Nova Genera

di Fleur Isabelle Delacour
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mortimer ***
Capitolo 2: *** Roxanne ***



Capitolo 1
*** Mortimer ***


 

Cap. 1:

 

Mortimer

 

 

Mortimer Percival Light era un sedicenne alto e dinoccolato, con una fiammante chioma di ricci rossi, due limpidi occhi azzurri e occhiali cerchiati di corno.

Fino ai suoi sedici anni d'età aveva frequentato Durmstrang, al Nord, e poi, quando sua madre Penelope si era risposata con un inglese, un tale Marcus Flitt, si erano trasferiti nei pressi di Manchester, nel New Hapshire. Aveva così pensato di andare ad Hogwarts, ma sua madre non sembrava molto entusiasta della sua scelta.

Sua madre... Lei era l'unica figura della sua infanzia... Mortimer non conosceva suo padre, e quando chiedeva qualche delucidazione su di lui, Penelope cambiava discorso o accusava un impellente bisogno di uscire dalla stanza.

Era un ragazzo tranquillo, che amava i libri e si divertiva con i suoi amici, ma sentiva che gli mancava qualcosa. Sentiva un vuoto, come se gli fosse stata tolta una parte di sé stesso.

Per i primi cinque anni della sua vita, aveva vissuto con sua madre e il suo patrigno, un Frank Krotten, uno slavo che sua madre aveva sposato poco dopo la nascita di Mortimer.

Lui gli aveva fatto da padre, ma poi era morto e Penelope si era ritrovata di nuovo sola con un bimbo piccolo bisognoso di una figura paterna.

Percival. Sapeva solo questo di suo padre. E che molto probabilmente aveva i capelli rossi.

Perchè aveva lasciato sua madre? Perchè aveva lasciato lui? Non lo voleva? E soprattutto, perchè non lo voleva?

Erano domande senza risposta che gli attanagliavano la mente da quando aveva otto anni, e ormai si era praticamente rassegnato a voltarsi ogni qual volta una chioma rossa gli passava in fianco.

La mattina del primo settembre 2016, a colazione, guardò sua madre: Marcus era già al lavoro, al Ministero, e la bionda Anne Marie (sua figlia di tredici anni), sedeva con lui e sua madre guardando fisso l'uovo con la pancetta che aveva nel piatto, senza accennare a mangiarlo.

Penelope era sempre stata una bella donna, con i suoi bei ricci neri e la carnagione candida, ma quella mattina i suoi occhi azzurri e limpidi erano preoccupati. Estremamente preoccupati.

-C'è qualche problema Penny?- chiese Anne Marie con un sorriso, decidendosi finalmente ad infilzare il suo uovo.

-No tesoro, finisci di mangiare quell'uovo che tra poco partiamo- fece lei accarezzandole la testa e alzandosi da tavola lanciando un'occhiata timorosa a Mortimer.

Timorosa e preoccupata... perchè?

-Mamma, sicura di star bene?- tentò lui guardandola negli occhi.

Lei li abbassò di scatto -Sì, Morty, tranquillo. Hai finito di preparare il baule?-

Lui annuì e si ritirò in camera a sistemare le ultime cose.

Poco prima che Marcus e sposasse sua madre, il patrigno aveva voluto che si trasferissero nel maniero che abitava con la figlia da quando era rimasto vedovo, e gli aveva messo a disposizione una grande stanza dotata di servizi e di un terrazzino che dava sul parco.

Controllò il suo baule: era perfettamente ordinato. Ogni maglione era perfettamente piegato, ogni libro era in ordine alfabetico, ogni penna era meticolosamente riposta nell'astuccio.

Poco dopo, Anne Marie e Mortimer erano nell'auto magica messa a disposizione dal Ministero. Penelope non aveva voluto venire, accusando una forte stanchezza dovuta alla sua gravidanza, ormai alla fine dell'ottavo mese.

Ma, poco prima che salisse in macchina, l'aveva abbracciato forte -Se non vuoi andare puoi restare qui, Morty, lo sai- gli disse con le lacrime agli occhi.

-Voglio andare mamma- fece lui, riassestandosi imbarazzato gli occhiali rotondi.

-Promettimi che tornerai qui- sussurrò sua madre abbracciandolo.

Ma certo, perchè non sarebbe dovuto tornare.

Penelope lo tenne stretto, ma non sembrava in vena di ulteriori spiegazioni e i ragazzi erano già in ritardo, perciò Mortimer salì in macchina e l'autista li fece scendere poco dopo davanti alla stazione di King's Cross.

Come avesse fatto ad arrivare da Manchester a Londra in meno di dieci minuti... Beh, quello era tutto merito della magia.

Il rosso aiutò Anne Marie a scaricare i suoi bauli pieni di tutti gli abiti che si era fatta regalare da suo padre durante l'estate e poi lei lo guidò con un sorriso fino a una colonna tra i binari 9 e 10, verso la quale si lanciò correndo e spingendo il suo carrello e scomparve.

Mortimer sbattè le palpebre accigliato: a Durmstrang si arrivava dopo un giorno e una notte in barca, possibile che per giungere alla fantomatica Hogwarts bastasse gettarsi su una parete di mattoni in mezzo a tanti Babbani?

Tuttavia imitò la sorellastra e, con suo grande stupore, si trovò sulla banchina di un binario piena di un vapore biancastro, sul quale spiccava la scritta '9 e 3/4'.

Vide Anne Marie, poco lontanto, abbracciare una ragazza dai capelli neri come la pece per poi raggiungerlo.

-Mor, mi aiuti a caricare i bauli sul treno?- gli chiese con un sorriso.

Mortimer caricò i bauli suoi e della bionda sulla locomotiva rosso fiamma e poi, dopo avergli dato un bacio sulla guancia, la piccola Anne Marie si dileguò, lasciandolo solo.

Salì sul treno, e, trovato uno scompartimento libero, cominciò a leggere il libro che si era portato: 'I Goblin: storia di un'invasione'.

Poco dopo, l'Espresso partì con uno sbuffo e le porte dello scompartimento si aprirono, facendo entrare un ragazzo e una ragazza.

Lei era decisamente bella, divina, quasi spaventosa a causa della perfezione dei suoi capelli biondo argentei, degli occhi turchesi, del volto etereo e, in quel momento, imbronciato.

Lui era muscoloso, con un bel volto ridente e una chioma rosso fiamma della stessa sfumatura di quella di Mortimer, l'aria malandrina e i limpidi occhi azzurri.

-Ehi, ciao, possiamo sederci qui? Gli altri sono tutti occupati- disse il ragazzo sedendosi in fianco a lui mentre la ragazza si posizionava sul sedile davanti.

-Non credo di averti mai visto ad Hogwarts, no? Io sono Fred e lei è...-

-Et je suis Victoire Gabrielle Weasley-Delacour- lo interruppe con aria altezzosa e con forte accento francese la bionda, che sembrava seccata dal fatto che Fred la stesse presentando.

-Io sono Mortimer Percival Light- si presentò lui con un sorriso.

-Io credo di averti sjà visto da qualche parte- disse la bionda qualche minuto dopo, mentre Fred già lo sommergeva di parole.

Scosse la testa -Non credo. Ho frequentato Durmstrang fino a questo giugno, quando mia madre si è risposata con un inglese e ci siamo trasferiti qui-

-Durmstrang? Forte! L'ha frequentata anche Krum, no?- chiese Fred, stupito.

-Sì, suo figlio Karl è uno dei miei più grandi amici- spiegò lui mentre Victoire continuava a fissarlo, sospettosa.

-Wow! Beh, benvenuto ad Hogwarts, Mor!- disse l'altro usando già un soprannome mentre la cugina alzava gli occhi al cielo.

-Oui, bienvenuto ad Hogvàrts, e non asjungo 'ti piascerà' perchè sinsceramonte io la trovo orrible- la sua voce aveva una nota di tristezza, pensò Mortimer.

-Ma smettila di fare la principessina!- la riprese Fred con un sorriso -Sai, Mortimer, mia cugina frequentava Beauxbatons fino a due anni fa e diciamo che Hogwarts non le va molto a genio, abituata com'era a vivere a palazzo reale, comunque il 'ti piacerà' lo aggiungo io, vedrai è magnifica!-

-C'est impair: vous avez les mêmes cheveux rouges- commentò Victoire.

-Victoire, puoi tradurre per noi comuni mortali?- sbuffò Fred, divertito.

-Oh, pardon... mais non ha importansa- sbuffò elegantemente lei ravvivandosi i capelli chiari ed estraendo un libro dalla copertina blu dalla sua borsa.

Ma Mortimer aveva capito benissimo: a Durmstrang davano particolare importanza allo studio delle lingue straniere, e aveva ottimi voti in Francese.

Victoire aveva detto che avevano gli stessi capelli rossi. Era vero, constatò: Fred aveva la sua stessa tonalità di chioma fiammante.

Forse... Forse suo padre... No. No, non poteva illudersi così crudelmente.

Intanto, Fred aveva già ripreso a parlare a macchinetta e così Mortimer si perse con i due a conversare del più e del meno, di Hogwarts, Durmstrang e Beauxbatons, delle Case della Scuola, Grifondoro (che Fred aveva elogiato con ardore), Tassorosso (reputato scherzosamente da entrambi i cugini il Covo degli Sfigati), Corvonero (che Victoire aveva definito l'unica Casa dove stava qualcuno con la testa a posto) e Sepeverde (al cui nome Fred aveva inveito contro la Progenie di Satana che vi apparteneva, venendo rimproverato da Victoire con un'occhiataccia).

Fred gli sembrava molto simpatico, con i suoi capelli fiamma (come i suoi!) e i ridenti occhi azzurri, e gli sembrava il tipico ragazzo geniale negli scherzi e magnifico nello sport, incurante delle regole e amante del casino. Propio come Karl, di cui appunto aveva parlato prima con il rosso.

Victoire gli dava tanto l'impressione di essere una principessina snob, ma aveva capito dal modo in cui discuteva animatamente con il cugino che doveva essere piuttosto simpatica dopo un'iniziale diffidenza, e aveva notato una vena di tristezza nei suoi occhi turchesi.

Al momento di scendere dall'Espresso, Fred gli battè una pacca sulla spalla -Spero che sarai a Grifondoro, amico- gli disse allontanandosi verso alcune carrozze.

Mortimer si avviò con i bambini del primo anno e salì su delle barchette con le quali sarebbero arrivati ad Hogwarts mentre ripensava ai due Weasley.

Devono avere qualcosa a che fare con me... Altrimenti perchè Victoire avrebbe detto di avermi già visto? E perchè, se no, io e Fred avremmo gli stessi capelli? Devono conoscere mio padre... Forse, finalmente... No, Mor, non puoi permetterti di cadere nel baratro dell'illusione: tuo padre ha lasciato te e tua madre, tuo padre era solo uno stronzo egoista che non ti voleva. Lui ti odiava, forse ti odia ancora. Mortimer, tuo padre ti odia.

Ma i suoi cupi pensieri furono interrotti dalla vista di Hogwarts: il castello era magnifico, nel mezzo di un anello di montagne arroccato ed arrampicato sopra un'enorme scogliera di fronte a quel lago che Anne Marie gli aveva indicato come il Lago Nero.

Scendendo dalla barchetta, alzò gli occhi meravigliato verso il castello stile gotico/romanico dalle grandi arcate e vetrate, costituito da fabbricati alti e svettanti contornati da torri e torrette. Era diviso in due zone collegate tra di loro da sottili ponti e sopra il portone stava un grande stemma con un grifone rampante, un tasso, un corvo e un serpente e con il motto della scuola, 'Draco dormiens numquam titillandus', inscritto.

Con gli altri emozionati primini, sentendosi un po' a disagio (insomma avevano tutti undici anni!) entrò nel Salone d'Ingresso, una grandissima stanza illuminata da torce dalla quale partivano rampe di scaloni in marmo e si trovavano quattro clessidre segnapunti ancora vuote, e mentre seguiva i ragazzini, Mortimer notò le porte socchiuse della Sala Grande, dove scorse già un gran trambusto.

Aspettarono in una stanzetta, e lì il ragazzo notò un'altra testa rossa appartenente questa volta ad una ragazzina, tale Ninfadora Weasley.

Forse lei...

Poi, un professore che si presentò loro come Neville Paciock, Vicepreside, docente di Erbologia e Direttore di Grifondoro, li scortò fino in Sala Grande, dove sarebbero stati smistati.

Mortimer si sentiva in imbarazzo in mezzo a tutti quei bambinetti di undici anni.

Quando lo Smistamento iniziò, il professor Paciock lesse ad alta voce i nomi dei ragazzi, spuntandoli uno ad uno dalla pergamena, e quando arrivò a “Light Mortimer!”, il rosso si diresse con aria piuttosto sicura allo sgabello sul quale era posato un logoro cappello.



NdA:

Ciao a tutti!
So bene che non dovrei iniziare una nuova storia dato che sono mesi che non aggiorno quelle vecchie, in ogni caso ormai è fatta e, se siete riusciti ad arrivare fin qui, vi imploro: lasciatemi una recensioncina, anche per dirmi 'fai davvero schifo' o 'ritirati'. Vi supplico...
Ad ogni modo, il prossimo capitolo (se ci sarà, dipende da voi) parlerà di Roxanne, mentre in questa prima parte ho introdotto il misterioso personaggio di Mortimer Percival Light, giovane figlio di Penelope che di secondo nome fa quel che fa... Avrete di certo già capito, non è così? Comunque, spero di aver reso abbastanza il senso di abbandono profondamente radicato nell'animo di Mortimer.
A presto, spero,
Alice

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Capitolo 2
*** Roxanne ***


 

Cap. 2:

 

Roxanne

 

 

Lo guardò prendere il Cappello Parlante, posarselo sulla chioma rosso fiammante e ascoltare.

Chi era quel Mortimer Light? Perchè nessuna delle tirapiedi l'aveva informata dell'arrivo di un nuovo studente? E perchè diavolo aveva la stessa sfumatura di capelli dei Weasley? Era forse uno della massa di teste rosse dei suoi parenti?

Con un cenno a una delle ragazze sedute poco distanti da lei, la avvisò che voleva sapere tutto del nuovo arrivato entra la fine della serata, poi tornò a guardarlo mentre il Cappello urlava -GRIFONDORO!- e lui si avviava al tavolo festante.

Cattivo sangue non mente mai...

-Rox, chi è quel rosso?- domandò la voce annoiata di Helena Nott, sua migliore amica.

Lei scosse la testa -No, ma guardalo: Freddie l'ha già inglobato nel suo giro di amichetti- disse con tono freddo giocherellando con il cibo nel suo piatto.

-E' il mio fratellastro- intervenne una ragazzina bionda di circa tredici anni.

Roxanne alzò un sopracciglio, come a dire 'Parla!', e la riconobbe come Anne Marie Flitt, terzo anno, Serpeverde.

-Mortimer frequentava Durmstrang prima che mio padre sposasse sua madre e sinceramente speravo finisse qui a Serpeverde o magari a Corvonero, visto che sua madre apparteneva a quella Casa...- raccontò Anne Marie scuotendo i lunghi capelli biondi.

-Chi è suo padre?- chiese Roxanne, fingendosi disinteressata.

-Non lo so. Non lo sa nemmeno lui a dire la verità- rispose la bionda tornando a mangiare.

E dire che le sembrava di averlo già visto da qualche parte... In ogni caso, lei aveva cose più importanti a cui pensare, come per esempio la festa di quella sera, l'attrazione per quel dongiovanni di Max, fratello della sua migliore amica e quel rompipluffe di suo fratello che non perdeva occasione per duellare con lui.

Oppure il deludente Smistamento dei tre cugini che quell'anno erano giunti ad Hogwarts: James, Dominique e Ninfadora. Tutti e tre Grifondoro.

Insomma ma i Weasley non si decidevano mai a cambiare un po'? Erano tutti rosso oro, tranne sua cugina Victoire, l'unica normale in quella banda di pazzi.

-Rox, vieni? Dobbiamo prepararci- la chiamò Lucretia Greengrass, altra sua migliore amica.

Si alzò sorridendo a Victoire, al tavolo dei Corvonero, e scese nei sotterranei per prepararsi per la festa da lei organizzata.

Qualche ora dopo, al seguito di un party strepitoso, vagava per Hogwarts con le scarpe tacco dodici in mano, un'aria affranta e una sbronza coi fiocchi.

Le parole che il suo gemello Fred le aveva rivolto le pesavano come un mattone.

Sei solo una stronza superficiale, Roxie, non sai pensare ad altro che ai ragazzi e ai vestiti.

Lei era davvero quella sbagliata? Quella superficiale che pensava solo all'esteriorità?

Non voglio che a scuola si dica che mia sorella è una...

Lei era davvero una puttana? Aveva solo commesso l'errore di baciare Nott, anzi, quasi baciare, perchè le loro labbra non si erano nemmeno sfiorate data l'interruzione di Fred.

Si accasciò al muro, sncora con le scarpe in mano, mentre una sola unica lacrima solitaria le scivolava sul bel volto dalla carnagione olivastra.

Questo non è classificabile come pianto, vero?

Eccola lì, Roxanne, sempre occupata a non cedere, a mostrare al mondo la sua perfetta figura di algida e fredda Regina delle Serpi.

Ma a volte sentiva crollare la maschera, la sentiva cadere, sbriciolarsi, magari sotto il peso di una frase di troppo, di un insignificante dettaglio che stonava con la sua perfezione.

Voleva mostrarsi forte, lei disprezzava i deboli.

Eppure, lei era forse forte in quel momento?

Certo, di solito non si poteva negare che lo fosse, ma ora?

Roxanne era sempre stata una bambina fredda e sarcastica, distaccata e altera.

E le piaceva questo suo essere lei, però a volte si sentiva maledettamente sbagliata.
Ma Roxanne Weasley, al Regina delle Serpi, non poteva essere sbagliata.

Era una persona forte, però in certi momenti aveva bisogno di qualcuno che la sapesse tirar su di morale. Qualcuno che la maggior parte delle volte erano le sue amiche, ma quella sera non aveva nemmeno voglia di stare con loro.

A Serpeverde è facile pensare che il mondo sia esattamente come appare, raffinato, elegante, lussuoso ma a volte è sufficiente una piccola chiave per aprire la porta del lato oscuro, e Roxanne Weasley ora era da sola con sé stessa.

Maschera. La sua maschera.

E' difficile liberarsi di una maschera, non di quelle di Carnevale, certo, sto parlando delle altre, quelle che facciamo fatica a togliere: la maschera che indossiamo a scuola, in casa, a volte, purtroppo, anche con Dio. Ci comportiamo come gli altri si aspettano che ci comportiamo, ci adeguiamo, a volte passivamente, al giudizio altrui.

Chi era lei?

Chi sono?

Aveva avuto tante maschere in vita sua...

In passato aveva tentato di togliersi la prima, la maschera Weasley, quella seconda pelle che le era stata cucita addosso senza tener conto della sua personalità. L'aveva tolta... Non sfilandola, no, sarebbe stato impossibile, ma in un modo molto più ingegnoso.

Aveva dipinto un'altra maschera sopra la sua, creandosi come voleva, come si desiderava.

E si sentiva bene, il più delle volte.

Ma poi arrivavano le crisi, solitamente assopite con l'acquisto di nuovi abiti o con una festa degna di tale nome, però nemmeno così era perfetta, e allora via! Nuova maschera, nuovo disegno. Quadro sopra quadro.

Tentando disperatamente di copiare come meglio poteva la sue faccia, aveva dato il via ad un'altra persona.

Ora, quella maschera le stringeva, la soffocava.
Non posso cambiare quella che appaio, non ancora. Devo ritornare me. La me che amavo, quella che ho esiliato per paura del giudizio degli altri.
Era pronta per camminare a testa alta, il viso libero di respirare?

Sì.
Era pronta per affrontare il mondo senza difese? Sola con sé stessa?

Sì.
La maschera faceva male, era scomoda e non le si addiceva, ma era la sua maschera, era sua, la proteggeva e la teneva al sicuro.
Poteva andare in giro senza maschera?

Forse.

Tutti nascono a viso libero, ma nessuno esce dall'ospedale senza la sua maschera.

I dottori accerchiano la partoriente, e quando il bambino esce, uno di loro corre a tagliare il cordone, un'altro gli libera le vie polmonari con uno schiaffo secco, e mentre il lattante sputa liquido amniotico, ingoiando aria ed iniziando a strillare a pieni polmoni, un terzo non visto e non notato ma da sempre lì, da sempre presente in attesa, si avvicina a coprire quel viso contorto dallo sforzo con la sua maschera.
Ecco come succede.
Non lo ricordava, era troppo piccola, ma ormai sapeva che ogni bambino ha già una maschera prima ancora di accorgersene. Quando si è piccoli la maschera è larga e comoda, non se ne conosce lo scopo, è troppo presto per capire.
La rivelazione arriva più tardi, crescendo, quando la maschera inizia a farsi stretta e col passare degli anni qualcuno riesce a sfilare la sua, spesso senza nemmeno accorgersene, senza sapere quello che fa, ma gli altri bambini inconsapevoli e gli adulti che invece sanno fin troppo corrono a rimettergliela (la sua Maschera Weasley...), punendolo e schernendolo per la grave colpa, per aver infranto la tacita regola, il tabù da tutti inconsciamente conosciuto che si insinua lento, in segreto, come un cancro, finché non mette radici; ma quando te ne accorgi è troppo tardi.
Un veleno chiamato pregiudizio, che tutti imparano a sputarsi addosso come cobra, usando le maschere per proteggersi.

E lei ora la voleva togliere.

Sarebbe stato come essere nuda.

Respirare per la prima volta.

Rinascere.

Poteva?

Sì.

Sicura?

No.

Con una singola frase, incerta, che cominciava con un forse.

Forse lei era sbagliata.

Quello era stato l'unico attimo in cui il suo vero viso si era svelato, ma poi il veleno aveva colpito, fulmineo, crudele, senza scampo.

Era debole?
Aveva odiato la Maschera Weasley.
L'aveva odiata, con un odio profondo e viscerale, e con una rabbia che ribolliva nel sangue e la faceva ringhiare ed urlare in silenzio. Beh, ok, ammettiamolo: non proprio in silenzio...
Ora odiava la sua.

Poteva levarla?

Forse.

Sicura?

No.

L'aveva tenuta addosso talmente tanti anni da non ricordarsi più chi era.

Era logico che la sua famiglia non la volesse.

-Ehi, Principessa- una voce la chiamò, ma lei sembrò non udirla.

-Cos'è successo?-

Roxanne posò la testa sulla sua spalla, una seconda lacrima a rigarle il volto, a uscirle dagli occhi azzurrissimi.

-Vuoi che uccida tuo fratello?-

Perchè lui la capiva?

Lui la capiva per chi era davvero, non per la maschera.

E non aveva paura.

Forse lei non era così orribile.

Forse poteva essere sé stessa.

-Max...- mormorò aggrappandosi a lui, come un uomo che sta per annegare tenta di aggrapparsi ad una roccia.

E pianse come poche volte le era accaduto in sedici lunghi anni.

Ora poteva togliere la maschera?

Sì.

Dopo una notte di lacrime, scese a colazione con un sorriso: si sentiva leggera.



NdA:

Ciao a tutti!
Lo scorso capitolo non ha auto molto successo, ma ho deciso comunque di pubblicare quest'altro per vedere se magari va un po' meglio.
Come avrete notato, ho diciamo aumentato i membri della famiglia Weasley (che vedremo meglio in seguito) aggiungendovi Ninfadora e Arthur Weasley (figli di Charlie, per intenderci).
Spero che questo capitolo piaccia, anche se personalmente non lo trovo un granchè. Nelle mie scorse ff avevo reso Roxanne troppo senza cuore, ma qui, pur non distruggendo il suo carattere e il suo personaggio, ho voluto interare il suo carattere con qualche debolezza.
Roxanne si mostra forte per non demolire la sua reputazione e la sua immagine, ma in verità vuole solo essere capita, e Nott in quel momento è l'unico in grado di farlo.
Ad ogni modo, credo (ma non ne sono certa) che scriverò il prossimo capitolo ponendo come protagonista Victoire, oppure Dominique.
A presto, spero,
Alice

 

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