Un passo dietro l'altro

di emmahp7
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** If you walk out on me ***
Capitolo 2: *** I'm walking after you ***
Capitolo 3: *** I'm on your back ***
Capitolo 4: *** Learning to walk again ***



Capitolo 1
*** If you walk out on me ***


Walking after you

Se mi hai aspettato, questa raccolta è dedicata a te…

 

 

If you walk out on me

 

 

 

Things just won’t do without you,

Matter of  fact

I’m on your back

I’m on your back

I’m on your back

 

If you walk out on me

I’m walking after you

 

Walking after you – Foo Fighters –

 

 

 

 

 

La sera calava quieta dietro le ampie finestre dell’infermeria.

I raggi tiepidi del sole di marzo si nascondevano, timidi, dietro le colline verdeggianti che contornavano Hogwarts; l’orizzonte già si tingeva dei toni più scuri dell’azzurro, tratteggiando il paesaggio circostante con le ombre allungate di alberi e cespugli.

La tranquillità del crepuscolo riempiva l’infermeria quasi deserta col suo respiro disteso. Sembrava che su ogni cosa fosse disceso un manto spesso che smorzava suoni e rumori, così che persino il grattare delle piume sulle pergamene, risultasse più attutito di quanto non fosse in realtà.

Hermione scriveva senza sosta sul proprio rotolo dispiegato; la punta della piuma imbevuta d’inchiostro scorreva rapida sulla superficie immacolata, lasciando dietro di sé una elegante e minuta calligrafia.

Ron invece, allungato nel letto che occupava da qualche giorno, scriveva a rilento, svogliatamente. Concludeva una frase, si fermava a rileggerla e la cancellava con veemenza scarabocchiandoci sopra.

Hermione lo osservava di sottecchi, cercando di non farsi scoprire, anche se lui sembrava talmente assorto nel proprio compito da non potersi accorgere di nulla: scriveva, leggeva e cancellava incessantemente senza mai alzare lo sguardo.

Lei non riusciva a smettere di sorridere impercettibilmente, le sue labbra si tiravano quasi involontariamente di riflesso all’impegno di Ron. Le piaceva venire a svolgere i compiti in infermeria, gustarsi la compagnia di lui sfruttando l’attenuante dello studio, riscoprire quei piccoli rituali che appartenevano solo a loro e che erano cessati nel tempo in cui avevano evitato di parlarsi.

« No, no, no, è tutto sbagliato! » sbraitò Ron all’improvviso, dimenando le gambe sotto le lenzuola, e prendendo alla sprovvista Hermione che sobbalzò spaventata, provocando un brutto segno nero sotto lo scritto perfettamente ordinato. Senza nemmeno preoccuparsi di poter arrecare ulteriore disturbo, Ron afferrò la pergamena su cui era intento a scrivere e la stropicciò con rabbia.

Hermione studiò per un momento il brutto segno scuro che deturpava il suo tema, indecisa se rimproverare pesantemente il responsabile di quell’imperfezione o rimediare al danno con un incantesimo semplice senza ricamarci sopra un dramma. Alla fine optò per la seconda alternativa, alzò gli occhi dalla sua pergamena per puntarli sull’amico furente; sospirò.

« Ron, calmati. Quel foglio non ti ha fatto niente ».

Ron lanciò il compito appallottolato dall’altra parte della stanza.

« Io sono stato avvelenato, Hermione » si lamentò calcando sulla parola avvelenato. « Dovrei starmene sdraiato a riposare, invece quella megera della McGranitt riesce a caricare di compiti anche i poveri studenti ammalati! » terminò incrociando le braccia al petto e guardando torvo i libri sparpagliati sul letto.

Hermione alzò gli occhi al cielo.

« Tu non sei malato. Anzi, mi sembra che ti sia ripreso piuttosto bene ».

« Dettagli! » sibilò lui ancora scuro in volto. Poi la sua espressione si fece afflitta: « Non ci riesco! E’ troppo difficile! » affermò. « Cosa vuoi che ne sappia di come si tramuta una foglia in un pesce usando un Incantesimo non verbale? Non si è accorta che sono qui dentro da quattro giorni? »

« L’ha spiegato la scorsa settimana, Ron » disse pratica Hermione. « Tu c’eri in classe » aggiunse.

Ron si prese la testa fra le mani con un gemito sconsolato.

Hermione lo osservò disperarsi per un attimo, conscia che entro un minuto le avrebbe chiesto aiuto.

Sorrise. Faceva fatica ad ammetterlo persino a se stessa, ma tutto questo le era mancato terribilmente.

Non aspettò che parlasse, mise da parte il proprio compito, si alzò dalla sedia che aveva posizionato vicino al letto e andò a raccogliere la pergamena stropicciata. La allargò e la distese meglio che poteva sotto le mani.

Si riavvicinò a Ron che continuava a tormentarsi i capelli con le dita.

Sistemò il foglio spiegazzato sul lenzuolo, proprio dov’era prima che lui lo gettasse lontano.

Titubante, si sedette sul materasso accanto a lui. I letti dell’infermeria erano così stretti che mentre prendeva posto, gli sfiorò il gomito col proprio braccio. Arrossì.

Quel gesto non le avrebbe suscitato un tale imbarazzo, prima.

Ora si creava un disagio nuovo quando erano vicini, come se improvvisamente i loro corpi avessero sviluppato una carica elettrica differente da quella a cui erano abituati, e che si attivava quando entravano in contatto. Hermione attribuiva questo effetto al fatto che c’era stata così tanta ostilità repressa tra di loro negli ultimi tempi, che adesso il corpo di lei reagiva automaticamente alla vicinanza con quello di Ron.

Percepì il battito del proprio cuore aumentare di un poco il ritmo.

Ron alzò lo sguardo su di lei lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi, scosse la testa avvilito.

Hermione sorrise, cercando di incoraggiarlo.

« Lo terminiamo insieme. Ti do una mano io ».

Lui sembrava tutt’altro che convinto, ma riprese lo stesso la piuma che aveva abbandonato da una parte.

Hermione annuì.

« Ti sto dietro, Ron » disse scivolando al di là della sua schiena ed allungando il collo per sbirciare oltre la sua spalla. « Sono dietro di te ».

Ron voltò un po’ il viso, come a controllare con la coda dell’occhio, che lei fosse davvero dove diceva di essere; Hermione lo vide stringere la piuma con più forza, calarsi su una nuova pergamena e ricominciare a scrivere.

 

Parecchie cancellature, correzioni e macchie d’inchiostro dopo, un tema di oltre cinquanta righe faceva bella mostra di sé su un foglio ordinato, spiegato sul lenzuolo che copriva le gambe di Ron.

Hermione si alzò dal letto stiracchiandosi per liberare le braccia dal torpore dovuto alla posizione statica alla quale era stata costretta.

« Visto che non è stato poi così difficile? »

Ron si adagiò scompostamente sui cuscini liberando uno sbuffo esausto. « Stai scherzando, vero? E’ stato tremendo! »

Hermione ridacchiò. « Esagerato! Dovevi solo impegnarti un po’ ».

Lui si coprì gli occhi con un braccio, come se d’un tratto, la luce fioca delle candele accese che rischiaravano l’ambiente gli causasse fastidio. Fuori il sole aveva appena lasciato posto alle stelle.

« Non ce l’avrei mai fatta da solo » confessò Ron. Si puntellò sui gomiti e si sollevò un pochino, senza guardare lei. E poi, all’improvviso, come se fosse appena stato illuminato da una rivelazione, disse: « Io non funziono senza di te, Hermione! »

Hermione si sentì avvampare. Deglutì a disagio, rincuorata dal fatto che lui non la guardasse.

Gli diede le spalle per riprendere il controllo delle sue emozioni.

« Non dire sciocchezze! »

Ron continuò a parlare al muro che aveva di fronte: « Sul serio. Non sai cosa sono stati questi ultimi mesi… senza di te… »

Hermione si obbligò a non dare a quelle parole un significato in cui sperava, ma che probabilmente non avevano. Premette sul proprio orgoglio e si caricò della delusione di cui era stata preda fino a poco tempo addietro. Continuando a rivolgere le spalle al suo amico, rispose: « Beh, non mi sei sembrato particolarmente disperato, a dir la verità ».

Per un momento il silenzio calò nella stanza, ed era così denso che sembrava che entrambi avessero smesso persino di respirare, poi il sussurro di Ron si propagò nell’aria come una brezza leggera e andò a sfiorare le guance di lei: « Mi sei mancata. Da morire ».

Il cuore di Hermione galoppò via, cercando di raggiungere quel sussurro che era ormai fuggito lontano. Lei sentì l’impulso irrefrenabile di scappare, di seguire quelle parole, di aggrapparvisi, ma strinse i pugni, sforzandosi di scacciare la speranza che già si era insinuata, sleale, nel suo animo.

Infuriata con se stessa, perché non era in grado di rimanere indifferente alle frasi sconclusionate di Ron, si girò per fronteggiarlo. Desiderava sputargli in faccia la sofferenza che l’aveva accompagnata negli ultimi mesi. Voleva che lui conoscesse il dolore che le avevano provocato le sue battute maligne, le occhiate di gelo, gli abbracci, i baci plateali con Lavanda. Ma quando notò la sua espressione colpevole e le orecchie di vari toni più scure del resto del viso, i suoi propositi vennero meno.

« Io non funziono senza di te. È un dato di fatto » dichiarò ancora Ron, e lei si stupì di non trovare imbarazzo nel suo sguardo. Era serio, talmente serio che Hermione si sentì cedere le gambe.

« Ti saranno mancati i miei compiti » buttò lì con più amarezza di quanta non volesse lasciarne trasparire.

Lui scosse la testa. « Io non ci so stare senza di te ».

Hermione trattenne il respiro. Avvertì la propria anima lacerarsi, al punto che rischiò di scoppiare a piangere.

Una parte di lei era talmente felice per quelle parole che sarebbe saltata al collo di Ron e avrebbe ricoperto il suo viso di baci; un’altra parte le ripeteva che lui voleva solo continuare ad illuderla, che aveva bisogno di lei come aveva ancora bisogno di sua madre e lei non doveva in nessun modo accettarlo.

Fu quest’ultima parte a prevalere, che le fece distogliere lo sguardo da lui per puntarlo sul pavimento e dire a denti stretti: « Smettila! ». Il cuore di Ron apparteneva ad un’altra e lei non sarebbe stata mai nient’altro che una buona amica.

« Io non ci sarò sempre, non posso esserci sempre! » concluse rivolgendosi più a se stessa che a lui, per mettere a tacere l’altra parte di sé che si ostinava a volerla convincere della sincerità delle parole di Ron.

Hermione si era resa conto a malincuore che presto o tardi sarebbe arrivato qualcosa a dividerli, che ci sarebbero state altre “Lavanda”, che i loro litigi li avrebbero allontanati ogni giorno di più.  Lei si sarebbe stancata e si sarebbero persi, perché forse, in fondo, la loro amicizia non era così profonda come sembrava…

Con un senso di totale sconforto, si mosse per raccogliere la sua roba e lasciare la stanza ormai carica di aspettative disilluse.

« Sai cosa farei io se tu mi abbandonassi? » Ron non si era spostato neanche di un millimetro, seguitava a guardarla con quell’aria sicura che ostentava dall’inizio della discussione.

Hermione si fermò. Tornò a puntare gli occhi nei suoi, confusa.

« Se un giorno non ci sarai, se tu mi abbandonassi » continuò Ron deciso. « Io ti verrei dietro ».

Hermione rimase per l’ennesima volta di sasso. Di nuovo divisa tra il raggiungerlo sul letto e sciogliersi in lacrime tra le sue braccia o scaraventargli contro un altro stormo di canarini.

Allora Ron sorrise, e il suo sorriso si allargò fino ad illuminargli tutta la faccia, fino a far risplendere i suoi occhi, finché lei non riconobbe il ragazzino lentigginoso che aveva conosciuto sei anni prima sull’Espresso per Hogwarts.

Accadono cose nella vita che sono come domande. Passano attimi, oppure anni, e poi la vita risponde. In quel momento Hermione capì che niente e nessuno li avrebbe mai separati, che ci sarebbero stati sempre, l’uno per l’altra; che i dubbi che la attanagliavano quando pensava all’amicizia con Ron, poteva lasciarseli alle spalle.

Sorrise anche lei, il cuore improvvisamente era diventato più leggero.

« Tu sei matto! »                                                    

« Probabile » convenne Ron. Sembrava il ritratto della contentezza: aveva il viso arrossato e gli occhi scintillanti di chi ha appena ritrovato qualcosa di molto caro che aveva smarrito.

Poteva davvero essere come prima, anche adesso che era tutto diverso?

« Dovrei dire a Madama Chips di aumentare la dose delle pozioni che prendi, forse quel veleno ha bruciato i tuoi ultimi neuroni ancora sani » scherzò Hermione.

« Probabile » ripeté lui facendo spallucce. « Allora… tornerai domani? » chiese con leggerezza, prendendo alla sprovvista Hermione, che ammutolì. « Oh, ma solo perché tu possa assicurarti che quel veleno non abbia causato danni ancora più gravi al mio cervello! » si affrettò ad aggiungere Ron.

Lei sorrise ancora. Gli diede di nuovo le spalle per non fargli notare il rossore che le stava scaldando velocemente le guance.

S’incamminò verso l’uscita. « Probabile! » rispose salutandolo con la mano.

Forse poteva essere meglio di prima.

 

 

 

 

 

Emmahp7 si mette in ginocchio e si cosparge il capo di cenere…

Non ho smarrito la strada per arrivare al pc, non mi ha abbandonato l’ispirazione e non mi sono ancora stufata di scrivere ( purtroppo per voi ). Sono rimasta assente dal sito perché stavo scrivendo questa raccolta ed ho avuto la brillante idea di far partecipare il primo capitolo ad un contest, quindi non ho potuto pubblicare nulla finché aspettavo i risultati. Ed ora finalmente sono qui!

Questa è una raccolta breve, conta quattro capitoli, forse cinque. Cercherò di aggiornare ogni settimana/dieci giorni, gli altri capitoli sono già scritti e devono solo essere sistemati, quindi davvero non mi serviranno mai più di dieci giorni.

Il capitolo che avete appena letto si situa al sesto anno. Ron e Hermione hanno ripreso a parlarsi da poco e probabilmente c’è tanto da recuperare. Inutile dire che l’ispirazione della storia è arrivata ascoltando i Foo Fighters, senza le loro note la maggior parte dei miei scritti non esisterebbe.

Questa storia si è classificata SECONDA al “Romione, Dramione, Fremione e Harmony contest” di Alyssia98. Di seguito trovate il giudizio.

La frase “Accadono cose nella vita che sono come domande. Passano attimi, oppure anni e poi la vita risponde” non è mia, ma di Paulo Coelho ed era la citazione da utilizzare nella storia.

Grazie a tutti quelli che hanno recensito, messo tra le preferite/ricordate/seguite le mie storie, ed a quelli che semplicemente leggono. Se avete voglia di farmi conoscere il vostro parere anche su questa, mi renderete felice.

 

A prestissimo, promesso!

 

Emmahp7

 

 

SECONDA CLASSIFICATA

Emmahp7 con: If you walk out on me.

 

Grammatica e lessico: 10/10

Ci crederai mai che non ho trovato un solo minuscolo errore in questo capolavoro? Se non ci credi, fallo!

Stile e forma: 10/10

Qui c’è da dire, che stile! Insomma era… era… stupendo! Mi è piaciuto molto e poi con quei due diventa tutto più bello! Chiaro, conciso, adatto alla circostanza e termini appropriati, il mix perfetto per farmi piacere uno stile come il tuo!

Originalità: 9/10

Ok, non te lo posso dare il massimo e credo che tu sappia il perché, diciamo che è una cosa già sentita questa, anche se tu sei riuscita a renderla tua e questo mi piace sempre nelle storie.

Caratterizzazione personaggi: 10/10

Ma questi sono loro! Lui e la sua propensione al non-studio, lei e i suoi cedimenti nell’aiutare l’amico, i loro piccoli battibecchi, il fare da bambino di lui, il fare autoritario di lei e la timidezza di entrambi mi sono sembrati assolutamente perfetti. Brava!

Giudizio personale: 10/10

Come potevo non darti il massimo? Già solo per il fatto che è una romione parti avvantaggiata, ma siccome sono imparziale ti dico che il voto è tutto meritato e che la tua storia era molto bella e meritava questo posto in classifica.

Uso citazione: 5/5

Uso prompt/tema: 5/5

Uso luogo: 5/5

Hai usato tutto alla perfezione, complimenti!

Totale: 64/65

 

 

 

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Capitolo 2
*** I'm walking after you ***


I’m walking after you

I’m walking after you

 

 

 

Another heart is cracked in two

I’m on your back

 

Walking after you – Foo Fighters -

 

 

 

 

« Che cosa ci facevi lassù con lei? » strillò Lavanda Brown, attraversando Harry con lo sguardo per fissare Ron e Hermione che uscivano insieme dal dormitorio dei maschi.

 Harry Potter e il Principe Mezzosangue p.436

 

 

 

Lavanda era livida di rabbia, Hermione non l’aveva mai vista così sconvolta. Quell’aria bellicosa non si addiceva affatto ai suoi lineamenti gentili, distorcendoli in modo da farla risultare tutt’altro che carina.

« Io… noi… ecco… mi stava aiutando… i compiti… » ascoltò farfugliare Ron, evidentemente spaventato dalla furia della ragazza.

« I compiti, eh? Certo, come no! » continuò a strepitare Lavanda. « Sempre la stessa scusa! Io non la sopporto! »

Hermione si vide puntare contro un dito minaccioso, ma Lavanda non la degnava di uno sguardo, fronteggiava Ron come se intorno non ci fosse nessun altro.

« Ma… ma… » lui provò a spiegarsi con un filo di voce.

« Cosa? Ti serve qualcuno che ti aiuti coi compiti? Non hai bisogno di lei, conosco decine di persone che saprebbero aiutarti molto meglio ».

Lavanda la sminuì di fronte ai Grifondoro presenti nella Sala Comune senza neanche guardarla, Hermione sentì un’ira feroce montarle velocemente dentro, s’impose di non rispondere a quella provocazione e prese dei respiri profondi per riuscire a calmarsi.

« Sono stufa! Scegli. O lei, o me! » gridò in ultimo Lavanda, così forte che tra i loro compagni di Casa piombò un silenzio imbarazzato, che durò però solo un attimo. Tutti gli spettatori che Lavanda si era appena guadagnata, tornarono rapidamente ognuno alla propria occupazione dopo essere stati fulminati dal suo sguardo assassino.

Ron la fissava senza parole, con le sopracciglia arcuate, smarrito, quasi come se gli avesse domandato a bruciapelo la formula per trasformare l’acqua in oro.

Anche Hermione era rimasta a bocca aperta, non credeva che Lavanda sarebbe mai arrivata a tanto. Si riscosse, alzò le mani in segno di resa. « Io me ne vado ». Aveva perso già abbastanza tempo appresso ad un gioco a cui non aveva nessuna intenzione di prestarsi.

Si voltò per raggiungere il buco del ritratto e mettere fine a quella scena ridicola, quando una mano la trattenne per il polso. Senza sapere cosa aspettarsi, si girò nuovamente ed incontrò gli occhi per nulla turbati di Ron.

Era stato lui a fermarla.

« Io ti vengo dietro » disse piano, in modo che potesse udirlo solo lei.

Hermione percepì l’irritazione scemare per lasciare posto allo stupore. Dalle dita di Ron che toccavano la sua pelle, si propagò un calore che arrivò a scaldarle le guance e lei non poté impedirsi di sorridere.

Lui lasciò scivolare la mano sulla sua fino ad intrecciare le loro dita, poi rispose al suo sorriso. « Te l’avevo detto, no? Che ti sarei venuto dietro… » sussurrò arrossendo leggermente.

« Ron? Che vuol dire? » riprese a parlare Lavanda con voce più acuta del normale. « Perché stai sorridendo? » era fuori di sé.

Ron non prestò la minima attenzione alle grida, indicò con un cenno della testa il buco del ritratto. Hermione annuì.

Si voltarono e raggiunsero l’uscita insieme.

« Dove state andando? Ron? Ron! »

I richiami di Lavanda aleggiavano attorno a loro, accompagnavano i loro passi, ma sembravano quasi rivolti a qualcun altro, Ron non si voltò a risponderle neanche una volta.

« E’ finita, Ron. Mi senti? Finita! »

Mentre lasciavano la Sala Comune e il buco del ritratto si richiudeva alle loro spalle, le urla di Lavanda si erano ormai tramutate in pianti disperati, Hermione e Ron riuscivano a sentirli addirittura oltre l’entrata serrata, ma non era più possibile capirne il senso.

« E adesso? » chiese Hermione quando rimasero soli, evitando di guardare Ron o le loro mani ancora unite.

« C’è solo una cosa che possiamo fare » disse lui.

« Cosa? »

« Corri! » gridò Ron filando via senza mollarle la mano.

Prima che potesse rendersene conto, Hermione stava attraversando il castello ad una velocità tale che non riusciva a distinguere i personaggi nei ritratti attaccati ai muri.

Ron correva davanti a lei, tirandola appena. Non c’era nessuno in giro per il castello a quell’ora, incontrarono solo il fantasma di Nick-Quasi-Senza-Testa, che si scostò al loro passaggio lamentandosi debolmente mentre tentava di tenere ferma sul collo la testa quasi decapitata.

Hermione era senza fiato quando raggiunsero il corridoio dove era situata la biblioteca. Ron interruppe la corsa e lei si fermò di conseguenza.

« Sei… completamente… impazzito? » riuscì a dire mentre ansimava vistosamente. Strattonò via la mano dalla stretta di Ron per portarsela sul cuore, batteva così veloce che pensò le sarebbe schizzato fuori dal petto. « Che ti è saltato in mente? »

« Credimi… sarei impazzito se fossi rimasto un minuto di più lassù… con lei… » anche Ron era affannato, restava piegato in due dallo sforzo, con le mani sulle ginocchia.

Quando si rimise dritto si guardarono seri, boccheggiando ancora.

Ci fu un momento di silenzio totale, in cui si sentivano solo i loro respiri che pian piano diventavano più regolari; gli occhi di Hermione s’incatenarono a quelli di Ron. Lui aveva uno sguardo strano, scintillava di mistero ed eccitazione, e lei avrebbe voluto essere in grado di leggere dietro l’azzurro delle sue iridi.

D’improvviso lui si mise una mano sulla bocca e prese a sussultare, sembrava che singhiozzasse.

Il singhiozzo prese a scuoterlo sempre più violentemente, tanto che dovette di nuovo piegarsi su se stesso.

Hermione, sbigottita, gli si avvicinò di un passo mentre lui si dimenava.

« Ron? »

Non aveva la più pallida idea di come comportarsi.

Ma Ron non stava piangendo come aveva creduto Hermione all’inizio, Ron rideva.

In realtà si stava letteralmente sbellicando.

Lei lo osservò ancora un po’, confusa, intanto la risata cresceva d’intensità fino a diventare contagiosa, ed alla fine non riuscì più a trattenersi dal seguirla.

Hermione rise così forte che dovette tenersi la pancia con le mani. Dopo qualche minuto la mascella si era indolenzita ed era di nuovo senza fiato, e non sapeva neanche esattamente cosa c’era di così buffo in ciò che era successo, ma non rideva così con lui da mesi, e non avrebbe mai voluto smettere.

« Dico, ma l’hai vista? Mancava poco che le uscisse il fumo dal naso! » affermò Ron quando la risata si esaurì, asciugandosi le lacrime scatenate dall’attimo d’ilarità. « Assomigliava allo Spinato che Harry ha affrontato nel torneo Tremaghi! »

« Non sei molto carino, è la tua ex-ragazza, dopotutto » considerò Hermione ricomponendosi.

« Sì. Ex. Finalmente! » Ron portò le braccia al cielo in segno di vittoria, come se avesse appena eseguito una parata degna della finale del campionato del mondo di Quidditch.

Hermione scosse la testa fingendo disappunto, ma era divertita. Doveva ammettere che quella risata e quelle parole le avevano sollevato il morale. Era bello aver ritrovato la sintonia con Ron, anche se ci era andata di mezzo Lavanda. Guardò il soffitto e la immaginò mentre si disperava nell’abbraccio consolatorio di Calì Patil.

« Credi che si riprenderà? » chiese. In fondo le dispiaceva per lei, ricordava perfettamente di essersi trovata in una circostanza simile, e sapeva che non era affatto piacevole.

« Penso che non avrà problemi » rispose Ron. « Anche se… »

« Anche se? » Hermione tornò a rivolgergli lo sguardo.

« Anche se credo che per un po’ di tempo dovremo starle alla larga. Lavanda è piuttosto brava con le fatture » la informò lui con un’alzata di spalle.

Hermione sospirò e si guardò attorno. Cosa avrebbero fatto ora? La Sala Comune era momentaneamente off-limits, e loro avrebbero dovuto occupare il tempo in attesa di Harry, che in quel momento stava tentando di estorcere il ricordo sugli Horcrux a Lumacorno

« Grazie » sentì dire a Ron.

Hermione portò di nuovo l’attenzione su di lui.

« Per cosa? » gli domandò.

Ron sembrava indeciso e lievemente in difficoltà, lei se ne accorse perché le sue orecchie cominciavano a diventare rosse, teneva gli occhi bassi e non riusciva a restare fermo sul posto.

« Perché eri lì con me e… »

Hermione si accigliò. « Io non ho fatto proprio niente » lo interruppe scoprendosi di colpo di nuovo un po’ irritata, non le stava mica dicendo che era a causa sua se lui e Lavanda si erano lasciati?

Ron finalmente la guardò. « No, infatti. Ha fatto tutto lei ».

Hermione alzò un sopracciglio. « Penso che anche tu abbia la tua parte di responsabilità ».

Lui distolse nuovamente lo sguardo. « Sì, beh, certo… però… lei mi ha chiesto di scegliere ».

« Oh »  la stizza divenne sorpresa, poi imbarazzo. Hermione deglutì, « E quindi hai scelto… »

« Ehm… credo di aver scelto già da un bel po’… » ammise Ron ormai visibilmente a disagio, massaggiandosi la nuca e fissandosi le scarpe.

Hermione pensò di essere stata nuovamente pietrificata, perché non riusciva a muovere neanche un muscolo; evitando persino di respirare, continuava a starsene immobile di fronte a lui che si ostinava a tenere la testa bassa e dondolava da un piede all’altro.

Inaspettatamente la porta della biblioteca si spalancò, facendo sobbalzare entrambi, spezzando di colpo la tensione che li aveva zittiti.

Madama Pince, la bibliotecaria, in piedi sulla soglia, li squadrò per qualche secondo prima di parlare: « Allora c’era qualcuno. Mi era sembrato di aver sentito ridere. Signorina Granger! Cosa ci fai qui? »

Hermione, colta di sorpresa, trasalì. « Ecco… io… noi… » balbettò, sbattendo velocemente le palpebre. Dopo un attimo di smarrimento rispose la prima cosa che le saltò in mente: « Avevamo bisogno di consultare dei libri! »

Ron si girò di scatto verso di lei, spalancò gli occhi, stupito, poi sul suo volto si dipinse una smorfia di puro disgusto. « Che-che cosa? »

Hermione lo fulminò con lo sguardo, lui si riscosse e tentò di rimediare: « Ecco, sì. No! Ehm… come ha detto lei! »

Madama Pince incrociò le braccia al petto, sembrava piuttosto seccata. Rimase qualche istante in silenzio, valutandoli alternativamente, con gli occhi ridotti a fessure, come se in quel modo avesse potuto sondare le loro menti e scoprire un eventuale complotto. Hermione sbirciava Ron che seguitava ad annuire impercettibilmente con un’espressione a metà tra il terrorizzato ed il colpevole stampata in faccia, e lei non riusciva a decidere se doveva trattenersi dal ridere di nuovo o prenderlo a schiaffi. Si morse le labbra e sperò che il cipiglio indagatore della bibliotecaria si placasse alla svelta.

« Fate in fretta, avete solo un’ora, poi dovrò chiudere la biblioteca » concesse infine Madama Pince.

Hermione tirò un sospiro di sollievo.

«E non voglio sentire una sola parola! » li avvertì la donna in ultimo sciogliendo le braccia ed aprendo un po’ di più l’uscio per lasciarli entrare. Si affrettarono a superarla mentre lei persisteva a squadrarli, sospettosa.

« Saremo muti come pesci, signora! » garantì Ron mentre le passavano di fianco.

L’espressione di Madama Pince si fece ancora più infastidita. Hermione sbuffò e schiacciò un piede a Ron che provò a protestare, ma lei gli lanciò un’occhiata di sbieco che spense i suoi reclami tramutandoli in un mugolio indistinto.

Una volta dentro, Hermione si diresse spedita allo scaffale che conteneva i libri d’incantesimi avanzati, recuperando febbrilmente diversi volumi e poggiandoli sul tavolo da studio più vicino.

Ron la seguì trascinando i piedi e ciondolando la testa, si lasciò cadere su una delle sedie che contornavano il tavolo che Hermione aveva scelto, con un gemito sconsolato.

« Che cavolo ci facciamo qui? » sussurrò mentre lei gli prendeva posto accanto.

« Non possiamo tornare subito in Sala Comune, no? » rispose Hermione con un filo di voce, nascosta per metà dentro un libro di tremila pagine.

« No, immagino di no » rassegnato, Ron poggiò la fronte sul legno e si mise a bofonchiare: « Ma perché, perché finiamo sempre in biblioteca? Perché le hai detto che dovevamo consultare dei libri? Non potevamo andare in qualche altro posto? Qui non si può nemmeno parlare… »

« E’ colpa tua » sibilò lei, innervosita da quelle lamentele.

« Mia? » Ron si tirò su per guardarla.

Lei prese a fogliare le pagine con rabbia, « Sì, con quel tuo ho scelto, non ho scelto… mi hai mandato in confusione, va bene? Non mi è venuto in mente nient’altro! »

« Ti ho mandato in confusione? » Ron sgranò gli occhi sorpreso.

Hermione si sentì arrossire, affondò ancora di più il naso nel libro.

Per un po’ calò di nuovo il silenzio, l’unico suono udibile era il fruscio delle pagine che Hermione voltava senza sosta. Quel rumore familiare riuscì a tranquillizzarla. Si accorse con la coda dell’occhio che Ron la guardava fissa, voltò il viso verso di lui che però distolse immediatamente lo sguardo, ma lei riuscì lo stesso a notare che ostentava un ghigno compiaciuto. Le orecchie di lui avevano ricominciato ad arrossarsi.

« Senti… prima… quando siamo stati interrotti, io volevo dire… » ricominciò a farfugliare Ron.

« Io penso che per oggi tu abbia detto abbastanza » lo interruppe Hermione.

« Eh? » gli scappò fuori così forte che, dall’altra parte della stanza, Madama Pince li richiamò con un sonoro « Silenzio! » che li portò a sprofondare nelle rispettive sedute.

Mentre apriva un altro paio di testi, mostrandosi interessata al loro contenuto, Hermione riuscì a mormorare: « Non devi dirmi niente ».

Ron, con la fronte aggrottata, la osservò interdetto, allora lei spiegò: « Facciamo un passo alla volta ».

« Un passo alla volta » ripeté Ron pensieroso.

Hermione annuì. Non voleva spezzare un equilibrio che si era appena ricostituito. Ci sarebbero state altre occasioni per parlare, momenti più giusti, situazioni più adatte, avrebbero dovuto impegnarsi a ricrearle. « Solo… continua a starmi dietro… » concluse lei rivolgendogli un breve sorriso mentre sentiva le guance andare ancora una volta a fuoco.

Il volto di Ron si distese e dopo un momento sorrise anche lui. « Facciamo un passo alla volta » affermò deciso, si strofinò la nuca e tornò a dedicarsi ai tomi che invadevano il tavolo. « Ed ora cosa combiniamo con tutti questi libri? » chiese cambiando discorso.

« Li leggiamo, Ron! » rispose lei riprendendo il controllo delle proprie emozioni.

Lui strabuzzò gli occhi. « Cosa? Tutti? »

« Dobbiamo aspettare Harry, no? Chissà quanto ci vorrà… »

Ron squadrò la moltitudine di volumi sparsi di fronte a lui. « Merlino, uccidimi! » piagnucolò portando gli occhi al cielo.

« Quanto sei scemo! » ridacchiò Hermione.

« Secchiona! » ribatté lui.

Magari sarebbe stato solo mezzo passo alla volta, ma Hermione sapeva che il discorso non era chiuso, solo rimandato, che avrebbe dovuto contare ancora innumerevoli passi all’arrivo, ma stavano camminando, la direzione era quella giusta. Non c’era bisogno di correre, ora che procedevano di nuovo mano nella mano, si sarebbe goduta ogni singolo centimetro di quel percorso.

Hermione continuò a sghignazzare e Ron si unì alla sua risata, guadagnandosi un altro furioso richiamo da Madama Pince

Magari sarebbe stato solo mezzo passo alla volta, ma per adesso andava bene così.

 

 

 

 

 

Ok. Prima che mi tiriate pomodori ed ortaggi vari, voglio spiegarvi ciò che avete appena letto. O almeno perché l’ho scritto. Questa è la mia versione di come si sono mollati Ron-Ron e Lav-Lav; Hermione era presente quando è successo, quindi mi ha sempre stuzzicato l’idea di questo missing moment. Sì, va bene, ma perché poi va a finire così? Semplice: quando ho letto “Il Principe Mezzosangue” per la prima volta, alla rottura di Ron e Lavanda ho pensato: « E’ fatta! Adesso Ron dichiarerà ad Hermione che è cotto di lei, lei ammetterà che non poteva più stare senza di lui, e vissero tutti felici e contenti… » invece si sono portati avanti la “situazione di stallo” per quasi tutto un altro libro. Ne consegue che deve esserci stato qualcosa nel mezzo, qualcosa che li ha fermati. Quello che avete letto è quel “qualcosa”: ormai entrambi sanno che tra loro c’è più di un’amicizia, ma non è arrivato ancora il momento di parlare chiaro. E chi se non Hermione poteva rendersene conto per prima? Ecco, ora potete lanciarmi contro quello che vi pare…

Mentre cerco di schivare la vostra “insalata volante”, vorrei ringraziare tutti coloro che hanno recensito ed inserito tra le preferite/seguite/ricordate il capitolo precedente. Sappiate che ogni insulto, minaccia o consiglio è bene accetto, quindi non abbiate timore di esprimermi il vostro giudizio. Sono sempre pronta ad imparare dai miei errori se alcuni di voi me li faranno presente…

Grazie e a presto.

 

Emmahp7

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** I'm on your back ***


I’m on your back

I’m on your back

 

 

If you’d accept surrender

I’ll give up some more

Weren’t you adored?

I cannot be without you

Matter of fact

I’m on your back

I’m on your back

I’m on your back

 

If you walk out on me,

I’m walking after you

 

Walking after you – Foo Fighters -

 

 

 

 

La notte era gelida, molto più fredda e scura di quanto non sembrasse da dentro la tenda.

La pioggia bagnava ogni cosa. Hermione la sentiva tamburellare sulle foglie sparpagliate sul terreno e sui rami che andavano spogliandosi sempre più rapidamente con l’arrivo dell’inverno.

Quella stessa pioggia si abbatteva anche su di lei, le gocce la colpivano con violenza, ostacolavano la sua corsa nell’oscurità.

Hermione cercava di non curarsene. Tentava di ignorare la stanchezza, il freddo, la fatica, ma soprattutto tentava di dimenticare la paura: paura di non riuscire a raggiungere Ron che camminava rapido qualche metro avanti a lei.

« Ron! Ron, ti prego! Fermati! »

Urlava con tutte le sue forze, provava con tutta se stessa a superare la voce del vento, ma i suoi richiami erano attutiti dai rumori della foresta, dal ritmo della pioggia.

Doveva raggiungerlo. Doveva riportarlo indietro.

Calcò sulla disperazione che seguitava a crescerle dentro, per aumentare la velocità della sua corsa. Percepì i muscoli protestare per quello scatto improvviso, il fiato congelarsi nella gola impedendole di respirare, ma non si fermò.

Ron aveva ormai raggiunto il confine delimitato dagli incantesimi protettivi che circondavano la zona della tenda. Quando li ebbe superati, si bloccò.

Si voltò a fronteggiarla ed anche lei dovette frenare la sua corsa a pochi passi dall’amico. Ansimava, stremata dall’inseguimento, nell’animo l’angoscia che fosse già troppo tardi. I polmoni non riuscivano a riempirsi, sembrava quasi che l’aria fosse diventata densa, che potesse soffocarla.

Tutte le suppliche che Hermione aveva in testa, tutte le parole a cui aveva pensato per convincerlo a tornare indietro, si persero nell’oscurità, inghiottite dalla rabbia cieca che pulsava dalla figura di Ron.

Non sembrava più lui. I suoi occhi, nella fioca luce che scaturiva dalla bacchetta che stringeva in mano, apparivano viola. Era come se la rabbia che aveva tirato fuori qualche attimo prima nella tenda, avesse contaminato persino il suo sguardo, rendendolo inquietante.

« Torna dentro! »  le ordinò lui brusco mentre faceva un passo verso di lei, minacciandola quasi.

Hermione trasalì, ma impose a se stessa di non muoversi, deglutì e scosse la testa.

« No, se tu non torni con me » rispose lei cercando di evitare di mostrarsi spaventata.

Vide Ron digrignare i denti e lo sentì rilasciare uno sbuffo che faceva pensare ad un ruggito basso. La fissò ancora un attimo con quegli occhi viola colmi di aggressività, poi le diede le spalle.

Hermione recuperò un po’ del proprio auto-controllo appena non si trovò più puntate addosso quelle iridi inferocite.

« Ron » provò. « Non lasciarti dominare dall’Horcrux, torna in te, non… tu non puoi… »

« Non è l’Horcrux » la interruppe lui.

Hermione trattenne il respiro; indietreggiò di un passo, confusa, con la sgradevole sensazione addosso di non voler ascoltare quello che lui stava per svelarle.

Ron abbassò la testa, esponendo la nuca alla pioggia. Cominciò a spostare un legnetto con la punta del piede; l’attenzione di Hermione si spostò dal bordo del colletto del maglione di lui, che permetteva alle gocce di raggiungere la pelle della sua schiena, al movimento del suo piede. Lo vide spingere il bastoncino nel fango, come se lui stesso volesse nascondersi nel terreno, sprofondare.

« Non è l’Horcrux, Hermione » ribadì. « Sono io, sei tu, è… Harry » con un passo spezzò il legnetto in due parti. Lo schiocco risuonò nell’aria come fosse uno sparo, secco e deciso, e Hermione capì che avrebbe dovuto provare il tutto per tutto se voleva riportarlo indietro.

Gli fu addosso un attimo dopo.

Gli piombò alle spalle e gli strinse le braccia attorno al corpo, costringendolo a non muoversi.

« Fermati, ti prego, fermati » la voce si era trasformata in un sussurro.

Ron se ne stava paralizzato sul posto a subire quell’abbraccio. La rabbia attraversava ancora il suo corpo portandolo a tremare; Hermione la avvertiva chiaramente fluire nelle membra di Ron come fosse trasportata dal suo stesso sangue. Sembrava gonfiarsi come un’onda ad ogni suo respiro. Non lo aveva mai visto così tormentato, e ne era intimorita. Aveva paura di non riuscire a farlo ragionare, paura che il rischio che lui li abbandonasse potesse concretizzarsi.

Serrò di più la stretta sulla vita di lui, schiacciò la fronte sulla sua schiena.

« Torniamo indietro, Ron. Torna nella tenda » gemette affannata.

Ron non si scompose, Hermione lo sentì irrigidirsi ulteriormente.

« Lasciami » disse neutro.

« No, no, no ».

Le lacrime iniziarono a rigarle le guance e si mescolarono alle gocce d’acqua che cadevano dal cielo; l’inquietudine s’insinuava tra i suoi pensieri, così come la pioggia scivolava sotto i suoi vestiti. Stringeva Ron più forte che poteva, eppure lo sentiva allontanarsi ogni secondo che passava, era come se fosse già scomparso. Sfregò la fronte contro il suo maglione, premette il volto nel suo profumo attenuato dall’odore della foresta; riusciva quasi a percepire il calore del suo corpo oltre il tessuto bagnato.

« Non te ne andare ».

« Lasciami » ripeté lui stringendo i pugni.

Hermione prese a singhiozzare. Il suo cuore scricchiolava, crollava un pezzo alla volta mentre cedeva al peso dell’angoscia, mentre la speranza di aggiustare tutto fuggiva via con la pioggia. Si rese conto che avrebbe tentato qualsiasi cosa per riportarlo indietro, e forse avrebbe dovuto tentare qualsiasi cosa.

Si abbarbicò a lui, si buttò con tutto il suo peso all’indietro in modo di poterlo spostare di qualche passo, di riportarlo almeno entro i limiti degli incantesimi difensivi. Ron aveva i piedi piantati nel fango, non si muoveva di un millimetro, continuava a fremere. Eppure non cercava di sciogliere l’abbraccio, Hermione sapeva bene che ci sarebbe riuscito con facilità. Si persuase che c’era ancora una speranza. Cercò di calmarsi e parlare con chiarezza, in modo che lui potesse cogliere ogni parola: « Una volta mi hai detto che se me ne fossi andata, mi saresti venuto dietro. Te lo ricordi, Ron? »

Lei lo ricordava perfettamente.

Chiuse gli occhi per un istante e la memoria la riportò a quella sera…

 

« Non ci so stare senza di te, Hermione, è un dato di fatto! »

« Smettila! Io non ci sarò sempre, non posso esserci sempre! »

Lei voleva ferirlo, voleva che provasse la stessa, terribile sensazione di aver perso qualcosa d’importante a cui lei aveva dovuto far fronte.

Lui però non si era scomposto. « Sai cosa farei io se te ne andassi? »

Hermione aveva esitato, confusa e lui aveva continuato: « Se un giorno non ci sarai, se tu mi abbandonassi » aveva sorriso, « Io ti verrei dietro ».

 

Erano state le parole che l’avevano convinta che forse il sentimento che provava nei confronti di lui, non era a senso unico, nonostante tutto. Quelle parole l’avevano consolata nei momenti difficili, vi si era attaccata come al suo ricordo felice. Quando si sentiva stanca, quando era sopraffatta dalla fatica, quando le sembrava che tutti i loro sforzi fossero inutili, si fermava e tornava con la mente a quella sera ad Hogwarts…

Ron rimase un attimo in silenzio e lei percepì la sua rabbia affievolirsi un poco, sgonfiarsi. Probabilmente anche lui aveva appena rivissuto quel momento.

« Sono io che sto andando via, non tu » precisò lui con voce triste.

« E ci sono io dietro di te adesso » insistette lei.

Non avrebbe mollato. Doveva solo riportarlo dentro la tenda, poi in qualche modo avrebbero provveduto a rimediare agli errori. Doveva solo riportarlo dentro…

Ron sospirò. Si aggrappò alle braccia di Hermione che ancora gli cingevano la vita, le accarezzò, si raggomitolò nel loro abbraccio.

« Vieni via con me » la pregò.

Quelle parole bisbigliate, dense di malinconia, di aspettativa, di rimpianto, pronunciate come fossero un segreto da tenere nascosto, trafissero nuovamente il cuore di Hermione. Rimbombarono nei suoi timpani fino a procurarle dolore, fino a toglierle il fiato, tanto che lei sperò di non doverle udire mai più.

Possibile che Ron non capisse?

Lei non poteva scegliere.

Avevano avuto il tempo di scegliere mesi prima. E avevano scelto. Avevano scelto Harry. Entrambi. Ed ora dovevano portare avanti quella scelta.

Scosse la testa avvilita, delusa. « Non posso lasciarlo solo, non posso lasciarlo! » protestò.

Capì troppo tardi che quella era la risposta sbagliata nel momento sbagliato. Lui s’irrigidì di nuovo, le afferrò i polsi e sciolse di forza l’abbraccio.

« Va bene. Basta così! Mi sono fatto umiliare abbastanza ».

Si allontanò di un passo e sollevò la bacchetta.

Non si voltò neanche a guardarla un’ultima volta, girò su se stesso talmente veloce che Hermione non ebbe il tempo di fare nulla.

« No, no, aspetta! »

Un attimo dopo lei tentava di acchiappare il vuoto. Ron era sparito, si era Smaterializzato.

La pioggia seguitava a scendere imperterrita come se nulla fosse accaduto, Hermione lasciò che le scivolasse addosso. Avrebbe voluto penetrare nella terra assieme all’acqua, scomparire anche lei.

Si guardò le mani, incredula, non stringevano più nulla. Un secondo prima c’era Ron tra le sue braccia, e quello dopo solo il buio.

Si voltò verso la tenda, all’interno la attendeva Harry. « Non possiamo lasciarlo » sussurrò, quasi a volersi scusare con la pioggia stessa, ma essa non rispose, nessuno le confermò di aver preso la decisione giusta.

Hermione non aveva dovuto scegliere, restare con Harry era l’unica opzione da considerare se voleva sperare in un futuro. Mentre tornava dentro la tenda, infelice, con un groppo alla gola che prometteva di strozzarla, continuava ad essere convinta di voler proseguire il viaggio con l’amico. Eppure una parte del suo cuore rimase lì quella sera, immobile nel punto in cui Ron era sparito, ad aspettare il ritorno di lui sotto il rumore della pioggia.

 

 

 

 

 

Ed eccomi qui, a chiedere per l’ennesima volta il vostro perdono per il mio ritardo. Sono pessima, lo so!

Non sono riuscita a pubblicare prima perché un’altra storia ha assorbito tutte le mie energie, e non ho potuto sistemare questa prima di oggi. Scusate.

Questa shot è stata scritta per un contest di cui non ho saputo più nulla perché la giudicia è scomparsa; nel pacchetto che avevo scelto dovevo usare i prompt “viola” e “legnetto”.

In questa raccolta, ciò che avete appena letto, era un passaggio obbligato: Ron perde la strada, si allontana dal cammino che sta percorrendo con Hermione. Mi serviva per fare da introduzione al prossimo capitolo che… lo scoprirete presto!

L’idea originale di questo momento non è mio, ma di TittiGranger, lo trovate anche descritto da lei, sotto il punto di vista di Ron, nella sua bellissima raccolta “Raccontami di noi”. Se non l’avete ancora fatto, correte a leggerla,  veramente merita.

Grazie a tutti quelli che stanno recensendo ed inserendo tra i preferiti/ricordati/seguiti i capitoli di questa raccolta. Fatevi sentire anche questa volta.

Il prossimo capitolo arriva prestissimo, che Merlino mi fulmini se non sarà così!

Ciao!

 

Emmahp7

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Capitolo 4
*** Learning to walk again ***


Imparando nuovamente a camminare

 

Questa storia è dedicata a Erica Weasley, Sophie85, _Aras_, Ceci Weasley, Sara Marauders e Lalani che l’hanno letta in anteprima. Grazie ad ognuna di loro per aver scritto parole commoventi su questa piccola shot.

 

 

 

 

Learning to walk again

 

 

 

 

A million miles away

Your signal in the distance

To whom it may concern

I think I lost my way

Getting good at starting over

Every time that I return

 

Walk – Foo Fighters –

 

 

 

Tirava sempre vento sulla scogliera.

L’aria sapeva di sale ed il rumore delle onde che s’infrangevano sulla battigia accompagnava incessante l’oscillare degli steli d’erba che crescevano attorno a Villa Conchiglia.

A Ron era sempre piaciuto il vento, il suo soffio gli mordeva le guance e pareva portare via con sé, nel suo viaggio, i pensieri più cupi.

Ricordava di essere salito ogni giorno sulla scogliera durante il suo soggiorno nella casa di Bill e Fleur, quando aveva abbandonato i suoi due migliori amici in mezzo al nulla, in balia di foreste, pioggia e Horcrux da cercare.

Allora il vento non era così mite, gli sferzava gli zigomi con violenza e Ron sentiva la pelle bruciare per il freddo e gli occhi lacrimare.

Bill l’aveva richiamato in casa spesso i primi tempi. Ron rammentava la voce del fratello mischiarsi al suono del mare, diventare una sorta di canzone malinconica con la quale cullava i propri ricordi. Non aveva mai risposto alle preghiere di Bill, così come non aveva voluto dare ascolto ad un’altra voce mentre lo supplicava di tornare indietro durante una notte piovosa in una foresta sconosciuta.

Bill ad un tratto doveva aver capito, aveva intuito il desiderio del fratello minore di rimanere solo; l’altra voce invece aveva proseguito a risuonargli nelle orecchie, perseguitandolo di continuo. E quando quel tormento diventava tanto insopportabile da trasformarsi in dolore fisico, Ron trovava conforto solo sulla scogliera, nel farsi punire dal vento, che lo frustava nel suo incedere, ma che aveva lo straordinario dono di domare il suo strazio interiore, di tacitare, anche solo per poche ore, quella voce.

Finché rimaneva con gli occhi fissi sul moto dell’oceano, Ron stesso si tramutava in vento: s’insinuava tra i granelli di sabbia, ridisegnava i contorni delle colline, scivolava sui tetti delle case, ed arrivava infine ad accarezzare i volti di coloro che amava.

Ma era tutto diverso adesso.

Il vento aveva placato la propria rincorsa, l’aria era meno fredda e Villa Conchiglia non sembrava più così grande ora che era stipata di ospiti.

Ron era di nuovo insieme ai suoi migliori amici, di nuovo uniti nella missione che avevano scelto d’intraprendere. Ogni tassello del puzzle pareva essere stato rimesso a posto, eppure mentre guardava il mare, Ron riscopriva nel suo sbattere inquieto contro la riva, il medesimo turbamento che lo aveva afflitto qualche mese addietro.

Ritrovarsi in quel luogo gli riportava alla mente il senso di colpa che lui credeva di aver messo definitivamente a tacere, e che invece si risvegliava prepotente dal proprio torpore e rivendicava il possesso sui ricordi legati a Villa Conchiglia.

Ron aveva tradito l’amicizia che lo legava a Harry e Hermione.

Li aveva abbandonati nel pericolo perché si sentiva troppo stanco, troppo geloso, troppo invidioso; perché non sopportava più che lei si preoccupasse per Harry invece di occuparsi di lui, perché Harry non aveva un piano e lasciava che brancolassero senza meta alla ricerca dei pezzi dell’anima di Voldemort. Perché protetti dalle mura della Tana, prima di partire, tutto sembrava più semplice, invece la fame, il freddo e la delusione avevano preso il sopravvento sui buoni propositi.

Ron era consapevole di non avere scuse, che tutte le giustificazioni del mondo non avrebbero alleviato la sua angoscia. Anche Harry e Hermione avevano dovuto fare i conti con un incarico molto più gravoso di quanto non si aspettassero, eppure non avevano mollato. Lui sì. Aveva deciso di non voler più resistere, che i suoi migliori amici non valevano i suoi sforzi ed era scappato, anche se sapeva bene che se ne sarebbe pentito una volta lontano.

Non avrebbe mai potuto prevedere che il rimorso gli avrebbe fatto tanto male.

Ron era arrivato ad odiarsi. Si sentiva sporco, indegno addirittura d’indugiare col pensiero su Harry e Hermione sperduti chissà dove. Non riusciva a sopportare di stare con se stesso, si sarebbe strappato la pelle di dosso se avesse potuto. Non la voleva più, non voleva più essere Ron Weasley. Ron Weasley è solo un traditore.

Per questo accettava volentieri l’oblio offertogli dal vento. Nel vento poteva annullarsi. Col vento diventava parte del tutto, dimenticava di essere ancora e sempre, nonostante il suo rifiuto, Ron Weasley. Il traditore.

 

 

I’m learning to walk again

I believe I’ve waited long enough

Where do I begin?

I’m learning to talk again

Can’t you see I’ve waited long enough

Where do I begin?

 

WalkFoo Fighters –

 

 

Ron era seduto sulla scogliera come allora. Gli occhi persi in un punto indefinito all’orizzonte, dove l’oceano ed il cielo sembravano congiungersi e creare un’unica, infinita, distesa azzurra.

Si crogiolava in quei pensieri disperati e malediva mentalmente quel vento, che un tempo era stato suo amico e che ora gli si rivoltava contro, soffiandogli nelle orecchie ricordi di attimi che avrebbe preferito perdere per sempre.

Spostò lo sguardo sulla casa e immaginò le persone all’interno.

Avevano miracolosamente scampato il pericolo d’incontrare Voldemort faccia a faccia dopo essere stati catturati e portati a Villa Malfoy. Grazie al sacrificio di Dobby – l’elfo domestico – erano riusciti a scappare e liberare nella fuga Luna, Dean, Olivander ed il folletto Unci-unci, prigionieri nel covo dei Mangiamorte.

Erano arrivati da tre giorni.

E da tre giorni i pensieri di Ron seguitavano a torturarlo.

Siamo insieme… siamo di nuovo tutti insieme… io sono con loro… continuava a ripetersi; eppure la sua mente non riusciva a trovare pace, insisteva nell’indugiare sul suo abbandono, tanto che, quando gli altri non se ne accorgevano, sgattaiolava fuori dalla villa e saliva sulla scogliera, speranzoso di ritrovare quel conforto che tanto l’aveva aiutato nel precedente soggiorno.

Ma stavolta il mormorio del mare combinato col fischio del vento, gli ribadivano le sue colpe con la stessa intensità con cui una volta lo avevano consolato dal rammarico dei suoi stessi errori. E Ron non riusciva a fare altro che rimanere immobile nello stesso punto in cui aveva deciso che con tutte le sue forze avrebbe rimediato al suo sbaglio, ad ascoltare quel rimprovero muto, ricominciando per l’ennesima volta ad odiare se stesso.

Strinse i pugni e sbuffò.

Sentì ribollire la rabbia in fondo alle viscere. Avrebbe voluto prendersi a schiaffi e poi prendere a schiaffi il vento perché lo aveva illuso, perché gli aveva fatto credere che gli avrebbe concesso il perdono, perché il suo soffio oggi gli rammentava che neanche lei lo aveva ancora perdonato. E forse non sarebbe mai successo.

Si prese la testa tra le mani, premendo i polsi sulle orecchie.

Era stanco di sentirsi inadeguato, stanco di essere l’unico a sbagliare, stanco che ci fosse sempre qualcuno, qualcosa, pronto a ripeterglielo.

Conosceva bene i suoi errori, se li portava nel cuore, se li sentiva legati alle caviglie come fossero pesanti catene da trascinare; la notte gli serravano la gola, gl’impedivano di respirare. Non aveva bisogno anche di quei ricordi, bastavano i suoi pensieri.

Era tornato, aveva ritrovato i suoi amici, poteva rimediare. Voleva rimediare. Ma come poteva provare a riscattarsi, se il vento stesso si ostinava a sussurrargli che era solo un traditore?

Un tocco leggero lo riscosse dalla disperazione.

Sollevò il viso verso il proprietario della piccola mano che si era posata sulla sua spalla.

Hermione, i capelli ribelli mossi dal vento, gli sorrideva serena.

« Hey, sei qui ».

Era ancora pallida dopo Villa Malfoy, ancora non si era ripresa del tutto dalle torture inflitte da Bellatrix Lestrange; la sua andatura era incerta, come se avesse timore di ogni passo che compiva, ma la paura non era stata in grado di spegnere la scintilla della determinazione dai suoi occhi.

Ron si stupì dell’immensa stima che provava nei riguardi di lei, ed in un attimo non riuscì a non paragonarla alla poca che invece sentiva nei propri confronti.

Abbassò di nuovo la testa e sospirò: « A quanto pare… ».

La presa della mano di lei sulla sua spalla si affievolì.

« Scusa, non pensavo di disturbarti ».

Ron avvertì la tenue speranza, che era germogliata nel suo cuore quando aveva incontrato il sorriso timido di lei, dissolversi nell’aria; si affrettò a riprendere la sua mano ed a stringerla quasi come fosse l’ultimo appiglio a cui poteva afferrarsi prima di affogare.

« No, io non… non… non te ne andare » balbettò a corto di voce, col respiro spezzato dall’ansia di vederla allontanarsi.

Hermione si accigliò, lui tentò di calmarsi accarezzandole il dorso della mano con quella che non le stringeva già le dita.

« Siediti qui, vicino a me ».

L’espressione di Hermione si distese e lei gli si posizionò accanto.

Ron aveva bramato la sua presenza in quello stesso posto così tante volte e con tanta intensità, che quando fu al suo fianco non poté trattenersi dal sollevare un braccio, posarlo attorno alle spalle di lei e portarsela più vicino.

Hermione rispose alla sua stretta passandogli il braccio intorno alla vita e poggiando la testa sul suo petto.

Era magra Hermione, tanto piccola e fragile che pareva fatta di vetro. Ogni volta che la teneva vicino, Ron sentiva l’impulso irrefrenabile di proteggerla. Poggiò il mento sulla sua testa riccioluta ed inspirò il profumo dei suoi capelli.

« Come stai? »

Lo chiedeva spesso, lo chiedeva per tutte le volte in cui non aveva potuto farlo, perché a separarli c’erano miglia di distanza.

« Sto bene, Ron. Il peggio è passato ».

Lui la strinse più forte.

Avrebbe dovuto dirle che il peggio doveva ancora venire, che quello che avevano affrontato non era che l’inizio di un cammino molto più duro e pericoloso, che quella era la via che avevano scelto e ormai non potevano più tornare indietro.

Invece replicò: « Il peggio è passato. Ora siamo insieme ».

Voleva gridarlo a quel vento maledetto. Ora siamo insieme.

Stringeva Hermione tra le braccia e non era un sogno, non sarebbe scomparsa non appena avesse riaperto gli occhi: lei era viva, reale, sentiva il calore del suo corpo, l’odore della sua pelle, il battito del cuore di lei che rincorreva il ritmo del suo.

Eppure quella sensazione sgradevole di non essere degno di quell’abbraccio non se ne andava.

Strizzò le palpebre con forza, desiderò che tutto intorno a lui sparisse: il vento, il mare, la scogliera e tutti i suoi ricordi. Voleva ricominciare da capo, voleva cancellare i suoi errori, tramutare i pianti in sorrisi, le grida in sussurri, le ferite in carezze…

« Non sbaglierò più! » mormorò contro il vento, aggrappandosi ad Hermione come se potessero portargliela via. « Non sbaglierò più, non sbaglierò più! » ripeté ancora, ma sempre più piano quasi volesse dirlo a se stesso.

Hermione si scostò un poco per guardarlo negli occhi.

« Come? » sembrava incuriosita e vagamente preoccupata.

« Non me ne vado più. Non ti lascio. Non me ne vado più » farfugliò Ron scuotendo la testa, ansioso di far uscire tutte le parole che gli vorticavano nel cervello. « Io… io… ho perso la strada solo una volta… solo una volta… ».

Era una bugia bella e buona. Aveva deviato dal percorso giusto innumerevoli volte. Aveva sbagliato con lei, con Harry, con la sua famiglia, ma doveva convincerla che non le avrebbe più fatto del male, che ogni volta che la feriva era come colpire se stesso, che voleva imparare a camminare sul tracciato giusto di nuovo.

Lei lo studiò un momento in silenzio.

Ron non aveva la più pallida idea di quali pensieri le passassero per la testa, ma qualsiasi sua reazione sarebbe andata bene. Avrebbe accettato schiaffi, insulti, rimproveri, purché lei gli concedesse il perdono.

Invece Hermione sorrise. « Però sei bravo a tornare… » constatò con leggerezza.

E la voce del vento si spense.

Ron rimase di sasso, il mare si quietò ed il sorriso di Hermione divenne splendente come il sole che vegliava il loro abbraccio.

« Tu torni sempre, Ron, tornerai sempre » continuò lei.

Ron avrebbe voluto ostentare la stessa sicurezza che gli mostrava lei, ma non riuscì a trattenersi dal chiederle: « Come fai ad esserne certa? »

Hermione fece spallucce. « Io ho fiducia in te ».  Poi aggiunse: « Dovresti averne un po’ anche tu in te stesso! »

Ron abbassò il capo e sbuffò. « Ho perso la strada » disse di nuovo, le parole in bocca avevano lo stesso sapore metallico del sangue, come se si fosse aperta una ferita. « E ho perso te… e se non ci fosse stato Silente… » mise una mano in tasca dove si trovava il dono lasciatogli dal professore, non se ne separava mai. « Se non avessi avuto il Deluminatore… » lei non gli lasciò finire la frase, gli prese il mento e riportò gli occhi nei suoi.

« Non mi hai mai perso ».

L’incredulità si disegnò sul volto di Ron, Hermione continuò a parlare: « Non ho mai smesso di sperare in un tuo ritorno. Ogni giorno. Ogni ora. Ho pregato che tu ritrovassi la strada. Ho aspettato. Ed alla fine sei tornato ».

Lui si accigliò. « Ma… ma tu eri arrabbiata… ».

Hermione rise. « Beh, ci hai abbandonato, non potevo fartela passare liscia! »

« E poi, che è successo? Pensavo di averla combinata davvero troppo grossa, che non mi avresti mai perdonato… »

Gli occhi di lei si adombrarono ed in un attimo apparve estremamente stanca. « Diciamo che quando guardi in faccia la morte, rivedi le tue priorità ».  Passò le dita sul proprio collo sottile, dove la ferita procuratale dal pugnale di Bellatrix macchiava la pelle chiara.

Ron notò il suo gesto e rabbrividì nel ricordo di quella notte. « Non abbiamo più molto tempo, vero? »

Hermione sospirò. « No, non ce l’abbiamo, non ne abbiamo mai avuto abbastanza, e ne abbiamo sprecato a sufficienza… » nella sua voce c’era un velo di rimpianto.

Ron allora si mise in ginocchio, la prese per le spalle e la tenne stretta per dare enfasi alle parole: « Non succederà più. Non vi abbandonerò, non ti lascio più, mai più! »

Hermione annuì, il suo sguardo tornò sereno, limpido come il cielo. « Lo so ».

Si alzò in piedi, senza perdere il contatto visivo con gli occhi di lui e sembrò parlare contro il vento, come se stesse pronunciando una promessa: « Ti camminerò accanto, non perderai più la strada. Io non te lo permetterò ».

Ron osservò la figura di Hermione fargli ombra, sovrastarlo; nonostante la sua corporatura minuta appariva salda come un scoglio in mezzo al mare in tempesta, decisa, ferma. Nel disordine delle sensazioni che si rincorrevano nel suo animo, Ron scoprì la forza di sorridere. « Detto così suona come una minaccia… »

Allungò un braccio verso di lei affinché gli prendesse la mano e lo aiutasse a raggiungerla.

Quando si ritrovarono uno di fronte l’altra, i palmi delle mani congiunti a suggellare il patto appena espresso, lei confermò: « Oh, lo è, Ronald Weasley, ci puoi scommettere! »

Il cuore di Ron si scaldò, divenne di fuoco, come quando la pallina di luce azzurra uscita dal Deluminatore gli era entrata nel petto e gli aveva mostrato la via del ritorno.

Era Hermione la via del ritorno. Era la sua casa, la sua famiglia, lo aveva accolto con i suoi innumerevoli difetti, gli avrebbe insegnato a non odiarsi, ad accettare i propri errori, a lottare per non ripeterli. Con lei avrebbe imparato ad essere migliore.

La tirò verso di sé e la abbracciò.

Non lo spaventava più il soffio del vento, o le onde del mare che s’infrangevano sulla riva, i ricordi legati a quella scogliera. Si sarebbe tenuto stretto ogni singolo momento, anche quelli dolorosi che rievocavano le sue colpe, perché ciascuno di quegl’istanti costituiva un pezzo della strada che lo aveva portato fino a Hermione.

Lei rispose al suo abbraccio raggomitolandosi contro il suo petto, Ron le baciò i capelli e la fronte, abbandonandosi alla tenerezza di quell’attimo.

Quando si staccarono, Hermione era rossa in viso, e i suoi occhi brillavano così intensamente che Ron dovette resistere all’impulso di abbracciarla di nuovo.

Si frugò nelle tasche e tirò fuori il Deluminatore, lo porse a lei. « Prendilo, a me non serve più ».

Hermione rimase ad osservarlo in silenzio, pensierosa, poi si allontanò di un passo. «No, io… non posso… il regalo di Silente… ».

Lui si riavvicinò. « Voglio che lo tenga tu ».

Hermione deglutì, guardò alternativamente lui e l’oggetto che le stava offrendo.

Ron sapeva che lei stava caricando quel gesto dello stesso significato che gli attribuiva lui: non avrebbe avuto più bisogno dell’aiuto del Deluminatore perché non l’avrebbe più lasciata. Era la sua promessa per lei.

« Ne sei sicuro? »

Ron fece spallucce. « Diciamo che prima sei stata piuttosto convincente... »

Lei alzò gli occhi al cielo e sbuffò, gli rifilò una gomitata nelle costole borbottando un “sempre il solito”. Lui soffocò una risata ed ammise senza pensarci: « Sei tu la mia luce, Hermione, lo sei sempre stata ».

Lei trattenne il respiro ed arrossì. Con profonda soddisfazione, Ron la guardò cercare di dissimulare l’imbarazzo mentre prendeva finalmente il Deluminatore e lo riponeva nella veste, mormorando con un filo di voce: « Sei stato così cieco a volte… ».

Ron fece schioccare la lingua con disappunto. « Oh! Ma non ti limitare, sono stato cieco… e sordo, e… ».

« E un perfetto idiota! » si riprese lei, tornando all’espressione decisa con la quale era arrivata.

Ron finse di rifletterci su. « Ecco, così va meglio! Penso che “perfetto idiota” renda bene l’idea » le concesse. « Però ammettilo, se non ci fossero le mie bravate ad animare la situazione, ti annoieresti a morte! »

Hermione scosse la testa, ma sorrideva, alzò il braccio e gli accarezzò il capo, scostandogli i capelli dalla fronte. « Vuoi smetterla di dire sciocchezze e rientriamo in casa? Fleur ha bisogno di aiuto per la cena ».

Ron attese che la mano di lei gli sfiorasse la guancia, poi la afferrò e le baciò il dorso. « Agli ordini, capo! Ti seguo, fammi strada ».

Lei indicò la discesa dalla scogliera con un cenno della testa. « Bene, restami vicino ».

Ron imitò i suoi passi senza più incertezze. « Sempre! » disse. Per sempre.

 

 

I never wanna leave

I never say goodbye

Forever, whenever

Forever, whenever

 

WalkFoo Fighters

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eccomi, stavolta sono in tempo!

Dopo l’abbandono di Ron, il suo riscatto. Avete letto di un Ron un po’ diverso dal solito: è cresciuto, più maturo e non ha bisogno di nascondersi dietro farfugliamenti ed imbarazzi inutili. Ormai ha capito quello che prova per Hermione e sente la pressione della guerra, ecco il perché delle sue parole decise, non c’è più tempo per gli indugi.

La raccolta potrebbe essere conclusa con questa shot, oppure no, non ho ancora deciso. A dir la verità ho voglia di descrivere ancora qualche momento, soprattutto ho voglia di descrivere qualcosa di veramente romantico, solo che ho ancora le idee confuse. Comunque non vi lascio, leggerete di me molto presto, vi va di aspettarmi un pochino?

Questa storia è arrivata al primo posto nei seguenti contest: “Lotta contro il tempo” di _Aras_; “Het-Flash contest-“ di Ceci Weasley; “[The seven year] La fine di un’era” di Lalani. E’ arrivata al secondo posto nel “Flash contest – L’ennesimo!” di Sophie85 e al terzo posto dell’ “Hermione e Ron contest” di Sara Marauders. Infine si è classificata solo decima nel “Five days” di Erica Weasley. Sono stata immensamente contenta di tutti i premi, ovviamente, ma vi faccio leggere solo il giudizio di Erica Weasley che è stato il primo che ho ricevuto, è anche grazie ai suoi consigli che la storia è diventata così come l’avete letta.

Se anche voi volete farmi sapere cosa ne pensate, sono aperta a qualsiasi commento, anzi ogni vostra parola mi renderà felice.

Grazie a tutti quelli che hanno commentato ed inserito nelle preferite/ricordate/seguite le altre shot della raccolta; grazie anche a tutti i lettori silenziosi.

A presto.

 

Emmahp7

 

 

-         Five Days di Erica Weasley

 

Decima classificata: Learning to walk again di Emmahp7

Totale: 41,05/45

 

Grammatica e sintassi: 8,05/10 (Gli errori sono stati ovviamente corretti, per questo ho lasciato solo il voto)

Lessico e stile: 9/10

Sebbene in shot così lunghe si rischi spesso di incorrere in ripetizioni e banalità del lessico, nel tuo caso questo non è successo. […] Lo stile invece è ottimo. L’introspezione è curata benissimo, in modo eccellente, e lo stile contribuisce a rendere al meglio le emozioni, sfruttando immagini come il vento, la battigia e i ricordi che danno a Ron questi momenti. […]

Caratterizzazione: 10/10

Considerando il modo in cui hai curato l’introspezione di Ron, non è possibile non darti dieci in questo campo, perché il punteggio pieno ci sta tutto. Qui stiamo parlando proprio di Ron Weasley, pieno di rimorso per ciò che ha fatto, che cerca la sua pace e che si sente “sbagliato”. Una caratterizzazione davvero eccellente e ben curata, come se ne possono vedere poche. Anche l’infleunza di Hermione, che fa tacere le onde del mare, è perfetta e adatta alla situazione. Sì, decisamente, punteggio pieno.

Originalità: 9/10

Riprendere il tema di Villa Conchiglia è quasi un clichè, succede veramente molto spesso. Forse perché è un momento essenziale per la vita di Ron, e questo lo rende uno dei più visti e rivalutati dalle fanwriter. Nonostante questo l’originalità non ha perso molti punti, anzi solo uno. Questo considerando tutto ciò che sei riuscita ad inserire in questa situazione: oltre ai pensieri di Ron, si nota quanto l’influenza di Hermione lo risollevi. L’idea poi di donarle il Deluminatore l’ho apprezzata tantissimo, e ti ha sicuramente fornito punti in questo campo.

Gradimento personale: 5/5

Devo spiegare perché 5? Perché hai usato i Foo Fighters. Perché hai descritto un Ron su cui ben pochi sanno davvero scrivere. Perché l’ho adorata, ecco tutto.

 

Premio introspezione: Emmahp7



 

 

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