La leggenda del Maestro

di Mark97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** il passato si scontra col presente ***
Capitolo 2: *** Sottomissioni, di nuovo il nulla. ***
Capitolo 3: *** Fortuna o debolezza ***



Capitolo 1
*** il passato si scontra col presente ***


Aizen mi guardò con il solito sorrisetto, io sbuffai cercando di ignorarlo “che significa: ’se vuoi ti prendo io’?”  chiesi senza alzare lo sguardo su di lui. Aizen sospirò, un sospiro lungo che mi sembrò un’eternità prima di proferire parola con il suo solito tono da superiore “significa che puoi essere mio allievo, ghiaccioletto” .
Lo guardai senza dire niente, la mia testa intanto esaminava ogni sua parola, pensando alle conseguenze della mia risposta.
Ma ormai l’unica strada per diventare forte era quella, avrei fatto qualsiasi cosa, qualsiasi.Incrociai le braccia “per me va bene” dissi senza tanto entusiasmo, sulle labbra di Aizen si disegnò ancora quel sorrisetto bastardo “perfetto”.

Ci dirigemmo in una stanza in cui lui di solito riuniva i suoi allievi per allenamenti o altro, io lo seguivo a testa bassa, ascoltando i suoi passi sul marmo del pavimento. Sì fermò girandosi verso di me “qui conoscerai i tuoi nuovi compagni, buon divertimento” ancora quel sorriso, ancora quel tono che tanto odiavo. Cominciai a guardarmi intorno, la prima cosa che notai fu un trono “esibizionista” pensai tra me e me, poi i miei nuovi compagni cominciarono a farsi vivi.
Erano un gruppo..diciamo.. particolare. La prima che mi saltò all’occhio era una ragazza alta, dai capelli scuri che le scendevano sulle spalle.
Era bella, pensai solo questo, anche il suo sguardo era bello il modo in cui aveva guardato Aizen entrare e di come mi aveva salutato, mi piaceva il suo modo di fare.L’altra persona che attirò la mia attenzione era un ragazzino, era basso quanto me e aveva una testa di capelli biondi che si notava da un centinaio di chilometri.
Avevo sentito che quello era un tipo molto forte, faticavo a crederlo vedendolo così, ma non ero tipo da sottovalutare gli altri dall’aspetto. Restai a guardarli lanciando qualche occhiata a Aizen, che intanto si era seduto sul suo trono “Questo è il vostro nuovo compagno, Toshiro Hitsugaya” ancora il sorriso, ancora quel tono.
Sbuffai appoggiandomi al muro con la schiena ‘non sono qui per fare amicizie, sono qui per diventare il migliore’ pensai, notai che gli occhi degli altri erano puntati su di me.
Feci finta di niente, anche se la situazione mi imbarazzava leggermente, non ero abituato a lavorare in gruppo, non ero abituato a quel senso di serenità che sembrava esserci.
I miei precedenti insegnamenti non erano così, me lo ricordavo bene. .

-Yoruichi mi guardava dall’alto in basso, il suo solito sguardo serio “ancora” ordinò, mi rimisi in posizione di attacco “Si sensei” dissi, l’allenamento andava avanti da parecchio, i muscoli facevano male e la mia reiatsu sembrava schiacciata da un enorme masso che la teneva bassa.
Ma Yoruichi non sembrava contenta “Ti sembra questo il modo di combattere? Avanti!” mi urlava dietro, io mettevo più forza nei colpi, più velocità nei movimenti, ma non era abbastanza. Finivo sempre e comunque a terra. Yoruichi si passò una mano sul voltò “basta così per oggi” disse guardandomi mentre mi rialzavo, non dissi niente, semplicemente rinfoderai Hyorinmaru massaggiandomi il braccio, il polso si era rotto, ancora. Yoruichi si avvicinò a me, io non osai alzare lo sguardo.
Lei mi mise una mano sulla testa accarezzandola con forza “devi impegnarti di più, il talento c’è, ma devi imparare il rispetto e la calma” era severa sì, ma sapeva anche comprendermi. La sua relazione con Aizen le imponeva di costringermi a portargli rispetto e se questo non avveniva, la punizione era immediata. Sospirò togliendo la mano dalla mia testa “Aizen si è lamentato ancora del tuo comportamento” disse tutto d’un fiato, io strinsi i pugni  “io..” non sapevo che dire, se chinare la testa e beccarmi un'altra punizione o ribellarmi cercando una via di fuga. Lei alzò la mano ordinando il silenzio “Io niente.Stasera avrai la tua punizione, finchè non imparerai a stare al tuo posto”  mi guardava quasi con dispiacere, riuscivo a vederlo attraverso i suoi occhi severi.
La punizione non tardò, la sera stessa mi presentai davanti a Aizen a testa alta.
Aizen sembrava annoiato, appena mi vide però fece il suo solito sorrisetto. La mano destra era già appoggiata su Kyoka Suigetsu “Yoruichi e io continuamo a notare la tua mancanza di rispetto, a quanto pare ti serve una lezione” strinsi i pugni facendo sbiancare le nocche “divertiti pure..bastardo” dissi a bassa voce, non abbastanza si vede. Perché quella sera Aizen non si trattenne.
Io cercavo di non dargli soddisfazione, tenevo la bocca chiusa in un silenzio ostinato, non avrei gridato per nulla al mondo. –

Ed era sempre stato così, i ricordi erano nitidi come foto stampate davanti a me.
Poi tutto d’un tratto, Yoruichi se n’era andata, mi aveva abbracciato prima di dirmi addio, mi aveva salutato come una mamma fa con un figlio “diventa forte e non dimenticarti di me,ok?” mi aveva detto sorridendo, io non avevo risposto, non volevo vederla andare via, non volevo che lei uscisse dalla mia vita, sentii uno strano senso di impotenza mentre la vedevo cancellarsi  dal mio presente, rinchiudendosi nel piccolo spazio del passato.
Ora Aizen mi aveva offerto una nuova possibilità, ora sarei diventato più forte, avrei combattuto chiunque si fosse messo sulla mia strada.
Avrei fatto di tutto, per diventare il migliore. Ma tutto questo, fu solo l’inizio,non avrei pensato che quel semplice “per me va bene” avrebbe cambiato la mia vita. 

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Capitolo 2
*** Sottomissioni, di nuovo il nulla. ***


Iniziammo subito ad allenarci, anche se non conoscevo i poteri degli altri non ero spaventato da un semplice combattimento, l’esperienza ormai mi aveva insegnato che la calma era l’unica cosa che ti facesse concentrare, agitarsi non serviva a niente. Aizen si alzò dal trono, guardandoci tutti dall’alto in basso, odiavo quel suo modo di fare, io mi ero sempre allenato con un maestro che si metteva al mio livello.
Yoruichi scendeva tra la polvere con me, non mi guardava dall’alto come una divinità. Ma lì tutti sembravano considerare Aizen tale, mi guardavo intorno e vedevo tutti quegli occhi adoranti puntati su di lui, tutti a cercare di comprendere il suo potere e (c’avrei scommesso Hyorinmaru) cercare di rubargliene un po’ semplicemente guardandolo.
Ma lui sembrava non notare tutte quelle attenzioni a lui rivolte, o era molto bravo a fingere di non farlo, mentre parlava però il suo tono si faceva di nuovo solenne e altezzoso, lo ascoltavo guardando come riusciva in qualche modo, con la sua parlantina scorrevole a prenderti tutta l’attenzione di cui eri capace.
Ogni sua parola sembrava una corda che ti tirava sempre di più a lui, ogni pausa invece pareva l’oscurità che ti si avvolgeva intorno “Visto che oggi c’è uno nuovo, ci alleneremo uno contro tutti. Io contro i miei allievi, tutti in una volta”.
Staccai la schiena dal muro senza scollargli gli occhi di dosso “Tu DA SOLO? Contro tutti noi?” il mio tono aveva una nota sarcastica, ma stavo sudando freddo, sapevo quello di cui era capace. Combattere da soli contro di lui a volte si rivelava più efficace di combattere con dei compagni. 
Contare sugli attacchi alleati era solo un rischio per la propria incolumità.
Ogni fendente di spada poteva recidere il muscolo sbagliato, ogni lama poteva trapassare la schiena amica,ogni reiatsu poteva schiacciare il tuo alleato, era un continuo dubitare delle proprie mosse, un circolo che ti costringeva a ritirarti in difesa e morire da solo, arrendendoti all’evidenza, piuttosto di ferire e indebolire altri tuoi compagni.Ma non mi davo per vinto, sapevo che non avrei fatto molto, avevo già notato un sorrisino di troppo mentre parlava, ma non avrei avuto paura di lui.

Il campo di battaglia era semplice, una piccola spiaggia, con scogli appuntiti..ok era una specie di trappola mortale naturale.
Sembrava il posto giusto per massacrare qualcuno, per fargli notare la differenza di forza che c’è tra quel qualcuno e una divinità.
Appena arrivai deglutii leggermente, lui era di fronte a me, Kyoka Suigetsu brillava già sguainata. Il suo volto era calmo –ancora quel sorriso- la sua voce anche –ancora quel tono- “allora sei tu il primo a presentarti? Ghiaccioletto?” lo guardai negli occhi, cercai di mettere in quell’unico sguardo che gli avrei rivolto tutto l’odio, la sicurezza e la forza che avevo. Lui però semplicemente tenendo quell’aria calma riusciva a schiacciarmi a terra, a farmi sentire un nulla in confronto a lui “come cavolo fa? Perché? Io non sono inferiore!” dicevo dentro di me, mentre allungavo la mano destra verso l’elsa di Hyorinmaru.
Ogni volta che avevo visto Kyoka Suigetsu era stato per qualche punizione, ora però era una battaglia, ora potevo difendermi.
Estratto Hyorinmaru mi misi in posizione d’attacco “Aizen, questa volta non mi farò ferire così facilmente” dissi in tono gelido che non lo sfiorò neanche, semplicemente aumentò la reiatsu facendo pressione su di me, come per avvertirmi di stare al mio posto.
Io in tutta risposta aumentai la mia, anche se non era nemmeno confrontabile con il suo potere.
Strinsi l’elsa “Bankai”con tono secco, un comando per il mio potere. Le ali di ghiaccio si crearono sulla mia schiena, le sentivo collegarsi con me, le sentivo mie.Ogni volta che evocavo il bankai era come se Hyorinmaru si fondesse con me, mi avvolgeva offrendomi protezione, mi teneva in piedi offrendomi la possibilità di uccidere. Era tutto quello che mi serviva per combattere. Arrivarono anche gli altri, ognuno con la propria arma, ognuno determinato a non morire. Io li guardai, sembravano totalmente diversi dai compagni “spensierati” che avevo visto prima. Sui loro volti ora c’era solo sicurezza, una sicurezza che mi fece pensare ad una possibile vittoria.

Una possibile vittoria? Contro Aizen? Che mai il pensiero mi avesse anche solo sfiorato.
Ci mise poche mosse per metterci tutti a tacere e come avevo sospettato, quello a cui la maggior parte degli attacchi erano diretti, ero io. “Combattere in gruppo, mai più!” mi dissi mentre un altro fendente della mia alleata mi bucava il fianco. Ci stava mettendo tutti contro tutti, ormai potevi lanciare un attacco nel vuoto e stai sicuro, quello finiva per investire il tuo compagno.
Ormai era il caos, sentivo la testa girarmi “Sto perdendo troppo sangue, di questo passo…” notai che non ero l’unico ferito “bene, siamo fottuti”.
La mia mente ormai aveva tirato la conclusione più logica. L’incontro finì con noi massacrati e lui con neanche una goccia di sudore sulla fronte.

Riandammo in quella sala stanchi morti, quasi trascinandosi. Mi guardai il braccio sinistro, la mano ormai non era neanche recuperabile per non parlare della spalla, completamente distrutta e dilaniata. Tutti ci guardavamo senza dire niente, dov’era finita la nostra sicurezza? Sembravamo un gruppo di codardi o meglio cani bastonati ritornati dal padrone dopo una violenta cattura.
Suigetsu e Uten sembravano quasi tranquilli “ci saranno abituati” pensai. Aizen rientrò nella sala, li vidi come risvegliarsi rivolgendo un piccolo inchino “maestro!” “Aizen Sensei!” Lui li salutò con un cenno della mano, dirigendosi verso il trono, ma si fermò davanti a me “non si saluta? Ghiaccioletto?”io rimasi fermo al mio posto, una mano che premeva sulla spalla “fottiti”, dissi semplicemente. Aizen sorrise “certo che ne hai di coraggio, anche messo così ti ostini a tenere la testa alta” si girò verso di me “ora chiederai scusa da bravo allievo, a meno che tu non voglia perdere entrambe le braccia”. Vidi che Suigetsu e Uten mi guardavano, io non dissi nulla, chiedere scusa?non sono un vigliacco.
Suigetsu si avvicinò a me “ti conviene chiedergli scusa, non è bello perdere le braccia.. io lo so bene” Aizen sembrò quasi divertito da quella situazione “lui non ha paura di perdere qualche arto, in confronto alle tue punizioni, Suigetsu, lui ha passato l’inferno” Io tenevo lo sguardo basso, strinsi la presa sulla mia spalla, il sangue gocciolò lento a terra Suigetsu che mi guardava quasi con pietà.
Sospirai lanciando prima un’occhiata a Suigetsu per poi dirigere il mio sguardo verso Aizen “mi scuso” riuscii a dire, Aizen sorrise soddisfatto “ecco.”
Mi guardò con una tale aria di superiorità che io strinsi per riflesso la presa sulla mia spalla, provocandomi anche dolore.
Lo vidi risedersi sul suo trono,rilassandosi e guardandoci tutti con i suoi occhi taglienti. Mi aveva umiliato, lo aveva fatto di nuovo, quel bastardo mi aveva di nuovo reso il nulla.
 
 
 

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Capitolo 3
*** Fortuna o debolezza ***


Ogni allenamento era come il precedente, un massacro. Cercavamo di aiutarci a vicenda e di rimanere concentrati verso l’obbiettivo, ma niente.  
Finivamo sempre per attaccarci l’un altro, ferirci a vicenda senza la minima speranza di difenderci.
Per fortuna, però, alla fine dell’allenamento venivamo curati e rimessi a nuovo.
Io ormai avevo stretto una piccola amicizia con Uten, il biondino e Suigetsu, la ragazza “ribelle” dai capelli lunghi e neri.
Erano due bravi combattenti, Uten era il migliore degli allievi, i suoi poteri e le sue abilità erano sbalorditive e in battaglia facevano comodo.
Suigetsu invece era testarda quanto forte, ubbidiva sempre al suo maestro anche se a volte anche lei si beccava qualche punizione come me.
Osservavo mentre si rivolgevano a Aizen con quel tono rispettoso, chiamandolo con “maestro”,”sensei” o”Azien-sama”. Io invece, più lo guardavo più non riuscivo a ritenermi inferiore a lui.
Ogni mio errore lui lo commentava con quel tono sarcastico e superiore, per poi darmi la giusta punizione.
A volte riuscivo a tacere a volte no. Anche Suigetsu però, mi sembrava al mio stesso livello di testardaggine.
Qualche volta anche su di lei Aizen usava la forza per metterla a tacere.
Quando succedeva però, lei per un po’ riprendeva ad essere la dolce ed educata Suigetsu, senza un minimo di ribellione.
Perché io non riesco a vedere Aizen in quella maniera? Perché io non riesco a portargli rispetto e a obbedire ai suoi ordini?
Tutte domande inutili che mi rivolgevo….in vano.


Ero da solo con Aizen, mi aveva chiamato perché voleva parlarmi. Io rimasi un po’ a fissare il suo trono. In un silenzio assoluto.
Lui si alzò in piedi lentamente, la sua solita eleganza che accompagnava i suoi gesti.
Il passo calmo che rimbombava sul marmo, un rumore che rimbalzava nella mia mente, un rumore che sembrava staccarsi dalle immagini e andare per conto suo  come se provenisse da qualche altra parte, per andare avanti all’infinito.
Non ebbi il tempo di rendermene conto, che Aizen era a due passi da me.
Io alzai lo sguardo fissandolo dritto negli occhi “perché vuoi parlarmi?” chiesi cercando di rimanere calmo
. Lui si passò una mano nei capelli, sistemandosi il ciuffo che gli scendeva sulla fronte, per poi proferire parola “Devi portarmi più rispetto, non noti anche tu che non ti comporti come gli altri? Vedi di darti una regolata” io strinsi i pugni “non ho motivo per portarti rispetto” dissi in tono secco.
Lui si innervosì appena, avvertii la sua reiatsu che gravava sulle mie spalle.
Non avvertii nemmeno il movimento, la sua velocità non era percettibile.
Mi ritrovai solo contro il muro, la sua mano che mi avvolgeva il collo in una stretta salda “ascoltami moccioso” nel suo tono prima calmo ora c’era una nota di rabbia “il maestro sono io, mettitelo in testa.” Lo guardai dritto negli occhi, uno sguardo di sfida “maestro.. mi dispiace, non riconosco superiore a me una finta divinità traditrice” la stretta sul mio collo si strinse in pochi attimi, l’aria cominciò a mancarmi, portai la mano destra a Hyorinmaru
“Moccioso.. non farmi la predica.. io potrei schiacciarti in ogni momento” disse lui quasi in un sibilo, i suoi occhi si erano ridotti come lame, il suo sguardo glaciale mi costrinse ad abbassare gli occhi “Lasciami..” dissi afferrando l’elsa di Hyorinmaru con una mano, lui sorrise “che intendi fare? Combattere contro di me?non farmi ridere, moccioso” io accennai un sorriso alzando lo sguardo verso di lui, riempiendolo di odio “le tue mani mi fanno ribrezzo, togliti” .
Sapevo di aver superato il limite, la punizione questa volta sarebbe stata un inferno, ma non mi importava, ne valeva la pena. Chiusi gli occhi attendendo il dolore, attendendo anche un piccolo rumore.
Ma niente, non arrivò nemmeno la sua voce con il solito tono di rimprovero.
Li riaprii guardandolo, lui tolse le sue mani dal mio collo. Io mi appoggiai al muro tossendo.
Si girò dandomi le spalle “sei libero di andare” disse, io lo guardai poi senza dire niente scivolai verso la porta andandomene silenziosamente.
Pensai a lungo a c’ho che poteva essergli preso, un attimo di debolezza, pietà nei miei confronti, dubbi su dubbi.
Alla fine lasciai stare, pensando che fosse stata solo fortuna, una gran fortuna. 

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