La Sveglia, La Pelliccia,
Il Fiocco
Quando
la sveglia suonò, Isis si alzò a sedere sul letto,
gli occhi ancora chiusi. Ogni notte, prima di addormentarsi, posizionava
quel maledetto oggetto sul cuscino al suo fianco, perché se fosse stato anche
poco più lontano lei non sarebbe riuscita a sentirne il rumore e avrebbe
continuato a dormire beata. Mugugnando qualcosa d’incomprensibile, che
probabilmente nel suo pensiero equivaleva ad uno dei peggiori insulti
possibili, senza neanche voltarsi allungò la mano, afferrò la sveglia e con un
gesto secco la scaraventò contro la parete di fronte, facendola disintegrare in
mille pezzi. Il rompi-sveglia
era un gesto ormai divenuto quotidiano, e inaugurato il primo anno trascorso ad Hogwarts: le permetteva di scaricare la rabbia per essere
stata svegliata dai suoi dolci sogni, e trascorrere poi una giornata allegra e
solare.
Le poche volte che non aveva
avuto una sveglia da rompere erano perfettamente
memorizzate nelle menti dei suoi ex compagni di studi….
Già, proprio ex
compagni.
Ex
Ex
Ex
Ex
Isis si
guardò intorno, e mano a mano che il suo sguardo si poggiava sui particolari
della sua nuova stanza il peso dell’angoscia che aveva addosso aumentava.
Il padre l’aveva trascinata nella
Scuola di Magia di Durmstrang, in Romania, poche ore
prima, ancora arrabbiato per ciò che lei si era lasciata sfuggire. Il viaggio
era stato veloce grazie alla smaterializzazione (anche se per via della grande lontananza si era ritrovata
con un iniziale nausea) e non appena aveva messo piede nella grande struttura
un brutto signorotto tutto ricoperto di pellicce, con la carnagione grigiastra
e il naso adunco l’aveva spedita senza tanti complimenti nelle sue stanze,
indicatele da un’orribile creatura dallo sguardo cattivo più simile ad uno
zombie malandato che ad un elfo domestico. Non appena l’aveva visto aveva avuto
la certezza che prima o poi, un bel giorno, lo avrebbe
riempito di botte: aveva un nome assurdo, e tutto in lui pareva dire ‘Odiatemi, odiatemi!”.
Probabilmente anche il padre
doveva avere la stessa sensazione… quando però guardava lei. Ricordava molto
bene come, prima di andarsene, si fosse voltata e
l’avesse salutato, e lui non avesse risposto, indirizzando altrove stizzito la
faccia e seguendo il Preside che gli mostrava la scuola e chiariva con lui i
punti del Piano dell’Offerta Formativa.
Quel pensiero le fece corrucciare
la fronte, e con un triste sbuffo sprofondò di nuovo fra le lenzuola.
Si era davvero cacciata in un bel
casino…. E poi odiava quel posto! Così tetro, così
grigio, così morto. La sua stanza pareva una caverna, con un gigantesco armadio
in legno scuro e un baldacchino dello stesso materiale
ricoperto da lenzuola di seta nera e un enorme, davvero gigantesca, coperta
imbottita di pelliccia grigia. Non osava immaginare quale strano animale avessero dovuto spellare per arrivare ad avere un oggetto
del genere… bleah!
Lì non c’erano colori, non
c’erano comodità, non c’erano pupazzi. Come si poteva vivere in un posto del
genere? E addirittura le finestre non erano grandi come quelle di Hogwarts, ma monofore goticheggianti
da cui a malapena entrava uno spiraglio di luce. Si poteva già da ora scordare
le sue scorrazzate notturne a cavallo della scopa….
Incrociò le braccia al petto,
guardandosi attorno minacciosamente, come se intimidire i muri potesse
arrecarle qualche vantaggio. Per protesta quel giorno non si sarebbe alzata e
non sarebbe andata a lezione.
Toc
toc
Fece crollare la testa
all’indietro, allibita.
Come, a quei Durmistringhi
del C***o non bastava solo rovinarle la vita imprigionandola in
un posto del genere, ora dovevano perfino venirle a rompere le scatole dopo che
aveva deciso che avrebbe fatto sciopero? Roba da pazzi! A
meno che non si fosse trattato di un bel pezzo di… rumeno a torso nudo
che veniva a portarle una bella colazione hawaiana a letto, avrebbe ammazzato
di botte il malcapitato scocciatore.
Con sguardo torvo scese dal
letto, e non appena i suoi piedi toccarono terra rabbrividì subito per il
terribile gelo: fuori dalle coperte il freddo pungeva
come spilli, e il pavimento pareva fatto di puro ghiaccio. Dannazione
a lei che si era lasciata smaterializzare scalza e aveva lasciato le pantofole
e la vestaglia nelle valigie.
Toc
toc
“Sì, arrivo!” Sbottò seccata,
zampettando fino alla piccola porta nera, molto simile a quella delle celle
delle monache di clausura babbane.
Si chiese subito se fosse stato il padre a pretendere che le fosse data una
camera del genere, oppure se in quella scuola fossero tutte così….
Arrivata
davanti al battente, con uno strattone tentò di aprirlo, ma invano: era più
pesante del piombo.
Dopo cinque minuti di sforzi
tremendi, però, riuscì ad allargare uno spiraglio, da cui fece spuntare fuori
la testa per vedere chi la scocciava a quell’ora e, eventualmente, porre in
pratica le più sadiche tortura cinesi cristallizzate nella sua memoria.
Un depravato sorriso le apparve immediatamente
in volto quando riconobbe la persona che aveva
davanti: Erik Nott, il
figlio dell’amico del padre.
Si poteva dire
che, praticamente, con lui ci fosse cresciuto. Le loro famiglie si riunivano
per ogni festa, e non passavano mai un’estate l’una senza l’altra. Per Isis quei periodi erano una vera pacchia, dato che poteva
mettere in pratica sui due eredi Nott
tutte le idee più maligne della sua perversa mente.
Non sopportava né Erik, né sua sorella maggiore, Sandra. Mentre
però quest’ultima subiva le sue attenzioni senza poterle ricambiare, il figlio
minore poteva essere definito perfettamente come la sua controparte maschile.
Si azzuffavano nelle maniere più tremende, e non erano state poche le volte che
i familiari li avevano dovuti trascinare in ospedale.
Erik
era un bel ragazzo molto alto, non magro e dinoccolato come il padre (o come
l’orribile sorella) ma con una bella corporatura formosa, ereditata senza
dubbio dai geni materni. Aveva capelli biondi come l’oro, e grandi occhi neri,
che spiccavano in un viso perfetto da statua greca.
Un vero
splendore, certo, che aveva con le ragazze lo stesso successo che Isis aveva con i ragazzi. Tuttavia,
sarà per la troppa somiglianza, i due giovani non si sopportavano.
“Non ci credo, Erik Nott! Ma
che gran piacere ritrovare te, qui, ora!”
Disse la mora, infilando di nuovo la testa dentro e tentando di aprire con
tutte le sue forze quel maledetto battente per potergli liberamente saltare
addosso.
Erik, da fuori, sogghignò, deciso a darle un aiutino. Con un brusco e forte
calcio fece improvvisamente spalancare la porta, facendo
catapultare Isis a metri di distanza.
“Buongiorno, Malfoy!” Disse poi,
entrando con passo superbo nella stanza e fissandola dall’alto con onnipotenza.
La povera disgraziata, che non
perse tempo ad asciugarsi il labbro sporco di sangue per via del violento
colpo, si arrabbiò come non mai. “Vaffanculo Nott.”
Lui sorrise sprezzante a quella
reazione, e continuò. “Tuo padre mi ha lasciato un messaggio dicendomi di
badare a te e di non permetterti di farti fare
cazzate. E, naturalmente, per fare questo ho mano
libera!”
“Ma
davvero? Oh, allora penso che mio padre sarà costretto a riscrivermi ad Hogwarts molto, molto in fretta!” Disse Isis, alzandosi e dandosi una sistemata.
“Perché?”
Chiese lui, aggrottando le sopracciglia.
“Perché
ho tutte le intenzioni di farmi espellere!” E, così dicendo, gli saltò
letteralmente addosso, cingendogli il busto con le gambe e tirandogli indietro
la testa prendendolo per i capelli alle tempie. Erik si
maledisse mentalmente per essersi avvicinato troppo e aver abbassato la
guardia: una come Malfoy non si metteva fuorigioco
facilmente. Tuttavia, non poté fare nulla per reprimere l’urlo di dolore che,
spontaneo, fuoriuscì dalla sua bocca non appena la presa di
lei sui suoi capelli si fece ancor più violenta.
“MOLLAMI!”
Gridò, trattenendo a stento le lacrime.
“Solo quando avrò finito di
staccarti la testa!” Replicò lei, con il sangue che riprendeva a fuoriuscire
dal labbro inferiore, gonfio e viola.
Lui provò a spingerla via, ma più
tentava di allontanarla più lei stringeva e tirava. Alla fine, con un gesto
disperato, si diresse verso il muro e lì le fece sbattere violentemente la
schiena, cosa che la costrinse a mollare la presa il tanto necessario perché
lui potesse allontanarsi da lei.
Si guardarono in cagnesco,
entrambi rossi in volto e col fiatone, lei seduta a terra e lui in piedi
davanti.
“Dimmi
un solo motivo per cui non dovrei prenderti la faccia a calci!” Esclamò lui,
inviperito.
Un ghigno sadico comparve nel
volto della ragazza. “Non ne conosco.”
Non appena finì la frase, il
piede del ragazzo partì con ferocia nella sua direzione, ma lei riuscì a
bloccarlo e a tirarlo giù facendolo cadere. Fece per rimettersi in piedi (con
tutta l’intenzione di prenderlo a sua volta a calci), ma
lui la trattenne tirandola brutalmente per i capelli e finendo per farla
sdraiare al suo fianco. Vedendo che tuttavia stava per rialzarsi e reagire malamente, le si buttò sopra con tutto il peso del suo
corpo, incollandola al pavimento.
La guardò, gli occhi blu dilatati
dalla rabbia, le labbra rosse e gonfie bagnate dal sangue, i capelli sparsi sul
pavimento come una corona nera. Aveva sempre trovato incredibile la capacità di
quella ragazza di ispirargli perfidia e perversità, a tutti i livelli… Bella e
selvaggia, un vero bottino da conquistare. “E ora… dimmi perché non dovrei violentarti,
qui, su questo pavimento.”
Lei gli sputò deliberatamente in
faccia, costringendolo a voltarsi di scatto. “Perché ti mancano gli attributi
per farlo, stronzo.”
Lui ridacchiò. “E’ incredibile
come, nonostante tu sia letteralmente a terra, non perda
mai il brutto viziaccio di parlare troppo.”
“Levati di dosso, verme!”
Protestò lei, cercando invano di spostarlo da sopra se.
“Perché
mai? Mi piace tanto averti sotto…” Continuò
imperterrito lui.
“Che c’è, i tuoi cari compagnetti di Durmstrang non ti
concedono il loro tonico didietro e per questo tu ti abbassi addirittura a
molestare me?!”
“Io non sono gay!”
Replicò Erik, colpito nel profondo: le insinuazioni
che quella stregaccia malefica faceva ogni volta sulla sua virilità lo
riempivano immensamente di sdegno.
“Sì che lo sei! Stai in una
scuola di soli maschi, e hai preferito addirittura rimanere a stare con tua
madre piuttosto che andare con tuo padre! Che c’è, non
puoi vivere senza i suoi consigli sul trucco?! Sei gay!”
Il viso di lui
si corrucciò, e i suoi occhi la trapassarono come lame d’acciaio. “E tu, come
mai sei qua? Tuo padre si è accorto che ad Hogwarts non fai altro che spacciare canne e fare la
troia? Immagino non gli debba essere piaciuto molto
l’ultimo colloquio con la McGranitt!”
“Per tua informazione la media dei
miei voti è la più alta di tutta la mia scuola!”
“Peccato solo che abbia qualche
pecca di troppo per quanto riguarda la Condotta!”
“Vai a farti fottere, Nott!”
“Dopo te,
Malfoy.” Rispose lui, spostandosi e alzandosi in piedi.
Rimasero a fissarsi a lungo negli
occhi, in silenzio, fino a che una strana luce non illuminò i loro volti.
Era il segnale che sanciva la
tregua.
Erik
allungò una mano nella direzione di Isis, sorridendole divertito. “Benvenuta a Durmstrang!”
La ragazza scosse la testa,
accettando l’aiuto e rimettendosi in piedi. “Grazie.”
“Avrai una vita
dura qui, non ti mollerò per un solo istante. Dormo perfino nella stanza
qui accanto!”
“Buono a sapersi, non dovrò
neanche fare tanta strada quando avrò intenzione di
soffocarti con un cuscino nel sonno! Ora andiamo a colazione?”
“Beh… prima ti dovresti vestire!”
Ridacchiò lui, indicandole il pigiama giallo che indossava. Lei si guardò,
grattandosi poi la testa divertita.
“Forse sarebbe il caso!” Disse,
spostando lo sguardo per vedere dove potesse essere la
divisa: sicuramente gliel’avevano fatta recapitare mentre dormiva.
Ed infatti,
in una sedia vicino al gigantesco armadio, scorse un’enorme scatola grigia. Si
avvicinò lentamente, non osando neanche immaginare come potesse essere la sua
nuova uniforme, e quando le fu davanti la aprì con un
gesto veloce.
I suoi occhi si spalancarono,
sbalorditi. “Ma è un vestito!”
Esclamò, prendendo la veste per le maniche e tirandola su. Erik
le si avvicinò, osservando con sguardo critico ciò che
aveva davanti.
L’abito era totalmente nero, con
un corpetto a collo alto decorato con fili di seta e una lunga gonna a ruota
che arrivava fino a terra. Insieme, nella scatola si trovavano anche una
pelliccia da collo e un paio di stivali coi lacci.
Tutto rigorosamente grigio.
“Oh mamma, sembrerò una suora
davvero!” Esclamò lei, sull’orlo del pianto.
“Se
fosse più scollato, qui moriresti dal freddo. Fuori dalle
stanze il gelo dilaga.”
“Davvero?”
“Puoi scommetterci! E poi, non è male. Senza contare che il corpetto ha le stecche,
e se non vuoi rischiare di morire soffocata dovrai per
forza stare buona!”
“Ah ah ah, molto divertente Nott.
Me lo spieghi intanto come faccio ad andare in scopa con un obbrobrio del
genere?”
“Non ci vai.”
“Non dire sciocchezze!”
“Qui le donne non hanno tutta la
libertà che possiedono ad Hogwarts, Isis.” Disse lui, fissandola seriamente. “Sta ben attenta a
come ti comporti. E ricordarti che c’è un regolamento
molto severo da seguire, chi non lo fa finisce male.
La violenza qui è accettata, come
da voi è accettata la libertà di scelta.”
“Cretinate!” Esclamò quella,
fissandolo astiosa. Ma quando si accorse che lui non
scherzava, si trovò a deglutire amaramente.
“Forse
avrò bisogno di te… perlomeno fino a quando
non mi sarà abituata al nuovo ambiente.”
“Lo credo anch’io.”
“Senti, ma mi spieghi
di cosa sono questi peli? Cioè… che schifo, tutto il
castello ne è pieno!” Sbottò subito dopo Isis,
scordandosi in pochi istanti della serietà dei precedenti discorsi.
Il ragazzo rise. “Li usano tutti
i maghi, qui in Romania! Proteggono bene dal freddo!”
“E da dove se li tolgono fuori?!”
“Dai maiali!”
“Dai maiali?!”
“Ovviamente!”
“Ma i
maiali non hanno i peli!”
“Beh… non ne hanno sulle zone
in vista…”
A quelle
parole, Isis spalancò gli occhi, facendo cadere a terra
la pelliccia che aveva in mano e fissando esterrefatta Erik.
Il quale, ovviamente, dopo aver
resistito per circa cinque minuti, scoppiò a ridere fragorosamente.
“Brutto Cretino!...
Orso!... Mammuth! … Sei solo un
idiota, Nott!” Esclamò quella, diventando
tutta rossa e tirandogli un sonoro calcio negli stinchi, per poi andare a
rinchiudersi in bagno con la sua nuova divisa … sempre accompagnata dalle
risate del ragazzo!
“Wow! E’ la prima volta che
riesco a fartela!” Le gridò, appoggiandosi alla porta
della toilette.
“ED E’
ANCHE L’ULTIMA, CI PUOI CONTARE!” Replicò lei, stizzita, da dentro.
“M’impegnerò affinché non sia
così!”
“Oggi ce l’hai
fatta solo perché sono ancora sconvolta dagli ultimi avvenimenti! Cioè, non so se mi spiego, ieri notte mio padre mi ha detto
che sarei stata trasferita a Durmastrang, e questa
mattina mi ritrovo già qui!”
La porta si aprì di scatto,
provocando una quasi-caduta di Erik che vi era poggiato sopra. Isis
uscì fuori velocemente, avvicinandosi al ragazzo e mettendoglisi
di spalle per invitarlo a chiudere i lacci del corpetto.
“Potresti perlomeno chiedermi per
favore.” Protestò quello, eseguendo il suo lavoro.
“E tu potresti evitare di farmi
soffocare!” Rispose lei, tirandogli una gomitata quando,
stringendo i lacci più del dovuto, quasi le tolse il respiro.
Lui ghignò, lasciando un po’ la
presa. “Perché tuo padre aveva tanta fretta di
spedirti qui?”
“Non lo so. Però ho intenzione di
investigare, questa storia mi puzza di bruciato.”
“Pensi che abbia a che fare con
tua madre?” Chiese lui dopo un attimo di esitazione,
mentre combatteva per riuscire a fare un fiocco decente.
Lei sospirò, massaggiandosi la
tempia. “… Non lo so. Però la mattina, quando sono arrivata a
casa…”
“…sospesa?”
“Qualcosa del genere. Ti dicevo… quando sono arrivata a casa, zio Severus
è giunto lì poco dopo. E si è fermato a parlargli.”
“Pensi che centri qualcosa?”
“Ne sono certa, perché altrimenti
mio padre mi avrebbe avvisato prima. Tu, invece, dalle
tue parti non hai saputo nulla?”
“Come potevo? Ero qui a scuola, e
nessuno mi ha informato di nulla fino a questa mattina, quando mi è arrivata
una lettera da parte di mia madre, una da parte di mio padre e una da parte di
tuo padre.”
“Wow, sei molto ricercato. Che ti dicevano?”
“Mio padre mi ha pregato di non ammazzarti,
tuo padre mi ha gentilmente dato il compito di vegliarti, e… beh, mia madre mi
ha avvisato che per le vacanze di Natale tu verrai a stare con noi, dato che
tuo padre, per evitarti scomodi viaggi, preferisce lasciarti vicino alla
scuola.”
A quella confessione seguì un
silenzio tomba, durante il quale Isis si scostò di
scatto da lui – causando non poche sue imprecazioni dato che era appena
riuscito a trovare un modo decente per fare quel maledettissimo fiocco - e si mise a fissarlo
negli occhi. “Non mi fa ridere.” Disse Isis dopo un
po’, fissandolo biecamente. Erik sorrise appena,
scotendo la testa e voltandosi: quando la giovane Malfoy reagiva così,
significava solo che ciò che le era stato appena detto
non le era piaciuto per niente.
“Neanche a me.”
“Dovrei passare le mie vacanze di
Natale con te?”
“Così sembra.”
“MA SEI PAZZO?!”
“Ah, io non centro nulla, avrei
fatto volentieri a meno della tua presenza. La colpa è di tuo padre!” Disse
lui, facendola voltare con un gesto brusco e riprendendo a farle il fiocco
dell’abito: ormai riuscirci era diventata una sfida personale, ne andava della sua dignità d’uomo.
“Vorrei proprio capire che
diamine gli è successo! Non ha mai fatto pazzie così
grandi!” Continuò a lagnarsi quella.
“Lo scopriremo, tranquilla. Comunque, come ti ho detto già tante volte, secondo me
dobbiamo iniziare ad investigare dal passato. Insomma, tu in fondo che diamine
sai di tua madre, se non che è morta prima che
nascessi? Non hai mai neanche visto una sua foto, e non conosci il suo nome!”
Il viso della ragazza si fece
improvvisamente cupo, e il suo sguardo triste. “Pensi che papà abbia qualcosa
di grave da nascondere? Io non voglio scoprire cose che poi mi porterebbero ad
odiarlo… gli voglio troppo bene....”
“Finiscila con questa storia
Malfoy. Se hai la possibilità di scoprire la verità non
ti devi tirare indietro: di vita ne hai solo una. Devi sapere chi sei, come
viverla e a chi fare riferimento.” Borbottò lui
aggrottando la fronte, mentre l’ennesimo fiocco che aveva fatto si scioglieva
fra le sue mani.
“Uffh…
sì è vero. Però è difficile….”
“Normale che sia difficile… però, alla fine, vedrai che avrai grandi
soddisfazioni.” Asserì sicuro, allontanandosi di un passo e ammirando con un
sorriso pieno d’amore il suo fantastico capolavoro.
“Se lo
dici tu. Al massimo poi, se qualcosa non mi va, ti picchio perché sei tu che mi
hai dato questo consiglio.”
“Ok.
Adesso andiamo a mangiare?” Disse Erik,
avvolgendole un braccio intorno alle spalle e spingendola verso la porta.
“E’ vero, la colazione! Che danno qua di solito?”
“Carne di scimmia e uova di
coccodrillo.”
“Ahah,
molto divertente.”
“Un po’ di tutto, scema. Avrai
un’ampia scelta.”
“Oh beh, allora almeno un lato positivo di questo posto c’é.”