Il sapore del tuo respiro

di WhispererOfTheNight
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** L'arrivo in Inghilterra ***
Capitolo 3: *** Stanze segrete ***
Capitolo 4: *** Il medaglione ***
Capitolo 5: *** Invenies secretum clavem iuxta cor tuum ***
Capitolo 6: *** Destini uniti ***
Capitolo 7: *** Tombe senza nome ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Scappa. Era questo quello che la mia mente aveva ordinato quando avevo visto Claudius avvicinarsi con un ensis in mano. Nonostante avessi udito personalmente la sentenza di Maxsimus nei miei confronti, avevo creduto di essermi sbagliato, di non aver capito, che fosse tutto uno scherzo. E invece quando scorsi Claudius, capì che Maximus mi voleva morto. E conoscevo anche il motivo. Ma ormai era tardi per rimediare, dovevo trovare una via di fuga.  
Nel momento in cui  Claudius entrò nella stanza brandendo la spada, io avevo già scavalcato la finestra e stavo correndo alle scuderie. I cavalli di Maximus erano rinomati in tutto l'impero per la loro velocità e resistenza: se fossi riuscito a prenderne uno sarei potuto scappare lontano, dove lui non mi avrebbe mai trovato. Ma appena afferrai una sella per montarla sul cavallo più vicino, senti che qualcuno mi afferrava per le spalle e mi spingeva contro il pavimento. In un attimo mi ritrovai la punta di una spada puntata alla gola.
-Claudius!- esclamai, cercando di fingermi sconcertato- Si può sapere che diamine stai facendo?- Mi spiace Marcus, io posso solo eseguire gli ordini- disse lui guardando le balle di fieno in fondo alla scuderia.
- Guardami- gli dissi cercando di restare calmo, ma quando vidi che lui continuava a fissare le balle di fieno, persi la pazienza. -GUARDAMI!- urlai con la voce che tremava dalla rabbia- come puoi uccidermi dopo che abbiamo passato una vita a sostenerci a vicenda? Siamo cresciuti insieme, ti sono stato vicino quando è morta la tua amata Flavia e tu sei stato la mia famiglia quando mia sorella Livia...- non potei continuare, la voce si ruppe nel pianto e anche Claudius non riuscì a trattenersi e si accasciò a terra, gettando la spada lontano da sè.
 
- Marcus, io devo farlo, se non lo farò, Maximus ha minacciato di uccidere anche Marzia...- Claudius si interrupe di nuovo, portandosi le mani al viso per nascondere le lacrime. Io rimasi impietrito. Se Claudius non mi avesse ucciso, sua sorella Marzia sarebbe stata...non riuscivo nemmeno a pensarci. Marzia...no non potevo permettere una cosa del genere.
 
-Claudius, riprendi la spada- dissi risoluto- e fa quello che ti è stato ordinato. Lui alzò gli occhi e mi fissò basito, come se non riuscisse a credere a quello che aveva appena sentito.- No...- sussurrò- non posso...- Lo costrinsi ad alzarsi e gli misi il mio pugnale in mano. - Ti prego Claudius, non puoi rischiare la vita di Marzia, non posso permettertelo- gli dissi tra le lacrime e lo abbracciai forte sussurrandogli all'orecchio- ci rivedremo un giorno-. Claudius mi strinse a sè e mi sussurrò a sua volta- Perdonami, fratello...-
Ma poi sentì un dolore lancinate alla schiena, qualcosa che mi bloccò anche il respiro. Sgranai gli occhi guardando Claudius, ma lui aveva il pugnale in mano e mi fissava terrorizzato. Caddì a terra e con le ultime forze mi girai e vidi un'immagine alla quale non riuscivo a credere. Marzia, con la spada che poco prima Claudius aveva gettato e mi osservava con gli occhi gonfi. -Perdonami Marcus...- la sentì sussurrare, ma ormai non riuscivo nemmeno più a tenere gli occhi aperti. Sentì una voce lontana che urlava "che cosa hai fatto?". Poi tutto divenne buio.

 

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Capitolo 2
*** L'arrivo in Inghilterra ***


   L'arrivo in  Inghilterra


-Maledizione!- pensai quando senza accorgermene entrai con il piede in una pozzanghera. Fantastico. Ci mancava solo questa. Prima la mia valigia dispersa all'aeroporto, poi un'ora di attesa interminabile del pullman che mi avrebbe dovuto portare in albergo e infine scoprire che dall'albergo non c'era nessun mezzo di locomozione che mi avrebbe potuto portare agli scavi e che avrei dovuto fare a piedi almeno due chilometri portandomi tutti gli attrezzi sulle spalle. Mentre meditavo sulle mie disgrazie, sentì una voce che mi chiamava. -Virginia!- Mi voltai e non riuscì a trattenere un sorriso quando vidi il bel ragazzo biondo con il quale avevo condiviso gioie e dolori della vita universitaria.-Damian- esclamai, cercando di sembrare infastidita- sapevi che oggi sarei arrivata ma non ti sei nemmeno preso la briga di venire a prendermi all'aeroporto, bell'amico che sei- Mi spiace Virgi, ma stamattina ho ricevuto una telefonata che ha fatto scoppiare il caos nello scavo- esclamò Damian prendendo il borsone con i miei attrezzi e mettendoselo in spalla- Che è successo- domandai incuriosita- Mi ha telefonato il direttore dello scavo, dicendomi che sarebbe venuto oggi pomeriggio a controllare la situazione e noi non siamo assolutamente preparati ad accoglierlo: abbiamo dovuto interrompere i lavori per via del mal tempo e coprire tutto con i teloni per evitare di ritrovarci con una bella piscina di fango. I ragazzi sono già a lavoro per rimuovere i teloni e ricominciare a scavare, ma abbiamo perso molto tempo e non so se riusciremo a completare i lavori per fine mese-. Notai una vena di stanchezza nella sua voce e pensai che non avrebbe retto un altro mese.-Damian-gli dissi- ormai sono quasi sei mesi che sei qui e hai lavorato molto, ma adesso devi prendere in considerazione l'idea di riposarti. Prenderò io in mano la situazione e tu dovrai solo rilassarti- e finendo la frase ripresi il borsone per dare maggior enfasi alle mie parole. -Virgi...-cominciò lui, ma lo interruppi prima che potesse controbattere Non accetterò un no come risposta- e dicendo questo mi avviai allo scavo poco distante. Sospirando, Damian mi seguì camminando dietro di me e in poco tempo arrivammo al sito.

Rutupiae era un insediamento romano che corrispondeva all'odierna Richborourgh poco distante dalla città di Sandwich, nel Kent. Questa città venne fondata nel 43, dopo l'invasione romana della Britannia e divenne uno dei porti principali della Britannia romana, diventando sempre più civile man mano che l'invasione si spingeva a nord. Lo scavo era cominciato circa sei mesi fa, quando il crollo di una parete di una villa patrizia aveva rivelato ambienti fino a quel momento sconosciuti. Damian venne chiamato dal direttore degli scavi perchè era il miglior esperto di età romana presente in zona, ma circa una settimana fa mi aveva telefonato, ufficialmente perchè aveva bisogno "della mia bravura" come mi disse a telefono, ma sono sicura che in fin dei conti aveva solo voglia di rivedermi. Quindi fui costretta a prendere un aereo dall'Italia dove mi trovavo per concludere la ricerca per un dottorato e dirigermi in Inghilterra.    
Eccoci arrivati- disse Damian costringendomi ad abbandonare i mie pensieri e ad alzare lo sguardo davanti a me. L'immensa villa, rimasta quasi illesa nonostante gli evidenti segni del tempo, si trovava non lontano dal centro del sito. Era un edificio maestoso, appartenuto sicuramente a qualche membro molto ricco e influente del luogo, ma mentre cercavo di osservare i dettagli scultorei sui basamenti delle colonne del portico di accesso, Damon mi tirò lievemente per la manica dicendomi-Per di qua-. Sbuffando, lo seguii all'interno della villa. Attraversando il grande atrio notai la presenza di attrezzi tra cui diverse pale e picconi nella grande vasca dell'impluvium, deducendone che probabilmente  non c'era una stanza che poteva essere adibita a magazzino. Superammo ancora due ambienti per poi ritrovarci in una stanza più piccola dove una grossa apertura nella parete lasciava intravedere la presenza di ragazzi al lavoro. Quando entrammo in quell'ambiente, rimasi sbalordita. Avevo condotto molti scavi nelle ville romane di diverse zone dell'Europa, ma non avevo mai visto nulla del genere. Dietro quella parete, c'era quello che a primo impatto mi sembrò un vero e proprio ambiente segreto. Non riuscì a vedere nulla che somigliasse a un entrata, un qualche tipo di accesso. Niente. Quella stanza era stata creata con lo scopo di essere invisibile, ma perchè? Ed era sola, o ne esistevano altre in quella villa? Mentre mi ponevo quelle domande, Damian mi chiese- Che ne pensi?- Che non ho idea del perchè esiste questa stanza- Ma va!- ribbattè Damian ridacchiando- Ti presento Samantah Foster, il mio braccio destro, un' archeologa di innata bravaura- continuò presentandomi una ragazza dall'aria molto insicura-ma allo stesso tempo molto modesta-concluse Damian sorridendo. Diedi la mano alla ragazza che la strinse senza troppa forza e senza nemmeno guardarmi, per poi tornare al suo lavoro. -Loquace- mormorai a Damian che senza badare troppo al mio commento continuò a presentarmi gli altri membri della squadra. C'erano in tutto un decina di persone tra adulti e ragazzi: alcuni erano studenti, altri esperti della zona. 
Dopo aver osservato lo strano posto, pensai che sarebbe stato utile esplorare l'interno della villa, quindi chiesi a Damian di accompagnarmi. L'edificio era composto da svariati ambienti, alcuni anche molto grandi e ci mettemmo quasi due ore per vederla tutta. Era incredibile l'ottimo stato di conservazione della villa: avevo già visto ville romane così ben conservate, ma erano le ville dell'area attorno al Vesuvio che si erano conservate perchè sepolte da cenere e lapilli durante l'eruzione del 79. Rare erano le dimore conservatesi in superficie nel corso dei secoli: della maggior parte restavano solo rovine. 
-Virginia!- Damian mi riportò alla realtà chiamandomi, e mi resi conto che eravamo arrivati in un cortile interno nel quale le colonne del portico mostravano qui e là solo qualche crepa nei basamenti.-é meravigliosa Damian- mormorai estasiata-Lo credo bene- disse Damian- é una villa unica nel suo genere, ma credo sia meglio tornare dagli altri, il direttore potrebbe arrivare a momenti- concluse Damian incamminandosi verso l'interno della villa. -Si- risposi, ma prima che potessi girarmi qualcosa catturò la mia attenzione. Un ragazzo, moro con degli incredibili occhi grigi,vestito con una veste azzurra(cosa che mi sembrò alquanto strana)era appoggiato a una colonna e mi fissava pensieroso. -Ehi- dissi- ma appena provai ad avvicinarmi lui corse in un corridoio. Istintivamente lo seguii, ma appena arrivai all'entrata del coridoio, lui non c'era più. Il mio cervello riuscì a ripartire solo quando sentì la voce di Damian. -Allora? Ti vuoi sbrigare?- chiese scocciato-Damian- chiesi cauta- c'è qualche altro ragazzo che lavora agli scavi?-No- rispose lui-vogliamo andare adesso?- Mi incamminai con lui controvoglia, ma mentre camminavamo gli chiesi-sai se in questa villa tengono degli spettacoli educativi, magari per i ragazzi delle scuole limitrofe?-La zona è sotto scavo, non fanno avvicinare nessuno che non sia un archeologo o uno studente- rispose lui asciutto. La risposta non mi piacque. Se non era uno studente o un attore, chi diavolo era quel ragazzo? I miei pensieri furono interrotti dallo squillo del cellulare di Damian. -Damian Howard...che cosa c'è Samantah?...Dannazione!- esclamò Damian attaccando. -Che è successo?- chiesi-é arrivato il direttore- rispose Damian.

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Capitolo 3
*** Stanze segrete ***


                          

                                                 Stanze segrete


 
-Signor direttore, le presento Virginia Cooper, la collega di cui le parlai qualche settimana fa- proferì Damian guardandomi con aria soddisfatta. Il direttore dello scavo era un uomo particolarmente distinto: gli occhi azzurri trapelavano esperienza anche dietro la sottile montatura degli occhiali e nonostante non avesse un’ aria minacciosa, suscitava comunque un enorme rispetto.
-Sono incantato- disse il direttore osservandomi paternamente -Carl Donovan, lo sfortunato direttore di questo scavo- .L’aggettivo che usò mi insospettì.-Sfortunato? Perché sfortunato?-chiesi curiosa- Perché, mia cara, questo scavo mi sta dando parecchie grane. Studio questa villa ormai da vent’anni e non è passato un solo giorno senza questo dannato posto non mi desse problemi…ma lei sicuramente non è qui per sentire le lamentele di un povero vecchio, è stata chiamata quando il muro di una delle stanze nella zone ovest è crollato e ha rivelato quello che, in teoria, non doveva nemmeno esistere, dico bene?- Prima di rispondergli pensai che doveva essere uno abituato a tenere conferenze, visto che era riuscito a sostenere l’ultima frase senza nemmeno prendere fiato. –Si, il mio collega mi ha telefonato proprio per questo motivo- Dove si trovava precedentemente- continuò il direttore- In Italia signore, studiavo i resti di una villa romana del II secolo per un dottorato di ricerca. – Quindi lei è una vera esperta di ville patrizie del periodo romano- Si signore- Ha mai visto una cosa del genere?- chiese indicandomi la stanza nascosta-no signore, ma se mi da la possibilità di studiare questa stanza, sono certa di poterle dire quale era il suo utilizzo-risposi, anche se in realtà non avevo la minima idea di come avrei fatto a capirlo- Ottimo, allora non la trattengo oltre- concluse il direttore porgendomi la mano- La ringrazio signor direttore- risposi stringendogli la mano. Lo guardai allontanarsi con uno degli archeologi che si trovavano nel campo finché non sentì Damian mettermi una mano sulla spalla.-Andiamo?- mi chiese. Annuendo, ci avviamo nell’ambiente oltre il muro. Tuttavia avevo una stana sensazione, come se qualcuno mi stesse osservando, ma non ci feci caso ed entrai decisa nella stanza.

-Sam!- esclamò Damian alla ragazza che mi aveva presentato precedentemente- avete scoperto qualcosa?-è una stanza come le altre Damian- disse asciutta la ragazza- non ha niente di strano, l’unica cosa che non capiamo è perché ci sia una stanza che non aveva uscite o aperture di qualche tipo- Esatto- mi intromisi io- questa stanza doveva pur avere qualche uso, quindi un’ apertura deve esserci da qualche parte- e dicendo questo mi avviai verso una delle pareti, cominciando a tastarla. Rimasi circa tre quarti d’ora a testare ogni punto delle pareti nella speranza che eventuali aperture fossero state murate successivamente alla costruzione di quell’ambiente. Nulla. I muri erano integri, ma questo non aveva senso. Nella stanza erano state trovate numerose anfore, alcune delle quali ancora intatte, e oggetti di vario genere come lucerne, statuine fittili e alcuni piccoli unguentari. Era evidente che era una specie di deposito, ma come cavolo ci si arrivava? Pensai che il muro crollato che ci aveva permesso di trovare quel posto, fosse stato costruito successivamente e quella non era che una parte della stanza, ma perché costruire un muro e lasciare dall’altra parte tante cose? No, quel posto non mi convinceva per niente. – Tutto bene?- come al solito, fu la voce di Damian a farmi tornare alla realtà.-No, non va tutto bene- risposi io seccata- questa stanza non ha senso e più la guardo, meno ne capisco…uff, ho bisogno di una pausa- sospirai depressa.-conosco un bella caffetteria poco distante da qui, perché non andiamo a prenderci qualcosa?-suggerì mettendomi una mano introno alle spalle- si è meglio- gli dissi rincuorata. Mentre ci dirigevamo verso l’uscita della villa, fui assalita nuovamente da quella strana sensazione e appena voltai lo sguardo mi sembrò di vedere di nuovo il ragazzo dagli occhi grigi che avevo visto prima. Mi strofinai gli occhi per essere certa di quello che vedevo, ma appena li riaprì, lui non c’era più. Perfetto. Ora avevo anche le visioni, ma ero troppo stanca per preoccuparmi della mia saluta psichica e, senza pensarci troppo, le attribuì alla stanchezza del viaggio.

Non ci mettemmo molto per arrivare alla caffetteria del paesino di Sandwich. Era un posto davvero incantevole, molto pittoresco e tranquillo e poiché il mio albergo si trovava qui, promisi a me stessa di non andarmene finché non l’avrei visitata da cima a fondo. La caffetteria era semplicemente stupenda. Il Red Cow, così si chiamava il locale, era un bar-caffetteria a conduzione familiare che si trovava più o meno al centro della città. L’enorme mucca rossa in legno fissata come insegna all’esterno del locale mi fece sorridere: mi domandavo perché avessero scelto quel nome per il locale. L’interno era molto accogliente: era un posto dall’aria vissuta, sembrava in piedi da una vita, con un’ atmosfera che ti rilassava all’istante. Ci sistemammo ad un tavolo appartato e subito ci raggiunse una cameriera che prese i nostri ordini.
 
-Allora Virgi,a parte l’ultima missione, come ti va la vita?- chiese Damian osservando il portatovaglioli sul tavolo- Bhe, i miei studi in Italia mi hanno permesso di portare a buon punto la mia ricerca, non mi manca molto per terminarla-risposi credendo che volesse sapere del mio dottorato, ma la sua espressione delusa mi fece capire che non voleva parlare di quello.-E con Jonh?- chiese senza smettere di osservare il portatovaglioli. Merda. Chissà perché avevo la sensazione che prima o poi me lo avrebbe chiesto. Sono sicura che in realtà non mi aveva mai perdonato del tutto per quella storia. -Non ci sentiamo da più di un anno- risposi asciutta-non eravamo fatti per stare insieme- Forse non nella vita, ma in camera da letto andavate alla grande non è così?- chiese irritato lui alzando lo sguardo per osservare la mia reazione- Mi hai chiamata solo per sbattermi in faccia che sono andata a letto con il tuo migliore amico Damian?-chiesi con la voce che cominciava a tremarmi per la rabbia crescente- Eravate i miei migliori amici Virginia, eravamo sempre insieme noi tre, poi voi due avete cominciato a isolarvi e io sono rimasto solo, credi sia stato bello per me?-disse lui con aria desolata- O forse sei solo incavolato perché non sei venuto a letto con me- risposi seccata. Lui stava per ribattere, quando la cameriera arrivò con i nostri caffè e il conto. Feci per tirare fuori il portafogli, ma lui mi precedette, prendendo cinque sterline e porgendole alla cameriera-Tenga il resto-disse alla donna che, sorridendo, si allontanò verso un altro tavolo. Soffiai sulla tazza di caffè, poi mormorai -Damian…-Goditi il caffè- disse lui senza staccare gli occhi dalla sua tazza, lasciandomi intendere di non voler proseguire la discussione, anche se ne ero certa che ne avremo riparlato. Lo squillo del suo telefono interruppe il flusso dei miei pensieri per la seconda volta.-Damian Howard…si arriviamo subito-. Alzai uno sguardo interrogativo su di lui-Dobbiamo andare- disse –i ragazzi hanno trovato qualcosa di interessante-.


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Capitolo 4
*** Il medaglione ***


  Il medaglione

Guardavo Marzia con aria assorta. Lei stava piegando delle lenzuola insieme ad altre due ancelle, ridacchiando silenziosamente con loro, probabilmente per via di qualche pettegolezzo. Io la osservavo appoggiato ad una colonna del portico di accesso. Era così bella. Aveva i capelli ramati, come molte donne britanniche del resto, e degli occhi verdi così intensi che si faceva fatica a non esserne attratti. La carnagione chiara lasciava trasparire le presenza di vene azzurrine che correvano silenziose sotto la pelle, rendendo la ragazza simile a una gemma di alabastro. Mentre ammiravo quella bellezza così eterea, Marzia si girò e notò che la stavo fissando. Senza accorgermene le mie guance divennero di un vivo color porpora e per evitare di essere deriso, alzai i tacchi e mi affrettai a raggiungere i bagni termali. Dovevo preparare gli ambienti per l’arrivo di alcuni ospiti del padrone ed ero a lavoro da un po’ quando sentì una voce che mi fece gelare il sangue. –Marcus? Va tutto bene?-la domanda di Marzia arrivò come un coltello nello stomaco.-Si certo, perché?-mi affrettai a rispondere senza nemmeno voltarmi- Ho notato che prima mi osservavi- continuò lei- c’è qualcosa che volevi dirmi?-. Mi sembrò di carpire una nota speranzosa nella sua voce, ma forse fu solo una mia illusione-No Marzia, va tutto bene-risposi.-Oh…d’accordo, allora torno alle mie faccende-rispose lei con un tono chiaramente deluso. Appena si girò per allontanarsi, fui preso da una strana angoscia, come se quella fosse la mia ultima occasione per parlarle –Marzia!- esclamai voltandomi di scatto. Lei si fermò senza voltarsi, inclinando leggermente la testa dietro di sé-Si?-chiese aspettando che io parlassi. Animato da non so quale coraggio, coprii la distanza che mi separava da lei a passi molto lenti e quando fui abbastanza vicino le dissi-Marzia…ho una cosa per te-. Lei si voltò e mi fissò con uno sguardo interrogativo. Tenendo a freno l’impulso di accarezzare quel viso perfetto, aprii il sacchetto che tenevo legato alla cintura per estrarvi un medaglione d’argento.  –Tuo fratello mi ha detto che due settimane fa è stato il tuo compleanno e siccome la settimana scorsa avevo un po’ di tempo libero, ho pensato ce ti sarebbe piaciuto ricevere un regalo- conclusi cercando di non far tremare la mano mentre le porgevo l’oggetto. Il medaglione non era molto grande, ma abbastanza da poter recare inciso il disegno di una chiave e una frase in latino:Invenies secretum clavem iuxta cor tuum . –Che cosa significa “troverai la chiave del segreto accanto al tuo cuore”?- chiese Marzia con aria perplessa- Credimi- risposi io- prima o poi questa frase ti potrebbe tornare utile.-Lei rimase in silenzio, facendo passare tra le dita il cordoncino che reggeva il medaglione, poi  mormorò -è davvero meraviglioso…grazie Marcus-. I suoi occhi erano colmi di gratitudine e a quel punto io non riuscì più a trattenermi. Avanzi di un altro passo e le poggiai una mano sulla guancia. La sua espressione mutò di colpo:i suoi occhi pieni di gratitudine divennero seri e poggiò la propria mano su quella che io le avevo posto. Per un attimo i nostri sguardi furono talmente intensi che avrebbero potuto dare fuoco alla stanza. Poi, lentamente cominciai ad avvicinare il mio viso al suo e lei fece altrettanto. Eravamo così vicini che potevo sentire il suo respiro. Le nostre labbra erano quasi giunte a sfiorarsi quando sentimmo una voce che ci fece sobbalzare.-Marzia!-la voce di Claudio che cercava la sorella rimbombava nei corridoi vicini. Marzia si staccò di colpo e, stringendo il medaglione in mano, corse via. Prima di uscire dagli ambienti termali, si girò a guardarmi e mi regalò il più bel sorriso che avessi mai visto. Poi scomparve dietro l’angolo, lasciandomi con la sensazione di aver perso un attimo che non sarebbe tornato.

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Capitolo 5
*** Invenies secretum clavem iuxta cor tuum ***


 

                                    Invenies secretum clavem iuxta cor tuum

-Un medaglione?-chiesi sarcastica -è questa la scoperta interessante? Un medaglione?-. Probabilmente in altre occasioni sarei stata più entusiasta, ma la precedente conversazione con Damian mi aveva alquanto irritato, e il fatto che non ci fossimo rivolti la parola mentre tornavamo alla villa mi aveva ulteriormente messo di cattivo umore. L’unico pensiero di senso compiuto che il mio cervello era in grado di formulare era “Stupido bambino immaturo e rancoroso” al quale si aggiungevano svariati tipi di insulti che nemmeno io credevo di conoscere. –Bhe, diciamo che ad essere interessante non è tanto il medaglione, quanto quello che vi è inciso sopra- ribattè Carl Donovan cercando di mantenere un tono il più affettuoso possibile. Mi resi conto che forse ero stata troppo brusca e, tirando un profondo respiro, presi il medaglione per osservarlo meglio. “Invenies secretum clavem iuxta cor tuum” la scritta era incisa con molta cura su di un lato del medaglione, accompagnata da un’altra incisione…-Una chiave- disse il direttore probabilmente intuendo che il mio sguardo si era soffermato su quella. –“Troverai la chiave del segreto accanto al tuo cuore”, che roba è una specie di indovinello?- dissi senza rendermi conto di aver pensato ad alta voce. Il direttore ridacchiò a quella che pensò fosse una battuta e disse- si, sembra che sia una specie di codice, ma accanto al mistero del suo significato, resta da capire il perché si trovasse celato in una di quelle anfore addossate alla parete-. Girai il medaglione dall’altra parte e notando altre incisione nella parte bassa, lo spolverai lievemente con un piccolo pennello che presi in prestito da uno degli studenti. –M. L. P.-mormorai- sembrano delle iniziali…è molto probabile che sia appartenuto a qualcuno che abitava qui, e vista la natura del manufatto sono quasi certa che appartenesse a una donna- conclusi alzando lo sguardo sul direttore. Lui sorrise compiaciuto- Deduzione brillante, dottoressa Cooper-disse e, rivolgendosi a Damian, aggiunse- Dottor Howard, mi domando il perché non l’abbia chiamata prima-. Damian alzò lo sguardo su di me e mi fissò con aria malinconica- un errore imperdonabile signor direttore- disse sommessamente. Gli occhi verdi di Damian che mi fissavano feriti erano peggio di una lancia che mi squarciava il petto e approfittando del fatto che ormai era quasi ora di pranzo, mi allontanai velocemente, cercando di fermare le lacrime che, prepotenti, tentavano a tutti i costi di bagnarmi le guance.

La pausa pranzo era ormai terminata da un pezzo e mentre tutti,studenti e non, erano tornati a lavoro, io mi ero sistemata nel cortile interno su tavolino pieghevole prestatomi da Samantah per poter studiare meglio il medaglione. Era di un metallo abbastanza pesante, forse ottone, e non era molto grande, tre o quattro centimetri circa di diametro, ma la cosa che non riuscivo proprio a comprendere era l’incisione. -“Invenies secretum clavem iuxta cor tuum”- mormorai pensierosa- Dannazione, che accidenti significa?-è una chiave- Lo so anche io che è una chiave genio- sbottai irritata. Poi però mi colse di nuovo il senso di inquietudine che ormai mi prendeva da quando era arrivata in questa villa e alzai lo sguardo senza riflettere. Era lì. Il ragazzo dagli occhi grigi. Mi aveva risposto lui?. Non so perché, ma la mia mente era come annebbiata e non riuscivo nemmeno a comporre un pensiero di senso compiuto che non comprendesse l’espressione “Ma che cavolo…?”- Ehm-mi decisi a parlare senza sapere esattamente cosa dire- Salve, lavori qui?- Un tempo- mi rispose lui con fare misterioso- Sei stato tu a rispondermi prima vero?- Si- Ah…mi spiace se ho alzato i toni, ma sai oggi non è stata proprio una bella giornata- tentai di scusarmi per la mia precedente imprecazione. Lui però non rispose, ma continuò a fissarmi con fare interrogativo.  Aveva lo stesso vestito dell’altra volta, azzurro, con una cintura di cuoio marrone ai fianci e i calzari dello stesso materiale.- Bel costume- gli dissi ancora convinta che facesse parte di qualche manifestazione teatrale a scopo educativo -Costume?- domandò lui con aria stupita. Cominciava a stancarmi il suo modo di fare- Senti non ho tempo da perdere quindi o mi dici che ci fai qui o chiamo la sorveglianza- dissi arrabbiata- Lui rimase in silenzio, poi però aggiunse- Mi chiamo Marcus-. Io rimasi sbalordita. Avevo davanti un ragazzo, molto bello per giunta, più o meno di venticinque o ventisei anni, con i capelli scuri e gli occhi grigi, vestito come un romano del periodo imperiale che diceva di chiamarsi Marcus. Non riuscivo a immaginare una situazione più bizzarra di quella. – Marcus- ripetei- i tuoi genitori devono avere una passione per il mondo latino per chiamarti così-. Lui però non rispose. Aveva spostato il suo sguardo da me al medaglione. Lo osservò per qualche secondo. Poi vidi delle lacrime scendergli lungo il viso-Marzia…- mormorò con la voce rotta dal pianto- perché…- Ehi che hai?- chiesi preoccupata- non ti senti bene?Vuoi che chiami un medico?-. Ancora una volta lui non rispose, continuando a piangere in silenzio. Non sapendo cosa fare, pensai di aggrapparmi all’unica informazione che mi aveva dato fino a quel momento-Chi è Marzia -chiesi- possiamo chiamarla, è una tua amica?- Quando pronunciai quel nome, sembrava quasi che gli avessero piazzato una bomba sotto i piedi. Alzo di scatto la testa su di me, fissando con gli occhi gonfi e rossi per il pianto e probabilmente cercò di dirmi qualcosa, ma dalla sua bocca uscivano solo lamenti e mormorii incomprensibili. Poi, improvvisamente, si girò e corse via verso un corridoio laterale -Ehi aspetta non scappare- urlai inseguendolo, ma quando arrivai all’ingresso del corridoio, lui non c’era più. Presi la piccola torcia elettrica che avevo in tasca e comincia ad addentrarmi nel corridoio. Dopo qualche metro mi accorsi che quello era un vicolo cieco. Ma qualcos’altro catturò la mia attenzione. La parete di fronte a me era fatta di pietra e vi era inciso sopra il disegno di una chiave, lo stesso disegno inciso sul medaglione. Notai anche sotto  l’incisione una piccola apertura che sembrava quasi fatta apposta per una chiave- Che cosa mi stai nascondendo?- mormorai, non del tutto cerca a chi fosse destinata quella domanda.

 

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Capitolo 6
*** Destini uniti ***


Probabilmente è più di un anno che non aggiorno questa storia, quindi chiedo davvero scusa a chi la seguiva per aver smesso di aggiornarla.  Chiedo venia T__T adesso che l’ho ripresa spero di poterla continuare e magari di finirla XD spero vi piaccia questo nuovo capitolo 

                                                                   

                                                                    Destini uniti

-Damian! Presto corri a vedere- urlai quando finalmente raggiunsi l’interno e vidi il mio amico( se così si poteva ancora chiamare). – Virgi? Che è successo?- chiese guardandomi a metà tra lo stupito e lo sconcertato.-Ti prego Damian, vieni a vedere cosa ho trovato!- continuai a pregarlo.- Damian mi fissò un secondo cercando di capire cosa ci fosse di così importante da vedere, poi sospirando disse- Andiamo-. Senza perdere tempo lo trascinai nel cortile interno, vicino al corridoio dove avevo visto Marcus scomparire. Presi la mia torcia elettrica e mi addentrai immediatamente all’interno, seguita da un Damian sempre più perplesso. Ma non so per quale motivo, il corridoio mi sembrava più lungo di prima, a un tratto vidi una luce, prima flebile, poi sempre più forte. –Ma che accidenti…?- mi domandai confusa.-Ehm, Virgi?- Sta zitto Damian- sbottai accelerando il passo per raggiungere la luce e senza rendermene conto ci ritrovammo fuori dalla villa, in una zona laterale. –Non è possibile…- mormorai esterrefatta -Virgi non vorrei deluderti, ma eravamo già a conoscenza di questo passaggio, veniva usato dalla servitù per spostarsi all’esterno della villa-. Senza nemmeno ascoltarlo, continuai a mormorare – Che fine ha fatto il muro con il simbolo?- Il muro con il simbolo? Virgi ma di cosa stai parlando?- Perchè mi stai facendo questo? Che diavolo vuoi da me?- cominciai a urlare senza controllo- Ma con chi parli Virginia?- Con Marcus accidenti!- sbottai irritata- Chi?- mi rispose Damian che mi osservava come se fossi pazza- il ragazzo con gli occhi grigi, quello che gira nella villa come se fosse casa sua! -Oh andiamo Virgi, vuoi piantarla con questa storia? Non c’è nessuno oltre noi in questa villa! - Damian ti prego credimi, c’è qualcun altro qui, qualcuno che non fa parte del team dello scavo, ma che conosce la villa come le sue tasche e che continua a nascondersi osservando tutti i nostri movimenti- Virginia sei diventata paranoica, qui non c’è nessuno.- sbottò Damian. Un silenzio imbarazzato seguì questa conversazione. Era già la seconda volta che chiedevo a Damian se vi fosse qualcun altro all’interno dell' edificio, e viste le risposte negative, cominciavo anch’io a credere di essere vittima di allucinazioni visive. Il mio stato di totale sconforto però impietosì Damian che aggiunse con un tono più sommesso- Magari questa villa era abitata da qualche senzatetto che aveva trovato il modo di entrarci e adesso non sa più dove andare, perciò continua a girare nei dintorni senza farsi scoprire, questo spiegherebbe come fa a “nascondersi” senza farsi scoprire. –Già, può darsi- ribattei senza convinzione- Oppure è un fantasma- esclamò Damian con una sonora risata che fece sorridere anche me. – Credo che per oggi possiamo chiudere il cantiere, vado dai ragazzi ad avvertirli di riporre gli attrezzi- concluse avviandosi verso l’interno della villa. –Si- risposi con un sospiro. Ma mentre ci avviavamo, mi fermai, ripensando a quello che aveva detto Damian. – Un fantasma…- pensai. Io di certo non credevo nel soprannaturale, ne tantomeno in presenze come i fantasmi. Però quel ragazzo aveva davvero un’aria bizzarra, come se non appartenesse al nostro mondo.  E poi che fine aveva fatto il muro con il disegno della chiave? Me l’ero immaginata? Stavo davvero impazzendo? Più ripensavo a quello che era successo, meno riuscivo a capirci.

 

Marzia era di fronte al corridoio e mi osservava incuriosita. Non riusciva a capire perché mai l’avessi portata a quel vecchio corridoio della servitù che ormai nessuno utilizzava più. Ma lei non sapeva che in quel vecchio passaggio avevo costruito qualcosa di molto speciale, che conoscevo solo io, e adesso anche lei. – Marcus, la signora mi aspetta per il bagno quotidiano, non posso restare ancora molto- Ti prego Marzia, vieni con me- le dissi, quasi supplicandola, lei mi guardò perplessa, ma mi seguì verso l’interno del corridoio. La luce della torcia che avevo acceso rischiarò poco il buio del passaggio, ma ci permise di arrivare a quello che io avevo costruito. Appena arrivammo a destinazione, Marzia guardò il muro che aveva davanti con aria stupita. – Marcus, che ci fa qui questo muro?- Non è un muro qualsiasi Marzia, è una porta.- risposi sorridendo. Vedendo che Marzia non riusciva a capire, le dissi- hai il medaglione che ti ho regalato?- Si certo- disse, toccandosi il medaglione che aveva attorno al collo- Bene- dissi- spingi leggermente l’incisione della chiave-. Marzia obbedì e appena lo fece, la piccola incisione si rivelò per quello che era, una chiave che avevo inserito a incastro nel medaglione. Senza proferire parola, Marzia la raccolse e mi guardò esterrefatta. – Inseriscila nell’apertura della parete, sotto l’incisione della chiave- Marzia eseguì e mie istruzioni e appena girò la chiave nella parete, si sentì un rumore sordo, il rumore si un meccanismo che entrava in funzione. La parete si abbassò lentamente verso terrà, grazie al sostegno di due cavi che la sostenevano, finchè non si trovò a terra in posizione orizzontale, davanti ai nostri piedi. Di fronte a noi c’era una stanza segreta, che io avevo costruito, ponendoci tutto quello che poteva essere utile: anfore, unguentari, catini, lucerne, una panca di legno e un letto dello stesso materiale. Appena entrati nella stanza, tirai una corda che pendeva dal soffitto, e il meccanismo entrò di nuovo in funzione, stavolta risollevando la parete che tornò in posizione verticale. – Marzia- cominciai a parlare con la voce tremante- questo è un posto che ho costruito a tuo uso esclusivo. Potrai venire qui quando vorrai, potrà servirti per pregare, per rifugiarti, per stare un po’ in solitudine, potrai utilizzarlo come vuoi. – Come hai ricavato una stanza da un corridoio?- mi chiese lei, la voce rotta dall’emozione- ho utilizzato parte della mia stanza, il signore non viene mai nelle stanze dei servi, non lo scoprirà mai- le dissi, rassicurandola. – Marcus…- mormòrò lei, guardandomi. Ancora una volta pensai a quanto fosse bella, a quanto avrei voluto stringerla a me, a quanto avrei voluto stare con lei ogni attimo della mia vita. – E se io volessi portare qualcuno qui?- aggiunse lei,osservando il letto. Una fitta mi trapassò il cuore, ma non lo diedi a vedere e dissi- Puoi portare chi vuoi qui, Marzia…-ma mentre lo dicevo Marzia si era avvicinata, fissandomi con i suoi intensi occhi verdi. – E se volessi portare te qui?- A quelle parole, non riuscì più a pensare a nulla. Io l’amavo, amavo Marzia più di ogni altra cosa al mondo, e il solo pensiero che anche lei mi amasse, mi riempiva l’anima di mille emozioni. Marzia si avvicinò a me, e mi mise una mano sulla guancia, un contatto che mi fece tremare. Mi pose le morbide labbra sulla fronte, dandomi un bacio dolce e profondo, per poi soffermarsi sulla mia bocca, dove le sue labbra si chiusero sulle mie. Una lacrima scese sulla mia guancia, bagnandole la mano, ma lei non ci fece caso. Invece mi prese l’altra mano e mi condusse verso il letto. Non riuscivo più a elaborare pensieri, sapevo solo che la desideravo, che l’amavo, e adesso sapevo che i miei sentimenti erano ricambiati e che i nostri destini si erano ormai uniti. Sapevo solo che i suoi baci erano dolci e roventi allo stesso tempo, che avevano un gusto delicato,quasi come le more che adorava mangiare. Quella notte sapevo solo che amavo alla follia il sapore del suo respiro.

                      

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Capitolo 7
*** Tombe senza nome ***


 

                                                 Tombe senza nome

Guardavo il panorama dalla finestra della mia camera del Bell Hotel, dove alloggiavo. Quel posto era davvero incantevole: affacciava sul fiume Stour, che scorreva placido nel silenzio della sera, accompagnato solo dall’ultimo cinguettio di qualche uccellino che di lì a poco sarebbe andato a dormire.  Ma anche di fronte a quello spettacolo, l’unica parola che riecheggiava nella mia testa ormai da ore era sempre la stessa. –Un fantasma…- mormorai. No. Era impossibile. Da scienziata non potevo credere in queste cose, come non credevo negli alieni e in Babbo Natale. E anzi, avevo svariati dubbi anche sull’esistenza di Dio, nonostante la mia famiglia fosse formata da cattolici convinti. Perciò anche soltanto pensare nella presenza di un fantasma per me rasentava la follia. Ma anche se mi aggrappavo disperatamente a tutte le mie convinzioni, il pensiero che Marcus fosse un entità senza corpo, di solo spirito,  non mi dava tregua. Esasperata, mi alzai e decisi di fare qualche ricerca al mio computer portatile. Digitai la parola “fantasma” su Google e immediatamente comparvero le informazione più disparate. Storie di incontri con ectoplasmi, spiegazioni pseudo-scientifiche su cosa fossero, addirittura chi asseriva di essere andata a letto con un fantasma.  Una di queste cretinate però catturò la mia attenzione. Era una delle tante spiegazioni senza capo ne coda di cosa fossero i fantasmi, ma non so perché mi rimase impressa. “ I fantasmi sono entità formate di materia ectoplasmatica, che in parole più semplici potremo definire spiriti, anime rimaste intrappolate sulla terra. In genere sono persone morte in maniera violenta, rimaste attaccate al luogo dove sono defunte. Perché rimangono nel luogo dove sono morte? Questo non è un dato del tutto chiaro. In linea generale si potrebbe dire che non passano nell’aldilà perché devono ancora fare qualcosa nel nostro mondo, qualcosa che non sono riusciti a portare a termine, hanno lasciato, insomma, qualcosa in sospeso…”- Ridicolo!- sbottai a voce alta chiudendo il portatile di scatto. Quante stronzate, cose in sospeso, ma per favore! Eppure, nonostante sapessi che erano solo un mucchi di sciocchezze, un tarlo dispettoso nella mia mente non mi dava tregua. -Sei sicura che si tratti solo di sciocchezze? Pensaci bene Virginia: un ragazzo che appare a scompare, muri nella villa che tu vedi ma che poi scompaiono come per magia e l’intera dimora che sembra avere un’aria sinistra, come se nascondesse qualcosa di orribile tra le sue stesse mura…tu stessa hai detto che è impossibile vedere ville patrizie conservate così bene nell’arco dei millenni, perché allora questa è praticamente perfetta?- continuava a ripetere la voce antipatica nella mia testa. – Dannazione!- esclamai furibonda. Ma improvvisamente sobbalzai. Il mio cellulare aveva cominciato a squillare. Lo afferrai velocemente e vidi un nome che mi fece sussultare. John Grey.

 

 

-Allora Dottor Grey, mi illumini, l’esperto è lei- disse Carl Donovan sorridendo al giovane archeologo chino sulle due tombe ritrovate a diversi metri della villa. – Francamente Professor Donovan, sono molto contento che mi abbiate chiamato per analizzare questa sepoltura- disse Jonh senza smettere di fissare la fossa nel terreno.- Eri l’unico da queste parti Jonh- disse Damian con aria sarcastica guardandolo con sufficienza.  Notando l’aria alquanto tesa di Damian, Carl Donovan pensò bene di alleggerire la situazione mandando Damian a controllare lo scavo che procedeva all’ interno della villa. Mentre si avviava, Damian mi guardò con aria ferita, ma il suo atteggiamento cominciava  a darmi sui nervi. Da quando Jonh era arrivato sul sito per analizzare la tomba trovata a poca distanza dalla villa, Damian era di cattivo umore e non mancava di sottolineare il suo disappunto nei miei confronti o in quelli di Jonh con battutine velenose e frecciatine fuori luogo, anche se io sapevo che avrebbe reagito in questo modo. Quando avevo ricevuto la telefonata di Jonh la sera precedente che mi aveva avvertito della scoperta e che sarebbe stato lui ad analizzare la tomba, immaginai che Damian avesse sfasciato l’intero cantiere sentendo che sarebbe stato lui l’archeologo forense ad occuparsi dei corpi trovati al suo interno. – Che dire Professore- cominciò Jonh alzandosi in piedi- è una tomba a fossa, niente di inusuale, bhe a parte per la sua posizione e per i corpi ivi presenti. Infatti la presenza di una tomba vicino a una villa non è molto usuale, per di più solitaria, senza nessun altra sepoltura nei paraggi. Per quanto riguarda i corpi invece, nonostante mi ci vorrà del tempo per analizzarli meglio,  a primo impatto, direi che si tratti di una donna, vista la larghezza delle ossa pelviche, e bhe, per l’altro corpo, penso che abbiamo capito tutti di cosa si tratta. Jonh mi guardò con aria triste. Accanto allo scheletro della donna, un piccolo corpicino faceva capolino dal terreno. Un bambino.

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