Day by day... but? - Extra

di _Betty_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Presentazione ***
Capitolo 2: *** Lo smarrimento di Renesmee ***
Capitolo 3: *** Sempre l'ultimo a sapere le cose... ***
Capitolo 4: *** La battaglia per la vita... o per la morte ***
Capitolo 5: *** "Bella" come un miraggio... ***



Capitolo 1
*** Presentazione ***


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Ciao gente!

Rieccomi qui

Qualcuno negli ultimi capitoli di Day by day...but? aveva stuzzicato la mia fantasia con l'eventualità di scrivere dei 'missing moments' e da una settimana mi frullava in testa un momento particolare, per cui l'ho scritto e vedremo se a lungo andare me ne verranno altri, magari anche proposti da voi, che avete impressi nella memoria alcuni passaggi che volevate vedere scritti e che io ho saltato per motivi vari. Per cui, iniziando ora con questo, vi invito a propormi argomenti e poi, chissà...

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Capitolo 2
*** Lo smarrimento di Renesmee ***


Nuova pagina 1

Ciao ragazze

non pensavate di rivedermi così presto, dite la verità...

Vabeh, mi stava ossessionando questa scena, così ho capito che dovevo scriverla per levarmela di dosso... forse non è quella che vi aspettavate per prima, ma che devo farci, la mia testa funziona ad un ritmo tutto suo, lo sapete ormai

Spero che gradirete ad ogni modo il capitolo, e vi ricordo nei commenti di proporre dei missing moments che vi piacerebbe leggere, così vediamo di stuzzicare i miei neuroni

Buona lettura

p.s. il capitolo è scritto dal punto di vista di Renesmee, per cui anche i pensieri sono adattati a quelli di una bambina, molto intelligente ma pur sempre una bambina

 

Lo smarrimento di Renesmee

 

Mamma dove sei?... voglio che torni a casa…

Guarda papà… Gli sto accarezzando i capelli e non mi guarda. Non si gira a guardarmi! È come se non sentisse che lo sto toccando, come se non sentisse più i miei pensieri!

Mamma i primi giorni non capivo nulla. Il papà mi ha detto che non c’eri, che eri rimasta a scuola ma io non ci ho creduto, mi telefonavi se non potevi tornare, lo hai sempre fatto, ma stavolta non c’eri e il papà era… era… distrutto. E quando ha smesso di guardarmi e si è steso sul divano, voltandomi le spalle ho avuto paura che fosse arrabbiato con me. Ma la zia mi ha ripetuto tante volte che non è assolutamente arrabbiato con me e non mi guarda solo perché è talmente triste che non ci riesce. La zia dice che son piccola per capire cos’è successo ma io vorrei saperlo lo stesso, sapere che avete avuto un problema tu e il papà non mi fa stare tranquilla, io ho paura che sia un problema troppo grande che non potete risolvere… MAMMA DOVE SEIIIII

“Mmhhh”

“Papà! Papà che hai??? Parlami papà sono qui!” gli giro davanti, picchietto con la mano sulla sua guancia, la fronte è tutta a righe.

“Piccolina, vieni via, lascialo stare…” e la zia nemmeno mi lascia il tempo di aprir bocca, mi prende in braccio e mi porta al piano superiore. Mi siedo sul suo letto, sono triste e per non piangere comincio a contare le palline che sono disegnate sul copriletto finchè lei mi si siede vicino.

“Anche se non ti risponde, tuo papà sente quello che pensi, specie se lo tocchi… so che non lo fai apposta, tesoro mio, ma devi cercare di lasciarlo stare: è proprio un brutto momento per lui…”

Ascolto i suoi sussurri guardando nel vuoto.

“Io non volevo farlo stare ancora-“

Mi abbraccia stretta: “Lo sooo, lo so bambolina mia… ma come a te, anche a lui manca la tua mamma ed è talmente triste che non riesce a dare conforto a sé stesso, e neppure ad altri, te compresa, purtroppo…”

Muovo gli occhi senza vedere niente e sospiro: “Zia, quando pensi che tornerà la mia mamma?”

“Non appena risolverà i suoi problemi, perché non può resistere senza vederti troppo tempo!”

Mi nasce un sorriso sulle labbra.

“Che ne dici di una cioccolata?” scatta dal letto e batte le mani guardandomi.

Annuisco e si allunga per prendermi: “No! Resto un po’ qui, poi me la porti di sopra la cioccolata?”

Mi scruta un po’, col suo musino da folletto poi fa un gran sospiro: “Va bene. Però… non provarti tutti i miei vestiti che poi te li faccio sistemare!”

Ridacchia e rido anch’io, anche se entrare nel suo armadio oggi non mi va proprio. Mi dà un bacio, mi dice di fare la brava e sparisce velocemente in corridoio.

Guardo fuori verso la montagna. Sento questo male che ho dentro da quando la mamma non è tornata che diventa più grande e le lacrime pungermi gli occhi.

Ho voglia di fare una corsa con te e il papà… Jake mi fa divertire, lo batto sempre, ma io voglio correre con voi due… voglio fare i salti alti che mi fate fare mentre mi tenete per mano… voglio rivedervi insieme, che vi baciate e sorridete. Non puoi stare lontano mamma, io voglio vederti! E il papà ha bisogno di te!!! Io non so cos’è successo ma non m’interessa, io voglio solo che torni! Come fai a stare lontano da me? Dal papà? Cosa ti hanno fatto che non torni a casa?? Mamma…

“Piccolina…” e sobbalzo, non l’avevo proprio sentita arrivare.

Mi passo in fretta le mani sulla faccia per togliermi le lacrime ma lei mi guarda triste. Si avvicina pian piano e mi bacia la testa: “Era meglio che frugavi nel mio armadio…”

Mi fa ridere di nuovo e ci abbracciamo.

“Andiamo di sotto che sta arrivando il nonno Charlie?”

Annuisco tirando su col naso e passando accanto al divano guardo papà. È immobile, come prima, respira pochissimo. I miei occhi si riempiono ancora di lacrime. Cerco di pulirmeli per non far capire alla zia che sto piangendo ma quando mi dice “Sta tranquilla” capisco che lo sa già.

Sentiamo la macchina che sta arrivando e un minuto dopo arriva il nonno. Scende dall’auto e ci saluta afflitto.

“Novità Alice?” e lei scuote la testa di poco. Mi stringo ancora di più al suo collo, provo a non piangere ma non ci riesco.

“Renesmee, che ne dici di andare a far un giro sulla macchina della polizia? Magari oggi col nonno arrestate qualcuno!”

“Sì! Sicuramente se mi aiuti tu qualche arresto lo facciamo!”

Li guardo finalmente e vedo il nonno a cui tremano i baffi: sta fingendo di essere tranquillo, ma non lo è. Annuisco e scendo a terra, metto la mano nella sua e salutando la zia con l’altra salgo in macchina.

“Dove vogliamo cercare i delinquenti?” mi chiede facendo manovra.

“Boh… dove vuoi tu…”

Lo sento, mi sta fissando, ma oggi sono veramente triste, non ho voglia di ridere, e ho accettato di fare un giro solo per evitare che la zia cerchi di tenermi impegnata.

“Renesmee… con me non devi fingere… io ne so quanto te e non capire mi fa stare ancora più male…”

Che fatica tentare di non piangere di continuo… ho le dita delle mani massacrate, sono quasi gonfie da tanto che me le schiaccio.

Cerco di trovare la forza di parlare, poi sospiro forte guardando il cielo, per cercare di non piangere.

“Non… non lo sai nemmeno tu perché la mamma non è tornata?” ecco finalmente ce l’ho fatta.

“No… non me lo hanno voluto dire… e quindi non l’hanno detto nemmeno a te.”

Scuoto la testa. “Mi hanno solo detto che la… mamma… deve risolvere dei problemi, che c’è stato un problema col papà…”

“Ti pareva” sussurra appena ma il mio udito super capta lo stesso quelle parole.

“Cosa vuol dire ‘ti pareva’?” e mi volto a guardarlo, curiosa e un po’ arrabbiata.

Si agita, non pensava l’avessi sentito. “Ehm… scusa non volevo… non pensarci.”

“Nonno, dimmi cosa volevi dire…”

Sospira e ci fermiamo di lato alla strada: si volta verso di me. “Vedi piccolina, tua mamma e tuo papà si vogliono davvero tanto bene ma nonostante questo a volte i problemi ci sono lo stesso-“

“Quali problemi??? Allora tu lo sai?!?!” lo interrompo.

“No no! Io non so cos’è successo stavolta, come mai Bella, tua mamma non è tornata e sono preoccupato, anche se Alice mi aiuta con le sue visioni, ma vedi, tempo fa… prima che tu nascessi… io e tuo papà non eravamo quello che si dice ‘amici’…”

“Non ti piaceva il mio papà??? Ma come? Lui è il papà più buono del mondo! Mi coccola sempre, mi fa giocare, mi fa suonare e scrive le canz-“

“Renesmee… lui aveva lasciato la tua mamma…”

Sobbalzo sul sedile, come se una bomba fosse esplosa sotto alla macchina. “C-come aveva lasciato la mamma?”

“Io non l’ho mai saputo perché, ma neanche un anno dopo che si erano incontrati lui l’ha lasciata, tutta la famiglia si è trasferita e tua mamma…” abbassa la voce e gli occhi. È triste… Fisso il cruscotto e parlo senza vederlo: “La mia mamma stava come sta ora il mio papà…”

“Sì… non riuscivo ad aiutarla, era in un suo mondo parallelo a cui non avevo accesso! La vedevo spegnersi, la vita non c’era più dentro di lei, era solo un corpo che camminava e faceva le cose meccanicamente… anima, cervello e cuore non c’erano più… e io non potevo far niente! E sapevo che era colpa di tuo papà, lui l’aveva lasciata! Ma poi è tornato ed ho dovuto accettare che stessero di nuovo insieme, ma ogni volta che c’è un problema non posso far finta di niente, mi vengono in mente quei mesi terribili, e dare la colpa a Edward diventa quasi normale…”

Il mio papà aveva lasciato la mamma… perché? Me lo sarei fatto dire dalla zia, ma…

“Pensi che… il fatto che non è tornata stavolta c’entri con quella volta?”

“No… tua mamma l’ha perdonato tempo fa, poi si sono sposati, sei nata tu…” e mi sorride accarezzandomi la guancia.

“Tuo papà vuole sicuramente tanto bene alla tua mamma… ma a volte i problemi ci sono lo stesso, anche se non lo vogliamo. Io sono sicuro che qualsiasi cosa sia successa tra loro non è colpa nemmeno di tuo papà, ma rimane il fatto che tua mamma non c’è e noi non sappiamo perché…”

Annuisco pensierosa poi: “Nonno, mi puoi riportare a casa? Voglio chiedere una cosa alla zia…”

Si volta a guardarmi e dopo un paio di secondi non riesce a dirmi di no, per cui gira la macchina e mi riporta a casa.

La zia ci sta aspettando due curve prima di casa. “Alice ha colpito ancora, ci ha visto arrivare…” sospira il nonno.

“Vieni impiastro, facciamo un giro nel bosco. Grazie Charlie, ci sentiamo domani…” e mi prende senza farmi mettere i piedi a terra.

Le tocco il collo con la mano: ‘Zia, perché il papà aveva lasciato la mamma?’

Si ferma: “Chi te l’ha detto? Nonno Charlie?”

Annuisco: ‘Ha detto che lui l’ha lasciata e lei è stata tanto male…’

Un sospiro esce dalla sua bocca, prima di prendere fiato per parlare: “Vedi tesoro, c’erano stati un paio di ‘incidenti’… e tuo papà si era convinto che tua mamma non sarebbe stata al sicuro con lui, nel nostro mondo, quindi pur amandola tantissimo, ha deciso di lasciarla, per lasciarle vivere una normale vita da umana… un gesto sciocco a mio parere ma sicuramente il massimo dell’altruismo e dell’amore…”

‘Che incidenti?’

“Ehm… c’erano dei vampiri cattivi che volevano ucciderla. Ha rischiato un paio di volte di morire…”

Il mio cuore sobbalza per la terza volta, quel giorno. “La mia mamma… morire…?!”

“Ma come ben sai la tua mamma non è morta, si è poi sposata col tuo papà e sei nata tu!” mi dice sorridendo, ma io sto ancora pensando alla frase di prima.

“Ma… perché??? Chi erano questi vampiri cattivi? E perché volevano far male alla-alla…” ma non riesco, scoppio di nuovo a piangere, nessuno deve voler far male alla mia mamma!

“Shhh tesorino, quei brutti vampiri non ci sono più, noi li abbiamo sistemati e la tua mamma non è più stata in pericolo.”

I singhiozzi cominciano a diminuire. “Il eh-ehm… il…” non riesco a parlare, ho ancora il nodo in gola. ‘Il nonno m’ha detto che lui e il papà non erano amici quando è successo…’

“Vero piccolina, lui non sapeva niente dei vampiri e ancora non lo sa adesso, quindi non dirgli una parola di tutto ciò… lui sapeva solo che Edward aveva lasciato Bella e qualunque motivo ci potesse essere, a lui sarebbe interessato poco: tua mamma stava male e lui riusciva a vedere solo quello…”

Cerco di pensare un po’ anche se mi fa male la testa, tra il piangere e i continui spaventi. Poi mi arrabbio: “Zia, dimmi perché la mamma non è tornata. E non dirmi la solita frase, voglio sapere il perché!”

Si ferma e mi fa sedere su un sasso, lei sull’altro di fronte a me. Unisce le mani, se le guarda, sospira…

“C’è stata un’incomprensione – sbotta finalmente dopo quasi cinque minuti – un’incomprensione fra di loro che l’ha portata a credere che il papà le volesse meno bene… ma poi si sono spiegati e lei ha capito cos’è successo, solo che deve farsi passare l’arrabbiatura e non ci riesce se tuo papà le sta vicino…”

Ricevo quell’informazione ed il mio cervello riesce solo ad elaborare: “Ma scusa, allora perché non è andato via lui?!”

Mi guarda con mezzo sorriso: “Renesmee, volevi davvero che tuo papà rimanesse da solo nelle condizioni in cui è?”

Abbasso gli occhi e mi guardo i piedi: ho detto una cosa bruttissima… riprendo a piangere e a massacrarmi le mani.

“Ziaaaaaaaaa io sono cattivaaaaaaaaaaaaaa” non riesco a trattenermi, rotolo giù dal sasso ma lei ovviamente mi afferra prima che tocchi il terreno. Sto singhiozzando forte, sto tremando.

“RENESMEE PER L’AMOR DEL CIELO NON DIRE STUPIDAGGINI!” ma io continuo a piangere finchè non mi sento prendere velocemente da due braccia che mi stringono forte, due braccia che riconosco subito, un profumo che è così simile al mio.

“Papà…” sussurro guardando nei suoi occhi neri e cerchiati attraverso le lacrime e gli spasmi del pianto.

Lo vedo che tenta di parlare, ma non gli escono le parole. Ci riprova un paio di volte, poi sussurra: “Tu… non sei cattiva…”

Lo guardo e sento nuove lacrime annebbiarmi la vista: gli abbraccio il collo e singhiozzo “Papà ti voglio bene!”

In un attimo siamo nel salotto di casa e ci sistemiamo sul divano, com’era coricato prima lui, ma tiene me fra le braccia: “Io… anima mia io non posso aiutare te, ma se tu vuoi aiutare me, stai qui ed abbracciami…”

Il mio cuore si gonfia… posso aiutare il mio papà! Gli sorrido anche se sto ancora piangendo, lo bacio sulla guancia e accarezzandolo gli sussurro: “Non preoccuparti di niente, ci sono io ora qui per te…”

Accenna un sorriso e chiude gli occhi.

“Grazie papà…”

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Capitolo 3
*** Sempre l'ultimo a sapere le cose... ***


Nuova pagina 1

Ciao carissime

è passato un po' di tempo, tempo incasinato come sapete, ma sono riuscita a scrivere questo e a finirlo oggi

Spero vi piaccia

so che vi aspettavate altro, ma non posso condizionare la mia mente... io ho letto i vostri consigli e lei s'è fissata su questa cosa...

Che altro dire? Niente, solamente buona lettura

 

Sempre l'ultimo a sapere le cose...

 

“…sì ma non glielo diremo, se la sbrigheranno loro…”

“Mmhh… poverino, non oso immaginare… comunque ora uscite che tra poco dovrebbe arrivare”

Mi blocco sentendo dalla finestra quelle parole: Sue sta parlando di me e anche la voce che ho sentito prima allora si riferiva a me…

Mi sposto davanti alla casa mentre sento la porta aprirsi: ne escono Sam e Jake che alzano lo sguardo e si fermano, gli occhi fuori dalle orbite mentre mi squadrano.

“Buonasera…” li saluto formalmente, perché capiscano che sono irritato.

“Charlie!” alza il tono Jake e pochi secondi dopo il viso di Sue appare dietro il suo braccio. La vedo che è in affanno: bersaglio colpito, se avevo una minima speranza che non stessero parlando di me, ora non ho più dubbi.

“Sceriffo, salve, cosa ci fai qui?” mi chiede Sam mentre scende 2 scalini.

“Io dovevo venire a cena e arrivare in anticipo di 10 minuti a volte è interessante…” i loro occhi si abbassano mentre Jake borbotta “Maledizione…”

“Penso che sia il caso che torniate dentro e mi spieghiate cosa NON dovevate dirmi…” e non lascio loro il tempo di replicare, sono già sul primo gradino, spingendo indietro Sam.

Ci accomodiamo al tavolo, Sue si massacra le mani: mi sta fondendo la testa.

“Allora fate in fretta, prima che mi facciate venire una crisi.”

Si guardano, cincischiano, sospirano.

“Beh??? Iniziate pure a chiamare l’ambulanza perché mi state mandando al pronto soccorso per  direttissima!”

Jake sbatte piano il pugno sul tavolo che trema poi sputa: “Ok… accidenti alla mia linguaccia! Comunque... la scorsa notte Alice, Jasper e Edward sono tornati da Dartmouth…”

“Come tornati? Erano andati via domenica… come al solito…” non riesco a capire un rientro così frettoloso.

“Sì, lo so-“ e lo interrompo, recependo meglio le sue parole.

“Come sarebbe Alice, Jasper e Edward? Bella???”

Jake sospira e continua a guardare il tavolo.

Dov’è mia figlia???

“Charlie, Bella non è tornata… non so il perché, non me l’hanno voluto dire, so solo che… lei non c’è.” E finalmente incontra i miei occhi. Ci leggo sofferenza: la sua migliore amica non c’è e lui non sa dov’è, né perché non ci sia… ma la sua migliore amica è MIA FIGLIA…

Cerco di pensare, di mettere ordine nelle parole che mi ha detto, di dare un senso a quella frase ma non ci riesco… solo una cosa so di dover fare.

Mi alzo e come mi dirigo alla porta gli altri 3 mi fermano.

“Dove stai andando?” mi chiede allarmata Sue tenendomi un braccio.

“Dove vuoi che vada? Dai Cullen ovviamente!”

“Non ti diranno niente, esattamente come a me…” sospira Jacob.

“Sono il padre di Bella, non possono rifiutarsi di dirmi cos’è successo!”

“Possono eccome! Ma nessuno vuole trattenerti, vai e vedi se sei più fortunato di me. Ma cerca di ricordarti che forse Renesmee già dorme, quindi non alzare la voce…”

“Ma… certo che ci starò attento!” gli rispondo infastidito, non capisco come mai Jake si interessi di mia nipote.

“Però prima potresti cenare!” propone Sue ma scuoto la testa, la fame è un vago ricordo dopo ciò che ho saputo.

Saluto ed esco, andando a riprendere la macchina che ho lasciato sulla strada.

 

Percorro quei 20 chilometri ad alta velocità, ho la testa in confusione, non so dove sia la mia bambina e tutto sembra assurdo. Mi rendo anche conto che non ho chiesto altro a Jake, mi ha solo detto che Bella non è tornata ma magari è qualcosa per la scuola e loro non gliel’hanno voluto dire. Ci possono essere mille e uno motivi per cui lei non è tornata. Oppure sono loro che avevano bisogno di tornare e lei è all’università come dovrebbe essere… ma perché queste spiegazioni non riescono a placare la mia angoscia?

Imbocco la strada che porta alla villa e nell’unico tratto rettilineo vedo Alice, in fondo, prossima alla curva. È ferma in mezzo alla strada, mi sta aspettando.

“E come poteva essere il contrario…” sospiro fra me e me.

Mi fermo al centro della strada e scendo.

“Ciao Charlie” sussurra cercando di sorridermi.

“Mi hai visto arrivare e ti sei presa la briga di venire fin qui, invece di aspettarmi fuori dalla porta… ho idea che sia più grave di ciò che temo…”

“Ho qualche dubbio ma tiro ad indovinare: è stato Jacob?”

Annuisco e lei sospira.

“Non voleva dirmelo, è stato un caso che io abbia sentito, sono arrivato con 10 minuti di anticipo…” e lei sorride amaramente.

“Allora, spiegami tutto e bada di non tralasciare niente”

“Mi dispiace Charlie, non posso dirti proprio niente, ma solo che Bella sta bene, io la tengo controll-“

“NO Alice, hai proprio sbagliato!  - la lascio di stucco – tu ora mi dici perché BELLA NON è TORNATA e non inventarti delle scuse, voglio la verità!”

“Charlie, se avessi voluto raccontarti delle frottole, non te ne saresti accorto, ti avrei accolto normalmente dicendoti ciò che avevo preparato, ma proprio perché non voglio raccontarti bugie, ti ho detto che non posso dirti niente…”

“E tu credi che io mi faccia andar bene ‘NON POSSO DIRTI NIENTE’????? ok, se non vuoi parlare tu vediamo un po’ mio genero” e faccio per risalire in macchina ma mi blocca la portiera.

“Che stai facendo??”

“Devi lasciar stare mio fratello…”

Gli ingranaggi del mio cervello cominciano cigolando a girare… è colpa sua… Bella non è tornata e lui c’entra… come sempre!

Con gli occhi rabbiosi la guardo: “Lasciami subito passare Alice!”

“Non posso…”

“O tu puoi eccome e se non vuoi che faccia un casino bestiale, mi farai passare!”

Digrigna i denti, mi sembra di sentire un ringhio! Poi la sento prendere un gran respiro per parlare, ma inghiotte senza dir niente: lascia libera la portiera e abbassa il capo. Mentre salgo in macchina lei continua a guardarsi immobile i piedi. Non mi interessa se rimane indietro, se è arrivata fin lì dalla villa, saprà anche tornarci.

Mi rimetto al volante e continuo a percorrere tutte quelle curve in mezzo al bosco finchè non vedo le luci della casa.

So che puoi sentirmi. Dovrai dirmi dov’è mia figlia, cosa diamine le hai fatto perché non è tornata e sappi che non mi farò bastare le scuse sciocche di Alice!

Almeno mio genero sa che sto arrivando e di quale umore sono. Ma come arrivo a vedere la casa, noto una figura di fronte ai gradini: Alice! Ma come cavolo ha fatto???

Senza vederla che si muove me la ritrovo in macchina.

“CRISTO SANTO! COME HAI FATTO?”

“Charlie, ti prego, lascia stare mio fratello, sta male, non riesce a parlarti…”

Cerco di capire le sue parole e la rabbia si impossessa di me: “Lui sta male? Cosa ne sa lui di come si sta male? Quando se ne è andato, quando ha lasciato Bella-“

“Lo sa, Charlie – mi interrompe posando una mano gelida sul mio braccio – lo sa perché l’ha letto nella mente di Jacob, due anni fa…”

La sua voce è un sussurro ed io cerco di comprendere il significato di quelle parole. Bene, quindi anche se non li ha vissuti direttamente quei mesi, ne ha avuto un assaggio grazie a Jacob. Ripenso involontariamente alle notti urlanti in cui Bella non riposava mai, aveva continui incubi, i suoi occhi spiritati e spenti quando correvo a svegliarla per farla uscire da quel sonno tormentato. Mesi in cui-

“Cosa stai facendo?” mi riscuoto dai miei pensieri ed Alice freme sul sedile, guarda un po’ me un po’ dentro la casa.

“Non sto facendo niente, cosa ti sembra che stia facendo, sono qui con te!”

“A cosa stai pensando? Beh, comunque smetti subito, lo fai stare male ancora di più” mi intima.

La furia si impossessa di me: non posso nemmeno ripensare a quando mia figlia stava male per colpa sua??? Scendo velocemente dall’auto e mi ritrovo Alice davanti. “Come fai a spostarti così velocemente?”

“Lo sai che siamo veloci… per favore non entrare…”

“Per favore non entrare, per favore lascialo stare, smetti di pensare a quello che stai pensando… MA NON POSSO FARE NIENTE IO??? Mia figlia non è tornata insieme a voi, tu non vuoi dirmi dov’è e a lui che è suo marito non posso chiedere… MA TI SEMBRA NORMALE???”

“Ti prego non urlare, Renesmee si sta addormentando…”

Accidenti, tutta questa animosità mi ha fatto dimenticare la raccomandazione di Jake.

“Ho bisogno di parlare con lui, Alice… non urlerò…” la mia voce è bassa e ferma; lei abbassa lo sguardo, si arrende. Si sposta e mentre la supero sussurra: “Non servirà a niente…”

Mi avvicino all’ingresso e visto che Alice è rimasta indietro mi ritrovo a bussare, giusto per educazione, anche se so che tutti mi hanno sentito. Entro sussurrando un “Si può?” e mi inoltro nel salone: dopo due passi lo vedo. Se ne sta coricato sul divano… mi viene voglia di dargli una pedata nella schiena ma mi ricordo che Alice ha detto che sta male… mi avvicino e faccio il giro, per poterlo guardare in faccia, anche se è seminascosto contro la spalliera. E lo vedo… ha gli occhi chiusi ma il viso è grigio. Profonde occhiaie nere gli incorniciano gli occhi. La fronte è una ruga unica. Come non rivedere il viso di Bella quando lui se n’era andato nei lineamenti che ho di fronte in questo momento? Ma proprio in quel momento, apre gli occhi e in quel brevissimo istante in cui mi fissano vedo straripare tutta la sofferenza di questo e di un altro mondo. Una devastazione incommensurabile, di un uomo perso, uno che non è più niente.

Ma non posso non porgli quelle domande, lei è mia figlia, e ora che ho visto com’è ridotto ho ancora più paura per lei…

“Dov’è, Edward…”

“Non ti risponderà, Charlie, te l’avevo detto…” Alice gli è accanto, accovacciata sul pavimento, gli accarezza i capelli… ma quando è entrata? E quando è arrivata?!?!

“Voglio sapere dov’è mia figlia… Edward, perché non è tornata con te??” insisto.

“Te l’ho detto, è rimasta a Dartmouth!” sospira Alice.

“Perché non è tornata con voi?” ora mi rivolgo direttamente a lei.

“Doveva… risolvere alcune questioni…” finalmente comincia a parlare.

“Che questioni?” il poliziotto che è in me scalpita.

“Sue questioni personali…” è evasiva.

“Sono cose illegali? Magari la posso aiutare…”

“No Charlie, non è niente di illegale ma non puoi nemmeno aiutarla… sa quel che fa…”

Da Alice caverò ben poco, devo cercare di svegliare mio genero. Mi rendo conto che le parole non sortiscono l’effetto desiderato, per cui sfrutterò la sua abilità di sentire i miei pensieri – e intanto Alice non interferirà.

Perché non è tornata con te? Devi rispondermi… ho visto che stai male e non provo piacere a farti questo, ma io voglio delle risposte… per colpa tua ho passato l’inferno quando è scappata 3 giorni per andare a Los Angeles senza dirmi niente e prima ancora quando l’hai lasciata da sola… ecco com’era mia figlia quando te ne sei andato… era un sacco di pelle che vegetava…

Si muove, deglutisce mentre riceve le immagini dalla mia testa, si agita sul divano.

“Charlie! Charlie ti prego non farlo! Non so a cosa stai pensando ma smetti, ti supplico!”

“Mi spiace Alice ma deve rispondermi e se non ho altro modo per farlo svegliare…”

“Nonno…”

Mi volto immediatamente, Renesmee è in alto sulla scala, un piedino penzoloni che aspetta di essere appoggiato sul gradino sottostante.

Quasi senza vederla me la ritrovo accanto: brutto vizio che hanno in questa famiglia… non mi ci abituerò mai…

Mi guarda un po’, poi si avvicina a sua zia e prende ad accarezzare suo padre.

“Cosa stai facendo al mio papà? Ho sentito te e la zia litigare…”

Ottimo…

“Piccolina, non gli stavo facendo niente, ma è tardi, devi tornare a letto…”

“Nonno Carlisle mi ha detto che dobbiamo lasciarlo tranquillo...”

Vedo i suoi occhi che si fanno rossi, alcune smorfie le deformano il viso e capisco che sta cercando di non piangere. Cristo santo, anche mia nipote dovevi far soffrire? Non bastava mia figlia??

“Nonno – mi ridesta Renesmee – lascialo stare per favore… anch’io voglio sapere do-do-dov’è la mia…” ma deve fare un gran sospiro per non crollare e decido che non posso vederla così… la raggiungo e la prendo in braccio: “Tranquilla piccola mia… non gli faccio niente, contenta? – annuisce – però ora tu vai a letto che è tardi, d’accordo?”

Annuisce ancora, mi dà un bacio e la lascio scendere. Si avvicina a Alice, fa lo stesso e poi accarezza suo padre dicendogli qualcosa sottovoce mentre gli bacia i capelli. Poi scappa via e nemmeno la vedo che sento già i suoi piedi al piano di sopra.

“Tra poco salgo tesoro” le dice Alice senza alzare la voce.

La guardo, ci fissiamo un po’: sembra che ci siamo solo noi due nella stanza, sembra che mio genero non ci sia…

“Ok Alice… non mi volete dire cos’è successo… ma da te adesso voglio una promessa: tieni d’occhio Bella-“

“Lo faccio già”

“Sì appunto, ma devi riferirmi tutto. Dove sta, con chi sta, cosa sta facendo… non voglio discutere su questo, per adesso lascio stare Edward perché Renesmee sta soffrendo ma qualsiasi altra cosa la voglio sapere, intesi?”

“Certamente. E Charlie… non mi fa piacere che stia succedendo tutto ciò, sai che voglio bene a Bella come se fosse davvero mia sorella…”

“Lo so, Alice, lo so… buonanotte” ma prima di dirigermi verso la porta guardo mio genero, che è immobile e sembrerebbe di cera se non fosse per la fronte perennemente corrugata che mi dimostra quanto stia male.

Ovviamente mi dispiace che tu stia così… Spero che Bella torni il più presto possibile, sicuramente rimetterà in sesto pure te…

Alice mi accompagna e mentre salgo in macchina comincia a piovere: pioverà per diversi giorni…

 

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Capitolo 4
*** La battaglia per la vita... o per la morte ***


Nuova pagina 1

Ciao!

è passato un po' di tempo, ma oggi posto qualcosa che mi era stato richiesto espressamente. Onestamente non ricordo chi me lo aveva chiesto, comunque qualcuno aveva la curiosità di sapere cos'era successo quando i Cullen han dovuto riportare in vita Bella ebbene... eccovi l'episodio!

Vi avviso che in alcuni punti è un po' crudo, ma che dire, a me piace

Buona lettura! e grazie a tutte che siete ancora così testarde da leggermi

La battaglia per la vita... o per la morte

“Papà, Edward è lontano ora, puoi parlare…””

“Grazie Alice. Allora ragazzi, ripassiamo un momento il tutto… Emmett e Rosalie voi la tenete ferma, Alice le blocchi la bocca e io verso il sangue. Mi raccomando, naso tappato”

“Sì, è tutto chiaro” mi risponde Rosalie avviandosi al piano superiore.

Vado in cucina per prendere le sacche di sangue, Esme è seduta con le mani sul viso.

“Tesoro…”

Scuote la testa e nemmeno mi guarda. Mi avvicino e l’abbraccio.

“Non è giusto che debba sopportare anche questo – mormora afflitta – come abbiamo fatto a non capire cosa le stava capitando?”

“Non è colpa di nessuno… e non serve a niente struggersi per questo, dobbiamo solo riportarla tra noi perché senza di lei la nostra famiglia non è completa…”

Annuisce e mi guarda finalmente: “Lo sai che però non me la sento di aiutarti, vero?”

“Sì e non preoccuparti, siamo già troppi… Bella è minuta, non possiamo starle addosso in tanti, rischieremmo di intralciarci e poi i compiti sono tutti assegnati. Solo che non dovrai spaventarti per ciò che sentirai…”

“Sì me l’hai detto… me ne starò qui. Se avrai bisogno arriverò immediatamente, altrimenti non mi muoverò da qui… non oso immaginare come stia Edward ora…”

“Già – sospiro liberandola dall’abbraccio – ma più tempo facciamo passare, più lui dovrà stare lontano… vado…” e afferrate le sacche di sangue lasciate a temperatura ambiente esco dalla cucina.

Di sopra tutti mi stanno aspettando immobili. La sedia per Bella è pronta, catene annesse… non mi piacciono, le odio fortemente ma non si può farne a meno.

“Non guardare le sacche Rosalie, prendi LEI e mettila sulla sedia. Emmett, svelto con le…” ma non dico quella parola, non voglio che lei senta, indico solamente con la mano le catene a terra.

Lui annuisce ed in un baleno mia nuora è sulla sedia. Mi velocizzo ed il bicchiere di acciaio che ho preparato è già pronto, colmo di liquido rosso.

“Non respirate!” li avviso e mi avvicino. Alice sta già tenendo il viso di Bella all’indietro ma sono io che col gomito le devo spingere indietro la fronte.

Però la mia piccola è agitata: “Alice, che c’è?”

“Sarà… - le manca la voce – sarà terribile…”

“Shhhh non ci pensare, aprile la bocca e lasciale la fronte” ma come le libera la fronte vedo che è corrugata: mia nuora o l’istinto ribelle che la sta muovendo è presente e… si ribellerà, non c’è alcun dubbio.

“Attenta alla bocca, stai molto attenta…”

Annuisce ed io inizio a versare. Bella dà uno strattone alle catene.

“Ci sono Carlisle, vai avanti, non mi scappa!” mi incita Emmett.

Le riempo la bocca e gliela chiudo di scatto. Non controllo nemmeno se ha ingoiato, so che non l’ha fatto e tapparle il naso non servirà, ha già smesso di respirare da un po’.

Le scuoto la testa e sento il suo stomaco ringhiare.

“Bevi Bella, bevi!”

Devo fare una cosa che non piacerà alla mia veggente… “Alice chiudi gli-“

“Ho già visto cosa stai per fare… - effettivamente dovevo saperlo – falla e basta”

Annuisco e do un pugno sulla gola di Bella. Lei sussulta sulla sedia ed ingoia, sto improvvisando un sorriso, penso di aver capito come fare, ma lei si ribella e vomita, sulla mano di Alice.

“Noo……” si dispera la mia piccola veggente che guarda ansiosa il sangue che le sporca la mano e la faccia di Bella.

“Non respirare, non guardare, non pensarci! Troveremo un altro modo, tranquilla…”

“Che succede Carlisle?” grida Emmett da dietro ma Rosalie, accucciata a bloccare col suo peso il corpo di sua sorella lo zittisce immediatamente.

“Togli la mano tesoro, tanto dobbiamo versarne altro” e dallo stomaco di mia nuora il ringhio si fa più feroce.

Alice toglie la mano e Bella sputa il poco sangue rimasto addosso a Rosalie.

“Dannazione!” impreca quest’ultima inspirando per la prima volta.

“Rose NO! Non respirare più!”

“Questa cretina mi ha vomitato addosso!”

“BASTA! Non parlare e non respirare, poi ti laverai!”

Sono ancora addosso a Bella, la sto spingendo indietro e mi viene un’idea.

“Ragazzi, mi devo allontanare un attimo, attenzione che sicuramente tenterà qualche scherzetto, non fatevi sorprendere…”

Corro al piano di sotto, in cucina, afferro un imbuto sotto lo sguardo esterrefatto di mia moglie.

“Cosa sta succedendo?” chiede subito mentre mi segue in garage.

“Niente di strano, sta solo ribellandosi…”

“Oddio…” e singhiozza.

Mentre trovo il nastro telato che mi serve le accarezzo il viso e la prego di tornare in cucina, che io devo sbrigarmi a tornare disopra.

Sento le catene che cincischiano, ringhi e imprecazioni varie. In un secondo sono disopra. Bella si sta agitando sulla sedia, Alice viene sballottata dalla forza di sua sorella.

“Papà!” mi supplica.

“Bella maledizione, stai ferma!”

“Fanculo…” ruggisce fra i denti.

“COSA???” sbotta Emmett.

“Non è lei che parla, non fateci caso… Ok Alice, adesso le tieni spalancata la bocca ed io uso questo” le mostro l’imbuto.

Annuisce agitatissima.

“Rose, ho bisogno che tu le tenga la testa indietro… mmmhhh… allunga le mani e appoggiale sulla fronte, spingendo indietro, ma non le spezzare il collo…”

“Carlisle non è semplice, lo vedi come mi tocca stare…”

“Rosalie, lo so che non è semplice… niente è semplice in questa situazione…” ma si sposta leggermente, appoggia la testa al petto di Bella, solleva le braccia e incrocia le mani sulla fronte di mia nuora, rovesciandole la testa indietro.

“Perfetto, bravissima! Alice, vai!”

La mia piccola veggente fatica a spalancare la bocca di Bella da cui esce chiaro e forte il ruggito della ribellione.

“No, Bella, prima hai vinto tu, stavolta non ce la farai…” e così dicendo infilo l’imbuto, premendolo sulla lingua così che non la rovesci e si tappi la gola e lei comincia a divincolarsi nonostante le quattro mani vampiresche che le stanno bloccando la testa.

“TENETELA FERMA!!!”

“Muoviti Carlisle!!!” urla Rose nei vestiti di sua sorella.

Comincio a versare il sangue ed il ringhio si infrange contro il liquido rosso che scende dalla gola. Sono due litri quelli che le faccio ingoiare, poi getto via velocemente l’imbuto e la sacca.

“TOGLI LE MANI ROSE! ALICE IL NASTRO TELATO!” ma in un istante Bella inizia a sputare sangue ovunque mentre le avvolgo la testa fra le mie braccia e le serro la mascella.

Continua a divincolarsi, c’è sangue dappertutto.

“Rose, abbracciala!”

“Oddio…” sussurra Alice e la guardo, i suoi occhi sono spiritati: ha respirato troppo.

“No… ALICE VATTENE GIU’! - e in men che non si dica è già sparita alla mia vista - Emmett, attento che Rose deve alzarsi… - e da dietro annuisce con vigore – Rose, devi passarle il nastro intorno alla testa per chiuderle bene la bocca”

“OK!” ma come Rosalie si solleva Bella mi dà uno strattone con la testa e riesce a farmi perdere la presa quel tanto che riesce ad inondare nuovamente l’altra mia figlia di liquido rosso.

“PORCAAAAA…” urla lei che si guarda i vestiti e le mani completamente cremisi.

“Rose nooo non puoi scappare anche tu!” ma i suoi occhi sono altrove, si porta una mano al naso e annusa.

“NOOOOOOO” sto andando fuori di testa, contavo troppo sulla loro sopportazione al sangue sapendo che dovevano aiutare la sorella…

Per fortuna ricompare Alice che atterra Rose prima che questa si lecchi la mano e la scaraventa verso le scale.

La mia piccola velocemente agguanta il nastro ma la blocco: “Tesoro, dobbiamo fargliene ingoiare altro, non ne resta molto dentro di lei…”

Afflitta annuisce mentre vedo Rose che è sgattaiolata di sotto.

“ESMEEEE AIUTA ROSE!”

“D’accordo!” mi giunge dalla cucina.

Decido per un approccio diverso, provo a parlare a Bella visto che le sto ancora avvolgendo la testa con le braccia.

“Piccolina… lo so che sei lì dentro e spero vorrai ascoltarmi. Devi permettermi di nutrirti… devi tenere giù il sangue che ti farò bere… cerca di aiutarmi ad aiutarti…”

Non ha reazioni, continua solo a tentare di liberarsi.

‘Accidenti, com’è complicato…’

“Alice – Sì? – Dobbiamo ricominciare da capo…”

Annuisce di nuovo mentre Bella muove freneticamente le labbra, sembra voglia parlare ma non emette suoni.

“Avremo ancora lo stesso problema di prima, dobbiamo aspettare Rose che la blocchi subito col nastro…”

“Sì hai ragione… Esme, Rose può salire ora?”

“Sì Carlisle, arriva…” e vedo l’altra mia figlia che si è cambiata e ripulita; i suoi occhi sono d’ambra pura.

“Ci sono… scusa per prima…”

“Non farlo, sono io che pretendo troppo da voi… ad ogni modo, riposizionati come prima per tenerla ferma ma tieni il nastro pronto, alla fronte ci pensa Alice…”

“D’accordo…”

“Papà, come devo fare?”

Mostro alla mia piccola veggente come appoggiarsi sul viso di Bella per tenerlo indietro e poter comunque tenerle aperta la bocca.

Siamo pronti a spostarci e durante il cambio Bella sputa ancora sangue addosso a Rose che si solleva di scatto. Alice ha già aperto la bocca di Bella.

“SE LA LASCIO MI MORDEEEE!”

“No, sta lì, prendo la sacca!” le urlo ma Rose si è già andata a lavare le mani.

Accade tutto in un lampo, sento un CRAAAAC e un urlo.

“ALICEEEE!” urla Emmett alzandosi per aiutare la mia piccola tentando di bloccare la testa di Bella ma quest’ultima muove il collo quasi lussandoselo e dà una testata alla mano di Emmett, facendola volare via. Sono impietrito da tanta forza e violenza.

“NOOOOOOOOO” urla Rose avventandosi su Bella che cade all’indietro sulla sedia.

“MALEDIZIONE, MA NON VEDI CHE VOGLIAMO AIUTARTI, BRUTTA OCA!!!”

“ROSE SMETTILA!” mi risveglio finalmente soccorrendo i miei due figli feriti. La mano di Emmett è staccata di netto, non riesco a capire come con una testata sia riuscita a farlo, ma gli dico di bagnarla col suo veleno e riattaccarla. Intanto Alice sta recuperando il suo dito in fondo alla stanza.

“Papà…” si lamenta mostrandomelo.

“Tesoro non preoccuparti. Riattaccalo col tuo veleno, ora te lo fascio…”

In pochi minuti i miei figli sono di nuovo interi ma Alice non può più tenere la bocca di Bella, dovrà farlo Rose, che intanto si è ripresa dall’ira ed ha risollevato sua sorella che continua a ringhiare.

“Allora riproviamo, questa DEVE essere l’ultima volta… Alice, tu terrai le catene; Emmett tu che sei più forte e pesante dovrai bloccarla col tuo corpo e stare pronto col nastro; Rose tu le dovrai tenere aperta la bocca…”

Annuiscono tutti e rifacciamo l’operazione. Il sangue scorre nella gola di mia nuora e come tolgo l’imbuto Emmett le ha già premuto il nastro sulla bocca chiusa. Mi passa il rotolo del nastro e velocemente le faccio tre giri intorno alla testa. Poche gocce riescono a fuoriuscire dal nastro, forse è la volta buona…

Bella si divincola: nonostante le catene, Emmett addosso e Rose che le tiene la testa affinchè non strappi il nastro, riesce a muovere la sedia.

Una forza simile non me l’aspettavo…

“Devi stare ferma! Tanto stavolta non ce la fai a vomitare!” sbotta Rose a pochi centimetri dal suo orecchio e per la prima volta Bella apre gli occhi… il bianco non c’è, è tutto un rosso cupo con le iridi nere.

Rose sembra mollare la presa, è spaventata.

“NON LASCIARLA ROSE!” le intimo, Bella potrebbe forzare il nastro e rovinare il lavoro fatto.

“Dio, Bella, sei spaventosa…” ridacchia Emmett guardandola, cercando di alleviare la paura della sua compagna. Per fortuna Rose sorride lievemente e si riprende, rinsaldando la presa.

“Carlisle, quanto dovremo stare così?” chiede Alice da dietro la sedia dove tiene ancora le catene tirate.

“Non ho idea, sicuramente alcune ore… comunque ci daremo il cambio. Anzi… Esme, vieni su!” ma le vado incontro, non sa cosa l’aspetta. Mi raggiunge sulla porta, i suoi occhi sono lucidi di veleno.

“Ce l’hai fatta?”

“Sta trattenendo il sangue ora… - sospira chiudendo gli occhi – però adesso ho bisogno anche del tuo aiuto – annuisce tornando a guardarmi – perché i nostri ragazzi han fatto tanto e devo lasciarli uscire. Poi dovremo richiamare anche Jasper…”

“Sicuro che non ti avrebbe potuto aiutare?”

“Certo tesoro… ora più che mai. È stato veramente… pesante…”

Jasper avrebbe faticato più di tutti vedendo tutto quel sangue e le emozioni che avrebbe dovuto subire lo avrebbero fatto impazzire mescolate alla presenza di tutto quel liquido rosso.

“Devi darmi una mano a pulire, poi faremo turni per tenerla sotto controllo.”

Finalmente le permetto di entrare sostenendola per un braccio: so già che nonostante sappia cosa doveva succedere, vedere Bella in quella condizione la sconvolgerà. Ed infatti per poco non mi crolla ai piedi. La sostengo e la conduco avanti.

“Non respirare. Ora tu cerca di pulire Bella, ma stai attenta comunque ai suoi movimenti, anche se Rose la tiene non è detto che non riesca a muoversi – annuisce – io intanto pulisco la stanza.”

Dopo dieci minuti nella stanza non ci sono altri odori se non disinfettante ospedaliero e profumo di foresta che entra dalla finestra spalancata.

“Ragazzi, adesso facciamo un cambio: Esme tu terrai le catene in trazione, Rose tu le bloccherai il corpo e io le terrò la testa. Alice tu vai a cercare Jasper che ci serve anche il suo aiuto, mentre Emmett, tu vai a controllare Charlie, senza farti vedere ovviamente, meglio dare un’occhiata a cosa sta facendo. Se è tutto a posto torni qui…”

Quando dopo venti minuti siamo radunati tutti di nuovo in quella stanza, con una Bella continuamente agitata sulla sedia, che non rinuncia a ribellarsi mi rivolgo a tutti loro: “Grazie per ciò che avete fatto, mi rendo conto solo ora che vi ho chiesto tanto, ma non pensavo che sarebbe stato così… difficile. Una cosa vi devo ancora chiedere, specie per chi era qui con me durante l’operazione: quando tornerà Edward dovrete sforzarvi di non pensare a ciò che è successo… non vi biasimerò se non ci riuscirete, ma capite anche voi che per lui è già una situazione terribile, in più è dovuto andare lontano per non dover assistere, non sa nemmeno se riuscirà a riavere sua moglie… se vedesse ciò che è successo qui oggi impazzirebbe…”

“Sì, hai ragione…” mormora Emmett guardando Rose e andando ad abbracciarla... chissà cosa sta provando, sicuramente non vorrebbe essere nei panni di suo fratello.

“Adesso direi che Jasper può prendere il posto di Rose così voi due potete uscire un po’…”

Emmett e Rose annuiscono e mi chiedono quando faremo il nuovo cambio.

“Direi tra un’ora…”

 

Solo quando il sole nascosto dalle nubi sta per lasciare spazio ad una serata carica di umidità e tristezza realizzo che l’operazione è riuscita e manca solo la cosa più importante: “Alice, chiama Edward…”

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Capitolo 5
*** "Bella" come un miraggio... ***


Nuova pagina 1

Ehm... dunque, ho una bellissima scusa per farmi perdonare, mi sono preparata adeguatamente

A fine novembre sono andata ad un raduno di Twilighters programmato da mesi e non potete capire cosa è stato ma pure il prima e il dopo sono stata impegnativi e ansiolitici... il prima per ovvii motivi e il dopo perchè ho dovuto acquisire, montare e rivedere tutto il video dei 3 giorni ed è stato un lavoro non indifferente visto che era più di un'ora di riprese

Poi ho iniziato a pensare a cosa potevo scrivere di questi missing moments e 3 giorni fa finalmente ho iniziato a scrivere il pezzo "mentalmente" ;)

insomma, alla fine, ecco ciò che più di una di voi mi aveva chiesto spero che vi piacerà

 

"Bella" come un miraggio...

 

Alice aveva ragione: dovevo nutrirmi e aveva fatto bene ad insistere perché uscissi. Me ne rendevo conto solo in quel momento, mentre le papille gustative ancora danzavano al sapore del sangue di quel cervo.

Ma il sangue poteva alleviare il dolore alla gola, quell’intenso bruciore che si era risvegliato sentendo l’odore dell’animale, non poteva far niente per il cumulo di mattoni che si era depositato stabilmente sul mio petto…

Mi mancava. Mi mancava oltre ogni dire, oltre ogni possibile immaginazione e nonostante mi sforzassi di convincermi che oramai l’avevo persa, il mio “cuore” si ribellava a ciò e ostinatamente cercava di non soffocare sotto al muro di mattoni, lottando contro la mente e la logica, per non lasciarsi sopraffare, per dichiarare che non si sarebbe arreso…

Un rametto si spezzò qualche metro sopra di me sul pendio e sollevai subito lo sguardo per capire quale animale avesse avuto il coraggio di avvicinarmisi così tanto. Mi pietrificai…

Oltre a sognarla ad occhi chiusi, oltre ad averne sempre in mente la voce, in quel momento dovevo pure subire la tortura di vederne un’allucinazione? Era giusto farmi patire in quel modo? Dovevo scontare anche quel supplizio e vedermela di fronte, come se fosse reale, così da farmi morire un po’ di più ben sapendo che non era lì, ma era solo la mia immaginazione?

Era talmente bella che non chiusi nemmeno gli occhi. Volevo vedere ogni millimetro della sua pelle, sebbene non fosse reale. Dovevo sopportare anche quella tortura? Forse sì, per ciò che le avevo fatto, per ciò che aveva dovuto vedere… tortura per tortura volevo guardarla, senza pensare a come sarei stato dopo che si fosse dissolta nell’aria umida del bosco.

La visione prese a muoversi, a scendere lungo il crinale. C’era qualcosa di strano…

Per fortuna mi ero già pietrificato nel momento in cui l’avevo vista, perché a quel punto sarei crollato: i suoi piedi non erano leggeri, non fluttuava come avrebbe dovuto fare una visione, un prodotto della mia immaginazione! Quei piedi poggiavano sul terreno premendo le foglie del sottobosco, e per quanto fosse aggraziata nell’incedere, le orme rimanevano al suo passaggio… mi permisi di inspirare e come una locomotiva un profumo invitante e tanto amato mi travolse, entrandomi fino nell’anima…

Non era una visione quella che stava camminando… era lei! MIA MOGLIE!

Si fermò a pochi metri da me, sorrideva timidamente.

La mia immobilità si sciolse al sussurro che uscì dalla mia bocca: “B-Bella…”

Si strofinò le mani e mormorò “Ciao Edward…”

Presi ad agitarmi. Era bellissimo vederla, sapere che stava bene, ma il mio cervello aveva preso a galoppare. Sapevo che era nel territorio di Washington ma avevo chiesto ad Alice di indicarmi dove lei NON sarebbe stata così da non darle fastidio… l’avrei potuta cercare se avessi voluto, ma mia moglie aveva preferito stare da sola e se non era tornata nonostante fosse nei dintorni, significava che non voleva ancora vedermi e sarebbe stato controproducente costringerla ad incontrarmi.

“Perché non mi guardi?”

Aveva ragione: stavo guardando ovunque tranne che lei. Mi ero riempito gli occhi finchè avevo potuto ma i pensieri che mi affollavano la testa mi avevano condotto a non guardarla più, per paura di quello che sarebbe successo dopo.

“Perché... perché so che te ne andrai di nuovo e io non ci riesco a vederti andare via... ancora...”

Le diedi le spalle. Sapere che era reale mi faceva ancora più paura: a veder un’allucinazione dissolversi nell’aria potevo essere preparato, vedere lei in persona che si allontanava ancora da me non avrei potuto sopportarlo.

Mentre pensavo a come sarei sopravvissuto sentendo il rumore delle sue scarpe che si allontanavano, avvertii quel delicato suono avvicinarsi: il suo profumo mi avvolgeva e sentivo il suo delicato respiro infrangersi sulla schiena.

Pregai. Nel giro di pochi attimi pregai in quattro lingue diverse che ci fosse data un’altra possibilità. Che venisse a dirmi “Edward ti perdono, riproviamoci”

Anche la mia testa, fuori da ogni logica, cominciò a tifare per quella soluzione ed il mio cuore prese a raspare sgomitando tra i mattoni che lo schiacciavano. Sarei morto definitivamente se mi avesse detto “Mi spiace, non riesco a perdonarti” ma ormai c’ero dentro, era la resa dei conti: o sarei rinato o avrei trovato il modo di chiudere gli occhi per sempre.

“Io... io non vado più via, se tu mi vuoi ancora...”

Tremai. Non so come ma riuscii a non cadere a terra, forse la mia rigidità mi venne in soccorso.

Qualcuno aveva ascoltato le mie preghiere… non sapevo percome né perché ma lei aveva pronunciato quelle parole ed io mi ci stavo aggrappando come un naufrago alla sua zattera.

Poi la sentii! La sua mano destra si posò delicatamente sulla mia spalla. Fu come se venissi toccato dalla fiamma viva. Sussultai e percepii lo stesso singulto provenire da lei. Mi stava toccando… pareva una vita che non sentivo le sue mani sul mio corpo. Avevo timore a muovermi, il dubbio che potesse essere frutto della mia immaginazione mi fecero tentennare ma quando sentii anche la mano sinistra che si appoggiava sulla mia schiena ed entrambe scendevano ad accarezzarmi capii che forse un pezzo di paradiso era riservato pure a me, ad un mostro immortale che non meritava nulla ma per la bontà di quella piccola donna testarda, poteva tornare a vivere e ad essere felice.

Quando oltre le mani che già mi accarezzavano avvertii la sua fronte poggiarsi fra le scapole bloccai nuovamente il respiro. Me la figurai, come se fossi una terza persona che ci vedeva lateralmente: lei di sicuro aveva gli occhi chiusi e adorante si crogiolava nel lasciarsi accarezzare dalla mia maglia. Perché lei faceva così… o meglio, faceva così ‘prima’… prima che succedesse quell’abominio.

Avvertii il suo nasino passare sulla mia schiena e poi la guancia, mentre girava il viso ed il timore che potesse finire, che non fosse come io stavo immaginando mi fecero reagire: “P-posso voltarmi?”

“Sì...”

“Bella, se mi volterò non potrò fare a meno di toccarti...”

“Lo so...”

Ed inspirando profondamente mi girai, sentendo le sue mani che non lasciavano le mie costole. E me la ritrovai davanti, così vicina da poter inspirare il suo respiro, il dolce timido sorriso e gli occhi che mi guardavano teneri, proprio come mi aveva sempre guardato ‘prima’…

‘Toccami…’ la sentii nella testa e gemetti. Un ginocchio mi cedette ma l’altro sorresse entrambi. Era più di un mese che non sentivo i suoi pensieri, quelli che mi permetteva di sentire sollevando lo scudo e quel semplice ‘toccami’ era come un tir che mi aveva travolto a folle velocità.

Totalmente impaziente di toccarla finalmente dopo tutto quel tempo sollevai subito la mano ma un’enorme spada di Damocle cominciò ad oscillare sul mio collo: forse quello era un tentativo… voleva provarci anche lei ma doveva testare la situazione. Poteva ancora finire male, se non le fosse riuscito di farsi toccare da me sarebbe stato tutto vanificato ed il suo proposito di rimanere sarebbe inesorabilmente finito alle ortiche…

Dovetti essere onesto: “Guarda... guarda la mia mano... sei sicur-” ma mi interruppe allungandosi a sfiorare le mie dita con le labbra. Nuovamente pietrificato dallo sconvolgimento emotivo, osai solo fissarla, incapace di trasmetterle l’ansia, la passione, il tormento, l’agitazione, la paura e la gioia che si rincorrevano dentro di me. Riuscii unicamente a muovere la mia mano verso il suo bellissimo viso, finchè posai il pollice sul suo labbro inferiore: era liscio come seta e morbido, o almeno io lo percepivo così. Lo fissavo mentre lo sfioravo e tutte le emozioni che provavo si tramutarono in un unico e potente desiderio.

“Vo... vorrei baciarti...” uscì dalla mia gola e lei immediatamente portò le mani sul mio viso, spingendo ad abbassarmi verso il suo che mi stava raggiungendo. Pensai che sarei morto per autocombustione infettata da agitazione compulsiva. Le sue labbra non mi raggiunsero mai troppo presto e l’ultima primordiale paura di vedermela scivolare via dalle dita un secondo prima di baciarla mi spinsero ad avvolgerle la schiena con le braccia, così che non potesse scapparmi, ma le sue manine che mi trattenevano decise mentre riprendevamo confidenza con la bocca altrui mi confidavano che non se ne voleva andare, anzi, anelava quel bacio quanto me. Quando poi anche le sue braccia si chiusero sulla mia schiena mi lasciai andare completamente e la travolsi con un bacio non più trattenuto, volevo prendere qualsiasi cosa la sua bocca mi concedesse e sentire di nuovo il suo sapore sul palato.

Dovevo ancora convincermene, non ero per niente certo che non stessi sognando, ma tenermela stretta addosso, sentire il suo profumo ed aver gustato il suo sapore era già un buon punto di partenza per risalire il baratro in cui ero sprofondato. E di certo, se lei era veramente tornata, non le avrei mai più dato motivo di doversene andare.

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