Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
I corridoi di Malfoy Manor erano umidi e tetri da quando
era diventata la sede del mago oscuro più potente di sempre, Lord Voldemort.
La Hall, dai raffinati marmi lucidi e freddi era
percorsa da due figure, i loro passi interrompevano il silenzio che altrimenti
imperava in quella dimora, un tempo luminosa e sprizzante ricchezza ed orgoglio
dell’antica casata Malfoy.
Una delle due figure, ricurva e dal passo
strascicato per la stanchezza, era Lucius Malfoy, che come la sua casa era il
ritratto del decadimento morale in cui era finita la sua famiglia da quando la
seconda guerra magica era cominciata.
L’altra figura camminava sicura, eretta e fiera
verso la loro destinazione, alcuni passi d’innanzi al Mangiamorte.
-Lucius, è tutto pronto?- chiese il mago oscuro con
voce sibilante.
-sì mio signore, come avevate predisposto-
Voldemort sorrise compiaciuto.
-Molto bene-
-…Mio signore…siete convinto di voler procedere? Non
credete che sia rischioso? La mente del giovane…abbiamo già avuto prova in passato
di quanto sia..imprevedibile mantenerne il controllo…-
Voldemort si bloccò improvvisamente e con uno
sguardo pieno d’ira e disgusto scrutò il suo seguace.
-Lucius, patetico mio seguace! Non credi che sappia
cosa sto facendo? Io, il più potente dei maghi? È vero, in passato il ragazzo è
riuscito a liberarsi di me, ma questa volta nessuna protezione materna… e
grazie a Severus nessun…preside babbanofilo potrà fermarmi, ho pensato a
tutto!-
-Certo, ma certo mio signore…chiedo perdono-
-concesso ancora una volta, Lucius…ed ora andiamo,
non c’è tempo da perdere!-
Ripresero il cammino verso la loro destinazione, che
si rivelò essere la biblioteca. In essa solo i libri erano rimasti al loro
posto, il resto della mobilia era stato accatastato alle pareti per far spazio
ad un tavolo per le pozioni ristoratrici e con altri intenti curativi e ad una
poltrona reclinata in pelle nera. L’unica luce ad illuminare d’arancione la
stanza proveniva dal grande camino acceso.
Voldemort si sedette sulla poltrona ed appoggiò le
mani innaturalmente affusolate sui manici di legno intarsiato. Chiuse gli occhi
e corrugò la fronte per concentrarsi mentre Lucius aveva il compito di
osservare il suo padrone ed essere pronto ad intervenire per eventuali
anomalie.
Dalle palpebre chiuse di Voldemort si poteva
intravedere il movimento a scatti delle pupille che esse celavano. Poi,
improvvisamente aprì gli occhi e ghignò trionfante.
-Bene, il ragazzo sta dormendo profondamente. Sarà
meglio intervenire ora che è più vulnerabile. Lucius, sai già cosa fare qualora
fosse necessario-
-Certamente, mio signore-
Voldemort annuì ed appoggiò nuovamente la testa allo
schienale della poltrona.
Prima di chiudere gli occhi, rise sommessamente e
disse:
-Da stanotte, il Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto, il
Salvatore del Mondo Magico…sarà mio- disse sprezzante. Poi continuò:
- Riesci ad immaginarlo, Lucius? Cosa dirà la gente,
i suoi amici? Come alcuni anni fa, quando scoprirono che parlava la lingua dei
serpenti…? Tutti lo abbandoneranno appena scopriranno che il loro Golden Boy è
diventato…un Mangiamorte!-
Detto questo, Voldemort chiuse gli occhi e prese un
respiro profondo: era pronto per viaggiare mentalmente fino al numero quattro
di Privet Drive…per entrare nella mente di Harry Potter.
Oops
I did it again! :D
Ecco un’altra
fanfiction…invece di scrivere i capitoli delle altre storie che devo
aggiornare, ecco che *zac!* come se fossi stata fulminata sulla via di Damasco,
l’ispirazione ha avuto la meglio e ho dovuto scrivere anche questa! Non vi
preoccupate, ho imparato dagli errori del passato e adesso mi premuro sempre di
scrivere uno schema ed un riassunto per tutte le storie dal primo capitolo
all’ultimo, perciò non c’è il rischio che abbia il blocco dello scrittore e che
lasci le cose a metà.
Spero che anche questa What if (ormai sono abbonata) vi
abbia stuzzicato la curiosità. J
Faceva molto caldo a Privet Drive e per Harry non era stato facile
riuscire ad addormentarsi perché la sua camera si trovava i
CAPITOLO I
Faceva molto caldo a Privet Drive e per Harry non era
stato facile riuscire ad addormentarsi perché la sua camera si trovava in un
punto della casa che durante il giorno era sempre in battuta di sole, perciò il
caldo si accumulava tra quelle quattro pareti spoglie della seconda stanza di
Dudley.
Era immerso in un sonno profondo senza sogni quando
lo sentì: un dolore acuto lo investì attraverso la cicatrice, ma invece di
balzare in piedi come le altre volte in cui era successo, si rese conto che non
riusciva a svegliarsi e il panico lo avvolse.
“Ma che diavolo…perché non riesco a svegliarmi?” pensò agitato.
Poi, improvvisamente sentì la tipica sensazione di cadere
nel vuoto, però prolungata per alcuni secondi che gli sembrarono un’eternità. Continuò
a sforzarsi di aprire gli occhi, fino a quando ci riuscì, ma non era preparato
a ciò che vide.
Si trovava in un luogo tremendamente famigliare: il
cimitero dove alcuni anni prima Voldemort aveva ripreso vita.
Harry sentì il suo cuore battere più forte e il suo
respiro sembrava produrre un rumore troppo forte rispetto al silenzio imperante
del luogo. Si guardò intorno frenetico, poi si girò di scatto verso il luogo da
cui aveva sentito un rumore di passi. Dalle ombre uscì proprio lui: Lord Voldemort
in persona.
Harry sgranò gli occhi e la sua mano scattò
automaticamente verso la sua tasca, ma non trovò la sua bacchetta, tuttavia
nascose la sua paura dietro ad un’espressione decisa.
-Sto sognando, giusto?- disse a Voldemort.
-Ma come, Harry? Non ti hanno insegnato a salutare
prima di fare domande?- rispose il signore oscuro con tono canzonatorio.
-Cosa ci faccio qui?- chiese Harry imperterrito.
-Tsk tsk…tutte queste domande…e nessuna risposta,
vero? Dimmi, Harry…Silente ha mai risposto alle tue domande? Ha mai fatto
qualcosa per…calmare i tuoi dubbi, le tue preoccupazioni?-
-Smettila di giocare, Tom! Arriva al dunque oppure
lasciami andare!- disse Harry irato.
Voldemort sorrise beffardo.
-Rabbia…oh sì, è proprio di lei che avremo bisogno
per quello che voglio farti Harry!-
-Quello che…cos’è che vuoi farmi? A parte uccidermi
intendo!-
-Ucciderti? Oh no, stavo pensando a qualcosa di
diverso perché vedi Harry…dopo stanotte, fra un po’ di tempo, quando nessuno
vorrà più avere niente a che fare con te, quando avrai perso tutto…sarai tu a
venire da me e chiedermi di morire!-
Harry lo guardò spaventato.
-Stai mentendo…sei un illuso!-
-Ah…ma l’illuso sei tu, Harry! Dove eravamo rimasti?
Sì…la rabbia-
-…il tuo piano sarebbe farmi morire di rabbia?-
disse Harry sarcastico.
Voldemort ridacchiò e si avvicinò al giovane con
passi lenti e decisi, mentre Harry arretrava fino a trovarsi con la schiena
contro una tomba.
“Oh no di nuovo!” pensò Harry inorridito.
Voldemort si avvicinò molto, allungò il braccio
sinistro e dopo aver scostato la frangia di Harry, appoggiò la mano alla tomba,
dietro la testa del giovane.
Con voce sommessa parlò a pochi centimetri dal viso
di Harry.
-Non ho bisogno di darti motivi per essere
arrabbiato, ragazzo. Tu lo sei già -
-Ma davvero?- disse Harry per nulla convinto.
-Parlavamo di illusioni, giusto? Quante volte sei
rimasto vittima delle falsità create dal caro preside? Tutta la tua vita prima
di entrare ad Hogwarts…e anche dopo! Tutti quegli anni vissuti con i tuoi zii
che ti hanno trattato come uno scherzo della natura, che ti hanno mentito sulla
tua famiglia…come definivano i tuoi genitori? Degli ubriaconi,
vero?-
Harry
strinse i denti. “non devo lasciare che mi provochi!”
Voldemort si staccò dalla lapide e girò lentamente intorno
alla tomba mentre continuava a parlare.
-Ti hanno mentito Harry, e poi ti hanno rinchiuso in
un sottoscala…e una volta giunto ad Hogwarts, Silente, che ti aveva abbandonato
nelle mani dei babbani, invece di cercare di rimediare ti ha raccontato altre
bugie… ancora e ancora!-
Harry non poteva farci niente: quei ricordi
bruciavano come sale sulla pelle viva. Strinse i pugni e cercò di calmarsi, ma
le parole di Voldemort sembravano benzina lanciata su un fuoco che non poteva
fare altro che crescere a dismisura.
-per non parlare di quando i tuoi amici ti
abbandonarono al secondo anno appena scoprirono che parlavi Serpentese…li avevi
delusi!-
-Questo non è vero!- disse Harry quasi ringhiando.
-Invece sì! E poi…Sirius Black…il tuo padrino abbandonato
ad Azkaban, senza possibilità di difendersi, senza prove certe…tredici anni in
cui avrebbe potuto crescerti…e poi imprigionato ancora nella casa della sua
odiata famiglia. Infine è morto e Silente non ha fatto niente per impedirlo. E
adesso sei allo sbaraglio, senza guida…per questo devi ringraziare Piton!-
A sentire quel nome, Harry si sentì quasi esplodere
d’ira.
-Piton! Lo ha tradito…come ha potuto…io…-
Voldemort spalancò gli occhi, guardandolo con
un’espressione che si poteva definire famelica.
-vai avanti Harry…tu cosa?-
-io…lo odio!-
Voldemort, come un serpente che ne aveva abbastanza di
osservare la sua preda, sferrò il suo attacco: afferrò d’improvviso il braccio
sinistro del ragazzo e con uno strattone verso il basso lo mise in ginocchio. I
suoi occhi divennero ancora più rossi e puntando la bacchetta sull’avambraccio
di Harry pronunciò:
-Morsmordre!-
Harry dovette chiudere gli occhi e gli sfuggì un
grido di dolore. Non era solo il braccio a fargli male, ma anche la cicatrice
sembrava volesse squarciarsi in due.
Quando riuscì di nuovo ad aprire gli occhi gonfi di
lacrime di dolore, notò inorridito che sul suo avambraccio ora c’era il marchio
nero.
-No, impossibile!- disse con voce tremula.
-Oh, sì invece…l’odio e la rabbia Harry…questi
sentimenti sono necessari affinché il marchio nero possa risiedere sotto la tua
pelle…e nella tua anima!-
-no…non è vero!-
Voldemort si allontanò di qualche passo dal giovane
ancora accasciato a terra.
-D’ora in poi non potrai più sfuggirmi, mi basterà
convocarti per eliminarti definitivamente, ma non stanotte- poi continuò con
tono tranquillo.
-Vedi, se voglio che il mondo magico riconosca la
mia autorità, devo fare le cose in modo…plateale, perciò la tua morte sarà
pubblica e mi assicurerò che nessuno pensi di potermi sfidare di nuovo. E
poi…non vedo l’ora di assistere al tuo crollo quando tutte le persone a te care
ti volteranno le spalle!-
Harry non riusciva a parlare, guardava sconvolto
quel mostro ed era bloccato dall’orrore di quello che gli era appena successo.
-Beh, direi che per stanotte è tutto, sono stufo di
rimanere nella tua testa vuota!-
-Siamo nella mia mente? Ma allora era tutto un
sogno!- Harry rise nervosamente.
-Un sogno?- Voldemort scoppiò a ridere e la sua
risata malvagia rimbombò nel cimitero deserto. Mentre la sua risata andava spegnendosi,
si avvicinò al ragazzo che con fatica si reggeva sulle gambe traballanti.
Harry stavolta non arretrò e quando il palmo della
mano destra di Voldemort si posizionò davanti ai suoi occhi, il ragazzo fu
investito da una luce abbagliante e…si ritrovò in camera sua.
Seppur di nuovo cosciente, non riuscì a formulare
alcun pensiero coerente perché il dolore sordo al suo avambraccio lo investì
per primo.
Guardò il suo braccio sinistro. Su di esso si
stagliava per davvero il Marchio Nero.
Dunque dunque: ecco il primo capitolo! Il prologo
era molto corto e forse per questo non deve aver appassionato in molti, ma
spero che questo capitolo possa aver miglior successo. Oppure la trama non
piace? :S può dardi…non tutte le fanfictions vengono col buco! :P
Aspetto di vedere come va, altrimenti pazienza.
Visto che ormai l’ho scritta tutta, al limite la pubblico tutta insieme così mi
dedico solo alle altre fanfic a cui sto già lavorando, non è la fine del
mondo!^^
Mancava poco al sorgere del sole, ma a Spinner’s End la luce non si era
ancora spenta dalla sera precedente
CAPITOLO II
Mancava poco al sorgere del sole, ma a Spinner’s End
la luce non si era ancora spenta dalla sera precedente.
Severus Piton non riusciva a dormire: solo la sera
prima aveva ricevuto l’annuncio che sarebbe diventato preside di Hogwarts,
perciò doveva prepararsi ad affrontare di persona i suoi colleghi e soprattutto
Minerva. I Carrows erano diventati professori e non erano solamente spietati,
ma anche astuti perciò se avesse abbassato la guardia anche per un solo
istante, loro lo avrebbero scoperto e avrebbero riferito al Signore Oscuro.
Per questo era necessario rinunciare alla fiducia e
rispetto della sua ex professoressa e degli altri professori… “tutto per il grande
bene…”
Si trovava seduto scompostamente sulla sua poltrona
nera reggendosi la testa con un braccio e con lo sguardo fisso in un punto
polveroso della stanza, quando la sua attenzione fu catturata dal crepitio del
fuoco spento: qualcuno stava attivando la metropolvere.
-Severus!- la voce roca di
Lucius Malfoy conteneva una nota di entusiasmo allarmante.
-Lucius! Cosa ti porta nella mia casa, a quest’ora
del mattino?-
-Severus, il Signore Oscuro c’è riuscito!-
-Riuscito…in cosa?-
-ha in mente un piano…non riesco a crederci! E adesso…sarà
lui a consegnarsi a noi!-
-Lucius…stai delirando? Non riesco a capire, calmati
e spiega lentamente!-
“Azkaban deve avergli fatto un certo effetto…”
pensò Severus.
-Non c’è niente da spiegare!- disse con sguardo spiritato.
Poi aggiunse:
-Potter è stato marchiato…è suo ora!-
Il cuore di Severus cominciò a battere forte.
-Come…marchiato?- domandò, quasi sussurrando.
-Stanotte…è entrato nella sua mente…lo ha convinto,
credo! Ed ora sul suo avambraccio sfoggia il Marchio Nero…è in trappola!-
Severus nascose magistralmente il suo shock e dopo
aver scambiato qualche convenevole con Malfoy, i due si salutarono e nel
momento in cui le fiamme verdi della metropolvere si estinsero, il pozionista
si lasciò cadere sulle ginocchia e prese dei respiri affannati, mentre i suoi
occhi si guardavano intorno febbrilmente, come se la soluzione potesse trovarsi
tra quelle quattro mura ammuffite.
“Albus…e ora?”
Non sapeva cosa fare, ma una cosa era certa: quello
che era successo cambiava radicalmente le carte in tavola.
Prima di tutto avrebbe dovuto prelevare Potter da
Privet Drive, secondo…
Doveva contattare l’Ordine della Fenice e Minerva
McGranitt era l’unica persona che gli avrebbe dato ascolto. O almeno così
sperava.
In ogni caso non poteva permettersi di essere
catturato, perciò avrebbe preso Potter e se si fosse rivelato necessario, lo
avrebbe utilizzato come ostaggio per impedire il suo arresto.
Era consapevole che ci sarebbe stato qualcuno a
sorvegliare la casa, ma era anche vero che non poteva entrarci a causa dell’incanto
fidelius, l’unica possibilità era sperare che il ragazzo cercasse aiuto in uno
dei suoi sorveglianti e per farlo avrebbe dovuto uscire di casa.
Severus si alzò in piedi, prese un respiro profondo
e dopo aver preso una fiala dal suo laboratorio e averla nascosta tra i suoi
abiti, si infilò il mantello nero, spense le luci, chiuse la porta d’ingresso e
con passo deciso si avviò a piedi per la strada semibuia a causa dei lampioni dalla
barlume arancione e tremolante.
A pochi metri dalla casa dei Dursley, Severus si
fermò e chiuse gli occhi.
Grazie all’occlumanzia poteva raggiungere le menti
dei presenti. Scansò abilmente I pensieri dei babbani e si concentrò su quelli
dei maghi presenti.
Erano tre e uno di loro era Lupin.
“perfetto! Il ragazzo andrà dritto da lui!”
Lanciò prima l’incantesimo Muffliato e poi si avvicinò circospetto
ai due membri dell’Ordine. Dei due riconobbe solo Bill Weasley e li lanciò un
incantesimo per farli addormentare. Lupin però non era stupido e si accorse
immediatamente. Come vide Severus sgranò gli occhi, ma Piton non gli permise di
reagire e lo fece addormentare con un gesto rapido della sua bacchetta. Severus
prese Lupin al volo e lo adagiò dietro ad un albero, mentre gli prendeva un
capello.
Tirò fuori la fiala che conteneva la pozione
Polisucco e si trasformò in Lupin. Trasfigurò i suoi vestiti e, contro le
regole di sorveglianza dell’Ordine si mostrò apertamente, cioè ignorò l’ordine
di non farsi vedere né da Harry, né da nessun altro e si appostò sul
marciapiede illuminato.
Il suo piano funzionò perché dopo pochi minuti la
porta di casa Dursley gli fu visibile e il ragazzo, sudato, pallido e scalzo si
avvicinò a lui con passo rapido ed instabile.
-Remus! Meno male che sei qui! Non so cosa fare!-
Severus notò come il giovane si premeva la mano
destra sull’avambraccio sinistro. Poteva ben immaginare il dolore che il
ragazzo stava provando perciò non gli fu difficile recitare la parte del
preoccupato, simpatetico Remus Lupin.
-Harry! Calmati e dimmi cosa ti è successo!-
Il ragazzo raccontò quello che era accaduto nel
cimitero, o meglio nella sua mente.
-Ti porto al quartier generale, ma prima devi venire
con me, devo contattare Minerva e direi che del dittamo non ti farebbe male-
Harry lo guardò stranito: non sarebbe stato meglio
smaterializzarsi direttamente a Grimmauld Place? In fondo il blocco
antismaterializzazione era stato instaurato solo per coloro che praticavano
magia nera e in particolare per Piton, ma non disse nulla e seguì Remus. In fondo
era ancora sconvolto, ma Lupin gli si avvicinò con sguardo affettuoso e chiamò
a sé le scarpe del giovane con l’incantesimo d’appello.
-Grazie…-
-Di nulla, Harry!-
Questo gesto gentile lo calmò, ma man mano che
avanzavano per le strade Harry iniziò ad essere sempre più sospettoso, inoltre
il suo ex professore camminava in silenzio e ogni tanto gli lanciava occhiate
furtive…calcolatrici, insolite per quell’uomo sempre comprensivo, come se si
aspettasse qualcosa.
Si bloccò di scatto e inorridì quando vide il
cartello di Spinner’s End.
Il falso Remus si bloccò e studiò lo sguardo del
giovane, ancora più pallido, che stava arretrando e boccheggiava, come se
cercasse di parlare ma non ci riuscisse. Ecco cosa stava aspettando: il momento
in cui il ragazzo avrebbe realizzato.
Piton capì che il ragazzo era arrivato alla giusta
conclusione e senza dargli tempo di reagire lo afferrò fortemente per l’avambraccio
dolente, Harry quasi si accasciò per il dolore e il suo urlo fu soffocato dall’altra
mano del professore, che lo trascinò fino a quando non si trovarono nel salotto
di casa e con uno spintone fece cadere Harry sulla poltrona.
Harry ansimava dal dolore e stava raccogliendo fiato
per gridare contro il traditore, ma Piton lo anticipò.
-Ora ascoltami bene: per quanto mi dispiaccia
ammetterlo, io ne so quanto te, per questo devo contattare la professoressa McGranitt
e consegnarti a lei che sicuramente saprà trovare un modo di proteggerti visto
che Privet Drive si è rivelata insufficiente-
-Ma…-
-Non interrompermi! Ora pretendo silenzio e parlerai
solo quando te lo dico io!-
-Non credo proprio! Non ho intenzione di starmene
zitto! Mi lasci subito andare…!-
Severus non gli diede il tempo di finire la frase e
di alzarsi in piedi che lo zittì con un incantesimo e lo legò alla poltrona con
un incanto non verbale. Pochi istanti dopo e anche il suo aspetto tornò quello
originario, così trasfigurò di nuovo i suoi abiti.
-Ora va meglio- disse con un ghigno soddisfatto.
Ignorò lo sguardo infuriato del giovane, buttò la
polvere nel camino e pronunciò la sua destinazione, cioè lo studio della
McGranitt.
Provò a chiamarla per nome un paio di volte, ma era
ancora mattina presto e forse era nelle sue stanze private, così tolse la testa
dalle fiamme verdi e pensieroso adocchiò il giovane.
Sapeva che il ragazzo non sarebbe stato in grado di
liberarsi e poi necessitava di un impacco per alleviare il marchio, perciò non
poteva permettersi di aspettare l’arrivo della professoressa e quindi aumentò
gli incantesimi protettivi della casa e attraversò completamente le fiamme
verdi.
Si trovò nello studio della vicepreside, a malapena
illuminato dal sole che sorgeva all’orizzonte.
-Minerva…- chiamò con tono insicuro.
Non giunse risposta, così sbuffò, combattuto sul da
farsi. Si guardò intorno cercando la porta delle stanze private. Mentre cercava
a tentoni una porta, il suo sguardo cadeva su quei mobili che gli erano
famigliari dato che per colpa dei Malandrini era stato spesso messo in
punizione dalla donna e per questo sulle sue labbra si disegnò un sorriso
nostalgico, tuttavia durò poco perché questa distrazione gli costò una
bacchetta puntata al collo.
-Minerva…-
-Severus- disse lei con voce tremolante di…rabbia? Tristezza?
Severus non sapeva dirlo… non era mai riuscito a comprendere appieno la maga.
Deglutì rumorosamente e non osò muoversi.
-Minerva, il ragazzo…-
-Ce l’ hai tu ?
Lo hai già
consegnato a Voldemort ?- disse lei con tono lapidario.
-E’ a casa mia, ma prima devi ascoltare cosa ho da
dirti!-
-Perché dovrei? Sarai contento di aver guadagnato
ancora una volta la fiducia e la stima del tuo Signore…la nostra non era
sufficiente vero?-
Le parole della maga furono come pugnalate su ferite
già lacerate.
-No, Minerva…non c’è tempo per spiegare ora, ho
bisogno che tu mi creda ancora una volta, altrimenti il ragazzo è perso per
sempre!-
-Cosa intendi dire?-
-Toglimi la bacchetta dal collo e ti spiegherò
tutto-
La McGranitt abbassò lentamente la bacchetta e
Severus si voltò e la vide per la prima volta dopo quasi due mesi.
Era invecchiata e le linee del suo viso erano ancora
più profonde, proprio come era accaduto a lui. Era chiaro che la guerra stava
avendo il suo effetto su entrambi.
Non potevano sprecare altro tempo, perciò Severus
parlò.
-Il ragazzo stanotte è stato marchiato dal Signore
Oscuro, che pensa così di poterlo controllare. Ancora non ne abbiamo avuto
prova, ma ora, più che mai avrà bisogno della vostra protezione e direi che una
consultazione con il ritratto di Albus sia d’obbligo-
Minerva impallidì.
-Tu…vuoi parlare con Albus? Dopo quello che hai
fatto? E il ragazzo? È solo a casa tua?-
-Sì è da me…se non vuoi farmi parlare con Albus
almeno parlaci tu e convoca l’Ordine per intero, non sappiamo come questo
evento affliggerà Potter e per sicurezza è meglio essere preparati al peggio,
per questo devi riunire tutti!-
Minerva lo squadrò attentamente e strinse le labbra
sottili.
-E va bene, li convoco, ma tu portami il ragazzo e
ti lascerò andare-
Severus la guardò sospettoso.
-Come mi lascerai…-
Non finì la frase che i suoi occhi furono catturati
da un luccichio colorato ai suoi piedi. Emise uno sbuffo di incredulità.
-Mi hai…-
-Ti ho appena imprigionato in questa stanza con delle
rune antiche, sì. Nel momento in cui la lascerai avrai pochi secondi per
tornare nel cerchio e vivrai solo se avrai con te il ragazzo. Beh, che aspetti?
Non hai dimenticato la strada di casa, vero?-
Severus non sapeva se provare più ammirazione o
paura per quella donna, così uscì dal cerchio luminoso e sotto lo sguardo
penetrante della donna si avviò verso il camino, borbottando:
-Maledettamente geniale…- E scomparve tra le fiamme
verdi.
Ecco il nuovo capitolo!
Nel prossimo ci saranno le reazioni dei principali
protagonisti, intanto in questo avrete notato che ho lasciato un po’ di spazio
a Minerva McGranitt perché mi sembrava giusto omaggiarla con una scena in cui
si sottolinea la sua abilità ed intelligenza, inoltre volevo renderla simile a
quella che è la mia interpretazione del personaggio, cioè né buona ma nemmeno
cattiva, diciamo…grigia, nel senso che non si fa molti problemi nell’usare i
suoi poteri pur di proteggere Harry. Inoltre mi piace farla interagire con
Severus, anche se nelle mie storie non compare quasi mai. Perciò almeno in
questa dovevo renderle giustizia!
Harry sobbalzò quando dal camino si levarono nuovamente le fiamme verdi
che segnalavano il ritorno del suo ex professore
CAPITOLO III
Harry sobbalzò quando dal camino si levarono nuovamente le
fiamme verdi che segnalavano il ritorno del suo ex professore. Infatti l’uomo
comparve pochi istanti dopo con un cipiglio irritato e subito il suo sguardo si
fissò sul ragazzo, visibilmente sofferente a causa del marchio.
Severus, che si stava avvicinando alla poltrona su
cui sedeva il giovane con passo deciso rallentò i suoi passi che si fecero
incerti. Harry notò che il professore, seppur improvvisamente pensieroso,
cercava di rimanere impassibile ma nello sguardo dell’uomo ci
lesse…preoccupazione?
Il professore strinse le labbra in una linea sottile
e i suoi occhi si fissarono su una porta che portava al piano sottostante.
Guardò di nuovo verso il camino e poi il giovane, infine scattò e disse:
-torno subito!- e con una velocità che sorprese
Harry si precipitò giù per le scale.
Quando Harry lo vide tornare al primo piano, l’uomo
aveva assunto un colorito malsano e del sudore freddo gli imperlava la fronte.
Senza troppe cerimonie afferrò Harry per il braccio
destro, lo fece alzare bruscamente dalla poltrona e gli mise in mano una
fialetta.
-Intanto prendi questa, farà andare via il dolore.
Che aspetti? Muoviti a berla, dobbiamo andare!- disse Severus con voce roca,
come se avesse fatto una maratona invece che una rampa di scale.
Harry non si fidava e scosse la testa in diniego.
Il professore però stava esaurendo il suo tempo,
così sorprese il giovane chiudendogli il naso con una mano e il ragazzo, preso
alla sprovvista spalancò la bocca e Piton gli versò la pozione in gola.
Harry lo guardò furioso tra un colpo di tosse e
l’altro, ma non riuscì a dire una parola che si ritrovò immerso nella luce
verde delle fiamme. Quando riaprì gli occhi lacrimanti si ritrovò nell’ufficio
della McGranitt.
Notò per prima la maga, poi Remus e i signori
Weasley con le bacchette sguainate, solo dopo si accorse che Piton, il quale
aveva assunto una pessima cera, si era trascinato a fatica dentro un cerchio di
rune luminose e stava prendendo respiri profondi e sembrava sollevato, anche se
stava fissando il giovane con uno sguardo che avrebbe potuto incenerire sul
posto il Ragazzo Sopravvissuto.
-Piton! Perché ci hai messo tanto a ritornare? Cosa
gli hai fatto?- esclamò Lupin che nel frattempo si era avvicinato al giovane
per vedere se era ferito.
-Niente…- sussurrò Harry.
-Niente? Ti ho dato una pozione contro il dolore
rischiando di morire, imbecille!- si intromise Severus, ottenendo solo degli
sguardi arrabbiati e una Molly Weasley minacciosa.
-Molly,
Remus, calmiamoci. Harry ha bisogno di cure- Minerva chiamò un elfo che le portò del
dittamo con cui Molly curò il ragazzo.
Mentre Severus era ancora accasciato a terra,
indebolito e con la testa che non smetteva di girare, gli altri, compresi Molly
ed Harry si sedettero attorno alla scrivania della professoressa.
Harry raccontò come erano andate le cose e quando arrivò
al punto in cui Piton aveva eluso la sorveglianza dell’Ordine, Remus fissò
irritato Severus che rispose con un ghigno soddisfatto. Quando il ragazzo finì
il racconto, Arthur intervenne:
-E adesso? Cosa ne sarà di Harry? Come facciamo a
sapere quanto verrà influenzato dal Marchio? E’ posseduto? Come facciamo a
sapere se stiamo parlando con Harry…o con Voldemort?-
Harry sgranò gli occhi sorpreso.
-Come con chi stiamo parlando? Sono sempre me
stesso! Non sono posseduto!- disse il giovane, ma gli sguardi degli adulti non
erano convinti.
-Potter…appena sei arrivato ho lanciato un
incantesimo che segnala se una persona è posseduta oppure no…e il risultato non
era chiaro, ma nemmeno rassicurante- disse la McGranitt con voce pacata, come a
non volerlo spaventare.
-No! Sono me stesso, lo sento!-
-Harry, se anche adesso non sei posseduto…come la
mettiamo con il fatto che hai il marchio? Da esso Voldemort può convocarti a
sé, controllare le tue azioni…il tuo comportamento, il tuo corpo…risponderebbe
ai suoi ordini, non ai tuoi! Per non parlare del legame che avevi già
attraverso la cicatrice…- disse Remus stancamente.
-E quindi?- intervenne Severus stupendo i presenti.
-E quindi cosa, Severus?- disse la McGranitt
irritata.
-Cosa intendete fare? Abbandonarlo al suo destino?-
-No, certo che no, ma ora dobbiamo pensare bene a
come muoverci - disse Remus.
La McGranitt prese un respiro profondo e diede voce
ai suoi ragionamenti.
-Immagino che per prima cosa dovremo cercare un
posto sicuro, dove tenerlo nascosto, da cui è impossibile smaterializzarsi.
Seconda cosa…Harry mi dispiace ma dovremo toglierti la bacchetta, non sei
affidabile-
Harry la guardò inorridito.
-No! Professoressa! ci deve essere un’altra
soluzione!-
-Harry, la professoressa ha ragione, non ci sono
altre soluzioni!- disse Molly con sguardo triste e accarezzandogli la mano.
Harry scostò la sua e la guardò tradito.
-Mi volete rinchiudere e togliermi la possibilità di
fare magia? È questa la vostra soluzione? Perché non mi uccidete direttamente?-
-Potter non usare quel tono!- lo rimproverò la
McGranitt.
-Non usare…ma vi sentite? Non vi rendete conto?
Adesso vi sto scomodo, vero? Beh, io non ci sto, me ne voglio andare!- Harry si
alzò buttando a terra la sedia e si diresse verso la porta con passi pesanti di
rabbia.
Remus si alzò in piedi e lo afferrò per le spalle.
-Lasciami andare!-
-No, Harry! Ascoltaci per una buona volta! Quello
che ti è successo non è gestibile diversamente per ora! Abbiamo bisogno di
tempo per capire come agire!-
-Allora trovate un modo per togliermi il marchio!-
-Non sappiamo se si può fare, Harry! Non ci sono
testimonianze che qualcosa del genere sia mai accaduto- disse la McGranitt che
nel frattempo si era avvicinata.
-e allora ci dovrò convivere…troverò un modo per
controllarmi, ma per favore non rinchiudetemi!-
Remus scosse la testa.
-Mi dispiace Harry…-
-NO!- urlò il giovane spaventato che perse il
controllo della sua magia e Remus venne scaraventato dalla parte opposta della
stanza.
I presenti sguainarono immediatamente le bacchette e
le puntarono sul giovane.
Harry spostò lo sguardo sorpeso da Remus, il quale
si stava alzando lentamente dal punto in cui si era accasciato, agli altri
maghi che lo guardavano allarmati e cupi in volto.
Harry si sentì tradito e provò come una sensazione
dolorosa di vuoto a livello dei petto.
Molly si avvicinò cautamente e lo fissò negli occhi.
Quando vide che le sue iridi erano ancora verdi tirò un sospiro di sollievo.
-Ah meno male, sei ancora tu!-
-Io…mi dispiace…ho solo…vi prego, non voglio essere
rinchiuso!-
-Harry…hai visto cosa è successo? Mi dispiace, ma
non sei affidabile e ancora non sappiamo fino a che punto Voldemort possa
controllarti…temo che Albus abbia sbagliato- disse Arthur.
-Sbagliato?- chiese la McGranitt.
-Sì insomma, forse non è lui il Prescelto…- spiegò
Arthur.
Harry scoppiò in una risata amara.
-Ho sperato per tanto tempo di non essere io a
coprire quel ruolo…e ora…- disse Harry scotendo la testa amareggiato.
Questa reazione però non fece che allarmare gli
altri maghi, che accecati dalle loro paure videro solo un ragazzo arrabbiato e
cupo, come lo era stato il giovane Riddle.
-Fatemi capire…lo volete davvero rinchiudere? E poi?
Come pensate di fermare Voldemort? Volete trovare un altro Prescelto? Chi
butterete nell’arena? Paciock? Siete degli illusi!- disse lapidario Severus
alzandosi in piedi dato che aveva ripreso le forze.
-Severus! Per essere un bravo attore come te si deve
avere molta fantasia; dimmi, come dovremmo agire allora? Come facciamo a sapere
che non ce lo hai portato qua seguendo qualche schema del tuo padrone? Ti sta
chiamando, vero?- disse Remus che aveva notato come il pozionista si stesse
stringendo l’avambraccio sinistro.
-Il mio padrone, caro licantropo, mi sta cercando
proprio perché sarà molto arrabbiato nell’aver scoperto che il giovane Potter
non è in casa sua…perciò no, non sto seguendo i suoi ordini, proprio per
niente…- disse amaramente, consapevole che il suo ritardo gli costerà almeno
una maledizione cruciatus.
-Oh non preoccuparti Severus, non dovrai tornare da
lui stanotte, mi sa tanto che te ne andrai ad Azkaban- disse Remus.
Severus sgranò gli occhi.
-No! Non è possibile, devo assolutamente tornare da
lui…voi non capite! –
-Cosa dovremmo capire? Hai tradito Silente!- disse
Lupin con tono secco.
-Minerva…stai commettendo un grosso errore- rispose
lui guardandola intensamente, sperando in un suo appoggio.
-No Severus, hai tradito la mia fiducia…non ti darò
un’altra possibilità- rispose lei abbassando lo sguardo.
-No!! Minerva non capisci! Avevi detto che mi
avresti lasciato andare! Fammi parlare con il ritratto di Silente prima!- disse
con tono per la prima volta supplichevole, ma la McGranitt scosse la testa.
-Hai avuto la tua possibilità. Ancora non ho capito
perché ci hai portato il ragazzo, ma sono sicura che lo scopriremo presto. Non
ho altro da dirti- rispose lei inflessibile.
In quell’istante arrivò Shacklebolt e dopo che la
McGranitt tolse le rune che tenevano Piton all’interno del cerchio, l’auror e
Remus lo disarmarono rapidamente, gli legarono le mani e prendendolo sotto
braccia iniziarono a scortarlo fuori dall’ufficio, ma poco prima di raggiungere
la porta Severus si liberò con un incantesimo non verbale e si precipitò verso
la McGranitt.
-Un voto infrangibile!- esclamò guardando la
McGranitt con occhi spalancati e supplichevoli.
-Severus! Tu sei pazzo!- urlò lei.
-Ascoltami! Prometto che tornerò! Ma ora devo
tornare dal Signore Oscuro! Devo capire cosa ha fatto esattamente a Potter!-
-Non è sufficiente! Come faccio a sapere che non
intendi fare nuovamente la spia per lui? Se devo avere a che fare con te
attraverso un voto infrangibile… devi promettermi qualcos’altro-
Severus la guardò sconfitto. Cos’altro poteva
promettere alla donna? Qualsiasi altro voto, seppur preso in segreto gli
avrebbe rovinato la copertura, Voldemort lo avrebbe scoperto. A questo punto la
prospettiva di finire ad Azkaban era preferibile perché se non altro poteva
sperare di essere liberato dal Signore Oscuro e supplicare di perdonarlo.
L’auror e Remus presero il suo silenzio per una resa
e lo afferrarono nuovamente per portarlo via, ma questa volta fu Molly a
fermarli.
-Harry!- disse semplicemente. Il ragazzo, che
durante tutto il confronto aveva osservato atterrito per il destino che
aspettava lui ed il professore, fissò lo sguardo sulla signora Weasley.
-Molly…cosa…?- disse Arthur.
-Può giurare di prendersi cura di Harry…Voldemort lo
ha marchiato, perciò non lo vuole morto…non ancora, quindi Severus non può
toccarlo. Inoltre se c’è un esperto di magia nera, quello è proprio lui…-
-cosa hai in mente Molly?- chiese pacata la
McGranitt.
-Harry ha bisogno di un posto dove non può
smaterializzarsi, dove allo stesso tempo è al sicuro…perché non tenerlo qui, ad
Hogwarts?-
-Ma Molly, presto ricomincerà la scuola e di certo
non posso tenerlo a contatto con gli altri studenti! E poi temo che il
Ministero voglia imporre un nuovo preside, non sappiamo come andranno le cose
quest’anno!- disse la McGranitt.
A sentire queste parole Harry si fece ancora più
triste: parlavano di lui come se non fosse presente e inoltre era trattato come
se fosse un estraneo e affetto da chissà quale malattia contagiosa.
-No, credo che abbia ragione Molly…potrebbe essere
un’idea: se costringiamo Piton a restare, a prendersi cura di Harry e nel
frattempo ha modo di fare ricerche sulla questione, allora forse potremmo
trovare una soluzione a tutto!- disse Remus.
-Stronzate! Io non posso restare a fargli da balia e
come vi ho detto è essenziale che torni dal Signore Oscuro! Se volete che trovi
un modo per salvare il ragazzo, dovete lasciarmi libero!-
-E fidarci di te? No mio caro Mangiamorte, ha
ragione Molly, uscirai da questa stanza solo in due modi: come aspirante
detenuto con un biglietto di sola andata per Azkaban, oppure con un voto
infrangibile, direzione sotterranei- disse la professoressa con tono risoluto.
-Allora dovete concedermi di dettare almeno una
regola in questo voto! Ripeto: devo presentarmi al cospetto del Signore Oscuro.
Altrimenti portatemi pure ad Azkaban, tanto Voi-Sapete-Chi mi farà rilasciare
immantinente!- rispose con tono sprezzante.
I membri dell’Ordine si lanciarono sguardi
perplessi, ma alla fine presero tacitamente una decisione.
-Non ci starete pensando sul serio, vero?- disse
Harry allibito.
“Sono impazziti? Mi vogliono lasciare nelle sue
mani?! Odio quando prendono le decisioni per me senza darmi mai la possibilità
di scegliere!” pensò il ragazzo, tuttavia non poté fare a meno di essere
sollevato dalla presenza di qualcuno con lui perché si sentiva completamente
abbandonato, in balia degli eventi e l’alternativa sarebbe stata la completa
solitudine.
-E va bene Severus…avrai il tuo voto infrangibile!- disse
la McGranitt.
Severus mentalmente tirò un sospiro di sollievo e
dopo che i due maghi lo rilasciarono si avvicinò verso la professoressa, la
quale aveva già proteso la mano per stringere il voto, mentre Molly avrebbe
eseguito l’incantesimo.
Le loro dita si intrecciarono e Severus si sgridò
mentalmente dandosi del debole perché in quel gesto volle vederci un segno
d’affetto da parte di quella donna che lo aveva visto crescere, che si era
fidata di lui per poi perdere tutta la sua fiducia dopo che egli aveva ucciso
Silente.
-Giuri di prenderti cura di Harry Potter e di
cercare un modo per rimuovere il marchio nero?- disse Molly.
Severus sgranò gli occhi e sussurrò:
-questi non erano i patti! È impos…-
Fu interrotto bruscamente da uno schiaffo alla nuca
da parte di Schaklebolt, che disse:
-Non mi interessa se è impossibile, Mangiamorte! O
prendi il voto o finisci dentro! E credimi, troverò un dissennatore disposto a
prendersi la tua anima nera!-
Severus lo fulminò con lo sguardo, ma la sua
attenzione fu rivolta nuovamente alla vicepreside che strinse la sua mano, come
a volerlo rassicurare.
-Sì…lo giuro- disse sottovoce.
-E giuri che uscirai da Hogwarts solo per andare al
cospetto di Voldemort etornerai da
Harry dopo ogni incontro fino a quando la situazione non si sarà risolta?-
-Lo prometto!-
I filamenti di magia si strinsero attorno alle loro
mani congiunte e scomparvero come se fossero stati assorbiti dalla pelle.
-Bene, il giuramento è compiuto…ora puoi andare,
quando tornerai troverai Harry ad aspettarti nei tuoi alloggi- disse la
McGranitt guardandolo con severità.
Severus annuì e senza perdere altro tempo usò la
metropolvere per tornare a casa sua, indossare la maschera e il mantello e
smaterializzarsi al cospetto del suo signore. Il dolore sordo del marchio ormai
lo aveva avvolto completamente e non c’era parte del suo corpo che non gli
dolesse.
-e io?- disse Harry in un sussurro perché anche se
il male era svanito, il marchio era rosso infiammato nonostante l’essenza di
dittamo e la stanchezza degli eventi stava prendendo il sopravvento.
-Tu hai bisogno di un pasto e di dormire, ma
prima…la bacchetta, signor Potter- disse la maga.
-prometto di non usarla!-
-No, ne ho avuto abbastanza di promesse per oggi,
consegnami la bacchetta, ti verrà ridata quando saremo sicuri delle tue
condizioni-
Harry si morse il labbro e strinse a sé la
bacchetta, però Remus lo prese alla sprovvista e gli lanciò un incantesimo
disarmante.
-mi dispiace Harry…- disse semplicemente ed Harry
sentì il sapore del tradimento in gola.
-Ron ed Hermione? Potrò vedere almeno loro?-
Remus spostò lo sguardo sui coniugi Weasley per
sentire la risposta, ma essi non incrociarono gli occhi speranzosi di Harry e
si voltarono quasi impercettibilmente verso il lato opposto della stanza.
Dopo questo fatto Harry si sentì definitivamente
svuotato di tutte le emozioni e si fece accompagnare passivamente verso la sua
destinazione.
Durante il tragitto Harry rifletté su come, dopo
aver trascorso la sua infanzia in un sottoscala e poi essere rinchiuso nella
seconda stanza di Dudley, si stava avviando verso la sua nuova prigione,
collocata nell’unico luogo che avrebbe potuto chiamare casa: i sotterranei di
Hogwarts.
Quello che non sapeva era che Severus Piton stava
avendo pensieri molto simili ai suoi, mentre, disteso scompostamente sul
pavimento freddo e umido di casa Malfoy cercava di ignorare i dolori della
maledizione Cruciatus e le risate maligne dei suoi compagni Mangiamorte.
Severus si trascinò pesantemente verso i grandi portoni di ingresso di Hogwarts e agitò stancamente la bacchetta verso quella
CAPITOLO IV
Severus si trascinò pesantemente verso i
grandi portoni di ingresso di Hogwarts e agitò stancamente la
bacchetta verso quella direzione, così la luce arancione della
Hall della scuola lo investì. Non mostrava certo un
bell’aspetto: la pelle bianca del viso era lucida di sudore
freddo, quasi a voler risaltare le macchie rosse e blu che
interrompevano quel candore insano.
Nel pugno sinistro
teneva ammucchiato strettamente un lembo del mantello nero
impolverato e infangato sulle estremità, mentre la mano destra
non smetteva di tremare attorno alla bacchetta.
La sua camminata fiera
sembrava un vecchio ricordo: le torture, ma anche il grande peso
della responsabilità che portava addosso lo avevano piegato e
stremato e la consapevolezza che le sue sofferenze erano ancora
lontane dall’essere terminate faceva forse ancora più
male del suo eterno orgoglio ferito.
Scese le scale per il
sotterraneo come le affronta un anziano: uno scalino alla volta,
aspettando che entrambi i piedi si posino sulla stessa pietra prima
di procedere, una mano a sfiorare il muro con i polpastrelli mentre
lo sguardo è fisso verso il basso. Severus non voleva guardare
i quadri appesi alle pareti: alcuni stavano bisbigliando con tono
urgente, di altri poteva sentire il loro sguardo intenso che lo
giudicava senza porsi il minimo dubbio della sua innocenza, come se
la sofferenza che stava provando fosse indubbiamente lecita e
meritata.
A Severus non importava
quello che quegli sguardi del passato volevano dirgli, lui aveva
espresso il desiderio di parlare con solo uno di loro e gli era stato
negato.
“Ma
ancora per poco”
pensò. “che
li piaccia o no, diventerò preside e l’intera Hogwarts
dovrà rispondere a me!”
Finalmente
era giunto davanti al ritratto che portava alle sue stanze. Prese un
respiro rumoroso e accompagnato da un gemito,“Bene,
quella è una costola rotta, forse due!”
e nonostante le fitte raddrizzò la schiena. Gli occhi chiusi
erano circondati dalla pelle violacea e accartocciata dalle premature
rughe e dalle pieghe che, come quando ci si avvolge nelle coperte per
contenere il calore, sembravano voler racchiudere il dolore che
l’uomo stava provando. Improvvisamente la tensione del viso fu
rilasciata e Severus spalancò i suoi occhi neri e
imperscrutabili: era entrato nella parte del professore.
Aprì la porta e
il suo sguardo cercò subito il giovane nella stanza a malapena
illuminata. Lo trovò raggomitolato sulla poltrona accanto al
fuoco, del quale rimanevano soltanto alcune braci arroventate a
produrre un flebile calore. Severus avrebbe potuto approfittare di
avere Potter nel mondo dei sogni per poter lasciare andare la
facciata che stava mantenendo e correre a curare le sue ferite e i
postumi delle maledizioni, ma preferì trascorrere qualche
attimo ad osservare quel ragazzo intorno al quale girava tutta la sua
esistenza.
Cosa cercava in quel
volto di ragazzo? Una parte di Lily, forse una parte di sé
stesso, o meglio di quel giovane che era stato e di cui rimanevano
solo ricordi amari. O ancora, magari cercava un motivo per continuare
a tornare sul palcoscenico della sua vita, affinché almeno il
ragazzo potesse, un giorno, avere un’esistenza come quella che
lui non aveva potuto permettersi.
Il suo sguardo carico
di intensità e di amarezza fu catturato dalla mano destra del
giovane, gonfia e macchiata di sangue rappresso intorno alle nocche.
Evidentemente il ragazzo, colto dalla frustrazione doveva aver tirato
un pugno sulle pietre che sostenevano Hogwarts.
-stupido…ingrato
di un ragazzo!- borbottò. Eppure ancora una volta le sue
parole non erano coerenti con le sue azioni, non quando si trattava
del giovane; infatti prese tra le sue mani tremanti quella del
ragazzo e la curò sussurrando un incantesimo.
Quando si rizzò,
la sua schiena lanciò degli scricchiolii e Severus non riuscì
a trattenere un gemito: si era quasi dimenticato delle sue costole
doloranti.
Si avvicinò
scompostamente alla credenza dove teneva le sue bende e le pozioni.
Ne ingurgitò due di fila senza prendere fiato, lanciò
un sospiro di sollievo e, sedutosi davanti alla sua scrivania, dopo
aver lasciato cadere ai suoi piedi il lungo mantello, cominciò
a sbottonare il suo abito, incurante del giovane che dormiva sul
divano.
Presto si trovò
a petto nudo e con una mano ancora tremante (gli effetti della
cruciatus non guarivano nel giro di pochi minuti) si toccò la
macchia rossa e blu comparsa sul punto in cui si trovavano le costole
rotte. Premette delicatamente e mentre gli scappava un grugnito, con
i polpastrelli sentì che le sue supposizioni erano corrette:
due costole rotte, ma per fortuna non avevano perforato il polmone.
Prese la bacchetta e
l’incantesimo era già pronto per essere pronunciato
dalle sue labbra, quando sentì un tocco sulla spalla che lo
fece saltare in piedi di soprassalto, ma fu un errore e non fece in
tempo a puntare la bacchetta verso il suo “nemico” che un
gemito forte gli uscì dalla bocca e si trovò in
ginocchio, con le mani a coppa sul fianco ferito.
-Piton! Io…non
volevo! Lasci che l’aiuti!-
-Argh…Potter
stammi lontano, sparisci dalla mia vista!-
-e dove vuole che vada?
Sono bloccato qui con lei!-
- e allora sei in
punizione! Vai nell’angolo, faccia al muro, subito!-
-Sta scherzando spero!
Non sono più un primino da un po’!-
Severus era così
frustrato e accecato dal dolore che aveva pensato alla prima
soluzione che gli era venuta in mente: mettere Potter in punizione e
non sentirsi osservato da quegli occhi, soprattutto adesso che era
così vulnerabile.
-Muoviti e fai come ti
ho detto! Conosci già la strada!- ringhiò l'uomo.
Harry strinse le labbra
rabbiosamente. Sì, conosceva già quale angolo doveva
andare ad occupare grazie all’esperienza. In altri frangenti si
sarebbe ribellato ancora, ma il professore aveva guarito la sua mano
e cocciuto com’era non si sarebbe curato davanti ai suoi occhi,
perciò questa fu una di quelle rare volte in cui avrebbe
obbedito al pozionista.
Senza dire una parola
girò sui talloni e si diresse verso il “suo”
angolo.
Allo stesso tempo
Severus, mentre si aiutava a rialzarsi aggrappandosi alla scrivania,
ringraziò tutte le divinità che conosceva per quel
piccolo miracolo: Potter aveva fatto come gli era stato chiesto!
In seguito a
quell’interruzione del ragazzo e quel breve confronto tra i due
era calato il silenzio.
…Ma parliamo di
Harry Potter e di Severus Piton…nella stessa stanza.
La pace non durò
a lungo.
-Hem hem- Harry si
schiarì la gola.
Severus alzò gli
occhi al cielo e continuò ad avvolgersi la garza intorno al
costato.
Passò qualche
minuto e…
-Hemhem-
-Oh per la barba di Merlino! Sei impossessato da
quel rospo in rosa? Preferirei vederti impossessato da Tu-Sai-Chi e
sentire quei fastidiosi sibili piuttosto che quella tossetta finta!-
Harry ignorò lo
sfogo dell’uomo e senza girarsi chiese:
-Come se l’è
fatta quella?-
-Quella? Potter,
attento a come formuli le frasi, potrei pensare male e grazie a te
ora mi viene da vomitare!-
-No! Non…Argh
no! Non parlavo della Umbridge! Ora viene da vomitare anche a me!
Parlavo di quella…cicatrice sulla schiena-
-Non sono affari tuoi-
-Sì ma…ha
una forma particolare…ne ho vista una simile quando facevo
ricerche sulle origini della mia…è sopravvissuto a
qualche maledizione, vero?-
-è per questo
che ti sei avvicinato alle mie spalle poco fa allora…-
-Sì…-
rispose Harry imbarazzato perché era rimasto così
colpito da quella cicatrice che non si era reso conto di aver
allungato la mano e di averla appoggiata sulla spalla dell’uomo.
-…Non ho
intenzione di parlarne con te, Potter! E ora vedi di dormire, puoi
continuare la tua punizione domattina-
Severus nel frattempo
si era infilato di nuovo la camicia bianca e mentre parlava si era
avvicinato al giovane che guidò rozzamente al divano
tirandogli la maglia.
-La mia stanza privata
è da questa parte, se hai bisogno di qualcosa…può
attendere fino a domattina, non voglio essere disturbato-
-Bene…allora
buonanotte professore…-
-Parla per te!- rispose
l’uomo acidamente.
Piton scomparve dietro
la porta della sua stanza ed Harry si trovò di nuovo solo.
Sospirò e con
passi strascicati si portò davanti al divano e si lasciò
cadere.
Mancavano poche ore
all’alba, così chiuse gli occhi sperando di recuperare
qualche ora di sonno e, col giungere del nuovo giorno, di ricevere
qualche risposta.
Eccomi! Tardi, ma
ancora in tempo per farvi gli auguri di Buon Natale!
Nel frattempo ho dato
tre esami in cinque giorni, ho suonato a destra e a manca, ho preso
un virus che mi ha costretto a formattare tutto ma per fortuna il
tecnico mi ha salvato i documenti, ho mangiato tanto a Natale…:S
Questo capitolo è…
come definirlo…un capitolo “filler”, di
riempimento, cioè non ci sono grandi passi avanti nella trama,
ma mi sono dovuta scervellare parecchio per capire come volevo che i
due protagonisti interagissero per la prima volta dopo gli scioccanti
risvolti del capitolo precedente. Mi sono trovata in difficoltà
perché non volevo che fosse un capitolo deprimente e nemmeno
scontato, così se la prima parte focalizzata su Piton è
più “grigia”, la seconda comprende dei momenti più
leggeri nell’interazione tra i due personaggi. Spero che sia
all’altezza delle vostre aspettative!
Ancora qualche giorno e
pubblicherò il capitolo successivo in cui ci sarà
qualche risvolto più concreto e compariranno due personaggi
che non sono ancora entrati in scena.
Quando alla mattina Severus uscì dalla sua stanza, vide Harry davanti alla piccola finestra da cui filtrava la luce riflessa dalle acque del lago. Il ragazzo aveva la manica sinistra arrotolata e stava osservando il suo avambraccio, mentre con le dita sfiorava la pelle marchiata. Severus si fermò sul ciglio della porta, si appoggiò allo stipite e guardò attentamente l’espressione del giovane: gli occhi erano socchiusi e a differenza di quelli sempre vivaci e benevoli della madre, quelli del giovane avevano assunto una tinta che sapeva di sconfitta e desolazione. Severus scosse il capo; sapeva che se volevano entrambi superare la situazione in cui si erano cacciati sarebbero stati necessari calma e razionalità.
-ti stai divertendo a fare la parte dell’eroe sconfitto?- gli disse.
Il ragazzo alzò lo sguardo e rispose.
-e che cosa dovrei fare? Lo sa meglio di me che una volta marchiati non c’è rimedio!-
-è vero, che io sappia non c’è, ma non abbiamo nemmeno cominciato a cercare una soluzione, è un pò presto per arrenderci, non credi? E ora vieni a fare colazione-
Il professore chiamò un elfo domestico che offrì subito la colazione ai due, ma Harry continuò a guardare fuori dalla finestra. Severus allora strinse le labbra e raccolse tutta la sua pazienza, tuttavia non riuscì a nascondere la stizza quando pronunciò gelidamente:
-signor Potter. La colazione. Ora!-
-Non ho fame-
Come tutti gli studenti -e non- sapranno, Severus Piton non possedeva una grande riserva di pazienza, così spinse rumorosamente indietro la sedia e con pochi, lunghi passi si fermò davanti al giovane e le sue dita si strinsero sull’avambraccio scoperto del giovane che non riuscì a trattenere un gemito.
-Dimmi, ragazzo, questo marchio, ti ha cambiato in qualche modo? Sta influenzando le tue scelte?- disse ad alta voce Piton.
-N...no, non credo- rispose balbettando Harry.
-Ma ti piace mostrare la tua cicatrice, vero? Ti rende importante, colui che ha sconfitto il Signore Oscuro. Quante volte ti sei vantato di averla?-
-Mai!-
-quella cicatrice... ti rende speciale e i tuoi amici ti adorano come dei fan incalliti perché hai quella saetta sulla fronte, vero?- disse velenoso il professore, aumentando vertiginosamente il volume della sua voce.
-No, non è vero! Non mi interessa la fama e farei volentieri a meno di questa cicatrice! E i miei amici...loro sono miei amici perchè mi conoscono e sanno che sono Harry...solo Harry!- concluse il giovane urlando.
Severus sorrise beffardamente per la sua vittoria. Un istante dopo, con voce normale pronunciò:
-E allora perché mai questo marchio dovrebbe rendere diversa la situazione?-
Harry aprì la bocca, pronto a rispondere a tono, ma si trovò a boccheggiare come un pesce. Il professore aveva ragione: quella cicatrice lo aveva reso il Bambino Sopravvissuto, ma Harry –e i suoi amici- lo sapevano che non era nè più nè meno di un ragazzo esattamente come loro, con i suoi pregi e difetti.
-colui o colei che decide di portare il marchio...è qualcuno da giudicare perché ha compiuto una scelta, ma tu Potter, non hai scelto di possedere quel marchio, nello stesso modo in cui non hai deciso di portare quella cicatrice sulla fronte. È stato Voldemort ad infliggerti entrambi, se c’è qualcuno da giudicare, quello è lui.- concluse il professore con voce bassa ma decisa, poi concluse:
-sono le scelte che facciamo che dimostrano...-
-quel che siamo veramente- concluse Harry per lui.
Severus ed Harry si guardarono sorpresi.
-è stato Silente a dirglielo, vero?- chiese Harry sottovoce.
Sul volto di Piton comparve un’espressione amara e invece di rispondere distolse lo sguardo e si avviò di nuovo verso la sua scrivania.
Harry si avvicinò con passi incerti alla sedia posta di fronte al mago e dopo aver afferrato una tazza di the si decise a porre la domanda che desiderava chiedere da tempo.
-Lei, professore...che scelta ha fatto, quella notte?- sussurrò.
Harry si riferiva alla notte in cui Piton aveva tolto la vita al preside, ma sapeva che non era necessario specificare a quale occasione si riferisse. Il professore per un attimo lo guardò arrabbiato, poi, come quando aveva insegnato a Harry l’occlumanzia, assunse un’espressione che non lasciava trapelare nulla e fissando seriamente il giovane negli occhi disse lentamente:
-Quella notte, signor Potter, ho scelto di dare prova della mia estrema fedeltà- e dopo essersi alzato con un sorriso beffardo dinnanzi all’espressione sconvolta e confusa del ragazzo, prese un libro da uno degli scaffali e si lasciò cadere su una delle poltrone in pelle situate davanti al caminetto.
-Ehm...cosa sta facendo?- chiese confuso Harry.
-Merlino, Potter! Secondo te cosa sto facendo con un libro in mano? L’uncinetto?-
Harry sbuffò. “deve essere sempre così irritante?” pensò.
-Lo so cosa sta facendo! Ma intendo dire...cosa sta leggendo? Perché soprattutto? Non ci sono cose più importanti da fare che leggere un buon libro davanti al caminetto?- disse esasperato il giovane.
-Per tua informazione, Potter, sto leggendo un libro sulla simbologia magica oscura, un ottimo punto di partenza per capire come dovrò fare per evitare di morire a causa del patto che ho felicemente stipulato con la McGranitt. E sì, ci sono diverse cose più divertenti che potrei fare in questo momento, come buttarti fuori dalle mie stanze o farti pulire i bagni dei prefetti, ma purtroppo, nel caso che ti sia sfuggito, siamo imprigionati qui e posso uscire soltanto se strettamente necessario e a seguito di un permesso, perciò...sì, penso che me ne starò comodamente seduto qui, davanti al caminetto!-
-Ma...e io?-
-Tu non toccare niente!-
-Sì, ok, ma poi? Che faccio? Me ne sto qui in piedi tutto il giorno?-
-Potrebbe essere un’idea...-
-Professore!- esclamò Harry, seccato.
-E va bene, lo vedi quel volume dalla copertina bordeaux? C’è un capitolo sul controllo della mente attraverso oggetti e simboli magici, prova a vedere se c’è qualcosa di utile. Fai attenzione Potter, non permetto mai a nessuno di toccare i volumi conservati nella mia biblioteca personale.-
Harry alzò gli occhi al soffitto. Non andava matto per le letture impegnate e l’idea di passare la mattinata con Piton non lo allettava di certo, tuttavia non aveva molte alternative poichè a quanto pareva erano costretti a rimanere nei sotterranei, almeno fino a quando l’Ordine non avesse deciso diversamente.
Era trascorsa appena un’ora circa quando Harry decise di interrompere il silenzio.
-che cosa comporta avere il marchio nero...da un punto di vista pratico intendo-
-beh, a parte l’ovvia possibilità di essere convocati al cospetto del Signore Oscuro...non molto. In una piccola dose il marchio permette a Tu-sai-chi di controllare la nostra volontà.-
-ad esempio?- chiese Harry, preoccupato.
-ad esempio...durante la prima guerra magica poteva capitare che un giovane mangiamorte, insomma, un novizio, potesse avere qualche...titubanza a compiere il suo dovere-
-per dovere intende...-
-torture, uccisioni, catture, o...tutte e tre insieme- disse Piton con un tono casuale, come se parlasse del tempo.
Hary deglutì rumorosamente.
-Perciò lui...li controllava?-
-Non proprio, era qualcosa di più subdolo: infondeva in loro ciò che lui stesso provava nel compiere quelle azioni...euforia, spavalderia, desiderio di prevaricare sul prossimo, di ottenere il controllo sugli altri...-
-e funzionava?-
Piton guardò il giovane con aria seria.
-Tutte le volte-
Harry rabbrividì. Il professore però non aveva finito.
-E poi...c’è quella sensazione, che ti impedisce di dimenticare che appartieni a lui. È come...un fischio nelle orecchie. È lì, incessante, onnipresente. Puoi distrarti durante il giorno, ma è continuo e quando cerchi la pace, il silenzio, ecco che lo senti ancora più distintamente e non c’è nulla che tu possa fare per evitarlo e dimenticartelo-
Harry lo guardò perplesso.
-Davvero?...io non sento niente del genere-
-Potter, non ho detto che mi fischiano le orecchie, ho detto...-
-Sì, ho capito! Parlava della sensazione, non sono stupido! Dico solo che non sento niente che assomigli a ciò che ha descritto-
Piton lo guardò incuriosito, quello stesso sguardo che aveva riservato ad Harry durante il torneo dei duellanti di quattro anni prima, quando aveva usato pubblicamente le sue capacità di rettilofono.
-E’...una buona cosa, giusto?- chiese Harry incerto.
-E’ presto per dirlo, sarà bene che continuiamo la ricerca-
Detto questo riportarono la loro attenzione ai libri.
La giornata passò senza incidenti, ma non ci furono nemmeno risvolti positivi: i volumi di Piton non erano stati di molto aiuto giacché riportavano informazioni di cui erano già al corrente e il professore si lamentò più volte di come l’essere confinati nei sotterranei gli impedisse di fare una ricerca all’interno della biblioteca di Hogwarts.
Era notte fonda ed Harry stava dormendo raggomitolato sul divano quando il freddo lo svegliò. Mugugnando si alzò per risistemarsi la coperta che era finita a terra, quando si rese conto che percepiva uno spiffero freddo di troppo, così il suo sguardo cadde sulla porta d’ingresso della stanza. Era rimasta socchiusa.
“come mai è aperta? Era chiusa a chiave dall’esterno, l’aveva sigillata la McGranitt stessa! A meno che...”
Harry si avvicinò alla camera da letto di Piton. Se Piton lo avesse scoperto sbirciare nella sua stanza privata e in un momento di vulnerabilità come quello di quando si dorme lo avrebbe disossato vivo, ma Harry era troppo curioso e non sopportava rimanere nel dubbio, così, trattenendo il respiro abbassò lentamente la maniglia, cercando di non fare rumore.
Il letto non era stato nemmeno disfatto.
“Piton non è mai andato a dormire, stanotte!” pensò sorpreso.
Harry realizzò divertito e sorpreso che il professore era uscito di nascosto, così non riuscì a trattenersi dal sgghignare.
“cinque punti in meno a Serpeverde per essere uscito durante il coprifuoco!” sussurrò imitando la McGranitt.
Il ragazzo poi tornò serio e si morse il labbro, pensieroso. E se il professore veniva colto di sorpresa? Il pensiero lo fece ridere nervosamente: sembrava che stesse parlando di uno studente ribelle, non di un professore.
Improvvisamente ad Harry venne un’idea.
“mi hanno tolto la bacchetta, ma chissà se...”
Harry corse a frugare freneticamente nel suo baule e quasi non riuscì a trattenere un urlo di vittoria: il suo mantello dell’invisibilità era ancora lì.
A quel punto i dubbi di Harry si dissolsero e indossato il mantello uscì dalla stanza e si diresse verso i piani superiori del castello, attento a non fare rumore.
Raggiunse la biblioteca dove sapeva che avrebbe trovato il professore. Notò che il cancelletto che impediva l’entrata nella sezione proibita era solo accostato, così entrò e sussurrò:
-Piton...professore...!-
Nonostante l’invisibilità qualcuno riuscì ad afferrarlo per il collo e a puntargli dolorosamente la bacchetta alla clavicola destra.
-Urgh...professore sono io, Harry!- sussurrò agitato.
-imbecille! Vuoi farci scoprire? Tornatene da dove sei venuto!-
-ma...posso aiutarla!-
-No, non puoi!...ah! è tutto inutile, è illeggibile! Ma che razza di lingua è!-
Il professore aveva tra le mani alcune pergamene sciolte, la rilegatura era talmente rovinata che erano rimasti solo alcuni brandelli e il testo era appena leggibile. Harry si tolse il mantello dalla testa e osservò meglio cosa c’era scritto. Guardò perplesso il professore e disse:
-cos’è che non capisce?- chiese.
Piton lo fulminò con lo sguardo.
-Mah, non saprei, Potter, forse...tutto?-
Harry alzò un sopraciglio, ma l’effetto non era lo stesso che riusciva ad ottenere il mago davanti a lui.
-A me non sembra così male...dice: “Un marchio, affinché abbia un’adeguata influenza sull’animale o persona, deve possedere almeno le seguenti misure...dieci centimetri...hey! Perchè non mi lascia continuare?-
Piton gli aveva tolto di scatto le pergamene dalle mani.
-Potter...tu...riesci a leggerlo? Che lingua è?-
-Come che lingua è! La nostra! Lei...perché, che lingua vede?- chiese Harry perplesso.
-Non lo so, non l’ho mai vista prima...o forse...mi è familiare, ma no, non la conosco. C’è una firma qui sotto, o almeno così sembra, cosa riesci a leggere?-
La firma era sbiadita, ma ancora leggibile, così Harry avvicinò la pergamena e quando lesse il nome sbiancò.
-Allora?- chiese Piton.
-Ehm...ora ho capito perché lei non riesce a leggerla.- disse il ragazzo con voce tremula.
-Potter, non c’è tempo da perdere! Vuoi rispondermi e non parlare per enigmi?-
-la firma...è di Salazar Serpeverde-
Un’espressione di realizzazione travolse il viso di Piton. Harry Potter poteva leggere il serpentese, che a quanto pare non era solo una lingua parlata.
-Questa sì che è una scoperta, Potter! Direi che è giunto il momento di continuare la nostra lettura nei sotterranei, non credi?- e mentre stava pronunciando queste parole, le fiaccole del corridoio si stavano accendendo man mano che qualcuno stava avanzando verso la loro direzione.
Harry era al sicuro, ma Piton no, così il ragazzo gli disse:
-presto, venga sotto il mantello!-
-non fa niente Potter, cosa vuoi che mi facciano se mi scoprono? Mi riporteranno nei sotterranei e fine della storia-
-ne è sicuro? Perchè ho un vago ricordo di una promessa fattale dagli auror di portarla ad Azkaban...- disse Harry.
-Potter, non sei simpatico! E...- qualcuno stava varcando la soglia della biblioteca e dimprovviso Harry si ritrovò praticamente avvinghiato dal professore di pozioni.
Harry si affrettò ad aggiustare il mantello sopra di loro perchè Argus Gazza aveva intravisto quelli che per lui erano sembrati dei moncherini di piedi mozzati dal resto del corpo.
-Chi è là?- disse sospettoso.
Harry e Piton si mossero con difficoltà dal loro nascondiglio ed Harry pensò che fu un miracolo riuscire a tornare nei sotterranei senza essersi fatti scoprire, e senza aver rovesciato qualche candelabro, statua o vaso e senza essere ruzzolati giù dalle scale.
Appena si chiusero la porta alle spalle Harry tolse il mantello e i due maghi emisero un sospiro di sollievo, ma allo stesso tempo si guardarono in cagnesco.
-e così... “non fa niente, Potter...”- lo prese in giro Harry imitandone la voce grossa.
-Oh, sta zitto! E visto che non sei rimasto a letto, perché non ti metti subito all’opera e leggi quelle pergamene?- disse il professore infastidito, ma la voce nascondeva un tono speranzoso che non sfuggì ad Harry.
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte. La stanchezza era scomparsa ed ora non rimaneva che il desiderio di leggere quelle pergamene che forse avrebbero contenuto la soluzione a tutti i loro problemi.