Ritratto di signora di Lizzyluna (/viewuser.php?uid=11910)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritratto (1963) ***
Capitolo 2: *** Briciole (1966) ***
Capitolo 3: *** Regalo (1969) ***
Capitolo 4: *** Bugie (1974) ***
Capitolo 5: *** Rotto (1980) ***
Capitolo 1 *** Ritratto (1963) ***
Lo so, sto abusando
della pazienza dei lettori: tra le consegne per i
contest, gli esami e tutto il resto, le mie opere più
seguite non vengono
aggiornate da una vita. Mi faccio perdonare con questa sorta di spin
off di "L'amore è cieco (e certe volte anche sordo e muto)",
che ha
acquistato dimensioni tanto notevoli da diventare una piccola raccolta:
l'ho scritta per il Crack
Pairing Contest e ne ho scartate almeno due
versioni prima di decidere per questa.
Ora che Only
è tornata tra noi, prendo coraggio e pubblico il primo
capitolo. Spero che vi piaccia.
Note
di inizio raccolta:
Pacchetto
32
Prompt:
dipinto, biscotto, pinza per capelli
Personaggio:
Bellatrix Black
Colore:
grano
NdA: Più che una
raccolta, è un album di foto.
Bellatrix ha 12, 15, 18, 23 e 29 anni nel corso della vicenda, Regulus
10 di
meno. E Rodolphus è un tesoro, questo non si discute.
I titoli sono una delle
mie famigerate idee dell'ultimo minuto, nel senso che li ho scelti
prima di pubblicare. Il primo che trova il senso della successione
apparentemente casuale (e ci riuscirà a raccolta
completata... o forse anche prima, se è sveglio) vince il
link di un disegno su Regulus pescato da DeviantArt.
Ritratto
di signora
Ritratto (1963)
Una legge non scritta della famiglia
Black prescriveva che
ogni membro della prestigiosa casata dovesse posare per almeno un
ritratto. La
macchina fotografica, irritante parto del narcisismo Babbano, era
giudicata
indegna di fissare i nobili lineamenti della stirpe Purosangue: per
assolvere
al glorioso compito servivano tela, pennello e colori.
Fu così che la dodicenne
Bellatrix fu costretta a
trascorrere un noioso pomeriggio estivo seduta sulla poltrona
più scomoda di
Grimmauld Place, a sorridere come una bambola per quel benedetto
quadro. Sua
madre aveva scelto per lei un vestito giallo grano, un colore che
detestava, e
le aveva lasciato i capelli sciolti sulle spalle e decorati da un
fiocco rosso,
sostenendo che abito e pettinatura le avrebbero illuminato la
carnagione ed
ingentilito i lineamenti; da parte sua, la ragazza era convinta che
l’unico
effetto di quell’abbigliamento fosse farle sentire
più caldo.
«Su, su dritta con quel
busto!»
Bellatrix cambiò
leggermente posizione, approfittandone per
spostare un braccio e dondolare un piede, tanto per rimarcare che era
lei la
signora della casa (anche se in verità la padrona era sua
zia). Ne aveva
abbastanza di prendere ordini da quel mago da strapazzo che lavorava
con una
lentezza esasperante, come se non si accorgesse che la temperatura
infernale
del salotto, oltre ad aggiungere colore
all’incarnato dell’incantevole modella
(come diceva quello squilibrato
torturatore armato di pennello), minacciava di sciogliere la suddetta
modella
come una candela accesa vicino al fuoco.
«Sorridete, signorina,
sorridete! Ancora un po’di pazienza!»
la esortò il pittore. «Ecco, così!
Magnifico!»
La ragazza sogghignò
mentalmente, chiedendosi se
l’imbrattatele sarebbe stato altrettanto entusiasta sapendo
quale immagine aveva
evocato per ottenere quel sorriso, e la piccola soddisfazione la tenne
tranquilla per un paio di minuti; ben presto, però, la noia
riprese il
sopravvento e lei cominciò senza accorgersene ad
afflosciarsi sulla poltrona.
Avrebbe dato tutta la sua eredità per essere in giardino con
la mamma e le
sorelle, a bere tè freddo e parlare di sciocchezze; perfino
lo sgabuzzino di
Kreacher sarebbe stato meglio di quel salotto surriscaldato.
Era lì dentro da almeno
un’ora quando la porta
si aprì lentamente, spinta da un bimbetto dai capelli neri
che avanzava con il
passo incerto di chi ha imparato da poco a camminare. Il bambino
raggiunse una poltrona
poco distante dal cavalletto e vi si arrampicò, osservando
con apparente
interesse il lavoro dell’artista; rimase lì per il
resto della seduta,
indifferente al caldo e agli sguardi dei genitori che sbirciavano dalla
porta
socchiusa, la madre con un sorriso indulgente, il padre con
un’alzata di spalle.
Il ritrattista finse di non
accorgersi dello spettatore, ma
quando, un’interminabile ora dopo, il dipinto fu terminato,
pregò Bellatrix di
restare in posa ancora qualche minuto per gli
ultimi ritocchi ed estrasse un’altra tela dalla
cassetta, tratteggiandovi
un’altra figura con abili colpi di pennello; così,
quando i signori Black fecero
il loro ingresso nel salotto per ammirare il lavoro finito, accanto al
ritratto
della ragazza trovarono quello di un piccolo principe
dall’aria assorta, con la
guancia posata sulla manina.
«Ha un animo
d’artista» dichiarò Walburga orgogliosa,
contemplando il dipinto. «Dovevi vederlo, Druella: sembrava
incantato dal
pennello!»
«Secondo me è
per il vestito giallo» sentenziò la piccola
Narcissa. «Ai bambini piccoli piacciono i colori
brillanti».
Bellatrix, impegnata a stiracchiarsi
in modo poco signorile,
ma soddisfacente, si lasciò sfuggire uno sbuffo incredulo.
Probabilmente era
stata l’unica a notare che Regulus non stava affatto
guardando il pittore: no,
il principino era interessato a qualcos’altro… e
non al suo vestito.
Quella sera la Bellatrix dipinta fece
il suo ingresso in
casa Black, ma non da sola: con grande sorpresa dei committenti, un
giovanissimo clandestino si insinuò nella tela per
contemplare incantato la modella
e non ci fu verso di convincerlo a tornare al proprio posto. Gli sforzi
riuniti
di Phineas Nigellus e Kreacher furono inutili e Cygnus e Druella
dovettero
rassegnarsi a prendere con sé il secondo ritratto,
sorridendo garbatamente alla
proposta di Sirius di portarsi via anche il soggetto.
Dopo cena, Bellatrix si sedette a
gambe incrociate sul
tappeto del salone e rimase ad osservare l’altra
sé stessa che approfittava
della distrazione degli spettatori per grattarsi la schiena con una
mano,
respingendo con l’altra il piccolo compagno che cercava di
installarsi nel suo
grembo (il Regulus a due dimensioni ruzzolò giù
ed atterrò pesantemente sul
sedere).
«Che carino!»
commentò Narcissa alle sue spalle. «La tua
dolcezza fa conquiste, Bella».
Bellatrix storse il naso, scoccando
un’occhiata ostile al
cuginetto dipinto.
Non potevi
innamorarti
di Andromeda, stupido bambino?
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Capitolo 2 *** Briciole (1966) ***
Briciole
(1966)
Bellatrix spalancò la
porta del salotto, incurante dello stato
pietoso del libro che teneva per un angolo della copertina e che stava
perdendo
tutte le pagine a causa delle sue rabbiose scrollate. Fino a pochi
minuti prima
la maggiore delle sorelle Black stava leggendo in giardino, ma
all’improvviso un
certo quantitativo di frammenti di biscotto le era inspiegabilmente
piovuto
addosso dalla finestra del piano di sopra e lei era più che
sicura che
c’entrasse un certo bambinetto dai capelli neri. Un
marmocchio che aveva il
nome di una stella, e che di stelle ne avrebbe viste in abbondanza non
appena
lei fosse riuscita a mettergli le mani addosso.
La stanza era vuota, ad eccezione di
qualche briciola sparsa
sulla moquette grigia, ma la ragazza notò un lieve movimento
tra le tende e si
diresse da quella parte, pensando a Sirius, ai biscotti e ai ceffoni
che aveva
in serbo per lui. «Vieni fuori, Sirius! Tanto ti picchio lo
stesso!» minacciò, posando
il libro ed accertandosi con un’occhiata che nessun adulto
fosse nei paraggi. Aveva
già una mano sulla tenda quando fu distratta dal richiamo di
una vocina
infantile proveniente dalla porta alle sue spalle: sulla soglia
c’era il
piccolo Regulus, che stringeva nella manina qualcosa di grosso e
rotondo che
aveva la stessa sfumatura di giallo dell’odiato abito da
ricevimento. Un biscotto.
A quella vista la rabbia della
ragazza si accumulò come una
nube temporalesca, per poi sfogarsi prontamente
sull’incolpevole bambino che
trotterellava verso di lei, offrendole fiducioso il suo tesoro.
«Cosa fai qui,
marmocchio?» ringhiò furiosa. «Sei stato
tu?»
Altre briciole caddero sul pavimento
quando Regulus si
ritrasse intimorito, stritolando il dolcetto nel pugno; Bellatrix,
più rapida,
gli artigliò un braccio e strinse la presa sul polso sottile
finché il viso del
bimbo non fu deformato da una smorfia. «Guardami quando ti
parlo, essere! Sei
stato tu?»
Il piccolo scosse la testa, con le
labbra tremanti, e tese
di nuovo la mano, presentandole i resti del biscotto con uno sguardo
supplichevole che servì solo ad irritarla di più.
«Non voglio il tuo stupido
biscotto! Sparisci dalla mia vista o ti prendo a schiaffi!»
gridò scuotendolo
con forza, e a quel punto il bambino si mise a piangere sul serio: un
pianto
educato da vero Black, nient’altro che un’alluvione
di lacrime silenziose.
Qualcuno accorse dalla stanza accanto e Bellatrix temette che si
trattasse del
padre e dello zio, che stavano parlando di affari nello studio (e in
quel caso
l’aspettava una punizione per aver fatto piangere il
principino), invece erano
Sirius e Andromeda, seguiti a ruota da Narcissa: avevano tutti
un’aria seria e,
nel caso del cuginetto, colpevole. «Non ha fatto
niente!» gridò Sirius entrando
a precipizio. «Ha visto che eri arrabbiata e voleva offrirti
un biscotto, non
ha fatto niente di male!»
«Bella!»
esclamò un’altra voce: stavolta era la mamma.
«Cosa
è successo a tuo cugino?»
«Ha perso la sua
palla» mentì lei con disinvoltura,
affrettandosi a lasciare il polso di Regulus. «Gli ho
promesso che la cerco più
tardi».
Druella scrutò con
sospetto il nipotino piangente e i bambini
che lo circondavano, a cominciare da Narcissa intenta a fissarsi le
scarpette
nuove; Sirius e Andromeda si scambiarono un’occhiata ansiosa,
ma nessuno dei
due fiatò. «Bene» concluse la donna.
«La merenda è pronta, lavatevi le mani e
scendete».
I piccoli Black abbandonarono la
stanza uno dopo l’altro, ad
eccezione di Regulus, che rimase raggomitolato sul pavimento.
Bellatrix, fingendo
di non accorgersi della sua assenza, seguì gli altri in
giardino, ma non poté
ignorare la zia che le chiese per ben due volte di andare a chiamarlo e
alla
fine dovette abbandonare la torta e obbedire; passando dal salone
tossì forte
per svegliare la propria versione dipinta, che sonnecchiava con Regulus
in
braccio, ed ebbe la maligna soddisfazione di vederla scattare in piedi
e scrollarsi
di dosso il piccolo.
Il vero Regulus era lì
dove l’aveva lasciato, con il visino
tra le mani. «Muoviti, la merenda è
pronta!» esclamò lei, ma il cugino non si
mosse.
«Smettila di fare il
musone, c’è la torta!»
ritentò,
accovacciandosi vicino a lui e scuotendolo leggermente. Nemmeno quel
richiamo
ebbe effetto.
La ragazza sbuffò con
impazienza, soffocando l’impulso di
prendere Regulus per un braccio e trascinarlo in giardino;
radunò invece tutta
la dolcezza di cui era capace per cercare di convincerlo con le buone
maniere.
«E va bene, ti chiedo scusa, sei contento? Adesso vieni, o
non troveremo più
crostata… dirò alla zia di dartene una fetta in
più, ti va?»
Se nemmeno
la crostata
funziona, mi arrendo e torno di sotto, decise. Conoscendo
Regulus, si
aspettava che facesse l’offeso per un po’ prima di
cedere alla tentazione;
dunque si sedette per terra, spazzolando le briciole dalla moquette, e
concesse
al cuginetto dieci minuti per mettere da parte l’orgoglio e
accettare l’offerta,
dopodiché avrebbe interpellato Andromeda, che era molto
più brava di lei a
trattare con i marmocchi.
Impegnata com’era a
pianificare la propria strategia, non si
accorse del lieve movimento della testolina scura vicino alla sua, che
si
sollevò impercettibilmente come un girasole a mezzogiorno;
fu dunque colta di
sorpresa quando le labbra di Regulus si posarono timidamente sulle sue,
regalandole un vago sapore di zucchero a velo.
Quel bacio appiccicoso
durò un solo istante, prima che un
rumoroso singhiozzo infrangesse l’incantesimo, ma ebbe
l’effetto di lasciare
Bellatrix senza parole; per un attimo la ragazza meditò di
dare uno schiaffo a
quel piccolo insolente, e al diavolo i rimproveri della zia, ma poi
decise di
non fargli capire quanto quel gesto l’avesse turbata.
«Che schifo!» dichiarò
pulendosi la bocca con la manica. «Soffiati almeno il naso,
impiastro, sei
tutto appiccicoso!»
«È il tuo
biscotto» spiegò Regulus arrossendo.
«L’ho
mangiato, scusa».
«E me lo dai già
masticato? Che pensiero gentile!» ironizzò
lei.
«Era rotto» si
difese il bimbo. «Non era più bello da
regalare. Non avevo più niente da darti…
così ti ho dato lo zucchero che mi
restava».
«Che me ne faccio dello
zucchero?» sbuffò la ragazza.
«Tienilo, è un
regalo» rispose dolcemente Regulus con un
sorriso incerto. «Così sei felice e non gridi
più».
Bellatrix guardò il
visetto adorante e decise che per quel
giorno aveva sopportato abbastanza. «Sì, sei stato
davvero generoso… ma adesso
andiamo a mangiare la torta» disse in fretta, alzandosi in
piedi e porgendo un
fazzoletto al piccolo perché si pulisse le mani.
«E comunque sei uno sciocco»
aggiunse, per non dare l’impressione di essere commossa.
«Se qualcuno mi avesse
trattato in quel modo l’avrei preso a sberle, altro che
biscotto!»
Tese la mano con gesto imperioso e
Regulus la seguì,
obbediente come un cucciolo ben educato.
Attraversando di nuovo il salone,
Bellatrix diede
un’occhiata al ritratto e vide la sua gemella raddrizzarsi di
colpo sulla
poltrona e lisciarsi le pieghe dell’abito, che appariva
sgualcito come se qualcuno ci si
fosse appena seduto
sopra. Il dipinto ostentò indifferenza quando i due cugini
ci passarono
davanti, ma la giovane strega non si lasciò ingannare.
«Stavi sorridendo, razza
di ipocrita!» le sibilò malevola, guardando il
bambino ai suoi piedi.
Secondo, tragico capitolo: era da un
pezzo che aspettavo l'occasione di massacrare una scena romantica
piazzandoci roba attaccosa e gocciolamento nasale (sono una brutta
persona, lo so).
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Capitolo 3 *** Regalo (1969) ***
Regalo
(1969)
Le risatine provenienti dalla stanza
accanto si fecero più
acute e Bellatrix si mosse nervosamente sulla poltrona della
biblioteca,
cercando di concentrarsi sul proprio libro. Aveva progettato di
dedicare le
vacanze alla preparazione dei M.A.G.O di fine anno, ma aveva fatto i
conti
senza Narcissa e le tre sciocchine di Serpeverde che i genitori le
avevano
permesso di invitare per Natale.
«Dateci un taglio,
voialtre!» sbottò quando perse il filo
per l’ennesima volta.
«Perché non
giochi anche tu invece di consumarti sui libri?
Noi ci stiamo divertendo!» rispose la sorella affacciandosi
sulla soglia;
teneva in mano una boccetta pieno di liquido trasparente che proveniva
sicuramente
dalla farmacia di famiglia.
«Stai giocando ancora col
Veritaserum? Lo sai che la mamma
non vuole!» esclamò Bellatrix notando
l’oggetto.
«La mamma ha detto che
posso!» replicò l’altra in tono
supponente. «E poi non è autentico Veritaserum, me
l’ha detto Lucius a scuola.
Ti rende solo più chiacchierone, tutto qui».
«Beh, comunque non dovresti
giocarci» puntualizzò lei, ma
Narcissa le aveva già voltato le spalle, con
l’indifferenza di una tredicenne
per la quale i rimproveri della sorella maggiore erano
l’ultimo dei problemi.
Bellatrix l’avrebbe volentieri presa a schiaffi, cosa che le
capitava spesso in
quei giorni, ma aveva questioni più importanti di cui
occuparsi invece di
bisticciare con un’adolescente arrogante: studiare
Incantesimi, per esempio.
Si rimise a leggere con impegno,
decisa a finire il capitolo
prima di cena, ma era arrivata a malapena alla terza pagina quando le
quattro
ochette la interruppero di nuovo, facendo irruzione in biblioteca con
la grazia
di un branco di Graphorn. «Che vuoi, pulce?»
grugnì quando Narcissa le strappò
il libro dalle mani.
«Sai... Regulus ci ha
appena confidato cosa vorrebbe per
Natale» rispose la sorella, con un’espressione
misteriosa guastata dalle
continue risatine delle amiche.
«E io che
c’entro?» replicò lei spazientita,
allungandosi
per riprendere il volume.
«Beh, il suo regalo ce
l’hai tu» spiegò Narcissa maliziosa,
saltando indietro per mettersi fuori dalla sua portata. «Che
ne diresti di
darglielo adesso?»
Alle sue spalle il figlio minore di
Orion e Walburga,
trascinato a forza nella stanza, lottava inutilmente per sottrarsi alla
stretta
di una Miranda Yaxley grossa il doppio di lui: a differenza di Sirius,
che si
era nascosto nei meandri di Villa Black facendo perdere le proprie
tracce, il
piccolo Black era caduto in mano alle diaboliche ragazzine, le quali lo
sfruttavano come un paggetto o lo coinvolgevano nei loro sciocchi
giochetti da
pettegole. A Bellatrix non servì molta immaginazione per
indovinare cosa
l’avessero costretto a confessare sotto l’effetto
della pozione, e ne ebbe
conferma quando le orecchie del bambino si fecero scarlatte per
l’imbarazzo.
«Natale è tra
due giorni» dichiarò seccata, sfoderando la
bacchetta ed Appellando il libro dalle mani di Narcissa. «E
non ho idea di cosa
tu stia dicendo, il regalo di Regulus ce l’avrà la
mamma, non certo io».
«Chiedi a lui,
Bella» rispose soavemente la ragazzina, afferrando
l’interessato per un polso e scaraventandolo in grembo alla
sorella maggiore.
«Avanti, Regulus: qual è il tuo
desiderio?»
Il bambino scosse la testa e si morse
le labbra, con uno
sguardo supplichevole alle sue tormentatrici; alla fine però
fu costretto a
cedere e farfugliò qualcosa a voce talmente bassa che
Bellatrix faticò a
sentirlo. «Tutto qui, marmocchio?»
commentò lei, fulminando con lo sguardo le
streghette sghignazzanti che la circondavano. Il fatto di incoraggiare
quella
cotta infantile non la entusiasmava, ma Narcissa avrebbe continuato a
infastidirla
finché non avesse ceduto e lei aveva intenzione di godersi
in pace il resto del
pomeriggio.
Beh, almeno
stavolta
non piange, pensò distrattamente, attirando a
sé il cuginetto e posandogli un
bacio leggero sulla fronte; dopo una breve riflessione ne aggiunse un
secondo
sulla guancia, reprimendo un sorriso quando vide il rossore del piccolo
intensificarsi ulteriormente. «E questo era il regalo di
compleanno» dichiarò,
facendo sloggiare l’innamorato in miniatura senza troppi
complimenti. «Adesso
levatevi dai piedi tutti quanti, e non fatevi vedere prima
di…» ma fu
interrotta da un improvviso guizzo tra i suoi capelli, come se un
grosso
insetto vi si fosse impigliato in mezzo; scosse freneticamente la testa
con uno
strillo di ribrezzo – odiava quelle bestiacce – e
qualcosa volò via dalla sua
chioma e le accarezzò la tempia con la leggerezza del bacio
di un bambino. Era
una farfalla, una bella farfalla rossa grande come un piattino da
tè, che si
posò per un attimo sulla spalla di Regulus e poi
volteggiò con eleganza intorno
a lei; meravigliata, Bellatrix tese una mano e la delicata creatura vi
planò,
accomodandosi sull’anellino che portava all’anulare
come un curioso rubino
vivente.
«Oooh, che
bella!» esclamò Miranda. «Da dove
viene?»
Bellatrix fece per dire che non lo
sapeva, ma all’improvviso
si rese conto che la sfumatura di rosso delle ali le era familiare: si
passò l’altra
mano tra i capelli, trattenuti da una pinza d’argento, e come
aveva previsto le
sue dita incontrarono solo metallo. Il grosso fiocco di velluto cremisi
che
decorava il fermaglio non c’era più, e lei aveva
un’idea piuttosto chiara su
che fine avesse fatto.
A quanto pareva, il cuginetto aveva
compiuto la sua prima
magia.
Quando Bellatrix poté
accedere al salone, finalmente
lasciato libero dalle numerose amiche e parenti della mamma, la prima
cosa che
fece fu controllare il famoso ritratto. Non fu stupita di scoprire che
il
fiocco che aveva ornato i capelli della ragazza dipinta era sparito; in
compenso, una farfalla svolazzava dentro e fuori dalla cornice intorno
ai due
soggetti, posandosi ora sulla mano della ragazza, ora sul nasino del
bimbo
seduto ai suoi piedi, e il suo volo indaffarato si intrecciava a quello
della
gemella nel mondo reale, che ricamava delicatamente l’aria
intorno a lei.
Narcissa, invidiosa, aveva cercato più volte di afferrarla
durante la cena, ma
un rapido battito d’ali era bastato ogni volta a metterla al
sicuro.
«A quanto pare le
piaci!» commentò Andromeda, strappandola
alle sue meditazioni. «Che bella, ha un magnifico
colore!»
«Già,
magnifico» mormorò lei con scarso entusiasmo. I
suoi
occhi seguivano le evoluzioni della farfalla dipinta, che spiccava
sull’abito
giallo come un papavero in un campo di grano, e la sua mente si perdeva
nel
ricordo di un pennello altrettanto agile che svolazzava senza posa.
Un pennello e un piccolo spettatore
attento dagli occhi
grigi.
Tutta per
te, Bella,
non è romantico? cinguettò la voce di
una Narcissa immaginaria (quella vera
era in un altro salotto, intenta a bisticciare con Sirius).
Bellatrix studiò il
Regulus del ritratto, così piccolo
rispetto a quello vero, ma altrettanto ostinato nel richiedere
attenzioni che
non avrebbe mai avuto.
Sei davvero
patetico,
stupido bambino.
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Capitolo 4 *** Bugie (1974) ***
Bugie
(1974)
Il salone di Villa Black era
affollato di ospiti di
riguardo, tutti Purosangue di antica discendenza e tutti ansiosi di
congratularsi con Cygnus e Druella per il fidanzamento della figlia. La
festeggiata passava da un invitato all’altro distribuendo
sorrisi e inchini con
grazia regale, senza lasciar trasparire la noia per
quell’interminabile
ricevimento, mentre al suo fianco il promesso sposo cercava di
sbadigliare nel
modo più discreto possibile, fingendo di interessarsi ai
discorsi di persone
che non aveva mai visto in vita sua.
«Non possiamo confonderci
tra la folla e tagliare la corda?»
sussurrò il ragazzo quando l’ultima ondata di
parenti francesi, terminati i convenevoli,
li lasciò per dedicarsi al buffet.
«Con questo vestito
è un po’difficile passare inosservati,
Rodolphus» osservò Bellatrix, impacchettata in
un’ingombrante torta nuziale di
stoffa e merletti (color giallo grano, naturalmente: la signora
Lestrange aveva
ammirato il ritratto durante una visita a Casa Black e aveva dichiarato
delizioso l’abbigliamento
della futura
nuora, e tanto era bastato per convincere Druella ad ordinare un altro
abito da
cerimonia simile a quello ma ancora più elaborato, cosa per
cui Bellatrix la
detestava con tutto il cuore).
«Non hai torto,
è davvero tremendo» approvò Rodolphus
con un
brivido. «Non oso pensare a come sarà
l’abito da sposa, credo che non riuscirò
nemmeno ad avvicinarmi a te».
«Avrai tutto il tempo del
mondo per starmi vicino» rispose
sbrigativa la ragazza. «Che ne diresti di fare il bravo
cavaliere e portarmi
qualcosa da bere? Ho la gola più secca della faccia di tua
zia Chara».
«Abbassa la voce, ci sente
benissimo quando vuole» la ammonì
il giovane con una risata sommessa. «Vino elfico o succo di
zucca?»
«Succo di zucca? Mi hai
presa per una mocciosa?» reagì
Bellatrix, sottolineando la domanda con un colpo di ventaglio
sull’orecchio del
fidanzato. «Muoviti, e già che ci sei prendimi una
tartina».
«Cominci già a
comandarmi a bacchetta, mia signora? Guarda
che non siamo ancora sposati» le ricordò
Rodolphus, ma si affrettò ugualmente
ad accontentarla, congedandosi con un buffo inchino da elfo domestico
che gli
fece sfiorare il pavimento col naso.
Il suo Rodolphus. Così
galante. Così Purosangue. Così
perfetto.
Saremo
felici insieme,
si ripeté. Felici. È la
persona giusta.
Il suo sguardo vagò per la
stanza stipata di maghi e
streghe, quasi tutte persone che non conosceva e di cui non le
importava nulla
(Ma dovrebbe essere la mia festa).
Scorse Narcissa, elegantissima
nel suo vestito grigio, e Rabastan, affiancato da Lucius Malfoy e da
quel suo
amico straniero (ma non Andromeda: no, Andromeda non c’era, e
non ci sarebbe
più stata. Niente festa di fidanzamento per lei) e poco
più in là, su un
divanetto, la figura familiare di un tredicenne dai capelli neri che
osservava
la folla con indifferenza. Era cresciuto in fretta durante i mesi di
scuola: il
suo viso si era fatto lungo e magro, perdendo le rotondità
infantili, e ormai
somigliava ad una versione più seria e meno appariscente del
fratello maggiore;
non alzò nemmeno gli occhi quando lei gli si
avvicinò, ma si scostò per farle
posto sul divano, invito che accolse con gratitudine. «Non si
saluta più,
cuginetto?» lo stuzzicò, sedendosi al suo fianco.
«Non dirmi che sei geloso!»
Regulus rimase immobile, senza dar
segno di averla sentita,
ma a Bellatrix non sfuggì la brusca contrazione della mano
che teneva posata su
un ginocchio. Ritenne che come risposta fosse più che
sufficiente, e più
sincera di quanto si aspettasse; per questo si stupì quando,
parecchi minuti
dopo, un mormorio sommesso la richiamò: «Non gli
vuoi bene».
«Come dici,
Regulus?»
«Non vuoi bene a
Rodolphus» ripeté il ragazzino senza
guardarla. «Lo sposi perché è giusto
così, e solo per questo».
«Ma certo che gli voglio
bene!» protestò lei. «Siamo amici
da quando eravamo piccoli, ci conosciamo alla perfezione e saremo
felici
insieme...» Si interruppe, rendendosi conto che era la stessa
frase che
rivolgeva a sé stessa ogni volta che pensava a quel
matrimonio. Come se volesse
convincersi che era proprio così che stavano le cose.
«Lo sai anche tu,
vedi» commentò Regulus con la perversa
soddisfazione dell’adolescente che ha appena messo un adulto
nel sacco. «Un
amico non è un marito. Almeno, non un buon marito».
«Tu invece saresti un
marito perfetto, non è così,
lattante?» rispose Bellatrix, irritata da quel sorrisetto
saccente e ancor più
dai dubbi che l’infernale ragazzino era riuscito a suscitare.
«Beh, il tuo
piccolo, patetico cuore può stare tranquillo: hai ragione,
non amo Rodolphus...
e ti garantisco che finché vivrò non
amerò nessun altro». Si piegò verso di
lui
e aggiunse con un sorriso gelido: «Soprattutto non te,
sgorbio».
Il sogghigno incredulo aleggiava
ancora sul viso del ragazzo
quando Rodolphus emerse dalla folla, portando due bicchieri in
equilibrio
precario su un vassoio e imprecando contro l’inefficienza
degli elfi domestici.
Il piccolo Black si affrettò a cedergli il posto,
congedandosi con un’ultima occhiata
impertinente alla coppia, e il giovane si sedette pesantemente,
evitando per un
soffio di rovesciare il vino sul vestito della sua dama.
«Sono appena riuscito
a sfuggire alla tua prozia» spiegò stravolto.
«C’è mancato poco che mi cavasse
il sangue per vedere se è davvero puro... Ti prego, dimmi
che non dovremo
invitarla a Natale».
Bellatrix annuì
distrattamente e tese la mano per prendere
il calice che lui le porgeva. «Rodolphus...»
mormorò assorta, «sei davvero
convinto di tutto questo?»
«Cos... certo che lo sono,
Bella!» rispose lui meravigliato,
sottolineando l’affermazione con un gesto energico che
provocò una piccola
tempesta nel suo bicchiere. «Avrò una sposa bella,
giovane e Purosangue,
cos’altro dovrei volere?»
La ragazza bevve un sorso del suo
vino, scrutando la sala
attraverso il delicato cristallo del calice. A pochi passi da lei,
Narcissa
rideva di gusto per una battuta di Lucius.
«Già...» commentò.
«Cos’altro?»
Era ormai notte inoltrata quando
l’ultimo invitato si
congedò dai padroni di casa, lasciandosi alle spalle il
salone deserto; giocherellando
oziosamente con i nastri dell’abito giallo, Bellatrix lo
guardò percorrere il
viale dalla finestra della sua camera ed aspettò che
raggiungesse il punto in
cui Rodolphus si era voltato a salutarla prima di Smaterializzarsi al
fianco della
madre.
«Non vai a dormire,
Bella?» sbadigliò Narcissa, facendo
capolino dalla porta socchiusa.
«Sì, adesso
vado» rispose lei. «Cos’è
quella cosa che hai in
mano?»
«Oh, l’ho trovata
di sotto» rispose
la sorella strofinandosi gli occhi
gonfi di sonno. «È una farfalla, poverina...
Lucius la stava calpestando».
«Una farfalla...»
ripeté Bellatrix pensierosa.
«Sì, rossa come
quella del tuo quadro, pensavo addirittura
che fosse caduta da lì... oh, guarda, è ancora
viva!» esclamò Narcissa, e tese
la mano per mostrarle che le ali dell’insetto si muovevano
debolmente, come se
stesse tentando di alzarsi in volo. «Puoi tenerla, se
vuoi» aggiunse
generosamente, posandola sul comodino. «Magari puoi metterla
su un cappello...
sai, come decorazione».
«Perché dovrei
mettere un insetto mezzo morto sul mio
cappello?» obiettò Bellatrix. «Dove hai
detto che l’hai trovata, Cissy?»
«Sotto il quadro»
rispose distrattamente la ragazza. «Quello
con te e Regulus... a proposito di trovare, hai visto i miei
guanti?»
Bellatrix scosse la testa e si
voltò per chiudere la
finestra, improvvisamente consapevole della lieve brezza notturna che
soffiava
nella stanza. Un raggio di luna si specchiò nei suoi
capelli, traendone un
bagliore d’argento che svanì subito.
Questo è senza dubbio il mio capitolo preferito: mi
mancava
usare Rodolpus l'Amicone nei siparitti comici (sto lentamente rovinando
la reputazione di tutti i Mangiamorte). Per l'angolo delle Informazioni
Random che Non Aggiungono Nulla alla Storia, l' amico straniero di
Lucius è Igor Karkaroff.
Si è capito, vero, cos'era il bagliore d'argento?
Grazie per il seguito, non mi aspettavo che qualcuno
leggesse 'sta roba.
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Capitolo 5 *** Rotto (1980) ***
Rotto
(1980)
«Ho finito i
biscotti».
Bellatrix posò la tazza di
tè e guardò accigliata il piatto
da portata davanti a lei, ancora colmo di dolcetti rotondi. Uno giaceva
spezzato sul tavolino, rivelando l’insolito ripieno a base di
pergamena: era un
Biscotto della Fortuna, e a differenza di quelli Babbani funzionava
davvero.
«Ho finito i biscotti. Non
ne ho più» ripeté il ragazzo
seduto accanto a lei, e uno strano sorriso gli illuminò il
viso pallido e
magro. Non c’era più bellezza in quei lineamenti:
solo gli occhi grigi
conservavano un barlume di vivacità, ma era un lontano
ricordo di quello
che possedevano un tempo, prima di annullarsi dietro la spettrale
maschera da
Mangiamorte. Era, rifletté Bellatrix, come se quella
maschera ne avesse
lentamente assorbito le forze, lasciando solo un guscio vuoto
Non era
pronto per
unirsi a noi, pensò. Non
era
preparato. Povero, sciocco bambino.
«Vuoi ancora
biscotti?» gli chiese a voce bassa. «Li faccio
portare subito, chiamo un elfo domestico e...»
«Non parlavo di
quelli» la interruppe Regulus. «Non di
quelli».
«Di cosa,
allora?» insistette lei. «Puoi avere tutto quello
che...» ma Regulus non la stava ascoltando: fissava il quadro
di fronte a lui,
sempre con quel sorriso vacuo. Sulla tela, copia perfetta di quella
conservata
a Casa Black, la ragazza vestita di giallo strinse a sé il
bambino, come per
difenderlo dalla follia che leggeva in quello sguardo, e a quella vista
la
signora Lestrange, nota per la mancanza di scrupoli quando si trattava
di
uccidere e torturare, sentì qualcosa di acuto e gelido
pungerle il cuore.
Poi Regulus parlò di
nuovo, e lei ebbe la certezza che il
giovane mago fosse impazzito. «Non ho più
biscotti, Bella. Ho dato tutti quelli
che avevo: ai miei genitori, a Sirius, a Lumacorno, perfino al Signore
Oscuro.
Ho sempre fatto il bravo bambino, e cosa ne ho ricavato? Un pugno di
briciole e
un livido sul polso».
«Non dire
sciocchezze!» lo interruppe Bellatrix. «Il Signore
Oscuro ha molta stima per te, ti considera uno dei suoi più
fedeli seguaci...
quando sarà il momento, non mancherà di
ricompensare chi lo avrà servito con
costanza».
«Non capisci»
obiettò il ragazzo, e la sua voce prese un
tono cantilenante che fece rabbrividire la Mangiamorte.
«Nessuno capisce.
Offrite tutti i vostri biscotti, come bravi bambini educati, e vi
restano le
briciole e non ve ne accorgete. Quando avrete le mani vuote, allora...
oh, sarà
tardi. Troppo tardi».
Tacque di colpo, continuando a
studiare il dipinto, e
Bellatrix pensò alla vena di pazzia che si nascondeva nel
sangue dei Black,
come un invisibile albero genealogico intessuto di oscure allusioni,
frasi
lasciate a metà e discorsi interrotti all’arrivo
dei bambini.
«Frammenti di
anima» disse di nuovo il ragazzo in tono
sognante. «L’ho regalata a te e tu non
l’hai voluta. Dov’è la mia anima,
adesso? Dov’è la tua?»
Smettila,
Regulus. Mi
fai paura, avrebbe voluto dire lei, ma le parole le morirono
in gola quando
Regulus accostò il viso al suo, con un luccichio febbrile
negli occhi grigi. «Mi
resta solo lo zucchero ormai» sussurrò,
«ma arriverò fino in fondo... ad ogni
costo».
Si avvicinò ulteriormente
e Bellatrix si preparò a lottare
per respingerlo, qualsiasi cosa avesse intenzione di fare; invece il
ragazzo si
limitò a sfiorarle le labbra con la fronte, come per
prendersi un ultimo bacio.
«Addio, Bella» concluse. «Abbi cura della
tua anima» e si Smaterializzò,
lasciandola sola nel salottino.
Quando Rodolphus rincasò,
un’ora più tardi, Bellatrix era
ancora seduta davanti alla tazza di tè ormai gelido.
«Hai avuto visite?» chiese
lui sorridendo. «Oppure quella pettinatura civettuola
è per me?»
«È una pinza per
capelli, Rodolphus» rispose la strega con
voce incolore. «La porto da anni».
«Sul serio?»
commentò il marito incredulo. «Come è
possibile
che quel fiocco mi sia sfuggito?»
Quelle parole innocenti calarono come
un masso sul cuore di
Bellatrix. «Fiocco, hai detto?»
«Sì, quel fiocco
rosso» spiegò Rodolphus. «È
carino, anche
se un tantino visto... Bella, cosa c’è? Ti senti
male?»
Incapace di rispondere, la strega
alzò lentamente lo sguardo
sul ritratto, sapendo in anticipo ciò che avrebbe trovato:
la ragazzina vestita
di giallo con il viso tra le mani, e ai suoi piedi una farfalla morta.
Il bambino dai capelli neri non
c’era più.
Ecco l'ultimo capitolo (segue giudizio): chi è
riuscito a
scoprire il mistero dietro i titoli?
Angolo del backstage: inizialmente il progetto era di farne una one
shot in cui Bellatrix, irritata dall'immobiltà, dal caldo e
dalle briciole nel vestito, sfogava la propria ira su Regulus durante
l'assenza del pittore. Più la leggo e più sono
convinta che dividerla sia stata un'ottima idea.
Anche il finale è stato cambiato: pensavo di affidare la
battuta a Lucius prima della riunione dei Mangiamorte, ma
così è decisamente più naturale (e poi
c'è Rodolphus, che dà sempre un tocco di classe). La farfalla che ritorna fiocco è stata ispirata da Lumacorno e dal suo pesciolino nel sesto film.
E nel caso ve lo stiate chiedendo, quel foglietto nel Biscotto della
Fortuna di Regulus era bianco.
Grazie per la lettura.
Seconda classificata al Crack
Pairing Contest
– 2nd edition!
Seconda classificata.
§ - Ritratto di signora, Lizzyluna:
• Grammatica e forma: 14/15
• Caratterizzazione dei personaggi: 10/10
• Originalità della trama: 10/10
• Attinenza al tema assegnato: 10/10
• Gradimento personale: 5/5
Totale: 49/50.
Cosa posso dire di questa storia? Non ne ho davvero idea.
È una fic lunga, fluida, che non potrebbe essere noiosa
nemmeno volendo, triste, drammatica, agrodolce, romantica. In
particolare mi ha colpito l'ultima “fotografia”. Le
parole di Regulus, la vena di follia lucida che fa parte del patrimonio
genetico della famiglia, l'arrivo di Rodolphus e le sue parole ingenue
e innocenti, la devastante sensazione di sapere in anticipo
ciò che Bellatrix vedrà nel ritratto e allo
stesso tempo lo stupore di aver avuto ragione. Un mix di emozioni che
lascia davvero senza parole pur avendo tanto da dire.
Anche le altre fotografie non sono da meno, i personaggi risultano
perfettamente caratterizzati: Andromeda e Sirius, benché
compaiano poco e sempre in modo secondario, Narcissa e il suo amore
per Lucius, Rodolphus (sì, è un tesoro) e la sua
tranquilla inconsapevolezza, Orion, Walburga, Druella, Cygnus... tutti
realistici ed incredibilmente veri. Non ho potuto
che darti il punteggio pieno nel parametro apposito, come anche ho
fatto nell'originalità. Descrivi scene quotidiane,
sentimenti semplici e che a volte paiono scontati, sicurezze fallate,
tutto in un modo che non dà mai idea di essere forzato o
pesante.
Tutti gli elementi del pacchetto sono utilizzati in maniera
impeccabile; biscotto, fermaglio, ritratto, devo davvero farti i miei
complimenti per aver scritto una storia completamente incentrata su di
loro e che allo stesso tempo spazia in molte altre direzioni. Il colore
è forse quello meno d'impatto, ma comunque è
utilizzato perfettamente.
La penalizzazione nella grammatica è per per due spazi
mancati e alcuni piccoli errori ripetuti che ho trovato
nell'impostazione dei dialoghi, ma per il resto non ho niente da
sottolineare.
Una storia bellissima, sotto ogni punto di vista. Complimenti, davvero.
Oscar al Miglior Attore Non Protagonista a Regulus Black (e nomination come Miglior Sceneggiatura e Miglior Film) a Gli Oscar delle fanfictions - Flash Contest
- Miglior Attore Non Protagonista
Schiuma da barba – mazza94
Beatriz Aldaya - The Mirror of Erised's Violin
Arcadia17 - La porta a sonagli
Lilith Edwige Atena - Forse è solo una storia d'amore
Lizzyluna - Ritratto di signora
Regulus che si innamora della giovanissima Bellatrix Black, portandosi dietro la sua cotta per anni, fino alla morte: è stata sicuramente una bella scelta far scoppiare la scintilla quando la cugina aveva solo dodici anni e lui appena due, anche se la storia è dal punto di vista di Bellatrix il lettore riesce a comprendere i sentimenti del piccolo Regulus.
Il biscotto, e non dico altro.
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