please, don't leave me

di the_rest_of_me
(/viewuser.php?uid=142403)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** solo un messaggio... ***
Capitolo 2: *** le sorprese inaspettate. ***



Capitolo 1
*** solo un messaggio... ***


spero che vi piaccia... è il seguito di un'altra ff "doppia identità", ma comunque potete leggerla come una ff a sè stante, non ci sono collegamenti così stretti da danneggiare o intaccare una lettura scorrevole.

-so che non dovrei scriverti, ma non ce la faccio! Ormai saranno tre mesi che non ci sentiamo, che non chiami e dubito persino di averti mai incontrato! Non so perché tu non mi abbia più cercata, ma se dovessi leggere questo messaggio potresti rispondermi… scusa! Ciao!-
Due settimane dopo. Lei non aveva ancora ricevuto nessuna risposta. Non le andava di cercarlo di nuovo ma non voleva nemmeno tenersi tutto dentro. Aveva cercato di sfogarsi con i suoi genitori, ma non c’era riuscita. Scrivere non la aiutava più, erano troppo le cose da dire e troppo poco efficaci le parole usate. L’unica soluzione sarebbe stata avere lui a consolarla. Ma ricordava benissimo l’ultima frase che le aveva detto: “è stata un’estate bellissima. Adesso, però, l’estate è finita e dobbiamo tornarne alle nostre vite, per cui ognuno per la propria strada!”. In quel momento le era crollato il mondo addosso. Aveva creduto che lui sarebbe stato il suo compagno. Aveva sperato di riuscire a farlo innamorare, ma, evidentemente, nel cuore di Damon non c’era spazio. Lui era un vampiro, faceva la parte di un attore e di certo non aveva tempo o voglia per una ragazza semplice e banale come lei. Dentro di lei si susseguivano una miriade di emozioni differenti. Era troppo orgogliosa per passar sopra a quello che Damon le  aveva detto, ma in quei tre mesi aveva imparato a fidarsi e a confidarsi e adesso non sapeva con chi farlo. Era estenuante tenersi tutto dentro.
Il primo mese era stato terribile. Non riusciva a capacitarsi dell’abbandono. Non lo accettava.
Il secondo mese era andato meglio. Aveva capito che a sbagliare era stata lei ed era andata avanti!
Ma adesso aveva bisogno di lui. Di quello che lui aveva rappresentato per lei: il suo migliore amico, il suo ragazzo, il suo confidente, la spalla su cui piangere, il suo consigliere! Non aveva molti amici e poter parlare con lui le era stato d’aiuto. Nei tre mesi di lontananza erano successe troppe cose, e poche positive. Ormai era arrivata ad un punto di rottura. Doveva sfogarsi con qualcuno, altrimenti sarebbe scoppiata e non era una cosa positiva.
-scusa se ti cerco di nuovo. So perfettamente che non dovrei farlo, ma mi servi. È puro egoismo, una cosa che ho imparato da te (non voglio recriminare). In questi tre mesi sono successe troppe cose e ho bisogno di parlartene. Dall’ultima volta che ci siamo visti sono cambiate un po’ di cose. La scuola è ricominciata e anche lo stress. Certo queste cose non le puoi capire, dopotutto sei un attore di Hollywood, anche se entrambi sappiamo la verità (ripeto non voglio recriminare). Ti avevo parlato delle mie poche amicizie a scuola, ma quest’anno sembrano essersi accentuate. Sono solo due mesi che la scuola è iniziata. Ma, purtroppo, le mie tre amiche, anzi due di loro, hanno dimostrato che stavano vicino a me solo per interesse. Solo perché io passavo i compiti. È stato un duro colpo, ma l’ho superato. Ma non è tutto. C’è quella merda di una professoressa che non la smette di assillarmi: hai fatto questo, non interrompere, non fiatare, non respirare, non vivere… come se non bastasse mia madre crede che io non abbia alcuna intenzione di studiare, sono troppo concentrata su di te, secondo lei. Mio padre la pensa come lei ma non me lo dice. Ieri, però, c’è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Andavo in classe e ho riso con la mia compagna. Di lì passava una ragazza, che non conosco. Anzi, è la fidanzata di quel ragazzo che mi piaciucchiava l’anno scorso. Comunque vedi questa che mi si avvicina e mi dice: “mi stai prendendo per il culo?” io non ho capito che cavolo volesse dire e poi lei ha cominciato a recriminare perché, a detta sua, non faccio altro che provarci con il SUO ragazzo. Il fatto che è suo l’ha sottolineato. In quel momento ho sentito veramente la tua mancanza. In momenti come quello tu sai darmi forza. Ma tu non c’eri. E… quando lei ha insinuato che non c’è una sola anima vivente in questo mondo che possa essere attratta da me avrei voluto darle ragione e dirgli che non un’anima vivente è attratta da me… ma tu si. Purtroppo non ho potuto. Non so perché ti ho scritto questo messaggio, che assomiglia a un poema omerico, e non sono sicura che lo invierò. Ma comunque voglio che sia chiaro che la mia intenzione non era quella di disturbarti o di farti pensare a me… dovevo solo dirlo a qualcuno…-
Chiara aprì il menù e mise il puntatore sul tasto “Elimina”…. Ma alla fine sullo schermo apparve: “Invio 10 messaggi in corso...” aspettò 4 minuti con il cuore in gola: “messaggio inviato”. Beh, ormai il danno era fatto. Adesso non rimaneva che aspettare. Sapeva che non sarebbe successo nulla, ma forse, un po’ nel profondo sperava che lui avrebbe risposto, anche solo per dirle di cancellare il suo numero.




Disclaimer: il personaggio di Damon Salvatore non mi appartiene, ma è della Smith, e di chi ne possiede i diritti.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** le sorprese inaspettate. ***


Los Angeles.
Damon era ancora a letto quando suonò il suo telefono. Lo prese sperando che fosse lei. Si odiava per quella speranza, ma non poteva controllare tutto. Con lei non bastava fingere di spegnere le emozioni. Non aveva mai funzionato. Lei era oltre ogni schema e oltre ogni barriera. Lo aveva colpito in una sola ora e lo aveva fatto innamorare in soli tre mesi. Lui che non credeva più nell’amore. Lui che non aveva più alcuna voglia di soffrire per un ragazza.
Prese il telefono e vide che era un suo messaggio. Non era sicuro di volerlo leggere, ma poi non potette farne a meno. Quando ebbe finito era sicuro di dover fare qualcosa. E così si organizzò.
 
Delia. 8.20 Liceo Classico.
“Chiara, smettila di pensare a quel ragazzo che hai conosciuto quest’estate.” “io non stavo pensando a lui...” “Si, certo! E io sono il fantasma formaggino…” “ecco, solo i fantasmi mancavano… comunque, stavo pensando alla ragazza di Roberto. È venuta da me, ieri. Ha ribadito così tante volte che lui è il suo ragazzo da farmi venire la nausea. Ma quello che mi ha fatto veramente innervosire è che ha insinuato che non c’è un solo ragazzo che mi voglia. Cioè, lei cosa ne sa?” Marta era in imbarazzo. “Beh, Chiara, non è per darle ragione. Ma l’ultimo ragazzo che hai avuto a quando risale? A due anni fa circa, e lei non c’era nemmeno in questa scuola.” “scusami stai dicendo che, solo perché non me ne faccio venti l’anno, non c’è un solo ragazzo che vorrebbe mettersi insieme a me?” Marta si rese conto di essere sembrata superficiale, e forse un po’ lo era… ma: “Non era quello che volevo dire. Cioè, da fuori potrebbe apparire questo. Dopotutto non c’è nemmeno un ragazzo che ti fa la corte. Ad esempio nessuno ti ha mai mandato un mazzo di fiori! E poi tu…” in quel momento entrò in classe l’insegnante. Chiara si sedette e ne approfittò per non rispondere e per non ascoltarla.
Alle 9.00 lei era già persa nel suo mondo. Si risvegliò quando bussarono alla porta.
“Buongiorno, scusate. Dovrei consegnare questi fiori alla signorina Bianchi.” Si alzò “Sono io!” prese i fiori e tornò al suo posto…
Erano giacinti e gerani rosa, gli stessi che Damon gli aveva regalato la sera del loro primo appuntamento.
“Chiara, c’è un biglietto… leggilo!” non se ne era ancora accorta. Lo prese. C’era scritta una sola parola:
                               “Perdonami” 
Non riusciva a capire chi le aveva mandato quel biglietto… vedendo i fiori aveva pensato a Damon, ma perdonami? Non era proprio da lui. Trascorse un’intera ora a torturarsi e a domandarsi chi mai poteva essere così folle da mandarle dei fiori e un biglietto in cui chiedeva perdono. Non riuscì a darsi una risposta. E a moltiplicare tutti i suoi dubbi arrivò un altro mazzo di fiori: narcisi, i fiori che simboleggiano la presunzione. Anche stavolta c’era un messaggio:
                      “Volevo dimostrare che potevo cavarmela da solo. Volevo non innamorarmi. Volevo non soffrire!”
Chiara era sempre più confusa. Il suo cuore le diceva che dietro tutto c’era Damon, ma la mente le suggeriva che non era possibile.
Intanto in albergo. Damon era seduto sul letto in attesa che il tempo passasse e che arrivasse il momento in cui avrebbe potuto rivederla. Non era sicuro che lei volesse avere ancora a che fare con lui, ma non poteva più starle lontano. L’aveva fatto per troppo tempo e non aveva portato nulla di buono. Lui era stato malissimo e, dal messaggio che aveva ricevuto, anche lei. Per quella mattina aveva organizzato una serie d’ingressi floreali in classe. Ogni mazzo di fiori con il proprio significato e con un biglietto, che le dicesse quanto fosse stato stupido. Lo scopo? Ottenere di nuovo la sua fiducia. Non sapeva se ci sarebbe riuscito. Lo sperava.
“Marta, non commentare!” Marta stava ridendo. Erano ormai due ore che arrogava il diritto di averle portato fortuna. “Ma dai! Ho detto che non avevi mai ricevuto un mazzo di fiori e ne ricevi due in una sola mattina.”. anche a lei sembrava strano e non riusciva a darsi una spiegazione, sapeva però che non le erano arrivati due mazzi di fiori perché Marta aveva detto che non ne aveva mai ricevuti. Era una cosa folle!
Quando, durante la terza ora, le arrivò un altro mazzo di fiori non era sorpresa. Era solo curiosa. Di vedere quali fiori aveva scelto questa volta colui che doveva essere perdonato e cosa avesse scritto nel biglietto.
Erano ortensie, che nel linguaggio dei fiori rappresentano l’intenzione di sfuggire, e oleandri, simbolo di diffidenza. Stavolta il biglietto diceva:
                    “Non volevo fidarmi. Ero diffidente. Per questo ti ho allontanato. Per fuggire.”
Chiara continuava a non capire. O meglio, il suo cuore aveva capito ma la sua mente era ostinata e non credeva una cosa del genere possibili.
Decise che non ci avrebbe pensato. Che avrebbe aspettato per vedere cosa sarebbe successo.
La quarta ora fu snervante. Aveva fisica e il professore aveva deciso che doveva essere proprio lei ad essere interrogata. A metà circa dell’interrogazione, quando lei era alla lavagna che illustrava la prima legge di Gay-Lussac [V=V0(1+λΔt); quindi V=(V0/T0) T], entrò nuovamente il ragazzo delle consegne con un altro mazzo di fiori. Erano Non ti scordar di me. Chiara li prese e stava per posarli al banco. Ma il professore, provocatoriamente: “Signorina Bianchi. Oggi le hanno portato quattro mazzi di fiori. Ci sta inebriando con il loro profumo. Almeno ci legga il contenuto del biglietto. Se dobbiamo soffrire almeno lo facciamo con una motivazione!”. Chiara non se lo fece ripetere. Non le importava che tutti avrebbero sentito il contenuto del messaggio. Lei voleva sapere. Voleva leggere. Voleva capire chi fosse colui che gli aveva mandato tutti quei fiori. Prese il biglietto e lesse a voce alta:
“Ma è stato un errore. Allontanandoti non ho fatto altro che far accadere tutto ciò che stavo evitando. Ho sofferto e ho fatto soffrire te. Tu sei impossibile da dimenticare. Ma grazie alla lontananza ho capito:”
“Signorina Bianchi, ma chi è che le scrive simili messaggi d’amore?” “Beh, in realtà professore non ne ho la più pallida idea.” Tutta la classe la guardò esterrefatta. “Ma, Chiara, io non ho capito cosa ha capito lui allontanandoti!”. Lei non ci aveva fatto caso, ma effettivamente il messaggio era incompleto. “credo che dovremmo aspettare la prossima ora!”.
Di fatti l’ora seguente entrò un altro ragazzo con un mazzo di rose rosse. Chiara era agitatissima. Voleva sapere cosa avesse capito il ragazzo misterioso. Prese i fiori e lesse il biglietto. Si sentì invasa da una miriade di emozioni. C’erano scritte solo due parole che, però, la lasciarono senza fiato:
“TI AMO”
Damon, nella sua stanza d’albergo, era quasi sicuro che di lì a dieci minuti Chiara sarebbe uscita da scuola. Prese la rosa che aveva preparato e uscì. Diretto da lei.
Chiara uscì l’ultima, si vergognava un po’ con tutti quei fiori. Aveva aspettato un quarto d’ora e pensava che fuori non ci fosse più nessuno. Invece, erano tutti accalcati davanti il cancello, che osservavano chissà cosa. La cosa positiva, pensò, era che nessuno l’avrebbe notata. Quella negativa che non poteva uscire. C’era un solo cancello ed era praticamente impraticabile. Decise che si sarebbe seduta sulla panchina lì a scuola in attesa che la folla si diradasse. Dopo neanche due minuti si stanca e si catapulta nella folla. Quando crede di aver raggiunto la libertà vede davanti a sé l’ultima persona che si sarebbe mai aspettata.
“Tu?”. Damon si aspettava un’altra reazione. O meglio, sperava in un abbraccio o, comunque, in un’altra accoglienza, diciamo più affettuosa. “Scusami… so che non avrei dovuto presentarmi qui così!” Chiara sembrava scioccata… “Ah, no! Tu non avresti dovuto allontanarmi in quel modo. Tu non avevi alcun diritto di illudermi e poi farmi soffrire. Tu non avevi alcun diritto di cancellarmi dalla tua vita, non potevi farlo. Tu non dovevi pensare di poter ritornare così, dopo tre mesi e diciotto giorni. E non puoi pensare che regalandomi dei fiori tu possa risolvere tutto!” “Lo so! Scusami. Ma io ti amo!”. Solo allora Chiara non poté più trattenersi e gli diede uno schiaffo… Li stavano fissando tutti, ma lei guardava la sua guancia sulla quale era già comparso il segno della sua mano. Abbassò il volto e le lacrime cominciarono ad affacciarsi sugli occhi. “scusa! Non avrei dovuto. È solo che io ci sono stata malissimo e, invece, a te non te ne è importato nulla. Per te io non significavo nulla.”. Damon le prese la accarezzò e le asciugò le lacrime che cominciavano a rigargli il volto. “ti prometto, anzi no! Ti giuro che non ti lascerò più! Per nessun motivo. Mi trasferirò qui, e al diavolo tutto. Io ti amo. E sono stato un idiota, no un coglione, un inetto, un mentecatto… tutto ciò che vuoi. Ma ti prego. Non fare il mio stesso errore. Non allontanarmi.”. Chiara lo guardò negli occhi. Voleva capire se fosse sincero o se stesse mentendo. Ma vide solo gli occhi del ragazzo che amava, così si sollevò sulle punte. Lasciò scivolare i fiori, che si schiantarono al suolo rovinandosi e lo baciò. Lo baciò come voleva fare da troppo tempo. In quel bacio c’era tutta la sua frustrazione. La sua rabbia. Il suo rancore. Il suo risentimento. Il suo nervosismo. Ma soprattutto c’era tutto il suo amore. Un amore illimitato e, fortunatamente, ricambiato.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=836519