The Runners 2 - Reloaded

di L_Fy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 : Tempus Fugit ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 : Hell's Kitchen ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 : Colpo grosso ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 : Riunione di famiglia ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 : Polaris ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 : In vino veritas... ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 : RockLand ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 : La Prova (parte 1) ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 : La Prova (parte 2) ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 : La tana del Morlock ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 : Cuori infranti ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 : In fuga ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 : Nell'harem ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 : La Decana ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 : Tortuga! ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 : La storia di Lucy ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 : Quattro chiacchiere fra donne ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 : Informazioni ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 : Discesa negli Inferi ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 : L'ultima ora ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 : L'onore dei Runners ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 : Uno sguardo sul futuro ***
Capitolo 23: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 : Tempus Fugit ***


Platform:        DN Anemy Pub
Digi-Alias :    Themselves
 
“Questo posto è fantastico!” esclamò pieno di entusiasmo il Runner David Hanson accomodandosi sulla poltroncina nel separé. Il suo compagno fece un sorrisetto condiscendente e lo imitò, sedendosi di fronte a lui e appoggiando pigramente i gomiti sul tavolo: erano appena arrivati all’Anemy Pub ma era chiaro che il giovane era un habitué, considerando la sua naturalezza nel muoversi in quell’ambiente fumoso e caotico.
“Niente di che” minimizzò vago sorridendo “Quando non siamo nel Limbo, questa è la meta fissa preferita della squadra per discutere dei casi che abbiamo in corso. E siccome ci hanno chiuso per l’ennesima volta l’accesso al Limbo per disinfestazione… eccoci qua.”
David fece un ampio sorriso al suo compagno: quella mattina era stato convocato d’urgenza dal CDI per un nuovo incarico dove gli avevano comunicato che doveva fungere da rimpiazzo nella squadra Tau Centauri. L’umore del giovane era balzato alle stelle: la Tau Centauri!! Chiunque avesse ambizione di diventare Runner nella vita conosceva quel nome leggendario e lo venerava. Quella era la mitica squadra che due anni prima aveva scoperchiato il calderone degli affari illeciti della Corp., sconvolgendo l’organizzazione sociale ed economica di tutte e quattro le Orion! Far parte della Tau Centauri era il massimo dell’onore a cui un Runner potesse aspirare. I componenti di quella squadra erano considerati degli eroi, all’Accademia dei Runners. Quando Garrie O’Brian era comparso alla sede del CDI presentandosi come un componente della Tau Centauri, per poco David non era caduto in adorazione ai suoi piedi, abbagliato. In realtà, O’Brian si era dimostrato essere un ragazzo incredibilmente semplice e alla mano ed anche molto più giovane di quanto ci si aspettasse. Con quel faccino sorridente e spensierato, non aveva proprio l’aria di uno spietato e feroce Runner pluridecorato. Era riuscito a mettere David immediatamente a suo agio, parlandogli del più e del meno con leggerezza e l’ammirazione di David  nei suoi confronti era cresciuta a dismisura quando,  al loro ingresso all’Anemy Pub, frotte di giovani donne erano sciamate intorno a loro salutando e schioccando sonori baci di benvenuto.
“Che c’è, ti danno fastidio le ragazze?” rise Garrie quando lo vide in sincero imbarazzo.
“Ci mancherebbe” rispose prontamente David scuotendo il capo” E’ che non sono abituato ad avere intorno tante femmine in un contesto ludico. Quando sei in Accademia non hai molte occasioni del genere. E le donne Runners, per la maggior parte, sono delle cozze spocchiose e incarognite, se non usano dei digi-alias.”
“Sante parole” approvò Garrie “Capisco cosa vuoi dire. Le donne Runners sono la cosa meno simpatica che possa capitare ad un uomo…peggio di una qualsiasi malattia venerea.”
David non commentò: quel Garrie doveva essere un vero cultore del gentil sesso poiché ogni femmina che passava di lì lo conosceva e non mancava di  dirgli qualcosa o di lanciargli qualche allusivo e smagliante sorriso.
“Ordiniamo?” domandò Garrie.
“Per me va bene” rispose David, entusiasta “Ma non aspettiamo gli altri?”
“No” rispose Garrie alzando un braccio mentre una cameriera bionda si avvicinava ancheggiando al loro tavolo con un gran sorriso scintillante “Due birre, gioia, grazie. Pat e Morales sono in postazione nella Terra di Nessuno a cercare un contatto per infiltrarci sulla DDW dove dovremo lavorare. Il capo ci raggiungerà qui per parlarci della missione di stasera, ma non beve se non è di cattivo umore. E, conoscendo le conseguenze del suo cattivo umore, è molto meglio per noi che stasera non beva.”
“Il capo…Cardinale, giusto?” domandò David pronunciando il suo nome con autentica venerazione “Che tipo è? Deve essere un uomo tutto d’un pezzo per aver fatto quello che ha fatto due anni fa…”
Garrie per poco non si strozzò scoppiando a ridere mentre beveva la birra che la cameriera gli aveva prontamente portato. Poi si ricompose e piantò in faccia a David due seri occhioni azzurri.
“A dire il vero, due anni fa Cardinale non era il capo: comunque sì, è effettivamente una persona tutta d’un pezzo” lo informò truce, glissando sul fatto che Cardinale, il capo della Tau Centauri, l’uomo che David ammirava così tanto,  era in realtà una donna “Ma è anche intransigente e carogna più di chiunque al mondo. O fai quello che dice, o ti sbatte fuori dalla squadra nel giro di due secondi. Tu devi essere il millesimo rimpiazzo che chiede al CDI e li ha demoliti tutti prima ancora della fine della loro prima missione.”
“Dai…non può essere così bastardo…” cercò di minimizzare David, ma Garrie continuava ad annuire convinto.
“La sua bastardaggine non ha pari in tutte le Orion”
“Cavolo” deglutì David già in ansia “C’è niente che possa fare per ingraziarmelo da subito? Voglio dire…che tipo di persona si aspetta?”
Garrie rimuginò seriamente mentre gli occhi gli brillavano di una sospetta luce divertita.
“Bè…direi che ti converrebbe fargli vedere subito che sei un tipo deciso: gli vanno a genio le persone con le palle. Ah, e dovresti fargli capire da subito che ti piacciono le donne. Sai, ha tendenze omofobiche…”
“Oh, bene…” mormorò David con un’espressione di sollievo sul viso “Se, per esempio, arrivasse adesso, e mi trovasse incollato a qualche bella sventola?”
“Sarebbe subito più malleabile.” rispose Garrie con un sorriso perfido.
David cominciò a guardarsi intorno febbrilmente in cerca di una preda mentre Garrie ridacchiava esilarato sotto i baffi.
Scrutò per un pezzo il locale finché il suo sguardo non si fermò su quello che sembrava il tipo adatto: bruna, occhioni da cerbiatto e labbra imbronciate, magrolina ma non troppo, da quanto si poteva capire dai larghi pantaloni kaki e dalla maglietta bianca oversize. Carina, ma poco appariscente, leggermente accigliata e, soprattutto, sola.
“Che ne dici di quella bruna che è appena entrata?” domandò eccitato a Garrie che si girò a guardare, perdendo di colpo il buonumore.
“Jude?” chiese trasecolato mentre la ragazza si avvicinava a passo di marcia.
“Oh, che fortuna, sta venendo proprio qui!” si elettrizzò David alzandosi in piedi.
“Ehm…guarda, David, che quella è…cioè, non è…” borbottò Garrie, ma ormai era troppo tardi: David si era piazzato davanti alla ragazza sfoderando il suo migliore sorriso da rubacuori.
“Hei, bellezza…cerchi compagnia?” disse cercando di rendere la voce sexy e suadente.
Garrie trattenne il fiato, indeciso se scoppiare a ridere o darsela a gambe, mentre la ragazza sollevava uno sguardo freddo e aggrottato sul giovane Runner, con la stessa aristocratica alterigia di una nobildonna verso uno schiavo che le ha impudentemente rivolto la parola.
“Chi accidenti è questo mentecatto?” disse infine annoiata, rivolta a Garrie che era diventato rosso come una cresta di gallo per trattenere le risate.
“Che classe, capo!” proruppe questi ridendo, incapace di trattenersi oltre “Adesso faccio le presentazioni: questo è David, il rimpiazzo mandato dal CDI. David, questa è Jude Cardinale, il capo supremo della Tau Centauri.”
David ci mise qualche secondo ad assimilare la notizia, mentre il sorriso gli si pietrificava sulle labbra lentamente.
“Ca-Cardinale…?” chiese confuso, la faccia congelata in un’espressione attonita.
Cardinale stava intanto radiografando il giovane da capo a piedi e le sue labbra si pressavano in una piega dura e adirata.
“Il rimpiazzo?” sibilò infine facendolo tremare leggermente “Quei disgraziati del CDI! Ma da dove ti hanno preso? Alla scuola per ritardati di mente o all’asilo d’infanzia?”
“Hei, Cardinale” cercò di ammansirla Garrie di nuovo serio “Il ragazzo non ha colpa. Non sapeva che eri tu. Stavamo giochicchiando ed io l’ho un po’, come dire, istigato a provarci con una qualsiasi e sei capitata proprio tu fra capo e collo, così…”
Cardinale si sedette al tavolo sbuffando, imitata da Garrie mentre David restava impalato nella sua posizione, ancora apparentemente immerso fino al collo nella vergogna.
“Ho immaginato che fosse farina del tuo sacco” disse acida Cardinale chiamando con un gesto imperioso la cameriera che si avvicinò di nuovo al loro tavolo, meno sorridente di prima “Altrimenti questo pannolone dipendente starebbe già spazzolando il pavimento con i denti. Tu siediti: ti si è ibernato il neurone? Un whisky, cocca, e alla svelta. Anzi, facciamo una bottiglia.”
“Ai” mormorò Garrie depresso mentre David si sedeva lentamente di fronte a loro “Che ti è successo, capo? Crisi col CDI o è un po’ che non pattugli?”
Cardinale gli lanciò uno sguardo di traverso e si versò un abbondante bicchiere del liquore che la cameriera aveva appena portato al tavolo.
“Sei davvero divertente, Garrie-O. Mi sto sbellicando, anche se non sembra. Allora, rimpiazzo, puoi ripescare la lingua dai succhi gastrici e dirmi come ti chiami?”
“Come…? Cosa…?” ripeté frastornato David, poi un guizzo di intelletto tornò ad infiammargli le meningi e si schiarì la voce “Ah, sì, certo. David Hanson, Runner classe 3C, proveniente dalla squadra Delta Fighter. Vorrei scusarmi per la mia infelice presentazione, sono davvero mortificato e ti assicuro che…”
“Sì, sì, tranquillo” lo interruppe Cardinale infastidita “Conosco Garrie e so con che infantili meschinità si diverte.”
Garrie le sorrise serafico, per niente scosso dal rimprovero muto che trasudava dallo sguardo della donna. Riportando l’attenzione su di lui, Cardinale si sporse verso David che trattenne il respiro preoccupato.
“Avevo chiesto un rimpiazzo serio e per l’ennesima volta mi hanno mandato un pivellino. Pazienza, andrò a strillare dopo col CDI. Adesso sei qui e mi servi per la missione di stasera, quindi apri bene i padiglioni auricolari e ascolta quello che dico, perché non ho intenzione di dirtelo di nuovo. Chiaro?”
“Paganini non ripete” ridacchiò Garrie sorseggiando la sua birra e Cardinale si girò verso di lui, esasperata.
“Non interrompere, ammasso di ormoni ambulante. Nemmeno sai chi era Paganini.”
“Certo che lo so: un mafioso italoamericano, no?” protestò Garrie ma Cardinale lo ignorò di nuovo puntando gli occhi scuri su David.
“Prima cosa: la squadra è attualmente composta da me, il tattico O’Brian nella persona del deficiente qui accanto, il tecnico delle comunicazioni Morales e il logistico Patterson. Teoricamente tu dovresti fungere da programmatore, ma tra noi sappiamo che tutti devono saper fare tutto. Io coordino la squadra e la mia parola è la Bibbia: quindi tu fai quello che ti dico esattamente quando te lo dico, fosse anche di buttarti nudo giù da un ponte. Hai capito il primo punto, figliolo, o devo farti un disegnino?”
“La mia parola è la Bibbia” la scimmiottò Garrie, irriverente “Tu fai quello che ti dico esattamente quando te lo dico….puah.  Stai cominciando a diventare un po’ troppo megalomane, capo. Prova a dirlo a me di buttarmi nudo giù da un ponte e poi vedi che succede.”
David gli lanciò uno sguardo a metà tra l’ammirato e lo scandalizzato mentre aspettava col fiato sospeso che quella virago che aveva davanti tirasse fuori un coltello da macellaio e sgozzasse il suo irriverente collega. Cardinale si girò verso Garrie,  accigliata, ma un sorriso represso le tremava sulle labbra.
“Senti, vuoi chiudere quella fogna e lasciarmi fare il mio lavoro in santa pace, grazie?”
“Il tuo lavoro non contempla la mortificazione spirituale e fisica dei tuoi sottoposti” ribatté Garrie tra il serio e il faceto “David è già in soggezione anche senza il tuo cilicio chiodato.”
Cardinale fissò a lungo il suo compagno che rispose con serafica serenità al suo sguardo, poi riportò la sua attenzione su David, sospirando.
“Ok, riformulo le mie affermazioni cercando di non urtare la tua sensibilità. E’ importante che tu sia veloce nel recepire gli ordini e, soprattutto, devi fidarti di me e delle mie decisioni, anche se possono sembrare eccentriche. L’ultimo rimpiazzo che ci hanno mandato, per esempio, si è fatto saltare tre dita del piede sinistro con una mina da muro perché ha trovato strano il mio ordine di camminare sulle piastrelle bianche del pavimento. Hai capito adesso il succo del discorso?”
“Sì” rispose semplicemente David, un po’ più tranquillo.
“Dio, sembri quasi umana quando ti impegni.” mormorò Garrie incantato e Cardinale finse di ignorarlo quando invece le scappò un mezzo sorriso.
“Ora vi parlerò della missione di stasera, e Garrie, se ti vedo tirare fuori qualche olo-giornaletto o lanciare segnali di fumo alle ragazze ti sospendo dal servizio per i prossimi duecento anni.”
“La verità è che sei gelosa: mi vuoi tutto per te e non vuoi ammetterlo.” ribatté Garrie in tono leggero, rimettendosi segretamente in tasca il piccolo olo-visore che aveva in mano.
“Allora, David: come sai, il CDI collabora con il SuX, l’ente governativo federale. Alcune squadre, tra cui la Tau Centauri, sono state designate per missioni di infiltrazione nelle DDW non autorizzate. La nostra squadra, in particolare, è alla ricerca di criminali di piccolo e medio taglio…sempre che, per un colpo di fortuna, non ci capiti di imbatterci in un certo signor-Nonmitroveretemai-Masterson. Immagino che tu sappia chi è questo losco figuro senza bisogno che ti spieghi niente, vero?”
Lo sguardo di rimprovero che Cardinale lanciò a David l’avrebbe fatto annuire anche se non avesse assolutamente saputo chi era il tizio di cui parlava. Comunque, per fortuna, David conosceva la storia di Masterson: il nome dell’ex padrone assoluto della Ars Space Corp. era conosciuto e odiato sulle Orion almeno quanto quello di Hitler sulla Terra.
“Comunque” continuò Cardinale “Siamo sulle tracce di un certo Polaris, un tizio che a quanto pare si dà parecchio da fare in ambito criminale. Naturalmente, questo Polaris è più schermato del padreterno e ancora non siamo ancora riusciti a contattarlo. Ma…”
Cardinale fece un sorriso velenoso che le stampò in faccia un’espressione di inquietante vittoria. Garrie sembrò animarsi improvvisamente. Tolse il giochino elettronico dalla tasca e lo sventolò davanti al naso di Cardinale prima di accenderlo e piazzarlo platealmente al centro del tavolino.
“Era ora che piazzassi quel cavolo di schermo.” borbottò acida Cardinale.
Garrie fece una risatina di scherno.
“Infatti…vedo che fino ad ora ti sei proprio trattenuta sfoggiando un lessico forbito.” la punzecchiò serafico. David faceva scorrere lo sguardo da uno all’altra senza assolutamente capire il senso dei loro discorsi e Cardinale, mossa a pietà, si decise a dargli una spiegazione.
“David, come membro della squadra devi sapere che non sempre lavoriamo alla sfolgorante luce del sole del CDI, ma spesso ci teniamo un po’, come dire…in penombra.”
“Il capo vuole dire che con tutte le spie che sono infiltrate nel CDI, certe volte è conveniente lavorare senza contatti con il centro” tradusse Garrie salottiero “Da cui, il gingillo che vedi qui davanti e che non è altro che un filtro che ci scherma dalle intercettazioni del CDI.”
David sembrava sempre più meravigliato e sottilmente ammirato.
“Hei, ma questo non è…illegale?” mormorò dubbioso e Cardinale gli lanciò un lungo sguardo di compatimento.
“E’ illegale solo se qualcuno ti denuncia” ribatté con un dolce sorriso “Ma chi vorrebbe mai farlo sapendo che chi dovesse denunciare la Tau Centauri si troverebbe con un ordigno esplosivo di fabbricazione casereccia infilato in un qualsivoglia orifizio del proprio corpo?”
“Oh…eh, già…” balbettò David concludendo segretamente che quella Cardinale era sicuramente pazza come un cavallo pazzo, e i suoi compagni non erano da meno.
“Adesso che siamo schermati, mi vuoi dire se Pat ce l’ha fatta?” mormorò Garrie impaziente, avvicinando il viso a quello di Cardinale come un cospiratore.
“Sto aspettando un segnale” rispose Cardinale nello stesso modo, eccitata come una debuttante al suo primo ballo. Si girò verso David che li guardava ancora confuso e spaventato e tentò di spiegargli la situazione.
“Di nascosto dal SuX abbiamo buttato un’esca e a quanto pare hanno abboccato. Forse stasera avremo fortuna. Pat ha avuto una soffiata dalle sue fonti e in questo momento lui e Morales stanno cercando un accesso a una piattaforma pirata per questa sera. Il CDI e il SuX non approverebbero i nostri metodi, anche se approvano eccome i risultati. Appena Pat e Morales troveranno un passaggio ci spareremo dentro il più velocemente possibile. Sapete tutti che queste piattaforme pirata hanno un ingresso variabile e quei maledetti hackers sono diventati piuttosto bravi ad eludere i nostri controlli: quando trovi un accesso, ti scappa via come una maledetta anguilla.”
“Ma non è compito del CDI trovare gli accessi alle piattaforme pirata?” domandò David, esitante.
“Il CDI è a malapena in grado di distribuire e gestire le risorse per il controllo delle DDW pirata. Le squadre che si occupano della ricerca e quelle che, come noi, sono in prima linea agiscono abbastanza autonomamente, soprattutto se sottostanno alla direzione del SuX.”
“E meno male che è così” ridacchiò Garrie “Se dovessimo rendere conto dei nostri metodi di lavoro ci avrebbero sbattuto in galera da un bel pezzo!”
“Non sono mai stato su una DDW pirata” ammise nervosamente David “C’è qualcosa che dovrei sapere prima?”
Cardinale si strinse nelle spalle.
“Le piattaforme pirata assomigliano molto a quelle registrate: perdono magari un po’ in definizione, i particolari non sono curati e di solito sono piuttosto ristrette: gli hackers non hanno ancora dei megacomputer come la New Corp. su cui far girare i loro sogni virtuali. Ma devo dire che curano tantissimo i digi-alias e scelgono delle ambientazione molto gotiche e molto surreali, sia per le Dream Future che per le Dream Rewind.”
“Secondo me questi hackers non sono altro che un branco di adolescenti brufolosi e annoiati che si divertono a inventarsi un mondo difficile dove sentirsi eroi impavidi e tormentati” sbottò Garrie acido “Razza di deficienti: non li sopporto.”
“Ma se sei tu stesso poco più che adolescente” lo punzecchiò Cardinale, vendicativa “Se non fossi un Runner saresti un capobanda. A proposito, David, ti do un’infarinata sull’ambiente dove dovremo infiltrarci: si tratta di DDW Dream Rewind che si rifanno alle faide tra bande giovanili tipiche delle megalopoli terrestri a cavallo del 1980 , rivedute e corrette dalle menti malate dei creatori. I frequentatori si dividono in branchi costantemente in guerra fra loro e si fanno chiamare con nomi da sfigati, tipo i Red Dragons, i Future Warriors e altre stupidate affini. I nostri digi-alias saranno conformi a quello che loro si aspettano di vedere, quindi ragazzini arrabbiati e pieni di armi fino al collo. Abbiamo già avuto contatti con alcuni di loro e con i meno pericolosi abbiamo adottato la tattica del vivi e lascia vivere.”
“Non c’è alcun modo di sapere chi sono le persone che si nascondono dietro ai digi-alias di queste piattaforme?” chiese David, preoccupato.
“I software creati da questi poppanti sono di un’efficacia sorprendente” sospirò Cardinale, irritata “Nemmeno i migliori tecnici del CDI e del SuX sono riusciti a debellare le protezioni che hanno costruito intorno alle piattaforme pirata. Quando sei lì sopra, nessuno strumento del CDI funziona, né lo scanner da retina, né l’interfono e abbiamo difficoltà anche a videoregistrare. In più, con la circolazione selvaggia di componenti dopo la caduta della Corp., in ogni puzzolente casa delle Orion la gente si è costruita il proprio de-digitalizzatore personale, quindi non si sa chi è collegato alle DDW in quel momento perché non si sa da che de-digitalizzatore arriva.”
“Cavoli” mormorò David, ammirato “Per essere degli autodidatti sono piuttosto in gamba.”
“Infatti. Secondo te perché la criminalità è cresciuta del 300% nei due anni dalla caduta della Ars Space Corp.? In mezzo alla gente in cerca di un po’ di adrenalina, si nasconde gente veramente pericolosa, bande criminali organizzate che stanno sfruttando il momento di confusione generale per perseguire i loro sporchi traffici. Si è creato un mondo pieno di spacciatori, ladri, assassini, sobillatori…Quella è gente davvero pericolosa: più di un Runner imprudente ci ha lasciato le penne, con loro. Quindi, quando saremo in territorio nemico, occhi aperti, bocca chiusa e pistola alla mano. Sono stata chiara?”
“Sissignora!” esclamò David, entusiasta.
Garrie ridacchiò di nuovo e Cardinale aggrottò le sopracciglia, irritata.
“Niente militarismi, per l’amor di Dio. Vuoi che ti becchino subito?”
In quel momento l’interfono vibrò e tutti  e tre lo attivarono contemporaneamente.
“Hei, avvinazzati, come butta lì al Pub?” tuonò allegramente la voce di Morales.
“Al solito” esordì Cardinale, dura “Garrie fa il cascamorto con tutte, il whisky fa schifo e il CDI mi ha mandato un rimpiazzo che avrà si e no dodici anni. Almeno tu dammi buone notizie, hijo.”
“Buone notizie?” rimuginò Morales “Bè, a parte il fatto che ho deciso di uccidere Pat facendogli subire mille torture, non mi viene in mente niente di nuovo. Garrie, com’è la situazione femmine da quelle parti?”
“Stasera si batte la fiacca” sospirò Garrie guardandosi intorno “Siamo a metà settimana, ci sono le solite disperate…”
“La volete piantare di usare i mezzi del CDI per scambiarvi le vostre opinioni da maschi fallocrati?” li interruppe esasperata Cardinale “Abbiamo qui il rimpiazzo: Morales, saluta David.”
“Ciao David. Il nostro capo ti ha già fatto la scenetta della cattivona tutta d’un pezzo?”
“Ciao, hem… ho paura di sì.” rispose David esitante, lanciando uno sguardo di scuse a Cardinale.
“Non ti avrà mica spaventato, eh?”
“A dire il vero, sono letteralmente terrorizzato.”
Morales e Garrie risero; anche Cardinale fece un riluttante sorriso e David si accorse di colpo che era proprio attraente senza quell’aria truce da generale in pensione che si cuciva addosso.
“Tranquillo, non morde in presenza di testimoni” lo rassicurò Morales, garrulo “A proposito di morsi, Cardinale, pensi di informare il generale Benson sulle nostre intenzioni di stasera?”
La faccia di Cardinale si rabbuiò di nuovo, repentinamente.
“Non ti conviene fare lo spiritoso su questo argomento” mormorò Garrie preoccupato dalla colorazione verdastra del suo capitano “Elijah è così immerso nella parte di capo dei SuX che sarebbe anche capace di denunciarci per uso improprio di mezzi governativi, vero capo?”
“Se solo lontanamente me ne fregasse qualcosa di lui, spererei che stesse schiattando sotto una pila delle maledette scartoffie che lui ama tanto, il signor generale sul pisello.” brontolò Cardinale con malcelato livore.
“Generale…volete dire il generale Elijah Benson?” ansimò David, spiazzato “Il capo dei SuX?”
“Proprio lui” motteggiò Garrie, perfido.
“Sì, ma non farti venire un orgasmo” lo raggelò Cardinale, acida “Sarà anche il capo dei SuX ma tolta la divisa è uno spocchioso nevrastenico come tutti gli altri uomini.”
“Cardinale ed Elijah non sono esattamente culo e camicia.” spiegò Garrie all’indirizzo di David.
“Oh…perché?” sfuggì al giovane e troppo tardi capì che sarebbe stato meglio tenere il becco chiuso.
“Tanto tempo fa, in un regno lontano lontano, quei due erano coinvolti in un “love affaire” che è naufragato per…come l’avete chiamata? Incompatibilità di carattere?” punzecchiò Garrie, serafico.
“Se le davano di santa ragione da mattina a sera.” ridacchiò Morales dall’interfono.
“Tu fatti gli affari tuoi” berciò Cardinale, spazientita “Anzi, fatevi tutti gli affari vostri: ho mal di testa, sono di cattivo umore e ho la pistola carica. E sapete cosa può succedere, combinando questi elementi. Morales, Pat ha trovato un maledetto passaggio?”
“Ci siamo quasi” rispose Morales “Se ci raggiungete nella Terra di Nessuno facciamo prima.”
“Ok” sentenziò Cardinale alzandosi e gettando qualche credito sul tavolo, imitata dai suoi compagni “David, ti avviso subito: come ultimo arrivato ti aspetta il compito di essere una Mary Sue”
“Co…come?” domandò il giovane seguendo Cardinale che si era avviata a passo di marcia verso l’uscita.
“Mary Sue è la presenza femminile del gruppo” spiegò pazientemente Garrie “Gli psicologi del CDI hanno dedotto che se nel gruppo c’è una femmina di bella presenza, è più difficile che la situazione si sviluppi in un contesto violento, soprattutto nei negoziati. Patetico, eh?”
“Hai fatto pratica di immedesimazione in digi-alias femminili, vero?” chiese bruscamente Cardinale, sospettosa.
“Oh, certo…non è proprio il mio forte, ma….”
“Vedi di impegnarti al massimo” lo interruppe secca Cardinale “Nel posto dove andiamo le cose non saranno facili.”
“A proposito, dov’è che andiamo?” domandò Garrie, noncurante.
Cardinale gli lanciò uno sguardo serio, di sfuggita: erano arrivati davanti al de-digitalizzatore e stava armeggiando per impostare le coordinate della Terra di Nessuno.
“Andiamo a Hell’s Kitchen.” rispose lugubre.
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 : Hell's Kitchen ***


Capitolo 2 :  Hell’s Kitchen

 
Elijah Benson scese dalla navetta sul ponte 8 di Orion 2W e si sgranchì le gambe, sbadigliando. Si sentiva a pezzi: negli ultimi tre giorni non ricordava nemmeno quante navette avesse cambiato per raggiungere personalmente tutti i membri del Consiglio delle Orion.
“Grazie a Dio, ci spettano due giorni di riposo.” esclamò Damon Richner, il suo collaboratore più stretto, che era sceso dopo di lui e che, a suo pari, era stanchissimo.
Elijah gli batté affettuosamente la mano sulla spalla, comprensivo.
“Questo giro promozionale, come dici tu, è stata la cosa più faticosa che abbia mai dovuto fare. La situazione politica è da pianto, e di conseguenza tutto il resto va a rotoli. Quasi quasi rimpiango i tempi facili della Ars Space Corp…”
Damon sorrise, indulgente.
“Ma se te la sei cavata benissimo! Sei nato per essere un negoziatore, Elijah. E non fare il finto modesto, perché lo sai.”
“Devo dirti che non mi aspettavo di avere tanto successo” ammise Elijah, segretamente compiaciuto “Abbiamo ottenuto più sovvenzioni per il SuX di quanto avessimo preventivato. Non ci succederà mai più una botta di fortuna del genere! Che ne dici, andiamo a festeggiare?”
Ma Damon non lo ascoltava più: un largo sorriso gli si era allargato sulla faccia quando aveva visto che sul ponte, poco distante da loro, c’era ad attenderlo una persona.
“Alicia!” esclamò correndole incontro.
Una donna bionda, molto bella ed elegante, finalmente li vide ed un sorriso di gioia le illuminò il volto.
“Damon!”
In pochi secondi furono una nelle braccia dell’altro intenti a baciarsi come se nessun altro esistesse al mondo tranne loro. La gente intorno che andava di fretta lanciava loro sguardi indulgenti e anche un po’ invidiosi. Anche Elijah sentì il cuore attraversato da una fitta di malinconia e tutta la gioia che provava per essere riuscito nel suo lavoro si spense in un attimo, oscurata da un opprimente senso di solitudine. In quel momento, avrebbe dato metà del suo successo per avere una certa persona ad attenderlo sul ponte a braccia aperte.
Damon e Alicia finalmente rientrarono nella realtà e tornarono verso di lui, mano nella mano.
“Hei, Alicia, diventi sempre più bella ogni giorno che passa.” disse Elijah baciando la donna sulla guancia che gli sorrise raggiante.
“Tutto merito di questa sottospecie di segretario che ti ritrovi” rispose con voce squillante “Tu invece sembri passato nel tritacarne. Hai bisogno di riposo, Elijah… le responsabilità del SuX ti stanno facendo invecchiare prima del tempo. Quand’è che ti prenderai una settimana di ferie?”
La fitta dolorosa allo sterno di Elijah si intensificò, mista a un sotterraneo risentimento.
“Come sai, noi del SuX non abbiamo tempo per il riposo” rispose contrito con un sorriso tirato “Ogni giorno siamo troppo concentrati a fare in modo che nessuno scateni una guerra nucleare sulle Orion.”
“Lavoro, lavoro, lavoro” sorrise Alicia senza tanta allegria: sapeva bene che era proprio il lavoro la causa della solitudine di Elijah “Non esiste solo il lavoro. Ti perderai un sacco di cose interessanti finché  vorrai essere sempre il primo a iniziare…”
“…e l’ultimo a finire. Lo so, mammina.” rispose Elijah con affetto.
“Però, guarda dov’è arrivato col suo lavoro il signorino Benson” cercò di consolarlo Damon rimproverando Alicia con lo sguardo “Sulle Orion non è mai esistito un generale così giovane e brillante.”
Elijah sorrise, tristemente lusingato e tacque.
“…ma questo non sempre mi consola, amico” pensò lugubre “Certe volte vorrei che Jude fosse qui e mi sorridesse come Alicia sorride a te.”
“Adesso me ne vado a casa a godermi il meritato riposo di 48 ore non stop.” disse con allegria forzata.
“Non vuoi venire a bere qualcosa con me e Alicia?” lo fermò Damon.
Elijah guardò di sfuggita la mano possessiva di Damon che stringeva la vita di Alicia, e scosse il capo, mestamente.
“Credo che voi abbiate di meglio da fare. A presto, sottospecie di segretario e gentile signora.”
“Fai il bravo e stacca l’interfono per qualche giorno, capito?” gli gridò dietro Damon mentre Elijah si allontanava.
*             *             *
“Luce.” disse Elijah e la stanza si illuminò. Vuota, naturalmente. Con un sospiro, Elijah buttò la valigetta con il computer portatile sul divano e andò in cucina. Il frigo era vuoto e deprimente proprio come il resto della casa. Elijah tornò in zona relax e si versò un bicchiere di cognac: aveva bisogno di calore, fosse anche alcolico, perché l’ingresso in casa gli aveva dato una sgradevole sensazione. Gli era sembrata la casa di un estraneo: fredda, impersonale e sconosciuta. Non c’era la piacevole confusione che aveva accompagnato tutto il primo anno di vita lì dentro, con Jude che ogni tanto dava fuori di matto e ululava “Questa casa è un porcile!” obbligandolo ad una kermesse di pulizie che poteva durare anche un’intera giornata. Poi, dopo qualche ora, lei cominciava a lanciargli sguardi languidi e risatine allusive finchè finivano inevitabilmente a letto. Dopo un paio di giorni il disordine regnava di nuovo sovrano fino al successivo attacco di sensi di colpa di Cardinale. Elijah si buttò sul divano e accese la olo-visione senza guardarla. Senza pensare a niente, a dire il vero. Gli mancava Jude. Gli mancava così tanto che avrebbe anche accettato di nuovo le logorroiche litigate lunghe giornate intere, pur di averla vicino in quel momento. Ma lei se n’era andata davvero, questa volta, da ben sei mesi ormai. Loro due si parlavano solo alle riunioni del SuX e riuscivano a litigare anche lì per le cose più stupide, come ad esempio la distribuzione dei buoni mensa. Jude in quelle occasioni sembrava tutto fuorché desiderosa di tornare indietro, come invece succedeva a lui.
Elijah sollevò il bicchiere di cognac e lo guardò a lungo, cupo.
“Bentornato a casa.” si disse sputando quasi le parole e bevve il liquore tutto d’un fiato.
*             *             *
Platform:             DR 1984 Hell’s Kitchen – New York – Missione infiltrazione DDW non autorizzata
Digi-Alias:
Cardinale, Jude                  J                                           Capo dei Dark Viper
Morales, Eric                                    Drury                                  Membro dei Dark Viper
O’Brian, Garrie                  Ice                                       Membro dei Dark Viper
Patterson, Matt                  KillZone                             Membro dei Dark Viper
Hanson, David                    BlueMoon                          Membro dei Dark Viper
 
Ecco come sono i veri professionisti, pensò ammirata BlueMoon quando la Tau Centauri si digitalizzò in un vicolo buio e squallido di Hell’s Kitchen. Quei quattro, in meno di un secondo, si erano trasformati da Runners attenti ed accademici al branco di adolescenti dannati della banda dei Dark Viper. Ognuno di loro, dal nulla, era magicamente diventato un autentico avanzo di marciapiede e la trasformazione era avvenuta nei pochi secondi disponibili durante la de-digitalizzazione: chi come KillZone, aveva assunto l’aria nervosa di chi ha il grilletto facile, chi come J aveva preso la camminata baldanzosa e maschia del vero capo. Sembravano tutti perfettamente a loro agio nei giubbotti di pelle nera da motociclista con disegnato sulla schiena un serpente stilizzato. Ice si sistemò il fazzoletto bisunto che gli avvolgeva la fronte e si girò aggrottato a guardarla.
“Muoviti, BlueMoon: non abbiamo tutta la notte.” disse rude e la giovane notò che anche il tono della sua voce si era adeguato ai bassifondi, arrochendosi in un accento cockney molto realistico.
BlueMoon li raggiunse, imbarazzata, sculettando volenterosa e stando attenta a non inciampare sui tacchi alti. Fortunatamente J non la stava guardando, così fu KillZone ad avvicinarsi per primo, con noncuranza.
“Hei, cocca, se vai avanti così ti disarticoli l’anca” la rimproverò a bassa voce, accendendosi una sigaretta “Vai con calma. Sculettare va bene, ma non troppo. Mica siamo su una piattaforma Sex: se ti beccano, qui rischiamo grosso, bella mia…ricordati che siamo in incognito.”
BlueMoon gli fece un sorrisetto imbarazzato e seguì il suo consiglio, camminando un poco più sciolta. KillZone annuì, approvando, e le allungò una gomma da masticare avvolta in carta di alluminio.
“Metti questa in bocca” disse masticando a sua volta il chewin gum “Qui tutti masticano: se non mastichi sei subito sospettata.”
“Oh…grazie.” balbettò BlueMoon affrettandosi a mettere in bocca la gomma: aveva uno strano sapore metallico e la ragazza guardò KillZone dubbiosa.
“Tranquilla, bambola” ridacchiò KillZone facendo risaltare i denti bianchissimi contro la pelle nera come lucido da scarpe “Non è droga. Ma se sei in difficoltà, sputa quella in una pozza di benzina e vedrai che bel falò che ci viene!”
BlueMoon sorrise nervosa, indecisa se credergli: comunque, KillZone gli sembrava autenticamente pazzo, digi-alias o no. Intanto il gruppetto, capeggiato dal biondo J, era uscito dal vicolo e si era immesso nel traffico rutilante della strada principale. Hell’s Kitchen era una piattaforma piuttosto realistica, per essere una DDW pirata: i muri scrostati dei palazzoni grigi e anonimi avevano l’aria genuinamente depressa, e anche le luci deboli e asmatiche dei lampioni aiutavano a rendere l’ambiente cupo e inquietante. La strada principale era un autentico immondezzaio: per camminare occorreva calpestare di tutto, da giornali marci di pioggia a resti di cibo, sigarette sbriciolate, lattine e bottiglie di ogni sorta. Un discreto numero di persone andava avanti e indietro per quel breve tratto illuminato, sparendo e ricomparendo dalle porte di ingresso dei locali fumosi e chiassosi che si affacciavano sulla via. Quasi tutti indossavano dei giubbotti con il logo del loro gruppo di appartenenza, a parte le ragazze che viaggiavano seminude con abitini striminziti e tacchi vertiginosi su cui a malapena riuscivano a deambulare. J si guardò intorno un attimo prima di dirigersi deciso verso un gruppetto di motociclisti appostato davanti alla porta di un locale la cui insegna al neon blu lampeggiava stancamente tutta sbilenca. I motociclisti li videro arrivare: un tizio, evidentemente il capo a giudicare dal numero di perline e collane appese al collo, smontò dalla moto e si avvicinò di un passo, infilandosi i pollici nella fibbia metallica della cintura.
“Hei” mugugnò quando J fu a portata di voce “Che ci fate voi qui, Dark Viper?”
J si strinse nelle spalle, fintamente noncurante.
“Ci facciamo solo un giretto, Snape.” rispose laconico.
Poi, tolse un gualcito pacchetto di sigarette dalla tasca del giubbotto e ne offrì una a Snape che la accese con un grosso Zippo che sembrava un lanciafiamme.
“Ti sei fatto una nuova ragazza.” disse Snape indicando BlueMoon che per poco non sobbalzò, sorpresa.
J le fece un cenno e BlueMoon gli si avvicinò, pregando di non sbagliare mossa. Quando fu a tiro, J la afferrò per la vita e la strinse a sé, rudemente. BlueMoon incespicò appena e si aggrappò a lui leggermente per nascondere il fatto a Snape mentre masticava la gomma con una foga oltremodo sospetta.
“Questa è BlueMoon” disse J massaggiandole possessivo una spalla “Non è mai venuta ad Hell’s Kitchen ed è un po’…nervosa. Saluta Snape, cocca.”
“Ciao Snape.” belò BlueMoon con un patetico sorrisetto. Snape le lanciò uno sguardo sospettoso e J maledisse internamente l’inettitudine del suo nuovo rimpiazzo.
“E’ la mia donna, quindi chi la tocca è morto.” disse tentando di distrarre Snape.
“Non lo dire a me, bello: non mi piacciono le bianche” ammiccò Snape sorridendo “Avrei giurato di non vederti più per un pezzo ad Hell’s Kitchen, biondino. Soprattutto, non stasera.”
“E perché mai?”
“Bè…le voci che circolano vi danno per morti di qui a qualche oretta.”
J si accese una sigaretta con lo sguardo insondabile.
“E chi è che sparge le voci?”
“Un tuo vecchio amico…DeathDean.”
“DeathDean?” ripeté J aggrottando le sopracciglia “Quella caccola albina dei Frozen? E che vuole da me?”
“A quanto si dice in giro a Hell’s Kitchen, gli hai fregato il monopolio del Doom Boom, l’altra sera.”
J si girò lentamente verso Drury che si avvicinò, stringendosi millimetricamente nelle spalle.
“Quel locale di lap dance sulla Quinta Strada” disse infine a J “Ci siamo andati la settimana scorsa. Non ricordo che fosse successo niente di particolare, però.”
J cominciò a sentirsi vagamente a disagio: a Hell’s Kitchen niente succedeva per caso. Che i Frozen ce l’avessero con loro per qualche motivo…?
“Quel deficiente di DeathDean deve essersi bevuto il cervello” sentenziò J deciso “Noi non abbiamo fatto proprio niente di strano in quel locale. Ma, se mi girano dal verso sbagliato, potrebbe succedere qualcosa stasera. Così quei poppanti dei Frozen imparano a tenere la lingua a posto.”
“I Frozen in giro contano poco e niente, gringo: ma non è di  loro che ti devi preoccupare. Il Doom Boom non è monopolio dei Frozen, ma degli Stars. Che vi stanno cercando per “rimettere al posto giusto i vostri culi bianchi”…testuali parole di Polaris, a quanto pare.”
J e gli altri Dark Viper rimasero per un attimo impietriti, prima di dissimulare con nonchalance una blanda sorpresa. Polaris e gli Stars! Erano secoli che la Tau Centauri dava la caccia a quel criminale e alla sua banda, senza mai riuscire a cavare un ragno dal buco. Ed ora eccoli lì, quasi serviti su un piatto d’argento…diamine, peccato che il CDI e il SuX non potessero essere contattati in nessun modo per ricevere la notizia. Ma questo era davvero un problema per la Tau Centauri…? Gli occhi di J scintillarono per un attimo, scaltri.
“Polaris…” mormorò lentamente “Addirittura il capo supremo degli Stars? Non credo che si scomoderà per così poco.”
“Oh sì che lo farà” rispose deciso Snape “Sai, c’è anche di mezzo LaToya…”
“Chi?” chiese J, genuinamente curioso. Non aveva mai sentito nominare quel nome, a dire il vero.
“ LaToya è la barista del Doom Boom ” disse Snape lasciandosi sfuggire un sorriso “Era la ragazza di DeathDean ed è per questo che i Frozen avevano il monopolio del locale. Ma poi, LaToya ha messo gli occhi su un certo biondo dei Dark Viper e ha liquidato DeathDean con tutti i Frozen.”
“E perché diavolo avrebbe fatto una stupidata del genere?” sbottò J meravigliato.
Snape si strinse nelle spalle.
“Immagino che volesse attirare la tua attenzione…L’avrai tramortita con il tuo fascino.”
Drury diede una spallata amichevole a J, a metà tra un ammonimento e un buffetto.
“Direi che sarebbe il caso di andare a dare un’occhiata a questa LaToya.” mormorò J pensoso.
“Non credo che questa sia una buona idea” rispose Drury, cogitabondo “Non stasera, almeno.”
J gli lanciò uno sguardo di sufficienza: Morales stava cercando di fargli capire che era imprudente muoversi su un campo così pericoloso senza che il CDI e il SuX ne fossero informati, ma lui temeva di farsi sfuggire Polaris…e poi, quanto gli piaceva il rischio!!
“Se volete un consiglio…state alla larga da Hell’s Kitchen stasera.” disse lentamente Snape, con uno sguardo duro “Forse non lo avete capito, ma siete nei guai.”
“O forse lo sono i Frozen.” rispose J, con lo stesso tono di voce.
“Biondo, forse non hai capito bene. Avete fatto incavolare Polaris: questo è il nocciolo della questione.”
“Non mi dire.” Rispose J, serafico.
Lui e J si guardarono a lungo negli occhi, ingaggiando un dialogo di sguardi che solo loro potevano capire.
“Buona fortuna, amico.” sussurrò Snape a fior di labbra e J annuì, allontanandosi di un passo.
“Ricevuto.” rispose telegrafico.
Snape annuì e sollevò il pungo per ingaggiare un complicato saluto. Poco dopo, J e gli altri stavano dirigendosi verso l’incrocio con la Quinta Strada.
“Allora, che succede di bello?” si informò KillZone affiancando J che aveva una faccia particolarmente cupa.
“ Succede che ci stanno aspettando. Polaris, gli Stars, i Frozen e tutte quante le maledette bande di Hell’s Kitchen…al Doom Boom, stasera, ci sarà un bello spettacolo di fuochi d’artificio.”
“Cavolo! E quando te le ha dette Snape queste cose?” mugugnò il compagno, impressionato.
“Non me le ha dette, me le ha fatte capire. Ma che vuoi sapere tu…Fai fatica ad accorgerti che un elefante ti ha parcheggiato su un piede, figurati se cogli le sottigliezze psicologiche di un discorso tra capibanda.”
“Non credo che sia prudente andare là senza avvisare il CDI” intervenne Ice serio “Potremmo finire in guai molto seri se si accorgono che incontreremo Polaris senza che loro lo sappiano.”
“Chi dovremmo incontrare? Quando è successo?” chiese di nuovo KillZone, confuso. Drury sollevò gli occhi al cielo, esasperato.
“Fagli un disegno, Drury” borbottò J senza nemmeno girarsi “Magari con un diagramma di flusso.”
“A dire il vero, non ho capito niente nemmeno io.” ammise BlueMoon, vergognosa.
Ice per poco non scoppiò a ridere quando vide la faccia depressa di J.
“Ragazzi, voi eravate al cinema quando Dio distribuiva i cervelli, vero?”
“Eh?” chiesero KillZone e BlueMoon quasi contemporaneamente.
Drury posò una mano sulla spalla di J, comprensivo.
“Lascia fare a me.” disse piano.
“E’ meglio: se faccio tanto di girarmi verso di loro prendo uno e lo uso per picchiare l’altro.” rispose J, tetro.
“Allora, concentratevi” disse Drury rivolto a KillZone e BlueMoon “Siamo in questa piattaforma senza la protezione del CDI. Sappiamo che la banda più pericolosa di tutta Hell’s Kitchen ci sta aspettando al Doom Boom e il capo, qui, ha deciso di andare lo stesso, ben sapendo che lo prenderemo nel sedere in almeno venti posizione diverse.”
“Ma capo, abbiamo una alternativa all’andare là a farci sbattere come bistecche?” domandò BlueMoon titubante quando ormai erano davanti allo squallido e sporco ingresso del Doom Boom. J si girò verso di lei e la guardò a muso duro.
“Certo: non uscire vivi da Hell’s Kitchen.” rispose tranquillo, ed entrò nel locale.
*             *             *
L’aggettivo migliore per definire il Doom Boom era squallido. L’aria era quasi irrespirabile e le ragazze seminude che ballavano sui tavoli spuntavano dalla nebbia fumosa come stanchi funghi ondeggianti. All’ingresso dei Dark Viper ci fu un’evidente interruzione al brusio di voci di sottofondo e quasi tutti si girarono a guardarli. J scrutava in giro con attenti occhi rapaci, camminando in mezzo alla stanza con passo indolente e i pollici infilati nella cintura. BlueMoon lo seguiva da vicino, cercando di mantenere un’espressione rilassata e masticando con impegno la sua gomma. Quando J arrivò nel centro del locale, Ice e KillZone si piazzarono naturalmente ai suoi lati mentre Drury gli stava alle spalle, guardingo. Approfittando di un momento in cui la musica assordante si era improvvisamente interrotta, J parlò con voce forte, chiara e sicura.
“Vorrei parlare con LaToya.”
Ci fu una specie di tramestio dietro il banco del bar da cui spuntò una ragazza dai capelli rossi ed il trucco pesante, inguaiata in un completino di pelle nera che occupava a malapena lo spazio di un fazzoletto da naso.
“Cercavi me, biondo?” disse con voce petulante e a J si rivoltò lo stomaco pensando a quello che doveva fare.
“Certo non è Biancaneve.” ridacchiò Drury alle sue spalle, ma J lo ignorò.
Facendo mentalmente ricorso alla propria professionalità, si avvicinò alla ragazza sfoderando quello che doveva essere un sorriso seducente e lasciò correre lo sguardo sul corpo della donna.
“Mi hanno detto di passare di qua che avresti avuto qualcosa per me.” le disse con voce roca, più dovuta al disgusto che al desiderio. La donna gli si avvicinò fino a sfiorarlo con il petto prominente e J poté sentire il forte lezzo del suo profumo da quattro soldi che per poco non gli fece venire da vomitare.
“Ho un sacco di cose interessanti per te, Dark Viper. Se hai voglia di seguirmi un attimo di…”
La bocca della donna si chiuse bruscamente quando un gruppo di persone entrò dalla porta accompagnato da un clangore di metallo. Istintivamente, la ragazza si allontanò di un passo, spaventata e J ringraziò Dio e i nuovi venuti di poter riprendere a respirare.
“Dark Viper!” rombò una voce alle sue spalle.
J si girò lentamente, con calma e si accese sprezzante una sigaretta ignorando i nuovi arrivati, cioè la banda dei Frozen al completo. Con un rapido calcolo, J contò tre avversari per ognuno di loro e le sue labbra si stirarono in un sorriso velenoso: un gioco da ragazzi, in fin dei conti.
“Hei, DD, che si dice in giro?” esordì con aria annoiata all’indirizzo del giovane a capo della banda, di un biondo quasi bianco e il viso ricoperto di piercing.
“In giro si dice che c’è qualche pivello che mi vuole fregare la piazza.” rispose DeathDean e J riconobbe il panico dalla nota leggermente stonata della sua voce. Non poté fare a meno di provare un moto di pena per chiunque si nascondesse dietro DeathDean: magari era un ragazzino finito senza volere in un ingranaggio più grande di lui. Per un fuggevole secondo, scambiò uno sguardo interrogativo con Drury, che piegò deciso la testa da un lato in senso di diniego: no, capo, non ci andare leggero. Siamo in ballo e dobbiamo ballare sfoderando i nostri passi migliori, diceva quel semplice gesto. Se DeathDean in realtà è un ragazzino fifone, cavoli suoi…doveva stare alla larga da Hell’s Kitchen. Con un moto di fastidio, J fece due passi decisi verso DeathDean che sembrò sul punto di farsela nei pantaloni.
“Perché, una caccola come te ha qualche piazza da giocarsi?” domandò duro senza staccare gli occhi dall’avversario.
Il silenzio invase il locale maleodorante: tutti gli avventori se ne stavano in attesa, rapaci, per vedere quale testa sarebbe caduta. Il cuore di J batteva forte nel petto, ma il suo sguardo era duro e immobile. DeathDean stava quasi per indietreggiare, vinto, quando una figura sbucò dalle fila dei Frozen e si frappose fra lui e J.
“Lui forse no” disse con voce dura il nuovo arrivato “Ma io sì, e non mi va che un bianco rachitico come te venga a dettar legge nella mia zona.”
Un fremito leggero passò fra i Dark Viper, impercettibile quanto sconvolgente: Drury, Ice e KillZone pensarono quasi contemporaneamente la stessa cosa, immobili come statue: Polaris!
*             *             *
J non si permise nemmeno di battere le ciglia, ma il cuore gli era piombato più o meno a livello dello scroto: il nero che aveva davanti era niente meno che Polaris, il capo supremo degli Stars, la banda più potente di tutta Hell’s Kitchen. J non credeva che sarebbe mai riuscito ad incontrare quel pericoloso e sgusciante criminale, e invece…. Polaris era ben conosciuto dal CDI che smaniava da un pezzo di incastrarlo ma lui non trattava mai di persona: chi era arrivato a vederlo non era potuto tornare indietro a raccontarlo. Trovarselo davanti significava essere arrivati al capolinea. Che colpo di fortuna!, pensò J, esultante: portare al CDI e al SuX le prove di aver contattato Polaris avrebbe fatto guadagnare alla Tau Centauri un bel po’ di crediti! Poi elaborò che i Frozen più gli Stars erano davvero un gruppetto nutrito di persone e che, alla luce di questi fatti, i Dark Viper avevano le stesse possibilità di uscire vivi dal Doom Boom di un verme appeso all’amo di una canna da pesca. Il suo cervello iniziò a lavorare alacremente per cercare una possibile via di scampo. Polaris, però, sembrava non volergliene dare modo: gli occhi erano coperti da spessi occhiali scuri, ma sul viso brillava lucida una cicatrice che attraversava la guancia destra tutta arricciata in un sorriso malefico che scopriva i denti grandi, quadrati, tutti rigorosamente d’oro giallo. Solo a guardarlo uno se la faceva sotto tanto era la sicurezza e la potenza che quel tizio emanava.
“Non sapevo che quella mezza sega fosse un tuo protetto.” si decise infine a mentire J, scartando l’opportunità di fingere di non sapere chi fosse Polaris.
“Oh. Altrimenti che avresti fatto?” ribatté DeathDean, quasi stravolto dal sollievo di avere gli Stars alle spalle.
“Ti avrei pisciato su una scarpa” rispose J lentamente, dopo averci pensato con serietà “Facci un favore, mezza sega: lascia parlare gli adulti, da bravo bambino.”
“Perché, hai qualcosa da dirmi prima di morire, mozzarella?” intervenne Polaris con voce pacata facendo immediatamente scomparire DeathDean dalla scena.
J fece spallucce, pregando in cuor suo di poter instaurare un dialogo con Polaris prima che questi tirasse fuori un cannone e gli sparasse nei denti.
“Volevo dirti che non ho nessuna mira verso il Boom Doom” rispose soppesando le parole “Ma era da un pezzo che volevo incontrarti. Ti devo parlare.”
Polaris gli si avvicinò ulteriormente e J poté sentire il suo odore: un misto di selvatico e tabacco, a suo modo piacevole.
“Adesso mi hai incontrato, mozzarella” disse piano e la sua voce era come una lama gelida puntata alla gola “Peccato che il privilegio di parlarmi te lo devi guadagnare col sangue. Ti piace, così, il discorso?”
J non abbassò lo sguardo: sentì quasi fisicamente la tensione dei suoi compagni, alle spalle e sapeva che erano pronti a tutto: ma gli eventi erano declinati decisamente verso il pericolo, rispetto alle premesse. Oltretutto, silenziosamente, il piccolo gruppo dei Frozen si era ingrossato di una ventina di figure nere, discretamente in ombra e proprio per questo ancora più pericolose. Se Elijah sapesse in che guaio ho ficcato la mia squadra, si farebbe scoppiare una vena sul collo dalla rabbia, pensò J in uno sprazzo di humor nero. Meditò intensamente su cosa poter dire di furbo per uscire da quella situazione.
“Baciami il culo.” scandì infine con voce forte e chiara.
“Praticamente, una richiesta di esecuzione.” mormorò KillZone a fior di labbra, anche se non sembrava minimamente preoccupato. Anzi, sembrava quasi contento: pazzo come un cavallo pazzo, pensò BlueMoon con un brivido.
Dopo qualche secondo in cui le parole di J avevano raggiunto ogni angolo del locale, rimbalzando come una palla magica, la faccia di Polaris si accartocciò in un ghigno ferino.
“Hai fegato, mozzarella: ma sarai tu a baciare il mio, molto, molto presto.” gli mormorò quasi sul naso.
J stava per replicare quando un treno merci con tutti i vagoni al completo lo investì in pieno sulla guancia sinistra: il pugno di Polaris era partito fulmineo, cogliendo tutti di sorpresa. Mentre il corpo di J si staccava da terra, compiva una parabola discendente e rovinava per terra, strisciando sul lurido pavimento del locale, tutto intorno si scatenò l’inferno. Con un ruggito entusiasta, KillZone scattò verso il gruppo dei Frozen, individuando ed atterrando i tre più deboli con un’unica, potente scudisciata del suo braccione. Drury e Ice si gettarono a capofitto verso altri due avversari, cominciando a menare pugni a raffica dovunque capitasse. LaToya e le altre ballerine starnazzarono come galline, finendo in mezzo alla mischia sballottate dagli altri avventori che avevano prudentemente fatto cerchio intorno alle due fazioni rivali. J, ancora intontito, si massaggiò la guancia che era diventata improvvisamente insensibile e ritirò la mano coperta di sangue. Alzò gli occhi in tempo per vedere lo stivaletto a punta di DeathDean che calava con forza sulla sua faccia. Parò il colpo afferrando lo stivale con le mani e con una spinta mandò il proprietario a gambe all’aria dall’altra parte del locale. J si rialzò a fatica, lo sguardo annebbiato dalle lacrime che gli avevano invaso gli occhi. Un altro pugno invisibile lo centrò sull’altra guancia, facendogli sputare un fiotto di saliva misto a sangue, ma riuscì a reggersi in piedi e a ricambiare la cortesia, colpendo Polaris sul naso. Il nero non fece nemmeno una piega: sempre col suo sorrisetto sardonico stampato in faccia, iniziò a tempestare J di pugni precisi, micidiali, ai fianchi, al viso, allo stomaco. Uno di questi colpì J sull’orecchio che si gonfiò immediatamente come un cavolfiore, sparandogli un sibilo fastidioso nel cervello.
“Adesso mi hai proprio rotto le scatole.” mormorò J più a se stesso che a Polaris, e riuscì a spostarlo di un metro colpendolo con una testata al plesso solare. Di sfuggita, vide KillZone con due tizi appesi alle braccia mentre un altro si divincolava terrorizzato stretto tra le sue mani alzate. Il gigante nero buttò lontano il corpo, gridando, e si liberò dei due appesi alle braccia menando schiaffi in giro, come se stesse scacciando le mosche. Drury gli finì addosso con un taglio sulla fronte che gli aveva imbrattato tutto il viso di sangue.
“Meglio che al circo, eh?, zietto?” esclamò entusiasta KillZone prima di spingerlo di nuovo in mezzo alla mischia.
In mezzo a tutto quel casino, BlueMoon se ne stava come radicata al suolo, guardandosi intorno spaesata. Vide Ice passarle sopra in volo, schiantarsi a terra e rialzarsi prontamente, con un assurdo sorriso felice sulle labbra. Quando anche schizzi di sangue e saliva le imbrattarono il vestito, pensò di averne avuto abbastanza di pazzi scatenati per quella sera: girò i tacchi e fece per scappare via, ma si ritrovò LaToya tra i piedi.
“Togliti, imbecille!” strillò, in preda al panico, ma LaToya era di altro parere. Con un gridolino vittorioso, si attaccò ai suoi capelli, strappandone una ciocca intera e BlueMoon dal panico passò a una rabbia cieca e cominciò a tempestarla di pugni, gridando in maniera molto poco femminile. Sul Doom Boom calò una rossa cortina di distruzione. Si perse persino la nozione del tempo e quando ormai l’interno del locale sembrava un grottesco girone dell’inferno, J fu travolto dall’ennesimo pugno formato famiglia di Polaris, stramazzò a terra e colpì con la tempia un angolo di un tavolino rovesciato. Non fece in tempo a pensare a niente prima di cadere confusamente nell’oblio. 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 : Colpo grosso ***


J aprì gli occhi. O meglio, tentò di farlo, ma mentre il sinistro concesse una millimetrica fessura, le palpebre del destro rimasero ostinatamente incollate a causa di un liquido vischioso che sospettò giustamente essere sangue. Nella sua visione annebbiata del mondo, J vide Polaris ed i suoi tre gemelli chinarsi su di lui e sorridere con perfetto sincronismo.
“Sei ancora vivo, stupido figlio di buona donna?” disse la sua voce proveniente dall’altra stanza.
J cercò di sollevare il capo ed ebbe la netta impressione che avesse preso una nuova collocazione, non più attaccata al collo ma infilata di forza in mezzo allo sterno.
“Crepa, bastardo.” mormorò tra le labbra tumefatte mentre un’ondata di nausea lo travolgeva e lo trascinava di nuovo nel mondo dei sogni.
La risata di scherno di Polaris lo accompagnò fino a mezza via, dove lo accolse il buio freddo e inquietante del nulla.
*             *             *
Quando si svegliò la seconda volta, J rimpianse con tutto il cuore l’incoscienza di poco prima. Era vivo, certo, e questa era una notizia imprevista e meravigliosa , ma non c’era un centimetro di pelle che non urlasse dolorosamente e questo era un po’ meno meraviglioso. Sicuramente non si trovava più al Doom Boom, e neanche questo lo faceva schiattare dalla gioia. Oltretutto, era in compagnia di Polaris, seduto comodamente su una poltrona, e di tutti i suoi scagnozzi, in piedi alle sue spalle, e questa era decisamente una brutta notizia. J cercò di muoversi e si accorse di essere sdraiato a terra, a braccia e gambe divaricate. Sopra di lui, Polaris lo guardava con un’espressione blandamente interessata mentre fumava tranquillo una sigaretta.
“Sei sveglio, mozzarella?” chiese piacevolmente quando vide che scuoteva la testa, intontito. J cercò per un paio di volte di ricacciare indietro la nausea, ma alla fine cedette: girò la testa a sinistra e vomitò un fiotto di bile verdastra quasi sui piedi di Polaris. Per qualche secondo pensò di svenire di nuovo, poi invece lo sguardo si snebbiò e rimise a fuoco il suo ospite che ridacchiava divertito.
“Hei, fratello, ho le scarpe di pelle nuove. Se me le sporchi me ne rifaccio un paio con il tuo scroto.” disse questi aspirando tranquillo il fumo dalla sigaretta.
J boccheggiò e finalmente ritrovò l’uso delle corde vocali.
“Scusami, ho sbagliato. Miravo alla faccia.” disse con una voce roca che non sembrava nemmeno la sua.
Polaris ridacchiò e gettò il mozzicone di sigaretta a due millimetri dalla faccia tumefatta di J. Poi, si chinò verso di lui e si tolse gli occhiali: aveva due occhi curiosamente grandi, dorati, e in quel momento piacevolmente divertiti.
“Hai fegato da vendere. Mi piaci. Come ti senti?”
J fece un rapido inventario: si sentiva da schifo, obbiettivamente.
“Sto da favola” gracchiò sempre disteso a terra “E, in confidenza, anche tu mi piaci. Se vieni più vicino ti faccio anche vedere quanto.”
Polaris ridacchiò di nuovo mentre dietro di lui i suoi scagnozzi si agitavano perplessi: evidentemente non erano avvezzi a sentire qualcuno rispondere al loro capo per le rime.
“Dove sono i miei uomini?” domandò J che ancora non riusciva ad alzarsi.
Polaris fece un gesto noncurante con la mano e un varco si aprì in mezzo ai suoi uomini: i corpi tumefatti di Ice, KillZone e Drury vennero praticamente fatti rotolare ai piedi di J che controllò ansioso che fossero tutti vivi. KillZone fu il primo a sollevare la testa: aveva il naso spaccato gonfio come una zucca e anche più o meno dello stesso colore. Sorrise a J mostrando la chiostra sanguinolenta dei denti, di cui parecchi mancavano all’appello.
“Hei, capo…” ansimò imbambolato “Che fai steso lì ? Sembri una pelle d’orso.”
“Volevo vedere il mondo da una prospettiva diversa.” buttò lì J, noncurante mentre Drury si lamentava debolmente ad occhi chiusi.
“Hei, Drury, ci sei?” chiese ansioso J cercando di alzare la testa. Miracolosamente ci riuscì.
“No, J, non sono qui….sono a prendere un thè con tua sorella…” rispose Drury, gorgogliante.
“Ice?” borbottò J e con un enorme sforzo si sollevò su un gomito. La testa pesava quanto un bastimento di piombo, in quel momento.
Ice era buttato malamente su un fianco e non dava segni di vita. Drury lo scosse leggermente con il piede senza risultati apprezzabili.
“Forse è la volta buona che ce lo siamo tolto dai piedi.” mormorò dubbioso.
“Sveglialo.” intimò J, allarmato dalla sua immobilità.
Mentre Drury cercava di sollevarsi a fatica, KillZone partì con un potente manrovescio che ribaltò Ice in posizione supina e che sortì finalmente l’effetto di farlo gemere debolmente.
“KillZone! Non ti sembra che l’abbiano sbattuto abbastanza?!” protestò Drury.
“Bè, l’ho svegliato no?” si difese KillZone, sorridente “Che pensavi, che gli davo un bacetto?”
“Dov’è BlueMoon?” chiese improvvisamente J sollevandosi finalmente a sedere. Drury e KillZone si guardarono intorno, poi fecero spallucce non vedendo la ragazza da nessuna parte. Durante il loro personalissimo inventario, Polaris se n’era stato a guardarli in un silenzio soddisfatto, studiandoli con attenzione.
“La biondina sta bene” esordì a quel punto, vedendo che J cominciava ad agitarsi “Tranquillo…non le abbiamo fatto niente di male. Ha qualche graffietto, ma la colpa è di LaToya. Alla fine, credo che tu le piaccia davvero.”
“Ok, ciccione: che vuoi da noi?” chiese J a bruciapelo, incattivito.
Polaris sorrise mostrando la chiostra di denti d’oro, divertito.
“Rilassati, Dark Viper…forse la domanda che volevi farmi è perché siete ancora vivi?”
“Immagino che ti diverta un mondo vederci furibondi ed impotenti: la tipica boria di chi ha vinto giocando sporco. Adesso, però, libera la mia ragazza e lasciaci andare.”
“Nient’altro?”
“Sì. Fottiti.”
Polaris fece scattare la gamba velocissimo e uno stivale appuntito centrò J sotto il mento, scaraventandolo di nuovo per terra.
“No no, non si fa così con gli ospiti” disse Polaris sporgendosi verso di lui, quasi dispiaciuto “Ti ho detto che mi stai simpatico, ma non approfittare troppo della mia benevolenza. Faccio molto presto a cambiare idea.”
“Credo che ascoltarlo due minuti non sconvolga i nostri piani per l’immediato futuro” sibilò Drury all’orecchio di J aiutandolo a tornare seduto “Smettila di fare il duro a tutti i costi e apri le orecchie.”
Tornato seduto, J guardò Polaris con occhi carichi di autentico odio, ma cercò di dominare la rabbia e rimase zitto.
“Il tuo consigliere ha ragione” continuò Polaris, soddisfatto “Credo che ascoltarmi sarà proficuo per entrambi. E poi, non avevi detto tu stesso che volevi parlarmi? Bè, sono qui e sono tutto orecchi.”
“Ok, spara” accettò J, serio “Metaforicamente parlando, si intende.”
“Bene. Non crederai che mi sia davvero bevuto il vostro stupido trucchetto infantile…avevo capito che volevate incontrarmi. Mi sono incuriosito ed ho accettato la sfida mettendovi alla prova. Siete tosti, devo dire la verità. Completamente sciroccati, ma tosti. Adesso vorrei sapere il motivo di tanta dedizione nel volermi incontrare: volete entrare a far parte degli Stars, per caso?”
“Spiacenti, ma non siamo interessati ad una join venture, soprattutto con chi ci sbatte come bistecche per sapere qualcosa di noi.” rispose J con una smorfia.
“Hei, bello, questo è il mondo di Hell’s Kitchen” spiegò Polaris, paziente “Per parlare seriamente con voi dovevo portarvi in un posto sicuro, come questo, ed accertarmi che non foste nemici. Sai…uno come me deve sempre guardarsi alle spalle, non una ma cento volte. Ecco perché mi sono dovuto servire di questo.”
Polaris tirò fuori un aggeggino meccanico a metà tra un auricolare e una scatoletta. Con un tuffo al cuore, J riconobbe un computer identificativo, usato dal CDI per scoprire le vere identità di digi-alias sospetti. Febbrilmente, cercò di ricordarsi se prima di partire per la missione aveva attivato lo schermo sulle loro vere identità, anche se il fatto di essere ancora vivi e vegeti poteva essere un chiaro segno che Polaris non aveva trovato informazioni su di loro. Decise comunque di rimanere in silenzio e lasciar parlare Polaris, per sondare meglio il terreno. Il grosso nero sembrava stranamente cogitabondo e intimamente soddisfatto: con un gesto della mano diede ordine ai suoi scagnozzi di allontanarsi e questi sparirono frusciando, lasciando i Dark Viper tutti soli con Polaris che non sembrava affatto preoccupato.
“Sapete” disse quando fu certo che fossero soli “Da questo strumentino non sono saltate fuori le vostre identità, e questa è un’informazione molto interessante. Per fare questo, non potete essere dei ragazzini come gli altri che frequentano Hell’s Kitchen…Allora ho capito. Erano secoli che vi cercavo. E vi avevo proprio qui sotto il naso!”
Rise, e J capì con un senso d’irreale vertigine che Polaris o sapeva o sospettava la loro reale identità. Perché, allora, erano ancora vivi?
“Cosa vuoi da noi , Polaris?” domandò con voce rude e senza compromessi.
Gli occhi dorati di Polaris brillarono vivacemente.
“Voglio che lavoriamo insieme ad un progetto. Voglio che uniamo le nostre forze per ottenere lo scopo che entrambi rincorriamo da sempre.”
“Non credo che tu abbia anche solo una vaga idea di cos’è che vogliamo noi.” azzardò Drury sottovoce.
Polaris sorrise rilassato e appoggiò indolente le spalle allo schienale della poltrona.
 “E se vi dico…Masterson….voi cosa rispondete?”
Masterson. La parola magica per spazzare via tutti i dubbi, pensò J mentre un pesante groppo di eccitazione misto ad angoscia gli piombava sulle viscere.
Masterson. Cosa poteva avere a che fare Polaris con Masterson?
“Che hai in mente?” buttò lì J mascherando le sue emozioni dietro ad una perfetta maschera di pietra.
Polaris sventolò la mano in aria, noncurante.
“Tutto a suo tempo, Dark Viper. Volevo solo sapere se siete interessati ad una proposta in merito. Lontano da Hell’s Kitchen, dagli Stars, dal SuX e dal CDI: solo voi ed io. E Masterson.”
J non potè fare a meno di girarsi verso i suoi compagni e scambiare con loro un lungo sguardo perplesso: persino Ice si era svegliato e aveva seguito la conversazione e ora ricambiava lo sguardo, interrogativo. Incredibilmente, Polaris stava offrendo un accordo che nessuno di loro se la sentiva di rifiutare: qualsiasi cosa fosse, se riguardava Masterson era da accettare, punto e basta.
“Drury?” domandò J e il giovane si grattò la testa, incerto.
“Ammetto che la cosa possa sembrare interessante, ma…Non siamo abituati a saltare nel vuoto, così. E poi, perché dovremmo avere fiducia in te?”
Polaris tornò ad appoggiarsi allo schienale della poltrona, soddisfatto.
“Giusta osservazione” disse, trastullando il computer identificativo “Evidentemente, il fatto di essere ancora vivi, contro ogni più rosea previsione, non è una prova sufficiente per delle personcine sospettose come voi. Proprio per questo voglio darvi un segno di collaborazione: vi lascerò liberi di andare.”
 “Che magnanimità.” disse J, semplicemente. In realtà era parecchio scombussolato da quanto era avvenuto, ma non vedeva altra via di uscita che quella di assecondare Polaris.
“BlueMoon?” chiese allora con calma guardando Polaris negli occhi.
Polaris schioccò le dita e come dal nulla si materializzarono due suoi scagnozzi che tenevano per le braccia la ragazza, spaventata ma molto più in forma di tutti loro. Quando vide i suoi compagni, per poco non scoppiò a piangere dal sollievo.
“J-J…” balbettò, fiduciosa “Cosa vo-vogliono questi…”
“Tranquilla, tesoro, tutto sotto controllo.” la blandì KillZone, ammonendola con lo sguardo.
“Non mi andava che lei sentisse i nostri discorsi” disse Polaris con voce vagamente annoiata, ignorando completamente la ragazza “A quanto pare, è una new entry. E fossi in voi, diffiderei delle new entry così volenterose…”
Alzò gli occhi su J, allusivo e il giovane sentì le viscere rimescolarsi dalla sorpresa. Se Polaris sapeva che BlueMooon era un nuovo acquisto, sapeva anche chi erano loro… Polaris sapeva che loro erano la Tau Centauri. Polaris voleva che loro capissero che sapeva. E c’era solo una risposta all’ovvia domanda che era sorta spontanea.  
Polaris voleva la Tau Centauri. Niente succedeva per caso ad Hell’s Kitchen, giusto? E incontrare Polaris proprio quando la squadra era senza copertura e senza protezione non poteva di certo essere una coincidenza.
Che conclusioni si potevano trarre da tutto questo?
Ovvio: Polaris voleva fare un accordo con la Tau Centauri . Perché? J frastornato non si seppe rispondere.
“Non fare andare troppo le meningi, capo” mormorò Polaris, sornione “Saprai tutto a suo tempo. Adesso, siete liberi di andare. Domani sera al Doom Boom, stessa ora. Vi voglio lindi e pinti per l’occasione: vi devo presentare una persona che muore dalla voglia di conoscervi.”
J rimuginò a lungo, masticandosi l’interno della guancia e lanciando feroci occhiate al suo tranquillo interlocutore.
“Come vuoi” sospirò alla fine, stanco “Visto che sei così loquace, sai anche dirci chi è che vuole incontrarci con così tanto entusiasmo?”
Polaris agitò una mano, noncurante e girò loro le spalle.
“Tutto a suo tempo, no? E’ stato un piacere conoscervi, Dark Viper. E ora fuori dalle scatole, grazie.”
*             *             *
Il generale Scott passeggiava nervosamente avanti e indietro per la saletta attigua alla sala di de-digitalizzazione del CDI, aspettando che la squadra Tau Centauri ritornasse dalla missione. Aveva come sempre un diavolo per capello: erano ore che il CDI aveva perso il contatto con la squadra e le lesioni fisiche dei corpi nella sala di de-digitalizzazione rivelavano che i digi-alias dovevano essersi cacciati nei guai. Come sempre, del resto: se ce c’era una garanzia con la Tau Centauri era che si sarebbero sicuramente ficcati nei pasticci, maledetti loro. Quando la porta pneumatica si aprì Scott si avventò sul primo uscito, sfogando tutta la sua rabbia.
“Sono ore che non vi fate sentire, imbecilli! E cosa sono quelle contusioni? Doveva essere una banale missione di ricognizione e ne saltate fuori come se aveste incontrato l’esercito di Ho Chi Min!! Dov’è andato il sostituto? Cardinale, dovrei farti rapporto! Come capo della squadra avevi il dovere di comunicare le esatte coordinale del…”
Cardinale smise di ascoltarlo, insieme agli altri della squadra. Scambiò con Garrie uno sguardo esasperato e lui le sorrise, incoraggiante. Quando finalmente Scott si interruppe per riprendere fiato, Morales si intromise velocemente.
“Abbiamo avuto sfortuna” disse tranquillamente “Doveva essere una ricognizione di routine e invece siamo incappati in uno scontro tra bande. Però, in compenso, siamo accidentalmente incappati in un pezzo grosso, e questa non è una cosa da buttare via, no?”
“Pezzo grosso?” si aggrottò Scott, malevolo “Che pezzo grosso?”
“Abbiamo avuto un incontro con Polaris degli Stars” buttò lì Cardinale, trionfante “Sembra che siamo entrati nelle sue grazie. Potremmo anche ottenere qualche risultato importante, continuando con questa indagine…”
“Già, capo, potremmo finire infiltrati in un gruppo molto ben organizzato” rincarò la dose Patterson, entusiasta.
Scott li ascoltò parlare mentre spiegavano la loro versione riveduta e corretta ad uso e consumo del CDI di quello che era successo al Doom Boom, senza ovviamente sfiorare nemmeno da lontano l’argomento che avrebbe acceso tutte le sirene d’allarme delle Orion: il nome di Masterson . Alla fine Scott li guardò severo, uno per uno, rimuginando sulle informazioni appena ricevute.
“E il sostituto?” chiese a bruciapelo.
I quattro si guardarono l’un l’altro, colpevoli.
“Oh, ah…ha preso qualche bottarella” disse infine Morales, contrito “Deve rimanere in infermeria un po’ più a lungo…”
“Ti avevo detto di darmi qualcuno di esperto” borbottò trionfante Cardinale “I poppanti che mi rifili finiscono sempre per farsi male.”
Scott si trattenne a stento dall’impulso di strangolare quelle facce di bronzo: girò loro le spalle massaggiandosi le tempie, furioso.
“Avete stilato il vostro rapporto?” chiese duramente senza voltarsi.
“Non siamo riusciti a registrare un granchè, ma quello che avevamo è già nelle mani dei tecnici del SuX.” disse sereno Morales e Cardinale mimò silenziosamente un bacio di gratitudine.
“Molto bene” sentenziò Scott, seccamente “Leggerò il vostro rapporto e studierò le registrazioni. Se tutto sarà in ordine, vi concederò la possibilità di continuare la vostra indagine. Nel frattempo, andate a medicarvi le ferite e state fuori dai guai almeno fino a domattina. E ora, toglietevi dalle scatole.”
Marciò via senza nemmeno salutarli. Garrie si girò verso i compagni con un perplesso sopracciglio alzato.
“E’ già il secondo che ci manda a quel paese nel giro di un’ora: o stiamo perdendo il nostro carisma o qualcuno di voi non si è lavato le ascelle, stasera.” decretò salottiero.
“Non è il caso di prenderla alla leggera” sospirò Cardinale, depressa, mormorando a fior di labbra “Se Scott anche solo da lontano sospetta che gli stiamo nascondendo qualcosa, rischiamo di trovarci sgozzati come un maiali e appesi a ganci da macellaio nel suo salotto.”
“Non è la prima volta che nascondiamo qualcosa al CDI, no?” tagliò corto Patterson, logico “Datti pace, benedetta donna. Piuttosto, per domani sera… vuoi che prepari qualche sorpresina? Ricchi premi e cotillon? Mi è arrivata una fornitura di plastico che è una bellezza…”
“Ok, ma non esagerare, Pat” sorrise Cardinale dandogli una pacca sulla schiena monumentale “Avete impegni per stasera? Se siete liberi, vi concedo il piacere di offrire da bere al vostro corruttibilissimo capitano che deve giusto buttare giù il nuovo piano dei turni di lavoro…”
Patterson sventolò una mano in aria, disgustato.
“Io non ci penso neanche. Vedo già abbastanza la tua brutta faccia per volermela sorbire anche nei momenti di riposo.”
“Pat ha un appuntamento, stasera” le confidò Garrie garrulo facendo imbronciare Patterson “E’ già la terza volta che esce con la stessa tizia. Chissà come mai le concedono tante uscite dalla clinica per malati di mente in cui è sicuramente ricoverata. Comunque, io e Morales saremo lieti di corromperti, qualsiasi sia il significato che tu attribuisci a questo termine.”
“Allora, mentre siete sotto la doccia fatevi venire qualche idea furba per mettere sotto Polaris e capire che diamine vuole da noi” sentenziò Cardinale, segretamente felice di aver evitato la solitudine anche per quella sera “ Voi due, ci vediamo all’Anemy Pub!”
“Oh, certo, non vedo l’ora.” mormorò Morales depresso.
“Ok.” rispose Garrie, noncurante.
Cardinale si allontanò salutandoli con la mano e Morales lanciò uno sguardo dubbioso a Garrie.
“Ma tu non dovevi uscire con una certa Sonia o Nadia o una russa del genere?”
“L’unica russa che contemplerò stasera sarà l’insalata che tu mi preparerai prima di uscire” sorrise Garrie serenamente.
Stava placidamente glissando sul fatto che Morales avesse perfettamente ragione: Tania, una rossa con due gambe da infarto e il sorriso della Gioconda,  aspettava che lui andasse a trovarla nel suo appartamento da almeno due giorni. Il giovane si perse un attimo a guardare la schiena dritta di Cardinale che si allontanava, leggermente claudicante per le botte ricevute da Polaris e compagni. 
“Bè?” incalzò Morales, irritato. Garrie scrollò le spalle e fece un sorriso canzonatorio.
“Pensavo a quanto sei tremendamente carino, Eric caro” rispose civettuolo “Se stasera ti lascerai offrire una birra all’Anemy Pub potrei persino innamorarmi di te.”
*             *             *
Il mattino dopo Cardinale si svegliò tardissimo e arrivò trafelata davanti all’ingresso del CDI con l’uniforme tutta stazzonata e i capelli in disordine. Morales, Patterson e Garrie l’aspettavano già da qualche minuto, non del tutto ripresi dalla baldoria della sera precedente.
“Buongiorno, capo” la salutò Patterson con voce rombante ottimismo “Abbiamo un’aria un po’ gotica stamattina. Qualcuno ti ha morso sul collo per caso?”
“No, ma se non chiudi quel forno può essere che sia io a mordere te. E non sul collo.” sibilò Cardinale passandosi nervosamente le dita tra i capelli.
“Strano che Scott non abbia già cominciato a strillare” mormorò Morales guardando dubbioso l’ora sul computer da polso “Siamo in ritardo di cinque minuti buoni e ancora non si è visto.”
“Magari è malato.” disse speranzoso Garrie.
“Sì, e tu sei candidato al premio Nobel” ripose acida Cardinale “Arriverà tra poco arrabbiato come un leone con una scheggia sotto la zampa.”
“Certo che le metafore che trovi tu non le trova nessuno.” ridacchiò Morales e Cardinale stava per ribattere quando proprio in quel momento il respiro le si incastrò in gola come un boccone andato di traverso e la faccia le divenne ancora più cinerea di prima.
“Che c’è capo?” domandò Garrie adombrandosi “Se devi vomitare, per favore girati verso Patterson.”
Cardinale lo ignorò completamente: l‘espressione del suo viso, da smarrita passò immediatamente ad una parvenza di indifferenza, smentita dalla piega dura delle labbra.
Garrie si voltò incuriosito e si trovò faccia a faccia con il generale Elijah Benson, sbarbato di fresco e con un’aria stranamente marziale nella divisa verde oliva. Guardava Cardinale e anche la sua espressione era impenetrabile e corrucciata.
“Elijah!” esclamò Morales felice quando lo vide “Che mi venga un colpo secco, è un secolo che non ti vediamo! Come stai?”
“Ma tu guardalo, il generale!” tuonò Patterson, sinceramente contento “Azzimato come se avesse fatto il bagno nella pomata!"
“Lij, sei invecchiato di dieci anni, lasciatelo dire.” lo informò Garrie, perfido.
Elijah girò lo sguardo aggrottato su di lui: sorrise e di colpo sembrò un ragazzino vestito a festa dalla mamma.
“Senti chi parla, la vecchia cariatide” disse allegro dandogli una pacca sulla spalla “Se non ricordo male tra un po’ arrivi al quarto di secolo, eh? Entri anche tu nel club dei vecchietti, insomma.”
“Che ci fai da queste parti?” domandò Morales senza smettere di sorridere “Ti credevo in giro a ramazzare crediti per il tuo puzzolente covo di spioni."
“Riunione.” rispose telegrafico Elijah girando di nuovo lo sguardo su Cardinale.
“Capitano Cardinale.” salutò a denti stretti. Lei gli fece un secco gesto con la testa.
“Generale Benson.” rispose con voce grondante disprezzo.
Patterson sospirò alzando gli occhi al cielo.
“Gesù, ragazzi, vi comportate ancora come due stupidi ragazzini brufolosi alla prima cotta estiva” sentenziò a voce altissima, attirandosi gli sguardi curiosi di alcuni Runners di passaggio “Fino a qualche tempo fa, oltre a pattugliare come ricci dalla mattina alla sera, eravate colleghi…e amici. Piantatela di fare i permalosoni e salutatevi come si deve.”
Un sorriso tremò dietro le labbra di Elijah che inarcò le sopracciglia all’indirizzo di Cardinale.
“Sempre discreti e diplomatici i Runners della Tau Centauri, eh?” mormorò ironico e Cardinale rispose con un’alzata di spalle. Elijah indicò sprezzante i lividi sul suo viso.
“Che hai fatto alla faccia?” domandò noncurante “Missione del CDI o piacere personale?”
“Scontro tra bande a Hell’s Kitchen” spiegò brevemente Cardinale “E tu? Come la giustifichi quella faccia da bistecca sbattuta?”
“Scontro tra bande?” mormorò Elijah: un’ombra passò sul suo viso a metà tra il rimpianto e la rassegnazione “Ti diverti ancora con queste bambinate, capitano?”
La faccia di Cardinale assunse una delicata e pericolosa tonalità rosa pesca.
“Ti ricordo che una volta questa era anche la tua squadra e non mi sembravi così schizzinoso quando c’era da far andare le mani!” sibilò offesa avvicinandosi di un passo.
“Un conto è far andare le mani per una causa, un altro conto è farle andare solo per il gusto della rissa.”
Forse non voleva essere del tutto un’offesa, ma Cardinale impallidì lo stesso, furiosa.
“Ma senti da che pulpito…generale, ne ho abbastanza delle sue basse insinuazioni. Sarei curiosa di sapere, una volta per tutte, che cos’è che vuole da me.”
“Non lo so” ammise Elijah, quasi controvoglia “Forse vederti tutta intera e non a brandelli su un tavolo all’obitorio?”
Un silenzio imbarazzato calò sul gruppetto.
“Io vado da Scott.” sentenziò Morales bruscamente afferrando il braccio di Garrie e trascinandolo con sé oltre la silenziosa porta pneumatica.
“Io vado a cercare una birra.” ghignò Patterson seguendo i compagni dopo aver ammiccato maliziosamente a Cardinale.
Rimasti soli ed in silenzio, i due si guardarono in cagnesco.
“Apprezzo l’interessamento” sbottò all’improvviso Cardinale, sbuffando “Ma ti ricordo che io sono un Runner. Sono il capitano di una squadra… e sono maledettamente brava. Lo sai tu, lo so io. Ieri sera abbiamo avuto un contatto con un pezzo grosso di Hell’s Kitchen, un vero e proprio colpo di fortuna… e sono felice, incredibilmente felice ed elettrizzata di poter partecipare ad un’operazione che sarà sicuramente pericolosa. Una volta saresti stato entusiasta di una notizia del genere.”
C’era quasi della supplica nella sua voce, ma Elijah non riuscì a coglierla. Sforzandosi di mantenere la calma, si passò una mano sul viso e trasse un profondo respiro.
“Non posso essere contento per te se rischi la pelle ogni volta che entri nel de-digitalizzatore” disse paziente “Le tue missioni sono sempre più pericolose.”
“E’ il mio lavoro” ribadì Cardinale, seria “E’ il nostro lavoro. Te lo sei scordato?”
Elijah tacque. Il silenzio tra loro fu spezzato dalla voce dell’interfono che richiedeva educatamente la loro presenza al CDI.
“Scott” disse Cardinale “Riunione immediata con la squadra.”
“Sono convocato anch’io” la avvisò Elijah riottoso “ Sono qui per presenziare alla vostra riunione con Scott.”
“Tu?” sputò fuori Cardinale “Il SuX vuole di nuovo ficcare il naso negli affari della Tau Centauri?”
“Sarebbe meglio sentire cos’ha da dire Scott.” disse subito Elijah, prudentemente diplomatico.
Cardinale lo fissò a lungo con espressione aggrottata ed Elijah faticò a sostenere il suo sguardo carico di domande e di delusione.
“Andiamo.” disse infine Cardinale voltandogli le spalle.
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 : Riunione di famiglia ***


Quando Elijah e Cardinale entrarono nell’ufficio di Scott, il resto della squadra Tau Centauri era già appostato e stava piacevolmente conversando secondo la sua personale logica sotto gli occhi stupefatti del generale. Cardinale salutò a denti stretti Scott e si sedette tra Morales e Garrie, i quali videro subito che non era il caso di sprecare battute umoristiche, vista la faccia scura del loro capo.
“Finito di pattugliare?” esclamò invece piacevolmente Patterson, che notoriamente aveva la sensibilità di cogliere il momento giusto pari ad un rinoceronte nella savana.
“Crepa.” sibilò semplicemente Cardinale, con un tono di voce da ghiacciare il sangue nelle vene.
“Ora che ci siamo tutti” esordì precipitosamente Scott, per evitare un imbarazzante incidente diplomatico “Passiamo al motivo della riunione: come avevo giustamente auspicato, il CDI è molto interessato al contatto stabilito con il gruppo degli Stars. E’ senz’altro un’occasione d’oro per infiltrarsi nella sempre più dilagante criminalità delle Orion e il CDI, sostenuto dal Consiglio, ha deliberato subito che l’operazione possa proseguire. Ma, per preservare l’esito dell’operazione da fughe di notizie,  ha dato il proprio benestare al proseguimento della missione di infiltrazione solo con l’appoggio incondizionato da parte del SuX.”
Lanciò una fuggevole occhiata a Elijah che stava sfogliando il rapporto sulla missione con lo sguardo aggrottato.
“Il generale Benson, qui presente, è stato designato come coordinatore e supervisore della squadra Tau Centauri durante tutta la missione.”
Cardinale ci mise alcuni secondi a digerire la notizia: quando si rese conto di quello che aveva detto Scott, le sue guance divennero appena rosate mentre le sue dita artigliavano pericolosamente i braccioli della poltrona.
“Non credo di aver capito bene, generale” disse con voce misurata mentre Patterson cominciava a ridacchiare sottovoce “Mi sta dicendo che la Tau Centauri dipenderà dal SuX per questa missione?”
“Sì.” rispose Scott senza mezzi termini.
“No.” rispose immediatamente Cardinale, altrettanto convincente.
“Capitano Cardinale” la apostrofò Scott, tagliente “Si renderà conto che la situazione è molto delicata: la vostra squadra si è sempre comportata in maniera poco ortodossa, anche se indubbiamente efficace, e il CDI ha chiuso un occhio parecchie volte per coprire le vostre mancanze. Ma con un’operazione del genere in ballo, non possiamo permetterci errori. Da adesso in avanti il CDI è convinto che abbiate bisogno di un supporto un po’ più….diplomatico.”
“Cosa diavolo significa questo?” sibilò Cardinale, perdendo le staffe.
“Se posso parlare fuori dai denti, capitano” si intromise Elijah con voce misurata “Da quando è sotto il suo comando, la Tau Centauri ha affrontato e risolto tutte le missioni assegnatele, ma mai, e sottolineo mai, rispettando le procedure. Avete fama di essere testardi, irascibili, disorganizzati e violenti.”
“Si riferisce alla squadra o a me, signor generale?” chiese Cardinale, ormai completamente rossa come un pomodoro.
Garrie e Morales si allontanarono millimetricamente da lei, come se temessero che da un momento all’altro potesse scoppiare. O, più probabilmente, che tirasse fuori un bazooka e li facesse fuori tutti quanti.
“La squadra è tendenzialmente pericolosa per se stessa” ammise Elijah con un lampo di ilarità negli occhi all’indirizzo di Patterson “Il compito del capitano sarebbe quello di mediare tra l’aggressività dei componenti e la giusta dose di riflessione, non quello di buttarsi nella mischia a spada tratta e senza mai uno straccio di piano.”
“Ce lo avessi in questo momento, te lo ficcherei dove non batte il sole, il tuo straccio di piano!” strillò Cardinale, balzando in piedi “Sai per primo che certe volte è impossibile seguire un piano se non vuoi lasciarci la pelle! Solo perché adesso sei generale ti metti a sputare sentenze come se non sapessi cosa vuol dire agire sul campo!”
“Ehm, capitano…” disse a bassa voce Scott, precipitandosi ad interrompere la registrazione “Le ricordo che questa è una riunione che rimarrà negli annali della storia delle Orion. E’ pregata di non farcire il suo lessico già zoppicante di termini da scaricatore di porto. E’ un capitano del corpo dei Runners, sant’iddio: si comporti come tale!”
Non attese risposta: riavviò la registrazione e le piantò in faccia due severi occhi di diamante.
“Sorvoleremo sul suo lessico, se avrà la bontà di rimettersi a sedere e accettare gli ordini del suo superiore. E se si azzarda di nuovo ad utilizzare certe parole, la spedisco di filato in isolamento, missione o no.”
“Non oserebbe farlo” mormorò Cardinale, al colmo dell’ira “Questa missione è mia!”
“Tecnicamente ha ragione, bambola” la avvisò Morales, neutro “Non risolverai niente strillando come una cornacchia.”
“Io non strillo come una cornacchia!” strillò Cardinale, esattamente come una cornacchia.
Patterson accavallò le gambe e sorrise, con gli occhi che gli brillavano.
“E io che credevo che questa sarebbe stata una pallosissima riunione burocratica. Vai così, capo, sei uno spettacolo!”
“Pat, non infierire” si intromise Garrie che comunque non riusciva a trattenere un sorriso “Cardinale, fai un bel respiro, conta fino a millequattrocentoottanta, fai la posizione yoga del fenicottero e cerca di rilassarti: se ti fai sbattere fuori dai giochi, che fine facciamo noi ad Hell’s Kitchen tutti soli?”
“Comunque, forse è meglio disarmarla, a titolo preventivo.” ridacchiò Morales, semiserio.
“Personalmente, ritengo che tutta la squadra sia sull’orlo della schizofrenia” subentrò Scott, a suo modo divertito dalla situazione “Ma ribadisco, capitano, che lei è qui per prendere semplicemente atto della situazione: il generale Benson da questo momento è il vostro superiore e obbedirete ai suoi ordini. Chiaro?”
Lo sguardo di fuoco che si scambiarono Elijah e Cardinale avrebbe incenerito una foresta, ma nessuno dei due fiatò.
“In quanto a voi, generale” proseguì Scott, severo “Siete tenuto a rispettare le decisioni della squadra per quanto riguarda l’azione sul campo: la loro esperienza è di tutto rispetto e voi mancate da tempo. Purtroppo le cose sono molto cambiate, negli ultimi tempi.”
Di nuovo nessuno dei due rispose mentre l’aria intorno a loro sembrava essersi surriscaldata.
“Meno male che nessuno di noi ha dei fiammiferi” mormorò Garrie all’orecchio di Morales “Se uno dei due apre bocca rischiamo di saltare in aria.”
“Come ai bei vecchi tempi, eh?” ridacchiò Morales con gli occhi che scintillavano “Mi mancava un po’ di adrenalina dopo la sbattuta di ieri sera.”
“Molto bene” sentenziò Scott, alzandosi in piedi “Da questo momento il gruppo è stabilito. Il generale Benson è libero di decidere chi includere nella squadra per quanto riguarda questo progetto, che chiameremo in codice “Progetto Cosmos”. Mi auguro che passiate questa giornata insieme a programmare un piano per l’incontro di questa sera, mettendo da parte i vostri personali dissapori e collaborando al meglio per la riuscita dell’operazione.”
“Certo, come no.” mormorò Patterson, trattenendosi a stento dallo scoppiare a ridere.
“Sarà un piacere.” disse Cardinale con un sorriso carico di veleno, senza staccare gli occhi di dosso da Elijah.
I cinque si alzarono e uscirono in fila indiana, con Cardinale ed Elijah che si ignoravano altezzosamente. Scott li guardò uscire sentendosi in qualche modo in apprensione, preoccupato e contemporaneamente molto, molto vecchio.
*             *             *
Nel Limbo, reso di nuovo agibile dopo la disinfestazione del giorno precedente, l’atmosfera sembrò rilassarsi leggermente. Tutti quanti stapparono una birra gelata e dopo un paio di sonori uragani scatenati dalla gola di Patterson, persino Cardinale riuscì a sorridere.
“Non so voi, ma vederci riuniti come due anni fa mi riempie il cuoricino di gioia” sentenziò Patterson accomodandosi sulla sua poltroncina “Anche se ho paura che questa volta ci scapperà il morto se quei due continuano ad azzannarsi così.”
Cardinale ed Elijah nemmeno si scambiarono un’occhiata: rimasero cocciutamente girati di spalle con una convinzione così puerile che gli altri si scambiarono uno sguardo divertito ed esasperato.
“Pat ha ragione” esordì Morales, pratico come al solito “Direi che per prima cosa è il caso che voi due chiariate la vostra situazione, possibilmente a parole: se vi scannate poi tocca a noi pulire il sangue dal pavimento, e la cosa non ci gratificherebbe come uccidervi personalmente. E nemmeno risolvetela col sesso, grazie, a meno che non siate disposti a partecipare ad una serena ammucchiata fra amici.”
Un silenzio denso di significati calò sul gruppetto, in attesa di sentire se qualcuno era disposto a fare il primo passo verso un’improbabile pace. Alla fine fu Elijah a rilassare le spalle e ad allargare le braccia con un gesto di resa.
“Ok, ragazzi, prometto che cercherò di fare il bravo con la virago, anche se non ho niente da aggiungere a quello che ha già detto Scott” esclamò candidamente, sorridendo “A parte il fatto che sono maledettamente felice di essere di nuovo in mezzo a voi, disgraziati guerrafondai.”
“Parla per te, signor generale dei miei stivali” mormorò Garrie, imbronciato “Credevamo di essere riusciti a liberarci definitivamente di te e invece torni sempre fuori, come una moneta falsa. E fai arrabbiare il nostro capo, cosa che alla fine si ripercuote sempre su di noi. Ciò non è affatto cosa buona e gradita.”
“Già” intervenne Patterson “A me non sembra che tu e Cardinale siate esattamente sulla stessa lunghezza d’onda, signor generale. E, incredibile ma vero, la bertuccia non ha tutti i torti: a Hell’s Kitchen non c’è modo di fare piani o studiare le situazioni.”
“Tu lo sai, noi lo sappiamo” approvò Morales con la solita pacatezza “Se voi due siete davvero Runners onesti, adesso stabilirete un armistizio strategico e lascerete le vostre divergenze nell’alcova. Vero, Pat?”
“Certamente” sorrise Patterson con sguardo ebete “Nell’alcova…qualsiasi cosa essa sia.”
“Questa cosa dell’alcova sarà da approfondire, in un’altra occasione” sorrise Garrie, alzando la bottiglia verso Cardinale “Comunque, io sono d’accordo con Pat, che il cielo mi salvi. Naturalmente, eseguirò gli ordini di Elijah, ma il nostro capo è Cardinale e, per quanto mi riguarda, è lei che decide ed è lei che ascolterò.”
“Fosse anche un ordine dettato dall’impulsività e dall’aggressività?” domandò Elijah, scettico.
“Fosse anche l’ordine di buttarmi nudo giù da un ponte.” ammiccò Garrie e Cardinale gli fece un sorriso segreto e complice che si rispecchiò, radioso, nel viso del giovane.
“Il solito venduto” ribatté schifato Morales “Tu sei un generale, lei è il nostro capo e siete entrambi nostri amici. Non costringeteci a stare in mezzo o a dover scegliere. Perdereste entrambi.”
“Ho già detto che ce la metterò tutta per andare d’accordo con il vostro capitano, per quanto la cosa possa risultare difficile.” sentenziò Elijah, impaziente.
Tutti si girarono verso Cardinale che, con la faccia imbronciata e le braccia incrociate, sembrava il simbolo del dissenso.
“Cardinale, stiamo aspettando te.” suggerì Morales, educatamente.
Cardinale tentennò ancora un poco, poi sbuffò, arrendendosi.
“Ah, diamine” mormorò controvoglia “E va bene, cercherò anch’io di andare d’accordo, per quanto possibile. Ma non posso promettervi che non lo ammazzerò, durante la missione, se continua a comportarsi da troglodita.”
“Sempre se non ti strozzo prima io, mocciosetta isterica” sorrise Elijah, velenoso “Pace fatta?”
Tese la mano verso di lei, ossequioso. Cardinale lo guardò dall’alto in basso, altezzosa, ma alla fine strinse la sua mano tesa, controvoglia.
“Se la vuoi chiamare così.” rispose a denti stretti.
“E virgulti di serenità sbocciarono nei cuori feriti dei contendenti” sospirò Patterson, sognante “E’ meraviglioso. Ora, se nessun altro ha le sue beghe personali da esternare al gruppo, potremmo iniziare a studiare la situazione per stasera, che ne dite?”
Morales, Patterson e Garrie guardarono fissamente Cardinale che si agitò a disagio sulla sua sedia: la cosa fu naturalmente notata da Elijah che lanciò a tutti loro un lungo sguardo di rimprovero.
“Capo?” suggerì Morales con severità e Cardinale, cedette di nuovo, sbuffando.
“Uff! E va bene!”
Con calma, Garrie tirò fuori il suo fido giochino elettronico, alias disturbatore delle registrazioni del CDI, e lo piazzò sul tavolo in mezzo a loro. Elijah, quando lo vide, non sembrò affatto sorpreso.
“Immaginavo che steste covando qualcosa di losco” sospirò, depresso “Che avete combinato stavolta?”
“Il solito prevenuto” si imbronciò Cardinale, offesa “Non abbiamo combinato niente: è solo che non abbiamo detto proprio tutto tutto a Scott ed al CDI.”
“C’è…la remota possibilità che Polaris sappia chi siamo.” Buttò lì, Morales, fingendo indifferenza.
Elijah si sporse dalla sedia, artigliando i braccioli con forza.
“Che cosa?!” strillò con gli occhi fiammeggianti.
Cardinale gli lanciò un lungo sguardo di rimprovero.
“Generale, tieni sott’occhio la tua sclerosi galoppante, per favore. Siamo propensi a credere che il motivo per cui siamo qui a raccontarcela è che Polaris sa di avere a che fare con la Tau Centauri…il che era esattamente quello che lui voleva.”
Elijah rimuginò per un pezzo con la faccia molto seria ed aggrottata.
“Vi ha detto anche perché?” domandò infine e Cardinale scambiò uno sguardo cauto con Morales.
“Ancora no” disse quest’ultimo con leggerezza “Ma ha fatto un nome che non potevamo ignorare.”
“Un nome? Quale nome?”
La Tau Centauri si scambiò uno sguardo d’intesa.
“Masterson.” disse infine Patterson.
Elijah sembrò incassare il colpo senza battere ciglio.
“Masterson.” ripeté come soprappensiero.
“Risparmiati il fiato” lo interruppe Cardinale, bellicosa “Per il momento non diremo a Scott che Polaris ci ha menzionato il nostro nemico numero uno: ci piazzerebbe alle calcagna tutto il CDI, il SuX e il Vaticano al completo e tu sai che colabrodo di informazioni sia diventato il CDI adesso.”
“Allora, che intendete fare?” chiese calmo Elijah dopo una breve pausa di riflessione.
“Prepararci all’incontro di stasera” disse Morales, attirandosi lo sguardo ammirato di Cardinale “Non so voi, ma io ho iniziato a cercare nell’archivio del CDI quante più informazioni possibili sugli Stars e su Polaris in particolare.”
“Sei un mito, hijo” approvò Elijah, ma Morales sospirò depresso.
“Aspettate per la corona di alloro: non ho trovato niente di niente, a parte quello che sapevamo già. Però, so chi potrebbe aiutarci. C’è una certa signorina Julia Salerno, digi-alias Rainbow, che faceva parte degli Stars, prima di essere beccata per aver costruito una DDW pirata su cui si svolgevano incontri di lotta clandestini. Adesso è detenuta nel carcere federale di Orion 3 W, a meno di 300 metri da noi, e anche se nessuno è mai riuscito a cavarle fuori uno straccio di informazione, direi che è l’unica possibilità che abbiamo per sapere qualcosa di più sugli Stars prima dell’incontro di stasera. E adesso, coppia di capi, scannatevi a piacere su chi darà gli ordini in proposito.”
Cardinale ed Elijah si scambiarono uno sguardo ostile, ma fu lei a parlare per prima.
“Ovviamente, due di noi andranno a parlare con lei. Altri due, tra cui Morales, si occuperanno di intensificare e riprogrammare gli schermi sulle nostre identità, comprese quelle del signor generale Magnificenza Benson.”
“Te ne sarò davvero obbligato” rispose altezzoso Elijah, glissando sulle provocazioni di Cardinale “Immagino che sia perfettamente inutile suggerirti di allertare una squadra di soccorso dei SuX.”
“Perfettamente, infatti” approvò Cardinale dopo una breve riflessione “E ricordati che il capo è J, cioè io. Non farti prendere dalle manie di grandezza, quando saremo sulla DDW, chiaro?”
“Come il sole d’agosto” sibilò Elijah, irritato “Chiamerò come rinforzo Damon Richner che sarà il nostro punto di contatto fisso nel Limbo: penso che non ci sia bisogno di dire che è assolutamente affidabile, vero? Pat, tu occupati delle armi che possiamo portarci dietro senza destare sospetti: immagino che useranno scanner o roba simile per sapere cosa ci stiamo portando dietro.”
“Ricevuto” tuonò Patterson, felice “Ma ti prego, non affibbiarmi nessuno della squadra tra i piedi: lavoro meglio da solo, senza rompiscatole petulanti che trapanano le orecchie.”
“Sei stato davvero velatamente allusivo” sentenziò Cardinale, con una vena divertita nella voce “Ma ho capito lo stesso a chi ti riferisci. E comunque, nemmeno io volevo stare con te, beduino.”
“Quello di Patterson è il pensiero di tanti, oggi” rimbeccò Elijah, serafico “Quindi, tu rimarrai con Morales a lavorare sul computer e io accompagnerò Garrie dalla signorina Salerno.”
“Perché sei tu che accompagni lui e non lui che accompagna te?” domandò Cardinale, dubbiosa.
Elijah si alzò in piedi e si stiracchiò, sornione.
“Il soggetto è femmina, e il qui presente O’Brian ha notoriamente più successo di me con il gentil sesso. O vuoi prendere tu il suo posto? Sei diventata così brava e convincente a fare il maschio a tutti i costi che magari hai deciso di cambiare sponda.”
“Ancora no, ma la tentazione è forte, visto che razza di imbecilli siete voi uomini” ribatté Cardinale flautata, alzandosi a sua volta “Morales, muoviamoci. Quest’aria piena di sacro testosterone mi sta soffocando.”
Mentre Morales la seguiva verso il computer nella sua postazione, Garrie si voltò verso Elijah con un gran sorriso fanciullesco.
“Fa un sacco di fuochi d’artificio, la donzella” mormorò a voce bassa, da cospiratore “Ma sbaglio o ha ubbidito ad un tuo ordine senza fiatare?”
Elijah ricambiò il sorriso, furbescamente.
“Figliolo…forse non sei l’unico che ha imparato a trattare con le donne, anche se sono di una categoria a parte come il nostro ineffabile capitano!”
*             *             * 
“Se non altro, il fatto che tu sia il capo supremo dei SuX aiuta a spalancare le porte molto più in fretta di quanto possa fare il CDI.” disse Garrie piacevolmente sorpreso, mentre nemmeno mezzora dopo venivano introdotti in una saletta dove avrebbero incontrato il detenuto Julia Salerno nel carcere federale di massima sicurezza di Orion 3W. Elijah annuì, ma non fece commenti. In effetti, l’organizzazione del SuX era di una precisione addirittura snervante.
“Senti” esordì invece una volta che si furono seduti “Sono venuto con te, ma tecnicamente non posso condurre io l’interrogatorio. Sono qui solo in veste di coordinatore, quindi te la dovrai giocare da solo questa partita.”
Garrie lo guardò, sorpreso.
“E’ strano vederti in seconda linea” lo rimproverò sottovoce “Il SuX deve averti rammollito: qualche anno fa, non saresti stato così ligio alle regole. Cardinale, per esempio, si sarebbe tagliata le vene piuttosto che lasciar fare a me.”
“Il tuo delizioso capitano si può permettere di fare i fuochi d’artificio perché è comunque un semplice soldato” ribatté Elijah controvoglia “Quando sali ai livelli del SuX ti rendi conto che è molto più difficile giostrarti tra la burocrazia e la legalità. E’ dura fare lo spione, come ci chiamate voi Runners. Ed è questo che Cardinale non capisce.”
“Parli come se non la conoscessi” azzardò Garrie senza guardarlo “Come se dei due fossi tu a non riuscire ad adattarsi all’idea di essere l’uomo di un Runner. Il motivo per cui Cardinale è tanto brava nel suo lavoro è proprio perché non ha nessun tipo di freno diplomatico. E’ sempre stata e rimarrà irrimediabilmente una pazzoide isterica. Adorabile, eh, ma pur sempre una pazzoide isterica di prima categoria.”
Elijah sembrò prendere in seria considerazione le parole di Garrie.
“C’è stato un momento, durante la nostra relazione, in cui speravo sarebbe cambiata.” mormorò, quasi soprappensiero.
“E invece sei cambiato tu.” ribatté Garrie guardandosi intorno distratto.
Elijah sembrò soppesare seriamente la sua risposta.
“Io volevo solo costruire qualcosa di serio, con lei” mormorò alla fine senza guardare Garrie negli occhi “Qualcosa di puerile come una casa...una famiglia.”
“Ce la vedi Cardinale a fare l’angelo del focolare?” sorrise Garrie con gli occhi turchini accesi di luce ilare “Andiamo, Elijah. Se vuoi farti una famiglia con lei, devi mettere in conto che la Tau Centauri ne farà parte, per sempre. Cardinale non è fatta per la vita civile: è una macchina da guerra, un Runner. O accetti questo o la perdi.”
Elijah gli lanciò uno sguardo incuriosito.
“Sembra quasi che ti faccia piacere sapere che quella disgraziata non avrà mai una vita normale.” mormorò sospettoso.
Garrie fece spallucce, noncurante.
“E’ la vita di Cardinale, non la mia. Non ho mai pensato di cambiargliela, visto che le piace così.” rispose semplicemente.
“Ma tu sei il tattico della sua squadra, non l’uomo che è innamorato di lei.”
“Oh. Già.”
Elijah scrutò a lungo la faccia di Garrie dopo quell’asciutta risposta, ma trovò il suo sguardo azzurro fermo e insondabile. Stava per approfondire l’argomento quando da una porta laterale entrarono due guardie armate che accompagnavano una ragazza con la tenuta arancione e informe dei detenuti federali. Era una piccoletta con uno sguardo battagliero che puntò risoluta verso di loro: giovanissima, piuttosto carina e chiaramente eterosessuale. Lo si capì da come sbatté le ciglia quando li avvistò. Senza una parola, si sedette dall’altra parte del tavolino monoblocco, piantando due bellissimi occhi scuri prima su uno e poi sull’altro.
“Avete una sigaretta?” domandò con voce annoiata e Garrie si tolse un pacchetto dal taschino, prese una sigaretta e la infilò tra le labbra della ragazza che aveva le mani legate da due opalescenti raggi olografici.
“Questa roba è praticamente illegale” dichiarò Garrie con un sorriso, accendendole la sigaretta subito dopo “Non dire a nessuno che te l’abbiamo data noi.”
“Chi vuoi fare fessa?” buttò lì la ragazza, strafottente “Ci saranno almeno cento telecamere accese che stanno immortalando questo momento.”
“Non esattamente” intervenne Elijah con un mesto sorriso “Questo è un incontro…hemm…privato. Abbiamo bisogno di informazioni che rimarranno top secret anche per il CDI.”
Julia inarcò un sopracciglio, sorniona, scrutando Elijah attraverso una cortina di fumo.
“Siete del SuX?” chiese, blandamente interessata “Cavoli, devo proprio essere passata di grado se hanno scomodato l’ente supremo dello spionaggio delle Orion per interrogarmi.”
“Abbiamo bisogno di sapere tutto quello che puoi dirci sugli Stars e su Polaris, in particolare” proseguì Garrie con un sorriso suadente “L’unica che può aiutarci sei tu.”
Julia scoppiò a ridere improvvisamente, genuinamente divertita.
“Davvero?” domandò infine, strafottente “E perché dovrei dire a voi quello che ho taciuto fino ad ora?”
“Non saprei. Te lo stiamo chiedendo educatamente, ti abbiamo offerto una sigaretta…vuoi anche una birra?”
Garrie tolse una lattina dalla tasca sotto gli occhi stupefatti di Elijah, la stappò e la posizionò davanti a Julia che rise di nuovo, sorpresa.
“Questo è davvero illegale, amico.” mormorò Elijah mentre Julia sorseggiava la birra, estasiata.
Garrie fece un gesto con la mano come a dire che non aveva nessuna importanza.
“Scusami, capo, ma non posso vedere una bella ragazza senza offrirle da bere: è più forte di me.”
“Devo dire che questa mi ci voleva” ammise Julia asciugandosi la bocca “Ma non mi compri con due sigarette e una birra, cocco. E nemmeno con i complimenti, anche se sei carino da far paura e non vedo un uomo da anni, ormai.”
“Prova a dirci cosa potremmo offrirti in cambio, allora.” rispose piacevolmente Garrie, appoggiando amichevolmente i gomiti sul tavolo.
“Uscire di qui?” ironizzò Julia e Garrie le rivolse un disarmante sorriso di scuse.
“Sfortunatamente non siamo così potenti” le disse dispiaciuto “Ma scommetto che ci sono un sacco di altre cose che potrebbero renderti la vita più piacevole.”
“Ti stai offrendo volontario per questa missione, per caso?” sorrise Julia, sorniona “Bè, devo dire che sei un gingillino niente male. Chissà, magari se sei abbastanza bravo…”
Gli ammiccò allusiva e Garrie fece un sorriso disarmante. Julia rispose con un’occhiata riottosa: nonostante questo le sue difese si erano abbassate molto più di quanto fosse riuscito ad ottenere il CDI con lunghi ed estenuanti interrogatori.
Diamine, pensò Elijah, e poi parlano del potere seduttivo  femminile. Garrie-O  avrebbe qualcosa da insegnare persino a Cleopatra.
I due iniziarono a conversare, tra gli insulti di Julia e le battute di Garrie, mentre Elijah guardava affascinato il collega tessere la sua tela intorno alla preda. Quando ci si metteva di buzzo buono, Garrie era davvero irresistibile. Non risparmiava niente: era affascinante, divertente, falsamente fatuo e senza volere Julia iniziò a rilassarsi seriamente. Quando Garrie passò a domande più dirette, però, la ragazza lo studiò a lungo negli occhi, poi con un sospiro allontanò la lattina da sé e rivolse ad Elijah uno sguardo adamantino.
“Spiacente. Non ho niente da dire.” disse, lapidaria.
Garrie, per niente smontato, le offrì un’altra sigaretta che Julia accettò, riluttante.
“Ok, forse non puoi parlarci degli Stars in particolare, ma di Polaris? A quanto ci risulta, non ha mosso un dito per aiutarti quando ti hanno beccata. Forse hai  l’occasione buona per ricambiare il favore.”
“Gioia, forse non hai capito” replicò Julia, dura “Non uscirà una sola parola dalla mia bocca. E’ sorprendente che, con tutti i vostri mezzi, non abbiate ancora capito che certe cose non le potete cambiare. Io sono una Stars, anche se in pensione forzata, e lo sarò per sempre. Ho la bocca cucita e voi non potete farci niente.”
“Evidentemente, non eri poi uno degli elementi migliori, visto che ti sei fatta beccare.” buttò lì Garrie, noncurante.
Elijah quasi gli fece un applauso: stava destabilizzando il testimone, e più lo destabilizzava più era probabile che gli sfuggissero informazioni, anche senza volere. Il viso di Julia, infatti, si fece rosso di collera e la sua voce si alzò di alcuni toni.
“Se mi hanno beccato, furbone, è solo perché sono riusciti a rintracciarmi, ma non riuscirete mai a fare altrettanto gli altri! Tutta la vostra boria di supereroi… credete di essere infallibili, e nemmeno avete capito perché siete riusciti a beccare me e non il resto degli Stars!”
“Forse perché Polaris è più furbo di te?” sussurrò Garrie, arrogante.
“Forse è così” rispose Julia, sempre più in collera “O forse la risposta è sotto il vostro naso e non ve ne siete nemmeno accorti. Ma sono sicura di una cosa: non riuscirete mai a beccarla…”
Come le parole le sfuggirono dalla bocca, Julia si accorse di aver fatto un errore madornale: i suoi occhi si dilatarono dall’orrore e una mano scattò verso la bocca, tappandosela inutilmente.
Garrie ed Elijah si scambiarono uno sguardo trionfale.
Tombola! pensò Elijah mentre Julia si alzava bruscamente in piedi.
“Non dirò una parola di più.” disse risoluta.
“Così, Polaris è una donna?” incalzò Garrie, esultante, ma Julia si era chiusa come un riccio e la sua bocca rimase sigillata, come promesso.
I due tentarono ancora fiaccamente con altre domande, ma Julia aveva mangiato la foglia: girò la faccia verso il muro e li ignorò, bellamente. Poco dopo i due si diedero per vinti e richiamarono le guardie perché riportassero Julia nella sua cella. All’ultimo secondo, Garrie gettò il pacchetto di sigarette sul tavolo e sorrise a Julia con simpatia.
“Queste non sono per comprarti” disse sottovoce mentre le guardie si avvicinavano “E’ solo un regalo…per i tuoi bellissimi occhi. Lo accetti?”
Julia rimase immobile un attimo, poi arraffò il pacchetto e lo nascose nella tasca, senza guardarlo. Mentre si allontanava, Elijah rivolse uno sguardo curioso a Garrie.
“Ma davvero ti piaceva, quella?” domandò, ironico.
Garrie gli fece un aperto e serafico sorriso, avviandosi verso l’uscita.
“Non esattamente, gringo” rispose sostenuto “Comunque, se avessimo ancora bisogno di lei, magari si ricorderà del regalo…Non te l’hanno insegnato al SuX come rendersi amici i possibili testimoni?”
Elijah gli batté una mano sulla spalla, genuinamente esterrefatto.
“Ti facevo un piccolo cervello di gallina, hijo…Ma, col senno di poi, ammetto che hai davvero un signor cervello di gallina.”
“Era ora che te ne accorgessi.” rispose Garrie, compunto, mentre la porta si chiudeva alle sue spalle.
*             *             *
L’uomo aspettava.
Teso davanti allo schermo piatto del computer, era in attesa di un segno.
Qualcuno, attraversando lo spazio e l’etere, doveva rispondergli e da quella risposta gli sembrava che dipendesse tutta la sua vita.
Anzi, di più: da quella risposta dipendeva la vita stessa delle Orion. Il suo mondo…quello per cui aveva dato il sangue, quello per cui si batteva, giorno dopo giorno, con tutti i mezzi possibili.
Tutti?
Tutti.
Gli sembrava di stare camminando su di un filo invisibile, in equilibrio precario tra la sua personale concezione di bene e male e il suo senso del dovere, con la visione dei suoi limiti sempre più sfumata e incerta. Stava facendo davvero la cosa giusta? Ormai non sapeva più se era davvero così fondamentale e importante giocare a quel gioco pericoloso.
Un gioco. Era così che lo vedeva davvero? Certo che no: la sua missione era qualcosa di molto più elevato, qualcosa di infinitamente più importante e definitivo di un gioco. Anni di lavoro stavano dietro al suo operato, anni di abnegazione,  pazienza e progettazione per arrivare a “questo”…così vicino!!
Ad un tratto lo schermo si illuminò, silenzioso e discreto, mentre il cuore dell’Informatore balzava ruggendo nel petto. Un viso apparve nello schermo, un viso conosciuto, forte, implacabile…
“Allora?” chiese guardinga e seria quella persona.
L’uomo tacque a lungo, emozionato e dubbioso.
“Lucy ha trovato la Tau Centauri.” disse infine quando ormai la persona sullo schermo non se lo aspettava più.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 : Polaris ***


Verso sera Elijah raggiunse i compagni nel Limbo, ai quali si era già aggiunto Damon Richner, in atteggiamento notevolmente rilassato. La nuova Tau Centauri attese il ritorno di Garrie, lavato e sbarbato di fresco, poi brindò con una bottiglia di qualcosa di assolutamente illegale: Damon sembrava piacevolmente sorpreso dell’accoglienza ricevuta soprattutto da Morales che continuava a dargli sonore pacche sulle spalle.
“Meno male che ci sei anche tu, qui” gli diceva, convinto “Tra Pat che non vede l’ora di scoppiare petardi, Garrie che corre dietro ad ogni sottana che passa di qua, David che più pivello non si può e Cardinale ed Elijah che si staccano brani di pelle tutte le  volte che si abbaiano contro, tu sei quanto di più vicino esista all’essere Normale. Dio ti benedica per questo, figliuolo.”
“Ti ricordo che colui che chiami normale se la fa con niente di meno che Alicia Grady, notoriamente la più anormale sottospecie di donna che io conosca” tuonò Patterson, con un sorriso malvagio “Quindi dichiarerei piuttosto azzardata la tua affermazione.”
“Accidenti, Pat, un’intera frase con verbo, soggetto e complemento al loro posto. E senza vituperio.” lo apostrofò Cardinale, ridanciana “E’ un evento da segnare negli annali della storia della Tau Centauri.”
“Sante parole” approvò Patterson, compiaciuto “Ci sto lavorando parecchio, sulla raffinazione del mio linguaggio. Ma che diavolaccio è il vituperio?”
“Qualcosa che ha a che fare con le parolacce” si intromise Elijah, salutando Damon con la mano alzata “Argomento su cui il capitano Cardinale potrebbe fare una tesi di laurea.”
“Sentilo, il gentleman. Se ti do una martellata su un dito, vediamo chi è più vicino alla laurea di noi due. Oh, però: che splendida idea che ho avuto! E se te la dessi davvero, quella martellata?”
“Oh, Cardinale, mi ero dimenticato di quanto sapessi essere affabile” sospirò Damon, sorridendole “Se solo non fossi così carina….Mi chiedo come fanno a sopportarti i tuoi compagni.”
“Facile: io penso al momento meraviglioso in cui le farò saltare le cervella.” dichiarò Patterson con aria sognante.
“Io invece mi sono innestato sottopelle un emettitore di musica classica” disse Morales, semiserio “Quando vedo che strilla, attacco Bach e riesco a rimanere sereno come un monaco buddista.”
Cardinale li guardò con aria di sufficienza.
“Siete patetici e bugiardi” affermò, convinta “Tu, Morales, fila a cercare un passaggio per Hell’s Kitchen sul computer. E tu, Pat, vai con lui a reggergli il mouse. Razza di ingrati: meno male che almeno il tenente O’Brian mi ascolta senza riserve.”
Garrie la guardò serio, mentre un lento, serafico sorriso gli incurvava le labbra.
“A dir la verità, ho anch’io il mio metodo per non ascoltarti…ma sono troppo signore per spiegarti qual’è.” le disse sottovoce, ironico.
“Signore, puah!” lo sbeffeggiò Cardinale con occhi scintillanti “Se tu sei un signore io sono una damigella d’onore. E comunque, dopo questa vostra confessione, vi siete tutti beccati una nota di demerito dal vostro capitano. Sono scandalizzata dalla vostra meschina bassezza morale.”
“Non è adorabile quando fa la scena della virtù oltraggiata?” sospirò Garrie ammiccando verso Damon mentre allungava le chilometriche gambe sopra al tavolo.
“Perché non siamo mai rimasti abbastanza a lungo soli in una stanza” berciò Patterson con un ghigno satanico “Allora sì che avresti visto quanto è bassa la mia bassezza…”
“Aspetterò con ansia quel momento catartico” dichiarò Cardinale con un altezzoso sguardo verso Elijah “Ora, dopo questa goliardica diserzione, i signori Benson e O’Brian vorrebbero gentilmente dirci cosa hanno scoperto dall’ex Stars prigioniero?”            
Ritornati momentaneamente seri, Elijah e Garrie informarono gli altri delle notizie apprese dall’interrogatorio all’ex Stars. Ovviamente i commenti di Morales e Patterson sul reale sesso di Polaris si sprecarono, mentre Cardinale rimase chiusa in uno stupefatto silenzio. Si lusingava di pensare di essere un vero e proprio segugio nell’individuare gli invisibili segni di riconoscimento che facevano trapelare dal digi-alias il vero sesso della persona che li animava, ma nessuno di quei sintomi era mai affiorato in Polaris.
“Se Polaris è davvero una donna, allora è la più maledettamente brava simulatrice che io abbia mai visto” ammise controvoglia, ammirata “E questo mi fa pensare che sia molto più pericolosa di quanto l’avevo fatta in prima battuta.”
Rifletté un momento, poi la sua voce si incupì di sospetto.
“Sono davvero curiosa di sapere cosa c’entra Polaris con Masterson.”
“Come pensi di comportarti, allora? Una bombetta su Hell’s Kitchen?” domandò Patterson che in cuor suo sperava sempre in una catarsi al Napalm.
“Non lo so. Vedremo.” concluse Cardinale dopo una breve riflessione, attirandosi lo sguardo esasperato di Elijah.
“Senza rete, allora?” domandò questo serafico quando Morales annunciò di aver trovato un varco per Hell’s Kitchen.
Cardinale gli lanciò un computer da polso mimetizzato in un bracciale borchiato, sorridendogli sorniona.
“Se hai imparato a volare, mica dovresti aver paura. O ne hai, signor generale?”
Elijah non rispose e si infilò nel de-digitalizzatore.
*             *             *
Platform:             DR 1984 Hell’s Kitchen – New York – Missione infiltrazione DDW non autorizzata
Digi-Alias:
Benson, Elijah                    Roy                                     Membro dei Dark Viper
Cardinale, Jude    J                                           Capo dei Dark Viper
Hanson, David     BlueMoon                          Membro dei DarkViper
Morales, Eric                     Drury                                  Membro dei Dark Viper
O’Brian, Garrie   Ice                                       Membro dei Dark Viper
Patterson, Matt   KillZone                             Membro dei Dark Viper
Richner, Damon  Wanda                                 Membro dei Dark Viper
 
J se ne accorse subito quando entrò al Doom Boom: era successo qualcosa di importante. Lo sentiva nell’aria, densa di fumo e di tensione, lo vedeva negli sguardi sfuggenti dei ragazzi che popolavano il locale che si scostarono al loro passaggio come se avessero qualche rara malattia tropicale. Come promesso, Polaris aspettava i Dark Viper nell’angusto privet del locale e sorrideva, con i denti semiscoperti e l’aria feroce di un barracuda all’attacco.
“Guarda guarda, i Dark Viper hanno davvero avuto il fegato di tornare.” disse ironico, ma J captò una nota metallica nella sua voce e capì che, dietro la facciata serena, Polaris era mortalmente furioso.
J scambiò una breve occhiata con Ice e Roy mentre il suo cervello lavorava alacremente. Cosa poteva essere successo di così grave da mettere in allarme Polaris?
“C’è qualcosa che non ti torna?” chiese infine seccamente.
Polaris si alzò in piedi sovrastandoli con tutta la sua notevole altezza e incombendo minaccioso su di loro.
“Ci sono un sacco di cose che non tornano, mozzarella” disse con voce falsamente tranquilla “Prima di tutto la tua enorme faccia di bronzo. Ma porremo rimedio anche a quella, vero ragazzi?”
Gli Stars alle sue spalle ghignarono inferociti e J prese una decisione al volo, lasciandosi guidare dall’istinto.
“Ti devo parlare in privato, Polaris.” disse risoluto facendo un passo verso di lui, ma Polaris lo bloccò con uno sguardo agghiacciante smettendo bruscamente di sorridere.
“La tua possibilità l’hai avuta, gringo” disse con un sibilo “Avevi a portata di mano un alleato interessante, ma hai voluto lo stesso mettere in mezzo le alte sfere. Ti avevo avvertito che questo gioco si giocava da soli…Credo che ti insegnerò che Polaris non perdona. E sarà una lezione molto, molto istruttiva.”
“Non capisco di cosa tu stia parlando” avvisò J duro, avvicinandosi di un passo. Ad un movimento secco del mento di Polaris, due energumeni si staccarono dal gruppo e piombarono silenziosi su J, che però riuscì a sbattere a tappeto il primo con un calcio ben piazzato alla rotula, mentre il secondo finiva a terra lungo disteso dopo uno spintone poco elegante ma indubbiamente efficace.
“Cos’è, vuoi che rifacciamo la scenetta di ieri sera?” Domandò Polaris, suo malgrado divertito dalla situazione “Ti ricordo che alla fine avete avuto la peggio. E non credo che quel moccioso brufoloso e quella bambolina che ti sei portato dietro possano risolverti la situazione. Spioni del SuX, immagino.”
“Infatti” ammise J, avvicinandosi ancora di un passo “Ma siamo qui per parlare, no? Dovresti sentire cosa…”
Polaris non lo fece finire e si avventò su J per pestarlo, ma questa volta J lo aspettava: come un ballerino, scartò verso destra e la carica di Polaris lo mancò per un soffio. Poi, gli si appese al collo, aggrappandosi alla sua schiena e alle sue gambe con anche la punta metallica degli stivaletti. Polaris uscì in un ruggito sorpreso mentre gli Stars stavano per avventarsi sui Dark Viper, minacciosi.
“Fermi!” gridò Polaris, soffocato dal braccio di J che gli stringeva la gola in una morsa “Me la sbrigo io da solo!”
Gli Stars arretrarono dubbiosi verso le loro posizioni iniziali, mentre i Dark Viper coglievano la palla al balzo e facevano cerchio attorno ai due lottatori, nascondendoli parzialmente al resto del gruppo.
“Se avessi un grammo di cervello in quella noce di cocco che ti ritrovi per testa, ascolteresti quello che ho da dire.” sibilò J all’orecchio di Polaris che sgroppava per cercare di disarcionarlo. Dopo qualche rotazione a vuoto, Polaris cadde su un ginocchio, boccheggiante. Fu J stesso a mollare la presa sulla sua gola, quando ormai Polaris iniziava a respirare a fatica, e a piazzarsi in piedi davanti a lui, aspettando ansimante che si rialzasse in piedi. Sempre nascosto dal cerchio dei suoi compagni, J non aspettò nemmeno che Polaris si alzasse del tutto e tirò fuori dalla tasca posteriore dei pantaloni un piccolo congegno elettronico. Lo sollevò alto sulla testa, facendo capire a Polaris che non aveva intenzioni bellicose.
“Credo che ci sia una cosa che tu devi vedere” disse con calma, puntandosi  il congegno al petto. Roy, intuendo quello che voleva fare, fece per buttarsi su di lui con un brontolio sommesso, ma venne trattenuto da Ice e Drury con fermezza.
“Lascialo fare.” mormorò Ice a bocca chiusa, severo. Roy lanciò un lungo sguardo ammonitore a J che trasmetteva chiaro il messaggio “dopo te la faccio pagare cara”, ma J lo ignorò bellamente.
Con scioltezza, spinse un bottone sul congegno elettronico nella sua mano e questi emise uno pigolio e una luce verde che lo colpì nel petto. Immediatamente, il suo corpo prese a modificarsi, come fatto di molle cera: le spalle si restrinsero, i capelli crebbero e cambiarono colore, la statura di abbassò bruscamente. In due secondi, J si era trasformato in Jude Cardinale sotto gli occhi stupefatti di Polaris. Un sorriso ironico le incurvò le labbra quando vide un’autentica, genuina sorpresa dipingersi sulla faccia di Polaris. Si lasciò guardare nel silenzio teso che si era creato nel privet, schermata agli occhi degli Stars dai compagni raccolti intorno.
“Io sono il capitano Jude Cardinale, comandante della Tau Centauri” disse poi con estrema serietà “So che questa per te non è una sorpresa, vero? Non ti dimenticare chi sono: è vero, sono tenuta a  rendere conto al CDI delle mie azioni e del fatto che la squadra sotto le spoglie dei Dark Viper ha avuto contatti con gli Stars e con Polaris. Ma, se questo può valere, hai la mia parola che il CDI non sa dell’argomento del nostro incontro, e continuerà a non saperlo se lo riterrò opportuno.”
Fece una pausa ad effetto, carica di tensione.
“Ah, il CDI non sa nemmeno che sei una donna.” aggiunse poi, con estrema naturalezza, buttando lì la cosa come se non fosse importante.
Polaris rimase a lungo in silenzio, guardandola fisso. Poi sorrise, un sorriso sincero e per niente ironico, per una volta.
“Mi hai lasciato completamente di sale” disse a bassa voce, come stupito delle sue stesse parole “E ti giuro, ce ne vuole per lasciare di sale me. Comunque, questa cos’è? Una sfida?”
Cardinale fece spallucce.
“La chiamerei piuttosto una dimostrazione.” rispose educatamente. Poi, si puntò di nuovo il rilevatore di identità addosso e in poco tempo tornò nei panni di J.
“Allora, Polaris, adesso possiamo parlare?” chiese tranquillamente, accendendosi una sigaretta e offrendone una anche al suo interlocutore. Polaris accettò, accese a sua volta lo Zippo e buttò il fumo aspirato addosso a J, sornione.
“Sì.” rispose semplicemente dilungandosi in una pausa, dopo la quale sia gli Stars che i Dark Viper tirarono un silenzioso respiro di sollievo.
“Toglimi una curiosità, però” mormorò Polaris senza acrimonia “La biondina non è una della Tau Centauri, si vede lontano un miglio: perché diavolo te la sei portata dietro?”
J alzò le spalle, noncurante, guardando BlueMoon che si infilava vergognosa tra le fila dei Dark Viper.
“Che vuoi…certe volte bisogna proprio accontentarsi di quello che passa il convento.” disse in tono leggero, mentre le spalle di Ice venivano scosse da una risata silenziosa vedendo Roy stringere irritato le labbra.
“Ti devo presentare i miei compagni.” continuò J, più pratico “Drury, KillZone, Ice, Roy e Wanda. Ragazzi, questo è Polaris.”
I Dark Viper salutarono fiaccamente, indecisi su come comportarsi. Polaris si tolse gli occhiali da sole e li studiò uno per uno, radiografandoli con insospettabile attenzione.
“A giudicare dalle facce e, soprattutto, dai resoconti degli olo-libri di storia delle Orion, sembrano a posto.” mormorò infine, reinfilandosi gli occhiali.
“Lo sono” dichiarò J. con enfasi, convinto “Ognuno di loro vale tanto oro quanto pesa. A parte KillZone, ovviamente, che è un tantino soprappeso.”
KillZone arricciò le labbra in uno sghembo sorriso ricevendone da J. uno identico in risposta. Polaris sembrava affascinato.
“Si capisce subito che siete una squadra” ammise infine, con una nota di sottile invidia nella voce “Già dalla prima volta che vi ho visto, vi siete mossi come se foste tutti una stessa persona. Un capo, di solito, è quello che incute più paura ai suoi compagni...Loro, invece, sembra che non abbiano paura di te. Però ti rispettano.”
J fece spallucce, segretamente compiaciuto.
“E’ molto tempo che siamo amici” rispose semplicemente alla fine “Mi fido di loro ciecamente.”
Di nuovo J e Polaris si sorrisero complici e Roy fece un passo avanti, esasperato.
“Sarebbe bello poter chiacchierare piacevolmente tutta la notte, ma mi sembra che il motivo per cui siamo qui ancora non sia stato sviscerato.” esordì, deciso.
Polaris gli lanciò una lunga occhiata scettica, alzando le sopracciglia oltraggiate mentre J imprecava dentro di sé per la maledetta linguaccia del suo compagno.
“Avrò avuto un’allucinazione, ma mi è sembrato che questa caccola abbia parlato con me al posto tuo.” disse Polaris annoiato e molto, molto freddo.
J ammonì Roy con occhi gelidi, poi si rivolse di nuovo a Polaris.
“Roy è abituato a fare di testa sua” commentò velenoso “Ma ha anche ragione: io ho giocato le mie carte, adesso la mano passa a te. Cosa mi racconti di interessante, Polaris?”
“Non qui” disse Polaris girando loro bruscamente le spalle “Ti dirò tutto faccia a faccia, in privato.”
J, che stava per seguirlo, si fermò dubbioso e lanciò uno sguardo circolare ai suoi compagni: di nuovo seguì l’istinto, lasciandosi guidare e pregando di non tirare troppo la corda.
“Io non vengo senza i miei compagni.” disse piano, ma con decisione.
Polaris si girò a guardarlo, incuriosito e leggermente irritato.
“Io e te, fuori di qui, in macchina. ” Dichiarò, lapidario “Lontano da qualsiasi orecchio potenzialmente pericoloso. Mi sembrava di essere stato chiaro in merito: niente interferenze di nessun genere.”
J cercò di pensare ad un modo onorevole di rifiutare, ma non lo trovò.
“No.” disse semplicemente ma senza astio.
Intorno ai Dark Viper calò un silenzio carico di cattivi presagi. Polaris si tolse gli occhiali da sole e J vide che era molto arrabbiato, anche se sotto sotto trapelava una riluttante ammirazione. Per parecchi secondi i due si fissarono, Polaris con aria di sfida, J con paziente determinazione. Gli Stars avevano iniziato a stringere il cerchio attorno ai Dark Viper, ma di loro solo BlueMoon sembrò accorgersene ed innervosirsi. Polaris, alla fine, girò lentamente le spalle al gruppo e fece due passi verso l’uscita. Per un attimo J pensò che li avrebbe lasciati in pasto agli Stars, condannandoli a morte certa. Poi, invece, Polaris girò appena il viso di mezzo profilo e la sua voce risuonò forte e chiara nel privet del Doom Boom.
“Staremo stretti, tutti quanti su una macchina. Seguitemi.”
J e Drury si scambiarono una rapida occhiata vittoriosa prima di seguire Polaris che fendeva tranquillo la folla degli Stars, come Mosè con le acque del Mar Rosso.
*             *             *
“Ve l’avevo detto che sareste stati scomodi.” disse Polaris accavallando le gambe e stravaccandosi sul lucido sedile nero della Limousine che lo aspettava all’uscita del Doom Boom. J fu tentato di dirgli quello che pensava di uno che si teneva un sedile chilometrico tutto per sé costringendo gli altri ad ammassarsi sul sedile opposto come sardine, poi la mano di Roy gli strinse forte il braccio, ammonitrice e J, ripensandoci, optò per un oltraggiato silenzio. La Limousine era grande, ma in sette su di un sedile erano davvero troppi. KillZone, Ice, Roy e Drury si erano misericordiosamente prestati a fungere da piano di sotto, mentre J, Wanda e BlueMoon stavano appollaiati sulle loro ginocchia, in equilibrio precario e sballottati dalla guida poco ortodossa dell’autista.
“Dev’essere un sacco divertente, per te, vederci ammassati come una cassetta di patate.” sibilò J cercando di mantenere un atteggiamento dignitoso nonostante dovesse ingobbirsi per non cozzare con la testa sul tettuccio e le ginocchia di Roy gli bucassero praticamente il sedere.
“Effettivamente, la cosa solletica parecchio la mia vena comica” ammise piacevolmente Polaris, trattenendo a stento un sorriso “Soprattutto quei due: sono un vero spasso.”
Gli incriminati erano KillZone che teneva in braccio Wanda come se invece di un sedere femminile avesse sulle ginocchia una bomba ad orologeria piena di escrementi.
“Siete una compagnia piena di sorprese.” continuò Polaris divertito.
“Senti, Polaris, chiacchierare con te è davvero piacevole, ma che ne dici di passare ai discorsi seri?” cambiò discorso J, imbarazzato.
“Sì, prima che qua in fondo manchi completamente l’aria.” approvò Ice con voce soffocata, praticamente seppellito da BlueMoon.
Polaris tornò serio, quasi con rimpianto.
“Giusto. E’ arrivato il momento di dirci chi siamo davvero, non è così?”
“Tu però sai già chi siamo noi.” lo avvertì Roy, gentilmente.
Polaris si accese una sigaretta e la già poca aria nell’abitacolo divenne ben presto irrespirabile: muto come un pesce, Ice era quasi cianotico e KillZone tratteneva i colpi di tosse nella bocca sigillata.
“Partirò un po’ da lontano, ma ho alcune cosette da spiegarvi prima di passare alle cose serie” esordì Polaris guardando fuori dal finestrino “Sappiamo tutti che quello che è successo due anni fa alla Ars Space Corp. ha cambiato completamente le cose per tutti noi . Paradossalmente, la caduta di Masterson ha scoperchiato il calderone della bassezza umana. Alla fine, siamo riusciti nell’intento di creare una copia identica del mondo sulla Terra. Un mondo governato da ladri ed assassini in cravatta e popolato da poveri stupidi che tirano il carro. Non era questo l’intento di chi si imbarcò per primo sulle Orion…. Non era questo che volevamo diventare, vero?”
Si interruppe per fumare un po’, cogitabondo e in silenzio.
“Quello che dici è sacrosanto” si intromise J, dubbioso “Ma…”
“Ovviamente, sapete meglio di me che Masterson tira le fila di questo mondo sotterraneo che sono le DDW illegali” lo interruppe bruscamente Polaris “Uno squalo nato, che dovunque vada si crea intorno l’ambiente di coltura ideale per la sua indole viscida e corrotta. Quell’essere è nato per portare disgrazia: è pericoloso e i suoi tentacoli arrivano ovunque. Anche al CDI.”
J respirò profondamente, pensando a quale fosse la cosa più giusta da dire.
“Polaris, sai bene che non posso smentire quello che dici.”
“Non pretendo certo che tu lo faccia” sorrise Polaris, magnanimo “Ma volevo fati capire che Masterson si è creato molti nemici. Persone a cui ha fatto del male…persone che cercano vendetta, forse.”
Fece una pausa, guardando duramente J negli occhi.
“Persone che sanno di essere una minaccia per lui e che vivono costantemente nella consapevolezza di essere nel mirino.”
“Sappiamo bene cosa intendi” rispose J impaziente “Noi cerchiamo lui, ma siamo certi che anche lui cerchi noi.”
“E non per fare una partita a carte, supponiamo.” berciò KillZone da sotto la sua semisepoltura.
“C’è gente che era molto vicina a Masterson” continuò Polaris, imperterrito “Una persona in particolare. Molto pericolosa per lui. Molto motivata ad incontrarvi…e ad allearsi con voi.”
Le sue parole caddero sibilline in un silenzio teso mentre J cercava di mantenere un’espressione neutra.
“Persona interessante, questo potenziale alleato” disse con prudente interesse “Che avrebbe intenzione di fare costui insieme a noi?”
Polaris si chinò verso di lui con gli occhi che brillavano di eccitazione.
“Trovare Masterson e ucciderlo” mormorò a fior di labbra, con angosciante determinazione “Prima che lui uccida noi. E’ solo questione di tempo, ormai: Masterson in questo ambiente alla deriva e corrotto ci sguazza come un pesce nell’acqua. La New Corp. non ha nemmeno remotamente il potere della vecchia Ars Space Corp., il CDI è fiaccato, oberato di lavoro e si lascia corrompere facilmente, i Runners sono demotivati dopo che hanno scoperto di essere stati carne da macello per gli esperimenti della Corp. per un sacco di anni…Masterson è quasi pronto ad attaccare i suoi nemici, voi per primi. Dobbiamo giocare d’anticipo. E chi, se non la Tau Centauri, può farlo? Chi, se non chi ha avuto il coraggio di spodestare Masterson dal suo trono? E’ il momento di prendere in mano la situazione. Da soli. Masterson ha delle spie dappertutto, soprattutto al CDI. Non una parola deve trapelare della persona che si vuole alleare con voi…se deciderete di incontrarla, non ci sarà solo un patto di alleanza: ci sarà la vostra stessa vita in ballo.”
J rimase in silenzio per quello che sembrò un secolo mentre Polaris lo fissava negli occhi così intensamente che sembrava lo toccasse. I compagni di J trattenevano il fiato in attesa di sapere cosa avrebbe deciso il loro capo.
“Ci stiamo” sentenziò alla fine J e dietro di lui Roy fece una specie di dolente singhiozzo “Chi è questa persona?”
Polaris si ributtò indietro sul sedile.
“Tutto a suo tempo.” disse sottovoce, trionfante.
“Che vaccata” buttò lì J fingendo una tranquillità che non provava affatto “Quando ci incontreremo, allora?”
Polaris si accomodò meglio sul sedile, spegnendo la sigaretta ormai finita.
“Domani sera. Naturalmente, se vi sfugge anche solo un peto in direzione del CDI riguardo questa faccenda, sarete persone morte che più morte non si può prima ancora di poter sbattere le ciglia. Chiaro il concetto?”
“Meravigliosamente chiaro, sì.” sentenziò J paziente. Polaris se ne uscì con una risatina di scherno.
“Tranquillo, J. So che tu e la persona che devi incontrare vi piacerete. Fatevi trovare sulla DDW RockLand domani sera, disarmati, senza il CDI alle calcagna e, possibilmente, vivi.”
“RockLand” mormorò J monocorde e Polaris annuì.
I sette pensarono bene di tacere, anche se la nomina di quella nuova piattaforma pirata li aveva lasciati basiti: quella era la prima volta che sentivano parlare della DDW RockLand, ma questo era meglio che Polaris non lo sapesse.
“Una volta chiuso il cerchio di conoscenze, cercheremo un posto sicuro dove incontrarci. Non sarà facilissimo da raggiungere, ho paura. Diciamo che qualcuno è curioso di mettervi alla prova per vedere di che pasta siete fatti.”
“Una prova?” si intromise Ice, semisoffocato “Che brutta parola…non dovremo mica camminare sulle braci ardenti o cose così, vero?”
“No, niente di così truculento” rise Polaris scuotendo la testa
I sette Dark Viper si scambiarono uno sguardo sospettoso.
“Molto bene, hem…dunque ci troviamo domani sera a RockLand?” domandò fintamente indifferente J “E il portale per questa DDW come si trova, di bello…?”
Con un gesto della mano Polaris ordinò alla macchina di fermarsi e l’autista obbedì così celermente che i sette Dark Viper stipati nella Limousine si schiantarono a terra in un gran rimescolio di arti ed imprecazioni di vari colori e nature. Polaris aprì la portiera e uscì all’aperto, lindo e tranquillo come un divo solitario e J per un momento invidiò la sua inequivocabile classe.
“Spiacente, questa è una cosa che proprio non posso dirti. Dovrete trovare da soli l’ingresso per RockLand. Sono sicuro che ce la  farete. Mi raccomando, J: c’è qualcuno che non vede l’ora di conoscerti.”
J annuì, lusingato suo malgrado. Polaris sparì ben presto nel buio, salutando con la mano alzata senza voltarsi.
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 : In vino veritas... ***


Cardinale ed Elijah riuscirono a non litigare per ben un’ora dopo il rientro alla base del CDI. Su preciso ordine di Cardinale, l’argomento dell’incontro con Polaris fu nascosto a dovere, anche se Elijah sembrava covare un serio e pressante risentimento nei confronti del capitano della Tau Centauri. Tra le deposizioni, l’incontro con Scott e la prima stesura del rapporto per i vertici del SuX e del CDI, quasi non ebbero occasione di parlarsi. Ma quando si trovarono da soli nel Limbo, dopo aver schermato le comunicazioni, la tensione tra loro si poteva quasi tagliare con il coltello.
“Sembra quasi che tu abbia una patata in bocca, tante sono le cose che muori dalla voglia di dirmi” sbottò Cardinale dopo qualche secondo di silenzio teso. Elijah, in piedi davanti alla porta, raccattò dal frigo una bottiglia di cognac semivuota e bevve un lungo sorso prima di piantare due occhi furenti sulla donna di fronte a lui.
“Ti stai comportando come una criminale” sputò fuori, furioso “Ti rendi conto che stai ficcando nei guai non solo te ma l’intera squadra? Senza contare la nostra stessa, maledetta incolumità? Siamo Runners, Jude! Noi dovremmo combattere il crimine, non perpetrarlo!”
“Il fine giustifica i mezzi” dichiarò Cardinale cercando di trattenere la rabbia “Se riuscissimo davvero a mettere le mani su Masterson, faremmo solo gli interessi del CDI, del SuX e di tutte le Orion…Senza contare che stiamo per incontrare qualcuno che si ritiene un nemico pericoloso per Masterson. E poi, noi non abbiamo fatto niente di male, per ora.”
“Per ora? E cosa sei disposta a fare per trovare Masterson? Fin dove sei capace di spingerti?”
“Sai benissimo quanto è importante questa missione! E sai ancora meglio che il CDI è un tale colabrodo di informazioni che se facessi a Scott il nome di Masterson sarebbe sulla bocca di tutti in meno di un’ora! Agirò per conto mio finché non riterrò opportuno avvisare il CDI e il SuX: se ti sta bene, sei con noi, altrimenti…”
“Altrimenti cosa? Andiamo, capitano: quali alternative mi offri al fatto di dover mentire e trasformare me e la nostra squadra in criminali?”
“Avanti, dimmelo!!” strillò finalmente Cardinale, liberatoria “Cos’è che avresti fatto tu di meravigliosamente giusto al mio posto? Ho corso dei rischi, ma siamo ancora perfettamente in ballo grazie a me e, soprattutto, siamo vivi! Dovresti essermi grato invece di stare qui a sgridarmi come se fossi una bimba dell’asilo!”
“Finché tu ti comporterai come una bimba dell’asilo, io agirò di conseguenza! Non puoi affidare l’esito di una missione così importante alle idee balzane del tuo cervellino!”
“Idea balzana…seguo la pista più promettente degli ultimi due anni e tu la chiami idea balzana? Cosa ti dice la testa?”
“Mi dice che ti stai comportando da pazza furiosa!”
“Fammi rapporto, allora!” strepitò lei voltandogli le spalle.
“Certo che lo farò! L’unica cosa che fin’ora mi ha trattenuto è la lealtà verso la squadra, ma anche questa ha raggiunto il limite! E sai perchè? Perchè tu non sei adatta a comandare la Tau Centauri!”
Le parole di Elijah caddero in un silenzio teso: le spalle di Cardinale si irrigidirono pericolosamente e quando si girò di nuovo per fronteggiarlo, Elijah vide qualcosa di simile all’odio brillare nel suo sguardo.
“Io sono un capitano maledettamente bravo” mormorò lei con voce vibrante d’ira “E se fossi Garrie, Morales o Pat  lo ammetteresti anche tu. Forse sei prevenuto verso di me perché abbiamo avuto una relazione, non lo so…mai avrei pensato che la tua mentalità potesse essere così ristretta. Ma di sicuro, io sono adattissima a fare il capitano: quello per cui non sono mai stata adatta è essere la tua donna!”
Elijah sentì le sue parole arrivargli sul cuore come piccoli mattoncini che innalzarono un muro di gelo attorno alla rabbia che lo invadeva. Eppure, non gli andava affatto che Cardinale potesse anche avere ragione. La guardò a lungo, serio, mentre il respiro si quietava progressivamente in una gelida calma piatta.
“Credo che tu abbia ragione, Cardinale” ammise infine Elijah raddrizzando le spalle “La mia donna non potrà mai essere un capitano egoista e dispotico che porterà alla rovina la sua squadra. Uno dei ruoli esclude l’altro: e tu hai già deciso da un pezzo quale delle due vuoi essere, vero?”
A Cardinale sembrava quasi di essere finita per caso in mezzo ad una scena surreale: tra lei ed Elijah era tutto finito da tempo, ma chissà perché solo in quel momento se ne rese pienamente conto e quella consapevolezza le bucò il cuore con una potente scudisciata.
“Molto bene” sentì dire da una voce fredda e controllata che incredibilmente le usciva dalle labbra “Peccato che ci sia voluto tanto tempo per chiarire questa questione.”
Elijah tacque: Cardinale si girò lentamente, avviandosi verso il de-digitalizzatore. Non si girò a guardare, ma mentre il guscio di plexiglas si chiudeva, capì che anche Elijah le aveva voltato con forza le spalle.
*             *             *
Morales era stravaccato sul divano e, apparentemente, era l’uomo più felice del mondo. Portava ai piedi un morbido paio di calze di lana vera che gli era costato uno stipendio intero di crediti ed in mano, sollevato come se fosse una preziosa gemma, teneva un libro di carta. Vera, autentica carta terrestre.
“Sembra che tieni in mano il Santo Graal” ridacchiò Garrie transitando davanti al divano con un asciugamano in testa “Immagino che stasera non esci, se hai tirato fuori la reliquia.”
“No, stasera mi dedico alla lettura, con una buona tazza di caffè vero e fumante davanti al naso.”
“Hai del caffè vero? Quando lo hai comprato, bastardo! Non ce ne offri neanche un po’?”
Garrie aveva gettato l’asciugamano a Morales che lo buttò per terra oltraggiato.
“Tu e Pat siete indegni di una tale, divina bevanda” declamò altezzoso “Io me lo sono comprato e io lo uso. Se ne volete anche voi, invece di scialacquare i vostri crediti in serate da panico sulle DDW mettetene da parte per andarvelo a comprare. A proposito, dov’è il bisonte?”
“In bagno a farsi bello” sorrise Garrie con aria da cospiratore “Ha comprato persino un profumo, “L’uomo silvestre”. Terribile: sembra un callifugo. Se la misteriosa ragazza che esce con lui resiste anche a questo, li ritengo ufficialmente fidanzati.”
Dal bagno si alzò un fischiettio allegro e Morales e Garrie, dopo uno sguardo stupefatto, scoppiarono contemporaneamente a ridacchiare oscenamente.
“Cotto come uno stinco di maiale al forno” sghignazzò Morales, ricomponendosi “Quasi quasi mollo la serata di relax per seguirlo e vedere con chi esce…Deve per forza essere una aliena per uscire con Pat da ben un mese senza ancora aver tentato il suicidio.”
In quel momento la voce femminile del Computer di casa avvisò suadente:
“Ospiti alla porta. Scanner eseguito: non presenti armi e nessun segno di ostilità rilevato.”
“Aspetti qualcuno?” chiese Garrie avviandosi verso la porta.
Morales fece spallucce e si allungò incuriosito per vedere chi fosse: sia lui che Garrie rimasero di sasso quando la porta si aprì su niente di meno che il capitano Cardinale.
“Hei! Qual buon vento…” iniziò a dire Garrie, ma le parole gli morirono sulle labbra quando vide la faccia di Cardinale. L’espressione era apparentemente appena imbronciata, ma dagli occhi scuri trapelava angoscia mista a furia e il mento tremava leggermente come se Cardinale (Cardinale!!) fosse sul punto di piangere.
“Ho bisogno di sbronzarmi” annunciò la ragazza rimanendo ben salda sulla soglia “E molto. Ho bisogno di prendere la sbronza più colossale della mia vita. Credo che mi ci vorranno una o due guardie del corpo, perché intendo stordirmi fino all’incoscienza e non so cosa sarei capace di fare, dopo.”
Garrie e Morales si lanciarono uno sguardo corrucciato, scartando subito l’ipotesi di fare domande.
“A dire il vero, avevamo già dei programmi per stasera.” Aveva cominciato a dire Morales quando Patterson uscì dal bagno fischiettando e vide Cardinale sulla porta.
“Cardinale!! Che ci fai …Hei che faccia! Che è successo? Ti è morto il gatto?”
“Pat…” iniziò Garrie allarmato, ma Patterson fu come colto da illuminazione.
“Aspetta un momento: hai di nuovo litigato con Elijah!” strepitò con un ruggito che rimbombò anche lungo tutto il corridoio alle spalle della ragazza, che arricciò il viso come se qualcuno le avesse sputato in faccia.
“Dio, Pat, riprendi il cervello dalla cervelliera prima di far andare la lingua!” sibilò Morales alzandosi dal divano, spaventato dal colorito cianotico che aveva preso il viso di Cardinale.
“Bere” mormorò livida a fior di labbra mentre Patterson percorreva a grandi falcate il corridoio.
Garrie lo afferrò per il collo prima che aprisse di nuovo la bocca per emettere una delle sue classiche perle di saggezza.
“Senti, scimmione, Cardinale non è in grado di reggere i tuoi commenti adesso…Sembra già abbastanza sconvolta da sola.”
Patterson fissò imbronciato Cardinale con uno sguardo di fuoco.
“Capo, sembri davvero sbattuta come una cotoletta. Vuoi che vada là a staccare la testa del generale Benson?”
Cardinale si girò verso di lui, innaturalmente calma.
“No, Pat, anche se ti ringrazio del pensiero. Ho solo bisogno di bere, in questo momento, o di spaccare un migliaio di oggetti di vetro…comunque, staccargli la testa è fuori questione, direi.”
Garrie riuscì ad allontanare Patterson da Cardinale mentre ancora era dubbioso e irascibile.
“Senti, Pat, la cosa non ti riguarda. Qualsiasi cosa succeda tra Jude ed Elijah non è competenza tua, quindi, stanne fuori. Ci pensano già loro da soli a massacrarsi a vicenda. Adesso te ne vai buono buono al tuo appuntamento mentre io e Morales portiamo Cardinale a sbronzarsi, ok?”
“Sì, per favore. Grazie.” mormorò Cardinale, innaturalmente cortese come un’educanda.
Morales si aggrottò di fronte allo sguardo di supplica di Garrie, ma alla fine sospirò e ripose con amorevole cura il libro che aveva in mano nella teca contro la parete.
“Ok, andiamo. Pensi che due angeli custodi ti possano bastare per la sbronza più colossale della tua vita?” disse poi, rivolto a Cardinale. Lei gli sorrise appena con lo sguardo umido di un cucciolo che ha perso la mamma.
“Sei…davvero molto buono, Eric. Mi dispiace di avervi scombussolato la serata”
Garrie e Morales si scambiarono uno sguardo attonito, poi presero Cardinale uno da una parte e uno dall’altra, marciando spediti fuori dall’appartamento.
“Dose massiccia di alcool in arrivo” brontolò Morales, cupo “Stai già andando in arresto cardiaco…o, magari, ti sei finalmente avvelenata mordendoti la lingua?”
Cardinale non rispose e si lasciò trascinare al vicino ascensore. Garrie e Morales parlavano a ruota libera, cercando di distrarla, ma lei si sentiva avvolta da un silenzio ovattato e quasi non si accorse di essere arrivata in sala de-digitalizzazione. Quando si sdraiò sul lettino e si applicò i sensori intorno alla testa, Garrie le posò fuggevolmente la mano sulla spalla, sorridendo.
“Tranquilla…pensiamo a tutto noi. Discoteca o Pub?”
“Pub” rispose Cardinale con un improvviso groppo in gola di gratitudine e di desolazione “Grazie, Garrie.”
“Se dici grazie un’altra volta passiamo direttamente al massaggio cardiaco.” la rimproverò il giovane con un sorriso che Cardinale ricambiò con insolito trasporto.
Dopo pochi minuti erano seduti tutti e tre ad un tavolo all’Anemy Pub e Cardinale stava rivolgendo a Garrie un severo sguardo di rimprovero.
“Perché diavolo mi hai fatto il digi-alias con questa roba addosso?” strepitò strattonando i pantaloni neri trasparenti e la canotta lucida dalla scollatura abissale. Garrie e Morales si scambiarono uno sguardo complice, ridacchiando sadicamente.
“Se non approfittiamo di te quando sei debole, quando mai ci può capitare di vederti vestita da donna?” domandò logico Garrie “Comunque, questa mise ti sta un amore, capo. Ci può persino bastare a titolo di rimborso per averci rovinato la serata con la tua presenza.”
“Tu non hai idea di quanto posso rovinarti la serata, se mi ci metto di buzzo buono.” minacciò ombrosa.
“Hei, non arrabbiarti con lui” chiocciò Marales, ridendo “L’ha fatto per il tuo bene: nelle tue condizioni farsi guardare con apprezzamento dagli uomini è addirittura terapeutico.”
“Ma sentilo, il dottor Morales” sorrise Cardinale, rinfrancata “Immagino che non conti niente il fatto che mi senta come un insaccato terrestre, inguaiata in questi fazzoletti di stoffa.”
“Infatti non conta, visto che piacciono a noi.” buttò lì Garrie, ammiccante.
“Ricordati che sei stata tu a venirci a cercare” ribadì Morales chiamando una cameriera che arrivò sorridente e sculettante “Dovrai esserci molto, molto grata a fine serata di questa nostra concessione.”
“Ho il vago sospetto di non aver scelto molto oculatamente le mie guardie del corpo” mormorò Cardinale, ironica “A me una bottiglia di whisky , cocca. Anzi facciamo due. Ragazzi prendete quello che volete, offro io.”
“Davvero? Wow!” esclamò Morales “Allora, per me una bottiglia di Champagne, quello che costa di più, con salatini, fragole e pistacchi. Veri, non quegli orribili surrogati che propinate di solito.”
“Lo stesso anche per me” si associò Garrie, entusiasta “Che meraviglia! Dovreste litigare più spesso tu ed Elijah!”
Il sorriso di Cardinale si spense bruscamente e Garrie avrebbe voluto morsicarsi la lingua.
“Immagino che tu non ne voglia parlare.” mormorò Morales e Cardinale annuì, seria.
“Per adesso so solo che se avessi il suo collo tra le mani lo spezzerei in mille pezzi. Mi ha offeso e umiliato…”
“E che ha detto di così sconvolgente, povero disgraziato?” domandò Garrie, cercando di sollevarle il morale.
“Ha detto…che non sono adatta a fare il capitano della squadra.”
Garrie e Morales si scambiarono uno sguardo stranito.
“Ma dai…di sicuro non diceva sul serio.” provò a dire fiaccamente Morales, comprensivo.
“Lo diceva, invece” sospirò Cardinale sentendo di nuovo un groppo formarsi in gola “Dopo quattro anni che ci conosciamo, sapeva benissimo che sarebbe stata la cosa più cattiva che poteva dirmi.”
“Non ci credo: doveva essere furibondo nero per dire una cosa così palesemente falsa. E poi, sono certo che anche lui avrebbe fatto la stessa cosa che hai fatto tu a Hell’s Kitchen. Dove, tra parentesi, sei stata grande: già mi vedevo appeso per le chiappe fuori dal Doom Boom, senza la tua geniale trovata.”
“Elijah l’ha trovata tutto fuorché geniale, invece. Ma basta parlarne: ci penserò domani. Adesso voglio bere….Se inizio a piangere, però, promettetemi che mi prenderete a sberle.”
“Non vediamo l’ora” chiocciò Garrie, sorridendo alla cameriera che arrivava col vassoio pieno “Grazie, Mel. Ahhh!! Champagne!! Che meraviglia!!”
Mentre i due uomini stappavano le loro bottiglie, felici come bambini sotto l’albero di Natale, Cardinale si versava un abbondante bicchiere di whisky e lo trangugiava tutto d’un fiato.
“Hei, vacci piano con quella roba!” la ammonì Morales “Non sarebbe carino vomitare dentro al de-digitalizzatore, visto che è di pubblico esercizio.”
Per tutta risposta, Cardinale si versò e bevve un altro bicchiere, stringendo gli occhi mentre il liquore le bruciava la gola
“Purtroppo per me lo reggo bene l’alcool” ammise tristemente mentre si versava il terzo bicchiere “Saranno i miei geni di ceppo italiano.”
“Geni o no, sarai ubriaca tra due bicchieri, se continui così” sentenziò Garrie versandosi entusiasta un bicchiere di Champagne mentre si ingozzava di pistacchi “Ma non preoccuparti, hija: siamo qui noi!”
*             *             *
Ore dopo, tre figure arrancavano faticosamente lungo il corridoio che portava all’appartamento di Morales e Garrie: uno di loro cantava a squarciagola mentre gli altri due tentavano debolmente di zittirlo, trascinando il suo corpo quasi di forza.
“Begli angeli custodi del cavolo.” sibilò per l’ennesima volta Cardinale fermandosi un attimo a riprendere fiato: Garrie, che continuava a cantare una romanza lirica, scivolò di lato e rotolò a terra, senza smettere di cantare. Morales si appoggiò contro il muro, ridacchiando come un pazzo.
“Shono davvero dispra…dispiaciuto” biascicò impastato “Ma sharebbe molto meglio…she la smettessi di girare in tondo…”
“E’ l’aria che hai nel cervello a girare in tondo, non io. Tiriamo su questo ammasso di letame e andiamo dentro, prima che ci arrestino per schiamazzi notturni.” replicò Cardinale, cupa. Era già stata un’impresa tirare fuori quei due debosciati dal de-digitalizzatore, senza contare che se loro erano ubriachi come manzi da latte lei era comunque leggermente brilla e faticava a connettere lucidamente. Arrivarono davanti alla porta dell’appartamento e mentre Cardinale si caricava sulla schiena il corpo quasi senza vita di Garrie, Morales ondeggiava cogitabondo davanti alla serratura a combinazione numerica.
“Morales, ti prego, apri quella porta!” sibilò Cardinale “Garrie, vuoi fare silenzio, per Dio!”
“Riiidiii pagliaaaaacioooo!” cantò Garrie a occhi chiusi e Cardinale gli diede una sonora scrollata per farlo zittire.
“Ci mancava solo questa per finire in bellezza questa giornata schifosa.” mormorò poi entrando velocemente nell’appartamento quando Morales riuscì a digitare correttamente il codice di accesso. Quando la porta si chiuse alle sue spalle, afferrò Garrie sotto le ascelle e si girò verso Morales, sbuffando.
“Prendilo per i piedi e portiamolo a letto.” ordinò, ma il viso di  Morales era diventato improvvisamente di un preoccupante verde sedano e l’ondeggiamento del suo baricentro aveva preso una curvatura pericolosa.
“Credo di dover andare a vomitare.” sentenziò precipitandosi subito dopo verso il bagno, avendo la cura, o la fortuna, di chiudersi la porta alle spalle. Cardinale rimase in piedi nel mezzo della stanza, con la testa di Garrie, finalmente zittito,  che le ciondolava sulla spalla e le sue braccia buttate malamente attorno al collo. Imprecando, fece  un passo verso la stanza di Garrie e per poco non perse l’equilibrio.
“Ma tu guarda: i Fred e Ginger delle Orion.” borbottò feroce, poi le scappò una risatina involontaria, colta alla sprovvista dalla comicità della situazione. Garrie si mosse, agitandosi debolmente.
“Hei, con calma, bello addormentato, o finiamo tutti e due lunghi distesi.” gli sussurrò scuotendolo leggermente. Garrie girò la testa verso di lei, sospirando.
“Capo…?” biascicò, semi-incosciente.
“No, sono nonna Pat.” ridacchiò Cardinale, sentendo che Garrie riprendeva il possesso delle gambe e si rimetteva in piedi da solo. Ma, invece di scostarsi da lei, fece scivolare un braccio intono alla sua vita, lentamente e si appoggiò più comodamente con la testa contro la sua spalla.
“Uhm…hai un odore così buono…” mormorò aspirando l’aria attraverso i suoi capelli.
Cardinale non sapeva se ridacchiare ancora o cominciare a sentirsi a disagio: evidentemente Garrie era ancora sbronzo marcio e magari pensava di essere con una delle sue innumerevoli donnette.
“Eau de sudore da Anemy Pub” sorrise, cercando di fare un altro passo verso la stanza di Garrie “Coraggio, tigre, devi andare a nanna a smaltire la sbronza.”
Garrie mormorò qualcosa di indefinibile:  il braccio dietro la schiena di Cardinale cominciò a stringerla e lei tentò di liberarsi. Si ritrovò allacciata ancora più stretta, con il petto di Garrie premuto forte contro il suo, quasi da toglierle il respiro. Stava per replicare con l’ennesima battuta acida quando del tutto inaspettatamente la mano libera di Garrie si infilò, calda e lieve, sotto i capelli, massaggiandole la nuca, mentre le sua bocca socchiusa e umida le sfiorava leggera come un soffio la pelle alla base del collo. A Cardinale successe qualcosa di improvviso come un colpo di frusta: sentì una specie di scarica elettrica partirle dalla punta delle dita dei piedi per arrivare ai peli delle braccia che si rizzarono come se avesse preso la scossa. Il respiro si fermò in gola bruscamente e le parole precipitarono nella voragine che le si aprì alla base dello stomaco, violenta come un terremoto.
“Garrie…che diavolo fai?” boccheggiò, fulminata dalla sorpresa.
“Non ne ho idea…” mormorò Garrie con le labbra sul suo orecchio “Non sto sognando?”
“Sei sveglio, razza di depravato” protestò Cardinale, con pochissima convinzione “E ci stai provando col tuo capitano. Piantala immediatamente o ti stacco il naso a morsi, hai capito?”
Garrie mormorò qualcosa di indefinibile ma non smise di sfiorarle il collo con le labbra. Quando sentì il tocco umido della sua lingua sulla pelle, una specie di imbarazzante palla infuocata si posò sul bassoventre di Cardinale, lasciandola di sasso. Ma non riusciva assolutamente a staccarsi da Garrie e dalle sue labbra che avevano preso a tormentarle pigramente il lobo dell’orecchio. Che le succedeva? Una reazione del proprio corpo così imprevedibile non le era mai capitata. Sono ubriaca, pensò all’improvviso, travolta dal sollievo. Normalmente avrebbe già rotto tutti gli incisivi superiori, a quella sottospecie di porco: i riflessi lenti erano sicuramente colpa dell’alcool.
“Il tuo sapore…è proprio come lo immaginavo…” mormorò arrochita la voce di Garrie, filtrata dai capelli di Cardinale. La sua mano sulla schiena scivolò in basso, costringendo Cardinale a premere i fianchi contro i suoi. Con autentico orrore, lei sentì il suo corpo rispondere a quel richiamo triviale: il contatto del corpo di Garrie contro il proprio era di un’intensità quasi dolorosa, inaspettata ma anche ineluttabile…come se da sempre avesse saputo che sarebbe stato così. La bocca di Garrie si posò, bruciante, nella piega della mascella di Cardinale, lasciò una scia di fuoco leggero sullo zigomo, si aprì leggermente sulla guancia…sfiorò l’angolo della bocca…Poi, il ginocchio di Cardinale scattò come mosso da una forza invisibile, piantandosi improvvisamente contro le parti basse di Garrie che soffiò fuori il fiato tutto d’un colpo, piegandosi in due senza un lamento. La sua testa scattò all’indietro quando il gomito di Cardinale lo raggiunse al mento, mandandolo a cadere lungo disteso sul tappeto sintetico, a braccia e gambe aperte come un improbabile Uomo Vitruviano moderno. Cardinale guardò stupefatta il corpo del compagno steso ai suoi piedi, con gli occhi chiusi e la bocca semiaperta in un’espressione di assoluta beatitudine: dopo qualche secondo di attonito silenzio, dalla figura sul pavimento si levò il leggero russare di chi è immerso nel sonno più profondo. Cardinale aspettò in piedi, ansimando, che il battito del suo cuore tornasse a livelli più o meno normali: fissava Garrie con occhi sbarrati, aprendo e chiudendo i pugni senza saperlo, una specie di formicolio da anestesia che le saliva dai piedi fino alle spalle. Roba da matti, pensò finalmente, scoppiando in un risolino isterico. Devo essere ubriaca come non lo sono mai stata nella mia vita: è certamente così, pensò con forza. Domattina neanche mi ricorderò di quello che è successo: ci faremo sopra due risate e Garrie mi ringrazierà per non averlo ucciso. Sì, andrà proprio così.
La porta del bagno si aprì silenziosa e Morales, o ciò che rimaneva di lui tolti dieci anni di vita, arrancò fuori. Il giovane guardò prima Cardinale appiattita contro il muro, poi Garrie steso per terra.
“Che gli è successo?” domandò con voce tremante ed esausta, appoggiandosi pesantemente di fianco a lei.
“L’ho steso.” confessò Cardinale, vergognosa.
“Perché?” domandò Morales, logico.
“Mi aveva rotto le scatole.” mentì lei candidamente e Morales sospirò.
“Dobbiamo portarlo a letto.” annunciò questi, per niente convinto.
Cardinale ci pensò su un attimo: il pensiero di toccare di nuovo Garrie la mandava letteralmente in panico.
“Credo che stia bene dov’è” disse precipitosamente “E poi…io non so dove andare a dormire: posso usare la sua stanza?”
Morales alzò la mano fiaccamente, girando le spalle alla scena come se non fosse nemmeno casa sua.
“Come vuoi. Tanto domattina sarebbe a pezzi comunque, anche se non dormisse sul pavimento.” biascicò avviandosi lentamente verso la sua stanza. Cardinale non rispose, ma Morales sentì chiaramente la porta della stanza di Garrie chiudersi a chiave con decisione.
*             *             *
L’ uomo passeggiava su e giù per la stanza con ampie falcate mentre la sua mente lavorava, alla deriva dei pensieri razionali. Mille domande si affollavano nella sua mente, mille dubbi gli attanagliavano lo stomaco…non era da lui essere così dilaniato. Lui, di solito così sicuro di se stesso, così convinto di sapere il confine tra giusto e sbagliato, tra bene e male. Da che parte stava, stavolta?
Da quella giusta, rispose convinta una vocina nella sua testa. Ma il suo cuore, nel petto, strillava ben altre parole.
Il computer sulla scrivania, rimasto vuoto fino a quel momento, si animò all’improvviso e l’uomo interruppe bruscamente il suo andirivieni. Una faccia ben nota comparve sullo schermo olografico e subito piantò due seri occhi di ghiaccio su di lui.
L’uomo attese in silenzio che la figura sullo schermo parlasse: il suo viso era immobile ed impassibile, ma dentro di sé ogni fibra del corpo gemeva e supplicava di scappare subito via, lontano.
Ma era troppo tardi, ormai.
“Ho un piano.” disse la persona nello schermo.
L’uomo rimase immobile per quello che sembrò un tempo infinito: poi, chinò la testa, vinto.
“Parla.” disse con cupa calma, come se firmasse la sua condanna a morte.
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 : RockLand ***


Garrie si svegliò con il profumo del caffè fresco e aromatico che aleggiava nella stanza come un invito ad alzarsi. Ci provò, ma scoprì di essere scomodamente sdraiato sul divano. Il fischiettio proveniente dalla cucina si fece più vicino e Garrie chiuse gli occhi con una smorfia, tanto era fastidioso quello stridio nelle orecchie.
“Buongiorno!” tuonò Patterson scrollandolo pesantemente per una spalla.
“Gesù…” biascicò dolorosamente Garrie “Ti dispiace fare più piano, Pat?”
Ma Patterson, naturalmente, non lo ascoltava: parlava con il suo vocione rombante mentre lo trascinava quasi di peso dal divano al tavolo della cucina.
“Sono tornato questa mattina presto e che ti vedo? Eri disteso per terra come un tappeto e ronfavi come un trombone. Ti ho preso su e ho fatto per portarti a letto, ma la porta della tua camera era chiusa a chiave. Allora tu hai tentato di baciarmi e io ti ho sbattuto sul divano, un po’ rudemente, a dire il vero. Poi sono andato in bagno e ho scoperto Morales addormentato nella vasca e una puzza di alcool tutto intorno che avrebbe steso uno stormo di fenicotteri. Così mi sono incuriosito: ho pensato di alzarmi prima e di prepararvi la colazione così potevamo parlarne: allora, che è successo ieri sera?”
Garrie riuscì finalmente ad aprire gli occhi.
“Questa ha tutta l’aria di diventare una giornata schifosa” sospirò a labbra semichiuse “Almeno per me.”
Patterson infatti sembrava di umore meravigliosamente buono, nonché in forma smagliante; al contrario, lui si sentiva solido come una gelatina di verdure.
“Non ho idea di cosa sia successo ieri sera” contunuò alla fine, quando riuscì a staccare la lingua dal palato “Abbiamo portato Cardinale al Pub e ci siamo sbronzati; dopo, buio totale. Non so nemmeno come siamo arrivati qui. So solo che mi sento come se mi avessero rimescolato gli organi interni con una centrifuga.”
“Infatti, hai una faccia che fa schifo.” commentò piacevolmente Patterson addentando di gusto una fetta di pane traboccante di gelatina rossiccia. In quel momento Morales entrò nella stanza, i capelli ritti sulla testa e lo sguardo vacuo di chi è in preda ad un forte attacco di morbo di Alzheimer.
“Buongiorno!” esclamò Patterson e Morales chiuse gli occhi, dolorosamente.
“Pat, se proprio devi nutrirti con quella schifezza sintetica e puzzolente, fammi almeno il piacere di non brandirmela davanti al naso, se non vuoi ritrovarti sommerso dai miei succhi gastrici.”
Patterson non commentò: come un vero padrone di casa, versò due tazze di fumante caffè e le posizionò davanti ai due compagni che si erano seduti, o meglio, accasciati, sulle sedie intorno al tavolo.
“Sai mica perché la porta di Garrie è chiusa?” chiese Patterson a Morales dopo essersi assicurato che avesse bevuto il primo sorso di caffè e che avesse ripreso le redini delle proprie funzioni cerebrali.
“Cardinale deve essersi chiusa lì dentro, stanotte” spiegò Morales dopo un evidente sforzo di memoria “O almeno, ho la vaga sensazione che sia andata così.”
Patterson si rabbuiò improvvisamente.
“Mica penserà di stabilirsi qui in pianta stabile, vero? Non ho nessuna intenzione di avere quell’isterica pazzoide in giro per casa. Già sono sull’orlo dell’omicidio ogni volta che la vedo al lavoro…”
“Lo spero anch’io” mormorò Garrie, pensieroso “Non potrei più portare qui delle ragazze, e questo sarebbe un guaio.”
“Tranquilli, anch’io sono d’accordo con voi. Non credo che il capo voglia accamparsi da noi: aveva solo bisogno di un posto dove stare. Forse era sbronza anche lei, ieri sera.” provò dubbioso Morales, sorseggiando il caffè con religiosa concentrazione.
In quel momento, la porta della stanza da letto di Garrie si aprì: Cardinale ne uscì, i capelli che erano una specie di covone di fieno appoggiato sulla testa, la faccia più imbronciata del solito, lo sguardo vacuo e indosso nient’altro che un paio di severe mutandine bianche e la canottiera di ordinanza del CDI. Gli occhi di Garrie, Morales e Patterson si piantarono con perfetto sincronismo sulle lunghe gambe nude della ragazza, per poi sciamare in massa verso la canottiera ed il suo intuibile contenuto.
“’Ao.” disse Cardinale con voce d’oltretomba, marciando verso il bagno non proprio in linea retta. I tre intorno al tavolo sembravano cristallizzati come statue di sale: con le bocche semiaperte la guardarono con sguardo assente mentre transitava davanti a loro e rimasero per qualche secondo immobili, fissando la porta del bagno, dopo che si fu chiusa alle sue spalle. Patterson fu il primo a riprendersi: appoggiò la fetta di pane sbocconcellata sul tavolo e si passò una mano sulla fronte.
“Bè, a dire il vero…” iniziò incerto.
“In fondo, è nostra amica, se ha bisogno di un posto dove stare…” continuò Morales senza guardare nessuno negli occhi.
“…per me può rimanere quanto vuole.” mormorò Garrie con voce strozzata.
Dopo qualche secondo di imbarazzante silenzio, Patterson ritornò velocemente ai fornelli, Morales si fiondò in camera sua e Garrie rimase con lo sguardo fisso sulla porta del bagno, la tazza di caffè a mezz’aria. Stava pensando che prima o poi Cardinale doveva uscire di lì, no? Non gli sembrava che si fosse portata dietro un cambio d’abiti.
“Ripensandoci, questa non è proprio una mattinata da buttare via.” mormorò, ottimista.
*             *             *
Garrie, Morales e Patterson si erano preparati ad assistere ad una specie di faida palestinese durante il primo incontro tra Cardinale ed Elijah: i due invece si comportarono con insolita civiltà, anche se trasudante glaciale freddezza. Stilarono il rapporto concordando cortesemente sulla corretta terminologia da adottare, discussero delle mansioni per il giorno e nemmeno una volta si guardarono negli occhi. Patterson era imbronciato e deluso come se gli avessero negato l’accesso ad uno spettacolo mirabolante.
“Se fanno così non mi diverto per niente.” borbottò all’indirizzo di Morales che trovava quella calma innaturale.
“Credo che sia il caso di discutere i tre punti principali all’ordine del giorno.” disse Elijah compunto: la sua faccia sbarbata di fresco non lasciava trapelare nessuna emozione “Primo, identificare Polaris e il suo misterioso burattinaio. Almeno uno dei due doveva far parte dell’entourage di Masterson, per ammissione di Polaris stesso: qualcosa salterà fuori. Secondo, trovare immediatamente un passaggio per RockLand. Se qualcuno ha qualche idea in proposito, faccia proposte. Terzo, mantenere e potenziare lo schermo contro il CDI, cosa che disapprovo completamente. Capitano Cardinale, hai qualcosa da aggiungere?”
“La tua analisi è stata esaustiva, generale.” rispose la ragazza con insolita cortesia. Quel mattino aveva i capelli legati in una severa coda di cavallo e la faccia pulita, benché pallida, sembrava assente “Aggiungerei però all’ordine del giorno la richiesta di estromissione del Runner David Hanson dalla squadra.”
Garrie, Morales e Patterson non sembrarono particolarmente stupiti dalle sue parole, ma preferirono tacere. David le lanciò uno sguardo colpevole ed insieme battagliero.
“Capisco i tuoi dubbi su di me, capo, ma vorrei assicurati che sono fortemente motivato in questa missione. Se mi dai un’altra possibilità, sono certo che potrei essere molto utile.”
“A parte tutto, ti sei fatto beccare come un pivello qualsiasi” ribatté Cardinale, severa “La missione Cosmos è troppo delicata per permetterci altri errori del genere.”
“Dubito che il CDI acconsentirà a toglierlo dalla squadra.” disse Elijah aggrottato.
“Rimarremmo comunque in sei e saremmo più che sufficienti” sentenziò Cardinale, convinta “David non è adatto ad una missione a questi livelli. Senza rancore, hijo, ma io la penso così.”
“Non sei tu a poter decidere una cosa del genere” si decise a dire Elijah guardandola negli occhi “In qualità di supervisore, spetta a me l’ultima parola.”
“Lo so” ripose Cardinale, pacata “Io, in qualità di capitano della squadra, ho solo inoltrato la proposta. Come da procedura, no?”
La sua voce grondava scherno ed Elijah non poté fare a meno di lanciarle uno sguardo rancoroso, ma ci pensò su bene prima di rispondere.
“Per il momento, direi che David può restare: in fondo, potremmo destare sospetti se nei Dark Viper venissero a mancare dei componenti. Ma sei sotto esame, Hanson: un altro tentativo di fuga durante uno scontro e sei fuori.”
Sia David che Cardinale annuirono, il primo entusiasta, la seconda di malumore ma comunque chiusa in un ostinato silenzio. Patterson sbuffò, esasperato.
“Hei, voi due, tutta questa flemma britannica non vi si addice” esclamò, sincero “Sembrate due bombe ad orologeria pronte ad esplodere.”
“I problemi personali miei e del capitano Cardinale non devono influire in nessun modo con il procedere della missione.” rispose Elijah, monocorde come se leggesse un noioso trattato di economia. Cardinale approvò annuendo docilmente e Patterson incrociò le braccia sul petto, visibilmente disgustato.
Si divisero i compiti, evitando accuratamente di creare gruppi potenzialmente esplosivi. Patterson e Garrie furono gli unici a godere appieno della giornata, mentre Morales si sorbì una Cardinale silenziosa e corrucciata. A fine giornata avevano tutto sommato concluso pochissimo: le ricerche sui database delle Orion non aveva prodotto nessun risultato; la piattaforma RockLand era invece piuttosto conosciuta, soprattutto per l’impressionante numero di utenze giornaliere, per il giro di sostanze stupefacenti e per l’assoluta impossibilità da parte del CDI di violare i suoi schermi.
“Non ci resta che trovare un passaggio per quella dannata DDW” sentenziò Elijah irritato “Morales, hai trovato qualcosa?”
“Assolutamente no, signore.” rispose Morales placido come un cherubino.
Elijah alzò gli occhi al cielo, furibondo.
“Ancora niente! Non è possibile! L’incontro è tra poco, non possiamo rischiare di perdere un treno così importante! Prova a cercare di nuovo, che aspetti! Te ne stai lì tranquillo come…”
“Generale, si contenga.” lo interruppe Cardinale con voce falsamente annoiata e uno sguardo perfidamente vittorioso.
“Come sarebbe?! Ve ne state lì come se…”
“…come se avessimo già trovato il passaggio” terminò per lui Cardinale, divertita “Ti sei forse scordato chi è il programmatore migliore in circolazione sulle Orion?”
Sollevò un dischetto tra le dita esibendo un sorriso serafico. Elijah sentì un fiotto di bile invadergli lo stomaco.
“Magari ho dimenticato quanto sei brava a scovare le cose” disse infine riottoso “Quel che non dimentico è quanto puoi essere vipera, se ti ci metti.”
“Sante parole” annuì la ragazza con un sorriso angelico “Vedi di ricordartelo anche in futuro. Che dite, allora, andiamo?”
*             *             *
Platform:             DR Undefined RockLand –Missione infiltrazione DDW non autorizzata
Digi-Alias:
Benson, Elijah                    Alexandr Bukadorov          Membro dei Myllarit**(nota a fondo pagina)
Cardinale, Jude    Tatiana Umnyakiva             Membro dei Myllarit
Morales, Eric                     Leo Sevets                          Membro dei Myllarit
O’Brian, Garrie   Andrew Lukin                     Membro dei Myllarit
Patterson, Matt   Andrey Brazevich              Membro dei Myllarit
Hanson, David     Sergey Zobnev    Membro dei Myllarit
Richner, Damon  Roman Ershihin  Membro dei Myllarit
 
“Di tutti i pietosi gruppi che abbiano mai solcato le scene…” mormorò Andrew, piagnucoloso.
Alexandr alzò gli occhi al cielo: si erano digitalizzati sulla piattaforma RockLand senza quasi nemmeno scambiarsi due parole nella Terra di Nessuno. E meno male: tutta la squadra sembrava pervasa da un silenzioso cattivo umore, persino Andrew, il cui sorriso solare non veniva spento nemmeno dai presagi dell’Apocalisse. I digi-alias erano stati praticamente una sorpresa per tutti, ma Leo aveva assicurato (con un mesto sorriso di scuse)  che il sistema non offriva nient’altro, per il momento. Alexandr non era esattamente nel suo elemento naturale, ma non si lamentava dolorosamente come il suo compagno.
“Piantala, Andrey.” sibilò mentre percorrevano una galleria al cui sbocco li aspettava il meraviglioso mondo di RockLand.
“Ma Alexandr…i Myllarit!! Chi diavolo ha mai sentito parlare di un gruppo folk russo…persino i topi rideranno di noi!”
“E tu lasciali ridere.” chiuse l’argomento Tatiana, varcando finalmente l’uscita della galleria.
RockLand si aprì davanti a loro in tutta la sua magnificenza: aveva tutta l’aria di essere un moderno girone dell’inferno. Una mastodontica arena circolare gremita di gente faceva da teatro ad un maxiconcerto ininterrotto da ore. Sul palco si avvicendavano gruppi delle più disparate epoche storiche e dei più diversi stili musicali: dai metallari del ventesimo secolo ai cantanti folk con tanto di mandolino e fisarmonica del vecchio west, dall’opera lirica dell’Italia di fine milleottocento al rock duro del XXI° secolo. C’erano persino gruppetti sparuti di danzatori tribali dell’Africa e dell’America del Sud, mariachi con le chitarre melodiche, suonatori di sitar indiani e un improbabile e ridicolo suonatore di campanelle svizzero. I sette appena arrivati , pur avvezzi alle più improbabili scene mai viste sulle DDW, rimasero religiosamente impressionati dalla maestosità della piattaforma, nonché dall’impressionante numero di persone presenti.
“Cavoli, non credevo davvero che le Orion fossero abitate da così tante persone.” ammise Sergey guardandosi intorno esterrefatto.
“Tante persone sciroccate come queste” rettificò Andrey, disgustato “Per farti un esempio della capacità neurale dei soggetti: guarda Andrew, è piombato pari pari nel suo Eden personale.”
Il giovane, infatti, si guardava intorno con gli occhi sgranati dalla meraviglia: era un fanatico ascoltatore di musica e si trovava effettivamente in mezzo al suo elemento ideale.
“Guarda là, ci sono i Guns N’Roses!” esclamò eccitato come un fanciullo alla festa del paese mentre strattonava la manica di Leo  “E là!! Dio, ma sono i Beatles!! No, non ci credo…Aretha Franklin!!”
Leo ascoltava disgustato il suo sproloquio, cercando di scrollarselo di dosso.
“Si, si, ok, ma non pisciarmi su una gamba dall’emozione, per favore. Sembri un ragazzetto in piena crisi ormonale. Proprio non capisco…Gesù!!! Là c’è Maria Callas!!”
Tatiana fissò dubbiosa la donna secca e dal naso aguzzo che transitava altezzosamente davanti alla faccia estatica di Leo.
“Uff” sbuffò “Passi Andrew, che è sempre stato notoriamente privo di materia organica nel cranio, ma anche tu, Leo…proprio mi deludi.”
“Ma è Maria Callas!” strillò Leo esagitato “La più grande soprano di…Ah!!! Carusooo!”
“Andato” sospirò Andrey, depresso “Sentite, ci muoviamo da qui? C’è un puzzo che sembra di essere in una stalla. Non che mi dispiaccia, ma tra un po’ comincio a sudare anch’io, e voi sapete che il mio sudore è plutonio allo stato puro…”
“Ok, muoviamoci.” decretò Alexandr, persuaso dalle ottime argomentazioni del compagno “Se solo sapessimo cosa dobbiamo cercare, però, saremmo tutti più contenti.”
I Myllarit evitarono di mischiarsi alla marmaglia odorosa di sudore e aggirarono l’anello più basso dell’arena per dirigersi verso il maestoso dietro le quinte del palco: d’istinto, avevano valutato che quella zona fosse la più adatta ad un eventuale incontro. Mentre si avvicinavano cogitabondi, vennero avvicinati da un tizio che Tatiana, con un tuffo al cuore, riconobbe come Bono Vox degli U2. Mentre Andrey e Leo portavano la mano al fianco, dove avevano nascosto le armi, Bono alzò una mano in segno di resa e sfoderò un sorriso canzonatorio.
“Vengo in pace direttamente da Hell’s Kitchen” disse con quella sua particolare voce roca e graffiante “Allora avete trovato il passaggio per RockLand. Non ne dubitavo. Hei, ma che digi-alias del cavolo vi hanno appioppato?”
“Non c’era molta scelta” si difese Alexandr, contrito “Tutti i gruppi che conoscevamo erano già stati presi. E la regola del cavolo di questa DDW è che non possono esserci doppioni, no?”
“Già. Allora come mai ho già visto passare una decina di Elvis Presley diversi?” ribatté Tatiana, piccata.
“Bè, mica tutti sono ligi alle regole” sorrise Bono avviandosi “Venite di qua: i Rolling Stones sono scesi adesso dal palco e ci sarà un po’ di maretta lì intorno. Dovreste sentirli, sono davvero una meraviglia.”
I Myllarit seguirono Bono, circondati dagli sguardi curiosi e ironici degli astanti. Sul palco si stavano esibendo i Queen, con uno sculettante Freddy Mercury in tuta bianconera che urlava ai quattro venti “Don’t stop me now”. Tatiana lo fissò sorpresa, sbirciando attraverso il groviglio di cavi e fari luminosi mentre Andrew per poco stramazzava a terra in estatica adorazione.
“Ma ti piace quello lì?” chiese dubbiosa “Andrew, sei sicuro di non soffrire di omosessualità latente?”
“Eccoci.” annunciò Bono fermandosi e Tatiana ritornò bruscamente vigile e guardinga. Non pensava che sarebbe stato così facile incontrare il nuovo alleato, e invece se lo trovò davanti quasi all’improvviso.
Un tizio alto, con un’enorme bocca imbronciata e i capelli arruffati si avvicinò a loro: indossava un paio di pantaloni di lucida vernice nera dalla vita così bassa che ad ogni minimo movimento rischiava di far traboccare dall’orlo un certo imbarazzante contenuto. Tatiana lo riconobbe immediatamente: Mick Jagger, storico leader dei Rolling Stones. Per un attimo, sbalestrata, si chiese come mai una persona che viveva nel costante pericolo di essere presa di mira da Masterson dovesse aver scelto un digi-alias così famoso, ma poi ci pensò su e non le sfuggì la genialità della cosa. Oltretutto, a guardarlo bene in faccia, la luce scaltra e sospettosa dei suoi occhi era sintomo di tutt’altro che di stupidità. Mick si fermò davanti al gruppo e guardò uno per uno attentamente, come a voler carpire loro l’essenza da un unico sguardo. L’esame dettagliato sembrò soddisfarlo poiché si infilò i pollici nella cintura e rilassò millimetricamente le spalle.
“Salute a voi.” esordì tranquillamente: aveva una voce graffiante, nervosa ma incredibilmente sexy. Tatiana lo fissò affascinata. Mick ricambiò il suo sguardo interessato, soppesando la donna con spudorata attenzione.
“Immagino che tu sia Cardinale” continuò Mick con voce neutra, come se riconoscere il capitano della Tau Centauri nel bel mezzo di una DDW pirata fosse la cosa più naturale del mondo “Erano secoli che volevo conoscerti.”
Le porse la mano e Tatiana, dopo un breve attimo di esitazione, la strinse. La stretta di Mick era asciutta, decisa ed essenziale: i due si guardarono a lungo negli occhi mentre in Tatiana si faceva strada la convinzione che quel tizio fosse davvero qualcuno da considerare importante. Con quegli occhi scrutatori, con quella piega caparbia della mascella, non poteva essere nient’altro che un lottatore. E un leader: chissà quali erano stati i suoi rapporti con Masterson?
“Ciao.” gli disse asciutta, aspettando la sua reazione.
“Accidenti, Bono” disse Mick, salottiero “Tutto mi aspettavo fuorché la Tau Centauri si umiliasse ad interpretare un piccolo gruppetto folk russo. Sei sicuro di volermeli presentare?”
Bono sorrise, accomodante.
“E’ la loro prima volta su RockLand” disse semplicemente, come se questo spiegasse tutto “Non farti fregare dall’immagine sfigata: sono davvero forti. Ragazzi, questo è…”
“Mick Jagger” sospirò Andrew, estasiato “Sono così felice…emozionato…puoi farmi un autografo?”
“Andrew, contieniti.” sibilò Alexandr contrariato “Mi scuso per lui: è un fanatico delle rock band.”
Mick spostò lo sguardo pigro da uno all’altro, soffermandosi più a lungo su Tatiana che continuava a guardarlo ispirata e muta.
“Immagino che abbiate trovato un po’ eccentrica la mia idea di incontrarci qui” disse infine, monocorde “Ma vedete…questo è il mio territorio e anche se sembra un caos immane, qui non entra uno spillo se io non lo controllo. Qui il caro Masterson non può infilare nemmeno la punta del suo lungo ed invadente nasaccio. Avete qualche domanda da farmi?”
“Una bazzecola” rispose Tatiana, ad un tratto sospettosa “Tu chi diavolo sei? Quali erano i tuoi rapporti con Masterson? Quali sono i tuoi piani e come pensi di poter agire insieme ad una squadra di Runners sotto al naso del CDI e del SuX e di Masterson stesso senza farti beccare?”
“Ma che belle domande distensive” sorrise Mick con gli occhi scintillanti “Vedo che il capo della Tau Centauri non si smentisce mai e arriva subito al sodo. Spiacente, non posso rispondere a questo tipo di domande. Ogni cosa…”
“…a suo tempo” sospirò Andrew, affranto “Polaris ce lo ripete una frase sì e una no.”
“La gente però si stufa di aspettare” avvisò Leo, cupo “Ed è ora che si inizi a fare qualcosa di concreto e non solo chiacchiere e canzonette.”
“Sante parole” approvò Roman “Anche se devo ammettere che questa DDW è davvero una potenza.”
Mick rise, condiscendente.
“Diciamo allora che non abbiamo ancora finito di mettervi alla prova” gorgheggiò, sornione “Arrivare a RockLand era un primo assaggio, e non era facile…la piattaforma è mia e so bene di cosa parlo.Ma manca ancora un pezzetto per conquistare definitivamente la mia fiducia.”
Tatiana gli lanciò uno sguardo franco e duro.
“Non dovremmo essere noi, a questo punto, a chiedere una prova della tua identità? Dopotutto, non puoi credere che con argomenti così importanti in discussione, ci fidiamo ciecamente di qualcuno che si nasconde dietro un paio di pantaloni verniciati…”
Mick sorrise, ammirato e divertito insieme.
“Forse non hai tutti i torti” rispose con tranquillità “Io vi darò un segno della mia fiducia e voi mi darete un segno della vostra. Dovrete passare un’altra piccola prova.”
“Mica dovremo cantare?!” domandò allarmato Roman, e Bono rise di gusto.
“Tranquillo…niente del genere” lo rassicurò Mick “Bono, vai a prendere il dischetto.”
Mentre Bono si allontanava velocemente, Mick appoggiò un braccio sulla spalla di Tatiana, guardandola allusivo.
“Calmi…non è niente di grave. Un piccolo test, per così dire…tutto bene, bambola?”
“Certo…ehm…sì” balbettò la ragazza mentre le orecchie le prendevano fuoco all’improvviso ed Alexandr aggrottava sempre di più le sopracciglia “Ma se mi chiami bambola un’altra volta, ti ritrovi con il microfono infilato in una narice. Mi dispiace, ma è la regola.” terminò, con un tono di voce quasi dispiaciuto.
Mick rise di nuovo, togliendo il braccio dalla sua spalla.
“Immaginavo che avresti detto così” confidò ammiccando piacevolmente “Energica, decisa…e con due occhi da letto che innamorano.”
Tatiana sentì un’imbarazzante scia infuocata che le saliva dal collo verso le orecchie: si costrinse a mantenere lo sguardo limpido e le spalle rilassate, mentre il sorriso di Mick si faceva sempre più allusivo.
“Non crederai davvero che questi stupidi trucchetti vecchi come il mondo funzionino con me, vero?” domandò con voce annoiata Tatiana quando fu certa di aver ripreso il controllo di sé.
“Trucchetti?” si stupì Mick, sornione “Io non faccio trucchetti. I trucchetti sono monopolio di voi femminucce.”
Bono arrivò in quel momento sventolando un dischetto tra le dita. Lo consegnò a Mick che se lo fece rigirare un attimo nelle mani prima di allungarlo verso Alexandr.
“Questa è la prova” disse, improvvisamente serio e tagliente “Seguite le istruzioni. Avete due giorni di tempo per terminarla.”
“Cos’è?” chiese Sergey curioso, mordendosi la lingua subito dopo.
“Tutto quello che dovete sapere è lì, sul dischetto. Ma mi siete simpatici, quindi vi darò un aiutino: è una caccia al tesoro.”
“Grandioso!” esclamò entusiasta Andrey mentre Tatiana sembrava improvvisamente smontata.
“Una caccia al tesoro…” mormorò, poco convinta “Sembra una cosa da piena prima infanzia.”
“Ognuno hai suoi punti di vista, cocca” ribatté Mick non proprio gioviale “Che sapete menare le mani è già stato appurato. Anche il fatto che il CDI è fuori dai giochi, l’abbiamo capito questa sera. Ora dobbiamo vedere se sapete anche far andare il cervello.”
“E in cosa consiste il tesoro?” chiese Alexandr, pragmatico.
“Bè, ovviamente è un luogo” sospirò Mick con gli occhi alzati al cielo “Dovrete trovarvi nel posto indicato dalle informazioni entro due giorni: lì si terrà la prima vera e propria riunione seria per parlare di noi. Se ci sarete, bene, se non ci sarete, ciccia. Fine del discorso.”
“Vuoi dire che se non troveremo questo posto siamo fuori dai giochi?” domandò scettico Roman.
Mick non rispose: si guardava le unghie della mano con un mezzo sorrisetto serafico sulle labbra.
“Credo che sia meglio per tutti se trovate questo luogo.” disse infine, lentamente.
I Myllarit si scambiarono uno sguardo eloquente, sentendo la tensione montare dentro di loro.
“Visto che siamo in ballo, faremo in modo di ballare.” concluse Alexandr. Lui e Mick si scambiarono uno sguardo duro, ricco di sottintesi: Bono li stava a guardare, compiaciuto.
“Quindi, ci vediamo tra due giorni…sempre che riusciate a trovare la strada.” mormorò Mick a denti stretti.
Detto questo, girò i tacchi e si allontanò con indolenza.
“Hei!” lo richiamò indietro Tatiana, bellicosa. Mick non girò nemmeno le spalle.
“Che vuoi ancora, bambola?” chiese con voce annoiata.
Tatiana si avvicinò di un passo.
“Noi non abbiamo ancora finito” rispose decisa “Voglio che tu adesso ci dia quello che ci hai promesso: il tuo segno di fiducia, cocco.” Soppesò un attimo il silenzio, poi aggiunse: “O forse dovrei dire…bambola?”
I Myllarit e Bono sembrarono congelarsi nelle loro posizioni mentre Mick si girava lentamente verso Tatiana: i suoi occhi erano duri, pericolosi e sottilmente sorpresi. Evidentemente, non si aspettava che qualcuno della Tau Centauri indovinasse il suo vero sesso in così poco tempo ma più che irritato sembrava ammirato. Sembrò rimuginare a lungo sulla risposta, poi gli sfuggì un sorriso sornione.
“Beccata, eh?” mormorò ilare e Tatiana annuì senza abbassare gli occhi.
 Il frastuono di RockLand tutto intorno al gruppo sembrava non scalfire minimamente l’intensità dello sguardo che i due si scambiarono per quello che sembrò un tempo lunghissimo. Alla fine, Mick se ne uscì in un sospiro a metà tra lo sbuffo d’impazienza e la risata. Agitò con noncuranza una mano in direzione dei Myllarit e girò loro le spalle, definitivamente.
“Niente bambola” disse da lontano la sua voce di scaglie di vetro “Solo Lucy.”
E si allontanò, lasciando la squadra avvolta in un silenzio stupefatto.
*             *             *
Arrivarono nel Limbo passando attraverso la Terra di Nessuno senza quasi scambiarsi una parola, tanta era la curiosità e la tensione che li attanagliava. Mentre Morales si fiondava alla ricerca di qualsiasi informazione riguardante il nome di Lucy relativo a Masterson ed alla Ars Space Corp., la prima a sgusciare davanti al computer fu naturalmente Cardinale che estrasse dalla tasca il dischetto con noncuranza davanti agli occhi attoniti di Elijah.
“Ehi, ma ce l’avevo in tasca io!” disse irritato “Tu…me l’hai rubato!”
“Sante parole” affermò decisa Cardinale mentre infilava il dischetto nella fessura apposita del computer “Visto che stai stilando il rapporto a mio sfavore, aggiungi anche questo. E spiega come mai non ti sei accorto che ti stavo fregando, visto che ci sei.”
Elijah non ribatté ma la sua espressione era tempestosa. Tutti i componenti della squadra erano equamente divisi alle spalle di Morales e Cardinale: quest’ultima, facendo volare le dita sui tasti esaminò il contenuto del dischetto, accertandosi che non fosse un virus, che non avesse schermature, che non fosse predisposto all’autodistruzione all’apertura. Ma il contenuto sembrava essere un semplicissimo, innocuo file di testo.
“Troppo facile.” mormorò Cardinale dubbiosa mordicchiandosi le nocche.
“Apri quel maledetto testo e facciamola finita.” borbottò Patterson che in realtà si sentiva piuttosto frustrato da quella prova che lo tagliava fuori: lui era un uomo di azione, non di concetto.
Con un sospiro, Cardinale aprì finalmente il file: non era nient’altro che poche righe scritte in un normalissimo carattere arial 10. I sette le lessero in silenzio, ognuno per conto proprio, rimanendo subito dopo basiti nell’incomprensione totale.
 
Come si misura il coraggio di un uomo?
Il leone è sveglio, tuttavia dovrai infilare la testa nella sua bocca…
E, se sarai capace di inseguire ciò che si è versato…
fino alla Tana del Morlock…
Ti affiderai al caso ma solo il nonsenso ti indicherà la via…
 
Patterson fu il primo ad allontanarsi, mentre gli altri rimanevano rapiti in contemplazione di quell’ammasso di parole senza senso.
“Un maledetto indovinello!” sibilò schifato sedendosi sulla sua sedia “E’ dall’Accademia che non prendo in mano un olo-libro di parole crociate. E anche allora era successo per sbaglio. Non contate su di me per questa storia.”
Cardinale, dopo qualche secondo di intensa meditazione, si girò verso Morales, speranzosa.
“Qualche notizia di Lucy?” chiese a bruciapelo, ma lo sguardo che Morales le rivolse fu piuttosto significativo.
“Ancora niente” disse lugubre il giovane continuando a pestare sui tasti “Dammi tempo, diamine!”
“Nel frattempo che cerchiamo notizie di Lucy, qualcuno ha qualche idea?” domandò Elijah che si sentiva stranamente debole. Il silenzio totale dei suoi compagni ebbe il potere di gettarlo in un pozzo di nero sconforto.
“Ok, niente panico ragazzi” disse Cardinale distogliendo finalmente lo sguardo dallo schermo “Abbiamo due giorni di tempo: mettiamoci al lavoro.”
*             *             *
Spia era il suo nome e Vendetta il suo cognome.
Esultante, l’uomo attivò la comunicazione. Non sapeva bene se quello che gli agitava le viscere fosse panico o gioia sfrenata. Forse era tutti e due: infatti, il momento che aspettava da una vita era finalmente arrivato…
Un volto severo apparve sullo schermo, in silenziosa attesa.
“Ci siamo.” disse la Spia.
L’uomo sullo schermo annuì.
“Bene” disse telegrafico “Fai in modo che non rimanga vivo nessuno.”
“Sarà fatto.”
La comunicazione si interruppe: quei brevi incontri clandestini non duravano mai più dello stretto necessario.
L’uomo girò le spalle allo schermo vuoto e sorrise: Spia era il suo nome e Vendetta il suo cognome.
Il giorno della resa dei conti era finalmente arrivato.
 
 
 
*** Myllarit: Gruppo folk russo. Sito internet     http://myllarit.onego.ru/
 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 : La Prova (parte 1) ***


Dopo alcune inutili ore passate a scervellarsi sulla possibile soluzione dell’indovinello, i sette della Tau Centauri decisero di prendersi un paio d’ore di riposo e Cardinale per una volta non protestò, sfiancata. Sparì dal Limbo senza quasi salutare, desiderosa solo di una bella doccia e di un buon sonno ristoratore. Sfortunatamente, il suo alloggio angusto era fornito di computer e Cardinale non seppe resistere: appena entrata vi si attaccò cercando informazioni su tutto quello che potesse essere inerente alla missione in corso. Trovò e salvò su memoria portatile alcune cose interessanti poi, vinta dalla stanchezza, si gettò sul letto, vestita di tutto punto e con un braccio che le copriva gli occhi. Come se non avesse aspettato altro che un cenno di debolezza per rivelarsi, il pensiero di quello che era quasi successo tra lei e Garrie rispuntò fuori come un fungo, ancora molesto e scioccante. Con estremo fastidio, fu costretta ad ammettere che la sua reazione “anomala” non aveva avuto niente a che fare con l’alcool ingerito, prova ne era il fatto che se anche solo ci pensava provava di nuovo quel brivido improvviso lungo la spina dorsale, come lava bollente su un blocco di ghiaccio… Con estrema sorpresa, confusione e vergogna, Cardinale aveva constatato che per un attimo, tra le braccia di Garrie, aveva davvero sentito qualcosa, aveva davvero voluto che succedesse qualcosa…
Che situazione allucinante! Proprio non capiva a cosa fosse dovuto quell’improvviso tracollo ormonale (perché non poteva essere nient’altro che quello, no?….no?). Dopo tanto meditare e annaspare, diede con sollievo la colpa allo stress per il troppo lavoro. Non poteva essere nient’altro che quello, e che diamine!!
Altrimenti, era impensabile che improvvisamente, di punto in bianco,  il suo inutile e corazzatissimo cuore si fosse messo a fare le capriole per Garrie. Mio Dio, per Garrie! Garrie-O. Il tattico della squadra. Il suo carissimo amico. Il solo pensiero la imbarazzava a morte: provare attrazione per quel solare troglodita era come ammettere l’inammissibile e cioè che lei, Jude Cardinale, sottostava alle bizzarre leggi dei sentimenti come qualsiasi altro essere umano. Come donna (aggressiva, brutale e grintosa come solo un Runner può essere, ma pur sempre donna), sapeva che Garrie esercitava un forte ascendente sul sesso femminile, ma era sempre stata convinta di esserne immune…sempre, fino a quando lui l’aveva baciata. Quasi baciata, rettificò con apprensione subito dopo, sentendo di nuovo caldo e freddo lungo la schiena.
Ed Elijah? Fino a poco tempo prima, lui era stato l’unico in grado di stimolare il suo atrofico lato femminile…Ma non voleva pensare ad Elijah: il senso di colpa che provava, misto a fastidio e ribellione, era ancora troppo indigesto per essere valutato. E poi, che c’entrava Elijah? Loro non erano più amanti da un sacco di tempo. E comunque, tra lei e Garrie non era successo niente, no? Solo un bacio sul collo, involontario, da ubriachi…un piccolo bacio senza senso…con le sue ciglia socchiuse, così vicine, e quell’espressione torbida negli occhi…
Di nuovo, lava e ghiaccio lungo la schiena: diavolo! Cardinale si alzò di colpo dal letto.
“Doccia” disse convinta marciando verso la stanza da bagno “Anzi: bagno di schiuma. E cioccolato.”
Dopo un attento rito preparatorio, si infilò con un sospiro estasiato nella vasca piccola, ma traboccante di schiuma profumata, un bicchiere di plastica contenente birra ghiacciata da una parte e una tavoletta di cioccolato sintetico dall’altra. Dopo un paio di minuti in immersione e a metà bicchiere di birra, la vita riprese una parvenza di colorazione rosata. Il pigolio insistente dell’interfono la distrasse fastidioso dal suo momento di assoluto relax.
“Che c’è.” brontolò astiosa, attivando la comunicazione.
“Dove diavolo ti sei cacciata?” domandò allegra la voce di Garrie dall’altra parte. Cardinale chiuse gli occhi, esasperata: ci mancava solo la sua voce a guastarle l’umore ancora un po’.
“Oddio, ancora tu, non ci posso credere. Eppure ero convinta che avessi una vita privata frizzante e coinvolgente ad aspettarti. Trovi proprio impossibile stare un paio d’ore senza rompere le scatole a nessuno della tua squadra?” esordì acida massaggiandosi le tempie con i polpastrelli delle dita.
“Hei, ero solo preoccupato per te” si difese Garrie con snervante buonumore “Non sei sicuramente da Elijah, non sei a casa con Pat e Morales, nemmeno Damon e David ti hanno vista… mi chiedevo semplicemente se eri finita in qualche discarica abusiva o se eri ancora viva.”
“Sono ancora viva” disse Cardinale sempre ad occhi chiusi “Adesso che hai messo in pace la tua coscienza, che cosa vuoi?”
“Niente, mi annoiavo” ammise Garrie candidamente “Sono venuto qui all’Anemy Pub con l’intenzione di cercare notizie su  Lucy da un mio amico che conosce quasi tutte le donne delle Orion…”
“Più di te? Da non crederci.” ironizzò Cardinale.
“…ma nemmeno lui l’ha mai sentita nominare. La cosa mi incuriosisce molto: mica può essere un fantasma, no?”
“Rimanderei il dibattito sull’identità di Lucy a tra poco, quando ci troveremo” tagliò corto Cardinale, infastidita “Adesso non ho tempo.”
“Oh. Perché, che stai facendo?” chiese Garrie salottiero. Cardinale spalancò gli occhi, guardinga.
“Sono in cucina ad affettare le verdure per il minestrone.” disse seria e Garrie scoppiò a ridere di gusto.
“Certo, come no” ridacchiò, deprimendo ancora di più Cardinale “Non ci crederei neanche se lo vedessi con i miei occhi.”
“Fantastico. Allora dimmelo tu dove dovrei essere per appagare la tua sete di pettegolezzo e chiudere finalmente la comunicazione.”
“Per rendermi felice? Ummm… nella vasca da bagno, ovviamente.” esclamò Garrie, esultante.
Cardinale si irrigidì nell’acqua: questa era una maledetta congiura! Ci mancavano solo le coincidenze, che diamine…
“Ok, allora sono nella vasca” ammise con finta freddezza “Ciao ciao, Garrie.”
“Hei, dove vai? Questo giochetto sembra intrigante, continuiamo ancora un po’.”
“Sentimi bene, malato di mente, io sono il tuo capitano, non la tua dannata linea erotica personale, chiaro?”
“Dai, è solo un gioco. Te l’ho detto che mi annoio. Allora, l’acqua è calda e profumata” continuò Garrie, ignorandola “Sali da bagno?”
“No, schiuma tipo detersivo per i piatti.” cedette Cardinale, ancora incerta se continuare o no quella conversazione.
“Schiuma, allora. Profumata di …gelsomino?”
“A dire il vero, ha un retrogusto di menta, tipo l’Uomo silvestre di Pat.”
“Ugh” si schifò Garrie “Senti, potresti metterci un po’ più di cooperazione?”
“Non ho nessuna attrattiva nel continuare questo tuo esclusivo sollazzo” ribatté Cardinale, interiormente desiderosa di proseguire quell’innocente ma stuzzicante scambio di battute “O mangi questa minestra…”
“Ok, sono uno che si accontenta” ridacchiò Garrie “Fortuna che ho molta fantasia. Allora…Stai bevendo una coppa di Champagne immersa nell’acqua…”
“Birra in bicchiere di plastica. E ormai è sgasata, non mi fa più fare il ruttino.”
“…alle luci soffuse delle candele…”
“Questi neon al plasma fanno sembrare tutto verdastro, non trovi?”
“….ti passi una mano sul polpaccio bagnato..”
“..e dico: diavolo, è ora che mi depili!”
“…ci passi sopra la spugna morbida….”
“…ho proprio i muscoli a bozzo di un velocista, parola mia.” disse Cardinale, ma la voce le vibrava leggermente e un’imbarazzante tensione muscolare cominciò ad irrigidirle le cosce.
“…la schiuma si dirada…il tuo corpo immerso nell’acqua è bianco come una perla rara…”
Quella maledetta voce suadente…La risposta non venne, soffocata in gola da qualcosa di liquido e rovente.
“Cardinale?” fece Garrie, sospettoso.
“Ma guarda: la rara perla bianca era nientemeno che la testa a palla di cannone di Pat.”
La risposta era arrivata, finalmente: ma un secondo troppo tardi perché Garrie non cogliesse la sua tensione. Cardinale trattenne il fiato, spaventata come sull’orlo di un precipizio: “Spara una battuta, Garrie-O” pregò muta “Non capire che il cuore mi sta rombando in petto come i motori delle Orion…”
“Oh, quella vasca deve essere una vera e propria piscina olimpionica per contenere te e Pat nello stesso momento.” arrivò infine la voce di Garrie, gioviale ma stranamente incrinata.
“Sante parole” approvò Cardinale, travolta dal sollievo “Vado a farmi due vasche a nuoto, adesso. Sempre se Pat sposta il suo deretano dall’acqua, ovviamente.”
“Ovviamente” rispose Garrie, insolitamente formale “Ci vediamo domani, allora. Notte notte.”
“E’ pomeriggio” ribatté Cardinale con il solito tono velenoso “E ci vediamo tra un’ora nel Limbo. Prova a connettere il cervello invece del sedere, giovanotto.”
“Ops, avevo sbagliato presa di corrente.” rise Garrie poi interruppe la comunicazione. 
A Cardinale ci volle qualche minuto perché il cuore tornasse a battere ad un ritmo decente: le guance, invece, rimasero di un vivido colore rosato finché l’acqua, ormai fredda, non le fece accapponare la pelle. Cercando di non pensare, imbarazzata, sconvolta e stanca, si asciugò frettolosamente e si ficcò a letto, nascondendo ben bene la testa sotto il cuscino.
*             *             *
 
Come si misura il coraggio di un uomo?
Il leone è sveglio, tuttavia dovrai infilare la testa nella sua bocca…
E, se sarai capace di inseguire ciò che si è versato…
fino alla Tana del Morlock…
Ti affiderai al caso ma solo il nonsenso ti indicherà la via…
 
 “Io ci rinuncio.” esclamò scoraggiato Garrie allontanandosi dalla scrivania depresso. Già da ore i sette della Tau Centauri erano chini sul messaggio tentando di decifrarlo: Morales e Cardinale avevano già lanciato un programma di ricerca su tutta la rete con le parole chiave più significative. L’accozzaglia di informazioni che erano saltate fuori invece di renderli più sereni aveva acuito la loro depressione galoppante.
“Non credo che riusciremo a capire dove diavolo si trova questo posto entro 48 ore.” sospirò Damon passandosi una mano tra i capelli già abbondantemente arruffati.
“Faremo dei turni” decretò Cardinale che, dopo l’ottavo caffè, cominciava a sentire un vago distacco dalla realtà “Forse, con la testa riposata, ci verrà pure qualche idea…”
“Sentite” esordì Patterson, convinto “Vorrei davvero esservi di aiuto, ma è un’ora che cerco di avviare il cervello e ancora non ci  sono riuscito…Ho finito la benzina. Se mi permettete di andare a prendere un po’ di carburante, sono sicuro che otterremo risultati migliori.”
“Già, oppure finiremo tutti sotto il tavolo.” sorrise Morales che aveva capito bene quale fosse il carburante di cui Patterson parlava.
Tutti si girarono a guardare Elijah e Cardinale che rimuginavano ancora attaccati al computer.
“Oh, ah…va bene, Pat, carburante per tutti” disse precipitosamente Elijah “Tanto, peggio di così non può andare.”
Non aveva nemmeno finito di parlare che Patterson era schizzato verso il de-digitalizzatore borbottando qualcosa tipo “vado e torno”. Garrie tirò fuori da un taschino un pacchetto di sigarette e se ne accese una sotto gli occhi schifati dei compagni.
“Garrie, fumare è assolutamente illegale.” lo apostrofò Elijah con una punta di rimpianto nella voce. Garrie annuì convinto e soffiò fuori il fumo con un’espressione di assoluto appagamento.
“Mi sono messo qui sotto all’aspiratore, così non do fastidio a nessuno. E ho attivato lo schermo dal CDI, così non finite nelle grane per avermi permesso di fare qualcosa di illegale. Adesso però lasciatemi godere della mia pausa-droga. Mi ci voleva proprio, giuro.”
“Oltre ad essere illegale, fumare compromette la salute dei polmoni, rallenta l’attività cerebrale e ingiallisce i denti.” enumerò Cardinale con il tono saccente di una maestrina. Garrie le rivolse uno sguardo a sopracciglia inarcate, con gli angoli della bocca perennemente curvati all’insù.
“Sante parole” disse con noncuranza “Ne vuoi una?”
Cardinale ci pensò su un secondo.
“Ma sì.” borbottò sotto lo sguardo scandalizzato di David che protestò debolmente “Ma capo…!”
Con un gesto lungo, Garrie le porse il pacchetto: una corrente segreta e sotterranea passò dai suoi occhi turchini a quelli scuri di Cardinale mentre le loro dita si incontravano, qualcosa di così veloce e segreto che tutti finsero di esserselo sognato.
“Grazie.” disse con voce piatta Cardinale girando subito le spalle e accendendosi la sigaretta.
“Capitano, dovresti essere la prima a dare il buon esempio.” balbettò confuso David. Cardinale gli soffiò il fumo in faccia, in estatico appagamento.
“Aaahhh…ragazzo, ho una vita sola, fammela vivere da bionda.” motteggiò a casaccio. Elijah si alzò rapidamente in piedi e le si avvicinò, serio: Cardinale aspettò con sguardo di sfida che la rimproverasse, ma lui, a sorpresa, le prese delicatamente la sigaretta dalle dita e fece un lungo tiro ad occhi chiusi.
“Comunque, non staresti bene bionda.” le disse sottovoce buttando fuori il fumo. I suoi occhi erano per una volta privi di astio e di freddezza, quasi dolci: Cardinale sentì il cuore trapassato da un acuto senso di nostalgia, perché si era accorta solo in quel momento che Elijah non la guardava così da un sacco di tempo. Gli sorrise, involontariamente ed Elijah la ricambiò subito, interrotto dallo scalpiccio di Patterson che rientrava nel Limbo con un grosso sacchetto tra le mani.
“Beveraggio in arrivo!” tuonò, felice come un bambino il giorno di Natale.
Dopo aver seccato a tempo di record le prime due bottiglie di vomitevole vino sintetico, i sette cominciarono ad analizzare il testo dell’indovinello con svagata attenzione.
“Partiamo dall’inizio” propose Elijah etilicamente entusiasmato “Come si misura il coraggio di un uomo? Qualcuno ha qualche idea?”
“Se la mettiamo sul pornografico, io un’idea di misura ce l’avrei.” ghignò Patterson, sorridendo furbescamente.
“Sii serio, Pat” provò Morales, sicuramente il più ferrato dei sette a risolvere rompicapi mentali “Mi soffermerei sul leone è sveglio…è un’immagine retorica emblematica, secondo me.”
 “Devi infilare la testa nella bocca del leone” mormorò Cardinale, ignorandolo “La ricerca in rete del leone ha tirato fuori una montagna di roba. Deve essere qualcosa di più semplice…”
“Io continuo a pensare che sia un messaggio a sfondo sessuale” borbottò convinto Patterson “Anche il termine infilare…quella sì che è un’immagine emblematica.”
 “La bocca di leone è anche un fiore” mormorò Morales, sconfortato “Anche se dubito di poterne trovare uno abbastanza grosso da infilarci la testa…”
“A me questo leone sta già sullo scroto” sbuffò Garrie, stravaccato sulla sua poltrona “Non riesco a vedere nient’altro che un enorme buco nero.. sono malato?”
“Non più del solito…tu hai sempre le funzioni cerebrali a livello bradipo quando provi a pensare.” buttò lì Cardinale facendo ridacchiare Patterson oscenamente.
“Se andiamo avanti così non arriveremo da nessuna parte” disse Elijah sconfortato “Concentriamoci. Dobbiamo cercare un posto. Un luogo. Jude, mettiti al computer e cerca tutti i posti sulle DDW che hanno nel nome Leone o Coraggio.”
Mentre la ragazza picchiettava sui tasti, David girava avanti e indietro accigliato.
“Ricerca in rete effettuata” lo interruppe Cardinale, monocorde “Una marea di roba. Il leone va alla grande, sulle DDW. In tutte le varianti possibili.”
“E siamo da capo” sospirò Patterson “Coraggio, donzella, masturba un altro po’ quella scatoletta a vedere se cavi fuori qualcosa di utile. Prova a cercare le misure del leone, magari trovi quello che fa al caso tuo.”
“Pat sei il solito…” iniziò Cardinale, inviperita, ma si bloccò di colpo con gli occhi fissi sullo schermo, la faccia illuminata da un’autentica folgorazione.
“Lo so!” gridò facendo sobbalzare Damon che si era quasi assopito sulla sedia.
“E’ lì sul computer?” la esortò Elijah piuttosto rudemente avvicinandosi al computer, mentre David si agitava eccitato.
“No, no, niente computer. Mi è venuta in mente una cosa…La misura…il leone!! C’è un negozio che si chiama “La Bouche”…”
“…che vuol dire bocca in francese, microcefali.” specificò Morales, sottovoce all’indirizzo di Garrie e Patterson.
“Vendono carne all’ingrosso. Il gestore è un certo Courage…Leon Courage.”
“Bè, il legame c’è…anche se un po’ deboluccio.” ammise Elijah, ma Cardinale non aveva ancora finito.
“E’ stata la frase iniziale a darmi l’idea…Il logo del negozio è un leone dalla bocca aperta e lo slogan è: “Carne per tutte le misure di appetito.”
La Tau Centauri si ammutolì, mentre ognuno di loro elaborava le parole di Cardinale.
“Direi che le probabilità che sia il posto indicato dall’indovinello sono maledettamente buone.” disse lentamente Elijah, alla fine.
“Tu come conosci questo posto?” domandò Morales, sospettoso.
“Una delle prime indagini da Runner dopo l’Accademia…c’era il sospetto che gli allevamenti di bovini macellati da “La Bouche” utilizzassero mangimi artificiali fuori normativa. Si risolse tutto in niente, ma quello slogan…mi era rimasto impresso.”
Di nuovo silenzio: poi all’improvviso Patterson si alzò in piedi come se un’ape l’avesse punto sul didietro.
“Che diavolo stiamo aspettando, la grazia divina?” tuonò di buon umore “Avanti, capo, dacci le coordinate della DDW su cui è questo macello.”
Cardinale passò uno sguardo dubbioso e vagamente angosciato sugli astanti, poi parlò con voce flebile.
“E’ proprio qui la cosa strana…La Bouche non è su una DDW. E’ il macello che rifornisce anche la mensa del CDI ed è proprio qui, su Orion 3 W. A meno di un chilometro dalla nostra sede.”
L’affermazione di Cardinale fu accolta da un leggero sibilo da parte di Morales, che sembrava vivamente impressionato.
“Sulle Orion…allora si fa sul serio. Niente digi-alias. Il gioco comincia a farsi pericoloso.”
Elijah strinse la mascella, ma negli occhi gli danzava una luce battagliera.
“Ho capito…vogliono vederci in faccia. Molto bene, staremo al gioco. Ognuno di noi adesso va a farsi una doccia e una dormita di un’ora. Poi si mangia, si preparano provviste, armi, computer portatile, set di primo soccorso, abiti robusti e tutto quello che vi viene in mente di portarvi dietro in una missione a rischio suicidio.”
“Che bello, mi sembra quasi di andare a fare una scampagnata!” strillò Garrie, entusiasta
“La chitarra puoi lasciarla a casa” commentò Cardinale stiracchiandosi pigra sulla sua sedia “Ma una cosina la porterei…il tuo cervello. E’ un po’ che stagna dentro alla cervelliera, ti conviene usarlo ogni tanto se non vuoi che marcisca del tutto.”
“Ah ah, sto morendo dal ridere” mugugnò Garrie, sorridente “Andiamo a farci una doccia insieme, capitano?”
“Impiccati.” rispose Cardinale immediatamente, arrossendo come un gambero.
“Niente docce promiscue, visto che siamo sei maschi e solo una femmina. E anche su quella, non ci metterei la mano sul fuoco, per giunta…” dichiarò Patterson, deciso.
“Ci vediamo davanti alla sede del CDI tra due ore.” disse Elijah, per chiudere la questione. La squadra sciamò verso il de-digitalizzatore, con Garrie per ultimo che sembrava aver ancora qualcosa da dire. Ma, dopo un breve ripensamento,  ci rinunciò e lasciò Elijah e Cardinale da soli nel Limbo a guardarsi  con sospetto.
“Se vuoi venire a casa mia a farti una doccia, prometto che non solleverò nessun argomento di discussione.” mormorò Elijah precipitosamente senza guardarla negli occhi.
“Credi davvero che riusciremmo a stare in una stanza da soli senza litigare?” chiese Cardinale con un sottofondo di sconforto nella voce.
“Io credo di sì.” rispose Elijah guardandola negli occhi.
“Io invece penso che non sia una buona idea” rispose Cardinale allontanandosi di un passo da lui “Probabilmente ricominceremmo a litigare. Come sempre. Siamo nel bel mezzo di una missione importantissima, preferisco evitare …interferenze.”
Sulla faccia di Elijah passarono una serie di espressioni diversissime tra loro, prima che la bocca si stirasse in una piega imperscrutabile.
“Come vuoi, ci vediamo tra due ore allora” disse asciutto dopo un breve silenzio girandole le spalle “ Vorrei solo sapere se il modo in cui ti guarda Garrie c’entra qualcosa con quello che hai detto.”
Cardinale sentì un’ondata di liquido freddo invaderle lo stomaco.
“Che cosa vuoi dire?” sibilò, spaventata.
 “O il modo in cui tu guardi lui.” concluse Elijah ignorandola e infilandosi dentro al de-digitalizzatore senza attendere risposta.
*             *             *
Due ore dopo la squadra Tau Centauri si ritrovò davanti all’ingresso del CDI. Si erano tutti vestiti in modo spartano, con pantaloni di PlatinumTex multitasche, anfibi idrorepellenti e anonimi maglioni atermici e di materiale ignifugo. Garrie si era ficcato un cappello a calotta sui capelli biondi e aveva l’aria di un rapper del XXI° secolo. Patterson distribuì le armi che aveva preparato,  tutte rigorosamente estranee al CDI. Cardinale aveva portato il proprio computer personale, anche perché l’aveva talmente riempito di componenti pirata e programmi, che sarebbe stato sicuramente più utile di qualsiasi altro. Morales aveva preparato borracce di acqua, pillole di viveri e scorte di aria in mini-bombole. Damon si era preoccupato di stipare nello zainetto tutti gli strumenti possibili: un rilevatore di posizione satellitare, una bussola elettronica, occhiali ad infrarossi e mille altre cianfrusaglie. David era stato incaricato di portare la cassetta del pronto soccorso. Dopo aver controllato tutti gli zainetti ed essersi accertato che ci fosse tutto, Elijah si caricò il proprio sulla schiena e con un gesto risoluto si strinse le cinghie sul petto.
“Andiamo.” disse telegrafico.
I sette si avviarono seguendo Cardinale che conosceva la strada: presero un paio di ascensori e navette mobili, uscendo dalla zona amministrativa di Orion 3W e passando per il centro residenziale. Arrivarono ben presto nella zona mercato, dove i negozi erano stipati in tristi file anonime dall’aria funzionale ed essenziale. Lo spazio, sulle Orion, era un bene prezioso: ogni cosa era ridotta al minimo indispensabile e la maggior parte dei negozietti era formato tascabile. Con passo deciso, attraversarono lo stretto corridoio tra le fila dei negozi fino ad arrivare davanti a “La Bouche”: un leone stilizzato che apriva le fauci con monotona regolarità capeggiava sull’ologramma simbolico, insieme alla frase “Carne per tutte le misure di appetito”. In silenzio, i sette lessero l’insegna rimuginando ognuno la sua idea.
“E adesso che siamo qui, che facciamo?” domandò Patterson ,pratico come al solito.
“L’indovinello che dice?” domandò Elijah a Cardinale, freddamente.
“Se sarai capace di inseguire ciò che si è versato…fino alla Tana del Morlock…”
“Cos’è che si versa in un macello?” domandò Damon, dubbioso.
“La prima cosa che mi viene in mente è sangue.” rispose Garrie con un brivido.
“Sì, ma la tana del Morlock?” proseguì Damon.
“Il computer dice che i Morlock erano feroci cannibali che emergevano dal loro mondo sotterraneo per dare la caccia agli Eloi. Quindi, le loro tane sono qualcosa che sta sottoterra.”
“Hai trascurato un piccolo particolare, gioia” l’apostrofò Morales “Sulle Orion non c’è la terra.”
“Ma qualcosa che sta sotto c’è per forza, no?” ribatté Cardinale, ispirata.
“Io direi di entrare e dare un’occhiata.” propose Elijah avviandosi.
Mentre la squadra entrava con precauzione ed in fila indiana nell’angusto negozio, Elijah andava a confabulare con il proprietario che li guardava sospettoso da dietro il banco. Poco dopo, annuendo energicamente, li accoglieva con un sorriso.
“Ho spiegato al signor Courage che siamo addetti al controllo dello smaltimento del materiale organico” disse Elijah ad alta voce “E’ stato così gentile da concederci di dare un’occhiata al macello.”
Ringraziato opportunamente il signor Courage, i sette si infilarono nel retrobottega che si rivelò essere un’enorme officina di morte. Grosse carcasse di animali in vari stadi di macellazione transitavano su corsie scorrevoli dove persone infagottare in tute bianche arrossate dal sangue eseguivano il loro lavoro.
“Dio, che odore” mormorò Morales  tappandosi il naso “Vista così la carne, viene voglia di diventare vegetariani.”
“A me, invece, viene l’acquolina in bocca.” ridacchiò Patterson, per niente impressionato.
“Ragazzi, concentratevi. Cerchiamo il punto dove viene versato il sangue.”
“Brrr…proprio una prova del cavolo, questa.” borbottò Damon, camminando rasente al muro e cercando di non guardare i bovini scuoiati appesi ai ganci che gli transitavano sotto il naso. 
Raggiunsero la zona dove i bovini ricevevano il primo trattamento: una lama di laser tranciava di netto la testa e gli arti delle bestie, di seguito la carcassa veniva spostata su un bancone obliquo dove una nuova macchina tagliava il ventre della bestia facendo sgorgare le sue maleodoranti interiora in un cono dove venivano raccolte e sparivano velocemente all’interno di enormi tubi di scarico.
“Quello che verrà versato…” esalò Damon, con le labbra arricciate dal disgusto “Sant’Iddio, ditemi per favore che non si stava parlando di quella schifezza?!?”
“Ho la bruttissima sensazione che tu stia ventilando l’ipotesi di buttarci in quel buco puzzolente insieme alle budella di vacche morte” disse Cardinale con voce leggermente afona “Sicuramente mi sto sbagliando, vero, generale?”
“Credo che l’idea del generale sia quella” ridacchiò Garrie “E purtroppo nemmeno in senso metaforico.”
“Il buco non è abbastanza grosso per passarci.” sentenziò Elijah dando una rapida occhiata dall’alto.
“Meno male. E poi chi ci dice che non ci sia un enorme tritatutto alla fine del tubo?” domandò Damon, dubbioso.
Elijah si allontanò di nuovo per confabulare con un operaio: questi, mimando a gesti per superare il forte rumore dei macchinari, indicò un angolo del locale dove, coperta da una pesante griglia, stava una botola circolare.
“Il tizio lì ha detto che tutti i residui organici vengono effettivamente raccolti da quella specie di imbuto, triturati e successivamente trattati chimicamente per rendere il tutto una massa liquida e puzzolente. Alla fine, questo liquido viene incanalato nel sistema fognario industriale di Orion.”
“Fogne, hai detto? Allora è proprio il caso di dirlo: siamo nella merda, ragazzi!” ridacchiò Garrie istericamente.
“Mai capitata una missione così escrementizia.” dichiarò Damon, schifato.
Elijah li liquidò entrambi con un gesto della mano.
“Chi non se la sente di venire, torni a casa. Chi vuol proseguire, è pregato di seguirmi.”
Si diresse deciso verso la botola segnalata dall’operaio: dopo un attimo di indecisione, la squadra si mosse per seguirlo, con David e Damon come fanalini di coda. Con l’aiuto di un operaio, aprirono la botola buia da cui proveniva un odore rivoltante.
“Questa botola era utile prima che installassero il Liquefatore Chimico” declamò l’operaio, in vena di spiegazioni “Al tempo, venivano smaltiti nelle fogne industriali i pezzi interi di animali, e i tubi spesso si intoppavano. Così, dovevamo scendere nel condotto principale e rimediare al casino. Vi assicuro che non rimpiango per niente quegli episodi.”
“Lo immagino” mormorò depressa Cardinale scrutando il buio oltre la botola “Così, il condotto è abbastanza grande per poterci passare?”
“Bè, penso di si” rispose l’operaio grattandosi dubbioso la testa “Nei punti di raccordo, sicuramente lo spazio è sufficiente da poterci stare in piedi. Il condotto in sé è abbastanza largo, doveva smaltire intere carcasse di animali…ma un uomo in piedi? No, direi di no. In ginocchio, forse, o strisciando…anche se proprio non riesco ad immaginare qualcuno tanto pazzo da dover strisciare nelle fognature industriali. Ammazza anche solo l’odore.”
“E il freddo, le esalazioni velenose, la claustrofobia …” enumerò Damon, infelice.
Cardinale aveva iniziato a picchiettare alacremente sulla tastiera del suo computer, appoggiata alla parete e in bilico sulla botola mentre Elijah ringraziava l’operaio che tornava al suo lavoro.
“Sto scaricando la pianta della rete fognaria industriale” borbottò a titolo di spiegazione “Meno male che per un bel pezzo non si incrocia con la rete fognaria domestica…almeno non rischiamo di trovarci in mezzo agli escrementi freschi.”
“Questo non esclude che avremo a che fare con gli escrementi in decomposizione.” piagnucolò Morales.
“Queste fogne sono un vero e proprio labirinto” disse Cardinale depressa quando sullo schermo comparve la rete fognaria tridimensionale “Potremmo passare giorni interi là sotto. Perderci, anche.”
“….topi, scarafaggi, ragni…” continuò Damon, ancora preso dalla sua personale angoscia.
“Cosa dice l’indovinello?” domandò Elijah, pratico.
“Ti affiderai al caso ma solo il nonsenso ti indicherà la via.” lesse Cardinale con voce piatta “Che ci affideremo al caso là sotto già me l’ero immaginato, ma cosa s’intende con nonsenso?”
“Non lo so. Magari quando arriviamo di sotto ci verrà un’illuminazione.” rispose Elijah, cogitabondo.
“O un’illuminazione o il tifo” continuò Garrie, sprizzante buon umore “Qualcuno ha portato un deodorante per ambienti?”
“….viscidume, germi, batteri…” sussurrò Damon con voce sempre più stridula.
“Damon, piantala” disse seccamente Cardinale caricandosi decisa il computer sulla spalla “Direi che è ora di muoversi, se non vogliamo che Damon elenchi tutte quante le piaghe d’Egitto.”
“Sì, ma da che parte andiamo?” domandò Patterson che sembrava quello più calmo di tutti.
“Qualcosa ci verrà in mente” tagliò corto Elijah “Mi raccomando: stiamo vicini, nervi saldi e Patterson, che non ti venga in mente di far scoppiare una delle tue spaccatimpani là sotto: potremmo far saltare in aria l’intera Orion.”
“E prendete un bel respiro: secondo me non troveremo esattamente essenza di rose.” ridacchiò Garrie, garrulo.
In fila indiana presero a scendere nella botola dalla viscida scaletta di metallo ancorata al bordo: Elijah, Cardinale, Garrie, Morales, Patterson, David e per ultimo Damon, che ancora salmodiava a fior di labbra il suo personale rosario di brutture. Atterrarono nel buio e freddo cunicolo affondando fino alle caviglie in una fanghiglia molliccia, e i loro passi risuonarono con un terribile rumore di paludoso risucchio.
“Aaah, mai sentito niente di più schifoso sotto i piedi.” mormorò Morales mentre Elijah e Cardinale accendevano le piccole e maneggevoli torce fotoniche.
La luce impietosa delle torce illuminò il budello incrostato di sudiciume: dal punto di raccordo in cui si trovavano partivano tre grossi cunicoli in leggera discesa che consentivano appena il passaggio ad una persona rannicchiata. Il miasma che proveniva dal fondo era incredibilmente rivoltante, un puzzo di sudiciume chimico stantio misto a decomposizione organica.
“Sembra l’alito di Pat di prima mattina.” ghignò Garrie mentre Damon si legava una mascherina filtrante dietro le orecchie.
Elijah fece un giro completo, illuminando ogni deprimente angolo del raccordo.
“Molto bene” disse infine quando la botola sopra di loro si chiuse con un tonfo definitivo “Benvenuti nella tana del Morlock. Qualcuno ha qualche idea sul da farsi?”
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 : La Prova (parte 2) ***


Cardinale si incuneò la pila fotonica tra l’orecchio e la spalla e con il ginocchio alzato fece da traballante supporto al computer su cui agitava le dita febbrile e ondeggiante.
“Sto analizzando la cartina della rete fognaria.” borbottò, quando Garrie le prese gentilmente la pila dalla spalla e Morales le tolse il computer dal ginocchio e glielo sorresse con un sorriso.
“Chiedere aiuto alla tua squadra, mai, eh?” la apostrofò quest’ultimo con una smorfia simpatica. Cardinale ricambiò il sorriso, con aria di scusa, e tornò a concentrarsi sulla piantina olografica delle fognature.
“Allora, il condotto di destra prosegue per un centinaio di metri, poi si immette in un depuratore. Ummm…scarterei il condotto di destra, fossi in noi.”
“Rimangono due cunicoli.” avvisò Patterson, come se nessuno fosse a conoscenza dell’informazione.
“Il condotto centrale è più piccolo già dall’imboccatura: si dirama in tre condotti più angusti, del diametro di…trenta centimetri. Direi che anche il condotto centrale ci fa ciao ciao con la manina.”
“E del condotto di sinistra che ci dici?” domandò Damon con la voce soffocata dalla mascherina “Che ci aspetta un drago con la bocca fiammeggiante alla prossima curva?”
“Non escluderei niente” ribatté impassibile Cardinale “Per il momento, è l’unico che ci porti dritti per circa duecento metri fino al prossimo raccordo.”
“Ragazzi, non stiamo dimenticando l’indovinello?” chiese Morales, dubbioso “Stiamo ragionando secondo logica, mentre il testo del messaggio diceva che solo il nonsenso ci indicherà la via.”
“Già, ma prima parlava di caso” rettificò David, convinto “Per ora c’è una gran puzza e sporco e schifo, ma cosa si intenda per caso, ancora non ho capito…”
“Credo che per il momento l’ipotesi di David sia la migliore” decise Elijah, annuendo “Probabilmente arriveremo in un punto dove non sapremo come comportarci, e lì dovremo pensare al nonsenso.”
“Abbiamo la cartina sott’occhio, possiamo procedere secondo logica.” approvò Cardinale mentre Patterson si rabbuiava.
Elijah partì per primo, infilandosi nel cunicolo di sinistra: dovette chinarsi e proseguire con le ginocchia piegate in una posizione scomodissima, anche se, appoggiandosi alle pareti, riuscì a mantenere un’andatura lenta ma costante.
Dietro di lui, Cardinale riusciva a camminare più spedita, poiché non era obbligata a piegare le ginocchia come i maschi. In fila indiana, curvi, col respiro ridotto al minimo dai miasmi delle fogne, la Tau Centauri procedette per un bel tratto, il buio spezzato dalle luci ballonzolanti delle torce fotoniche, il freddo che si faceva via via sempre più intenso man mano che scendevano nelle cuore delle fogne di Orion 3W. Dopo una scarpinata silenziosa di mezzora, raggiunsero un raccordo, dove finalmente poterono raddrizzarsi e sgranchirsi le gambe.
“Cardinale, dimmi che sai con assoluta certezza dove siamo.” si lamentò Damon battendo i denti per il freddo. Cardinale si tolse con un sospiro il computer dalla schiena e controllò nuovamente la cartina delle fognature.
“Siamo scesi parecchio” commentò mentre il respiro le usciva dalla bocca in una leggera nuvola di vapore “La temperatura qui non supera i 3° centigradi.”
Elijah illuminò i cunicoli che partivano dal raccordo: questa volta erano quattro, due in salita e due in discesa. L’imboccatura di ognuno di loro era incrostata di ragnatele grosse come lenzuola dall’aspetto polveroso e grigiastro. Damon rabbrividì, vedendole.
“Qui non passa qualcuno da un sacco di tempo.” mormorò Morales improvvisamente serio.
“Damon, fai una scansione con il rilevatore micronico: dovremmo riuscire a vedere se ci sono tracce recenti.” disse Elijah, ottimista. Damon eseguì l’ordine, ma le pareti umide non rivelarono nessuna buona notizia.
“Bè, ovvio che nessuno passi di qui” tentò di scherzarci sopra Garrie “Non è esattamente una reggia, questo posticino. E poi, fa proprio un freddo svizzero: personalmente, preferirei le fornaci dei crematori…”
“I due cunicoli in salita risalgono verso il settore delle concerie” elencò Cardinale “Dobbiamo andare ancora in discesa. A sinistra , visto che a destra si ritorna al depuratore.”
Non ebbe il coraggio di dire che quel cunicolo era leggermente più stretto e molto, molto più lungo. Elijah e Patterson marcarono con un segnalatore luminoso la galleria appena lasciata.
“Metti che decidi di spaccare il computer sulla testa di Elijah” spiegò Patterson con un ghigno “Sarà preisorico, ma mi fido di più a marcare il passaggio con un sano, vecchio metodo manuale.”
“Qui, qui, Fido!” esclamò Morales assolutamente a sproposito, ridacchiando subito dopo come un pazzo: Garrie lo guardò a metà tra l’esasperato e l’indulgente.
“Non è abituato alle droghe pesanti” lo scusò “Quest’aria chimica deve avergli fatto inceppare il senso dell’umorismo, che faceva già pena dall’inizio.”
Camminarono per quasi un’ora, curvi, ansimando sempre di più. Patterson, avendo più problemi degli altri vista la mole, iniziò a salmodiare una serie di improperi a fior di labbra, così coloriti che Garrie e Morales si lasciavano scappare delle risatine fiacche e spompate, ma non avevano l’energia per ribattere. Quando arrivarono al successivo raccordo, si buttarono a sedere in mezzo alla melma grigiastra e maleodorante, esausti. Anche Elijah e Cardinale, di solito i più stoici, si appoggiarono alle pareti viscide respirando lentamente dal naso per riportare il battito cardiaco a livelli normali. In quello snodo c’era, se possibile, ancora più freddo e la puzza aveva preso un terribile retrogusto acido che bruciava la gola e gli occhi.
“La componente chimica qui è fortissima” sentenziò Morales controllando con un apparecchio la composizione dell’aria “C’è un elenco di germi lungo come la Bibbia. Guai ad accendere anche solo un fiammifero: lo sbalzo termico farebbe incendiare questa melma come fosse petrolio.”
“Diavolo, avevo proprio voglia di fumarmi una sigaretta” gracchiò Garrie ad occhi chiusi. David passò il fascio di luce sui compagni, abbacinandoli per un attimo e mostrando le loro facce sporche e arricciate dal disgusto. Elijah e Cardinale erano letteralmente ricoperti di ragnatele, essendo i primi a fare strada, mentre Patterson aveva le braccia e la schiena imbrattate di liquame nerastro semi ghiacciato che emetteva un suono scricchiolante ad ogni movimento.
“Non ti ho mai visto così bello, Patty-O.” scherzò Garrie vedendo la faccia del compagno particolarmente depressa “Questo ambiente non propriamente regale ti dona un sacco.”
“Prova ad avvicinarti a me, biondino, e ti faccio saltare in aria come un maledetto topo di fogna.” rispose immediatamente Patterson brutale.
Garrie gli soffiò un bacio da lontano e gli strizzò l’occhio: Cardinale e Morales ridacchiarono fiaccamente di fronte alla faccia schifata di Patterson.
“Ma guardalo” gracchiò Morales in mezzo ai singulti “Fogne, ragni, escrementi alle ginocchia…nemmeno la piaga delle locuste smuoverebbe Pat di un millimetro. Ma lascia che Garrie gli si avvicini un attimo e diventa pauroso come un’educanda.”
“Chi disprezza compra” ridacchiò Cardinale “Non è che in fondo Pat è innamorato di Garrie?”
“Hoibò, credevo che in fondo Pat fosse innamorato di me.” rispose Morales immediatamente scatenando una nuova ondata di risatine.
“Sbagliato, è Garrie che è innamorato di te.” propose Cardinale, con un sorriso. Morales si guardò intorno per vedere se qualcuno lo stava ascoltando.
“Sappiamo entrambi di chi è innamorato Garrie.” le sussurrò in un orecchio e di colpo il sorriso si spense sulle labbra della ragazza.
“Che diavolo vuoi dire?” rispose seccamente, bellicosa…e spaventata.
Morales la guardò con uno strano sorrisetto soddisfatto, come se avesse vinto una scommessa.
“Io volevo dire che Garrie è innamorato solo di se stesso” rispose infine candidamente “Tu, invece cos’hai capito?”
“Niente.” rispose Cardinale brusca, travolta dal sollievo e dal sospetto. Elijah si avvicinò a loro e Cardinale ne approfittò per cambiare argomento alla svelta.
“Che si fa adesso ?” chiese, riportando all’ordine la squadra.
“Proseguiamo” rispose questi con un sospiro rassegnato “Che altro dovremmo fare? Una partita a carte?”
Con le indicazioni del computer, continuarono ancora per ore, marcando con i segnalatori luminosi le gallerie percorse, fino a perdere quasi la cognizione del tempo: ogni tanto il livello del liquido in cui erano immersi si alzava o si abbassava, a volte era appena un rigagnolo fangoso, altre volte arrivava fino a metà coscia, denso come sabbie mobili. Tutti, ormai, erano sporchi, bagnati e stanchi: il buio, la puzza e il freddo cominciavano a rosicchiare gli angoli della loro determinazione e nemmeno durante le pause di riposo, sempre più frequenti e più lunghe, riuscivano a risollevare il morale. Arrivati all’ennesimo svincolo, mentre Morales si buttava a sedere per terra ormai completamente incurante della poltiglia in cui finiva immerso, Cardinale tornò a consultare il computer.
“Starò avendo le allucinazioni per tutti gli acidi che stiamo respirando, ma a me sembra che questo snodo sia più largo.” mormorò Damon guardandosi intorno con aria sognante.
“Questo svincolo è un nodo nevralgico” spiegò Cardinale a bassa voce “Qui si raccordano le fognature domestiche con quelle industriali. Abbiamo un cunicolo qua sopra che arriva direttamente in superficie senza dover fare la Via Crucis che abbiamo fatto noi…Accidenti, ma che succede?!?”
Lo schermo del computer iniziò a fare le bizze. L’immagine andava e veniva, distorta, e il rumore che proveniva dall’interno dei circuiti era uno stridio per niente rassicurante.
“Oh-o” mormorò Garrie avvicinandosi a lei, attirato dal rumore gracchiante del computer “Che succede? Il tuo amante ti sta piantando in asso?”
“Non è il momento di scherzare Garrie” ribatté Cardinale con una nota di panico nella voce “Senza il computer siamo perduti.”
“Anche l’interfono strombazza da mezz’oretta a questa parte.” avvisò Patterson piacevolmente.
Damon si affrettò a controllare gli strumenti nel suo zaino: quando sollevò la faccia verso Elijah che lo stava illuminando con la torcia, la sua espressione smarrita era quasi comica.
“L’ hardware non funziona bene” disse cercando di rimanere calmo “Può darsi che sia a causa delle esalazioni chimiche…o forse un campo magnetico dovuto alle tubature metalliche…”
“No ti prego…” mormorò Cardinale angosciata dando inutili colpetti al computer che ronzava ormai in maniera allarmante.
Attesero tutti col fiato sospeso mentre il computer esalava l’ultimo metaforico respiro, lasciando infine lo schermo nero come il loro stesso umore.
“E adesso?” miagolò Damon, dando voce alla depressione di tutta la squadra.
Rimasero tutti in silenzio per un bel pezzo, immobili e spaventati.
“Bè, prima o poi doveva succedere” disse Patterson logico scrollandosi un attimo i piedi dalla melma “Direi che è ora di farci un cicchetto, che ne dite?”
Da una delle mille tasche estrasse una fiaschetta di plastica ed ingollò un bel po’ di contenuto. Poi la passò a Morales che senza dir niente ne bevve un sorso, facendosi riempire immediatamente gli occhi di lacrime.
“Cristo, Pat, che cos’è quel torci budella?” domandò sputacchiando e passando la fiaschetta a Garrie.
“E’ la versione commestibile delle mie spaccatimpani.” rispose Patterson orgoglioso.
Garrie, dopo aver bevuto un sorso prudente, si avvicinò a Cardinale che guardava ancora lo schermo vuoto del computer con gli occhi sbarrati di chi ha davanti la porta dell’inferno.
“Coraggio, capitano” la esortò dolcemente prendendole il mento con una mano e appoggiandole la fiaschetta alle labbra livide “Non avrai più il computer, ma madre natura ti ha gentilmente fornito un cervello, e anche se a volte ti comporti come se non sapessi dov’è, sono sicuro che con un po’ di sforzo puoi ricominciare ad usarlo.”
Cardinale bevve un sorso, tossì e sputacchiò, inveì a labbra strette contro la squadra e contro il mondo e, finalmente, le tornò a scorrere il sangue nelle vene dove si era momentaneamente ghiacciato.
“Grazie tante.” gorgogliò allontanando la fiaschetta dalla bocca: Garrie le sorrise e Cardinale pensò, con un moto di autentica stizza, che era quasi sacrilego il fatto che fosse così scandalosamente bello e rilassato anche in quelle condizioni.
“Credo che questo sia il momento di ritirare fuori l’indovinello.” decretò Elijah appoggiandosi prudentemente al muro “Questo raccordo è sicuramente significativo: a parte quello da cui siamo arrivati, da qui partono quattro cunicoli esattamente identici. Suggerimenti?”
“Dobbiamo pensare al caso e al nonsenso.” propose Damon mentre tentava di scaldarsi le mani tenendole sotto le ascelle.
“Oh, certo, come no” ironizzò Patterson di nuovo in possesso della fiaschetta “Direi che questo ambiente rilassante è proprio l’ideale per fare una pensatina.”
“Puoi stare qui a disquisire fino a domani, se ti va” lo apostrofò Morales, semiserio “Ah, attento ai ragni, però: ne hai uno che ti sta transitando sulla spalla grosso come un cucciolo di bisonte.”
Patterson si scrollò di dosso il grosso ragno peloso senza fare una piega mentre Damon faceva un salto indietro gemendo dall’orrore.
“Ok, pensiamo qualcosa alla svelta per toglierci di qui” disse in fretta Elijah “ Ti aspetterà il caso, diceva l’indovinello…che diavolo significa? Siamo stanchi, sono ore che giriamo con questa schifezza alle ginocchia e dall’ultimo rilevamento del computer siamo nel bel mezzo della rete fognaria.”
“Caso. Nonsenso” sospirò Cardinale, dubbiosa “Cos’è che non avrebbe senso a questo punto?”
“Fare una festa?” propose Patterson ridacchiando.
“Tornare indietro…” sospirò Damon, ma David scosse la testa.
“Quello avrebbe un senso, eccome.” disse, convinto.
Provarono a fare delle ipotesi, dalle più assurde di Patterson alle più probabili di Morales. Tuttavia il tempo passava e la soluzione ottimale non arrivava: ormai la stanchezza aveva lasciato il posto ad una cupa rassegnazione. La fiaschetta vuota giaceva galleggiante sulla melma in mezzo ai sette seduti in cerchio che cercavano di scaldarsi un po’.
“Potrebbe essere un anagramma” disse ad un certo punto sottovoce Morales “Caso. Caos? Cosa?”
“Potrebbe anche essere una sigla.” buttò lì Damon, senza convinzione.
Elijah sussultò come se l’avessero punto sul sedere come uno spillo.
“Razza di stupidi deficienti!” esclamò estasiato, ricevendo lo sguardo scettico degli altri compagni.
“E’ in estasi mistica o sta solo sfogando la sua frustrazione su di noi?” si informò Garrie, salottiero.
Elijah si girò verso di lui, la faccia una maschera di soddisfazione stravolta dal fango e dalla stanchezza.
“Un po’ tutte e due, bello…Guarda un po’ che c’è scritto là in fondo. Se ci fossimo guardati intorno prima, avremmo già risolto metà dell’enigma da un pezzo.”
La sua pila fotonica illuminò la parete di fronte su cui una scritta capeggiava a caratteri cubitali incrostata di melma e ragnatele nerastre.
“Diamine.” ridacchiò Cardinale dopo aver letto la scritta, incantata.
Damon scoppiò a ridere come un pazzo, Patterson girò lo sguardo su Morales aggrottato e spazientito.
“Che succede, hijo?” ruggì irritato.
Morales segnò col dito la parete, cercando di mantenere un tono di voce normale.
“C’è scritto là. Centrale Addizionamento Sostanze Organiche. C.A.S.O. Eccolo lì, il nostro caso…il punto di partenza per il nonsenso.”
*             *             *
Dopo qualche minuto di vergognosa euforia per aver finalmente risolto in parte l’indovinello, i sette piombarono di nuovo in una sorta di scoraggiata apatia.
“Ragazzi, siamo a metà strada” cercò di incoraggiali fiaccamente Damon “Facciamo uno sforzo e cerchiamo di capire adesso cosa si intende per nonsenso…”
“Potrebbe essere un’altra sigla?” mormorò dubbioso Elijah “Nonsenso…Nessonno….senosonn…”
“Seno mi piace” lo interruppe Patterson “E scommetto che c’è anche analogia con questo ambiente buio da utero materno…”
“Seno” mormorò Cardinale” Se-no. S-e-n-o. Aspettate…ho un’idea…”
Si rialzò in piedi così repentinamente che Patterson al suo fianco si schizzò tutto di melma, imprecando.
“Ma certo!! Un indovinello da stupidi!!” gridò Cardinale eccitata. Anche gli altri si alzarono in piedi trascinati dal suo entusiasmo.
“Jude, per favore…dillo anche a noi prima che ti venga un embolo e ci muori qui.” propose Morales speranzoso.
“Nonsenso!!” strillò Cardinale felice “E’ un percorso!!”
“Eh?” borbottarono i compagni quasi contemporaneamente
“Le coordinate della strada da seguire…” continuò Cardinale passeggiando nervosamente nell’acqua torbida, sollevando schizzi di melma tutto intorno “Una parola dove vengono usate solo le iniziali dei punti cardinali…Nord, Sud, Est, Ovest…E’ il percorso che dobbiamo fare per uscire di qui!!”
“Non ho capito niente.” dichiarò Patterson contrito.
“Ma certo…NONSENSO. Nord, Ovest, Nord, Sud, Est, Nord, Sud, Ovest. Quadra alla perfezione.” ansimò Morales mentre un David entusiasta spiegava con non poche difficoltà il concetto a Patterson.
“Non male, capitano” concesse Elijah con un ampio sorriso di sollievo “Per lo meno, abbiamo una base per fare un tentativo.”
“Hei, capo, togliti quel sorriso compiaciuto dalla faccia” suggerì Garrie a Cardinale “Metti che si riveli essere la strada sbagliata…”
“Ah, lasciala fare. Tanto è solo merito del mio torcibudella se quella testa bacata si è messa in moto.” dichiarò altezzoso Patterson riponendo religiosamente la fiaschetta nella tasca “Allora, dov’è che dobbiamo andare? A nord? E dove diavolo è il nord, qui sotto?”
“Da questa parte.” indicò David saltellando verso il cunicolo davanti a loro.
Di nuovo in fila indiana si infilarono rapidi nel cunicolo sempre in discesa, rinfrancati dalla prospettiva di uscire da quel posto d’inferno. Il tunnel era lunghissimo: quando arrivarono allo snodo successivo avevano tutti la schiena a pezzi e le ossa gelate. Il liquame arrivava alla vita e scorreva piuttosto rapidamente verso il fondo del cunicolo. Di nuovo si trovarono davanti a quattro condotti e scelsero quello in direzione ovest. Proseguirono senza fermarsi fino all’ultima direzione indicata dall’indovinello. Fu il cunicolo più difficile da superare: era così stretto che dovettero strisciare con il mento quasi tuffato nella melma. Damon ebbe un attacco di tosse così violento che ebbe bisogno dell’aiuto di Cardinale dietro di lui per riuscire ad estrarre la bombola di aria e riprendere a respirare. Si trascinarono per il cunicolo e quando Elijah vide lontano una decina di metri la fine del tunnel per poco non scoppiò a piangere dal sollievo.
“Ci siamo quasi.” ansimò girando la testa all’indietro per dare la buona notizia ai compagni: per un attimo la luce illuminò la fila dei Runners accartocciati nello stretto budello, sporchi e sconvolti, ed Elijah provò un sincero moto di affetto per il coraggio che stavano dimostrando tutti.
“Vedo la fine del tunnel” continuò cercando di non far tremare la voce “Ancora pochi…”
“Sssh!” intimò Morales afferrandogli una caviglia con sorprendente forza. Elijah si bloccò di colpo, come tutti gli altri: aguzzando l’udito, rimasero in ascolto, tesi e concentrati. Tolto il ronzio di sottofondo dei motori delle Orion e lo sciacquio fesso della melma che scorreva, in lontananza si sentiva un eco di suono stridente.
“Cos’è?” chiese Damon, teso come una corda di violino.
“Si sta avvicinando.” annunciò Patterson che, essendo l’ultimo, sentiva il rumore arrivargli alle spalle.
“Sbrighiamoci” ordinò Elijah, sentendo all’improvviso le ossa fredde come stalattiti di ghiaccio “Qualsiasi cosa sia, dobbiamo prima di tutto uscire dal tunnel.”
“Non è un rumore, sono tanti rumori.” mormorò Damon con la voce vibrante di puro terrore.
La luce della torcia di Elijah tremò, mentre il rumore si faceva sempre più vicino e distinto, finché fu impossibile non capire di cosa si trattasse.
“Muovi il sedere, Elijah.” sibilò Cardinale quando la consapevolezza le frustò il cuore che prese a battere veloce.
Elijah cominciò a strisciare più in fretta che poteva, seguito da Morales, da David e da Garrie. Damon bloccava la strada a Cardinale e Patterson, in coda. Aveva capito e il terrore gli aveva bloccato i muscoli del viso in una smorfia raccapricciante.
“Damon, andiamo.” lo sollecitò dolcemente Cardinale.
“Sono…” singhiozzò Damon, artigliando la melma sotto le sue mani, terrorizzato “Sono…”
“Lo so, Richner. Usciamo di qui, presto.”
Patterson strinse la caviglia di Cardinale mentre si guardava alle spalle.
“Arrivano.” mormorò, calmo e serio come difficilmente si poteva vederlo.
Damon, scalciò in un moto inconsulto, beccando Cardinale sul naso: lei non ci fece caso e lo scrollò per la gamba, rudemente.
“Damon, muovi quelle chiappe, SUBITO!” ordinò, decisa.
Damon sembrava non sentirla: guardava dietro di sé, mentre negli occhi gli danzava un velo di terrorizzata follia. La voce era ridotta ad un ansito acuto e terrorizzato.
“Sono…sono…topi!”
*             *             *
Era un branco decisamente nutrito di grossi, pelosi ratti da fogna. Il rumore delle loro zampette sul metallo viscido delle tubature sarebbe entrato di prepotenza nell’elenco dei rumori più raccapriccianti mai sentiti per l‘intera Tau Centauri. Prima ancora che comparissero nel potente raggio di luce della torcia, Cardinale aveva sferrato uno spintone a Damon, attutito dalla posizione scomoda e dalla melma che le appesantiva il braccio.
“Damon, se non ti muovi ce li ritroviamo addosso!” gli strillò con voce ormai incrinata dal panico “Muoviti!”
Con lentezza esasperante, Damon girò la faccia verso l’uscita del tunnel, i denti che gli battevano convulsamente come un paio di nacchere. Ricominciò ad avanzare con la laboriosa difficoltà di un vecchio centenario mentre Cardinale cominciava a spingerlo, mormorando vaghe parole di incoraggiamento. Patterson la seguiva a ruota, così vicino che le sua braccia praticamente le bloccavano le caviglie. Elijah, intanto, era uscito dal tunnel ma quasi non aveva la forza di alzarsi in piedi: ansimava, inginocchiato ad occhi chiusi nel fango puzzolente, mentre Morales aiutava Garrie ad uscire.
“Dobbiamo fare qualcosa per allontanarli!” gridò esagitato Morales quando anche David fu rotolato fuori dal tunnel con il respiro simile ad un raglio.
“Damon!! Sbrigati!” urlò Garrie all’imboccatura del tunnel. Lo squittio di centinaia di topi rimbombava per i cunicoli, moltiplicandosi come un’immagine in un gioco di specchi.
“Tutte le torce accese! Presto!” propose Elijah sollevandosi in piedi. Puntarono le torce all’interno del tunnel e videro la testa di Damon, chinata, che ondeggiava appena mentre si avvicinava all’uscita, lentamente, troppo lentamente.
“Damon, muoviti!!” gridò David, ma Damon non sentiva. Patterson osò girarsi e vide i primi ratti entrare nel cerchio di luce: erano grossi, lucidi, il pelo di un bel grigio fumo e gli occhietti neri puntati dritti verso di loro. Squittivano eccitati come se avessero visto una appetitosa crosta di formaggio. Ai primi topi ne seguirono altri, molti altri. Nonostante si considerasse quello con più pelo sullo stomaco di tutti, la visione di quel branco di topi ghiacciò all’istante anche i nervi saldi di Patterson. Vide con sorprendente chiarezza il primo della fila, mister Topo Kamikaze in persona, eseguire un perfetto tuffo a zampette larghe, atterrare sul suo stivale rinforzato e affondare con decisione i dentini nella suola. Di colpo, la gola di Patterson fu piena di grida dall’inconfondibile tono di comando.
“DAMON!! VIA!!”
Damon accelerò sensibilmente l’andatura: Cardinale dietro di lui non osava girarsi, ma sentiva Patterson scalciare emettendo grida disgustate. Lo squittio era tutto intorno, riempiva le orecchie e la bocca di metallico terrore. Cardinale sentì qualcosa di leggero atterrarle sugli stivali, sui pantaloni, sulla schiena. Quando sentì il primo morso sulla coscia strillò, più per il disgusto che per il dolore. Alcuni topi la superarono, li vide balzare sulla schiena di Damon e attaccarcisi come zecche; altri superarono entrambi e uscirono dal tunnel, direttamente in grembo a Morales e Garrie che se li spazzarono via dalle giacche con gridolini schifati. Patterson e Cardinale ormai erano sommersi dai topi: d’istinto ficcarono la faccia nella melma e si coprirono la testa con le braccia. Elijah prese una decisione d’istinto: afferrò la pistola lanciafiamme che teneva nella fondina allacciata in vita.
“Via da li!!” ordinò a David e Garrie, ancora affacciati all’imboccatura del tunnel. Elijah puntò la pistola dritto dentro al tunnel: vide la faccia stravolta di Damon, a pochi metri, i suoi occhi sgranati come quelli di un bambino.
“GIU’!!” urlò con quanto fiato aveva in gola: prima ancora di vedere se Damon aveva ubbidito, sparò una fiammata all’interno del tunnel. L’aria carica di gas si incendiò immediatamente e per alcuni secondi il rombo del calore all’interno del tunnel superò anche lo stridio dei topi che morivano carbonizzati. Un incredibile odore di peli strinati e carne bruciata uscì dal tunnel insieme a fiammate azzurrastre. Immediatamente, Morales e Garrie afferrarono le mini bombole-estintori e inondarono il tunnel di schiuma bianca, dall’odore miracolosamente asettico e fresco. Quando anche le ultime fiamme scemarono sibilando, Morales e Garrie buttarono le bombole a terra e si tuffarono all’interno del tunnel ad afferrare Damon per le braccia. Lo trascinarono fuori, fumante e ricoperto di schiuma, e mentre David lo girava supino e gli liberava le narici dalla melma, Garrie si tuffò di nuovo dentro al tunnel.
“Jude!” gridava come un invasato. Alla cieca, arrancò nel tunnel scivoloso, calpestando decine di piccoli involti fumanti, finché non atterrò sul braccio di Cardinale. Lo afferrò e cominciò a strisciare all’indietro, tirando con quanta forza aveva il corpo della ragazza che non dava segni di vita. Quando rotolò fuori dal cunicolo, Morales si infilò dentro, chiamando Patterson a gran voce. Garrie fece rotolare il corpo di Cardinale sulla schiena, le liberò il viso dalle ciocche di capelli intrise di melma, cercando ansioso qualche segno di vita: gli occhi erano chiusi, la pelle ricoperta di fango. Garrie appoggiò l’orecchio sul petto della ragazza e quasi svenne dal sollievo quando sentì il battito disordinato del cuore. La ragazza cominciò a tossire debolmente, girandosi su un fianco e Garrie crollò a sedere, stravolto anche lui dal sollievo. David e Damon aiutarono Morales a tirare fuori Patterson dal tunnel mentre questi protestava debolmente con voce cavernosa di lasciarlo in pace. Alcuni topi scampati al massacro uscirono squittendo oltraggiati dal cunicolo, scomparendo subito nel meandri delle fogne e lasciandosi dietro una scia di rivoltante puzzo di strinato. I sette si accasciarono a terra, ansimanti: Cardinale, Damon e Patterson avevano vistose bruciature sulle mani, Damon anche sulla fronte. Gli abiti ignifughi li avevano riparati dalle fiamme e dai morsi dei topi, anche se ora fumavano copiosamente. Cardinale si sollevò a sedere, tossendo debolmente: si guardò le mani tremanti piene di vesciche e se le passò sul viso come per accertarsi che fosse ancora tutto intero. Buona parte dei capelli erano bruciati e i restanti le cadevano sul viso come una matassa informe. Nessuno sembrò avere la forza di parlare per parecchi minuti: le torce erano abbandonate nel liquame, riempiendo l’angusto raccordo di ombre inquietanti. Alla fine, Elijah fu il primo ad alzarsi in piedi. Mentre anche gli altri si alzavano, faticosamente, si guardò intorno, rendendosi conto per la prima volta che avevano raggiunto il capolinea: una grossa botola rotonda stava sopra di loro, imponente come un simbolo religioso. Tutti alzarono gli occhi a guardarla, straniti, come stupiti di essere davvero riusciti a trovare la strada giusta. Elijah li guardò uno per uno, come sorpreso di trovarli lì.
“Diavolo…” sussurrò infine, incerto “Credo proprio che ce l’abbiamo fatta.”
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 : La tana del Morlock ***


Morales non perse tempo: mentre gli altri fissavano la botola con espressioni vacue sui visi tolse dalla borsa di David la cassetta del pronto soccorso. Si piazzò davanti a Cardinale che si guardava le mani arrossate e piene di vesciche con una smorfia arricciata sulla faccia.
“Forse ho fatto una manicure un po’ troppo invasiva.” mormorò questa cercando invano di sorridere.
Morales le prese delicatamente le mani, girandole sul dorso.
“Brucia?” mormorò solidale mentre estraeva una bomboletta dalla cassetta.
“Come l’inferno.” annuì Cardinale. Morales le spruzzò abbondantemente le mani con una polverina bianca dal fresco profumo di pino e la faccia di Cardinale si distese immediatamente in un’estatica espressione di sollievo.
“Ahh…” mormorò a fior di labbra “Che spettacolo. Sembra che mi sia fatta una dose massiccia di eroina.”
“E chi ti dice che non lo sia?” ribatté Morales: con perizia, le stava fasciando le mani con garze sterili e quando finì le passò le mani sul viso per controllare che non ci fossero altre ustioni.
“Se quella roba è droga per davvero, tieni fuori la bombola che dopo ci facciamo un giro tutti quanti.” disse Elijah avvicinandosi a loro.
Garrie si piegò sulle ginocchia con precauzione mentre Morales correva a medicare Damon e Patterson e guardò accigliato la testa di Cardinale.
“Carino il tuo nuovo taglio di capelli” disse ironico “Cos’è, il famoso covone di fieno look?”
Cardinale si portò una mano bendata alla matassa bruciacchiata sulla testa.
“Fanno così schifo?” domandò con un sorriso incerto.
“Diciamo che avrebbero qualcosa da ridire al concorso Chioma dell’Anno” rispose Garrie con un sorriso stranamente fragile. Fece una piccola pausa “Sei sempre e comunque bellissima.” aggiunse sottovoce poco dopo.
Cardinale non rispose: teneva gli occhi ostinatamente bassi e nonostante la paura e lo shock non potè fare a meno di sentire caldo sul viso, là dove Garrie la stava guardando.  In quel momento si avvicinò a loro Elijah e Garrie si diresse verso Patterson con un mormorio di scuse indistinto. Elijah si sedette vicino a Cardinale e, dopo un attimo di esitazione, le prese le mani delicatamente mentre il viso si contraeva in una smorfia dispiaciuta.
“Io…sono…mi dispiace tantissimo, Jude” mormorò serio senza guardarla negli occhi “Non avrei mai voluto che ti capitasse qualcosa di male.”
“Lo so” rispose Cardinale “Ma ti ricordo che mi hai salvato la vita. Anche se per farlo ti è toccato salvare Pat e Damon, ti sono comunque grata…molto.”
Si sorrisero incerti, come due adolescenti al primo incontro. Li distrasse dal loro momento di intimità la voce tonante di Patterson che minacciava Morales di spargere i sanguinolenti pezzi del suo corpo lungo tutte le fognature percorse se solo si fosse azzardato a spruzzargli quella roba sulle mani.
“Calmo, rinoceronte” lo blandì Garrie al suo fianco “Purtroppo per noi, Morales vuole solo curarti.”
“Questa roba ha lo stesso odore del tuo bagnoschiuma” cercò di adescarlo Morales “Dovrebbe piacerti.”
“Attento a spruzzare quella roba in giro” lo avvisò Damon sospettoso “Con quest’aria acida che c’è in giro, potrebbe fare reazione e incendiarsi.”
“Meraviglioso” ruggì Patterson inviperito “Fortuna che questa roba è progettata e studiata dall’esercito. Adesso che succede? Ci spunta la coda perché i nostri pantaloni si stanno trasformando in una zucca?”
“L’unica cosa da fare è uscire di qui alla svelta.” esclamò Damon con forza, ancora col fiatone dovuto allo spavento.
“Giusto.” approvò Elijah aiutandolo ad alzarsi.
“Hem hem.” tossicchiò Cardinale imbarazzata. La squadra si girò verso di lei che improvvisamente arrossì fino alla radice dei capelli tenendosi le mani premute sul petto.
“Qualcuno di voi mi presterebbe una maglietta?” disse cercando di mantenere un tono di voce colloquiale “A quanto pare l’ultima esperienza era troppo per il mio maglione che ha, come dire…mollato gli ormeggi.”
Mentre Patterson cominciava a ridacchiare oscenamente alla vista degli indumenti sbrindellati che si aprivano impudicamente sul suo petto e Damon e David le giravano le spalle, turbati, Garrie fu lesto a togliersi il maglione e a porgerglielo con un gesto lungo, gli occhi turchini accesi di una luce a metà tra il canzonatorio e qualcos’altro che era meglio non analizzare.
“Tieni.” disse freddamente, ma il suo sguardo era più caldo del fuoco blu divampato nella conduttura.
Cardinale si allungò per prendere il maglione ed i loro occhi si incontrarono: e di nuovo una corrente invisibile passò tra di loro solo che questa volta fu impossibile raccontarsi la favola che se l’erano sognato.
“Grazie.” disse lei maledicendolo segretamente: afferrò il maglione e gli girò le spalle, ficcandoci velocemente la testa dentro, e per tutto il tempo sentì il calore dello sguardo di Garrie fisso sulla nuca come un maledetto faro.
Mentre Elijah seguiva la scena, aggrottato, Damon gli si avvicinò: il fuoco gli aveva bruciato quasi tutte le sopracciglia lasciandogli un’espressione di perenne stupore sul viso provato.
“Che si fa adesso, capo?” domandò. Garrie si avvicinò a loro, fingendo noncuranza e sorridendo ad Elijah che continuava a guardarlo serio.
 “Già, che si fa?” disse rivolto ad Elijah “Non per farti fretta, ma questo non è esattamente il posto dove voglio passare la mia vecchiaia. Se respiriamo un altro po’ quest’aria chimica andrà a finire che cominceremo ad avere le allucinazioni e troveremo Pat bellissimo e te intelligente.”
Tornarono tutti sotto la botola a due metri dalle loro teste, compreso Patterson finalmente medicato, e Cardinale che si arrotolava le maniche troppo lunghe sui polsi fingendo indifferenza.
“Come ci arriviamo a quella botola?” domandò Garrie sospirando “Rispolveriamo il nostro famoso numero da circo “La Piramide Umana”  o spariamo Pat con il cannone?”
“Hei, per oggi ho già dato il mio contributo.” ruggì Patterson che, con la testa pelata avvolta dalla polvere bianca, sembrava un penitente sulla via di Damasco.
“E invece ti tocca, Pat” sorrise Elijah “Da solo vali come due di noi, in altezza. Prova a prendere in spalla mademoiselle Jude, che è la più leggera tra noi. Te la senti, capitano?”
Cardinale sorrise sprezzante e cominciò ad arrampicarsi sulla schiena di Patterson .
“Tu, là in cima” tuonò Patterson “Attenta alla bruciatura sulla testa: ti mordo una coscia se mi fai male.”
“Buono, cucciolo” mormorò Cardinale mentre armeggiava con la botola “Ok, ci arrivo. Adesso apro. Se qualcuno mi spara in testa o se esce un altro esercito di topi, per favore, usate l’idrante e non il lanciafiamme, chiaro?”
“Ragazzi, tutti con le pistole cariche e puntate” disse Elijah, di nuovo teso e concentrato “Jude, per favore, appena hai aperto scendi immediatamente. Niente eroismi o lavori senza cervello, ok? Siamo stanchi, tre di noi sono feriti, metà delle armi è andata e…”
Mentre parlava Cardinale aveva forzato con decisione la maniglia della botola che si era aperta con un gemito oltraggiato. Subito dopo, puntellando le ginocchia contro le spalle di Patterson, si era infilata nell’apertura, issandosi agilmente fuori dalle fogne proprio mentre le parole di avvertimento morivano sulle labbra di Elijah.
“Ho come la vaga impressione che non abbia sentito quello che hai detto.” commentò Damon mentre Morales e Garrie si trattenevano a stento dal ghignare furbescamente.
“Che deficiente.” mormorò Elijah, di nuovo inviperito. Dopo pochi secondi la faccia di Cardinale sbucò dall’apertura, serafica e sorridente.
“Niente topi.” annunciò allungando una mano verso Morales che, con una potente spinta da parte di Patterson raggiunse il bordo della botola e si issò vicino a lei.
“Ti avevo detto di tornare giù appena aperta al botola.” sibilò Elijah a Cardinale che lo guardò con blando compatimento.
“Mi sembra di ricordare che Scott abbia detto che sul campo il capo ero io.” gli disse con voce annoiata mentre David raggiungeva Morales al suo fianco “Quindi, da qui in poi, evita di comportarti da bacchettone e fai finta di ascoltare quello che dico.”
Elijah stava per replicare quando Patterson lo afferrò brutalmente e quasi lo lanciò verso l’apertura della botola dove fu aiutato da Morales e David. Quando tutti furono risaliti (e per tirare su Patterson fu necessario l’aiuto di tutti e sei i Runners)  i sette si guardarono intorno sospettosi. Erano in un vicolo buio e umido: un rombo di motore in azione riempiva le orecchie potentissimo e vicino ma, per lo meno, l’odore era quasi normale.
“Qualcuno ha qualche idea su dove siamo finiti?” domandò David, spaesato.
“Direi che siamo vicini ai motori di Orion” propose Patterson annusando l’aria “C’è odore di olio, metallo e l’inconfondibile puzzetta del liquido di propulsione dei motori.”
“Cavoli, ci siamo spazzolati chilometri e chilometri di fognature.” mormorò David, impressionato.
“Sì, però adesso che succede?” domandò Morales nervoso “Da qui in poi non abbiamo più indicazioni.”
“Non ne avete più bisogno.” disse chiara e forte una voce dietro di loro. Tutti e sette si girarono contemporaneamente con le pistole puntate mentre una figura sottile e sinuosa usciva dall’ombra.
“Hei, non pensavo sareste stati così contenti di vedermi.” sorrise Lucy alias Mick Jagger uscendo dall’ombra e piazzandosi sotto la luce, ben in vista.
*             *             *
In un religioso silenzio, la Tau Centauri abbassò lentamente le armi, tutti concentrati sulla figura davanti a loro. Lucy si lasciò guardare ,un mezzo sorriso saputo che le incurvava le labbra: era una donna sui venticinque anni, alta e longilinea, piuttosto bella in verità. Di Mick Jagger aveva mantenuto gli occhi dorati e inquisitori. Guardava Cardinale con aperta curiosità, ignorando il lerciume che la ricopriva per concentrarsi sullo sguardo fiero.
“Um…sei carina.” disse Cardinale, sostenuta.
Lucy sorrise, mostrando bellissimi denti bianchi e forti che spiccavano sul viso liscio color caffelatte.
“Anche tu non sei male.” concesse, magnanima, avvicinandosi.
Le due si fissarono a lungo, incuriosite dalla loro insolita somiglianza: erano più o meno alte uguali, con la stessa corporatura sottile ma tonica, le stesse spalle dritte, lo stesso sguardo vigile e sospettoso. Sembravano la stessa persona vista in bianco e in nero: mentre Cardinale aveva la pelle chiara e occhi e capelli neri, Lucy aveva la pelle scura e occhi e capelli dorati. Una corrente di sotterranea e involontaria simpatia corse fra le due ragazze che accennarono contemporaneamente ad un vago sorriso.
 “Dio, avete un aspetto penoso. Che vi è successo là sotto?” continuò rimanendo a debita distanza, sicuramente a causa dell’odore non proprio delizioso che i sette emanavano.
“Abbiamo piacevolmente intrattenuto una colonia di clandestini in un brefing formativo.” annunciò Cardinale abbassando cautamente la pistola “Dal tuo aspetto, direi che la passeggiata per la tana del Morlock era a nostro uso e consumo.”
“Effettivamente, c’è una via meno ostica per arrivare qui” rispose Lucy candidamente “Comunque, complimenti!! Avete superato brillantemente la prova del fuoco. Adesso sì che possiamo parlare di cose serie.”
Si era avvicinata ancora un po’ e Cardinale, con una rapida occhiata sorpresa alla sua squadra, si accorse che li aveva tutti conquistati. Effettivamente, doveva ammettere che Lucy era piuttosto piacevole da guardare: quegli occhi dorati e la pelle scura, l’aria rilassata e le movenze feline, facevano sembrare lei, Cardinale, infagottata in abiti puzzolenti e appesantiti dal fango, coi capelli bruciati e la faccia stravolta, un vero e proprio rottame. Ma questo è l’ultimo dei miei problemi, pensò stizzita, non me ne frega un benemerito niente: solo che vedendo come si erano accesi gli sguardi di Morales, David, Elijah e Garrie notò a malincuore che gliene fregava, invece, eccome.
“Ho paura che dovremo rifare le presentazioni” annunciò Lucy gioviale “Siete completamente diversi dai vostri digi-alias su RockLand. Dai racconti di Polaris, scommetto che tu eri BlueMoon.”
David arrossì perché Lucy guardava proprio lui con sguardo canzonatorio.
“Hemm…David” lo presentò Cardinale precedendo Elijah di un pelo “E poi, Eric, Matt, Garrie, Elijah e Damon.”
Lo sguardo di Lucy sfiorò uno per uno, soffermandosi con particolare attenzione su  Garrie.
“La mitica Tau Centauri” mormorò Lucy con voce morbida, sempre guardandolo “E’ un piacere conoscervi in carne e ossa.”
“Dunque, adesso che si fa?” chiese a voce alta Cardinale per spezzare quell’attimo di imbarazzante riflessione “Una partitella a rubamazzo o sai se quaggiù c’è una lavanderia a secco?”
Lucy sorrise, guardandola con sincero apprezzamento: le si avvicinò e, senza preavviso, le prese la mano e la strinse leggermente, badando alle fasciature di fortuna che la avvolgeva. Sorpresa, Cardinale la lasciò fare, notando di sfuggita che sul dorso della mano destra di Lucy faceva bella mostra di sé un piccolo tatuaggio.
“Quanto mi piaci, capitano” disse gioviale Lucy, distraendola “Speravo proprio che ce la faceste ad arrivare qui. Aspettavamo solo voi per cominciare la riunione: ci siamo quasi tutti. Venite.”
Girò loro le spalle e si avviò verso il buio della galleria alla loro destra.
“Che sedere da competizione!” mormorò Garrie all’orecchio di Morales, di nuovo in forma come prima di infilarsi nelle fogne. Patterson lo guardò con rimprovero.
“Schioda gli occhi dalle sue zone basse e tienili aperti per vedere se ci attaccano, depravato. Se c’è una donna in giro non ti accorgi nemmeno di essere triturato da un Panzer pur di guardarla.”
Garrie fece spallucce, per niente scosso, e si avviò alle spalle di Elijah. Il corridoio buio era in realtà molto corto: Lucy armeggiò con la leva di un pesante portone a tenuta stagna e pochi secondi dopo, i Runners furono investiti da una zaffata di aria calda e da una forte luce al neon. Istintivamente, si ripararono gli occhi con le mani, accecati dopo tante ore passate al buio.
“Benvenuti nella vera Tana del Morlock.” disse la voce di Lucy, trionfante varcando la soglia per prima.
*             *             *
Quando gli occhi si riabituarono alla luce, Cardinale lasciò spaziare lo sguardo intorno, radiografando velocemente la nuova situazione: erano in un locale non tanto ampio che aveva tutta l’aria di essere un magazzino in disuso. Agli angoli stavano ammonticchiati grossi tubi rotti e pezzi di ricambio arrugginiti, latte polverose di olio per motori, bidoni vuoti pieni di rottami. Al centro della stanza era stato piazzato alla bell’è meglio un tavolone scalcinato e delle sedie spaiate. Alcune persone sedevano attorno al tavolo e si girarono a guardarli quando entrarono: due giovani donne dall’aria incuriosita e attenta. Una delle ragazze era indubbiamente l’animatrice di Polaris: lo si capì dall’identico sorriso che le fiorì in faccia, pieno di sfacciati denti d’oro e dall’espressione saputa del viso. Alzò una mano per salutare i nuovi arrivati e Cardinale notò che sul dorso della mano destra aveva un tatuaggio molto simile a quello di Lucy. L’altra ragazza, una tizia magra e bianca come un cadavere, stringeva allusivamente un ingombrante fucile mitragliatore tra le mani e aveva tutta l’aria di saperlo usare piuttosto bene. Nel complesso, Lucy e le altre due messe insieme risultavano un gruppetto di donne dalla bellezza davvero sorprendente, cosa che Garrie, Damon e Morales sembrarono apprezzare.
“Eccoci qui” esordì Lucy sedendosi con grazia su una delle sedie sgangherate intorno al tavolo “Immagino che avrete riconosciuto Polaris.”
“Nora.” si presentò la donna, senza troppa cordialità.
“L’altra ragazza è Denise, digi-alias Keith Richards su RockLand.  Immagino che vorrete darvi una ripulita, prima di cominciare a parlare.” disse Lucy analizzando con occhio critico i loro vestiti sporchi e maleodoranti “C’è un bagno da questa parte e abbiamo anche qualche vestito di ricambio. Immaginavamo che, se foste arrivati, ne avreste avuto bisogno.”
“Veramente non ci siamo macinati chilometri di fognature per venire a lavarci in compagnia.” sentenziò precipitosamente Cardinale, memore delle sue nudità sotto al maglione di Garrie: si sedette decisa al tavolo con Nora e Denise che arricciarono i nasi quando arrivò loro l’odore di fogna di cui era impregnata “Ci avete fatto andare voi in quel delizioso labirinto, no? Scommetto che non vi darà troppo fastidio sorbirvi la nostra puzza.”
Elijah andò a sedersi di fianco a lei e così gli altri, anche se erano poco convinti, soprattutto Damon che pur di farsi una doccia avrebbe ammazzato suo fratello. Lucy si rassegnò e andò a sedersi di fianco a Garrie che le rivolse un sorriso scintillante.
“Immagino che a questo punto vogliate sapere qualcosa di più su di noi.” sentenziò Lucy assumendo un tono di voce professionale: tutti i presenti sembrarono silenziosamente mettersi sull’attenti.
“Immagini giusto.” confermò Cardinale. Il suo sguardo corse da Nora a Lucy, aggrottato, mentre una strana sensazione di deja-vù le passò fugacemente nelle ossa: qualcosa di sbagliato? Era la stessa sensazione che l’aveva pervasa un attimo sulla piattaforma RockLand….decise di ignorare la sensazione, per il momento.
Denise sembrava particolarmente nervosa: girava lo sguardo sui sette, dubbiosa, e su Lucy che alla fine appoggiò i gomiti al tavolo e prese la parola, decisa.
“Non so voi, ma essere tutti qui mi fa un effetto strano” esordì con un sorriso “Trovare Masterson non sarà affatto facile, ma credo che tutti quanti siamo sufficientemente motivati per raggiungere lo scopo…comunque ci si arrivi.”
“Il motivo che muove noi è abbastanza chiaro” intervenne Cardinale, adamantina “Masterson e il nemico numero uno, colui che sparito nel nulla dalle viscere del Mattatoio, sfuggendo al giudizio del consiglio delle Orion e, soprattutto, dall’ira della Tau Centauri. Sono anni che lo cerchiamo, sperando in un qualsiasi informazione per poter mettere le mani sul di lui. Masterson, in poche parole, è la nostra Nemesi. Quello che ancora ci sfugge è il motivo che muove voi.”
Lucy le lanciò uno sguardo di aperta simpatia.
“Giusto, capitano, giustissimo” rispose con gli occhi scintillanti “Purtroppo, io, Nora e gli altri non abbiamo la stessa vostra nobiltà d’animo e quello che ci spinge a cercare Masterson non è di carattere così ideologico.”
“Noi lo facciamo per vendetta” si intromise bruscamente Nora con aria di sfida “E per una montagna di crediti, a dirla tutta.”
 “Spiacente, ma io sono in bolletta.” dichiarò Patterson immediatamente e Nora e Denise risero nervosamente.
“Per essere precisi, noi vogliamo mettere le mani su Masterson….e sul suo malloppo” lo rassicurò Lucy “Forse siete al corrente del fatto che la considerevole fortuna del presidente della Ars Space Corp. è svanita nel nulla insieme a lui. O almeno, così si pensa nell’immaginario collettivo. Comunque, una volta eliminato lui, qualcuno dovrà pur prendersi i suoi crediti, e noi saremo lì per quello.”
“Quindi?” tagliò corto Cardinale. Lucy sembrò prendere tempo, cogitabonda.
“Abbiamo ragione di credere che Masterson, l’uomo più potente di tutte le Orion, sia adesso costretto a nascondersi chissà dove. Molto probabilmente proprio, qui, nelle fogne.”
“Ma dai” proruppe Damon, incredulo “Chi vuoi che verrebbe a nascondersi in questo buco puzzolente…”
“Un sacco di gente” intervenne Nora serafica “Tutti quelli che non vogliono avere a che fare col CDI…Tutti quelli che si vogliono liberare dalla vigilanza continua del consiglio…tutti i ribelli nel vero senso della parola.”
“Vuoi dire che voi vivete qui?” domandò Morales, trasecolato. Nora e Denise annuirono e Morales le guardò a bocca aperta, come se fosse davanti a un mistero della natura.
“Non è così brutto” si difese Nora, ironica “Abbiamo anche noi i nostri svaghi. Certo, l’odore…ma dopo un po’ ci fai l’abitudine. Abbiamo sentito di peggio, credimi. E poi, abbiamo i computer ed i nostri de-digitalizzatori…”
“Torniamo a Masterson” la interruppe bruscamente Cardinale “Avete già idea di dove si possa nascondere?”
“Diciamo che sappiamo di per certo dove NON si può nascondere” rispose Lucy salottiera.
“Ottimo inizio.” ringhiò Elijah, cupamente.
 “Orion 3W è grande, ma non infinita.” ribattè Lucy con un sorriso “E Masterson ha lasciato una traccia…debolissima, ma pur sempre una traccia.”
“Devo andare in bagno” mormorò David con voce colpevole rompendo il silenzio in cui era caduto da quando si erano seduti. Denise si alzò per accompagnarlo mentre Cardinale e Morales si scambiavano uno sguardo carico di cupa consapevolezza. Sembrava ad entrambi di essere vicini a qualcosa di grosso, e il miraggio di poter mettere le mani su Masterson faceva prudere ad entrambi le mani.
“Allora, localizzare Masterson sarà la prima mossa che intendi fare?” chiese Cardinale a Lucy mentre questa si accendeva una sigaretta.
“Ovviamente. Anzi…con voi in ballo, sarà lui a trovare noi. La Tau Centauri è un bocconcino molto saporito per quello squalo, ed ha motivo di avercela con voi per un miliardo di buoni motivi. Sapete che non si darà pace finchè non vi avrà fatto fuori uno per uno! Sarà felice di potervi incontrare qui, nel suo territorio.”
Di nuovo Morales e Cardinale si scambiarono uno sguardo trasecolato. Oh, certo, Masterson sarebbe stato felicissimo di vederli e loro di vedere lui. Vederlo molto da vicino e possibilmente morto.
“Hai intenzione di usarci come esca?” cinguettò Cardinale mentre con la mente stava alacremente valutando le possibilità di quella soluzione.
“Sono certa che Masterson vi segue da vicino da un sacco di tempo” annuì Lucy, sicura “Non sarei sorpresa se sapesse che siete proprio qui, in questo momento. E’ sempre stato molto bravo a spiare e demolire i suoi nemici.”
“La cosa ci lusinga oltre ogni dire.” borbottò Morales, corrucciato.
“Io sono certa che la Tau Centauri sia l’unico punto debole di Masterson. E voi vi siete dimostrati assolutamente all’altezza di…”
“Sshh!” intervenne d’un tratto Patterson allargando le braccia imperioso e aggrottando le sopracciglia in una espressione attenta.
“Cosa…” iniziò Lucy irritata, poi lo sentì anche lei. Un sibilo leggerissimo, quasi impercettibile, ma riconoscibile da chi aveva a che fare con le armi moderne: una bomba.
*             *             *
Il silenzio d’accusa che sovrastò le persone raggruppate intorno al tavolino si sarebbe potuto tagliare col coltello. L’espressione del viso di Lucy passò repentinamente dalla sorpresa alla rabbia più feroce. Nora, invece, era rimasta impietrita con le mani appoggiate sul tavolo.
“Voi…” ringhiò Lucy, ma Cardinale non la lasciò nemmeno iniziare.
“A che gioco stai giocando, dannazione?” ruggì alzandosi improvvisamente in piedi, fino a rovesciare la sua sedia.
Patterson si chinò bruscamente a guardare sotto il tavolo e rialzò rapidamente la testa, scostandosi così in fretta dal tavolo da rovesciare anche lui la sedia all’indietro, la faccia arricciata in una smorfia, seguito di riflesso da Garrie, Morales, Damon ed Elijah.
“Merda!! C’è una bomba sotto il tavolo!”
Prima che Lucy, Nora e Cardinale potessero muoversi ulteriormente, Patterson aveva afferrato il congegno sotto il tavolo, strappandolo dalla sua sede con violenza, e l’aveva gettato lontano con tutta la forza del poderoso braccio…ma era lo stesso troppo tardi. La bomba scoppiò in aria in un boato assordante. Una luce accecante investì Cardinale mentre una mano gigantesca la colpiva nello sterno, facendola volare a parecchi metri di distanza. Come al rallentatore, vide la forza d’urto della detonazione colpire Lucy e mandarla a sbattere con forza contro una pila di inutili taniche vuote che rotolarono via come tanti birilli impazziti. Elijah e Garrie caddero seduti con le mani sulla testa, mentre Morales rotolava sotto una pila di ferraglie. Nora venne lanciata in alto e per un attimo la sua figura a braccia aperte sembrò quella di uno scuro Cristo femminile contro la luce accecante dell’esplosione: poi, la sua testa si disintegrò contro un macchinario ferruginoso, sparpagliando sangue e capelli contro il muro. Sorpresa, avvolta in un bozzolo d’irrealtà, Cardinale si chiese fuggevolmente chi diavolo avesse avuto la possibilità di piazzare una bomba sotto il tavolo, e soprattutto perché. Il fumo che le riempì improvvisamente i polmoni già provati dall’acido delle fogne le mozzarono il respiro in gola, spazzando via qualsiasi altro pensiero che non fosse l’immediata sopravvivenza. Ma, mentre la testa cozzava violentemente contro il muro, il suo ultimo pensiero razionale fu che, maledizione, se lo dovevano proprio aspettare un finale del cavolo come quello.
*             *             *
Cardinale si svegliò disturbata dal noioso cicaleccio di mille uccellini dispettosi. Prima ancora di avere aperto gli occhi, si rese conto che gli uccellini in realtà erano le voci garrule delle infermiere e che lei si trovava distesa in un letto di ospedale: se ne accorse dal paradisiaco profumo di pulito e di disinfettante che pervadeva tutta l’aria intorno al suo naso. Ancora imbambolata, fece un inventario veloce dei suoi arti e degli organi interni e le sembrò di avere ancora tutto intatto, almeno in apparenza. Girò la testa e finalmente aprì gli occhi alla luce accecante dei neon. Era in una camera di ospedale, infatti, su Orion 3W. Tentò di ricordarsi cosa le fosse successo per finire lì: dunque, le fogne, la Tana del Morlock, Lucy…Masterson…poi? Ma certo…la bomba! E la sua squadra? Era quasi certa che, se lei era ancora viva, dovevano esserlo anche gli altri e qualcuno di loro doveva essersi preso la briga di riportarla indietro, evidentemente. E Lucy, Nora e Denise? Che fine avevano fatto? Provò ad alzare un braccio e ci riuscì, pur trovandolo molto pesante e sforacchiato da inutili aghi collegati a tubicini trasparenti. Anche l’altro si mosse senza problemi. Sollevarsi a sedere fu più problematico: il suo addome era ricoperto di lividi di tutte le forme e le dimensioni, come un grottesco arcobaleno. Mentre si ributtava esausta contro il cuscino, la porta si aprì e una testa sbucò tentennante.
“Hei” disse la voce di Elijah, rauca ma sollevata “Ti sei svegliata finalmente.”
“Che è successo?” chiese Cardinale, sollevata di vederlo ancora vivo e vegeto. Elijah entrò nella camera e si sedette sul letto, tenendosi una mano sul petto con precauzione.
“Bisogna vedere fin dove ti ricordi” disse poi con un sorriso “Stai bene?”
“Più sbattuta di una maionese” ammise Cardinale con un sorriso mesto “Gli altri?”
“Tu e Morales siete stati quelli che hanno avuto la peggio” le rispose Elijah con tono leggero “Fortuna che la bomba non ci è scoppiata sotto il tavolo: a quest’ora saremmo tutti sparpagliati sulle tubature delle fogne in pezzettini sanguinolenti, sennò. Invece, grazie al poderoso lancio del prode Patterson, abbiamo riportato solo danni marginali.”
“Com’è che siamo finiti qui?”
“Io e Damon siamo rimasti più riparati degli altri grazie al corpaccione di Pat” annunciò Elijah con un sorriso storto “E anche David ci ha raggiunto incolume: era andato in bagno, ricordi?”
“Sì, insieme a Denise.” Annuì Cardinale, pensierosa.
“Già. Solo che Denise è sparita nel nulla, dopo l’esplosione. E anche Lucy. E anche il corpo di Nora è sparito, anche se abbiamo visto tutti che fine ha fatto. Poveretta, è l’unica che ci ha lasciato le penne. Comunque, io, Damon e David, con voi in spalla, siamo risaliti per le fogne finché non siamo riusciti a riprendere le comunicazioni col CDI, abbiamo chiamato rinforzi e adesso…eccoci qui.”
“Meraviglioso” borbottò Cardinale, frustrata “Immagino che Scott abbia fatto salti di gioia sapendo che eravamo nel bel mezzo di una missione non propriamente approvata dal CDI.”
“Scott è stato molto comprensivo” sorrise Elijah “Ci ha esonerato dal servizio con effetto immediato. C’è mancato un pelo che non ci mettesse agli arresti, a dire il vero, ma io e Damon gli abbiamo rifilato una bugia abbastanza convincente da tenerlo buono. Metaforicamente parlando, s’intende.”
“Allora non gli avete fatto il nome di Lucy?” chiese Cardinale speranzosa.
Elijah scosse il capo con molta serietà.
“Né il suo né quello di Masterson. Altrimenti, ci saremmo svegliati già impacchettati nelle nostre crio-bare, immagino.”
“Effettivamente, sarebbe stato un bel guaio.” sospirò Cardinale, chiudendo gli occhi.
Elijah le sorrise e le accarezzò una guancia, molto dolcemente.
“E’ stata una missione liscia come l’olio, vero capitano?” mormorò ironico.
“Di una noia mortale” sospirò Cardinale con una smorfia buffa “Che catafascio. Eppure, Lucy sembrava così sicura di poter trovare Masterson…”
“Già. Masterson.” replicò Elijah, stranamente asciutto. Cardinale lo guardò incuriosita.
“Non sembri molto felice di sapere che potremmo avere un indizio per rintracciarlo.” mormorò con un vago tono di accusa. Elijah la guardò in tralice.
“Ormai lo avevo dato per perso” ammise controvoglia alla fine “Questa storia è diventata parecchio più grande di noi e ci è sfuggita di mano.”
“Andiamo, Elijah, non vorrai dirmi che vuoi mollare?!” esclamò Cardinale, incredula.
“Dobbiamo pensare bene a quello che intendiamo fare.” mormorò Elijah e la fronte di Cardinale si corrugò dubbiosa.
“Ummm…sono d’accordissimo. Ci sono delle cose che vanno chiarite, prima. E anche delle cose che mi sfuggono…ma sono certa che prima o poi saranno spiegate.”
“Sempre che il tuo unico neurone ritorni dalle fogne” sorrise Elijah prontamente “A quanto pare è rimasto sommerso dal liquame chimico ed ha subito…come ha detto Morales? Una mutazione?”
In quel momento, la porta venne di nuovo aperta per far entrare la faccia pesta di Patterson, se possibile ancora più accigliata del solito.
“Oh, non state ancora facendo sesso?” tuonò come se fosse allo stadio “Elijah, stai perdendo colpi: di solito in dieci minuti hai già fatto tutto.”
“Guarda che è Garrie quello che ha il DNA di un coniglio da riproduzione” ribatté Elijah noncurante “Io ho tempi più lunghi. Quindi, smamma, microcefalo.”
“Il tuo tempo è scaduto…anche un bradipo sarebbe stato più veloce di te.” ribatté Patterson piacevolmente, ignorando bellamente la richiesta di Elijah ed entrando deciso nella stanza.
“Diamine, la bertuccia è ancora viva.” rombò con un lampo divertito negli occhi quando vide Cardinale che gli sorrideva, felice di vederlo “Ma che dobbiamo fare per togliercela definitivamente dai piedi? Una bomba H?”
“Certo che è proprio un toccasana avere degli amici premurosi che corrono al tuo capezzale.” sospirò Cardinale con aria sognante, mentre in lenta processione la squadra Tau Centauri al completo entrava nella sua stanza, ognuno di loro rappresentante vari stadi di lesioni corporali. Morales, con un braccio al collo e l’aria sofferente, sembrava quello più provato, Garrie aveva un improbabile turbante di bende che lo faceva sembrare uno sceicco cinematografico e Damon zoppicava vistosamente con un piede fasciato.
“A quanto pare ci siamo ancora tutti.” sospirò Cardinale.
“Neuroni esclusi, sì, direi che ci siamo tutti.” gorgheggiò Garrie sempre ilare come se fosse a una festa paesana.
“Dobbiamo riuscire ad indire una riunione al più presto” sentenziò Cardinale decisa “Questa storia della bomba puzza più delle ascelle di Pat…dobbiamo capire chi e perché l’ha piazzata.”
“Riunione o no, credo che la mossa più giusta sarebbe cercare Lucy e chiedere a lei cos’è successo.” rimuginò Morales, interrotto da Elijah che cominciò a spintonarli verso l’uscita.
“Ne parleremo dopo” tagliò corto “Oggi avete tutti la giornata libera. Non voglio vedere le vostre brutte facce fino a domani.”
“Giusto, ragazzi, adesso tutti fuori di qui” sentenziò Cardinale mettendosi seduta e cominciando ad armeggiare con le flebo attaccate alle braccia “C’è una certa signora momentaneamente intubata che ha un appuntamento dal parrucchiere.”
“Non possiamo guardare mentre ti tolgono il camice?” provò Garrie mentre Morales lo spingeva ridacchiando fuori dalla stanza, seguito dagli altri.
“Dio, che spiritoso…” brontolò Cardinale “Quelle bende intorno alla testa servono per contenere il tuo straripante umorismo?”
“Servono per evitare che mi esca il cervello, quando ti vedo in pericolo.” mormorò Garrie, semiserio, uscendo subito dopo. Elijah fu l’ultimo ad uscire: sostò sulla porta, così indeciso e titubante che Cardinale provò un immediato moto di simpatia e tenerezza per lui. Alla fine però Elijah sembrò arrendersi: alzò fiaccamente la mano in segno di saluto e sorrise mestamente.
“Bè…buon parrucchiere, Jude. Ci vediamo.”
Cardinale sorrise furbescamente mentre la porta si chiudeva alle spalle di Elijah.
“Ci vediamo, sì…molto, molto presto.” mormorò eccitata come una liceale scendendo decisamente dal letto.
*             *             *
Spia era il suo nome e Vendetta il suo cognome.
Aspettava nervoso mentre davanti a lui il computer ronzava abbattendo silenziosamente la ragnatela di inutili schermi che il CDI tesseva attorno agli abitanti delle Orion. Come se servissero a qualcosa, pensò sprezzante: gli ci era voluto meno di un secondo ad aggirare i loro ridicoli intralci, e presto la comunicazione sarebbe stata forte, chiara e assolutamente invisibile. Era teso. Il suo infallibile piano era andato a rotoli, proprio sul più bello! La Tau Centauri era venuta in contatto con Lucy: un’occasione d’oro per sterminarli tutti insieme, per spazzare via tutto il marciume con un’unica, potente mano di Dio! Ma quel maledetto guerrafondaio …aveva mandato a monte il piano del capo. Per un pelo! Maledizione! Quei maledetti stupidi erano ancora in circolazione! Ma per poco ancora: il capo aveva sicuramente un piano alternativo. Ne era certo! Sorrise, serafico: che gran giorno sarebbe stato, quello della completa, totale, definitiva distruzione della Tau Centauri!! Basta Tau Centauri. Basta nemici che pugnalavano alle spalle. Il ritorno al Potere era stato a portata di un soffio! Non tutto era perduto, però: il capo aveva certamente altri assi nella manica da giocarsi. Il consiglio delle Orion sarebbe stato in mano loro tra pochissimo tempo. Alla Spia, a dire in vero, importava poco di impossessarsi del Consiglio delle Orion: quello che gli importava era la distruzione completa e definitiva della Tau Centauri. Oh, sarebbe stato meraviglioso vederli crepare tutti insieme, senza nemmeno sapere perché…anzi, magari all’ultimo secondo un assaggino del perché e del come avrebbe anche potuto concederglielo…la Tau Centauri, pluridecorata squadra di Runners, fautrice del primo e anche del secondo sconvolgimento governativo delle Orion!!
Il computer emise un bip discreto ed egli si mise alla tastiera, eccitato. Attivò una chiamata e attese, impaziente, la risposta. Il viso del capo comparve sullo schermo: aveva un’espressione misuratamente corrucciata, ma sotto la calma apparente si intravedeva un’ansia febbrile.
“La bomba non ha funzionato.” disse con un terribile tono d’accusa.
“Lo so.” Rispose la Spia. Che altro poteva dire?
“Lucy è scappata. La Tau Centauri è ancora in circolazione. Eravamo così vicini…”
Il capo respirò a fondo per calmarsi e la Spia attese, paziente.
“Ora la Tau Centauri cercherà Lucy” disse il capo, deciso “Ma se lei ha mangiato la foglia, e sono sicuro che è così, non si farà trovare molto facilmente. Dobbiamo trovarla prima noi. Loro non devono sapere di lei. Non devono assolutamente!”
“Come?” chiese la Spia, affranta.
“Con tutti i mezzi” tagliò corto il capo “Tu attaccati alla Tau come una zecca e non mollarli mai.”
“Sarà fatto.” promise precipitosamente la Spia.
“Bene. Molto bene.” disse l’uomo e la Spia sorrise raggiante, sapendo quanto l’uomo fosse parco di lodi.
“Alla fine di tutto questo, moriranno come bestie.” sibilò l’uomo con un tono di odio così puro che fece rabbrividire immediatamente la Spia.
“Sì, capo.”
Prima di chiudere la comunicazione, la Spia vide la faccia dell’uomo sorridere, e i peli delle braccia gli si rizzarono dal disgusto. La Tau Centauri avrebbe riconosciuto fra mille quel sorriso che era quello gelido e terribile dell’Apocalisse. La maschera che celava la furia più nera era fusa con i lineamenti di Masterson, il Nemico Numero Uno, che aspettava solo il momento giusto per perpetrare la sua tanto attesa vendetta.
 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 : Cuori infranti ***


Cardinale uscì dal negozio del parrucchiere seguita dallo sguardo traboccante di soddisfazione del proprietario: effettivamente, doveva ammettere che quel ridicolo ometto che sventolava parecchio le mani aveva fatto un ottimo lavoro, trasformando la matassa informe dei suoi capelli bruciacchiati in una chioma invidiabile. Certo, adesso erano parecchio più corti, pensò toccandosi le ciocche morbide che le sfioravano appena le spalle…ma dalle occhiate ammirate che le rivolgevano i passanti, pensò che andava comunque bene così. Si trastullò con l’idea di fermarsi a comperare anche un vestito…quelli che aveva addosso, forniti dal CDI all’uscita dell’ospedale, la facevano sembrare un insaccato del secolo precedente. Si fermò davanti ad una vetrina, dove un abitino rosa di morbido e costoso PlatinumTex molto corto e molto scollato sembrava supplicarla di comprarlo. Tentennò, dubbiosa: poi entrò decisa nel negozio e ordinò al commesso di farle provare il vestito con piglio militaresco. Lo indossò e, girandosi verso lo specchio tridimensionale, vide che le stava d’incanto. Fuggevolmente, il ricordo di una certa Jude vestita di rosa le passò nella testa come una meteora (niente dura per sempre…), ma Cardinale lo scacciò irritata. Non aveva mai comprato un vestito del genere: era troppo sfacciatamente femminile e faceva vedere un po’ troppa pelle per i suoi gusti. Ma la faccia incantata del commesso (e la prospettiva di indossarlo davanti ad Elijah) la convinse: pagò una somma davvero esorbitante prima di cambiare idea e si tenne addosso il vestito mentre usciva di nuovo sul ponte principale di Orion 3W. Aveva preso una decisione importante al salone di bellezza, a metà tra lo shampoo e l’impacco energizzante: sarebbe tornata da Elijah e gli avrebbe parlato. Evidentemente, aveva bisogno della compagnia di un uomo, o non si sarebbe sentita così debole nei confronti di…degli altri. La sua mente rifuggiva con così tanta convinzione da quel nome che le ronzava nella testa che il suo passo si fece ancora più spedito mentre si incamminava verso l’appartamento di Elijah. E poi, ammise a se stessa arrossendo segretamente, Elijah provava ancora sicuramente qualcosa per lei, l’aveva capito benissimo mentre erano nella tana del Morlock, da cui il desiderio di comprare il vestito rosa…Si ripromise di essere molto, molto paziente. E anche accomodante. Bè, non esageriamo, pensò poi ridimensionandosi. Arrivò davanti all’ingresso di quello che era stato il loro appartamento emozionata e confusa come una ragazzina e con il cuore che le batteva veloce nel petto. Prima di ripensarci o farsi prendere dal panico, aprì la porta con la scheda magnetica che aveva conservato ed entrò nell’appartamento chiudendosela subito alle spalle. Il profumo di Elijah che permeava la casa la aggredì subito, provocandole un insolito languore dalle parti del cuore. La stanza era vuota e dal bagno giungeva lo scroscio attutito dell’acqua corrente. Elijah stava facendo la doccia, senza canticchiare (e stonare ignominiosamente) come era invece suo solito fare. Cardinale decise prudentemente che era meglio aspettarlo in salotto. Aveva il vestito rosa nuovo e per niente al mondo avrebbe rinunciato a vedere la sua faccia quando fosse uscito. Si guardò intorno, per distrarsi: sul divano giacevano scomposti i vestiti di ricambio che Elijah aveva indossato all’uscita dell’ospedale; un bicchiere a metà di cognac aspettava il suo turno sulla mensola e  il computer portatile era aperto e acceso sul tavolo di plastica. Come screensaver c’era la Tau Centauri sulla DDW di loro proprietà che sguazzava nella Jacuzzi di Pat. Quel filmato risaliva a due anni prima, quando ancora Elijah era capitano della squadra. Un’improvvisa, folgorante nostalgia si insinuò in Cardinale mentre guardava Morales e Garrie che afferravano una Cardinale in costume pre-bellico e la buttavano di peso in piscina, sollevando grandi spruzzi d’acqua. Lentamente, si avvicinò al computer e mosse il mouse per cancellare l’immagine: non era il caso di farsi prendere dalla malinconia proprio adesso, no? Ci sarebbero state ancora migliaia di occasioni per ritornare alla Jacuzzi tutti insieme… Lo sguardo di Cardinale stava per scivolare indifferente sullo schermo che si era aperto su una pagina di testo quando fu attirato da un nome che Elijah aveva scritto. Incuriosita si avvicinò ancora di più e lesse, ignorando bellamente la vocina oltraggiata nella sua testa che la informava che stava spiando. Il testo era un promemoria informale. Scorse velocemente i dettagli della gita nella tana del Morlock, alcune riflessioni personali…poi…La sua faccia impallidì gradatamente, come se il sangue defluisse dal suo corpo goccia a goccia. Inchiodata davanti allo schermo, gli occhi spalancati, il viso immobile, sentì a poco a poco i rumori allontanarsi sostituiti dal battito pesante e lento del suo cuore. Incredulità. Sospetto. Un accenno di dolore e delusione…e poi, scintillante e potente, la rabbia, che spazzò via tutto il resto, misericordiosamente, incendiando i pensieri di pura, benedetta, autentica furia. Non si era nemmeno accorta che lo scroscio della doccia era terminato: Elijah comparve sulla soglia del soggiorno con un asciugamano annodato in vita. Per poco non gli prese un colpo quando vide una figura  ritta in piedi rigidamente di spalle in mezzo alla stanza con un improbabile vestito rosa addosso. Solo dopo qualche secondo la riconobbe come Cardinale.
“Jude!” esclamò col cuore che gli batteva veloce per lo spavento, la sorpresa…e per la gioia di vederla finalmente di nuovo a casa. Fece un passo verso di lei, che non aveva risposto e continuava a voltargli le spalle. La rigidezza della sua nuca e la contrattura delle braccia lo fermarono.
“Jude?” ripeté, incerto.
Cardinale si voltò e quello che Elijah lesse nei suoi occhi quasi lo fece indietreggiare, sconvolto.
“Tu…bastardo…lurido bugiardo doppiogiochista…” mormorò Cardinale senza quasi muovere le labbra.
Con una rapida occhiata alle sue spalle, Elijah vide lo schermo del computer aperto sul suo promemoria e tutto gli fu chiaro: le spalle gli si abbassarono di colpo e la bocca perse improvvisamente di sensibilità.
“Jude…lascia che ti spieghi.” tentò di dire, scoraggiato in partenza.
“Sapevi tutto…” mormorò Cardinale, ignorandolo: la sua voce trasudava disprezzo e disgusto “Lucy…Lucy!! E Masterson…”
“Jude, io…sono il capo dei SuX” la interruppe Elijah, stancamente “Sono dei servizi segreti delle Orion. Avrei tanto voluto dirtelo, ma non potevo… ”
“Già. Hai preferito tentare di sbattermi fuori dal CDI. Mentirmi, usarmi. Me e tutti i tuoi amici. Complimenti vivissimi, signor generale.”
“Era una questione di sicurezza nazionale.” disse piano Elijah: sembrava di colpo più vecchio e molto, molto esausto.
“Ficcatela dove dico io, la sicurezza nazionale!” sibilò Cardinale “Ci hai tenuto all’oscuro…e sapevi dall’inizio. Polaris. Lucy. Masterson!!”
“Jude…ho cercato di tenervi fuori da tutto…”
“Facendomi licenziare? Ottimo metodo, generale!”
“Tu non puoi capire” mormorò Elijah, vinto “Sei troppo impulsiva. Se solo ci pensassi un attimo…”
“E io che pensavo addirittura di tornare da te. Che maledetta stupida.”
Finalmente la voce dura di Cardinale si spezzò, facendo accartocciare di pena il viso di Elijah.
“Jude, ti prego..”
Cardinale si allontanò di scatto verso la porta, senza nemmeno guardarlo negli occhi: la sua voce gli giunse in un sussurro carico di ira, di disprezzo e di rimpianto che ferì Elijah come una lama piantata nel cuore.
“Sa, generale Benson, in questa casa abitava un uomo onesto…un amico, un collega, l’uomo che amavo. Non so cosa ne abbia fatto lei di questa persona. Se lo rivede, gli dica addio da parte mia.”
Elijah sentì la disperazione montargli dentro. Fece un passo verso Cardinale, che si allontanò subito di riflesso.
“Jude, lasciami spiegare…è proprio perché sono un Runner che ho fatto quello che ho fatto..”
“No, generale” mormorò Cardinale senza guardarlo “Il Runner che era in lei è stato ucciso dal capo dei SuX.”
“Jude…”
“Non dire Jude!” gridò Cardinale aprendo la porta di scatto “Sono il capitano Cardinale per lei. A mai più rivederci, signor generale.”
Uscì senza nemmeno sbattere la porta. Passarono almeno 10 minuti prima che Elijah trovasse la forza di ricominciare a respirare.
*             *             *
Garrie fu svegliato da un rumore fastidioso e insistente: quando capì che era il video telefono e che erano le tre e mezza di notte, decise di girarsi sul fianco, mandare a fare in culo chiunque fosse così scriteriato da chiamare a quell’ora e ignorare lo squillo. Ma dopo due minuti ininterrotti di belante insistenza, si arrese e accese il video telefono con un pericoloso broncio sulla faccia assonnata, maledicendo Morales nella stanza accanto che dormiva praticamente in stato di coma irreversibile.
“Se non ho vinto un miliardo di crediti alla lotteria, ritieniti morto o, quanto meno, evirato di brutto…” minacciò prima ancora di vedere chi era l’interlocutore. Si interruppe quando vide la faccia solitamente scanzonata del suo amico Richard, il barista dell’Anemy Pub.
“Ciao vecchia spugna, stavi dormendo?” esordì il barista ignorando le minacce di Garrie.
“No, stavo risolvendo qualche equazione matematica, così per passare il tempo” ribatté questi inacidito “Allora, che diavolo vuoi a quest’ora?”
“A dir la verità, non so se ho fatto bene a  chiamarti” rispose incerto Richard con un gran sorriso innocente “Ma qui la situazione sta degenerando e siccome tu la conosci e sai come gestirla vorrei sapere da te come mi devo comportare prima che inizi ad ammazzare qualcuno o cose così…”
Garrie, confuso, lo lasciò parlare mentre cercava di trovare le parole chiavi del discorso che potessero aiutarlo a decifrare quello che Richard stava tentando di comunicargli.
“C’è qualcuno di pericoloso lì al Pub?” intuì Garrie e Richard annuì entusiasta.
“Bè, sì! E’ entrata stasera che non sembrava nemmeno lei, una sventola con la minigonna… Mica me lo avevate detto che sotto quell’aria da colonnello in pensione c’era un così bel bocconcino! Tutto il pub si è girato a guardarla ma lei, con sta faccia di pietra come se qualcuno le avesse tolto il cervello dal cranio , ha cominciato a dire “Dammi da bere”, e vedessi quanto ha bevuto!! Ha resistito intera come un manico di scopa e con quegli occhi da morta fino alla fine della terza bottiglia, poi si è sgelata tutto d’un colpo: si è messa a ballare sul tavolo e tutti questi deficienti di sotto a guardarla sbavando come cani da caccia…adesso è qui che ce li ha tutti addosso, prima o poi qualcuno allungherà troppo le mani e lei, conoscendola, prenderà la pistola e spargerà il cervello di quel poveretto sul mio bancone del bar…non è che hai voglia di venire qui a dare un’occhiata?”
Garrie si massaggiava la fronte, esasperato e rassegnato allo stesso tempo.
“Hai il tuo servizio di sicurezza, no? E poi, se qualche sciroccata dà di matto  falla arrestare dal CDI. Io sono momentaneamente fuori servizio, sai? Capita anche a me, ogni tanto.”
“Oh, certo, pensavo anch’io di fare così…”
“Ecco, bravo.”
“…ma siccome è il tuo capo pensavo che magari volessi provare a convincerla…”
Lo sguardo di Garrie divenne improvvisamente attento e lucido.
“Cosa hai detto?” mormorò, anche se aveva capito benissimo e già iniziava ad afferrare i vestiti sparsi sul pavimento infilandoseli a casaccio.
“Stasera siete tutti molto strani” si lamentò Richard querulo “Il tuo capo, ho detto. Cardinale. Potreste venire a prenderla prima che mi distrugga il locale, grazie?”
Garrie non fece neanche finta di pensarci su: era già vestito prima ancora che Richard finisse di parlare.
“Stiamo arrivando.”
*             *             *
Meno di un quarto d’ora dopo Garrie, Patterson e Morales entrarono all’Anemy Pub tutti trafelati. Richard li aspettava davanti ad de-digitalizzatore, con le braccia incrociate sul petto e un’espressione sul viso a metà fra l’inquietudine e la meraviglia.
“Hei, ragazzi” disse fiacco senza staccare gli occhi di dosso a Cardinale “Fortuna che siete arrivati: i tizi lì intorno sembrano ormai cotti a puntino per saltarle addosso da un momento all’altro.”
Garrie gettò un’occhiata al locale e per poco non gli cascarono gli occhi dalle orbite: i pochi avventori rimasti a quell’ora notturna facevano cappello intorno ad una figura femminile che ballava su un tavolo al languido ritmo della musica. La donna era scalza, vestita con un vestitino rosa che risaliva sulle cosce ad ogni movimento del bacino: aveva un modo di muoversi lento e assente, come se non sapesse di essere al centro dell’attenzione o non le importasse. Ma era incredibilmente seducente e gli uomini intorno al tavolo sembravano tanti lupi pronti a buttarsi sulla preda appena questa avesse ceduto un attimo.
“Mi chiedevo sempre cosa ci trovaste in quel manico di scopa isterico” continuò piacevolmente Richard, placido “Insomma, non avete occhi che per lei e, francamente, non mi sembrava così speciale…Adesso, invece, capisco…”
“Ma è Cardinale?” domandò Patterson a fior di labbra che ancora non riusciva a credere ai suoi occhi.
“E’ lei, è lei.” confermò Richard ridacchiando .
Garrie taceva, la faccia aggrottata come raramente capitava di vederla: era, buon Dio, lo era davvero, arrabbiato. Vedere Cardinale su quel tavolo che danzava con aria lasciva e tutti sotto che la guardavano come se stessero per mangiarsela, gli aveva fatto andare il sangue al cervello in men che non si dica. Non aspettò nemmeno la risposta di Richard: a passo spedito si avvicinò al tavolo, spostando con leggeri ma decisi colpi di spalle gli uomini che dondolavano lì attorno. Salì sul tavolo con un agile salto e prese Cardinale per un gomito con piglio risoluto: lei si girò a guardarlo appena appena, gli occhi semichiusi e velati, sulla bocca un sorrisetto assente…era bellissima. E completamente sbronza.
“Sciao Garrie…” mormorò con una voce che veniva da lontanissimo. Garrie non l’aveva mai vista così: frastornato, pensò che era la prima volta che vedeva Cardinale così…vulnerabile. La cosa lo sconvolse letteralmente.
“Andiamo a casa, capo.” disse piano ma con un tale tono di comando nella voce che Cardinale annuì senza nemmeno sapere cosa le avesse detto.
“Hei, così ci rovini lo spettacolo!” esclamò uno dei tizi intorno al tavolo, ma bastò che Patterson si avvicinasse con aria minacciosa per farlo ammutolire e arretrare di un passo. Senza una parola, Garrie scese dal tavolo, aiutò Morales a tirare giù Cardinale ed insieme la trascinarono verso il de-digitalizzatore. Lei li seguì, docile e ondeggiante, sbattendo le palpebre come se si fosse appena svegliata da un lungo sonno, anche quando la infilarono nell’uovo di plexiglas e prepararono la sequenza di de-digitalizzazione. Rientrati al CDI, i tre videro Cardinale che, aiutata da uno sconvolto paramedico, cercava di rimanere in piedi, ondeggiando paurosamente, sempre con quell’espressione di vacua beatitudine stampata sulla faccia.
“Ragazzi” esclamò il medico con sollievo quando li vide “Ma che è successo al capitano?! Quasi non la riconoscevo così…”
Non trovando un termine che non fosse offensivo, arrossì vistosamente.
“E’ solo ubriaca.” tagliò corto Morales mentre Cardinale, mollando definitivamente gli ormeggi della ragione, iniziava a dimenarsi piagnucolando con una vocetta triste da spezzare il cuore. Prima che cadesse lunga distesa per terra, Patterson la prese in braccio facilmente come se fosse una bambola di pezza e lei cominciò a singhiozzare sulla sua spalla, farfugliando cose senza senso.
“Non sembra nemmeno Cardinale” mormorò Morales trasecolato “Se non fosse per la targhetta da Runner non la riconoscerei assolutamente. E’…così….sbronza!”
Cardinale intanto si era messa a blaterare del SuX, di Masterson, di Lucy e di tradimento, sputando fuori ogni tanto il nome di Elijah come se fosse un boccone avariato. Masticandosi furiosamente l’interno delle guance, ma senza profferire parola davanti agli sguardi imbarazzati di Morales e Patterson, Garrie trascinò tutti fuori dalla sede del CDI, miracolosamente vuota a quell’ora della notte. Si fermò davanti al blocco ascensori, indeciso sul da farsi: Cardinale intanto penzolava addosso a Patterson continuando il suo salmodiare, gli occhi semichiusi e l’aria bamboleggiante.
“Portiamola a casa nostra.” decise Morales per tutti quando capì che era la cosa migliore da fare.
“Eric” sussurrò Cardinale girandosi verso di lui, riconoscendolo “Ci ha tradito, Eric…che bas…bastardo…”
Morales la fissò in viso, aggrottato ed esterrefatto: lei riprese a piagnucolare con rassegnata disperazione e la situazione sarebbe sembrata anche comica, se solo Cardinale non fosse apparsa così triste. Sull’ascensore il suo piagnucolio diventò una specie di ululato imbarazzante e Morales cercò persino di tapparle la bocca.
“Diamine, Jude, chiudi il becco!” le mormorò allarmato all’orecchio “Ti sentiranno in tutta Orion 3W! Aspetta che arriviamo a casa prima di farti prendere da una crisi isterica!”
Per tutta risposta, Cardinale iniziò a singhiozzare ancora più forte, chiamando Garrie a gran voce come una disperata mentre Patterson la teneva a distanza di sicurezza dalla sua spalla, disgustato da tanto femminile abbandono.
“Senti, biondo, questa sta dicendo un rosario su di te: vedi di farla smettere.” incalzò rivolto a Garrie che si avvicinò a Cardinale, imbarazzato.
“Capo…hei, calma, benedetta donna.” mormorò con voce dolce.
Cardinale, quando si accorse di averlo vicino, pianse ancora più forte. Gli buttò le braccia al collo, rischiando di far cadere Patterson, Garrie e  lei stessa lunghi distesi sul pavimento e gli inondò il petto di calde lacrime mentre lui le batteva imbarazzato la mano sulla spalla.
“Forza, Cardinale…non fare così…” balbettava sconvolto: Morales e Patterson erano indecisi se scoppiare a ridere o iniziare a preoccuparsi per davvero.
“Quello schi-schifoso bu-bugiardo…” miagolava Cardinale con una litania senza fine “Elijah c-ci ha mentito… e tutti gua-guardano Lucy e lei è tanto be-bella… perché Garrie non mi chiama mai Jude?… “
Uno sguardo a metà tra il sorpreso e l’allarmato passò dagli occhi turchini di Garrie a quelli saputi di Morales mentre Cardinale continuava imperterrita il suo personalissimo rosario.
“Il suo computer era lì…b-bastardo bugiardo…s-sapeva tutto…E-lijah ci ha t-traditi e G-Garrie non mi chiama mai Jude…”
Patterson prese a sghignazzare con gli occhi scintillanti di sadico divertimento mentre Garrie, per la prima volta in vita sua, arrossiva guardando stupefatto il suo capo che grondava di lacrime.
“Senti, pigliatelo te questo sacco di patate piagnucoloso” suggerì spazientito Patterson scrollando la ragazza che piagnucolò ancora più forte “E fai in modo che chiuda quella fornace di bocca. Dalle una botta in testa, fai quello che vuoi ma chiudile il becco, o la strozzo.”
Garrie prese in consegna il corpo morbido e semisvestito di Cardinale: la sua testa gli ciondolò addosso e i suoi capelli gli fecero il solletico sotto il naso.
“Buona, Cardinale…va tutto bene, ora.” le mormorò all’orecchio con voce dolce e Cardinale, appoggiata la testa sulla sua spalla e rovistato un po’ con il naso contro il suo collo, si addormentò di botto iniziando a russare, immobile come un cadavere.
Morales e Patterson rimasero muti a guardarla con la stessa espressione vacua e perplessa con cui si guarda un insetto raro spuntato dallo scarico del lavandino.
“Avete preso nota?” disse infine Patterson mentre un ghigno satanico gli increspava il faccione “Non vedo l’ora di ricordarle secondo per secondo quello che ha detto questa sera. Sempre se sopravvive a questa sbronza, ovviamente.”
“Ho paura che saranno altre le cose di cui dovremo parlare.” sentenziò cupo Morales. Il silenzio cadde dentro all’ascensore, interrotto solo dal sommesso russare di Cardinale.
*             *             *
Cardinale era nel bel mezzo della savana. Il sole picchiava come un maglio sopra alla sua testa dolente e un banco di gnu correva tutto intorno a lei con un rumore assordante di zoccoli. La terra tramava e vorticava e a Cardinale sembrava di stare sulle montagne russe.
“Cardinale.”
La voce di Morales arrivò attutita dall’assordante rumore degli animali. Come puzzavano quegli animali, Dio mio. E giravano intorno. Giravano, puzzavano, e giravano di nuovo…
“Dio…” mormorò Cardinale senza aprire gli occhi “Manda via questi maledetti quadrupedi o giuro che vomito…”
“Capo…? Non scherzare, dai. Devi svegliarti. Dobbiamo parlare.”
Cardinale aprì un occhio. Morales e i suoi tre gemelli ballarono sbiaditi davanti a lei. La nausea le attanagliò lo stomaco, riempiendole la bocca di saliva.
“Ohhh…” mugugnò disperata. Morales le piazzò un catino davanti al naso e Cardinale vomitò anche l’anima per cinque minuti buoni. Poi, piombò di nuovo sul letto, raggomitolandosi su se stessa e gemendo.
“Cardinale, svegliati” ordinò Morales con voce impaziente “Non è il momento di stare male. Ci devi delle spiegazioni.”
“Vattene, Eric, non vedi che sto per morire?” biascicò Cardinale, supplice.
“Non stai per morire” sentenziò lui scrollandola con forza “Dopo un paio di caffè di Pat allora sì che ti sembrerà di morire. E dopo una doccia fredda, vorrai essere morta con tutto il cuore. Poi fra un’oretta, quando faranno effetto gli analgesici, ti sembrerà di assumere di nuovo forma umana. Ma non possiamo aspettare tanto. Avanti, Lazzaro, alzati e cammina!”
“Non posso” mugugnò la ragazza col viso sprofondato nel cuscino “Non riesco a capire in che parte dell’universo conosciuto sia andato a finire il mio apparato digerente…e le gambe…devono avermele sostituite con dell’esplosivo al plastico mentre dormivo perchè se le muovo sono sicura che scoppio…e la testaaaaa….”
“Se ti decidi ad alzarti, ti dico che cosa hai fatto ieri sera.” la blandì Morales, serafico. Cardinale aprì un occhio sospettoso e glielo puntò contro.
“Non ho fatto niente” si difese, annaspando e cercando di ricordare qualcosa che si ostinava a rimanere incagliato nei recessi della memoria “Dove siamo? Che ci faccio qui?”
Morales si sedette a gambe incrociate sul letto come un guru indiano, la bocca che tratteneva a stento un sorriso maligno.
“Siamo a casa mia. Pat e Garrie sono di là che cercano ancora di riprendersi dopo aver assistito alla tua performance di ieri sera.”
“Per…performance?” mormorò Cardinale allarmata: aprì tutti e due gli occhi con non poca fatica e li puntò su Morales “Di cosa stai parlando?”
“Di te e del tuo vestitino da meretrice di Babilonia…all’Anemy Pub hanno già fondato un tuo fan club, sai? Aspettano tutti il bis del tuo ormai famoso “sexy strip on the table”…La prossima volta però dovrai gettare al pubblico almeno le mutandine.”
Cardinale ascoltava, ansimando piano mentre gli occhi le si riempivano di terrore.
“Che cosa ho fatto…? Dimmi cosa è successo, maledizione!” sibilò afferrando debolmente Morales per il bavero della tuta. Lui sogghignò, estasiato.
“E’ successo che sei andata tutta sola all’Anemy Pub vestita come una ballerina del Moulin Rouge e ti sei sbronzata come un mandriano alcolizzato. Hai fatto una specie di sexy show sui tavoli e quando stavi per concederti al primo che ti offriva da bere, siamo arrivati  Pat, Garrie ed io che abbiamo salvato la tua ormai traballante virtù. Tu allora hai cominciato a piangere come una fontana e sull’ascensore hai fatto un casino che quasi quasi chiamavamo la guardia nazionale. Hai fatto nomi, cognomi e luoghi del progetto Cosmos peggio che se ti avessero imbottito di Pentothal: hai parlato di SuX, di Lucy, di Masterson e di Elijah, tutto mescolato e confuso.”
“Gesù.” deglutì Cardinale, con la faccia di gesso.
“Poi, che altro?” continuò Morales, allegramente “Ah, hai fatto una mezza dichiarazione d’amore a Garrie, molto impastata per la verità, poi, quando lui ti ha preso in braccio, hai pianto di nuovo tipo diluvio universale prima di cominciare a russare come una marmotta. Al momento non mi viene in mente nient’altro, ma ti farò sapere se ricordo ancora qualcosa.”
Cardinale era rotolata di nuovo a faccia in giù, immobile: il suo silenzio innaturale insospettì Morales che le diede un colpetto sulla spalla giusto per accertarsi che fosse ancora viva. Quando le scoprì il volto, vide che stava piangendo ad occhi chiusi e con le labbra pressate nello sforzo di contenere le lacrime.
“Hei, capo” mormorò immediatamente, intenerito “Non fare così, dai…”
“Che…che vergogna…” balbettò Cardinale sempre ad occhi ostinatamente chiusi “Che vergogna! Eric, ti prego, ammazzami…voglio solo morire…”
“Andiamo, vecchia spugna” sorrise Morales scrollandola “Ne hai passate di peggio di questa. Sopravviverai. Adesso alzati, fatti una doccia fredda, togliti quel vestito da meretrice e vieni in soggiorno. Dobbiamo parlare di quello che ti è successo ieri. Ok?”
“Nonono…voglio morire….che ho detto a Garrie? Dio! Voglio morireeeee!” ansimò la ragazza, completamente nel pallone.
“Forse ho un po’ esagerato” la ammansì Morales, impietosito “Non è che gli hai detto proprio qualcosa di compromettente...”
“Davvero?” esalò Cardinale sbucando dal suo nascondiglio con aria supplice: gli occhi gonfi, le guance chiazzate e inondate di lacrime, la bocca tremante e i capelli arruffati avrebbero dovuto renderla un mostro. Invece era bellissima, pensò fuggevolmente Morales prima di picchiettarle incoraggiante la spalla con la mano.
“Certo. Gli hai solo sbavato sulla spalla peggio di un mastino napoletano…e hai farfugliato qualcosa sul fatto che lui non ti chiama mai Jude…ma a parte questo, direi che non ti sei compromessa troppo.”
“E lui…lui che ha detto?” balbettò Cardinale tirando su col naso, in piena prima infanzia. Morales si morse l’interno delle guance per non sorridere, indulgente: quella poveretta era trasparente come un vaso di cristallo…poteva quasi vedere il suo cuore pronto a spezzarsi come un ramoscello secco a seconda della sua risposta.
“Oh, Garrie ha una lunga esperienza in fatto di sbronze colossali” minimizzò con finta leggerezza “Ricordo che una volta, ubriaco fradicio, ha cercato per un’ora intera di convincere un attaccapanni a sposarlo e a fare dei figli con lui. Era talmente cotto che non volle sentir ragioni e se lo portò persino a casa. E’ ancora di là in salotto: il più grande e torrido amore consumato dal tenente O’Brian, senz’ombra di dubbio.”
Le sue parole riuscirono a strappare un timido sorriso al viso congestionato della ragazza.
“Allora, ti muovi?” la esortò Morales alzandosi in piedi.
Cardinale annuì strisciando sotto il cuscino e mandando gli ultimi, dolenti singhiozzi.
“Dammi…un…minuto…” balbettò supplice e Morales si alzò con un sospiro.
“Te ne darò cinque. Ma dopo, se non sei ancora uscita, torno qui… con una videocamera in mano. Capito?”
Cardinale annuì, continuando a piagnucolare sotto il cuscino. Morales si avviò verso l’uscio e lanciò un ultimo sguardo alla figura raggomitolata sul letto, alle lunghe gambe scoperte ed alla schiena liscia che sussultava per i singhiozzi. Un lampo passò rapido (tenerezza? rimpianto?) prima che la porta si chiudesse dolcemente alle sue spalle.
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 : In fuga ***


“Si è svegliata?” domandò Patterson a Morales entrando nel soggiorno. Il compagno annuì continuando a tenere le mani in tasca, pensieroso. Patterson sogghignò sfregandosi le mani.
“Ooooh, non vedo l’ora di demolirla, pezzettino per pezzettino…”
“Pat” sospirò Morales, depresso “Non essere troppo cattivo, ti prego. Abbiamo bisogno di lei, ricordatelo. Garrie?”
“Lo vado a svegliare” rispose Patterson alzando le spalle “Tu prepara il caffè.”
Quando ritornò indietro, seguito da Garrie che sembrava essersi drogato pesantemente e aveva ancora gli occhi semichiusi, trovò Morales che armeggiava in malo modo con barattoli e cucchiai di plastica.
“Stai facendo un baccano d’inferno” si lamentò Garrie sedendosi sulla sedia “Cosa diavolo…”
In quel momento la porta della stanza di Morales si aprì e ne uscì Cardinale con addosso una tuta di ordinanza del CDI che le stava come una mongolfiera.
“Ciao.” disse con voce neutra senza guardare in faccia nessuno: aveva la pelle terrea e dall’espressione del viso sembrava che stesse per vomitare da un momento all’altro. Garrie ammutolì e per qualche strano motivo sembrò anche sensibilmente più sveglio.
“Buongiorno a te, clandestina” cinguettò Patterson felice come un lupo che avvista un agnellino sperduto “Dormito bene? Smaltita la sbronza?”
“Dobbiamo parlare.” tagliò corto Cardinale diventando, se possibile, ancora più verdognola in faccia. Si avvicinò a loro e si sedette al tavolo, evitando accuratamente di sollevare gli occhi su Garrie che teneva i suoi diligentemente agganciati al pavimento.
“Non vuoi aspettare che il sangue arrivi al cervello?” ghignò Patterson “Che so…un paio d’ore, almeno?”
“Devo parlarvi di cose importanti. Ieri sera sono tornata a casa di Elijah…volevo parlare con lui.” esordì Cardinale ignorandolo “Era sotto la doccia.”
“Risparmiaci i particolari raccapriccianti.” mugugnò Patterson e a Morales scappò una risatina condiscendente.
“Il suo computer era aperto e io ho sbirciato quello che Elijah aveva scritto…”
“Maledette femmine, sempre pronte a ficcanasare…allora?” la incalzò Morales.
Cardinale fece una pausa, cercando le parole e il coraggio per raccontare quello che aveva visto.
“Era un promemoria, non ufficiale, della gita nella tana del Morlock. Sapete com’è Elijah, sempre molto preciso…era segnato tutto, orari, successione temporale…la riunione con Lucy e Nora…e…” deglutì penosamente. Garrie alzò finalmente lo sguardo su di lei e Morales le ficcò in mano una tazza fumante. Cardinale ci si aggrappò come un naufrago alla zattera.
“Che hai letto, bertuccia?” la incalzò Patterson con insolita dolcezza. Cardinale inspirò profondamente e chiuse gli occhi.
“Elijah sa chi è Lucy. Elijah ha sempre saputo chi era Lucy. Sapeva di Lucy prima ancora che la incontrassimo. Se avessimo lavorato sempre alla luce del sole del CDI, probabilmente non avremmo mai avuto a che fare con gli Stars e con Polaris, perché Elijah non l’avrebbe permesso. Lui …voleva tagliarci fuori. Avete presente le ricerche che abbiamo fatto su Polaris e Lucy senza mai trovare una maledetta traccia? Adesso vi spiego perché:  l’identità di Lucy è protetta dal generale capo dei SuX in persona.”
“ Che cavolo stai farneticando?” borbottò Patterson, burbero.
“Proprio così. Elijah ha insabbiato l’identità di Lucy, nascondendola persino al CDI. La sua identità, il suo ruolo nell’organizzazione di Masterson… tutto quello che sapeva, insomma.”
“Ma…perché?” chiese Morales, sinceramente confuso.
Cardinale assunse un tono amaro, come se parlare le costasse fatica.
“Non lo so. Non me lo ha detto. Segreto nazionale, a quanto pare.”
 “Non capisco.” borbottò Patterson scuotendo il testone.
“Nemmeno io. Ma so una cosa: Elijah doveva avere dei motivi maledettamente importanti per tenerci nascosta Lucy. Anzi, forse i motivi stanno nell’identità stessa di Lucy.”
“Potresti essere un pochino meno sibillina?” domandò Morales, impaziente “In fondo, è prima mattina ed i nostri neuroni non lavorano ancora a pieno regime.”
“Vi interessa sapere chi è in realtà Lucy alias Mick Jagger?” buttò lì Cardinale, quasi noncurante.
“…Lucy?” domandò Morales, lanciando uno sguardo incerto a Garrie e Patterson.
“Già. Lucy.” Cardinale fece un sorriso cattivo “O meglio, la signora Ariela Lucinda Brandauer. L’esecutrice testamentaria nonché ultima e legittima moglie del presidente della Ars Space Corp.: Masterson, per l’appunto.”
*             *            *
Il silenzio che regnava nell’appartamento di Patterson, Morales e Garrie aveva un vago sentore di incredulità. I quattro attorno al tavolo sembravano momentaneamente scollegati dalla realtà.
"Lucy è la…moglie di Masterson?" mormorò Morales, allucinato "Lucy?"
"Così era scritto sul rapporto di Elijah" sentenziò Cardinale lugubre "Avremo guardato la scheda di Masterson e di Lucy un milione di volte, in questi anni…Mi prenderei a sberle da sola per non aver ricordato o sospettato qualcosa."
"Lucy è la moglie di Masterson" continuò Morales, parlando a voce alta per auto convincersi della veridicità di quelle parole "Lavora per lui? Cercava per caso di irretirci…per lui?"
"Non lo so" rispose scoraggiata Cardinale “Ne dubito, però. Non aveva l’aria di avercela messa lei, quella bomba sotto il tavolo, nella tana del Morlock. Non so se lavora per Masterson, per il SuX o solo per se stessa. Non so perché Elijah ci abbia tenuto all’oscuro. Non so se, facendolo, Elijah agiva da solo o per il SuX. Non so niente di niente. ”
"Dobbiamo informarci” sentenziò Garrie, convinto “Ci sarà pure un archivio dove le informazioni non possono essere manipolate! Il SuX non è nato per questo?"
"A me sembra che sia nato per romperci le scatole." ribatté Cardinale piuttosto acidamente.
"Megalomane." rimbeccò Garrie con un sorriso. Si trattò di un secondo, ma sotto agli occhi sospettosi di Patterson e Morales una timida corrente calda passò fra di loro, promettente.
"Alla luce di queste nuove e meravigliose conoscenze, cosa facciamo adesso?" domandò Morales accavallando le gambe e sorseggiando il suo caffè con la calma britannica di una vera Lady.
"Abbiamo un sacco di cose su cui indagare" rispose lugubre Cardinale "Il coinvolgimento di Lucy con il SuX e con Masterson.”
"La bomba nella tana del Morlock" mormorò Morales "Chi è stato e perchè. Sarà stata Lucy? Io non credo, perché sono certo che lei volesse davvero parlarci."
"Forse Nora o Denise?" ipotizzò Garrie, poco convinto.
"Una delle due ci ha lasciato le penne, e nessuna delle due mi sembrava propensa a fare il kamikaze. Comunque, solo Lucy può saperlo. Torniamo sempre a lei."
"Dovremmo chiederglielo" buttò lì Patterson, ilare "Qualcuno sa come contattarla?"
Gli altri tre lo guardarono con sufficienza.
"Dico davvero, pensatori dei miei stivali. Perché, se voi non ci siete ancora arrivati, lo so io come contattarla."
"Sì, come no, e mia sorella è Biancaneve." ribatté Garrie, scettico. Patterson sorrise, condiscendente, facendo incupire ancora di più il viso del compagno.
"E’ così semplice…voi pensate sempre a complicarvi la vita quando avete la soluzione sotto il naso."
"Sentiamo la tua idea meravigliosa, genio." tagliò corto Cardinale, spiccia.
"Elijah" rispose Patterson soddisfatto "Lui sa dov’è Lucy. Chiediamoglielo."
"Scordati che io rivolga ancora una sola parola a quel doppiogiochista millantatore bugiardo." sentenziò immediatamente Cardinale, rabbuiandosi.
Garrie e Morales si scambiarono uno sguardo dubbioso e Cardinale guardò l’uno e l’altro sempre più corrucciata e riottosa.
"Non pensateci nemmeno. Io con quel bastardo non voglio più avere niente a che fare, chiaro?"
"Sì, e Patterson non discende dalle scimmie" ribatté Morales fissandola serio "Ha ragione Pat: dobbiamo convincere Elijah a raccontarci tutta la verità."
"Non lo farà mai" disse Cardinale, alzando involontariamente la voce "E’ un bugiardo, subdolo, viscido…"
"Non è solo il capo dei SuX, ma anche il nostro compagno di sempre" ribatté Garrie con una calma olimpionica "Credo che come minimo gli dobbiamo dare la possibilità di spiegarsi. Se solo la piantassi di comportarti come una bambina a cui hanno rotto la bambola preferita, vedresti che parlare con lui è senz’altro la soluzione migliore."
"Io…non voglio!" gridò Cardinale, cocciuta. Garrie si alzò in piedi deciso: aveva una stranissima espressione negli occhi, molto seria e molto poco "garriesca".
“Volete scusarci un attimo?” domandò all’indirizzo di Morales e Patterson: prese Cardinale per un gomito e la trascinò con decisione lontano dalle orecchie dei due che li guardavano con sorpresa mista a divertimento.
“Lasciami.” continuava a pigolare Cardinale, riottosa.
Garrie si piantò davanti a lei con il viso insolitamente privo del solito radioso sorriso.
"Adesso ascolta" esordì con voce gentile e misurata “Tutti noi capiamo benissimo che tu ce l’hai a morte con Elijah per motivi che non c’entrano niente con l’operazione Cosmos. E tutti noi, in qualità di vostri amici, ne soffriamo. Ma se sei una persona matura, o meglio, a 27 anni si spera che tu ci sia almeno vicino, e se sei un capitano Runner con le palle, il minimo che puoi fare è accantonare le tue personali turbe mentali e fare la cosa giusta. E la cosa giusta, in questo frangente, è parlare con lui.”
"Ma cos’è, una congiura?! Ho detto: no!" strillò Cardinale, in preda al panico.
"Allora sei una maledetta vigliacca" la accusò piacevolmente Garrie, senza alzare la voce "Un’isterica, infantile vigliacca."
“Ti spezzo entrambe le braccia se provi a ripeterlo.” ringhiò Cardinale, guardandolo finalmente dritto negli occhi.
“Potrebbe starmi anche bene: sarebbe un modo come un altro per farmi mettere le mani addosso da te.” sorrise Garrie, con uno scintillio malizioso negli occhi turchini.
Cardinale, spiazzata, sbatté le ciglia confusa: Patterson e Morales allungavano colli ed orecchie per sentire cosa stavano dicendo, senza nessun risultato apprezzabile.
Garrie sembrò perdersi un momento in contemplazione del soffuso rossore che aveva colorato le guance del suo capitano, poi tornò serio quasi a malincuore.
“E’ facile addossare tutte le colpe ad Elijah per odiarlo meglio” mormorò a voce bassa e leggermente atona “Vorrei farlo anch’io. Ma non posso. Non sarebbe affatto giusto, così: più facile, se vuoi, ma non giusto. Ed io non voglio errori, in questo frangente.”
Cardinale lo guardò fissamente, ma rimase muta mentre Garrie abbassava ancora di più il tono di voce e distoglieva lo sguardo da lei, pensosamente.
“Voglio che parli con Elijah. Voglio che parliate fino a farvi seccare la lingua, voglio che vi spieghiate su tutti i fronti possibili di conversazione fino a quando non capirete tutto quello che c’è da capire.”
“Perché?” mormorò Cardinale: aveva capito che il discorso di Garrie non riguardava solo il SuX e si sentiva…come si sentiva? Incerta,  ferita, dubbiosa…. In preda al panico? Garrie la guardò con gli occhi più azzurri e più sinceri che mai.
“Perché ti voglio chiamare Jude.” rispose lui dopo un lungo silenzio a voce bassa e disarmante.
Cardinale trattenne il respiro, mentre leggeva nei placidi occhi azzurri di Garrie molto di più di quello che aveva detto: qualcosa di inopportuno, vergognoso, inaffrontabile ….qualcosa di meraviglioso.
Vedendo quei due che si fissavano in modo così strano, Morales ebbe la vaga sensazione che forse sarebbe stato meglio lasciarli soli, cosa che certamente Patterson non condivideva, visto che li fissava eccitato in attesa di nuovi sviluppi (e forse, viste le premesse, di spargimenti di sangue).
"Hai visto, il nostro figliolo?" mormorò a Morales con un sospiro estasiato "Sembra che sia riuscito a narcotizzarla."
"Pat, piantala." mormorò Morales, lapidario.
Cardinale e Garrie tornarono verso Patterson e Morales: non si guardavano nemmeno ed entrambi avevano in faccia un’espressione colpevole e radiosa insieme, così fragile che Morales si lasciò quasi sfuggire un sorriso indulgente. Dopo un lungo silenzio, lei tossicchiò imbarazzata.
“Dopotutto…forse cercare di comunicare col signor generale Benson è davvero la cosa migliore da fare.” disse e un piccolo, incerto sorriso le incurvò le labbra e le brillò negli occhi. Immediatamente, di riflesso, anche quelli di Garrie si illuminarono, tornando ridenti come al solito.
"Immagino che nemmeno con le tenaglie riusciremmo ad estorcevi quello che vi siete detti, eh?" sospirò Patterson all’improvviso e Garrie e Cardinale fecero entrambi finta di non cogliere l’allusione, arrossendo penosamente.
"Cose da persone intelligenti."
"Avete troppi pochi neuroni per capire."
Risposero contemporaneamente, falsi come sei assi in un mazzo di carte. Patterson li fissò scettico mentre i due si guardavano e si scoppiavano a ridere in faccia fin quasi a lacrimare.
"Quanto vi odio quando fate così." mormorò Morales esasperato avviandosi definitivamente verso la porta con decisione "Andiamo da Elijah, và…lui sì che è un grand’uomo, serio, elegante. Non cade in crisi isterica premestruale e non fa discorsi a pera alle sei di mattina. Però, forse…sulla crisi premestruale qualche dubbio ce l’ho ancora…"
Stava per aprire la porta quando l’interfono iniziò a squillare impazzito nelle orecchie di Cardinale, cupo e insistente come un presagio di sventura. Cardinale attivò la comunicazione ed immediatamente la voce concitata di David Hanson rimbombò nelle sue orecchie.
 “Ragazzi, schiodatevi immediatamente di lì!”
“Che succede, caccola?” lo interruppe impaziente Cardinale.
“E’ appena stato emesso un mandato di arresto nei vostri confronti! Stanno venendo a prendevi!! Presto, scappate!”
Morales, Garrie e Patterson  lanciarono uno sguardo incuriosito al loro capitano che sembrava di colpo allarmato e in allerta.
“David, ma che diavolo…”
“Non c’è tempo per parlare, capo! Sono chiuso nei bagni del CDI e se mi beccano mi cuciono la bocca per i prossimi cento anni…sbrigatevi a scappare, presto!”
 “Cardinale…?” chiamò Patterson, preoccupato.
David continuò a parlare: Cardinale ascoltò mentre impallidiva ed i suoi occhi sembravano perdere per un attimo tutta la loro vitalità per rimanere immobili e vuoti come quelli di un pesce morto.
“Ho capito.” disse infine dopo quello che sembrò un tempo lunghissimo, ed interruppe la comunicazione.
La donna alzò gli occhi sui compagni, rimasti muti in attesa di notizie: il suo sguardo scivolò su Patterson e Morales e  si fermò su Garrie, triste e vagamente lucido di rimpianto.
“Che c’è?” chiese questi, col cuore in gola.
“Era David” disse Cardinale a voce bassa “Elijah è scomparso.”
*             *             *
Il tempo sembrò fermarsi, a guardare le quattro figure immobili in mezzo alla stanza. Cardinale sentiva le gambe e il cuore di piombo: riusciva a malapena a reggersi in piedi con tutto quel peso addosso e l’angoscia le scavava le viscere peggio della nausea che l’aveva accompagnata per tutta la notte. Parlava con voce atona senza nemmeno ascoltarsi mentre riportava i dettagli tecnici forniti da David tramite l’interfono direttamente collegato al CDI.
“Stamattina il generale Benson doveva fare rapporto a Scott, molto prima della riunione indetta con la Tau Centauri. Non si è presentato alla riunione e non risponde alle chiamate delle nano comunicazioni. Il suo appartamento è vuoto, manca anche il computer portatile…e sul tavolo c’è la targhetta di riconoscimento del SuX.”
“La targhetta?” mormorò piano Morales, improvvisamente preoccupato.
Tutti sapevano che un Runner si farebbe ammazzare piuttosto che togliersi la targhetta. La faccia di Cardinale era tornata verde e smorta come quella di un cadavere.
“Capo, non saltare subito a conclusioni affrettate.” sbottò Morales deciso quando capì che la donna era sull’orlo dello svenimento “Magari dopo la vostra litigata di ieri sera si è stufato della situazione e ha deciso di prendersi una pausa. Come lo chiamano…? Un anno sabbatico.”
“Senza preavviso e senza avvisare il CDI? Non è da Elijah, e tu lo sai.” ribatté atona Cardinale con la faccia di pietra.
“Ma farci prendere dal panico non ci porterà a niente.” insistette  Morales cocciuto “Adesso andiamo da Scott e ci facciamo dire…”
“Scott ci ritiene responsabili della sua scomparsa.”
“Che cosa?!?” starnazzò Patterson, basito.
“Non può farlo!” protestò Garrie, accorato.
Cardinale lanciò loro uno sguardo indecifrabile.
“Può farlo…e lo ha fatto. Dopo la bomba aveva già dei sospetti su di noi…con la scomparsa di Elijah ci ha messi tutti agli arresti precauzionali. Stanno arrivando dei Runners per prenderci in custodia.”
“Che…che cosa?” tuonò Patterson, adesso decisamente furioso “Quella sottospecie di stoccafisso borioso…come si permette…?”
“Toglierci la missione e impedirci di cercare Elijah…perché è questo che vuole fare, vero?” mormorò Garrie, cupo. Cardinale annuì, ancora immobile come una statua.
Un silenzio oltraggiato calò sulla squadra: Patterson, Morales e Garrie guardavano Cardinale in attesa di una decisione da parte del loro capo che sbloccasse la situazione. La donna guardava per terra, senza osare alzare lo sguardo sui compagni. Sapeva cosa doveva fare. Sapeva cosa avrebbe fatto. Ma era rischioso e pericoloso e non voleva trascinare i suoi compagni in quello che probabilmente era il preludio della loro disfatta professionale. Non poteva permetterlo…già aveva rovinato Elijah…e poi, che diavolo era accaduto a Elijah? Doveva assolutamente scoprirlo. Assolutamente. Da sola, però, questa volta.
Alzò gli occhi, finalmente, decisa.
“Scordatelo.” sentenziò Morales prima ancora che aprisse bocca.
“Noi veniamo con te, fosse anche all’inferno.” borbottò Patterson minaccioso, facendo un passo avanti.
“Non ti hanno mai detto che una ragazza non può andare in giro da sola?” buttò lì Garrie annuendo convinto.
Cardinale sentì di nuovo le gambe cedere sotto il peso del suo cuore che era di colpo diventato troppo grande e troppo pieno di roba buona per reggersi da solo. Deglutì a vuoto, lottando contro le lacrime che minacciavano di traboccarle dagli occhi e, quando fu sicura di aver ripreso possesso delle proprie funzioni corporee, annuì decisa.
“E va bene” mormorò con voce incerta “Diamoci una mossa allora.”
" Fantastico! " tuonò Patterson sfregandosi le mani "Ma, giusto per il gusto di sapere, ci stiamo ammutinando di nuovo? No, perché l’ultima volta che lo abbiamo fatto mi sono ritrovato ingabbiato con Garrie in un posticino trendy chiamato il Mattatoio, con addosso solo un grembiulino aperto di dietro…non vorrei ripetere l’esperienza, se mi consentite…"
"Ammutinamento?" borbottò pensosa Cardinale "Nooo. Lo chiamerei piuttosto assenza ingiustificata dal lavoro. C’è una bella differenza, diavolo."
"Oh, sì, allora cambia tutto" sospirò Morales, scettico "E Damon? Dobbiamo avvisare anche lui?"
"Meglio tenerlo fuori: potremmo sempre aver bisogno dell’aiuto di qualcuno che sia fuori gioco." sentenziò Cardinale, convinta "E poi, ricordiamoci le talpe al CDI.”
“E che si fa di bello, adesso? Una partitella a ramino?” domandò Patterson piacevolmente.
Cardinale si mosse improvvisamente e cominciò a passeggiare avanti e indietro, cogitabonda. Alla fine si fermò davanti al tavolo, trionfante e incerta insieme.
"Sospetto che Elijah sia sparito di sua spontanea volontà. E’ un Runner troppo in gamba per farsi fregare come un fesso qualsiasi in casa sua e benché il cuore mi dica di correre subito a cercarlo, credo che la cosa più intelligente da fare adesso sia cercare Lucy."
"Lucy?" borbottò Morales sospettoso.
"Esatto.”
“Senza Elijah non sappiamo dove sbattere il naso.” mormorò cupamente Patterson.
“Allora useremo il metodo scientifico e partiremo dall’inizio.”
“Hell’s Kitchen?” domandò Morales, dubbioso.
“No. Il CDI ci cercherebbe subito lì.” rispose Cardinale decisa.
“Allora, che ne dici di RockLand?” domandò Garrie, ispirato. 
Lo sguardo d’intesa che i quattro si scambiarono parlò per loro.
“Ci serve un de-digitalizzatore” sentenziò Cardinale “Mica possiamo usare quelli del CDI…ci faremmo beccare subito."
"Lo so io chi ci può aiutare" sorrise Garrie malignamente "Richard, il barista dell’Anemy Pub. Ha una stazione di de-digitalizzazione illegale da far invidia al ponte di comando di Orion 3W. Dovrebbe essere a casa a dormire, adesso…ho un certo favore da ricambiare con impazienza."
"Allora, si va?" tuonò Patterson, battendo i piedi pronto all’azione "E come faremo ad  incontrare Lucy eludendo la sorveglianza del SuX, del CDI, di Masterson e di sua zia Bertha?"
"Oh, qualcosa ci verrà in mente di sicuro" sentenziò Morales, semiserio “Il CDI sta arrivando: schiodiamo le tende.”
*             *             *
Pochi minuti dopo, la squadra Epsilon Centauri arrivò davanti all’appartamento di Morales, O’Brian e Patterson per  prendere in consegna i componenti della squadra Tau Centauri. Il capitano Jennings conosceva di fama quelle teste di legno della Tau e si aspettava una vibrante resistenza da parte dei Runners, cosa che lo aveva messo di cattivo umore già di prima mattina. Fu sorpreso di trovare la porta socchiusa: entrarono nell’appartamento silenzioso e in disordine con le armi a mezz’asta, guardinghi. Alcune tazze di caffè ancora caldo troneggiavano sul tavolo della cucina, un vestito rosa da donna tutto stropicciato fu trovato in una camera con il letto ancora tiepido. Ma nemmeno l’ombra di un Runner in giro. Jennings si stava guardando intorno perplesso ed esasperato: che diavolo avevano in mente quei debosciati della Tau Centauri?  
“Capo.” lo chiamò uno dei suoi compagni.
Jennings si girò dalla sua parte: su una mensola, in mezzo a chiavi e cianfrusaglie, quattro targhette da Runner erano state ammonticchiate senza tante cerimonie. Jennings non aveva nemmeno bisogno di leggere i nominativi per sapere di chi fossero. Attivò l’interfono e chiese di parlare direttamente con il generale Scott.
“Generale, abbiamo un problema” disse cercando di non mostrare la sua irritazione “La Tau Centauri si è ammutinata.”
*             *             *
Ore 07,30 nella sala riunioni del CDI: mentre Scott ormai non sapeva più che scuse rifilare ai dieci membri del consiglio delle Orion, che sedevano con aria oltraggiata attorno all’elegante tavolo di vetro, Damon se ne stava in disparte cercando di rendersi invisibile. Cosa che non gli riusciva molto bene, essendo stato nominato sommo capro espiatorio dell’ammutinamento della Tau Centauri. Scott per poco non lo uccideva con gli occhi: per l’ennesima volta si rivolse a lui, trattenendo a stento il desiderio di ammazzarlo su due piedi.
"Richner, per l’ennesima volta: dove diavolo sono finiti gli altri della squadra?!?" tuonò facendo inciampare le parole nei denti.
"Per l’ennesima volta, generale: non lo so" rispose Damon con quanta più calma possibile "Non sono a casa, non sono raggiungibili all’interfono, non sono al CDI e io non sono stato informato di NIENTE! Ne so tanto quanto lei e mi creda, preferirei non esserci nemmeno io, in questo momento…"
"E della scomparsa del generale Benson? Non sa niente nemmeno di questo?!?"
Come richiamato dalla grazia divina, dalla porta scorrevole entrò trafelato David che si fermò di botto alla vista del plotone di esecuzione di sguardi che aveva davanti.
"Buon…giorno…hem..." balbettò. Scott quasi non lo fece finire di parlare: si scagliò verbalmente su di lui, tuonando domande e improperi contenuti ad esclusivo beneficio dei dirigenti che continuavano a borbottare la loro indignazione senza interferire nell’interrogatorio di Scott. David riuscì ad infilare poche attonite risposte, da cui Scott, alla fine, dedusse che anche David, come Damon, era all’oscuro delle ragioni per cui la Tau Centauri si era ammutinata. Quando finalmente decise di sciogliere la riunione e congedò il consiglio prostrandosi in scuse, Damon riuscì ad avvicinare David e a parlargli a fior di labbra.
"Davvero non sai niente?" mormorò lontano dalle orecchie di Scott.
"Assolutamente" decretò accorato il giovane "Quando mi sono svegliato stamattina ero in un ritardo assurdo: ho sentito i messaggi del CDI di presentarmi qui immediatamente e sono corso di filato, credendo di essere fucilato per il ritardo…ne so meno ancora di voi, credimi. Che è successo?"
"Qualcosa bolle in pentola" borbottò Damon, irritato "L’ultima volta che hanno visto qualcuno della Tau in giro è stato stanotte, quando Pat, Morales e Garrie sono andati a prelevare Cardinale che era in piena crisi etilica all’Anemy Pub. I vicini di appartamento dicono di aver sentito voci e rumori fino ad un’ora fa, circa. Poi, più niente. Sono spariti tutti, e senza nemmeno avvisare noi."
"Diavolo" mormorò David, solidale "E adesso che facciamo?"
"Niente" rispose Damon, affranto "Ci sorbiamo lo shampoo di Scott, ce ne andiamo a casa col capo cosparso di cenere e aspettiamo che qualcuno si metta in contatto. Elijah e gli altri hanno abbastanza pelo sullo stomaco da meritarsi la mia completa fiducia: mi metterò fermo e buono ad aspettare che si facciano vivi. Prima o poi qualcosa succederà."
"Magnifico." piagnucolò David, mentre Scott, liquidati gli ospiti, si dirigeva verso di loro a passo di carica.
* * *
Spia era il suo nome e Vendetta il suo cognome.
Tutto stava procedendo secondo i piani: i Runners della Tau Centauri erano pubblicamente fuorilegge, cosa che non poteva che ostacolarli nelle loro mosse; Benson ed il suo scomodo bagaglio di sapere erano al sicuro; non si doveva fare altro che aspettare il momento giusto per concludere il gioco, una volta per tutte.
Fu con immenso piacere che attivò la comunicazione con il  suo capo, impassibile e remoto al di là dello schermo.
"Allora, tutto secondo i piani?" chiese alla fine Masterson con voce morbida e pericolosa.
"Tutto quanto" ammise trionfante l’uomo "La Tau Centauri è sicuramente già in cerca di Lucy. E la troveranno, ne sono certo.”
“Sicuro che non abbiano sospettato…?”
“Sicurissimo” rispose la Spia con un sorriso subdolo “Quando li ho chiamati, stamattina, non si sono posti nemmeno il pensiero di mettere in dubbio quello che dicevo. Si fidano di me: dopotutto, faccio parte della squadra, ormai.”
“Non ne sarei così certo” rispose Masterson, monocorde “Comunque, tieni d’occhio anche Richner: se vorranno mettersi in contatto con lui, dovremo saperlo immediatamente.”
“Sì.” rispose la Spia con convinzione.
"Devi trovarli" ordinò infine Masterson girandosi verso di lui e nella sua voce implacabile la Spia riconobbe un’autentica minaccia "Loro ti porteranno da Lucy. Appena la trovano, tu dovrai ucciderla. Subito, prima che possano parlare. Sono stato chiaro?”
"Sissignore" si affrettò a rispondere David Hanson, la Spia “La Tau Centauri troverà Lucy ed io la ucciderò.”
 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 : Nell'harem ***


Platform:             DR Undefined RockLand – Incognito
Digi-Alias:
Cardinale, Jude                  Unknown
Morales, Eric                                    Unknown
O’Brian, Garrie                  Unknown
Patterson, Matt                  Unknown
 
L’eterno concerto di RockLand trovava il suo momento di calma proprio di prima mattina, quando i digi-alias esausti dopo una notte intera di musica si concedevano una pausa lasciando il palco a tristi e melanconici bluesmen. Proprio mentre i quattro entravano nel primo anello dell’arena, le note struggenti di “The man I love” riempivano l’aria , cantate dalla voce graffiante e appassionata di un vecchio rudere di colore semi accasciato su un pianoforte a coda. Tranquilla e decisa, Cardinale procedeva tra le fumose sagome imbambolate degli astanti, seguita senza troppa convinzione dai compagni.
“Questa uscita in pubblico non mi piace” sibilò Patterson di cattivo umore “Siamo troppo scoperti, senza armi apprezzabili e con questa nebbia aromatizzata alla marijuana non si vede un cavolo di niente.”
“A cuccia, Fido” borbottò Cardinale, anche lei in allerta “C’è un banchetto degli hot dog, là in fondo; Garrie, vai a comprare la colazione per tutti.”
“Oh, che bello, hot dog a colazione” cinguettò Morales, salottiero “E a pranzo cosa, paté di cemento?”
“Andiamo, Eric, durante un ammutinamento si ha sempre bisogno di carboidrati, e il capo lo sa.” ammiccò Garrie.
“Chi stiamo cercando?” domandò Morales a Cardinale, sgomitando in mezzo alla folla semi addormentata.
“Denise, digi-alias Keith Richards” rispose Cardinale con decisione “Era nella tana del Morlock e conosce Lucy: trovata lei, troveremo sicuramente anche qualche informazione utile.”
“Pensi davvero che tornerà qui?” domandò Patterson, dubbioso “Fossi in lei, mi terrei lontano dai posti dove so che mi possono trovare.”
“Denise è un pesce piccolo” rispose Cardinale “E i pesci piccoli, se sono spaventati, non si avventurano in mare aperto, ma si nascondono in acque conosciute, dove si sentono al sicuro. Ecco perché sono certa che la troveremo qui.”
“Che meraviglioso acume criminale hai” sorrise Morales, canzonatorio “Allora, quando la troviamo, vuoi che l’interrogatorio lo facciamo noi maschietti? Siamo piuttosto bravi a far sputare le informazioni…”
Cardinale gli lanciò uno sguardo di sufficienza.
“Mi arrangio da sola, grazie. Ho idea che il vostro metodo sia un tantino più rude di quello che ritengo adeguato.”
“Quindi anche stavolta non mi divertirò” borbottò Patterson, imbronciato. Ma si ripigliò subito quando Garrie, di ritorno dal banchetto degli hot dog, gli offrì una tripla colazione grondante senape e maionese.
“Mio Dio, è uno spettacolo terrificante” mormorò Cardinale impressionata quando Patterson ingoiò in meno di dieci secondi tre hot dog di notevoli proporzioni “Uno spettacolo simile di prima mattina può condizionarti l’intera giornata.”
“E questo è niente: lo devi vedere quando attacca con il tacchino del Ringraziamento” le annunciò perfido Garrie “Quando ha finito non si ritrovano nemmeno le ossa.”
“Guardate! Ecco là Keith Richards!” sibilò Morales all’improvviso segnando col braccio teso l’alta e indolente figura appoggiata con noncuranza ad un enorme impianto pieno di cavi e manopole. Era intento a chiacchierare nervosamente con un tecnico del suono e ogni tanto si guardava intorno con aria guardinga e per niente rilassata. Quando vide i quattro digi-alias sconosciuti che gli si avvicinavano, fece una faccia allarmata e si girò per scappare: Cardinale, scattando con sorprendente velocità, frenò la sua precipitosa fuga placcandogli le gambe in tuffo e colpendolo subito dopo con un potente e velocissimo pugno allo zigomo sinistro che riuscì a stordirlo e a farlo gemere di dolore.
“Fortuna che erano i nostri metodi ad essere rudi.” ghignò Patterson, ammirato mentre Keith cominciava a sanguinare abbondantemente dallo zigomo spaccato e rivolgeva a Cardinale uno sguardo di attonita e dolorosa sorpresa.
I compagni di Cardinale furono lesti a fare cerchio intorno ai due, schermandoli dalla probabile curiosità della gente, anche se le facce inespressive che circolavano lì intorno non sembravano propense ad interessarsi ai fattacci altrui.
“Ma che ti piglia?!” strillò Keith sconvolto: Cardinale lo afferrò per il bavero della camicia, lo sollevò quasi di peso e lo scrollò con insolita durezza.
“Mi piglia che un mio compagno è sparito senza lasciare traccia. Mi piglia che nella tana del Morlock qualcuno ha piazzato una bomba e tutto mi fa pensare che l’hai messa tu. Mi piglia che per colazione ci sono solo hot dog invece che il mio caffè all’italiana con brioche calda, e quindi sono di cattivissimo umore. Mi piglia che se entro cinque secondi non trovi degli argomenti validi per scagionarti dall’accusa di tradimento, ti apro come un portafoglio e ti lascio a raccogliere le tue budella finché non crepi dissanguato. Chiaro il concetto?”
“Ragazzi, che donna!” mormorò Morales con un trasognato sorriso a 36 denti “Che freddezza, che eleganza!! Credo di essermi innamorato.”
“Già, una vera gentildonna.” ridacchiò Garrie sbocconcellando il suo hot dog con nonchalance.
Keith intanto apriva e chiudeva la bocca a scatti, incredulo: il terrore e la consapevolezza lo stavano invadendo a poco a poco mentre Cardinale faceva un lento e inesorabile conto alla rovescia.
“Cinque, quattro…Allora, Denise bella? Sto aspettando…”
“Hei, ti giuro…io non c’entro niente…” balbettò Keith, in preda al panico.
“Balle. Tre…”
“Te lo giuro!! Non ho messo io quella schifosa bomba, sono stati loro, i tuoi amici!!” gracchiò Keith indicando la Tau Centauri intorno a loro.
“..due…proprio non hai più voglia di vivere, eh?”
“Dannazione!! Ti prego!!”
“Uno. Goodbye, Ruby Tuesday.” mormorò Cardinale con calma: si allungò con un braccio e si sfilò dallo stivale un coltello a serramanico, lo aprì con uno scatto e lo puntò con forza alla gola dell’uomo.
“BASTAAA!!! NON SONO STATO IOOO!!” gridò Keith singhiozzando, ormai completamente regredito ad un terrore primordiale. Un leggero rivolo di sangue iniziò a scorrere dalla ferita sul collo mentre la Tau Centauri tratteneva il fiato, incerta: Cardinale sembrava veramente decisa a sgozzare Keith Richards nel bel mezzo di un concerto rock con migliaia di testimoni catatonici intorno.
“TE LO GIURO SU MIA MADRE!! NON HO FATTO NIENTE!!” ragliò Keith ad occhi chiusi, iniziando a tremare come una foglia. Cardinale fermò la mano che impugnava il coltello e guardò il pover’uomo con uno sguardo assorto e calcolatore.
“Che dite…secondo voi sta dicendo la verità?” mormorò con voce tranquilla senza staccare gli occhi da Keith.
“A giudicare dalla macchia di umido che gli si sta allargando in mezzo ai pantaloni, direi di sì.” buttò lì Garrie, noncurante.
“Anche secondo me dice la verità” si intromise Patterson “Ma ti prego di continuare lo stesso: stai facendo un lavoro da manuale con questo galletto incartapecorito.”
Cardinale valutò per un attimo la proposta di Patterson, poi sospirò rassegnata.
“Ok, Keith, ti crediamo.” dichiarò mollando bruscamente la presa sull’uomo che scivolò a terra come un sacco di patate, ancora incredulo e singhiozzante.
Cardinale rimase in un silenzio cogitabondo: intanto Keith aveva ripreso a respirare normalmente, anche se ancora barcollava sulle ginocchia tremanti e il suo sguardo era piuttosto vacuo.
“Ora, abbiamo ancora bisogno del tuo aiuto” mormorò infine Cardinale, lentamente “Ci serve un computer, armi e ovviamente informazioni. Hai un posto sicuro dove ospitarci per qualche ora?”
Keith fissò lo sguardo attonito su Cardinale, ancora incapace di parlare. La donna stava per prenderlo a sberle, irritata, quando Garrie venne in suo aiuto.
“Hei, capo, dagli un attimo per riprendere fiato” disse con voce dolce toccando distrattamente il braccio della ragazza “Ha appena visto la morte in faccia in formato sedici noni, è abbastanza scusabile se ancora non riesce a connettere il cervello.”
Cardinale girò lo sguardo aggrottato su di lui e subito un leggero sorriso le distese il cipiglio che le aveva corrugato la fronte.
“Ok, hijo.” rispose ammansita e Patterson e Morales si scambiarono uno sguardo di intesa.
“Incredibile l’influenza benefica che ha quel coglione sul capitano.” mormorò Morales scuotendo il capo con una specie di malinconica invidia nella voce “Allora, Keith, dov’è il tuo buco dove parlare senza tutta questa marmaglia puzzolente intorno?”
“Già, sarebbe meglio sbrigarci a schiodare di qui” intervenne Patterson “Promettiamo di non sporcare in giro: abbiamo già fatto colazione, dopotutto.”
“Oh, ah…certo” balbettò Keith recuperando tempestivamente la favella e allontanandosi barcollando da loro “Da…da questa parte.”
*             *             *
La tana di Keith Richards era effettivamente un buco senza aria raggiungibile da un improbabile cunicolo sotto il palco di RockLand. Era strapieno di cose tra le più disparate: armi, dischi, computer, vestiti luccicanti di lustrini, bottiglie di alcoolici di ogni sorta, pacchi di sigarette, poster appesi al muro...una baraonda in mezzo alla quale la squadra si muoveva con non poca difficoltà cercando di non calpestare niente di esplosivo. Cardinale si accomodò su una pila traballante di dischi, si accese una sigaretta e lanciò uno sguardo circolare agli altri che cercavano sospettosi un posto sicuro su cui appoggiare le natiche. Keith, benché ripresosi dallo spavento, sembrava ancora parecchio nervoso e si guardava intorno come a cercare disperatamente una via di fuga.
“Allora Keith, parliamo” esordì Cardinale decisa “Abbiamo bisogno di conferire con Lucy, e sappiamo che tu sai dov’è. Non farmi ripetere lo show di prima, cocco, e dimmi subito dove posso trovarla.”
“Io…io…non lo so…” balbettò Keith, gli occhi di nuovo pieni di terrore “Ti prego, non farmi del male! Non lo so davvero, giuro che non lo so!”
“Ciccio, non me ne vado da qui senza sapere dove posso trovare Lucy.” sentenziò Cardinale cominciando a spazientirsi “Qualche sospetto lo avrai, no? Avanti, spara.”
“Come ve lo devo dire?” piagnucolò Keith arretrando fino ad appoggiare la schiena contro il muro “Lucy è sempre stata molto prudente…non ha mai fatto capire con chi fosse in contatto e perché. Dove vivesse…proprio non lo so.”
Cardinale scambiò un eloquente sguardo con i compagni.
“Immagino che tu non sappia niente di Masterson.” sospirò Cardinale e Keith annuì con convinzione.
“Lucy non ci diceva mai niente più del necessario. Vi garantisco che di questa storia ne sapete più voi di me.”
Cardinale si avvicinò a Keith e lui quasi si scapicollò contro una pila di dischi per allontanarsi.
“Senti, bello” disse Cardinale con voce paziente “Lucy ci serve. Avrai pure uno straccio di sospetto su di lei…”
Keith girò lo sguardo da lei agli altri alle sue spalle, dubbioso.
“Coraggio.” lo esortò Morales, convincente.
“Bè…forse…ma dico forse…è solo un sospetto mio….però quel tatuaggio…e poi anche Nora l’aveva e lei sono sicura che venisse da un vivaio… e poi, Lucy è così bella…”
Patterson alzò gli occhi al cielo, esasperato.
“Vuoi parlare come un cristiano o no, caccola?” tuonò facendo sobbalzare il poveruomo.
“La Decana” balbettò infine Keith stremato “Ho il sospetto che Lucy abbia a che fare con…la Decana.”
I quattro della Tau Centauri si scambiarono uno sguardo perplesso.
“La Decana?” mormorò Cardinale “Che titolo interessante. E chi diavolo è?”
“Mai sentita” sentenziò Morales “Dò un’occhiata sul computer?”
“Grazie, hijo. Intanto Keith può illuminarci con la sua onniscienza. Allora, cocco, chi è la Decana?”
“Davvero non la conoscete?” domandò Keith, con un sorriso tremulo “E’ una figura importante delle DDW, illegali e non.”
“Ci cospargiamo il capo di cenere per la nostra abissale ignoranza. Allora?”
“E’ la padrona di tutte le piattaforme Sex illegali.” rispose semplicemente Keith, trattenendo il respiro subito dopo.
Patterson fece un fischio leggero e ammirato.
“La padrona delle piattaforme Sex? Diamine, deve affogare nell’oro, questa tizia. E quale sarebbe il legame con Lucy?”
Keith gli lanciò uno sguardo spaventato.
“Il tatuaggio. Quella D stilizzata…D come Decana. Lucy non si è mai scucita con me, ma Nora qualcosa me lo ha detto. Nora faceva parte della scuderia della Decana, ne sono certa.”
“Ho notato anch’io quel tatuaggio” sentenziò bruscamente Cardinale “Cos’è, una specie di marchio di riconoscimento?”
“Forse. Non so. Comunque, non solo il tatuaggio accomunava Nora e Lucy. Erano tutt’e due  bellissime. E sexy. Conoscevano entrambe tutte le maniere per irretire, raggirare e ingannare le altre persone. Sono state sicuramente addestrate ad essere così, e da una brava. La più brava in circolazione è la Decana. Fine della spifferata. Posso andare adesso?”
“Ecco qui” esclamò Morales attaccato al computer “Il bimbo ha ragione. La Decana è conosciutissima e temutissima dal CDI: benché su di lei pendano un centinaio di accuse per reati diversi, se ne sta tranquilla sulla sua DDW pirata senza che nessuno osi torcerle un capello. Ha contatti dentro al consiglio e possiede una quota della New Space Corp. Tutte le DDW Sex passano attraverso lei, o per possesso diretto o per partecipazione parziale. Alleva scuderie di ragazze…”
“Scuderie?” lo interruppe Cardinale, orripilata.
“C’è scritto proprio così, che Dio mi aiuti!! Alleva scuderie di ragazze per popolare le sue piattaforme Sex.”
“Che schifo.” grugnì Cardinale, aggrottata.
“Però! Personaggio interessante!” sbottò Patterson, incuriosito.
“C’è dell’altro: questa Decana è anche conosciuta per essere una specie di database umano. Sceglie e istruisce personalmente il personale che lavora su ogni singola DDW Sex e seleziona naturalmente solo gli elementi migliori. Le sue favorite si riconoscono dal tatuaggio sul dorso della mano destra. Un marchio di fabbrica, a quanto pare. Keith ha ragione…Lucy corrisponde perfettamente al prototipo di ammaliatrice addestrata qui descritto. E non c’è ragazzo o ragazza, donna o uomo sulle piattaforme Sex che non sia stato personalmente vagliato e addestrato dalla Decana.”
“Stai dicendo che questa Decana è praticamente il pappa supremo delle DDW Sex?” domandò Cardinale rivolta a Keith non senza una punta di divertimento nella voce. L’uomo ci pensò su poi annuì.
“Magari la tua definizione è un filino riduttiva. La Decana è molto di più di un protettore. La Decana è…la regina delle DDW Sex, nonché una specie di memoria storica delle stesse. Lei è davvero potente. Tutti sanno chi è e la temono. Però solo gli addetti ai lavori la conoscono personalmente.”
“E tu sei in grado di trovare questa Decana?” domandò Cardinale dubbiosa.
“Certo che no.” si affrettò a defilarsi Keith.
A Cardinale caddero moralmente le braccia.
“Oh. Suggerimenti?”
“Non so. Io andrei su una qualsiasi piattaforma Sex, cercherei il direttore e chiederei di parlare con lei direttamente. Se avete molta fortuna e siete molto, molto motivati, forse accetterà di vedervi. Ah, naturalmente, la Decana non dà niente per niente.”
“Non abbiamo crediti.” disse immediatamente Morales, scoraggiato, ma Keith lo interruppe con un gesto vago della mano.
“La Decana ha talmente tanti crediti che non sa più che farsene. E’ una persona molto eccentrica, a quanto si dice…e i crediti non dovrebbero essere un problema, se le andate a genio.”
“Sei un po’ troppo sibillino per i miei gusti” borbottò Cardinale subito sulla difensiva “Cosa vuol dire che questa Decana non dà niente per niente? Vuole essere ricambiata in natura o dobbiamo lavorare per lei? Non siamo nella posizione adatta per mercanteggiare, lo sai.”
“Potendo parlare fuori dai denti, conoscere una magnaccia incartapecorita che vuole essere pagata e non con dei crediti mi mette addosso una leggera ansia.” dichiarò con leggerezza Garrie spalancando gli occhi in faccia a Keith che fece spallucce, disinteressato.
“Io invece sono certo che troveremo questa Decana molto simpatica.” disse Morales, sempre attaccato al computer “Secondo quanto è scritto qui è un tipo davvero interessante. Ha una vera e propria mania di psicoanalizzare e inquadrare nel suo archivio qualsiasi persona le capiti davanti. Bè, Pat potrebbe essere pane per i suoi denti, se le piacciono quelli sciroccati.”
“Chissà perché la cosa non mi consola.” sospirò Garrie ma Cardinale aveva già preso la sua decisione.
“Ok…contattiamo questa Decana alla svelta. Ho questa vaga e fastidiosa sensazione di avere qualcosa di puzzolente alle spalle che continua a tormentarmi.”
“Se hai già verificato che non è l’alito di Pat, allora potresti chiamarlo presagio di sventura.” motteggiò Morales mentre Patterson, fischiettando gioiosamente, li ignorava tutti facendo incetta di armi e munizioni che ficcava velocemente dentro una capiente sacca di tela.
“Allora, che facciamo, capo?” chiese poi digerendo sonoramente l’ultimo hot dog ingurgitato poco prima.
Cardinale fece spallucce, rassegnata.
“Andiamo. E alla svelta anche…ne ho piene le scatole di questi bluesmen miagolanti. La prossima volta che torneremo a RockLand voglio qualcosa di un po’ più vivace: questi ritmi da pianto fanno venire voglia di suicidarsi.”
Le note attutite di “Summertime” arrivavano struggenti fino a loro ed effettivamente mettevano un po’ troppa malinconia addosso.
“Coraggio, allora, prima che i gas prodotti dagli hot dog che Pat si è sparato fuoriescano dall’uscita posteriore…stipati in questo pertugio non ne usciremmo vivi.” dichiarò Garrie avviandosi deciso verso l’uscita, seguito a ruota da tutti gli altri compreso Pat che continuava a fischiettare, nemmeno scalfito dalle parole del compagno. Cardinale si girò improvvisamente verso Keith che sobbalzò penosamente all’indietro.
“Grazie per la tua disponibilità” cinguettò la ragazza con uno sfavillante sorriso “Naturalmente, tu non ci hai visto né oggi né mai…altrimenti potrei tornare qui a terminare il lavoro, chiaro?”
Keith Richards agitò alacremente la testa su e giù in segno di assenso, allontanandosi ancora. Cardinale fissò lo sguardo sprezzante sulla macchia che l’uomo esibiva sul davanti dei pantaloni.
“E un’altra cosa…ti conviene fare un giro in lavanderia.” terminò poi girandogli le spalle e allontanandosi con aria baldanzosa.
*             *             *
Terra di Nessuno
 
Contattare la Decana fu facile come bere un bicchier d’acqua, all’inizio. Troppo facile, pensò lugubre Cardinale mentre una graziosa ed efficiente centralinista la pregava di rimanere in video attesa mentre la Decana veniva contattata.
“Scommetto che ci stanno rifilando un bidone.” borbottò Patterson, esprimendo il pensiero di tutti. Infatti, quella che comparve sullo schermo aveva l’aspetto annoiato e limitato di una semplice tirapiedi.
“Sono spiacente, ma la Decana non è raggiungibile. Se volete fissare un appuntamento,sono certa che…”
“Non abbiamo tempo per gli appuntamenti” tagliò corto Cardinale “Abbiamo bisogno di parlare subito con la Decana. E’ questione di vita o di morte.”
“Spiacente.” rispose la segretaria esprimendo lo stesso interesse che avrebbe provato per una scatola di tonno sott’olio.
“Oh, senti, stupida gallina senza cervello…” iniziò Cardinale, inferocita, quando Garrie la scostò senza tante cerimonie dalla postazione seduta davanti alla webcam e sorrise alla segretaria.
“Salve” disse con voce allegra e la segretaria sembrò di colpo tutta interesse e sorrisi “Deve scusare la mia collega, ma abbiamo davvero urgenza di contattare la signora Decana.”
“Mi dispiace, ma è davvero irraggiungibile.” rispose la segretaria, molto più partecipe questa volta. Garrie sospirò rassegnato facendo contemporaneamente un amichevole mezzo sorriso.
“Accidenti che disdetta. Senta, non dovrei dirlo, ma è una questione di sicurezza nazionale. Non possiamo utilizzare i canali del CDI, lei capisce, e per nostra fortuna abbiamo trovato un’interlocutrice disposta ad ascoltarci gentile come lei, quindi se non le dispiace, insisterei ancora. Anche perché lei ha una voce così bella da ascoltare…”
“Mio Dio, mi viene il vomito.” ringhiò Cardinale “Come fa a bersi quelle stupidaggini alla saccarina?”
Morales la trascinò lontano alla svelta mentre Garrie continuava a chiacchierare con la segretaria che non sembrava avere fretta di chiudere la comunicazione.
“Lascialo fare” mormorò Morales mettendosi comodo su un’anonima poltrona “Se gli dai un po’ di tempo vedrai che qualcosa risolve.”
“Tempo?” ruggì Cardinale, passeggiando avanti e indietro con la falcata pesante di un rinoceronte “Non abbiamo tempo. E quel bambolotto pieno di segatura sta lì a lisciare quella sottospecie di invertebrato preistorico senza neuroni. E’ così pieno di sé che crederà persino di aggirare il sistema di sicurezza della Decana solo perché ha un bel faccino, quel deficiente, quel babbuino in calore…”
Si fermò a riprendere fiato e Morales le lanciò uno sguardo saputo.
“Gelosetta, eh?” gorgogliò con un sogghigno satanico.
“Ma fammi il piacere.” berciò Cardinale diventando di tutti i colori. La risata di scherno di Morales la zittì definitivamente: si chiuse in un ostinato silenzio, imbronciata, finché Garrie disattivò la comunicazione e si avvicinò a loro sospirando e ficcandosi in tasca un foglietto scarabocchiato.
“Bè?” chiese Morales tranquillo mentre Cardinale lo trafiggeva con uno sguardo tagliente come una lama di rasoio “Che hai lì?”
“Il numero di telefono della centralinista.” borbottò Garrie, incurante.
“Visto?” ringhiò esultante Cardinale “La Decana è troppo furba persino per i tuoi subdoli metodi da Casanova dei miei stivali.”
“…insieme alle coordinate per la de-digitalizzazione dei nostri digi-alias nell’Harem della Decana. Ci aspettano tra un quarto d’ora per un’udienza straordinaria con la vecchia ciabatta.”
Cardinale chiuse la bocca di colpo, ammutolita. Morales scoppiò a ridere e Patterson batté fraternamente la mano sulla spalla rigida della ragazza che se ne stava corrucciata come se avesse appena ingoiato un calzino sporco. Garrie le sorrideva candidamente ed in quel momento Cardinale l’avrebbe volentieri strozzato con le proprie mani. Anzi, non proprio strozzato. Maledizione…
“Andiamo.” ordinò girando loro le spalle, parecchio stufa e irritata con il suo stupido cuore che si permetteva ancora di fare le capriole senza essere autorizzato.
*             *             *
David Hanson si guardò irritato le scarpe: quel deficiente di Keith Richards gliele aveva sporcate di sangue mentre piagnucolava le sue balbettanti suppliche. Strusciò le calzature contro i jeans del cadavere ai suoi piedi e si spostò velocemente perché il flusso di sangue che fuoriusciva dalla gola del “fu” Keith Richards rischiava di imbrattargliele di nuovo. Non aveva cavato fuori niente, da quel mezzo deficiente, se non insulti, suppliche e alla fine sangue sulle scarpe. Evidentemente, Denise era un pesce piccolo nell’organizzazione di Lucy. Era però venuto a sapere che Cardinale e soci erano passati di lì, che stavano cercando Lucy su una piattaforma Sex e che si erano fermati brevemente in quel buco pieno di cianfrusaglie che Keith Richards definiva "la sua tana". Quel coniglio. Ci era morto, alla fine, nella sua tana. David aveva mancato la Tau Centauri di un soffio anche questa volta: nell’aria c’era ancora odore di hot dog e un leggero sentore di femmina. Quella Cardinale…gli era sfuggita, senza nemmeno saperlo. Ma ormai le era addosso, pensò con un sorriso sadico. Con un gesto secco, ordinò a due energumeni che aspettavano pazientemente in un angolo  di spostare e perquisire il cadavere. Quei due erano davvero in gamba, pensò David: avevano fatto fuori Keith Richards con i gesti freddi ed essenziali dei veri killer professionisti. Sarebbe stato un giochetto per loro eludere la sorveglianza della Tau Centauri e far fuori quella traditrice di Lucy. Tra poco.
“Dove siamo diretti, capo?” domandò il primo killer con una faccia inespressiva ed una voce monocorde.
David sorrise, tranquillo e sereno.
“Sono andati dalla Decana. Li beccheremo al ritorno.”
 
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Il passaggio silenzioso dalla terra di nessuno non riuscì proprio benissimo: essendo l’Harem su una DDW parecchio controllata, lo strappo da una piattaforma all’altra fu particolarmente violento. Quattro figure si schiantarono sul tappeto Buchara dell’ingresso con una potenza che fece tremare il pavimento di piastrelle finemente decorate. Una persona rotolò fin dentro la fontana che troneggiava al centro dell’atrio; un’altra finì contro un paravento d’avorio sbriciolandolo come se fosse un cracker; le ultime due si aggrovigliarono sul tappeto, gemendo debolmente e verificando subito dopo di avere tutti gli arti ancora al loro posto. Le ragazze che affollavano l’Harem non si entusiasmarono più di tanto dell’infelice ingresso degli ospiti: erano talmente abituate a vederne di tutti i colori che probabilmente avevano smarrito il senso della sorpresa. E comunque, quei quattro erano attesi: una meravigliosa creatura in costume orientale ondeggiò con grazia verso di loro e rimase a guardare i nuovi ospiti la testa leggermente inclinata e un sorriso malizioso sulle labbra.
“Hei” mormorò con voce musicale “Le ammucchiate si fanno nelle stanze al piano di sopra, non nell’atrio.”
“O-oh, che divertente” bofonchiò Garrie alzandosi in piedi in fretta. Patterson aveva già ripreso a fischiettare dopo la collisione col paravento e si guardava intorno con genuino interesse. Cardinale era ancora a mollo nella fontana e cercava laboriosamente di uscire, imprecare e trattenere le risate nello stesso momento, con scarsissimi risultati.
“Dal vostro ingresso plateale, direi che scoppiate di salute.” osservò la giovane donna guardando prima l’uno e poi l’altro con aria scettica.
“Anche tu sembri messa bene, cocca.” rispose Patterson con aria salottiera e la giovane donna sembrò gonfiarsi di improvvisa arroganza.
“Io sono Elora, la segretaria personale della Decana.” annunciò con estrema alterigia.
Morales e Garrie le arrivarono alle spalle, oltremodo distratti dall’ambiente circostante.
“Ottimo esempio di architettura moresca” sentenziò Morales rapito “Chi ha arredato questo posto ha un raffinato senso del gusto.”
“Siamo circondati da un centinaio di donne bellissime e seminude e tu parli di architettura moresca?” mormorò Garrie distratto dagli sguardi interessati che le giovani donne assise sui bassi divani dell’atrio gli lanciavano “E’ ufficiale: sei un babbeo.”
“Qualcuno sarebbe così carino da darmi una mano?” tuonò Cardinale in ginocchio dentro all’acqua: nonostante tutto, un sorriso le vibrava dietro le labbra e non sembrava particolarmente dispiaciuta di quel bagno mattutino.
“Credo di aver ucciso un centinaio di pesci rossi” mormorò contrita “Mi dispiace moltissimo…”
Patterson accorse in suo aiuto e una giovane donna, impietosita, le portò due asciugamani.
“Immagino che voi siate gli ospiti che la Decana ha accettato di vedere, scombinando tutto il calendario delle udienze.” sentenziò Elora: aveva lanciato una rapida occhiata agli intrusi e aveva deciso su due piedi che nessuno di loro meritava la sua attenzione. Cardinale scrollò le spalle all’indirizzo di Garrie, continuando ad asciugarsi.
“Hai addirittura fatto sconvolgere nientemeno che il calendario delle udienze, hijo” mormorò imbronciata “Un giorno mi spiegherai che fai tu alle donne.”
Garrie le rivolse un sorriso scintillante.
“Ok. Un giorno te lo spiegherò.”
“La Decana ci sta aspettando.” disse sbrigativo Morales ed Elora arricciò il naso altezzosamente.
“Lo so” disse voltando loro le spalle e mostrando un mirabile fondoschiena che bloccò il respiro in gola ai maschi della squadra “Posso offrirvi qualcosa prima di accompagnarvi da lei? Tè verde, caffè turco, dolcetti di datteri e miele?”
“Vestiti asciutti?” domandò Cardinale speranzosa e ancora grondante acqua.
“Hai mica un montone arrosto?” domandò Patterson già con l’acquolina in bocca. Morales gli diede un pugno sul braccio.
“Hemmm…scusalo. Preferiremmo vedere la Decana al più presto: abbiamo una certa fretta.”
Elora radiografò con lo sguardo Cardinale che si sentì stranamente imbarazzata da quei freddi occhi indagatori.
“Naturalmente” disse infine Elora, affabile come un osso di pollo incastrato in gola “Vuoi vestiti asciutti? Possiamo darti un caffettano. O, se preferisci, un costume da odalisca.”
“Oh si, capo, ti prego” cinguettò Morales esilarato “Sarebbe fantastico vederti vestita da femmina, per una volta nella vita!”
“Morales, non vuoi finire anche tu nella fontana, vero?” domandò Cardinale con un sorriso angelico “Il caffettano andrà benissimo, grazie.”
Elora batté le mani ed una ragazza invitò Cardinale dietro un paravento da cui uscì poco dopo con i nuovi abiti. La sua tunica era bianca, molto leggera…e molto scollata. Morales fece un basso fischio allusivo, Patterson sghignazzò irriverente ed Elora, incredibilmente, le lanciò un chiaro sguardo di apprezzamento. Cardinale non se la sentì di protestare, ma comunque odiò tutti con tutto il cuore.
“Andiamo?” disse sbrigativa, arrossendo furiosamente: non osava guardare dalla parte di Garrie che, comunque, per una volta, taceva misericordiosamente.
 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 : La Decana ***


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Elora accompagnò i nuovi arrivati su per una mastodontica scala di marmo: al loro passaggio le ragazze vestite da odalische ignoravano bellamente i maschi mentre lanciavano risolini allusivi e sguardi lascivi verso Cardinale che, stupefatta, si vide lanciare un bacio e una strizzata d’occhio da una bellissima ragazza e arrossì violentemente.
“Stai tranquilla” le mormorò Elora all’orecchio, sorridendo “E’ tutto regolare. Mi sono dimenticata di dirvi che alla Decana non vanno molto a genio i maschi: questo è il suo Harem personale.”
“O che bello, o che bello” guaì tetra Cardinale “Proprio il genere di posti che preferisco. E tu chi sei, la favorita numero uno?”
“Fra le altre cose…sì, direi di sì” ammise Elora rilassata “Anche se la mia funzione principale è quella di segretaria personale. Mi ha davvero sorpresa questo cambio di programmi: la Decana è un tipo molto pignolo e abitudinario, di solito. Dovete essere dei tipi davvero speciali per interessarla così.”
Cardinale si girò a guardare Garrie con palese sospetto.
“Che diavolo hai detto di noi a quell’oca spennata della centralinista?” sibilò minacciosa.
“Niente” si difese Garrie spalancando gli occhi con aria innocente “Ho solo detto la verità.”
“E cioè?”
“Che siamo la squadra Tau Centauri in fuga dal CDI e che abbiamo urgente bisogno di trovare Lucy Masterson.”
Cardinale alzò gli occhi al cielo, esasperata.
“Ma…sei pazzo!” mormorò concitato Morales “Sai che potevamo trovare il CDI intero ad aspettarci?!?”
“Bè, non l’abbiamo trovato, no?” ribatté Garrie, rilassato “Da quanto ho capito la Decana conosce la fama della Tau Centauri e muore dalla voglia di conoscerci.”
“Già…perché allora sento puzza di bruciato?” grugnì Cardinale guardandosi intorno sospettosa.
“Forse perché il tuo cervello sta andando a fuoco” ribatté Garrie ridacchiando “Datti pace e abbi fede, una volta ogni tanto.”
“Purtroppo non posso fare altro.” biascicò Cardinale, incupita.
Un pesante silenzio calò sulla Tau Centauri che, messa sul chi vive, provava un vago senso di inquietudine. Persino l’inossidabile Patterson preferì tenere la bocca chiusa, finché non arrivarono davanti ad una porta di lucido ebano deliziosamente intarsiato. Elora bussò leggermente e, quasi subito, la porta venne aperta da una ragazza con un voluminoso turbante.
“Gli ospiti della Decana sono arrivati.” dichiarò Elora freddamente, poi girò i tacchi e si allontanò svelta da loro senza nemmeno salutare.
“Un vero gioiello di cortesia, la tua amica.” osservò Morales, sorridendo verso Cardinale.
“Quella è lontano anni luce dal mio concetto di amicizia” mormorò lei, oscurandosi “Non ho mai avuto intenzione di intrattenermi con la favorita di una vecchia pappona.”
“La favorita…roba da matti.” sibilò fra i denti Patterson, sconvolto. Garrie gli batté fraternamente una mano sulla spalla mentre entravano in una sala luminosa piena di divanetti e tendaggi di squisita fattura. La ragazza col turbante li invitò con un cenno a proseguire da soli ed i quattro si fermarono tentennanti sotto l’arco che divideva la stanza da quella successiva, più fresca e ombreggiata. Si guardarono intorno spaesati, radunandosi in un gruppo compatto.
“Che aspettate a venire avanti?” domandò all’improvviso una voce secca e gracchiante “Mica ho tutto il giorno da dedicarvi, sapete?”
Con un sobbalzo, i quattro si avvicinarono lentamente all’angolo da cui supponevano provenisse la voce. Su un piano rialzato da tre gradini, stava una specie di morbido trono, circondato da metri e metri di tendaggi. Osservando bene, inquadrarono infine una figura avvolta dalla fresca penombra. La figura si sporse bruscamente in avanti, mostrando alla luce una faccia stranissima e inquietante: il volto era minuto, liscio, appuntito, con la pelle serica e rosea dei bambini e fini riccioli biondi che incorniciavano il tutto. In mezzo a quel delizioso visetto infantile, stavano, come due pietre di ossidiana dure e senza tempo, due occhi acuti e immobili che inchiodavano sul posto chiunque venisse a contatto con il loro sguardo inquisitore. La Decana perse qualche minuto buono ad osservare gli ospiti uno per uno, immersa in un silenzio teso che nessuno osò spezzare. Quando li ebbe studiati tutti per bene, si ritirò di nuovo in ombra e Cardinale si accorse di aver trattenuto il respiro per tutto il tempo.
“Così, volevate vedermi.”
La voce della Decana metteva i brividi: era sgradevole, graffiante e bassa come quella di una tartaruga centenaria.
“Grazie per averci ricevuto, Decana” disse Cardinale con voce pacata e rispettosa “Questi sono i miei colleghi Patterson, O’Brian e Morales. Io sono il capitano Cardinale, della squadra Tau Centauri.”
“La Tau Centauri! Bene bene…” sospirò la Decana e Cardinale rabbrividì: in quella voce dura non c’era nessuna ombra di umanità “E’ un piacere conoscervi. Da due anni a questa parte non si parla d’altro che di voi: gli eroi delle Orion, i paladini della giustizia…Confesso che quando mi hanno informato che volevate vedermi, ho accettato di incontrarvi solo per soddisfare la mia curiosità. Dopo essermi assicurata che foste realmente in fuga dal CDI, naturalmente.”
La voce gracchiava dall’ombra ma sembrava provenire da tutti gli angoli. Benché il senso del discorso fosse affabile, il timbro metallico e afono della voce era parecchio inquietante.
“Le buone notizie volano in fretta.” ringhiò sottovoce Cardinale, incupita.
“Naturalmente, avevo già preso informazioni su di voi…Voi che, con mio sommo disappunto e sorpresa, fate parte della ridottissima schiera di persone che non frequentano il mio regno. E dire che il mio titolo di regina del sesso è anche merito vostro…Grazie al vostro operato di due anni fa, i miei affari sono cresciuti del 300%: sono quasi tentata di pagarvi una provvigione per questo.”
“Grazie, ma no…hem…gradiremmo solo delle informazioni.” borbottò finalmente Cardinale, spezzando rudemente il silenzio.
“Naturalmente” approvò la Decana educatamente “Informazioni che sarò ben lieta di darvi. Ma…voi che avete per me?”
Cardinale e gli altri si lanciarono uno sguardo smarrito.
“Noi..hem…spiacente, ma non abbiamo niente da offrire in cambio. A parte la nostra gratitudine, naturalmente.”
“Che cara ragazza” sospirò la Decana e Cardinale sentì i peli delle braccia rizzarsi come aghi “Purtroppo della gratitudine io non me ne faccio niente. Ma…avevo ragione, sembrate soggetti molto, molto interessanti. Sono certa che troverete un modo per ripagarmi.”
“Signora” disse Cardinale decisa, recuperando il suo solito sangue freddo “Se lei collabora con noi, potrebbe aiutarci a salvare un uomo, un nostro collega che è sparito. E anche a salvare la vita di Lucy e, perché no?, la nostra. Dovrebbe essere sufficiente per lei sapere che renderebbe il mondo un posto migliore.”
“E tu credi ancora di poter cambiare il mondo?” domandò la Decana, blandamente sorpresa “Francamente, la faccenda non mi interessa. Io ho già in mano le redini del mio mondo personale. Di quello che rimane, può anche andare tutto in malora, per quanto mi riguarda.”
“Non le costerebbe niente dimostrare un po’ di umanità.” mormorò Cardinale e la Decana sembrò valutare le sue parole.
“Mi costa tempo” rispose infine la voce dall’ombra “E alla mia età, il tempo è un bene prezioso, da centellinare con cura. E’ davvero ammirevole la tua convinzione di essere uno strumento di pace e giustizia. Ti fa onore, sul serio. Sono molto ammirata, anche se non condivido il tuo punto di vista. Jasmine?!”
Come evocata dalle sue parole, la ragazza col turbante comparve silenziosa alle spalle di Cardinale.
“Jasmine, tesoro, accompagna i signori maschietti in sala d’attesa. Voglio parlare con miss Cardinale. Sola.”
Patterson, Morales e Garrie si avviarono dubbiosi alle spalle di Jasmine solo dopo il breve cenno di assenso di Cardinale che, rimasta sola con la Decana, non poté fare a meno di sentirsi sola e smarrita senza la confortante presenza dei suoi compagni alle spalle.
“Ma che ospite ingrata che sono” tubò la Decana “Vuoi una tazza di tè? Accomodati, prego.”
Spaesata, Cardinale si guardò intorno: non c’era nessuna sedia in circolazione, così si sedette per terra sui morbidi tappeti mentre una nuova ragazza con turbante le si avvicinava silenziosa porgendole una fumante tazza di tè molto aromatico. La Decana rimase in silenzio mentre Cardinale sorseggiava sospettosa la bevanda: il suo lo sguardo brillava nel buio come quello di un lupo famelico.
“Dunque, cos’è che vuoi sapere?” domandò ad un certo punto, facendola sobbalzare.
“Voglio sapere dove posso trovare Lucy” esordì decisa stringendo forte la tazza di tè “E’ di fondamentale importanza che la trovi al più presto. Io e i miei compagni sospettiamo che sia invischiata in qualcosa di molto grosso…e pericoloso.”
La Decana rimase in silenzio per un po’.
“A quanto mi risulta, Lucy è latitante da un bel pezzo” disse infine con voce perfida “E comunque, ho perso le sue tracce da tantissimo tempo, dopo che si è sposata con quel Masterson. Era una delle mie ragazze più promettenti, e quel rapace me l’ha rubata di sotto il naso. Bastardo…Altro tè, tesoro?”
“No, grazie…era squisito.” rispose Cardinale posando la tazza sul pavimento e facendo un sorriso stentato “Davvero…ehm…particolarmente speziato. Gelsomino?”
“No. Oppio.” rispose secca la Decana ed a Cardinale si gelò il sorriso sulle labbra. Dalla penombra uscì un suono raspante e umido e solo dopo un po’ Cardinale capì che la Decana stava ridendo.
“Che faccia! Andiamo, Jude…ti chiami Jude, non è vero? Non essere così “prude”. Un buon tè all’oppio non ha mai ucciso nessuno. Ti dirò, molta gente paga fior di crediti per un sorso della mia speciale miscela. Per te è del tutto gratuita, come segno del mio apprezzamento. Volevo vederti più sciolta e naturale: in questo momento sei tesa come un manico di scopa. Tra un paio di minuti starai meglio, te lo garantisco io.”
“Ma…ma…mi hai drogato?” mormorò Cardinale, esterrefatta. La Decana fece un suono strano che esprimeva puro disprezzo.
“Non ti ho invitata io qui, signora mia. Sei tu che hai bisogno di me, giusto? C’è un vecchio detto latino che dice do ut des….sei venuta da me a mani vuote: mi sono presa la libertà di scegliere da sola la mia ricompensa. Sai, ho questa specie di mania…collezione…mah, non so come chiamarla. Sono molto incuriosita dalla gente. Adoro scavare a fondo nelle persone e vedere cosa si cela nella mente degli uomini e delle donne, tolta la superficie di sciocchezze e inibizioni che la società ci costruisce intorno. Nella mia lunga carriera, non ho mai analizzato degli eroi, quali siete voi della Tau Centauri. Sarà molto interessante sapere…scoprire cosa c’è nella tua testa. Anche se un quadro me lo sono già fatto, ovviamente: avete tutti quanti un’aura portentosamente positiva, intorno a voi.”
Cardinale non rispose: fissava attonita la penombra dalla quale usciva la voce, come ipnotizzata. La Decana sembrò approvare.
”Sai, il primo sguardo è oltremodo indicativo. Per esempio, il biondino slavato…Morales, giusto? Così schivo, così posato, così ascetico. Avere il controllo di tutto è il suo modo per sconfiggere la paura…ancora non lo sa che la paura non si sconfigge mai, poveretto.”
Cardinale boccheggiò, sgranando gli occhi: la Decana sembrò approvare il suo turbamento.
“E che dire del gigante buono? Così granitico…così insicuro…così ferocemente attaccato alla sua famiglia: voi.”
“Non è…leale quello che stai facendo.” mormorò Cardinale con aria assente: cominciava a sentirsi la testa vagamente leggera. Le sembrava che pian piano le cose intorno a lei perdessero di consistenza e di importanza.
“Eh, sì. Viviamo in un mondo difficile, Jude. Parliamo di te, allora. Il capitano della Tau Centauri, vero? Eh, sì, quel mento deciso che ti ritrovi non può essere altro che il mento di un capo. Jude, la bella, contesa Jude…sei molto carina, sai? Quegli occhioni italiani così duri e così dolci sotto sotto. Quel corpicino. Non sei abituata ad andare in giro senza divisa da Runner, vero? Si vede da come cerchi di nascondere l’ondeggiamento del seno sotto il caffettano, cosa che ti rende ancora più sexy. E quella bocca. Quella bocca! Fino a qualche anno fa, avrei ammazzato per una bocca così. Ma non ti preoccupare…ormai ho raggiunto anch’io la pace dei sensi. Sì, grazie a Dio è così.”
Il tono di voce della Decana era stato così definitivo e gelido che Cardinale decise di porre fine a quel discorso.
“Non intendo continuare questa buffonata” disse con tranquillità “ Sei solo una vecchia befana che prova gusto a ferire la gente. Se non mi vuoi aiutare, non sono obbligata a rimanere qui a sentire le tue farneticazioni da psicologa da strapazzo. Me ne vado.”
Fece per alzarsi in piedi in un silenzio ovattato stranamente pesante.
“Siediti.” disse la voce della Decana, dura, e Cardinale si sedette di schianto, blandamente sorpresa.
“Sai, non ti conviene parlare così alla Decana: certa gente è morta per molto meno.” cantilenò la voce, pericolosa come il fruscio dei sonagli di un crotalo “Mi sei simpatica, dolce Jude. Ma non tirare troppo la corda. Avrai le tue informazioni…ed io il mio sollazzo. Piacerà anche a te, te lo garantisco.”
Cardinale tentò nuovamente di alzarsi in piedi senza successo e la Decana ridacchiò.
“Che fai, uccellino, vuoi volare via? Tranquilla. Do ut des abbiamo detto, no? O forse sarebbe meglio dire quid pro quo? Lo sai il latino, dolce Jude? Io lo adoro: il fascino di una lingua morta…lo sento affine, visto che sono anch’io già con un piede nella fossa. Adesso ti dirò una cosa che ti farà piacere: c’era una volta…una ragazza intelligente, bella, ambiziosa. Era stata creata apposta per soddisfare qualsiasi piacere, la poveretta. Cresciuta in un Harem con lo scopo di sedurre, ammaliare…ingannare. Ma…si trattava pur sempre di un essere umano, vero? Un essere umano con pulsioni, simpatie…amicizie. Poche, a dire il vero, ma forti e sincere. Questa ragazza si chiamava Ariela Lucinda Brandauer. Vuoi che prosegua, dolce Jude?”
“S-si” biascicò Cardinale, impastata “Ma se mi chiami ancora…dolce Jude…ti spezzo un braccio…”
Di nuovo la risata umida della Decana le fece accapponare la pelle.
“Ah, sei uno spasso dolce Jude. Ma veniamo a te. Quid pro quo, giusto? Raccontami: come vi siete conosciuti tu e i tuoi compagni?”
Cardinale aprì la bocca per mandare al diavolo la Decana e le sue domande ma si trovò invece a sciorinare tutta la sua vita come mai le era successo prima: un torrente di parole che diventò un fiume che rompeva gli argini della ragione, raccontando cose che erano dimenticate e sepolte persino per la sua stessa coscienza. Si interruppe solo quando rimase a corto di fiato e sollevò lo sguardo attonito e incredulo sull’ombra davanti a lei, in attesa.
“Davvero interessante” scricchiolò la voce della Decana dopo un po’ “Cavalieri senza macchia e senza paura…. Dei puri di cuore! Erano anni che non ne vedevo l’ombra, ed ora eccone qui uno tutto intero. Mi piaci. Davvero.”
“Do ut des.” mormorò Cardinale sognante e la risata della Decana sembrava genuinamente divertita.
“Accidenti, se impari in fretta! Hai ragione, naturalmente. Dove eravamo? Ah. Questa bellissima ragazza, destinata per sua sfortuna a fare da compagna all’essere più abbietto che abbia mai popolato questo mondo, aveva pochissimi amici. Una compagna di nome Nora e un amico speciale che teneva segreto come se fosse un tesoro. Bè, forse per lei lo era. Era così giovane quando Masterson la imprigionò nella sua tela di ragno. Ma le vere amicizie non muoiono mai. Persino adesso quell’amico è ancora nel suo cuore.”
Tacque. Poi parlò ed il suo tono di voce era inquisitorio e famelico.
“Dimmi dei tuoi amori, dolce Jude. Anche un Runner avrà una vita sentimentale, immagino.”
No, questo no, è troppo personale, pensò Cardinale. Non fece nemmeno in tempo a finire di pensarlo che la sua lingua era già partita: parlò di come fosse difficile conciliare il ruolo di capitano con l’essere donna , raccontò di Elijah, della loro relazione, di come a poco a poco si fossero allontanati…parlò di Garrie, di come si fosse trovata improvvisamente a desiderarlo, cosa che non aveva mai ammesso nemmeno con se stessa. Espresse la sua confusione, la sua paura di soffrire per amore, il suo terrore di rovinare l’unità della squadra a causa delle sue altalene sentimentali. Raccontò di Morales, di Patterson, dell’affetto morboso che la legava a loro, finché di nuovo non le si seccò la bocca. La ragazza col turbante era passata a riempirle la tazza di tè profumato e lei aveva bevuto di nuovo, sprofondando sempre di più in un piacevole mondo rarefatto e ovattato. Quando finì di parlare, Cardinale aveva perso la cognizione del tempo. Anzi, faceva fatica a ricordare perché fosse lì, su quel tappeto morbido. Quando la Decana parlò, ci mise un po’ a ricordarsi di chi era quella voce d’oltretomba.
“Tutto sommato, piuttosto banale…ti sei accorta anche tu che il vero e unico amore non esiste, almeno non racchiuso in una sola persona. Comunque, le tue remore e i tuoi rimorsi sono piuttosto divertenti: chi scelgo? Elijah o Garrie, Garrie o Elijah? La ragione o la passione? Il futuro o il presente? Se vuoi un consiglio da chi ha maturato parecchia esperienza sul campo, ti dico questo: prendi tutto. Arraffa a piene mani, finché ce n’è, perché finirà tutto prima che te ne accorga… Dopo di che, sarai sola. Vecchia e sola con i tuoi rimpianti e le cose che non puoi più cambiare. Dà retta a me…prendili entrambi. Spremili come limoni e incamera quanti bei ricordi puoi.”
“Tu sei pazza.” mormorò Cardinale assente, e la Decana rise di nuovo.
“Può darsi. Magari. Comunque, torniamo al nostro do ut des…l’amico di Lucy, dicevamo. L’unico al mondo di cui lei si fida. L’unico al mondo che può sapere dov’è in questo momento.”
La Decana si sporse di nuovo mettendo in luce il suo viso: l’espressione rapace dei suoi occhi era in grado di scatenare autentico panico.
“Ecco, dolce Jude…non vuoi sapere il nome di quell’uomo?” domandò la sua voce suadente. Cardinale annuì lentamente come se il suo collo si fosse improvvisamente arrugginito. In realtà voleva solo scappare da quello sguardo senza tempo e senza pietà, ma non riusciva a muoversi. Si sentiva languida, il cuore le batteva furioso nel petto e i contorni delle cose le apparivano sfumati e inconsistenti. La Decana scivolò giù dal suo trono, scivolò proprio con le movenze di un serpente che striscia fuori dalla sua tana: il suo corpo minuto, efebico contrastava orribilmente con il suo sguardo millenario. Guardandola, si provava un senso di irrealtà e di raccapriccio. Si avvicinò a Cardinale che tentò di spostarsi indietro. La Decana in un attimo fu a pochi centimetri dal suo viso: odorava di fiori secchi e avvizziti, il suo sguardo così vicino procurava quasi dolore fisico.
“Certo che lo vuoi sapere” continuò la voce bassa e roca “Sei qui per questo, no? Sapessi da quanto ti aspettavo, eroe senza macchia. Sei una perla rara senza nemmeno saperlo. Così retta, così giusta. Così unita alla tua squadra. Daresti la vita per loro, non è così?”
Di nuovo Cardinale annuì. La testa le vorticava, il respiro era debole e rapido come quello di un uccellino. Una languida dissolvenza si stava impadronendo di lei, rosicchiando una ad una tutte le sue difese e le sue remore, lasciandole addosso solo un soffuso benessere. La Decana la guardava, con lo sguardo affamato. Allungò un dito con l’unghia lunga e lattiginosa e le sfiorò la scollatura del caffettano che si muoveva appena al ritmo del suo respiro.
“Rilassati” mormorò piano la sua voce roca “Non ho intenzione di farti del male. Ho passato da un pezzo il tempo in cui prendevo con la forza…Ormai sono solo un vecchio rudere che preferisce fare il parassita e guardare gli altri che bruciano nelle loro passioni piuttosto che affaticarsi a viverle in prima persona” Fece una pausa, pensierosa “E’ che sei…così pulita. Se la giustizia avesse una faccia, sarebbe la tua, dolce Jude.”
“Decana…ti prego…” mormorò con voce impastata Cardinale. La donna se ne uscì con una risata gutturale.
“Tranquilla, uccellino…non sarò io a sporcarti le ali. Però… ”
La voce della Decana era diventato un ronzio di sottofondo e nemmeno Cardinale trovava un senso nelle sue parole. Ormai era immersa in una foschia ovattata: un piacevolissimo senso di abbandono l’aveva avviluppata trascinandola lontano dagli argini della ragione e adesso galleggiava verso un mare di tranquillo benessere. Come se fosse stata la cosa più naturale del mondo, il dito della vecchia si spostò sulla guancia di Cardinale e da lì scivolò sul collo, seguì la sporgenza della clavicola, costeggiò la scollatura profonda del caffettano che si sollevava e si abbassava al ritmo del suo respiro accelerato. Scostò il tessuto leggero che rotolò giù dalla spalla scoprendo il seno indifeso.
“Sì, sei…davvero molto bella.” sospirò la Decana e la sua voce aveva una nota di atavica e rassegnata tristezza. Si allontanò un poco, rapida come si era avvicinata, continuando a parlare.
“Tu ami davvero la tua squadra. Siete stati fortunati a trovarvi…non rovinare tutto.”
“Cosa…Cosa..?” ansimò Cardinale, stordita. La Decana alzò un braccio e segnò qualcosa alle sue spalle. In mezzo alla nebbia ovattata Cardinale sentì, o meglio, intuì, qualcosa che si muoveva. Qualcuno, anzi. Chi era? Non fu molto sorpresa quando le sembrò di riconoscere la sua squadra. Quattro forme vaghe ed indistinte, riconoscibili più per memoria che per altro: era tutto così buio e annebbiato! Ma erano tutti lì, vicinissimi, a scaldarla con la loro presenza confortante: Patterson, Morales, Garrie, Elijah…Elijah? Sì, anche lui. L’Elijah senza rughe sulla fronte, l’Elijah col distintivo da Runner e il sorriso sempre pronto. A Cardinale sembrò più che naturale che ci fosse anche lui in mezzo a loro. Gli sorrise dolcemente: sorrise a tutti, trasognata, allungando le mani per toccarli. La voce della Decana le giunse da lontanissimo.
“Ho deciso di farti un regalo, dolce, bellissima Jude. Un regalo che dentro di te aspetti da tutta la vita: la possibilità di amarli tutti e di farti amare da tutti. Perché tu li ami, vero?”
Cardinale con gli occhi sempre persi annuì, sognante: certo che li amava. Pat, Eric, Elijah…Garrie. Sì, li amava. Amava tutti loro.
“Sì. Sì, li amo tutti.” mormorò con voce irreale.
“Sarà come il ricordo di un sogno” la Decana ormai era lontana anni luce da quel mondo ovattato e frusciante “Non ricorderai altro che di averli amati tutti.”
“Perché?” domandò Cardinale, anche se in realtà non le interessava più niente: voleva solo rimanere così in eterno, con i corpi caldi e rassicuranti dei suoi compagni che facevano cerchio intorno a lei. In mezzo a loro con l’amore che le usciva da ogni poro, con il tocco leggero delle loro mani che le sforavano il viso, le spalle, le mani.
“Perché…perché…Io sono la regina del sesso. Ho visto usare il sesso in tutte le sue varianti: come arma, come pretesto, come sostituto, come droga…Il sesso ha tante forme, Jude. Alcune sono molto belle, quando c’è l’amore. E voi ne avete così tanto da dare. Avrai il nome che sei venuta a cercare…e avrai un motivo in più per amarli tutti. Lo vuoi, dolce Jude?”
“Cosa…?” mormorò Cardinale, da lontanissimo. La figura indistinta che sembrava Garrie si era fatta più vicino. Anche gli altri si fecero più vicino. La chiamavano tutti, Jude, Jude…il suo nome sulle loro labbra era così bello. Così dolce. La mano di Garrie le accarezzò la guancia; quella di Elijah le sfiorò il fianco. Morales i capelli, Patterson le spalle.
“L’amore…lo vuoi il loro amore, Jude?”
Cardinale chiuse gli occhi, sospirando. Qualcuno le baciava la spalla, qualcun altro il collo. Sentiva il profumo della pelle dei suoi compagni fondersi in un aroma meraviglioso, odore di desiderio, di struggimento, di amore. Amore.
“Sì…oh, sì…lo voglio…” sospirò.
La Decana tacque e Cardinale cadde in una sorta di sonno profondo. Le sembrò che la luce fuori si abbassasse, ma non quella dentro di sé. Nel petto, uno splendore abbagliante le stava crescendo, pulsante, alimentato da baci leggeri che le piovevano addosso, dappertutto. Voci e sospiri si sovrapponevano, e tutti chiamavano il suo nome: la voce di Pat, come un rombo di tuono lontano…quella di Morales, come una reliquia…quella di Elijah, come una supplica…quella di Garrie, finalmente, libera di pronunciare il suo nome con infinito desiderio… Ghirlande di baci le cinsero le caviglie, lente carezze le scesero sulle cosce, umide scie di desiderio intorno la collo la fecero sospirare, mai sazia di riceverne altri…Qualcuno le sfilò il caffettano e il suo corpo nudo fu invaso da carezze, dolci, lente, avvolgenti carezze che la fecero ansimare di piacere. Il suo corpo era diventato un groviglio di pura estasi che convergeva da ogni parte del corpo: c’era chi le mordicchiava i fianchi, chi le succhiava le dita dei piedi, chi posava brucianti baci nell’incavo del gomito…. Quanto amore che sentiva intorno: dispensava baci senza nemmeno sapere a chi. Un turbinio di immagini singole e sfocate come fotografie malriuscite: capelli biondi, pelle chiara, braccia poderose…Era vero o era un sogno? Sentì sulla bocca il tocco umido e morbido delle labbra di Garrie…infilò le dita tra i capelli di Elijah…sfiorò la pelle bianchissima di Morales…baciò la testa di Patterson…il piacere cresceva, pulsante come un cuore, arrivava da ogni parte del corpo raccogliendosi in una voragine di anelito intorno ai fianchi, finché qualcuno o qualcosa non la riempì con la potenza di un uragano, lanciandola a folle velocità verso l’alto, facendola ansimare e gridare con un abbandono che non aveva mai creduto possibile al di fuori dei sogni. Strinse quel corpo a sé, guidandolo, fondendosi in esso e in tutti quei respiri che aleggiavano intorno. Una voce le sussurrò in un orecchio parole struggenti, sospirate a fior di labbra.
Chi era a dirle quelle cose? Non aveva importanza: erano tutti e non era nessuno. Lei li chiamava tutti, li amava tutti…gridò i loro nomi, mentre veniva scagliata di nuovo in alto, i lombi compressi da un maglio di puro piacere…ancora e ancora e ancora….il tempo si era fermato. No, il tempo non c’era più. Esisteva solo…il…piacere.
 
Dal loro posto nell’ombra, due occhi di ossidiana brillavano nel buio, bevendo ogni immagine, ogni movimento che veniva dal corpo sul tappeto. Muta, senza quasi respirare, avvolta da un sudario di ciclopica, avvizzita tristezza, la Decana guardava.
 
“Hei. Svegliati.”
Una voce secca spaccò il silenzio nella sua testa, leggero come un velo. Cardinale aprì gli occhi sbattendo forte le ciglia. Si guardò intorno, spaesata: dov’era? Cosa era successo? Spalancò gli occhi e cercò di sollevarsi da terra. Era stesa sul tappeto, con addosso i suoi abiti asciutti e spiegazzati. Il resto della stanza era vuoto e anonimo come un guscio che attende il ritorno del suo abitante per prendere vita e forma. Cardinale scosse il capo, cercando di recuperare il senso della realtà. In piedi, davanti a lei, Elora la guardava con uno sguardo sprezzante e altezzoso.
“A quanto pare, la Decana ha voluto da te il servizio completo” sbottò di nuovo con quella voce come foglie secche “Mi ha detto di svegliarti alla svelta. Se non sbaglio, avete fretta di andarvene.”
Servizio completo?, pensò fuggevolmente Cardinale. Cercò di ricordare. Lentamente, come la marea, i ricordi riaffiorarono alla mente. La Decana…i suoi occhi come punture di spillo…le sue domande, le sue risposte…do ut des…la nebbia…poi si era addormentata e aveva sognato…tanti corpi fusi insieme, come un improbabile e aggraziato mostro a più teste…un sogno? Sicuramente.
“Da…da quanto tempo sto dormendo?” domandò Cardinale recuperando lentamente l’uso delle sue facoltà cerebrali.
“Sarà mezzora, quaranta minuti” rispose Elora con malagrazia, incrociando le braccia sul petto “Allora? Dovresti liberare la stanza per la prossima udienza, cocca.”
Cardinale si guardò intorno. Un sogno?, si domandò di nuovo, dubbiosa e allarmata. Ma certo, che domande. O no?
“Andiamo.” disse automaticamente, indecisa se lasciarsi o no pendere dal panico. Che stupida…doveva essere tutto un sogno, di certo. Quel tè all’oppio decisamente illegale l’aveva probabilmente spedita nel mondo dei sogni erotici. Diavolo di una Decana! Cardinale ripensò alle parole di Elora: servizio completo…? Nonostante i dubbi, non era sconvolta. Non riusciva ad essere sconvolta nemmeno volendolo. Il suo corpo era piacevolmente indolenzito. Si sentiva bene come non le succedeva da parecchio tempo…come non le era mai successo. Le scappò un sorriso, fuori luogo e assurdo, che fece incupire ancora di più il viso di Elora. Con gesti secchi e sbrigativi, la donna la accompagnò fuori in un labirinto di stanze e ampi atri mirabilmente arredati, fino a condurla in una stanza dove Patterson, Garrie e Morales erano intenti ad annoiarsi a morte. Sembrarono piuttosto contenti (e sollevati) di vederla finalmente arrivare.
“Era ora” sbuffò Patterson fingendosi irritato “Non ci hanno dato nemmeno un mazzo di carte per ammazzare il tempo. Stavo quasi per far fuori Morales dalla noia. Allora, che ti ha raccontato la Decana?”
Cardinale fece un resoconto più o meno dettagliato del dialogo con la Decana: raccontò del tè all’oppio, del baratto con la Decana…ma sorvolò sul suo sogno alla fine. Era troppo imbarazzante confessare che, oniricamente, avevano appena partecipato tutti ad un’allegra ammucchiata. Il suo sguardo sfuggente, però, non mancò di insospettire Morales che la fissò a lungo, serio.
“Sicura che sia tutto qui?” la interrogò e Cardinale si affrettò ad annuire, convinta.
“Sicurssima. Comunque, tutta questa commedia e poi non mi ha praticamente detto niente di utile. Tornarle a chiedere informazioni è fuori questione: piuttosto che rivedere ancora quella megera mi spazzolo tutte le DDW una per una. Mi sa che trovare Lucy sia diventata un’impresa impossibile.”
“Comunque ti vedo in forma” sentenziò Garrie scrutandola a fondo negli occhi: la pelle di Cardinale era luminosa come se fosse illuminata dal di dentro “Sei più…come dire…rilassata.”
“Dovremmo procurarcene un barile di quel tè” propose Morales, ispirato “A quanto pare ha un effetto calmante su Cardinale.”
Cardinale rise nervosamente ed Elora, ancora appostata alle loro spalle, sbuffò inviperita.
“La Decana mi manda a dirvi che è stato un piacere conoscervi” disse con voce dura “Ha detto che un incontro così interessante non le succedeva da tempo. Mi ha detto anche di dirvi che potete andarvene immediatamente.”
“Possiamo o dobbiamo?” domandò Morales allontanandosi verso l’uscita. Elora fece spallucce.
“Come preferite.” rispose, velenosa.
“Ma non abbiamo cavato fuori un ragno dal buco” sospirò Patterson, depresso “Davvero la Decana non ha risposto alle tue domande, capo?”
Cardinale fece spallucce con snervante rassegnazione.
“Andiamocene” propose Garrie balzando in piedi “Se qui non abbiamo risposte dovremo cercarle altrove.”
Elora aspettò che tutti si fossero diretti alla porta prima di far sentire di nuovo la sua voce.
“Jude.” chiamò sottovoce e la ragazza si girò verso di lei mentre il cuore le balzava in gola.
“Che vuoi?” chiese cercando di mantenere la voce cordiale.
“La Decana ha un messaggio speciale per te” le mormorò Elora con un sorriso cattivo “Ha detto che ti sei guadagnata la tua ricompensa.”
“Ricompensa?” domandò Patterson, incupendosi.
“Sì: un nome. Raymond Ross, piattaforma Tortuga.”
Detto questo, Elora girò le spalle e se ne andò, lasciando Cardinale alle prese con gli sguardi interrogativi dei suoi compagni.
 

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 : Tortuga! ***


Platform:             DR 1782 Tortuga – Missione infiltrazione DDW non autorizzata
Digi-Alias:
Cardinale, Jude                  Santiago                              Comandante della Blanca
Morales, Eric                                    Esteban                Marinaio della Blanca
O’Brian, Garrie                  Gael                                    Marinaio della Blanca
Patterson, Matt                  Cinquedita                          Timoniere della Blanca
 
Tortuga fu una vera sorpresa per tutti: un’eterna notte senza luna si adagiava con noncurante equità sia sul limpido mare della baia, inargentando di tenui riflessi la spuma pigra delle onde, sia sulla cittadella, un tripudio di colori, rumori e odori simili ad un improbabile continuo carnevale. Le mastodontiche navi ancorate nella baia rollavano intorpidite, le vele accuratamente ripiegate sul fondo degli alberi maestri nudi come pali del telefono. Il trealberi con la scritta “Blanca” sulla fiancata ormeggiò senza problemi nei pressi di uno scalcinato pontile, più vicina delle altre in quanto di stazza notevolmente inferiore. Quattro persone sbarcarono dalla nave: Cardinale aveva deciso di non passare dalla Terra di Nessuno ma di dirigersi direttamente a Tortuga perché, inconsciamente, sentiva di doversi tenere lontano da quella DDW. I compagni l’avevano assecondata, indulgenti: il loro capo era rimasto sicuramente leso dall’incontro con la Decana e di tacito accordo nessuno le aveva chiesto niente, almeno per il momento. I quattro figuri scesi dalla nave si guardarono attentamente l’un l’altro, cercando eventuali errori o anomalie nel loro modo di vestire e di comportarsi: creare i digi-alias adatti e un’intera nave nel giro di mezza giornata aveva richiesto l’aiuto dell’intera squadra e una notevole dose di fantasia. Il contributo personale di Garrie si era espresso in una variopinta varietà d’abiti, compresa una portentosa piuma verde lunga mezzo metro che ballonzolava dall’ampio cappello di Santiago, un immancabile pappagallo che gracchiava parolacce fumanti appeso alla sua spalla nonché una vistosa gamba di legno ad uso e consumo di Cinquedita che smoccolava a denti stretti sulla sua assoluta scomodità.
“Mi chiedo come la gente trovi utili queste armi preistoriche.” commentò acido Gael mentre si avviavano verso la taverna illuminata, in un gran clangore di ferraglia “Sembriamo l’armata degli uomini di latta.”
“Comunque, questa DDW è davvero spettacolare.” ammise Santiago, arricciando il naso quando il lezzo della sporcizia che regnava sovrana agli angoli della strada sterrata gli aggredì le narici “Mai trovata una varietà così realistica di insetti e odori.”
“Perché non hai mai condiviso il bagno con Pat, oops, mi scusi, con Cinquedita!” ridacchiò Esteban, di ottimo umore: si era creato un digi-alias ferocemente latino, con bisunti capelli neri svolazzanti e un paio di mefistofelici baffoni arricciati che lo mandavano letteralmente in estasi.
“Parla quello che profuma sempre di violette.” ribatté Cinquedita, claudicando affannosamente dietro al gruppo.
“Rrrrah! Immondo barile di letame!! Rrrah!” strepitò il pappagallo attirandosi lo sguardo fulminante di Santiago.
“Dì un po’, non potevi farlo muto, sto maledetto pennuto?” ringhiò a denti stretti verso Gael che ridacchiava esilarato sotto i baffi.
“Ma dai, non sarebbe stato credibile” rispose questi ”E poi, mi sono divertito come un pazzo a creare il suo vocabolario. Lo trovo davvero spassoso.”
“Hai creato tu il suo vocabolario? Buon Dio!” commentò Esteban, costernato.
Nel frattempo, erano arrivati davanti all’ingresso della taverna “Piede di Porco” da cui usciva uno stridente suono di violino: losche figure dai cappellacci a tricorno si mischiavano a pirati completamente ubriachi e ad una notevole varietà di fauna femminile in spumose crinoline e abissali scollature. Gael si sarebbe anche fermato a contemplare meglio il contorno, ma Esteban lo spinse all’interno dove vennero accolti da parecchi sguardi sorpresi e indagatori.
“Stiamo vicini” sibilò Santiago al di sopra della spalla radiografando attentamente gli astanti “Non conosciamo niente degli usi e costumi di questi pazzi scatenati. Almeno per una volta, cerchiamo di venirne fuori illesi.”
“Rrrah! Maledetti escrementi di topo!! Rrrah!!” strillò il pappagallo.
“Sante parole” approvò Cinquedita ridacchiando “Questo pappagallo mi legge proprio nel pensiero.”
Trovato un tavolo miracolosamente vuoto anche se straripante di lerci boccali di legno e avanzi sbocconcellati di cibo, si sedettero circospetti, guardandosi in giro.
“Hei, Cinquedita, ricapitoliamo le informazioni che abbiamo trovato su questo Raymond Ross” disse Santiago a voce bassa “Ma fai piano, per l’amor di Dio. Ho il sospetto che qui gli estranei non vengano accolti proprio a braccia aperte.”
“Lo farei volentieri, capo, ma gli strumenti sono fuori uso” ribatté Cinquedita di malumore “Questa DDW pirata è proprio un maledetto covo di malviventi, te lo dico io. Comunque posso andare a memoria: Raymond Ross bazzica da sempre su questa DDW con il nome di Bloody Blacky, comandante della nave Shadow. Ma se gli strumenti non funzionano, come diavolo faremo a scovarlo? Capo, il tuo rilevatore di digi-alias funziona?”
“Diavolo, no” rispose Santiago corrucciato dopo aver armeggiato con una specie di bussola preistorica “Questa maledetta DDW è più schermata di quanto pensassi.”
“Non ci resta che chiedere in giro.” propose Esteban mentre una cameriera dalle braccia possenti come tronchi d’albero scodellava davanti a loro una lattiginosa bottiglia di rhum, che attirò i loro sguardi dubbiosi.
“Ehm…whisky ne avete?” domandò Santiago titubante e la cameriera lo guardò con autentico compatimento, andandosene senza rispondere.
“Incredibile la varietà del menù in questo posto” commentò Gael sorridendo suo malgrado “Chi vuole provare l’ebbrezza del rischio e bere per primo?”
“Rrrah! Luridi cani rognosi!! Rrrah!” strepitò il pappagallo e Santiago sembrò seriamente intenzionato ad ammazzarlo su due piedi.
“Bevo io” disse infine afferrando la bottiglia e ingollando un lungo sorso “Mmm…non male. Con due sorsi di questo il fegato indice uno sciopero di tre giorni, ma ne può anche valere la pena.”
Gli altri ridacchiarono, più rilassati, quando Santiago sentì un rumoreggiare alle sue spalle seguito da un insolito silenzio tra i suoi compagni dalle facce compunte: ci siamo, pensò con un sospiro esasperato…piantagrane in arrivo!
“Chiunque tu sia, mi stai facendo ombra.” disse con voce forte e chiara senza nemmeno girare le spalle, sperando di incutere abbastanza timore nel nuovo ospite da farlo allontanare senza ulteriori scambi verbali. Dall’espressione comicamente angosciata della faccia di Esteban, capì di aver sbagliato completamente tattica.
“E tu stai occupando il mio posto, lurida caccola spagnola.” rispose una voce cavernosa alle sue spalle. Santiago si azzardò a girare la testa: si ritrovò la faccia all’altezza del ginocchio di un tizio largo come un armadio a sei ante, puzzolente come un’intera discarica e dalla faccia spaventosa come un’indigestione da abbuffata di cozze. Dietro all’armadio, una decina di pirati dall’aria bellicosa aspettavano muti, con la mano sull’elsa delle spade, lo svolgimento della diatriba.
“Stiamo cercando un certo Bloody Blacky, comandante della Shadow” disse con tono salottiero Santiago, tentando disperatamente di unire l’utile al dilettevole, nella fattispecie salvare le chiappe “Sai mica dove possiamo trovarlo?”
L’armadio sembrò miracolosamente soppesare le sue parole: dopo una breve ruminata della poderosa mascella, sputò fuori una domanda che sembrava una sentenza.
“Siete amici suoi?”
“Ma certo!” rispose precipitosamente Cinquedita, sollevato: fu il secondo, madornale errore della serata. La faccia dell’armadio si accartocciò in un’espressione di autentica malvagità mentre faceva scrocchiare le dita delle mani, pronto alla rissa.
“Un mese fa, quel maiale di Bloody Blacky mi ha fregato la nave mentre una sua amichetta mi faceva bere qui alla taverna” ghignò bellicoso “Ho giurato che l’avrei fatto a pezzi e avrei sparso i suoi avanzi un po’ ovunque nei cinque mari.”
“Oh, ah…effettivamente il tuo pensiero è giustificato…non si è comportato esattamente da gentiluomo.” commentò Santiago lanciando un’occhiata di fuoco a Cinquedita “Ma vedi…ti ho mentito prima…anch’io lo sto cercando per farlo fuori…quindi, siamo dalla stessa parte, io e te.”
“Davvero?” domandò l’armadio, scettico.
“Rrrah!! Stupido avanzo di latrina! Rrrah!” gracchiò il pappagallo, assolutamente a sproposito: a Esteban scappò una risatina irrefrenabile che mandò immediatamente in bestia l’omone di fronte a Santiago.
“I tuoi uomini ridono di me?!?” ululò facendo tremare col suo vocione i pochi vetri del locale, dove tutti i presenti ormai erano rivolti verso la faida che si stava consumando al tavolo.
 “Certo che no, loro…non volevano di sicuro mancarti di rispetto.” tentò Santiago, ormai rassegnato alla rissa.
Con la coda dell’occhio, vide Gael alzare dubbioso un sopracciglio, mentre il suo sguardo da “riusciamo sempre a finire in mezzo ai guai” gli bruciava la nuca. Furtivamente allungò la mano sull’elsa della spada.
“Adesso vedrai dove te lo ficco il rispetto, caccola.” mugugnò bovino il pirata e Santiago pensò che di diplomazia ne aveva già avuto abbastanza: con uno scatto fulmineo,  afferrò la sedia su cui era seduto e la buttò con quanta forza aveva addosso all’armadio: la sedia si frantumò in mille pezzi senza nemmeno scalfire il pirata, che comunque rimase con espressione bovina a guardare il capitano della Blanca, come aspettando il seguito. I compagni di Santiago non aspettavano altro che l’imbeccata: con sacrosanto entusiasmo sfoderarono le armi e attaccarono i pirati davanti a loro, gridando gioiosi improperi marinari.
“Rrrah! Fuoco ai cannoni!! Rrrah!” strepitò il pappagallo, svolazzando oltraggiato su una trave del soffitto mentre Santiago, afferrata la spada, cominciava a menare fendenti a destra e a manca. La locanda si riempì in breve tempo di pirati nemici: sembrava che lì fuori non aspettassero altro che una rissa dove buttarsi a piedi pari, senza nemmeno saperne le motivazioni. I quattro della Blanca erano in netta minoranza: si accalcarono con le spalle contro il bancone della taverna, facendosi scudo con i tavoloni di legno rovesciati, ma i pirati si lanciavano addosso a loro urlanti e Santiago capì ben presto che erano destinati a soccombere.
“Meraviglioso uso dei canali diplomatici, capitano Santiago!!” gli urlò in faccia Esteban mentre duellava come un forsennato, la faccia un ghigno.
“Hijo, risparmiami” ribatté Santiago, furioso, sapendo maledettamente bene che aveva ragione e odiandolo per questo “Cinquedita, facci uscire di qui, subito!”
“Dal davanti o dal di dietro?” chiese Cinquedita, che usava la sciabola con la stessa noncurante maestria con cui usava gli stuzzicadenti.
“Da dietro!” strepitò Santiago, segnando con un dito la parete alle loro spalle.
“Meno male che non era una proposta sessuale!” trillò gradevolmente Esteban e Gael quasi si fece affettare scoppiando a ridere disordinatamente. Cinquedita trafficò pochi secondi con un sacchettino bisunto che teneva appeso alla cintura, si girò di tre quarti verso i compagni che lo coprivano e disse annoiato:
“Spaccatimpani in arrivo!”
Non fece nemmeno in tempo a finire la frase: buttò la spaccatimpani oltre il bancone e la parete saltò in aria, mandandoli a sbattere contro i tavoloni  e ricoprendoli di polvere.
“Diavolo, Cinquedita…almeno dì ciao prima di farci saltare in aria!” tossicchiò Esteban, alzandosi in piedi barcollante.
“Filiamo di qui!” ordinò Santiago scavalcando il bancone ed infilandosi nella voragine nella parete.
Lesti come anguille, i compagni lo seguirono, approfittando del momento di confusione dei pirati assalitori, e filarono fuori dal locale correndo fino a farsi scoppiare i polmoni diretti verso il pontile in cui era ormeggiata la Blanca.
“Direi che questa missione si è conclusa con un vero successone!” infierì velenoso Gael correndo di fianco al capitano Santiago “Sì, insomma, non abbiamo contattato Bloody Blacky, abbiamo scatenato una rissa e bruciato questi digi-alias per sempre. Ottimo lavoro, direi!”
“Rrrah! Fottuto ammasso di guano!! Rrrah!” gracchiò il pappagallo che volava rasente alle loro teste, esprimendo senza saperlo l’esatto pensiero di Santiago. Riuscirono piuttosto agevolmente ad allontanarsi dal “Piede di Porco”, spintonando con malagrazia la gente che affollava la sporca viuzza principale. Stavano quasi per rallentare quando Esteban dalle retrovie, si sbracciò concitato nella loro direzione.
“Ci stanno seguendo!! Con i cavalli!!” urlò, frustrato.
“Ah, lo sapevo che non finiva qui!!” mugugnò esasperato Santiago: quella visita a Tortuga si stava dimostrando un fallimento su tutta la linea “Non fermatevi, ragazzi! Raggiungiamo la Blanca!” urlò facendo andare le gambe come pistoni di un’automobile.
Anche gli altri accelerarono: sentì le terribili imprecazioni di Cinquedita che claudicava con la gamba di legno, il respiro affannoso di Gael al suo fianco e gli strepiti allucinati del pappagallo, sopra di sé. Decisamente, decisamente un fallimento. Giunsero quasi in vista del pontile, grigiastro alla debole luce delle stelle. Il rumore dei pirati che li inseguivano si faceva sempre più vicino, ma Santiago non osò girarsi a controllare.
“Ci siamo quasi!” gridò ormai senza fiato quando vide la bianca vela della Blanca ondeggiare alla pigra brezza notturna. Stava per esultare…quando vide due marinai uscire dalla stiva della Blanca mentre trasportavano una grossa cassa. Poi ne vide altri due sul ponte di comando, intenti a scaricare dalla nave la merce della stiva. Vedendo arrivare l’equipaggio della Blanca, si girarono verso di loro, le facce attonite di chi è stato beccato con le mani nel sacco. Santiago non rallentò la corsa: mentre i suoi stivali sbrindellati lasciavano la terra battuta per il legno marcio del pontile, si sbracciò verso i ladri sulla sua nave ed urlò con quanto fiato aveva in gola:
“Salpate l’ancora! Alzate le vele! Vogliono farci fuori!”
Dopo un primo attimo di indecisione, i pirati sulla Blanca corsero ad eseguire gli ordini di Santiago, anche perché i cavalli degli inseguitori  si stavano avvicinando di gran carriera e il loro numero avrebbe impressionato anche pirati più smaliziati di loro. Mentre due robusti marinai manovravano l’argano che tirava su l’ancora, Santiago fece un salto dal pontile verso la Blanca ed atterrò rotolando sul ponte della nave. Ben presto fu seguito da Esteban che ridacchiava ancora come un isterico, mulinando le braccia come se mimasse un patetico volo. Quando la vela prontamente spiegata di allargò di colpo alla brezza notturna, la nave si staccò bruscamente dal pontile. Mentre Santiago correva ad aiutare Esteban, gli inseguitori arrivarono sul pontile e cominciarono a sparare con i loro antiquati ma efficaci moschetti. Chinandosi per evitare le pallottole, Santiago raggiunse il ponte di prua e urlò con quanto fiato aveva in gola : “Armare i cannoni!”
Cinquedita e Gael alle sue spalle stavano ancora arrancando sul pontile, rallentati dalla gamba di legno di Cinquedita. Gli inseguitori erano ormai vicinissimi e molto, molto bellicosi: la faccia di Cinquedita era una maschera di sofferenza tutta tesa nello sforzo di trascinarsi dietro quell’ingombrante pezzo di legno.
“Non ce la faranno mai a saltare!” ululò allarmato Esteban ancora appeso alla balaustra.
 Lesto come un fulmine, Santiago si impossessò di una cima: fece velocemente un nodo scorsoio e, facendo roteare la cima sopra alla testa, eseguì un lancio perfetto verso i compagni ancora a terra. La cima atterrò in testa a Gael che ci si aggrappò senza tante cerimonie e venne così trascinato in acqua.
“Fuoco!” urlò Santiago scorticandosi la gola: due cannoni spararono in direzione del pontile ormai affollato di pirati a  cavallo, facendo esplodere il legno proprio al centro del passaggio e sollevando un notevole spruzzo d’acqua. I cavalli rotolarono nitrendo nella voragine schizzando acqua e schegge di legno fradicio tutto intorno. Cinquedita si tuffò in mare, seguito dagli spari dei cavalieri, e con due bracciate poderose raggiunse e si aggrappò al volo alle gambe di Gael mentre questi veniva trascinato via dalla Blanca che si allontanava verso il mare aperto. Per alcuni minuti ancora i passeggeri della nave rimasero abbassati mentre una gragnola di proiettili sforacchiava le vele; poi, quando sentirono i colpi farsi più sporadici e lontani, Esteban e Santiago corsero ad impossessarsi della cima a cui erano appesi Gael e Cinquedita. Con notevole sforzo, riuscirono a recuperare i due dall’acqua, mezzi affogati e sputacchianti.
“La prossima volta che ti viene in mente di affibbiarmi una gamba di legno, sappi che la userò per sodomizzarti, stupido avanzo di fogna!” boccheggiò Cinquedita all’indirizzo di Gael che ridacchiò imbarazzato.
Mentre Esteban si sdraiava supino, e Santiago aiutava Gael ad alzarsi, ansimante, arrivò il pappagallo che atterrò tranquillamente sulla sua spalla, gracchiando.
“Rrrah! Puzzolenti interiora di merluzzo! Rrah!”
“State tutti bene?” domandò depresso Santiago, contando mentalmente fino a dieci per evitare di uccidere il pappagallo. I suoi compagni non risposero: semiaccasciati sul pontile, ansimanti e fradici, guardavano muti alle sue spalle con una indecifrabile espressione sui visi sudati. Santiago si girò mentre una strana sensazione di pericolo lo invadeva a poco a poco. Dietro di lui, una decina di marinai, capeggiati da un tizio calvo, barbuto e con un’inquietante benda su un occhio, puntavano loro contro le pistole, tenendoli inequivocabilmente sotto tiro.
*             *             *
Mentre la Blanca rollava e beccheggiava pigramente verso il largo, l’equipaggio si rese conto di essere finito dalla padella degli inseguitori a cavallo alla brace delle pistole puntate dritte sulla fronte.
“Certo che stasera è proprio una serata sfortunata” sospirò Gael, dispiaciuto “E non ho nemmeno fatto in tempo ad assaggiare quel rhum..”
“Nessuno di noi ha avuto tempo di berlo” rettificò Esteban, acido “Avevamo troppa fretta di immergerci nel guano. Ma tu guarda che situazione…”
“Silenzio!!” tuonò il pirata calvo con un’espressione terribile sul volto.
“Hei…” mormorò debolmente Santiago, alzando rassegnato le braccia in alto “State buoni, siamo letteralmente sulla stessa barca…”
“Noi non ci conosciamo” ribatté il pirata con la benda con una voce gracchiante per troppo rhum e tabacco “So solo che per colpa tua mi hanno quasi fatto fuori. Con queste premesse, non mi sei simpatico, e quelli che non mi sono simpatici di solito non vivono abbastanza per farmi cambiare idea. Voi altri, alzatevi in piedi e mettetevi contro l’albero mastro. Tenete le mani in alto e non fate scherzi: i miei amici hanno il grilletto facile. Intiende?”
La ciurma della Blanca obbedì controvoglia, compreso Cinquedita che saltellava a fatica, avendo perso la gamba di legno nel tuffo dal pontile. Due pirati si affrettarono a legarli all’albero maestro stringendo forte le ruvide corde grosse come polsi d’uomo.
“Piano, mi blocchi la circolazione così.” protestò Gael beccandosi per risposta un pugno sul naso che lo fece sanguinare.
“Chiudi il becco, cibo per squali!” gli sibilò in faccia il pirata e la cattiveria che trapelava dalla sua voce smorzò non poco il morale comunque alto della ciurma. Santiago continuava a sembrare estremamente provato e irritato: non osava girarsi verso Cinquedita e Gael ma sapeva perfettamente quello che stava passando loro per la testa. Ci pensò Esteban a cercare qualcosa di convincente da dire per uscire da quella situazione incresciosa.
“Senti, non so chi tu sia, ma ti assicuro che non abbiamo nessuna voglia di litigare: la Blanca è tua, se la vuoi, compreso tutto il carico, basta che ci scarichiate sulla prima spiaggia con de-digitalizzatore incorporato che incrociamo.”
Il pirata lo guardò scettico: un suo compagno, evidentemente schifato dalle parole di Esteban, sputò un grumo di tabacco masticato sulla scarpa del capitano, attirandosi una  sfuriata dal pappagallo appollaiato sulla sua spalla.
“Se voglio la vostra nave, me la prendo anche senza il vostro permesso.” grugnì il pirata calvo alzando platealmente la pistola verso la testa di Esteban “Per colpa vostra siamo dovuti scappare da Tortuga lasciando a terra metà del mio equipaggio. Adesso ci toccherà tornare indietro a prenderli, e questo ci mette di nuovo in pericolo. Ed anche di cattivo umore, per dirla tutta.”
Fece una pausa durante la quale alle sue spalle i pirati iniziarono a borbottare irosi. “Magari se vi faccio fuori mi torna su il morale.” proseguì il calvo, salottiero.
Lo stomaco di Santiago fece una dolorosa capriola mentre la bocca gli si seccava all’improvviso.
“Non credo che ucciderci possa risolvere la questione” iniziò a dire lentamente Gael “Magari possiamo aiutarvi a ritrovare i vostri compagni…”
Santiago, legato a doppia mandata contro di lui,  fece un verso disgustato che attirò l’attenzione del pirata calvo.
“Che c’è, capitano dei miei stivali? Hai finito la tua scorta di voglia di vivere?” lo incalzò brutalmente avvicinandosi di un passo, minaccioso.
Santiago gli piantò addosso due occhi duri, per niente spaventato.
“Voi non ci ammazzerete. Siete solo dei maledetti bugiardi.” esordì con voce limpida e cristallina. Un silenzio teso calò sul ponte mentre il pirata calvo strabuzzava gli occhi dalla sorpresa e l’equipaggio della Blanca tratteneva il respiro, rassegnato.
“Come hai detto, puzzola?” lo incalzò il pirata calvo, sinceramente stupefatto da tanta audacia.
“Ho detto che non ci ucciderete” proseguì deciso Santiago con calma “Siete un branco di maledetti, stupidi  ladri, questo ve lo concedo, ma non siete degli assassini. Sapete a malapena come si maneggiano quelle pistole.”
Il brusio alle spalle del pirata calvo aumentò di intensità, come un rombo di tuono.
“Santiago, non credo che la tua tecnica del duro-tutto-d’un-pezzo abbia qualche possibilità di successo visto che siamo legati come salami all’albero maestro di una nave.” mormorò Esteban sottovoce, ma Santiago scrollò le spalle, noncurante.
“Fidati.” rispose a fior di labbra ed Esteban annuì senza fiatare.
“Sentite, né voi né noi vogliamo grane” continuò Santiago a voce alta e decisa “Voi volevate la nave e il suo bottino e l’avete ottenuto, anche se vi avverto che quelle casse sono piene di inutili sassi. Noi, a questo punto, vogliamo solo tornare a casa: questo raid nelle DDW illegali ci è bastato e avanzerà per un bel pezzo in futuro, almeno per quanto mi riguarda.”
Il pirata calvo sembrò miracolosamente vagliare le sue parole: con un cenno secco del capo mandò un ordine ad uno dei suoi che si affrettò ad aprire una cassa con un piede di porco. Quando tirò fuori dalla cassa una grossa pietra grigia, il pirata calvo fece due lunghi passi verso Santiago che continuò a fissarlo sprezzante.
“Come fai ad essere sicuro che adesso non ti faccio saltare le cervella?” ruggì arricciando le labbra in una smorfia ferina.
“Perché non avete ricaricato le pistole” rispose prontamente Santiago “Queste sono armi di vecchia concezione. Hanno bisogno di polvere da sparo e pallini di piombo per funzionare, ed è possibile solo un colpo alla volta. Voi avete sparato come pazzi verso i nostri inseguitori, ma non ho visto nessuno ricaricare le armi. Quindi, in questo momento, siete disarmati.”
Esteban si girò a guardare ammirato Santiago, sorpreso dalla sua sagacia, ma rimase gelato sul posto quando vide il pirata calvo sogghignare avvicinando la faccia sfregiata a quella di Santiago.
“Per tua informazione, professore, ci piace pensare di essere pirati, sì, ma non scemi. Le nostre armi sono leggermente modificate per sembrare a tutti gli effetti innocui moschetti d’epoca ma per essere in realtà delle comode sei colpi automatiche.”
I pirati alle spalle del calvo ridacchiarono vittoriosi; Esteban alzò gli occhi al cielo con l’espressione sofferta di un martire mentre Cinquedita ripassò a fior di labbra un rosario che avrebbe fatto impallidire d’invidia il pappagallo di Santiago.
“ Che mi dici adesso, spocchioso sotutto?” sibilò il calvo, truce.
Santiago rimuginò un attimo seriamente.
“Dico che è stata davvero un’ottima idea” rispose infine sinceramente “Anche se continuo a pensare che siate solo dei ladri e non degli assassini. Sarebbe da idioti attirare su una DDW illegale l’attenzione del CDI e l’omicidio di quattro persone non può passare di certo inosservato. Soprattutto se si tratta di quattro persone come noi, ma questo è un altro discorso. Per quanto tu possa sembrare stupido, scommetto che non lo sei abbastanza per farci fuori, palla da biliardo.”
Un lampo scaltro e divertito passò veloce negli occhi del pirata calvo che sembrò rimuginare sulle parole di Santiago mentre si chinava minaccioso verso di lui. Si guardarono a lungo negli occhi, sfidandosi, mentre il silenzio era così denso da potersi tagliare con il coltello. Improvvisamente, una mano del calvo si alzò fulminea impugnando uno scintillante pugnale dalla lama ricurva. Gael fece appena in tempo a sfiatare un “no!” mentre le viscere gli si liquefacevano che il pirata aveva già tranciato di netto la corda che legava i quattro della Blanca all’albero maestro e porgeva la mano a Santiago con un sorrisone gioviale stampato sul viso. Gael, Cinquedita ed Esteban si liberarono lesti delle corde e si allontanarono prudentemente dal gigante calvo che sembrava diventato di colpo il re degli amiconi.
“Che il diavolo vi porti!” tuonò mentre Santiago restituiva la sua stretta di mano con un’espressione frastornata sul viso “Tu si che sei un capitano con del fegato! Ragazzi, mettete via le pistole e tirate fuori del rhum! Si festeggia l’incontro con un vero, originale pirata dalla testa ai piedi!”
Di colpo, il silenzio teso sul ponte fu spezzato da decine di voci ululanti e ridanciane: Santiago e gli altri furono travolti da una ridda confusa di sorrisi sdentati e pacche sulle spalle e ben presto si trovarono tutti con una bottiglia di rhum ficcata in una mano e una manciata di tabacco da masticare nell’altra.
“Io non capisco.” balbettò Esteban confuso mentre Cinquedita al suo fianco ingollava mezza bottiglia di rhum in un solo colpo.
“Bè, hijo, te lo spiego io: la strega ci ha di nuovo salvato le chiappe e ce lo rinfaccerà finché avrà fiato. Semplice, no?”
“Oh, che bello.” ringhiò Esteban esasperato.
Il pirata calvo intanto aveva trascinato Santiago al centro del ponte e gli agitava una mano alta sulla testa come se fosse un trofeo di caccia.
“Hem, sentite..” intervenne questi quando i pirati smisero finalmente di menargli sonore pacche sulle spalle “Noi avremmo una certa fretta di tornare a casa. Come ho già detto, la nave è vostra, se volete….lasciateci solo andare in pace al più vicino de-digitalizzatore.”
“Vuoi dire che ci lascereste davvero la nave senza obbiettare?” grugnì il pirata calvo, sospettoso, e Santiago si affrettò ad annuire.
“Tutta vostra. Vogliamo solo tornare a casa al più presto…stasera non è andata affatto come ci aspettavamo. Abbiamo provocato una rissa, ci siamo fatti fregare la nave e in più non abbiamo nemmeno trovato Bloody Blacky…”
“Chi?” ruggì il calvo con un vocione terribile.
Gael si avvicinò a Santiago con un’espressione spazientita sul viso.
“Evidentemente questo Bloody Blacky ha un sacco di nemici qui a Tortuga” sibilò all’orecchio del capitano “Sarebbe molto più costruttivo per noi se evitassi di nominarlo, d’ora in avanti. Sempre che usciamo vivi da questa navigazione.”
“Perché state cercando Bloody Blacky?” tuonò il pirata avvicinandosi minaccioso.
“Affari.” ansimò Santiago, ormai più rassegnato che allarmato.
Il tizio calvo lo squadrò da capo a piedi, accigliato. Poi, fece un inaspettato, lago sorriso che mostrò una chiostra di denti marci e maleodoranti.
“Che mi venga un colpo!!” ragliò, felice “Voi cercavate proprio me! Sono Bloody Blacky in persona, al vostro servizio!”
“Rrrah! Che il diavolo ti porti all’inferno!! Rrrah!!” gracchiò il pappagallo, soddisfatto.
*             *             *
Bloody Blacky era il più allegro e divertente bastardo che avesse mai bazzicato sulle DDW: il suo personalissimo modus vivendi lo aveva portato a crearsi non pochi nemici, come la Tau Centauri aveva sperimentato a proprie spese, poiché la regola principale per il pirata era ruba a chiunque per dare a Bloody Blacky. La sua ciurma, che assurdamente lo venerava, era fatta a sua immagine e somiglianza: si muovevano nelle DDW illegali come veri e propri pirati, rubacchiando qua e là, pestando parecchi calli e divertendosi un mondo. Dopo averci scambiato poche parole, Santiago era già conquistato dal suo spirito libero e dalla sua innata indipendenza. Mentre la Blanca filava veloce e leggera sulle onde col vento in poppa, impregnando i marinai sulla tolda di profumo di salsedine, i quattro decisero di provare a staccare Bloody Blacky dalla bottiglia: lo presero in disparte e sottovoce gli esposero il vero motivo della loro ricerca con voci improvvisamente serie e facce determinate.
“Sappiamo chi sei e sappiamo che sei in contatto con Lucy Masterson.” tagliò corto Santiago, recuperando il senso di urgenza che li aveva spinti su quella piattaforma.
“Non so di cosa state parlando, pendagli da forca.” rispose piacevolmente Bloody Blacky ammiccando.
Mentre Gael sbuffava esasperato e Cinquedita sbatteva frustrato il moncherino senza gamba di legno contro il pontile, Santiago studiò la faccia deturpata e serena di Bloody Blacky e decise di fidarsi del proprio istinto: con calma professionale e dovizia di particolari sbatté in faccia a Bloody Blacky la verità, o almeno, quella parte di verità che poteva essere utile per fargli capire che le loro intenzioni nei confronti di Lucy erano buone. Raccontò dell’incontro con Polaris e della prova nella tana del Morlock: gli parlò dell’incontro con Lucy in carne ed ossa e della bomba che aveva bruscamente interrotto i loro rapporti. Gli parlò della Decana. Ma, soprattutto, gli trasmise con sincerità il senso di giustizia che li muoveva e l’assoluta certezza che Lucy fosse in serio pericolo. Bloody Blacky non smise mai di guardarlo negli occhi, cercando un segno di debolezza o di falsità senza trovarlo. Parecchie bottiglie di rhum passarono di mano in mano e, con l’arrivo dell’alba, Santiago aveva esaurito la sua storia e Bloody Blacky il suo rhum.
“Corpo di mille balene!” tuonò alla fine Bloody Blacky con la voce arrochita dall’alcool “Le vostre intenzioni sembrano davvero innocenti. Ma Lucy mi farebbe a fettine senza pensarci due volte se la tradissi, anche se fosse per una buona causa.”
“Lei che fa a fettine uno come te?” domandò ironico Esteban, mezzo brillo ma ancora lucido “Andiamo! Se la troviamo le spiegheremo le nostre buone intenzioni. Ed anche le tue, ovviamente.”
“Non basterebbe, amico” ribatté pacato Bloody Blacky “Conosco quella scimmietta da quando ancora non camminava. Per me è  molto più di una amica o di una sorella. Lei vale troppo per giocarci sopra.”
“Ma adesso è in pericolo” insistette Gael, scoraggiato “Se non arriviamo in tempo per risolvere la questione, la tua preziosa Lucy è spacciata, almeno quanto il nostro amico scomparso. Se il tuo silenzio dovesse costare loro la vita, conterebbe ancora qualcosa la lealtà nei confronti di Lucy?”
“Accidenti, questo sì che è parlare forbito!” ridacchiò Cinquedita, piacevolmente ubriaco fradicio.
“Hai la possibilità di salvare la vita di Lucy” proseguì Santiago, convinto “Forse si arrabbierà con te, ma, cavoli!, credo proprio che valga la pena tentare.”
Gael ed Esteban si scambiarono uno sguardo ammirato.
“Quasi quasi ha convinto anche me.” mormorò Gael con occhi sognanti.
“Rrrah! Morirete tutti tra atroci sofferenze!! Rrrah!” gracchiò il pappagallo, prudentemente appeso all’albero di mezzana. Esteban e Gael ridacchiarono esilarati mentre Cinquedita tirava una bottiglia vuota all’indirizzo del pennuto, mancandolo platealmente. Il pappagallo non si spostò di un millimetro, chiocciando oltraggiato dalla sua postazione.
“Bloody Blacky, abbiamo bisogno di te” disse Santiago serio e accorato “Ti prego, dicci dov’è Lucy prima che sia troppo tardi.”
“Bè, non so…” mormorò Bloody Blacky grattandosi dubbioso la testa calva.
Santiago ed Esteban si scambiarono uno sguardo speranzoso: forse qualche possibilità c’era, dopotutto.
“Ti abbiamo raccontato tutta la verità, compresi segreti di importanza nazionale. E ti abbiamo anche regalato una nave nuova di zecca. Più di così…”
Bloody Blacky sembrò pensarci su un attimo prima di scoprire i denti marroni di un ampio sorriso.
“Mi avete convinto!” strepitò alzando la bottiglia di rhum in alto e spruzzando di liquido ambrato chiunque fosse a tiro “Vi dirò dov’è Lucy…e le salverò una volta ancora quelle chiappe rinsecchite tanto che dovrà essermi grata per tutta la vita!” strillò prendendo una mano a Santiago e pompandola su e giù con entusiasmo.
“Rrrah! Miserabili rifiuti…” il pappagallo si zittì di colpo quando il proiettile sparato con cura dalla pistola di Santiago gli fece saltare via la testa di netto.
“Non ne potevo più” ammise questi con un sorriso angelico riponendo la pistola fumante nel cinturone mentre il corpo senza vita del pappagallo cadeva a terra con un tonfo ovattato.
“Accidenti, capo, me l’avevano detto che, a conti fatti, eri l’unico davvero capace di far tacere gli uccelli.” declamò serio Cinquedita. Lui e i suoi compagni scoppiarono subito dopo a ridere sguaiatamente mentre la faccia di Santiago prendeva un preoccupante colorito verdastro.
“Lurido, schifosissimo pezzo di invertebrato imbevuto di stupidaggini maschiliste…” grugnì a denti stretti quando recuperò l’uso della favella.
“Rrrah!” conclusero piacevolmente Esteban e Gael insieme, sprofondando subito dopo in una risata che trovò seguaci in ogni angolo della nave.
*             *             *
Una luce intermittente prese all’improvviso a lampeggiare sullo schermo. David Hanson, quasi appisolato a braccia incrociate davanti al computer, aprì gli occhi di scatto, subito all’erta. Dopo il primo attimo di perplessità, un sorriso maligno stiracchiò le sue labbra: la Tau Centauri era ricomparsa all’orizzonte! Quei maledetti Runners erano spariti letteralmente dopo la loro visita alla Decana, e David era quasi impazzito di rabbia e frustrazione, senza riuscire a trovare il coraggio di avvisare Masterson del fatto che aveva perso le loro tracce. E adesso, quando ormai non ci sperava più, eccoli di nuovo in circolazione. Quei dannatissimi fessi: come potessero dei tali faciloni essere considerati i migliori Runners in circolazione ancora doveva capirlo. Anche il CDI sarebbe stato capace di trovarli, se si lasciavano dietro tracce grandi come dinosauri! Pigiando velocemente sui tasti, David trovò le coordinate della squadra: DN Salute e benessere, Beauty Farm "La Bella Baita". Il sorriso sulle labbra di David divenne un ghigno vittorioso. Molto bene: la Tau Centauri aveva trovato Lucy, come aveva previsto. Si alzò in piedi, dirigendosi con sicurezza verso il de-digitalizzatore nascosto nell’angolo buio della stanza. Molto, molto bene davvero: la signora Lucy Masterson aveva ormai le ore contate. 
 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 : La storia di Lucy ***


Platform:             DN Salute e benessere – Beauty Farm "La Bella Baita" – Svizzera – Incognito
Digi-Alias:           Unknown
 
 
"Hei, Inga…vacci piano con quel massaggio." sospirò Frau Kasberger mentre la portentosa massaggiatrice svizzera la stava rivoltando come un guanto. Inga era il massimo, doveva ammetterlo: un filino rude, forse, ma dopo il bagno di fieno e l’idromassaggio, quando la pelle perdeva leggermente in sensibilità, una energica manipolazione di Inga era un vero toccasana. Quel mattino però nemmeno il massaggio di Inga riusciva a rilassare Frau Kasberger come al solito: una sottile inquietudine le pervadeva le membra e le acutizzava i sensi in maniera fastidiosa. Si sentiva come una volpe che annusa per la prima volta un leggero sentore di incendio imminente.
"Basta così, Inga, puoi andare." sospirò alla fine mettendosi a sedere: anche il massaggio non serviva a niente. Magari con altre 10 vasche in piscina…Frau Kasberger si avvolse il morbido telo di spugna attorno al corpo snello, infilò le ciabattine di stoffa e si fermò pensierosa a guardare fuori dalla finestra. Il sole scintillava sulla neve e il cielo quasi abbagliava tanto era azzurro e terso. Alcune figure colorate sfrecciavano sulle piste da sci e le loro risate argentine arrivavano fin dentro la baita, attutite dagli spessi doppi vetri. Che pace che c’era in quel posto, pensò Frau Kasberger con una punta di rimpianto. Se solo… La porticina scorrevole da cui era silenziosamente uscita Inga si riaprì per far apparire una giovane e biondissima inserviente.
"Mi zkuzi, Frau" cinguettò la donna con una sorprendente voce baritonale "Io fenuta per nuofo mazzaccio ke foi afere kiesto."
"Non ho chiesto nessun massaggio." rispose aggrottata Frau Kasberger: fissò meravigliata la ragazza, cercando di ricordare se l’avesse già vista perché stranamente aveva un’aria familiare.
"Pellizzima ciornata, ya? " squillò la ragazza armeggiando con l’olio da massaggio e versandosene una dose abbondante sulle mani "Kuando uzzellini zinguettare kozì, defe ezzere puona ciornata, ya?"
"Nessun massaggio, ho detto. Inga è appena uscita." ribadì Frau Kasberger, sospettosa.
"Ya, ya, Inga afere detto di fenire da foi. Nuofo mazzaccio, più rilaxante, wunderbach!" rispose la ragazza avvicinandosi e spingendola solerte verso il lettino. Per un attimo, Frau Kasberger incrociò i suoi occhi molto azzurri e molto ridenti e un brivido le percorse la schiena. Si irrigidì, schivando le mani della ragazza che la guidavano e si pose in traiettoria con l’uscita.
"Sul serio, sei molto gentile, ma non voglio nessun massaggio." disse decisa: nel frattempo i suoi occhi saettarono intorno, in cerca di un qualsiasi oggetto contundente che potesse fungere da arma di difesa. La ragazza mangiò la foglia: il suo sorriso a 32 denti si smorzò un poco e le movenze divennero più caute.
"Nezzun mazzaccio, frau?" disse mettendosi casualmente le mani in tasca. Rapida come un serpente, Frau Kasberger afferrò il contenitore del talco e senza nemmeno prendere la mira lo tirò verso la ragazza che, con uno strillo sorpreso, venne immediatamente avvolta in una nuvola bianca e cominciò a tossire furiosamente. Frau Kasberger non perse tempo: si gettò verso la porta e uscì nel corridoio, seguita dagli strilli oltraggiati dell’inserviente. Corse per il corridoio, ciabattando sul pavimento di pregiato parquet, fino a raggiungere la piscina riscaldata. In quel momento, sentendo un concitato scalpiccio alle sue spalle, si accorse di essere inseguita e cominciò a correre ancora più forte. Quando l’inseguitore arrivò quasi ad afferrarle il lembo svolazzante del telo di spugna, Frau Kasberger sterzò improvvisamente sul ponticello di legno che attraversava la piscina e strillò vittoriosa quando sentì il pesante tonfo di un corpo che cadeva nell’acqua, seguito da una fiorita sequela di improperi. Ma si era intrappolata con le sue mani: dall’altro capo del ponte, un massiccio donnone svizzero con tanto di grembiule con la pettorina e severa crocchia di capelli sulla nuca, la aspettava, con le labbra arricciate in un sorriso sadico.
"Qui, bella, qui!" la incitò facendo il primo passo sul ponticello. Frau Kasberger non ci pensò due secondi: balzò sulla balaustra del ponte ed eseguì un tuffo perfetto nell’acqua calda e fumante sotto di sé. Con un agile movimento si liberò del telo di spugna e con precise e veloci bracciate nuotò verso il bordo opposto, seguita dalle urla di protesta del donnone sul ponte. Ansimante, grondante acqua fumante e nuda come un verme, Frau Kasberger si issò fuori dalla piscina e corse verso l’uscita. Con una rapida occhiata vide che gli inseguitori erano tre: l’inserviente, il donnone e un tizio dalla stazza di un T-Rex, calvo e muscoloso. Frau Kasberger aprì la porta di slancio, investendo due o tre ospiti nell’operazione, e si ritrovò nella veranda dove la aggredì un freddo pungente che tentò di ignorare. Corse a perdifiato verso la tettoia sotto cui venivano parcheggiati i gatti delle nevi, mentre gli ospiti della baita si spostavano attoniti per lasciar passare quell’improbabile visione di corpo nudo e fumante in mezzo alla neve. Era ormai arrivata vicino alla rimessa quando una lastra di ghiaccio traditrice si spezzò sotto il suo piede nudo e Frau Kasberger scivolò a terra con uno strillo indignato. Cozzò violentemente il fianco sul terreno duro e gelato ma non fece in tempo a rialzarsi che il T-Rex le fu addosso con i suoi quasi 200 Kg. di peso, placcandola come un vero giocatore di rugby.
"Lasciami andare, bastardo!" strillò Frau Kasberger dimenandosi come una forsennata, ma la presa dell’uomo era salda ed esperta: le aveva praticamente bloccato le braccia e le gambe e Frau Kasberger, non sapendo che altro fare, tentò di morderlo sull’orecchio, invano.
"Ferma, maledetta femmina…ferma!" ruggì l’uomo mentre veniva raggiunto dall’inserviente bionda e dal donnone svizzero.
"Lasciatemi andare, vi ho detto!! Direttore!! Aiuto!! Mi vogliono rapire!!" urlò Frau Kasberger con quanto fiato aveva in gola.
Mentre i tre la sollevavano in piedi, incuranti dei suoi strepiti e dei suoi calci, dalla rimessa partì un gatto delle nevi formato Station Wagon che si fermò bruscamente davanti a loro.
"Buona, non ti agitare!" disse la voce ansimante del donnone spingendola senza tante cerimonie verso la portiera aperta del veicolo "Siamo noi! Adesso entra e…"
Lo schiocco improvviso e secco di un colpo di pistola sfiorò sibilando l’orecchio di Frau Kasberger che, di riflesso, strillò e scalciò ancora più forte.
"Ma che diavolo…" brontolò il T.Rex mentre la giovane inserviente individuava la canna di un fucile sporgere da una finestra del secondo piano.
"Ci stanno, sparando!" gridò allarmata e non poco stupefatta. Nel frattempo, anche gli ospiti della baita avevano riconosciuto lo sparo e mentre un secondo colpo sollevava uno spruzzo di neve ghiacciata ai piedi di Frau Kasberger, cominciarono a correre e a starnazzare intorno, riempiendo il perfetto silenzio montano di urla e strepiti.
"Dentro!" gridò il donnone mentre un terzo colpo scalfiva la lucida carrozzeria del gatto delle nevi e il T-Rex faceva volare il corpo di Frau Kasberger dentro l’abitacolo senza tante cerimonie. La testa della donna cozzò violentemente contro il vetro opposto e per un attimo vide le stelle. Dietro di lei, il T-Rex e il donnone stavano rispondendo al fuoco, mentre l’inserviente era salita dietro di lei e la spingeva da una parte.
"Fai posto, maledizione!" le gridò dietro e Frau Kasberger, ancora mezzo intontita e ormai semi-congelata, non trovò niente di meglio da fare che obbedire.
Il donnone praticamente rotolò dentro mentre il gatto delle nevi partiva con uno stridio oltraggiato del motore tirato al massimo.
"Pat! Dentro!" gridò il guidatore sporgendosi dal finestrino e incassando velocemente la testa tra le spalle quando un colpo del cecchino frantumò lo specchietto retrovisore con un ‘dlong!’ quasi religioso. Il T-Rex riuscì a salire faticosamente mentre il veicolo era già in moto: diede qualche altro colpo di pistola a caso prima di chiudere lo sportello e abbandonarsi, ansante, sul sedile.
"Tutto bene?" domandò preoccupata l’inserviente al T-Rex.
"Tranquillo, Garrie…ma chi diavolo era quel cecchino?"
"Forse il direttore dell’albergo" borbottò il donnone, ilare "Siamo usciti senza pagare…"
Dopo un breve, attonito silenzio i quattro sulla macchina scoppiarono a ridere sguaiatamente, esclusa Frau Kasberger che, tremando come una foglia, era ormai prossima allo svenimento. L’inserviente si girò verso di lei e, vedendo che la sua pelle stava prendendo una preoccupante colorazione bluastra, si affrettò a coprirla con un plaid recuperato dal sedile posteriore.
"Cavolo, mi dispiace!" disse abbandonando l’improbabile accento tedesco che aveva esibito alla baita "Ma ti sta bene, te la sei cercata. Se ti fossi lasciata massaggiare con calma…"
"Chi…diavolo…siete?" gracchiò Frau Kasberger mentre i denti le battevano come nacchere. L’inserviente le fece un largo sorriso scintillante.
"Ma come, signora Lucy Masterson, non ci ha riconosciuto? Squadra di soccorso per donne nude sulla neve al completo: la Tau Centauri, per servirla!"
*             *             *            
David Hanson non osava alzare lo sguardo sul viso immobile che occupava quasi tutto lo schermo olografico del suo computer: benché minimizzato dalla traduzione in pixel, lo sguardo di Masterson era comunque infuocato come brace.
“Mi stai dicendo che ti sei fatto scappare Lucy?” chiedeva Masterson con voce misurata ma vibrante “Che te la sei fatta soffiare sotto il naso da quella sottospecie di circo ambulante che è la Tau Centauri?”
David si limitò ad annuire, odiando il tremito che gli imperversava sulle mani.
“Meriteresti di essere fucilato per questo, lo sai?” continuò Masterson con quella voce falsamente atona “Hai idea del pericolo che corriamo se Lucy spiffera quello che sa e la Tau Centauri riesce a fare uno più uno? Tutti i nostri progetti, tutta la nostra preparazione non servirà a niente…e quei maledetti cani rischiano di sfuggirmi di nuovo!”
“Io…io…” balbettò David, attonito.
 Masterson fece un rapido gesto con la mano e David si zittì immediatamente, come se gli avessero tolto l’audio all’improvviso.
“Tu devi solo tacere. Tutto rischia di andare in fumo per colpa della tua inettitudine. Non so come ho potuto pensare di fidarmi delle tue scarsissime capacità.”
“Sissignore.” belò David, al colmo della vergogna. Masterson, in silenzio, lasciò che il suo sguardo parlasse per lui: non c’era bisogno di minacce, il Runner aveva ben chiaro cosa gli sarebbe successo se avesse fallito ancora.
“Signore…forse potremmo…”
“Cosa.” sibilò Masterson, al limite della sopportazione.
“Potremmo proporre alla Tau Centauri uno scambio. Lucy in cambio di Benson.”
Masterson fece per replicare, ma poi si bloccò: lo sguardo aggrottato ebbe un guizzo scaltro, subito abilmente mascherato.
“Ci devo pensare” disse “Tu intanto trova la Tau Centauri.”
“Sissignore.” ripeté David un po’ più convinto. Masterson annuì e spense la comunicazione. Il Runner sospirò, appoggiandosi alla spalliera della sedia. Lo schermo vuoto del computer sembrava incoraggiarlo a fare qualcosa, qualsiasi cosa. Ma non era così facile: prevedere le mosse della Tau Centauri era assolutamente impossibile. Quei tipi erano troppo imprevedibili, delle vere e proprie mine vaganti.
“Dove diavolo siete finiti?” borbottò, a metà tra il disperato e il furioso.
*             *             *
Il gatto delle nevi correva veloce sul ghiaccio, guidato con mano esperta da una giovane donna dall’aria vagamene familiare. Lucy si sentiva frastornata e il freddo che le stava intorpidendo le membra sembrava averle congelato anche la facoltà di pensare lucidamente. Aveva capito che i suoi salvatori/rapitori erano la Tau Centauri, ma il come e il perché fossero arrivati a lei la riempiva di sgomento e di sorpresa. Nell’incertezza, preferì chiudersi in un ostinato silenzio ad ascoltare con crescente stupore le farneticazioni di quella gabbia di matti.
“Dobbiamo de-digitalizzarci da questa piattaforma” stava dicendo il T-Rex, alias Patterson, sporgendosi verso i sedili anteriori “Quando il CDI verrà a sapere che siamo passati di qui scatenerà un infermo di Runners a rincorrerci e preferirei non essere nei paraggi, al momento.”
“Ancora mi chiedo chi diavolo era a spararci addosso” mormorò il donnone svizzero, alias Morales “Ha fatto due buchi nella carenatura che stanno fumando…non vorrei che il gatto delle nevi ci lasciasse a piedi proprio adesso.”
“Sarebbe magnifico: in mezzo a questo bianco abbagliante siamo vistosi come un capello sulla testa di Pat.” ribadì l’inserviente, alias Garrie trafficando con un computer da polso.
Come risvegliato dai loro pensieri, il motore del veicolo prese a strattonare, mandando singulti allarmanti.
“Ooop” mormorò ilare il donnone svizzero “Neanche ce lo fossimo aspettati…”
Il motore si spense di botto e il gatto delle nevi si fermò dopo pochi metri, rimanendo immobile e fumante nel placido silenzio ovattato della neve.
“Fantastico” sentenziò Cardinale alla guida, girandosi verso i passeggeri del sedile posteriore con un vago sorriso sulle labbra “Morales, riesci a trovare una piattaforma libera su cui spararci immediatamente o hai bisogno di supporto fisico e morale?”
“Dammi un secondo, maledetta femmina” grugnì il donnone aggrottato, pestando furiosamente sui tasti “Non avevo preventivato di doverci de-digitalizzare così alla svelta. Dovremo usare i digi-alias di noi stessi, non c’è tempo per prepararne dei nuovi.”
“Basta che fai presto” si lamentò Patterson rabbrividendo “Io e la Frau siamo bagnati fradici…mi si sta congelando lo scroto e vorrei averlo abile per qualche tempo ancora, se non vi spiace.”
“Sei troppo lento” sentenziò Cardinale allungando una mano per prendere il computer dalle mani di Morales “Dammi quell’affare, che ci penso io.”
“Ragazzi, niente proposte sessuali qui dentro, siamo troppo stretti.” esclamò Garrie scatenando una selva di risate squillanti e lo sguardo esterrefatto di Frau Kasberger.
“Fatto” mormorò Cardinale dopo aver trafficato brevemente al computer “Prendetevi per mano, ho trovato una piattaforma libera.”
“Patty-O, dammi la manina” cinguettò l’inserviente afferrando allusiva la manona del T-Rex “Ci aggroviglieremo insieme durante il passaggio silenzioso…sarà esaltante fonderci in un tutt’uno cosmico…”
“Te lo ficco in gola, il tuo tutt’uno cosmico, se solo sento la tua puzza a meno di due metri da me!” strepitò Patterson, aggrottato prendendo invece la mano di Cardinale.
“Di nuovo questi passaggi barbari?” sospirò Morales, rassegnato “Erano anni che non provavo quella meravigliosa ebbrezza di strappo e catapulta. Mi mancava.”
“Sante parole.” sentenziò Garrie afferrando la mano intirizzita di Lucy che continuava a tacere, semi incosciente “Speriamo solo che il capo ci spari su un’isola dei Caraibi: non vedo l’ora di vedere Pat con il pareo.”
Soffiò un bacio a Patterson che assunse la livida colorazione del cielo in un temporale estivo.
“Piccolo idiota sculattante…ti ci strozzo con il pareo, io…” mormorò a fior di labbra mentre Garrie ridacchiava, esilarato.
“Pronti? Si parte!” esclamò Cardinale, con una nota decisamente eccitata nella voce. Un lampo e il gatto delle nevi rimase vuoto, con il motore che ticchettava pigramente nel silenzio immoto delle montagne.
*             *             *
Platform:             DR 70 D.C. – Near Jerusalem – Contesto: guerra Giudaica -Romana - Incognito
Digi-Alias:           Themselves
 
Il sole colpiva come un maglio la sabbia fine e rossiccia delle dune. Non un alito di vento, non un rumore sfiorava la tremolante immobilità delle palme, ammassate fra loro come per proteggersi dalla calura insopportabile che gravava tutto intorno. Un lampo tagliò il paesaggio immoto e sei persone rotolarono a terra sbucando dal nulla, in un turbinio di vesti colorate.
“Aaah…Patterson, togliti dai miei polmoni, non respiro!” gorgogliò Morales con la faccia affondata nella sabbia rovente.
Patterson si sollevò con calma, spazzolandosi la leggera tunica di tessuto grezzo che aveva addosso e aiutando cerimoniosamente Lucy ad alzarsi in piedi, ignorando l’ammasso informe di arti dei suoi compagni. Quando tutti tornarono in posizione verticale, chi più chi meno contuso, si guardarono intorno dubbiosi. Dopo pochi secondi si fiondarono tutti all’ombra delle palme saltellando con i leggeri sandali di cuoio sulla sabbia rovente, respirando appena, già grondanti sudore come statue di cera prossime allo scioglimento.
“Se posso esprimermi liberamente, capitano, hai scelto proprio un posto del cavolo dove de-digitalizzarci.” ansimò Morales, la cui pelle bianchissima rifletteva la luce come uno specchio “Ci verrà un accidente con tutti con questi sbalzi termici.”
“Andiamo, Eric, lei pensa solo al nostro bene” motteggiò Garrie, come al solito il più sereno di tutti “Ci vuole temprare per le dure prove che la vita ci riserverà. Vero, capitano?”
Cardinale non ascoltava: guardava con occhi sbarrati il computer da polso, ridotto ad un ammasso di ferraglia inutile dal rovinoso contatto con il terreno durante il passaggio silenzioso dalla piattaforma Salute e Benessere.
“Non ci credo” disse piano, come a se stessa “Siamo qui, nel bel mezzo del niente, senza un’arma, senza cibo e acqua…e senza computer!! Ma come è potuto succedere?!?”
“E’ colpa tua” la rimproverò Garrie “E’ più forte di te. Quando passi da una piattaforma all’altra, riesci a rendere inutilizzabile metà della nostra attrezzatura.”
“Sarà una questione di polo positivo e polo negativo” ridacchiò Patterson  che si era tolto la fascia di stoffa che gli cingeva i fianchi e se l’era avvolta attorno alla testa, come un improbabile turbante “Sei riuscita a vedere in che piattaforma siamo piombati?”
“Oh, sì” rispose Cardinale, acida “Siamo atterrati nella piattaforma della distruzione di Jerusalem da parte dei romani, anno 70 D.C.. Pensate che fortuna: se ci va bene potremmo trovarci sulla traiettoria dell’esercito romano che marcia sulla città. Tranquilli, però: non sarà difficile liberarsi di loro, caso mai li incontrassimo…sono solo 400.000 soldati.”
“A me sembra un ottimo posto dove intervistare la nostra gentile ospite.” concluse Garrie sorridendo all’indirizzo di Lucy, che si era seduta a gambe incrociate, impassibile come una statua “Lucy? Se ti sei scaldata a sufficienza, direi che possiamo cominciare col porti qualche domanda.”
Gli occhi di tutti si puntarono su di lei che rispose con uno sguardo tranquillo e serafico.
“Non ho niente da dirvi.” disse con voce gentile, rimanendo con una faccia remota e inaccessibile.
“Cominciamo bene” sospirò Cardinale, per nulla smontata “Lucy, vorrei farti presente che abbiamo scoperto la tua identità. Sai, qualche domandina è d’obbligo, adesso: come legittima moglie di Masterson, è ovvio che qualche dubbio su di te ci sia venuto.”
“Come avete fatto a trovarmi?” domandò a bruciapelo Lucy con studiata indifferenza.
“E’ una lunga storia” tagliò corto Cardinale, evasiva “E comunque preferirei concentrare l’attenzione sul nocciolo della questione.”
“Nocciolo che prevede anche la considerazione del fatto che qualcuno sta cercando di farsi due scarpe nuove con la tua pelle” continuò Garrie “E, se tanto mi dà tanto, immagino che sia qualcuno che noi tutti conosciamo bene: il signor vostro marito Masterson in persona.”
“Forse perché lavoravi per lui e l’hai, come dire, sgambettato di brutto?” terminò Morales salottiero.
“Credete di sapere tutto e non sapete niente” sentenziò Lucy, beffarda “Perché dovrei rovinare la vostra illusione di onniscienza?”
“Elijah è scomparso” sentenziò Cardinale, molto seria “Dobbiamo sapere che cosa sta tramando Masterson perché ho il sospetto che siamo tutti in pericolo, te compresa.”
“So badare a me stessa.” rispose Lucy stizzita.
“Come giustamente dicevi nella tana del Morlock millenni fa, abbiamo lo stesso obbiettivo” disse Garrie, gentilmente “Potremmo formare un’associazione senza scopo di lucro e curare gli interessi comuni, come far fuori Masterson il prima possibile e nel modo più doloroso.”
“Non ci parlo con voi, ho detto” disse Lucy con tranquilla e incrollabile convinzione “Che aspetti, Patterson? Manchi solo tu: hai qualcosa da dire?”
Lucy guardò Patterson, in attesa della sua battuta.
“Se non hai voglia di parlare, sono affari tuoi.” grugnì l’uomo, per niente scosso.
“Hei, Pat, da che parte stai?” lo rimproverò Cardinale.
“Ha detto bene” la interruppe Lucy “ Visto che vi siete preoccupati di salvarmi le chiappe sulla neve, immagino che non mi lascerete qui a morire disidratata: aspetto che mi riportiate indietro e tanti saluti . Io non parlo col SuX, né col CDI, né con qualsiasi deficiente con la tessera di Runner.”
“Ti avvisiamo che in questo frangente non rappresentiamo né il SuX né il CDI, anche se suppongo di doverci classificare come quattro deficienti con la tessera di Runner.” dichiarò Cardinale facendosi vento con i miseri resti del computer da polso.
Lucy la guardò scettica con le sopracciglia aggrottate.
“Come sarebbe a dire che non rappresentate il SuX o il CDI?” domandò dubbiosa.
Garrie agitò le mani in aria, noncurante.
“E’ vero. In questo momento siamo…com’è che avevi detto, capitano? Assenza ingiustificata dal lavoro? Ecco, proprio così.”
“Ci siamo dissociati dal CDI, per modo di dire” rettificò Morales, precisino “Siamo la nuova branca armata indipendente al servizio della giustizia. Il nostro amico è scomparso e il CDI non ci permette di cercarlo, ufficialmente. Così, abbiamo deciso di cercarlo ufficiosamente.”
“Vogliamo sapere cosa è successo ad Elijah e sappiamo che Masterson c’entra sicuramente in qualche modo” terminò Cardinale “Da qui, la necessità di conferire con te per sviscerare l’argomento. Adesso vedi con chiarezza il quadro della situazione?”
Lucy faceva vagare lo sguardo da uno all’altro, con un misto di incredulità e di scaltrezza.
“Ma voi…siete veri?” domandò di colpo, a sproposito “Sembrate usciti in branco da una casa di cura per malati di mente. Vi comportate come se invece che spararvi nel sedere vi avessero buttato addosso delle stelle filanti. State qui a chiacchierare e a ridervi addosso con queste facce di bronzo quando potrebbe arrivare qualcuno da un momento all’altro a farvi fuori. Voi non potete essere la tanto famosa Tau Centauri: voi siete solo dei buffoni!!”
“Ti assicuro che siamo entrambe le cose: la squadra Tau Centauri e dei veri buffoni” ribatté Cardinale, nemmeno scalfita dalle parole di Lucy “Ho il sospetto che la nostra fama non corrisponda esattamente alla realtà. I nostri metodi ti possono anche sembrare poco ortodossi, ma ti assicuro che sono efficaci. E’ proprio con queste facce di bronzo che abbiamo smascherato il Mattatoio.”
“C’è da chiedersi come avete fatto a fregare Sloane” mormorò Lucy, pensierosa “Evidentemente, vi aveva sottovalutato. O forse si era momentaneamente rimbecillito e voi avete avuto la fortuna sfacciata di essere nel posto giusto al momento giusto.”
“Chi è Sloane?” domandò Patterson, sinceramente incuriosito. Lucy lo guardò come si guarda un cucciolo di cane carino ma particolarmente fastidioso.
“Sloane è mio marito.” disse secca con voce monocorde.
“Che Dio ci liberi dai doveri coniugali” disse Garrie compunto “Esattamente, signora Masterson, quali sono i rapporti che intercorrono tra te e tuo marito? Non l’abbiamo ancora capito, illuminaci.”
Lucy se ne stette in silenzio a guardarli corrucciata.
“Lo voglio ammazzare.” disse infine riottosa, aspettandosi una reazione plateale. I quattro si limitarono ad annuire saggiamente.
“Ok, allora stiamo dalla stessa parte” annunciò vittorioso Garrie “Che ne dici di unire le nostre forze e, volendo, anche i nostri fluidi corporali, e stanare insieme quel verme verminoso e farlo fuori nel modo più doloroso possibile?”
Lucy sembrava di nuovo indecisa se mostrarsi oltraggiata o stupefatta.
“Ma…ma…mi credete? Sulla parola, senza nemmeno chiedermi perché?” domandò infine, stupita.
La Tau Centauri si scambiò uno sguardo colpevole e incerto.
“Bè, effettivamente…almeno fare un qualche straccio di domanda…non siamo credibili, così.” mormorò Cardinale.
“Vedi, Lucy, la nostra non è mancanza di professionalità: è che il nostro capitano si affida soprattutto all’istinto.” spiegò Morales a Lucy, lanciando contemporaneamente uno sguardo di intesa con Cardinale  “Abbiamo capito subito che eravamo dalla stessa parte. Le tue parole sono solo una conferma a ciò che intuivamo già.”
“Comunque, se ti fa piacere…com’è che lo vuoi uccidere?” domandò Cardinale, condiscendente.
Lucy sembrò sul punto di piantarli in asso, poi ci ripensò.
“Siete impossibili e irreali come personaggi di un romanzo” mormorò a fior di labbra “Mi chiedo per quale impossibile alchimia mi venga così naturale fidarmi di voi.”
“E’ merito del mio bagnoschiuma” la informò Patterson, compiaciuto “Attira le donne come mosche.”
“Com’è che io invece stavo per svenire dalla nausea?” rimbeccò Cardinale con una smorfia.
“E chi ti ha detto che tu fai parte della categoria?” rispose placido Patterson “Ma la prego, signora Masterson, racconti la sua storia.”
“Già, spiegaci perché hai sposato Masterson” si intromise Morales, curioso “Una come te con uno come lui…insomma, immagino che il motore non sia stato esattamente l’Amore con la A maiuscola.”
Lucy ci pensò su: effettivamente, sentiva di doversi sfogare con qualcuno e quei quattro pazzoidi surreali le sembravano stranamente le persone più adatte per ascoltare.
“Io non ho sposato lui” disse d’un tratto bruscamente “E’ lui che ha sposato me.”
“Un matrimonio unilaterale? Interessante” mormorò Garrie, dubbioso “Non sapevo che fosse legale.”
“Deficiente, è una metafora.” lo informò Cardinale, altezzosa “Continua, Lucy.”
“Mi ha sposato quando avevo 17 anni e facevo parte del vivaio della Decana fin dalla nascita.” continuò Lucy, con voce tranquilla e irosa insieme.
“Vivaio?” mormorarono dubbiosi i quattro, e Lucy fece un sorriso amaro.
“Credete davvero che Sloane usasse la Fabbrica solo per creare Runners da ammazzare per i suoi esperimenti? Sveglia, ragazzi. La Fabbrica era l’espressione della sua interpretazione di Dio. Lì faceva nascere e crescere persone adatte a soddisfare qualsiasi richiesta e anche qualsiasi suo prurito. Persone con il perfetto patrimonio genetico per essere il migliore a seconda di quello che gli serviva: semplice carne da macello, come voi, ma anche collaboratori, scienziati, femmine… soprattutto femmine. Io e Dora siamo finite insieme dalla Fabbrica all’harem di Sloane. Già, perché il suo appetito a livello sessuale era più che vorace: non era mai sazio di donne da usare. Così, si era creato il suo harem personale.”
“Ha realizzato il sogno di tutti gli uomini.” mormorò Cardinale, lanciando uno sguardo di rimprovero ai suoi compagni.
“Esatto” approvò Lucy, ma senza divertimento nella voce “La Decana gestiva il suo harem personale dove non c’era una donna che fosse meno che autenticamente bellissima. Niente DDW: lui detestava il sesso virtuale. Voleva donne vere. E belle, secondo il suo personale metro di valutazione. A Sloane piacevano bionde con la pelle scura. Eravamo un esercito di bionde con la pelle scura, nel suo harem. Ma c’erano anche brune, rosse, bianche, orientali… di tutto un po’, insomma.”
“Dio…che sogno finire là dentro” mormorò Garrie, rapito “Voglio essere il figlio adottivo di Masterson!”
“Depravato, lasciala finire!” ringhiò Morales, già conquistato dalla storia.
“Ci faceva anche studiare: non gli piaceva che le sue donne fossero ignoranti o stupide. Dalla casa della Decana, comunque, uscivano solo donne di prim’ordine in tutti i frangenti. Scuole, corsi di danza, di lingue, di bon ton…ma anche sport…Masterson per la sua scuderia voleva femmine che eccellessero in tutto e per tutto. Poi, quando e come gli aggradava, ci prendeva. E ci usava, come avrebbe usato un qualsiasi spazzolino da denti.”
“Volenti o nolenti?” chiese Cardinale, impressionata dopo un silenzio attonito. Lucy rispose con un piccolo sorriso.
“Possibilmente nolenti. Gli piaceva da morire piegarci alla sua volontà. Piano piano, con calma… più resistevi e più avevi la sua attenzione.”
“Vuoi dire che vi picchiava?” trasecolò Morales, schifato: il suo animo nobile aborriva la violenza sulle donne.
“A volte…ma non per farci male. Solo per umiliarci. Non ho parlato di resistenza fisica. Sapeva maledettamente bene chi era moralmente indomita e chi no.”
“Ne sappiamo qualcosa del suo diabolico sesto senso.” la informò Morales con un sorriso tirato.
“Già. E’ per questo che decise di sposare me. Dieci anni fa.. che anni d’inferno, insieme. Gli piacevo perché sapeva che lo odiavo con tutta me stessa. E che non mi sarei piegata al suo volere MAI.”
Una piccola pausa di silenzio, dove l’odio intessuto dalle parole di Lucy era così denso che quasi si tagliava col coltello.
“Masterson si era innamorato di te?” domandò infine Garrie, spezzando il silenzio “Nel suo modo contorto e malato, voglio specificare.”
Lucy rovesciò la testa all’indietro e rise.
“Sloane…innamorato? Fammi il piacere! Gli serviva qualcuno, all’epoca minorenne e incensurato, come prestanome per i suoi traffici illegali. E’ stato furbo a non vincolare i suoi beni alla Corp.: tutte  le sue sostanze private sono state riversate in una società di comodo, la Sentinel, i cui conti bancari sono intestati ad una certa sconosciutissima Ariela Lucinda Brandauer. Il suo esercito di avvocati gli fece da consigliere, immagino…non me ne importava allora e non me ne importa adesso. Dei suoi soldi e delle sue proprietà non me ne frega assolutamente niente: io voglio trovarlo e ucciderlo.”
“I tuoi propositi sono ottimi, ma non credo che potresti concludere qualcosa, tutta sola.” ammise scettico Garrie.
“Io sono sempre stata sola” disse Lucy con piatta freddezza “Vendicarmi per tutto quello che mi ha fatto passare è lo scopo della mia vita. Quando la Tau Centauri scoperchiò il calderone del Mattatoio, io e Nora riuscimmo a fuggire e a nasconderci nelle fogne. Credevamo di essere sfuggite per sempre dalle sue grinfie… che stupide. Avevamo scordato che una volta che lui mette le sue mani su di te, diventi suo per sempre. Ci cercò e mi cerca tutt’ora, dopo che ha eliminato Nora. Ed io…non posso vivere alla sua ombra, col suo alito puzzolente alle spalle. Per quanto io sia in gamba, non lo sono abbastanza per sfuggirgli in eterno. Non ho scelta: se voglio sopravvivere, ed ormai non ambisco ad altro, lo devo uccidere. Mi sono nascosta a lungo, studiando un piano per scovarlo ed attaccarlo: creai RockLand al solo scopo di imbastire una copertura credibile per trovarlo…ma, naturalmente, Sloane non si trova. E’ lui che trova te.”
Tacque, e il suo silenzio carico di odio sembrò troppo pesante persino per respirare.
“Alla fine mi sono arresa all’evidenza: io non avrei mai trovato Sloane da sola. Lui lo sapeva: chissà come ha riso dei miei patetici tentativi! Ma mi ha comunque sottovalutato… non ha tenuto conto del fatto che io non mollo mai. Non è passato giorno senza che non progettassi di ucciderlo con le mie mani, lentamente, un pochino ogni giorno. Come aveva fatto lui con me. Dovevo pensare ad una soluzione, e proprio in quel momento siete arrivati voi, su un piatto d’argento. La mitica Tau Centauri! L’esca perfetta per Sloane. L’unico motivo per cui si sarebbe anche potuto esporre, perché voi gli avete rovinato la vita e farvi fuori è diventato lo scopo principale della sua esistenza.”
“Wow….che emozione…” balbettò Garrie deglutendo penosamente.
“Speravo che, nel tentativo di sterminarvi, sarebbe uscito allo scoperto” continuò Lucy, scrollandosi di dosso il lugubre odio che l’aveva attanagliata “E invece, quel cane rognoso mi ha di nuovo gabbato: la bomba nella tana del Morlock deve averla per forza fatta mettere lui. Che piano perfetto che aveva ingegnato! Senza la prontezza di riflessi del signor Uomo-Esplosivo-Patterson, saremmo morti tutti quanti. Io e voi, tutti i nemici spazzati via in un sol colpo! Geniale, non c’è che dire. Adesso che siamo tutti in fuga, indeboliti e scoperti, non deve far altro che trovarci e finire l’opera.”
“Insomma, sei piena di prospettive per il futuro” sorrise Patterson, per niente scosso “Sai dirci secondo te, cos’ha in mente adesso quel sant’uomo?”
“Sei sordo, per caso?” brontolò Lucy, aggrottata “Vuole ammazzarci tutti.”
“Perché ?” domandò Garrie con candore e Lucy lo guardò sospettosa come se pensasse che per fare certe domande non poteva avere tutte le rotelle al suo posto.
“Mi sembrava di averlo appena detto…perché ci odia. Me e voi. Con tutto il cuore.”
Garrie le fece un ampio e disarmante sorriso di scuse.
“Riformulo la domanda in modo più completo: perché adesso? Ha avuto due anni di tempo per trovarci e farci fuori…perché ha aspettato tanto? E perché proprio adesso vuole ucciderci a tutti i costi?”
“Bella domanda.” ammise Lucy dopo una breve riflessione.
“Un momento, aspettate: questa nuova teoria porterebbe alla conclusione che se siamo ancora vivi è perché Masterson ce lo ha permesso?” domandò Morales con una smorfia “E che, da quando ha deciso di farci fuori, siamo vivi solo per caso o per fortuna?”
“Direi proprio di sì” approvò Cardinale, contrita “Evidentemente, Masterson ha un disegno ben preciso in testa e la nostra dipartita è solo uno dei suoi scopi malvagi. Che schifo d’uomo…ma non poteva prendersela con un’altra squadra di Runners? Perché proprio noi?” 
Un silenzio teso cadde fra i cinque, alimentato dalla calura insopportabile che portava a respirare il meno possibile l’aria rovente.
“L’unico modo che abbiamo per salvarci la pelle è quello di scoprire il piano di Masterson e fermarlo” propose infine Cardinale con voce gentile “Io sono convinta che non sia poi così onnisciente e potente come vuole farci credere. In fondo, siamo ancora qui a raccontarcela e questo deve rodergli come non mai. Ha in mente qualcosa di losco, lo sento nelle ossa…ancora non so in che modo ma credo che se uniamo le tue e le nostre conoscenze, potremmo riuscire a fregarlo.”
“Già” si intromise Patterson, entusiasta “L’ultima cosa che si aspetta è che ci alleiamo contro di lui.”
“Potrebbe anche essere” ammise Lucy “Però, a me sembra che gli facilitiamo parecchio la vita, se stiamo uniti. Trovato uno, trovati tutti, e ciao ciao a tutti quanti, non so se mi spiego.”
“Nessuno di noi ha pensato che fosse la cosa più facile da fare” la rassicurò Cardinale, indulgente “Sappiamo che Masterson è un osso duro e sappiamo anche delle talpe al CDI: è per questo che ci siamo dissociati. E’ un primo passo, no? Adesso, giusto per tirare avanti, sarebbe carino sapere quali sono i suoi piani. E’ davvero sospetto che si sia mosso solo adesso…ci deve essere qualcosa sotto che ci sfugge.”
“Magari, concentrandosi su di lui, abbiamo trascurato il quadro generale” si inserì Morales, filosofico “Sta succedendo qualcosa sulle Orion che potrebbe avere a che fare con lui? Dovremmo informarci.”
“Opterei per definirlo come primo obbiettivo della giornata, trovare un computer.” puntualizzò Garrie, incoraggiante.
“E acqua.” Intervenne Morales, pratico.
“E cibo” grugnì Patterson “Questo caldo porco mi sta facendo venire una fame…”
“Dimmi cos’è che non te la fa venire, a te” sospirò Garrie, rassegnato “Allora, chi approva il primo piano dell’ammutinata Tau Centauri più signora Masterson al seguito?”
Agitò una mano nel mezzo del cerchio di persone, subito seguita da quella di Cardinale e da quella di Morales. Lucy li guardò uno per uno: facce buffe, ridenti, scanzonate… come se dovessero andare a fare una scampagnata invece che andare a scovare un pericoloso assassino.
“Siete pazzi” sospirò, convinta ma stranamente sollevata “Ma direi che si può fare.”
Allungò anche la sua mano, dubbiosa. Alla fine, arrivò quella di Patterson, pesante come un macigno, che siglò l’accordo con una specie avvolgimento articolare del tutto spiazzante.
“Così si fa!” tuonò Patterson all’indirizzo di Lucy con una vaghissima nota di apprezzamento nella voce “Ora, alzate le chiappe e mettiamoci in marcia: dobbiamo muoverci prima che la fame ci porti a vederci come cosciotti di prosciutto ambulanti invece che compagni d’avventura.”
“Da che parte andiamo?” chiese Morales dubbioso guardandosi intorno: il paesaggio era dovunque un susseguirsi di dune bionde e tremolanti per effetto del forte calore.
Patterson si alzò in piedi con la sicurezza di un sacerdote che sta per compiere un  rito religioso: scrutò l’orizzonte a 360° con la faccia corrucciata e annusò rumorosamente l’aria.
“Ma che fa? Il cane da tartufo?” domandò stupefatta Lucy.
“Abbi fede.” sorrise Morales con convinzione.
“Di là!” disse Patterson convinto, avviandosi a passo di marcia verso sinistra.
Mentre tutti si alzavano e lo seguivano fiduciosi, Lucy pensò seriamente di darsi alla fuga e allontanasi da quell’improbabile accozzaglia di saltimbanchi. Ma qualcosa di irresistibile le trascinò i piedi e si trovò a seguirli quasi contro la sua volontà.
“Devo essere impazzita anch’io.” mormorò a se stessa: ma dovette ammettere, sorpresa, che per la prima volta dopo tanto tempo non si sentiva più sola.
 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 : Quattro chiacchiere fra donne ***


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Camminarono per ore senza quasi accorgersene, nonostante il caldo soffocante e la sete sempre più feroce. Lo scambio di battute proseguiva ininterrotto e Lucy non poté fare a meno di ammirare quei quattro per il loro affiatamento. Si insultavano continuamente, ma nello stesso tempo sembravano uno il prolungamento dell’altro: la ragazza li studiava, meravigliata e attonita, non senza una punta di sottile invidia. Verso pomeriggio inoltrato, quando l’aria cominciava ad essere miracolosamente respirabile, si affiancò a Morales e puntò il mento verso i compagni davanti a loro.
“Non ho ancora ben capito com’è strutturata la vostra squadra” ammise con una punta di curiosità “A parte Jude che è il capo, e si vede…voialtri che ci state a fare?”
“Niente di importante” minimizzò Morales nascondendo un sorriso “Siamo qui solo per gentile concessione del capitano Cardinale. Se non ci fossimo noi, non saprebbe su chi sfogare la sua nevrastenia galoppante. Comunque, a tempo perso, il gigante calvo è Patterson, bestemmiatore provetto, improbabile logistico ed esperto di armi. Non c’è strumento di morte che lui non conosca, dalla clava alla bomba all’idrogeno. Ha qualche trascurabile idiosincrasia con il sesso femminile, ma niente che non possa essere superato se gli si piazza davanti un qualsiasi surrogato di cibo.”
“Sante parole” si intromise Patterson, altezzoso “Quel giunco biondo e sculettante là in fondo, che si crede il più grande tombeur des femmes delle Orion, è Garrie O’Brian. Ha la funzione di tattico, cioè nessuno sa che cosa diavolo debba fare all’interno della squadra, se non essere decorativo. Io avevo proposto di prendere al suo posto una bambola gonfiabile, che ha bisogno di meno manutenzione e non produce nessuna deiezione puzzolente, cosa che invece lui fa in abbondanza, ma mi hanno bocciato l’idea…”
“Guarda che le deiezioni sono monopolio tuo, Pat.” rispose Garrie col naso per aria, oltraggiato.
“Garrie e Jude stanno insieme?” domandò Lucy con perfetta naturalezza. Quattro paia di occhi, diversamente terrificati, si puntarono improvvisamente su di lei.
 “No!” tuonarono quattro voci in perfetto sincronismo.
I due incriminati, che camminavano vicini, si allontanarono di colpo come se un’entità invisibile li avesse bruscamente divisi. Comprendendo, non senza imbarazzo, di aver toccato un nervo scoperto della squadra, Lucy si affrettò a cambiare argomento.
“E tu?” domandò con supremo interesse rivolta al suo vicino. Morales arricciò la faccia in una smorfia buffa.
“Oh, non fare caso a me” disse con voce oltraggiata “Io sono solo ‘l’altro’. Quando sono con Garrie, siamo il bello e quell’altro; con Pat siamo il grosso e quell’altro; con Jude, siamo la femmina e quell’altro. Non ho identità, se non associata ad uno qualsiasi di questi beduini: sono sorpreso che tu ti sia accorta della mia presenza in quanto individuo a sé stante.”
Lucy fissò su di lui uno sguardo ridente e serio insieme.
“Non dovresti svalutarti così” mormorò con voce vellutata “Io invece ho avuto l’impressione che tu in questa squadra sia l’indispensabile ago della bilancia. L’unico con una parvenza di intelletto, almeno.”
Il rossore sulle guance di Morales assunse una tonalità imbarazzante: i suoi occhi blu sbattevano sorpresi come se Lucy gli avesse improvvisamente sbattuto un pesce in faccia.
“Ago della bilancia…” mormorò, rapito “E’ il più bel complimento che una donna mi abbia mai fatto.”
“Il che la dice lunga sulla tua esperienza in fatto di complimenti.” insinuò velenosamente Garrie che si era prudentemente ammutolito dopo l’uscita di Lucy.
“Meglio poche ma buone che tante ma vuote.” sentenziò Morales, cercando di salvare la faccia, subito svilito dalla risata beffarda di Garrie e Patterson.
“La squadra intera dissente, a quanto pare” sorrise Lucy “Ma non ti preoccupare: io la penso come te.”
“Ma tu non fai testo: guarda chi sei andata a sposare.” si intromise Cardinale.
Aveva usato lo stesso identico tono che avrebbe usato per uno qualsiasi della squadra: la cosa colpì Lucy come un affettuoso schiaffetto sulla faccia. Così, con naturalezza, come se fosse stata la cosa più probabile del mondo, Lucy si trovò in mezzo a loro, a scambiarsi insulti e piacevolezze, come se non avesse fatto altro per tutta la vita. E, chissà perché, questa constatazione le allargò il cuore di rara e imprevista felicità.
*             *             *
Era ormai scesa la sera quando Patterson, il primo della fila, si fermò bruscamente e segnò con un dito l’orizzonte dove, dopo aver scrutato attentamente, si scorgeva il tremolare di mille piccole luci.
“Jerusalem.” mormorò vittorioso il gigante calvo e a Lucy quasi dispiacque che quella interessante e massacrante passeggiata fosse già finita.
*             *             *
Masterson fissava corrucciato lo schermo del computer, sul quale la faccia di David sembrava farsi più piccola ogni secondo che passava. Era arrabbiato. Anzi, per la prima volta dopo anni, era assolutamente, completamente furioso. Dopo due anni di lavoro, due anni bui nelle fogne passati a tessere la trama perfetta per raggiungere i suoi scopi, proprio nel momento della suprema rivincita ecco che la Tau Centauri gli sfuggiva di sotto il naso, rovinando tutto. Un’altra volta. Masterson chiuse gli occhi e inspirò profondamente: il furore non era il sentimento più adatto per risolvere la situazione. Aveva bisogno di tutta la sua proverbiale freddezza per pensare lucidamente ad una soluzione. Respirò ancora ad occhi chiusi, liberando la mente, cercando di inquadrare l’obbiettivo spogliato da qualsiasi sentimento. David attese, tremante, senza quasi respirare: era confusamente convinto che il braccio di Masterson sarebbe saettato fuori dal computer per afferrargli la gola e strangolarlo sul posto, se solo avesse osato interrompere la concentrazione del capo. Masterson rimase per parecchi minuti immobile, cogitabondo. Quando riaprì gli occhi, una calma glaciale si era impadronita del suo sguardo, e quando si girò verso David, questi non seppe se rallegrarsene o spaventarsi ancora di più.
“Benché il fatto che tu ti sia fatto sfuggire Lucy e che adesso stia insieme alla Tau Centauri sia oltremodo grave, non tutto è perduto. Avevi ragione: potremmo proporre uno scambio alla Tau Centauri. Lucy in cambio di Benson. Quegli idioti ci tengono al loro compagno…accetteranno. Dobbiamo solo aspettare che ti vengano a cercare, mio piccolo Runner.”
“Io…cercare?” balbettò David, spiazzato “La Tau Centauri verrà a cercare…me?”
“Ovviamente” rispose Masterson con una punta di arrogante impazienza nella voce “Anche loro sanno fare uno più uno. Se Lucy li convincerà di non aver messo la bomba nella tana del Morlock, indovina su chi cadranno i sospetti?”
La faccia di David diventò bianca ed inespressiva come formaggio fuso.
“Oh…” mormorò, distogliendo lo sguardo dal video.
“Tu li aspetterai. E darai loro la buona novella: Benson in cambio di Lucy….sì, funzionerà.”
Masterson chiuse la comunicazione senza nemmeno attendere risposta e David si alzò in piedi, abbattuto ma deciso. Aveva un compito, forse l’ultimo segno di fiducia nei suoi confronti da parte di Masterson: l’avrebbe assolto anche a costo della vita.
*             *             *
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L’aria di Jerusalem puzzava di attesa e di morte. L’esercito romano di Tito stava marciando verso la città, roccaforte dei giudei,  ma la storia aveva già cantato la caduta di Jerusalem e gli abitanti aspettavano con fatale e masochistica rassegnazione l’arrivo degli invasori.
“Proprio non capisco come faccia la gente a pagare per venire in un cesso del genere.” mormorò Garrie seduto sull’orlo della fontanella di acqua potabile da cui aveva appena attinto a piene mani “Solo un branco di deficienti può aver voglia di assistere alla caduta di una città. Mi chiedo come mai nessuno ci abbia ancora lasciato le penne, su questa piattaforma. A proposito, sarà una DDW pirata o autorizzata, questa qui?”
“Tu dammi un computer e io ti rispondo.” rispose Cardinale, piccata: come tutte le donne su quella DDW aveva dovuto coprirsi il capo e il volto con il mantello e la cosa la infastidiva parecchio.
“Nella piazza vicina c’è il mercato” annunciò Patterson, sempre annusando l’aria “Probabilmente lì troveremo qualcosa di utile per riparare il computer e qualche arma un po’ meno preistorica della fionda.”
“Dobbiamo muoverci adesso, o non troveremo più niente” esordì Morales, deciso ”Nonostante l’ora tarda, suggerisco che i maschietti vadano a cercare cibo, armi e computer mentre le signore si accampino per la notte in quella graziosa capanna disabitata. Risparmia il fiato, capitano: vedere due donne in giro a quest’ora attirerebbe l’attenzione e proporrei di stare lontano dai guai, se la cosa non disturba troppo il tuo latente animo barbaro.”
Cardinale aprì la bocca per protestare, ma Lucy la precedette, con voce tranquilla e carica di un indiscusso tono di comando.
“Faremo come dici tu. Jude, è meglio così: oltretutto, ho i piedi che fumano a forza di camminare e stare un po’ sedute a fare quattro chiacchiere tra donne, non può che farci bene.”
“Quattro chiacchiere tra donne…con Cardinale?” ridacchiò Patterson esilarato “Avresti più successo con un branco di iene, credi a me.”
Cardinale non replicò: riempì d’acqua la borraccia di pelle e marciò col naso per aria verso la capanna indicata da Morales, defilata dalla via principale e ridotta in condizioni pietose dal disuso.
“Impegnatevi a trovare qualcosa di valido” sibilò solo all’indirizzo di tutti “E se tornate indietro ubriachi giuro che vi affogo nella sabbia con le mie mani. Tu per primo, o mio sostituibilissimo logistico."
Patterson, Morales e Garrie si allontanarono in fretta e Cardinale li guardò andar via accigliata.
“Rilassati: ce la faranno anche senza mamma chioccia a supervisionarli.” la canzonò Lucy sedendosi con precauzione sulla soglia della capanna. Cardinale si sedette di fianco a lei, sospirando di sollievo quando tolse i sandali impolverati e massaggiò i piedi martoriati.
“Ma sì” disse infine, rilassandosi “Prima o poi dovranno camminare con le loro zampe, no? E poi potrebbero sempre incappare in un pazzoide più pazzoide di loro in grado di farli secchi tutti quanti e mi risparmierebbe la fatica.”
Con guardinga prudenza, le due donne iniziarono a chiacchierare del più e del meno, valutando l’ambientazione della DDW su cui erano e facendo ipotesi fiacche e assurde sulla gente che poteva popolare la città alla vigilia della sua disfatta. Chiacchierare con Lucy era piuttosto piacevole, si sorprese a pensare Cardinale: per la prima volta aveva una interlocutrice femmina che sapeva parlare con competenza sia di dettagli tecnici che di selvaggia superficialità. Ma aveva come l’impressione che Lucy la stesse studiando e la cosa la metteva vagamente in agitazione. Quando Lucy le porse la borraccia, Cardinale bevve un lungo sorso di acqua calda e fangosa sospettando dolorosamente l’arrivo di una domanda imbarazzante.
“Ti volevo chiedere una cosa” esordì infatti Lucy con voce tranquilla e salottiera “Ti offenderesti se ci provassi con Morales?”
Per poco Cardinale non si strozzò con l’acqua. Dopo due minuti di tosse convulsa, riuscì a riprendere fiato e guardò Lucy con sincero stupore.
“Tu…e Morales?” balbettò confusa “Certo che non mi offendo…cioè, mica sono la sua dog sitter! Cioè…”              
Cercava di contenere la sua agitazione, ma le orecchie erano diventate cremisi e Lucy sorrise, indulgente.
“Voi Runners non fate molta vita sociale, vero?” domandò divertita. Cardinale sembrò ancora più confusa.
“Rilassati, Jude: è normale parlare di uomini, tra donne. Anzi, per molte non esiste argomento migliore…”
“Sarà…non sono brava a parlare di cose che non siano il CDI, le spaccatimpani di Pat o l’ultima versione di CPU del mio computer.” ammise Cardinale con un sorrisetto nervoso. Lucy la scrutò a lungo, studiandola.
“Eppure qualcosa di particolare lo avrai, visto che i tuoi compagni ti guardano così.”
“Che diavolo dici?” rispose immediatamente Cardinale, agitata “Mi guardano come guarderebbero qualsiasi capitano rompiscatole. Mi sopportano, con sporadici momenti di entusiasmo per le feste comandate, niente di più.”
“Certo, come no” ironizzò Lucy, sardonica “Lascialo dire a me, che sono nata e cresciuta studiando la seduzione femminile in tutti i suoi frangenti: quei tre sono tutti mezzo innamorati di te, chi più chi meno. E francamente, non riesco a capire perché: sei carina, sì…ma niente di speciale. Hai un faccino dall’aria piuttosto intrigante, soprattutto perché non sai di averlo e sei anche moderatamente simpatica e intelligente. Ma sei un’isterica rissosa, più incline alla distruzione che al dialogo. Incosciente. Impulsiva e testarda come un mulo. Sei l’esatta antitesi della donna femminile e desiderabile che tutti gli uomini sognano. Eppure…. Perché? Mah…non capirlo farà parte del tuo fascino.”
“Fascino?” trasecolò Cardinale, arrossendo stupefatta “Io? Mi stai prendendo in giro? Noi quattro siamo una squadra affiatata, è vero: darei la vita per ognuno di quei tre buoni a nulla e in qualche modo li considero la mia famiglia. Forse il sentimento è reciproco…ma dire che sono tutti mezzo innamorati…e parlare di fascino! Io! Ti prego: insulti la mia intelligenza.”
“Te la stai insultando da sola, la tua intelligenza” rispose Lucy, tranquillamente “C’è una certa tensione sessuale tra te e i tuoi colleghi. E’ sorprendente che tu sia l’unica a non essertene accorta! Tensione che risulta fortissima tra te e Garrie. Poi, da quanto ho capito, eri la donna di Elijah, il generale che è scomparso. Vuoi convincermi ancora che il sesso con la squadra non c’entra?”
“Io ed Elijah non stiamo più insieme da un pezzo!” proruppe Cardinale, agitata.
“Ok. Ma con Elijah hai avuto più o meno una storia seria, a quanto ho sentito” continuò Lucy, implacabile “Mentre adesso c’è qualcosa tra te e Garrie…qualcosa che si annusa lontano un miglio, lasciatelo dire. Intendiamoci, ti capisco: il biondino è davvero un gran bell’esemplare di fauna maschile…Se non fosse così palesemente preso da te, un pensierino ce l’avrei anche fatto. Comunque…prima o poi finirete a letto insieme, se non l’avete già fatto. Elijah lo sa?”
“Io…Garrie? Vuoi scherzare?!?”
Cardinale protestava, ma molto più debolmente di quanto avrebbe fatto normalmente. Era stanca di negare quello che persino Lucy, un’estranea, aveva subodorato.
“Questi discorsi sono ininfluenti vista la nostra attuale situazione” sospirò infine, affranta “Sono il capo della squadra. Non mi posso permettere nemmeno di pensare a certe cose mentre siamo in azione. Un Runner non può avere questo genere di altalene ormonali.”
Lucy le posò una mano sulla spalla, comprensiva.
“Jude, non c’è niente di male a provare dei sentimenti” le disse con dolcezza “Ed anche essere confusi su quello che si prova. Non sei solo un Runner, grazie a Dio: sei una donna, con normalissime pulsioni femminili. Se c’è una cosa che ho imparato dalla Decana, è che il cuore è l’unica cosa assolutamente incontrollabile di questo nostro mondo ordinato e schematico.”
“Adesso devo solo pensare a ritrovare Elijah.” ribadì Cardinale, testarda, come se questo spiegasse tutto.
“Tu ami Elijah?” le domandò Lucy, seria.
Cardinale guardò a lungo negli occhi sereni di Lucy, trattenendo il fiato.
“No, credo di no” sospirò infine, e ammetterlo fu come liberarsi di un grossissimo peso dal cuore “Non più, almeno. Elijah è così cambiato…è diventato così insofferente alla vita da Runner. Spesso mi dico che dovrei amarlo lo stesso, che forse sono io ad essere troppo immatura e che è giusto cambiare, quando si cresce e cambiano le prospettive di vita. Lui è serio, concreto, ed è seriamente e concretamente innamorato di me. E’ forte, leale…Vuole proteggermi, vuole costruire un futuro.”
“Che noia” mormorò Lucy con una smorfia buffa “E Garrie, invece?”
“Garrie è…un tale egoista” sospirò Cardinale a occhi bassi “Un presuntuoso, infantile, superficiale farfallone… assolutamente inaffidabile, sul piano sentimentale.”
“Però ha un sorriso che ammazza.” ribattè Lucy e a Cardinale scappò una risatina involontaria.
“Già. Garrie è nato con un dono: è irresistibile. Ed io che pensavo di essere l’unica persona immune a quei suoi maledettissimi occhi blu.”
“I quali, tra parentesi, guardano solo te.” disse Lucy e Cardinale non si azzardò a rispondere anche se il cuore le aveva fatto un improvviso balzo in gola. Si estraniò in silenzio mentre Lucy sorseggiava tranquilla la sua borraccia di acqua.
“Il fatto è che…ho paura.” mormorò Cardinale, quando ormai Lucy pensava che il discorso fosse chiuso.
 “Povera Jude” sorrise Lucy, solidale “Tranquilla: quello che deve succedere succederà. Personalmente, ti invidio: vivi tutto il giorno in mezzo a persone che ti adorano …che può volere di più una donna?”
“Quello che vorrei io è una completa, totale ed insindacabile menopausa sentimentale” commentò Cardinale con un sorriso stiracchiato “O forse un cambio di sesso: se fossi un maschio anche io, filerebbe tutto molto più liscio.”
“Però…sai che noia?” rispose Lucy, arricciando il naso. Cardinale rise, sollevata, mentre da lontano, arrivarono le voci degli uomini che tornavano dal mercato. Mentre Lucy scrutava l’orizzonte, Cardinale si alzò dalla soglia della capanna e posò come per caso una mano sulla sua spalla.
“Eric adora leggere e ascoltare musica classica” disse a bassa voce all’improvviso “Lui è davvero dolce…e molto buono. Non…non fargli del male, Lucy.”
Non aspettò risposta: uscì dalla capanna per andare incontro ai suoi uomini, contenta e , in fondo, sollevata che la chiacchierata tra donne fosse finalmente finita.
*             *             *
Dopo aver mangiato il pane all’olio rotondo e insipido che vendevano al mercato, innaffiato da ben due otri di vino acidulo, Patterson si schiantò a terra improvvisamente, mentre stava ancora armeggiando con dell’esplosivo, e prese a russare con l’entusiasmo del primo trombone in assolo durante la parata della banda paesana. Cardinale gli tolse l’esplosivo dalle mani, amorevole come una mamma che toglie l’orsacchiotto dalle mani del figlio addormentato, e lo coprì con una tela grezza, più che per affetto per provare a smorzare il suo russare assordante. Si divisero i compiti per la notte, facendo finta di non curarsi del silenzio sospetto che era sceso su Jerusalem con il calare della notte. Morales e Garrie canticchiavano sottovoce antiche canzonette, usando il russare di Patterson come contrabbasso e scatenando l’ilarità di Lucy che si prestò a fare qualche gorgheggio solista con insospettata bravura. Avevano stabilito dei turni di guardia e il primo spettava a Cardinale: Lucy, l’unica esentata dal ruolo di sentinella notturna, avrebbe dormito nel fienile, raggiungibile da una scala a pioli traballante. Mentre Cardinale annunciava la sua decisione, Lucy le rivolse uno sguardo di scintillante intesa, mentre Garrie protestò parecchio riguardo a quest’ultimo punto.
“Perché ci deve dormire solo lei?” brontolò di malumore “C’è il fieno morbido e si dormirebbe da Dio, mentre questo pavimento è duro come asfalto e stare tutti ammassati qui mi sembra una pessima idea.”
“Garrie, chiudi il becco ed esegui gli ordini.” sentenziò Cardinale a denti stretti.
Quando giunse l’ora di andare a dormire, Lucy si alzò in piedi graziosamente e, con la più seducente naturalezza del mondo, chiese a Morales di accompagnarla nel fienile “per controllare che non ci fossero topi o piccioni”. Cardinale per poco non scoppiò a ridere in faccia a Garrie che aveva capito le intenzioni della ragazza molto prima di Morales, il quale si alzò cavallerescamente per scortare Lucy al proprio giaciglio.
“Adesso capisco…L’hai fatto apposta, vero?” mormorò Garrie all’indirizzo di Cardinale mentre un perplesso Morales seguiva una Lucy insolitamente sorridente su per la scala a pioli.
Cardinale gli gettò uno sguardo di sufficienza.
“Sotto specifica richiesta. Non te lo aspettavi, eh? Sarai anche un ragazzino belloccio e particolarmente fortunato ma di donne ne sai quanto di fisica quantistica.”
“Ed io che credevo di aver capito tutto dalla vita” mormorò Garrie, ancora scosso “Avrei giurato che madama Masterson avrebbe tentato di concupire nonna Pat. Giusto per provare qualcosa di diverso, insomma.”
“Scommetto che te la sei presa perché Morales ti ha rovinato la piazza. Ma è più giusto così, quindi rassegnati.”
“Rassegnarmi? Sono così felice che quasi quasi vado di sopra anch’io a congratularmi…”
Cardinale rise guardandolo negli occhi con malizia.
“ Ti congratulerai domattina…Ho deciso che Morales è in licenza straordinaria, questa notte. Quindi, ci toccherà un turno più lungo a tutti quanti noi reduci. Sempre se riusciamo a svegliare il bello addormentato, lì.”
Garrie guardò dubbioso Patterson che dormiva con la pienezza di un macigno e l’entusiasmo di un carnevale brasiliano.
“E chi riesce a dormire con quel concerto in corso?” buttò lì con noncuranza “Comunque…con nonna Pat in assolo e Morales impegnato a pattugliare con la signora Masterson, direi che siamo rimasti soli.”
Il respiro tranquillo di Cardinale si trasformò di colpo in un singulto tossicchiante: la distanza tra il suo fianco e quello di Garrie accanto a lei le parve improvvisamente microscopica e si trattenne per un pelo dall’impulso di scappare dall’altro lato della stanza a gambe levate. Lentamente, l’aria intorno ai due si fece elettrica e densa come nebbia e benché Cardinale facesse finta di niente, continuando a lucidare la canna del suo fucile con zelo accademico, a Garrie non sfuggì il suo smarrimento e il rapido cambiamento di colore delle sue orecchie. Si sorprese a fissarla, incantato. Per quanto si sforzasse di togliersi Cardinale dalla testa, si inceppava sempre su un particolare che lo bloccava: l’agitarsi delle sue mani quando si infervorava in una conversazione, la ruga che le solcava la fronte quando era concentrata; la curva del collo un po’ rigida quando sapeva che lui la stava guardando e si sforzava di non ricambiarlo. Come adesso…
“Posso chiederti una cosa?”
La voce di Garrie arrivava da lontanissimo.
“No.” rispose lei, categorica.
“Cosa pensi di fare quando ritroveremo Elijah?”
Cardinale continuò furiosamente a lucidare il suo fucile, chiusa in un silenzio pieno di panico.
“Hai intenzione di rispondermi o devo lasciarti finire il tuo imbarazzante love affaire con quel pezzo di ferro?”
Cardinale smise immediatamente di lucidare il fucile e gli girò le spalle, rossa di vergogna.
“Io, hemm…” si agitò annaspando in cerca di una scusa plausibile “Stavo pensando che dovrei andare a fare…delle ricerche sul computer…”
Garrie si lasciò sfuggire un sospiro, a metà tra l’esasperato e l’intenerito: con gesti molto calmi e pazienti, posò una mano sulla spalla di Cardinale. Bastò quel tocco gentile per provocare in Cardinale una paurosa aritmia cardiaca.
“Rilassati, Jude” disse Garrie con una strana voce fiacca e bassa, facendola sobbalzare “Giuro che non ti mordo.”
Perché all’improvviso un crudele ago appuntito stava trapassando il cuore esagitato di Cardinale? Forse fu per il tono di voce, o forse fu quella mano sulla spalla, gentile ma calda, troppo maledettamente calda…Balle: fu perché lui l’aveva chiamata per nome, ecco perché. Cardinale sentì un brivido attraversarla da parte a parte, ma rimase immobile con Garrie alle spalle che emanava più calore di una maledetta stufa elettrica.
“Che pensi di fare quando troveremo Elijah?” ripeté paziente Garrie, senza toglierle la mano dalla spalla.
“Non lo so” si decise a rispondere Cardinale, con stizza “A parte togliermi la soddisfazione di mollargli un pugno sul naso…proprio non lo so.”
“Perché ti sei arrabbiata, adesso?” chiese Garrie con voce formale e piatta, come se parlasse del tempo “Hai paura di rimanere sola con me?”
“Certo che no!” ruggì Cardinale: scrollò le spalle, fece per sgusciare via e si trovò con le spalle al muro di fronte a Garrie, con una dolorosa extrasistole in corso. Era troppo maledettamente vicino, pensò allarmata: i suoi occhi turchini, i suoi capelli di quel biondo morbido e lunare…la sua tunica di tela sfilacciata aperta sul collo…d’improvviso, l’aria sembrò miseramente priva di ossigeno e cominciò a boccheggiare.
“E allora perché tremi, Jude?” domandò Garrie, e Cardinale pensò che non fosse affatto leale da parte sua metterle addosso quella frenesia solo pronunciando il suo nome.
“Adesso piantala.” ringhiò con un convincente tono da cane idrofobo.
“Di fare cosa?”
“Di fare…qualsiasi cosa tu stia facendo.” ansimò Cardinale rimanendo ostinatamente con lo sguardo puntato sulla sua clavicola.
“Non sto facendo niente.” la informò Garrie con tranquilla indolenza.
“E invece sì” ribatté ostinata Cardinale “Tu sei…tu mi stai provocando.”
E mi stai spezzando il cuore, pensò. Fu a un pelo dal dirlo davvero.
“Scusa. Non era mia intenzione spaventarti.” rispose Garrie con infinita pazienza, e Cardinale si decise a guardarlo.
I loro occhi si incontrarono e Cardinale si sentì invadere dal panico. Nemmeno Garrie diceva niente: continuava a guardarla con quei dannatissimi occhi blu stranamente privi del solito malizioso sorriso. C’era qualcosa di torbido, in quello sguardo, qualcosa di innominabile: la stessa cosa che iniziava a pulsare nei lombi di Cardinale, avvelenandole il sangue di una languida debolezza, facendole dolorosamente acuire la sensibilità della pelle contro la ruvida stoffa grezza della tunica.
“Te-tenente O’Brian” balbettò Cardinale, in piena crisi di panico “Do-dovresti spostarti e fa-farmi passare. Devo iniziare il mio turno di….il turno di …”
“Il turno di guardia” terminò Garrie distratto, guardandole la bocca con un’intensità quasi fisica “Forse quello che ha una paura maledetta non sei tu: forse sono proprio io.”
“Qu-questa conversazione non dovrebbe esistere.” mormorò Cardinale cercando di mettere convinzione nella vocetta flebile che le era venuta.
“Lo so” rispose Garrie con voce sognante “Anch’io vorrei proprio che non esistesse.”
“Ecco, bravo. Facciamo in modo che non esista, allora…ok?”
Sentiva il calore del suo sguardo sul collo. Garrie rimaneva con la testa bionda leggermente inclinata verso di lei, come se fosse molto stanco e molto insicuro delle sue facoltà di controllarsi. Cardinale riusciva a sentire la sua presenza, come se la toccasse col pensiero, invece non muoveva un muscolo, se non quei fari azzurri abbaglianti pieni di trasognata rassegnazione.
“Credi davvero che se avessi un minimo di controllo su quello che sento non rimarrei zitto?” mormorò Garrie come se stesse parlando da solo.
Una mano invisibile, la stessa che le aveva stretto il cuore in una dolorosa morsa improvvisa, prese il mento di Cardinale e la forzò a girarsi verso Garrie. I loro sguardi si agganciarono senza più ostacoli, senza barriere, senza freni…Quello di Cardinale era talmente pieno di supplica che Garrie tirò un lungo sospiro e si allontanò da lei, riottoso. Cardinale non si mosse: si sentiva così fragile che aveva paura di rompersi, se solo si fosse mossa. Rimasero così per un tempo che sembrò infinito, come aspettando che qualcuno o qualcosa li riportasse alla realtà. E così fu, infatti, ineluttabile, come lo scorrere del tempo. Il russare monotono di Patterson si stemperò in una tosse catarrosa e l’uomo si girò rumorosamente sull’altro fianco. Cardinale riuscì a distogliere lo sguardo da Garrie, misericordiosamente. E l’incanto finì come spazzato via da un vento freddo.
“Garrie” disse lei alla fine, con il cuore in subbuglio “Elijah è scomparso e noi siamo in fuga dal CDI e da Masterson. Non è il momento per questi discorsi.”
Garrie annuì, guardandosi le mani con interesse quasi accademico: non sembrava molto presente, e Cardinale lo detestò visto che lei si sentiva uno straccio con lo stomaco sottosopra.
“Certo” disse Garrie dopo un silenzio che pesava come un macigno “Naturalmente.”
Cardinale non osò guardarlo negli occhi o aggiungere una sola parola. Uscì in silenzio per iniziare il suo turno di guardia e cercare di riportare a livelli normali il battito del suo cuore. Non un rumore proveniva dall’interno della bettola, se non il sonoro russare di Patterson e un leggero fruscio di fieno dal piano di sopra. Cardinale iniziò il turno di guardia, malinconica, sola e soprattutto invidiosa dell’assoluta mancanza di umanità delle stelle trapuntate nel cielo nero.
 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 : Informazioni ***


Alle sei del mattino, l’aria nel fienile era già rovente: se ne accorse bene Lucy quando aprì gli occhi e si avvide di essere già in un bagno di sudore. Si agitò lentamente e il fieno frusciò.
“Ti sei svegliata?” chiese una voce, vicinissima al suo orecchio. Si girò ad incontrare lo sguardo sorridente  e sveglissimo di Morales che se ne stava disteso di fianco a lei, in aperta contemplazione.
“Ma non dormi mai, tu?” si lamentò Lucy strusciandosi pigramente contro di lui “Mi hai infastidito tutta la notte e adesso sembri più sveglio di un galletto. Secondo me ti sei drogato.”
Morales annuì, serio.
“Se l’ho fatto, è stato solo per assolvere correttamente il mio dovere: sei stata tu ad arruolarmi perché controllassi che qui intorno non ci fossero topi o piccioni” ribatté tranquillamente “Sono rimasto ad aspettare che ti svegliassi solo per fare rapporto: non s’è vista l’ombra di pennuti molesti o mammiferi roditori per tutta la notte, colonnello.”
Lucy gli posò un bacio sulle labbra: si sentiva meravigliosamente bene. Dopo Masterson, quella non era sicuramente la prima volta che passava la notte con un emerito sconosciuto. Lucy era una donna decisa, indipendente, che si prendeva quello che voleva senza porsi troppi problemi. Ma di certo, era la prima volta  che si svegliava contenta di trovare il compagno di una notte ancora al suo fianco.
“Ummm…pensi che sia stata troppo aggressiva, ieri sera?” domandò con voce gorgogliante.
“Assolutamente no!” rispose Morales distratto, accarezzandole rapito la nuda curva del fianco “Voglio dire…approvo incondizionatamente i tuoi metodi, visto i risultati. Certo, mi hai colto un filino in contropiede…non mi sarei mai immaginato che a una donna come te potesse interessare un tizio qualsiasi come me.”
Breve pausa cogitabonda.
“Hei, non montarti la testa” disse Lucy, ma con molta dolcezza “Niente complicazioni sentimentali, ricordi?”
 “Se c’è una cosa in cui non difetto, è nel recepire gli ordini” ribatté Morales, altrettanto tranquillo. Poi, “Perché io?” domandò con una curiosità così infantile e mista a meraviglia che Lucy si intenerì. Perché lui? Doveva davvero dirgli che era proprio per la sua aria così pacata e normale? Doveva dirgli che quei suoi placidi occhi blu che non chiedevano niente l’avevano incantata e spiazzata?
“E’ stato per il tuo cognome” gli rivelò invece con aria cospiratrice “Eric Morales…Ho un debole per i nomi latini.”
Il sorriso di Morales fu immediato e sfolgorante: Lucy ne fu quasi commossa.
“Davvero? Ti farà piacere sapere allora che il mio nome completo è Eric Esteban Morales Gijon.”
“Oh…ma è bellissimo…” mugugnò Lucy mimando una forte carica erotica mentre sghignazzava sotto i baffi.
“Non ti ho detto tutto: Eric Esteban Alonso Morales Gijon y Rodriguez y Martinez.”
“Ah…lo sapevo che eri davvero speciale, signor l’altro!” rise lei avviluppando con le gambe i fianchi di lui in un messaggio fin troppo esplicito.
“E se aggiungiamo il titolo del bisnonno materno….y Ramones de Barranquilla de los Aguilares…”
“Mio Dio, sei l’uomo della mia vita!” si estasiò Lucy mentre le mani di Morales le passavano possessive e delicate sulla schiena. Fu in quel momento, quando erano completamente distratti, che l’aria sibilò, elettrica: con un tonfo potente e crepitante, una palla nera e informe sfondò il debole tetto di paglia e rotolò pesantemente in mezzo al fieno. Sia Lucy che Morales, preparati a scattare in azione in qualsiasi frangente, fecero per buttarsi di lato, ma il peso della palla vanificò le loro mosse: il già debole pavimento del fienile stridette oltraggiato e le travi marce e stanche cedettero di colpo. Il pavimento crollò in un gran turbinio di fieno, trascinando con sé i due stupefatti nuovi inquilini.
*             *             *
Patterson si svegliò di soprassalto: non aveva ancora aperto gli occhi che già stava per alzarsi in piedi, di riflesso, ma un peso sullo stomaco lo tratteneva. Iniziò a dibattersi, confuso, quando sentì una voce soffocata vicino all’orecchio.
“Stai fermo!!! Mi stai spezzando la schiena, plantigrado!!”
Finalmente, Patterson aprì gli occhi e la scena apocalittica che gli si parò davanti gli fece dubitare di essere sveglio: l’aria era piena di fieno e del suo pulviscolo dorato, un ammasso di legno spezzato, terra frantumata, arti umani gesticolanti e di nuovo fieno che lo sommergeva quasi completamente. Cardinale era in un angolo ancora intontita dal sonno e Garrie entrava trafelato nella capanna, facendo ampi gesti con le braccia.
“Ragazzi! E’ iniziato l’attacco!” gridò quest’ultimo “Questa parte della città è stata evacuata per simulare la caduta di Jerusalem e tra poco verrà rasa al suolo…ma che succede qui?”
Con uno sforzo poderoso, Patterson uscì dal suo letto di detriti, scoprendo di avere Morales appollaiato sul petto con addosso solo una specie di perizoma di lino; Lucy, deliziosamente nuda e ricoperta di fieno, ridacchiava istericamente poco lontano.
“Hoibò, di nuovo nuda, signora Masterson?” tuonò Patterson di buon umore: svegliarsi con un ben di Dio come Lucy nuda ai suoi piedi era esattamene il tipo di risveglio che preferiva, bomba di terra a parte “Non che mi dispiaccia, sia chiaro, ma questa sua bizzarra abitudine rischia di attirare l’attenzione.”
Lucy crollò sdraiata a terra, ridendo come una pazza, mentre Morales, terminato il suo inventario e concluso che non si erano fatti niente, la seguiva ridacchiando educatamente.
“Giuro…non ho mai conosciuto dei pazzi scatenati divertenti come voi!” boccheggiò Lucy, contenendo le risa. Garrie si precipitò ad aiutarla ad alzarsi, subito allontanato da Morales che porse a Lucy un telo impolverato con cui avvolgersi.
“Potevi dircelo prima che ci stavano attaccando!” disse Morales in tono severo: Garrie assunse l’aria eterea e rarefatta di un martire.
“Bella gratitudine” si lamentò dolorosamente, ammiccando a Lucy “Come se fossi informato delle ignobili abitudini di questa penosa DDW. Mi sembrava sospetto che non ci fosse in giro un’anima da ore, ma ero più propenso a pensare che fosse una grazia divina piuttosto che l’inizio dell’Apocalisse.”
“Hei hijo, strilli già di prima mattina come una comare sul sagrato della chiesa” intervenne Cardinale perfida, rivolta a Morales “Comunque, bel ringraziamento per il nostro sforzo bellico. Dovresti solo ringraziarci per il fatto che ci siamo sobbarcati anche il tuo turno di guardia pur di lasciarti controllare con calma che non ci fossero piccioni o topi a disturbare il sonno della signora…”
“Gli avevo chiesto io di pattugliare il piano di sopra.” lo difese Lucy, ignara del significato che la Tau Centauri dava a quell’espressione. Mentre Garrie, Cardinale e Morales scoppiavano a ridere rotolandosi per terra e Lucy li guardava, confusa, Patterson aggrottava i formidabili sopracciglioni.
“Morales ha pattugliato?!” tuonò sconvolto “Con la signora Masterson? Peccatori!! Siamo a Jerusalem, non a Sodoma e Gomorra!!  Se almeno aveste l’accortezza di includere i colleghi in queste vostre manifestazioni d’affetto…“
Mentre un altro poderoso tonfo segnalava che una seconda bomba di terra era stata lanciata contro la capanna, questa volta senza danni apparenti, Cardinale si ricompose e infilò in una sacca il computer e le armi che erano sparpagliate per terra.
“Proporrei di toglierci da questa DDW al più presto possibile” disse ridacchiando ancora sotto i baffi “A quanto pare, la nostra solita fortuna ci ha ficcato nel bel mezzo del conflitto giudaico-romano. Ma va bene così: per un attimo ho pensato che il misterioso figuro che vuole Lucy morta ci avesse beccato. Comunque, Eric, quel perizoma lì ti sta un incanto, fa tanto Gesù bambino nella mangiatoia: dovreste vedervi, tutti ammassati lì in mezzo al fieno sembrate un presepe.”
“Già, manca giusto l’asinello, ti vuoi unire a noi?” domandò Garrie, serafico.
Un terzo tonfo, vicinissimo, fece tremare i deboli muri e la Tau Centauri decise che era arrivato il momento di levare le tende: in fretta, compostamente, uscirono dalla capanna mentre l’aria si riempiva dei rumori della battaglia in corso poco lontano.
“Ragazzi, col computer difettoso che abbiamo l’unica cosa che ho potuto preparare è stato un nuovo salto silenzioso” annunciò Cardinale, non senza una punta di autocompiacimento nella voce “Complice l’aria sacra di Jerusalem, ho trovato un ambiente un po’ meno devastato e devastante di questo fornito di ottimi computer, un posto dove andare senza che nessuno ci bombardi in testa.”
Come a farle da seconda voce, una nuova esplosione fece tremare le già traballanti mura.
“Proporrei di affrettarci. Tutti d’accordo?”
“Io ho fame.” si imbronciò Patterson e Cardinale gli lanciò uno sguardo esasperato.
“Mi sembrava strano che non lo avessi ancora detto, ieri sera ti sei spazzolato solo dodici pagnotte di pane” disse, acida “Faremo colazione più tardi, contento? Ora, prendetevi per mano: si parte!”
Detto questo, brandì il computer mezzo scassato, ignara che gli altri la stavano guardando con aria di compatimento.
“Se si diverte così, lasciamola fare.” mormorò Garrie facendo spallucce.
Si presero per mano: in pochi secondi, sparirono bruscamente lasciando un leggero crepitio elettrico dietro di loro.
*             *             *
Platform:             DR 1128 Abbazia di Cluny - Francia – Incognito
Digi-Alias:
Cardinale, Jude                  Abate Pietro il Venerabile                                           
Morales, Eric                                    Priore Evenzio
O’Brian, Garrie                  Frate Gregorio
Patterson, Matt                  Frate Marius
Masterson, Lucy                               Frate Lucio
 
Frate Leone era decisamente sconcertato: si compiaceva di sapere che l’Abbazia di Cluny era famosa in tutto il mondo per la sua politica illuminata, per la sua apertura verso le arti e per l’indubbia propensione verso la novità e il sapere. Ma era pur sempre un’Abbazia e Frate Leone aveva fatto della disciplina che la regolava la sua fonte di vita, soprattutto lì nella biblioteca, della quale era rettore. La sua biblioteca era sempre stata considerata un modello di assoluta pace e tranquillità, un’oasi di severa dedizione. Ai tavoli del lato nord, infatti, alcuni monaci erano intenti a trascrivere antiche pergamene e la loro concentrazione era tale che nemmeno alzavano la testa dai loro manoscritti. Ma nei tavoli del lato sud…Frate Leone guardò sconcertato in quella direzione. Ai tavoli del lato sud, colpiti dal timido sole primaverile, stava l’Abate Pietro, arrivato lì da poche ore, seguito da un piccolo corteo di frati insolitamente rumorosi. Si erano messi a confabulare in cerchio, agitandosi e sbracciandosi con gesti così concitati e così estranei alla placida vita del monastero che Frate Leone era rimasto basito. E i discorsi!! L’orecchio teso del povero Frate aveva più volte carpito parole dal suono agghiacciante e, se non fosse stato un uomo di Dio ligio al dovere, avrebbe sicuramente rimproverato quei vili bestemmiatori. Ma tra di loro c’era l’Abate…Frate Leone guardò verso il tavolo e di nuovo incontrò lo sguardo miope e sospettoso dell’Abate Pietro. Quando si vide osservato, l’Abate abbozzò un gioviale sorriso ed alzò una mano in un fiacco gesto di saluto, cosa che sconcertò ancora di più il povero e frastornato Frate Leone.
“Comodo, fratello.” mormorò l’Abate e Frate Leone, dalla costernazione, girò i tacchi e veleggiò verso la cappella dedicata alla Madonna Assunta in Cielo: chissà che un po’ di sana preghiera non avrebbe riportato tutto alla normalità.
Dalla sua posizione, l’Abate Pietro lo guardò andare via, corrucciandosi.
“Dite che ci ha beccato?” mormorò a fior di labbra rivolto ai suoi compagni.
Il Priore Evenzio si strinse nelle spalle, esasperato.
“Se Frate Marius non la pianta di ruggire come un leone in calore ogni volta che apre bocca, certo che ci beccherà” rispose sottovoce, ma con severità “Questo è un monastero, non un circo equestre. Quando hai pensato a questo meraviglioso luogo, avresti dovuto ricordare , Abate Pietro il Venerabile, che il nostro divino Frate Marius non è geneticamente portato al silenzio.”
“Scusate.” mugugnò Frate Marius con aria colpevole, ma Frate Gregorio lo liquidò agitando una mano indifferente.
“Guardate qui!” sibilò seccato picchiettando con foga sui tasti del computer portatile che i cinque nascondevano sul tavolo “Gli olo-giornali non riportano nessuna notizia di particolare interesse nemmeno riguardo l’economia. Né per le forze armate, né per il Governo, né per niente di niente. Stiamo facendo un nuovo buco nell’acqua.”
Frate Lucio si mangiucchiava le nocche della mano, pensieroso.
“Eppure, un motivo per tutta questa fretta ci deve essere.” mormorò mentre il Priore Evenzio rizzava la schiena e cominciava a passeggiare cogitabondo.
“Riflettiamo” disse poi, deciso “Masterson ha avuto due anni per scovarci e ucciderci, e non l’ha fatto. Perché?”
 “Adesso deve essere per forza un momento propizio” meditò l’Abate Pietro cogitabondo “Almeno, propizio per quella che è la natura di Masterson. Cos’è che quell’uomo vuole più di ogni altra cosa?”
“La nostra sofferente e sicura dipartita?” propose Frate Gregorio, dubbioso, attirandosi lo sguardo esasperato dell’Abate.
“Sii serio, per una volta.” Lo rimproverò piccato, ricevendo in cambio un sorriso scintillante.
 “Amen!” rispose Frate Gregorio, beffardo.
“Soldi?” provò Frate Marius, ma Frate Lucio scosse il capo “Hai detto che i suoi soldi sono vincolati ad una società intestata a te…come hai detto che si chiama?”
“La Sentinel” approvò Frate Lucio asciutto “Ma per arrivare a quella gli servo solo io, non voi.”
“Mi ero dimenticato della Sentinel” ringhiò l’Abate, di colpo interessato “Vuoi dire che le ricchezze di Masterson sono bloccate per causa tua?”
“Già” rispose Frate Lucio sorridendo “Questo potrebbe essere uno dei motivi per cui mi odia tanto.”
“Ma non ha senso” si intromise Frate Marius “Se tu schiattassi, come farebbe ad arrivare ai suoi soldi?”
“Io non gli servo intera” rispose Frate Lucio, noncurante “I conti sono vincolati da una semplice impronta oculare. A Sloane serve solo una parte di me: la mia retina, per la precisione. Immagino che non veda l’ora di potermi strappare gli occhi personalmente.”
“Tutto questo non ha senso” meditò l’Abate, pensieroso “Masterson lega i suoi beni ad una società sola, se ne frega dei suoi soldi per ben due anni e poi, tutto d’un tratto, ecco che smania per riaverli.”
“Forse gli servono.” buttò lì Frate Marius con logica inoppugnabile.
“Per fare cosa?” grugnì Frate Gregorio “E noi perché ci siamo finiti in mezzo?”
“Il potere.” Si intromise la voce secca e decisa del Priore Evenzio “L’unica cosa che Masterson brama con tutto se stesso è il potere assoluto.”
“Quindi, Masterson vuole il potere” concluse l’Abate “E per ottenerlo ha bisogno di soldi, da cui l’accanimento nel cercare e fare fuori la sua adorata mogliettina. Ha ragione Frate Marius, noi che cosa c’entriamo?”
“Evidentemente, gli stiamo tra i piedi.” propose il Priore Evenzio.
L’Abate che passeggiava nervosamente su e giù facendo frusciare la lunga tonaca, si fermò di colpo davanti al Priore: gli lanciò un lungo sguardo aggrottato senza nemmeno vederlo, evidentemente perso a rincorrere una nuova idea.
“O-oh, l’eminentissimo Abate ha un’illuminazione.” gorgogliò Frate Gregorio, garrulo.
“O quella, o una colica renale, a giudicare dalla faccia.” mormorò Frate Marius facendo sorridere Frate Lucio.
“Di che cosa si occupa la società che controlla i beni di Masterson?” domandò a bruciapelo l’Abate.
Frate Lucio si strinse nelle spalle.
“Ricerca” rispose infine con leggerezza “La Sentinel produce e gestisce radar a lunga gittata per la ricerca di pianeti vivibili nei sistemi solari a lungo e lunghissimo raggio. Una cosa così inutile che ogni anno la Sentinel rischia di fallire per mancanza di risultati.”
La sua dichiarazione cadde in un silenzio assoluto, interrotto dai rintocchi lontani di una campana.
“Eric.” sbottò d’un tratto con voce metallica  l’Abate.
“Priore Evenzio, se non le dispiace” rettificò lui, flemmatico “Mi dica, Abate.”
“Correggimi se sbaglio, Priore Evenzio: Masterson era il capo della Corp.”
“Esatto” sospirò Frate Marius, avvilito “Pensavo che almeno questo fosse fuori discussione da un pezzo.”
“Di cosa si occupava la Corp.?”
“Di tutto” rispose il Priore Evenzio dopo una breve riflessione “Soprattutto della gestione delle DDW.”
“Eppure, Masterson ha legato tutte le sue sostanze alla Sentinel, una ditta in precario equilibrio economico” disse l’Abate “Perché?”
“Perché sapeva che il CDI non sarebbe andato a ficcanasare, se fosse successo il patatrac che si è effettivamente verificato.” ipotizzò Frate Gregorio.
“Oppure, perché sapeva che noi saremmo arrivati a lui tramite la Sentinel e voleva farci scoppiare le meningi nel vano tentativo di capire perché aveva scelto proprio quella società.” aggiunse Frate Marius attirandosi lo sguardo esasperato di Frate Gregorio.
“Oppure perché vede più lontano degli altri.” mormorò l’Abate, soprappensiero.
Frate Lucio e il Priore Evenzio lo guardarono mentre riprendeva a passeggiare con foga su e giù, attirando gli sguardi incuriositi dei monaci amanuensi dall’altro lato della biblioteca.
*             *             *
Una ridda di pensieri confusi agitava la mente di Cardinale: gli avvenimenti degli ultimi giorni si susseguivano dentro la sua testa in un vortice di caotiche immagini apparentemente senza senso logico. Cardinale lasciò che il flusso dei suoi pensieri la avvolgesse, delegando all’istinto il compito di scremare i ricordi inutili da quelli essenziali; così rivide se stessa e Polaris che si scazzottavano, la Silent Bomb nella tana del Morlock, lo sguardo senza tempo della Decana…. Il sorriso di Garrie (“…perché ti voglio chiamare Jude”),  il computer di Elijah aperto su quel dannato promemoria. Gli occhi supplici di Elijah (“Jude, io…sono il capo dei SuX.”). Il messaggio di David all’interfono: (“Non c’è tempo per parlare, capo!…sbrigatevi a scappare, presto!”).
David. Elijah. Masterson. Garrie….
D’un tratto, ogni cosa andò al suo posto, come attirata da una calamita invisibile; il quadro apparve completo davanti a lei, e Cardinale trattenne il respiro, immobile.
*             *             *
“Che sta facendo?” domandò a mezza voce Frate Lucio.
“Sta pensando” rispose il Priore Evenzio, tranquillo “Deve esserci qualche strano collegamento tra la deambulazione e il moto neuronico…”
L’Abate, che si era fermato di colpo in mezzo alla stanza, sollevò bruscamente il capo  verso l’alto come in preda ad una folgorazione mistica.
“Cristo, sì!” esclamò a gran voce facendo sobbalzare i monaci intorno che lo fissarono disorientati.
Il Priore Evenzio scattò subito in piedi, allarmato.
“Ora pro nobis!” esclamò a sua volta giungendo le mani davanti al petto in preghiera, subito imitato dai compagni: gli amanuensi distratti li guardarono con malcelata sorpresa per quell’improvviso scoppio di fede, ma ben presto chinarono di nuovo le teste sul loro lavoro in silenzio.
“Amen!” esclamarono Frate Marius e Frate Gregorio con incredibili facce serie mentre l’Abate Pietro, ricomponendosi, tornava verso il loro tavolo tutto eccitato.
“Credo di aver capito tutto!” mormorò concitatamente l’Abate.
“Molto bene, Abate, ma ora è meglio pregare, se non vuoi che ci sbattano fuori a calci nel sedere.” sibilò il Priore Evenzio.
“Cos’è che hai capito?” domandò Frate Lucio, incuriosito.
Gli occhi dell’Abate Pietro scintillavano mentre li posava sul Frate.
“Ho capito come faremo a beccare Masterson una volta per tutte.” rispose con convinzione.
*             *             *
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Fra tutte le cose che Cardinale pensava che non avrebbe mai visto in vita sua c’era sicuramente la faccia di Patterson con espressione imbarazzata. Quando se la ritrovò davanti, per poco non stramazzò a terra dalla sorpresa.
“Ho detto che non lo farò.” sentenziò Patterson con assoluta convinzione, incrociando le braccia sul petto poderoso. Garrie sospirò e cercò di blandirlo con un sorriso affascinante.
“Rifletti, ominide: non possiamo rivolgerci a Damon perché sicuramente lo tengono sotto controllo neanche fosse una nuova specie di insetto sotto il microscopio di un entomologo; non possiamo rivolgerci ad Alicia perché è notoriamente fidanzata con Damon; non possiamo chiamare il CDI per ovvi motivi…ci serve una persona che ci aiuti. Deve essere sconosciuta, deve abitare su Orion 3W e dobbiamo fidarci ciecamente di lei. Chi altri se non la tua nuova fidanzata…?”
“Come fai a sapere che ho una fidanzata?” grugnì Patterson, arrossendo furiosamente.
Morales e Garrie si scambiarono uno sguardo d’intesa.
“L’uomo Silvestre” rispose Garrie, come se questo spiegasse tutto “E, se resiste a quello, è sicuramente una donna capace di sopportare di tutto, persino la richiesta di mantenere un segreto.”
“Perché non chiami una delle tue di fidanzate?” sbuffò Patterson “Ne hai un esercito, a quanto mi risulta.”
Morales ridacchiò mentre Cardinale iniziava a controllare con interesse accademico le proprie unghie e Garrie si grattava la nuca, imbarazzato.
“Bè, le mie fidanzate non sono…affidabili” rispose Garrie alla fine “E poi il CDI sa di loro. Tu, invece, sei sempre stato così discreto che nessuno sa chi sia. Devi chiamarla. Ti prego.”
Patterson sembrò rimuginare dolorosamente, a muso duro.
“Ho detto di no.” ribadì poi, cocciuto.
Garrie sbuffò e Cardinale si sedette davanti a Patterson con aria stranamente comprensiva.
“Ti sembrerà strano ma ti capisco” disse poi la ragazza, arrossendo leggermente ed evitando accuratamente di alzare gli occhi dalle proprie unghie “Nemmeno io amo mischiare il lavoro con i sentimenti…”
“Pfui!” la sbeffeggiò Morales con convinzione “Da che pulpito! Ed i tuoi ex pattugliamenti con Elijah, dove li mettiamo? Senza contare gli ultimi ingarbugliamenti, naturalmente.”
“Non te lo chiederei se non fosse assolutamente necessario” si affrettò ad aggiungere Cardinale, ignorando Morales ma arrossendo furiosamente “Ma non abbiamo scelta: abbiamo davvero bisogno della tua fidanzata.”
“Voi non potete capire.” si imbronciò Patterson, stranamente indifeso. Cardinale annuì, comprensiva.
“Capiremo.” sentenziò, convinta.
Patterson rimase per lunghi secondi in silenzio masticandosi l’interno della guancia e guardando il suo capitano con ferocia.
“E va bene” capitolò alla fine, sconfitto “Ma poi non dire che non te l’avevo detto.”
Sul viso di Cardinale si dipinse un’espressione di sollievo e la ragazza si trattenne a stento dal saltare al collo al gigante davanti a lei. Senza rispondere, gli porse l’auricolare e si piazzò alle sue spalle, lasciandolo davanti allo schermo del computer. Garrie e Morales, incuriositi, allungarono il collo per non perdersi  nemmeno un’immagine di questa santa donna che stavano per conoscere. Patterson attivò gli schermi anti intercettazione e compose un numero: dopo pochi squilli, si attivò la comunicazione.
“Si?” chiese con voce monocorde un ragazzo piuttosto bello ma dall’aria triste: si illuminò improvvisamente come se gli si fosse accesa una lampadina sottopelle quando vide Patterson sul suo schermo.
“Matty!” quasi strillò, evidentemente fuori di sé dalla gioia “Oh, che gioia vedere che stai bene…Stai bene, vero?”
“Ciao Kurt” rispose Patterson con voce dolcissima “Sto bene, sì…”
“Amore, ma perché non ti sei fatto vivo?!? Ero quasi morto di preoccupazione!!”  pigolò il ragazzo, quasi piangendo dalla gioia “Mi sei mancato così tanto…”
“Anche tu mi sei mancato.” rispose Patterson teneramente.
Mentre i due parlavano, Cardinale girò appena lo sguardo verso Garrie e Morales , assolutamente immobili, e per poco non scoppiò a ridere. Si schiarì la voce e Patterson sembrò ricordarsi improvvisamente dov’era.
“Kurt, ti voglio presentare il mio capo, Cardinale.”
“Ciao, Kurt.” salutò Cardinale con un sorrisetto imbarazzato. Il giovane si illuminò in un sorriso rapito.
“Cardinale!” cinguettò “Che piacere! Matty parla spessissimo di te…Di quanto tu sia forte, onesta, simpatica…ti adora, letteralmente!”
“Oh, g-grazie” rispose Cardinale, ancora confusa come se avesse preso una botta in testa.
“Matty…?” sospirò a fior di labbra Garrie, quasi inconsciamente. Kurt diresse la sua attenzione su di lui.
“Tu devi essere Garrie” ammiccò maliziosamente “Matty ha ragione, sei di una bellezza sconvolgente.”
Per la prima volta in vita sua, Garrie arrossì ad un complimento: si schiarì la voce e abbozzò un sorriso.
“Oh, ah…gra…sì, ehm, ecco…M-Matty…?”
“Faccio io le presentazioni” saltò su Cardinale, il riso che le aleggiava dietro le labbra “Il dislessico è Garrie e il suo gemello lobotomizzato è Morales. Ragazzi salutate Kurt.”
“’Ao…” belarono in coro i due senza quasi muovere le labbra. Kurt concesse loro un magnanimo sorriso prima di riposizionare il suo sguardo adorante su Patterson.
“Oh, Matty, temevo che fossi morto…” sospirò con dolcezza “Qui tutti parlano del vostro ammutinamento…avrei tanto voluto chiedere cosa ti era successo, ma tu mi avevi fatto giurare che mai e poi mai avrei messo piede al CDI, così ho aspettato che ti mettessi in contatto con me, ogni sera…”
“E’ proprio per questo che ti abbiamo chiamato” si intromise Cardinale, di nuovo seria “Abbiamo bisogno del tuo aiuto.”
Kurt lanciò uno sguardo adorante a Patterson, sorprendentemente ricambiato.
“Per Matty questo ed altro.”
Mentre Cardinale spiegava sommessamente a Kurt il piano, Garrie girò lo sguardo su Patterson e finalmente una scintilla di intelletto infiammò i suoi occhi turchini.
“Matty…?” mormorò quasi con rimprovero.
*             *             *
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David Hanson ingollò in un sorso l’ultimo bicchiere di gin, buttò qualche credito sul bancone del bar e si avviò verso l’uscita con le mani ben ficcate nelle tasche. Anche quella giornata era passata a vuoto, pensò corrucciato. Il generale Scott l’aveva di nuovo interrogato per carpirgli qualche informazione sulla Tau Centauri e di nuovo l’aveva congedato senza cavare un ragno dal buco, frustrato e inviperito di non poter dare risposte al Consiglio delle Orion. D’altra parte, David sapeva che ormai era solo questione di tempo prima che la Tau Centauri si facesse viva. Ormai doveva aver parlato con Lucy e benché lei non sapesse niente di niente dei piani di Masterson, l’intento di trovarlo doveva essersi sicuramente rafforzato nella squadra. Questione di tempo, sì: come se fosse facile aspettare che qualcuno ti arrivi alle spalle, in qualsiasi momento, magari con l’intento di ucciderti prima ancora di farti parlare…con gesti meccanici, David si infilò nel de-digitalizzatore, pronto a ritornare a casa. Subì ad occhi chiusi il familiare strappo al centro del petto tipico della de-digitalizzazione e quando rientrò nel suo vero corpo, su Orion 3W, attese i dieci minuti canonici prima di salutare i tecnici ed avviarsi stancamente verso gli ascensori. Quando le porte stagne si aprirono, però, fu praticamente investito da un vagone merci sottoforma di pugno umano che lo portò nel mondo dei sogni senza nemmeno permettergli di rendersi conto di quello che stava succedendo.
 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 : Discesa negli Inferi ***


David aprì gli occhi. Immediatamente, una possente mano lo afferrò per il bavero della tuta e lo sollevò in piedi di forza.
“Buonasera a te, giovin signore.” sibilò una voce vicinissima al suo orecchio prima di scagliarlo con forza sul pavimento dove David atterrò di schiena, sfiatando dolorosamente il respiro fuori dai polmoni. Capì cosa era successo prima ancora di rimettersi seduto: incombenti e minacciose, lo sovrastavano cinque figure vagamente in ombra che David riconobbe con un potente colpo al cuore: la Tau Centauri. Con l’aggiunta di Lucy Masterson, tanto per gradire.
“Hei, pivello, cos’è quella faccia?” esordì Cardinale sfoggiando un sospetto sorriso affabile “Non sei contento di rivederci?”
“Cardinale.” mormorò fiacco il giovane senza nemmeno alzarsi in piedi: vista la sua posizione e vista l’accoglienza, pensò saggiamente che fosse perfettamente inutile fingere di non sapere cosa stava succedendo.
“Immagino che tu sappia il perché della nostra visita di cortesia.” disse infatti amabilmente Garrie, sedendosi sui talloni davanti a lui.
David fece saettare lo sguardo sulla faccia di Morales (espressione seria ma contenuta) e su quella di Patterson (espressione chiaramente omicida) ed il cuore perse dolorosamente un paio di battiti: era arrivato il momento che aspettava, finalmente. Sapeva di avere il coltello dalla parte del manico, ma lo stesso non poté impedirsi di avere paura, anzi, di essere terrorizzato dai suoi ex compagni. Più che dalla faccia da assassino di Patterson, la paura arrivava dal sorriso a 32 denti di Cardinale: ampissimo, falso, feroce e pericoloso come il sibilo di un cobra.
“Non vuoi sapere come siamo arrivati a te, mio carissimo spione vigliacco?” domandò quest’ultima, piacevolmente.
“Andiamo, capo” si intromise Patterson, ghignando “Persino un pivello come lui si sarà reso conto che, facendo due più due, avremmo capito che solo lui poteva aver messo la bomba nella tana del Morlock.”
“E’ davvero un peccato che quella volta ti sia andata male” mormorò dispiaciuto Garrie “Già, perché adesso…siamo qui.”
Dalla tasca tirò fuori un piccolo Uzi ben oliato e chiaramente carico: la faccia di David sbiancò appena, mentre si rendeva conto che tutti quanti erano armati e gli puntavano contro le pistole con perfetta nonchalance. Strisciò lontano di qualche centimetro, annaspando nella memoria alla ricerca dell’immagine di Masterson per recuperare il suo sangue freddo.
“Visita di cortesia?” domandò infine quando riuscì a riempire di giusta arroganza la voce “Dubito che la Tau Centauri possa anche solo sfiorare il concetto di cortesia. Comunque, vedo che avete trovato la deliziosa Lucy! Il capo sapeva che sarebbe successo: siete stati davvero molto bravi. Chi di voi se l’è già fatta?”
Lucy partì con un calcio così veloce e potente che nemmeno Morales, al suo fianco, si accorse che la donna si era mossa: un attimo dopo, David stava rantolando raggomitolato a terra, le mani premute sullo stomaco. Garrie inarcò un altezzoso sopracciglio all’indirizzo di Lucy, Patterson sorrise soddisfatto, Morales si trattenne a stento dal seguire le sue orme e Cardinale soffocò una risatina dietro un sobrio tossicchiare.
 “Se l’è cercata” disse Lucy educatamente a titolo esplicativo “Detesto l’aggettivo deliziosa.”
“Io avrei mirato più in basso.” mormorò Cardinale, solidale “Comunque, David, visto che sei stato così onesto da non fingere di essere fuori da questa storia, ti saremmo grati se ora ci dicessi dove diavolo possiamo trovare Masterson.”
David smise di mugolare e le lanciò uno sguardo pieno di velenosa superiorità: tempo un attimo e un secondo calcio proveniente da Cardinale lo centrò più in basso, facendolo ripiombare in mezzo a dolorosi uggiolii.
“Cardinale!” berciò Garrie con un’aria di rimprovero stemperata dallo scintillio degli occhi turchini.
“Bè?” si imbronciò Cardinale, incrociando ostinatamente le braccia sul petto “Anche io detesto l’aggettivo deliziosa.”
“Ma se non ha fiatato!” protestò Garrie e Cardinale fece spallucce.
“A titolo preventivo.” mormorò sottovoce mentre Garrie allontanava sia lei che Lucy dalla figura raggomitolata a terra, prendendole entrambe per un braccio.
“Voi gentili donzelle è meglio che stiate qui” le rimproverò burbero mentre le labbra gli tremavano di riso represso “Quel poveretto non arriva vivo alla fine dell’interrogatorio se lo lasciamo nelle vostre mani.”
“Gentile donzella!” sputò quasi Lucy, rivolgendosi a Cardinale “Mi piace quasi quanto l’aggettivo deliziosa.”
“Se lo devi menare, non sciupare il suo bel faccino” rispose Cardinale, rassegnata “Essere decorativo è l’unico pregio che gli rimane.”
“Quando finirà questa storia, ti dimostrerò quali sono i miei veri pregi, capo.” ribatté Garrie ammiccando all’indirizzo di Lucy che trattenne a stento un sorriso quando vide le guance di Cardinale imporporarsi.
Intanto Morales e Patterson, senza troppa convinzione, avevano aiutato David a rimettersi in posizione eretta dove rimase ondeggiando ingobbito su se stesso. Garrie gli si piazzò davanti, sorridendo amichevolmente.
“Allora, David, il capo ti ha fatto una domanda: dov’è Masterson?”
“La solita, aggressiva Tau Centauri” sospirò David, ironico “Sempre a fare la domanda sbagliata. Non è importante sapere dov’è Masterson. E’ importante sapere con chi è Masterson.”
Ci fu un attimo di dubbioso silenzio, poi un lungo, gelido brivido di consapevolezza attraversò i presenti, uno per uno. “Elijah.” sfiatò Cardinale, rendendo reale e definitivo il pensiero di tutti. David sorrise apertamente con un ghigno satanico.
“Intuitiva, la signora. Scommetto che vi chiedevate dove diavolo fosse finito il signor generale perfettini, vero?”
Cardinale non rispose, lasciando che il suo sguardo fermo e sprezzante parlasse per lei.
Con uno sbuffo vittorioso, David si infilò una mano in tasca ed estrasse una sottile catenella a cui era appesa una targhetta argentata. Lo sguardo di tutti venne catalizzato lì, su quell’anonima targhetta di metallo: il distintivo di Runner di Elijah Benson. Nessuno osò parlare: Elijah non si sarebbe mai separato volontariamente dalla sua targhetta, tutti lo sapevano. Dopo un lungo silenzio carico di cupa attesa, Garrie si allungò verso David e gli afferrò rudemente il bavero della tuta.
“Dov’è Elijah?” ringhiò con insolita durezza nella voce.
David, pallido ed evidentemente furibondo, gli lanciò uno sguardo sprezzante, da sotto in su.
“Hai paura che rispunti fuori per soffiarti di nuovo la ragazza da sotto il naso, Garrie-O?” sibilò velenoso: questa volta fu un pugno a mandarlo a gambe all’aria, un gancio sinistro insolitamente potente per una figura indolente ed aggraziata come quella di Garrie.
Morales fece un fiacco gesto d’impotenza verso Garrie che si allontanò da David insolitamente scuro in viso, massaggiandosi le nocche della mano. Cardinale evitò accuratamente di incrociarne lo sguardo. Morales e Patterson rialzarono di nuovo David da terra, anche se stavolta perdeva copiosamente il sangue dal naso e sembrava decisamente poco incline al dialogo.
“A quanto pare, hai il dono di farti trovare simpatico da tutti” gli disse Morales, misurato “Prima che tu faccia arrabbiare anche nonna Pat, cosa che segnerebbe la tua rapida e dolorosa dipartita dal mondo dei vivi, ci vuoi dire dove diavolo è Elijah?”
David barcollò, sputò un grumo di sangue quasi sulla scarpa di Morales, che  non fece una piega, e alzò lo sguardo su di lui, malignamente.
“Il buon vecchio Morales” chiocciò velenoso “Sempre l’ultima ruota del carro. Non ti stufi mai di fare il tirapiedi di quella strega isterica?”
“No” rispose Morales, placidamente “Allora, dov’è Elijah?”
“Ho letto i vostri rapporti fino alla nausea e so che avresti dovuto essere tu il capo della Tau Centauri” continuò David, imperterrito “Sappiamo bene tutti che Cardinale non ha la stoffa per comandare: troppo umorale, troppo impulsiva…com’è che il CDI scelse proprio lei per comandare la Tau Centauri? Scommetto che il signor generale capo dei SuX ci mise lo zampino: in fondo, in quel periodo non inzuppava il biscotto con lei?”
Cardinale fu afferrata al volo da Patterson un attimo prima che piombasse addosso a David con chiari intenti omicidi.
“David, da bravo, ci dici dov’è Elijah?” continuò pazientemente Morales, ignorando gli strepiti alle sue spalle.
David, finalmente, sembrò abbastanza soddisfatto del veleno che aveva sputato: con un trionfante sguardo circolare sui presenti, alzò fieramente il mento.
“Per il momento, vi basti sapere che è ancora vivo.” disse scandendo bene le parole, in modo che ognuno di loro capisse dalla prima sillaba che aveva finalmente smesso di scherzare.
*             *             *
 “Dov’è?” domandò Morales senza cambiare il tono di voce e David scoppiò in una risata sprezzante.
“Pensi davvero che te lo direi? Via, un po’ di realismo…”
“David, dov’è Elijah?” continuò Morales, monocorde.
“Sapete, volevamo ammazzarlo, ma poi abbiamo capito come sfruttare quell’inutile palla di boria militare” disse David con leggerezza, sorridendo odiosamente “Il mio capo vuole fare uno scambio.”
Cardinale, che aveva smesso di agitarsi tra le braccia di Patterson, scambiò un breve sguardo con Morales che, impassibile, sorrise brevemente a David.
“Scambio?” domandò educatamente.
David arricciò il naso sanguinante in una smorfia arrogante, poi puntò deciso il mento contro Lucy, immobile di fianco a Garrie.
“Il vostro generale in cambio della signora.” disse categorico con una nota di saccente soddisfazione nella voce.
Nessuno dei presenti mosse un muscolo. Lucy incrociò lo sguardo di Morales che era diventato improvvisamente adamantino e, con un cenno invisibile del capo, annuì, come se sapesse da sempre che sarebbe successo proprio quello.
“Masterson vuole Lucy al posto di Elijah?” domandò Cardinale, guardinga “Perché?”
David fece di nuovo spallucce, sorridendo sfacciatamente con i denti rossi di sangue.
“La cosa non vi riguarda. Lucy in cambio di Benson: prendere o lasciare.”
“Questa cosa non ha senso” lo informò Morales con voce monocorde “Lucy è stata con noi per parecchio tempo. Se avesse saputo qualcosa riguardo Masterson ce lo avrebbe già detto, no?”
“Magari Masterson vuole la signora per questioni affettive” disse serafico David “In fondo, è pur sempre la sua adorata mogliettina.”
Cardinale si scrollò di dosso Patterson, irritata, e si piazzò a gambe larghe davanti a David.
“Potremmo trattare.” disse in tono pratico e David ridacchiò malignamente.
“Il capo sapeva che lo avreste detto” rispose piacevolmente “Quanto siete prevedibili! Comunque, l’affare non è trattabile: Lucy in cambio di Elijah, nient’altro.”
Cardinale si girò a guardare Lucy che, con grazia, si avvicinò a lei quasi sorridendo.
“Il vecchio Sloane” sospirò quasi dolcemente “Non si smentisce proprio mai…Poi dice che siete voi ad essere prevedibili!”
“Sapendo questo, però, non risolviamo niente” sbottò Cardinale, corrucciata “Elijah è sempre nelle mani di Masterson, comunque rivoltiamo la frittata.”
Un silenzio molto teso e molto carico di domande senza risposta riempì l’aria, denso come volute di fumo grigio e pesante.
“Se lasciamo che Masterson metta le sue manacce su Lucy, la condanniamo a morte.” mormorò Morales molto piano, senza guardare in faccia nessuno.
“Oh, non credo” sorrise David, maligno “Non subito, almeno.”
Stavolta fu Morales a lanciarsi verso di lui, trattenuto da Garrie e Patterson che avevano smesso di sorridere già da un pezzo. David si concesse una risatina trionfante mentre Cardinale si torturava furibonda il labbro inferiore con i denti.
Sapeva cosa doveva fare: ognuno di loro sapeva esattamente qual’era il suo ruolo in quel frangente, ma lo stesso non osava guardare dalla parte dei suoi compagni perché, per la prima volta in vita sua, il sangue freddo di Runner le era venuto a meno. Sul piatto della bilancia, la vita di Elijah pesava come un macigno…pesava molto di più di quanto sarebbe stato giusto. Accidenti a lui!
“Capo?” domandò Patterson, spazientito da un silenzio tanto lungo quanto insolito.
Cardinale alzò lo sguardo su di lui: Patterson aveva la faccia aggrottata e per niente allegra, ma nei suoi lineamenti scolpiti con l’accetta non c’era la minima traccia di paura. Per quanto la situazione potesse essere brutta e difficile, nonna Pat non avrebbe mai perso il suo coraggio e la sua fiducia in lei, Jude Cardinale. Il suo capitano… ma soprattutto la sua migliore amica. Per qualche assurda ragione, Cardinale si sentì improvvisamente meglio e sorrise al suo compagno, illuminandosi. 
“Ovviamente, non possiamo permettere che Lucy vada in pasto a Masterson tutta sola come una vittima sacrificale” disse con voce limpida e convincente “E non possiamo nemmeno aspettarci che Masterson si accontenti di uno scambio alla pari. Che ne dici, David: pensi che accetterà di scambiare il generale Benson con il capitano della Tau Centauri?”
“No.” disse immediatamente Garrie con profonda convinzione prima ancora che Cardinale finisse la frase.
“Provaci e ti stacco la testa.” continuò Patterson con assoluta tranquillità.
“Scordatelo.” berciò Lucy, quasi schifata dalla proposta.
Cardinale ignorò tutti quanti: il suo sguardo fermo non si era spostato di un millimetro da quello di David che brillò per un attimo di luce ferina. Il giovane inspirò profondamente e sembrò considerare seriamente la proposta di Cardinale.
“Che se ne fa Masterson di un Runner femmina isterico e inutile come te?” domandò invece con voce annoiata “Nemmeno fisicamente gli piaceresti…non si abbassa a usare roba di terza mano, lui.”
La faccia di Cardinale assunse un colorito cianotico: non mosse un muscolo, ma tutti videro la vena sulla tempia ingrossarsi e pulsare impazzita.
“Tu morirai molto presto, David” disse con voce molto chiara dopo aver deglutito un paio di volte “Farai una fine bruttissima, te lo garantisco. E io starò lì a guardare.”
David se ne uscì con una risatina di scherno.
“Intanto, risolviamo la questione scambio: lo rivolete indietro o no, il generale Benson?”
“Piantiamola con questa farsa” si spazientì Lucy, uscendo nervosamente dall’ombra di Morales; gettò la sua pistola a terra, seguita dal caricatore. “Portami dal maiale e finiamola qui.”
“No.” rispose Morales con sobria decisione.
“Guarda che non ho bisogno di un mastino napoletano attaccato alla gonna” grugnì Lucy arricciando il viso in una smorfia infastidita “Me la so cavare benissimo da sola.”
“Non intendevo mettere in dubbio la tua capacità di difenderti” replicò Morales con un sorriso accomodante “La faccenda è molto più semplice: io vengo con te, dovunque tu vada. Persino in bocca a Masterson.”
La sua pistola seguì quella di Lucy con un rumore metallico.
“Oh, grazie tante” mormorò Lucy, arrossendo di rabbia “Da cerebrolesa incapace di intendere e di volere a quarto di manzo da cucinare! Non ho bisogno di te, signor l’Altro.”
“Ma io sì” rispose Morales con semplicità “Non ti lascio sola. Fine del discorso.”
Cadde un silenzio sorpreso in cui Patterson sgranò gli occhi, ammutolendo miracolosamente.
“Ma tu guarda!” gorgogliò David esilarato “Il buon vecchio e inamovibile Morales si è preso una cotta…per la signora Masterson! Roba da non credere!”
Cardinale gli lanciò un’occhiata schifata a cui David rispose con una grassa risata.
“Certo che sei proprio un escremento d’uomo, tu” gli sputò quasi addosso Cardinale “Hijo, pensaci: ti sei proposto di andare in bocca a Masterson solo e senza copertura. Visto quanto ci odia, ti squarterà e poi ti ricucirà e poi ti squarterà di nuovo, finché non gli verrà a noia l’odore del tuo sangue. Sono davvero queste le tue intenzioni?”
“Sì.” rispose Morales senza nemmeno pensarci molto su. Lucy taceva, il mento caparbiamente affondato sul petto.
“Niente complicazioni sentimentali” mormorò poi la ragazza senza osare alzare gli occhi “Avevi detto di essere d’accordo.”
Morales si strinse nelle spalle con aria colpevole.
“Ho mentito.” ammise con disarmante sincerità.
“Che meravigliosa e ridicola storia d’amore!” rise David, interrotto da Patterson che si avvicinò risoluto a Morales.
“Allora vado anch’io” sentenziò col suo vocione d’oltretomba. Tutti si girarono a guardarlo, basiti.
“Oh, Pat, ti prego.” sospirò Cardinale con aria sfinita, ma Patterson scrollò le spalle con decisione.
“Risparmia il fiato, capo” disse con insolita tranquillità “La Tau Centauri senza Elijah e senza Morales non ha senso di esistere. E poi, ‘sti due pivelli per sposarsi hanno bisogno di un testimone, no?”
Buttò la pistola che aveva in mano, seguita dal mitragliatore che aveva al collo più due caricatori, un coltello infilato nello stivale, tre spaccatimpani che aveva in tasca, due bombe a mano tirate fuori da chissà quali recessi della tuta che indossava e persino quattro fumogeni. Un silenzio teso avvolse le figure rimaste immobili nelle loro posizioni, come in attesa di un evento divino che donasse loro la vita.
“Che diamine” berciò seccamente Cardinale alla fine, affiancando Patterson  e gettando contemporaneamente la sua arma “Mi risulta che in un matrimonio ci vogliano due testimoni.”
“Allora facciamo tre” sospirò Garrie “Che ci faccio io qui da solo senza di voi? Molto meglio essere squartato da Masterson in persona, sant’Iddio.”
Buttò il piccolo Uzi che aveva in mano sulla montagnola di armi davanti a David che spostava lo sguardo da uno all’altro, disorientato.
“State cercando di prendermi in giro?” domandò bruscamente facendo un minaccioso passo verso di loro.
Cardinale si strinse nelle spalle guardandolo freddamente negli occhi.
“E perché dovremmo?” rispose con arroganza “Tu non puoi capire perché non sei mai stato un vero Runner.”
“E, di grazia, potresti spiegarmi cosa sa un Runner che io non so?” domandò David con un lezioso sorriso di scherno.
“Un Runner sa dare un senso alla propria vita con l’onore” spiegò pazientemente Morales attirandosi la risata divertita di David.
“Ma dai!” disse infatti questi, esilarato “Non crederete sul serio a queste baggianate!”
“Noi non pretendiamo di certo che un piccolo verme verminoso come te possa capire cosa vuol dire credere in queste baggianate” rispose Cardinale con estrema calma “C’è chi, come te, basa tutto sull’opportunismo e sul viscidume che gli riempie il cervello, chi si lascia diventare un mostro di disumanità come il nostro caro amico Masterson…E chi continua a pensare che c’è qualcosa di più puro per cui vale la pena vivere e morire. Ecco, questi sono i Runners.”
“Ma voi siete… meravigliosi!” cinguettò David, trattenendo a stento le risa “In bocca al nemico, solo per la vostra stupida, inutile solidarietà…E la gente che affida a voi le proprie vite! Voi che siete pronti a buttarle via…per niente! Gesù, sto schiattando dal ridere!”
“Magari fosse vero” commentò Garrie sorridente “Se ti ammazzassi da solo te ne saremmo immensamente grati.”
“Tu non puoi capire, David” sospirò Cardinale con aria materna “A te manca completamente il senso dell’onore e la visione di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato. E’ per questo che morirai in modo schifoso.”
“Non prima di te, o mio delizioso capitano” rispose David sorridendo malignamente “Non vedo l’ora di vedere la faccia di Masterson quando arriverò con la Tau Centauri al completo pronta a fare da agnello sacrificale pur di non lasciare sola Lucy! Che spasso, ragazzi!”
Rise ancora, deliziato, prima di chinarsi fulmineamente a prendere l’Uzi lasciato cadere da Garrie e puntarlo contro a Cardinale, la quale se ne uscì in un lento, serafico sorriso.
“Chissà perché, ci avrei giurato che avresti preso quell’Uzi così carino e maneggevole.”
“Questo Uzi carino e maneggevole sarà l’arma con cui ti ammazzerò, dolcezza” rispose David in un ringhio.
“Davvero.” commentò Cardinale e fu a un pelo dallo scoppiargli a ridere in faccia.
 “Va bene, verrete con me e Lucy” disse con voce più calma David, ignorandola “Ora però mettete tutti le mani in alto e appoggiatevi contro il muro.”
“Che intenzioni hai, pivello?” domandò Patterson ubbidendo, per niente scalfito dalla mossa.
“Vi perquisirò per accertarmi che non vogliate fare i furbetti; per vedere che non abbiate armi nascoste, o trasmettitori o cosucce del genere. Anche se dubito che abbiate avuto il tempo di riconciliarvi con il CDI e con il generale “tutto-d’un-pezzo” Scott. Comunque, controllare non fa mai male. Poi, ci incammineremo verso la tana del Morlock, dove Masterson ci aspetta a braccia aperte.”
“Quindi il maiale vive davvero nelle fogne” sorrise Lucy, velenosa “Direi che non c’è posto più appropriato per un lurido ratto subdolo e viscido come lui.”
“I tuoi fantasiosi insulti non mi scalfiscono, gioia” rispose David sorridendo a denti stretti “E comunque, ogni parola velenosa che esce da quella deliziosa bocca non fa altro che prolungare i futuri minuti della tua lenta e dolorosa agonia. Contenta tu…”
“Scusa un attimo, messere Hanson, ma come pensi di poterti intrufolare nelle fogne con cinque ostaggi?” domandò dubbiosa Cardinale.
“Già, qui siamo nel mondo reale” lo avvisò Patterson pazientemente “Come pensi di poter uscire da questa stanza senza che i migliaia di sensori che tappezzano le Orion comincino a strillare?”
“Oh, ragazzi, se sapeste…” rispose David, serafico “Diciamo solo che aggirare i controlli del CDI è di una facilità imbarazzante, ma questo lo dovreste sapere bene, visto che voi per primi li aggirate spesso. E poi, il fatto di essere l’unico Runner della Tau Centauri non ricercato dal CDI può essermi d’aiuto. Io ho ancora la licenza d’armi. Voi non l’avete più e siete ricercati, belli miei.”
“Diamine, il pivello ha ragione” sospirò Morales ignorando la perquisizione di David “Non abbiamo molte belle prospettive, compagni.”
Mentre parlava, David aveva cominciato a perquisire Garrie che gli lanciò un’occhiata malevola.
“Non prenderci gusto a mettermi le mani addosso” gli disse sottovoce “Non sei proprio il mio tipo, caccola.”
David, per tutta risposta, perquisì con mano pesante Cardinale, soffermandosi con rudezza sulle sue cosce senza staccare lo sguardo sadico da Garrie.
“Magari diventerò il tipo della tua bella, prima di ucciderla.” sibilò in risposta David mentre Cardinale, disgustata, si girava dall’altra parte per non incontrare lo sguardo furibondo di Garrie. Le mani di David la percorsero di nuovo tutta, palpandole le gambe, i fianchi, le braccia. Sul polso, incontrarono l’ostacolo di un piccolo orologio tempestato di pietruzze dall’aria consumata.
“E questo gingillino cos’è?” domandò ilare David.
“Un regalo di Elijah.” rispose Cardinale di malavoglia.
“Che regalo scadente. Appropriato, direi.” sentenziò David, ma Cardinale non raccolse la provocazione e David si allontanò finalmente da lei.
“Bene!” sorrise il giovane, lanciando uno sguardo circolare alle cinque persone dall’aria seria ma dignitosa che  stavano di fronte a lui “Direi che possiamo andare. Fate ciao ciao con la manina, ragazzi…questa è l’ultima volta che passeggerete per il ponte di Orion 3W.”
Sorrise, infido.
“Che peccato!”
*             *             *
Nelle fogne, di nuovo.
Questa volta erano entrati da un’apertura di servizio in un bagno pubblico, nel bel mezzo di Orion 3W. Nessuno li aveva fermati, nessuno li aveva nemmeno notati: i sei, David in coda con il suo bell’Uzi nascosto sotto la giacca, si erano infilati in fila indiana nel bagno, avevano forzato la porta stagna del passaggio, erano scesi dalla scaletta di metallo e si erano trovati in un cunicolo stretto ma relativamente pulito fiocamente illuminato da un neon. L’odore era rivoltante: i composti chimici dovevano essere presenti in maniera massiccia, in quella parte della rete fognaria. David fu l’ultimo a scendere la scala, saltando gli ultimi gradini ed affondando i piedi nella melma che rivestiva il fondo del cunicolo. Accese la piccola torcia piazzata sopra al mirino dell’Uzi e lasciò scorrere la luce sui cinque davanti a lui: le loro facce impassibili sembrarono irritarlo e divertirlo allo stesso tempo.
“Allora, siete pronti per la passeggiata?” domandò garrulo e strafottente: quando vide che non aveva provocato particolari reazioni, fece un cenno con l’Uzi a Lucy che si avviò per prima, dopo avergli lanciato una penetrante occhiata di sufficienza; Morales la seguì, poi Patterson, tutto curvo per potersi infilare nel cunicolo senza cozzare il poderoso testone. Cardinale e Garrie furono gli ultimi ad incamminarsi, senza guardarsi ed in silenzio. Eppure, Garrie camminava vicinissimo alla schiena di Cardinale tanto che lei poteva sentire il rassicurante calore del suo sguardo sulla schiena. Nessuno emise un fiato mentre iniziavano la discesa lungo il cunicolo: in fila indiana, diligentemente, si addentrarono nel buio, guidati dai rari e laconici ordini di David. Tutto sommato, il tragitto che fecero nelle fogne fu molto più semplice e meno sofferto della prima discesa nella tana del Morlock: quando David ordinò loro di fermarsi sotto ad una scala che saliva verso una botola rugginosa, i sei si erano sporcati solo fino ai polpacci ed erano ancora perfettamente in grado di respirare, nonostante l’aria carica di vapori irritanti. Mentre gli altri si guardavano intorno, vagamente interessati, David si decise a tirare fuori un congegno dalla tasca. Compose un numero ed attese nervosamente una risposta, immerso nel più assoluto silenzio carico di attesa della Tau Centauri. Finalmente, con un ronzio sommesso, il visore dello strumento di David si illuminò, materializzando sul piccolo schermo una figura a mezzo busto dall’aria imponente.
“David.”
La voce di Masterson uscì forte e chiara dal trasmettitore, rimbalzò lungo le pareti anguste delle fogne e penetrò nei sensi delle persone raccolte nel cunicolo, provocando in ognuna di loro un sentimento diverso. La faccia di Lucy si accartocciò in una vaga espressione di disgusto; Morales sbatté appena gli occhi, quasi sorpreso; Patterson ruminò in silenzio strizzando gli occhi in uno sguardo omicida; Cardinale rimase impassibile mentre sollevava gli occhi incontrando quelli di Garrie, molto azzurri e molto fermi.
“Capo” proruppe in tono eccitato David “Non indovinerà mai cosa è successo!”
Prima ancora che potesse rispondere, David diresse il raggio olografico verso i suoi ospiti che subirono immobili la sua lenta perquisizione. Il silenzio di Masterson era pesante come un macigno ed altrettanto incombente. David aspettava un commento, l’espressione trionfante sul viso simile a quella di un bambino particolarmente eccitato.
“La Tau Centauri.” disse alla fine la voce di Masterson, stranamente atona “Ma che sorpresa. Sono puliti?”
“Lindi e pinti come neonati” si affrettò ad assicurare David “In fuga dal CDI e disarmati, pronti a morire per la loro causa come  vitelli al macello!”
Masterson non rispose: Cardinale non osava respirare, come in attesa della prova del fuoco, mentre i secondi di silenzio rotolavano via, pesanti e inesorabili come sabbie mobili.
“Portameli.” disse alla fine la voce di Masterson, esultante.
E Cardinale, finalmente, respirò.
*             *             *
Camminarono ancora, lungo corridoi polverosi e stretti dove l’unico segno di vita era il ronzio onnipresente dei motori. Nessuno osava parlare e tutti marciavano spediti con gli occhi bassi: sapevano di stare andando dritti verso l’epilogo…qualsiasi esso fosse. David era l’unico che sembrava distratto: si muoveva a scatti, fuori di sé dalla gioia nel vedere come tutto stesse andando a posto, come ogni cosa si stesse concludendo esattamente come doveva, nascondendo col successo i suoi brucianti fallimenti passati, prima con la Silent Bomb, poi alla Piccola Baita….Quando arrivarono davanti ad una porta, le sue guance di David erano bianche e rosa come quelle di una vergine al suo primo appuntamento, i suoi occhi scintillavano febbricitanti e, dopo essersi spostato alla testa del gruppo, afferrò senza preamboli la maniglia con una mano, pronto ad aprire la strada verso l’ultima ora della Tau Centauri. In un ultimo sprazzo di vittoriosa crudeltà, si girò verso i cinque alle sue spalle e si esibì in uno scintillante sorriso ferino. Gli risposero cinque facce mute, inespressive e tese.
“Ci siamo.” annunciò, e subito aprì la porta.
*             *             *
Ci siamo, pensò Patterson. Non aveva armi addosso, e questo era così insolito per lui che si sentì stranamente nudo e indifeso. Ma non aveva paura, quello no: Elijah era lì da qualche parte, quella bertuccia petulante di Cardinale era immobile subito dietro a David e le teste bionde di Garrie e Morales erano giusto davanti a lui. Perché avrebbe dovuto aver paura se tutto ciò a cui teneva al mondo era lì con lui? Paura? No. Eccitazione, aspettativa, forse. Rabbia, che scorreva nelle vene come sangue febbricitante. Lui era sempre stato un uomo semplice, di poche parole e pochi pensieri. Pochi, ma chiari e incrollabili. Ci siamo, pensò di nuovo, stringendo le mani a pugno. Annuì, senza nemmeno accorgersene.
*             *             *
Ci siamo, pensò Morales. Dopo tutti quegli anni passati a cercarlo, stavano per incontrare davvero Sloane Masterson. Il cattivo per eccellenza, il Lupo Mannaro delle Orion, la Nemesi stessa della Tau Centauri…. Eccolo lì, oltre quella porta. Chissà perché, ogni sensazione era sparita, persino la curiosità. Non gli importava più molto di vedere che faccia avrebbe avuto quell’uomo dal vivo, e nemmeno di sapere cosa ne sarebbe stato di tutti loro. L’unica cosa che era rimasta dentro di lui era un’infinita spossatezza, una sensazione di capolinea che non riusciva a scrollarsi di dosso. Poi, una mano si insinuò nella sua e gli strinse saldamente le dita, come a voler trovare forza in quel contatto di pelle. Lucy. Senza nemmeno girare la testa dalla sua parte, Morales capì che era lei e qualcosa si fece strada in mezzo alla stanchezza che gli avvolgeva le membra come ovatta. Non era forza, non era paura…forse era solo speranza.
*             *             *
Ci siamo, pensò Garrie. Davanti a quella porta, stanco come mai lo era stato in tutta la vita, non riusciva a trovare un termine che identificasse quello che sentiva in quel momento. La rabbia gli si agitava nello stomaco, l’eccitazione gli accelerava il respiro, la paura borbottava nelle sue viscere, ma tutto questo era niente a confronto di quello che provava quando chinava lo sguardo sulla testa bruna di fronte a lui. Jude. Dentro di sé aveva cominciato già a chiamarla così, quasi vergognandosi di quella piccola libertà solitaria e segreta che si era preso. Jude. La sua Jude. Proprio non riusciva a spiegarsi come, fra tutto, l’unica cosa che contasse in quel momento per lui era quella nuca sottile e fiera. Oltre quella porta c’era il motivo della sua rabbia, della sua paura, della sua eccitazione….ma c’era anche e soprattutto una risposta.
*             *             *
Ci siamo, pensò Cardinale. Poi, si sforzò di non pensare più niente. Sarebbe stato troppo complicato lasciare che il pensiero di Elijah si accavallasse a quello di Masterson e a quello di Garrie, come in una pozione magica dove gli ingredienti, se non mischiati a dovere, diventano esplosivi. Al di là di quella porta c’era Masterson….ed Elijah. Ripensò a lui, ai suoi occhi scuri e seri, a quello che avrebbe potuto dirgli, se le cose fossero andate diversamente. A quello che gli avrebbe detto, se ne avesse avuto il tempo e l’occasione. Ne sarebbe valsa la pena? Chissà. Sapeva solo che in quel momento si sentiva sola come non lo era mai stata nella sua vita. Sola, inutile e sbagliata, come se gli eventi fossero intrecciati in un nodo di cui lei era il fulcro e la causa. Ma basta pensare, adesso: pensare è pericoloso, pensare non serve in certi momenti... La vita di Elijah era nelle sue mani e Cardinale aveva paura, anzi, era terrorizzata dall’idea di lasciarsi sfuggire quel fragile involucro dalle mani. Terrorizzata! Perché? Sentiva di avere un debito nei confronti di Elijah: aveva la responsabilità di salvargli la vita a qualsiasi costo. Perché? Per potersi scrollare di dosso quel senso opprimente di colpa che la schiacciava. Colpa perché? Perché perché perché….Cardinale si affannò a sfuggire la risposta, ma quella arrivò lo stesso, inesorabile come il tempo che scorre. Perchè non riusciva ad amarlo, ecco perché. Con l’angoscia nel cuore, Cardinale si concentrò nello sforzo di non girarsi, ma sentiva lo stesso il calore di due occhi azzurri puntati sulla sua nuca, due occhi che, involontariamente, le davano forza e coraggio da sempre. Sapeva che se si fosse girata avrebbe incontrato lo sguardo di Garrie e che lui le avrebbe sorriso, rassicurante. Magari le avrebbe anche strizzato l’occhio, irriverente e fuori luogo. Perché lui era così: impossibile e presente. Solo in quel momento Cardinale si rese conto di quanto fosse assuefatta a quello sguardo su di sé, quanto le fosse necessario sapere che lui era lì, pronto a sorriderle, sempre. Oh, Garrie, se solo lo avessi capito prima! Se solo non fossi stata così inutilmente granitica, se non avessi avuto così tanta paura…Se solo se solo se solo. Cardinale chiuse gli occhi per un attimo, strizzandoli forte, poi li riaprì, asciutti e determinati. Basta pensare, adesso, si rimproverò severamente. Non c’era più tempo ormai. Se c’era stato un momento lei lo aveva buttato via ed ora era inutile cercare di affannarsi a recuperarlo…Garrie doveva uscire dalla sua testa. Garrie, Elijah, Masterson…paura, rimpianto, tristezza…tutto fuori.
In quell’attimo sospeso tra il prima e il dopo di tutto, Jude Cardinale vuotò la testa da ogni pensiero e da ogni certezza, lasciando il posto al solo, puro istinto.
*             *             *
David aprì la porta e subito si scostò per lasciarli entrare. Lucy, Morales, Patterson, Cardinale e Garrie guardarono con facce inespressive la porta che si apriva lentamente, mostrando una stanza in penombra con una figura ritta nel centro.
Nessuno osò muoversi per quello che sembrò un tempo infinito, come se il destino avesse voluto fotografare quel momento per memorizzarlo e conservarlo meglio. Poi, la figura al centro della stanza si mosse.
“Benvenuti” disse una voce affabile ed esultante “Prego, non siate timidi: entrate pure.”
Cardinale fu la prima a riscuotersi. Inspirò profondamente, rizzò le spalle e varcò la soglia degli Inferi.
 

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 : L'ultima ora ***


Cardinale non sapeva bene cosa aspettarsi da quell’incontro con Masterson: aveva messo in conto tante cose, ma di sicuro non questa. Non pensava di provare l’improvvisa e sconcertante ondata di sollievo che le aveva invaso il ventre. Eppure avrebbe potuto prevederlo: dopo anni passati ad odiare Masterson, a mitizzarlo come un diavolo infernale, a temerlo come la morte stessa, trovarsi davanti nient’altro che un uomo poteva avere il sapore del ridimensionamento e della delusione. Dopotutto, Masterson era solo quello: un uomo. Un uomo potente, carismatico e cattivo, ma pur sempre un essere umano fatto di carne e sangue, come tutti. Un vecchio, anzi. Gli anni di latitanza avevano scavato profonde rughe sul volto dell’uomo; avevano portato via parecchi dei suoi capelli e gli avevano inesorabilmente incurvato le spalle. Solo gli occhi erano rimasti immutati: occhi scuri, piatti, scaltri…gli occhi di uno squalo a caccia.
“Capitano Cardinale” disse Masterson con voce morbida “Da quanto tempo aspettavo questo momento. Si avvicini, per favore.”
Cardinale avanzò verso di lui con lenta sicurezza e ad ogni passo notava un particolare nuovo.
Che Masterson era solo un uomo.
Che Masterson era vecchio.
Che Masterson era pericoloso.
Che Masterson aveva paura.
Quest’ultima consapevolezza la colpì con sorprendentemente lucidità: benché non avesse detto che due parole in croce con aria sicura e vittoriosa, Masterson aveva innegabilmente paura. Di lei, della squadra…di se stesso, forse?
Quando arrivò a un metro dall’uomo, Cardinale si fermò, scrutando con curiosità in fondo ai suoi occhi. Masterson la squadrò da capo a piedi attentamente: era la prima volta che incontrava Cardinale a tu per tu e trovarsela di fronte gli faceva un effetto strano. Aveva visto la sua immagine da tutte le angolazioni e in tutte le sue possibili espressioni, ma lo stesso se l’era immaginata tutta diversa. Più alta, più imponente. Invece Cardinale era sottile, quasi leggera. C’era qualcosa di luminoso in quel viso risoluto: quel mento alzato parlava di ostinazione e di lealtà, quegli occhi scuri erano la quintessenza della forza e quella bella bocca… La Decana aveva ragione: mai vista una bocca così. La sua nemica numero uno, a conti fatti, sembrava una ragazzetta indifesa. Eppure Masterson non aveva mai avuto tanta paura in vita sua.  
“Finalmente ci incontriamo.” sentenziò Cardinale quando ebbe finito il suo esame.
Aveva una bella voce, constatò Masterson. Leggermente bassa, piacevole come una stanza in penombra dopo la calura estiva.
“Già” rispose Masterson cercando di mantenere il tono di voce piatto “Sembrerò un ospite ingrato, ma non posso offrirvi né da sedervi né da bere. Qui nelle fogne ci siamo abituati ad un regime di vita spartano, sapete. E poi, sinceramente, ho altri progetti per voi, madamigella.”
Cardinale sorrise affabile mentre il resto della Tau Centauri si avvicinava e si fermava alle sue spalle. Masterson li squadrò uno ad uno, sentendo uno strano senso di disagio serpeggiargli lungo la schiena. Patterson, che armadio d’uomo! Sembrava una montagna innevata e silenziosa. O’Brian aveva il viso più bello ed angelico che avesse mai visto e il suo sorriso solare lo sbalestrò facendogli sbattere velocemente le ciglia. Morales era l’unico che lo guardava con aperta ostilità….forse perché la sua mano era stretta in quella di Lucy in un inequivocabile gesto di protezione. Lucy! Masterson le sorrise, allusivo.
“Amore mio” sospirò al suo indirizzo “Sei sempre bellissima, a quanto vedo.”
Lucy strinse impercettibilmente la mano a Morales ma non mosse un muscolo del viso e sorrise in maniera affascinante.
“Crepa, verme.” rispose con voce musicale.
Masterson rise mentre David trottava al suo fianco, incapace di togliersi il sorriso raggiante che gli allargava la faccia. Cardinale invece non sprecò nemmeno un mezzo sorriso.
“Allora” esordì con decisione “Sarei felice di stare qui a chiacchierare con voi per ore e ore, ma avrei una certa premura, se non vi spiace: dov’è Elijah?”
“Oh, l’ineffabile generale Benson” chiocciò Masterson con un sorriso infido “Ma certo! Lo avevo quasi dimenticato. David, vai a chiamare il generale: sono certo che sarà felice di vedere i suoi vecchi compagni d’armi.”
Mentre David si allontanava, Masterson spiò con la coda dell’occhio il viso impassibile di Cardinale.
“Elijah sta bene, vero?” domandò questa controllando la voce “Se gli avete fatto del male, giuro che ve ne pentirete.”
Masterson rise di nuovo con aperta perfidia.
“Non preoccupatevi” disse alla fine “Il generale Benson gode di ottima salute. Anche se…non sono del tutto sicuro che sarete poi così felici di rivederlo.”
In quel momento, David rientrò accompagnato da Elijah. Cinque paia di occhi si fermarono su di lui, congelando la gioia di rivederlo in un attonito silenzio. Sì, perché….
Elijah non era legato. Elijah non era spaventato.
Elijah non era tenuto sotto tiro, non sembrava per nulla provato o maltrattato, non aveva assolutamente l’aria di un prigioniero. Con sforzo notevole, il giovane alzò lo sguardo che teneva basso e fece uno storto sorriso di scuse.
“Signore e signori, ecco qua il generale Benson” esclamò Masterson con voce tonante “Il mio…come possiamo chiamarlo? Collaboratore numero uno? Punta di diamante infiltrata al CDI? O più semplicemente…spia?”
*             *             *
Le sue parole caddero come macigni sulle cinque teste immobili della Tau Centauri. Nessuno di loro mosse un muscolo, erano rimasti tutti annichiliti e congelati dalle parole di Masterson.
“Ciao ragazzi.” disse con voce molto bassa Elijah come se gli costasse fatica, guardando dappertutto tranne che verso di loro.
David si mise le mani dietro la schiena e scoppiò a ridere, deliziato.
“Ah, le vostre facce!” ansimò quando riuscì a riprendere fiato “Se solo vedeste…le vostre facce!”
“Elijah” disse Morales pianissimo con aria di rimprovero “Che sta dicendo questo mentecatto?”
“Sta dicendo che il vostro prezioso generale Benson, quello per cui vi siete immolati in nome dell’onore e dei buoni sentimenti, quel generale lì ve l’ha messo nel didietro” cinguettò esultante David “Ve l’ha messo così tanto e così profondamente nel didietro che ora nemmeno riuscite più a parlare. Che spasso!! Se solo potessi fotografarvi!!”
Rise di nuovo selvaggiamente mentre Masterson non diceva niente: osservava con attenzione le persone di fronte a lui, guardando dipingersi con segreta esultanza la sconfitta sui loro volti. Cardinale aveva lo sguardo fisso e la faccia di pietra.
“Perchè?” disse solo, aspettando una risposta.
Elijah sembrava invecchiato di colpo di dieci anni: aprì e chiuse la bocca un paio di volte senza emettere nessun suono.
“Sono il capo dei SuX.” disse solo alla fine, come supplicando. Però, con tutta la buona volontà, proprio non riusciva a guardare Cardinale negli occhi.
“Suvvia, non prendetevela così” si intromise David, garrulo “Il generale Benson in fondo non vi ha tradito. E’ che si è reso conto che i tempi in cui la Corp. governava le Orion erano molto meglio di adesso.”
“Meglio?” domandò Patterson con un ringhio pericoloso “E il Mattatoio cos’era? Un trascurabile dettaglio?”
“Esatto” sospirò Masterson, persuasivo “Guardatevi intorno: che cosa vedete? Il caos. Corruzione, confusione, anarchia…da quando non governo più le Orion tutto è andato allo sfacelo. Benson è un brav’uomo che ha avuto la possibilità, come capo dei SuX, di capire l’effettivo sfacelo del nostro mondo. Essendo fondamentalmente una persona onesta e ordinata, ha capito che così non poteva andare avanti: così, quando grazie al SuX è riuscito a trovarmi, ha come dire…proposto un accordo.”
“Un accordo?” soffiò fuori Cardinale con voce piatta “Elijah?”
“Proprio lui” ribatté Masterson, esultante “A me serviva Lucy e a lui serviva sapere che qualcuno o qualcosa avrebbe riportato l’ordine e la legalità sulle sue amate DDW.”
“Do ut des, giusto?” mormorò di nuovo Cardinale, afona “Mi sembra di avere già sentito qualcosa del genere. Da una pappona centenaria, mi pare.”
“Effettivamente, io e la Decana siamo piuttosto affini” sorrise Masterson “Abbiamo entrambi occhio per gli affari.”
“Dovete capire…” mormorò Elijah con voce esausta “Nessuno ha il potere di agire sulle DDW illegali…solo lui poteva controllare e… mantenere sotto controllo… la gente poteva farsi del male, se nessuno controllava….e…”
“E così, il generale mi ha lasciato la gestione di tutte le DDW illegali” concluse Masterson serafico “Cosa che mi è stata utilissima per trovare voi e Lucy.”
Elijah aprì e chiuse la bocca, come per aggiungere qualcosa: poi, il suo balbettio si perse in un confuso “mi dispiace” che sapeva di sconfitta e vergogna.
“Elijah ha mai chiesto per quale motivo stavate cercando Lucy?” domandò a bruciapelo Morales, buttando lì la domanda come se non fosse importante. Eppure, Masterson sembrò di colpo sul chi vive.
“Non era necessario.” rispose evasivo, ma Cardinale insistette.
“Avrebbe dovuto, invece” disse con voce tagliente “Do ut des non è uno scambio unilaterale. Nessuno dà tutto per niente, no? Soprattutto l’ex capo supremo di tutte le Orion, il più scaltro e machiavellico mercante di tutti i tempi. Sono certo che il generale avrebbe apprezzato la meschinità delle sue manovre, signor Masterson. Sì, avrebbe dovuto parlare ad Elijah di quella piccola società che si occupa di ricerca. Mai sentito parlare della Sentinel, generale Benson?”
Elijah finalmente alzò la faccia confusa su Cardinale.
“Come…Chi?” domandò incerto.
Dopo un primo attimo di smarrimento, l’espressione del viso di Masterson cambiò di colpo: un ghigno malvagio increspò la superficie affabile, deturpandolo.
“Oh, come siamo arrivati lontano, madamigella” sibilò truce “Anni luce! Sono sinceramente ammirato, per quanto poco possa contare ora che siete prossimi a dire addio per sempre a questa valle di lacrime.”
“Ma signor Masterson, prima di lasciare questa valle di lacrime dobbiamo raccontare al generale Benson della Sentinel” proseguì imperterrita Cardinale “In fondo, credo che gli farebbe piacere.”
“Di cosa sta parlando, Sloane?” domandò Elijah, di colpo attento.
“Dei motivi che possono aver indotto Masterson ad accettare le tue richieste” rispose educatamente Cardinale “Poter gestire le DDW illegali non era il suo unico scopo…nemmeno se questo controllo gli permetteva di darci meglio la caccia o addirittura di trovarci. Non avrai davvero pensato che Masterson fosse disposto a darti una mano a ripristinare l’ordine e la legalità in cambio di niente, vero generale Benson? Dimmi che non sei stato così sciocco da credere che Masterson se ne sarebbe stato buono buono come un diavolo redento!”
“Aveva il controllo di tutte le DDW illegali” balbettò Elijah, confuso “Che altro poteva volere?”
“Tutto.” rispose Lucy sottovoce.
“E’ proprio in questo progetto che il fiuto per gli affari di Masterson ha dato il meglio di sè” proseguì Cardinale con voce monocorde “la Sentinel è una piccola società intestata alla sconosciutissima Ariela Lucinda Brandauer .Quando scoppiò il putiferio del Mattatoio e la Corp. venne smantellata, una considerevole parte del patrimonio di Masterson sparì magicamente dalla Corp. per finire dove…?”
“Esattamente lì, alla Sentinel” proseguì Morales, logico “Ma di cosa si occupa la Sentinel, chiederai?”
“Di ricerca” rispose subito Garrie “I radar della Sentinel stanno cercando un pianeta che abbia le caratteristiche della Terra, cioè un pianeta in grado di supportare la vita umana. Atmosfera, gravità, risorse… in fondo, non è per questo motivo che siamo qui? Non siamo in viaggio alla ricerca di un mondo migliore?”
Cardinale sorrise e sembrò quasi felice.
“Bè, sai una cosa?  Poco tempo fa la Sentinel l’ha trovato.”
*             *             *
David se ne uscì con un singulto strano, il riso completamente scomparso dalla faccia per fare posto ad una attonita sorpresa: evidentemente, era all’oscuro di ciò che Cardinale andava raccontando. Masterson era giallo e acido come un limone; Elijah aveva la sorpresa dipinta sul volto come una maschera e le labbra bianche e secche come foglie d’autunno.
“Un pianeta…?” domandò quest’ultimo sottovoce “Una nuova Terra?”
“Esattamente” rispose Cardinale, più dolcemente “Una nuova Terra, pronta a ricevere tutte le schifezze che siamo in grado di vomitarle sopra. Un bel colpo per l’unica persona in grado di fornire le coordinate di questa meravigliosa scoperta…”
“Diamogliene atto” sospirò Garrie, semiserio “Masterson è un grande uomo d’affari e sa guardare lontano. Sapeva che questo sarebbe successo, ecco perché vincolò tutti i suoi beni alla Sentinel. Aspettava solo il momento adatto per riprenderne possesso.”
“Però, per poter mettere le mani su questa Nuova Terra o presunta tale, Masterson aveva bisogno del permesso dell’unica proprietaria della Sentinel, nonché esecutrice di tutti i suoi crediti” si intromise Lucy “La signora Ariela Lucinda Brandauer, e cioè io. Non che abbia mai controllato niente, sia chiaro: eppure, la documentazione della Sentinel è accessibile solo grazie alla mia preziosa e insostituibile retina….”
“E va bene” interruppe Masterson con un tono di voce definitivo “Siete davvero stati molto bravi, tutti quanti. Adesso però è arrivato il momento di chiudere i conti. Con te, o mio ormai inutile generale Benson, ma soprattutto con voi della Tau Centauri. Voi che mi siete stati fra i piedi da sempre, fastidiosi e inopportuni come zanzare… e altrettanto pericolosi. Sì, forse siete arrivati più in là di quanto avessi immaginato, ma vi siete poi rovinati le vostre stesse mani, con la vostra stupida onestà, con la vostra inutile storia dell’onore….adesso siete tutti qui e tra poco nessuno di voi sarà più vivo per poter raccontare in giro le meraviglie che avete scoperto.”
Alle sue parole David aveva impugnato il piccolo Uzi e lo puntava direttamente contro la Tau Centauri con un sorriso cattivo sulla faccia. Mantenendo un ammirevole sangue freddo, Cardinale lo ignorò.
“Mi deve ancora spiegare alcune cose, signor Masterson” disse suadente “Ancora non…”
“Non ha più importanza, ormai” tagliò corto Masterson, di colpo freddo e insofferente “Ne ho abbastanza di tutti voi. Sogno da anni di vedere il vostro sangue scorrere sotto le mie scarpe e finalmente è giunto il momento. David: prendi Lucy e procedi.”
“Sloane, ti prego” intervenne Elijah sempre più esausto “Non fare loro del male. Non era negli accordi, non …loro sono …tutto ciò che mi rimane. Ti prego, Sloane…”
Masterson girò verso di lui uno sguardo freddo e inespressivo.
“Generale” disse con crudele mancanza di qualsiasi sentimento nella voce “Le sue suppliche hanno il solo potere di annoiarmi. Siete comunque tutti morti, ve ne rendete conto? Almeno, mantenete quel brandello di dignità che vi è rimasto!”
Elijah fece per aprire la bocca forse supplicare o forse mandare al diavolo Masterson o forse semplicemente per ammettere la sua totale e ultima rovina, quando la voce di Cardinale lo precedette.
“Generale” mormorò piano ma con dolcezza “Io lo so chi sei.”
Elijah finalmente trovò il coraggio di guardarla in faccia. I suoi occhi stanchi e  velati incontrarono quelli di Cardinale, fermi e decisi. Si guardarono per quello che sembrò un tempo infinito, come se il tempo avesse perso la facoltà di scorrere intorno a loro.
 “Tu morirai, Elijah” scandì lentamente Cardinale senza staccare gli occhi di dosso ad Elijah “Tu morirai perché è così che deve andare.”
Fece una piccola pausa aspettando che il concetto entrasse bene nella testa del compagno “E anche noi.” aggiunse poi, quasi senza voce.
“Questi piccioncini” sbuffò David, velenoso “Come la prendi questa, O’Brian? Un’ultima strapazzata prima del saluto definitivo?”
Garrie scuoteva il capo: non sembrava né spaventato ne irritato, ma solo vagamente dispiaciuto.
“Caro il mio Davey, non sarò io ma tu a dare il saluto definitivo. E ancora non l’hai capito….che stupido!”
David Hanson era in grado di sopportare molte offese: ma in quel momento era già sovraeccitato e suscettibile e il termine “stupido” gli aveva sempre fatto saltare la mosca al naso.
“Cosa vorresti dire, ridicolo finocchio!” abbaiò infatti arrossendo.
“Dico che sei uno stupido” rincarò la dose Garrie con un tono di voce tranquillo “Quello che ti è sempre mancato, mio piccolo e innocuo insettino, non è solo l’intelletto o il coraggio o l’onore…ma anche la fantasia.”
“Non credo che sia molto produttivo per voi fare arrabbiare David” commentò Masterson alzando un sopracciglio “Forse non ve ne siete ancora accorti, ma è lui ad avere quell’Uzi in mano.”
“Già. Non è meraviglioso tutto questo?” sorrise Morales paterno.
“La stupidità non è tutta farina del sacco di David” si intromise Cardinale “Dopotutto, tale padrone, tale schiavo.”
Masterson fece un sorriso a metà tra il divertito e l’indulgente.
“Oh, capitano, che puerile tentativo di offesa! Dovreste saperlo che non mi smuovo per così poco.”
“Ma io non volevo offendere” ribatté Cardinale pacatamente “Constatavo solo la realtà. Vedete, signor Masterson, voi schernite da sempre le buone intenzioni dei Runners: parole come dedizione, onestà, dovere ed onore per voi sono ridicole. Sottovalutarle, se mi permettete, è da stupidi.”
David la fissò leggermente perplesso: stupido? Quella ranocchietta stava dando dello stupido a Masterson…e a lui? Garrie continuava a guardarlo con calma ridente e David, irrazionalmente, iniziò ad aver paura. Il piccolo Uzi nella mano vibrò impercettibilmente mentre il suo sguardo guizzava intorno nervosamente.
“Cominci a sentire il nostro fiato sul collo, Davey?” mormorò Garrie, allusivo “Puoi cominciare ad abbassarti i calzoni, se vuoi…”
“Adesso ti ammazzo!” grugnì David improvvisamente congestionato alzando l’arma davanti a sé come uno scudo.
“David, non ho ancora finito.” lo rimproverò Masterson, ma per la prima volta nella sua vita il Runner Hanson ne aveva abbastanza di prendere ordini.
“Ma certo, Davey, spara pure, se vuoi” lo stuzzicò Garrie, suadente “Se proprio non c’è altro che ti possa rendere felice e contento…”
“Guarda che sparo davvero!” strillò David impugnando l’Uzi con entrambe le mani “E non chiamarmi più Davey, capito?”
“Altrimenti che fai, Davey, mi ammazzi?”
Garrie rise, un bel riso liberatorio e leggero che fece imbestialire e spaventare ancora di più David.
“David!” si inalberò Masterson, facendo guizzare nervosamente lo sguardo sui presenti. Una fastidiosa sensazione di paura gli stava serpeggiando lungo la schiena mentre un sentore di pericolo imminente gli fece spuntare perle di sudore sulla fronte aggrottata.
“Ti ho detto…” gracchiò David, rosso in viso.
“…di non chiamarti più Davey, ho capito” terminò amabilmente Garrie “Ma che peccato, è un nome così carino. Davey. Davey, Davey, Davey…”
“Adesso basta” sentenziò Masterson, rabbioso “David, facciamola finita.”        
Quelle parole avevano il sapore della chiusura definitiva. Cardinale scambiò un rapido sguardo allarmato con Morales che annuì impercettibilmente mentre la faccia della donna diventava bianca come gesso e gli occhi si allargavano sul viso tirato.
“Non posso permettere che tu vinca, Masterson.” disse con voce rapida.
Poi, si mosse.
*             *             *
Tutto successe così in fretta che visto da fuori poteva sembrare un antico film muto.
Con un grido furibondo, David premette il grilletto dell’Uzi che vomitò in rapida successione il suo contenuto di fuoco sul petto di Garrie. Una serie di forellini scuri spuntò sul petto del giovane mentre cadeva a terra, spinto dal contraccolpo delle pallottole, forellini che subito si macchiarono di rosso e presero a stillare dense gocce di sangue. David abbassò l’arma e fece per prendere il braccio di Lucy, quando inaspettatamente Cardinale lo spinse da una parte. Mentre David barcollava per mantenere l’equilibrio, Cardinale si avventò su Lucy che se ne uscì in un gridolino sorpreso. Le due donne caddero a terra e rotolarono, lottando.
“Ma cosa…” mormorò Masterson, sorpreso, poi si bloccò di colpo. Anche Morales sembrava incredulo. Nessuno aveva ancora mosso un muscolo, troppo sorpresi per intervenire mentre le due donne sul pavimento si azzuffavano.
“Cosa diavolo…?” iniziò a dire Patterson, poi Lucy se ne usciva con un urlo agghiacciante: un urlo che si protrasse a lungo, tanto da far rizzare i peli sulle braccia a tutti i presenti. Cardinale, a cavalcioni sopra di lei, si girò verso Masterson: aveva lo sguardo assente, il respiro corto e veloce e le mani lorde di sangue. Mostrò sul palmo aperto il loro macabro contenuto, allungando le braccia verso il suo nemico.
“Tu non vincerai, Masterson” disse con voce spiritata mentre Lucy sotto di lei continuava le sue grida strazianti, il viso coperto di sangue.
“I miei occhi!!!” gridava Lucy dibattendosi freneticamente e inutilmente sotto la salda presa di Cardinale “I miei occhi! I miei occhi! I miei…”
David se n’era rimasto cristallizzato sul posto, incredulo; Masterson sembrò capire e di colpo la sua faccia si accartocciò in preda al più puro terrore. Senza le cornee di Lucy, non poteva accedere ai conti della Sentinel…senza gli occhi di Lucy, tutto il suo subdolo lavoro poteva andare perduto! Con un ruggito sconvolto balzò verso Cardinale a braccia protese.
“NO!!” urlò con tutta la forza di cui era capace.
David si girò su se stesso, la faccia inebetita dalla sorpresa e dall’orrore. Sembrava non capacitarsi di quello che gli succedeva sotto il naso, precipitosamente come in uno dei suoi peggiori incubi. Con un gemito sommesso le sue braccia ebbero uno scatto convulso e, quasi contro la sua volontà, il suo dito premette il grilletto dell’Uzi. La piccola arma vomitò il suo fiotto luccicante di morte che colpì Morales in pieno petto, come per caso. L’uomo emise un gemito sorpreso mentre veniva spinto all’indietro e il suo petto si riempiva di forellini scuri e discreti. Con un urlo possente Patterson alzò le braccia sopra la testa.
“ERIC!!!” ruggì con quanto fiato aveva in gola.
Spaventato, David si girò verso di lui e sparò di nuovo: il gigante quasi non si mosse mentre veniva crivellato di colpi. La faccia di Patterson assunse un’espressione comica di sorpresa  mentre si chinava a guardarsi. Il suo sangue cominciò a scorrere e schizzò il pavimento mentre si toccava con religiosa attenzione il petto.
“Cosa…” mormorò: poi, lentamente, le sue ginocchia cedettero e l’uomo cadde a terra, facendo tremare il pavimento.
“PAT!” urlò Elijah. L’Uzi di David sparò ancora ed Elijah si arrotolò su se stesso in posizione fetale coprendosi il ventre con le mani.
“SALVA GLI OCCHI!” ruggiva intanto Masterson, incurante di tutto “Deficiente! Salva gli…”
Con un grido vittorioso, Cardinale gettò a terra le cose sanguinolente che aveva in mano e le calpestò. Dalla bocca le uscì un suono strano, animalesco, mentre Masterson, con un grido disperato, si avventava ai suoi piedi facendola barcollare e cadere di schianto per terra.
“Maledetta!” gridò, scavando freneticamente nella poltiglia disgustosa e sanguinolenta attaccata alle scarpe di Cardinale “MALEDETTA!! COSA HAI FATTO, MALEDETTA!”
David finalmente tolse il dito dal grilletto e l’Uzi smise di sparare: nell’attonito ed improvviso silenzio, sotto l’acre odore di bruciato del laser, si fece strada un altro odore, dolciastro e nauseante: l’odore del sangue. In mezzo a tutte quelle persone riverse a terra come tanti sacchi di stracci vuoti e abbandonati, David rimase col braccio allungato, ansimante, l’Uzi che ancora fumava stretto nel pugno.
“CHE COSA HAI FATTO?!?!” strillò all’improvviso Masterson, fuori di sé dalla rabbia, teso verso Cardinale con uno sguardo omicida negli occhi.
Lei si guardava intorno con un’espressione stranamente vacua: si soffermò appena sull’enorme montagna riversa di Patterson, scavalcò Lucy e Morales per fermarsi sulla testa bionda di Garrie. Un piccolo sospiro uscì dalle sue labbra, leggero come un soffio di vento.
“CHE COSA HAI FATTO?!?!” continuava a urlare Masterson, indiavolato “CHE COSA….?”
“Piantala, maledizione” sentenziò di punto in bianco Cardinale con voce estremamente infastidita “Ho solo preso tempo, se proprio lo vuoi sapere.”
Forse fu a causa del suo tono impersonale o forse fu qualcos’altro, ma Masterson si ammutolì di colpo come se qualcuno l’avesse spento col telecomando.
Un raspante rumore lontano si insinuò nel silenzio, risaltando come fuochi d’artificio nel cielo notturno: l’inequivocabile rumore di tante scarpe in avvicinamento. Masterson, improvvisamente immobilizzato, girava lo sguardo attorno, allarmato.
“Cos’è?” gracchiò, di colpo soffocato dalla paura e dalla frustrazione “Cos’è, maledizione?”
Assolutamente a sproposito, Cardinale iniziò a ridacchiare. Masterson si girò a guardarla di scatto, spalancandole in faccia uno sguardo di assoluta incomprensione.
“Che stupido” mormorò la donna quasi con una parvenza di pietà nella voce “Proprio non hai capito. Tu e il tuo tirapiedi avete sottovalutato la Tau Centauri una volta di troppo.”
Sotto lo sguardo sempre più attonito di David, ancora immobile con l’arma in mano, e di Masterson, inginocchiato a terra con le mani sporche di sangue fino ai gomiti, Garrie O’Brian alzò lentamente  la testa bionda da pavimento. Poi si alzò faticosamente in piedi, si spazzolò il fondo dei pantaloni, si ravvivò i capelli e finalmente controllò con attenta curiosità i fori sul petto. Raccolse il liquido denso e vischioso che usciva da uno di questi e lo annusò con l’attenta concentrazione di un patologo legale.
“Uhm” mugugnò, sorpreso “Sa proprio di sangue! Incredibile, non trovi, Davey?”
 

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 : L'onore dei Runners ***


David, ancora immobile, aprì e chiuse la bocca un paio di volte: proprio non si raccapezzava di come Garrie potesse essere ancora vivo, ma la cosa passò in secondo piano quando finalmente registrò, con sommo orrore, che dei rumori concitati si avvicinavano rapidamente. Si guardò intorno spaesato, ma la sua mente era incapace di capire quello che stava succedendo: quando tornò a posare gli occhi su Garrie, vide che questi sorrideva ancora.
“Oh, che spasso la tua faccia adesso: scommetto che ti stai chiedendo se sogni o sei desto, vero? Tranquillo, Davey, sei desto. Destissimo, anzi. Però, così privo di fantasia…davvero non hai ancora capito quello che è successo, eh?”
“Garrie sta cercando di dire che i rumori che sentite non sono topi e nemmeno deliri delle vostre menti malate.” spiegò Cardinale: alzò un braccio e agitando graziosamente il polso mostrò un piccolo orologio scintillante.
“Segnalatore di posizione” mormorò confidenzialmente con un sorriso “Tra poco avremo come ospite il generale Scott e il corpo dei Runners al completo, mi sa.”
Masterson  non poté controbattere: stava guardando con sommo orrore Patterson alzare la testa da terra, guardarsi intorno con interesse e poi sollevare con tranquillità l’ampio corpaccione ricoperto di sangue.
“Ehi, voi!” ruggì in direzione dei suoi compagni “Allora, chi è che aveva dei dubbi sul fatto che potessi morire con una certa credibilità? Mi deve ottocento crediti, comunque.”
Dal suo angolino buio, anche Morales si alzò in piedi, controllando con sospettoso disgusto l’ampia macchia di sangue sul petto.
“Gesù, che schifo” berciò sottovoce “Questa roba non ha solo la giusta consistenza e il giusto colore, ma ha anche lo stesso identico odore del sangue vero. Puzzo come un maiale sgozzato, che il cielo mi salvi!”
“Chissà che non sia proprio sangue vero.” propose Patterson, ghignando.
“Oh, no” puntualizzò subito Morales, lezioso “Questa roba sintetica viene prodotta in laboratorio utilizzando nientemeno che i rifiuti organici. Non so, trovo la cosa consolante, quasi inevitabile, come un cerchio che si chiude. Tu che ne dici, nonnina?”
“Dico che le tue stupidaggini zen te le puoi risparmiare per il nostro amico signor Masterson che, dall’espressione da zero assoluto che si ritrova in faccia adesso, è l’unico che possa apprezzare le tue menate filosofiche.”
Masterson, infatti, era rimasto come radicato al suolo mentre Lucy, come una fenice risorta dalle sue ceneri, si sollevava a sedere borbottando.  Con un gesto fluido, la donna si pizzicò l’attaccatura dei capelli appena sopra lo squarcio sanguinolento che le attraversava il viso e si tolse una specie di maschera gommosa che le ricopriva la faccia, scoprendo la pelle umida e intatta sotto di essa. La bocca di Masterson cedette con un leggero rumore gutturale e Lucy sorrise, piantandogli addosso quei suoi incredibili occhi dorati: occhi lucidi, vivi e inequivocabilmente pieni di vittoria. David mollò all’improvviso l’Uzi a terra, barcollando.
“Come…come…” balbettò sfiatato il giovane, senza nemmeno sapere di farlo.
“Oh, ma guarda” tubò la donna sorridendo sfacciatamente “Il buon Davey se la sta facendo nei pantaloni!”
“Incredibile” commentò Morales, inarcando le sopracciglia “Mi tocca davvero darti ragione, O’Brian: questo povero ometto è irrimediabilmente e completamente privo di fantasia!”
“Dite che dovremmo spiegare a Davey cosa è successo?” domandò amabilmente Garrie mentre i rumori sempre più vicini diventavano voci che li chiamavano imperiosamente. Morales lanciò un lungo sguardo al giovane che continuava a rimanere muto e immobile come una statua, incapace di reagire.
“E perché mai” disse alla fine, serenamente “Lasciamo che passi il suo tempo ad allenare la sua atrofica fantasia cercando di capire cosa è successo.”
In quel momento, una decina di Runners, armati fino ai denti e chiaramente bellicosi, irruppe nella stanza, demolendo la porta come se fosse fatta di biscotti. Immediatamente, i Runners misero sotto tiro tutti quanti, disponendosi a semicerchio intorno al gruppetto e puntando decisamente le armi contro il fulcro di tutto quel putiferio: Masterson.
L’uomo girava intorno uno sguardo particolarmente privo di espressione.
“Che sorpresina, eh?” rise Patterson, giocondo “Ed ora scusate, ma morire dissanguato mi ha messo in moto la vescica…”
Si infilò in un cunicolo, fischiettando incurante della baraonda che lo attorniava come se andasse tranquillamente per funghi. Anche Lucy, ignorando tutto e tutti, si avvicinò a Morales, lo abbracciò e lo baciò sulla bocca come se fosse la cosa più naturale del mondo. Morales le sorrise, scrollandosi di dosso in un secondo al sua solita aria vagamente melanconica e seria per sembrare un ragazzino alla prima fiera del paese.
“Hei, signora Masterson” disse piano con voce rauca “Tutto bene?”
Lucy gli rivolse un sorriso scintillante che sembrò illuminare le pareti incrostate e cupe tutto intorno.
“Tutto benissimo, caro signor l’Altro.” rispose con serietà e lo baciò di nuovo.
*             *             *
Masterson seguì la scena senza nemmeno socchiudere la bocca. A quel punto, gli eventi gli scivolavano addosso, incapaci di penetrare la corazza di incredulità nuova di zecca che gli si era attaccata addosso. Cardinale, di fronte a lui, non aveva ancora smesso di fissarlo: curiosamente, ora che aveva davanti il suo nemico di sempre così evidentemente sconfitto, non provava nessun desiderio di infierire su di lui. Aveva sempre pensato che quando fosse finalmente giunta la resa dei conti, uno dei due sarebbe morto… o qualcosa di altrettanto catartico, comunque. Invece c’era solo quella incredula faccia da vecchio, quell’uomo sconfitto con le mani inutilmente sporche di sangue finto. Quello che si leggeva sulla faccia di Cardinale non era esultanza ma nemmeno pietà; non era rabbia ma nemmeno comprensione. Masterson pensò che lei avrebbe potuto dirgli qualsiasi cosa, o sputargli in faccia o addirittura ucciderlo e gli avrebbe fatto comunque meno male di quello sguardo con  espressione immota…come l’immagine stessa della giustizia.
*             *             *
Una certa agitazione fra i Runners appena entrati preannunciò l’arrivo di un pezzo grosso e Cardinale rizzò la schiena, in allerta. Quando il generale Scott entrò nella stanza, perfettamente in ordine e con la divisa verde oliva ben stirata, gli occhi di Masterson ebbero appena un leggero guizzo prima di diventare vuoti e opachi come quelli di un morto.
Il generale Scott si fermò al centro della stanza, controllando con blanda curiosità il sangue che aveva imbrattato il pavimento e le facce sorridenti dei cinque davanti a lui. Una parvenza di sorriso gli increspò le labbra, subito mimetizzata dal lampo metallico degli occhi che si posarono su Masterson, ancora seduto a terra con lo sguardo fisso sulle sue mani sporche di sangue. Aprì la bocca  e forse fece per dire qualcosa a Masterson, ma poi ci ripensò: la sconfitta di quell’uomo era così palese che ogni parola sarebbe stata superflua. Si concentrò allora su Cardinale che se ne stava ritta davanti a lui, un mezzo sorriso sulla faccia e gli occhi scintillanti.
“Siete in ritardo” disse la ragazza con voce tranquilla ma fiera “Ormai non sapevamo più cosa inventarci per trattenerli qui: stavamo per rispolverare il nostro famoso numero della piramide umana…”
“Cardinale” rispose Scott inarcando un sopracciglio “Sembra che nemmeno infilarti a forza nelle fogne sia servito a mitigare quella tua linguaccia polemica.”
Poi le sorrise. Le sorrise per davvero: a Cardinale mancarono letteralmente le parole mentre il generale le faceva il saluto militare.
“Ottimo lavoro, capitano.” le mormorò poi, prima di avviarsi verso Elijah che aveva alzato la testa e guardava nella sua direzione.
“Che ne dici di tirarti su, Benson?” disse poi gioviale quando gli arrivò davanti.
Elijah si alzò in piedi: era l’unico che non era sporco di sangue, ma la sua faccia sembrava la più provata di tutte. Quando girò lo sguardo sui presenti, trovò solo facce sorridenti e di colpo i suoi occhi divennero umidi.
“Generale” gracchiò poi con voce incerta, ma Scott lo bloccò, alzando una mano imperiosamente.
“Non c’è bisogno che spieghi niente” disse risoluto “La tua squadra mi ha spiegato per te.”
Elijah chiuse la bocca e lasciò vagare lo sguardo sui presenti: Patterson alzò una mano fiaccamente, Morales annuì, Garrie gli strizzò l’occhio e Cardinale…. Cardinale gli mostrò il pollice alzato, sorridente.
Il pomo d’Adamo di Elijah fece su e giù per qualche secondo prima che egli ritrovasse il controllo di sé: si girò di nuovo verso Scott e alzò il mento, deciso.
“Bene” disse poi “Ora spero che la mia squadra si decida a spiegare le cose anche a me.”
*             *             *
Nel Limbo
 
“A dire la verità, tutto è molto più semplice di quello che sembra” disse Garrie molleggiandosi indolente sulla sua sedia “Quando abbiamo saputo della Sentinel tutto è venuto da sé.”
Il Limbo non era mai sembrato così caldo e accogliente: c’erano tutti, dalla Tau Centauri al completo a Damon ad Alicia a Lucy, che se ne stava appollaiata sulle ginocchia di Morales come se stesse seduta su un trono, a Kurt, mano nella mano con Patterson e sorprendentemente a suo agio in mezzo a tutti quegli estranei. Insomma, un’autentica folla completamente rilassata, forse a causa delle otto bottiglie vuote disseminate un po’ dovunque o forse a causa del fatto che in quel momento il CDI non stava registrando i loro discorsi (piccola concessione del generale Scott in persona).
“Ma come avete fatto a capire che io non ero davvero in combutta con Masterson?” domandò Elijah, sinceramente incuriosito “Chiunque avrebbe tratto la conclusione che io mi ero davvero alleato con lui.”
Morales gli lanciò uno sguardo materno.
“Andiamo, Lij: chi ci crederebbe che il generale Elijah-tutto-d’un-pezzo-Benson, diretto discendente del generale Scott e del mostro della laguna, fosse passato seriamente dalla parte del crimine? Solo un pazzo scatenato come Masterson e quel paramecio di David potevano pensarlo.”
“Cardinale ha capito subito che tu ti eri andato a ficcare in un guaio più grosso di te” confidò Patterson “Forse perché è l’unica abbastanza pazza da pensare con la tua stessa logica distorta.”
“In fondo, anche tu hai fatto parte della Tau Centauri” ammiccò Garrie sorridendo “E tutti noi sappiamo bene quanto tu possa essere insofferente alle regole del CDI. Abbiamo capito subito che ti stavi muovendo da solo.”
“Solo e disperato come un deficiente” rettificò Cardinale, incupita “Perché diavolo non ci hai coinvolti nel tuo piano, quando hai scovato Masterson?”
Elijah ci mise un po’ a rispondere, un po’ per l’imbarazzo e un po’ per la commozione.
“Non volevo mettervi in pericolo” disse poi con palese tono di scuse “Pensavo di riuscire a cavarmela da solo.”
Il verso disgustato di Cardinale venne coperto dalla successiva domanda di Damon.
“Ma come avete fatto a procurarvi tutto il materiale per la vostra messinscena?”
“E’ stato tutto merito di Kurt” rispose Cardinale sorridendo al giovane che arrossì di gioia “Lui ci ha procurato le munizioni a salve e i trucchi del sangue finto, per poi avvisare Scott all’ultimo secondo. Senza contare…”
Alzò il braccio e lo agitò, facendo tintinnare l’orologio al suo polso.
“Il Magnifico e Insostituibile Orologio Magico di Madame Desirée” proseguì Elijah scoppiando a ridere “Quando te l’ho visto al polso, ho capito tutto. O quasi.”
“Ero terrorizzata all’idea che tu non capissi il nostro piano” sospirò Cardinale sgranando gli occhi “Se vedendoci morire tutti sforacchiati, ti fosse presa la smania omicida come tuo solito, chissà dove saremmo finiti!”
“Non vi facevo capaci di tanto talento drammatico” confidò Elijah “Riuscire a convincere Masterson che vi stavate immolando per l’Onore quando invece gli stavate tendendo una trappola…”
“Siamo stati piuttosto bravi, sì” si compiacque Cardinale “Merito anche della signora Masterson qui presente!”
Lucy fece una smorfia buffa.
“Ti prego!! Chiamami così un’altra volta e sarò io a strappare gli occhi a te. Per davvero, però.”
“E pensare che ci avete tenuto fuori da tutto” borbottò Damon “Sono molto offeso da questa esclusione. Presterò ricorso, non dubitate.”
Morales gli allungò una birra e una pacca sulla spalla.
“Ti avrei volentieri lasciato il mio posto” dichiarò convinto “Morire non è mai piacevole, nemmeno per finta.”
Alicia lanciò uno sguardo circolare tutto intorno.
“Bè, ragazzi…che farete adesso?”
“Io dormirò per un mese intero” sentenziò Morales e Lucy gli toccò il naso, sorridendo maliziosamente.
“Ne è sicuro, signor l’Altro?” domandò sottovoce, attirandosi i fischi di tutti gli altri.
“Kurt traslocherà a casa nostra” dichiarò Patterson esibendo un terrificante sorriso a 180 denti “C’è tanto spazio e abbiamo bisogno di qualcuno che tenga in ordine la casa quando noi siamo in missione…”
“Che idea meravigliosa, Matty!” cinguettò Garrie con un sorriso radioso, attirandosi lo sguardo omicida del compagno.
Cardinale se n’era rimasta silenziosa a studiare l’orlo della sua camicia.
“E tu, Cardinale, che farai?” domandò Lucy, incuriosita. Cardinale alzò lo sguardo e tentò un sorriso di circostanza.
“Oh, io….credo che mi prenderò qualche giorno di vacanza, in attesa di…”
Si impappinò e tacque. Tutti la guardarono incuriositi, ma lei sentiva solo uno sguardo pungerle la pelle come uno spillo: uno sguardo azzurro che si ostinava ad ignorare. Invano: come attirati da una calamita, i suoi occhi si alzarono ad incontrare quelli di Garrie, ridenti e solari come al solito.
“In attesa di?” la incalzò questi sorridendo. Cardinale prese un lungo respiro e distolse gli occhi dai suoi.
“In attesa di sapere se Scott accetterà la mia richiesta di trasferimento su Orion 2 W.” buttò fuori tutto d’un fiato, evitando di guardare chiunque.
La sua dichiarazione cadde nel silenzio più assoluto; Morales la guardava come se lo avesse schiaffeggiato, Patterson aveva le sopracciglia così aggrottate che non si vedevano nemmeno gli occhi e Garrie… Garrie sembrava avere perso di colpo tutta la sua consueta luminosità.
“Che cosa…?” chiese Elijah, confuso. Cardinale si alzò in piedi di scatto, girando loro le spalle: era impossibile sostenere i loro sguardi di accusa… soprattutto quello turchino e ferito di Garrie.
“Ragioniamo, ragazzi” disse con falsa gaiezza “Il generale Benson aveva ragione: non sono adatta a fare il capitano di una squadra. Sono rissosa, irragionevole, mi ficco sempre nei guai e trascino con me chiunque mi stia vicino.”
“Io lo dicevo per cercare di tenerti fuori da questa storia.” ribattè Elijah con serietà.
“Per quanto tu possa essere completamente pazza, nessuno è più adatto di te a comandare una squadra di pazzi completi.” mormorò Alicia sinceramente.
Cardinale deglutì a vuoto e fece una pausa, cercando le parole adatte.
“Sono un pericolo per chiunque ed io… non voglio nuocere alle persone che amo.”
“Balle.” sbuffò Patterson furibondo.
“Fifona.” mormorò Lucy sprezzante.
Cardinale si girò verso di loro ma non ebbe il coraggio di controbattere, e prima ancora che qualcun altro potesse protestare, Garrie si alzò in piedi con grazia e sorrise con espressione gioviale.
“Non c’è bisogno di mettere in croce il povero capitano Cardinale” disse con voce stranamente metallica “In fondo, sappiamo tutti quali sono le ragioni che l’hanno spinta a questa decisione.”
Cardinale si azzardò a guardarlo con la coda dell’occhio e quello che vide le gelò improvvisamente il sangue nelle vene: gli occhi di Garrie erano due azzurre e insondabili pozze di indifferenza gelida e glaciale. Il giovane le si avvicinò quasi casualmente, con calma e senza animosità.
“Non c’è bisogno che dai le tue dimissioni a causa mia, capitano: se non mi vuoi più vedere basta che me lo dici chiaro e tondo in faccia.”
Cardinale non osò guardarlo mentre le guance le diventavano di bragia.
“Non dire stupidaggini, O’Brian.” sentenziò acidamente, ma Garrie non stava affatto scherzando.
“Ma sì, basta stupidaggini” disse con astio “Sono anni che ci raccontiamo solo quelle. Che ne dici una buona volta di parlare chiaro? Per quanto mi riguarda, ne ho abbastanza di questo stillicidio, di questo sapere e non sapere…ne ho fin sopra i capelli della tua confusione e dei tuoi incomprensibili colpi di testa. Ti farò una domanda e voglio una risposta, adesso.”
“Garrie, non è il momento.” mormorò Cardinale allarmata.
“Sei sempre tanto coraggiosa ad affrontare la morte, cosa vuoi che sia affrontare un innamorato respinto” proseguì imperterrito Garrie, feroce “Finiamola e rispondimi sinceramente:  vuoi che me ne vada via?”
Intorno ai due, tutti trattennero il fiato: Garrie aveva gettato la maschera e Cardinale non sapeva più che cosa dire. Gli lanciò uno sguardo di supplica, il petto attanagliato da un’orribile sensazione di oppressione.
“Garrie…” mormorò con un filo di voce, ma poi non seppe più come proseguire. Al suo silenzio, il giovane fece un sorriso amaro che lo invecchiò di colpo di dieci anni.
“Non sai cosa dire, capitano?” domandò educatamente “E va bene: lo prenderò per un sì.”
Non attese risposta: girò i tacchi e prima che Cardinale trovasse una risposta, una qualsiasi fosse anche solo (o soprattutto?) “Resta”, era già sparito dentro al de-digitalizzatore.
*             *             *
Fuori dal Limbo. Fuori dalla sua vita. Garrie se n’era andato, per sempre. Cardinale sentì come una sensazione di anestesia allargarsi nella carne, formicolarle sulle labbra. Il Limbo piombò in un silenzio carico di imbarazzo e di accusa che Cardinale non riuscì assolutamente a spezzare. C’era qualcosa di orribilmente pesante che le stava piombando in testa, ma era così confusa che non sapeva proprio dargli un nome. Non voleva sapere cos’era: non voleva pensare.
Garrie…
Dentro di lei, qualcosa lo chiamava disperatamente da una distanza siderale. Ma Garrie non poteva rispondere perché Garrie era andato. Per sempre.
Il primo a sbloccarsi fu Morales che si alzò in piedi, dopo aver gentilmente scostato Lucy dalle sue ginocchia, e si aggiustò la camicia prima di dirigersi verso il de-digitalizzatore a sua volta, senza dire una parola. Patterson fu il secondo ad alzarsi e quando le passò di fianco pronunciò sottovoce solo tre parole con assoluta convinzione.
“Gallina nella stia.”
Cardinale era troppo concentrata nello sforzo di trattenere le lacrime per accorgersi che, lentamente, tutti se ne andavano via, mormorando qualche confusa frase di commiato. Quando tornò a girare lo sguardo sulla stanza, era rimasto solo Elijah a guardarla in silenzio.
“Volevi davvero che Garrie se ne andasse?” domandò lui sottovoce quando capì che lei lo avrebbe ascoltato.
Cardinale sentì distintamente qualcosa di fragile spezzarsi dentro al cuore alla vista del suo sguardo supplichevole.
“Non lo so.” soffiò fuori con assoluta sincerità mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
Elijah la guardò a lungo cercando una risposta nei suoi occhi velati, ma alla fine sospirò scuotendo il capo.
“Jude, c’entra qualcosa Garrie con quello che provi…per me?” domandò con voce supplice.
Cardinale cercò attentamente le parole per dargli la risposta giusta.
“Elijah, tu sei onesto fino nel midollo. Sei e resterai sempre l’uomo a cui affiderei la mia vita. Io mi fido di te.”
Fece una piccola e intensa pausa “Mi sono sempre fidata di te.” aggiunse senza guardarlo.
Elijah non sapeva cosa dire: avrebbe voluto tempestarla di domande fino all’ignoranza, ringraziarla con tutto il cuore per essergli sempre stata leale e contemporaneamente coprirla di baci fino a soffocarla. Ma non fece niente di tutto ciò: si limitò a guardarla, desiderando che lei ricambiasse il suo sguardo, che lei gli sorridesse di nuovo con quell’amore che lo scaldava così tanto, che lei…
Cardinale alzò gli occhi. Le spalle di Elijah si abbassarono lentamente, come oppresse da un peso insostenibile.
“Lij, io…” attaccò lei, ma Elijah alzò una mano per fermarla. Era bastato il suo sguardo perché la verità lo avvolgesse come una coperta gelida…uno sguardo perché capisse tutto.
“Buona, Cardinale” mormorò con voce dolce “Non infierire. Ho già capito.”
Cardinale, non Jude. Non sarebbe mai più stata Jude, per lui. Quella consapevolezza  incrinò il cuore di Cardinale, diventato improvvisamente di vetro. Il suo viso si accartocciò in una smorfia di pianto.
“Oh, Lij” mormorò con sincero dispiacere nella voce “Mi dispiace così tanto.”
Elijah aprì le braccia e la ragazza si tuffò sul suo petto: lui la strinse forte, come se volesse proteggerla da un uragano. La strinse e la cullò, aspirando l’odore dei suoi capelli, saggiando gli spigoli e le parti concave della sua schiena, pensando con acuto rimpianto che forse quella era l’ultima volta che permetteva a se stesso di stringerla così, come se fosse ancora sua. Rimasero abbracciati a lungo, in silenzio: Elijah sentiva il calore del respiro di Cardinale sulla spalla ma sapeva che lei non avrebbe pianto. Non per lui, almeno.
Dopo un tempo che parve brevissimo e lunghissimo insieme, lei si scostò da lui e lo guardò con occhi limpidi e dolenti.
“Che farai, adesso?” domandò seria.
Elijah inspirò profondamente, ricacciando indietro quel senso di oppressione che gli chiudeva il petto.
“Prima di tutto, una bella vacanza” rispose cercando di sorridere “Poi…chissà. Scott vuole che riprenda il mio posto al SuX.”
“Nessuno è più adatto di te come capo dei SuX.” ammise Cardinale con sincerità.
Di nuovo il silenzio calò su di loro, come un sudario.
“Bè” sospirò infine Elijah “E’ meglio che vada.”
Fece per allungare una mano verso di lei, poi cambiò idea e si portò la mano alla fronte nel saluto militare.
“Addio, capitano.” sorrise ammiccando.
“Addio, generale Benson.” sussurrò Cardinale con gli occhi lucidi.
Elijah girò i tacchi, aprì la porta e uscì, chiudendo per sempre la porta della Tau Centauri alle sue spalle.
“Mi mancherai.” sussurrò Cardinale al vuoto che Elijah aveva lasciato dietro di sé.
 

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 : Uno sguardo sul futuro ***


Platform:             DN Anemy Pub
Digi-Alias :          Themselves
 
L’Anemy Pub era particolarmente pieno di gente, corsa a festeggiare il pubblicizzatissimo arresto di Masterson. Il CDI ancora non aveva ancora valutato le recenti e sconvolgenti scoperte della Sentinel, quindi la notizia della scoperta di una Nuova Terra era stata accuratamente occultata, per il momento. La faccia seria di Scott riempiva tutti gli olo-visori in circolazione e le sue calme e pacate parole di vittoria scatenavano in continuazione urli di gioia. Cardinale, appena arrivata dal de-digitalizzatore, sentiva appena qualche rumore attutito, avvolta com’era nel suo bozzolo di irrealtà. Che strano: tanta folla e sentirsi lo stesso così soli.
Come un automa andò a sedersi al banco, incurante della gente che chiacchierava, rideva e spintonava intorno a lei. Come un potente anestetico, il pensiero di quello che era successo rendeva ovattato e privo di senso tutto quello che la circondava. Un vortice di immagini e pensieri saettava e rimbalzava nella sua mente: frasi smozzicate, flash di immagini in bianco e nero, ricordi spezzati e su tutti una sensazione dilagante di abbandono e solitudine.
Elijah se n’era andato. Garrie se n’era andato.
Garrie. Andato. Per sempre.
Come potevano quelle semplici parole toglierle tutta l’aria dai polmoni?
“Signora?”
Elijah con la sua incrollabile forza se n’era andato. Garrie con il suo incrollabile sorriso se n’era andato. Garrie. Andato. Per sempre.
Cardinale si portò le mani al viso, coprendolo con i palmi tremanti mentre quelle parole divenute realtà le calavano addosso come mazzate. Mai più frase allusive, mai più bianchi sorrisi ammiccanti, mai più occhi azzurri e ridenti su di lei a scaldarla come un abbraccio…
“Signora?”
Il ricordo del suo ultimo sguardo (dolente, rassegnato…deciso), così diverso dal suo solito,  le affondava dentro lasciando dietro di sé una scia di dolore insopportabile.
Garrie. Andato. Per sempre.
Cardinale spostò le mani sulle orecchie, stringendo forte per non sentire quelle poche parole che le toglievano il sangue dalle vene, che le facevano perdere i battiti e mancare l’aria…
Garrie. Andato. Per sempre.
 “Signora? Vuole qualcosa?”
Il barista aveva urlato per farsi sentire, ma lo sguardo che Cardinale girò su di lui era così assente che egli dubitò di essere stato ascoltato: fece per ripetere la frase quando la donna annuì con un gesto secco.
“Una bottiglia.”  disse con voce remota.
*             *             *
Che buio!! Solo un puntino di luce, lontanissimo. Cardinale arrancò verso quel punto, trascinando faticosamente le gambe, ma più si sforzava più il puntino si allontanava, dispettoso. Cardinale accelerò, inquieta: vagamente si rendeva conto che era importante raggiungere quel puntino, qualsiasi cosa esso fosse. Era importante, perché…perché…perché?
*             *             *
“Capo?”
*             *             *            
C’era qualcuno alle sue spalle. Cardinale se ne accorse con un tuffo al cuore, arrancando nell’affannoso inseguimento del puntino di luce. C’era qualcuno alle sue spalle che rideva sommessamente.
“Cardinaleeeee…”
*             *             *
“Cardinale? Allora, ci sei?”
*             *             *
Masterson. Logico che fosse lui. Il terrore invase il petto di Cardinale che provò a correre e non ci riuscì. Masterson sghignazzava, sempre più vicino, sicuro e inevitabile come il tempo.
“Cardinale….”
La donna si girò a fronteggiare l’ombra che le incombeva addosso: ma nei sogni ogni cosa prende connotazioni impreviste e la figura di Masterson che si avvicinava rapidamente non aveva più niente di umano. Era qualcosa di strisciate e infido che si nascondeva nel buio per poi sbucare fuori con un ringhio vittorioso, avvicinandosi.
“Cardinaleeeee…”
Di più, sempre di più.
*             *             *
“Avanti, Cardinale!”
*             *             *
Le fu addosso tutto d’un tratto, inaspettatamente. Non le balzò alla gola come una bestia feroce. Le azzannò i piedi, come un rettile sbucato dalla palude, o forse dalle fogne…
“Cardinaleeeee….”
Denti aguzzi le affondarono dolorosamente nelle ossa dei piedi. La bocca di Masterson si allargava come un enorme buco nero, fagocitandola un pezzo alla volta.
“Che stupidaaaaa….” rideva Masterson mentre le masticava le gambe, schizzando sangue dappertutto “Tante medaglie e niente cuore!! Cosa credi di aver vinto, capitanooooo?”
Cardinale urlò.
Urlò con tutte le sue forze mentre la bocca di Masterson macinava centimetri su centimetri di gambe, ruminando ossa e pelle e sprizzando sangue.
 “Hai perso!!” strillava Masterson, esultante “Hai perso!! Hai perso!! Hai…”
*             *             *
“…voglia di svegliarti, capo?”
La voce di Morales, tranquilla e allegra, raggiunse Cardinale nei bui e nebulosi meandri degli incubi in cui era affondata.
Aprì gli occhi. Ci mise un bel po’ a capire dov’era e nel frattempo un catino era comparso sotto il suo naso e lei aveva iniziato a vuotare l’alcolico contenuto del proprio stomaco con lunghi e dolorosi conati.
“Che strano, ho come un dejà vu” commentò Morales con un sospiro rapito “Tu che vomiti nel catino e io che ti racconto le stupidaggini che hai fatto sotto l’effetto dell’alcool…mi sembra di avere già vissuto questo momento. Dovremmo battezzare questo evento ricorrente “Le faticose imprese del capitano alcolico”. Che sciocchezza, eh?”
Cardinale, svuotata ed esausta, si premette le mani tremanti sulle palpebre abbassate.
“Voglio morire.” gorgogliò con assoluta convinzione e Morales le battè la mano sulla spalla con un gesto solidale.
“Oh, non prima che ti racconti cosa è successo ieri sera.” disse felice e contento, e Cardinale gemette.
“Ti prego, dimmi che stavolta non ha fatto nessuno strip sul tavolo.” pregò sempre ad occhi ben chiusi.
 “No, no, niente strip-tease” cinguettò Morales, garrulo “Stavolta ti sei buttata più sul melodrammatico: hai piagnucolato muco e lacrime sulle spalle di tutti quelli che passavano di lì, raccontando una dolorosa storia di galline e di stie…a proposito, questa delle galline me la devi spiegare, sembra interessante. Comunque, alla fine io e tutti gli avventori dell’Anemy Pub abbiamo capito che ti stavi autoaccusando di essere una povera donnetta isterica e repressa, dalla psiche malata e autolesionista, vergognosamente innamorata di un ragazzo più giovane tuo sottoposto che hai indotto ad allontanarsi da te, per paura di affrontare lui e quello che provavi per lui. Ne è nata una disquisizione molto stile talk show televisivo in cui metà platea si dichiarava disgustata dal tuo comportamento, ti tacciava di pedofilia, vigliaccheria e bassezza morale, votando perchè venissi radiata dall’albo dei Runner ed esiliata su Orion 2 W.”
Cardinale non osò muoversi mentre lacrime di vergogna cominciavano a bruciarle gli occhi serrati.
“Meraviglioso” sussurrò infine, afona “E l’altra metà della platea?”
“Era sbronza e non ha votato” rispose Morales, sorridendo compiaciuto “Comunque, io, Pat, Kurt e Garrie ti abbiamo nuovamente salvato da un linciaggio collettivo e…”
“Garrie?” lo interruppe Cardinale con un filo di voce così fragile che Morales sorrise teneramente “C’era anche…Garrie? Non…non e-era and-andato via?”
“Ma figurati” sbuffò Morales, magnanimo “Quello è talmente drogato di te che non potrebbe fare nemmeno un passo nella direzione opposta alla tua.”
Cardinale non rispose: se ne stava immobile, con le mani sulla faccia, senza nemmeno respirare. Morales provò un moto di incredibile tenerezza e non potè fare a meno di allungare un braccio e circondare le sue spalle rigide, comprensivo.
“Oh, Eric” mormorò lei una vocina piccola piccola; Cardinale abbassò le mani tremanti, aprì gli occhi e le lacrime presero immediatamente a scorrere dalle palpebre gonfie ed arrossate, mentre il respiro entrava e usciva a singhiozzo dalla gola rattrappita. Morales le strizzò l’occhio, complice e d’un tratto le sue lacrime furono un incontenibile fiume in piena che si riversò sulla spalla del giovane consolatore.
“Coraggio” diceva questi dando leggere pacche sulla spalla alla donna “Non è poi così brutta. Voglio dire, è karmico, dai! Il povero Garrie meritava una tua sana e pubblica umiliazione, galline e stie permettendo. Tutti questi anni a morirti dietro mentre tu te la facevi con Elijah e poi diventavi il suo capitano e poi lo illudevi e poi lo mollavi come una patata bollente… poveraccio, anche lui non poteva di certo continuare così in eterno. E poi, io e Pat siamo stufi di reggervi il moccolo. E persino Lucy ha capito che siete arrivati alla frutta, voialtri due. Nessuno capirà mai cosa ci trovi tu in quel ballerino sculettante, né soprattutto cosa ci trova lui in te che sei la quintessenza della nevrosi psichica…vedendo poi come passi dalla gallina nella stia al pianto, passando per il vomito…Affari vostri. Adesso, da bravi bambini, che ne dite di mollare i vostri stupidi e puerili giochetti per parlarvi seriamente a quattrocchi?”
“Non posso!” ululò Cardinale con la faccia sempre affondata nella spalla di Morales “Devo morire!”
“C’è tempo per queste cose” rispose Morales maternamente “Garrie è qua fuori che aspetta di poter entrare per parlarti una volta per tutte…”
Cardinale si staccò bruscamente dalla spalla di Morales e gli piantò in faccia un attonito sguardo atterrito.
“Garrie qui?” si strozzò quasi a strillare “Io…lui…no!”
“Ma certo, come vuoi” sorrise Morales alzandosi dal letto e avviandosi verso l’uscita “Hai cinque minuti, giusto perché hai appena vomitato e il tuo alito stenderebbe una mandria di draghi, quindi sarebbe meglio lavarsi…oh,  e anche perché con quella faccia sembri un panda che è stato morso da un vampiro e non è certo così che si affronta una dichiarazione d’amore. O presunta tale.”
Cardinale allungò una mano verso di lui, supplice.
“Eric…” mormorò piano ed era così indifesa che Morales provò l’irrefrenabile impulso di correre di nuovo a consolarla. Ma riuscì a trattenersi, le fece di nuovo l’occhiolino ed aprì la porta.
“Cinque minuti.” mormorò prima di chiudersela alle spalle.
*             *             *
Cardinale si trascinò davanti allo specchio con la dolorosa cautela di una vecchia ottuagenaria: vide un volto congestionato e chiazzato di rosso, una matassa informe di capelli spettinati sulla testa e un vestito tutto stazzonato che le pendeva addosso. Per un attimo non seppe se le dava più la nausea il suo aspetto o il pensiero che Garrie stava per entrare nella sua stanza.
“Ma guardati” si disse con odio “Il capitano della Tau Centauri! Sembri un  mandriano alcolizzato. Ti vedesse Scott, ti licenzierebbe in tronco, e farebbe solo bene.”
Si lavò i denti e la faccia con ferocia, poi rimase a fissarsi per un po’, insultandosi mentalmente, come in attesa dell’intervento divino. Quando sentì la porta aprirsi e chiudersi discretamente, si girò verso di essa, tenendosi saldamente aggrappata al lavandino. Garrie era in piedi con le mani in tasca che la guardava con il suo solito sguardo mite e ridente, e tutte le belle e sensate parole che Cardinale aveva disperatamente raffazzonato su per scusare il suo comportamento da sbronza, naufragarono miseramente in quel liquido mare di allegria. Per un pezzo non dissero niente, uno da una parte e una dall’altra della stanza, immobili come se avessero avuto il potere di fermare il tempo. Poi, Garrie sorrise, il solito sorriso malizioso e radioso da cherubino, e Cardinale sentì distintamente il cuore che si separava dagli altri organi fatti di carne e sangue per trasformarsi in qualcosa di arioso e leggero, qualcosa fatto di puro ed inafferrabile spirito.
“Ciao, astemia.” le disse Garrie e la sua voce era così placida, così tenera, così maledettamente tipica di Garrie che Cardinale non resse l’emozione: il suo viso si accartocciò in una smorfia di pianto mentre le sue mani salivano a coprire la faccia. Con due lunghi passi Garrie le fu vicino e l’abbracciò, delicato e leggero, mentre lei iniziava a piangere con i singhiozzi accorati di una bambina piccola.
“Sssshhh…” le mormorò Garrie quasi affondando la bocca dietro il suo orecchio e cullandola dolcemente “Va tutto bene, Jude…è solo la sbornia che ti ha aperto i rubinetti…”
“Che stupida…” balbettava Cardinale con liquida convinzione “Che dannatissima… maledetta… stupida!”
“Concordo perfettamente.” disse Garrie con un sorriso segreto mimetizzato dai capelli di Cardinale: in quel momento, con quella donna spettinata, sconvolta ed innamorata tra le braccia, si sentiva così grande e pieno di luce che si sarebbe messo a cantare fino a perdere la voce. Invece, scostò con delicata decisione le mani dal viso di Cardinale che però continuò a tenere gli occhi ostinatamente chiusi.
“Sono…così…stupida…” balbettava con la voce che le usciva in tremolanti singulti “Così…stupida…”
Garrie le passò una mano sulla guancia, asciugandole le lacrime con umile dedizione: guardava il suo viso congestionato con una fame, con una tenerezza così dolce che l’avrebbe fatta sciogliere, se solo si fosse decisa ad aprire gli occhi.
“Sì” mormorò piano “Sei una stupida. La mia rissosa, bellissima, stupida astemia.”
Altre lacrime grosse e trasparenti bagnarono il viso di Cardinale che si azzardò finalmente ad aprire un occhio gonfio ed arrossato: Garrie era sempre lì, col suo solito sorriso canzonatorio, con gli occhi azzurri scintillanti di un enorme, incrollabile affetto e Cardinale capì che  se mai avesse avuto una domanda, nella sua vita, la risposta era lì, tra quelle ciglia chiare, tra quelle braccia delicate e ferme.
“L’hai fatto apposta, vero?” mormorò Cardinale, in uno spazzo di lucidità “L’hai fatto apposta a dire che te ne andavi cosicché io mi sbronzassi e mi umiliassi davanti a tutto l’Anemy Pub?”
“Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare” rispose Garrie, ironico e sibillino insieme “Avevo aspettato anche troppo che ti muovessi e tu…avevi bisogno di una bella scrollata.”
“E se non fossi andata al pub, ieri sera?” domandò lei con voce flebile, cercando di pensare in quanti pezzi si sarebbe rotto il suo cuore in una simile eventualità.
Garrie inarcò un sopracciglio con gli occhi azzurri sornioni e scintillanti.
“Avrei seguito il consiglio di Pat e ti avrei sbattuta sulla prima superficie orizzontale disponibile per approfittare molto mascolinamente di te. Non avresti avuto nessuna possibilità di resistermi.”
“Caro Pat…il solito gentiluomo.”
Le labbra di Cardinale tremarono in un sorriso mentre alzava gli occhi su di lui: prese fiato e, d’un tratto, dire quello che sentiva fu naturale e necessario come respirare.
“Io ti amo, Garrie O’Brian.” mormorò con voce tremula e vergognosa, aspettandosi quasi che il cielo le cadesse sulla testa o che Garrie sparisse in una nuvola di fumo infernale per avere ammesso qualcosa di così palesemente eretico e sbagliato.
Ma il cielo non le cascò sulla testa e Garrie non sparì inghiottito da Lucifero in persona.
“Bene” si limitò a dire lui, dopo aver deglutito a vuoto un paio di volte “Era ora che te ne accorgessi.”
“Bene?” borbottò Cardinale, vergognandosi improvvisamente come un ladro beccato in flagrante delitto “Io, Jude Cardinale, il tuo stramaledetto capitano, mi umilio ufficialmente davanti a te e tu non dici nient’altro che “bene”?”
“No” rispose Garrie dopo una breve riflessione “Ho anche detto: era ora che te ne accorgessi.”
“Ma… che diamine, tutto qui?” berciò Cardinale, decidendosi ad arrabbiarsi “Non dovevi essere il più grande tombeur des femmes delle Orion? Tutta la tua esperienza in fatto di relazioni sociali e l’unica cosa che riesci a partorire è una frase così insulsa? Mi aspettavo qualcosa di molto meglio di un era ora che te ne accorgessi!”
Garrie si lasciò sfuggire un sospiro a metà tra l’esasperato e l’estatico: le posò le mani sul collo, saggiando con una concentrazione quasi accademica la curva della mandibola con i pollici.
“Un giorno ti stupirò con effetti speciali e frasi da olo-fumetti alla saccarina” mormorò a fior di labbra, leggermente rauco “Adesso però fammi il santo piacere di chiudere il becco: devo incamerare quanti più ricordi possibili di te che mi dici che mi ami, e se parli mi distrai troppo.”
Cardinale aprì la bocca per replicare, poi recepì il senso delle sue parole e ammutolì. Sorridendo della sua espressione pietrificata, Garrie si chinò lentamente verso di lei e prese a baciarle le guance bagnate di lacrime con religiosa lentezza. Poi, le baciò il naso umido, le ciglia tremanti. Le sue labbra furono leggere quasi come un sospiro quando si posarono sulla bocca, ma Cardinale agognava e insieme paventava da talmente tanto tempo quel momento che le sembrò lo stesso di ricevere una scarica elettrica. Chiuse gli occhi e lasciò che la sensazione di bruciante sensualità che quel tocco leggero le trasmetteva la invadesse lentamente, diffondendosi nel suo corpo fino in recessi segreti che nemmeno sapeva di avere. Si arrese con immenso sollievo e si lasciò trascinare da quella corrente di desiderio, socchiudendo la bocca, invitando e supplicando insieme. Garrie sembrò esitare un attimo, ma poi inclinò la testa bionda e con un sussurro che sembrava quasi un gemito di resa la baciò.
*             *             *
Che Garrie baciasse maledettamente bene, Cardinale lo aveva sempre immaginato, ma nemmeno nelle sue più sfrenate fantasie si sarebbe immaginata quel tocco avvolgente, quella passione a malapena trattenuta ma  intuibile dal tremito delle labbra, quel calore febbrile e sensuale delle dita che le carezzavano le spalle e la nuca… quelle stesse dita eleganti e leggere che sapevano esattamente dove trovare i suoi punti deboli tanto da spazzarli via tutti, senza pietà, strizzandole fuori il respiro in una violenta ondata di desiderio. Fu con stupefatta sorpresa che sentì Garrie staccarsi da lei, allentando leggermente la stretta che l’aveva legata a lui quasi senza che se ne accorgesse.
“C-Cardinale…” gracchiò con una voce roca proveniente da lontanissimo “Io non credo …anzi, io credo…che…”
Interruppe il balbettio, distratto dallo sguardo confuso che Cardinale gli lanciò quando socchiuse gli occhi. 
Era così bella. Così maledettamente invitante con quella bocca socchiusa e umida, con quelle guance rosa, quegli occhi torbidi e pieni di un’unica, imperiosa supplica.
“Co-cosa…?” mormorò lei con il cuore pulsante saldamente incastrato in gola.
“F-forse…dovremmo…ehm…”
Garrie parlava come se fosse sott’acqua.
Nebulosamente, Cardinale capì che Garrie tentava di fare il gentiluomo e di lasciarle il tempo per abituarsi all’idea di loro due insieme…ma, dopo quel bacio travolgente, Cardinale non aveva nessunissima intenzione di perdere altro tempo. Anzi, il pensiero di aggiungere un solo secondo a tutti quegli anni sprecati, le risultò insopportabile. Afferrandolo per il bavero della camicia attirò Garrie a sè; lo baciò con forza, premendosi contro di lui in ogni centimetro possibile…un bacio lungo, avvolgente nel quale Cardinale infuse tutta se stessa, respirando il respiro di Garrie, assaporando il suo desiderio, infilando le dita tra i suoi capelli biondi e lasciando che il cuore corresse da lui perché ne facesse quello che voleva. Un rauco verso di resa uscì dalla gola di Garrie mentre le sue mani scendevano ad accarezzarle la schiena, le sfioravano i fianchi, la avviluppavano con un dolcissimo tocco di possessiva umiltà. Cardinale nemmeno si accorse di essere scivolata sul letto, mezza seduta e mezza sdraiata, ma sentì forte come uno sparo il rumore discreto del primo bottone della sua camicia che veniva aperta con scioltezza dalle dita traditrici di Garrie. Gli spalancò gli occhi scuri addosso rovesciando la testa all’indietro.
“Garrie…”
“Non ci provare” le mormorò lui attirandola con forza per la nuca e riportando le loro labbra a contatto “Non ho intenzione di fermarmi nemmeno se mi ammazzi.”
Cardinale si lasciò cadere definitivamente sul letto, trascinando con sé il corpo di Garrie che le scivolò addosso con seducente leggerezza.
“Proprio non hai capito” mormorò con lo sguardo più sincero e rovente che gli avesse mai rivolto in tutta la vita “Io non ti voglio ammazzare. Voglio che mi chiami Jude.”
Garrie non sprecò tempo a pensarci sopra: la baciò di nuovo mentre le sue mani si infilavano con maliziosa e consumata perizia sotto alla camicia. La baciò e già il respiro affannoso di Cardinale era un tutt’uno con il suo, già la sua pelle sognata e segreta bruciava sotto il tocco impaziente delle sue dita. I loro vestiti frusciarono scandalizzati mentre venivano strappati con forza e abbandonati sul pavimento. In uno sprazzo di coscienza, Cardinale si chiese con remota indulgenza se in quel momento una certa Jude vestita di rosa se la stesse ridendo di gusto nel vederla così… riversa sul letto, completamente in balia dei propri sensi, con le mani e la bocca di Garrie che la esploravano dovunque con furiosa e deliziosa invadenza.
“Jude…” mormorava Garrie contro le sue labbra “Jude, Jude, Jude…”
La chiamava e basta e Cardinale pensò stordita e scandalosamente felice che avrebbe ascoltato pronunciare il suo  nome in quel modo anche per tutta la vita.

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Capitolo 23
*** Epilogo ***


Epilogo
 
Orion 3W
 
“Non si sente volare una mosca: si saranno ammazzati a vicenda o…?”
La voce di Patterson quando cercava di parlare sottovoce era assolutamente esilarante: Morales nascose un sorriso e fece finta di leggere il video giornale.
“Rilassati, nonna Pat. Ci preoccuperemo solo se il sangue comincerà a scorrere da sotto la porta.”
“Ma… non si sente nemmeno mezzo rumore! Lo so bene perché sono qui che origlio da quando siamo ritornati a casa …”
“Pat!” lo rimproverò Morales con il riso che gli vibrava dietro le labbra “Se ce ne siamo andati per un’ora è per concedere loro un po’ di privacy, vero?”
“Se ce ne siamo andati per un’ora è perché tu mi hai trascinato via a forza” rettificò Patterson, sostenuto “E le conseguenze sono queste! Andiamo, sai anche tu che non è… normale!! La bertuccia non è silenziosa nemmeno da morta, figurati… e lo sbarbatello, ha ben altra fama, no? Che diavolo succede, secondo te?”
“Secondo me hanno solo bisogno di stare da soli.” sentenziò Morales convinto. Patterson gli lanciò uno sguardo carico di compatimento.
“Te lo dico io, quei due si sono strangolati l’uno con l’altra e adesso sono belli che morti. Andiamo, apriamo questa porta…”
“No.”
“Ma dai, diamo solo una sbirciatina, così giusto per vedere se sono ancora con tutti i componenti al proprio posto!”
“E se li becchiamo nel bel mezzo di un rapporto intimo? Il mio cuore non reggerebbe lo schifo e io voglio vivere ancora per un po’, grazie.”
“Guastafeste pudico. Io apro.”
“Pat!”
Le proteste non lo fermarono: Patterson aprì uno spiraglio.
“Ma… non c’è nessuno.” disse meravigliato dopo aver dato un’occhiata all’interno della stanza. Morales vide che il computer portatile sulla mensola era acceso e lampeggiante. Si avvicinò e lesse quello che era scritto sullo schermo: sul suo viso, dove aleggiava un’impalpabile tristezza, si disegnò prima un sorriso allegro e poi un ghigno irrefrenabile. Alla fine ridacchiò attirandosi lo sguardo dubbioso di Patterson.
“Che succede?” domandò questi. Morales gli indicò il computer e Patterson lesse a sua volta, rapidamente:
 
Non siamo morti. Ci vediamo all’Anemy Pub, stasera.
 
*             *             *
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“Ancora non mi sembra vero” esordì Lucy rigirando il suo bicchiere fra le dita con un sorriso storto sul bel viso rilassato “Ce ne stiamo qui belli tranquilli a bere la nostra birra come se niente fosse quando siamo gli unici in tutte le Orion a sapere delle scoperte della Sentinel…”
Morales le lanciò un sorriso serafico.
“Tesoro, dovremmo anche rimanere gli unici a saperlo, quindi ti pregherei di evitare di parlarne in pubblico, grazie.”
Lucy rispose con lo stesso, larghissimo ghigno ironico.
“Vorrei ricordarti, tesoro, che tu sei un Runner, ma io no.”
“Io vorrei sapere dove sono finiti lo sbarbatello e la bertuccia.” brontolò Patterson imbronciato. “Già” ghignò Morales esilarato “Anche considerando l’elefantesco periodo di gestazione della loro tresca e la ben nota attitudine di O’Brian al pattugliamento, ormai dovrebbero aver dato fondo a tutte le loro energie.”
“Non vedo l’ora di poterli sfottere…” sospirò Patterson sognante “Ancora e ancora e ancora…”
“Che cattivone che sei” lo rimproverò Kurt al suo fianco, sbattendo leziosamente le ciglia “In fondo, non meritano anche loro un po’ di comprensione, dopo tutto quello che hanno passato?”
Patterson lo guardò a lungo con le sopracciglia inarcate.
“Comprensione?” ripetè, stranito “Garrie-O e la bertuccia? Li demolirò finchè non rimarrà un solo pezzetto delle loro stupide, inutili membra!”
“Credo che nonna Pat non sia incline a concedere carità cristiana ai suoi debosciati colleghi” spiegò Morales piacevolmente rilassato “E loro lo sanno benissimo. Ecco perché sono in ritardo.”
“Si parla del diavolo…” interruppe Lucy indicando l’ingresso del locale “Ecco i due piccioncini in arrivo al patibolo.”
Tutti si girarono a guardare Garrie e Jude che uscivano dalla stanza di de-digitalizzazione: la testa bionda e la testa bruna si avviarono verso il loro tavolo, vicine ma non troppo.
“Oh, sono così carini!” sospirò Kurt deliziato mentre Patterson iniziava a strombazzare modello sirena dei pompieri. Gli schiamazzi e i fischi accompagnarono i due lungo tutto il tragitto finché non arrivarono a fermarsi davanti agli amici. Nonostante non si guardassero nemmeno, le loro mani si sfioravano, come attirate l’una verso l’altra da una forza invisibile.
 “Buonasera a voi, o ferventi adepti della setta dei Pattugliatori Folli!!” esordì Morales con voce squillante “Che prendete da bere? Birra, gin o ricostituente?”
“Sembrano normali” commentò dubbioso Patterson dopo una rapida radiografia “Insomma, niente arti mancanti, niente contusioni visibili ad occhio nudo, EEG piatto come al solito…”
“Gesù, che humor” sospirò Garrie, esibendo la sua consueta faccia tosta e il suo solito sorriso da cherubino “Avete avuto ore e ore per pensare ad un saluto decente e l’unica cosa che siete riusciti a tirare fuori è questa cosa penosa?”
“Eric ha avuto altro da fare.” spiegò Lucy ammiccando e le risate conseguenti servirono a rompere il ghiaccio.
Cardinale, che era rimasta leggermente dietro a Garrie, a testa alta ma palesemente in imbarazzo, sembrava poggiare i piedi su uova esplosive.
“Hei, capo, siediti pure” la invitò Patterson, magnanimo ma con un sorriso luciferino “Non abbiamo intenzione di morderti. E nemmeno di spifferare a Scott la notizia che sei andata a letto con il tattico della tua squadra.”
Morales, Lucy e Kurt emisero diversi suoni strozzati e tossicchianti mentre la faccia di Cardinale assumeva un delicato color ricotta.
“Non sei esaustivo, Pat” sorrise Morales, perfido “Devi specificare che non andremo a spifferare a Scott la notizia che è andata a letto SIA con il tattico della sua squadra  CHE con il suo ex capitano.”
“Sai, potrebbe venirgli in mente l’idea balzana di toglierti dalla squadra, e io ed Eric non possiamo permetterlo” confidò Patterson candidamente “Prima Elijah e poi Garrie…anche noi aspettiamo il nostro turno!”
La faccia di Cardinale diventò definitivamente di gesso mentre Garrie e Lucy scoppiavano a ridere e Kurt si scandalizzava a morte.
“Matty!” lo rimproverò debolmente.
“Quanto siete deficienti” mormorò Cardinale affogata nella vergogna mentre Garrie rideva piegato in due “Tu, invece di ridere dovresti offenderti, razza di beduino!”
“Ma infatti sono offesissimo” confermò Garrie con sguardo scintillante quando riuscì a smettere di ridere “Comunque, per te sarà meglio ordinare un’acqua tonica, visto gli effetti devastanti che ha l’alcool sui tuoi freni inibitori.”
“Vedi dove te li ficco i freni inibitori!” ringhiò Cardinale paonazza sedendosi risoluta di fianco a Patterson: aveva le orecchie cremisi, lo sguardo truce e sembrava imbarazzata e felice come mai lo era stata nella sua vita. Garrie le si sedette di fianco e fece scivolare una mano tranquilla e possessiva intorno alla sua vita, posandola poi esattamente sul fianco in un gesto così intimo e possessivo che Kurt sospirò di nuovo, modello mantice a vapore.
“Che diavolo fai?” domandò Cardinale completamente alla deriva ricevendo il sorriso solare e abbagliante di Garrie.
“Ti abbraccio” rispose lui paziente “Sono cose che capitano tra persone in intimità.”
“O togli quel braccio da lì o te lo ritrovi come corpo estraneo nel retto.” ringhiò Cardinale e Patterson lanciò un’occhiata esasperata a Garrie.
“Dì un po’, ma la bertuccia qui non doveva diventare una specie di Biancaneve, dopo aver pattugliato con te?”
“Ti assicuro che lo era, fino a un’ora fa.” rispose Garrie lanciando un sorriso sornione a Cardinale che diventò più o meno di trenta colori diversi mentre i compagni intorno ridevano piegati in due e Kurt sospirava deliziato sfarfallando le ciglia.
“Io invece mi chiedo come faccia ad essere ancora viva” rimproverò Morales trattenendo un sorriso “O’Brian, non ne hai approfittato: ce l’avevi davanti sola e disarmata… era disarmata, vero?”
“Non sono autorizzato a divulgare certe informazioni” rispose Garrie altezzoso ammiccando a Kurt che sospirò di nuovo, estasiato “Comunque, ho il cuore troppo tenero per uccidere un qualunque esponente del sesso femminile. E poi, lei era così carina, devastata dai postumi della bronza…”
“Chiamami ancora carina e finirai a spalare la melma nella tana del Morlock.” ringhiò Cardinale in mezzo alle risa degli altri.
“Così carina… e così debilitata psicologicamente!” continuò imperterrito Garrie “L’ho convinta che la cosa migliore per curare la sua psicosi galoppante era quella di venire a vivere con noi: ragazzi, se l’è bevuta! Miracoli alcolici. Voi siete d’accordo, vero?”
Piantò gli occhi addosso a Morales e Patterson che si scambiarono uno rapido sguardo stranito.
“Io non ho ancora accettato” si affretto a specificare Cardinale, agitandosi sul posto come se avesse avuto i pantaloni pieni di spilli “Cioè, mi rendo conto che sarebbe davvero troppo sopportarvi anche nelle ore di riposo… e poi, ci sarebbero problemi con i turni di occupazione del bagno…”
“Sarebbe stupendo!” cinguettò entusiasta Kurt congiungendo le mani ispirato “Anche io mi trasferirò da Matty al più presto e sarebbe fantastico avere una compagnia femminile con cui scambiare quattro chiacchiere…”
“Femminile?” sbottò Patterson incredulo “La bertuccia?!?”
“Spiritoso” fece Cardinale col naso per aria “Perché non conservi questo tuo traboccante umorismo e non lo vendi a confezioni da un chilo? Diventeresti miliardario.”
“Kurt vive praticamente già a casa nostra” tubò Morales rivolto a Patterson, fintamente sconvolto “Mi vengono i rigurgiti quando lo trovo a gorgheggiare nella mia vasca da bagno!”
“Pensa che rigurgiti verranno a Pat quando tu gli dirai che anche io mi trasferirò nel vostro appartamento.” rispose per lui Lucy con voce mielata.
Garrie girò lo sguardo da uno all’altro, poi tutti quanti scoppiarono a ridere, ragliando come pazzi. Cardinale rivolse loro uno sguardo disgustato.
“E’ inutile” borbottò “In tre non arrivano lo stesso alle funzioni cerebrali di un bradipo.”
“Ora capisco la necessità dei turni per il bagno” commentò Lucy e anche Kurt questa volta scoppiò a ridere. Patterson invece sembrava momentaneamente ammutolito.
“Hei.” disse Garrie dubbioso “Che ti prende, nonnina?”
“Niente” ruggì Patterson, feroce “Sto cercando di non suicidarmi al pensiero che la bertuccia e la signora Masterson verranno ad abitare con noi. Io e Kurt avevamo intenzione di sfruttare la stanza degli ospiti per mettere su un piccolo allevamento di felci equatoriali, sai, Kurt ha il pollice verde…ma questo più che un appartamento sembrerà una succursale del Mattatoio! Con Garrie e Cardinale che si scanneranno dalla mattina a sera, Lucy che girerà nuda per casa e tu che le correrai dietro con un asciugamano, come potremo noi due far sopravvivere una qualsiasi forma di vita organica?”
“Hai dimenticato di menzionare qualche erede.” sospirò Morales piacevolmente.
La faccia di Patterson era il ritratto dell’orrore.
“Cosa?” chiese rauco.
“Hai mai pensato al fatto che io e Lucy potremmo mettere su famiglia? E al fatto che Garrie e Cardinale potrebbero essere in grado di riprodursi, nel momento in cui passeranno dallo stadio di larva a quello di celenterato?”
“Parla per te, paramecio.” berciò Cardinale trattenendo a stento le risa.
La faccia di Patterson si era cristallizzata in una maschera di puro disgusto.
“Eh?” ansimò, prossimo all’infarto miocardico.
“Sì” proseguì Garrie, crudele e sorridente “Oltre alla solita folla da te menzionata, tra qualche anno potrebbe scorazzare per casa qualche piccolo Morales o qualche piccolo O’Brian. Bambini! Deliziosi, invadenti bambini… proprio in mezzo al tuo giardino di felci!”
Patterson non rispose subito, congelato in quella apocalittica visione di botanica e pannolini. A Morales non sfuggì il lampo di repentina, furibonda felicità quando però negli occhi di Patterson passò l’immagine della burbera nonna Pat  che faceva fare cavalluccio a una decina di marmocchi biondi. Per poco non gli scoppiò a ridere in faccia, ma si trattenne e lo guardò con superba trasparenza.
“Allora, che te ne pare del nostro possibile futuro?” domandò con piacevole calma.
Patterson lanciò uno sguardo a Morales carico di disgusto.
 “Dico che mi viene da vomitare al solo pensiero!” sputò fuori con mascolina convinzione “Cardinale e la signora Masterson madri… roba da neuropsichiatria! Quelle due non sarebbero in grado di distinguere pannolini da caricatori di una mitragliatrice, figurati come potrebbero sul serio procreare! A titolo preventivo, comunque, chiederò al CDI di accertarsi che eventuali marmocchi in arrivo non ereditino un solo gene dalle madri, pena la soppressione alla nascita. Dobbiamo pur salvaguardare l’umanità!”
“Quindi, vuoi dire che daresti la tua benedizione al fatto che il nostro bell’appartamentino da scapoli potrebbe diventare un covo di coppie di fatto, completo di femmine di svariate e petulanti misure?” domandò Morales “Che non ammazzeresti il sudato frutto dei nostri lombi se ti svegliasse la notte piangendo tutte le sue lacrime?”
Patterson lanciò uno sguardo circolare, alzando altezzoso le sopracciglia. Tutti lo guardavano, aspettando il suo commento: Morales con espressione fintamente seria e compunta, Lucy col suo sorriso ironico, Kurt con la faccetta sollevata e adorante, Garrie con gli occhi scintillanti e Jude, col braccio di Garrie a circondarle la vita, che sembrava emettere luce come una lampadina accesa.
“Io e Kurt siamo superiori a queste bovine e triviali manifestazioni di umanità” concluse con convinzione, lo sguardo scintillante di radiosa aspettativa per il futuro “Vorrà dire che nella stanza degli ospiti alleveremo solo piante grasse.”
 
 
FINE
 
Finito di scrivere il 30/08/06 da Elfie
 

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