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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Cogliere le sfumature *** Capitolo 2: *** Le Rose Nere *** Capitolo 3: *** Le strade di Manhattan *** Capitolo 4: *** La vita è fatta a scale... *** Capitolo 5: *** Indovina chi è tonato? *** Capitolo 6: *** Incontri ravvicinati... ***
Basta davvero solo un miscuglio di linee e colori per
esprimere un’emozione? Basta davvero solo una pennellata per eliminare il
passato e scrivere già irrimediabilmente il futuro? Basta davvero solo un
quadro per farti confondere ricordi e premonizioni e farti credere che nulla
sia davvero cambiato?
Erano queste le domande che ronzavano nella mente di Neil
Collins, mentre fissava da qualche minuto uno dei molti dipinti presenti nella
Galleria d’Arte . Uno dei molti, ma l’unico che era rimasto lì, al suo posto,
durante l’anno di assenza di Neil. Ed era questo il primo posto che aveva
voluto visitare, una volta messo piede a New York, quella Galleria che passava
ogni giorno ad esplorare con l’interesse dell’addetto ai lavori, quella
Galleria che adesso poteva essere definita anche un po’ sua.
“E’ un bel quadro non è vero?”. Fu una voce maschile alle sue
spalle, ad interrompere le riflessioni del signor Collins.
Il ragazzo, sulla trentina, si voltò lentamente, cercando di
far forza all’attrazione che teneva i suoi occhi blu elettrico incollati a quel
quadro.
“Non è solamente un quadro” rispose semplicemente, inclinando
la testa quel tanto per scorgere la figura dello sconosciuto interlocutore.
Ethan Hayes, questo era il nome
dell’uomo, aveva circa cinquant’anni e non passava di certo inosservato. Lo
sguardo, l’abbigliamento, il portamento, tutto suggeriva in lui l’animo da
intellettuale e l’eccentricità dei suoi capelli color carota, gli conferivano
anche l’aria di strambo filosofo. Avanzò di qualche passo, ponendosi alla
stessa linea d’aria di Neil e, dopo essersi sfilato gli occhiali da sole
(nonostante si respirasse già l’aria del novembre inoltrato), con un rapido ma
teatrale gesto della mano, si voltò verso il ragazzo.
“E cos’è secondo lei?” chiese dopo qualche secondo, meditando
la domanda e formulandola infine con il tono tipico di un professore intrigato
dalla prospettiva di poter apprendere qualcosa da un allievo.
“E’ un quadro…ma non è solo questo? Non riesce a percepire le
sfumature? E quando dico sfumature non mi riferisco solo al colore!” replicò
Neil con entusiasmo, tornando a fissare il quadro.
“Sfumature non riferite solo al colore” mormorò l’uomo più
anziano ripetendo le parole di Neil “si intende parecchio di arte, non è vero?”
chiese nuovamente interessato, come sempre, quando si trattava di scoprire in
altri la sua stessa passione.
Neil sorrise a quell’ultima domanda. Non sapeva se
s’intendeva di arte, ma era convinto che fosse l’arte ad intendersi di lui.
Viveva per l’arte, i quadri, la pittura, il colore e le sue sfumature, le
sfumature ed il loro colore. E più si addentrava in quei pensieri, più
cominciava a pensare che forse in quella stanza il filosofo non era
quell’eccentrico uomo dall’aspetto intellettuale.
“Mi piace osservare, analizzare e interpretare i dipinti,
tutto qui!” rispose dopo una lunga riflessione, alzando le spalle “E lei?”
aggiunse poi, non nascondendo la curiosità per quello strano individuo.
“Osservare, analizzare e interpretare i dipinti è il mio
lavoro: sono un critico d’arte!” spiegò Ethan sorridendo, tornando a giocare
con gli occhiali da sole. Li inforcò nuovamente e dopo aver passato una mano
tra i capelli, fece per prendere la strada verso l’uscita della Galleria,
quando un’ultima curiosità lo trattenne sul posto.
“Mi sembra che lei non abbia risposto alla mia domanda: cosa
vuoledire esattamente un quadro non è
solo un quadro?” chiese voltandosi indietro ad angolo retto, curioso di sentire
una nuova perla di saggezza, di cui quel ragazzo sembrava, seppur
inconsapevolmente, esserne fornito in grandi quantità.
“Gestalt diceva che una forma non è solo la somma dei suoi
componenti, così un quadro non è solo la somma di colore, linee e luce” disse
Neil, facendo appello a delle nozioni di psicologia che aveva assimilato tramite
gli studi della sua vicina Emily e che mai, come in questo momento, sembravano
rivelarsi utili.
“Gestalt?” chiese l’uomo alzando un sopracciglio sorpreso
dietro i suoi occhiali scuri. Sorrise, colpito dalla risposta e colpito anche
da un’improvvisa illuminazione. “Allora è per questo che sa interpretare i
quadri…E’ uno psicologo?” chiese poi cercando di immaginare quella figura alta,
quei capelli spettinati e quel viso da angelo dannato, dietro la scrivania di
un ufficio. Beh, Neil sembrava più un modello che altro.
“No…” rispose il ragazzo, voltandosi completamente per
guardare negli occhi Ethan “Sono solo un artista”.
Angolo delle autrici
Ciao ragazzi! Sono Giunia, la co-scrittrice di questa storia insieme a Ofelia. Un modo per
definirla? Frizzante, romantica, comica e a tratti anche malinconica. Un
perfetto miscuglio omogeneo di elementi… Vi lascio al primo capitolo… Fateci
sapere se l’idea vi piace^^
Appena
sveglia Dafne scostò le tende che coprivano la finestra della sua camera da
letto e, come da abitudine si perse ad osservare il cielo. Era plumbeo sembrava
ingannevolmente calmo, ma era pronto ad accogliere la tempesta che si addensava
appena dietro l’orizzonte. Le nuvole si muovevano titubanti e lenti, e si
avviavano meschine verso il sole, che cercava a stento di illuminare la
mattinata.La minaccia dell’imminente
burrasca si faceva più ineluttabile di minuto in minuti ma questo non bastò per
cancellare la felicità congenita della ragazza. Richiuse le tende, infilò le
ciabatte di peluche e sbadigliando leggermente si avviò verso la cucina.
“Buongiorno
Daff!” bofonchiò Dean, suo coinquilino ma soprattutto suo grande amico, con la
bocca piena dei biscotti che lei stessa aveva sfornato il giorno prima.
“Buongiorno!”
rispose la ragazza sorridendo serafica e prendendo posto affianco a lui intorno
al tavolo.
“Non vai a
lavoro questa mattina?” le chiese il ragazzo trangugiando un altro biscotto,
imitando quasi perfettamente il “Cookie Monster”, personaggio del programma
televisivo “Sesame Street”che entrambi da piccoli guardavano, stampato sul
pigiama di Dafne.
“Certo! Non
sono tutti fortunati come te sai?”rispose scherzando dolcemente riferendosi al fatto che il ragazzo fosse
ormai da tempo disoccupato, mentre immerse nella sua tazza di latte un’ingente
quantità di cereali.
“Non sei
divertente sai?” gli fece eco il ragazzo scuotendo la testa. “E comunque te
l’ho chiesto perché mi sembra che sia un po’ tardino per aprire il negozio!”
aggiunse puntando i suoi brillanti occhi verdi sulla ragazza che portò
istintivamente gli occhi all’orologio viola appeso alla parete.
“Oh mio Dio
ma sono le nove e mezza!” esclamò sconvolta rischiando quasi di strozzarsi con
la porzione di cereali che aveva appena portato in bocca. “Sono in ritardo!”
aggiunse pulendosi frettolosamente la bocca con un tovagliolo e alzandosi dal
tavolo.
“Daff tu sei
perennemente in ritardo!” disse il ragazzo sorridendo e continuando a scuotere
la testa per poi bere un sorso di succo d’ arancia.
“Non è
vero!” esclamò la ragazza affacciandosi dalla sua camera e rivolgendo
un’infantile linguaccia al suo amico.
“Si che è
vero!” replicò il ragazzo rispondendo ridacchiando alla smorfia della ragazza.
Dopo pochi
minuti la ragazza era già pronta per uscire, vestita con la salopette verde, la
nuova divisa del suo lavoro. Frettolosamente afferrò la borsa e la riempì alla
meglio con i primi oggetti che ritenne importanti, poi si avvicinò a Dean che
era intendo ad accendere la tv.
“Ci vediamo
sta sera!” Lo salutò la ragazza con un leggero bacio sulla guancia.
“A questa
sera Daffy!” replicò il ragazzo, ridacchiando alla vista dello strambo
abbigliamento della ragazza.
“Non ridere,
è già abbastanza imbarazzante senza i tuoi commenti!” aggiunse la ragazza
ridacchiando anch’essa avviandosi verso la porta.
“Dai stavo
scherzando! Sei tremendamente sexy anche con questa assurda salopette!”
aggiunse scherzosamente e soprattutto amichevolmente il ragazzo senza però
perdere il suo sorriso beffardo. La ragazza indosso il suo cappotto e scuotendo
la testo aprì la porta e uscì dal suo appartamento senza parlare.Lentamente scese le poche scale che la
separavano dal piano terra e si diresse verso il suo posto di lavoro. Il suo
regno, l’unico posto in cui non si sentiva tremendamente inadeguata.La ragazza era infatti proprietaria di un
negozio di fiori situato proprio sotto al suo palazzo. Aveva simpaticamente chiamato
il suo negozio “Le Rose nere”, a simboleggiare, proprio come tradizionalmente
si dice con le cosiddette “pecore nere” , tutte quelle persone che come lei, si
sono sempre sentite diverse dalla massa. Si diresse a grandi falcate verso la
porta del negozio, era in notevole ritardo per l’apertura,ma una volta arrivata potette finalmente
tirare un respiro di sollievo. Il negozio era infatti già stato aperto.
“Brandon sei
il mio salvatore!” disse aprendo la porta rivolgendosi al ragazzo indaffarato a
mettere in ordine delle composizioni di fiori dietro al bancone.
“Ehilà
Dafne.” La salutò il ragazzo rivolgendole uno dei suoi soliti dolci sorrisi,
che mettevano in mostra sul suo bel viso della simpatiche ed irresistibili
fossette. Lasciò la sua postazione e seguì la ragazza nel retro del negozio: “Visto
che tu non arrivavi mi sono permesso di aprire il negozio…”
aggiunse il ragazzo come a volersi giustificare con la sua “titolare”.
“Hai fatto
benissimo. Sei come sempre il migliore operaio che si possa avere.” Aggiunse la
ragazza sfilandosi il cappotto e dirigendosi verso il bancone seguita
nuovamente dal ragazzo.
“Ma a cosa
dobbiamo questo ritardo? Hai fatto le ore piccole ieri notte vero?” chiese
maliziosamente il ragazzo dando di gomito alla ragazza.
“Si certo!
Sai benissimo quanto la mia vita privata sia movimentata…”
rispose con sarcasmo la ragazza, riferendosi alla sua vita amorosa che era
stata notevolmente statica negli ultimi anni. “Mi dispiace per te ma il
colpevole del mio ritardo non è stato un uomo ma la mia sveglia!” aggiunse la
ragazza mettendosi al lavoro, ignorando lo sguardo di disapprovazione che il
ragazzo le stava rivolgendo.
La mattinata
trascorse cupa e grigia, in attesa di una tempesta che non si decideva ad
abbattersi sulla città. Nel pomeriggio essa si arrese finalmente al sole che
cominciò a trasparire con i suoi raggi tra le nuvole illuminando la caotica
Manhattan. Nel fioraio le cose andavano come al solito, lavoro, qualche pausa
caffè che i ragazzi si regalavano, e chiacchiere tra amici. Canticchiando un
motivetto allegro Dafne, si stava occupando di terminare una composizione per un
ordine che Brandon si stava preparando a consegnare. L’atmosfera idilliaca del
negozio fu rotta dall’entrata improvviso del unica persona al mondo capace di
far svanire il buon umore congenito di Dafne.La ragazza che infatti aveva fatto la sua entrata sbattendo villanamente
la porta e avanzando verso il bancone con un aria disgustata, era Alexandra
White,assistente di volo e anche lei abitante del palazzo. Fin dai primi giorni
in cui, Dafne con il suo fedele amico Dean si era trasferita a Manhattan dalla
piccola cittadina del Texas di cui erano originari, tra le due era stata
dichiarata guerra. Il carattere infatti eccentrico e superbo della ragazza
stonava decisamente con quello tenero,
affabile e gioviale di Dafne.
“Ehi fioraia
avrei bisogno di un mazzo di fiori da far recapitare ad una mia amica entro sta
sera.” Le si rivolse con acidità e disprezzo.
“Certo! Che
generi di fiori preferisci?” chiese la ragazza sforzandosi comunque di
sorridere e di dimostrarsi disponibile verso la ragazza.
“E io che
diavolo ne so? Sei tu la fioraia no?” aggiunse la ragazza girando i tacchi.
“Mandatemi il conto nel mio appartamento quando l’avrete consegnato!”disse prima di aprire la porta e scomparire
tra la folla di persone che assediavano la strada.Irritata dal comportamento della ragazza
Dafne tornò al suo lavoro, decisa e dimenticarsi quel brutto incontro e decisa
a tornare al suo buon umore, che non tardò a ritornare.
Angolo delle autrici:
Ciao a tutti! SonoOfelia,finalmente ho il piacere di conoscervi, e di
regalarvi il secondo capitolo di questa storia. Allora che ne dite? Non siate
timidi ci farebbe tanto piacere sapere cosa ne pensate, sia in bene che in
male. Ringrazio, anche a nome di Giunia, tutti quelli
che ci hanno incoraggiato lasciando le loro recensioni, ma anche i tanti
lettori silenziosi. Un grazie di cuore poi a tutti quelli che hanno messo la
storia tra le preferite-seguite-da ricordare. Grazie
ancora a tutti quelli che ci leggono, Vi aspettiamo al prossimo capitolo! Baci!
Camminava
distrattamente trascinando i piedi sull’asfalto ascoltando il ritmico rumore
sdrucciolo delle sue scarpe di pelle italiana a contatto con esso . Fermo poi
sul marciapiede, aspettando il suo turno per poter attraversare quella strada
di Manhattan che adesso ricordava tanto una prateria percorsa da bisonti
infuriati, cioè le macchine che sfrecciavano a forte velocità nel traffico, si
perse ad osservare il cielo picchiettato di stelle artificiali.Lo ridestò dai suoi pensieri il verde
brillante del semaforo che segnò il suo lascia passare in quella che era forse
la strada più affollata della città. Continuò il suo silenzioso viaggio
soffermandosi di tanto in tanto a guardare di sfuggita le persone che gli
passavano di fronte, perdendosi ad immaginare le loro vite che
involontariamente su quella strada si intrecciavano con la sua. Come solo uno
scrittore poteva fare. Come solo Ralph Davis poteva fare. I suoi pensieri
vennero gelati dalla rigida temperatura della serata di novembre, e fu
costretto ad abbottonare tutti i bottoni del suo cappotto per fermare i brividi
che gli pervadevano il corpo. Dopo tanto camminare arrivò finalmente nel bar in
cui aveva appuntamento. Aprì velocemente la porta e un soffio caldo lo invase
sciogliendo i muscoli gelati del suo viso; non impiegò molto a scorgere tra la
folla la figura del suo amico che, già seduto ad un tavolo gli dava le spalle.
Avvicinandosi gli diede una leggera ed amichevole pacca sulla spalla prima di
sedersi di fronte a lui.
“Ralph, sai
che odio aspettare!” sentenziò l’uomo dai capelli arancioni rivolgendo
all’altro uomo uno sguardo torvo.
“E tu Ethan
dovresti sapere che sono sempre gli altri ad essere in anticipo e mai io ad
essere in ritardo” Ripose l’altro imitando lo stesso tono usato dal rosso. I due
rimase un attimo in silenzio poi scoppiare a ridere al unisono.
“Ethan
vecchia carcassa! Sono mesi che non ci vediamo!” esclamò scherzosamente Ralph
al quello che era il suo migliore amico fin dalle scuole elementari.
“Già, io
alle prese con la mia arte, e tu con i tuoi libri. Incontrarci è impossibile!”
aggiunse Ethan sorridendo mentre il cameriere portava al tavolo due tazze colme
di caffè. “Mi sono preso la libertà di ordinare. Tu prendi sempre il
decaffeinato, vero?” chiese poi allungando una tazza verso l’amico.
“Mi conosci!
Sai che la caffeina mi fa male. E a quanto vedo nemmeno i tuoi gusti sono
cambiati, prendi sempre il caffè nero senza zucchero a qualsiasi ora del
giorno!” Rispose bevendo un sorso della bevanda. “Allora sei qui per restare? O
sei pronto a tornare a Miami?” gli chiese poi riferendosi ai mesi che per
lavoro il critico d’arte Ethan aveva dovuto passare a Miami.
“No, sono
qui per restare. Hanno chiesto la mia consulenza alla galleria d’arte qua
vicino, e sto cercando casa. Quindi Ralph mi avrai spesso tra i piedi!” disse
il rosso bevendo anch’esso il suo caffè.
“Bene.” si
limitò a dire lo scrittore felice di poter passare più tempo con il suo amico.
“E tu? Come
procede il tuo nuovo libro? Sai il progetto di cui mi avevi parlato prima che
io partissi… “ chiese il critico.
“Oh ti prego
non me ne parlare…” disse sospirando Ralph scuotendo
la testa. “ Sono in piena crisi. Da mesi non riesco a buttar giù una frase di
senso compiuto. Credo di trovarmi nel bel mezzo del BLOCCO DELLO SCRITTORE!”
disse enfatizzando le ultime parole. Erano mesi infatti che Ralph, già autore
di molti libri di successo, si trovava bloccato in quella che lui stesso
definiva una gabbia, una gabbia che non permetteva alle sue idee di prendere il
volo.
“Ohi ohi ohi
sei nei guai amico!” esclamò il critico d’arte.
“Già. Per la
prima volta nella mia carriera non so cosa fare. E questo mi spaventa da
morire. Credo che dovrò cercarmi un nuovo lavoro” disse arrendevole lo
scrittore scuotendo la testa e finendo il suo caffè.
“Su non
essere sempre il solito melodrammatico adesso!Per tua fortuna Ethan Hayesè tornato! E
ti farà passare questo “blocco dello scrittore” puoi starne certo!” disse
alzandosi e mettendo i soldi del conto sul tavolo.
“Ora devo
scappare! Ci si vede Ralph!” disse prima di scomparire oltre la porta e
mischiandosi tra la folla, lasciando un sorridente Ralph seduto da solo a
finire il suo caffè.
***
Dopo
un’intensa giornata lavorativa Dafne, dopo una cena a base di pizza e patatine
stava lavando le poche vettovaglie che erano servite, mentre Dean se ne stava
come al solito sdraiato sul divano armato di telecomando e pronto a passare
anche quella serata davanti alla tv.La
calma nel appartamento fu improvvisamente rotta dal suono ripetuto del
campanello.
*drindrindrindrindrindrin*
Un suono che poteva essere la firma di solo uno di tutti gli abitanti del palazzo
situato sulla OneFifth Avenue
di Manhattan.
“Ehilà
Derek!” disse la ragazza appena aprì la porta del suo appartamento.
“Daffy, ma
guardati ci si potrebbe illuminare tutta Manhattan con il tuo sorriso!” disse
l’uomo di colore sorridendo anche lui tra le risate della donna.“Ti ho portato una cosa!”disse teatralmente l’uomo entrando
nell’appartamento con una scatola in mano.
“TA.DA!” aggiunse poi togliendole il coperchi. “Una torta di
cioccolata per la mia fioraia golosona preferita!”
“Oh Derek ti
ho già detto che ti amo?” disse la ragazza ridacchiando afferrando il dolce, la
sua golosità era infatti famosa in tutto il palazzo, soprattutto quella per il
cioccolato, e avere un amico pasticciere non le faceva sicuramente bene.
“Mai
abbastanza amore!” disse l’uomo dandole un buffetto sul naso.
“Ehi ma
dov’è il mio disoccupato preferito?” chiese poi cercando con lo sguardo Dean,
che si era perfettamente mimetizzato con la stoffa del divano.
“Sono qui!”
disse alzando una mano, e tirandosi a sedere.
“Dai
dolcezza vieni qui anche tu a mangiare un pezzo di questa meraviglia!” lo
chiamò Derek mentre Dafne tagliava la torta.
“è
deliziosa!” disse la ragazza addentandone un pezzo con una espressione di
piacere stampata sul volto.
“Puoi dirlo
forte ragazza! Questa torta è una bomba calorica, non ditelo a Dan però!” disse
sottovoce ai ragazzi riferendosi al suo compagno, il nutrizionista Daniel.
“ A
proposito tra voi due come va?” chiese la ragazza ridacchiando dando un altro
generoso morso alla torta.
“Alla
grande! Voi due piuttosto “ disse rivolgendosi ai due amici “quando vi
deciderete ad innamorarvi?”
“Ehmm diciamo, mai?” disse Dean prendendo il suo pezzo di
torta e tornando a sedersi sulla poltrona come se volesse fuggire da quella
conversazione.
“Non
guardare me Derek. Sai che io e l’amore non andiamo per niente d’accordo!”
disse la donna affogando i suoi pensieri nella torta.
“Ah ragazzi
non so proprio cosa fare con voi! “ disse l’uomo di colore scuotendo la testa e
dirigendosi verso la porta.
“Ora devo
scappare,Dan mi sta aspettando! Buonanotte ai miei SFIGATI IN AMORE preferiti!”
disse mettendo il pollice e l’indice come a formare una L sulla fronte, e
aprendo poi la porta.
“Buonanotte
e grazie ancora!”Disse Dafne mentre l’uomo usciva dal suo appartamento
lasciandola sola con la sua torta.
Ciaoa tutti!! Ecco un nuovo capitolo ^^ Come vi è
sembrato?? Abbiamo conosciuto altri due personaggi, vi piacciono? Derek è uno
dei miei personaggi preferiti, lo ammetto ^^ Bè ora vogliamo sapere cosa ne pensate
voi, non siete timidi lasciateci una recensione ^^ Vi aspettiamo al prossimo
capitolo! Bacii
P.S.Tra poco posterò una piccola Missing-moment su Halloween sempre di O.F.A.
vi voglio tutti lì a leggereee ^^
Un bussare forte e deciso si udì al quarto pianerottolo del
palazzo. O meglio, quei colpi alla porta sarebbero risultati forti e decisi, se
non fossero stati completamente sovrastati dalla musica proveniente dall’interno
dell’appartamento sulla destra.
Dopo qualche istante la porta si aprì e una stramba ragazza
dai capelli lunghi, rosso fuoco e un abbigliamento tipicamente dark, si
affacciò all’esterno.
“Oh sei tu! Si può sapere cosa vuoi?” chiese poi riconoscendo
la persona che le era davanti, in un tono che, in quanto a ribellione e aggressività,
rispecchiava il suo aspetto.
“Cosa voglio?” fece eco l’ospite indispettita, alzando il
sopracciglio destro “Dovresti smetterla con tutta questa confusione Abby!” spiegò
poi sbuffando, portandosi una ciocca dei lunghi capelli biondi dietro
l’orecchio.
“Confusione?” chiese allora quasi scandalizzata la ragazza
dark, Abby appunto “Questa è musica Lauren! Musica…Ma non mi aspetto che tu lo
capisca!” aggiunse con evidente disprezzo e stizza nella voce, ma l’altra
donna, forse avvezza a quel tipo di conversazioni, sembrò non darci troppo
peso.
“Andiamo Abby! Domani mattina ho una causa importantissima…
Chiedo solo a te e il tuo gruppo di spostare le prove da un’altra parte…”
insistè la donna chiamata Lauren, ostentando una calma che non aveva, cercando di
nascondere la disperazione che al momento la pervadeva.
“Ma sentitela! A trent’anni fa la donna in carriera!”
ironizzò la rossa con una risatina di scherno “Arrivo!!” urlò poi, sentendosi
chiamare dai ragazzi all’interno della casa.
“D’accordo!” disse a quel punto Lauren socchiudendo gli
occhi, tentando di racimolare le ultime briciole di autocontrollo che le
restavano “Lo sai che gli schiamazzi e disturbo della quiete pubblica e
condominiale è punibile per legge?” domandò facendo appello come al solito al
suo preziosissimo lavoro.
“Ahh smettila di giocare a fare l’avvocato!!” esclamò con una
smorfia esasperata Abby, chiudendo con un tonfo la porta letteralmente in
faccia alla bionda.
Ma per Lauren jane Kramer, codici, leggi e arringhe non erano
solo un gioco: lei era un’Azzeccagarbugli di professione.A soli trentuno anni e dieci mesi, si era già guadagnata la fama di
una degli avvocati più in vista di Manhattan, sia per l’intelligenza, la
scaltrezza e la prontezza che mostrava nei processi, e sia per l’ammirazione
che la sua bellezza eil suo fascino,
irrimediabilmente suscitavano. Era alta, slanciata, con due smeraldi al posto
degli occhi e una cascata di platino per capelli.
La porta si riaprì qualche istante dopo, davanti alla figura
di lauren, che presa in contropiede era rimasta immobile dinnanzi all’uscio.
Stavolta però non fu Abby a fare capolino dietro la porta, ma il sorriso
malandrino di Clay Jones, il chitarrista della band e uno dei ragazzi più
ammirati del palazzo.
“Scusala tesoro, ma Abby è un po’… pazza diciamo così!” disse
semplicemente facendole un occhiolino, che lui probabilmente credeva seducente,
per poi richiudere nuovamente la porta.
Lauren alzò gli occhi al cielo sbuffando e iniziando a
scendere rapidamente le scale verso il suo appartamento al primo piano. Sentì
lo slancio iniziale esaurirsi dopo qualche gradino, per poi acquistare di nuovo
velocità nello scatto finale. Appoggiò lentamente la schiena sulla fredda
superficie della porta chiusa e si beò di quell’attimo di pace che il cambio di
canzone della band, concedeva.
Proprio in quel momento la porta affianco a quella
dell’appartamento di Lauren si aprì, rivelando la figura di una donna sulla
settantina, dall’abbigliamento elegante e ricercato e l’espressione vivace e
solare.
“Oh ciao tesoro!” esclamò la donna, chinandosi un pò, quel
tanto che bastasse per controllare lo stato del piccolo bonsai che divideva le
due porte.
“Ciao Zelda!” rispose lauren automaticamente, in un tono più
brusco di quello che avrebbe voluto.
“Questo bonsai è messo davvero male!” esclamò l’anziana
signora, incurante della risposta della bionda “Credi che Dafne potrebbe fare
qualcosa?” chiese poi spostando lo sguardo dalla pianta alla ragazza.
L’interpellata abbassò lo sguardo e osservò per qualche
istante la scena che le si prospettava davanti: Zelda Welles non sembrava
proprio il tipo da vantare il pollice verde. Era una stilista molto affermata, che
aveva cominciato a farsi muovere i primi passi in questo settore tra i collant
e i jeans degli anni ’60 e i pantaloni a zampa di elefante dei ’70, e le cui
creazioni rifornivano da almeno trent’anni le migliori boutique di Manhattan.
Da qualche anno si era ritirata nel suo appartamento del primo piano del
palazzo, dove accoglieva come apprendisti, aspiranti stilisti, tra cui Horace e
Violet, la quale per poter essere sempre disponibile per la sua mentore, si era
addirittura trasferita sulla One Fifth Avenue, dividendo l’appartamento con gli
studenti del secondo piano. Per fortuna che c’era lei ad animare quei due
secchioni!
Malgrado la stanchezza e l’irritazione accumulata durante la
lunga giornata, Lauren sorrise, infilò momentaneamente le chiavi nella borsa e
si avvicinò a Zelda.
“Che dici di una chiacchierata e un pezzo di dolce?” offrì
poi tendendo una mano alla signora più anziana, che l’afferro prontamente,
mettendosi di nuovo in posizione eretta.
“Assolutamente si! Ho appena sforzato una nuova ricetta con
arancia e cocco!” esclamò allora, accettando di buon grado la proposta e
aprendo di nuovo la porta di casa. Era da molto tempo che non aveva occasione
di parlare con lei ed era sinceramente un po’ preoccupata per il suo
cagionevole umore. Si, era anche il suo carattere a portarla a preoccuparsi per
tutto e per chiunque, ma con Lauren era una questione diversa: vedeva
nell’avvocato la figlia che non aveva mai avuto.
“ti avverto però non è una ricetta fantastica… nel caso poi
puoi bussare da derek!” rise Zelda, entrando in casa, prontamente seguita dalla
donna più giovane.
“Si l’avevo valutato… Ma il problema è che non sai mai se ti
apre il cuoco o il dietologo!” scherzò di rimando la bionda alludendo a Derek
Coleman e Daniel Eyre, rispettivamente cuoco e dietologo, inquilini del quinto
piano.
Era sempre stato oggetto di scherzo il fatto che un cuoco e
un dietologo potessero condividere un appartamento insieme, ma a dire la verità
il fatto che un piano più su si fosse trasferito un misterioso uomo agli arresti
domiciliari, aveva diminuto notevolmente le chiacchiere sul loro conto. E poi
c’era il gruppo di stilisti, gli studenti esauriti, la band che produceva
esaurismo… il palazzo della one Fifth Avenue sembrava vederne ogni giorno di
tutti i colori. -Ci si potrebbe scrivere una storia-, pensò Lauren sorseggiando
il tè nel lussuoso salotto di Zelda, - strapperebbe un sorriso al più cupo dei
lettori- . magari un giorno l’avrebbe fatto sul serio. Tra una causa e
l’altra…per una buona causa!
Spazio dell’autrice
Ragazzi!! Dopo lo splendido capitolo di Ofelia, sono tornata
anch’io a scrivere qualcosa su questa storia! Spero vi piacciano i nuovi
personaggi introdotti e che vi sia piaciuto il capitolo!!
“Te l’ho già
detto un centinaio di volte. Devi tenerla al sole, altrimenti è ovvio che si
secca!” disse Dafne spazientita versando un fialetta contenente del liquido
verde in una pianta.
“Lo so, lo
so. Puoi salvarla?” chiese l’uomo guardandola.
“Certo che
posso salvarla!” rispose la ragazza guardando l’uomo con risolutezza “Ma tu
ricordati di metterla vicino alla luce, la prossima volta potremo non essere
così fortunati.” Aggiunse scuotendo la testa.
“Oh grazie
Daff sei la migliore!” disse Jin, il portiere di origini coreane lasciando un
sonoro bacio sulla guancia della ragazza. L’uomo le voleva davvero un gran
bene,Certo Jin era affezionato a gran parte degli abitanti del palazzo, li considerava
un po’ tutti come suoi figli, anche se lui era forse molto più giovane di
alcuni di loro. Era infatti difficile attribuire un età al suo volto dai
lineamenti asiatici, e lui non aveva mai voluto ammettere la sua vera età, le
stime si aggiravano intorno ai 40 e i 50 anni senza essere mai dissentite. “Sai
quanto ci tengo a questa pianta!” aggiunse prendendo il vaso e spostandolo
verso il davanzale della finestra nel piccolo appartamento del piano terra del
palazzo.
“Certo! È
stata la prima pianta che ho venduto quando ho aperto il negozio!” disse la
ragazza sorridendo.
“Eh già.
Sembra ieri che tu e Dean vi siete trasferiti qui sette anni fa…” disse l’uomo con lo sguardo perso nel vuoto mentre si
perdeva nei meandri dei ricordi.
“Già e
invece sono passati già sette anni.” Disse la ragazza anche lei ricordandosi la
figura di lei ventenne che da un paesino campano si trasferisce a Manhattan per
cercare fortuna.
“Su dai
adesso smettiamola di fare i sentimentali, già tutti nel palazzo dicono
cheio e te abbiamo la lacrima facile”
disse l’uomo scuotendo la testa per liberarsi dei pensieri che gli avevano già
inumidito gli occhi.
“A proposito
hai saputo chi è tornato?” aggiunse, avvicinandosi alla donna e abbassando
notevolmente il tono della voce.
“No. Chi è
tornato?” le fece eco la donna abbassando anche lei la voce e avvicinandosi con
fare cospiratorio al portiere.
“Non lo sai?
Non te ne ha parlato Lauren?Voi due
state sempre insieme” continuò l’uomo rivolgendo uno sguardo sorpreso alla
mora.
“No. Veramente
non vedo Lauren da diversi giorni… “ rispose la
ragazza attendendo una risposta dal coreano.
“Bè non ci
arrivi?” replicò l’uomo guardando gli occhi nocciola della ragazza. “Tornato, Lauren… non ti fanno pensare a niente?”
“No! Dai ti
prego Jin, lo sai che non sono brava in queste cose. Non tenermi sulle spine.”
Rispose spazientita.
“Ma è Neil
Collins sciocchina!” esclamò l’uomo sorridendo alla donna e riprendendo il suo
naturale tono di voce.“Il fratellastro
di Lauren è tornato, dopo il suo viaggio a Philadelphia, ed è tornato a vivere
con sua sorella.” Si affrettò a riportare tutto quello che aveva sentito negli
ultimi giorni.
“Ah…” disse la ragazza ripensando a quel ragazzo che non
rivedeva da tempo.
“Ah? Solo
ah?” disse l’uomo rivolgendo uno sguardo eloquente alla giovane.
“Bè cosa
dovrei dire?” Le chiese la ragazza
“Andiamo
Daff, Il bel fratello della tua migliore amica è tornato e tu dici solo ah?
Guarda che lo so che sei follemente innamorata di lui...”
“No tu non
sai niente!” lo fermò Dafne con la voce molto più alta del normale. “ è una
vecchia storia ormai. E adesso scusami ma devo andare a lavoro!” disse uscendo
a grandi falcate dal portone del palazzo.
Aprì la
porta del negozio, era pronta a buttarsi nel lavoro e decisa a non pensare a
quello che aveva appena detto Jin, ma appena entrò trovò Brendon, nascosto
dietro ad un enorme pianta grassa esclamare:
“Ehi Daffy
sai chi è tornato?” la ragazza, pensando che si trattasse di affari di lavoro
rispose sorridendo
“No, chi? Oh
mio Dio non dirmi che è tornata la signora Parker a lamentarsi per i fiori? Te
l’avevo detto che non dovevamo darle quei…”
“Nono, alla
signora Parker è piaciuta tantissimo la composizione. Tranquilla. “ rispose
fermando il flusso di parole di panico della ragazza.
“Oh allora è
stata la Morris?” chiese ancora più preoccupata.
“No. Non sto
parlando di lavoro. Mi riferivo al palazzo. È tornato Neil” dichiarò infine
credendo di mettere fine alle preoccupazioni della ragazza.
“Ah si me l’ha detto appena detto
Jin” disse la ragazza tagliuzzando i rami secchi di una piccola piantina
cercando di mostrarsi più disinteressata possibile. In quel istante la porta
del negozio di spalancò e fece il suo ingresso Derek, l’eccentrico pasticciere omosessuale
del palazzo.
“Buongiorno
Miei dolci fiorellini di campo, è arrivata la colazione!” esclamò sfoggiando
quello che aveva in mano, muffin al cioccolato e due tazze colme di caffè
bollente.
“Grazie!
Derek il cioccolato è proprio quello che mi ci vuole in questo momento!”
rispose la ragazza addentando un muffin ancora caldo.
“Questo ed
altro è per il mio amore!” Rispose bevendo un sorso di caffè.
“Ragazzi,
non immaginerete mai chi ho incontrato per le scale mentre venivo qui da voi!”
disse poi sorridendo impaziente di raccontare lo scoop ai due ragazzi.
“Chi?”
rispose prontamente Brendon mentre mangiava anche lui il suo muffin.
“Neil
Collins, ragazzi!Ma voi sapevate che era tornato? “ eslamò
ridacchiando pensando di aver dato una notizia inedita.
“Si, sei la
terza persona che me lo dice nel giro di venti minuti” disse la ragazza bevendo
un sorso di caffè.
“Bè ma è una
notizia sensazionale. All’inizio ammetto che quasi non lo avevo riconosciuto,
ma poi ho guardato i suoi occhi, e bè solo lui può avere degli occhi così
belli. Siete proprio sicuri che sia etero?” le rispose Derek con uno strano
luccichio negli occhi.
“Oh si. E il
via vai di donne nella galleria d’arte te lo conferma.” Gli rispose Brendon
ridacchiando.
“Peccato. “
disse l’uomo di colore sospirando. “Bè vi lascio lavorare miei dolci boccioli,
Ci si vedete! “ aggiunse prima di uscire dal negozio.
La giornata
lavorativa trascorse come al solito per Dafne. Alle diciotto quando finalmente poté
attaccare alla porta la scritta CHIUSO si diresse verso casa sua a passo
strascicato. Si fermò a controllare la cassetta della posta: conti fa pagare
del negozio, pubblicità, e delle lettere indirizzate al suo amico. Come lei
qualcun’altro stava controllando la sua posta, Alexandra.
“Ti hanno
finalmente mandato lo sfratto esecutivo?” disse con il suo solito tono acido
rivolgendosi alla ragazza.
“E a te
hanno mandato una busta piena di antrace?” le rispose per le rime la ragazza
andando contro la sua natura, quella donna riusciva a far scattare la parte
peggiore di lei.
“Così mi
piaci fioraia. A proposito hai saputo chi è tornato?” disse la donna infilando
nella borsa le lettere che le erano arrivate.
“A proposito
sai che non mi interessa?” rispose la ragazza che non aveva sentito pienamente
le parole dell’altra.
“Oh io
invece credo di si. È tornato Neil Collins, il fratellino della tua amichetta.”
Le disse ignorando le parole di Dafne.
“Ah si lo
sapevo già, Grazie per l’informazione!”disse passando oltre Alex e iniziando a salire i gradini cercando di
calmarsi.
“Se vuoi domani
sera a cena te lo saluto” aggiunse in tono sempre più provocatorio. Dafne si
bloccò e si girò verso la hostess rivolgendole uno sguardo truce.
“Oh si, ci
siamo incontrati questa mattina e mi ha invitato a cena. Sai non mi
dispiacerebbe diventare una suo intima amica. Non so se mi spiego” aggiunse
acidamente la donna dagli occhi azzurri. Senza parlare Dafne le diede le spalle
e furiosa continuo la sua salita verso il suo appartamento. Aprì la porta e ci
si catapultò dentro decisa a lasciarsi alle spalle tutto quello che era
successo nella giornata.
“Ehi Dafne
sei qui! Indovina chi è tornato?” disse Dean sorridendo alla ragazza.
“Sisi è Tornato Neil. Ho capito! Perché tutti quanti
continuate a ripetermelo! Fareste prima a mettere dei volantini!” rispose secca
la ragazza gettando a terra la borsa quasi urlando.
“Veramente
io mi riferivo al personaggio del telefilm che stavo guardando.” Disse il ragazzo
confuso dalla sua reazione.
“Oh Scusami
mi dispiace così tanto. Non avrei dovuto risponderti in quel modo” disse
pentita la ragazza accarezzando la guancia del suo amico. “Ma da questa mattina
non fanno altro che ripetermi che Neil Collins è tornato!” aggiunse sospirando
e scuotendo la testa.
“Tranquilla
Dafne, non fa niente. Ma Aspetta cosa hai detto? Neil è tornato? Neil il
fratello di Lauren?” chiese Dean analizzando le parole appena dette dalla sua amica.
“Si” disse
la ragazza versando un bicchiere di succo d’arancia.
“Ma cosa è
tornato a fare? Non stava bene a Philadelphia, quel Van Gogh dei poveri?” disse
quasi arrabbiato il ragazzo. Tra lui e Neil c’era sempre stato astio, forse
perché Dafne, la sua adorata amica aveva sempre avuto un debole per lui.
“Bè avrai
modo di vederlo spesso, dato che vivrà proprio nel appartamento di fronte al
nostro con sua sorella!” disse la ragazza rivolgendo un sorriso al suo amico.
“Fantastico!
“ aggiunse il ragazzo alzando gli occhi al cielo e tonando alla sua cara
poltrona e alla sua adorata Tv.
Salve!!
Allora che ne dite di questo capitolo? Io ammetto che ne sono abbastanza
soddisfatta. Ringrazio come sempre tutti quelli che ci lasciano i commenti e ci
danno il coraggio per andare avanti! Ma ringrazio anche tutti i lettori
silenziosi! Baci! Al prossimo capitolo!
Dafne era
placidamente addormentata sul divano, che stranamente non era occupato dal suo
amico. Stava Cercando di approfittare di quel pomeriggio non lavorativo per
riposarsi dopo una mattinata intensa e una notte precedente passata insonne.
*drindrindrindrin*
fu questo il suono che interruppe il sonno della giovane donna facendola sobbalzare dal divano
rischiando quasi di cadere a terra. Stropicciandosi gli occhi e spalancando la
bocca in un uno sbadiglio imitando alla perfezione un ippopotamo che rivendica
il suo territorio si avviò barcollando alla porta.
“Ehilà
bocconcino, che ci fai ancora vestita così? È tardi!” disse Derek sorridendo
serafico alla ragazza e facendosi strada entrando nell’appartamento posando il
pesante borsone da palestra sul pavimento.
“Oh ehmm scusa Derek, mi sono addormentata…”
si scusò la ragazza portandosi una mano alla testa dolorante per il brusco
risveglio.
“Sono le
sei! Sbrigati o faremo tardi per la nostra lezione di pilates!” esclamò l’uomo
di colore quasi istericamente.
“Non me la
sento oggi! Credo che per dovrai andare da solo…”disse Dafne avvicinandosi al cassetto dove
tenevano i medicinali in cerca di un’aspirina.
“No. Non
puoi abbandonarmi così! Cosa ci vado a fare in palestra se non posso commentare
insieme alla mia fioraio preferita tutti i lati B che vedo?” disse cercando di
convincere la ragazza.
“Mi dispiace
Derek ma per sta volta passo!” disse ridacchiando la ragazza scuotendo la testa
e chiudendo con rabbia il cassetto.
“Bè allora
passo anche io!” disse l’uomo avvicinandosi alla giovane che si stava
massaggiando le tempie. “Ti senti bene Daffy?” le chiese mettendo una mano tra
i capelli mori della ragazza.
“Si è solo
un leggero mal di testa! Ultimamente non riesco a dormire…”
disse rivolgendo un dolce sorriso all’uomo.
“Bè, allora
non è niente che non si possa curare con una bella fetta di torta cioccolato!”
annunciò l’uomo sorridendo parlando della sua medicina preferita.
“ Già!”
rispose la ragazza ridacchiando.
“Dato che la
palestra è saltata, vado subito a mettermi al lavoro per far tornare il tuo
luminoso sorriso sul tuo fantastico visino. A dopo girasole!” disse l’uomo
scoccando un sonoro bacio sulla guancia della ragazza prima di dirigersi alla
porta a passo di danza.
“A dopo
tesoro!” lo salutò la ragazza continuando meccanicamente il movimento rotatorio
con l’indice sulle sue tempie.
“Ehi ma era
la voce di Derek quella o l’ho immaginata?” disse Dean facendo il suo ingresso
in cucina con un asciugamano intorno alla vita, i capelli bagnati e gli occhi
verdi leggermente arrossati dal vapore della doccia.
“Si era
venuto a prendermi per la nostra lezione di pilates” spiegò la ragazza.
“Ah già è
vero, Il pilates” replicò il ragazzo pronunciando con enfasi la parola pilates.
“Come mai non sei andata?” chiese poi aprendo il frigorifero ed estraendo la
limonata che poco prima aveva preparato la ragazza.
“Non sono
dell’umore adatto per il pilates. E in più la testami fa così male che potrebbe scoppiarmi!”
disse la ragazza mentre il suo volto si contraeva in un’espressione di dolore.
“Prendi
un’aspirina, ti sentirai meglio!” esclamò il ragazzo bevendo un sorso della
bevanda.
“Ah davvero?
Non ci avevo pensato!” disse la ragazza con sarcasmo.
“Cercavo
solo di esserti da aiuto!” disse il ragazzo alzando le mani
“Non ce la
faccio più a sopportarlo! Vado a chiedere a Lauren se ne ha una!” disse la
ragazza ignorando il giovane e uscendo dall’appartamento sbattendo la porta.
Con un
assurdo vestito a fiori fucsia che solitamente usava per casa, le ciabatte di
peluche, i capelli arruffati dopo il suo sonnellino pomeridiano ed il trucco
sbafato si diresse all’appartamento di fronte al suo, quello di Lauren, la
bionda avvocato che fin dal primo anno in cui si era trasferita era diventata
una delle sue più grandi amiche. Suonò il campanello e pazientemente attese che
qualcuno le aprisse. Dopo quasi un minuto di attesa, riprese a suonare, questa
volta a suoni ripetuti e ravvicinati, mentre con l’altra mano si teneva la
fronte che pulsava dolorante, e gli occhi serrati per cercare di contenere il
dolore lancinante. Passarono ancora diversi secondi, prima che la porta si
aprisse.Sentendo la porta spalancarsi
Dafne cercò di sforzarsi per aprire gli occhi e la scena che le si presentò
davanti fu del tutto inaspettata. Neil il fratello di Lauren, le stava
sorridendo appoggiato allo stipite della porta, indossava i suoi soliti
pantaloni neri dal taglio elegante ed una canottiera bianca segnata da diverse
macchie di colore, forse i colori che usava per i suoi quadri e un bicchiere di
vino in mano.
“Dafne! Da
quando tempo è che non ci vediamo?” disse con il suo solito tono di voce caldo
e suadente. La ragazza rimase ancora a fissarlo, stregata da quell’improvvisa e
inaspettata visione che però contribuì a farle passare il mal di testa.
“Neil! Sei
tornato!” disse ritornando alla realtà sorridendo, cercando di non apparire
imbarazzata e impacciata.
“Si! Ma
prego entra! È davvero un piacere vederti!” rispose il giovane invitando la
ragazza a entrare e chiudendo la porta alle sue spalle.
“Si anche
per me. Ti-ti trovo bene!” farfugliò la ragazza
mentre le sue guance cominciavano a tingersi di un brillante color porpora.
“Bè potrei
dire lo stesso di te. È solo un anno che non ci si vede, ma mi sembrano passati
secoli. Ma cercavi Lauren?”
“Oh…”
farfugliò la ragazza, la visione di Neil le aveva fatto dimenticare il suo mal
di testa e il motivo della sua inaspettata visita. “Si…ehmm… avevo bisogno di un’aspirina” concluse la
ragazza.
“Ti senti
bene?” si avvicinò il ragazzo preoccupato.
“Oh si
certo, sto, sto bene. è solo un leggero mal di testa.” Mentì la ragazza, forse
non era solo il mal di testa la causa del suo mal essere ma la vicinanza a quel
ragazzo tanto bello quanto pericoloso per lei.
“Vado subito
a prendertela.” Disse il ragazzo scomparendo per qualche istante per poi
tornare con la scatolina arancione delle pillole.
“Tieni”
disse dolcemente porgendole la pastiglia con un bicchiere d’acqua. La ragazza
prese la medicina accompagnando il tutto con una smorfia infantile che fece sorridere
Neil. In quel momento la porta si spalancò e Lauren fece il suo ingresso nel
appartamento.
“Ciao Neil,
Oh ciao anche a te Daffy!” salutò i due ragazzi. “Come mai qui?” non che la
presenza di Dafne nel suo appartamento fosse strana, trascorreva molto tempo
con la sua amica.
“Oh avevo
bisogno di un’aspirina per il mio fastidiosissimo mal di testa.” Spiegò in
fretta la giovane accennando un sorriso. “Ma ora devo scappare!”
“Eh no
bella! Ormai sei qui, e devi assolutamente fermarti a cena!” disse la bionda
con un tono di voce che non ammetteva repliche.
“Lauren ti
ringrazio ma non voglio disturbarvi, tu sei appena tornata da lavoro sarai
stanca” disse la ragazza
“Daffy,
forse non hai capito. Il mio non era un invito, tu resti a cena da noi” replicò
la bionda scherzosamente.
“Bè se la
metti così devo accettare” si arrese Dafne lasciandosi cadere sul divano color
panna dell’amica.
“Perfetto,
ora si che ragioniamo! Neil tu potresti cucinarci il tuo famosissimo risotto!”
aggiunse rivolta al fratello.
“Lauren
sarei felicissimo di cucinare per voi, ma purtroppo ho un appuntamento questa
sera, e sono già sull’orlo del ritardo” disse guardando l’orologio.
“Dove vai di
bello?” chiese poi la sorella.
“A cena da
Alexandra” disse semplicemente il giovane prima di scomparire nella sua camera.
“Bè a quanto
pare questa sera a cena saremo solo noi due!” disse la bionda rivolgendosi a
Dafne il quale viso cominciava a incupirsi. Da un lato era felice di non dover
combattere contro se stessa per tutta la serata, ma dall’altro sentiva la gelosia
che le mordeva il cuore tanto da non riuscire quasi a sopportarla.
“Che ne dici
di ordinare una pizza?” le chiese la bionda cercando di far tornare alla realtà
la mora che se ne stava con lo sguardo fisso, perso in un punto immersa nei
suoi tristi pensieri.
“Oh… si dico
che è una fantastica idea” disse scuotendo la testa come a voler far cadere i
suoi oscuri pensieri.
“Ragazze io
vado! Ciao”
“Ciao
divertiti!” lo salutò Lauren
“Ciao” disse
pallidamente Dafne guardando il ragazzo uscire dal appartamento per raggiungere
la sua Alex.
Salve
ragazze, scusate il ritardo ma ho passato delle settimane da incubo… ma eccoci qui più forti di prima!! Ecco il nuovo
capitolo cosa ne pensate? Vi ricordo la missing
moment di Natale che ha scritto Ofelia, All
I Wantfor Christmas isYouvi metto qui l’indirizzo mi raccomando tutti
a leggerla e a commentare!! ^^