Bocca di Rosa

di Angel Black Wings
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CAPITOLO 1 ***
Capitolo 2: *** CAPITOLO 2 ***
Capitolo 3: *** CAPITOLO 3 ***
Capitolo 4: *** CAPITOLO 4 ***
Capitolo 5: *** CAPITOLO 5 ***



Capitolo 1
*** CAPITOLO 1 ***


Mia fece scivolare le dita sui tasti bianco avorio e incominciò a comporre una soave e allegra musica che riempì l'anfiteatro della scuola. Erano le otto e mezza passate e il sole era scomparso dietro le sfumate nuvole di Maggio, la scuola era quasi vuota. Mia aspettava che le amiche finissero di ripulire l'aula d'arte. Sentiva il pianoforte vibrare, le sue mani scivolavano sole da un tasto all'altro, si abbandonava alla musica, chiudeva gli occhi e si faceva trasportare dalla melodia, come un unica cosa.
 -Mia -.
Mia aprì gli occhi e vide una ragazza bionda, alta e mingherlina che la fissava con i suoi piccoli occhi color del cielo, aveva le mani nelle tasche del giubbotto di pelle nera, quel filo di matita le risaltava gli occhi.
 -Isabel scusami, mi ero distratta -.
 -Non ti preoccupare  -sorrise  -Jolie e Vichy ci stanno aspettando fuori -.
Mia chiuse il pianoforte, prese lo zaino buttato a terra e scese dal palco. Isabel era come una sorella per Mia, avrebbe dato l'anima per lei e Isabel nonostante era difficile che si legasse a qualcuno, pur di non vederla stare male avrebbe anche lei dato la vita per l'amica.
Uscirono dalla scuola e sedute su una panchina c'erano altre due ragazze. Quella seduta aveva i capelli ricci che scendevano sulla schiena, di un castano chiaro, i suoi occhi luccicavano al chiarore della luna, erano castani e le sfumature di verde li rendevano ancor più belli. Si era trasferita in America da circa sei anni, la madre era francese e il padre americano. Jolie era la più testarda e la prima nonché unica delle quattro amiche ad aver baciato un ragazzo. Tenerla a bada era un ardua impresa, faceva tutto di testa sua, ma era fedele e considerava le amiche la sua vita. Vichy, invece, stava in piedi, era alta e la sua corporatura robusta risaltava i lineamenti del corpo. Era bella, molto bella, ma sul suo viso si leggevano anni di sofferenza. Aveva incontrato Jolie, Isabel e Mia solo da quasi due anni, le uniche amiche che aveva mai avuto. Per le tre era stata una vera fortuna trovare Vichy, lei le univa e   le completava. Si accarezzava i lunghi capelli neri, con alcune ciocche bionde e guardava Jolie con i suoi grandi e dolci occhi neri. Le ragazze si girarono a guardare Mie e Isabel che si dirigevano verso di loro.
 -Ma come si fa a fare a botte con l'ex ragazzo di Mia?- rideva Jolie, con quell'accento un po' francese.
 -È  stato lui ad incominciare e poi sapete come sono fatta -.
 Isabel guardava la luna ricordando la mattina. Era l'intervallo e le tre amiche erano sedute alla loro panchina come ogni giorno ed era apparso Max. Erano stati insieme quando lei era ancora un'adolescente ingenua e stupida, ma lui l'aveva mollata perché lei non aveva voluto baciarlo. Con presunzione e sfacciataggine si divertiva a sverginare le ragazzine del primo anno. Quella mattina era passato davanti a loro.
 -Guarda un po' le verginelle  -non lo sopportava nessuno.
-Sparisci Max -Isabel era la tipica ragazza a doppia faccia.
Quando tutti la guardavano vedevano nei suoi occhi e nel suo viso angelico, una bontà e un cuore enorme, la tipica ragazza che sfama i bambini poveri e cura gli anziani. Ma chi meglio di Mia conosceva Isabel. Lei era la prima a fare a pugni in una rissa, la prima a incendiare una macchina o rompere il vetro di una  casa. E fu così che prima di aprire bocca Max si ritrovò steso a terra con Isabel sopra di lui che gli tirava schiaffi e calci.
La professoressa Merlou, una stronza, l'aveva presa, portata dal preside e costretta a rimanere fino alle otto e mezza di sera a pulire l'aula di arte.
-Ragazze dai, adesso basta. Andiamo a casa si è fatto buio -Vichy sapeva sempre come regolarizzare la situazione.
-Mia non hai aperto bocca, è successo qualcosa?-.
-No scusami Vi e che non mi sento tanto bene, avrò preso un po' troppo freddo-
-Ragazze andiamo dai, mia madre si arrabbierà un casino con me-
-Scusami Jolie, ma non è una novità. Se solo ne avreste la possibilità tu e tua madre fareste a botte in un ring -sorrise Isabel.
Mia ascoltava le sue amiche ridere e scherzare. Era da un po' di giorni che non si sentiva bene e l'unica cosa che desiderava era tornare a casa e buttarsi sul letto.
Era cresciuta in America con la madre Mary, la sua complice nella vita e suo padre Johan, che lavorava a quindici chilometri dalla loro città come ingegnere  in un'azienda. Mia era cresciuta sola con la madre, a tre anni aveva insistito per studiare pianoforte ed era diventata la sua passione più grande. Non aveva mai avuto interessi per i ragazzi, si era messa con Max solo perché lui insisteva. Amava le sue amiche e sua madre, erano le uniche cose che le interessavano veramente.
Isabel era stata la prima a conoscere Mia, l'aveva trasformata in una teppista, le faceva da sorella maggiore e le impediva di compiere sbagli ed errori irrimediabili. Avevano passato la vita a vagare per le colline e sognare il futuro. Si divertivano a litigare, anche se molto spesso finiva con vari lividi sul corpo ed emicrania. Jolie era stata la prima ad entrare nella loro amicizia. Adesso era lei la più piccola da proteggere, visto che il suo cuore era stato spezzato varie volte da vari ragazzi. Era bella e tutti i ragazzi le andavano dietro, ma chissà perché, lei sceglieva sempre quelli sbagliati ed ogni volto Mia e Isabel erano li a porgerle il fazzoletto e asciugarle la matita sbavata dalle lacrime.  Vichy era stata l'ultima. Lei era la più incasinata delle tre. Aveva alle spalle un passato oscuro, e viveva con la paura di una delusione dalle uniche vere amiche che aveva mai avuto. Le ragazze l'avevano accolta fra di loro, le volevano bene e questo bastava ad unirle.
Non erano un gruppo, non piaceva etichettarsi, erano solo semplici amiche. Nessuno le capiva, le consideravano strane, ognuna con una storia diversa, ed era proprio queste che li univa così intensamente.
Le quattro amiche abitavano più o meno tutte vicine. Jolie aprì la porta di casa e si accorse che i genitori non erano ancora rientrati. Viveva in un appartamento abbastanza grande per tre. Un salone con una televisione ad alta tecnologia, unita alla cucina a bar e le due camere da letto, quella di Jolie e quella dei genitori con due grandi bagni. Odiava stare sola in quell'oscura e buia casa, e spesso dormiva dalle amiche. Vichy salutò Mia e Isabel ed aprì il portone, viveva in una piccola villetta collegata ad un palazzo. Era piccola e accogliente. Isabel e Mia invece vivevano in due ville comunicanti a due piani.
-Ma che hai? Sei così silenziosa oggi-. Erano sedute sulla loro panchina, quella che le aveva viste crescere, piangere e litigarsi.
-Non mi sento bene, mi sa' che mi sta venendo la febbre-.
-Allora entriamo. Qui fuori fa freddo Mia non voglio che ti ammali -la guardava, chi meglio di lei la conosceva. Sapeva che c'era qualcosa che non andava. -C'è qualcosa che mi devi dire?-
-Oggi i miei genitori hanno litigato per l'ennesima volta. Isabel non so' che fare ormai, sto male a vederli così-
-Mia ci hai parlato?-
-Per digli cosa Isabel? Che odio vederli fare così?-
-Mia devi parlargli, sei loro figlia, non puoi fare così. Adesso tu vai a casa e vai a parlare con tua madre e non voglio sentire né ma e né se-.
Con Isabel non si poteva discutere, quello che diceva dovevi fare, così Mia la salutò ed aprì la porta di casa.
 
Il salone era ampio e illuminato e la madre di Mia era seduta a guardare la televisione.
-Mamma sono tornata, dov'è papà?-
-Tesoro finalmente, tuo padre è andato a prendere la pizza-
-Senti mamma ho bisogno di parlarti -si girò a guardare Mia con i suoi  occhietti neri, come quando era piccola.
-Dimmi tesoro, dimmi tutto. Mi sembri turbata. È successo qualcosa?-
-Tu e papà state per divorziare?-. La madre cambiò espressione
-Mia ma come ti salta in mente, ma certo che no. Io e tuo padre litighiamo ovvio, ma ci amiamo e poi è normale che litighiamo siamo sposati ed esseri umani. Dai tesoro vai a letto - le baciò la fronte e Mia consolata di quelle parole si sdraiò e si addormentò.

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Capitolo 2
*** CAPITOLO 2 ***


La scuola era affollata, tutti i ragazzi guardavano un volantino appeso sulla bacheca del corridoio.

-Ma che cos'è tutto questo casino? -Mia cercava di trovare le sue amiche che erano state sommerse dalla folla di gente.

Isabel apparve alle sue spalle.

-Ginevra ha organizzato un festa domani sera a casa sua e a tutti sta andando il sangue al cervello-.

Ginevra era la bionda rifatta della scuola, tutti non la sopportavano, ma tutti amavano le sue feste. Era stra maledettamente ricca, andava a letto con tutti i ragazzi della scuola, ma il suo preferito era Max, infatti stavano sempre a baciarsi e a palparsi ogni parte del corpo anche d'avanti ai professori che li guardavano schifati e abiliti di tanta gioventù bruciata.

Jolie e Vichy arrivarono verso le amiche con quattro biglietti viola e rosa chiaro.

-Ragazze guardate un po' cosa mi ha dato quella strega di Ginevra - disse Vichy sventolando i quattro inviti.

-Ci andiamo? -Mia non amava queste feste, ma la tentazione era grande

-Io credo che dovremmo andare, infondo ci ha invitate-

-Vichy ha ragione dovremmo proprio andare, infondo è solo una festa. Isabel tu vieni?-

-Sapete benissimo che non mi piacciono queste cose e poi mi annoierei a morte-

-Sai ho visto Ginevra dare un invito a Patrick -la stuzzicò Jolie.

Patrick era l'asociale della scuola. Si era trasferito da chissà quale posto dell'Europa e se ne stava sempre solo a guardare il cielo. La sua pelle era sempre pallida e i capelli nero corvino risaltavano gli occhi di ghiaccio. Vestiva quasi sempre di nero e non parlava mai. Isabel ne era pazzamente innamorata dal primo istante che l'aveva visto. Aveva detto a Mia che quando i suoi occhi l'avevano fissata, il suo cuore aveva incominciato a battere, eccessivamente, senza mai fermarsi, ed era lì che si era accorta di amarlo. Aveva cercato varie volte di parlarlo, ma la voce le si bloccava e la bocca si serrava, il cuore incominciava ad accelerare e lei tremava. Una cosa che Isabel non sapeva e che non avrebbe mai immaginata e che Patrick era follemente innamorato di lei, ma non riusciva a parlarle perché qualcosa lo bloccava ed aveva paura che il suo terribile passato potesse ripresentarsi.

Isabel guardava il ragazzo seduto sotto il ciliegio in fiore che leggeva un libro.

-Perché non vai a chiedergli se sabato verrà alla festa? -Mia guardava gli occhi dell'amica luccicare.

-Non ho il coraggio, sai che mi blocco-

-Vuoi che ci penso io?-

-Lo faresti davvero? -si girò verso l'amica con speranza.

-Per mia sorella questo ed altro-.

Mia aveva coraggio, le sue amica la invidiavano per il suo carattere forte. Si diresse verso Patrick e lo guardò leggere, finché lui non alzò lo sguardo accorgendosi di lei.

-Patrick?-

-Si?-

-Scusami se ti disturbo, ma io e la mia amica stiamo facendo un sondaggio per cercare di capire chi andrà alla festa di Ginevra. Tu ci andrai?-

-Credo proprio di si!-

-Grazie mille dell'informazione-.

Isabel saltò di gioia alla notizia dell'amica e decise di andare a fare shopping per aver qualcosa da mettere alla festa.

-Voi dovete venire con me-

-Si, ovvio che veniamo e poi io ho bisogno di una maglietta-

-Jolie sei incredibile, hai l'armadio pieno di magliette-

-Senti Vichy non è colpa mia se mia madre mi compra delle magliette che odio-

-Scusate ragazze ma io credo di non poter venire a fare compere, oggi ho lezione di pianoforte-. Tutte si girarono a guardare Mia un po' deluse.

-Non puoi saltare oggi -implorò Isabel -Il tuo consiglio è indispensabile per me-

-So per certo che te la caverai anche senza il mio consiglio e che sabato farai un figurone davanti a Patrick -Mia baciò le amiche e incominciò ad incamminarsi verso la scuola di musica.

 

Mia stava suonando il Valzer dell'amore di Ernesto Cortazar, trasportata dalla musica dolce e leggera che filtrava dai piccoli tasti bianchi e neri d'avorio. Era innamorata pazza del pianoforte e della sua melodia. All'ultimo rintocco il maestro le stava battendo le mani con un sorriso sul volto.

-Bravissima Mia. Mi sorprendo ogni giorno di più di quanto sta diventando brava giorno dopo giorno-

-Grazie Paolo, ma è tutto merito tuo che mi hai insegnato a suonare-

-Io non capisco, hai finito tre anni fa il percorso di studio del pianoforte, perché non sei andata in conservatorio?-

-Io amo il pianoforte Paolo, ma non voglio fare di questo il mio futuro. È solo una passione che ho voluto coltivare in più-

-Va bene, comunque per oggi abbiamo finito. Puoi andare a divertirti adesso-.

Mia salutò Paolo e con gli auricolari e la musica a tutto volume si incamminò per casa.

 

La mattina tutti erano il delirio per la sera. Era sabato e il sole splendeva nel cielo.

-Mi sembrano tanti cagnolini eccitati-

-Isabel dai, infondo ammettilo che anche tu sei su di giri per sta sera -Vichy mostrò il suo splendido sorriso come tutte le mattine.

-Jolie e Mia dove sono?-

-Non ne ho idea -Isabel alzò le spalle.

Erano sedute su un albero della scuola.

-Com'è andata la lezione?-

-Bene e lo shopping?-

-Sai com'è fatta Isabel. Una tortura. Dovevamo andare nei negozi che diceva lei -Mia sorrideva.

-Ridi, ridi tu -sbuffava Jolie, poi sorrise -Cosa ti metterai questa sera?-

-Non ne ho idea, il mio armadio è un tale disordine-

-Ginevra ha obbligato i tacchi lo sai vero?-.

Mia cadde dall'albero.

-Mia stai bene, ma che diavolo combini?-

-Dannato albero -stava sbuffando la ragazza -Non potevi avvertirmi prima? Adesso mi toccherà anche andare con un livido alla festa -Jolie rideva di gusto.

 

-Mamma io esco-

-Dove vai Mia? -Mary era affacciata dalla porta della cucina.

-Sta' sera c'è una festa organizzata da Ginevra e io sono stata invitata, torno tardi. Mi preparo da Jolie. Ti voglio bene-

-Fai attenzione signorina, hai pur sempre diciassette anni. Mi preoccupo per te. Chiamami-.

Aveva una madre così dolce e premurosa che le dispiaceva lasciarla sola, ma sapeva che quel giorno il padre sarebbe tornato più presto del solito e fece scivolare ogni preoccupazione con la musica a tutto volume.

Il centro commerciale era pieno di gente e a Mia non piaceva stare in quella confusione. Comprò qualche maglietta e qualche pantalone e un paio di tacchi per la festa.

Stava seduta ad aspettare la navetta che passava con i Sum41 nelle orecchie.

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Capitolo 3
*** CAPITOLO 3 ***


 

La porta bussò e Jolie corse ad aprire e si gettò fra le braccia di Mia.

-Finalmente, ma che fine hai fatto?-

-Scusa ero nel centro commerciale a fare compere e ho perso la cognizione del tempo-

-Perdonata dai buttati nella doccia, che io vado nell'altra-.

Mia e Jolie si preparavano sempre insieme, infatti Jolie, quando i genitori avevano comprato la casa, aveva richiesto esplicitamente due bagni, in modo che Mia potesse prepararsi meglio.

L'amica prese le robe che aveva comprato dallo zaino e si chiuse nel bagno che si trovava in camera di Jolie.

L'acqua era bollente e appannava gli specchi e la finestra. Mia pensava alla sua vita e alle sue amiche, infondo era sempre stata una ragazza molto pensierosa. Versò un bel po' di bagno schiuma alla vaniglia sulla mano per poi passarlo su tutto il corpo e il balsamo sui capelli annodati.

Uscì dalla doccia, si asciugò e aprì la finestra per mandar via il vapore, che aveva avvolto la stanza.

Jolie passò la striscia di profumo sul collo e bussò alla porta del bagno.

-Mia hai finito?-.

La porta si aprì. L'amica indossava dei tacchi a decolté neri,con la punta rotonda, con un pantalone celeste che sfilava sulle gambe magre, una maglietta nera, con le mani da pipistrello, nascondeva il seno e i fianchi. I lunghi capelli ramati scendevano sul collo arricciati, con il ciuffo raccolto sopra la fronte.. la matita risaltava gli occhi castani e l'ombretto nero quella piccola striscia nera che li facevano scintillare. Le labbra erano circondate da un lucidalabbra trasparente. Mia mostrava il bianco sorriso.

-Sei stupenda Mia-

-Anche tu sei bellissima -disse guardando il pantalone di jeans e la maglietta incrociata dietro con il simbolo dei Rolling stones nera e gli stivaletti a tacco. I lunghi ricci scendevano dolcemente fin sotto il seno e il suoi occhi erano circondati da un filo di matita nera e da un rosa perlato, così anche le guance e le labbra.

Per la strada incontrarono Vichy che indossava un pantalone nero con sopra una maglietta a mezze maniche grigia e delle parigine con il tacco. Isabel invece portava un pantalone di belle nera anche lei su delle scarpe a decolté nere con un piccolo fiocco sulla punta, sopra una maglietta grigia con un coniglio nero e i capelli legati con una pinza in modo da lasciare liberi solo i due ciuffi arricciati e la frangetta bionda.

Si avviarono per la festa.

La villa era illuminata da grandi luci colorate. La voce di Ledy Gaga risuonava fino al giardino.

-Siamo sicure che abbiamo fatto bene a venire qui? -Isabel era agitata e turbata

-Guardati dietro e avrai la risposta Isa -Vichy indicò alle sue spalle.

Patrick era qualche passo dietro di lei, con una camicia bianca e un pantalone nero. I capelli coprivano gli occhi e le sue labbra sembravano mostrare un sorriso. Isabel era in preda alle palpitazioni, respirava a fatica e aveva gli occhi lucidi. Mia suppose che da un momento all’altro gli sarebbe saltata a dosso e tolto i vestiti a morsi.

Mostrarono i biglietti ed entrarono. La casa era illuminata da varie luci colorate e la musica faceva eco sulle pareti.

-Wow -Vichy era a bocca aperta a guardare il cielo illuminato.

-Ragazze ci dobbiamo scatenare questa sera -Jolie era estremamente eccitata da quell’atmosfera.

La voce di Fabbri Fibra avvolse la casa e Jolie si mise ad urlare prendendo Mia da un braccio e trascinandola al centro dove tutti ballavano -Tranne te!-.

I ragazzi riempivano i loro bicchieri di punch o avevano birre in mano, alcuni portavano le ragazze ai piani di sopra, altri si baciavano e si toccavano sui divani e sulle sedie.

-Jolie ti prego non voglio ballare-

-Mia dai, divertiti qualche volta -.

Vichy e Isabel se ne stavano sedute su un divanetto a bere birra e a mangiare patatine. Jolie afferrò una bottiglia e incominciò a bere, finché Mia non glie la strappò dalle mani

-Ma sei impazzita?-

-Voglio solo divertirmi-

-Hai sedici anni cazzo. Vedi di non fare stupidaggini!-

-Ne devo fare diciassette ad Agosto non rompere-.

Mia continuava a seguire Jolie che bicchiere dopo bicchiere era riuscita ad ubriacarsi.

-Mia andiamocene - Vichy la stava aiutando a far alzare Jolie dal divano, mentre Isabel prendeva le borse.

Quando erano riuscite ad arrivare fuori, sorse un secondo problema.

-Mia, come facciamo a riportarla a casa senza macchina?-

-Facciamo l’auto stop Isabel-.

Patrick si stava avvicinando a loro

-Se volete potete venire con me, posso aiutarvi io-

Isabel stava scoppiando dalla gioia.

-Isabel andate tu e Vichy io devo tornare a casa. Nella borsa ci sono le chiavi, sicuramente i genitori non sono tornati. Una delle due deve rimanere con lei perché domani mattina sarà un incubo per lei-

-Mia ma tu che farai?-

-Tranquilla Vichy, io chiamo mia madre e vado via-.

Patrick aiutò le ragazze a mettere in macchina l’amica. Isabel era seduta avanti insieme a lui.

-Voi venite a scuola con me-

-S-si tu fai l’ultimo anno giusto?-

-Si. Tu sei Isabel giusto?-

-Esatto. Lei è Vichy, quella ubriaca Jolie e la ragazza che era con noi Mia-

-Io sono Patrick-

-Come mai anche tu a questa festa?-

-Veramente non amo molto le feste, ma non avevo niente da fare-

-Io non le sopporto-

-Come sempre Isabel, tu non sopporti niente che non sia un mortorio totale -intervenne Vichy con sarcasmo. Isabel la fulminò con lo sguardo. Patrick rise.

-Credo che siate arrivate. Devo accompagnare una di voi?-

-Isabel, meglio che rimango io con Jolie, non si sa mai. Tu va pure a casa -Isabel non riuscì a rispondere e vide l’amica scendere dalla macchina e scomparire nel buio del portone.

-Siamo rimasti soli -sorrise Patrick

-Già -disse Isabel tutta rossa.

 

Mia camminava nella notte buia, guardando i sui passi e ascoltando il rumore del vento.

Sotto la luce di un lampione scorse un ombra offuscata. Si sentiva osservata, come se qualcuno la stesse seguendo.

Un brivido le attraversò il collo. Qualcosa le bloccava le braccia, non riusciva ad urlare, le parole si bloccavano in gola.

Sentiva un respiro affannoso sul suo collo. Delle mani fredde le stavano accarezzando i capelli, per spostarli e rimanere il collo nudo e indifeso. Adesso sentiva un lieve pizzico sulla gola e poi un dolore atroce che la travolse dal collo fino a paralizzarle il corpo in un profondo senso di piacere e dolore. Cercò di urlare, ma una mano bianca e pallida le bloccò la bocca e la tirò a sé. Sentiva cadere qualcosa lungo il suo collo, qualcosa di rosso e caldo.

Quando come due aghi lasciano la carne, il suo aggressore si spostò, l’unica cosa che Mia riuscì a vedere fu i suoi occhi rossi come il fuoco, le sue labbra sporche dal rosso sangue e due affilati canini. Mia cadde tra le sue braccia, travolta dal buio.

 

Isabel era arrivata a casa

-Grazie mille del passaggio-

-Ma figurati per te questo ed altro-.

Uscì dall’auto, ancora incredula di quello che le stava accadendo.

-Isabel aspetta -lei si girò -Spero che ci rivedremo, vieni da me, per qualsiasi cosa -le sorrise e sparì nella notte buia. Isabel sulla soglia del cancelletto, cadde in ginocchio con gli occhi sbarrati e il cuore a mille. Il ragazzo che amava da sempre le aveva detto che per lei c’era sempre. Era un sogno. Rientrò in casa e si buttò sul letto, addormentandosi tra i suoi pensieri.

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Capitolo 4
*** CAPITOLO 4 ***


Mia aprì gli occhi e sentì un formicolio lungo il collo. La gola e la bocca bruciare. Gli occhi non riuscivano a restare aperti dal bruciore. Sentiva delle voci, l'udito e l'olfatto più fini.

-Cosa ti è saltato in mente?>. Una voce scura e profonda proveniva dalla stanza a fianco.

-Scusami. Io non so cosa mi sia preso-. Una voce più bassa, con un tono di amarezza e di dispiacere.

-Stefan ti rendi conto della gravità del tuo gesto o no?-. Quella che parlava era una voce femminile. La ragazza urlava infuriata.

Mia sentì un vortice attraversarle il corpo e raggiungere la bocca che aprì e da cui risuonarono nella stanza delle urla atroci di dolore.

I tre ragazzi che aveva sentito discutere ora erano sulla soglia della porta. La guardavano, ne era sicura, anche se non poteva vederli.

-Che ne facciamo di lei? La eliminiamo -disse la ragazza

-Elizabeth smettila di dire stupidaggini. Non potremmo mai ucciderla -aveva parlato il ragazzo che sembrava il più saggio dei tre.

-Reih sono dannatamente dispiaciuto per quello che ho commesso, come posso rimediare?-.

-Tu niente. Porrò io fine alla sua sofferenza. Che sia la prima e l'ultima volta che succeda una cosa del genere-.

Mia sentì dei passi leggeri avvicinarsi a lei. Delle dita fredde e lisce le accarezzarono la ferita che aveva sul collo. Il ragazzo si piegò su di lei e con gesto delicato, appoggiò i canini al suo collo, penetrando dentro la carne. Mia si abbandonò al piacere di quel morso. Questa volta non sentiva dolore, ma solo pure piacere. Si abbandonò alla passione.

 

La scuola era in subbuglio per la festa della sera precedente. Isabel, Jolie e Vichy erano sdraiate sul prato. Isabel leggeva un libro, Jolie ascoltava la musica e Vichy studiava biologia.

-Ragazze, ma qualcuno ha sentito Mia? Questa mattina non è venuta-

-Non so Vichy. Questa mattina sonno passata da casa sua, ma sua madre mi ha detto che era uscita presto questa mattina-

-Isabel mi sto preoccupando-.

Jolie si tolse le cuffie e intervenne nella conversazione.

-Ragazze non preoccupatevi. Sapete com'è fatta Mia. Sarà a suonare da qualche parte. Prima o poi si farà sentire.-

la campanella suonò e le ragazze entrarono in aula.

-Isabel, ma ieri con Patrick?-

-Jolie perché non ti fai un po' i fatti tuoi? -sorrise imbarazzata.

-Uffa. Quanto sei antipatica-.

La giornata passò in fretta. Jolie trascorse la maggior parte del tempo a implorare Isabel a raccontarle cosa era successo con Patrick.

Patrick la osservava da lontano. Conosceva ogni tratto del suo viso, ogni cicatrice, ogni suo gesto. Era innamorato pazzo di lei e non poteva dirglielo, ma in quel momento come non era mai successo nel sua vita, la amava, la amava tanto da buttare all'aria tutto quello che aveva fatto fino a quel momento. Si avvicinò a lei, non poteva più trattenere ciò che gli diceva il suo cuore.

-Ciao Isabel-

-C-ciao Patrick-

-Chiamami Pat-

-Va bene Pat-

-Vuoi un passaggio?-

-Non voglio crearti alcun disturbo -Isabel gli sorrise. Poteva essere vero quello che le stava capitando? Le accarezzò la guancia spostandole una ciocca di capelli biondi che le scivolava sul viso.

-Tu non mi procuri alcun disturbo, lo dovresti sapere -gli sorrise.

-Va bene-.

Jolie e Vichy incominciarono a spettegolare sull'amica quando entrò nella macchina del ragazzo che aveva sognato per quasi quattro anni.

La mattina successiva Vichy, appoggiata al muro, aspettava Isabel.

-Allora? -le sorrise andandola incontro quando la vide arrivare da dietro l'angolo.

Isabel le andò incontro abbracciando l'amica di gioia.

-Mi ha dato il suo numero! -urlò di gioia l'amica.

Durante le lezioni Isabel passò la giornata a raccontare a Vichy cosa era successo con Patrick.

Jolie, durante l'intervallo le raggiunse sul prato.

-Ragazze Mia non è venuta neanche oggi-

-Non ne ho idea Jolie. Mi sto preoccupando, anche perché non è da lei mancare così-

-Hai messaggi non risponde Vi. Non so cosa pensare. Mi sta facendo preoccupare seriamente-.

 

Mia si svegliò in un letto matrimoniale, con solo una maglietta a maniche corte che le copriva il corpo fino alle cosce. Una coperta celeste le copriva le gambe. La stanza era buia. Dalla finestra chiusa filtrava un piccolo fascio di sole che si rifletteva sulla moquette. Gli occhi di Mia bruciavano e sentiva secca la gola. La sua attenzione ricadde su un ragazzo appoggiato alla porta di vetro. La guardava con i suoi occhi neri e cupi, i capelli nero corvino che scivolavano fino al collo. La sua pelle era bianca come il marmo e le sue labbra rosate. Le mani nelle tasche del pantalone nero e una camicia bianca aperta sul petto. La guardava con aria cupa, a Mia sembrava così malinconico.

-Finalmente ti sei svegliata-. Le sorrise. Mia notò in quel sorriso qualcosa che le fece raggelare il sangue nelle vene. In quel sorriso bianco come l'avorio, risplendevano due canini hai lati della bocca.

-Non aver paura. Io non ti farò del male-.

-Chi sei? Cosa faccio qui?-

-Mi chiamo Reih. Ed io, io sono un vampiro, e da oggi lo sei anche tu-. Il respiro di Mia si fece più affannoso, il suo cuore accelerò di colpo, ad un tratto si bloccò. Il suo cuore batteva ancora. Come poteva essere?

-Io, io sono un vampiro? Ma il mio cuore?-.

Nella stanza entrò un ragazzo, il più bello che Mia avesse mai visto. I capelli biondi arruffati risaltavano gli occhi grigi scintillanti. La sua pelle bianca e pallida. Il gilè color caramello sopra la camicia bianca, mostravano i muscoli non troppo risaltati ed un pantalone grigio come il colore dei suoi dolci occhi. Nelle mani aveva un vassoio con un bicchiere di succo d'arancia ed un cornetto alla crema.

-Buon giorno piccola-.

Reih era scomparso e aveva lasciato Stefan e Mia soli. Lei lo guardava impaurita. Ricordava ancora quegli occhi rossi come il fuoco e la bocca sporca di sangue.

-Ti devo le mie scuse. È colpa mia se ti è successo questo e non potrò mai perdonarmelo-

-Io... io...-

-Vuoi sapere perché il tuo cuore batte? -Mia fece cenno di si con la testa e mise per sedersi.

-Prima mangia qualcosa. Credo che tu sia affamata -porse il bicchiere alla ragazza che bevve subito tutta la bibita.

-Prima di tutto devi sapere che Reih è un vampiro sangue puro, vuol dire che entrambi i suoi genitori erano vampiri. Il suo sangue ha delle doti molto speciali. Quando io ti ho morso a poco a poco saresti diventata un vampiro senza anima e cuore, ma il sangue di Reih, essendo umana, ti permette di respirare e “vivere”. Ma questo comporta anche altri cambiamenti in te-

-Quali altri cambiamenti?-

-Delle doti -Mia spalancò gli occhi -Vedi io possiedo la dote di controllare la terra e anche la mente delle persone, ma con molta superficialità. Non ti spaventare e non credere alle cazzate che hai letto sui vampiri, nel corso del tempo capirai tantissime cose nuove. Un consiglio? Stai lontana dalle persone a cui tieni di più. Rischieresti di fare loro del male-

-Io non conosco il tuo nome-

-Stefan -sorrise -Mi chiamo Stefan. Di la troverai una ragazza, sarà molto scorbutica con te, ma non ci fare caso. Elizabeth è fatta così-. Mia annuiva alle parole di Stefan, mentre mangiava il cornetto.

-Ci sono alcuni vestiti per te e in bagno tutto l'occorrente che ti serve-

-Grazie Stefan e comunque per quello che è successo non ti preoccupare, almeno non dovrò temere la morte -sorrise Mia. Stefan la guardava con aria malinconica

-Ti ho trasformato in un mostro Mia. Non potrò perdonarmelo facilmente-.

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Capitolo 5
*** CAPITOLO 5 ***


Mia era rimasta sola nella stanza. Vide i vesti sulla poltrona e si diresse in bagno. Si bloccò davanti allo specchio. Ogni imperfezione sul suo viso era scomparsa, ogni ruga, ogni brufolo o punto nero. I suoi lineamenti erano perfetti, non sapeva se quella riflessa nello specchio fosse lei o una bambola di porcellana. I capelli ramati, che prima arrivavano a stento al collo, ora erano lunghi fin sotto il seno. I suoi occhi risplendevano sul dolce viso marmoreo, avevano un colore marroncino con delle sfumature di verde chiaro. Le labbra erano rosate. Il suo corpo era più slanciato e più magro. I suoi movimenti erano leggeri e delicati. I denti erano perfetti e bianchi come l'avorio e anche a lei sporgevano dal lato della bocca due canini. Non riusciva a riconoscersi.

Indossò i pantaloni grigi, la camicia nera e le ballerine.

Il solone era grande e luminoso. Alla luce del sole gli occhi di Mia bruciarono di dolore.

-E solo per i primi tempi. La luce del sole non ci fa brillare, ne ci polverizza, ma siccome abbia una vista più acuta i raggi ultra violetti ci danno fastidio -gli aveva spiegato Stefan che stava appoggiato al bancone della cucina che si apriva sul salone.

Qualcuno da dietro le lanciò un paio di occhiali e Mia li afferrò. Quando si voltò, trovò davanti a se una bellissima ragazza dai tratti delicati e sensuali. I suoi capelli biondi scendevano sul collo. Gli occhi di un castano scuro la guardavano con aria di minaccia. Era alta e magra, la più bella ragazza che Mia aveva mai incontrato, forse ancor più bella di una top model.

-Mettili. Ti eviteranno il bruciore agli occhi -disse con tono disprezzante. Mia la ringraziò e si infilò gli occhiali.

-È meglio che tu oggi vada a scuola. Non vorremmo creare problemi, o insospettire qualcuno. Ho preso tutti i tuoi libri e l'occorrente -disse Reih appoggiato alla porta. Il suo sguardo era coperto dai capelli, ma Mia suppose che guardava a terra, dalla posizione dalla sua testa.

-Ti accompagno io Mia -si offrì Stefan.

I due uscirono e si infilarono in un Audi TT grigio metallizzato. Partirono a grande velocità, ma a mia non importava a che velocità andassero, era troppo presa a rendersi conto di quello che le stava accadendo. Osservava Stefan, la sua bellezza e la sua grazia.

-C’è qualcosa che non va Mia?-

-No. E che non sono ancora completamente cosciente dal trauma -

-Dimmi cosa vuoi sapere e io te lo dirò -

-Quando scoprirò che potere ho? -

-Presto. Molto presto-

-Come farò a tenere il segreto con mia madre? -

-Pian piano potrai anche tu controllare la mente e così non si accorgerà di niente-. Arrivarono a scuola.

-Vai. E non dimenticarti di non avvicinarti troppo a nessuno di tua conoscenza. Sei una neonata e sicuramente la tua sete è potente, ma placabile-

-Cosa dirò per le mie assenze?-

-Reih ha già pensato a tutto-.

Mia scese dall’auto e si diresse verso l’entrata affollata. Pian piano che si avvicinava sentiva la gola pizzicare. Attraversò il corridoio ed arrivò all’armadietto. Cercava di mantenere lo sguardo basso, per non far notare i suoi occhi che diventavano rossi.

 

Jolie e Vichy passeggiavano nel prato aspettando il suono della campanella, quando videro Isabel venirle incontro con il fiatone

-Ragazze Mia è tornata a scuola-

-E cosa c’è di tanto stano Isa -chiese Jolie

-Non mi ha salutata, ha girato lo sguardo e se n’è andata-

-Dai ragazze non ne fate una tragedia. Eventualmente non si sentiva bene o era nervosa -disse Vichy tranquillizzandole. Isabel e Jolie le diedero ragione e entrarono in classe. Mia era li, con la testa sul banco e gli occhi coperti. Era cambiata.

Isabel le si avvicinò

-Mia tutto bene?-

-Vattene! -

-Cosa?-

-Isabel vattene. Subito. Lasciami stare-

-Mia, ma che ti prende?-

-Sei sorda? -urlò Mia -Ti ho detto che mi devi lasciare stare-.

Le amiche si girarono verso Mia e spalancarono gli occhi al sentire quelle parole. Isabel si allontanò da Mia e si sedette al suo posto.

Per tutta l’ora Mia aveva tenuto la testa sul banco. La gola incominciava a peggiorare, e la testa a far male. Il suo nervosismo arrivava alle stelle e per tutta la giornata le amiche si tennero lontano da lei, e non solo le amiche.

Stanca e nervosa Mia sapeva che l'unico rimedio era il pianoforte. Senza farsi vedere da nessuno e con molta cautela si dirigeva con passo leggero verso l'anfiteatro. La stanza era vuota e il pianoforte era solo al centro del palco. Mia salì e si sedette sullo sgabello, le dita scivolavano leggere sui tasti d'avorio, la musica vibrava nell'aria silenziosa. La sua voce iniziò ad avvolgere l'aula. Non era la sua voce, non la riconosceva. Era più acuta e più melodiosa, con gli occhi chiusi ascoltava le parole e il suono del piano. Quando il suo dito scivolò sull'ultimo tasto riaprì gli occhi e sentì qualcuno applaudire seduto ad una delle sedie. Stefan la guardava e applaudiva

-Wow. Sei molto brava-

-Che ci fai qui? -disse incredula la ragazza scendendo dal palco

-Sono venuto a prenderti. Le lezioni sono finite, non te ne sei accorta?-

-No. Da quant'è che sto suonando? -

-Circa un ora-

-Da quanto tempo sei qui? -

-Non molto, giusto il tempo necessario a capire quanto sei brava. A casa di Reih c''è un piano. Puoi allenarti li se vuoi, così non dovrai venire ogni giorno a scuola-

-Grazie. Andiamo?-

-Si andiamo!-. Stefan aiutò Mia con lo zaino e la condusse all'auto. Mia saliva sull'Audi TT con lo sguardo di tutti, comprese le sue amiche a dosso.

Jolie era esterrefatta e sorpresa dal comportamento dell'amica. Non riusciva a credere hai suoi occhi, quella ragazza che il giorno prima abbracciava e il giorno dopo non le parlava più, che ora saliva sull'auto di uno sconosciuto che non aveva mai visto. Isabel affianco a Patrick cercava di capire cosa stesse accadendo, ma malgrado tutto non riusciva a capirlo.

Mia guardava fuori dal finestrino la macchina correre sull'asfalto, il vento che muoveva le foglie e il sole sparire dietro le nuvole.

-Cosa ti turba?-

-Dove stiamo andando?-

-Ti accompagno a casa -disse Stefan -Tua madre si preoccuperà-.

Mia non rispose, rimase solo a guardare il cielo oscurarsi. La macchina decelerò pian piano, la casa illuminata dai pochi raggi che riuscivano a filtrare dalle nuvole.

-Cosa dirò a mia madre?-

-Ciò che vorrai, basta guardarla negli occhi e mentirle. Lei ti crederà-.

Uscì dalla macchina e si diresse verso casa. Bussò e Mary aprì la porta.

-Mia tesoro sei tornata, finalmente, ma dove sei stata?-

-Ho dormito da Jolie mamma non ti ricordi? Ti ho anche chiamato e tu mi hai detto che andava bene -la guardava negli occhi con intensità e sentiva le pupille dilatarsi fino a coprire il verde che rendeva quegli occhi tetri e intriganti. La madre la guardava con un aria dubbiosa, come se stesse ricordando, poi disse soltanto.

-A si hai ragione, ora ricordo tesoro. Dai su entra che è pronto il pranzo-.

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