Racconti al Passaggio di un Treno

di kutinjiu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'Uomo con il Giornale ***
Capitolo 2: *** I Tre Ragazzi ***
Capitolo 3: *** Il Bambino con lo Zainetto ***
Capitolo 4: *** L'Amico ***
Capitolo 5: *** La Ragazza ***



Capitolo 1
*** L'Uomo con il Giornale ***


Racconti del Passaggio di un Treno
La pioggia fine scroscia sulla strada trafficata.
A lato, le macchine sono ferme al passaggio a livello.
Il semaforo che segnala l'arrivo del treno, emana una luce rossa e sfuocata.
I rumori della città sono sovrastati dalla musica, emessa dalle cuffie che pulsano nelle mie orecchie.
Mi fermo davanti alle sbarre, in attesa del transito del treno.
Prendo l'ipod per cambiare canzone, ne scelgo una profonda e lenta, adatta a questa atmosfera.
Guardo il treno che passa indolente; purtroppo sono arrivato in ritardo e non mi resta che osservarlo con una punta di fastidio.
Il mio sguardo si sofferma sul Sole.
Il bagliore adamantino, emanato dall'astro, si sta spegnendo progressivamente dietro ad alcune colline nevose, i cui profili si stagliano indefiniti all'orizzonte.
Nubi scure in cielo soffocano gli ultimi sprazzi di luce, la strada viene ammantata dalla penombra.
Al passaggio del treno,
si alza una leggera folata di vento.
Stringo la presa sull'ombrello, che rischia di volarmi via dalla mano.

Il primo vagone scorre pigramente davanti al mio sguardo, perso tra la musica e la pioggia sempre più fitta.
Poi mi riscuoto e rivolgo l'attenzione ai finestrini.
I vetri lucidi rivelano le attività dei viaggiatori.
Vedo un signore canuto che sta leggendo un giornale tutto spiegazzato.
Ha il volto corrucciato, come se qualcosa lo preoccupasse.
In prima pagina si legge una parte del titolo in grassetto "Eroe di guerra cade ne...", si intravede la foto di un generale con lo sguardo severo.
In secondo piano, compaiono,
in posa con lui, le figure dei colleghi.
Tra loro vi è l'anziano del treno, che ovviamente a quei tempi era ancora molto giovane.
Il corpo dell'uomo nella fotografia è snello e longilineo, la pelle è liscia, il volto trasmette orgoglio ed ambizione.
La sua versione nel presente invece, ha le spalle curve ed affaticate, la pelle coperta di rughe e chiazze dovute alla vecchiaia e lo sguardo ha perso la luce di una volta.
Dopo aver letto l'articolo, dove si parlava della morte di un suo commilitone, era stato preso dal panico.
Lacelot li aveva avvertiti riguardo alle sue intenzioni ma loro non gli avevano dato retta, credendo che con il tempo avrebbe cambiato idea o se ne dimenticasse.
Ora erano tutti nei guai.
Secondo l'articolo, il commilitone era diventato un eroe di guerra, titolo conferitogli per aver salvato un intero villaggio durante la guerra in Vietnam.
Tuttavia, questa onorificenza gli era stata tolta in seguito alle rivelazioni che lui stesso aveva scritto nel testamento.
Aveva svelato il meccanismo sfruttato dai membri dell'Unità 7 per guadagnare soldi facili.
Lacelot era sempre stato l'anello debole del gruppo, purtroppo non avevano potuto rinunciare alle sue preziose conoscenze nel campo della medicina.  
Aveva saputo dosare i farmaci in modo che causassero nei prigionieri sofferenze o morti apparentemente casuali, a seconda della necessità.
Era ammirevole come quei luridi ribelli si fossero battuti per l'onore del proprio paese, ma conservassero piccoli patrimoni, ottenuti saccheggiando i villaggi dei propri connazionali.
Ognuno aveva un suo piccolo desiderio, per il quale era disposto a pagare, che fosse la salvezza dei propri figli o un banale sigaro.
Quelli tanto sfortunati da capitare nelle grinfie dell'Unità 7, raramente avevano ottenuto ciò che avevano implorato.
Inoltre altrettanto raramente avevano conservato il proprio oro... e la vita.
L'Unità 7 aveva reputato che il miglior modo per garantire il silenzio di qualcuno, fosse nel mutismo eterno della morte.
Per l'esercito, un prigioniero in meno significava inferiori spese di denaro e viveri.
Nessuno si era mai lamentato di alcuni strani incidenti medici.
Tra i nomi riportati sul giornale da Lacelot, c'era anche quello del vecchio, indicato come uno degli ideatori del piano perverso.
Il panico prende il sopravvento su di lui... si rende conto che sarebbe andato in prigione e tutti l'avrebbero additato come un mostro.
Sa di meritare quel trattamento, ma non vuole pagare a causa di un debole che aveva ceduto ai sensi di colpa.
Con questo comportamento, si era dimostrato più vigliacco di tutti loro
; è troppo facile confessare colpe senza subirne le conseguenze.
Come se non bastasse, aveva messo nei guai tutta la compagnia, tradendo il giuramento di segretezza.
Il vecchio si piega in avanti, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e reggendosi disperato la testa.
Il giornale cade, le pagine si sparpagliano a terra scompostamente.
E mentre lui pensa all'oro che ancora doveva spendere, alla reazione della moglie ed alle cose terribili fatte in passato, il treno scorre e mi toglie la visuale.
Riscuotendomi, passo al finestrino successivo, oscurato per metà da graffiti incmprensibili, che il cui messaggio è conosciuto solo dal loro creatore.
 




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Capitolo 2
*** I Tre Ragazzi ***


Lo Straniero
Il finestrino successivo mi offre la vista di tre ragazzi che discutono allegramente.
Uno indossa una giacca in pelle, è seduto a destra dell'amico più alto, che ha l'atteggiamento altezzoso del capobanda.
Lorenzo, il più robusto, è in piedi e gesticola, contento di avere l'attenzione dei due, cercando di sfruttare il loro momentaneo interesse.
Sta descrivendo un avvenimento del giorno precedente, uno di quegli episodi simpatici che si raccontano quando un silenzio imbarazzante è calato sulla compagnia.

Dunque, premette Lorenzo, uno straniero, avrà avuto una trentina d'anni, stava passando per la strada con una vecchia bicicletta.
Probabilmente
portava a casa la spesa appena fatta al supermercato, che distava un centinaio di metri da là.
Sì, proprio quello vicino al loro distributore di sigarette preferito, sulla strada che percorrevano ogni mattina per andare a scuola.
Lui, Lorenzo, è seduto sulle panchine del parco con un gruppetto di ragazzi.
Intralciato dalle borse, l'uomo cercava di fare quel che poteva per non sbandare o far cadere il contenuto.
Purtroppo non si era accorto di un rallentatore e, colto di sopresa dal dislivello, aveva perso la presa sul manubrio ed era caduto.
Quando i ragazzi avevano visto la scena, erano scoppiati a ridere, soprattutto alla vista di una bambola che era caduta da una borsa ed era stata schiacciata dalle ruote della bici.
L'uomo si era girato di scatto ma non aveva potuto fare altro, se non voltarsi nuovamente, preso dalla vergogna.
Tanto ormai non era più abituato a ricevere rispetto dalla gente e quindi si era rassegnato.
Poi, mentre raccoglieva le sue cose, aveva notato la bambola ed aveva sentito delle lacrime bagnargli gli occhi.
Subito le aveva ricacciate indietro, per non dare soddisfazione a quei ragazzacci, che per fortuna erano troppo impegnati ad imitarlo nella caduta.
Il giocattolo era il regalo di compleanno per suo figlia, l'unica cosa che l'aveva spinto attraverso tutte le umiliazioni subite.
Lui e sua moglie avrebbero potuto vivere nella miseria del loro paese, ma quando avevano saputo di aspettare un figlio, avevano deciso di offrirgli un futuro migliore di quello.
Così si erano trasferiti in Italia, incuranti degli sguardi sospettosi, della difficoltà nell'imparare una nuova lingua e di tanti altri problemi.
Con la prima paga del suo lavoro, giù alla fabbrica, si era finalmente potuto permettere un regalo per la figlia.
Voleva che lei si avvicinasse alla normalità, che vivesse come gli altri bambini senzo il peso dell'emarginazione che lui doveva sopportare.
Lorenzo sapeva che
ridere era un comportamento sbagliato, ma se non lo avesse fatto sapeva che gli altri lo avrebbero guardato male.
E poi quello era uno straniero, uno di quelli che si vedono ogni giorno in televisione a commettere reati.
No, lui aveva visto bene la tristezza che la vista della bambola rotta gli aveva indotto.
Allora era diventato improvvisamente serio, ma non aveva detto nulla ed aveva lasciato che il gruppo continuasse con le sue battute, finchè non si era stancato e se ne era andato via.

Avrebbe voluto dimenticarsi quell'evento e basta, ma si era imbattuto nei due ragazzi che ammirava e gli avevano chiesto il resoconto dell'accaduto.
E' la sua occasione di avvicinarsi a loro.
Mentre racconta, sente quanto sia sbagliato quel tipo di comportamento ed odia il fatto di dover diventare una persona peggiore per farsi degli amici.
A dire il vero, lui cerca qualcuno di serio, che condivida con lui pensieri più profondi di "Quanto è figa quella ragazza" o "Quanto è figa quell'auto" o ancora "Quanto è scemo quello".
Però Lorenzo conosce solo questa realtà e si è rassegnato nella ricerca della sua felicità personale, dunque ha deciso di diventare come gli altri e provare a vedere se la violenza, il fumare e l'insultare le persone lo rende felice come rende loro.
Uno dei ragazzi sul treno, sta pensando a quanto gli stia bene a quello straniero, si ricorda quella volta che sua madre è tornata a casa sconvolta, dopo il borseggio.
Era buio, non si vedeva quasi nulla, ma era sicura che non fosse stato un italiano. E no, non aveva sentito la sua voce.
Ecco ciò che aveva riferito all'agente di polizia, in seguito.
Gli piace il modo di fare di Lorenzo, sembrava tanto buono ed invece è abbastanza simile a lui, forse si era sbagliato ad escluderlo dal gruppo qualche mese fa...
L'altro ragazzo, quello con la giacca in pelle, invece è disgustato dalla storia, però è costretto ad annuire ed ascoltare come se la gradisse.
Sapeva che non ci si dovrebbe comprotare così, tuttavia ora ha un sacco di amici che lo reputano un duro.
Gli piaceva il modo di fare di Lorenzo, sembrava una persona ragionevole, diversa dagli altri, ma forse si è sbagliato...

E mentre quelle tre vite si intrecciano nel modo sbagliato, il treno mi toglie la loro visuale, regalandomene in cambio un'altra altrettanto interessante.








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Capitolo 3
*** Il Bambino con lo Zainetto ***


Il Bambino con lo Zainetto

Un bambino, avrà avuto sì e no sette anni, sta seduto rigidamente su un sedile.
Il posto accanto è
occupato dal suo zainetto, probabilmente con dentro i libri di scuola; gli altri due invece sono liberi.
Si può notare un leggero luccichio nei suoi occhi, mesti rivelatori del suo stato d'animo.
Se il padre l'avesse visto in quel momento, l'avrebbe sicuramente punito; i veri uomini non piangono mai.
Era lui a portare il piccolo figlio a scuola, purtroppo oggi era impegnato per lavoro.
Thomas avrebbe dovuto cavarsela da solo.
Istruito secondo una rigida disciplina, riesce a controllare l'ansia che si tiene dentro e la paura del castigo che riceverà di certo.
Nonostante i rimproveri e gli avvertimenti continui del padre, continua a commettere errori.
A volte cade e si sbuccia un ginocchio, altre invece si graffia sugli spigoli dei tavoli.
Ci sono un sacco di posti pericolosi a casa sua; dovrebbe stare più attento, dicono i suoi insegnanti.
Thomas a scuola aveva preso un'insufficienza solo una volta.
Per fortuna quella caduta dalle scale, che gli aveva lasciato fin troppi lividi, aveva inspiegabilmente aumentato il suo interesse per lo studio.
Le scale di casa erano molto dure e non ammettavano che lui mettesse il piede in fallo.
Se ciò accadeva, Thomas non poteva far altro, se non alzare le mani per proteggersi almeno un po'.
Tuttavia non piange da anni, ha imparato da solo che non serve a nulla.
Ora, questa ferma decisione, stabilita tempo addietro, sta vacillando.
Si è appena reso conto di essere sul treno sbagliato.
Viaggia verso una meta sconosciuta, circondato da estranei, tutto solo.
Appena suo padre sarebbe venuto a saperlo, probabilmente gli avrebbe fatto qualcosa di peggiore rispetto ai semplici spigoli od alle scale.
Forse sarebbe finito come sua madre, costretta a restare sempre in casa ed ubbidire agli ordini
in silenzio.
Thomas non ha capito molto di tutto ciò, ma sa che il motivo del comportamento sottomesso della donna è per causa sua.
Probabilmente è quello il motivo per il quale suo padre gli sta sempre accanto e lo porta di persona ovunque.
Tuttavia, il luccichio negli occhi del bambino non è una lacrima, bensì il riflesso di una speranza.
Sarebbe andato ovunque il treno l'avesse portato.
Senza di lui, sua madre sarebbe potuta tornare libera e magari anche felice.
Suo padre non avrebbe avuto più nessuno su cui sfogarsi.
Thomas ha imparato molto riguardo alle sofferenze ed ai sacrifici nella sua breve vita.
Una vita senza più spigoli o scale... alla luce di questo pensiero, le sue paure divengono meno cupe.
Prende lo zainetto, dove per fortuna ha ancora un po' di soldi, oltre alla sua merenda, ed aspetta che il treno termini la sua corsa per poi trovare la sua nuova strada.
Prima che il primo vagone si sposti lontano dalla mia visuale, noto che, attaccato allo zainetto, c'è un cartellino con riportati tutti i suoi datipersonali: nome, cognome ed indirizzo.
Forse il bambino se ne accorgerà, prima di scendere.
Poi, il treno continua il suo percorso ed io guardo cosa mi riserva il secondo vagone.




 

 

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Capitolo 4
*** L'Amico ***


L'Amico

Nello spazio tra uno scompartimento e l'altro, intravedo una figura che riconosco.
E' Luca, uno dei miei migliori amici.
Tolgo la mano dalla tasca dei jeans e la agito in segno di saluto.
Non mi vede, la sua attenzione è rivolta al suo cellulare; le dita sfrecciano rapide sui tasti, come se gli premesse inviare il messaggio per ricevere al più presto una risposta.
Ancora una volta percepisco quella strana sensazione; un nodo dentro il mio corpo stringe tutti i sentimenti che provo e li confonde tra loro.
La voglia di parlare con lui di cose serie ancora una volta, da soli, pulsa all'interno del mio cuore.
Si alterna con il desiderio di distacco che libera dalla fatica di andare avanti.
Queste vibrazioni interiori mi scuotono in una danza satura di angoscia e tormento.
E' una scelta dell'orco, ogni strada offre la sua dose di sofferenza.
In questi momenti, percepisco tutti i fili invisibili che mi legano alle persone e noto con rammarico la trama eterea con la sono intessuti.
Capisco i limiti che definiscono i rapporti tra me e gli altri, spesso più ristretti di quanto avessi creduto.
Vedo i gesti disinteressati, i ringraziamenti e l'amicizia che brilla nell'animo con diverse intensità.
Vedo anche i silenzi, le delusioni e le menzogne che ho liquidato senza darci importanza.
Dolori che appesantiscono il rapporto e rischiano di spezzare il filo.
Il problema però, non è tornare indietro a legare i due estremi sfilacciati, ma trovare ancora il capo del filo che l'altro si è portato con sè.
Così, mentre continuo a sperare che quel messaggio sia per me, temo le conseguenze di ciò.
Le fitte, le scottature che ricevo quando non sono io la persona che saluta per primo.
Quando qualcuno mi riferisce qualcosa che l'amico non mi ha detto.
Quando cerco di mostrare la tristezza che alberga in me e nessuno mi chiede nulla.
Allora, mi domando se quelli siano veramente amici o se alla fine si vive sempre da soli.
Basta lasciar scorrere il tempo perchè questo intrico di sentimenti si sciolga e torni chiaro al mio animo.
A breve, rimarranno soltanto gli strascichi di questi pensieri; una scia fumosa tracciata nel cielo e già sulla via del disfacimento.
Luca alza il volto mentre scompare dalla mia vista.
Non sento avvisi, ma d'altronde non mi ricordo se ho il cellulare acceso o spento.
Mi chiedo se voglio veramente conoscere la risposta e decido di aspettare.
Voglio finire la mia immersione nelle storie raccontate dalle persone sul treno, prima di affrontare la realtà.
Forse il treno non ha una fine... mi chiedo se abbia avuto un inizio.
Non importa.
Mi sento in pace sotto quella gentile pioggerella, cullato dalla musica e dilettato dalla fantasia.
Percepisco un po' di nostalgia, il suo sapore però è dolce perchè si limita a donarmi ricordi felici e non dolori passati.
Se tutto ciò è un sogno, non voglio svegliarmi.
Se è la vita, non voglio morire.
E se fosse una via di mezzo?
Ma ecco che i miei pensieri vengono catturati da una figura affacciata al finestrino di quel magico treno.


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Capitolo 5
*** La Ragazza ***


La Ragazza

La figura si rivela appartenere ad una ragazza.
Il suo sguardo affranto spazia lungo il paesaggio all'esterno del treno.
La noia ha distorto la curva delle sue labbra verso il basso, brevi lampi di interesse fanno sì che essa si risollevi leggermente, ma solo per un momento.
Il capo reclinato è sorretto da una mano, il gomito poggia mollemente su un bracciolo del sedile.
Mi chiedo se anche lei stia immaginando qualcosa riguardo alle persone che vede.
I nostri occhi si incrociano per un istante, poi si perdono.
Quel contatto mi disturba, non riesco ad immaginare la storia della ragazza.
La sento come un'estranea in questo mondo, possiede qualcosa in più degli altri.
Tutto questo dura solo pochi istanti, infatti le mie riflessioni vengono interrotte da un suono; ho l'impressione che mi stiano chiamando.
Tolgo una cuffietta per sentire se il rumore si ripete, ma percepisco solo lo scroscio della pioggia ed il roboare del treno sulle rotaie.
Allora torno ad osservare la ragazza e la sua storia appare vivida nella mia fantasia.

Aveva stabilito un record di felicità in quel giorno, ed era trascorsa solo la mattinata, cioè la parte solitamente più noiosa.
Stava uscendo proprio ora da scuola, con la sua amica del cuore, diretta al parco, dove avevano intenzione di pranzare assieme.
Qualche ora dopo, sarebbe tornata a casa, raccontando raggiante della performance perfetta data nell'interrogazione di matematica.
Nel week-end avrebbe dovuto partecipare alla lettura di una sua poesia, arrivata seconda ad un concorso.
Non componeva per vincere, ma perchè sentiva un impulso a confidarsi con un semplice pezzo di carta.
In questo modo affidava i ricordi, che la sua memoria fallace rischiava di cancellare, all'eternità della poesia.
Le bastava rileggere le sue opere per rievocare il sentimento che le aveva ispirate.
Grazie a questa grande sensibilità, si sentiva in sintonia con la vita, che amava profondamente.
Quando vedeva la miseria, l'ingiustizia ed il dolore che ferivano il mondo, provava un'infinita tristezza.
Allora cercava di rimediare nel suo piccolo, faceva sempre il primo passo per migliorare la vita di qualcuno, cercando almeno di ottenere un timido sorriso.
Gesti così minuscoli nella forma, così immensi nel significato.
Sospesa in questa esistenza idilliaca, rideva insieme all'amica.
Non dava per scontata la sua presenza e rideva, grata della gioia che le portava ogni giorno.
E mentre rideva, si dimenticò di tutto ciò che le stava intorno, di ogni sofferenza che la vita ci fa patire quotidianamente, e fece un passo di troppo.
Dei fiori giacevano rinsecchiti sul bordo della strada, a ribadire quanto fosse pericolosa quella curva.
Ma gli studenti spesso per accorciare il cammino, attraversavano in quel punto.
Un urlo, una frenata.
Una traccia nera sull'asfalto, una chiazza di sangue.

Dopo quest'ultima immagine, torno in me stesso, ancora fermo davanti alle sbarre.
Le mie labbra curvate verso il basso, emulano l'espressione della sfortunata ragazza che osserva il paesaggio dal treno.








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