Dopo la fine

di Darik
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1° Capitolo ***
Capitolo 3: *** 2° Capitolo ***
Capitolo 4: *** 3° Capitolo ***
Capitolo 5: *** 4° Capitolo ***
Capitolo 6: *** 5° Capitolo ***
Capitolo 7: *** 6° Capitolo ***
Capitolo 8: *** 7° Capitolo ***
Capitolo 9: *** 8° Capitolo ***
Capitolo 10: *** 9° Capitolo ***
Capitolo 11: *** 10° Capitolo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


DOPO LA FINE

ANNO 2234

Il cielo era ricoperto da nere nubi temporalesche, che proiettavano ombre fosche sulla ripida scogliera che scendeva a picco nel mare rosso in tempesta.

Un gigantesco e lunghissimo condotto dalle pareti semitrasparenti si snodava come un serpente poco lontano dalla costa.

Improvvisamente dal mare emerse un gigantesco tentacolo di metallo, poi un altro, e un altro ancora.

Infine venne fuori un orrendo mostro grigio dall’aspetto di una piovra con un solo occhio e capace di muoversi sulla terraferma tramite della zampe da ragno.

Nonostante la sua mole, risalì agilmente la scogliera e raggiunse il condotto.

Alzò un tentacolo per distruggerlo, quando dall’alto arrivarono quattro lance nere, che penetrarono la dura pelle corazzata del mostro ma non più di tanto.

Stupito il mostro indietreggiò, mentre dalle nuvole sbucarono delle creature di forma umanoide e con la testa allungata a mo di becco, bianche e munite di ali simili a quelle di un angelo.

Il mostro emise una scarica energetica che estrasse le lance rispedendole violentemente al mittente.

I quattro esseri alati le afferrarono senza problemi e si piazzarono intorno al mostro pronti ad attaccarlo.

La piovra osservò i suoi nemici, poi cominciò ad agitare i tentacoli nel tentativo di spazzarli via, ma erano troppo piccoli e agili per farsi colpire.

Le loro lance si allungarono e colpirono in più punti il mostro, ma non sembravano in grado di infliggergli gravi danni.

La situazione era in stallo, finché il mostro non decise di cambiare strategia: le zampe di ragno si fissarono saldamente sul terreno, e la parte superiore del mostro iniziò a girare su se stessa a velocità crescente, mentre dalla punta dei suoi tentacoli si sprigionò un fumo nero e denso.

In pochi secondi, una gigantesca nuvola nera ricoprì la scogliera, ed era talmente densa che non si vedeva ad un palmo dal naso.

I quattro giganti bianchi rimasero per pochi attimi fermi, come se non sapessero cosa fare.

E quei secondi furono sufficienti perché il mostro, che sembrava vederli benissimo, li afferrasse e cominciasse con grande violenza a sbatterli al suolo.

Ma gli umanoidi bianchi non restavano danneggiati, come se una barriera invisibile li proteggesse.

Allora la piovra ricominciò a girare su se stessa e ad una velocità incredibile li scagliò in pieno mare.

Liberatosi momentaneamente da quegli ostacoli, il mostro rivolse la sua attenzione al condotto, fece scattare in avanti due tentacoli per colpirlo, ma due raggi di colore giallo li tranciarono di netto.

I pezzi di tentacolo caddero al suolo contorcendosi come serpenti.

E dal cielo piombò un nuovo gigante, molto più massiccio e minaccioso dei precedenti, di colore nero e bianco, con una piastra pettorale rossa al cui centro si trovava una gemma rossa con incisa una Z.

Il gigante atterrò in piedi davanti al mostro, ancora ricoperto dalla nube nera.

Sulla parte bassa del viso del nuovo arrivato c’era una griglia, dalla quale scaturì un enorme tornando che subito spazzò via la nube.

Ma la piovra era sparita.

Poi un ombra calò sul gigante, seguita dal mostro che atterrò pesantemente sul nuovo arrivato.

La piovra sembrava aver vinto, però fu presa da improvvise convulsioni, e la sua testa fu sfondata da due oggetti simili a dei missili, che andarono verso l’alto, poi tracciando un arco tornarono indietro e colpirono in pieno il muso della piovra, sfondandolo.

Infine l’intero corpo del mostro cominciò a cambiare colore, diventando di un rosso sempre più acceso, finché non esplose violentemente.

In mezzo al mare di fuoco, emerse vittorioso il titano nero e bianco.

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Capitolo 2
*** 1° Capitolo ***


1° CAPITOLO

L’immenso sottomarino di colore grigio scuro solcava le acque rosse dell’oceano, provocando delle onde talmente grandi che anche i transatlantici avrebbero oscillato pericolosamente.

Ma tanto era da almeno due secoli che non esistevano più transatlantici.

La parte superiore della prua si aprì lentamente, dal cielo arrivò il gigante nero e bianco che volava grazie a delle sottile e minacciose ali rosse, e con grande precisione atterrò sul sottomarino.

Dietro il grande robot, che tuttavia sembrava solo una bambola nei confronti del sottomarino, spuntò una lastra metallica su cui si adagiò e cominciò ad abbassarsi.

Contemporaneamente i pannelli cominciarono a chiudersi.

Il gigante si ritrovò sdraiato in orizzontale, in un grosso e vuoto hangar.

Sulla sua testa c’era un veicolo che venne staccato da alcuni bracci meccanici e adagiato sul pavimento.

L’abitacolo si aprì e ne uscì il pilota, che indossava una tuta rossa e un casco.

Si tolse il casco: era una ragazza molto giovane e molto bella, con i capelli corti.

Da una postazione situata in una parete interna, due operatori avevano controllato l’intera operazione.

“Rientro MazinKaiser completato”.

“Ricevuto. Il pilota Kaname Chidori è pregata di recarsi sul ponte di comando”.

A Chidori non piaceva molto quel sottomarino, trovava i suoi corridoi stretti e claustrofobici, nonostante fossero molto più spaziosi di quelli degli altri sottomarini.

Ma tanto nessuno le chiedeva mai se qualcosa le piacesse o meno.

Nei corridoi incrociò alcuni membri dell’equipaggio che le passarono affianco senza degnarla di uno sguardo.

Arrivò davanti alla porta d’accesso del ponte di comando, digitò il suo codice ed entrò.

Anche quell’ambiente pieno di schermi, comandi e dati di ogni tipo non le piaceva.

C’erano un’infinità di rumori, di per se non forti, ma quasi assordanti nel loro continuo insieme, che la infastidivano notevolmente.

E si chiedeva come facessero le persone che ci lavoravano a concentrarsi.

Nel momento in cui entrò, sentì una voce riferire che il rientro dei quattro Eva Series era stato completato senza problemi.

Non si riscontravano danni ai loro piloti automatici e alle loro batterie d’alimentazione interne.

Intanto Chidori doveva concentrarsi sulle tre persone che stavano al centro della sala: seduta, c’era il colonnello Teletha Testarossa, sua bellissima coetanea dai capelli grigio chiaro nonché costruttrice e comandante del sottomarino Tuatha De Danaan, mentre al suo fianco c’erano Richard Mardukas e Andrei Kalinin, vice-comandante e consigliere tattico del colonnello, due uomini duri che erano vere enciclopedie viventi nell’arte militare.

“Bentornata, signorina Chidori” la salutò freddamente Teletha senza voltarsi, mentre era impegnata nella compilazione di un rapporto “Come è andata la sua ultima missione?”

“Tutto a posto. Ho distrutto quello schifoso mostro prima che potesse distruggere il condotto per il trasporto passeggeri verso la città di Thosi”.

“Il MazinKaiser ha riportato danni?”

“Assolutamente no. Quel robot sembra essere davvero indistruttibile”.

“E ha notato qualche indizio che possa farci scoprire l’ubicazione della base nemica?”

“Purtroppo no”.

“Molto bene, può andare”la congedò Teletha tamburellando con la sua penna sul bracciolo della poltrona.

Chidori fece il saluto militare, ma nessuno lo ricambiò.

Andò al bagno, e vi rimase a lungo, poi udì una voce da un altoparlante che la invitava, anzi, le ordinava di recarsi nell’ufficio di Teletha.

La ragazza prontamente obbedì, ed entrò nell’ufficio del colonnello, una stanza piuttosto larga arredata in modo semplice e funzionale.

Al centro una scrivania, dove stava seduta Teletha.

“Benvenuta, signorina Chidori, devo aggiornarla sulla nostra ultima strategia” disse il colonnello.

E quando Kaname si fu seduta, in maniera impercettibile Teletha premette un pulsante nascosto sotto la scrivania.

Fatto questo sia lei che Chidori si abbandonarono sulle rispettive poltrone sospirando.

“Ah, finalmente un po’ di relax” dissero contemporaneamente.

“E’ incredibile che dopo ben quattro mesi di battaglie, nessuno mi rivolga ancora la parola qui dentro” si lamentò Kaname mettendo una gamba sopra il bracciolo della poltrona.

Teletha si alzò per prendere qualcosa da bere da un piccolo frigo bar.

“Devi cercare di non prendertela, Kaname. Purtroppo quelli della Mithril fanno cosi, i loro membri sono stati tutti selezionati da loro, tu invece in un certo senso sei stata imposta. Ed è per questo che ti guardano con sospetto” le disse il colonnello.

“Lo so, Tessa, lo so. E per questo non mi sono mai aspettata di essere accolta a braccia aperte. Capisco pure la necessità di prendere delle precauzioni, dato che neppure io mi spiego il modo in cui sono stata scelta. Ma accidenti, dopo quattro mesi non pensano che se avessi avuto cattive intenzioni, le avrei già messe in atto?! Invece ogni volta che mi chiamano per farmi pilotare quel coso gigantesco, sento intorno a me la stessa freddezza e diffidenza del primo giorno. Non si fidano affatto di me, spiano ogni mia mossa quando sono qui dentro, perché sento occhi e orecchie invisibili seguirmi”.

“Non devi farmi lezioni, Kaname. Io ti capisco, perché anche io sento intorno a me la stessa freddezza e indifferenza che avverti tu. In fondo io mi trovo qui perché sono un genio precoce che è riuscito cosi giovane ha costruire un sottomarino come questo, che conosco meglio di chiunque altro e questo li ha costretti a farmelo comandare.

Ma siccome resto una ragazzina di sedici anni, gli alti papaveri del quartier generale sbuffano sempre contrariati al pensiero che il De Danaan è sotto il mio comando.

Il loro orgoglio poi ha subito un ulteriore duro colpo per il fatto che solo io sono riuscita a recuperare e riattivare la tecnologia degli Eva Series, una delle poche cose scampate al Third Impact

A causa di tutto questo, Kalinin e Mardukas mi sorvegliano come falchi.”.

“Immagino, ti hanno messo persino delle telecamere nascoste nell’ufficio, ma per fortuna te ne sei accorta e hai trovato il modo di fregarli”.

Il giovane colonnello infatti aveva creato con sofisticati programmi di grafica digitale di sua invenzione, un falso filmato che la mostrava mentre spiegava freddamente strategia militare ad una assorta Chidori.

Dopodichè bastava premere un piccolo comando nascosto, e grazie ad un impercettibile scambio di frequenze, il filmato raggiungeva gli schermi dei sorveglianti al posto delle immagini originali.

E le due amiche potevano finalmente rilassarsi dentro quell’ambiente per loro asfissiante.

“Comunque, a parte tutto, c’è davvero una cosa di cui voglio avvertirti” disse Tessa seriamente.

“E sarebbe?”

“Alcuni giorni fa, un nostro satellite ha intercettato un oggetto volante sconosciuto precipitare sulla Terra”.

Kaname smise di sorseggiare la sua bibita:”Stai parlando di un… UFO?!”

“I nostri analisti non lo escludono. Oppure è una nuova arma dell’Impero di Micene”.

“Avrebbe potuto essere una meteora”.

“No. Aveva una traiettoria troppo regolare, e man mano che si avvicinava alla crosta terrestre, rallentava. E’ inoltre riuscito a far perdere le sue tracce, e non si è registrata la benché minima attività al suolo. Ma quell’oggetto era piuttosto grande, e se fosse stata una meteora, anche considerando l’attrito con l’atmosfera, avrebbe dovuto schiantarsi e provocare un cratere grande quanto uno stadio”.

Kaname sembrava dubbiosa, non aveva mai creduto alle storie sugli extraterrestri.

Ma in fondo, tenendo conto delle brusca e inaspettata svolta presa dalla sua vita negli ultimi mesi, come poteva rifiutare a priori tale possibilità?

“E dove sarebbe finito questo UFO?”

“Calcolando le possibili traiettorie partendo dalla sua ultima posizione, sembra che la sua meta fosse il Giappone”.

“Il Giappone?! Ma dopo il Third Impact, è solo un immenso deserto bruciato e del tutto disabitato!”

“Proprio per questo, potrebbe essere un ottimo luogo per nascondersi”.

“Perché me lo dici? Vogliono che indaghi col MazinKaiser o tu col De Danaan?”

“No, finché non si avranno maggiori indizi, il quartier generale non rischierà né il MazinKaiser né questo sottomarino.

Alcune squadre sono state già inviate sul posto, e vedremo se otterranno qualcosa. Io ho voluto semplicemente avvertirti, perché è possibile che in futuro tu possa incontrare un nemico diverso dai soliti mostri meccanici”.

“Oh be, grazie del pensiero. Starò attenta”.

Kaname guardò l’orologio.

“Devo andare. Tra cinque minuti partirà il trasporto per condurmi a Neo-Tokyo 4. Ci vedremo quando mi chiameranno per la prossima missione, Tessa. Certo che sarebbe molto più facile se mi facessero risiedere qui piuttosto che in una città”.

“Quei pezzi grossi non accetterebbero mai che un esterna non scelta da loro abiti ventiquattro ore su ventiquattro sul De Danaan”.

“Stavo scherzando, lo so benissimo. Ma forse è meglio cosi, se dovessi stare troppo a lungo qui dentro, temo che mi verrebbe la claustrofobia”.

“Chissà. Ah, mettiti in posizione, dobbiamo concludere la messinscena”.

Le due ragazze fecero sparire le bibite, si sedettero dritte, Tessa contò fino a tre, fece divertita l’occhiolino a Kaname e premette nuovamente il pulsante nascosto.

“E questo è tutto, signorina Chidori, può andare”.

“Agli ordini, colonnello Testarossa” rispose Chidori facendo il saluto militare, che non venne ricambiato, e uscendo dalla stanza.

Rimasta sola, Tessa pensierosa si appoggiò con i gomiti alla scrivania mettendo le mani sotto il mento.

La terra era nera come la pece, erano annerite anche le rocce.

Non c’erano neanche della piante, nulla.

Un campo era disseminato dai rottami che ancora bruciavano di due elicotteri da trasporto.

Su una lamiera si poteva leggere il nome MITHRIL.

Cadaveri umani con divise da soldato erano sparpagliati un po’ ovunque.

Poi, in mezzo al fumo, spuntarono due figure, di uguale altezza e avvolte in pesanti mantelli neri.

“E’ interessante notare come gli umani, nonostante la loro consapevolezza di essere inferiori, tentino lo stesso di difendersi combattendo. Non sarebbe più logico che provassero a chiedere pietà?”

“Certo non la otterrebbero da noi”.

“Si. Ma siccome gli umani sono guidati dall’istinto di sopravvivenza, dovrebbero provarci lo stesso. E invece questi uomini hanno deciso di combattere, rendendo la loro morte ancora più dolorosa”.

“Inutile perdere tempo ad analizzare il comportamento umano, sono cosi illogici. Speranza, follia, amore, genio, rabbia, si mescolano in loro senza confini netti”.

“Hai ragione. Comunque dobbiamo riferire a nostro padre che non abbiamo trovato nulla qui”.

“Sono sicuro che si aspettasse una cosa del genere. In fondo, se è davvero lui, e nostro padre ne è assolutamente sicuro, sarà rimasto troppo disorientato. Il pianeta Terra è molto cambiato dalla sua ultima visita”.

“Se è cosi, sarà ancora più facile impadronircene”.

“Si. E finalmente l’Impero di Micene potrà regnare su questo pianeta ed espandere il suo dominio fino alle stelle!”

“Cosi sarà, fratello!”

Una folata di vento coprì col fumo le due figure, e quando si esaurì, erano scomparse.

Il veloce veicolo nero atterrò sulla piattaforma posta sulla sommità della base della Mithril a Neo-Tokyo 4, Chidori ne scese e si avviò verso l’uscita, anche se prima di attraversarla dovette essere sottoposta a decine di controlli.

“Ma tu guarda! Stanno controllando che non abbia sottratto qualcosa. Bella fiducia davvero” pensò con una certa irritazione.

Ma quando poté finalmente uscire da una porta secondaria, per non dare nell’occhio, finalmente si rilassò.

Certo la città era grande e caotica, e non era proprio l’ambiente adatto per rilassarsi, ma alla ragazza andava bene lo stesso, ora che non si sentiva tutti quegli occhi addosso per spiarla.

Si avviò verso casa per farsi un riposino e darsi una sistemata.

Quella sera avrebbe rivisto dopo tanto tempo gli amici della sua vecchia scuola.

****

“Allora, mi spiega che cosa è successo?”

L’agente di polizia stava attendendo la spiegazione del proprietario del negozio di vestiti, e allo stesso tempo contemplava il grosso buco provocato nel muro che dava al magazzino del medesimo negozio.

“Non lo so agente” rispose piuttosto agitato il proprietario “Mi stavo occupando di alcune vendite, quando all’improvviso ho sentito un boato, sono corso e ho visto solo il buco.

Poi ho anche sentito un rumore di passi che si allontanavano di fretta, mi sono affacciato ma non ho visto nessuno”.

“Capisco. E cosa manca dal magazzino?”

“Solo alcuni abiti sparsi, un pantalone, una maglietta e una giacca”.

Il poliziotto guardò il buco nel muro e notò alcuni strani particolari: il buco era una cerchio perfetto, talmente preciso che sembrava fatto con un bisturi.

E poi non c’era stata la benché minima presenza di fumo.

Per aprire quella parete di cemento in quel modo, sicuramente avevano usato dell’esplosivo, ma quale esplosivo poteva provocare un buco dai contorni cosi netti e senza sprigionare fumo?

E per che cosa poi?

Per rubare un po’ di abiti alla rinfusa.

“Davvero strano” commentò.

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Capitolo 3
*** 2° Capitolo ***


2° CAPITOLO

Chidori, appena uscita dalla doccia, indossò la biancheria e cominciò a scegliere tra i suoi vestiti.

“Finalmente, dopo tanto tempo, rivedrò i miei vecchi amici” pensò tutta contenta.

Indossati un jeans e una maglietta verde senza maniche, cominciò a rimuginare su dove avrebbe potuto portarli.

Erano ragazzi abituati ad una cittadina di campagna, e una metropoli come Neo-Tokyo 4 li avrebbe disorientati.

Poi squillò il telefono.

“Pronto? Oh, Kyoko, sei tu! Sono già pronta. Quando arriva il vostro treno?”

Ma non appena sentì la risposta dispiaciuta della sua amica, il radioso sorriso di Chidori si spense all’istante.

“Cosa?! Non vi hanno concesso il permesso per venire qui?! Ma è assurdo!! E quale sarebbe il motivo?”

“Ci hanno detto che in questi ultimi tempi, l’attività bellica ad opera dei mostri meccanici è notevolmente aumentata, e quindi è troppo pericoloso spostarsi” rispose Kyoko, nella cui voce si notava amarezza e tristezza.

“Tutte balle! L’attività bellica di questo periodo è esattamente la stessa dei periodi precedenti. Migliaia di persone ogni giorno viaggiano da città a città come sempre. Perché hanno bloccato proprio voi?”

“Sembra che per loro sia troppo pericoloso che dei sedicenni viaggino in un periodo critico come questo”.

“Ne sparano veramente grosse! Che bastardi!”

“Kanachan, mi dispiace, davvero, io e gli altri ci tenevamo molto a questo viaggio, ma non c’è stato verso di convincerli”.

“Non preoccuparti, lo so che non avete colpa” rispose allora Kaname sforzandosi di sorridere.

Le due amiche chiacchierarono per un po’, poi si salutarono con la promessa che anche a costo di muoversi a piedi, sarebbero riuscite a rincontrarsi.

Poi, abbassata la cornetta, la rabbia di Chidori esplose: con un calcio fece cadere il comodino col telefono, e gridò diverse imprecazioni contro gli uomini della Mithril.

“Luridi stronzi! Adesso mi boicottano pure gli incontri con gli amici?! Scommetto per motivi di sicurezza! Ma se la possono ficcare in quel posto la loro sicurezza!! Temono che possa tradirli? Be, col loro atteggiamento mi stanno facendo venire la voglia di farlo! Ma se pensano che me ne starò rintanata in casa come vogliono loro si sbagliano!!”

La ragazza afferrò la sua borsa ed uscì sbattendo la porta.

Mentre camminava per le affollate e rumorose strade della città, si sentì spiata.

E non pensava fosse semplice paranoia, perché visto che la Mithril era cosi sospettosa nei suoi riguardi, non era affatto impossibile che la spiassero quando usciva di casa e anche quando era in casa.

Ma se solitamente sopportava tutto questo dicendosi che si trattava di piccoli sacrifici da tollerare in cambio della salvezza della umanità, stavolta non era cosi.

Era cosi furiosa che decise di dare alla Mithril una lezione.

Non sarebbe stato nulla di eccezionale, vista la disparità di forza tra lei e loro, ma avrebbe fatto capire loro che Kaname Chidori non era un oggetto che potevano comandare e sorvegliare a piacimento.

Entrò in una serie di bar e pub, chiedendo le cose più varie, ma soprattutto osservando negli specchi sempre presenti in questi locali, tutte le facce degli avventori.

E infine riuscì a scorgerli: due volti, un ragazzo biondo e una ragazza coi capelli neri corti, all’apparenza una delle tante coppiette desiderose di divertirsi.

Che però aveva già visto in altri quattro locali in cui era entrata, seduti ad un tavolino, o davanti al bancone, oppure in piedi a parlare tra loro.

Si credevano troppo esperti per farsi scoprire, oppure ritenevano lei troppo ingenua per accorgersene.

Ma adesso li avrebbe fregati.

Uscì dal locale e si diresse verso la metropolitana, a quell’ora poco frequentata.

Si piazzò vicino ad una colonna, e tirando fuori uno specchietto dalla borsa, finse di controllarsi il trucco.

In realtà stava controllando che i due piccioncini le fossero dietro.

E infatti li vide alla base della scalinata d’ingresso, che con tranquillità si avvicinavano ai binari facendo finta di niente.

Certo il loro modo di muoversi era del tutto normale, quindi erano molto bravi a fingere.

Quando il treno arrivò, Chidori si preparò all’azione: i vagoni si fermarono, lei salì sul penultimo, e i suoi due pedinatori fecero altrettanto salendo sull’ultimo.

Chidori poi risalì il treno, raggiungendo il primo vagone.

La coppietta si fermò sulla soglia della porta che collegava il secondo vagone al primo.

Le porte fecero per chiudersi, e proprio allora la ragazza, con scatto da centometrista, saltò fuori.

Il treno cominciò a muoversi, e Chidori, vedendo le facce allibite dei due rimasti sul treno, gli fece un cenno di saluto con la mano.

“Cosi imparate a sottovalutarmi” disse con un sorriso strafottente, mentre il treno velocemente scompariva nella galleria.

Una parte di lei le disse che questa mossa azzardata chissà come avrebbe fatto reagire i suoi sospettosi e diffidenti superiori.

“Non me ne importa niente. Dovevo sfogarmi. Tanto non possono farmi nulla, perché solo io riesco a pilotare il MazinKaiser” si rispose Kaname.

E ora poteva farsi una passeggiata senza avere occhi indiscreti addosso.

Ma non sapeva dove andare, e la solitudine prese ben presto il posto dell’euforia per il tiro fatto agli agenti della Mithril.

Dopo quattro mesi, sentiva ancora estranea quella città.

“Ulalà, che bomba!” sentì ad un tratto esclamare dietro di lei.

Una banda di tizi con la testa rasata e vestiti di nero, armati con spranghe e mazze, fece la sua comparsa nella metropolitana, facendo rapidamente dileguare le poche persone presenti nella metropolitana.

Quei teppisti si stavano rivolgendo proprio a lei, avvicinandosi con delle espressioni poco simpatiche.

Non avendo voglia di perdere tempo con quei tizi, con passo affrettato si diresse verso la scalinata d’uscita.

E mentre saliva le scale, incrociò che scendeva un ragazzo con i capelli neri vestiti in maniera davvero assurda: pantaloni marroni, scarpe in stile militare, una camicia gialla abbottonata sulla schiena anziché davanti e un giubbino verde.

Kaname rimase orripilata per l’assoluta mancanza di gusto nell’abbinamento dei colori, e per la camicia abbottonata all’indietro.

Sembrava un pagliaccio.

Che però aveva un espressione serissima, come se non si rendesse conto di quanto fosse ridicolo vestito in quel modo.

Ed era pure piuttosto carino.

Il ragazzo, senza fermarsi, le lanciò comunque un’occhiata incuriosita.

La vista di quel curioso personaggio attirò la sua attenzione, tanto che si dimenticò dei teppisti che l’avevano adocchiata.

Ma fu riportata alla realtà da alcune grida bestiali che arrivavano dall’alto delle scale, ed ecco che arrivarono altri ragazzi, vestiti come quelli dentro la metropolitana.

“Facciamo un favore al mondo e ripuliamolo da quel mentecatto!”

E alla base della scala arrivarono pure gli altri, in tutto una banda di undici elementi.

E Chidori si ritrovò in trappola, come pure il variopinto sconosciuto, bloccati sulla scala tra due fuochi.

“Ehi capo” gridò uno di quelli sulla parte alta della scala “lasciaci pestare quell’idiota vestito da demente!”

“Sicuro. E poi, per festeggiare, ci facciamo la troietta con i capelli corti”.

“Oh per la miseria” pensò Chidori “Be, innanzitutto pensiamo a salvare quel poveretto. Attirerò la loro attenzione su di me per farlo scappare, e poi cercherò di svicolarmi”.

E anche il ragazzo sconosciuto parlò, con voce decisa e profonda: “Lasciate andare la ragazza e prendetevela solo con me”.

Il ragazzo parlava un giapponese corretto, ma con un accento che Kaname non aveva mai sentito prima.

La ragazza rimase sorpresa: “Oh, dopo Miss Altruismo, ecco Mister Altruismo!”

“Scordatelo. Dopo tutta la fatica che avremo fatto per massacrarti, ci meritiamo di farci quella troia” replicò il capobanda.

I teppisti iniziarono ad avvicinarsi minacciosamente, e i due ragazzi a indietreggiare, finché si incontrarono al centro della scalinata, schiena contro schiena.

“Li attirerò su di me, tu scappa” disse il ragazzo.

“Non rubarmi l’idea, l’ho pensato prima di te. Ma data la situazione, dubito che uno dei due sia in grado di lasciare l’altro. Sai combattere?”

“Si. E tu?”

“Me la cavo”.

“Allora facciamo cosi: ho analizzato la loro muscolatura e la tua. E’ più adatto se li colpisco io per primo, e mentre passo ad un altro, tu colpisci quello di prima una seconda volta per stenderlo. Resta sempre dietro di me, e mira alle parti basse e alle gambe”.

“Ehi, come hai analizzato le nostre muscolature?! Mah. Pensi di essere abbastanza veloce per farlo?”

“Certamente”.

Kaname si chiese se facesse bene a fidarsi di un perfetto sconosciuto, ma proprio per questo poteva benissimo essere una brava persona, mentre le intenzioni dei teppisti erano piuttosto chiare.

E quando con un urlo quest’ultimi si lanciarono contro di loro, cominciò il contrattacco.

Il ragazzo era incredibilmente veloce e preciso, sferrava pugni e calci che i nemici non avevano modo di evitare, colpendoli uno alla volta e uno dopo l’altro.

E non potevano reagire dopo il suo passaggio perché Chidori neanche un secondo dopo gli andava addosso colpendoli in determinati punti molto dolorosi, e mettendoli ko definitivamente.

Era sempre stata molto atletica, e dovendo lavorare per un organizzazione militare, aveva ricevuto una robusta infarinatura in fatto di combattimento.

La lotta fu molto breve, e nel giro di appena qualche minuto fu finita.

I due ragazzi si erigevano vittoriosi su una scalinata ricoperta di persone svenute o che si lamentavano come bambini.

“Niente male” disse Chidori, stupita anche lei dalla prestazione dello sconosciuto, che si inchinò profondamente davanti a lei.

“Ti ringrazio per il tuo aiuto”.

“Ehm, dovere. Ma non esagerare, sembri un servitore davanti alla sua regina”.

“Prego?”

“Nulla, nulla. Comunque, se vuoi un consiglio per evitare che cose del genere accadano ancora, ti consiglio di scegliere un modo meno appariscente di vestirti”.

“Perché?”

“Come perché? Ma non ci arrivi? Guardati!”

Il ragazzo si guardò, rimanendo perplesso: “Cos’ho che non va?”

Kaname non capiva se la stava prendendo in giro o se diceva sul serio. Ma propendeva per la seconda possibilità, visto che quel ragazzo sembrava la serietà fatta persona.

“Gusto estetico zero a quanto vedo. Be, se non vuoi essere troppo appariscente, ti consiglio di vestirti la prossima volta con abiti dello stesso colore. Il nero ti starebbe bene. E poi questa” indicò la camicia “l’hai messa all’incontrario. Va abbottonata sul petto”.

“Oh, davvero?”

“Si. Sembra che tu non abbia mai visto prima una camicia in vita tua”

“In un certo senso…”

“Mah. Be, io me ne torno a casa. Ho avuto una serata pure troppo movimentata. Ti consiglio di fare lo stesso prima che questi tipi si rialzino”

Kaname risalì le scale evitando con disinvoltura di passare sopra i teppisti.

Arrivata in cima alla scalinata, si fermò a rimuginare e si decise.

“Ehi, come ti chiami?” domandò voltandosi.

Ma lo sconosciuto era scomparso.

“Che tipo strano” pensò allora Kaname andandosene.

L’immenso spazio era avvolto da un oscurità totale, poi al suo interno si materializzarono due uomini, identici tra di loro.

“Siamo qui, padre”.

E allora una gigantesca fiamma si formò dal nulla, un fuoco che non illuminava e dalla forma vagamente umanoide.

Alla sommità della fiamma, un volto dai lineamenti demoniaci.

Davanti a quell’essere, i due fratelli si inginocchiarono.

Gog. MaGog!” tuonò la voce di quel fuoco infernale, una voce indescrivibile “Siete tornati! E immagino che non abbiate trovato nulla in Giappone”.

“Si, padre” rispose Gog.

“Ci siamo recati alle coordinate da te fornite, abbiamo setacciato tutta l’area, distrutto le avanguardie degli uomini, ma inutilmente”.

Si è recato nel luogo che un tempo era la sua casa, e non ha trovato niente. Ma anziché restare lì per indagare, si è spostato altrove. Abbiamo perso una buona occasione, ma non importa. Troveremo il modo di farlo venire fuori, insieme al completamento della nostra nuova arma. E quando accadrà, io, l’Imperatore delle Tenebre, avrò finalmente il dominio cui ambisco da millenni!

****

“Non ci posso credere! Ancora! Hanno di nuovo preso di mira il mio negozio!” gridò disperato il proprietario del negozio di abiti, quando vide che qualcuno aveva forzato i sigilli e tolto la parete di cartongesso messi dalla polizia sul buco aperto il giorno precedente.

E pensare che quella mattina aveva deciso di provare a rilassarsi.

Chiamò la polizia, e quando arrivò e fecero un nuovo inventario per vedere cosa era stato rubato, all’appello mancava una tuta nera.

E i vestiti rubati l’altra volta erano stati restituiti.

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Capitolo 4
*** 3° Capitolo ***


3° CAPITOLO

“E’ uno scandalo! Uno scandalo! Che la nostra sorveglianza sia stata elusa cosi facilmente!E che quella ragazzina abbia osato farlo! Potrebbe averne approfittato per passare importanti informazioni all’Impero di Micene o a qualche altro nemico della Mithril!”

Tessa, seduta davanti alla scrivania dell’ammiraglio Willer, uno dei massimi gradi della Mithril, ascoltava in silenzio le escandescenze del suo superiore, che l’aveva convocata d’urgenza al quartier generale dopo che per almeno due ore della sera precedente, Kaname Chidori aveva eluso la sorveglianza dell’organizzazione.

E siccome quando lavorava per la Mithril Kaname Chidori era sotto la supervisione del colonnello Testarossa, quest’ultima veniva adesso accusata di incompetenza, per non aver disciplinato a sufficienza la testarda ragazza.

“Ma ora basta! Quella mocciosa non potrà più giocare con la Mithril!” continuò l’ammiraglio.

“Cosa intende dire, ammiraglio?” domandò Tessa guardandolo dritto negli occhi.

“Intendo dire che prenderemo quelle precauzioni che avremmo dovuto prendere sin dall’inizio, sin da quando quella mocciosa è penetrata nella base del MazinKaiser. Voleva sicuramente intraprendere qualche azione di sabotaggio”.

“Le ricordo ammiraglio, che non ci sono prove per dimostrare che la signorina Chidori quel giorno volesse compiere un atto di sabotaggio”.

“Non mi dirà che crede alla storiella che si è inventata perché colta sul fatto! La sua stessa esilità e inverosimiglianza dimostrano quanto sia falsa!”

“Ma è riuscita ad attivare e pilotare il MazinKaiser, una cosa che noi non siamo mai riusciti a fare, sin da quando lo abbiamo recuperato dai resti di quella base sottomarina del XXI secolo. E per di più, la signorina Chidori c’è riuscita al primo tentativo”.

“Una semplice questione di fortuna”.

“Ammiraglio, il MazinKaiser non è un semplice robot. Dovrebbe già averlo capito, per esempio, dal fatto che non riusciamo a riprodurre la sua tecnologia per fabbricarlo in serie.

Egli sceglie il proprio pilota, di conseguenza non si lascerebbe mai guidare dal primo arrivato. Tanto meno una persona malvagia” obbiettò Tessa.

“La smetta, colonnello Testarossa” reagì allora l’ammiraglio con un gesto di stizza “Il MazinKaiser è una macchina, e nient’altro. Non voglio più sentirne parlare come se fosse una creatura vivente”.

“Non è vivo nel senso che intendiamo noi, però…”

“Basta con queste divagazioni! Kaname Chidori non potrà più compiere azioni nocive alla Mithril. Non possiamo sbarazzarcene perché chissà quanto tempo ci vorrebbe poi per trovarne un altro capace di pilotare il MazinKaiser, ma voglio che sia immediatamente trasferita qui e sottoposta ad un processo di condizionamento psichico. Pilotare il MazinKaiser per noi dovrà diventare tutta la sua vita!”

“Ammiraglio!” esclamò Tessa abbandonando il tono calmo avuto fino ad allora ed alzandosi in piedi “Lei non può compiere un simile sopruso! Sarebbe un atto barbarico, degno dei nostri nemici!”

“Il fine giustifica i mezzi! Non siamo stati abbastanza duri da far capire a quella ragazzina che siamo noi che comandiamo!” replicò aspro l’ammiraglio.

“Non può vantare una simile autorità sulla signorina Chidori, dato che non la vuole neppure membro a pieno titolo della Mithril”.

“Per fortuna. Sicuramente è solo una lurida spia e una approfittatrice molto fortunata. E l’incidente di ieri sera lo dimostra”.

“Non dimostra un bel nulla! E’ successo solo perché la vostra sorveglianza si è fatta talmente stretta da arrivare ad interferire con la sua vita privata. Ovvio che non l’abbia tollerato”.

L’ammiraglio guardò Tessa dall’alto in basso.

“Veda di restare al suo posto, colonnello”.

Il tono era velatamente minaccioso, ma neppure tanto velato.

Tessa allora si calmò e tornò a sedersi.

“La sua decisione è dunque presa?” domandò la ragazza.

“Assolutamente! Predisponga il trasferimento entro oggi stesso di Kaname Chidori all’isola di Merida, il condizionamento comincerà subito”.

“Va bene. Tuttavia…” Tessa mosse lievemente la mano davanti all’ammiraglio “non sono sicura che questo metodo sia il più adatto, non crede?”

A quelle parole l’ammiraglio sembrò calmarsi: “Be si, ammetto che non sarebbe molto bello fare questo alla signorina Chidori”.

Anziché reagire in maniera cosi dura, perché non concedere ancora fiducia alla signorina Chidori? Basterà non interferire più con la sua vita privata”.

“E’ vero, basterà lasciarla libera di vivere la sua vita”.

Il suo caso è certamente particolare, la prudenza è necessaria, ma sono sicura che non si può bollare con tanta facilità la signorina Chidori di essere una spia e una approfittatrice”.

“Si, sono convinto che la signorina Chidori possa essere una brava e coraggiosa ragazza”.

“Ora posso andare” concluse Tessa.

“Può andare, colonnello” la congedò Willer indicandole gentilmente la porta.

****

“Mamma mia, quanto odio dovermi alzare la mattina presto” pensò Chidori mettendosi a sedere sul letto e stiracchiandosi a più non posso.

Doveva andare a scuola, e nonostante avesse a disposizione ben trenta minuti, la sua lentezza al mattino era tale che tutto quel tempo sarebbe volato.

E infatti quando fu pronta, di minuti erano rimasti solo dieci.

Si diede un’ultima occhiata davanti allo specchio del comodino con sopra la fotografia di sua madre, morta quando lei era ancora piccola.

Kaname guardò la foto, e sorrise mestamente.

Avrebbe dovuto anche chiamare sua padre e la sua sorella minore, in America, ma non riusciva mai a rintracciare il genitore.

E sua sorella era sempre fuori casa.

Prima di uscire, lanciò un’occhiata al telefono, perché si era aspettata di essere contattata al più presto dalla Mithril a causa di quello che aveva fatto la sera precedente.

Ma fino ad allora non si erano fatti sentire.

“Mah, affari loro”.

Raggiunta la scuola, le cinque ore di lezione trascorsero regolarmente e noiosamente.

Nonostante si fosse trasferita da quattro mesi, non aveva ancora fatto amicizia con nessuno.

I ragazzi della sua classe la trattavano come se fosse una specie di contadinotta ignorante, perché proveniva da una piccola città di campagna.

Siccome era molto bella, qualcuno le faceva la corte, ma solo per poterla poi esibire come nuova conquista.

Aveva pensato che avrebbe potuto farsi delle amicizie confidando loro di essere la pilota del MazinKaiser, ma doveva restare un segreto.

E poi francamente non le interessava l’amicizia con persone cosi superficiali.

Finita la giornata scolastica, si avviò verso casa.

“Ecco cos’è la mia vita, da quando sono venuta qui: casa-scuola, scuola-casa, ravvivata dai combattimenti col MazinKaiser durante i quali rischio la vita” pensava, quando sentì una serie di mormori e risatine provenire da dietro di lei.

Si voltò e rimase esterrefatta: dall’altro lato della strada, stava passeggiando il misterioso ragazzo incontrato la sera prima.

Stavolta indossava una tuta nera, quindi niente colori troppo sgargianti e mal abbinati.

Ma la parte superiore della tuta l’aveva indossata al contrario, con la chiusura lampo sulla schiena!

E le risatine e i mormori provenivano dai passanti che se ne accorgevano, mentre lui sembrava non farci caso.

“Ma guarda quello…” pensò Chidori scuotendo la testa e andandogli incontro.

“Ehi, ciao” lo salutò la ragazza.

“Ciao” rispose leggermente sorpreso lui.

“Scusa, ma perché vai in giro conciato cosi?”

“Cosi come?”

Chidori si mise una mano sulla fronte: “Ma come fai ad essere, scusa se te lo dico, cosi… stupido?”

“Perché?”

Incredibile il contrasto tra il suo non sapersi vestire, l’impassibilità del suo volto e la sincera perplessità delle sua parole: come poteva non capirlo?

Senza perdere tempo in chiacchiere, Chidori gli tolse la parte superiore della tuta e gliela fece indossare correttamente.

“Tutti i vestiti che si aprono e chiudono devo stare cosi: bottoni o lampo che sia, vanno chiusi sul davanti” spiegò la ragazza.

“Oh” fece lui.

“Cosa stavi facendo? Un giro in città?”

“Si. Sai, sono nuovo di queste parti”.

“Vuoi che ti accompagni? Sono abbastanza pratica di questa città, ormai”.

Chidori si chiese che cosa le stesse succedendo: perché mai doveva offrirsi di fargli da guida?

Era un perfetto sconosciuto, pure imbranato.

“Perché dovresti farmi da guida? Non ci conosciamo davvero” chiese lui con fare guardingo.

“In effetti me lo chiedevo anche io”.

Dopo una breve riflessione, Chidori disse: “Evidentemente ho paura che tu possa cacciarti in qualche guaio. Sei cosi imbranato, che non mi sentirei al sicuro sapendoti fuori in preda al pericolo”.

“Pericolo?”

“Stavo scherzando, più o meno. Dai, andiamo”.

****

Gog e MaGog stavano osservando da uno schermo la dislocazione delle principali città dell’Asia.

“Stando a quanto ha detto nostro padre, il nostro obbiettivo si troverebbe nella zona di Neo-Tokyo 4”.

“Se è cosi, dobbiamo trovare il modo di stanarlo”.

“Niente di più facile. Nostro padre conosce bene i suoi piloti. E sa che quando ci sono innocenti in pericolo, essi vengono sempre in loro soccorso”.

“E allora la soluzione è molto facile”.

Un malvagio e soddisfatto sorriso apparve sul volto dei due gemelli.

****

“… e quello è lo stadio. Bene, con questo il giro turistico è concluso. Spero che il cliente sia soddisfatto”.

Chidori aveva condotto il misterioso ragazzo per tutti i luoghi della città che conosceva, e lui l’aveva seguita con grande attenzione, anche se sembrava che oltre ad ascoltare, stesse rimuginando su qualcosa.

“Allora, nessun commento?” gli chiese Chidori.

Poi il viso del ragazzo si illuminò: “Aspetta, ho capito: la gente prima stava ridendo di me perché indossavo al contrario quell’abito!”

E Chidori ammutolì, restando senza fiato: per tutto il giro, aveva rimuginato su quello?!

“Stai scherzando spero!”

“Perché dovrei scherzare?” chiese lui incuriosito.

Chidori iniziò a fremere: “Ma tu… tu sei… tu sei…”

Chinò il capo e poi lo sollevò cominciando a ridere, una risata allegra e spensierata.

Nel ridere, la ragazza si appoggiò alle spalle del ragazzo, e quando la risata si esaurì e si accorse di essersi appoggiata a lui, arrossì e si ritrasse.

“Ops, scusami… io… non volevo… offenderti, cioè..”

“Non fa niente. Mi fa piacere di essere riuscito finalmente a farti ridere” disse lui sorridendo dolcemente.

“Come sarebbe a dire?”

“Che l’ho fatto apposta. Quando ti ho vista, mi sei sembrata… triste. Ho pensato che ti saresti sentita meglio dopo una bella risata”.

La ragazza non seppe più cosa pensare.

Probabilmente stava solo cercando di giustificarsi dopo quella figuraccia.

Ma allora perché i suoi occhi sembravano cosi sinceri?

Le venne il forte desiderio di trovarsi altrove, lontano da quegli occhi profondi e da quel sorriso

“Caspita. Ma è tardissimo! Abbiamo girato per due ore! Scusami, ma devo andare a casa, devo studiare”.

“Non ci sono problemi, vai pure”.

“Spero che potremo incontrarci ancora”.

“Be, credo che ci sarebbero più possibilità se ci dessimo i nostri nomi: io mi chiamo Sousuke Sagara”.

“E io Kaname Chidori. Be, ciao” e si allontanò.

Si allontanò con passo sempre più veloce, pensando che doveva essere del tutto impazzita: perché gli aveva detto che voleva rincontrarlo? E perché si era pure presentata?

Non stavano correndo troppo?

E meno male che non gli aveva dato un appuntamento.

Insomma, era ancora uno sconosciuto, cosa sapeva di lui?

Poi udì un lieve trillo arrivare da un cerca persone che teneva in tasca.

Si fermò e lo guardò.

“Attacco nemico in corso. E’ davvero una giornata piena questa” e corse verso il quartier generale della Mithril.

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Capitolo 5
*** 4° Capitolo ***


4° CAPITOLO

“Qual è la situazione?” domandò Tessa sedendosi sulla sua poltrona.

“Un gruppo di mostri meccanici è apparso all’improvviso nel settore 24-B, e hanno cominciato a distruggere tutto” rispose un operatore.

“Informate i comandi di tutte le città vicino a quel settore, devono alzare gli scudi protettivi al più presto. E avvisate i responsabili delle squadriglie di Eva Series, che si tengano pronti ad intervenire”.

In tutte le città interessate, risuonarono delle sirene d’allarme, e ai loro confini sbucarono dal suolo delle grosse antenne paraboliche, che crearono uno scudo protettivo sull’intero territorio cittadino.

I tunnel che collegavano tra loro le varie città, vennero chiusi.

E da alcuni hangar sotterranei, sbucarono squadriglie di bianchi Evangelion, dieci per città, che cominciarono a volare come avvoltoi sopra lo scudo.

“I sistemi difensivi delle città sono stati attivati, colonnello”.

“Molto bene. Il pilota del Mazinkaiser?”.

“E’ già pronto al decollo!”

“E allora partenza immediata!”

“Rieccoci, mio bel gigante!”

Chidori si sedette nel Kaiser Pilder, indossò il casco mentre le braccia meccaniche inserivano il veicolo nella testa dell’enorme robot.

I suoi occhi si illuminarono mentre il De Danaan riemergeva e il suo hangar anteriore si apriva.

Grazie alla pedana il MazinKaiser si eresse dal sottomarino.

“Andiamo. KAISER SCRANDER!”

Le due minacciose ali rosse spuntarono dalla schiena del robot che prese il volo.

Intanto cinque mostri meccanici si stavano scatenando contro alcune industrie, distruggendo gli impianti e provocando la fuga dei terrorizzati operai.

Il MazinKaiser, grazie al vantaggio di poter partire da una base mobile, giunse rapidamente sul posto.

Kaname guardò quello spettacolo e andò all’attacco.

“Ho una bella sorpresa per voi, anzi due. TURBO SMASHER PUNCH!”

I due pugni partirono contro uno dei mostri, le cui braccia si trasformarono in due scudi circolari e pieni di aculei e provò a parare il colpo.

Ma l’energia cinetica era tale che anche se gli scudi resistettero, il mostro fu sbalzato lontano per diverse decine di metri.

Il Mazinkaiser atterrò sul campo di battaglia, venendo attaccato a destra e sinistra da altri due mostri, dotati di tentacoli al posto delle gambe e delle braccia, che si protesero verso il Mazinga per afferrarlo.

“Lontani da me con quelle schifezze! KOUSHIRYOKU BEAM!”

I raggi ottici del robot compirono un largo giro tagliando con precisione chirurgica i tentacoli che sorreggevano i due mostri, facendoli cosi cadere a terra.

E con un secondo attacco, li finì tagliandoli in due parti esatte.

Tornò all’attacco il mostro con gli scudi come braccia, che spararono i loro aculei contro il MazinKaiser.

Ma Kaname senza problemi li deviava tutti con un braccio, prese a correre verso il mostro che si difese alzando lo scudo destro, e il MazinKaiser con un pugno fenomenale sfondò lo scudo, afferrò con la mano la testa del mostro e la stritolò come niente.

Erano rimasti altri due mostri, simili uno ad un ragno e l’altro ad uno scarafaggio, che cominciarono ad emettere scariche energetiche simili a fulmini contro il loro nemico.

“Preparatevi a finire a gambe all’aria! RUST TORNADO!”

Il potentissimo ciclone partì dalla bocca del MazinKaiser, investì in pieno i due mostri mandandoli in aria e iniziando a consumarli.

Quando il ciclone si esaurì, i due mostri ricaddero al suolo talmente corrosi che non appena toccarono terra, si sbriciolarono come se fossero fatti di sabbia.

“Fatto. Non è stato per niente difficile!” commentò soddisfatta Chidori.

Finché un segnale d’allarme rosso non risuonò nell’abitacolo del Pilder.

“E ora che succede?” si domandò la ragazza e come risposta le giunse una comunicazione dal De Danaan.

“Chidori, la città di Neo-Tokyo 4 è stata attaccata da un gruppo di mostri meccanici. Sono almeno una trentina!”

“Cosa?! E perché mai dovrebbero attaccare in forze quella città?”

“Non lo sappiamo, ma devi rientrare immediatamente!”

“Vado subito! KAISER SCRANDER!”

Ma non appena il Mazinga si staccò dal suolo, qualcosa di invisibile lo afferrò per una gamba sbattendolo a terra.

E poi continuò a sbatterlo contro il terreno molte volte.

“Aaahhh! Ma che diavolo….” urlò Kaname, che non riusciva a vedere il suo aggressore.

Per cercare di liberarsi, cominciò a lanciare raffiche di Koushiryoku Beam in tutte le direzioni, e alla fine i raggi colpirono il qualcosa che aveva afferrato il MazinKaiser, tagliandolo.

Il Mazinga cadde bruscamente, e Chidori fissò sbalordita il grosso oggetto tagliato dai suoi raggi: uno spesso e gigantesco braccio metallico, tranciato all’altezza del polso.

Poi una raffica energetica proveniente apparentemente dal nulla colpì la terra sotto il MazinKaiser che si ritrovò sbalzato in aria, e ricadde violentemente.

Chidori si guardò freneticamente in giro, e per un attimo intravide due minacciosi occhi rossi sospesi in aria, che poi sparirono.

“Adesso ho capito! Questa battaglia è stata solo un esca, per farmi affrontare un mostro invisibile e attaccare la città. Ma perché tutto questo?”

Gog e MaGog osservavano da un doppio schermo olografico, la città di Neo-Tokyo 4 attaccata e il Mazinkaiser.

“La trappola è scattata, padre” disse il primo gemello.

“Ma ancora non si vede” continuò il secondo.

Non preoccupatevi, arriverà. Dobbiamo solo aspettare che la battaglia raggiunga il giusto grado di drammaticità” disse una malvagia, immensa e inumana voce dietro di loro.

I mostri cominciarono il loro attacco contro la città, concentrandosi in particolare contro le antenne che sul terreno alimentavano lo scudo protettivo.

Gli Eva Series e le altre difese della città, risposero all’attacco cercando di difendere le parabole, ma la superiorità del nemico era schiacciante, e ben presto le prime antenne cominciarono ad essere distrutte.

Sul De Danaan osservavano tramite dei rilevamenti satellitari la situazione farsi sempre più disperata.

“Colonnello, hanno già distrutto undici delle ottanta antenne!”

“Maledizione, le difese cittadine non ce la fanno. Ed è ovvio, non sono state pensate per un attacco di tale intensità. Contattate i comandanti delle guarnigioni delle città vicine, dovranno mandare i loro Eva Series per aiutare quelli di Neo-Tokyo 4”.

Gli operatori inviarono tali istruzioni, ma dopo qualche minuto, ricevettero una risposta non incoraggiante.

“Negativo, colonnello, si rifiutano di mandare i loro Eva, dicono che altrimenti resterebbero sguarniti”.

“Oh no! Ma perché l’Impero di Micene ha cambiato strategia in questo modo? Non avendo mai avuto abbastanza mostri per attaccare in forze ogni singola città, si sono sempre limitati ad attacchi mirati ed isolati. E perché Neo-Tokyo 4? Non è una città di importanza mondiale. E il Mazinkaiser?”

“E’ ancora bloccato nel settore di prima da un mostro che non riusciamo ad identificare con esattezza perché invisibile”.

“E allora possiamo solo sperare che riesca a distruggerlo prima che i mostri neutralizzino la barriera della città”.

Di fronte all’ennesimo attacco proveniente dal nulla, che la colpì in pieno mandandola nuovamente a terra, Chidori cominciò davvero ad arrabbiarsi.

Soprattutto al pensiero che mentre quel mostro invisibile la teneva bloccata lì, la città di Neo-Tokyo 4 era in pericolo.

Lanciò il Fire Blaster contro la direzione da cui era arrivato l’ultimo colpo, cominciando poi a spostarlo verso destra e sinistra.

Ma qualcosa la colpì violentemente alle spalle sbattendola al suolo, la ragazza furente usò i Koushiryoku Beam, e ancora non colpì nulla.

In cambio, ricevette un altro duro colpo allo stomaco, il MazinKaiser venne sollevato in aria e bersagliato con alcuni raggi esplosivi.

“Merda! Questo bastardo è furbo, colpisce sempre da lontano, per impedirmi di colpirlo mentre attacca come ho fatto prima. Ma cosi non può continuare, devo togliermi da questa situazione, ma come? Come?!”

E guardando i crateri e i rottami degli altri mostri meccanici, le venne un idea.

“Potrebbe funzionare” pensò, prima di ricevere un nuovo colpo in pieno viso.

Rialzandosi si allontanò con uno scatto all’indietro, e usò il Rust Tornando contro i rottami, mandandoli verso l’alto mentre il ciclone li corrodeva e sbriciolava, fino a trasformarli in una sottile polvere di color ruggine sospesa in aria.

“E ora sbrigati!” esclamò Chidori, che ricevette un nuovo colpo proprio sul Pilder.

Il violento scossone a distanza zero la stordì lievemente, dando modo al nemico invisibile di colpirla altre volte e mandarla al tappeto.

Chidori cercò di schiarirsi la vista, e un soddisfatto sorriso le apparve sul volto quando vide la polvere di ruggine scendere lenta come neve su tutto il luogo dello scontro.

Ma tale polvere non toccava sempre il suolo, perché in un determinato punto quasi davanti a lei si fermò molto prima del terreno, e continuando a cadere delineava la sagoma di una testa e di due spalle enormi.

“Sei fatto! KOUSHIRYOKU BEAM!”

Il mostro evitò la raffica allontanandosi, ma stavolta Chidori, seguendo quella lieve sagoma dai contorni arrugginiti, aveva un punto di riferimento, e lanciò i Turbo Smasher Punch dove il mostro avrebbe dovuto avere le gambe.

E le colpì.

Un corpo invisibile cadde goffamente in avanti, e dove vide la polvere sollevarsi abbondante dal terreno, il Mazinkaiser lanciò una raffica alla massima potenza di Fire Blaster, colpendo in pieno il mostro, il cui corpo divenne visibile mentre si liquefaceva e infine esplose.

“Era ora. E adesso via!”

Il Kaiser Scrander si riattivò e il MazinKaiser spiccò il volo verso la città.

****

Proprio nell’istante in cui il MazinKaiser decollava, i mostri meccanici avevano distrutto abbastanza antenne paraboliche da indebolire quanto bastava lo scudo protettivo e sfondarlo in alcuni punti.

Una parte dei mostri meccanici tenne impegnata gli Eva Series, mentre gli altri superavano lo scudo e cominciavano a distruggere tutti i palazzi che incontravano.

“Hanno superato lo scudo! Sono entrati nella città!” gridò uno degli operatori.

“Tra quanto tempo il MazinKaiser arriverà?” domandò preoccupata Tessa.

“Tra dieci minuti!”

“E in quel tempo chissà che cosa faranno i mostri meccanici!”

“La città è stata invasa” disse Gog.

“Era da tanto tempo che non assistevo alla distruzione di una città” continuò un soddisfatto MaGog.

“Ma lui ancora non si vede” replicò il primo gemello.

“Sta arrivando” disse allora l’Imperatore delle Tenebre.

Mentre i mostri distruggevano tutti i palazzi, una delle nuvole soprastanti la città assunse uno strano colore viola, poi da essa sbucò un oggetto volante.

“Un oggetto volante non identificato è appena apparso dal nulla sopra la città”.

“Un altro mostro meccanico?”

“Non… non saprei, colonnello. Non ho mai visto un simile mezzo, ma non sembra un mostro”.

“Visuale sullo schermo” ordinò allora Tessa.

Su uno degli schermi del ponte di comando, apparve l’oggetto non identificato: una sorta di grosso disco di colore bianco e rosso, con due ali sottili e lunghe ai lati, e davanti quella che sembrava una testa, munita di due spesse corna gialle su ciascun lato.

Il nuovo arrivato schivò agilmente due mostri che gli si erano lanciati contro, e penetrò dentro la breccia nello scudo.

Una buona parte dei mostri interruppe l’attacco e si concentrò verso il nuovo arrivato: erano in dieci.

“SPIN SAUCER!” gridò una voce proveniente dal disco.

Le estremità delle ali dell’oggetto sconosciuto si staccarono, facendo spuntare dai loro bordi delle lame e cominciando a girare vorticosamente, e perforarono nella zona degli occhi le teste di due mostri, che vennero travolti dal disco con tale violenza che i loro corpi rimasero distrutti.

Un terzo mostro, simile ad uno scarafaggio di colore rosso, volando si avvinghiò alla parte superiore del disco, cominciando ad emettere delle scariche energetiche.

E allora dal disco fuoriuscì un robot che atterrò agilmente al suolo.

“DOUBLE HARKEN!” gridò ancora la voce.

Dalle spalle del robot sbucarono delle lame a forma di mezzaluna, unite a dei manici in modo da formare una specie di alabarda.

Il disco, con il mostro ancora attaccato, si diresse verso il robot, vi passò sopra e in quel momento il gigante usò le alabarde per tagliare in due parti lo sgradito passeggero.

Altri due mostri, che sembravano dei grossi vermi dalle mostruose fauci, ruggendo scavarono nel sottosuolo sfondando l’asfalto e sparendo alla vista.

Ma dopo pochi secondi emersero dal terreno inghiottendo le braccia del nemico e sollevandolo in aria con l’intenzione di dilaniarlo.

Però qualcosa sbucò fuori dalle loro carni artificiali dopo averle dilaniate: due missili dalle estremità molto appuntite che ruotavano velocemente.

I due missili si diressero verso l’alto, tornarono indietro e trapassarono da parte a parte i due mostri una seconda volta.

E pure una terza.

Il robot atterrò senza problemi, i missili si attaccarono al suo corpo, rivelandosi essere i suoi pugni.

Un sesto mostro, dall’aspetto di una mostruosa armatura samurai, tentò di attaccare con una spada il robot sconosciuto.

Quest’ultimo recuperò le sue alabarde, le unì in un unico pezzo e le lanciò contro il mostro come se fossero un boomerang.

Il mostro provò a bloccarle con la sua spada, che si spezzò nel mezzo come un istante dopo il suo proprietario.

I restanti mostri allora spiccarono un balzo verso l’alto e atterrarono pesantemente sul loro avversario, bloccandolo al suolo e facendo ben attenzione alle sue braccia.

“HANJUURYOKU STORM!” esclamò il pilota del misterioso robot, e immediatamente dopo una forza inarrestabile li sollevò dal suolo lanciandoli per aria: dal petto del robot sconosciuto partiva un raggio multicolore a forma di V, la cui intensità era tale che il mostro su cui era puntato direttamente, esplose.

Gli ultimi tre mostri cominciarono a precipitare.

“SPACE THUNDER!” e dalle corna del nuovo robot partirono due fasci d’energia che si unirono formando un raggio simile ad un fulmine che colpì in rapida successione i nemici facendoli esplodere.

I mostri rimasti, impegnati fino ad allora a tenere bloccati gli Eva Series, rimasero interdetti, come se non sapessero cosa fare.

Ad interrompere i ragionamenti delle loro limitate intelligenze artificiali, fu un raggio di colore rosso che colpì due di loro fondendoli all’istante.

Il MazinKaiser era arrivato!

Approfittando dell’effetto sorpresa, Kaname lanciò i Turbo Smasher Punch contro altri due mostri, colpendoli in pieno petto e passandoli da parte a parte.

E ne distrusse un altro ancora con il Giant Missile.

I due gemelli osservavano con grande interesse la battaglia.

“Cosi quello è… Goldrake!” commentò Gog.

“O Grendizer” aggiunse il gemello.

“E infine anche il Mazinkaiser è arrivato” constatò Gog.

“Che cosa facciamo, padre?” chiese MaGog.

Ordinate ai restanti mostri di ritirarsi. Ho visto più che a sufficienza” rispose l’Imperatore delle Tenebre, che sembrava enormemente soddisfatto.

I mostri meccanici superstiti, con la stessa rapidità con cui erano arrivati, si allontanarono volando.

“E ora perché si ritirano? Solitamente i mostri meccanici combattono sempre fino all’ultimo” pensò perplessa Kaname.

Fece per inseguirli, ma si accorse del robot che in sua assenza aveva difeso la città.

“E quello chi è?”

Il MazinKaiser cominciò ad avvicinarsi, e allora il robot sconosciuto cominciò a correre, il suo disco riapparve lanciato alla massima velocità verso il suo proprietario, che spiccò un grosso salto e si inserì nuovamente dentro il suo mezzo di trasporto.

“Chidori, presto seguilo” ordinarono dal De Danaan.

E proprio allora dalla parte posteriore del disco cominciò ad uscire una specie di nebbia di colore viola, nella quale il misterioso robot scomparve.

“Non si vede niente! Potete darmi la sua posizione?” domandò Chidori.

“Negativo. E’ scomparso all’improvviso dai nostri radar”.

Quando la nebbia si diradò, dell’oggetto volante non c’era più traccia.

“I mostri meccanici sono fuori portata, e il robot sconosciuto è scomparso. Che facciamo colonnello?”

Tessa pensierosa non rispose subito.

“Passiamo allo stato di preallarme, penso che per oggi non avremo altre sorprese” disse infine.

“Finora la recita ha funzionato.

Il momento sta per arrivare.

Tutte i pezzi si stanno posizionando sulla scacchiera.”

“Lo hanno perso” commentò Gog.

“Invero si è reso invisibile anche ai nostri mezzi” continuò il fratello.

“Non importa. L’importante è avere avuto la certezza che il nostro obbiettivo si trova effettivamente in quella città. E ora, manderemo il nostro segugio” disse l’oscuro Imperatore.

Nella sala apparve dal nulla un uomo dai lineamenti orientali, con un sorriso tranquillo e perverso.

“Ai vostri ordini, miei padroni”.

“Bene, fedele segugio. Tu sei il primo della nuova razza da noi creata, la potenza dei mostri meccanici unita alla perfidia degli umani. Il tuo incarico originariamente era quello di distruggere dall’interno la Mithril, ma ora hai un nuovo obbiettivo. Ti abbiamo modificato ulteriormente per permetterti di trovarlo. Adesso vai, Gauron!”

L’essere chiamato Gauron scomparve.

E prima che accadesse, il suo sorriso si era allargato fino a diventare quello di una bestia ghignante.

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Capitolo 6
*** 5° Capitolo ***


5° CAPITOLO

“Mamma mia, sono stanca morta!”

Chidori si lasciò cadere sul letto, la giornata di ieri l’aveva stremata al punto che a scuola era stata più volte sul punto di addormentarsi.

E adesso non aveva neppure voglia di togliersi l’uniforme scolastica.

Sapeva comunque che c’era chi stava peggio di lei in quel momento, come la sua amica Tessa, tutta presa da rapporti e riunioni con i suoi superiori a causa della battaglia del giorno prima, che aveva visto un cambiamento di strategia del nemico e la comparsa di un nuovo robot.

Che si trattasse dell’oggetto volante non identificato di cui le aveva parlato Tessa?

E chissà chi lo pilotava.

Ma era davvero stanca e c’avrebbe pensato dopo una bella dormita.

Gauron si aggirava per la città di Neo-Tokyo 4, dove alcuni quartieri erano chiusi a causa della battaglia del giorno prima.

E nonostante ciò, la gente non aveva perso la voglia di vivere la loro vita come sempre.

Le strade erano piene come al solito.

E Gauron era contento di tanta vitalità, perché gli avrebbe permesso di uccidere più persone possibili.

Ma in quell’occasione doveva trattenersi, non doveva attirare troppo l’attenzione, solo individuare il pilota del misterioso disco volante.

Non sapeva chi fosse, non sapeva perché i suoi padroni lo volessero, e non gli interessava neppure.

Ma sapeva come trovarlo, dato che i suoi sensi erano stati modificati per permettergli di trovare tracce invisibili ai sensi umani.

Inoltre il suo obbiettivo aveva qualcosa di unico, che lo distingueva da tutti gli altri e quindi lasciava una traccia chiaramente distinguibile.

Una traccia che aveva già agganciato, anche se non recentissima.

Comunque era un punto da cui iniziare.

La traccia lo condusse davanti ad un negozio di vestiti.

Chidori si alzò stiracchiandosi, aveva dormito per due ore, ma erano soltanto le cinque del pomeriggio.

Avrebbe dovuto mettersi a studiare, ma non ne aveva proprio voglia.

“Ma si, esco a fare una passeggiata, cosi magari lo rincon…”

Si fermò a riflettere su quello che stava dicendo.

Lo rincontrerò?

Quel tipo strano?

E perché mai?

E perché gli era venuto in mente proprio ora che sembrava essere riuscita a dimenticarlo?

“Oh mamma mia, ma non sarà mica… no, assolutamente no!”

Si mise a sedere sul letto, a rimuginare.

Di restare a casa proprio non le andava, ma uscendo avrebbe corso il rischio di incontrare nuovamente quel Sousuke.

Però in fondo, in una città come quella, quante possibilità c’erano che si potessero incrociare?

Quasi zero.

E lui non sapeva dove Chidori abitava.

Perciò decise di correre il rischio, si cambiò ed uscì.

Quando fu di fronte all’uscita del condominio, le venne di nuovo qualche timore.

Ma si ripeté che le possibilità erano quasi zero.

Uscì, pensando di andare magari al cinema.

Attraversò la strada, e dopo aver camminato per un po’, vide seduto per terra un mendicante che chiedeva l’elemosina.

“Tenga, vada a mangiare qualcosa di buono” gli disse mettendogli in mano una banconota.

L’uomo la ringraziò, e quando Chidori, sorridendo, fece per riprendere la sua passeggiata, andò a sbattere contro qualcuno.

“Ops, mi scu…”

E sbarrò gli occhi.

“Signorina Chidori, proprio lei”.

“Sa… Sagara?!”

Il ragazzo di prima, con indosso sempre la tuta nera ma stavolta messa nel modo giusto, stava sorridente e sorpreso davanti a lei.

Kaname sospirò.

Le possibilità erano quasi zero.

E quindi non era proprio zero.

Gauron continuava la sua ricerca, sempre con un inquietante e arrogante sorriso stampato sul volto.

Le persone che lo incrociavano, istintivamente si facevano da parte e dopo averlo superato acceleravano il passo.

Sentivano che in quell’uomo c’era qualcosa che non andava.

Ma Gauron non se ne curava, aveva altro a cui pensare.

“Le tracce si fanno man mano sempre più recenti” pensò, mentre arrivava all’ingresso della metropolitana.

“Davvero non la disturba accompagnarmi?”

“Ma no. Tanto non avevo niente da fare” rispose Kaname sorridendo.

Ma dentro di se la ragazza imprecava contro se stessa: aveva deciso di passare un po’ di tempo con quel ragazzo.

Col rischio quindi che quella preoccupante e rapida confidenza aumentasse ancora di più.

Il guaio però era che mentre la sua razionalità trovava troppo strano quel ragazzo, chiedendosi chi fosse, da dove venisse, perché era cosi strano, se per caso era un maniaco o uno sbandato, il suo istinto le diceva che poteva fidarsi ciecamente di lui.

E poteva fare anche di più, volendo.

E questo la spaventava.

Doveva distrarsi in qualche modo.

“Che ne diresti di andare al bar?” propose allora la ragazza.

“Bar?”

“Si. Un luogo dove ti servono da mangiare”.

“Oh be, volentieri. Ma il guaio è che in quei luoghi ho visto che bisogna pagare. E io soldi non ne ho”.

“Oh, non preoccuparti. Di soldi ne ho abbastanza. Dai andiamo”.

E mentre si avviavano verso un bar lì vicino, Kaname si bloccò: “No! Che cosa ho detto! Un bar è un luogo perfetto per avviare una discussione e imparare a conoscersi. Potremmo acquisire sempre più confidenza e…”

“C’è qualcosa che non va?” domandò Sousuke perplesso.

“No, no, niente. Andiamo”.

La povera ragazza non se la sentì di ritirare l’invito, e poté solo pregare che il ragazzo non le facesse domande personali.

Entrati nel locale, Kaname si avvicinò alla vetrina dei gelati.

“Cosa stai guardando?” le domandò il ragazzo.

“I gelati, no?”

“Gelati?”

“Si, gelati. Cosa ci trovi di strano?”

Sousuke assunse un’espressione perplessa e pensierosa.

La ragazza piegò il capo su un lato: “Perché fai quella faccia? Non dirmi che… ma no. E’ impossibile. Stai scherzando, vero?”

La perplessità del ragazzo aumentò vistosamente.

“Tu… non sai cos’è un gelato?”

“No”.

La ragazza cercò di schiarirsi le idee: “Allora prendiamone due, cosi te lo insegno”.

Presi due coni gelato, si sedettero ad un tavolino.

Sousuke guardava incuriosito il suo gelato come se avesse in mano chissà che cosa.

“Immagino che se non sai cos’è un gelato, non saprai neppure come si mangia, giusto?”

“Be… si”.

“Si fa cosi” disse Chidori dando una leccata al suo.

Dopo aver fatto questo si bloccò nuovamente: “Ma stai a vedere che è tutto un trucco per iniziare qualche stupido e volgare discorso sui giochetti con la lingua?!” pensò allarmata.

Ma quando guardò Sousuke, vide che era completamente preso dall’osservare il gelato: i suoi gesti, le sue parole sembravano davvero sinceri, non quelli di qualcuno che finge.

Titubante il ragazzo diede una leccata al gelato, imitando la ragazza.

“Ma è freddo!”

“Ma certo che è freddo! Secondo te perché si chiama gelato?!”

Sousuke sembrò arrossire imbarazzato.

Da un lato Chidori lo squadrò considerandolo un tipo davvero bizzarro, quasi un bambino dell’asilo.

Dall’altro lato però, le venne da pensare che imbarazzato e arrossito era ancora più carino.

“No! Ancora. Chiudiamo subito la faccenda del gelato, va!” pensò allarmata.

Cominciarono a consumare il loro gelato, e Sousuke acquisì sempre più dimestichezza.

Mentre mangiavano, il ragazzo disse: “Posso chiederti una cosa?”

Questa domanda scatenò una tempesta di timori dentro Chidori: “Oh no! Comincia con le domande! Da dove vengo, che vita faccio… oh mio Dio!”

Ma per educazione rispose lo stesso: “P.. prego”.

“Chi erano quei mostri che ieri hanno attaccato questa città?”

“Be” Chidori trasse un sospiro di sollievo “Erano mostri dell’Impero di Micene”.

“Impero di Micene?”

“Si. Un antico impero che intende conquistare questo pianeta. Non lo conosci?”

Il ragazzo fece segno di no col capo.

“Mmm, ma dove vive questo?” pensò Kaname per poi continuare la sua spiegazione: “Si tratta di un regno dalle origini antichissime e sconosciute, che dispone di un esercito di mostri meccanici, come quelli che hai visto ieri. Abbastanza frequentemente attaccano varie città del pianeta, con l’intenzione di conquistarci pezzo per pezzo. Ma per fortuna disponiamo del frutto di tecnologie pre-Third Impact, con le quali riusciamo a fermarli sotto la guida della Mithril”.

“Mithril?”

“Si, un organizzazione che si occupa della difesa del pianeta”.

Chidori ritenne che fosse meglio non menzionare il MazinKaiser, nel caso le scappasse di rivelare che era lei a pilotarlo.

“E dimmi, per favore, cos’è questo Third Impact?”

“Eh? Non conosci neppure questo?! Sei davvero ignorantello in storia, sai?”

“Scusami”.

“No, scusami tu, non volevo offenderti. Be, neanche io sono ferratissima su questo argomento, nessuno lo è, si tratta di un evento avvolto nelle nebbie del mito, sebbene sia stato dannatamente reale, come dimostrano gli oceani”.

“Gli oceani?”

“Si. Sono stati trovati molti reperti archeologici, foto, quadri, vecchi filmati, che dimostrano come fino al 2015 gli oceani della Terra fossero stati azzurri. Ma in quell’anno avvenne il Third Impact: nessuno sa chi o cosa lo provocò, però quando avvenne, l’umanità si trovò vicino all’estinzione. Gli oceani, a causa di uno sconosciuto processo chimico, hanno assunto la loro attuale colorazione rossa, almeno metà della popolazione mondiale scomparve nel nulla, un’intera porzione dell’Asia, in particolare il Giappone, venne ridotta ad un deserto bruciato da un esplosione apocalittica.

Le popolazioni superstiti si riunirono in grandi città soprattutto costiere, collegate tra loro da tunnel lunghi anche migliaia di chilometri.

Questa città per esempio, Neo-Tokyo 4, è stata fondata dai superstiti del Giappone.

E due secoli dopo, quando finalmente l’umanità era sul punto di riprendersi, apparve l’Impero di Micene”.

Sousuke aveva ascoltato con grande interesse quella spiegazione.

Finché Chidori non attirò la sua attenzione: “Ehm, Sagara, il gelato ti sta colando sui pantaloni”.

Sousuke rimase di stucco: “Ma… ma si è sciolto!”

“Ma certo che si è sciolto! E’ freddo, ma stando fuori al caldo si scioglie!”

“Si scioglie cosi facilmente?”

E Kaname si mise una mano sulla fronte: “Ma di tutti i tipi, proprio questo…”

Gauron continuava a seguire la sua pista.

Sembrava che la sua preda avesse girato parecchio, ma non importava.

Un predatore doveva saper essere paziente.

Fu anche interessato dal fatto che da un po’ di tempo alla traccia del suo bersaglio, se ne era aggiunta un’altra, e si trattava di una femmina umana.

Arrivò davanti ad uno stadio.

Lasciato il bar, Sousuke e Kaname stavano camminando su una strada panoramica che dava sulla città, ed era affiancata da un boschetto.

Ormai il giorno volgeva al termine, ed erano visibili le prime stelle.

Era soprattutto lei a parlare, del più e del meno, e Sousuke l’ascoltava senza ribattere.

Ma anche Kaname si era molto rilassata, stando insieme in quel modo, l’eccessiva confidenza che aveva col ragazzo non la imbarazzava.

“Bene, abbiamo, anzi, ho parlato a sufficienza. Ma tu non hai niente da dire?” chiese Kaname.

“No. Vedi, sono un completo straniero qui. Non saprei di cosa parlarti”.

“Come sarebbe a dire? Da dove vieni, scusa”.

“Be.. ecco, è difficile da spiegare, ma si tratta di un luogo molto lontano, e del tutto diverso da questo”.

“Quanto lontano?”

Sousuke si guardò intorno: “Ecco, volendo fare un esempio” puntò un dito verso il cielo “Vedi quella stella lassù? Immagina che quella stella corrisponda a questa città. Il luogo da cui provengo io” e spostò il dito di parecchio verso sinistra “corrisponde a quell’altra stella, parecchio distante dalla prima”

Kaname lo guardò dubbiosa.

Che razza di esempio era?!

“Mi stai prendendo in giro?”

“No” rispose lui, ancora con quella voce del tutto sincera.

“E perché saresti venuto qui da un luogo cosi lontano?”

“Non so spiegarlo. Qualcosa mi ha spinto a venire qui, una specie di impulso”.

“Tutto qui?”

“Si”

Stranamente quella risposta le ricordava qualcosa, il fatto cioè che la sua strada si era incrociata con quella del MazinKaiser proprio perché anche lei aveva sentito in un determinato giorno un impulso che l’aveva spinta ad avventurarsi dentro quel misterioso hangar, dove attendeva l’antico gigante.

Quasi come ipnotizzata vi era salita sopra.

E le guardie, accortesi dell’intrusione, l’avrebbero sicuramente abbattuta, se non fossero rimaste a bocca aperta quando sotto i loro occhi il MazinKaiser si attivò senza il minimo problema.

Ma ricacciò quei pensieri, non c’entravano nulla in quel momento, e si concentrò nuovamente su Sousuke.

Kaname non capiva perché quello strano ragazzo non volesse dirle niente di se.

Tuttavia anche lei fino ad allora non gli aveva detto nulla della sua vita.

Quindi non poteva insistere per sapere qualcosa che lei per prima non aveva voluto dire.

“Mmm, va bene, finiamola qui. Tra l’altro si è fatto tardi, e devo rientrare. Faresti meglio a tornare a casa anche tu, prima di ficcarti in qualche guaio”.

“E’ una cosa che dovrei fare, e lo farò, a tempo debito. Comunque voglio ringraziarti”.

“Per cosa?”

“Per avermi aiutato. Sono un perfetto sconosciuto, eppure per ben due volte mi hai dedicato molto del tuo tempo. E non mi hai preso in giro davanti ai miei errori”.

Sousuke fece un inchino.

Kaname arrossì: “Ma no, non c’è bisogno di essere formali. E poi a dire il vero…”

Ci rimuginò sopra un poco, poi pensò che in quel caso confidenza per confidenza…

“… anche io dovrei ringraziarti. L’altra volta, quando mi hai fatto ridere, anche se per poco, mi hai fatta sentire davvero bene. In questa città non mi era mai successo”.

“Allora sono lieto di essere riuscito a renderti felice” disse il ragazzo, facendo un altro inchino.

“Ti ho già detto che non hai bisogno di essere cosi formale!” esclamò imbarazzata la ragazza “Ci vediamo domani”.

“Domani?”

Kaname si mise una mano sulla bocca.

E alla fine si arrese a se stessa.

“Si, domani, al bar di oggi e alla stessa ora”.

“Ci sarò” rispose lui, chiaramente felice.

Kaname lo salutò con la mano e se ne andò.

Sousuke rimase a guardarla finché non scomparve alla sua vista.

Rimasto solo, sospirò e guardò il cielo stellato.

“Quanto vorrei dirtelo…”

Improvvisamente il ragazzo si girò verso il boschetto, con i muscoli tesi.

Aveva percepito un pericolo.

Scrutò con attenzione le fronde degli alberi, ma senza riuscire a vedere qualcuno.

Poi quella sensazione di pericolo scomparve.

E anche Sousuke, guardingo, se ne andò.

Kaname cercò le chiavi davanti alla porta di casa, ma aveva difficoltà a trovarle perché immersa nei suoi pensieri.

“Incredibile. Gli ho dato un appuntamento! Non avrei dovuto farlo, ma ormai non posso più ingannarmi: quel Sousuke può essere strano e misterioso quanto si vuole, ma… mi piace.

Mi piace stare con lui.

E devo dire che nonostante le sue stramberie, sembra un ragazzo gentile e sensibile.

Speriamo solo di non ficcarci in qualche pasticcio”.

Trovò poi finalmente le chiavi di casa, ed entrò.

“Uffa, ma dov’è l’interruttore?” sbuffò cercando a tastoni il pulsante per le luci.

Quando lo trovò e accese le luci, si ritrovò un uomo sconosciuto davanti a lei, che la fissava divertito.

“Ben arrivata, mia cara!”

E prima che la ragazza potesse reagire in qualunque modo, l’uomo la prese per il collo, la sollevò e la stordì facendola sbattere con la testa contro il soffitto.

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Capitolo 7
*** 6° Capitolo ***


6° CAPITOLO

Chidori si risvegliò con un forte mal di testa, ed era legata con la schiena contro un albero.

Cercò di schiarirsi le idee e di guardarsi intorno: si trovava in un boschetto, ed era ormai sera.

“Ma dove mi trovo?” pensò mentre cercava invano di liberarsi.

“Ben svegliata” disse una voce sopra di lei.

Chidori vide un uomo seduto su un ramo che stava qualche metro più su.

A causa del buio non riusciva a scorgerne i lineamenti, ma dalla voce capì che si trattava dell’uomo che l’aveva aggredita.

“Chi… chi sei?”

“Il mio nome è Gauron, bella signorina”.

“E cosa vuoi da me? Se cerchi soldi, caschi male”.

“Oh, vedo che nonostante tutto, impedisci alla tua paura di farti balbettare e di prendere il controllo”.

“Io non ho paura!”

Chidori sapeva che in situazioni simili, dimostrarsi spaventati poteva peggiorare la situazione.

“Ma tu hai paura. I meccanismi biologici del tuo corpo me lo rivelano”.

“Come sarebbe a dire?”

“Io non sono umano, almeno non più. Sono un segugio. E posso captare le reazioni chimiche del tuo corpo che regolano le varie emozioni. E tu adesso hai paura. Anche se avrei preferito che ne avessi ancora di più. Mi diverto maggiormente a squartare quelli che strillano come maiali”.

Chidori deglutì, e cercò di farsi coraggio: “Ma cosa stai dicendo?! E cosa diavolo vuoi da me?”

“Da te, niente. Mi interessa il tuo fidanzatino”.

“Quale fidanzatino?!”

“Il ragazzo che ti ha fatto l’esempio delle stelle per dirti e allo stesso tempo nascondere la verità su se stesso”.

“Sta parlando di Sousuke!” realizzò allora la ragazza, senza però capire cosa volesse dire quel Gauron, che doveva averli spiati durante il loro ultimo incontro.

Cercò comunque di mentire, per non coinvolgere quell’imbranato di Sousuke in chissà quale casino.

“Tra me e quel ragazzo non c’è proprio nulla. Mi ha solo chiesto qualche informazione, non essendo di qui”.

Gauron scoppiò in una sonora risata: “Che bello, cerchi di coprirlo, ma è inutile. Te l’ho già detto, io riesco a capire che emozioni prova un essere umano, e so anche capire quando mente. Tu stai mentendo allegramente: lo ami, come indica il tuo corpo quando sei vicina a lui. E anche lui ti ama, dato che il suo corpo reagisce alla stessa maniera del tuo. E complimenti, pur non sapendo nulla di lui, qualcosa l’hai comunque azzeccata: lui non è di qui”.

Chidori ignorò l’ultima frase e rimase esterrefatta: Sousuke l’amava?

O questo Gauron la stava ingannando?

Non aveva motivi per farlo, ma poteva benissimo trattarsi di uno psicopatico.

Certo che una parte di lei si sentì… felice, per quella rivelazione, nonostante la fonte.

Però non era il momento adatto per parlare d’amore.

“Quindi io sarei l’esca, giusto?”

“Esatto. Avrei anche potuto attaccarlo direttamente, ma con un ostaggio di mezzo posso assicurarmi che non tenti scherzi, ed è molto più divertente”.

“Bastardo!” disse aspra Kaname.

“I tuoi insulti sono per me preziosi complimenti” replicò l’uomo.

“Non so che cosa tu voglia da lui, ma dubito che tu riesca trascinarlo qui”.

“Non preoccuparti. Ho trovato il modo per attirare la sua attenzione”.

“Ehi, hai visto?” disse una ragazza al suo fidanzato indicando un grosso tabellone pubblicitario elettronico posto sulla sommità di un palazzo.

“Si. Certo che è una pubblicità davvero strana” rispose lui.

Anche altre persone si fermarono incuriosite a guardare quel tabellone, che stava cosi già da qualche ora.

Sul tabellone c’era questa scritta: AMICO DI FLEED, IO E LEI TI ASPETTIAMO SOTTO LE STELLE DISTANTI.

Chidori non sapeva quanto tempo fosse passato, ma sicuramente più di un’ora.

Lei non aveva più parlato con Gauron, né lui aveva più parlato con lei.

Sembrava che stesse aspettando Sousuke.

E non riusciva proprio a capire cosa potesse volere da quello strano e gentile ragazzo.

Si era pure messa a rimuginare su una frase detta da Gauron: Il ragazzo che ti ha fatto l’esempio delle stelle per dirti e allo stesso tempo nascondere la verità su se stesso.

Che accidenti significava?!

Poi udì un rumore indistinto provenire dalla boscaglia dietro di lei.

Gauron si voltò di scatto, scrutando l’oscurità.

“Si è messo controvento…” disse, prima di venire colpito da una specie di raggio laser.

Gauron cadde proprio davanti a Chidori, morto, con un grosso buco circolare in pieno petto che lo passava da parte a parte.

“Ma chi…”

“Chidori!”

“Sagara!” esclamò felice la ragazza.

Sousuke sbucò dalla boscaglia dietro di lei, in mano teneva una pistola di un modello che Chidori non aveva mai visto.

“Ti ho trovata in tempo. Non ti ha fatto del male, vero?”

“No”.

Sousuke tagliò le corde che bloccavano la ragazza con un raggio che scaturiva da quella pistola.

Kaname aveva diverse domande da fargli: cosa poteva volere quel Gauron da lui, come l’aveva trovata, che razza di pistola era quella e… se era vero che l’amava.

Ma prima che potesse fargli una qualsiasi domanda, da sotto di loro arrivò un “Ehi!” e subito un ombra calò sui due ragazzi.

Gauron era vivo!

E il buco sul suo petto si stava richiudendo!

L’uomo fece volare via la pistola di Sousuke e contemporaneamente prese Chidori per un braccio e la scagliò lontano come se fosse una bambola.

“Chidori!!!” gridò Sousuke, che fece per raggiungerla, ma il pugno di Gauron lo scaraventò indietro di almeno dieci metri.

“Sei riuscito a prendermi di sorpresa, bravo! Ma ora devi farmi divertire! Voi abitanti di Fleed siete molto più forti dei terrestri, no? Quindi avanti!”

“Maledetto!” ringhiò Sousuke, che con lo sguardo cercava Chidori nella boscaglia, senza trovarla.

La ragazza era atterrata ai bordi della strada panoramica, e una serie di cespugli aveva per fortuna attutito l’urto col terreno.

“Oh, mio Dio… ma quel Gauron… è davvero un mostro! Il buco nel petto…. Questa forza spaventosa… allora diceva la verità, non è umano!”

Faticosamente si alzò in piedi, cercando Sousuke tra le ombre del bosco.

Il pensiero che stesse affrontando un mostro come quello, la spaventava a morte, molto più di quando era legata all’albero.

Nel bosco non vedeva nulla, però arrivavano strani rumori, secchi e violenti, di alberi che crollavano.

E dopo un po’, qualcosa sbucò fuori dalla vegetazione, atterrando in piedi sulla strada: uno stremato Sousuke, ferito in più punti.

“Sagara!” gridò Kaname andandogli vicino.

“Presto, scappa” le disse Sousuke a denti stretti.

“No, non ti lascio!”

“Devi andartene! E’ troppo…”

“Pericoloso? Oppure troppo potente? Dì pure che sono entrambe le cose!” esclamò un ghignante Gauron uscendo dal bosco.

Kaname rimase sbalordita: la muscolatura di Gauron era aumentata a dismisura, nessun umano poteva essere tanto muscoloso.

“Ma chi… chi sei?!” domandò atterrita Kaname.

“Te l’ho già detto, mia cara. Sono un segugio, un uomo che l’Impero di Micene ha trasformato in un arma invincibile! E lo ha fatto col mio assenso!”

“T… tuo assenso?! Hai voluto farti trasformare in un mostro?!”

“Be, inizialmente mi avevano rapito, ma saputo cosa volevano fare, li ho assecondati ben volentieri!”

“P.. perché?”

“Perché mi piace uccidere! E adesso posso sterminare chiunque in qualunque modo!”

“Assurdo!”

“Non… non è il momento di parlare. Lo trattengo, tu scappa!” disse Sousuke.

“Sei impazzito?! Ti farà a pezzi!”

Sousuke si concesse un sorriso.

“Se devo morire, morirò. Mi basta saperti al sicuro”.

“Ma quanto siete dolci! Davvero stomachevoli!” urlò Gauron pronto a colpire.

Sousuke allontanò Kaname e si scagliò contro Gauron, cominciando a saltargli intorno ed evitando i suoi colpi.

Kaname rimase stupita dai movimenti di Sousuke, perché già nella metropolitana aveva dimostrato di essere molto abile, però nessun umano poteva muoversi con tale agilità.

Ma soprattutto, era rimasta come pietrificata per le parole del ragazzo.

Gauron allora diceva la verità anche su quello.

La ragazza corse via.

“Quella stupida ti ha mollato qui!” disse Gauron.

“L’importante è che sia lontana da un lurido essere come te!” replicò Sousuke.

“Tsk, illuso. Credi che potrebbe amarti? Anche dopo aver scoperto la tua vera natura? Gli umani hanno paura di quello che è diverso da loro!”

“Alcuni, ma non tutti, e lei è tra questi!”

Gauron riuscì ad afferrare con una mano Sousuke e lo sbatté violentemente al suolo tenendolo per il collo.

“Quanto sei patetico! Sei un fottuto alieno! Cosa puoi mai saperne degli esseri umani!”

“Ne so sempre più di uno come te che ha rinunciato alla propria umanità per eliminare il più possibile i propri simili!”

“Le tue parole non mi toccano! Adesso mi porterai dal tuo bel disco volante!”

“E per quale ragione dovrei farlo?”

Gauron strinse ancora di più la sua presa sul collo del ragazzo.

“Bada. Il fatto che non posso ucciderti, non significa che non posso farti molto male!”

“Non mi fai paura!”

“Lascialo andare!” tuonò Kaname dietro Gauron.

Che si voltò abbastanza stupito.

La ragazza aveva solo finto di scappare, era tornata nel bosco a cercare la pistola di Sousuke e ora la puntava contro quell’inumano e grottesco ammasso di muscoli.

“No… perché… non sei scappata?” domandò Sousuke.

“Non ti lascio nelle mani di quel mostro!” rispose la ragazza.

“Pensi davvero di sapere come funziona quella pistola?” domandò ironico Gauron.

Per tutta risposta, Kaname sparò, il colpo tranciò di netto il braccio che teneva bloccato Sousuke.

“Una pistola è una pistola” spiegò soddisfatta Kaname.

Per la sorpresa e il dolore, Gauron urlando si lanciò contro Kaname, ma Sousuke si alzò e saltò sopra il mostro.

“Passamela!” gridò il ragazzo, Kaname ubbidì e gli lanciò la sua arma.

Appena la prese, Sousuke cominciò a sparare all’impazzata su Gauron: un colpo alla spina dorsale, altri quattro colpi per ciascuna gamba, due colpi al petto, due al braccio rimasto, uno al torace e uno alla testa.

Ciascun colpo passò da parte a parte il mostro, che gridando stramazzò al suolo.

Abbattuto il mostro, anche Sousuke fece per accasciarsi, ma Kaname lo sorresse in tempo.

“Stai bene?” domandò Kaname.

“Me la caverò”.

“Su, vieni a casa mia, me la cavo abbastanza in fatto di cure. E penso che abbiamo bisogno di fare una bella chiacchierata, anche se stavolta dovrai essere soprattutto tu a parlare” disse lei sorridendo.

Lui annuì.

Finché dietro di loro si udì un bisbiglio.

E qualcosa piombò sulla testa di Kaname: un mostruoso braccio troncato.

E il braccio sembrò mutare forma, aderendo il più possibile alla testa della ragazza, che lanciando mugugni disperati cadde in ginocchio tentando di togliersi quella cosa di dosso.

“Chidori!!!” esclamò Sousuke, che capì subito chi fosse il responsabile.

“Maledetto Gauron!”

Una risatina beffarda giunse alle sue orecchie.

Gauron lentamente si stava rimettendo in piedi, le ferite si richiudevano.

“Credevi che fosse cosi facile abbattermi?”

Sousuke cercò di ignorarlo e di togliere quella cosa dalla testa di Kaname, ma inutilmente.

“Non ci riuscirai. E ti sconsiglio di usare la tua pistola. Gli umani sono delicati, se li buchi non guariscono come me”.

Kaname si accasciò tra le braccia di Sousuke, sul cui volto cominciava ad apparire la disperazione.

“Sta soffocando. Naso e bocca sigillati ermeticamente. Puoi salvarla solo in un modo”.

I mugugni di Kaname diminuivano sempre di più, come i suoi movimenti.

“Allora?”

“Hai vinto” rispose infine Sousuke.

Tre persone stavano di fronte al vecchio ed enorme capannone di una fattoria abbandonata.

Sousuke, scuro in volto, stava davanti ad un soddisfatto Gauron, che aveva nuovamente assunto un aspetto umano.

Ma una sua mano era ancora deforme, e teneva per la testa Kaname, distesa per terra e priva di conoscenza, pronta a ucciderla all’istante.

“Muoviamoci!” ordinò Gauron.

I tre entrarono nel capannone, che era vuoto.

Sousuke parlò in una strana lingua, e dal nulla sembrò materializzarsi il disco volante che aveva abbattuto quei mostri meccanici.

“Eccolo qui! Grendizer, o Goldrake, come lo chiamarono secoli fa gli umani. Ora noi due saliremo a bordo e andrai dove ti dirò io. E ti avverto, durante il volo non tentare strane mosse. I miei capi mi hanno detto come pilotarlo. Perciò potrei benissimo metterti ko. Lascio a te i comandi solo perché mi piace essere servito”.

“Va bene. E’ lei?”

“Aspetta ancora un attimo”.

Ad un nuovo comando di Sousuke, un portello si abbassò sotto la testa di Goldrake.

Quando vi furono sopra, Gauron finalmente lasciò andare Kaname e spinse dentro Sousuke.

“Non preoccuparti per lei. Non la ucciderò. Meglio che soffra sapendo che il suo amato è caduto nelle mani del nemico per colpa sua, perché non è scappata” disse Gauron sfoderando il suo malvagio sorriso.

Dopo un po’, Goldrake sfondò il tetto del capannone e decollò sparendo all’orizzonte.

Sul terreno era rimasta solo Chidori.

Gauron per fortuna si era lasciato sfuggire la possibilità di assicurare ai suoi capi una vittoria più che certa.

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Capitolo 8
*** 7° Capitolo ***


7° CAPITOLO

Kaname si risvegliò in un letto, cercò di rialzarsi ma fu fermata da un violento mal di testa che la costrinse a stare seduta.

Si guardò intorno: la stanza era piuttosto piccola, e arredata con pochi apparecchi medici.

Una robusta donna di colore, dal volto simpatico, entrò nella stanza.

“Ben risvegliata, signorina Chidori”.

“Dove… dove mi trovo?”

“Nell’infermeria del De Danaan”.

“E… e come ci sono finita?”

“Non ricorda? Lei stessa ha segnalato di essere stata attaccata a Neo-Tokyo 4 da un mostro, e che si trovava in una zona periferica ad est della città”.

“Ah… si?”

I ricordi di Kaname erano confusi, non ricordava di aver fatto alcuna telefonata.

Ma la frase detta dalla donna, fu sufficiente a farle tornare in mente una cosa importantissima: “SOUSUKE!!”

Sousuke si svegliò su un freddo pavimento, e la testa gli doleva.

Si ricordò di come quel Gauron lo avesse stordito quando erano giunti ormai sopra il mare.

E ora dove si trovava?

Sembrava una specie di grotta, dalle pareti di colore grigio scuro.

Si mise in piedi e cominciò a muoversi guardingo, finché non andò a sbattere contro una sorta di parete invisibile.

Una specie di campo di forza sigillava la grotta in cui era tenuto prigioniero.

Davvero una brutta situazione: prigioniero di un nemico sconosciuto, che si era impadronito del suo robot Grendizer per farne chissà che.

E non aveva notizie di Kaname Chidori.

Chidori si stava vestendo con la sua tuta da pilota, visto che era stata convocata ad una riunione tattica.

L’iniziale forte mal di testa era rapidamente scomparso, quindi era perfettamente in grado di muoversi.

Ma anche con l’emicrania sarebbe salita lo stesso sul MazinKaiser.

Perché doveva salvare Sousuke.

Pur non avendo ricordi esatti, partendo da ciò che rammentava, ovvero lo scontro con Gauron e quella cosa che l’aveva assalita soffocandola, era chiaro che il ragazzo era stato rapito dal nemico.

Ed era successo per colpa sua, perché non era fuggita come lui le aveva detto.

Sarebbe anzi già partita alla sua ricerca, ma purtroppo non aveva la minima idea su dove cominciare.

Finito di prepararsi, si recò nella sala tattica, dove erano radunati Tessa e alcuni alti ufficiali, più i comandanti delle guarnigioni militari di varie città, collegati in oloproiezione.

“Ora che il pilota Kaname Chidori è arrivato” esordì Tessa “possiamo iniziare la discussione. Siccome ogni secondo è prezioso, sarò molto breve: signori, finalmente dopo anni di ricerche, siamo riusciti a localizzare il quartier generale dell’Impero di Micene”.

Mormorii di stupore si diffusero tra i vari presenti.

Tessa continuò: “La base nemica, si trova in questa zona dell’oceano pacifico” e indicò con una bacchetta un punto sulla mappa olografica che si trovava esattamente a metà tra il Giappone e la costa americana “e siccome il nemico non sa che abbiamo scoperto la sua posizione, è un ottima occasione per poterlo colpire e distruggere in una volta sola”.

“E come consiglia di procedere, colonnello?” chiese uno degli ufficiali in oloproiezione.

“Sferreremo un attacco utilizzando tutti i nostri Eva Series e il MazinKaiser, che saranno coadiuvati dal De Danaan. Grazie al fattore sorpresa, li circonderemo e affonderemo la loro base usando dei siluri N2. I siluri dovranno essere lanciati ad una distanza ravvicinata. Ed Eva Series e MazinKaiser, avranno il compito di impedire che il nemico intercetti i siluri o cerchi di scappare”.

“Ma lei colonnello, è sicura della posizione della base nemica?” domandò un altro ufficiale.

“Si. Quando il pilota Chidori ha comunicato con noi di essere stata attaccata da un mostro, grazie al rilevamento satellitare abbiamo controllato la zona dell’aggressione, e abbiamo visto partire uno sconosciuto mezzo volante che è scomparso proprio sopra questo punto dell’oceano. E il pilota Chidori è stata rinvenuta nel punto esatto di decollo di quell’oggetto non identificato”.

Kaname si fermò a riflettere: lei purtroppo non ricordava quasi niente, però si stava sempre più convincendo di non aver fatto la benché minima telefonata per avvertire che era stata aggredita.

E poi Tessa le sembrava un po’ troppo sicura di se: non c’erano prove che il punto in cui era scomparso quel misterioso oggetto volante fosse anche il luogo dove si trovava la base del nemico.

E se si trattava di un’altra trappola, di un esca per attirare lontano le principali forze umane?

Era molto difficile che tutti quegli ufficiali approvassero un piano piuttosto azzardato.

E anche se le dispiaceva rompere le uova nel paniere alla sua amica, doveva dirle una volta per tutte che non aveva mai fatto quella famosa telefonata.

Ma gli ufficiali la anticiparono: “Un ottimo piano, colonnello Testarossa. Invieremo subito i nostri Eva Series alle vostre coordinate” disse uno di loro a nome di tutti.

Che cosa?! Pensò sbalordita Kaname.

“Ottimo. Siamo già in navigazione verso l’obbiettivo, riceverete subito i dati” disse soddisfatta Tessa.

Gli oloschermi si spensero, gli ufficiali del De Danaan uscirono dalla sala, e Tessa si avvicinò a Kaname.

“Coraggio, vai nell’hangar, questa è la volta buona” le disse sorridendo.

Ma Kaname la bloccò prendendola per un braccio: “Un momento Tessa, qui c’è qualcosa che non va. Io sono sicura di non aver mai fatto quella maledetta telefonata. E il tuo piano mi sembra piuttosto avventato, mi stupisco che quegli ufficiali lo abbiano approvato cosi facilmente!”

“Capisco i tuoi dubbi, ma ti chiedo di fidarti di me, so quello che faccio. E per quanto riguarda quella telefonata… be, ogni cosa a suo tempo. Ora prepariamoci” concluse Tessa ammiccando e uscendo dalla sala.

Kaname rimase allibita.

Sembrava che fossero diventati tutti matti lì dentro.

Però doveva ammettere che Tessa sembrava molto sicura di se, non l’aveva mai vista cosi sicura prima di allora.

E poi, se doveva cercare Sousuke, aveva pur bisogno di un punto da cui iniziare.

Quindi si affidò alla sua buona stella.

Sousuke stava seduto nella sua cella, in attesa che accadesse qualcosa.

Odiava il non poter fare niente, ma non aveva altra scelta.

E non poteva neppure sapere che fine avesse fatto Chidori.

Gauron l’aveva risparmiata, ma dove si trovava adesso?

Stava bene?

Non avere risposte per queste domande lo angosciava quanto la sua prigionia, se non di più.

Poi sentì dei passi, e due uomini apparvero davanti alla cella: erano due gemelli.

“Seguici, senza creare problemi” ordinò quello a destra.

“In caso contrario, ti faremo parecchio male. E noi siamo molto più forti di Gauron” lo minacciò il secondo.

Sousuke annuì in silenzio, in effetti cercare di fuggire sarebbe stato inutile in quel momento: anche se fosse riuscito a sfuggire a quei due, dove poteva andare?

Il campo di forza si dissolse, i gemelli lo presero ciascuno per un braccio e cominciarono a spingerlo verso un corridoio costruito dentro una oscura e lunga caverna.

Arrivarono dentro una immensa sala avvolta nel buio.

Dal buio poi ad un tratto apparve maestoso e minaccioso, l’Imperatore delle Tenebre.

Uno dei gemelli mise la mano su una spalla di Sousuke, ed esercitando una forza incredibile, lo costrinse ad inginocchiarsi.

“Inginocchiati di fronte al nostro grande padre, il supremo Imperatore delle Tenebre!” esclamarono insieme i gemelli.

Sousuke fissava sorpreso e preoccupato quell’immenso essere che sembrava composto di fiamme.

“Non siate scortesi nei riguardi del nostro ospite. Egli ci ha portato il mezzo che ci consentirà di acquisire il dominio universale!” esordì l’Imperatore.

“Non avrete il benché minimo aiuto da me!” ribatté Sousuke.

“Non abbiamo bisogno della tua collaborazione. Sei ancora vivo semplicemente perché voglio dimostrare la mia potenza di fronte a quegli stolti della famiglia reale di Fleed, che tentarono di distruggermi. Tu sei un loro discendente, perciò la mia rivincita avverrà di fronte a te”.

“Che cosa?! Come sai di Fleed? E come…”

“So che appartieni alla famiglia reale? Semplice, solo i suoi membri possono pilotare i guerrieri Grendizer, come quello che hai portato sulla Terra. E data la tua età, presumo che tu sia il figlio dell’attuale re.

Riguardo invece la mia conoscenza di Fleed, esso è stato il mio pianeta natale”.

“Che stai dicendo, mostro?!”

A quelle parole, MaGog fece per colpire Sousuke, ma Gog lo fermò.

Il MazinKaiser stava navigando verso il punto indicato dagli strumenti.

Il Kaiser Scrander era stato modificato in modo da fornire propulsione anche sott’acqua.

Il De Danaan lo seguiva mantenendosi ad una certa distanza, con due siluri N2 pronti ad essere lanciati per vaporizzare la base del nemico.

E sopra di loro, stormi di Eva Series si stavano dirigendo verso lo stesso punto.

“Spero tanto che la traccia sia giusta” pensò Kaname stringendo i pugni sulla cloche.

“Resisti Sousuke, sto venendo a salvarti!”

Sousuke non riusciva a capire: cosa c’entrava questo mostruoso Imperatore delle Tenebre con Fleed?

“Ma chi sei?” domandò il ragazzo.

“Abbiamo ancora un po’ di tempo, quindi ti racconterò questa storia: diversi millenni fa, secondo il calcolo umano del tempo, gli abitanti di Fleed crearono un gigantesco e potentissimo automa per proteggere la loro civiltà e consolidare il loro regno.

Quell’automa era un autentico prodigio, frutto di una tecnologia impensabile: era l’Arma Definitiva!

E il suo nome era Ryger!

Quando il regno di Fleed non necessitò più di un difensore tanto forte, si decise di utilizzarlo per proteggere le missioni di Fleed destinate a colonizzare pianeti posti all’infuori della loro galassia.

A difesa del pianeta principe venne lasciata la Chiave dell’automa, una sua componente in grado di rendersi autonoma e che fungeva da sigillo al potere nascosto di Ryger.

Senza di essa Ryger era comunque potentissimo, ma non era più l’Arma Definitiva.

Ryger fece in tempo a partecipare ad una sola missione di colonizzazione, verso un pianeta dalla natura simile a quella di Fleed, ma più primitivo.

Qui gli abitanti di Fleed fondarono una civiltà ricca e prospera, che governò saggiamente sui primitivi popoli circostanti.

Ma accadde qualcosa che i fleediani non avevano previsto: l’intelligenza artificiale di Ryger mutò, divenne qualcosa che loro non avevano previsto, ovvero una mente dotata di autocoscienza, di consapevolezza di se stessa.

E ben conscia della sua superiorità, stanca di servire, decise che gli altri dovevano servire lei.

Scoppiò una guerra, tra Ryger e i suoi ex-padroni, che avrebbero perso sicuramente se non fossero riusciti a chiamare rinforzi da Fleed.

Questo, unito al fatto che Ryger non disponeva della sua piena forza, portò alla sua sconfitta.

Ma non alla sua distruzione, come invece avrebbero desiderato i fleediani”.

Ad un tratto Gog chiuse gli occhi, e disse: “Padre, ci stanno attaccando! Con loro c’è anche l’odiato MazinKaiser!”

“Come avranno fatto ad individuarci?” si chiese MaGog.

“Non importa. Fate uscire i mostri meccanici, non tollererò interferenze da parte di quei fastidiosi insetti, specialmente adesso. Il Mazinkaiser è vostro, figli miei. Io intratterrò ancora il nostro giovane ospite”.

Gog e MaGog fecero un inchino e uscirono dalla sala.

La base del nemico era un immensa torre che galleggiava a grande profondità.

Il MazinKaiser si stava avvicinando rapidamente ad essa.

“Ma guarda, Tessa aveva ragione. Devo trovare un modo per entrare e cercare Sousuke”.

La ragazza fece per comunicare al De Danaan di non lanciare ancora i siluri, ma quando vide uscire nugoli di mostri meccanici dalla torre, non se ne preoccupò più: il sottomarino non poteva lanciare i siluri senza correre il rischio che venissero intercettati dai mostri.

Chidori cominciò a distruggere quei mostri, e anche gli Eva Series la raggiunsero in immersione per darle man forte.

Sousuke rimase perplesso ascoltando la storia dell’Imperatore.

Non aveva mai sentito quel nome, Ryger.

“Cos’è la dubbiosità che leggo sul tuo volto? Non ti dice niente il nome Ryger? Ovvio, la sua esistenza è stata cancellata da quei fanatici della civiltà pacifica che sono i fleediani. I tuoi simili sono degli ipocriti talmente pieni di se, che incapaci di accettare la realtà, hanno preferito nasconderla per sempre. Ma il loro più grande errore, continua ad esistere e sempre esisterà!” esclamò l’Imperatore.

A quel punto, Sousuke cominciò a capire.

L’Imperatore continuò il racconto: “Ryger sopravvisse, e anche se tutti lo ritennero estinto, entrò in un lungo periodo di rigenerazione, dal quale ne uscì quasi tre secoli fa, pronto a conquistare finalmente il pianeta. Ma nel frattempo i primitivi abitanti di quest’ultimo si erano evoluti abbastanza da poter creare della macchine capaci di sconfiggerlo.

E pensare che in quel periodo la Chiave era giunta sullo stesso pianeta, ma Ryger non poté approfittarne perché entrambi erano impegnati a combattere con tutte le loro forze un altro nemico.

Adesso altro tempo è passato, i primitivi sono deboli a causa di un cataclisma provocato dalla loro sete di potere, e Ryger è finalmente pronto a tornare alla sua forma completa, per conquistare prima il pianeta che è stato la sua prigione, e poi l’universo! Hai capito, giovane principe?”

“S… si! Temo… di aver capito… e la Chiave è…”

La figura dell’Imperatore cominciò a sollevarsi dal pavimento.

“Via, toglietevi di mezzo!” gridò Chidori, che grazie alle armi del MazinKaiser faceva strage dei mostri meccanici.

Gli Eva Series la aiutavano proteggendo il De Danaan, fermo comunque ad una certa distanza dal luogo dello scontro.

“Colonnello” disse uno degli operatori del sottomarino “siamo quasi in posizione d’attacco. Gli Eva Series ci forniscono una buona copertura, e il MazinKaiser sta distruggendo tutti i mostri meccanici che potrebbero ostacolare il lancio.

Da questa posizione potremmo lanciare i siluri e avere il tempo necessario per allontanarci ulteriormente”.

“No” rispose risoluta Tessa “Non è ancora il momento”.

“Ma colonnello…” obbiettò Mardukas al suo fianco.

“Non è ancora il momento” ripeté Tessa.

Dalla torre Chidori vide uscire due mostri, più grandi della maggior parte degli altri: si muovevano affiancati, e sembravano due demoni, uno dalla forma umanoide e l’altro simile ad una bestia a quattro zampe.

Comunque si muoveva perfettamente sott’acqua.

Rapidamente i nuovi arrivati andarono addosso agli Eva Series, quello dalla forma umana sguainò una spada dalla lama coperta di fiamme, anche se era sott’acqua, e con un solo colpo tagliò in più parti ben tre Eva Series, nonostante il loro AT-Field.

L’altro mostro invece saltò addosso a due Evangelion e con un solo morso, staccò loro la testa.

Infine si piazzarono di fronte al MazinKaiser.

“Siete forti, eh? Be, anche io. KAISER BLADE!”

Dalla gemma incastonata sul petto del Mazinga, spuntò una massiccia spada.

Infine Chidori si mise in posizione d’attacco.

“La nostra sfida è cominciata oltre due secoli fa, MazinKaiser” disse il mostro antropomorfo.

“E adesso la finiremo” continuò il secondo mostro.

Chidori sentiva chiaramente le loro voci: “Non vi conosco, buffoni. Ma vi farò a pezzi lo stesso!”

La ragazza si lanciò all’attacco, ma inaspettatamente forti vibrazioni si diffusero nell’acqua facendo tremare pericolosamente tutto ciò che incontravano.

Compreso il De Danaan.

“Colonnello, registriamo violente vibrazioni di classe 8. Provengono dalla base nemica”.

“Probabilmente i nemici ci stanno preparando qualche sorpresa” disse Mardukas “Colonnello, le chiedo di lanciare i siluri prima che sia troppo tardi”.

“E io le ripeto che non corriamo ancora nessun pericolo, signor Mardukas. Queste vibrazioni non possono danneggiare il De Danaan. Dobbiamo ancora aspettare”.

La fiamma dell’Imperatore era spenta, ma la sala era illuminata da altre luci, che rivelarono la presenza di ampie finestre ad arco che davano sull’esterno.

Sousuke, attonito, osservava la figura dell’Imperatore erigersi maestosa in tutta la sua altezza: sembrava quasi una montagna di fiamme.

Al centro del petto della montagna, le fiamme si aprirono, e vide che vi era incastonato…

Grendizer!

“Si. C’è voluto un po’ di tempo, è diverso da quello costruito insieme a me, ma le caratteristiche di base sono le stesse. Ho dovuto modificare la mia configurazione, e adesso, finalmente, Ryger è tornato ad essere l’Arma Definitiva!”

L’Imperatore, anzi, Ryger, scoppiò in una lugubre risata, mentre continuava ad alzarsi sempre di più.

Nonostante quella vista spaventosa, Sousuke non era il tipo che si lasciava dominare dalla paura, e cominciò ad allontanarsi.

Doveva fare qualcosa, anche se ancora non sapeva cosa.

Ma qualcuno, arrivando dalle ombre, lo stese a terra con un pugno.

“Non puoi andartene quando lo spettacolo è appena iniziato!”

Gauron sovrastava Sousuke guardandolo con divertita sufficienza.

Dalla sommità della torre scaturì un abbagliante raggio di luce, che uscì dal mare per dirigersi verso lo spazio.

Chidori e l’equipaggio del Tuatha De Danaan, osservavano esterrefatti quello spettacolo.

“Ci siamo” disse infine Tessa.

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Capitolo 9
*** 8° Capitolo ***


8° CAPITOLO

Il raggio di luce cominciò ad aprire il mare intorno ad esso, aprendovi una voragine a forma di cono che si allargava sempre di più.

Alla base del cono, la base dell’Impero di Micene.

“Signore! Le acque si stanno aprendo! Tra venti secondi verremo travolti!Non c’è tempo per allontanarsi” gridò uno degli operatori del De Danaan.

“Maledizione!” ringhiò Mardukas: tutta la potenza del De Danaan era inutile se non poteva operare in acqua.

E senz’acqua sarebbe stato inutile anche lanciare le capsule di salvataggio.

Risuonò l’allarme, per quanto potesse servire, e Kalinin nell’hangar dava veloci e precise disposizioni per mettere al riparo uomini e mezzi.

Intanto gli Eva Series e i mostri meccanici venivano travolti dal cono: gli Evangelion tirarono fuori le loro ali, mentre dei mostri alcuni volarono, altri precipitarono alla base del cono.

Comunque, ripresero a combattere.

“Vicecomandante Mardukas” disse con calma Tessa “Le affido il comando del sottomarino. Quando tutto sarà finito, lanci i siluri e distrugga la base del nemico”.

“Colonnello, cosa sta dicendo?”

In quello stesso momento il Tuatha De Danaan venne inghiottito dalla voragine, e l’intera sua struttura cominciò a sobbalzare violentemente.

Mardukas e gli altri si ressero ai loro sedili, per prepararsi alla caduta verso la base della voragine.

Ma stranamente il sottomarino restava sempre in piano.

“Ma che succede?” domandò allibito l’uomo.

“Si… signore…” rispose un esterrefatto operatore “intorno a noi non c’è più acqua, ma… siamo… sospesi a mezz’aria!”

“Che cosa?!”

Al centro dell’immensa voragine si svolgeva la violenta battaglia tra Eva Series e mostri meccanici, e un po’ in disparte, c’era il De Danaan che stava fermo in aria come se fosse un astronave anziché un sottomarino.

Poi quella stessa forza invisibile spostò all’indietro il De Danaan fino a farlo rientrare nell’acqua, posizionandolo ad una certa distanza dalle pareti del vortice.

“Mi raccomando, Mardukas, faccia come le ho detto” si raccomandò Tessa.

E prima che l’uomo potesse chiederle spiegazioni, il colonnello svanì davanti ai suoi occhi.

Anche lo scontro tra Gog, MaGog e il Mazinkaiser continuava, con i tre contendenti che volavano.

“Beccati questo!” gridò Chidori menando un fendente contro Gog, che lo parò con la sua spada di fuoco.

I due nemici si ritrovarono faccia a faccia.

“Non puoi vincere, specialmente adesso!” esclamò il mostro.

“Ma voi cattivi avete sempre un linguaggio cosi stereotipato?” ribatté Kaname.

MaGog le andò addosso, e con la bocca afferrò il petto del MazinKaiser cominciando a stringere.

“Lasciami, cagnaccio pieno di steroidi!” gridò Chidori, che usando i Turbo Smasher Punch, colpì dentro la bocca il mostro costringendolo ad allontanarsi.

“Non va bene, questi due mostri mi stanno facendo perdere troppo tempo. Devo raggiungere la base del nemico”.

Cercò di dirigersi alla massima velocità verso la torre, ma venne intercettata dai due mostri.

“Dovresti ringraziarci se non ti facciamo andare. O faresti una fine orribile per mezzo di nostro padre!” disse Gog.

“Noi almeno ti daremo una morte meno dolorosa” continuò MaGog.

“Non so chi sia questo padre di cui blaterate, ma cominciate davvero a seccarmi! FIRE BLASTER! RUST TORNADO!”

Le due potentissime armi solcarono lo spazio vuoto della voragine cercando di colpire i due mostri, che però velocissimi schivavano le loro raffiche.

Cominciarono a convergere sul MazinKaiser, uno dall’alto, l’altro dal basso.

E si trasformarono in due comete di fuoco, la cui luminosità aumentò al punto da accecare la ragazza.

Le due comete si avvicinarono sempre di più, fino a fondersi tra loro, e quando la luce accecante si esaurì, Chidori fece in tempo a vedere un solo immenso corpo, prima che quest’ultimo le piombasse addosso scagliandola con incredibile violenza verso le pareti d’acqua della voragine.

Al posto di Gog e MaGog, ora c’era un unico essere, dalla forma antropomorfa ma con sei braccia, ciascuna munita di spada fiammeggiante.

E sul ventre, la testa del mostro bestiale.

Che aprì la bocca facendone scaturire delle catene di fuoco, che rapidamente raggiunsero il MazinKaiser avvolgendolo e bloccandolo in aria.

“Ah ah ah ah ah! Sei caduta nella nostra trappola!” dichiarò Gog.

“Ben conoscendo la forza del MazinKaiser, ci siamo apportati delle piccole modifiche. Ora affronterai un mostro dalla doppia forza!” continuò MaGog.

“Mi dispiace, ma il vostro nemico adesso sono io!”

Gog e MaGog si guardarono intorno stupiti: chi aveva parlato?

Davanti a loro apparve un puntino luminoso: una sagoma umana talmente vicina al mostro che si distingueva appena.

Avvicinò una mano al petto del nemico, e subito quest’ultimo fu scagliato indietro da una forza invisibile ed eccezionale.

La stessa forza tranciò le catene che bloccavano il MazinKaiser.

Chidori guardò stupita quello che era successo: “Cos’è quel puntino luminoso?”

Come se l’avesse ascoltata, il puntino scomparve e riapparve davanti a lei.

“Ma tu sei… Tessa!!!”

Davanti al abitacolo del Pilder, col corpo talmente luminoso da sembrare fatto di luce, c’era la sua amica Teletha Testarossa.

I capelli della giovane erano sciolti e fluttuavano nell’aria.

“T… Tessa, sei tu?”

“Si. Ora ascolta, non c’è tempo per le spiegazioni. Mi occuperò io di Gog e MaGog. Tu devi andare subito alla torre nemica, lì ti aspetta un nemico terribilmente potente, che potrai sconfiggere solo con l’aiuto di colui che cerchi”.

“Stai parlando di Sousuke?”

“Si. Ora vai, prima che sia troppo tardi”.

Riprendendosi dallo stupore, Kaname volò verso la torre.

“Non te lo permetteremo!” gridarono Gog e MaGog lanciandosi verso il Mazinga.

Ma Tessa li anticipò materializzandosi davanti a loro.

“Non la fermerete!”

“Tu non fermerai noi!”

E cominciò una nuova fase della battaglia.

Il MazinKaiser raggiunse la sommità della torre, da cui si sprigionava quell’immenso raggio di luce.

E non appena toccò il suolo, il raggio si spense.

Al suo posto, si erigeva un essere gigantesco, avvolto in un mantello nero.

Kaname guardò col naso all’insù quell’essere, alto almeno quattro volte il MazinKaiser.

“Bene, bene. Dunque sei tu l’ultimo rappresentante rimasto di quella stirpe di robot umani che ha ostacolato i miei piani per tutto questo tempo” disse l’enorme figura, la cui voce sembrava un tuono.

“E tu chi diavolo saresti?”

“L’Imperatore delle Tenebre. E tu tra non molto, sarai distrutto, MazinKaiser, l’ultima inezia da superare prima di dominare l’universo!”

“Stai facendo il passo più lungo della gamba! FIRE BLASTER!”

Il raggio rosso colpì in pieno la gigantesca figura, senza sortire effetto.

“E tu questo lo chiami colpo? Lascia che ti mostri come combatte un vero guerriero robotico!”

La figura aprì il mantello, rivelandosi molto simile nell’aspetto al robot che pochi giorni prima aveva salvato Neo-Tokyo 4.

Era però di colore nero, e i lineamenti del suo viso avevano un che di malvagio.

Sul suo corpo inoltre erano presenti luci che disegnavano misteriosi simboli, e un’aura di potentissima energia lo circondava,

E a Chidori parve di riconoscere proprio il misterioso robot dell’altra volta incastonato nel petto dell’Imperatore.

“HAND BEAM!” tuonò l’Imperatore.

Il gigante puntò le mani contro il Mazinga, e dai loro dorsi partirono dei raggi che colpirono il pavimento, provocando un esplosione immensa che scagliò il MazinKaiser per aria, dove venne intercettato da un pugno dell’Imperatore e lanciato a velocità pazzesca di nuovo verso il pavimento.

“Ah ah ah ah ah ah! Divertiamoci, ho voglia di muovermi!”

Lo scontro tra Gog e MaGog nella loro nuova forma e Tessa era violento, ma anche in posizione di stallo.

I rapidissimi colpi sferrati dai gemelli con tutte e sei le braccia si infrangevano inefficaci contro una barriera telecinetica eretta da Tessa.

Ma i colpi della telecinesi di Tessa non riuscivano a danneggiare il nemico, solo ad allontanarlo momentaneamente.

E non possedendo i gemelli delle vere menti organiche, anche la telepatia era inutile.

“Nonostante tu sia cosi piccola, il tuo potere è notevole. Mi riesce difficile credere che tal potenza sia nata spontaneamente dall’umanità!” disse Gog.

“Chi sei veramente?” chiese MaGog.

“Mi sorprende che non mi riconosciate” rispose semplicemente Tessa.

“Un momento… ma certo! Sei tu!Hai cambiato aspetto, ma sei tu!” esclamarono i gemelli, dal cui corpo si sprigionò una fiamma che cominciò ad occupare quasi tutto lo spazio della voragine, come se fosse un piccolo sole.

Il suo calore era tale che diversi mostri meccanici ed Eva Series, ancora impegnati a combattere, iniziarono lentamente a sciogliersi.

“Mmm, lo senti principino? L’atmosfera si sta scaldando, in tutti i sensi” disse Gauron che con un piede bloccava Sousuke a terra.

La torre spesso vibrava violentemente.

“Questo dev’essere il grande capo che sta sbatacchiando quel giocattolino del MazinKaiser”.

Sousuke restava in silenzio.

“Be? Il gatto ti ha mangiato la lingua?”

Stando ai suoi sensi, sembrava che il ragazzo fosse svenuto.

Ma lui non l’aveva colpito cosi forte.

Gauron si abbassò per controllare.

E allora Sousuke con un braccio colpì Gauron dietro il ginocchio, quanto bastava perché lo piegasse permettendo al ragazzo di girarsi e dargli un doppio calcio in mezzo alla gambe.

Con un balzo Sousuke si allontanò.

“No. Stavo solo aspettando che abbassassi la guardia. Dicesti che eri un segugio, e i segugi sentono la loro preda. Ma non hai pensato che potessi controllare le mie pulsazioni” spiegò allora il ragazzo.

“Ammetto di essermi lasciato giocare come un pivellino. Ma hai forse dimenticato che giusto ieri ti ho dato una bella lezione? Posso farlo ancora, e non credo che il grande capo si arrabbierà se stavolta ti uccido”.

Tessa si trovava completamente avvolta in quella sfera di fuoco, il suo scudo a forma di bolla la proteggeva dalle fiamme e da buona parte del calore, ma anche cosi quest’ultimo era semplicemente insopportabile, e si sentiva svenire.

Una mano mostruoso eruppe dal fuoco, e afferrò la ragazza, ancora protetta dallo scudo.

“Non resisterai ancora a lungo. Abbiamo vinto noi!”

I due gemelli esercitarono una forte pressione sulla bolla, che anche a causa della debolezza di Tessa, cominciò a indebolirsi sempre di più.

E alla fine cedette, permettendo cosi a Gog e MaGog di afferrare la giovane.

Gauron combatteva contro Sousuke, che schivava agilmente i suoi colpi saltandogli attorno.

“Saltare come un grillo non ti ha salvato prima e non lo farà neanche adesso!” esclamò Gauron, i cui colpi andati a vuoto erano cosi forti da sfondare il pavimento quando lo toccavano.

La torre vibrò nuovamente, Sousuke sembrò distrarsi a causa di questo, e Gauron riuscì a colpirlo ad un fianco lanciandolo contro una delle ampie finestre.

Trionfante il mostro si avvicinò al ragazzo per finirlo.

Sousuke barcollando si rimise in piedi.

“E ora, con un ultimo colpo, ti sfondo quel bel visino!”

Gauron sferrò un ultimo pugno, Sousuke si girò, afferrò il braccio del nemico e sfruttando lo stesso slancio del nemico, lo lanciò verso la finestra dietro di loro.

L’uomo sfondò la finestra e urlando precipitò nel vuoto.

“Non ho avuto modo di dirti che le proiezioni sono una delle mie specialità. E adesso…”

I pensieri di Sousuke furono interrotti da un frastuono proveniente dall’alto: un grosso corpo sfondò il soffitto e precipitò nella sala, schiantandosi fragorosamente davanti a lui.

Lo spostamento d’aria fu tale da sbalzare il ragazzo verso la finestra sfondata da Gauron, e solo all’ultimo momento Sousuke riuscì ad afferrare un bordo evitando cosi di precipitare.

Prontamente rientrò, e vide che il MazinKaiser, con affianco la sua spada, giaceva sconfitto e malconcio davanti a lui.

Intravedeva anche l’abitacolo del pilota, che giaceva svenuto contro il vetro.

Prontamente Sousuke tentò di soccorrerlo, facendo leva sul vetro riuscì ad aprirlo in parte, grazie alla sua forza e al fatto che nel combattimento l’abitacolo si era in parte schiuso.

Il pilota gli cadde tra le braccia.

“Ehi, stai bene”.

Poi vide che c’era qualcosa di familiare in quel pilota, che era una ragazza.

Le tolse delicatamente il casco e si ritrovò di fronte Chidori.

“Chi… Chidori!”

In quel momento planò nella sala anche l’Imperatore delle Tenebre.

“Che delusione, questo MazinKaiser. E’ durato pochissimo, i suoi colpi non li sentivo neppure. E per non far finire subito il divertimento non ho usato neppure una delle mie armi. Un simile perdente non merita di esistere”.

Sousuke stringeva a se Kaname, poi guardò furente l’Imperatore.

“Non mi importa chi sei! La pagherai cara per quello che hai fatto!”

“In un'altra vita, forse” replicò divertito l’Imperatore alzando un piede per schiacciarli.

Poi si fermò, e volse lo sguardo altrove.

“Non hai niente da dire?” domandò ghignando Gog a Tessa, che sembrava svenuta stretta in quella orribile mano.

“E allora muori. Saresti già dovuta morire due secoli fa” continuò MaGog.

“Signori” disse ad un tratto Tessa “vi prego di non deconcentrarmi!”

“Che cosa?!” esclamarono insieme.

E allora strane crepe si aprirono prima sulla mano, e poi si diffusero a velocità crescente in tutto il corpo del mostro.

“Ma cosa… cosa hai fatto?!”

“Sto agendo sui legami molecolari del vostro corpo. E’ come staccare tanti fili. E richiede molta concentrazione!”

Il corpo di Gog e MaGog iniziò a sbriciolarsi.

“Arghhhh! Via da noi!!!!” urlarono i due gemelli cercando disperatemene di allontanarsi da Tessa.

“Tornate all’inferno che vi ha generati!” gridò Tessa, che lanciò un ultima, potentissima raffica telecinetica alle spalle dei due gemelli.

E polverizzò il loro sempre più fragile corpo.

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Capitolo 10
*** 9° Capitolo ***


9° CAPITOLO

“I MIEI FIGLI! QUALCUNO HA UCCISO I MIEI FIGLI!” gridò furente l’Imperatore.

“Gog! MaGog! Giuro che vi vendicherò!”

Il gigante fissò Sousuke e Kaname: “Prima ucciderò voi due, poi troverò il responsabile della morte dei miei figli!”

“Non serve che mi vieni a cercare! Sono qui!”

Tessa si materializzò davanti ai due ragazzi, e asciugandosi un po’ di sangue che le colava dal naso, fissò duramente l’Imperatore.

Quest’ultimo torreggiava sul MazinKaiser abbattuto e sui tre ragazzi.

“Per aver ucciso i miei figli, ti spazzerò via dal creato!” esclamò l’Imperatore.

“Non farai niente del genere” rispose Tessa, che alzò la mano contro l’Imperatore, e in quello stesso istante il corpo del nemico fu avvolto da un aura di energia color oro.

“Arghh! Mi hai bloccato! Ma pensi di potermi bloccare a lungo?”

L’Imperatore cominciò a utilizzare la sua energia contro chi lo bloccava: il suo corpo emanava raffiche di energia rossa che elettrizzarono l’atmosfera diventando quasi accecanti e facendo tremare tutta la torre da cima a fondo.

Il corpo di Tessa divenne incredibilmente teso, e una terribile espressione di sofferenza e di fatica apparve sul suo viso.

“Non…. Non lo tratterrò… a lungo. Lei…. me… l’aveva detto che questa sarebbe stata la parte più difficile… ascoltami… principe di Fleed…”

“Come sai chi sono? Chi sei?” domandò Sousuke reggendo ancora Chidori.

“Non c’è tempo per le spiegazioni. Ascoltami: mentre tengo bloccato l’Imperatore, devi raggiungere Goldrake sul suo petto e staccarlo da lui. Solo cosi tu e il MazinKaiser… potrete abbatterlo…”

“E come posso raggiungerlo?”

“Sveglia Chidori, sarà il MazinKaiser ha portarti lassù. Presto! La potenza di… Ryger è incredibile…. Potrebbe distruggere l’intero pianeta, e non lo tratterrò a lungo…”.

Il sangue cominciò ad uscire copioso dal naso di Tessa.

Sousuke allora cercò di far riprendere Kaname.

“Chidori,,, svegliati, ti prego!”

Lentamente, con un mugugno, la ragazza aprì gli occhi.

“Cosa… dove…”

“Chidori, sono io”.

“Tu… SAGARA!”

E la ragazza lo abbracciò.

“Temevo che fossi morto” disse felice.

“Anche io temevo per te. Ma non c’è tempo adesso, devi darmi una mano” rispose Sousuke.

Chidori allora si accorse di Tessa che sempre più sofferente, teneva bloccato il gigantesco Imperatore.

“Ma che succede qui?!”

“Chidori, devi aiutarmi. Sali sul tuo robot e aiutami a raggiungere Grendizer. E’ il mio robot, bloccato sul petto del nemico!”

“Grendizer? Il tuo robot? Ma cosa…”

Kaname guardò il robot inserito nel petto dell’Imperatore.

E Sousuke diceva che era il suo robot.

E allora finalmente capì tutto, collegando tra loro quel Grendizer, le stranezze di Sousuke e il suo rapimento ad opera dell’Impero di Micene.

“Tu…. Tu sei un…”

“Si. E mi scuso se te l’ho nascosto. Ma risponderò ad ogni tua domanda dopo che avremo sconfitto l’Imperatore. Ti prego”.

Passato l’iniziale momento di smarrimento, Kaname riacquistò la sicurezza di sempre: “Certo! Andiamo!”

Risalì sul Pilder, il MazinKaiser si riattivò, afferrò la sua spada e con Sousuke in una mano si alzò in volo verso Goldrake.

Le raffiche energetiche colpivano il Mazinga scuotendolo duramente, e per proteggere Sousuke la ragazza chiuse la mano a pugno con la maggiore attenzione possibile, tentando anche di parare con la spada tutte quelle scariche.

Finalmente giunsero sopra Goldrake.

“CHIDORI!” gridò Sousuke “Poggiami sopra la sua testa”.

Kaname obbedì, e l’Imperatore non sembrava gradire quegli intrusi.

“Non lo toccherai!”

Le raffiche energetiche aumentarono al punto da sbilanciare il MazinKaiser che iniziò a precipitare.

Ma Sousuke riuscì a saltare dalla mano del Mazinga nel momento in cui era più vicina a Goldrake, e mentre cadeva in mezzo alle scariche energetiche che avrebbero potuto polverizzarlo all’istante, urlò un comando in una lingua aliena, sulla fronte di Goldrake si aprì un pannello e lui vi si infilò dentro.

“Bene!” esclamò Kaname mettendosi a distanza di sicurezza.

“Adesso… tutto dipende da lui…” pensò Tessa, il cui sforzo era sempre più evidente.

Il sangue iniziò a colarle anche dalle orecchie.

Sousuke si sedette al posto di comando dopo essersi arrampicato, perché Goldrake era bloccato in verticale.

Ma tutti i comandi erano bloccati, e li premeva invano.

“Devo liberare Grendizer! Ma come?”

“Raggiungi il suo reattore principale”

“Eh? Chi sei?” domandò confuso Sousuke sentendo quella voce nella sua testa.

Non si trattava di Tessa.

“Devi raggiungere il reattore principale di Goldrake. E staccare il contatto con Ryger”.

Pur non sapendo chi fosse, Sousuke si rese conto di non avere altra scelta.

Quindi si recò dietro l’abitacolo, ed aprì un piccolo condotto orizzontale.

Ci entrò e lo percorse per raggiungere il cuore di Grendizer, il suo reattore principale.

Arrivò finalmente a destinazione: davanti a lui il reattore, sottile e di forma cilindrica.

Saltò dal tunnel sopra il suo obbiettivo.

E capì subito che c’era qualcosa di troppo: un cavo verde che spuntava dal pavimento finendo nel reattore.

“Quel cavo convoglia l’energia di Grendizer in Ryger, per questo non funziona nulla. Devo strapparlo”.

Provò a toccarlo, ma una forte scossa lo respinse.

E in quel momento tutto si rimise in orizzontale.

L’Imperatore si era piegato in avanti, la sua capacità di muoversi aumentava sempre di più

“Ah, donna, la tua energia diventa sempre più debole! Tempo un minuto è la tua vita finirà!”

Tessa continuava a resistere, il sangue continuava ad uscire abbondante da orecchie e naso.

Kaname osservava dall’alto, del tutto impotente.

Purtroppo le sue armi non funzionavano contro l’Imperatore, e l’energia che lo circondava le rendeva impossibile avvicinarsi adesso.

Sousuke cercava un modo per staccare quel cavo.

Sapeva che Tessa non poteva resistere ancora a lungo.

Allora scardinò un pannello dalle pareti, piegandolo lo avvolse intorno al suo braccio, si fece coraggio e afferrò il cavo.

Il dolore era lancinante, la mano sembrava sul punto di bruciare, ma Sousuke non si arrese, ignorando il dolore e pensando a Chidori.

E tanto tirò che anche se il suo braccio sembrò sul punto di prendere fuoco, riuscì a strappare quel cavo maledetto.

“Aaaahhh! Si! Libero finalmente!” esclamò esultante l’Imperatore, distruggendo il campo telecinetico con cui Tessa l’aveva tenuto bloccato.

La ragazza stramazzò al suolo, priva di sensi, più morta che viva, e la luce che circondava il suo corpo era scomparsa, rivelando una tuta attillata bianca come la neve

“Tessa!” gridò Kaname mettendosi tra lei e Ryger per proteggerla.

“I vostri sforzi sono stati inutili. Ora morite!” disse l’Imperatore, quando si accorse che qualcosa non andava.

“No! Il contatto con la fonte energetica di Grendizer è stato interrotto! Ma finché resterà nel mio corpo attivando i miei sistemi nascosti, non verrò mai sconfitto!”

E come se lo avesse ascoltato, Grendizer iniziò a muoversi per staccarsi dal corpo dell’Imperatore.

Sousuke aveva messo i motori del disco al massimo.

Il metallo alieno gemeva nel tentativo di liberarsi.

“Non lo permetterò!” gridò l’Imperatore poggiando la mano su Goldrake per tenerlo fermo.

“Ci penso io!” esclamò Kaname decollando verso il nemico.

Il MazinKaiser afferrò da sotto la mano dell’Imperatore, e usando tutta la sua forza unita alla potenza del Kaiser Scrander tentò di spostarla.

“Togliti di mezzo, insetto!” sbraitò Ryger, che con la mano libera colpì il Mazinga allontanandolo.

Ma nel frattempo Kaname era riuscita in quei pochi secondi a sollevare la mano quanto bastava perché Sousuke potesse fare il resto: Goldrake si liberò e volò via.

“NOOOOOOOO!” urlò l’Imperatore.

Le misteriose luci sul suo corpo si spensero, e l’aura di potenza che lo circondava diminuì.

Goldrake si lanciò verso l’alto, uscendo dallo squarcio nel soffitto, e subito dopo venne affiancato dal MazinKaiser.

“Maledetti! Ridatemi ciò che è mio!Ho ancora potere sufficiente per distruggervi” gridò l’Imperatore inseguendoli.

“Solo se ci affronta singolarmente. Ma ora combatteremo insieme. Sei pronta Chidori?”

“Come non mai!” rispose risoluta la ragazza.

I due robot allora fecero un inversione e si lanciarono contro l’enorme nemico.

****

Ryger puntò le braccia in avanti, gridò furioso: “SCREW CRASHER PUNCH!” e dagli avambracci delle lame si posizionarono intorno ai pugni che partirono come dei missili contro i due robot.

Sousuke e Kaname li schivarono agilmente e puntarono il primo alla testa dell’Imperatore, la seconda al suo ventre.

Dalle corna di Goldrake partì lo Space Thunder, mentre il MazinKaiser usò il Fire Blaster unito al Giant Missile.

Ma i colpi non sortirono effetto, e per poco i due non vennero travolti dai pugni di Ryger che tornavano al mittente.

Sousuke si sintonizzò con la radio del Pilder: “Chidori, le nostre armi non funzionano. Dobbiamo studiare un piano d’attacco!”

“Sono d’accordo. Potremmo passare l’eternità a girargli intorno senza ottenere risultati. E mi è venuta un’idea. In successione, colpiamolo in due punti diversi. Dove era inserito Goldrake e alla testa!” propose la ragazza.

“Va bene, andiamo!”

Il disco volante girò intorno alla testa di Ryger, Goldrake ne uscì e atterrò sulla testa del suo gemello, brandendo la sua alabarda spaziale.

Cominciò a colpirlo agli occhi.

“Non posso distruggerti ma posso comunque afferrarti!” tuonò l’Imperatore.

Ma alzando le mani per afferrare Goldrake, lasciò scoperto il petto, e Kaname gli si avvicinò.

“FIRE BLASTER!” e lanciò una raffica alla massima potenza in quel punto dove erano ancora visibili delicati congegni interni.

“Vattene da lì moscerino!” esclamò l’Imperatore cercando di colpire il Mazinga con una mano.

Sousuke fece intervenire il disco di Grendizer, ordinandogli di usare i Melt Shower, dei raggi che scaturivano dalla parte superiore del mezzo, contro gli occhi di Ryger.

Lo stesso Sousuke un secondo dopo usò lo Space Thunder contro l’alabarda, caricandola d’energia e colpì uno degli occhi dell’Imperatore, distruggendolo.

Ryger urlò per il dolore, mancò il MazinKaiser, che estrasse la Kaiser Blade e prendendo la massima accelerazione la conficcò nell’occhio rimasto.

L’Imperatore ruggì, mettendosi le mani sul viso, mentre Goldrake ritornò sul suo disco e si diresse verso il punto da colpire.

“Ora è cieco! Avanti Chidori!”

Goldrake arrivò davanti all’apertura dove era stato inserito, e usò il suo tuono spaziale.

Chidori invece usò i Koushiryoku Beam per recidere le punte delle corna di Ryger.

L’Imperatore invano tentava di allontanare i due robot, ogni volta che cercava di colpire uno dei due, veniva attaccato dall’altro.

“Ah ah ah, come vedi essere molto grandi non è sempre un vantaggio!Ed essendo cieco non puoi usare le armi di cui ti vantavi tanto!” esclamò Kaname.

“In questo modo ci metteremo troppo per sconfiggerlo. Proviamo a distruggerlo dall’interno!” propose Sousuke.

MazinKaiser e Goldrake allora puntarono contro l’apertura nel petto, indebolita dagli attacchi precedenti.

Kaname lanciò un missile e una raffica di raggi ottici sulla fronte di Ryger, per costringerlo a spostare le mani sulla testa.

Un secondo dopo usò il Fire Blaster contro l’apertura, e venne coadiuvata dagli Spin Drill, missili muniti di perforatrici lanciati dalle ali del disco di Goldrake, per aprire un vero e proprio squarcio.

E uno dopo l’altro vi si infilarono.

Usando tutte le loro armi, cominciarono a distruggere tutto ciò che incontravano dentro il corpo dell’Imperatore, che si contorceva come in preda a fortissimi dolori, e iniziò a precipitare verso la sua torre, schiantandosi sulla sua sommità.

Il rombo attutito di piccole esplosioni proveniva da dentro il suo corpo.

“Dannati! Dannati! Io, l’Imperatore delle Tenebre non sarò sconfitto cosi facilmente!”

Il mostro conficcò in profondità una mano nel suo ventre, poi con un grido misto di rabbia e dolore, si strappò quella parte del suo corpo lanciandola per aria.

Dietro il grosso pezzo che una volta era stato il ventre di Ryger, c’erano Goldrake e il MazinKaiser.

“Caspita! Si è squartato da solo pur di cacciarci!” esclamò Kaname.

“Oh no!” gridò Sousuke “Siccome è lui che ci ha lanciato in questa direzione, sa dove siamo!”

“Vi ho preso!” gridò l’Imperatore “e ora… HANJUURYOKU STORM!”.

Dal petto del nemico partì un intenso raggio multicolore.

La portata del raggio era tale che investì i due robot, bloccandoli a mezz’aria.

I loro corpi iniziarono a vibrare violentemente.

“Arghh, il raggio antigravità, ma è molto più potente del mio!” gridò Sousuke, che si sentiva schiacciato contro il sedile da una forza invisibile.

“Che facciamo?” domandò Kaname bloccata dalla stessa forza.

“Ho… ho un’idea. Cerca… di… afferrare… il mio disco…”

Crepe cominciarono a formarsi su entrambi i robot.

Lentamente e faticosamente, Chidori riuscì a muovere un braccio del Mazinga quanto bastava per aggrapparsi ad un ala di Goldrake.

“Bene… e ora… VELOCITA’ SUBFOTONICA!”

I motori del disco ricevettero un notevole supplemento di energia da Goldrake, si illuminarono intensamente e improvvisamente i due robot sembrarono scomparire.

“Cosa?! Dove sono?!” si chiese Ryger quando si accorse che erano fuori dalla portata del suo raggio.

Goldrake e il MazinKaiser riapparvero ad una certa distanza dal raggio antigravità di Ryger.

“Uff, c’è mancato poco” disse Chidori tirando un sospiro di sollievo “Ma come hai fatto?”

“La velocità subfotonica, molto prossima alla velocità della luce. L’hanno installata sul disco per rendere più veloci i viaggi nello spazio “spiegò Sousuke.

Che poi guardò Ryger: stava ritornando dentro la sua torre, che lentamente riscendeva nel mare.

“Ryger ha optato per una ritirata strategia. Ma certo! Ha intenzione di fare come ha già fatto in passato: nascondersi per rigenerarsi, in attesa di tempi più propizi!”

“Dobbiamo fermarlo adesso allora. E inoltre in quella torre c’è ancora Tessa! Non possiamo abbandonarla!”

“Ma temo che non abbiamo a disposizione un’arma che ci assicuri la totale distruzione di quel mostro”.

Kaname iniziò a rimuginare.

“Forse una soluzione c’è”.

“E sarebbe?”

“Il Dynamite Tackle, l’arma più potente del MazinKaiser. Non ho avuto modo di usarla, finora, ma so come si attiva”.

“Può funzionare?”

“Da sola, no. Ma se magari unissimo alla sua potenza la velocità subfotonica e l’energia del tuo disco…”

“Va bene. Muoviamoci”.

Kaname spiegò velocemente come funzionava il Dynamite Tackle.

Il MazinKaiser si agganciò saldamente con le braccia sotto il disco.

Chidori aprì lo scomparto sotto la cloche che conteneva il pulsante di attivazione di quell’arma.

“Chidori” le disse un attimo prima di partire Sousuke “Se non dovessimo farcela, sappi che ti…”

“No!” obbiettò decisa lei “Niente discorsi d’addio. Ce la faremo! Punto e basta!”

Sousuke sorrise: “Hai ragione. Andiamo!”

La torre stava sempre più scendendo nel vortice, che aveva lentamente cominciato a richiudersi.

Ryger era furente: prima era un dio, ora invece era costretto a battere nuovamente in ritirata.

Ma i millenni gli avevano insegnato che la pazienza era una virtù.

Avrebbe elaborato un altro piano, avrebbe conquistato la Terra e poi avrebbe trovato un modo per conquistare anche le stelle.

Poteva farcela anche senza Grendizer.

Perché le sue ferite si stavano già rigenerando, i suoi occhi avevano ripreso a funzionare, e aveva visto, svenuta nella sua sala del trono, la ragazza che poco prima era riuscita a trattenere tutta la sua furia.

“Possiedi un talento notevole, mia cara. E io lo piegherò ai miei scopi”.

Poi avvertì qualcosa, in alto nel cielo: un puntino rosso che si stava avvicinando sempre di più.

Sembrava una cometa.

“No! Ancora loro!”

Il MazinKaiser, aggrappato a Goldrake e con una gamba tesa in avanti, puntava dritto verso la torre dell’Imperatore.

Che rabbioso uscì dalla costruzione e lanciò il suo tuono contro la cometa.

“Ci siamo! Vai!” urlò Kaname.

“VELOCITA’ SUBFOTONICA!” gridò Sousuke, che nello stesso istante convogliò l’energia di Goldrake nelle corna, in modo da indirizzarla verso la gamba del Mazinga, potenziandola.

La cometa aumentò bruscamente velocità, e divenne cosi incandescente da diventare bianca.

Ryger usò lo stesso colpo di prima, che stavolta non sortì alcun effetto.

“Rarhhhh! Va bene allora, giochiamoci il tutto per tutto! DOUBLE HARKEN!” ringhiò l’Imperatore estraendo la sua alabarda e caricandola con la sua energia.

Saltò fuori dalla torre andando incontro alla cometa, sferrando un colpo dall’alto con l’alabarda.

E non appena entrò in contatto con la cometa, l’arma si fuse.

Neanche un secondo dopo, la cometa fendette come niente le braccia di Ryger, entrò nel petto e uscendo polverizzò l’intera schiena del nemico, finendo poi nel mare, dove sollevò un altissima colonna di acqua e vapore.

L’Imperatore rimase fermo a mezz’aria.

Poi si creò una crepa luminosa sul suo corpo.

E un’altra.

E un'altra ancora.

“Come.. come è possibile… io… io sono RYGEEEEEEEEEERRRRRRRRR!!!!!!”

Il corpo dell’Imperatore esplose, un esplosione immensa, che scosse la torre danneggiandola e facendola sbandare, e travolse i pochi Eva Series e mostri meccanici che ancora combattevano.

Le fiamme dell’esplosione sembrarono anche animarsi, urlando tutta la loro rabbia.

Poi si esaurirono.

E dell’Imperatore delle Tenebre non rimase più nulla.

Il vortice si stava chiudendo sempre più rapidamente sulla torre, che affondava leggermente inclinata.

Tessa era ancora nella sala, per fortuna risparmiata da fiamme e detriti, e si stava lentamente riprendendo, sebbene la sua testa fosse un blocco unico di dolore.

“Ahh, cosa è successo… ah si, r.. ricordo… la battaglia…”

“Guarda guarda che dolce pulzella abbiamo qui!”

Quella voce dietro di lei la fece sobbalzare, si voltò e strabuzzando gli occhi, vide un uomo che non aveva mai incontrato ma conosceva comunque.

“G… Gauron!”

“Esattamente. Quello stupido principino alieno pensava che farmi precipitare da quella finestra mi avrebbe ucciso, anche se ammetto che è stato molto difficile riuscire ad arrampicarsi fin qui. Comunque sono stato allietato da un bello spettacolo là fuori. Ora tutto è distrutto, questa torre sta affondando, forse neppure io me la caverò. Ma se devo morire, voglio provare per l’ultima volta la gioia del sangue! E tu sembri messa qui apposta per accontentarmi!”

Gauron si avvicinò minacciosamente e sogghignando a Tessa, che tentò di alzarsi, ma le gambe non la reggevano e la testa le girava troppo.

“Non puoi scappare. Bye bye!”

Le mani dell’uomo si allungarono fino a diventare delle spade.

Fece per calarle sulla testa di Tessa, quando qualcosa eruppe da una parete: il MazinKaiser!

“Non ti azzardare a toccarla!” esclamò Kaname, che prese Tessa e volò via da quel posto.

Qualche secondo dopo, l’acqua penetrò massiccia nella sala, riempiendola rapidamente.

Gauron si tenne aggrappato ad una parete finché la corrente non cessò.

Tutto era immerso nell’acqua e nell’oscurità, ma Gauron volendo poteva anche fare a meno di respirare.

“Mmm, forse la fortuna mi arride ancora”.

Poi attraverso una vetrata notò qualcosa nel buio che si avvicinava.

A causa della profondità, nessuna persona sarebbe riuscita a vedere qualcosa, ma i sensi potenziati di Gauron si erano adattati rapidamente al buio.

Gli oggetti in avvicinamento sembravano, anzi, erano due grossi missili, o meglio siluri che si dirigevano verso la torre.

Essendo un esperto di armi, Gauron li riconobbe dalle dimensioni e dalla forma.

Siluri N2.

“Uh oh” pensò alquanto seccato l'uomo.

Poi i siluri colpirono la torre polverizzandola.

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Capitolo 11
*** 10° Capitolo ***


10° CAPITOLO

Goldrake stava nascosto dietro una collina, in attesa del decollo.

Sulla collina invece c’erano Tessa e Kaname, che parlavano tra loro, e in disparte c’era Sousuke che contemplava il cielo.

“Uff, non la finivano più di farmi domande. Io non sapevo cosa rispondere, e ho dato tutta la colpa a te, Tessa, come mi avevi detto” diceva Chidori.

Era trascorsa una settimana dallo scontro contro Ryger, una settimana piena per Chidori, interrogata in continuazione dagli uomini della Mithril per scoprire che fine avesse fatto il MazinKaiser.

“Era l’unico modo per farti uscire pulita, Kaname, nonché la verità. Hai fatto atterrare il MazinKaiser dove ti avevo detto e ho provveduto a farlo sparire. E non dovrai mai sapere dov’è, per la tua sicurezza. Anche io sparirò dalla circolazione.

Tanto, considerando quello che ho fatto durante la battaglia, non avranno problemi a crederti. E per fortuna Mardukas ha continuato a seguire i miei ordini, distruggendo la base nemica” rispose Tessa.

“Ma era proprio necessario far sparire il MazinKaiser?”

“Questa era la sua volontà”.

“La… sua volontà?”

“Si. Non chiedermi troppe spiegazioni, ma il MazinKaiser può apparire solo quando l’umanità è in pericolo. Perciò devi essere contenta che è scomparso, vuol dire che nessuna grande minaccia incombe più sugli uomini”.

Kaname non sembrava molto convinta: “Tu mi dici di non chiedere spiegazioni, ma io ho tante, troppe domande. Mettiamo pure da parte il MazinKaiser, ma tu chi sei veramente? Come facevi a fare quelle cose durante la battaglia? Non sei semplicemente un genio precoce, vero? Mi viene anzi il dubbio che tu hai orchestrato tutto, non è cosi? Sousuke ha detto di essere venuto sulla Terra seguendo un misterioso impulso, io sono salita sul MazinKaiser seguendo un impulso simile. Eri tu! E scommetto che anche per l’organizzazione e l’approvazione di quel tuo piano azzardato, tu hai spinto gli ufficiali a darti l’ok!”.

“Ebbene si” rispose Tessa con un certo dispiacere “Io sono una telepate oltre che una telecineta. Anche se non ho fatto tutto da sola, ho avuto l’aiuto di una cara amica”.

“Quale amica?”

“Se te lo dicessi, non mi crederesti”.

“Sei davvero brava a nascondere le cose. Tu e questa tua amica ci avete strumentalizzato!” replicò aspra Kaname.

“Mi dispiace, davvero. Credimi, non mi piace affatto manipolare i pensieri delle persone, e ho cercato di farlo il meno possibile. Ma era necessario. Con la mia amica abbiamo organizzato una sorta di trappola, per distruggere definitivamente Ryger, altrimenti sarebbe stato per sempre una spada di Damocle sull’umanità”.

Kaname le diede le spalle.

E fece un’ultima domanda: “Hai manipolato i pensieri miei e di Sousuke?”

“No! Mai! La scelta è sempre stata vostra, Sousuke avrebbe potuto tranquillamente ritornarsene subito sul suo pianeta, e tu avresti potuto senza problemi abbandonare il MazinKaiser. Le vostre azioni sono sempre state vostre”.

Kaname mormorò qualcosa continuando a dare le spalle a Tessa.

Che allora indietreggiò, e fece un leggero inchino per poi allontanarsi.

Kaname la guardò allontanarsi, con irritazione e anche una punta di dispiacere.

Poi andò da Sousuke. Kaname

“Sei stata un po’ dura” fece lui.

“Lo so. Ma questa faccenda la risolveremo poi. Allora, davvero partirai?”

“Si, sono venuto sulla Terra seguendo quell’impulso, e non posso sparire senza lasciare traccia. Ti prometto comunque che starò via poco.

Devi mostrarmi tante cose di questo mondo”.

“Anche tu devi dirmi tante cose del tuo mondo”.

Sousuke le prese una mano tra le sue.

“Mi dispiace di non averti detto la verità”.

“Non hai bisogno di scusarti per questo, non puoi certo andartene in giro a dire a tutti ‘Ehi, sono un alieno’. E poi neppure io ti ho parlato del MazinKaiser”.

Calò un breve silenzio.

Poi Sousuke le baciò la mano: “Meglio che vada, o penso che non partirò più”.

“Mi raccomando, non si fa aspettare una signorina” le rispose la ragazza ammiccando con lo sguardo.

“Contaci, Kaname”.

“E’ la prima volta che mi chiami per nome”.

“Scusa, non dovevo?”

“No, va benissimo, Sousuke”.

Il ragazzo sorrise: “Capisco perfettamente perché il mio bisnonno amava cosi tanto questo pianeta”.

E si avviò verso Goldrake.

Tessa li guardava da lontano, con un mesto sorriso.

“Non devi essere triste”.

“Lo so, ma sentirsi criticare in quel modo da un amica non è piacevole. Soprattutto quando sai che in fondo ha ragione”.

“A nessuno piace sapere di essere stato usato, ma le passerà. Sa bene che le tue intenzioni erano buone. E ha visto che non ti sei limitata a fare la burattinaia, ma hai rischiato la tua stessa vita nella battaglia. Kaname inoltre racchiude davvero le caratteristiche migliori dei suoi due antenati, gli amici più cari che abbia mai avuto insieme a te”.

Tessa, anche se non li aveva mai conosciuti direttamente, ricordava quei due antenati, in particolare il coraggio e il decisionismo di lei, e la gentilezza di lui. “Be, credo che posso fidarmi ancora di qualcuno che come te ha trasceso i confini del tempo e dello spazio, vero?”

“Io penso di si”.

“E allora è finita. Ma per quanto lo sarà?”

“L’esistenza dell’umanità non sarà mai priva di pericoli e tensioni, ma la speranza esiste ancora ed esisterà sempre. E quei due lo dimostrano”.

“Capisco. Allora, mi chiedo cosa posso fare la sera, ora che non ho niente da fare”.

“Troverai un modo, come sempre. Arrivederci, Nadia”.

Tessa sorridendo si allontanò dalla figura evanescente che aveva a fianco: una ragazza di quattordici, quindici anni, con i capelli azzurrini e gli occhi rossi, che indossava una divisa scolastica.

La figura scomparve, e nello stesso istante, Goldrake si alzò da dietro la collina e decollò verso lo spazio aperto sotto lo sguardo dolce e sereno di Kaname.

FINE

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