Somebody to love..

di Flaqui
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Resistenza ***
Capitolo 2: *** Richiesta ***
Capitolo 3: *** Determinazione ***



Capitolo 1
*** Resistenza ***


Capitolo 1
Resistenza

  L’inferno è vuoto, i diavoli sono qui… William Shakespeare


La luna piena navigava alta nel cielo. Nubi trasparenti stracciate dal vento correvano, nascondendosi tra l’ombra della foresta e le colline. Inondati dal chiarore lunare prati e cespugli lasciavano posto ad una strada che biancheggiava fino al lago.
Camminava rapida lungo quella strada e si guardava intorno. Nell’immenso silenzio della notte sentiva solo il rumore dei propri passi. Non si vedevano villaggi e neppure capanne. Non una luce.
Solo quella maledetta luna piena.
Sapeva che in quelle foreste c’erano lupi e orsi. E anche linci e gatti selvatici. Con sé aveva solo il coltellino che era stato di sua sorella, bhe insomma che aveva preso in prestito, ecco; ma la leggenda diceva che quando la luna passava sotto la prima stella della costellazione di Orione le belve delle foreste non ti aggrediscono ma stanno a guardarti dal folto della foresta con i loro terribili occhi gialli. Forse era solo una stupidaggine, ma dopo tutto, cosa era lei, la sua famiglia, quello da cui scappava e quello a cui andava in  contro, e soprattutto quello che cercava disperatamente nel fitto della foresta in una notte di luna piena in cui avrebbe fatto meglio a starsene al riparo, se non una legenda?
Una civetta con il suo volo soffice e silenzioso passò davanti a lei e le lanciò un breve grido di avvertimento prima di sparire dall’altra parte della strada e tra gli alberi. Dopo poco ripassò di nuovo, lanciò un grido acuto e poi si rifugiò sulla chioma di un albero, di nuovo.
La ragazza si bloccò di colpo, un rumore indistinto diventava mano a mano sempre più vicino, mentre la terra quasi tremava sotto il ritmo veloce del cavallo che la inseguiva.
Prese a correre, pensava di averli seminati ormai, loro e i loro stupidi cavalli neri, stupidi mercanti di schiavi con il loro stupido carico.
Corse, corse, corse, corse. Non sapeva dove, non sapeva quanto avrebbe potuto continuare prima di stramazzare al suolo, e quanto ancora avrebbe dovuto trattenere il fiato prima di ritenersi al sicuro.
Sapeva che ormai era inutile nascondersi fra i cespugli, o stringersi il cappuccio del mantello.
Ormai l’avevano vista.
Doveva solo continuare a correre.
Appena mosse un passo per infilarsi fra i cespugli i passi del cavallo si fecero più affrettati,anzi, con una rapida occhiata potè constatare che la figura semi nascosta dall’oscurità era a solo pochi metri da lei.
Riprese a correre ancora più veloce, e sembrava quasi avercela fatta quando si sentii afferrare a una spalla da una mano potente che la strappò dal suolo. Incurante della civetta che gli sbatteva le ali in faccia, l’uomo sistemò la ragazza di traverso davanti a sé sulla groppa del cavallo che fece un brusco giro su se stesso, tornando indietro.
La ragazza si dimenò, cercò di aggredire il suo assalitore, ma fu tutto vano. L’uomo rise dei suoi vani tentativi di liberarsi e strinse ancora di più la presa con cui la imprigionava. Rimase allora a penzoloni, inchiodata alla groppa del cavallo da quella mano d’acciaio.
Il cavallo correva, correva.
Chiuse gli occhi.
 
La ragazza si lasciò scivolare accanto a lui.
Fissava l’acqua scorrere, in un moto infinito, inarrestabile, libera, senza restrizioni.
Le piaceva pensare di essere anche lei libera, impetuosa e inarrestabile come l’acqua.
Il ragazzo che aveva alzato lo sguardo allarmato dal crepitio delle foglie secche, sorrise, tranquillo, poi continuò alla sua precedente occupazione.
Rimise la mano nell’acqua del fiume e annuì assorto, come se stesse dialogando con qualcuno, poi all’improvviso aggrottò la fronte, e chinò il capo come ad invogliare il suo invisibile interlocutore a ripetere ciò che aveva detto.
Il fiume ribollì, le acque si ingrossarono, quasi si stessero inalberando, furibonde, trascinando uno stuolo di foglie verso sud.
La ragazza, incuriosita suo malgrado, imitò il fratello, immergendo anche lei la mano nell’acqua.
“Sono tanti, sono veloci fra poco saranno qui” sussurrò la voce roca del fiume.
“Fra quanto?” chiese sommessamente il ragazzo.
“Chi? Chi sta arrivando?”si intromise lei, odiava essere esclusa da qualcosa, odiava essere messa da parte. Anche da piccola, quando suo padre le diceva che era meglio che restasse a casa, per lasciare agli uomini il dominio, lei si era sempre rifiutata di ascoltarlo, tanto e vero che ormai riusciva a padroneggiarlo meglio di suo fratello, il così detto “uomo di casa”.
“Mercanti, mercanti di schiavi, con già un grosso carico” la informò il fiume“Saranno qui fra una mezzora scarsa.”
“Dobbiamo muoverci”
Il ragazzo ringraziò brevemente il fiume e si alzò velocemente, raccolse la sacca di cuoio nero e se la sistemò per bene a tracolla.
La ragazza rimase immobile, assorta nei suoi pensieri. Mercanti di schiavi. Con un grosso carico. Rabbrividii, poveri ragazzi, chiunque fossero i loro prigionieri li compativa, i mercanti di schiavi non scherzavano, e lei lo sapeva bene. Avevano preso Hope la sua migliore amica l’anno prima insieme alla maggior parte dei ragazzi del suo villaggio.
Chiuse gli occhi al ricordo, l’odore del fuoco ancora nelle narici, quel maledetto fuoco che aveva bruciato tutto il raccolto, e il legno delle loro case. Le urla delle donne, dei bambini, delle persone con cui era vissuta, cresciuta, tutto distrutto.
-Ehi- la voce di suo fratello la riportò alla luce –Dobbiamo muoverci, ora. Vai a svegliare gli altri, io vedo di trovare del cibo per il viaggio-
-E dove intendi trovarlo?- chiese in un rantolo preoccupato lei, ben sapendo dove stava per andare a parare.
-Qui vicino c’è un villaggio. Vedrò cosa posso fare. Voi andate avanti, prendete la strada che passa oltre la foresta, seguite il fiume e non vi perderete-
-Non puoi farlo, è troppo pericoloso. Non hai sentito, ci sono i mercanti di schiavi, non posso lasciarti andare!-
-Smettila di fare la paranoica, non mi succederà niente- le si avvicinò scoccandole un bacio sulla fronte e inspirando con forza.
Poi corse via.
-Stai attento!- gli urlò dietro lei, sorridendo appena quando lui si voltò sempre correndo, per mostrarle il pollice in su. Poi, sospirando con forza, accarezzò l’acqua e andò a svegliare il terzo componente del gruppo.
 
Due persone, una donna sulla trentina, bruna, e una ragazza avvolta in un mantello rosso che le copriva il volto, camminavano veloci, cercando di sfuggire all’inevitabile temporale che stava per colpire la regione, annunciato dalle nuvole nere incombenti dal buio.
La donna lanciò un occhiata perplessa verso il cancello di ferro che segnava l’inizio della città di Terza, capitale della Regione della Terra, che continuava a cigolare producendo un suono di circa diecimila decibel.
-Maledetto cancello- sussurrò adirata.
Le strade buie si diramavano verso il centro della città, e anche se il cielo tetro e scuro non lasciava intravedere neanche il più piccolo raggio di luna, si potevano ben distinguere le torri del palazzo di Terrabit.
-Sua signoria è davvero certa di ciò che sta per fare?- chiese la bionda, per la centesima volta.
-Si te l’ho già detto Malvina- la ragazza sbuffò assumendo un atteggiamento molto poco signorile –Non ho altra scelta. Non potrò mai arrivare fino a lì da sola, ho bisogno del loro aiuto-
-Non capisco perché non ha potuto chiedere aiuto a suo padre, altezza-
La ragazza, si lisciò con cura il vestito di broccato rosso acceso e lanciò un occhiata stanca alla sua accompagnatrice, avevano già affrontato quel discorso un sacco di volte lungo il viaggio.
-Bhe ecco… senti è un onore che mio padre abbia affidato a me questa missione, d’accordo? E non voglio deluderlo. Quindi…-
-Ma non sarà pericoloso?-
-La smetti di dire sciocchezze Malvina?-
La donna tacque e aiutò la sua padroncina ad attraversare la strada, evitando con cura le grandi pozze di acqua.
Butti tempi, sono questipensò fra sé e sé. Davvero brutti. Ricordava ancora quando, nel tempo di splendore del Regno del Fuoco, la regina fosse accompagnata in visita da altri reali da uno stuolo di servi, valletti, damigelle e dame da compagnia. Ora invece, dopo la morte della regina, di cui era stata tutrice, si ritrovava ad accompagnare la principessa, nonché futura erede al trono a piedi, senza carrozza e senza alcun tipo di protezione.
Erano ormai arrivati al cancello del palazzo.
Malvina si apprestò a proseguire, quando la mano della ragazza sulla spalla la bloccò facendola girare su se stessa, e quasi urlare terrorizzata. La donna guardò la sua protetta con spavento e curiosità.
-Torna a casa Malvina -
-Che cosa?-
-Torna a casa, Malvina. Questo non è posto per te. Da ora vado da sola-
Malvina, rimase scioccata per un secondo, poi però il sangue prese a scorrere, dandole la forza della rabbia per protestare.
-Assolutamente no!-
La ragazza la guardò perplessa, sorpresa da tale improvvisa imposizione.
-Non vi lascerò andare da sola! Io vi ho permesso molte cose, signorina, vi ho accompagnato fino a qui a piedi, senza una scorta e di nascosto, ho lasciato la mia casa per seguirvi, perché voi siete come una figlia per me, ma questo non posso permetterlo. Io non vi lascerò qui! Da sola! Al buio!-
La bruna alzò gli occhi al cielo.
- Malvina, torna a casa su-
-No-
-Vai, ora!-
-No!-
- Malvina, te lo ordino-
La donna si morse il labbro.
Non poteva più ribattere. Era la legge. Una tutrice reale poteva imporsi sulla sua protetta, ma se riceveva l’ordine preciso di fare una cosa doveva obbedire. Non capitava spesso che succedesse.
Di solito i capricci degli infanti reali venivano risolti senza arrivare a questo punto.
- Malvina, ti ordino di tornare a casa- la voce della ragazza era quasi supplichevole –Per favore-
-Vuole che io la lasci qui?-
La brunetta annuì, trattenendosi dallo scoppiare a piangere. Lo stava facendo per proteggerla, era per Lola che lo faceva.
-Si-
-Bene, allora io devo andare- sussurrò Malvina.
-Si-
La donna abbassò il capo. Guardò la sua piccola per l’ultima volta e sembrò volesse quasi imparare a memoria il suo viso, per quando non avrebbe più potuto guardarlo.
Poi si voltò e sussurrò –Addio bambina mia-
Corse via.
La ragazza la guardò con un groppo in gola, mentre una parte di lei si complimentava per la sua fermezza, e l’altra gridava, gridava perché voleva che Malvina tornasse da lei.
Era stata la sua mamma per molto tempo, da quando la sua era morta. Ed era davvero orribile doversi separare così da lei.
Ma era solo per il bene di Malvina e di tutti quelli che amava che stava facendo questo.
Si asciugò le lacrime e scosse la testa.
Poi si voltò e aprì il cancello del palazzo.



Hola ragazzeeee!
Come state?
So che alcune di voi mi vorrebbero uccidermi perchè di questa parte sto pubblicando solo one shoot... ma  mi mancava l'ispirazione... comunque vediamo quante di voi riescono ad indovinare chi sono i protagonisti della storia...comunque.. piccola domanda... quale storia volete che aggiorni prima?
Ho pronto il capitolo sia di ?Cause I love the way you lie, sia di I'm just right here... ditemi voi... Bacio!
Vi adoro tutte e spero che sarete clementi... non sarà facile per me confrontarmi con le altre opere d'arte presenti  ma questa storia mi ispira... fatemi saper che cosa ne pensate!
Fra



 



 

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Capitolo 2
*** Richiesta ***


Capitolo 2
Richiesta

 
Nella sala del castello di Terrabit che si affacciava sull’immenso parco sotto il cielo di Terza, capitale della regione della Terra, il re Adolfo Perez Alzamenni, se ne stava tutto impettito nella poltroncina simile a un trono in miniatura e appoggiava i piedi calzati da comode babbucce in raso su un cuscino ricamato di gemme.
Intorno lui, sul pavimento, grandi ceste traboccanti di frutta e verdura della più bella, proveniente dalle serre imperiali, si ammassavano accanto a vasi di fiori e di piante in boccio.
-Eviterai di ritrarre anche i miei piedi, immagino- Adolfo si rivolse al pittore che dritto di fronte a lui lavorava al nuovo quadro che sarebbe andato ad affiancare gli altri dieci, sempre raffiguranti il sovrano, che adornavano il corridoio principale del palazzo, facendo un cenno in direzione delle babbucce.
-Eravamo d’accordo per un mezzo busto all’incirca- rispose il pittore –Costerebbe molto di più se dovessi dipingere l’intera figura- e cercò un colore sulla tavolozza –In ogni caso, questo ritratto sta diventando stupendo. Posso assicurarti che nei secoli futuri farà parlare di me come il geniale pittore Arcimboldo e di te come lo straordinario sovrano che lo fece accorrere alla sua corte-
-Mio signore- esclamò la voce di una donna. Sulla soglia era apparsa una giovane dama dal lungo abito ingioiellato, alla cui vista il sovrano si affrettò a scalciare via le babbucce con l’unico risultato di finire con un piede scalzo e l’altro ancora infilato nella ridicola calzatura –Mio signore c’è qui una ragazza, una ragazza che vuole vederla, dice di essere la figlia del Re del Fuoco, ma ecco io…-
-Lei è qui?- Adolfo corrugò la fronte, per un secondo poi sul suo volto comparve un infido sorriso che non prometteva nulla di buono -Fatela entrare Angelica, fatela entrare subito-
La ragazza che entrò in quella sala era solo l’ombra, l’ombra pallida e impaurita di quella che era stata la principessa del fuoco. Il re sorrise, a quella vista, poi dopo aver ringraziato gentilmente la dama e aver congedato sia lei che il pittore, si issò in tutta la sua altezza e la fissò.
-Mia cara Estefania, da quanto tempo non vieni a trovarmi! Sono sicuro che il mio Nacho ne sarà contentissimo!- esclamò il sovrano alludendo al fidanzamento che sarebbe presto avvenuto fra i due, ottimi amici e teneri fidanzati separati solo dalla distanza.
-Sono felice anche io di vederti Adolfo- rispose seccamente lei.
L’uomo ammirò la sua sfacciataggine, anche conciata come una stracciona aveva i modi e le pretese di una vera reale, peccato che lui ne avesse abbastanza.
-E cosa ti porta qui, mia cara?-
-Ho bisogno di aiuto, Adolfo. Come penso tu sappia papà mi ha dato una missione, e ora sono qui per chiederti il tuo appoggio e quello dei tuoi soldati-
-Si Mauro mi aveva accennato qualcosa… riguarda il prescelto, giusto?-
-Esatto-
-E tu dovresti…-
-Ucciderlo- fu la secca risposta.
Adolfo rimase in silenzio per un secondo buono, a riflettere sul da farsi, prima di sorridere.
-Ma certo. E tuo padre nutre ancora speranze dopo i due primi tentativi che avete fatto?- chiese in un smorfia.
Il volto della ragazza si oscurò per un istante, mentre in suoi occhi si accendevano di rabbia, poi però sembrò padroneggiarsi e tornò tranquilla.
-Ormai è acqua passata. Mio padre crede che questa volta sarà quella buona-
Il sovrano annuì.
-Giusto, come è che si dice non c’è due senza tre, no? oppure la terza è quella buona!- scoppiò a ridere sonoramente –Ecco quello che non mi è chiaro è cosa vuoi tu da me…-
La ragazza alzò gli occhi al cielo e iniziò a parlare lentamente come se stesse spiegando qualcosa ad un ritardato mentale.
In quel momento Adolfo considerò bene la ragazza che aveva di fronte a lui. chissà cosa ci trovava suo figlio in lei. Certo indubbiamente era molto bella.
Aveva lunghi capelli castani, lisci e setosi, un naso piccolo, all’insù, una figura magra ed elegante e una grazia ammirevole che distoglieva l’attenzione dalla mancanza di seno.
Il tutto era coronato da delle labbra che Nacho definiva provocanti e due gambe interminabili che distraevano alquanto.
Ma quanto a carattere lasciava molto a desiderare.
-Non posso certo attraversare l’intera Terra dell’Acqua e la Repubblica dell’Aria da sola e senza una scorta! E tutti gli uomini ai servizi di mio padre sono sul fronte a combattere-
-E quindi vorresti uno dei miei..-
-Esatto-
L’uomo scoppiò a ridere.
-Ma certo, certo, tesoro. Conta pura su di me, ti fornirò ben due delle mie guardie migliori per andare dove meriti-
 
Estefania ringhiò con forza, ma ormai accettava la sconfitta. Sarebbe rimasta a marcire in quella stupida cella fino alla fine dei suoi giorni.

 

IMPORTANTE LEGGETE TUTTO (per favore)

HOLA GENTE!
Ma ragazzuole mie da quanto tempo non ci sentiamo?
Allora come credo abbiate capito questo secondo capitolo è incentrato sull’ultima ragazza del prologo, Tefi, di cui nessuno ha indovinato l’identità..
Spero che il capitolo vi sia piaciuto..
Il finale è un po’ enigmatico e verrà meglio spiegato nei prossimi capitoli in cui scopiremo anche l’identità degli altri personaggi..
Inoltre vorrei farmi due richieste… IMPORTANTE!!
1)Se avrete tempo/voglia/ricordate di recensire potete scrivermi anche quale è il vostro personaggio preferito sia maschile che femminile? (la mia mente diabolica sta partorendo un diabolico piano)
2)Ho appena pubblicato una nuova storia, sul fandom di Harry Potter e mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, sapete sono parecchio nervosa.. vi prwego almeno voi dolcezze mie aiutatemi…
*fa gli occhioni da cucciolo*
GRAZIE MILLE!
Dedicato a lalikky, Marciu96,TEENANGELSeDEMS, Alexiel94, _Valerie_96 e MissTata55
Grazie ragazze
Fra

                                                                                            

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Capitolo 3
*** Determinazione ***


Capitolo 3
Determinazione

 
Melody Paz guidava la sua chiatta mercantile sulle tranquille acque del canale di Territ. Era un nebbioso pomeriggio di fine settembre e Melody si sentì più che sollevata nell’essersi lasciata alle spalle le acque agitate e tempestose del Mare del Nord.
Il vento era calato ma era ancora abbastanza forte da gonfiare la vela bianca della “Snorri”. Si lanciò un occhiata intorno, valutando con aria pensierosa dove fosse meglio attraccare.
Il pontile in legno era lungo e risaliva fino ad una collinetta, sparendo dietro l’imponente insegna di una delle tante locande per marinai del porto. Due giovani pescatori, non più grandi di lei, erano appena tornati da un infruttuosa battuta di pesca e ora sedevano con i piedi a mollo nell’acqua, lanciandosi un rocchetto.
Dalle occhiate che le lanciarono furono di certo più che felici di afferrare le pesanti corde di canapa che lei gettò a riva, e ansiosi di mostrarle le loro capacità, assicurarono con un bel nodo la barca ad uno dei paletti del molo. I due pescatori furono anche più che felici di darle consigli su come ammainare la vela e sul modo migliore per stivare le cime.
Consigli che Melody ignorò, in parte perché capiva poco e niente di quello che dicevano, ma principalmente perché nessuno poteva dire a Melody Paz che cosa fare. Nessuno, nemmeno sua madre.
Anzi, soprattutto non sua madre.
Con la disinvolta abilità di chi ha trascorso le ultime due settimane in mare da sola, la ragazza ammainò la grande vela e arrotolò con cura la pesante stoffa, assicurando il timone e avvolgendo le corde. Infine, ignorando le insistenti proposte d’aiuto srotolò la passerella e scese a terra, con un saltello aggraziato.
Melody era rimasta in mare per più di tre settimane e l’unica cosa che agognava ora era rimettere piede a terra, camminare su un suolo fermo, solido e immobile, e soprattutto non doversi preoccupare della tempesta in arrivo che minacciava di sconvolgere le maree.
I pescatori, che a quel punto avrebbero dovuto essere già tornati a casa dalle rispettive mamme, continuavano a lanciare occhiate insistenti.
-‘Sera bellezza!- le gridò uno di loro, spalle larghe e mani grandi, mentre il suo compare ammiccava con un tono che riteneva malizioso.
Melody li ignorò, arrivò in fondo alla banchina e prese il sentiero alquanto battuto che portava nel cuore della città. La ragazza inspirò con forza l’aria secca, così diversa da quella della terra dove era cresciuta e si guardò intorno, mordendosi il labbro per non saltellare.
Era davvero lì.
Le piaceva già quella nuova terra su cui era approdata, le piacevano le acque verdi e lente del fiume, distanti da quelle trasparenti della sua casa, ma che in un certo senso le davano una sensazione di pace e tranquillità. E le mura che circondavano il castello, così alte e imponenti.
Si incamminò lungo la ripida salita che portava alla Porta Meridionale e inspirò profondamente. Mentre camminava la ragazza notò un vecchio mendicante seduto per terra. Infilò una mano in tasca e estrasse una moneta, per onorare la tradizione del suo popolo che credeva portasse fortuna fare l’elemosina al primo mendicante che si incontrava in paese straniero, e la mise in mano all’uomo.
Solo quando la sua mano attraversò quella dell’uomo, Melody intese che si trattava di un fantasma. Sorpreso dal tocco e vagamente irritato dall’essere appena stato attraversato, lo spettro si alzò e si allontanò. Melody si fermò, ansante, poggiando per terra la sua tracolla in pelle, e si portò una mano alla fronte, mentre finalmente metteva a fuoco l’ambiente attorno a lei.
E quando finalmente potè far quadrare il tutto si sentì mancare. Il castello era pieno di fantasmi che lei, essendo una Veggente di Spiriti, non aveva altra scelta che vedere, che loro scegliessero di apparirle o meno.
Per un attimo fu tentata di tornarsene sulla sua barca, sfidare la acque fredde e ritornarsene a casa, da sua madre, magari nascondendosi sotto le sue coperte calde.
Ma Melody Paz era prima di tutto un mercante, prima ancora che Veggente, e quindi, la cosa che avrebbe fatto, sarebbe stata commerciare.
Non importava quanti spiriti ci fossero.





Angolo Autrice
Lo so, lo so!
Aggiorno questa storia praticamente dopo secoli e con un capitolo brevissimo e assolutamente orrendo..
Sono tanto pentita! Sul serio...
Potete anche tirarmi i pomodori in faccia se vi fa sentire meglio..
Allora ragazze, mi perdonate?
Il personaggio di Mel sembra molto OOC in questo capitolo, ne sono consapevole, eppure se dovessi scegliere una fra le ragazze della Casa capace di attraversare un intero oceano per puro desiderio di avventura, guadagno e fama, determinata e pronta a tutto... bhe io sceglierei proprio lei..
Un enorme e grandissimissimo bacione alle sei (SEI!!!!) ragazze che hanno recensito il precedente capitolo (leggi orrore), siete tutte nel mio cuore!
Bacioniiii
Fra

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