amore profano

di bambi88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** passano gli anni... ***
Capitolo 3: *** affascinanti visioni... ***
Capitolo 4: *** sguardi ***
Capitolo 5: *** ascoltare il suono del lampo azzurro ***
Capitolo 6: *** Ordine! ***
Capitolo 7: *** acqua gelata... ***
Capitolo 8: *** ricordi... ***
Capitolo 9: *** nella notte... ***
Capitolo 10: *** la missione ha inizio ***
Capitolo 11: *** la richiesta di Freezer ***



Capitolo 1
*** prologo ***


Un fardello sporco di fango e polvere…

- piccolo mio…sarai salvo…-

Una notte fredda, gelida…

Una donna stringeva, singhiozzando, le mani al petto.

Piangeva come non avrebbe mai immaginato si potesse piangere…lasciò un ultimo caldo bacio sulla guancia del bambino che giaceva nascosto nel fardello.

Occhi piccoli e scuri la osservavano... come lame sottili e implacabili le laceravano l’anima…

Un rintocco di campana…

- forse qui…sarai al sicuro…-

la donna si voltò per l’ultima volta…il monastero…questo avrebbe potuto serbare suo figlio da tanto dolore…

Corse via tra la neve e i ghiacci di quella stessa terra che si sarebbe macchiata del sangue della propria dannata stirpe.

 

- il palazzo è in fiamme…corra via Regina!- la donna non badò loro correndo con sempre maggiore foga verso la sala del Trono…lo sentiva… il Re era lì…

Le scale le sembrarono interminabili…sentì uno sgradevole sapore di sangue invaderle la bocca e un dolore lancinante perforarle il petto…ma doveva salire…doveva salire ancora…

La porta scardinata…sangue, sangue ovunque…

Un corpo.

Un corpo che lei sapeva riconoscere.

Un corpo che lei aveva amato.

Un corpo con cui lei giaceva da tre anni nello stesso talamo nuziale.

Il Re.

Silenzio attorno a lei.

Raccolse furibonda la spada che il cadavere stringeva ancora tra le dita…avrebbe combattuto…avrebbe affrontato qualsiasi nemico.

Silenzio.

Ancora dannato silenzio.

 

Un leggero battimano…una risata feroce…

La Regina sentì la schiena pervasa da mille lame…poteva lei, la regina di un popolo di fieri guerrieri, avere…paura?

Si voltò lentamente.

La spada le sfuggì tra le dita.

Fissò, stordita, il voltò del proprio nemico.

- non ho proprio capito nulla…sono stata una vera stupida…- sorrise la Regina.

- è vero…ma grazie del regalo…- rispose la voce ironica del Nemico, fredda e metallica.

Sorrideva la Regina…sorrideva mentre si gettava sulla spada del proprio compagno…

Sorrideva la Regina…sorrideva mentre si dava la morte.

Il Nemico si avvicinò al corpo esanime della fanciulla.

Lo superò, calpestando indegno il suo sangue puro.

Si chinò accanto al corpo del Re raccogliendo da terra un anello…raccogliendo da terra…il proprio anello vescovile.

 

 

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Capitolo 2
*** passano gli anni... ***


1 rossa

Tanti…troppi anni dopo.

Un vento gelido le accarezzò il volto. Si strinse ancor di più nel mantello.

Un’ultima occhiata alle sue spalle.

Vide l’ombra di Chichi che si muoveva ancora nelle cucine.

Sferzò il cavallo silenziosamente e partì al galoppo.

Niente e nessuno l’avrebbe fermata questa sera

Una baracca più che una locanda…pensò il giovane avvicinandosi all’entrata.

Un puzzo inequivocabile di vomito…notò un uomo che, sorretto da una ragazzina, era scosso da conati a pochi metri da lui.

Distolse lo sguardo disgustato.

Piccoli tavoli occupavano la stanza che sembrava ancor più piccola che dall’esterno.

- Maledetto destino…- pensò digrignando i denti…non era la sua giornata…forse non era mai la sua giornata.

Vecchi ubriaconi discutevano a voce alta giocando a carte…ragazzine poco più che bambine si aggiravano tra loro mezze nude, sfoggiando sorrisi allusivi e lusinghieri…

- ora capisco perché tu là fuori vomitavi…-

passò impercettibilmente la mano sull’elsa della spada che nascondeva sotto la veste…un tocco freddo e rassicurante.

Si avvicinò a quello che doveva essere il banco dell’oste…

Un ragazzo con una profonda cicatrice sulla guancia gli rivolse un distratto sorriso.

- cibo e stanza- disse il giovane avventuriero, passandosi una mano sul mento ispido

- …e subito…- ruggì quasi quest’ultimo ordine, stanco di trovarsi avvolto da tanta feccia.

Il sorriso del garzone sparì, lasciando il posto ad un’espressione scioccata e stanca.

- come vuole…si accomodi…-

- Yanko! Corri subito qui!- il gruppo di beoni strillò forte in direzione del garzone, che afferrando dei boccali di pessima birra corse verso di loro.

L’avventuriero si gettò su una panca, semi-nascosto nella penombra.

Socchiuse gli occhi…aveva bisogno di scaldarsi…

Guardò avidamente le ragazzine…no…troppo giovani…no…non stasera almeno…

La ragazza inciampò nel corpo di un uomo che, davanti l’entrata della locanda, russava con la faccia in una pozza di…vomito…

Accelerò il passo ed entrò in quella tanto famigliare stanza.

Nessuno, come d’abitudine, notò il suo ingresso…e, come d’abitudine, il suo sguardo incrociò quello del garzone.

Una fitta al ventre…

Erano settimane che desiderava tornare lì…

Cercò il suo solito posto…occupato?!...chi osava…no…meglio calmarsi…

Si avvicinò alla scala che conduceva alle camere.

Un leggero tonfo.

Raccolse le chiavi che il garzone aveva lasciato scivolare a terra.

Un sorriso le illuminò il volto nascosto dal cappuccio del mantello.

Ora…dove avrebbe atteso?..

- se quel maledetto non si fosse seduto proprio nel mio posto.. in fondo…nella penombra…ora non avrei di che preoccuparmi…-

impalata al centro della stanza cercò avida con gli occhi un posto lontano e solitario…

- …sbrigati…- mugugnava a denti stretti, osservando il garzone muoversi con agilità tra i vecchie e gli ubriachi…

eppure…c’era clientela nuova questa sera…

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** affascinanti visioni... ***


2 medioevo

Bisogno d’amore? Curiosità?

Cos’è che la spingeva ad aspettare tremante che un sudicio garzone avesse qualche minuto da concederle?

...concedere qualche minuto a lei…lei che poteva avere tutto.

Lei che aveva tutto.

Osservava attentamente la stanza, facendo attenzione che nessuno notasse il suo viso.

Si sentiva stranamente a disagio quella sera…forse era stata una cattiva idea scappare di nuovo dalle sue stanze…appena Chichi se ne fosse accorta avrebbe fatto esplodere un putiferio…ma…

- calmati ragazzina calmati…- si ripeteva nella mente cercando di controllare il respiro.

avvertì un leggero dolore al petto

- maledetti bustini- una mano sparì sotto le pieghe del mantello, cercando disperatamente di allentare gli stretti lacci che la opprimevano.

La tunica si aprì leggermente.

 

Seduto sulla panca il cavaliere sorseggiava lentamente la sua birra.

Ogni secondo che trascorreva a contatto con quel sudiciume gli creava un senso di irrequietezza e

nervosismo.

Tentò di controllare i suoi istinti…socchiuse gli occhi e immerse lo sguardo nell’oscurità.

Chi osava dire che l’oscurità era spaventosa non aveva mai aperto davvero gli occhi.

Dolce, calma, appagante oscurità…

- forse sono davvero un figlio delle tenebre…-

Sorrise il giovane.

Sorrise calmo ed attento.

Aprì i piccoli occhi neri.

Da bambino passava le serate nella sua spoglia camerata…dormiva tra i soldati della piccola caserma…e lì aveva imparato a studiare l’atteggiamento ed il volto delle persone.

Dal volto si comprendevano le intenzioni.

Dalle intenzioni il pericolo.

Dal pericolo la necessità della fuga.

Ora era tutto diverso.

Non era un bambino.

Era un uomo.

Era l’uomo più forte che avesse mai varcato le porte di quella stupida caserma.

Ora tutti dovevano tremare al suo passaggio.

Un movimento dal fondo del locale lo distolse dai suoi pensieri.

 

Aveva già notato la figura che era entrata poco prima nel locale.

Una donna.

Cercava di mascherarlo ma…

Passi vicini e veloci.

Movimenti leggeri e quasi impercettibili.

Una donna ricca.

Lo deduceva dal mantello. Un mantello da stalliere…ma ben curato…e troppo grande per appartenerle.

Doveva essere di uno dei suoi servi.

Inoltre…Cercava di celarsi.

Probabilmente era nota, conosciuta…

Sicuramente era lì per affari non proprio onesti…

Per un attimo, dopo il suo misterioso ingresso, aveva creduto che lo fissasse…forse era quella dannata birra.

Eppure…

Eppure quella figura non smetteva di attirarlo.

 

Ora era seduta sui dei gradini.

Sembrava imbarazzata.

Forse il suo adorabile culetto non era abituato a tale scomodità.

Il cavaliere avvertì il desiderio incalzante di scoprire come fosse sotto quella tunica.

Magra e slanciata?

Grassa e tornita?

Viso tondo o lungo?

Bocca dolce o da ranocchia?

Seno…

La sensazione di calore ai lombi lo costrinse a fermare i suoi sempre più audaci pensieri.

 

Il seno era tonto e sodo.

Non furono le sue supposizioni a suggerirlo, ma i suoi occhi.

La tunica della ragazza si era scostata.

Magicamente era apparso un fisico fatato, un corpetto ricamato e della pelle eburnea.

Lo sguardo del cavaliere in quei pochi attimi l’aveva divorata.

 

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Capitolo 4
*** sguardi ***


4 rossa

Yanko evitò veloce un vecchio che barcollava al centro della povera taverna…povera si, ma dignitosa.

O almeno si illudeva di questo.

Vi era cresciuto e per nulla al mondo l’avrebbe abbandonata.

Corse nel retrobottega ascoltando attento le urla degli ubriachi…

- non proprio questa sera…- alzò afflitto gli occhi al cielo.

Si voltò verso la scala…vide la figura di lei seduta impaziente sui gradini…i ricordi lo sorpresero.

Dannazione quanto era bella.

Si…lei era stupenda.

E lui era povero.

-Ma ora è mia-

Fissandosi nell’interno lucido di una padella, si chiese cosa potesse in lui attirare così le donne.

Passò distratto e vanitoso una mano nei folti capelli neri come per ravvivarli.

Sorrise languido e si diresse verso le scale.

 

 

- ehi ragazzino! Le chiavi della mia stanza!-

Yanko si voltò irritato.

Da quando quel pallone gonfiato era entrato non aveva fatto che mostrarsi arrogante e prepotente.

Chi si credeva di essere?

Avrebbe voluto dargli un pugno su quel visino superbo…solo lo scintillio della spada che l’avventuriero teneva stretta al fianco gli fece cambiare idea.

Mordendosi le labbra cambiò direzione, avvicinandoglisi, mostrando un innaturale sorriso.

 

- cosa diavolo sta facendo quell’idiota?- pensò sconcertata la ragazza.

Come osava…per la seconda volta quella sera si sforzò di mantenere la calma.

Non le era mai successo prima.

Solitamente tutti eseguivano i suoi ordini ubbidienti.

Ma stasera, perfino per due volte, era stato quello straniero a complicarle i piani…

Non poteva far altro che aspettare.

Strinse ancor più forte il cappuccio intorno la testa.

 

A lui non interessava se il garzone fosse irritato.

Lui doveva riposare.

Importanti impegni lo aspettavano l’indomani mattina.

L’inizio di una nuova missione.

Non poteva permettersi di perdere altro tempo.

Inoltre il pessimo cibo e l’odore nauseabondo lo avevano già infastidito abbastanza.

Immaginò con disgusto la camera sporca e pulciosa che lo aspettava al piano superiore.

Non che fosse abituato agli agi, ma ordine, rigore, dignità erano dettami irrinunciabili.

Lui era pur sempre il…

- ecco a lei le chiavi signore-

Per un attimo incrociò lo sguardo del garzone.

Una scarica di puro disprezzo.

Se avesse potuto, se fosse andata come doveva andare, ora quel ragazzo avrebbe dovuto prostrarglisi ai piedi…e invece…

Ignobile destino.

Non ringraziò e si avviò verso le scale.

 

La misteriosa figura si gettò ancor più tra le pieghe del mantello.

Sorrise ammaliato dal ricordo di tanta bellezza…la visione angelica di prima gli feriva ancora lo sguardo.

Avvertì di nuovo il torpore ai lombi.

Scosse la testa e salì, deciso, i gradini.

 

Yanko osservò lo straniero salire affrettatamente le scale.

Per ora se ne era liberato.

Respirò profondamente…doveva rilassarsi.

Lo aspettava un arduo compito.

Sorrise maliziosamente tra sé.

- bene signori- urlò

- è tempo di andare a fare la ninna!-

 

Il segnale.

Due anni ormai…ed era sempre lo stesso.

Sorrise amaramente la ragazza…si chiese se quella era davvero la cosa giusta.

- certo che lo è sciocca!- si disse mentre si avviava al piano superiore e la folla di ubriachi si riversava fuori dalla locanda, vociando contrariata, per tornare da mogli e madri furiose.

 

Il cavaliere raggiunse la porta quasi al termine di un lungo corridoio.

Alcuni topi gli si erano mostrati sul cammino, entrati ed usciti clandestinamente delle pareti cadenti.

Una folata di vento gelido penetrò da una fenditura nella parete.

Imprecò sommessamente.

Anche se presi ormai dalla stanchezza, i sui sensi, acuiti col tempo, erano ancora vigili.

Avverti i passi furtivi alle sue spalle.

Il respiro affannoso ma leggero.

La veste frusciante.

L’odore fiorato.

Si voltò bruscamente.

 

La ragazza correva nel corridoio.

Doveva raggiungere la camera.

Un senso di angoscia l’attanagliava.

Forse era stata scoperta…forse metà delle truppe la stava cercando disperatamente per le campagne.

Forse sua madre e suo padre erano stati svegliati nel sonno ed ora, affranti, ordinavano le ricerche.

Chichi, infuriata, aveva notato la sparizione del cavallo ed ora la stava aspettando.

Avrebbe avuto una punizione straordinaria.

Perché allora?

 

…Per il caldo.

Caldo. Un caldo intenso. Un caldo indescrivibile.

Questo è quello che la spingeva a scappare.

Questo è quello che quella sudicia taverna poteva offrirle.

 

Persa nei pensieri e nei ricordi non si accorse dell’ombra scura che si mosse nel buio.

Uno scontro.

Una fitta alla spalla che le tolse il respiro.

Il cappuccio le scivolò via, insieme ad un sommesso gemito.

Si aggrappò alla maniglia della camera per non cadere rovinosamente a terra.

 

Irata si voltò verso la figura che l’aveva urtata.

 

Occhi scuri. Pelle abbronzata dal sole. Capelli neri e ribelli.

Fissò sconvolta quel sorriso.

Malizioso quanto fugace.

 

Adorava la caccia. Inseguire, ferire, uccidere.

Fissando il volto di quella ragazza si tuffò nei suoi ricordi.

Aveva già visto quello sguardo…

Uno sguardo pieno di odio e di dolore.

Uno sguardo da preda…uno sguardo da preda scovata.

 

Rimase incantato davanti quell’azzurro.

Sembrava che una nuvola avesse avvolto una creatura celestiale.

Gli occhi…come gocce d’acqua…i capelli come una cascata dirompente.

Si chiese se non fosse uno degli elfi mitici di cui narravano le leggende.

Si ripromise che l’avrebbe scoperto.

Continuò a sorridere provocante.

 

Gli occhi della ragazza continuavano ad indugiare sulle labbra dello sconosciuto.

- accidenti…-

strinse forte la maniglia della porta.

- riprenditi…- si disse

Abbassò gli occhi prontamente, liberandosi da quella irresistibile tortura.

Chi diavolo era? Perché si trovava lì? Perché mi guarda così?...

Quello sguardo. Quel sorriso.

Provò la rivoltante sensazione che le stessero profanando l’anima.

Non poteva permettergli di renderla così debole.

Nessuno doveva ardire.

Alzò, nuovamente, lo sguardo.

 

Il cavaliere era deliziosamente divertito.

Lei aveva iniziato a tremare.

Non più spavento, paura, sorpresa.

Rabbia.

Rabbia per il suo atteggiamento.

- dai cerbiatta…diventa leonessa….- pensò, sempre più compiaciuto.

Si appoggiò alla porta incrociando le braccia.

- attenderò se è questo che vuoi…-

 

- Tu lo sai vero che ci faccio qui?!

Tu lo sai…vero?!- pensò mentre cominciava ad arrossire.

Avrebbe voluto urlagli tutto il suo disprezzo.

L’aveva riconosciuto.

Era l’avventuriero che le aveva occupato il posto e richiamato Yanko.

Avrebbe voluto…

E invece rimase attonita.

Fissò sconcertata il punto luminoso che lo straniero aveva sul petto.

Sembrava…no era…era oro.

 

Era una croce.

 

Aprì la porta e sparì alla sua vista.

 

La preda era fuggita.

Il cavaliere entrò anche lui nella povera stanza.

Gettò a terra il lungo e pesante mantello.

Fissò la sua figura allo specchio.

Ebbe il disperato desiderio di romperlo.

 

e ora a noi!!

innanzitutto grazie per le vostre recensioni...mi fanno sempre un enorme piacere! e grazie per i consigli che sono sempre utili e graditi ^__^

Aleberyl 90: ciriciao Ale!! inutile provare a spiegarti quanto sono graditi i tuoi commenti...mi fanno emozionare ogni volta!...tra poco verrà svelato il mistero..e non preoccuparti...c'è in serbo una sorpresina anche per te...un certo personaggio che ti piace proprio ^_'. Ma non voglio dirti di più. Baci (sempre) all'amarena...Roberta.

 

Lefteye: ti piace? mi fa molto piacere...anzi moltissimo!! davvero...mi brillano tutti gli occhietti *__*!! ...hai ragione l'atomsfera comincia a scaldarsi...chissà se qualcuno ne rimarrà bruciacchiato ^^!
ancora grazie graziosissime!! baci Roberta

sorellla: grazie per i tuoi commenti e incoraggiamenti...mi danno sempre una grande carica! baci!!

 

lady hawke: grazie per la recensione...mi fa piacere che la storia inizi ad intrigarti! e soprattutto grazie per il consiglio sui puntini. hai ragione è un bruttissimo vizio. Sto tentando la disintossicazione da puntino di sospensione!! ^^"
Grazie ancora.

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** ascoltare il suono del lampo azzurro ***


4

Capitolo 4:

La porta si aprì.
La luce si introdusse prepotente dallo spiraglio.
Il volto del ragazzo apparse…vide la giovane fanciulla sorridergli, poco convinta, seduta ai piedi del letto.
La tunica era aperta e il vestito di raso, o seta, appariva splendente.
Azzurro. Come il cielo nei suoi occhi, come i fili preziosi dei suoi capelli.

Il ragazzo gettò lontano gli ultimi panni cenciosi che gli coprivano il corpo.
Vide gi occhi della fanciulla accendesi improvvisamente…come poteva lui mai pensare che quella ragazza si sarebbe un giorno piegata a lui.
Quella stessa ragazza che lo guardava, bambina, dall’alto, altera, prepotente…signora già giovanissima.
Eppure ora stringeva, vinta da un assurdo desiderio, la coperta con le piccole dita, perfettamente cesellate…come ogni parte di lei d’altronde.

Non poteva pensare che ciò che stava per fare fosse sbagliato. Ignorò, indifferente, gli ultimi appelli di quella dignità che non avrebbe mai perso, ma che feriva ogni volta che seguiva il suo tremendo e fremente istinto.
Accarezzò le larghe spalle del ragazzo che non amava, del ragazzo al quale però, da anni, regalava quel tesoro a cui tutti gli uomini più potenti ambivano bramosi.
Chiuse gli occhi quando le labbra del sudicio garzone le infuocarono il petto.
Il garzone.
Yanko.
Era immorale.
Era stolto.
Era ignorante.
Era tutto ciò che lei non desiderava in un uomo.
Era quello che le avevano insegnato a comandare.
Era l’opposto dell’uomo con il quale avrebbe condiviso la sua triste e dorata vita.
Il contatto con la pelle di lui si fece più intenso.
Il disgusto la soffocò.
Eccitata, rispose all’impeto di lui.

 

Il cavaliere si lanciò tra le coperte maleodoranti.
Sentiva la stanchezza delle miglia percorse divorare le membra.
Un bruciore sbranava i suoi occhi.
Desiderò tremendamente poter riposare.
Un leggero rumore.
Il suono di una porta che si apriva.
Piccoli sussurri. Un respiro affannoso.
Si portò le mani tra i capelli, spinse le dita ruvide nelle orecchie.

Tonfi di abiti gettati.
Sospiri.

Improvvisamente comprese che quella tortura sarebbe durata ancora a lungo.
Si alzò furente.
Camminava inquieto per la stanza.
Gettò a terra la spada che pendeva, innocente e fatale, appesa alla spalliera del letto.
Il rumore coprì, per pochi attimi, i sospiri sempre più affannosi.

Spalancò la porta.
Il corridoio era buio ora.
Rivide, come in un sogno, il lampo di luce azzurra che poco prima, proprio in quel punto, gli aveva accecato lo sguardo.
Si voltò.
I rumori che lo ossessionavano provenivano da…
Dalla stanza nella quale la fanciulla era corsa.

La donna che ansimava e gemeva era quel lampo di luce azzurra.
Quella luce era stata una visione.
Una visione che prendeva corpo.
Tra le braccia di un altro.
- come al solito…- disse, digrignando i denti.
Lo assalì una tremenda rabbia.

Rientrando spinse dietro di sé la porta.
Non si accorse neanche che, a causa della sua furia, i cardini si erano quasi staccati dal muro.
Raccolse le ultime energie e cominciò a spogliarsi.

Pelle contro pelle.
Mani che sfregano veloci.

Abbandonò la tunica che scivolò a terra.
La calpestò rabbiosamente.

Bocca che sfiora seducente.
Labbra bagnate che si incontrano.

Cercò di pensare ad altro.
Lo sguardo cadde sul suo corpo, ormai nudo, riflesso allo specchio.
Cicatrici, ricordo di guerra.
Come contrastava, pensò cinico, con il caldo di vita che proveniva, tirannico ed inarrestabile, dalla stanza accanto.
Raccolse la tunica e la gettò sullo specchio.
Solo l’oro della croce si rifletteva in un frammento.

Si avvicinò allo spartano letto.
Sentì il freddo contatto con il ruvido lenzuolo.

Mani che bloccano.
Gambe che si insinuano.

Il vortice di suoni lo avvolse inavvertitamente.
Il ricordo della pelle della ragazza lo colpì come un improvviso e violento pugno allo stomaco.
Il gemito di lei lo sconvolse.
Tentò di aprire gli occhi…ma ormai la sua mente, il suo corpo, voleva, desiderava lei.

Quei gemiti, quei mugolii…ora li sentiva suoi.

Grida soffocate, respiro interrotto, urli spezzati.

Immaginò la sua mano insinuarsi tra le pieghe del vestito.
Toccare la sua pelle… fresca.
Respirare il profumo del mare nei suoi capelli.
Sentire lei godere di lui.

Ultime difese che cedono.
Un urlo violento, maschile, barbaro.

- BULMA-

Un nome che acquistava corpo e ferocia nel momento dell’estasi.
Poi solo pochi attimi.
Piacere di lui e silenzio di lei.

Il cavaliere si agitò nel letto, agitato.
Nessun suono ora.
Solo un respiro ansante e qualche risata.
Di lui ovviamente.

La mano scese fino all’inguine.
Era eccitato. Il solo pensiero di stringere,di baciare,di possedere quella ragazza lo aveva sconvolto.
Minuscole gocce di sudore gli scesero lungo la fronte.

Yanko si sollevò dal letto dopo qualche minuto.
Era sudato. La pelle bagnata rifletteva, con minuscoli bagliori, la luce soffusa imprigionata nella stanza.
Guardò la ragazza che giaceva, ancora scomposta, nello scomodo giaciglio.
Occhi socchiusi, bocca immobile in un gemito mai pronunciato, capelli bagnati intorno al suo bel volto.
- non osare mai più-
- cosa?-
- chiamarmi con il mio nome.-
Aprì gli occhi e il suo sguardo, solitamente di vivo turchese, lo trafisse di freddo ghiaccio.

Bulma si agitò tra le lenzuola bagnate.
Tutto era stato come sempre.
L’aspettativa, il desiderio, erano stati più forti della deludente sensazione che la pervadeva.
Il solito dolore tra le gambe.
Il solito senso di abbandono e nausea.
Stanca, si alzò, celando il suo corpo nudo con un lembo di lenzuolo.
Come sempre Yanko, sfogato il suo primitivo istinto, le voltava le spalle, preso nei suoi pensieri.
L’ansia di tornare tra le mura domestiche l’investì travolgente.

Infilò scompostamente la sottoveste. Si inchinò vicino il ragazzo per raccogliere il corpetto…e avvertì il leggero sussurro del garzone
- spero che lo sbruffone si sia goduto lo spettacolo…-

Indignazione. Rabbia. Dolore.
Questo le squarciò il petto.
- e così…tu mi hai usato!-
Avrebbe voluto non urlare, ma la sua voce uscì acuta e intensa
- tu, signora, lo fai da anni…non mi sono mai lamentato…per questa sera mi hai aiutato a togliermi uno…sfizio…-

La sua risata le ferì le orecchie.
Nessuno poteva osare tanto.
Nessuno aveva mai osato tanto.

Yanko lesse la furia negli occhi di lei.
Non avrebbe dovuto.
Non avrebbe dovuto scoprirlo.
Non era più gioia aver costretto il forestiero ad ascoltarli se ora lei le toglieva i suoi favori.
Tentò di guardarla con i suoi grandi occhi scuri.
Per un attimo la rabbia parve svanire….per poi canalizzarsi in un unico schiaffo. Bruciante e doloroso.
L’avrebbe perdonato. Sarebbe tornata da lui. Di questo lui era sicuro.

Bulma raccolse le sue scarpette e si precipitò fuori dalla stanza.
Sbattè la porta ma vi rimase poggiata.
L’avrebbe perdonato. Sarebbe tornata da lui. Di questo lei era orribilmente sicura.

Il cavaliere oramai non aveva più sonno.
Anche per questo si accorse subito del piccolo foglio che veniva passato nella stanza da sotto la porta.
Si alzò curioso e guardingo, afferrando velocemente la spada.

Scusi. Mi dispiace che lei abbia dovuto assistere ad uno dei miei sbagli.
Le sarei grato sei mi perdonasse.
B.B.

Alzò lo sguardo.
Si precipitò verso dei fogli che teneva nascosti nella tunica.
Bulma B. … forse stava per diventare tutto più divertente.

Sorrise.

 

 

 

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Capitolo 6
*** Ordine! ***


5 medioevo

 

La ragazza appese con perizia il mantello alla parete. Lo guardò scettica per alcuni istanti passeggiando a ritroso.
Lo fissava con il suo solito cipiglio acuto e severo. A grandi falcate, poi, si riaccostò ad esso e lo sistemò impercettibilmente.
Una luce di soddisfazione scacciò le ombre dal suo sguardo e, velocemente, si voltò verso il letto perfettamente ricoperto dalle coperte.
Tutto era in assoluto ordine. Si, si disse compiaciuta, con lei tutto era sempre in ordine.
Slacciò il corpetto severo che la stringeva fino al collo; una sottile tortura…ma certamente le accentuava i lineamenti duri e l’indole inflessibile.
Si sedette di fronte il piccolo specchio ed iniziò i suoi soliti rituali prima di coricarsi, come ogni sera.
Sciolse i capelli dalla crocchia che li teneva perennemente imprigionati.
Come una cascata le ricaddero sull’esile collo, morbidi e fluenti. Una cornice di tenebre per un viso esangue. Così bella le sembrò l’adorabile sconosciuta che le apparve allo specchio.
Sorrise.
Prese la crema dal comò che aveva accanto ed iniziò a massaggiarsi le mani.
Poi si fissò ancora.
Occhi neri, mai tristi, sempre determinati.
Ciglia ben deliniate.
Pelle invidiabile.
Bocca colorita e lingua aguzza.
Fisico temprato. Forse non dolce, ma tonico e saldo.
Ordinata. Inflessibile. Caparbia.
Il suo ritratto era finalmente completo.
Chichi.
Si alzò spogliandosi definitivamente degli abiti che la costringevano dalla mattina prima. Li piegò con un ordine meticoloso e li ripose nell’armadio.
Completò i preparativi per la notte e, sedendosi sul morbido letto, prese tra le mani l’immagine, dipinta ormai tanti anni prima, di un uomo. Sguardo bonario, aspetto dolce e generoso.
Troppo bonario, troppo generoso.
- buona notte dolce padre- disse lei, accostando le labbra a quella piccola effigie.
I momenti della sua infanzia le passarono davanti lo sguardo come ogni sera: il castello, i feudatari di suo padre in attesa di recargli chissà quali importanti novelle, le gentilezze delle badanti e delle dame verso lei, la piccola Signorina.
Ma suo padre, il Signore, era troppo buono, era troppo generoso.
I ricordi si interruppero, come sempre, tra le braccia di suo padre, in quella stessa stanza, in un umido addio di lacrime.
Sono perduto…non posso mantenere come dovrei…sarai felice…ci rivedremo.
Promesse.
Chichi era stanca di avvertire il desiderio di piangere o di urlare.
Represse quei ricordi così dolorosi e spense il lume che le illuminava, fremente, il viso.
Chiuse gli occhi.

Uno. Due. Tre.
Tre rintocchi.
Spalancò gli occhi.
L’oscurità l’avvolgeva ma noncurante si alzò dal giaciglio.
Calma. Silenzio.
No. Non era normale.
Qualcosa non andava.
Qualcosa non andava proprio.
Aprì la porta che l’immetteva nel grande corridoio.
Spifferi gelati le oltrepassavano la sottile veste da camera mentre lo percorreva a passo svelto.
Sempre il solito strano presentimento.
E come sempre…
Si fermò davanti ad una porta meravigliosamente intagliata. Di puro legno di terre lontane e calde.
Profumava di esotico e di sconosciuto.
Profumava di lei.
Chichi storse la bocca. Era sempre così. Più lei si sforzava di crescerla austera e mite, più quella ragazza viziata era un esempio di depravazione e perversione.
- Bulma…Bulma!- accostò l’orecchio alla porta, in attesa di una qualsiasi risposta, di un rumore, di un gemito nel sonno.
- Bulma aprimi. Non costringermi ad entrare! Non fare la stupida Bulma…- alzò la voce sensibilmente e bussò, leggera, con le nocche sul levigato legno.
Lo sguardo della ragazza divenne freddo e glaciale.
Si allontanò, quasi correndo, fino ad una delle torce che illuminavano il corridoio.
L’afferrò con forza, rischiando, nell’impeto, di divellere i perni che la sostenevano appesa.
I rumori attirarono una delle guardi che lei scacciò sicura.
Se quei poveri soldati avevano imparato qualcosa in quegli anni, era di non disturbare mai le due Signorine.
Si avvicinò di nuovo alla porta ed iniziò a tastare, con un’abilità dettata da una certa esperienza, tra le fenditure delle pietre dure del muro.
Lo sguardo glaciale si stava lentamente scaldando.
I suoi occhi, ora, sembravano ardere come bracieri.
- se lo hai fatto di nuovo…stavolta una bella punizione non te la leva nessuno…-
Le sue dita riuscirono finalmente ad afferrare una chiave, saggiamente nascosta, ed ad aprire lo splendido portone.

Chichi era dura, severa, ordinata.
Nulla osava sfuggire al suo ordine.
Ovvero…nulla tranne due persone.
E Bulma era tra quelle.
La stanza era, come lei aveva temuto, vuota.
Un piccolo gemito indispettito le fuoriuscì dalla gola.
Sbatté stizzita la porta alle sue spalle.
Le rimaneva una sola cosa da fare per ritrovare quell’incontenibile…represse il sostantivo, non certamente permesso dalla sua rigida educazione.
Per ritrovare Bulma, doveva andare dall’unica altra persona che sfuggiva al suo perfetto ordine.
E quella persona era Goku.

 

Eccomi di nuovo! Scusate la lunga assenza...spero vi sia piaciuta la mia Chichi...ma non fatevi una cattiva idea di lei...non è poi sempre così burbera e un pò fobica...dopotutto con una scatenatissima Bulma da controllare! ^_^

Volevo ringraziare tutti coloro che stanno recensendo la mia ficcy! un bacio a tutti voi...ciao!!

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** acqua gelata... ***


6 medioevo

 

 

L’acqua era calda e leggera. Quando il suo viso emerse fuori dalla superficie immobile sbuffò e sorrise.
Un sorriso così giovane e luminoso che sembrava quello di una creatura sconosciuta.ù
Ed effettivamente Goku era davvero una straordinaria creatura misteriosa.
Misteriose le sue origini, misterioso il suo vero nome, misteriosa l’indole che lo rendeva pericoloso e tremendamente mite al tempo stesso.
Un uomo straniero nella sua terra.
Eppure un ragazzo allegro e spensierato.
Passò una mano sulla fronte, scansando i capelli che gli cadevano, grondanti la tiepida acqua salmastra, sugli occhi.
Un pesce gli sfiorò la gamba e, dopo aver raccolto il fiato, gonfiando buffamente le guance, fece per tuffarsi.
Spensierato ed allegro.
Un rumore improvviso quanto lieve.
Un lampo negli occhi di lui. una sensazione di caldo alle spalle.
Qualcuno si stava avvicinando.

 

Chichi era furente. Furiosa. Arrabbiata. Adirata.
No. Nessun aggettivo poteva riuscire ad esprimere l’ansia, l’angoscia e la rabbia che la scuoteva con forza.
-no no e poi no, mia stupida amica. Stavolta…stavolta…- strinse i pugni lividi.
Il vento soffiò con forza tra gli alberi del cortile che attraversava a passo svelto.
La ragazza sembrò quasi non avvertire il freddo che le sferzava la pelle chiara.
No. Chichi era troppo furente, furiosa, arrabbiata, adirata che neanche il vento osava sfidarla.
Bulma tremò stringendosi ancora più stretta nel pastrano che si era arrotolata attorno.
Quello stupido vento autunnale la faceva rabbrividire.
Si portò le mani al viso ed sfregò con le dita sottili il naso gelato…
- etciù! Che freddo…-
sferzò le briglie del suo cavallo che accelerò impercettibilmente il passo.
- dai…tra un po’ saremo a casa tutti e due…-
si voltò verso il profilo del villaggio che spariva all’orizzonte avvolto poco alla volta dalle tenebre. Un pensiero all’amante fugace e
così dannatamente sbagliato per una donna dabbene come lei.
Un pensiero all’uomo misterioso.
Un rossore le imporporò le guance. Un rossore sbagliato. Come i suoi pensieri.
Non era mica colpa sua se…
Sorrise. Chichi l’avrebbe sgridata se fosse stata con lei.

Chichi sbatté violentemente la porta della misera capanna.
Cercò con lo sguardo l’enorme figura accovacciata sul letto e seduta accanto il rozzo tavolo.
Per la seconda volta quella sera dovette osservare ancora una stanza vuota.
- calma Chichi… sei una dama…-
stava per lasciare la stanza quando il suo sguardo cadde sul pavimento.
Una maglia era gettata a terra. Seguita da dei guanti.
E proprio sotto di lei un calzino.
La traccia portava fuori dalla tana del "selvaggio"
- no…Goku…non puoi…-
il rumore del ruscello scosse i suoi ancor più fragili nervi.
Decisa più che mai si diresse verso la radura al di là di un bosco di pioppi.
Camminava a paso svelto.
Un tonfo. Una pressione sul collo sottile.
Nero. Bagnato.


- oh ciao Chichi!-
aveva pensato di stare per morire.
Aveva pensato di essere ostaggio di uomini armati e pericolosi.
Aveva pensato che tutti i suoi sogni stessero per svanire.
Aprì gli occhi lucidi dall’emozione.
Aprì gli occhi pronta a difendere la sua vita. Pronta a tutto.
Ed invece…
- allora…che ci fai qui nel cuore della notte?-
un sorriso caldo l’avvolse.
Due occhi allegri la fissavano.
Due mani enormi le cingevano i polsi.
Un corpo bagnato incatenava il suo a terra.
Delle ciocche di capelli neri le caddero sul viso, costringendola ad una buffa smorfia.
- gokuuu!...togliti dai piedi!- urlò al ragazzo scansandoselo violentemente di dosso.
- Scusa Chichi…pensavo fossi un bracconiere…sai ultimamente in questa zona sono raddoppiati…-
- Certo un bracconiere disarmato!...-
- E con indosso una camicia da notte?...Chichi non senti freddo?!...-
La ragazza abbassò lo sguardo e notò che, presa dalla rabbia, non si era nemmeno ricomposta.
Imbarazzata fissò Goku che la guardava stupito.
- e allora?!tu sei…nudo…- arrossì violentemente mentre il ragazzo scoppiava in una fragorosa risata.
- Oh hai ragione…che sbadato…- disse Goku, alzandosi da terra e allontanandosi di qualche passo.
Chichi sentì la sua fronte scottare. Come tutta se stessa.
Possibile che Goku fosse sempre così dannatamente…distratto?
- allora dimmi…è per Bulma vero?-
Goku era tornato di fronte a lei, coperto da una straccio logoro annodato intorno la vita.
- è scappata di nuovo.-
il ragazzo sorrise.
- Dovresti sapere che è indomabile…-
- No mio caro… ribelle o no…non la passerà liscia…-
Un minuto di silenzio li avvolse.
Chichi ed il suo sguardo omicida e Goku che si grattava la testa.
- sarà da Yanko…di cosa ti preoccupi?!-
- rendi tutto troppo semplice…lui e lei…-
- capisco…almeno credo…dai andiamo a prenderla-
Si Goku rendeva sempre tutto troppo semplice.

 

scusate il ritardo! grazie a tutte voi che avete avuto pazienza...e a tutte coloro che hanno commentato ^_______^
un bacione a tutte!

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Capitolo 8
*** ricordi... ***


ricordi medioevo

 

Vegeta tornò a sdraiarsi sullo scomodo letto…il peggio era passato.
Controllò a stento il pensiero di schiacciare tra le mani il cranio del locandiere come un noce, e riprese il foglio che era scivolato accanto a lui.
B. B. si non poteva essere che lei.
Ripensò agli ultimi momenti passati nel monastero. Agli ultimi ordini ricevuti.
La sua missione non era complicata per un ragazzo normale.
Forse, però, poteva esserla per lui.
Doveva mantenere la calma. Doveva ricordare che non era un semplice e triviale soldato.
Avvertì un peso opprimente sul petto.
Si strappò di dosso l’ultimo brandello di stoffa che lo copriva.
Sul petto nudo ed ansante la croce d’ora brillava.
La croce.
I ricordi lo assalirono.

Era un bambino.
Un bambino che avrebbe dovuto vivere nei fasti del suo palazzo signorile.
Aveva avuto l’onore di nascere tra le più preziose sete, di essere abbracciato come figlio dal più potente sovrano.
Eppure era cresciuto tra gli stenti e la fame.
Servendo un essere che odiava. Ripugnava chiamarlo uomo, figurarsi "signore."
Un principe rinchiuso tra ferree gabbie.
Ma Vegeta aveva capito che sarebbe stato schiavo. Lo aveva capito da quel giorno lontano.
Quando il suo "signore" gli aveva messo quella croce sul petto.
Quando aveva dovuto giurare fedeltà ad un Dio che non conosceva.
Null’altro dio aveva regnato nella sua vita se non quello del sangue e dell’odio.
Da quel giorno era stato Chierico.
E la sua vita…avrebbe voluto dimenticarla.

A nulla avrebbero servito le lacrime, se anche avesse saputo versarle.
A nulla il suo sterminato orgoglio, che neanche le fustigazioni più dure avevano saputo spezzare.
A nulla il suo ribellarsi, che nemmeno le catene che gli sferzavano la schiena nella notte riuscivano a sedare.

- fuggi tra le lenzuola di chiunque vuoi, mio ribelle figliolo, divertiti ad uccidere, questo ti riesce incredibilmente bene, tradisci, spergiura, offendi…non devi credere in nient’altro se non l’odio-

Vegeta spalancò gli occhi.
Vedeva ancora lo spregevole profilo del suo "signore" tra il chiaroscuro della stanza e sentiva la sua oscena voce.
Il suo "signore". Don Francisco Juan de Freeza. Il vescovo di Freezer.

- e dai cavallino...manca poco...- Bulma sentiva la stanchezza percuoterla.
- - su…su…- ripeteva ormai come una tediosa cantilena. I sobbalzi la cullavano dolcemente e scivolò lentamente, appisolandosi sulla setosa criniera del ronzino.

Chichi si fermò poco oltre l’ennesima collinetta.
- veloce scansafatiche!...di questo passo non la raggiungeremo mai…-
- non sarebbe meglio passare per il sentiero principale?!...sono stanco e ho tanta fame!!- brontolò Goku accarezzandosi la pancia che brontolava ormai da parecchio.
- Da questa parte faremo prima…se vuoi prendertela con qualcuno prenditela con Bulma…- rispose la "gentil donzella" afferrandolo per un braccio e trascinandolo con sé.
- Chichi!!!!!!!!-

Un rumore svegliò Bulma. Sembrava una voce…o forse l’ululato di un lupo…
Si strinse ancor di più al cavallo che, intanto, trottava affaticato.
Non avrebbe dovuto addormentarsi più.
Ricordava le brutte storie che Goku le aveva raccontato: viandanti derubati e uccisi, corpi sanguinanti ritrovati appesi come macabri trofei agli alberi, ragazze violate e sgozzate…
Involontariamente Bulma portò una mano al giovane collo.
- dai…hai fatto questa strada migliaia di volte…- si disse, tentando di farsi quel coraggio che ora le mancava.
Ancora assonnata sbadigliò socchiudendo gli occhi.
Quando li riaprì due losche figure le si stavano parando davanti urlando.
Urlò spaventata e il cavallo, imbizzarrendosi, la scaraventò a terra, correndo all’impazzata verso le figure.

 

Goku avvertì il nitrire del cavallo appena in tempo per buttarsi a terra afferrando Chichi per i fianchi.
Il cavallo continuò la sua folle corsa sfiorando i capelli del ragazzo.
- ma che cosa ci è successo?!- chiese Chichi ritrovandosi, per la seconda volta nella stessa serata, il corpo del ragazzo sopra di sé.
Goku si alzò sorridendo.
- penso di aver trovato Bulma-

La ragazza si massaggiò il sedere ammaccato.
Due grosse lacrime le riempirono gli occhi eburnei.
- che male!-
- che male lo dirai tra poco, mia cara signorina!- quella voce la fece rabbrividire.
Non poteva essere lei. L’aveva sentita andare a letto. Aveva aspettato tutti i suoi soliti rituali.
Non poteva essersi sbagliata. No…non poteva essere Chichi.
Alzò gli occhi e si ritrovò davanti due occhi fiammeggianti.
Non c’era dubbio.
Chichi l’aveva trovata.

- PICCOLA PAZZA! COME PUOI PENSARE DI ANDARTENE IN GIRO PER QUESTI SENTIERI LA NOTTE DA SOLA! PER ANDARE DA QUELLO SCANSAFATICHE FARFALLONE DI UN PLEBEO,POI! STAVOLTA NON LA PASSERAI MICA TANTO…liscia…- Bulma piangeva.
Non per le sue urla, comprese Chichi.
La sua Bulma era così infelice.
L’abbracciò e le tenne stretto il capo sussultante.
- calmati Bulma…calmati…- le sussurrò dolcemente all’orecchio.

Chichi era stata chiamata signorina fino a pochi giorni prima. Aveva il suo ritratto nella galleria del palazzo acconto a quelli degli altri duchi e duchesse della sua nobile stirpe.
Aveva giocato in stanze damascate, era stata servita da servi in livree colorate.
Poi aveva perso tutto.
Suo padre era un uomo talmente buono.
Aveva fiducia negli altri. Odiava combattere. Detestava versare il sangue dei suoi sudditi.

Suo padre l’aveva svegliata una mattina quando il sole non era ancora sorto.
L’aveva vestita di cenci e le aveva tagliato gli splendidi capelli neri.
L’aveva fatta viaggiare per ore su una scomoda carrozza.
L’aveva condotta fin in quella stanza.
Suo padre lì aveva parlato con un uomo dagli occhi gentili e i capelli bianchi.
Lei gli aveva sorriso con quel distacco aristocratico che aveva esercitato da sempre davanti allo specchio.
Poi suo padre le aveva detto che non lo avrebbe potuto rivedere per un po’ di tempo.
Poi suo padre le diede l’addio.
In quella stanza dove ancora oggi riposava.

Aveva pianto, tutte le lacrime che aveva nel suo giovanissimo corpo.
Singhiozzava lasciandosi cadere a terra.
Fu allora che nella stanza, prepotentemente, entrò lei.
Entrò Bulma.

Piccola, paffuta e impertinente.
Mangiava una mela caramellata e la osservava con uno strano cipiglio.
- e ti lamenti tu?!-
Chichi la osservò imbarazzata e confusa.
- io sono la signorina di questo palazzo, mettiamo subito le cose in chiaro, mia cara sconosciuta invadente- riprese Bulma.
Chichi continuava a fissarla, sempre più stupefatta.
- ma sei muta?- le chiese la bambina avvicinandosi a lei.
- Assolutamente no. Il mio nome non è sconosciuta invadente ma Chichi, 23esima duchessa di Torisiana. Ed il suo?-
La bambina si sollevò il vestitino azzurro come i suoi occhi e i suoi capelli e si sedette accanto a lei.
- Bulma Brief. Figlia del sindaco di Ovestonia… ne vuoi un po’?- le chiese porgendole il dolce e sorridendole.

Chichi avrebbe imparato presto la contagiosità di quel sorriso ed il carattere indomabile di quella bambina viziata di tre anni più grande di lei.

Bulma avrebbe concesso presto il titolo di "signorina" a quella bambina seria e tanto triste che la sgridava come neanche sua madre sapeva fare.

Le signorine, così diverse e così unite, vissero insieme in quel palazzo per anni. Fino a quella sera.

- andiamo…ha ripreso il cavallo…mi sembrate stanche…- disse dolcemente Goku alle due ragazze, ancora abbracciate sul soglio del sentiero.

 

 

Grazie a tutte coloro che hanno recensito, e scusate ancora per la lunga attesa e le poche parole di ringraziamento. Sappiate che è molto importante il vostro giudizio per me. A presto, Roberta.

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Capitolo 9
*** nella notte... ***


capitolo storia medioevo

Chichi teneva tra le mani, strette, quelle della sua amica, accasciata su di lei.
Dormiva con la bocca appena socchiusa e respirava lentamente.
Chichi le accarezzò la guancia calda e ancora inumidita dalle lacrime…avrebbe voluto fermare quella spirale di distruzione nella quale la sua amica si gettava sconsideratamente.
Ma… con Bulma ogni sforzo era inutile.
Il ronzino trottava a passo lento per il pendio che collegava l’ultimo tratto di sentiero alla strada principale.
Chichi alzò lo sguardo sulla figura che lo guidava nell’oscurità… Goku.
Arrossì violentemente ripensando al suo corpo…scosse la testa come per allontanare un pensiero scomodo e abbassò gli occhi, timorosa.

Quando Bulma riaprì gli occhi vide, tra il chiaroscuro delle lanterne, stagliarsi il profilo del suo palazzo…
Sorrise incrociando lo sguardo di Chichi, severo ma dolce.
- che bello siamo a casa!- disse divincolandosi dall’abbraccio dell’amica e ondeggiando pericolosamente
- sta ferma Bulma o cadr…- Chichi non finì la fase che la sua amica si trovava già tra le solide braccia di Goku.
Bulma si strinse al corpo dell’amico, sorridendogli luminosa.
- fai più attenzione…sei sempre la solita distratta…- le disse il ragazzo, posandola delicatamente a terra.
Chichi represse un dolore che le avvolse il ventre e sedò la furia che le arrossava gli occhi.
- il palazzo è vicino…e tuo padre, mia cara signorina, potrebbe aver già scoperto la tua scappatella.- disse la ragazza, con voce fredda ma rotta da una pallida emozione.
Bulma si divincolò dall’abbraccio di Goku e, afferrate le vesti, iniziò a correre per la scarpata
- Ciao Goku!...sbrigati Chichi!-
L’amica rimase interdetta dal veloce cambiamento della ragazza e la fissò sbigottita dirigersi velocemente verso il cortile esterno del palazzo.
- un giorno all’altro i suoi genitori la getteranno in un convento di clausura e butteranno la chiave…- disse Chichi.
- Riuscirebbe a fuggire anche da quello…- rispose Goku ridendo
- …non scordare questo…- riprese dopo una breve pausa, porgendo alla ragazza le briglie del cavallo
- grazie…- sussurrò lei impallidendo.
- Io vado...- continuò lui.
Lei avrebbe voluto fermarlo. Trattenerlo anche solo per un istante. Per parlare. Per spiegarsi.
Ma Goku era già sparito.
Come sempre.

Chichi percorse il breve tratto a passo lento, persa in quei ricordi che, soli, davano luce alla sua esistenza.
Bulma e il suo capriccioso carattere.
La famiglia Briefs, saggia ma stravagante.
Il suo buono padre…
E Goku.

Il loro primo incontro fu una tempesta.
Chichi seguiva sempre Bulma nelle sue evasioni dal suo bel palazzo. Per controllarla più che per giocare con lei.
Bulma e Chichi.
Sconsiderata e avventata l’una, prudente ed obbediente l’altra.
Nulla le avrebbe mai accomunate se non l’affetto per quel bambino selvaggio, figliastro di uno dei guardaboschi.
E fu proprio durante una di quelle fughe che la perse.
Chichi perse Bulma.
Era solo una bambina. Ma non pianse, non versò una sola lacrima.
Camminava a testa alta emanando un coraggio che non possedeva.
Fu allora che lo incontrò.
Grassottello e sorridente le sorrideva appeso ad una ramo.
- ciao bambina!- le aveva detto
- ciao a te scimmia parlante!- aveva risposto lei, ignorandolo con tutta la sua regale indifferenza.
Goku le era ruzzolato addosso e le aveva sorriso, contagiandola di una strana allegria.
Fu Goku a riportarla da Bulma che, spazientita e, un po’, spaventata l’attendeva vicino il cortile.Chichi sorrise.
Il loro primo incontro era uno dei ricordi più piacevoli che la sua infanzia le avesse lasciato.
Forse uno dei pochi.

Entrò nel vecchio cortile silenziosamente e procedette cauta nella stalla.
- BEN ARRIVATA!- urlò una voce, sorprendendola alle spalle.
Chichi si voltò spaventata, per poi rabbuiarsi.
- Bulma sei la solita stupida!...sveglierai qualcuno!- le sussurrò accostandosi all’amica che si teneva, accasciata a terra, il ventre dalle risa.
- Sei la solita seriosa!- le rispose illuminandosi di uno dei suoi sorrisi più belli.
Chichi la seguì con lo sguardo mentre si toglieva il pastrano e lo riponeva.
Osservò la linea esile e perfetta del suo corpo, i polsi sottili, la pelle eburnea, la linea affusolata della schiena. Bulma era perfetta.
Osservò poi i propri polsi, forti e scattanti, la propria pelle, imbrunita dal sole, i propri fianchi sodi e mascolini…più un guerriero che una dama, si disse, mordendosi il labbro
- andiamo?- la voce di Bulma la riportò alla realtà.
La seguì per le stanze dell’enorme palazzo.

Bulma le parlava con la sua voce allegra, intercalando spesso le frasi con una risata.
Chichi le sorrideva inconsapevole, persa ormai nei suoi pensieri.
Fu solo davanti al corridoio che divideva le loro stanze che osò pregarla
- Bulma…con Goku…no…- le disse con voce tormentata
Bulma la fissò sgranando i pallidi occhi
- certo che no…- le rispose lentamente.
Ma ogni sorriso si era spento sui loro volti.

 

Vegeta aveva lasciato qualche moneta sullo squallido letto ed era sparito prima dell’alba, senza incontrare l’odioso locandiere.
Giusto per evitare ogni tentazione.
Aveva raggiunto Ovestonia percorrendo il sentiero principale, e sul limitare del giorno la figura del paese si stagliava sul profilo rossastro della natura all’alba.
" …Arriva ad Ovestonia con i primi raggi del sole e studia il territorio…"
Si aggirava per la città come una figura mistica.
Avvolto nel suo mantello scuro, osservava con i suoi occhi acuti ogni angolo della cittadina.
Molte donne, risvegliate per l’inizio di una dura giornata, lo videro vagare, scuro e silenzioso.
Quando la piazza si animò, penetrò in una delle locande sulla piazza della cattedrale. Seduto in un angolo nascosto affilava senza fretta la lunga lama della sua spada.
Solo le campane della messa lo risvegliarono dalla sua lunga trance.
Quando fuoriuscì di nuovo sulla piazza il sole freddo gli ferì gli occhi.
Scosse il viso e fissò la scalinata della chiesa.
Un sorriso crudele gli illuminò il viso.
- buon giorno B.B.-

 

Bulma ondeggiò il ventaglio e sbadigliò. Era stanca ed assonnata e quell’odore di incenso non faceva che peggiorare il suo mal di testa.
Una piccola spinta la scosse.
Chichi, seduta accanto a lei, le lanciò un’occhiata infiammata.
La ragazza sbuffò nuovamente prima di riprendere il canto del Salmi.
Si guardava intorno annoiata, attendendo la fine della celebrazione.
Suo padre era in una delle prime file ed aveva il suo stesso cipiglio tediato; sua madre, al contrario, che cantava a voce alta, stonando, sembrava divertirsi.
Bulma si sistemò il corpetto stretto, troppo stretto, come le aveva saggiamente ricordato Chichi prima di uscire dal palazzo quella mattina
- Bulma stai andando a Messa!-
- Non per questo devo vestirmi come una suora!- le aveva risposto allegra…
Solo ora aveva capito quanto la sua amica avesse ragione.
Le campane della Messa interruppero i suoi pensieri.
Presa per mano da suo padre si diresse verso l’uscita.

Una piccola folla si era radunata nella piazza.
Qualcuno pregava per una grazia, altri chiamavano il sindaco, altri fissavano irriguardosi le due fanciulle che lo accompagnavano.
Bulma fissava le persone, incuriosita, mentre Chichi, nervosa, cercava spazio per allontanarsi.
Fu allora che Bulma e quella figura si videro.
Il petto di Bulma tremò nel suo candido vestito quando quell’essere incappucciato sparì in un angolo buio.
- tutto bene?!- le chiese protettiva Chichi, sentendola tremare.
- Andiamo a casa…- rispose lei, accelerando il passo verso la carrozza.

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Capitolo 10
*** la missione ha inizio ***


rossa nuovissimo

 

Vegeta passò una mano sul mento ispido.
Si avvicinò ad una fontana e, scansando alcune donne che raccoglievano l’acqua della fonte, vi immerse l’intera testa.
Riemergendo, notò gli sguardi sbigottiti e incuriositi della fanciulle e delle loro madri.
Sorrise sornione all’indirizzo di una delle ragazze più timide, che fuggì quasi fosse al cospetto del demonio.
Vegeta rise compiaciuto…forse quella ragazzina non si sbagliava più di tanto.
Si allontanò e, rientrato nella locanda sulla piazza, chiese una stanza.
Doveva prepararsi.
La sua missione stava per iniziare.

Bulma lanciò il corpetto verso la parete, colpendo un quadro che, caduto rovinosamente a terra, fu raccolto da una sbuffante Chichi.
- Bulma!! Non puoi rompere tutto quello che possiedi!-
- E perché?!...è mio no?!- le rispose la ragazza, ammirando il suo corpo allo specchio.
- La vanità è un peccato…- disse Chichi, raccogliendo da terra le vesti dell’amica.
Bulma le sorrise ammaliante, riparandosi dietro un paravento che profumava ancora delle terre lontane da cui proveniva.
Chichi si sedette sul letto dell’altra, sistemando i capelli nella rigida acconciatura.
Un rumore di trombe la scosse.
Bulma si affacciò da dietro lo spogliatoio e, riconosciuto il suono noto, si scagliò verso la finestra, spalancandola.
- Bulma sei ancora mezza nuda!- urlò Chichi avvicinandosi a lei e gettandole un mantello sulle spalle.
La ragazza si voltò verso di lei, con gli occhi lucidi dall’emozione…
- un’ambasciata Chichi!- le disse stringendo i pugni
- e allora?!... è il lavoro di tuo padre quello di ricevere ambasciatori stranieri…- rispose Chichi, non ricambiando l’entusiasmo dell’altra
l’amica scosse le spalle e la testa, sciogliendo del tutto l’acconciatura; i capelli le ricaddero sulle spalle morbidi e fluenti, rendendola simile ad un essere fantastico.
Chichi aveva speso pensato che la sua amica non fosse solo una viziatissima figlia di un uomo ricco, ma una vera strega.
- come no puoi capire Chichi…non ti emoziona sapere che c’è qualcosa di diverso fuori dai nostri confini?! Qualcosa di nuovo, di affascinante, di…- l’emozione sembrò serrarle la gola.
- Pericoloso Bulma.- l’interruppe l’altra chiudendo la finestra
L’amica non rispose, impegnata nel rivestirsi.
- aiutami svelta!...se tu non vuoi venire, andrò da sola- le disse, fissandola glaciale.

 

Il ragazzo marciava regale nel cortile del palazzo.
Fissava dritto davanti a sé, senza esitazioni, senza emozioni.
Le guardie, esterrefatte, gli sbarrarono titubanti l’ingresso, prima di ascoltare quel nome leggendario.
Suoni di tromba lo accolsero all’interno del cortile, insieme a sguardi sempre più incuriositi.
Qualcuno, il più saggio, si allontanò, rientrando nelle proprie stanze, qualcuno, come mendicando uno sguardo, gli si avvicinò pericolosamente.
Eppure continuava imperioso il suo cammino, senza apparenti distrazioni.
Eppure…non gli era sfuggita l’imprevista apparizione della ragazza e un sorriso malizioso gli apparve sul viso.
Vegeta era arrivato.
La missione era iniziata.

 

" il sindaco di Ovestonia, messer Briefs, è un uomo sulla cinquantina, capelli bianchi e sguardo vacuo; non farti ingannare, solo all’apparenza è sciocco, in realtà è fin troppo astuto"
tali parole gli risuonarono negli orecchi mentre, entrando nella sala delle ambasciate, si avvicinava ai seggi dei vecchi della città.
Lo vide subito, sorridente ma freddo, seduto al centro, vestito di bianco e con indosso degli strani occhiali.
Accanto a lui erano figure di minore importanza nella città ma a lui ben note.
Quando incrociò lo sguardo con messer Piccolo, capo della guarnigione, portò istintivamente la mano sull’elsa.
Represse però il primo istinto, stampando sul volto un’espressione severa.
Si fermò al centro della sala, chinando forzatamente il capo.
- così lei sarebbe il mitico ultimo discendente dei Sayan, cavaliere…- prese la parola una voce roca
- …e noi conosciamo l’indole di tale, ehm, razza- continuò Piccolo, interrotto però da un cenno della mano di Briefs
- vecchio Supremo, Piccolo, non è educato aggredire così sconsideratamente un nostro ospite, specialmente se di alto rango come messer Vegeta.-
Vegeta chinò di nuovo il capo, in un cenno d’assenso che voleva, però, anche nascondere il rossore di rabbia che gli offuscava il viso.
- le notizie sulla sua cortesia non erano infondate, messer Briefs- disse in un sibilo il ragazzo
- e ora…ci dica, perché è venuto fin qui, affrontando un viaggio così lungo?!- riprese Briefs, sistemandosi gli occhiali sul naso.
L’aria era densa di tensione.
Lo sguardo di Vegeta era incollato al volto del sindaco e Piccolo aveva già sganciato, silenziosamente, il laccio che fermava la spada al suo fianco.
Fu allora che Bulma entrò nella stanza.

Aprì la porta con un gesto deciso e sicuro, sfoggiando uno dei suoi meravigliosi sorrisi.
Un sorriso che si spense appena il suo sguardo si posò sull’ambasciatore.
La sua mano, ancora poggiata sul pomello della porta, iniziò a tremare.
Piccole gocce di sudore le imperlarono la fronte.
No…non poteva essere lui…
Eppure…
Il ragazzo la fissò, non tradendo la minima emozione.
- scusate…- disse, con voce tremolante, spostando lo sguardo su suo padre.
- No…vieni, accomodati- le rispose il padre, indicando uno dei seggi ancora liberi
Bulma si sentì affondare mentre lo sguardo di Vegeta l’investigava.
Si sedette sbiancando.
Non riusciva ad immaginare quale bagno di sangue avesse scongiurato, entrando in quel momento.

- bene…ora puoi finalmente spiegarci il motivo della tua visita, Chierico- disse sprezzante Piccolo, indugiando sull’ultima parola.

 

 

scusate per la lunga assenza...cercherò di postare il pirma possibile...mi dispiace davvero.
spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi abbia incuriosito un pò...un bacio a tutti e un grande GRAZIE a tutti voi!

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Capitolo 11
*** la richiesta di Freezer ***


capitolo dopo 3 mesi

Piccolo respirò profondamente.
I suoi sensi erano tesi fino all’estremo.
Fissava quella figura con un cipiglio severo.
No, concluse, quel ragazzo non gli piaceva.
Troppo sicuro di sé.
Troppo pericoloso.
Troppo impulsivo.
Se ciò che gli avevano raccontato fosse stato vero…
No, il ragazzo non gli piaceva.
Ne,tanto meno, gli piaceva la ragazzina.
Spostò lo sguardo su di lei.
Imbarazzo?!...era quello che stava notando sulle gote di quella piccola vipera?
Impossibile.
Bulma Briefs non era mai in imbarazzo.

Bulma Briefs avrebbe voluto trovarsi sotto un cumulo di terra piuttosto che davanti a lui.
Tremò quando lo sguardo del giovane ambasciatore scese dai suoi occhi verso l’ampia scollatura.
Si maledì per non aver indossato qualcosa di più accollato.
Portò una mano al seno, come in un gesto di preghiera.
Cenno che sembrò quasi infastidire lo sconosciuto, che spostò velocemente lo sguardo, con un’espressione di disappunto
Bulma Briefs era in imbarazzo.
- allora?!...vogliamo continuare a rimanere in silenzio ancora per molto?- proruppe Messer Briefs, scoppiando in una risata.
- Meglio, signor ambasciatore, che lei ci spieghi il perché della sua, certo graditissima, visita…- continuò il Supremo, asciugandosi la bocca con un fazzolettino.
Vegeta fissò ancora in silenzio il vecchio seduto con un’espressione sprezzante poi, con voce profonda e quasi annoiata, rispose
- don Francisco Juan de Freeza, il vescovo Freezer pretende che gli venga restituito il ducato di Torisonia.-

Atona e fredda.
Quella voce le ferì le orecchie.
Atona e fredda.
E stava decretando il destino del ducato che apparteneva a Chichi?!
No. Bulma non poteva sopportare oltre.
Stava per alzarsi, urlare a quell’indisponente di uscire immediatamente dalla sua proprietà quando…
Il suo cuore sussultò, Le sue mani fremettero, il suo fiato si smorzò quando ascoltò suo padre rispondere
- nonostante non ci siano più eredi legittimi, le ultime volontà del duca erano che le sue terre…-
- al mio…Signore…non interesano questi particolari…- interruppe il giovane chierico, fissando gli occhi freddi del vecchio Briefs con arroganza.
Piccolo estrasse dal fodero la spada e un rumore secco ruppe l’aria.
Il suono dei battiti frenetici dei cuori si fondeva a quello delle minuscole stille di sudore che scendevano dalle fronti tese.
- immagino che lei comprenda quanto questa decisione sia importante. Ed immagino che un erede degno della stirpe dei suoi padri sappia perfettamente che…- Messer Briefs rispose con voce serena e tranquilla, incurante della tensione che si andava accumulando.
- Ma io…diversamente da don de Freeza, so aspettare…- disse Vegeta, chinando leggermente il capo, mascherando così il sorriso beffardo che gli si era stampato in volto

…Nessun erede. Nessun erede…
Bulma fissava un punto lontano.
Lontano da suo padre, che stava mentendo, lontano da Piccolo, che lasciava scivolare lentamente la spada lungo il fianco, lontano dal supremo, che tornava solo ora a respirare, lontano dall’ambasciatore.
Ora , improvvisamente, lui non aveva più alcuna importanza.
Chi era Chichi?

- se è una decisione lunga che ci aspetta, messer Vegeta, è opportuno che lei resti nella nostra umile Terra per qualche tempo, prima di tornare dal suo signore.- intervenne Briefs, alzandosi dal trono e prendendo una mano di Bulma.
- Già ho preso disposizioni per fermarmi in una locanda…- aggiunse il Chierico, portandosi una mano al petto
- …assolutamente. Mai si dica che ad Ovestonia non si è gentili con gli ospiti…lei resterà nella nostra dimora per tutto il tempo necessario alle trattative…- interruppe messer Briefs, avvicinandosi al centro della sala, trascinando dietro di sé una Bulma recalcitrante.
- Il piacere è mio nell’accettare la vostra offerta tanto generosa…- disse Vegeta, trovandosi di fronte padre e figlia, accarezzando l’elsa della spada, gesto che no sfuggì ad un nervoso Piccolo.
La mano di Bulma tremò di fronte al giovane ambasciatore e portò lo sguardo verso terra.
Il padre si voltò verso di lei, fissandola imbronciato.
- Sono sicuro che anche mia figlia è onorata della presenza di un così magnifico membro della classe aristocratica…- disse Messer Briefs, rivolgendosi a Vegeta
- Sono sicuro anch’io che la vostra bellissima figlia sia lieta di avere intorno un altro membro…- il volto di Bulma si tinse di rosso e i suoi occhi si fissarono a quelli del giovane
- …dell’alta società…- aggiunse Vegeta, dopo qualche imbarazzante secondo.
- Bene…le disposizioni per la vostra permanenza sono già state date…- disse l’anziano padre, alla quale l’allusione di Vegeta era del tutto sfuggita.
- Principe Vegeta…- si congedò l’uomo, scortando la figlia fuori dalla sala, seguito dagli altri componenti del Consiglio.

La ragazza si voltò verso la romantica figura del Principe senza regno per qualche istante.

Ora aveva capito cosa quel ragazzo suscitasse in lei.
Rabbia.

- ma cosa ti è preso Bulma?!...solitamente posso sempre contare sulla tua ospitalità e sulle tue buone maniere con gli ospiti…- le chiese il padre, appena fuori dalla porta, più preoccupato che amareggiato.
- Nulla…devo andare in camera mia…- disse lei, sfuggendo dalla presa dell’uomo – mi dispiace padre…- corse via.

- allora?!...come era questo ambasciatore?...- chiese Chichi, appena Bulma tornò in camera, sbattendo violentemente la porta.
- lo odio- rispose la ragazza, fissando il pavimento.

 

Perdonate l’enorme assenza e le mediocrità del capitolo.
Spero di non avervi deluso eccessivamente.
Grazie per la pazienza dimostrata.

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