Amore Mio

di Lullaby Candy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Amore Mio ***
Capitolo 2: *** Il verbo Amare non ha tempi Passati ***



Capitolo 1
*** Amore Mio ***


Documento senza titolo

Questa storia narra di un amore omosessuale tra due ragazzE, chiunque non gradisca questo genere è pregato di astenersi dal leggere e commentare negativamente.
Buona lettura ^^





Amore Mio






L’orologio sulla parete scandiva piano i minuti, tutti gli sguardi dei ragazzi seduti ai banchi erano fissi su di esso, come attratti da una forza nascosta. Con gli occhi persi su quelle lancette, stava aspettando con estenuante ansietà. Veronica non vedeva l’ora di sentire l'acuto e stridulo suono della campanella, che segnava la fine di quella lunga giornata di scuola. Il tempo sembrava scorrere più lentamente del solito, mettendo a dura prova la pazienza della ragazza. Batteva i piedi, come per effettuare il conto alla rovescia ed ecco, mancavano ora pochi secondi, il cuore incominciò a batter più veloce, le mani tremarono, tutto il suo corpo fu invaso da un’ondata calda. L’impianto elettrico scattò provocando nell’intera classe il subbuglio più totale, tutti i ragazzi si alzarono tranne una, che teneva la testa china stringendo le mani in pugni, per darsi coraggio. Respirò a fondo e quando ebbe ripreso lucidità si alzò, dirigendosi fuori da quella stanza, non curandosi degli oggetti che aveva lasciato sparsi sul banco e degli sguardi indagatori di chi le stava intorno. Poco importava, in quel momento aveva in mente soltanto l’incontro che stava per fare, che aveva sperato da così tanto tempo. Si sarebbe ritrovata faccia a faccia con la persona che amava e , molto probabilmente, le si sarebbe dichiarata. Scese in fretta le scale, facendo attenzione a non scivolare per evitar di rovinare quel momento da favola. L’appuntamento era alla fine delle lezioni in cortile, in un angolo un po' appartato, ottimo per una chiacchierata tranquilla, anche se sapeva perfettamente che quella sarebbe stata tutto tranne che tranquilla. Aprì con un colpo secco la porta a vetri e si ritrovò immersa nella luce estiva, che la colpì in pieno viso. Alzò una mano per proteggersi gli occhi, che colpiti dai raggi avevano acquistato riflessi dorati. Condusse lo sguardo intorno a sé, sperando con tutto il cuore di vederla. Una sagoma scura in controluce apparve e non le servirono altri indizi per intuire che quella fosse Rosa. Si era innamorata di una ragazza più grande di lei e all’inizio di quel terzo anno scolastico delle superiori era riuscita a conoscerla, avevano avuto più occasioni per parlarsi, ma, era ovvio, quel giorno la loro conversazione non sarebbe stata come al solito. Entrambe avevano l’intenzione di esprimere tutti i sentimenti che tenevano recessi nel profondo del loro cuore. E così la giovane le andò incontro, ammirandola in tutta la sua integrità, le pareva una dea che si ergeva perfetta in una pioggia di luce, dileguando le tenebre attorno. Rimasta come incantata da quella visione quasi surreale, non si accorse di essersi bloccata a metà strada, contemplandola con la bocca quasi socchiusa. Rosa, notando la sua tensione, volle rassicurala in qualche modo; le si avvicinò piano, sollevando una mano e accarezzandole una guancia, mentre con l’altra, poggiata sui fianchi, la spingeva a sé. La avvolse in un abbraccio imbarazzato, confortandola quanto possibile; finché non poté più resistere, il suo istinto prevalse sulla ragione, perdendo del tutto la lucidità, messa a dura prova da quel contatto ravvicinato. Un impulso irrefrenabile, così, diminuì dolcemente la distanza dei loro visi, fino a confondere i loro respiri, e unì le sue labbra a quelle tremanti di Veronica. Accadde tutto in pochi minuti provocando agitazione e sorpresa nella giovane, che non tardò ad abbandonarsi completamente nel bacio che ardentemente aveva desiderato.
Quello era uno dei tanti, piacevolissimi ricordi, che Veronica aveva scalfito indelebili nella sua memoria, come per evitare che il tempo distruttore, le portasse via anche quelli.


La giovane rimembrava quegli attimi, che apparivano lontani anni luce, così distanti da dove era lei adesso, ma nonostante tutto li sentiva vicini, poiché facevano parte di lei, come la ragazza a cui erano legati. Lo sguardo perso fuori dalla finestra, un 'instancabile gioco di ombre colorava i marciapiedi, prima colpiti e poi abbandonati dai caldi raggi di giugno. Non c'era vento, Veronica non poté non paragonarlo alla giornata del primo incontro con la sua ragazza: quel giorno soffiava un vento forte. Ricordava la figura di quella ragazza bellissima, nascosta dalle proprie ciocche di capelli che, spostate dal vento, le si erano posate sugli occhi. Sentì una stretta al cuore, una fitta la percosse dentro, gli occhi trattenevano a stento le lacrime, ma resistette nell'abbandonarsi completamente in un pianto disperato. Ritornò alla realtà poiché qualche compagno di classe, che stava facendo il conto alla rovescia, aveva cominciato a battere i piedi e le mani a tempo, alzando la voce fragorosamente. Subito il prof lo richiamò, non severamente come al solito, e tutta la classe si abbandonò in una risata collettiva, dalla quale Vero sembrava esclusa, non che lei volesse ridere, proprio in quel giorno. La campanella suonò d'improvviso, suscitando nella ragazza paura e ancor più tristezza, scombussolandola nel profondo. Raccolse piano i suoi effetti, quasi mettendosi d'impegno a sprecar più tempo possibile. Quando ebbe finito si alzò in piedi. Era rimasta sola in classe. Abbassò la testa, spostò l'ultimo foglio che era rimasto sul banco, ed una scritta incisa nel legno apparve, leggibile nonostante fosse stata scalfita molto tempo addietro.
“Amore mio!” Affianco un piccolo cuore un po' storto con la firma di chi aveva compiuto quel dolcissimo atto di vandalismo “ Ros”.
Veronica rimase ferma, sorrise rileggendola. Non ricordava più quante innumerevoli volte aveva compiuto quell'atto; quelle parole... due semplici parole che sapevano suscitare in lei un' universo di emozioni: amore, tenerezza, rabbia, tristezza, nostalgia.. e a volte anche odio. Senza pensarci estrasse il telefonino dalla tasca dei jeans, e vi fece una foto, un' altra che sarebbe andata ad aggiungersi all'album personale del suo amore. Si caricò la cartella sulle spalle, diede un'ultima occhiata a quella scritta, che non avrebbe visto mai più. Incominciò a ridere ripensando a quante volte avevano litigato per quel soprannome: “Ros”. No, a lei non piaceva per niente, preferiva chiamarla col suo nome intero. Perché abbreviarlo solo per una vocale? Ma la sua adorata fidanzata continuava a firmasi così, in tutto: bigliettini, messaggi e dediche. Sulle gote, in risalto per il sorriso smagliante che stava facendo, scivolò una lacrima, solo allora Veronica si accorse di aver incominciato a piangere, chissà da quanto tempo.
Si asciugò gli occhi con il palmo della mano sinistra e si voltò in fretta, per uscire dall'aula. Non ebbe il coraggio di voltarsi, sarebbe stato tutto più difficile e non avrebbe più trovato la forza per lasciare quel posto. Scese le scale di corsa e le lacrime non volevano smettere di scorrere, vedeva offuscato. Per poco non scivolò da uno scalino, afferrò il corrimano giusto in tempo prima di ritrovarsi con la faccia a terra, ma non le importava, senza curarsene, riprese la sua strada. Le gambe sembravano stanche e pesanti, come macigni; tutto in lei non voleva abbandonare quel posto, la mano tremante sulla maniglia fredda d'acciaio. Rimase titubante nell'aprirla. Ricordò allora, l'incontro del loro primo bacio, quando entrambe si confessarono, era anch'esso l'ultimo giorno di scuola, di due anni addietro. Quanto era cambiato da quel tempo: loro, i loro corpi, la loro relazione, ma l'unico fatto che Veronica, sentiva, non essere mutato affatto, era il sentimento che lei provava verso Rosa, un amore puro ed eterno, che non sarebbe stato intaccato dalla distruzione del tempo. Rimembrando quella giornata e il modo in cui, ansiosa, aprì quella stessa porta, le diede coraggio e così, girò la maniglia, finendo ancora nella piena luce estiva, che le colpì gli occhi. Per un attimo soltanto, la rivide davanti a sé, con quel sorriso dolce e premuroso rivolto a lei ed a nessun altro. Ebbe il batticuore, era bellissima, la sua fisionomia era rimasta uguale all'ultima volta che l'aveva vista, cioè l'anno passato. Fantasticò, pensando come sarebbe stata a quest'ora. Senza ombra di dubbio la sua bellezza non sarebbe sbiadita col passare del tempo, anzi se l'immaginò ancor più affascinante. In un attimo, tutte le fantasie che aveva creato nella sua testa si ridussero in frantumi, come una colonna di cristallo che, per un piccolo tremolo, cade, frantumandosi in mille pezzi. Le lacrime sgorgavano incessantemente, bagnandole tutte le guance. Le gambe cedettero e si ritrovò seduta a terra, sulle proprie ginocchia. Il petto doleva, con una mano afferrò la stoffa della maglia, all'altezza del cuore e la strinse, così forte da avere le dita indolenzite; mentre con l'altra cercò di nascondere il proprio viso, bagnandola di calde lacrime. Il respiro, non più regolare, incominciò a provocare singhiozzi, che invasero tutt'attorno.
Tutti i suoi sogni furono spezzati, e dopo molto tempo da quando accadde, realizzò che la sua amatissima Rosa non sarebbe più tornata. Non l'avrebbe mai più vista, almeno non in questa vita. Tutto colpa del destino, dannato destino che prima creò una splendida favola e poi la fece scoppiare, come una bolla di sapone. Avevano avuto un anno, un anno soltanto per poter stare insieme e vivere felici l'una con l'altra. Tutto quello che Veronica, nelle sue più disperate e assurde preghiere, aveva chiesto era solamente un altro po' di tempo da trascorrere insieme, per poter vivere appieno il loro amore. E invece no, il fato aveva deciso di tranciare in tempo prematuro la vita della ragazza, un fiore bello e profumato, cresciuto in un campo incolto, reciso nel pieno della fioritura da un passante che, per caso e disgrazia, si aggirava nei dintorni.

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Capitolo 2
*** Il verbo Amare non ha tempi Passati ***


Documento senza titolo


Un ringraziamento particolare a Darkovana che mi ha dato l'ispirazione per il finale.
Grazie mille davvero ^^
Eccolo qui, tutto per te:






Il verbo Amare non ha tempi Passati






Un costante e ripetitivo cigolio proveniva dalle rotaie, che con foga venivano sorpassate dal treno. All'esterno del finestrino, paesaggi e paesini si susseguivano uno dietro l'altro, non lasciando la possibilità di apprezzarne a pieno l'intera bellezza. Una ragazza, immersa nei suoi pensieri, stava seduta e, con occhi vuoti e vaghi, guardava il mondo esterno, come se fosse un estraneo, del quale lei non faceva parte. Grazie alla musica che sgorgava fuori dai piccoli auricolari, che rimanevano in bilico nel padiglione dell'orecchio, riusciva ad isolarsi completamente. Quella mattina, tra la foschia e il pungente freddo d'ottobre, svogliatamente aveva lasciato il caldo ed accogliente letto, per dirigersi all'università. Gli occhi ancora non si erano pienamente abituati alla luce del giorno e la testa le girava, sintomi che presumevano un colpo di sonno improvviso o qualche attacco di follia della sua mente. Un'ennesima fermata, ma mancava ancora un buon quarto d'ora prima di raggiungere la sua destinazione. Alcuni passeggeri presero posto nei sedili adiacenti al suo, attirando la sua attenzione. Rimase di ghiaccio nel vedere, in piedi davanti a sé, una ragazza, tristemente somigliante ad una persona che Veronica ben conosceva. La fissò per un tempo che parve infinito; lei, non dicendo una parola, le indirizzava un sorriso felice. Quando ebbe riacquistato un attimo di lucidità, si tolse in fretta gli auricolari e s'alzò. Faccia a faccia con la ragazza che le aveva cambiato la vita, nel bene e nel male. Tutto quello sapeva di assurdo, era così irreale, ma talmente appagante, che Veronica non poté non lasciarsi trasportare nel bel mezzo. Abbozzò un sorriso, ed arrossì. Voleva parlarle, aveva tanto da chiederle, ma la sua bocca non emise nemmeno un suono. Rimase lì, con le labbra socchiuse, nell'attesa che una forza la prendesse e le desse il coraggio di spiccicare parola. Rosa, dovette essersi accorta del tentativo della ragazza, poiché le poggiò l'indice sulle labbra, come per zittirla, quando in realtà non aveva detto ancora nulla.
“Shh. Non parlare, ormai non serve più, no?” ridacchiò divertita, come se il fatto che fosse sparita fosse comico. Ciò che arrivò alle orecchie di Vero la fece sussultare, non era la solita, limpida voce, un qualcosa di arcano e misterioso vi si celava. Un suono attutito che a stento percepiva, come se provenisse da lontano, quando in realtà la sua interlocutrice le era di fronte. Volle sfiorarla, toccarla e sentirla, per un'ultima volta, lì, proprio accanto a lei, nel suo mondo, come se non se ne fosse mai andata. Allungò una mano e quando questa incontrò il braccio di Rosa, un brivido freddo s'insinuò in lei ed un formicolio fastidioso s'impossessò delle sue dita, ma riuscì a raggiungerla. Sì, finalmente dopo anni di tentativi, preghiere e speranze era riuscita ad incontrare ancora la sua pelle, anche se era fredda come il ghiaccio. Lei parve, in un primo momento, sorpresa, poi la paura s'impossessò di lei, sgranando gli occhi come se avesse visto un qualcosa di atroce ed orribile. Sembrava sul punto di piangere, ma dagli occhi non scese neanche una lacrima.
“No..No..Amore mio, cosa fai? Noi non possiamo più stare insieme..” Con un sorriso talmente sforzato da apparire una smorfia, muoveva il capo in segno di diniego. “Il tempo purtroppo non ritorna e, così, neanche i morti.. Prosegui.. Prosegui per la tua strada e, se il mio ricordo dovesse essere d'intralcio alla tua felicità, ti prego, dimenticami! Non voglio che tu stia male per me o che tu pianga, è così bello il tuo sorriso. Mostra al mondo intero chi sei veramente, senza debolezza, io starò sempre qui, al tuo fianco, Amore Mio..” Pian piano la sua immagine si dissolse, lasciando dietro sé soltanto una malinconica risata. Veronica sentì, dentro sé, qualcosa rompersi e scombussolarla radicalmente. Il suo cuore, per le troppe emozioni contrastanti, doleva. Non riusciva a respirare. Si guardò attorno spaesata, in cerca di qualche faccia amica, ma intorno a sé solo persone che non conosceva e sembravano non curarsi di lei. A stento riuscì a riprendere posto. Gli occhi arrossati erano carichi di lacrime, ma non aveva la forza per piangere. Rimase lì, inerme, seduta su di un sedile diventato ora scomodo ed irritante. Guardava un punto vago nel vuoto. Non si rese conto di quanto tempo restò così ferma; la sua fermata passò, senza che se ne rendesse conto, come tutta la felicità della sua vita. Non sapeva dove stava andando, né quel che l'avrebbe attesa a fine destinazione, ma aveva già realizzato, che la fermata che più di tutte amava, non sarebbe più giunta.

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