Don't you remember me?

di Little Dreaming Writer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A meaning all over this... ***
Capitolo 2: *** Good luck my dear… ***
Capitolo 3: *** How to dream again... ***



Capitolo 1
*** A meaning all over this... ***


Italia. 25 Novembre. 23:00.
 
Era sera, tardi. La pioggia ticchettava sulla finestra della sua camera, come a tempo di musica. Una musica che non c’era, ma che suonava da ore ormai.
Lei non sembrava nemmeno essersene accorta.: da quando era entrata in camera non aveva pensato ad altro che alle sua valigia da preparare. Aveva messo dentro quanto più poteva, ma ancora non le bastava.
Non sapeva quanto sarebbe stata via. Non le importava più di tanto. Voleva solo arrivare là pronta per qualunque evenienza.
Un lampo illumino improvvisamente la stanza, facendola sobbalzare.
‘Allora sta piovendo…’ disse avvicinandosi alla finestra. Guardò di fuori e vide una coppia, seduta sotto un portico, scambiarsi un bacio.
Gl’occhi le si annebbiarono, e nella mente le balenò un ricordo.
 
*FLASHBACK*
 
Era una calda notte di Luglio. Erano sdraiati in un campo di grano. Guardavano le stelle.
“Eli…” la voce di lui aveva sovrastato il rumore dei grilli.
‘Sì Shawn?’
“No, niente…”
Lo guardò stupita. La sua voce, prima spensierata, si era fatta improvvisamente seria.
‘Che c’è che non va?’
“No, è solo che…” la sua voce si fece triste.
‘Shawn! Cosa ti è successo?’ gli chiese preoccupata, girandosi su un fianco.
“Niente. Stavo solo pensando che… domani devo ripartire.”
‘C-COSA?!’ disse mettendosi a sedere ‘Si può sapere perché non me l’hai detto prima?!’ Gli occhi le erano diventati lucidi.
Si mise a sedere anche lui “Non lo so… capisco che tu sia arrabbiata.”
La guardò negl’occhi e le sorrise dolcemente. Poi le si avvicino e le carezzo il volto, scostandole i capelli da davanti agl’occhi.
‘… Non sono arrabbiata. Solo non me l’aspettavo…’ Abbassò lo sguardo e due lacrime le rigarono il volto.
“No, ti prego, non piangere!” così dicendo la strinse forte in un abbraccio.
Ci fu un lungo silenzio.
‘…non voglio che tu te ne vada. Ti prego! Rimani!’
Tornò a guardarla negl’occhi. “Lo sai anche tu che non posso…” e così dicendo le prese le mani. “Ma ti prometto che ci rivedremo. E succederà prima di quanto pensi.” Le sorrise.
Lei fece lo stesso, poi appoggiò la testa sulla sua spalla. ‘Ti amo Shawn… forse per te non significo molto, ma tu per me sei importantissimo e…’
Non fece in tempo a terminare la frase che lui le aveva preso il viso tra le mani e l’aveva baciata.
Quello fu un lungo bacio. Il suo primo bacio…
Quando la lasciò riaprirono gl’occhi e tornarono a fissarsi, entrambi con un sorriso dolce e imbarazzato sul viso.
“Ti basta questo come risposta?”
‘Risposta a cosa?’ disse ancora scioccata da quel bacio.
Lui scoppiò a ridere e la abbraccio. “Ti amo anch’io, Elisa. Ti amo anch’io…”
Restarono abbracciati, sotto le stelle.
 
*STORIA*
 
Era passato più di un anno da quella notte.
Ma lei non lo aveva dimenticato, non poteva dimenticarlo. Come non poteva dimenticare quello che le aveva detto: “…Ma ti prometto che ci rivedremo…”
E ora, finalmente, aveva la possibilità di rivederlo.
Improvvisamente sentì una musica provenire da dietro di lei: il suo cellulare, affondato nel cuscino, stava suonando.
Sospirò e si stacco lentamente dal vetro appannato della finestra.
‘Pronto’
“Eli, sono io! Katy!” la voce squillante della sua miglior amica quasi la assordò.
‘Dimmi, che c’è Katy?’
“Volevo sapere quando parti per il Giappone.”
Si avvicinò alla scrivania e prese il biglietto aereo appoggiato sopra una pila di libri. Lo lesse attentamente: ‘Domattina alle 6:45 dall’aeroporto di Reggio, perché?’
“No, è che volevo venirti a salutare…”
‘E’ gentile da parte tua.’
…seguì un attimo di silenzio.
“Però, sei stata davvero fortunata: non capita tutti i giorni di vincere una borsa di studio e un viaggio di studio in una scuola straniera…”
La sua faccia si fece scura. ‘Sai bene che la fortuna no centra niente! Me lo sono meritata! E ci mancherebbe altro visto quanto ho lavorato.’
L’amica si mise a ridere, quasi a contrastare la freddezza della sue parole. “Mi ricordo. Stavi su quella tesina giorno e notte… ma alla fine hai ottenuto ciò che volevi. E ora stai per partire per Hokkaido…”
‘Già…’ era tornata a sorridere.
Ripensò a agl’ultimi tre mesi, passati a leggere e trascrivere, cancellare e riscrivere, all’infinito, senza mai fare una pausa… mai… a volte nemmeno aveva dormito. Ma era arrivata al suo scopo: aveva vinto; sarebbe andata in Giappone e, cosa più importante, lo avrebbe rivisto.
‘Ora ti lascio Katy. Devo finire la valigia…’
“Non ti preoccupare. Ci vediamo domani mattina.”
Mise giù in tutta fretta e, dopo aver nuovamente lanciato il telefono sul cuscino, termino di fare la valigia. Ci si sedette sopra per chiuderla ‘Avanti, stupida scatola! Chiuditi! Non ho tempo da perdere IO!’
Niente da fare. Lo sguardo le cadde sul suo piccolo computer nero, acceso sopra alla scrivania.
Scivolò lentamente giù dalla valigia, lasciando che questa si riaprisse, e si avvicino alla sedia di legno davanti al computer. Controllò la sua casella di posta… assolutamente vuota.
Sospirò tristemente, ripensando alle mail che gli aveva scritto, e alla sua risposta… che non era mai arrivata e che continuava a non arrivare.
’…forse non ha avuto tempo di guardare la sua casella di posta.’ cercò di rassicurarsi. Ma l’idea che lui l’avesse dimenticata le martellava in testa. Non riusciva a non pensarci.
Due lacrime le corsero giù per e guance, rigandole il volto di matita nera per gl’occhi, e caddero sulla scrivania.
“Non può avermi dimenticata… non dopo quello che è successo.”
Si alzò lentamente e guardò le foto appese alla parete: una ventina di foto di quell’estate, e di quele tre settimane… solo loro due.
Chiuse gl’occhi e, con la mano sinistra, strinse il braccialetto che portava al polso destro… non lo aveva mai tolto da quel giorno, all’aeroporto.
Accennò nuovamente un sorriso ‘… no. Ne sono sicura.’
Rimase immobile per qualche secondo; poi si sedette nuovamente sulla valigia e ci saltò sopra finche non riuscì a chiuderla. La alzo e la mise vicino al letto.
Tirando un profondo sospiro, si avvicinò al comodino, regolò a sveglia per le 3:30 del mattino e si infilò frettolosamente il pigiama.
Alzò le coperte e si mise sdraiata su un fianco, verso la finestra, facendo affondare la testa nel cuscino, tra i lunghi capelli castani lavati da poco.
Guardò la sveglia per l’ultima volta: 4 ore di sonno soltanto… le era già capitato, anzi. Aveva dormito anche meno…
‘Dormirò domani in aereo…’ si era ripromessa prima di chiudere gl’occhi.
Bastarono pochi minuti perché cadesse in un sonno profondo.

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Capitolo 2
*** Good luck my dear… ***


Italia. 26 Novembre. 3:30
 
Un forte rumore si alzò nella sua stanza. La sveglia…
Lei allungò una mano a la spense. Aprì gl’occhi e si alzò di scatto.
‘Oggi… oggi è il grande giorno!’
Saltò giù dal letto. Corse verso l’armadio e, dopo averlo spalancato, buttò le mani avanti e cominciò a rovistarci dentro.
'Avanti! Che fine avete fatto?! Ieri eravate qui…’ disse, e cominciò a buttare all’aria quei pochi vestiti rimasti nell’armadio. ‘FINALMENTE!’ esultò trovando la sua gonna azzurra e la maglia a righe.
Con i vestiti sotto braccio, aprì i cassettoni sul fondo della armadio e tirò fuori i suoi stivali bianchi.
Afferrò il suo beauty-case e corse in bagno alla velocità della luce, facendo sbattere le porte e svegliando i suoi genitori; i due, alzatisi di soprassalto, fissarono a porta della camera
“… chi è a quest’ora?” chiese il padre con voce scocciata.
“Chi vuoi che sia… l’unica nostra figlia che deve partire per il Hokkaido tra meno di tre ore.” Sua madre era più comprensiva. Si alzò e si avviò verso l’armadio bianco che stava in fondo alla parete.
“Che fai, già ti prepari?” la aveva chiesto il marito stropicciandosi gl’occhi.
“Certo. È il suo grande giorno o no oggi? Dobbiamo accompagnarla noi, e credimi, ci metterà massimo mezzora a prepararsi.”
Anche il padre scese dal letto, sebbene contro voglia, e cerco i vestiti nella sua parte di armadio.
Intanto lei si era già fatta la doccia, si era vestita e si era anche già truccata: un po’ di ombretto chiaro, mascara nero, una sottile linea di matita e un po’ di lucidalabbra rosa. Esattamente come quando si erano conosciuti. Niente di più…
Si sistemo i capelli con un largo cerchietto argento, lasciando un ciuffo quasi davanti agl’occhi sulla destra.
Si guardò attentamente allo specchio ‘OK… così dovremmo esserci.’
Tirò un sospiro, quasi come se avesse trattenuto il fiato fino a quel momento, il respiro le si fece affannoso e gl’occhi e si fecero improvvisamente lucidi.
‘E se non dovesse riconoscermi? … forse ho esagerato col trucco.’
Continuò a fissare la sua immagine riflessa nel grande specchio davanti a lei per pochi secondi, con lo sguardo vuoto.
Tornò in sé quando il suo gatto le si strisciò su una gamba. Lo carezzò, lo prese in braccio e, uscita dal bagno, torno in camera sua.
Messo il suo piccolo amico sul letto, prese la grande borsa di tela che le aveva regalato il fratello per il compleanno.
Staccò a spina del suo PC dal muro e lo infilò nella borsa, poi ci mise l’I-Pod, le cuffie e varie prese di carica. Infine mise con cura il biglietto aereo nella tasca interna, con il portafogli e il cellulare.
‘Ci siamo, amico.’ disse rivolgendosi al gatto, sdraiato sul suo letto ‘Io sto per partire per il Giappone, dove rivedrò l’amore della mia vita, mentre tu avrai a disposizione la mia stanza per dormire.’
Il gatto le miagolò in risposta.
Lei sorrise ‘Però non devi dire a nessuno di chi mi sta aspettando… almeno teoricamente, a Hokkaido, chiaro?’
Il gatto la guardò come se le stesse sorridendo: sembrava dirle “Il tuo segreto è al sicuro!”…
Lei, dopo una breve risata, era tornata seria.
L’idea che lui l’avesse dimenticata le era tornata in testa… probabilmente non se n’era mai andata; ma prima non ci pensava.
Mise il beauty-case nella valigia e, dopo averla chiusa a fatica, afferrò frettolosamente la borsa e si avvicinò alla porta.
Diede un’ultima occhiata alla parete tappezzata delle loro foto... Avrebbe voluto piangere ma non ce n’era motivo.
Socchiuse la porta e scese velocemente le scale del corridoio, arrivando in sala. Erano tutti lì ad aspettarla: i suoi genitori, suo fratello minore e Katia…
‘S-sono pronta… vogliamo andare?’
La madre la guardò con le lacrime a gl’occhi “Certo tesoro. Prendi la giacca e andiamo.”
Afferrò la lunga giacca grigia ed usci a braccetto con l‘amica.
“Sei pronta, Eli?” le chiese Katia quando furono salite in macchina.
‘C-certo…’ la sua voce era tremolante per l’emozione.
Salirono tutti in macchina e partirono. Era un’ora di viaggio da lì a Reggio Emilia. Per suo fratello a Katia fu un’ora di sonno indisturbato, ma per lei fu un’ora di raccomandazioni da parte dei suoi genitori… “Mangia qualcosa in aereo… copriti bene… non dare troppa confidenza agli sconosciuti… stai attenta a non perderti… stai attenta a non farti male se vai a pattinare… cerca di studiare un po’…” non stettero in silenzio un attimo.
Ma lei, persa a guardare fuori dal finestrino, quasi non se n’era accorta.
Aveva pensato a lui per tutto il viaggio. Stava andando a Hokkaido, all’Alpine Junior High, ma l’avrebbe incontrato?
“Elisa, ma mi stai ascoltando?!” la profonda voce del padre l’aveva riportata alla realtà…
‘Eh? Sì, sì. Certo.’
Guardo nuovamente fuori dal finestrino. Erano già nel parcheggio dell’aeroporto.
Svegliati il fratello e l’amica, scesero tutti prontamente dalla macchina e, presa la sua valigia, corsero all’ingresso dell’aeroporto, l’accompagnarono a spedire la valigia, e poi fino all’imbarco.
“Sei pronta tesoro?” le chiese la madre.
‘Credo… credo di sì.’
“Bhe… allora buon viaggio sorellona.”
Li guardò, con le lacrime agl’occhi. Li abbracciò tutti, uno dopo l’altro, e li vide scoppiare a piangere…
‘Non sto per morire, vado solo a fare un viaggio d’istruzione…’ anche lei ora piangeva, senza curarsi del trucco.
“Già… ma è l’emozione…” aveva risposto la madre.
< Ultima chiamata per il volo 12 > era il suo.
Salutò  per l’ultima volta la sua famiglia e Katia, poi si voltò e continuò la sua camminata verso l’aereo.
Ora da sola…
Salì sull’aereo, una Hostess l’accompagnò al suo posto, e si sedette, vicino al finestrino.
Tenne lo sguardo fisso verso la grande finestra dell’aeroporto, da dove loro guardavano l’aereo, finche questo non si fu staccato da terra. A quel punto tirò fuori l’I-Pod e, messasi le cuffie, chiuse gl’occhi.
Sobbalzò improvvisamente, assalita dal dubbio di aver lasciato il suo braccialetto a casa.
Si strinse il polso e, sentendolo, tirò un sospiro di sollievo.
Lo slacciò e, tenendolo in mano, lo fissò con lo sguardo perso nel riflesso della luce nella targhetta a forma di cuore, dove stavano incisi i loro nomi.
Due lacrime la scesero per il volto: ogni volta che guardava quel braccialetto era come se guardasse lui, ed ogni volta che leggeva i loro nomi su quel piccolo cuore d’argento le sembrava che lui fosse lì di fianco a lei.
Chiuse gl’occhi, lasciando che le lacrime le rigassero nuovamente il volto e, con la mente, tornò all’aeroporto… a quel lontano giorno in cui le loro strade si erano divise…
 
*FLASHBACK*

 
< Ultima chiamata per il volo 9 >
L’annuncio dall’alto parlante li aveva fatti sospirare all’unisono.
Erano seduti in quel angolo da mezzora, ad aspettare la chiamata per il suo volo.
“Credo… credo che sia ora che vada…” le disse alzandosi.
Lei abbassò lo sguardo, trattenendo a stento il pianto… nessuno doveva vederla piangere, soprattutto lui.
Trovò finalmente la forza di alzarsi e di guardarlo. ‘A-allora, buon viaggio…’ Cercò di nascondere gl’occhi dietro ai capelli.
“Ehy…” le disse scostandole i capelli dalla faccia e prendendole con delicatezza il viso. “Non devi piangere.”
‘L-lo so ma…. ma…’ abbassò nuovamente il viso e scoppiò a piangere ‘NON CI RIESCO! Shawn! Ti prego, non lasciarmi!’ gridò, e gli si gettò al collo, continuando a piangere, disperata.
Lui la strinse forte a se. “Andiamo… Lo sai che, ovunque andrò, sarò comunque sempre con te…” la allontanò dolcemente e le carezzo nuovamente il volto.
Le alzò lentamente il viso e, quando i loro sguardi si incrociarono, la baciò con la dolcezza di un angelo.
La lasciò con delicatezza e le disse “C’è… c’è una cosa che volevo darti…”
Tirò fuori dalla tasta della giacca una piccola busta azzurra, le prese le mani e gliela lasciò.
Le carezzò ancora una volta il viso, “Ma promettimi che la aprirai solo quando non riuscirai più a vedere l’aereo.”
Lei annui, cercando di sorridergli.
Lui le sorrise e, afferrando lo zaino, si allontanò lentamente…
‘Ci rivedremo… non è vero Shawn?’
Lui annui e si diresse verso l’imbarcò.
Lei continuò a fissarlo finche il suo sguardo riuscì a seguirlo. Poi, stringendo la busta al petto, guardò verso l’aereo, che nel giro di pochi minuti decollò, per poi sparire tra e grigie nuvole in cielo.
Solo allora, piangendo di nuovo, aprì la busta che lui le aveva messo in mano…
 
*STORIA*
 
‘…Ci rivedremo…’
Le sue stesse parole le risuonavano in testa.
Era stata lei a dirlo, ma ora non ci credeva più. Non era sicura che si sarebbero realmente rivisti. In verità non lo era mai stata… solo quando aveva letto di quel concorso, per un attimo, ci aveva sperato…
Ma ora, ora che era partita, aveva perso ogni speranza.
‘No…’ si disse cercando di contrastare quel suo terribile pensiero ‘Io lo rivedrò! Dovessi anche girare tutto il Giappone… Realizzerò il mio sogno…’
Per un attimo ascoltò la musica che veniva dalle sue cuffie, che fino a quel momento era andata a vuoto…  <… You’ll be the prince and I’ll be the Princess. It’s a love story. Baby, just say yes…>
‘Sì… questa sarà la mia ‘Love Story’…’ disse fieramente,asciugandosi le lacrime con un fazzoletto.
Richiuse gl’occhi e il sonno le piombò addosso.

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Capitolo 3
*** How to dream again... ***


Giappone. 27 Novembre. 6:00

 
Una voce dall’altoparlante la svegliò.
Guardò fuori dal finestrino: dove le nuvole si diradavano riusciva a vedere un territorio completamente bianco…
‘Hokkaido!’ disse con la voce piena di felicità.
Dopo 14 ore di viaggio era arrivata…
Il momento della verità si avvicinava sempre di più.
L’aereo atterrò, i passeggeri scesero con calma e si diressero a prendere le valige. Lei riuscì a trovarla quasi subito.
Cercò delle informazioni in giro e poi si diresse verso l’uscita dell’aeroporto, guardandosi intorno, speranzosa di trovarlo lì ad aspettarla.
Aveva il cuore in gola…
Rimase seduta all’ingresso per circa un’ora. Il suo volto si illuminava ogni volta che intravedeva qualcuno coi capelli color del ghiaccio… ma non era mai lui. Di lui non c’era traccia.
Cominciò a pensare che l’avesse seriamente dimenticata…
“Scusa…” una voce femminile la chiamò, fermandola poco prima che si mettesse a piangere.
Si girò e vide una ragazzina castana, con due grandi occhi scuri, una tuta gialla e un bizzarro cappello…
‘Sì?’
“Sei tu Elisa, la ragazza italiana che ha vinto il concorso?”
‘S-sì… perché?’
“Mi chiamo Araya. Mi hanno mandato qui per accompagnarti all’Alpine Junior High.”
La squadrò da capo a piedi e accennò un sorriso.
“Scusa se c’ho messo tanto, ma riuscivo a trovare nessuno che corrispondesse alla descrizione che mi ha dato…”
A queste parole, sembrò risvegliarsi una speranza dentro di lei.
Chi ti ha dato la mia descrizione?’
“Emh… il preside della scuola. Comunque ora è meglio andare…”
Si sentì il mondo cadere addosso.
‘Ah… ok…’ disse abbassando lo sguardo; prese la valigia e seguì  a ragazza.
Quel briciolo di speranza che era tornato a bruciare dentro di lei, si era definitivamente spenta con quel ultima frase che, come una folata di vento gelido, era entrata dentro di lei e aveva congelato il suo piccolo sogno... Tutto il suo lavoro, tutte le fatiche e le pene che aveva passato le sembravano inutili e prive di senso. Il dolore stava lentamente prendendo il sopravvento, e del suo sogno non erano rimasti che pochi, piccoli frammenti, che lentamente stavano volando via con quella folata di vento gelido.
Senza che se ne accorgesse, si trovò davanti all’Alpine Junior High.
Entrò al seguito della ragazza, e trovò ad aspettarla i Commissari che le avevano conferito la borsa di studio qualche settimana prima.
Si sforzò di sorridere mentre la presentavano ai professori e al preside della scuola.
Le chiesero e le dissero tantissime cose, ma lei, sebbene si sforzasse, non riusciva a restare concentrata: qualunque cosa le dicessero, il suo pensiero tornava a lui… continuava a pensare a quanto stava male per colpa sua, e a quanto avrebbe voluto che lui fosse lì ad abbracciarla in quel momento così duro… ma lui non c’era.
Finite le formalità l’accompagnarono in un piccolo appartamento: era lì che sarebbe stata durante il suo soggiorno. Era piuttosto piccolo ma molto luminoso; aveva quattro locali: un bagno, una cucina, una stanza per dormire e un studio, la stanza più grande.
I suoi accompagnatori la lasciarono, socchiudendo la porta. Aveva ancora un’ora circa per sistemarsi e riposarsi un po’ prima delle lezioni.
Attraversò la piccola sala, accompagnata dal rumore dei suoi passi e dai suoi tristi pensieri, appoggiò la valigia sul tavolino e l’aprì.
Si portò una mano ala bocca, per non urlare, e cercò di calmarsi…
‘Non era destino…’ disse quando le sembrò di essersi ripresa ‘… Non era destino che il mio sogno si avverasse… ma non importa. Ce ne sono a milioni di ragazzi nel mondo. Non mi serve lui per essere… f-felice…’ a quel ultima  parola gl’occhi le si riempirono nuovamente di lacrime, e cominciò a sentire un forte dolore… dentro.
Cercò di cancellare qualunque ricordo la legasse, in qualche modo, a lui… quel ragazzo che le aveva spezzato il cuore, dopo averla illusa che l’amore vero potesse esistere…
Le tornarono alla mente le parole di quella canzone…
‘<…You’ll be the prince and I’ll be the Princess. It’s a love story. Baby, just say… yes>’ le canticchiò sotto voce, e subito dopo si sentì ancora peggio.
‘Ma che mi aspettavo?!’ gridò improvvisamente, rompendo il gelido silenzio che regnava nella stanza ‘Che mi aspettavo?! Di aver incontrato il vero amore? E di vivere per sempre felice e contenta insieme a lui? Che idiota sono stata! CHE IDIOTA! L’amore… l’amore vero non esiste… e la vita non è come una canzone… e io mi sono fatta fregare! Lui mi ha teso una trappola e io ci sono caduta dentro come un pollo! Lui! Quel brutto… brutto…’ non riuscì a terminare la frase. Non volle farlo… perché per quanto lui l’avesse fatta soffrire, per quanto potesse dire di detestarlo in quel momento, ne era innamorata… lo era sempre stata, e non riusciva ad odiarlo… in nessun modo e per nessuna ragione.
Scoppiò di nuovo a piangere, disperata, come quel giorno all’aeroporto, quando lui era partito e l’aveva lasciata…
Continuò a piangere, finche non ebbe più lacrime da versare.
Riuscì a calmarsi e si sistemò il viso, asciugandosi le lacrime cariche di mascara dalle guance e riprese a disfare la valigia.
Qualcuno bussò alla porta, rimasta socchiusa.
‘A-avanti…’ disse senza nemmeno girarsi…
“… Guarda un po’ chi si rivede.” La voce terribilmente familiare proveniente da dietro di lei la face sobbalzare, trattenendo il respiro. Ancora non si voltò…
Lo sconosciuto le si avvicino lentamente e, quando le fu appena dietro di lei, le cinse la vita con le braccia, le appoggiò il mento sulla spalla sinistra e le diede un bacio sulla guancia… “Non sai quanto mi sei mancata… Elisa...”
Gl’occhi, ancora rossi di pianto, le si fecero lucidi ancora una volta…
Li chiuse, per assaporare quel momento, così strano eppure così bello e, portando le mani sopra quelle de ragazzo sussurrò, quasi senza fiato
‘Shanw... Shawn, sei… davvero tu?’
Lui la lasciò e si allontano un po’.
Quando lei sentì che la stava lasciando si girò di scatto, e lo fissò con un sguardo al limite tra la sorpresa e il terrore… terrore che non fosse lui…
“Tu che ne dici?” le disse ridendo.
Quando si rese conto che il suo piccolo sogno si stava realizzando, l’espressione sorpresa che aveva in volto si mutò in un enorme e meraviglioso sorriso.
‘SHAWN!’ gridò gettandoglisi al collo e ricominciando a piangere…
Lui la strinse forte a se, come non aveva mai fatto. Quando la lasciò lei gli prese il volto tra le mani, e si baciarono… quello fu il bacio più bello della loro vita.
Lentamente si lasciarono, e vide che anche lui aveva gl’occhi lucidi…
La fissò intensamente, con lo sguardo triste  e quasi supplicante; poi le disse “Mi… mi dispiace molto… non pensavo che ti avrei fatto soffrire così tanto…”
‘Ma di cosa stai… ah. Tu… tu mi hai sentito, mentre pirma…’
“Sì… e davvero, tu non hai idea di quanto mi senta male a sapere che ti ho fatto soffrire. Io… non avevo intenzione di farti stare male… è l’ultima cosa che vorrei, e invece…”
Lei lo zittì, appoggiandogli un dito sulle labbra…
‘Non importa…’ gli sussurrò ‘Non importa più… Ora sei qui come, Shawn, e non ce nient’altro al mondo che vorrei più di questo…’
Fece scivolare la mano dietro al suo collo.
“Ti amo Elisa. Per me, tu sei la cosa più preziosa…”
‘Anche tu Shawn, anche tu…’
Si baciarono di nuovo e rimasero così, abbracciati, nel freddo silenzio della stanza, al di fuori della quale nessuno sapeva di loro…
 
Sognare aiuta a vivere, perché sono i sogni a muovere il mondo… che si avverino a meno, sognare fa bene. Fa bene all’anima e ci fa andare avanti anche quando non c’è più niente per cui lottare… E, a differenza di come può sembrare, sono i sogni più improbabili ad avverarsi… Non smettete mai di sognare.
 
L’autrice…

 

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L'angolo dell'Autrice:

 
Ciao a tutti! Sono l'Aurtice di questa storia (Come se non fosse già ovvio...).
La storia finisce qui, e io vi chiedo: CHE COSA NE PENSATE?
Aspetto vostre recensioni. ^_^
L'Autrice...

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