» raccontò, trangugiando il resto del contenuto del bicchiere. «Non sono un demone particolarmente potente, non lo sono mai stato. Tutto ciò che ho usato per farmi strada è questa» continuò picchiettandosi un indice su una tempia. «E l’ho fatto per vivere bene, per smettere di avere gente che mi mettesse i piedi in testa e mi tenesse il fiato sul collo. E troverò il modo di tirare Castiel giù dal suo trono, se dovesse crearmi problemi, lo giuro sul mio culo. E tu sai quanto ci tengo» concluse, pestando il tumbler sul ripiano della scrivania.

Bobby  lo scrutò intensamente. «Non posso biasimarti, è un gran bel culo» rispose, versandogli un’altra dose di liquore.

Crowley lo fissò per un momento con la bocca socchiusa, preso alla sprovvista, poi sogghignò, alzando il bicchiere al suo indirizzo. «Nemmeno il tuo è così male, Robert. Nemmeno il tuo» replicò, facendoli tintinnare entrambi in un brindisi.

 

*°*°*°*°*

 

Dean girò le chiavi nel quadro, spegnendo la macchina, ed ascoltò per un momento tutto acquietarsi ed il silenzio invadere l’abitacolo. Poi scese e si allontanò di qualche passo dalla sua bambina, incamminandosi sull’erba verde del parco. Sì lasciò cadere su una panchina, davanti agli scivoli ed alle giostre, deserti a quell’ora di notte, alzando brevemente lo sguardo al cielo trapuntato di stelle. Una lieve brezza autunnale sollevò le prime foglie rosse cadute, arricciandole in aria, e lui rabbrividì, chiudendo un al bottone della vecchia in pelle. Un petalo portato dal vento s’incastrò tra i suoi capelli e Dean se lo rigirò tra le dita. Poggiò i gomiti sulle ginocchia, sfregandosi nervosamente le mani. Il cuore gli batteva un po’ troppo veloce. Si umettò le labbra, poi chiuse gli occhi.

«Castiel…» chiamò a voce meno alta del solito. Si sentiva stupidamente fuori esercizio e non sapeva cosa dire. «Non ce la faccio più a stare zitto. Ho un sacco di cose da dirti» Già, cosa? «Vorrei ringraziarti per quello che hai fatto per Sam e…» si passò le mani tra i capelli, tirandoli appena «E lo so che ti ho deluso, ma…» Mi manchi, no, cazzo, non l’avrebbe detto a voce alta. «Nemmeno tu sei stato molto onesto con me, no? Non possiamo solo… non so… ricominciare?» tentò, sentendosi ridicolo, e poi tacque, restando in silenzio e con gli occhi chiusi, nel tentativo di percepire qualcosa – un battito d’ali, un respiro, un saluto – qualunque cosa.

«Mi avevi già convinto a Castiel» sussurrò all’improvviso una voce accanto a lui, facendolo sobbalzare.

Dean, il cuore in gola, si voltò a guardare quegli occhi blu così terribilmente familiari, fermi a non più di una spanna da lui. Lasciargli lo spazio personale mai, certo. Oddio, che diavolo aveva detto? Già non se lo ricordava più, però… «A-allora potevi interrompermi, anziché farmi parlare al vento come un coglione» si accigliò.

Castiel gli rivolse un sorriso appena accennato, ma non disse nulla, ed all’improvviso la testa di Dean era completamente vuota, riusciva solo a guardare quel viso che non vedeva da mesi – troppi mesi.

«Pensavo avessi un sacco di cose da dirmi» osservò l’angelo – no, non era più un angelo… oh,fanculo, era sempre il suo angelo.

«Già…» smozzicò Dean, e poi – al diavolo! – lo afferrò per il bavero del trench e lo attirò a sé, stringendolo tra le braccia. «Se dici un’altra volta che non hai una famiglia, non mi frega dove sei o cosa sei, ti trovo e vengo a prenderti a calci in culo» ringhiò con il viso tra i suoi capelli. Prese un respiro tremante, ispirando il suo profumo – e da quando conosceva il suo profumo? Da quando Cas ce l’aveva un profumo? – ed assaporando il leggero bruciore che tornò a pizzicargli la spalla, lì dove Cas aveva lasciato il suo marchio.

«Dean…» iniziò lui, forse tentando di scostarsi, ma il ragazzo usò ogni briciolo della sua forza umana per trattenerlo.

«Sta zitto!» sbottò «Non dire niente. Non voglio litigare. Solo… resta» soffiò poi. E allora finalmente Castiel alzò le braccia e lo strinse, circondandogli la vita e premendoselo addosso.

Il cacciatore chiuse gli occhi, godendosi quel calore, la sua forza. «Ho un messaggio per te da parte di un amico» disse dopo un po’. «Di a mio figlio che può anche proclamarsi Signore dei Cieli, ma di Dio c’è ne uno e uno soltanto» riferì parola per parola.

Cas si irrigidì e si scostò appena il tanto da guardarlo in viso. I suoi occhi erano enormi e spaventati. «Menti, Lui non…» iniziò, ma Dean lo interruppe.

«È vivo. E molto fiero di te».

Castiel si sciolse da lui, tirandosi in piedi ed il ragazzo cercò di trattenerlo per un polso. «Cas…» lo richiamò dispiaciuto.

«Vado a prendere l’altro tuo fratello» rispose lui con voce gentile.

Dean rimase senza parole. Poi strinse leggermente la presa. «Tornerai?» chiese infine.

«Presto» gli promise l’amico ed un momento dopo era scomparso.

Il cacciatore rimase a fissare il vuoto, rabbrividendo nel vento autunnale. Era successo davvero? Cas era con lui appena un attimo fa? Attese forse qualche minuto, poi un rumore di passi gli fece alzare la testa.

Castiel si stava avvicinando a lui, con Adam tra le braccia, come fosse un bambino.

Dean saltò in piedi e gli andò incontro, osservando il corpo pallido del fratellastro. Aveva il viso smagrito, macchiato di terra e sangue, la bocca screpolata e spaccata, uno zigomo tumefatto, un taglio sanguinante ad attraversargli un sopraciglio. Gli occhi erano chiusi – addormentato. Il suo amico l’aveva coperto con il trench, quindi doveva essere nudo.

«È… è tutto intero?» domandò a Castiel «Anima e tutto il resto».

«Non faccio due volte lo stesso errore, Dean» gli assicurò lui.

«Dallo a me» sussurrò il ragazzo, allungando le braccia. Malgrado fosse magro, Adam era più pesante di quanto avesse immaginato; questo in qualche modo lo confortò. «Ho le chiavi della macchina nella tasca destra del giubbotto» disse a Castiel e lui prontamente le prese e lo precedette, aprendo l’Impala come gli aveva visto fare milioni di volte.

Spalancò uno degli sportelli del retro, in modo che Dean potesse stendere il fratello sui sedili, poi lo richiusero insieme.

«Io… grazie» sussurrò il cacciatore, mettendoci quanta più enfasi possibile, di nuovo a corto di parole.

Cas gli rivolse ancora una volta quel sorriso appena accennato, così tipico suo. «Mi dai un passaggio?» Senza il trench addosso, sembrava improvvisamente più piccolo, non tanto imponente per essere un Dio.

«Sicuro» rispose Dean, riprendendo le chiavi. «Dove vuoi andare?» gli chiese una volta messo in moto.

«Ha importanza?» replicò Castiel e a lui la domanda suonò stranamente familiare.

«No, suppongo di no» sorrise, inserendo la prima. Si immise in strada, senza poter fare a meno di lanciare uno sguardo ogni tanto alla figura accanto a sé; Dio, era bello riaverlo lì.

Spiò nello specchietto retrovisore. Da lì riusciva a vedere solo un braccio pallido di Adam spuntare dalle pieghe beige del trench. Chissà come avrebbe reagito Sammy alla sua presenza. Quei due gli avrebbero dato un bel da fare – gli veniva mal di testa alla sola idea.

Poi si ricordò di un altro fratello da recuperare. «Ehi, Cas… non credi che dovresti riprendere anche Balthazar?» tentò, gettandogli un’occhiata di sbieco.

All’improvviso il posto accanto al suo divenne molto molto freddo. Dean fu costretto a voltarsi per essere sicuro di non essere rimasto solo; Castiel era così immobile da sembrare quasi una statua di marmo rosa.

«Cas?» lo chiamò circospetto.

«Eravamo insieme nel Giardino, quando per la prima volta un pesciolino uscì dall’acqua, e Balthazar mi disse: “Non calpestarlo, Castiel. Grandi piani per quel pesce”».

Dean non era sicuro d’aver capito di cosa diavolo stesse parlando, ma fu costretto ad accostare quando si rese conto che l’amico stava tremando. «Ehi?» cercò di vedere il suo viso, ma l’angelo aveva abbassato il capo.

«Non volevo fargli del male, ma ero così ferito… così arrabbiato, quando ho capito che mi aveva tradito» mormorò, poi strinse le labbra con forza «Tra tutti, proprio lui».

«Era preoccupato per te, Cas. Sapeva che era un piano suicida» rispose con cautela Dean, poggiandogli una mano sulla spalla.

«È davvero così? Nemmeno lui ha creduto in me. Lui che mi conosceva da sempre. Era mio fratello Dean, come lo è Sam per te, e mi ha tradito» la mani di Castiel si strinsero a pugno fino a sbiancare.

«E tu avresti dovuto vedere il suo volto quando gli abbiamo detto cosa avevi fatto» replicò il ragazzo con voce piatta. «E credimi, so bene cosa ha provato».

Castiel si voltò lentamente a guardarlo, gli occhi sgranati, carichi di lacrime non versate. «L’ho ucciso» soffiò.

«Lo so» annuì Dean, passando un braccio attorno alle sue spalle. Lo spazio nell’abitacolo era minuscolo ed il cambio in mezzo a loro li divideva, piantandosi nelle sue costole, quando si sporse, ma all’improvviso non aveva importanza, perché quello accanto a lui non era l’invincibile nuovo Dio Castiel, era solo Cas, il suo moccioso in trench. «Andrà tutto bene. Ci sono io con te.» sussurrò al suo orecchio «Puoi sistemare tutto, ora. Ne hai il potere, Cas. Puoi mettere tutto a posto».

«E se lui non…».

«Capirà, okay? Ora andiamo da Bobby, sistemiamo Adam e poi ci occupiamo del tuo fratellone, uhm? Lo riporteremo a casa, Cas. È questo che si fa con la famiglia. Anche con i cazzoni come Balthazar» lo rassicurò e Castiel annuì, guardandolo fisso con quegli occhi enormi, come un bambino dopo un incubo.

Dean lo strinse qualche secondo ancora, poi lo lasciò andare lentamente per rimettersi alla guida. «Ah, ricordami di regalargli un CD di Celin Dion, quando sarà di nuovo tra noi» sogghignò.

«Chi è Celin Dion?» chiese l’amico, inclinando la testa con perplessità.

Dean si accigliò, non avendo idea di come spiegarglielo. «Ti devo proprio portare al cinema, Cas» concluse, rimettendo in moto.

Ma ci sarebbe stato tempo per quello. Molto tempo.

 

Non importa che cosa si metterà in mezzo,
fintanto che ci sarà vita in me
al di là di tutto, ricorda
tu sai che io verrò sempre per te.

 

Striscerei attraverso questo mondo per te,
farei qualunque cosa tu voglia che io faccia.
al di là di tutto, ricorda
tu sai che io verrò sempre per te,
tu sai che io verrò sempre per te
.

 

FINE.

 



[1] Good Omens di Neil Gaiman e Terry Prachett, tradotto in Italia come “Buona Apocalisse a tutti!”, racconta di un demone chiamato Crowley e di un angelo, Azraphel, che si alleano per sventare l’Apocalisse.

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