Quel sentimento chiamato amore che pugnala alle spalle di ma89vi (/viewuser.php?uid=135479)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: il rimorso di una partenza improvvisa. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Un incontro inaspettato - parte prima. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: Un incontro inaspettato – parte seconda. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: Un incontro inaspettato – parte terza. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: Cresci ragazzina! ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6: Un gesto non previsto. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7: Domande a cui non posso rispondere. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8: Pensando a te. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9: Per un attimo, solo noi. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10: Non potrò mai dimenticarti. ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11: Voglio che tu sia mia... ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12: confessioni. ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13: tra finzione e realtà. ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14: Le verità nascoste. ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15: Sentimenti contrastanti. ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16: Diciamo tutto a Seiya! ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17: l'inizio. ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18: La tempesta. ***
Capitolo 1 *** Prologo. ***
Quel
sentimento chiamato amore che pugnala alle spalle
Prologo
Mi
tornano quasi sempre come flashback i momenti vissuti con colei che
credevo
fosse una ragazza onesta e gentile e che invece si è
rivelata il più grande
sbaglio della mia vita.
L’ho,
come dire, molto sopravvalutata. Mi si era presentata così
diversa dalle altre
e invece alla prima crisi mi ha tradito. Non con un estraneo,
bensì con il mio
migliore amico.
Amico
mio, perché mi hai pugnalato alle spalle? Io te
l’avevo affidata. Volevo solo
che la controllassi per un po’, visto il mio lungo soggiorno
in America per
lavoro. Stavo incidendo un cd dedicato interamente a lei. Ormai nemmeno
quella
musica ha più senso.
Tu
me l’hai portata via, approfittando di una mia debolezza.
Amore
mio perché mi hai fatto tutto questo? Mi hai preso in giro e
umiliato
raccontandomi bugie di continuo. Io ti amavo davvero. Ti amo ancora
davvero. Perché
Usagi mi hai raccontato stupidaggini in tutti questi mesi?
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Capitolo 2 *** Capitolo 1: il rimorso di una partenza improvvisa. ***
Capitolo 1: il
rimorso di una partenza improvvisa.
Un
anno prima.
Beep,
beep!
Un telefono
cellulare squillò nella profondità della notte.
“Chi
cavolo è che
chiama a quest’ora?”, disse Usagi, una ragazza dai
buffi codini biondi, mentre
cercava l’apparecchio nel buio della sua stanza. Solo il
leggero bagliore della
luna piena la illuminava.
“Pronto?”
“Pronto
amore! Sono io... Seiya!”
“Seiya?”
La giovane aveva
la voce impastata dal sonno e stava
accennando un leggero sbadiglio.
“Seiya
sei impazzito? Sono le 4 del mattino! Cosa vuoi? Altro
che amore!”, gli urlò contro, scocciata.
“Scusami
Usa-chan, ma è troppo importante ciò che sto per
dirti! Non potevo aspettare domani!”
“Dai,
dimmi questa cosa così importante da avermi fatto
svegliare nel cuore della notte!”
“Usa,
mi hanno preso! Inciderò un disco con
un’importante
casa discografica inglese, la Moonlight!
Ricordi che io e i miei fratelli avevamo partecipato al concorso per
nuovi
talenti indetto da loro? Beh, abbiamo vinto!”
A quelle parole,
la ragazza sbiancò. Non se lo aspettava.
Tremava.
“Ma
è una notizia fantastica! Sono davvero contenta per
voi!”
Una lacrima
scese sul suo volto. Si sentiva in colpa, Usagi.
Non voleva che
partisse. Non almeno in quel momento dove non
erano chiari i suoi sentimenti per lui. Lei amava davvero Seiya?
L’aveva mai
amato? O gli voleva semplicemente bene? Erano circa due settimane che
se lo
ripeteva.
Da quando era
comparso quel ragazzo antipatico nella sua
vita.
Il
migliore amico di
Seiya.
Era sicura di
detestarlo perché era arrogante e permaloso.
Ma non faceva
altro che pensare a lui.
Perché?
Lei aveva un fidanzato adorabile, che l’amava! Come era
possibile tutto questo?
Come poteva fare
chiarezza ora che il suo ragazzo sarebbe
partito per Londra e lei non l’avrebbe visto per
un anno o forse anche di
più?
Cosa avrebbe
dovuto fare per capirlo?
Restò
in silenzio per un paio di secondi.
Poi si fece
coraggio.
“Quando
parti?”, gli disse.
“Tra
un’ora, Usagi. Ci vogliono lì il prima
possibile.”
Seiya aveva una
voce cupa. Avrebbe tanto voluto dirle di
seguirlo, ma non poteva obbligarla a lasciare il suo lavoro, la sua
famiglia, i
suoi amici per lui. Non poteva sapere che lei forse non lo amava
più.
“Sei
in aeroporto adesso, vero?”
“Sì,
ma...”
“Aspettami.
Arrivo!”
Scese dal letto.
Si tolse il più veloce possibile la camicia
da notte di seta bianca che indossava per dormire e si
infilò un paio di jeans
e una maglietta nera a maniche corte, con sopra una felpa viola. Anche
se era
estate, la mattina presto faceva freddo.
Uscì
di casa e salì sulla sua moto Honda.
Il vento
accarezzava dolcemente i pochi capelli che uscivano
fuori dal casco che stava indossando.
Aveva gli occhi
lucidi, ma doveva essere forte.
Doveva capire da
sola cosa provava davvero per lui.
Doveva almeno
salutarlo, perché non l’avrebbe visto per
parecchio tempo.
Arrivata in
aeroporto, parcheggiò la moto e gli andò
incontrò.
Seiya era
lì all’ingresso che la salutava vivacemente con la
mano.
Gli occhi neri
brillavano mentre la guardava e i suoi capelli
corvini, legati in un codino, sembravano danzare al ritmo del vento che
soffiava dolcemente.
Era un momento
magico.
Le si
avvicinò lentamente, sfoggiando un sorriso pieno
d’amore.
“Odango...”,
le disse, accarezzandole la guancia con un dito.
Al contatto,
Usagi strabuzzò gli occhi. Non aveva provato
nemmeno un brivido al suo tocco. Iniziava a sentirsi male.
“Quante
volte ti devo dire che mi devi chiamare con il mio
nome? Io mi chiamo Usagi!”
Mentre la
ragazza pronunciava queste parole quasi sussurrandole,
Seiya le mise le mani sulle spalle, la tirò a sé
e la baciò delicatamente.
“Ti
amo, Usagi!”, le disse, tirando fuori una scatoletta blu
dalla tasca dei suoi pantaloni.
“E’
per te, Usa! Per te che sei la persona più importante
della mia vita! Aprilo, ti prego!”
Usagi era
sbalordita. Era confusa. Non riusciva a capire più
niente. Era rimasta lì immobile, con in mano il regalo di
Seiya.
Decise di
aprirlo.
“Wow,
ma è bellissimo! Grazie Seiya!”, gli disse con le
lacrime agli occhi, esasperata.
Un bellissimo
anello d’oro bianco con un diamantino le veniva
messo sull’anulare sinistro dal suo ragazzo.
“Questo
è il mio pegno d’amore per te. Anche se non ci
vedremo per un po’, sarai sempre l’unica per me.
Ora devo andare Odango-chan. A
presto, amore mio.”
Le si
avvicinò e le diede un bacio sulla fronte. Poi si
allontanò velocemente per non vedere le lacrime di lei che
sgorgavano
prepotentemente, ma la osservava comunque con la coda
dell’occhio.
“Usagi
cosa fai? Accetti un anello dall’uomo che non sei
sicura di amare?”, si disse, piangendo, la ragazza una volta
rimasta sola.
Si sentiva
sporca dentro. Sentiva di averlo tradito, anche
solamente accettando il suo regalo.
Non poteva
però fargli affrontare un viaggio dicendogli la
verità. Doveva capire da sola. Forse il distacco da lui le
avrebbe permesso di
comprendere quali fossero i suoi veri sentimenti.
In quel momento
voleva solo tornare a casa e farsi un bagno
caldo.
Mentre la
ragazza saliva in sella alla sua moto, Seiya la
stava ancora fissando da quando poco prima le si era allontanato.
Era straziante
lasciarla, ma doveva farlo.
Era il suo
sogno. Non poteva lasciarsi sfuggire una simile
occasione.
Lo faceva anche
per lei. Il cd era dedicato a lei.
Mentre il
ragazzo si dirigeva verso il check-in, gli si
avvicinò un uomo a lui familiare.
“Mamo...”,
gli disse con aria affranta. Meno male che era
venuto.
Il suo migliore
amico. Quel ragazzo dai capelli neri come la
pece che considerava quasi un fratello maggiore.
“Seiya,
buon viaggio. Sono venuto a salutarti non appena ho
letto il messaggio che mi hai lasciato.”
“Grazie
Mamoru. Ascoltami, controlla Usagi per me. L’hai
conosciuta, hai visto come è bella. Non vorrei che qualche
scocciatore le ronzi
attorno. Promettimelo, ti prego. A nome della nostra
amicizia.”, lo supplicò il
cantante.
“Anche
se la tua è una richiesta assurda, lo
farò.”
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Capitolo 3 *** Capitolo 2: Un incontro inaspettato - parte prima. ***
Capitolo 2: Un
incontro inaspettato - Parte prima.
Due
settimane prima
della partenza di Seiya.
“Trallalà...
Trallalà...”, cantava Usagi mentre passeggiava
lungo la strada cittadina.
Era una bella e
fresca giornata d’estate. Si sentiva l’odore
della salsedine nell’aria, nonostante fosse a Tokyo. Una
leggera brezza le
accarezzava i fluenti capelli raccolti in due strani odango. Indossava
un
vestitino leggero color fucsia e dei comodi sandali per camminare nella
maniera
più pratica possibile.
Era appena
uscita dal lavoro. Gestiva, infatti, un negozio di
animali con i genitori.
Il sogno di
Usagi era, però, quello di diventare una famosa
giornalista. Amava ascoltare in tv le notizie più disparate:
passava dalla
cronaca nera al gossip fino ad arrivare alle notizie sportive, in
particolare
le piaceva la moto Gp.
Era per questo
che si era comprata anche una moto con cui
scarrozzava in lungo e in largo per la città.
Frequentava
anche l’università, ma era all’ultimo
anno: ben
presto si sarebbe laureata e avrebbe potuto tentare
l’ammissione alla scuola di
giornalismo più famosa di Tokyo.
Aveva anche un
ragazzo, Seiya. Assieme ai suoi due fratelli,
faceva parte di un complesso musicale, i Three Lights, dove lui era il
cantante
principale.
Erano ancora una
band emergente, ma avevano già avuto molto
successo in ambito locale.
Avevano anche
tentato l’ammissione a un concorso e presto o
tardi avrebbero saputo il risultato.
Insomma, la vita
di Usagi era a dir poco perfetta e a lei
piaceva molto fantasticare su di essa.
Le piaceva
così tanto che non si accorgeva nemmeno dove
metteva i piedi. Era completamente con la testa tra le nuvole.
“Ahi!”,
urlò Usagi, cadendo a terra.
Aveva sbattuto
contro qualcosa, anzi contro qualcuno. Non riusciva
ancora a vedere bene chi ci fosse davanti a lei.
Mentre si
massaggiava la testa, visibilmente dolorante
esclamò con furia:
“Ehi
tu! Vuoi stare più attento a dove metti i piedi? Mi sei
venuto letteralmente addosso!”
“Guarda
che sei tu quella distratta, che non guarda mentre
cammina!”, le rispose a tono un ragazzo, che
l’aiutò a rimettersi in piedi.
Una volta
alzata, alzò lo sguardo e vide un giovane
bellissimo davanti a lei.
Capelli neri e
occhi blu: un binomio che riuscivano a farla
impazzire.
Per non parlare
del fisico! Nella sua tenuta da jogging si
potevano notare addominali più che scolpiti.
Non
riuscì a non arrossire.
“Ehi
testa bernoccoluta! Pretendo le tue scuse!”,
insinuò il
bel sconosciuto.
Quelle parole
riuscirono a farla riprendere dal torpore in
cui era finita. Anche se era bellissimo, era anche un cafone,
antipatico ed
arrogante!
“Guarda
che sei tu quello che mi ha travolto! Tu devi
chiedermi scusa, non il contrario!”, gli rispose, stizzita.
“Forse
non ti è chiaro il concetto, testa di odango! Io stavo
facendo jogging, a quanto puoi vedere. La distratta sei tu, testolina
tra le
nuvole!”
“Ah!
Sei un tipo odioso! Non ti chiederò mai scusa! E ora vai
via che ho da fare!”
“Strano
che una testa di rapa come te abbia da fare, visto
che va girovagando senza una meta!”
E
così dicendo, il malcapitato vide recapitarsi un forte
ceffone in faccia.
“Ben
ti sta, antipatico! A mai più rivederci!”,
concluse
Usagi, allontanandosi velocemente ancora molto infuriata.
“Ahi!
Mi ha fatto male! Che tipa rozza!”, pensò Mamoru,
mentre si masaggiava il viso dolorante.
“Spero
di non rivederla veramente più!”
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Capitolo 4 *** Capitolo 3: Un incontro inaspettato – parte seconda. ***
Capitolo 3: Un
incontro inaspettato – parte seconda.
“Spero
di non rivederla
veramente più!”
Tokyo.
Zona est. Due
settimane prima della partenza di Seiya.
“Mamma
che giornata oggi!”, esclamò un Mamoru sudato
mentre
si fermava sul ciglio della strada per riprendere fiato.
“Certo,
ho avuto a che fare pure con una pazza! Il suo
schiaffo mi fa ancora male!”
Continuava a
massaggiarsi la guancia, ancora un po’ gonfia. Quel
ceffone gli faceva pensare a Lei.
Mamoru non aveva
mai incontrato una ragazza come Usagi in
vita sua.
Ne aveva
frequentate alcune, ma nessuna aveva un caratterino
come quello di quella buffa testa bernoccoluta. Erano tutte molto
più dolci e
delicate.
Invece,
l’Odango era proprio una grezza.
“Se ha
un ragazzo, lo farà sicuramente martire! Poverino, non
lo invidio proprio!”, pensava ad alta voce camminando
lentamente, stanco per la
troppa corsa praticata.
Certo, era
carina quella ragazza. Bionda, snella, occhi
azzurri... sarebbe stata il sogno di ogni uomo! Anche il suo... se solo
fosse
stata gentile, un pensierino su di lei l’avrebbe fatto.
“Beh,
meglio così! Non ho tempo per le donne... è
inutile
pensarci!”
Veramente non
aveva tempo di frequentare una ragazza.
Il lavoro in
ospedale gli richiedeva più forze del previsto.
Anche se era
ancora uno specializzando, lavorava
incessantemente per realizzare il suo desiderio più grande:
diventare un ottimo
medico e salvare più vite umani possibili. Aveva perso i
genitori quando era
ancora molto piccolo e, il giorno dei funerali, aveva promesso loro che
sarebbe
diventato il dottore più bravo del mondo.
E Mamoru in
gamba lo era davvero.
Giovanissimo,
era stato ammesso alla più prestigiosa
università di Londra, laureandosi con il massimo dei voti.
Aveva cominciato a
lavorare in un piccolo ospedale vicino la capitale, guadagnandosi la
stima di
tutto il presidio ospedaliero, in particolare del Direttore Generale,
che
contento del suo operato, anche se a malincuore, aveva accettato il suo
trasferimento
per l’Ospedale Civile di Tokyo. Avrebbe concluso la sua
preparazione da
specializzando in chirurgia nella sua città natale. In
fondo, gli mancava solo
un anno.
Aveva voglia di
rivedere i suoi amici più cari e passare un po’
di tempo con loro. Per questo aveva optato per tornare nella capitale
giapponese.
Era tornato da
appena 2 giorni, ma non avendo un minuto
libero, non era stato in grado di andarli a trovare.
“Quasi
quasi vado al Crown
dal mio amico Motoki!”, decise all’ultimo minuto.
Il ragazzo
biondo del Game
Crown era uno dei suoi migliori amici, assieme a Seiya.
Stavano sempre
insieme da piccoli e, nonostante si vedessero poco, si consideravano
fratelli. Tra
i 3 c’era un’amicizia profonda, che in molti
invidiavano.
Ma era tra lui e
Seiya che il rapporto si faceva ancora più
stretto. Anche se quest’ultimo aveva già 2
fratelli più grandi, considerava il
bel dottore ancora più importante dei legami di sangue.
Mamoru era un
esempio per lui. Gli voleva un bene dell’anima.
Quante volte
l’aveva consolato quando veniva scaricato da una
ragazza! E succedeva spesso, perché il cantante era davvero
troppo ingenuo. Si faceva
sempre fregare dalle ragazze più arriviste!
Mamoru era un
fratello maggiore per Seiya.
Seiya era il
fratello minore che Mamoru non aveva mai avuto.
Con il pensiero
dei suoi compagni di tante avventure passate,
avanzò verso il locale di ritrovo di numerosi ragazzi, che
conciliavano il
divertimento dei videogiochi con deliziose consumazioni di cibo e
bibite.
Eccolo, il Crown
era lì davanti a lui. Non era cambiato di una virgola.
Anche se non era
vestito in modo consono, sorrise e agguantò
la maniglia della porta che l’avrebbe condotto da Motoki.
Chissà se avrebbe
trovato anche Seiya.
Aprì
la porta e notò l’amico al bancone, che serviva
alcuni
clienti, tra i quali anche Seiya.
“Chi
non muore si rivede!”, esclamò Mamoru, euforico.
All’udire
quelle parole, entrambi gli amici alzarono lo
sguardo e lo videro.
Motoki
ammutolì e Seiya si stava strozzando con la bevanda
che stava bevendo.
“M-Mamo?
Sei proprio tu?”, disse Seiya, con le lacrime agli
occhi.
“Sei
Mamo o sto avendo un’allucinazione?”, si chiese
Motoki,
strabuzzando gli occhi.
Il giovane
specializzando non ebbe tempo di rispondere perché
Seiya gli si era fiondato al collo, quasi soffocandolo.
“Ehi,
vacci piano amico!”, cercò di dire.
“Mamo,
mi sei mancato tanto! Quando sei tornato? Potevi avvertrci!
Così ci farai morire di crepacuore!”, aggiunse il
cantante con la dolcezza di
un bambino.
Mamoru gli
accarezzò i capelli, facendolo arrossire. Poi
andò
a salutare Motoki, abbracciandolo.
“Bentornato,
amico!”, gli disse Motoki, visibilmente contento
di rivederlo.
Il dottore gli
sorrise e si sedette al bancone, raggiunto da
Seiya subito dopo.
“Allora
Mamo, come hai avuto il trasferimento?”, gli
domandò
il gestore del locale.
“Beh,
il Direttore dell’ospedale in cui lavoravo come
specializzando mi ha concesso di completare il mio apprendistato qui a
Tokyo. A
malincuore, però ha capito le mie motivazioni”,
concluse Mamoru, velocemente.
“Voi
piuttosto che mi dite di bello?”
Offrendogli una
birra, Motoki rispose:
“Beh,
qui è tutto come l’hai lasciato tu 11 anni fa.
Anche se
alcune cose sono cambiate. Per esempio io mi sono sposato con Makoto,
ma questo
lo sai già.”
Makoto era la
giovane moglie di Motoki. Una bella ragazza
mora, con gli occhi verdi come smeraldi e un fisico da modella. Era la
chef di
un ristorante famoso del centro di Tokyo. Nel tempo libero, aiutava il
marito
al locale.
Makoto era anche
la migliore amica di Usagi, la fidanzata di
Seiya. Era grazie a lei che i due si erano conosciuti e messi insieme.
“Dovrò
ringraziare a vita tua moglie, Motoki!”, esclamò
Seiya, sicuro di sé.
“Perché,
amico?”, chiese Mamoru, curioso.
“Come
perché? Ricordi che per telefono ti avevo accennato che
mi ero fidanzato? Beh, la mia Usagi è la migliore amica di
Mako-chan! Me l’ha
presentata lei! Devi assolutamente conoscerla, Mamo! È una
ragazza bellissima! È
un po’ pasticciona, è vero, ma è
dolcissima!”
“Ah,
mi fa piacere per te! Te la meriti una ragazza così! Non
vedo l’ora di conoscerla e farle i miei complimenti per la
scelta che ha fatto!”
Dicendo questo,
Mamoru arruffò i capelli di Seiya, che disse:
“Dai,
ora provo a chiamarla! Così la faccio venire al Crown
se può!”
Agguantò
il cellulare e compose il numero.
Tu..Tu..Tu..
“Non
risponde. Forse avrà da fare.”, si
preoccupò il
cantante.
“Dai,
non rimanerci male. Starà sicuramente impegnata!
Riprova più tardi.”, lo consolò Mamo,
come sempre.
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Capitolo 5 *** Capitolo 4: Un incontro inaspettato – parte terza. ***
Capitolo 4: Un
incontro inaspettato – parte terza.
Tokyo.
Zona ovest. Due
settimane prima della partenza di Seiya.
Beep,
Beep, Beep, Beep...
Il telefono
cellulare di Usagi squillava incessantemente
senza che lei rispondesse.
La ragazza
camminava velocemente per il centro cittadino
visibilmente agitata e a tratti isterica.
“Argh!
Cosa vuole Seiya ora?”, urlò attirandosi gli
sguardi
sconvolti delle persone che le passavano accanto.
Aveva appena
letto il nome del suo ragazzo che compariva sul
display del suo cellulare, ma non aveva nessuna voglia di rispondergli
visto lo
stato in cui si trovava.
“Seiya,
chiami sempre nei momenti meno opportuni!”, pensò,
seccata.
Seiya. Il suo
ragazzo. Erano quasi 6 mesi che stava assieme a
lui. Gliel’aveva presentato la sua cara amica Makoto a una
festa di
beneficienza organizzata dal ristorante in cui lavorava.
Non era stato un
colpo di fulmine per Usagi, però quel
ragazzo con il codino attraverso la sua dolcezza, la sua
ingenuità e generosità
l’aveva conquistata.
Poi era anche un
bellissimo ragazzo, sempre circondato da
numerose ammiratrici, ma che aveva scelto lei come compagna di vita. Si
sentiva
molto lusingata da ciò!
L’unica
cosa che non le piaceva di Seiya è sentir parlare in
continuazione del suo grande amico Mamoru. Si era stufata abbastanza.
Non aveva niente
contro il futuro medico. Solo che per lei
non era tutto questo eroe come lo dipingeva Seiya. Cosa ci trovava di
così
eclatante in lui? La scelta di andare all’estero era stata
dettata da una
grande vocazione per la medicina e da una promessa fatta sulla tomba
dei
genitori, ma addirittura prenderlo come un modello di vita era
esagerato per
lei.
In
più, non l’aveva mai visto ed era curiosa di
conoscerlo. Ne
sentiva sempre parlare, ma non l’aveva visto nemmeno in foto.
Seiya le ripeteva
sempre che a Mamoru non piaceva essere fotografato. Voleva anche
appurare se
realmente fosse un bel ragazzo oppure no. Così se fosse
stata una persona
interessante, avrebbe fatto le sue scuse a Seiya, ma se invece fosse
stato un
flop colossale, glielo avrebbe rinfacciato a vita.
Bip,
bip! Bip,bip!
Le era arrivato
un sms.
Era di Seiya e
diceva:
“Ciao
amore. Sono al
Crown. Perché non mi raggiungi? Ho una sorpresa per
te!”
“Una
sorpresa per me? E che sarà mai? Beh, se questo
può
farmi dimenticare l’episodio spiacevole di oggi con quel
buzzurro, allora ci
vado!”
Già,
il ragazzo che le aveva fatto perdere le staffe. Era
carino, ma che cafone! Chiamarla addirittura testa bernoccoluta! Che
rabbia
aveva! Gli avrebbe spaccato volentieri la faccia!
Decise di
rispondere a Seiya.
“D’accordo.
Tra 20
minuti sarò lì da te. Il tempo di arrivare.
Baci!”
Aveva proprio
bisogno di essere consolata dal suo ragazzo! Certo,
magari anche da una bella coppa grande del delizioso gelato di Motoki.
Stava diventando
quasi una necessità per lei! Anche perché la
rabbia non accennava a diminuire!
Detestava dal
profondo quel tipo che l’aveva resa ridicola! Ma
chi si credeva di essere quel bellimbusto! Meno male che non
l’avrebbe rivisto
più!
Era talmente
furiosa che arrivò al Crown in un battibaleno.
Arrivò
lì davanti con il fiatone, aprì la porta e...
Crown.
Poco
prima dell’arrivo
di Usagi.
“Strano,
Usagi continua a non rispondermi. Forse ha davvero
da fare.”, disse un Seiya, un po’ abbacchiato.
“Mandale
un messaggio, no? Così appena ha un minuto libero,
lo legge.”, gli suggerì Mamoru.
Detto fatto. Il
ragazzo dal lungo codino le scrisse un sms.
“Ciao
amore. Sono al
Crown. Perché non mi raggiungi? Ho una sorpresa per
te!”
“Sarei
io la sorpresa, eh Seiya?”, domandò lo
specializzando,
che aveva letto di nascosto il messaggio che l’amico aveva
mandato alla sua
ragazza.
“Che
fai, leggi i miei sms? Curiosone!”,esordì il
cantante,
facendogli la linguaccia.
“Mi
è solo caduto l’occhio, insomma!”, disse
Mamoru,
sogghignando.
Scoppiarono
tutti in una grossa risata.
“Sapete
ragazzi, mi sembra di essere tornato ai vecchi tempi!”,
esclamò Motoki, in preda ai ricordi.
Era emozionante
essere di nuovo lì tutti insieme.
D’un
tratto il suono di un cellulare li destò dal torpore i
cui erano finiti.
“È
il mio!” -disse Seiya- “È di Usagi! Dice
che mi
raggiungerà il prima possibile. Beh, meglio
così!”
“Wow,
avrò l’onore di conoscere la famosa Usagi!
Chissà che
tipo è!”, si domandò Mamoru,
rivolgendosi all’amico con uno sguardo malizioso.
“Allora,
lei è mia! Perciò non puoi fartela piacere! Anzi
è
ora che ti trovi una ragazza tutta per te!”,
puntualizzò il cantante.
“Per
carità! Non la voglio una ragazza e poi non avrei
nemmeno tempo a causa del lavoro. Poi se mi capita una come quella che
ho
conosciuto poche ore fa, preferisco di gran lunga essere single a
vita!”, disse
Mamoru, scocciato.
“Hai
conosciuto una ragazza e non ci dici niente? Allora che
tipo è?”, mise il dito nella piaga Motoki.
“Ebbene
sì. Ho conosciuto una tipa rozza. Mi è
praticamente
venuta addosso perché aveva la testa tra le nuvole.
Figuratevi, non mi ha
nemmeno chiesto scusa. Allora ho iniziato ad insultarla e lei per
vendicarsi mi
ha tirato un ceffone. Sì, era carina, ma che grezza! Non la
auguro a nessuno
una così.”, concluse, finendo di sorseggiare la
birra offerta da Motoki in
precedenza.
“Non
ci posso credere! Sei sempre il solito scorbutico! Non potevi
essere gentile? Cosa ti costava? Guarda, se continui così
non troverai mai una
donna che ti sopporti!”, esclamò Seiya scuotendo
la testa.
“Per
il momento non voglio pensarci.”, rispose il ragazzo.
Poi rivolgendosi
a Motoki, chiese:
“Il
bagno è sempre in fondo a destra, vero?”
Motoki gli fece
un cenno con il capo e il giovane avanzò
verso la toilette.
Crown
Mentre
Mamoru è in
bagno.
“Buongiorno
a tutti!”, esclamò Usagi, entrando al Crown, ancora leggermente inviperita.
“Ciao
amore mio!”, gli sussurrò Seiya, dandole un dolce
bacio
sulle labbra.
“Perché
non rispondevi al cellulare, Usa-chan? Il nostro
Seiya si è preoccupato!”, chiese Motoki, facendo
l’occhiolino all’amico che
arrossiva leggermente.
“Guarda,
lasciamo proprio perdere! Oggi non è proprio la mia
giornata. Non ne voglio parlare assolutamente! Non vedete come sto?
Anzi, a
proposito Seiya, quale è la sorpresa di cui mi hai
scritto?”, domandò curiosa.
“Ricordi
quando ti ho raccontato del mio amico Mamoru? Beh,
lui adesso si è trasferito a Tokyo ed è qui al
locale. Adesso è andato un
attimo in bagno.”, rispose Seiya, entusiasta del fatto che la
sua Usagi avrebbe
conosciuto il suo più caro amico.
“Ecco,
me lo sentivo io che non si trattava di una bella
sorpresa! Vabbè, almeno conoscerò questo Mamoru
finalmente!”
E mentre Usagi
pensava a ciò, sbucò Mamoru dal bagno.
“Eccomi!”,
urlò.
“Ah,
eccoti Mamoru! Lei è Usagi.”, esclamò
fiero Seiya.
Alla vista di
Usagi, Mamoru impallidì.
Alla vista di
Mamoru, Usagi sbiancò.
“AAAAAAAAAAAAAAAh!”,
gridarono in coro i due ragazzi,
spiazzando completamente Seiya e Motoki che ora si guardavano con fare
interrogativo.
“O mio
Dio! La grezza è Usagi!”, disse Mamoru, agitato,
indicando la stessa.
“Non
ci posso credere! Il buzzurro è Mamoru!”,
esclamò Usagi,
sconvolta.
“Seiya,
se mi permetti hai un pessimo gusto. Come ti fa a
piacere questa testa bernoccoluta?”, cominciò il
dottore rivolgendosi al
cantante.
“Ma
come ti permetti? Sei un cafone senza cervello!”, si
difese la ragazza.
“Basta,
smettetela!”, intervenne Seiya, anche perché i
clienti del locale iniziavano ad infastidirsi.
“Usagi!
Mamoru! Volete spiegarmi?”
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Capitolo 6 *** Capitolo 5: Cresci ragazzina! ***
Capitolo 5:
Cresci ragazzina!
“Allora?
Volete spiegarmi?”, ribadì Seiya, seccato.
Come era
possibile che la sua Usagi conoscesse già Mamo?
“Non
c’è molto da spiegare, amore! Questo qui mi
è venuto
addosso oggi perché era distratto e al posto di chiedermi
scusa, mi ha
insultata!”, spiegò la ragazza, facendo gli
occhioni tristi a Seiya che ogni
volta si scioglieva.
“Veramente
è il contrario. Sei tu quella che mi ha travolto
perché aveva la testa tra le nuvole!”, aggiunse
Mamoru a sua difesa,
incrociando le braccia.
“Ok,
ho capito la dinamica dei fatti. Mamoru perdona Usagi:
lei è un po’ pasticciona. Amore perdona Mamoru:
lui è molto scontroso.”, esordì
il cantante, per fare in modo che i due si chiarissero.
“D’accordo,
amico. Ma lo faccio solo perché ti voglio bene.
Scusami, Usagi per come ti ho trattato.”, disse il medico,
porgendo la mano alla
ragazza, che la rifiutò malamente.
Mamoru rimase
attonito dal gesto della donna del suo amico.
Era una ragazza molto forte e testarda, non c’è
che dire. Proprio come
piacevano a lui. Era chiaro che lei in quel momento lo odiasse
più di qualsiasi
cosa e che volesse vincere la guerra che era nata tra loro.
“Non
le voglio le tue scuse false. Ti devono uscire dal
cuore! Non lo devi fare solo perché vuoi bene a
Seiya.”, urlò inviperita.
“E poi
tu, amore mio, perché mi dai della pasticciona? La
colpa è esclusivamente sua!”, aggiunse la ragazza
sull’orlo di una crisi di
nervi.
Stava per
scoppiare a piangere, Usagi. Il suo ragazzo aveva
scelto proprio il più sbagliato dei modi per difenderla. Le
aveva dato della
goffa. Certo era vero, però faceva male sentirselo dire dal
proprio uomo.
“Ma
dai, Usa! Cercavo di salvare la situazione! Mettiti un
po’ nei miei panni! Darti della maldestra è stata
la prima cosa che mi è venuta
in mente!”, cercò di giustificarsi il ragazzo.
Certo che Usagi
era davvero una tipa difficile da gestire.
Era egoista, isterica e capricciosa. Eppure il cantante
l’amava follemente. Amava
tutti i suoi difetti. L’amava dal primo giorno in cui
l’aveva vista.
Anche Usagi era
innamorata di lui. Solo che glielo faceva capire
nei modi sbagliati. Negli ultimi tempi il suo sentimento si era un
po’
affievolito perché lui non faceva altro che parlare delle
gesta del suo grande
amico Mamoru, ma comunque provava qualcosa di forte per lui. Era sempre
amore o
almeno così credeva.
Adesso
però si sentiva tradita da lui.
“Ti
odio Seiya!”, disse, urlando.
Le parole di Usa
trafissero Seiya come un fulmine a ciel
sereno. La sua Usa-chan lo odiava. Solo perché voleva che il
suo migliore amico
e la donna che amava più al mondo si chiarissero.
“Ti
prego Usa...”, sussurrò disperato il ragazzo.
“No,
niente ti prego Usa! Mi hai ferita!”, incalzò la
ragazza, sbuffando e dandogli le spalle.
In quel momento,
Mamoru non sapeva se ridere o piangere. Non poteva
sopportare Seiya disperarsi in quel modo solo perché
l’aveva difeso. Andava
contro tutti i suoi principi. Quella ragazza con gli odango in testa si
era
permessa i trattare male il suo più caro amico. Non ci vide
più dalla rabbia.
Sciaff!
Un ceffone
colpì Usagi in pieno volto. Era stato Mamoru a
tirarlo.
“Ragazzina
ti ho chiesto scusa e non l’ho fatto solo perché
tengo a Seiya. Non lo vedi come sta male? L’hai trattato come
il peggiore degli
uomini solo perché ha cercato di mettere la pace tra noi.
Non vedi come si è
umiliato? Lui ti ama veramente! Tu invece è così
che gli dimostri il tuo amore?
Chi ti credi di essere, ragazzina? Sei solo una egoista. Vedi di
crescere!”,
disse Mamoru, sconvolgendo tutti i presenti.
Il locale si era
quasi svuotato. Nell’aria si sentiva un
clima assai pesante.
Seiya fissava
Mamoru visibilmente sconvolto. Il suo amico
aveva davvero oltrepassato il limite, ma ancora una volta
l’aveva difeso. Non
si sentiva di condannarlo per il suo gesto.
“Seiya,
perdonami se ho colpito la tua ragazza, ma ho perso
la testa.”, si scusò il bel dottore, confuso.
Poi si rivolse
ad Usagi, che intanto era caduta a terra a
causa delle gambe che le tremavano.
“Scusami,
Usagi.”, le sussurrò, aiutandola ad alzarsi.
Al toccare la
sua mano, il medico ebbe un tuffo al cuore. Lei
era lì, adesso così indifesa, così
pentita, che lo guardava con le lacrime agli
occhi, mentre si massaggiava il viso. Se non fosse stata la ragazza del
suo
migliore amico, l’avrebbe già baciata.
Ma cosa gli
saltava in mente? Sicuramente era stanco. Quel
giorno era stato davvero troppo affaticante per lui.
La mano di
Mamoru era calda. Usagi lo percepiva chiaramente.
Arrossì quando lui gliela prese. Ebbe una strana sensazione.
Non aveva mai
conosciuto un uomo così vitale, così
appassionato. Per la prima volta, la sua
vita aveva avuto un tocco di brio.
Andò
da Seiya, sorreggendosi la guancia e gli disse:
“Perdonami,
amore mio. Mamoru ha ragione: sono stata una vera
stupida. Attaccarmi a una parola che hai pronunciato solo per farci
riappacificare! Sono una stupida orgogliosa. Perdonami!”
A quelle parole
il ragazzo si sentì quasi male. Non amava
vedere Usagi così triste.
“Sei
perdonata!”, le susurrò all’orecchio,
abbracciandola.
Lei si
sentì sollevata e gli diede un bacio appassionato, che
rese Seiya completamente vulnerabile.
La vista di quel
bacio fece male a Mamoru. E non capiva il
perché.
“La
solitudine fa brutti scherzi!”, si disse tra sé e
sé.
Ad un certo
punto, Usagi si avvicinò a Motoki per chiedergli
scusa visto che aveva fatto scappare tutti i clienti.
“Non
c’è problema.”, gli rispose Motoki,
sorridendo.
Lei lo
ringraziò e, intimidita, si avvicinò a Mamoru,
porgendogli quella mano che poco prima aveva rifiutato di stringere la
sua.
“Scusami,
Mamoru. Ho imparato la lezione. Aveva ragione
Seiya... tu sei speciale!”, gli disse, regalandogli uno dei
suoi sorrisi più
belli.
Il bel dottore
le strinse la mano e le disse:
“Ora
è tutto risolto. L’importante è che non
ti arrabbi più
con Seiya per colpe che non ha.”
Annuì
e gli promise che non l’avrebbe più fatto.
“Ora
devo andare. Ciao, ragazzi. Ci vediamo domani, se posso.”,
comunicò loro Mamoru.
Se ne
andò dal Crown, lasciando un Motoki contento per aver
visto chiarire gli amici, un Seiya che ringraziava il cielo di avere un
amico
prezioso come lui e una Usagi che lo guardava intensamente mentre si
allontanava, perdendosi nei pensieri ancora una volta.
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Capitolo 7 *** Capitolo 6: Un gesto non previsto. ***
Capitolo 6: Un
gesto non previsto.
Mattina.
Tre giorni
dopo.
Erano passati
già 3 giorni dall’episodio accaduto al Crown.
Un uccellino
faceva capolino sul balcone della stanza di
Usagi. La ragazza dormiva ancora profondamente, anche se i raggi del
sole le
illuminavano il viso candido. Avvolta nelle sue coperte color panna, si
sentiva
protetta ed emanava un sentimento di serenità.
Quando si
svegliò, il suo sguardo finì su
quell’uccellino che
cinguettava beatamente. Si alzò e andò verso la
porta-finestra del suo balcone
per guardarlo. Era davvero molto bello.
La
aprì per osservarlo meglio, ma quello si dileguò
immediatamente.
Dispiaciuta, la
ragazza si sedette sul suo letto. Il suo
pensiero andò a Mamoru.
Da quando era
successa la loro litigata, non si era più fatto
vivo con i suoi migliori amici. Addirittura neanche con Seiya.
Forse era troppo
impegnato con il lavoro.
Sospirò,
allungandosi sopra il piumone del letto. La guancia
faceva ancora male. Si sfiorò il viso con il palmo della
mano, ripensando alle
parole di Mamoru.
C’era
andato giù pesante davvero, ma se l’era meritato.
Prendersela così tanto con il suo ragazzo era stato meschino
da parte sua.
Già,
Seiya! Doveva augurargli il buongiorno con un messaggio.
Le era passato di mente.
Si mise in piedi
e prese il cellulare dal vicino comodino.
“Buongiorno amore!
Buona giornata! Ti amo tanto! Usagi.”,
inviò a Seiya, titubante.
Quel ti amo la
spaventava molto. Non era più così sicura di
amare il suo ragazzo.
Certo, teneva
tantissimo a lui, gli voleva un bene
dell’anima, ma non erano più chiari i sentimenti
che provava. Forse non l’aveva
mai amato? Non riusciva a rispondersi.
Era confusa.
All’inizio era tutto semplice perché ancora si
conoscevano bene. Lui era sempre stato dolce e paziente con lei. Forse
troppo.
Le dava sempre ragione in tutto. Certo, vincere sempre ed essere
viziata per
lei era comodo, ma a lungo andare si era un po’ scocciata.
Così come si era
stufata di sentir parlare sempre delle meravigliose gesta di Mamoru.
Da quando era
comparso quell’amico fraterno di Seiya, la
situazione era andata ancora peggio.
Non faceva altro
che pensare a lui.
In quei tre
giorni aveva riflettuto su come l’avesse
trattata. L’aveva umiliata, sminuita, insultata, picchiata e
aiutata in così
poche ore. Era riuscito a farla sentire viva.
Chiudeva gli
occhi e pensava al suo sguardo, a come l’aveva
guardata. Quegli occhi blu così profondi e sinceri,
l’avevano ipnotizzata. Non
poteva dimenticare l’espressività del suo viso.
Lui l’aveva osservata con
disprezzo, con sincerità, con pietà.
Il cuore le
batteva forte. Il viso era incandescente.
Cosa le stava
capitando?
Voleva
addirittura rivederlo, anche se non era sicura di volerlo
affrontare. Lui però era scomparso. Perché non si
faceva vivo con Seiya?
Lo squillo del
suo cellulare la distolse dai suoi pensieri.
Le era arrivato
un messaggio di Seiya.
“Buongiorno
a te, amore
mio. Oggi sono impegnato tutto il primo pomeriggio con i miei fratelli
perché
dobbiamo provare. Ti prometto che dalle 18 in poi sarò tutto
tuo. Ti amo tanto,
non dimenticarlo mai!”,
così le aveva scritto.
All’improvviso
la chiamò la madre dalla cucina.
“Usagi,
ti sei alzata? Devi farmi un favore! Scendi!”, le
urlò.
“Arrivo
mamma! Il tempo di lavarmi e vestirmi”, le rispose
prontamente la ragazza.
Entrò
in bagno e si fece una doccia veloce. Asciugò immediatamente
i capelli e si fece i soliti odango. Poi si truccò
leggermente.
Aprì
l’armadio color pesca e tirò fuori una camicetta
rosa
pallido e un paio di jeans scuri.
Li
indossò e si diresse in cucina, correndo.
“Allora
cosa c’è, mamma?”, chiese Usagi
affannata.
“Usa-chan,
stamattina visto che il nostro negozio è chiuso e
non sei in università, vai a fare la spesa!”, le
ordinò la madre.
“Ecco
a te la lista. Fai subito perché avremo ospiti a
pranzo. Viene il capo di tuo padre perché ha in mente di
promuoverlo!”
“D’accordo
mamma! Cercherò di sbrigarmi il prima possibile!”,
promise la biondina.
Uscì
di casa e si diresse verso il supermercato più vicino.
Sarebbe andata a piedi a fare spese. Non avrebbe scomodato la sua
fantastica Honda per quei pochi
passi che doveva
fare. Poi il tempo era anche nuvoloso! Sarebbe piovuto sicuramente di
lì a
poco.
Camminò
verso il piccolo market per pochi metri, quando vide
un ragazzo a lei familiare, che camminava a passo spedito.
Siccome
c’era un po’ di nebbia, non si accorse subito di
chi
fosse. Quando lo riconobbe, ebbe quasi un attacco di cuore. Era Mamoru!
Caspita
come era bello! Indossava uno smoking nero che metteva in risalto il
suo fisico
perfetto. Aveva tutta l’aria di essere tranquillo.
“Cavolo,
ma è Mamoru! Non ho nessuna voglia di incontrarlo
adesso!”, pensò, infilandosi velocemente
all’interno del supermercato.
“Speriamo
non mi abbia vista!”, sperò la ragazza, affaticata.
Si
avviò tra i reparti ed iniziò a prendere tutto
ciò che
serviva alla madre, sospirando.
“Certo
che Mamoru è proprio strano! Se ne va in giro
così
serenamente e poi non si fa sentire con i suoi amici? È
proprio odioso!
Dall’altra parte, però, è
così affascinante.. così forte! Oddio Usagi, ma
che
pensieri fai! Tu dovresti pensare solo a Seiya. Perché non
ci riesci allora?”, sbuffò
amareggiata, riuscendo a completare la spesa in poco tempo.
Si
indirizzò allora alla cassa per pagare. Ne aveva presa di
roba! La cassiera le aveva riempito due buste non proprio leggere.
“Mamma
mia quanto pesano! Non riuscirò mai ad arrivare a casa
intera!”.
Mentre
sbraitava, una busta le stava per cadere.
“Dà
qua!”, le disse una voce che avrebbe volentieri fatto a
meno di sentire.
Mamoru le aveva
tolto i sacchetti dalle mani, portandoli lui
stesso. L’aveva vista entrare correndo nel supermercato e
aveva deciso di aspettarla
finché non fosse uscita. Così, senza motivo.
“Testa
bernoccoluta, come puoi pensare di riuscire a portare
questi bustoni tutta sola? Sei proprio una testa di rapa!”,
la insultò il
giovane.
“Argh!
Ti odio! Rimani sempre il solito cafone anche se mi
aiuti!”, urlò infuriata Usagi.
“Dai
scherzavo, Usako!
Mi piace solo farti arrabbiare! Mi diverto un sacco!”, le
confessò
sorridendole.
“U-Usako?
Mi ha chiamata davvero Usako?”, pensò la ragazza,
arrossendo visibilmente. Le gambe le tremavano. Perché quel
dottore le faceva
questo strano effetto? Non vedeva l’ora di tornare a casa per
togliersi di
dosso quelle sensazioni ambivalenti che stava provando avendolo vicino.
“Abiti
lontano da qui, Usako?”,
le chiese Mamoru, facendola tornare alla realtà.
“Mi ha
chiamata ancora Usako...”, rimuginò nuovamente.
Poi
disse:
“Siamo
quasi arrivati. Non dirmi che già sei stanco!”, lo
provocò
la ragazza.
“Ah,
ah. Sono sicuro che ti piacerebbe, ma mi spiace per
te!”, le rispose fissandola negli occhi. Alla vista degli
occhioni azzurri di
Usagi, il bel dottore ebbe una fitta in fondo al cuore.
“Che
ti succede Mamoru?”, si chiese tra sé e
sé.
Non riusciva a
capire perché si stesse comportando così con
lei.
Perché
era rimasto ad aspettarla all’entrata del supermercato?
Solo per
prenderla in giro, rispondendo alle sue frecciatine?
Allora
perché si era sentito così vivo, incrociando il
suo
sguardo?
Perché
quella ragazza bernoccoluta gli provocava strane
sensazioni al cuore?
Quella fitta al
cuore che stava provando sembrava non finire
mai.
Anche Usagi gli
sembrava molto nervosa. Possibile che
provasse quelle inconsuete percezioni anche lei?
“Eccoci,
siamo arrivati.”, gli disse la biondina,
indicandogli casa sua. La ragazza aprì il cancello della sua
villetta ed entrò
con Mamoru dietro.
“Caspita,
che bel giardino!”, le ammise il ragazzo,
affascinato dalle meravigliose rose rosse che crescevano su tutto quel
verde.
Usagi gli
sorrise. Guardava quei fiori come un bambino.
Si
affrettò ad aprire la porta di casa e fece appoggiare le
buste della spesa sul pavimento del corridoio.
Poi
accompagnò il dottore all’uscita.
“Beh,
Mamoru grazie per avermi accompagnata. Non ce l’avrei
mai fatta senza di te! Alla fine, anche se sei un grezzo, buzzurro e
cafone,
sei stato gentile con me!”, le rivelò la giovane.
“Ti
ringrazio per tutti i complimenti, Usako.”,
le disse, facendo una smorfia.
“Usako...
ancora Usako...”, pensò Usagi, arrossendo per
l’ennesima volta.
Mamoru
notò il suo rossore. Come era bella quando arrossiva!
Chissà per quale motivo era diventata tutta rossa.
La
guardò negli occhi. Il silenzio regnava sovrano tra i due.
Tink!
Quella fitta al
cuore che non l’aveva ancora abbandonato era
sempre più forte. Era troppo forte. La vista di quella
ragazza stava diventando
quasi paradisiaca.
Era forse
impazzito? Il corpo sembrava non rispondere ai
comandi.
Non doveva
fissarla così. Si sarebbe fatto male.
Proprio lui che
era così impulsivo, stava cercando di
trattenersi. Non ci riuscì.
Le
accarezzò la guancia, stupendola. Era così liscia
la sua
pelle. Poi passò un dito sulle sue labbra. Come erano
morbide! Si avvicinò con
il viso verso quello acceso della ragazza e le donò un
tenero bacio.
Fu un bacio
rapido, che donò loro un mix di emozioni nuove.
Si
staccò velocemente, visibilmente turbato.
“S-scusa
Usako! Non
so cosa mi sia preso! Dimenticalo, ti prego!”, le disse,
iniziando a correre.
“Ci
vediamo!”, aggiunse.
“Che
cavolo hai fatto
Mamoru! Lei è la ragazza di Seiya! Il tuo migliore amico!
Tuo fratello!”, pensò
, fermandosi per riprendere fiato. Aveva corso troppo velocemente.
“Come
ti è venuto in mente?”.
Intanto Usagi
era rimasta davanti il cancello di casa
immobile, paralizzata.
Le gambe le
tremavano vistosamente e ben presto le ginocchia
le cedettero. Finì a terra. Si portò le mani
sulle guancie. Il suo viso era
bollente!
Non poteva
crederci! Mamoru l’aveva baciata!
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Capitolo 8 *** Capitolo 7: Domande a cui non posso rispondere. ***
Capitolo 7:
Domande a cui non posso rispondere.
“Non
ci posso credere! Mamoru mi ha baciata!”, ripeteva Usagi
continuamente, mentre era ancora a terra.
“Mi ha
baciata! Baciata!”, insisteva la ragazza, sfiorandosi le
labbra con le dita. Erano ancora calde.
Ci
passò la lingua sopra. Riusciva a sentire il sapore di
Mamoru.
Ma
perché le aveva rubato un bacio? Non comprendeva il suo
comportamento. Dopotutto lei era anche la ragazza di Seiya, il suo
più grande
amico.
“Usagi!
Usagi!”, si sentì chiamare da dietro. Non
riuscì a
capire di chi fosse quella voce perché non si era ancora
ripresa dallo shock che
le aveva provocato Mamoru.
Fissava il
pavimento, facendosi mille domande.
“Usagi!”,
le urlò Seiya, mettendosi di fronte a lei. La sua
ragazza aveva lo sguardo nel vuoto.
Percependo una
presenza davanti, alzò gli occhi e lo vide.
“Seiya...
che ci fai qui?”, gli disse con un filo di voce.
Cosa ci faceva
là? Possibile che avesse assistito alla scena
di pochi minuti prima?
“Usagi
stai bene? Perché sei a terra? Sei caduta mentre
rientravi? Io sono passato a farti un salutino prima di andare a
provare con i
miei fratelli!”, le disse il cantante, abbastanza preoccupato.
“Io...
no, non sono caduta. Ho avuto un capogiro e mi hanno
ceduto le gambe.”, mentì Usagi, facendo un sospiro
di sollievo. Meno male che
il suo ragazzo non aveva visto nulla.
“In
verità, il tuo caro amico/fratello Mamoru mi ha baciata
senza un motivo!”, pensò la giovane, un tantino
irritata. Avrebbe quasi voluto
rivelarglielo.
“Sei
sicura di stare bene adesso?”, le domandò Seiya,
aiutandola a rimettersi in piedi.
“Sì,
credo di sì.”, gli rispose poco convinta.
E no che non
stava bene! Un ragazzo quasi estraneo l’aveva
baciata poco tempo prima, sapendo per di più che lei era
fidanzata non con uno
sconosciuto, ma con Seiya, il suo più caro amico!
“Vuoi
che chiami Mamoru? Potrebbe visitarti lui!”, aggiunse
il ragazzo.
“No!”,
rispose francamente Usagi. Per un attimo al suo cuore
mancò un battito.
“Cioè,
non ce n’è bisogno. Ora mi sento molto meglio,
grazie.
Devo solo riposarmi. Sai, oggi è stata una giornata faticosa
per me.”, concluse
la ragazza, abbozzando una risata amara.
Solo Mamoru ci
mancava in quel momento. Era lui che aveva
iniziato l’opera. Era lui la causa del suo
“malessere”. Peccato che il povero
Seiya era all’oscuro di tutto questo. Ma non avrebbe dovuto
sapere. Non voleva
che soffrisse inutilmente. Teneva comunque a lui. E poi tanto il bacio
di
Mamoru era stato solo uno sbaglio. O almeno credeva.
“D’accordo
amore. Come vuoi tu.”, le disse il giovane,
regalandole un dolce sorriso che fece sentire in colpa la povera
malcapitata.
Lo guardava con occhi tutt’altro che innocenti. Peccato che
Seiya fosse
talmente innamorato di lei da non accorgersene.
Era
così buono con lei. Così premuroso. Anche lei non
voleva
essere da meno. Pure se non era convinta di amarlo fino in fondo.
“Seiya,
ascolta. Stamani ho incontrato Mamoru al
supermercato. Mi ha confidato di aver avuto molto da fare con il
lavoro, ma
credo che oggi sia libero. Dovresti provare a chiamarlo.”,
gli confessò la
ragazza sinceramente. Sapeva quanto il suo uomo tenesse a lui.
“Ah
davvero, Usa? Sono contento! Mica vi siete insultati per
caso?”, le domandò, divertito.
“Solo
un pochino!”, gli rispose Usagi molto allegramente.
“Ah
ah! Lo sapevo! Sei unica, amore mio!”
Dopo aver
pronunciato ciò, il ragazzo con il codino la
strinse forte a sé.
Ah, come
l’amava! Quanto era necessaria la presenza di lei
nella sua vita!
“Usa,
ti amo tanto! Non posso vivere senza di te! Non lasciarmi
mai! Dimmelo, ti prego!”, esternò con un filo di
voce, romanticamente.
In quello stesso
istante la ragazza si sentì morire dentro. Certo,
era piacevole ricevere dichiarazioni d’amore da Seiya ogni
giorno perché la
faceva sentire importante, ma in quel preciso momento si sentiva
impotente.
Non poteva
promettergli una cosa del genere. Almeno non dopo
essere stata baciata da un altro.
“Mannaggia
a te, Seiya! Sei sempre così fuori luogo!”,
pensò,
sospirando a lungo.
“Sei
ripetitivo amore! Uhm... direi che... non te lo dico!”,
gli rispose staccandosi dal suo abbraccio
e facendogli una pernacchia.
“Ah,
brutta birbante!”, cominciò a dire il cantante,
incuriosito dal comportamento di lei.
Usagi aveva
iniziato a correre e lui la stava inseguendo per
acciuffarla e fargliela pagare cara.
“Meno
male che riesco sempre a cavarmela! Meno male che ha
abboccato alla mia provocazione!”, rimuginò
esausta.
“Presa!”,
gridò lui.
“Dai
Seiya non vale! Sono stanca!”, disse lei, cercando di
divincolarsi invano dalla sua tenuta.
Il ragazzo la
manteneva ferma, abbracciandola da dietro, con le
braccia sul collo di lei che prontamente cominciò a baciare.
“Dai
Seiya, potrebbero vederci i miei!”, supplicò la
donna.
“Non
mi importa!”, rispose lui. Aveva troppo desiderio di lei.
La
girò e ben presto la ragazza si ritrovò faccia a
faccia
con il suo fidanzato.
Iniziò
a baciarla appassionatamente, facendole girare
vistosamente la testa.
Lei era
costretta a rispondere al bacio per non soffocare,
anche se non ne aveva nessuna voglia.
Chiuse gli occhi
cercando di concentrarsi.
Non
l’avesse mai fatto. Le compariva l’immagine di
Mamoru che
la baciava.
Seiya la stava
baciando avidamente e lei pensava al migliore
amico di lui.
Sentiva il
calore della sua mano sfiorargli la guancia e poi
il dito che le disegnava il contorno delle labbra. Sentiva il suo
sapore sulla
bocca.
Non riusciva
più a sopportare i baci asfissianti del suo
ragazzo. Si staccò violentemente.
“Scusami
amore, ma mi stavi soffocando! Sei stato troppo
brutale!”, gli disse facendogli l’occhiolino.
Ovviamente Seiya
bevve la sua bugia.
“Hai
ragione, amore mio. Il fatto è che non riesco proprio a
resisterti!”, le confessò baciandole
l’orecchio.
“Adesso
devo andare, Usa-chan. Le prove mi aspettano! Verrò a
prenderti alle 18!”.
Così
dicendo, la salutò e si avviò verso il garage di
casa
sua, dove lo aspettavano i fratelli.
La ragazza
finalmente poté entrare nella propria abitazione.
Consegnò
le buste della spesa, precedentemente appoggiate per terra, alla madre
e salì
in camera sua.
Emise un sospiro
di sollievo buttandosi sul letto.
“Che
ho fatto di male per meritarmi tanta tachicardia? Se continuo
così non c’arrivo a 30 anni!”, si disse
tra sé e sé.
Prima Mamoru che
l’aveva baciata, poi Seiya che era comparso
così all’improvviso.
Volevano proprio
farla morire.
Ok, Seiya era il
suo ragazzo e il suo atteggiamento era
plausibile!
Ma Mamoru
invece? Perché si era comportato a quel modo?
Sentiva il cuore
battere alla velocità della luce. Strinse il
cuscino tra le mani, pensando al bacio che l’uomo le aveva
rubato.
Ogni volta che
chiudeva gli occhi, lo riviveva.
“Ah,
come vorrei che non fosse mai accaduto!”, si diceva,
disperata.
Purtroppo
sentiva di provare una forte attrazione per il
dottore.
Pensava ai suoi
occhi profondi, ai suoi capelli arruffati, al
suo fisico scolpito nello smoking... che spettacolo per la sua vista!
Si mise il
cuscino sulla faccia per evitare pensieri sconci.
Peccato,
però, che la sua non era solo una attrazione fisica.
Quel ragazzo la prendeva anche caratterialmente.
“Basta!
Non devo pensarci! Tanto io ho Seiya e sto benissimo
con lui!”, mentiva a sé stessa.
Forse era meglio
non rimuginare oltre.
Si
allungò meglio sul letto, mettendosi comoda, e si
addormentò.
La stanchezza
emotiva che aveva subito quel giorno aveva
prevalso.
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Capitolo 9 *** Capitolo 8: Pensando a te. ***
Capitolo 8:
Pensando a te.
Primo
pomeriggio.
Appartamento
di Mamoru.
“Che
hai fatto Mamoru Chiba?”, si chiedeva affannato il
ragazzo una volta entrato nella sua abitazione. Aveva corso per tutto
il
tragitto e ora se ne stava con la schiena appoggiata sulla porta di
casa.
“Che
ho fatto? Come mi è saltato in mente di baciare la
ragazza di Seiya?”, si malediceva il medico, avanzando verso
il bagno.
Una volta
entrato, si sciacquò il viso con l’acqua gelata
per
schiarirsi le idee. Si guardò allo specchio, bagnato. Gocce
d’acqua miste a
gocce di sudore cadevano silenziosamente nel lavandino.
“Usako
mi attrae... mi attrae pericolosamente! Devo stare
attento a lei... non posso comportarmi come un quattordicenne alla
prima cotta.
Usako, Usako! Che colpe hai tu? Nessuna! Forse solo quella di essere la
ragazza
di Seiya. Già Seiya! Come ho fatto a non pensare a lui! Con
il mio comportamento,
rischio di porre fine alla nostra amicizia. E non voglio! Sono sicuro
però che
Usako non gli dirà nulla della mia azione impulsiva. Forse
dovrei trattarla
come se fosse mia sorella! Già, devo provare a fare
così. Anche se dubito di
poterci riuscire, ma non posso più tradire Seiya come ho
fatto oggi!”, pensò
con un velo di amarezza, asciugandosi il viso con
l’asciugamano color lavanda.
Come avrebbe
fatto a trattare Usagi come una sorella? Solo ad
immaginarla, provava un brivido lungo la schiena.
Si
buttò di peso sul divano in pelle nero che si trovava in
soggiorno. Sperava di addormentarsi. Forse non ci sarebbe riuscito,
perché ogni
volta che chiudeva gli occhi gli compariva lei prepotentemente.
Era
così bella, Usako. Anche se aveva quel caratterino
difficile, lo faceva impazzire ugualmente. Il bacio che le aveva dato
poi era
stato sublime! Gli era sembrato di toccare il cielo con un dito.
“Basta,
Mamoru! Devi smetterla di pensare a lei!”, si disse,
schiaffeggiandosi il viso violentemente.
Stava forse
diventando matto? Non gli era mai capitata una
cosa del genere prima d’ora.
Si
alzò dal suo amato sofà e andò ad
accendere lo stereo. Forse
un po’ di buona musica l’avrebbe aiutato.
Sulla stazione
radio stava passando il brano di Adele,
Someone like you.
Che dolce
melodia aveva quella canzone. Chiuse gli occhi per
assaporarne ogni nota.
Ma ancora una
volta, ecco Usagi apparirgli davanti. Sorrideva,
gli parlava, lo insultava, arrossiva. Come un flash, gli compariva
l’istante in
cui le aveva toccato il viso. Che labbra morbide aveva! Mamoru le stava
disegnando per aria, immaginando che fosse lì con lui. E poi
il bacio. Quel piccolo
innocente gesto che gli aveva fatto battere fortemente il cuore.
“Perché
mi sto facendo del male inutilmente? Sei uno stupido
Mamoru!”, si ripeté per l’ennesima volta.
Pensare alla
ragazza del cantante stava diventando un’agonia
per lui. Poi era sbagliato per principio. Le ragazze dei propri amici
sono
intoccabili. In tutti i sensi.
Doveva levarsela
dalla testa a tutti i costi.
A un certo
punto, il suo cellulare squillò.
Non aveva
nessuna voglia di alzarsi dal divano per
rispondere. Decise di farlo, alla fine. Spense lo stereo e rispose.
“Pronto?”
“Pronto,
Mamo? Sono Seiya!”, gli disse la voce dall’altra
parte.
“Ciao
Seiya! come stai?”, rispose Mamoru con una voce
sconsolata.
Seiya era
l’ultima persona che volesse sentire in quel
momento.
“Mamma
che fiacca che hai! Si vede che lavori tanto sul
serio! Usa-chan aveva ragione!”
Usagi? Cosa
c’entrava Usagi in quel momento?
“Sai,
prima sono passato da lei e mi ha detto che vi eravate
incontrati al supermercato. Mi ha confessato che non ti sei fatto vivo
in
questi giorni perché eri molto occupato con il lavoro. Ma
una tiratina di orecchie
appena ti vedo te la faccio!”, gli rivelò il
cantante.
Mamoru ascoltava
silenzioso.
“Non
ti ha detto nient’altro, Usako?”, gli chiese
lucidamente.
“No
perché cos’altro avrebbe dovuto dirmi?”,
domandò stupito
Seiya.
“Ah
ah! No, niente! Solo che l’ho aiutata a portare le buste
visto che stava precipitando con tutta la spesa! È proprio
una pasticciona la
tua ragazza!”, aggiunse, salvandosi in corner.
“Ma
è proprio per questo che io l’adoro! Lei
è unica nel suo
genere!”
Quelle parole
dette così sinceramente dal cantante, gli
pizzicarono il cuore.
Sorrise. Anche
se lui provava una specie di colpo di fulmine per
la sua ragazza, era contento che lui fosse felice con lei.
“Sai,
mi fa piacere che tu abbia trovato una fidanzata
splendida come Usako. Te la meriti proprio!”, gli
confessò, invidiandolo non
poco.
“Grazie
Mamo! Sono sollevato nel constatare che avete
sotterrato l’ascia di guerra! Ora la chiami addirittura
Usako!, gli fece notare
l’amico, soddisfatto.
“Diciamo
che un po’ ci siamo insultati oggi, ma leggermente! Comunque
credo che ben presto diventeremo ottimi amici!”
Già
amici. Chissà se era possibile per lui e Usagi.
“Senti,
Mamo. Stasera hai da fare?”, gli chiese
all’improvviso
Seiya.
“No
perché?”
“Beh,
pensavo potessi passare al mio garage e assistere alle
prove che dobbiamo fare io e i miei fratelli. Che ne dici di venire
verso le 20?”
“Dico
che va bene! Sarò lì puntuale!”, gli
promise il
ragazzo.
“A
stasera allora!”, gli confermò il cantante,
riattaccando
la cornetta.
Mamoru emise un
sospiro di sollievo. Usagi era stata
corretta. Non aveva rivelato il suo passo falso a Seiya.
Questo la
rendeva ancora più adorabile! Come avrebbe voluto
abbracciarla in quell’istante! Se solo fosse stata
lì con lui!
“Basta
pensare alle ragazze degli altri! Concentrati su
qualche altra cosa, Mamoru!”, si diceva, esasperato,
tirandosi i pugni in testa.
Alla fine
optò per una doccia. Forse l’acqua gli avrebbe
permesso di rilassarsi e dimenticarsi momentaneamente di lei.
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Capitolo 10 *** Capitolo 9: Per un attimo, solo noi. ***
Capitolo 9: Per
un attimo, solo noi.
Casa
di Usagi.
Drin
Drin!
“Oh,
no. Seiya è già arrivato!”,
esclamò agitata Usagi, non
essendo ancora pronta.
“Usagiiiiii!”,
le urlò la madre dal piano di sotto.
“Seiya
è arrivato!”
“5
minuti e scendo!”, le rispose la ragazza, da sopra.
“Scusala
Seiya! Mia figlia è sempre così lenta! Prego,
accomodati pure”, si giustificò la signora Ikuko
Tsukino, facendolo entrare in
sala.
“Non
si preoccupi. La aspetterò qui.”, le disse,
sedendosi su
uno dei divanetti presenti nella stanza.
Non dovette
aspettare molto.
“Eccomi!”,
gli urlò Usagi, mentre scendeva le scale, quasi
cadendo.
Indossava uno
dei suoi soliti vestitini di cotone leggero,
color viola chiaro con a piedi un paio di ballerine bianche. Aveva
anche un copri
spalla dello stesso colore delle scarpe.
Seiya rimase
colpito dall’immensa bellezza della sua donna. Per
essere una pasticciona, aveva un elegante portamento. Sembrava quasi
una
regina.
Le si
avvicinò dandole un leggero bacio sulla guancia.
“Finalmente
possiamo andare, amore. Dove ti porto, mia
principessa?”, le chiese il bel cantante, vestito con una
T-shirt nera e un
paio di jeans.
Usagi lo
guardava, ammaliata. Doveva ammetterlo, il suo
ragazzo era decisamente carino. Non aveva nulla di meno di Mamoru.
Mamoru!
Perché le veniva in mente ancora una volta? Scosse la
testa violentemente.
“Ehi,
Usa! Tutto apposto? Mi sembri strana!”, le fece notare
il ragazzo.
“Che?
No, tutto ok amore! Dai, andiamo in centro! Facciamoci
un giro per i negozi!”, gli disse la biondina per
scagionarsi, prendendolo per
mano.
“Quel
Mamoru finirà per farmi impazzire!”,
pensò mentre
varcavano la porta di casa, dopo aver salutato Ikuko, indaffarata a
vedere la
sua soap opera preferita in TV.
Avanzarono,
abbracciati, per il centro della strada cittadina.
Erano circondati da un mare di negozi. Usagi teneva la testa verso il
basso. La
imbarazzava guardare Seiya negli occhi, perché si sentiva
sporca. Dopotutto poche
ore prima aveva baciato il suo amico. Lui invece sembrava sereno e
rilassato. Ogni
tanto alzava lo sguardo e lo fissava. Era davvero molto attraente.
Allora perché,
dopo 6 mesi, pur dicendogli che lo amasse, non sentiva per lui lo
stesso
trasporto che credeva di provare per Mamoru, che era per lei quasi uno
sconosciuto? Era così confusa! Si strinse ancor di
più a lui.
“Amore
sicura di stare bene? Ti vedo un po’ pallida.”, le
disse il cantante, preoccupato, mentre le accarezzava i capelli sciolti
dolcemente.
“Avevo
solo voglia di sentirti più vicino a me.”, gli
rispose, timidamente.
Il giovane le
sorrise. Gli piaceva quando la sua Usagi gli
parlava in quel modo. Sembrava una bambina in cerca di coccole. E lui
amava
accontentarla.
“Guarda
Seiya!”, gli disse all’improvviso, indicandogli un
negozio di antiquariato.
Impazziva alla
vista degli oggetti antichi. Le brillavano gli
occhi dall’emozione.
“Dai,
entriamo!”, esclamò strattonando il ragazzo ed
entrando
all’interno dell’esercizio commerciale.
C’era
di tutto lì dentro. Mobili, vasi, scrivanie, librerie,
libri, opere d’arte, soprammobili, carillon. Tutto sapeva di
vissuto.
“È
stupendo, non trovi?”, disse Usagi, entusiasta.
“Se lo
dici tu, amore! Sai, io non vado matto per questa
roba!”, gli rivelò il cantante.
“Lo
so, testone! Se vuoi, puoi andare nel negozio di musica
qui di fronte. Sento che smani dalla voglia di entrarci!”, lo
stupì la
biondina.
“Ti
adoro!”, le sussurrò il ragazzo, dandole un
soffice
bacio.
“Ci
vediamo tra poco!”, continuò.
Ora avrebbe
potuto dedicarsi all’ammirazione di quegli articoli
stupendi in santa pace.
Che belli quei
mobili in legno mogano! E che dire di quelle
sedie in noce e palissandro! Anche quelle scrivanie in olmo non erano
niente
male.
Bellissimi i
vasi in terra cotta e le sculture in marmo
antico.
Come erano
magnifici quei libri dalle pagine ingiallite! Si chiedeva
a chi fossero appartenuti.
A un tratto, fu
catturata da uno strano carillon a forma di
stella, legato a una catenina.
Sembrava meno
antico degli altri.
“Quello
è un portafortuna, signorina. Una antica leggenda
dice che conduca verso il vero amore e che, una volta trovato, duri per
sempre.”,
le spiegò la commessa del negozio.
“OOOOh!”,
riuscì a pronunciare Usagi.
Lei amava quel
genere di cose legate all’amore.
“Ho
deciso! Lo prendo!”, esclamò, felicissima del suo
acquisto.
Poi
uscì dal negozio di antiquariato e raggiunse Seiya nel
locale di fronte.
Il suo ragazzo
era circondato da una serie di fan depravate
che lo toccavano da tutte le parti.
Alla vista di
quella scena, la biondina sbuffò. Certo, che
alcune ragazze non avevano il benché minimo rispetto. Non
appena si accorse di
lei, il cantante le fece cenno di aiutarlo.
La ragazza, con
fare deciso si fece spazio tra la folla
prepotentemente, lanciando anche gomitate qualora fu necessario e si
riprese il
suo fidanzato.
“Lui
è mio!”, disse, rivolgendo loro un sorriso di
soddisfazione. Le sostenitrici di Seiya la maledissero, inviperite.
“Ce ne
hai messo di tempo, Usa-chan! Credevo di morire!”, la
rimproverò il ragazzo con il codino che ormai era sciolto.
“Mica
è colpa mia se hai delle ammiratrici fuori di
testa!”,
gli rispose a tono la giovane.
Si allontanarono
velocemente dal negozio di musica e Seiya,
per farsi perdonare dalla sua amata per averla sgridata, le
offrì un gelato
panna e cioccolato.
Camminarono per
un bel po’ in lungo e in largo, visitando i
vari locali che la città offriva loro.
Il tempo
passò rapidamente e ben presto si fece buio. Ora si
trovavano nei pressi del garage di Seiya, dove lui provava sempre con i
fratelli.
“Ma
che ore sono?”, disse ad un tratto il ragazzo.
“Sono
le 19:45, amore!”, lo informò Usagi.
“Cavolo,
è tardi! Mamo viene alle 20 al mio garage e lui
solitamente è molto puntuale! Devo anche accompagnarti a
casa... non farò mai
in tempo in questo modo!”, si disperò il cantante.
“Idea!
Perché non vieni anche tu con me? Potremmo mangiare
qualcosa così tutti assieme. E non appena Mamoru se ne
andrà ti accompagnerei a
casa!”, le propose, soddisfatto di aver trovato una soluzione
brillante.
Cosa? Stare con
Mamoru e Seiya nella stessa stanza? Le sarebbe
stato impossibile stare tranquilla, sapendo che il dottore era affianco
a lei.
Seiya si sarebbe accorto che lei non era affatto immune al fascino
dell’amico. E
sarebbe stata una catastrofe! Non poteva rischiare.
“Ehm,
amore. Non ti preoccupare per me. Io torno da sola a
casa. Tanto non è ancora buio pesto. (Bugia!) Non posso
rimanere, perché la
mamma ha già preparato la cena per stasera e se non ci sono
poi mi rimprovera. (Bugia!)
Mi spiace non poter essere lì con voi. (Bugia!)
Sarà per la prossima volta!”,
gli disse fermamente.
“D’accordo,
amore mio. Ti capisco, le mamme sono tutte delle
grandi pignole. Mi raccomando, stai attenta ora che percorri la strada
del
ritorno. Come arrivi a casa, avvisami. Così non sto in
pensiero!”, si assicurò
il ragazzo.
Si
avvicinò e la baciò appassionatamente. Poi
l’abbracciò,
sussurrandole:
“Ti
amo Usagi! Aspetto con ansia il momento in cui sarai
completamente mia!”
Usagi
avvampò per la vergogna. Come gli venivano in mente
certe cose in quel momento?
“Dai
scherzavo, amore!”, la rassicurò il cantante.
“A
domani, Seiya.”, lo salutò lei, ancora sconvolta.
Dopotutto negli
scherzi c’era sempre un fondo di verità.
Già,
ormai erano sei mesi che erano fidanzati e lei non si era ancora
concessa a
lui. Ma non era colpa sua se non si sentiva pronta ad affrontare quel
passo
importante.
Poi, dopo la
comparsa di Mamoru, la voglia le era passata
completamente.
Mentre camminava
per tornare a casa, i suoi pensieri erano
dedicati ancora al bel medico.
Forse era
già arrivato da Seiya.
Chissà
se durante il giorno avesse pensato al bacio che le
aveva rubato quella mattina.
Chissà
quando l’avrebbe rivisto.
“Che
ti frega, Usagi! È molto meglio se non lo vedi!”,
rimuginava tra sé e sé.
All’improvviso
una goccia le cadde sul viso. Poi un’altra e
tante altre ancora.
Si era messo a
piovere e lei era senza ombrello!
Cominciò
a correre perché la pioggia si stava facendo sempre
più battente.
Si mise, per
evitare di bagnarsi i capelli, la borsa sopra la
testa.
“Mannaggia
come sono sfortunata!”, urlò a sé
stessa,
aumentando la velocità della corsa.
Siccome aveva lo
sguardo rivolto a terra, per proteggersi il
viso dall’acqua, non riusciva a vedere davanti a
sé.
Tonk!
Cadde sul suolo
asfaltato. Aveva sbattuto contro qualcosa. O contro
qualcuno, non le interessava. Ormai era bagnata fradicia. Si sarebbe
ammalata
sicuramente. Il carillon a forma di stella, che aveva messo in tasca,
le era
caduto senza che se ne fosse accorta.
“Non
è possibile!”, le disse una voce di fronte.
“Testolina
buffa!”
Alzò
lo sguardo e lo vide. Mamoru era di fronte a lei e stava
tendendole la mano per aiutarla ad alzarsi. Per poco non
rischiò l’infarto.
Il ragazzo era
lì, completamente bagnato, che le faceva
mozzare il fiato in gola.
Non indossava
più lo smoking, ma una camicia bianca con un
paio di jeans. Insomma, come un ragazzo normale.
Usagi
arrossì all’improvviso, notando che la camicia di
Mamoru con l’acqua era diventata trasparente, mettendo in
risalto tutte le sue
qualità fisiche.
Il medico dal
canto suo, guardava con occhi profondi quella
ragazza che gli stava facendo battere il cuore ad una
velocità spaventosa. Era completamente
zuppa e così indifesa. Così sexy.
“Mamoru,
ricorda che lei è come se fosse tua sorella! Trattala
come tale!”, si ripeteva mentalmente il ragazzo.
“Usako,
ma mi vieni sempre addosso! Sta diventando un vizio
il tuo!”, la provocò.
“Scusa,
n-non ti ho visto...”, balbettò Usagi,
visibilmente
imbarazzata. La presenza di quell’uomo la faceva sentire
quasi un’inetta.
I loro cuori
battevano all’unisono, ma nessuno dei due voleva
ammettere che tra loro era nato qualcosa. Entrambi respingevano ogni
sensazione
per il bene di Seiya.
A un certo
punto, si udì un boato terribile. Era appena
caduto un fulmine.
“AAAAAAH!”,
urlò la donna, buttandosi tra le braccia del
dottore.
Mamoru si
irrigidì a quel contatto. Quella piccola creatura
aveva paura dei tuoni.
Cominciò
ad accarezzarle la testa, sussurrandole:
“Tranquilla,
Usako! Ci sono io con te!”
La ragazza,
sconvolta, non si era resa conto del gesto che
aveva compiuto.
Mamoru la
strinse ancora di più a sé. La pioggia scendeva
ininterrottamente sui loro corpi, ma a lui non interessava.
Voleva
assaporare quell’unico momento con lei, fino alla
fine. Poi, sarebbe pure morto volentieri.
Usagi, dal canto
suo, si sentiva protetta e spaventata allo
stesso tempo.
“Cosa
mi stai facendo Usako!”, gli confessò.
A quelle parole,
la ragazza strabuzzò gli occhi, non credendo
alle proprie orecchie.
L’uomo
cominciò a sospirare affannosamente: si sarebbe
sentito male se non l’avesse baciata immediatamente.
In
quell’istante non gli importava di nulla. Né di
Motoki, né
di Seiya, né di nessun’altro. In
quell’attimo esistevano solo lui e Usagi.
La spinse
leggermente lontano da lui e la baciò. Non un bacio
semplice. Un bacio carico di amore e desiderio. Desiderava Usagi
più di ogni
altra cosa al mondo. Con quel bacio voleva illudersi che lei fosse sua.
Che sarebbe
stata sua solo per un attimo.
Usagi rispose
per un istante a quel contatto con la stessa
passione. Poi il senso di colpevolezza la divorò. Lei era la
ragazza di Seiya.
Una ragazza traditrice ed egoista. Non poteva fargli questo.
Gli morse il
labbro e si staccò bruscamente.
Era rossa come
un peperone. Mamoru stava sanguinando. Ma che
importava! Era colpa sua! Era tutta colpa sua!
“Perché?
Perché lo fai? Perché mi hai baciata di nuovo?
Perché
fai questo a Seiya?”, gli rinfacciò duramente.
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Capitolo 11 *** Capitolo 10: Non potrò mai dimenticarti. ***
Capitolo 10: Non
potrò mai dimenticarti.
La pioggia
continuava a scendere copiosa.
Usagi e Mamoru
la accoglievano sui loro corpi freddi.
“Perché
fai questo a Seiya?”, continuò a dire la biondina
con
voce flebile, con il viso ancora acceso dall’emozione poco
prima subita.
“Ahi,
ma sei matta? A momenti, mi staccavi un labbro!”, gli
urlò, dolorante il bel medico.
“Ben
ti sta, traditore di amici!”, gli gridò, stizzita
la
donna.
“Guarda
che le cose si fanno in due!”, le fece notare il
ragazzo, mentre si tamponava la ferita con un fazzoletto.
“Io
non ho fatto proprio niente, mio caro! Sei tu che mi hai
baciata!”, si giustificò lei.
“Dimmi
solo perché l’hai fatto nuovamente!”
Il silenzio
cadde tra i due. Il vento accarezzata i loro
capelli fradici.
“Usako...
vedi io tengo moltissimo all’amicizia con Seiya e
non lo tradirei mai per nessuna ragione. Ma da quando ti ho conosciuta,
dal
primo istante in cui ti ho guardata negli occhi non faccio altro che
pensare a
te. Puoi farmene una colpa, se vuoi. Non so dirti cosa mi prende, ma
quando ti
vedo, quando mi parli, mi insulti, quando ti comporti da stupida, da
egocentrica e pasticciona, io non capisco più niente! Mi
comincia a martellare
forte il cuore e la ragione mi sfugge di mano! Mi piaci Usako! Non solo
fisicamente, visto che sei una bellissima ragazza. Questo tuo carattere
forte e
testardo mi affascina ancora di più. Per questo, dopo il
bacio di stamani,
avevo intenzione di evitarti. Ma per quanto voglia, ci si mette pure il
destino
a farsi beffa di me, facendomi incontrare te. Io sono attratto da te,
Usa-chan.
Ho voglia di baciare il tuo viso tutte le notti, di toccarti. So che
non devo
fare questo tipo di pensieri su di te. Perché tu appartieni
a Seiya, sei sua. Non
voglio illudermi di farti mia perché è
impossibile. Però prima, quando ti sei
buttata tra le mie braccia per lo spavento del tuono, ho voluto
assaporare le
tue labbra per l’ultima volta. Sono un’egoista, lo
so! Non si ripeterà mai più
una cosa del genere in futuro, sappilo! Sei troppo preziosa per il mio
amico. Anche
se sono innamorato di te, non ti recherò più
fastidio. Cercherò di scordarmi di
te, testa bernoccoluta. Proverò a trattarti come
un’amica, anche se sarà
difficilissimo!”, le confessò Mamoru, con la sua
solita aria da duro.
Era complicato
per lui esternare i suoi sentimenti, ma in
quel momento, forse a causa dell’atmosfera calda che si era
creata tra i due,
ci era riuscito.
Usagi lo
guardava lì, incredula.
Certo, le dava
fastidio sentirsi dire stupida, egocentrica e pasticciona!
Allo stesso tempo, però, non poteva essere che felice.
All’improvviso
le gambe le cedettero e cadde sulle ginocchia.
Mamoru era
innamorato di lei! Non riusciva ancora a crederci!
Si
toccò il viso. Era incandescente e il cuore sembrava che
stesse per uscirle dal petto per quanto batteva forte.
“N-non
ci posso credere! S-sei davvero innamorato di me?,
domandò, balbettando.
Mamoru la stava
studiando con lo sguardo. Era un po’ imbarazzato
per essersi dichiarato. Non capiva, però,
l’atteggiamento della ragazza. Per lui,
era strano il comportamento di Usagi.
“Te
l’ho detto, testa di rapa! Sono innamorato di te!”,
le
rispose, inginocchiandosi davanti a lei e prendendole il mento con la
mano.
A quel tocco,
Usagi si sentì vicina all’attacco di cuore. I suoi
occhi si riflettevano in quelli del ragazzo.
“Ma tu
sei davvero innamorata di Seiya?”, le chiese Mamoru,
spiazzandola.
Cos’era
ora questa domanda? Come poteva rispondergli di sì se
nemmeno lei ne era più così sicura?
“Lasciami!
Non toccarmi!”,gli urlò, scacciandolo.
“Che
domande fai!Certo che lo amo!”, gli mentì,
alzandosi in
piedi.
“Scusa.
Volevo solo sentirtelo dire, per mettermi
definitivamente il cuore in pace!”, borbottò
l’uomo.
“Senti!”,
cominciò Usagi, “Non dirò nulla di
quello che è
successo a Seiya. ci rimarrebbe troppo male. Fai anche tu lo stesso, se
non
vuoi perderlo. Ora me ne vado. Ho beccato pure troppa pioggia a causa
tua! Ci
vediamo Mamoru!”
Lo
salutò e corse via, lontano da lui, il più
velocemente
possibile.
Il medico rimase
lì, ad osservarla mentre si allontanava. Fece
un sorriso malizioso.
“Usako,
Usako. Chi vuoi prendere in giro? Se fossi stata
davvero innamorata del tuo ragazzo, non ti saresti comportata in questo
modo
adesso! Possibile che tu sia già cotta di me? Mah, anche se
fosse, ormai ti ho
già detto addio. Non posso proprio amare la ragazza del mio
grande amico! Non
posso rischiare di perdere un fratello! Piuttosto preferirei
morire!”
Le sue parole
erano un misto di gioia e di amarezza. Decise di
non pensarci più, incamminandosi lentamente verso il garage
di Seiya.
A un certo
punto, il suo piede urtò qualcosa.
“Che
cos’è?”, disse il giovane, abbassando lo
sguardo a
terra.
Uno strano
ciondolo era lì. Lo raccolse e si accorse che si
trattava di un carillon a forma di stella.
Chissà
di chi era. Forse, di Usako?
“Ma
sì, è sicuramente di quella svampita!”,
pensò, sorridendo.
Lo
aprì. Che musica dolce emanava quello strumento! Romantica
e triste allo stesso tempo. Sembrava parlasse di un amore perduto e mai
dimenticato. Un po’ come la situazione che si stava creando
tra lui e Usagi.
Decise di
tenerselo. Non l’avrebbe restituito alla sua
padrona.
“Usako..”,
pronunciò, baciando l’oggetto che ora stava
stringendo con amore.
Era sicuro che
non l’avrebbe mai dimenticata.
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Capitolo 12 *** Capitolo 11: Voglio che tu sia mia... ***
Capitolo 11:
Voglio che tu sia mia...
N.B. Salve a
tutti! Ho modificato il titolo e la fine del
capitolo che non mi soddisfacevano prima. Buona lettura!:)
Anf,
anf!
Non aveva
più fiato, Usagi. Aveva corso talmente velocemente
che il respiro le era diventato più concitato del solito. E
non solo a causa
dello sforzo fatto.
Era talmente
sfinita, che una volta arrivata davanti casa,
prima di entrarvi, dovette aggrapparsi al cancello per non cadere.
La pioggia
continuava a scendere copiosa, bagnando la ragazza
ancor più vistosamente di quello che già era.
“Seiya...
ho bisogno di te...”, riusciva a sussurrare tra gli
affanni, con gli occhi lucidi.
“Ho
bisogno di te...”, continuava a ripetere nel buio della
sera.
Poteva varcare
il cancello, tornare a casa e dimenticare
tutto con un bel bagno caldo.
Poteva entrare,
salutare i suoi parenti e mangiare gelato
fino a scoppiare.
Ma a cosa
sarebbe servito? Mamoru sarebbe ricomparso
prepotentemente nei suoi pensieri. Era riuscito a mandarla in
confusione per
l’ennesima volta in quei pochi giorni.
L’aveva
baciata di nuovo. Pochi minuti prima di tornare nella
sua villetta. Pochi minuti dopo che aveva salutato il suo ragazzo.
Lei non aveva
fatto niente per evitarlo. Anzi in qualche modo
l’aveva permesso quando si era buttata involontariamente tra
le sue braccia.
Era sicura di
provare qualcosa per lui. Qualcosa che era più
forte di lei, a cui non riusciva a sottrarsi. E questo la faceva stare
male
perché non voleva ammetterlo al suo cuore. Si sentiva
terribilmente in colpa
nei confronti di Seiya. Avrebbe voluto che lui fosse lì con
lei in quell’ istante.
Avrebbe potuto aiutarla a dimenticare il comportamento di Mamoru.
In quel momento,
per quanto si sforzasse, le tornavano in
mente gli attimi con lui. Quando le loro labbra si erano incontrate
avrebbe
voluto che il tempo si fermasse per sempre. Quando la teneva stretta a
sé sperava
che durasse per l’eternità.
Era paurosamente
felice di sapere che lui l’amasse. Le
sembrava di toccare il cielo con un dito.
“Ma
cosa dici Usa? Non puoi.. non puoi innamorarti di lui!”,
bisbigliò, in un mix di disperazione e turbamento.
Non poteva
permetterselo!
Prese
istintivamente il cellulare dalla borsa e compose il
numero di Seiya.
Garage
di casa Kou.
“Uffa
Mamo è in ritardo!”, sbuffò il ragazzo
col codino,
stanco di aspettare l’amico.
Era arrivato in
garage prima del solito proprio per non far
aspettare l’amico.
“Strano..
lui è sempre così puntuale...”, si
chiedeva
cercando di attirare l’attenzione dei due fratelli, intenti a
scrivere una
canzone sul vecchio tavolo di legno in mezzo alla stanza. Se ne stavano
in
piedi perché le sedie non c’erano e il
confortevole divano color avorio era
troppo in là rispetto alla loro posizione.
“A me
non interessa nulla.”, esordì Yaten, con la solita
aria
di sufficienza e di freddezza che caratterizzava il suo sguardo di
ghiaccio.
Anche lui portava i capelli color argento raccolti in un codino.
“Concentriamoci
sulle cose serie come questa canzone!”,
continuò Taiki con calma e dedizione, che diversamente da
Yaten, aveva i
capelli castani anziché argentei, sempre raccolti in un
codino. Era un tipo
sofisticato, lui.
“Grazie
per le vostre uscite! Siete sempre così d’aiuto
voi due!”,
esclamò il cantante, scocciato, avvicinandosi alla sua
chitarra nera.
Erano le 20.35 e
del dottore nemmeno l’ombra.
“Forse
avrà avuto un urgenza in ospedale!”,
pensò cominciando
a suonare qualche accordo.
Ci teneva che
venisse a sentire le prove delle sue canzoni.
Tra queste, ce ne era una dedicata in particolar modo alla sua ragazza
e gli
sarebbe piaciuto sentire il suo parere. Conosceva Mamoru, non
l’avrebbe mai
illuso: se la composizione non l’avesse soddisfatto glielo
avrebbe detto
chiaramente.
Oltre
ciò, era anche contento di passare qualche ora con il
suo vecchio amico come ai vecchi tempi, bevendo qualche birra e
parlando di
ragazze.
“Chissà
se frequenta qualcuno...”, si domandava curioso. Di
solito Mamoru era molto restio a parlare della sua vita privata, ma
magari gli
avrebbe confessato qualcosa riguardo qualche bella giovane.
Drin,
drin!
Drinnnnnnnnn!
“Ecco
forse è Mamoru che mi dirà che non
potrà più venire!”,
disse Seiya prendendo il suo telefono cellulare dalla tasca dei
pantaloni che
stava indossando.
Una volta
estratto, lesse il display. Non era Mamoru.
“Usagi?”,
si chiese sorpreso di ricevere una sua chiamata
così presto. Si erano lasciati pochi minuti prima.
“Pronto
amore! Cosa c’è? Va tutto bene?”, le
domandò
preoccupato.
A quelle parole,
seguirono attimi di silenzio.
“Usagi
ci sei? Pronto?”, continuò il ragazzo.
La biondina non
sapeva che cosa dire. Poi cominciò:
“Sì,
ciao Seiya. Sei in garage vero? Io invece sono davanti
casa completamente zuppa... e non voglio entrare conciata in questo
modo. In
realtà, vorrei stare ancora un po’ sola con te, se
non ti dispiace vorrei
conoscere il posto in cui componi le tue fantastiche
canzoni.”, gli disse molto
timidamente. Voleva la sua compagnia per non pensare a Mamoru.
Il ragazzo
sorrise. Erano rari i momenti in cui veniva fuori
una Usagi così coccolona.
“Amore
vorrei tanto, ma aspetto Mamo. Ricordi che sarebbe
passato da me stasera?”, le ricordò lui.
“Dai
amore, disdici tutto! Voglio stare in intimità con te...
ho voglia di te!”, si azzardò a pronunciare la
ragazza.
A quelle parole,
dette così sensualmente, il cantante col
codino non riuscì a resistere. Sentiva un forte calore
riscaldargli il corpo:
la voleva con tutto sé stesso.
“D’accordo
amore. Aspettami sotto casa tua. Verrò a prenderti
in un baleno!”, le disse con un filo di voce.
“Ti
aspetto. Fai presto!”, concluse lei, tirando un sospiro
di sollievo. Era necessario chiamarlo. Voleva sentire un po’
il suo amore per
lei. L’avrebbe aiutata a non concentrarsi sulla dichiarazione
d’amore del
dottore.
“Ragazzi,
sparite!”, urlò Seiya ai fratelli.
“Che
ti prende adesso?”, gli dissero in coro.
“Mi
prende che adesso la mia ragazza ha bisogno di me e io ho
avuto la brillante idea di portarla qui e stare con lei da soli. Quindi
voi due
levatevi di torno!”, spiegò il ragazzo.
“Uuh,
uuh... da soooli! Seiya, mi raccomando non farci
diventare zii! Siamo ancora giovani!”, lo prese in giro Yaten.
“Ma
cosa dici, maniaco?”, lo rimproverò Seiya,
avvampando.
“Ma
guardalo... è diventato tutto rosso! Dai, Yaten stava
scherzando! Lo sappiamo che tu sei una persona seria. Sbaglio o questa
è la
prima volta che fai venire Usagi al garage?”, gli
domandò un pacato Taiki.
“Già...
diciamo che è la prima volta che ci vediamo in una
stanza chiusa, da soli. Non so cosa potrebbe accadere...”, si
limitò a
pronunciare il ragazzo di Usagi, visibilmente imbarazzato.
“Non
farle male, mi raccomando!”, continuò a scherzare
il
ragazzo dai capelli color dell’argento.
“Naaa...
smettila Yaten! La tua è tutta invidia. Seiya, non
temere, andrà tutto bene. In fondo, vi amate ed è
giusto che iniziate a stare
un pò in intimità. Questo non vuol dire che
dobbiate far l’amore stasera! Anche
se secondo me, dopo 6 mesi che state insieme, qualcosa
accadrà...”, lo confortò
il saggio Taiki.
“Oh,
Taiki! Tu sì che mi sai capire!”, gli
confessò il
fratello con lacrime di gioia agli occhi. “Adesso
però andatevene! Devo
sbrigarmi a sistemare che tra qualche minuto devo andare a prendere la
mia
fantastica ragazza!”
Sorridenti, i
fratelli presero le sue parole alla lettera e
uscirono dal box, lasciando Seiya intento a mettere in ordine.
Mentre erano per
strada Yaten disse:
“Secondo
te lo faranno?”
“Non
lo so! Ma non sono affari nostri. Sei sempre il
solito!”, lo ammonì Taiki.
“Eddai,
voglio solo divertirmi un po’... sai quanto amo
prendere in giro tuo fratello!”, ammise il ragazzo col codino
argento,
facendogli l’occhiolino.
“Ehi,
guarda. C’è Mamoru!”,
continuò.
“Ciao
ragazzi! Da quanto tempo!”, li salutò il bel
medico.
“Sono
contento di rivedervi dopo tutto questo tempo!”
“Anche
noi lo siamo! Bentornato!”, esclamò Taiki,
abbracciandolo, seguito a ruota dal fratello.
“Cosa
ci fate qua? Non dovreste essere in garage a provare? E
Seiya non è con voi? Mi ha detto lui di passare stasera. Ho
fatto un po’ di
ritardo però.”, confessò Mamoru.
“Beh,
il nostro romantico fratellino ha ricevuto una chiamata
dalla sua adorabile fidanzatina che gli chiedeva di stare un
po’ da soli...
capisci cosa intendo, no?”, gli disse Yaten, malizioso.
“Veramente
no.”, rispose uno spiazzato Mamoru.
“Vedi,
loro sono 6 mesi che stanno insieme e non sono mai
stati da soli né in una casa né in luogo dove
potessero essere intimi. Oggi è
la prima volta per loro.”, continuò Taiki.
“Ok, e
allora? Non è una cosa eclatante, no?”,
cercò di auto
convincersi il dottore.
“Mamo
sei un po’ tonto! Non l’hanno mai fatto... sesso,
dico.
Stasera potrebbe essere la loro prima volta in tutti i
sensi!”, concluse il
ragazzo col codino marrone.
Dopo quelle
confessioni, a Mamoru si gelò il sangue. Sapeva
che Seiya non aveva ancora toccato Usagi, ma non avrebbe mai pensato
che
potesse accadere così presto. Certo, alla fine, era
legittimo che lui volesse
far l’amore con lei. In fondo, erano fidanzati.
“Perché
Usa vuoi stare in intimità con Seiya proprio
adesso?”, si stava chiedendo, con il cuore a pezzi.
Non
possiamo fare
questo a Seiya!: le
parole della ragazza gli piombarono in testa violentemente. Adesso era
tutto
chiaro.
Lei voleva stare
con Seiya per non pensare a lui.
Evidentemente dopo il bacio e la dichiarazione d’amore che le
aveva fatto, era
andata ancor di più in confusione.
“Allora
è vero che è innamorata di me...”,
pensò amaramente
il bel dottore.
Era disposta a
stare con un ragazzo che non amava piuttosto
che spezzargli il cuore e fargli perdere l’amicizia con il
suo migliore amico.
Questi pensieri
gli martellavano la testa ormai da qualche
minuto. Non si era nemmeno accorto che i due amici con cui si era
fermato lo
stessero chiamando.
“Mamo
tutto ok? Sei un po’ pallido!”, gli disse Yaten.
“Ehm..sì,
scusatemi. Ora devo andare. A presto!”
Detto questo si
allontanò velocemente. Cominciò a correre
più
rapidamente possibile. Voleva tornare a casa e mettersi a dormire
profondamente.
Quella sera la
ragazza che amava forse si sarebbe concessa al
suo amico. E questo lo faceva impazzire di dolore e gelosia.
Ad ogni passo
pensava alla sua testolina buffa. Pensava a
quanto fosse una persona nobile e soprattutto corretta. Lui, invece, si
era
comportato in modo irrispettoso con il suo migliore amico. Si odiava
per
questo.
Ma non poteva
sopportare il pensiero di Usagi tra le braccia
di Seiya, mentre facevano l’amore. Non poteva accettarlo.
Eppure non poteva
fare nulla per impedirlo.
Casa
di Usagi.
“Uffa
Seiya quanto tempo ci stai mettendo!”, esclamò
Usagi
scocciata.
Erano
già 15 minuti che lo stava aspettando. Non vedeva
l’ora
che arrivasse da lei. Avrebbe conosciuto il suo amato garage e,
chissà, forse
sarebbe accaduto qualcosa tra loro. D’altronde non erano mai
stati soli in quel
modo. Arrossì e pensò a Mamoru, sospirando.
“Mi
dispiace, ma tra noi non potrà mai esserci
nulla!”, si
disse tra sé e sé, malinconica, mentre Seiya la
salutava da lontano con la
mano.
Alla sua vista,
la ragazza decise di buttarsi tra le sue
braccia, lasciando il cantante basito e felice allo stesso tempo.
“Finalmente
sei arrivato, amore mio!”, gli disse.
“Oggi
sei diversa dal solito, piccola... ma mi piaci tanto
quando fai così!”, le confessò il
ragazzo, dandole un dolce bacio sulle labbra.
“Adesso
sbrighiamoci ad andare che sei bagnatissima!”,
continuò, prendendola per mano.
Arrivarono al
garage in pochi minuti. Mentre erano in
viaggio, ad Usagi batteva forte il cuore e guardava sempre con la coda
dell’occhio il suo ragazzo. Stranamente gli sembrava
più uomo del solito. Forse
perché dopo quella sera forse sarebbe cambiato per sempre il
loro rapporto.
“Prego
entra pure!”, la invitò Seiya ad accomodarsi, dopo
aver aperto la porta del box.
Era piccolino,
ma accogliente. C’era un vecchio tavolo al
centro, circondato dai loro strumenti musicali, con un divano vicino al
muro. A
destra dell’ambiente c’era una porta: sicuramente
portava al bagno.
“Allora
ti piace?”, chiese curioso il ragazzo, che osservava
le forme della giovane, che erano ancor più evidenti a causa
dei vestiti
bagnati.
“Sì,
mi piace molto!”, gli rispose Usagi, ridestandolo dai
suoi pensieri poco puri.
“Mi fa
piacere. Adesso asciugati, altrimenti ti prenderai un
malanno.”, le disse, porgendole un asciugamano preso prima di
uscire.
In
quell’attimo i loro occhi si incrociarono. Usagi
avvampò:
non aveva mai visto il suo ragazzo così serio.
Dal canto suo
Seiya la desiderava più di ogni altra cosa al
mondo. Istintivamente la prese tra le braccia e cominciò a
baciarla.
La ragazza era
travolta dalla sua passione così forte, che
quasi la intontiva.
“E’
davvero questa la cosa giusta da fare?” pensò.
Quando il
ragazzo si staccò dalle sue labbra, le sussurrò,
ansimando:
“Usa..
ti voglio... non riesco a resisterti...”
Non
aspettò nessuna risposta da lei. Cominciò a
baciarle il
collo e a toccarle il seno. La prese in braccio e la adagiò
sul divano.
Si
sfilò la maglietta che indossava e si coricò
sopra di lei.
Le abbassò il vestito e le baciò il petto.
“Mi
fai impazzire...”, continuò a dire Seiya, non
più lucido
e visibilmente eccitato.
“Voglio
che tu sia mia...”, le ripeteva senza sosta.
Usagi non
riusciva a credere di fargli quell’effetto così
inebriante. Non lo immaginava così deciso.
Seiya che le
baciava il viso, le labbra, il seno così
voracemente la stava quasi disgustando. Perché? Lui era pur
sempre il suo
ragazzo... era normale fare “quelle cose”. Non
capiva. Era in preda a un mix di
emozioni che contrastanti la stavano divorando.
La
verità è che non si sentiva a pronta a compiere
quell’importante passo. Non almeno per un motivo
così banale, come quello di
non pensare a Mamoru.
Forse era troppo
tardi per rivelarlo a Seiya?
“S-Seiya...”,
cominciò a dire, senza ottenere successo. Il
ragazzo era troppo concentrato a leccargli la base del mento.
“Seiya
ti prego...”, continuava imperterrita con un filo di
voce, ma il giovane non le rispondeva.
“Seiya!”,
prese ad urlare agitata la biondina.
“Fermati!
Non voglio!”, concluse facendo rimanere di sasso il
ragazzo che ora la guardava con fare stupito ed interrogativo.
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Capitolo 13 *** Capitolo 12: confessioni. ***
Capitolo 12:
confessioni.
“Tutto
ok Usa? Ho fatto qualcosa di sbagliato?”
Seiya osservava
la sua ragazza sorpreso della sua reazione.
Non credeva ai suoi occhi. Lei l’aveva appena rifiutato.
Anzi, disprezzato. Leggeva
una sorta di disgusto nei suoi occhi.
“No
non sei tu il problema... sono io! Non ci riesco
scusami.”, gli confessò la biondina rivestendosi
velocemente. Si vergognava
peggio di una ladra. Era stato sbagliato comportarsi in quel modo.
“Ma
Usagi... me l’hai praticamente suggerito tu di
provarci!”, si giustificò il ragazzo col codino,
mentre indossava la maglia
tolta precedentemente.
Usagi lo
guardava come un cagnolino bastonato. Si sentiva in
colpa perché oltre ad illudere lui si era presa gioco anche
di sé stessa. Aveva
pensato a Mamoru anche in “quei” momenti con Seiya
e questo era un problema.
La situazione le
stava sfuggendo di mano.
“Hai
ragione, ma non sono ancora pronta.”, gli disse
sbuffando. L’aria che tirava nella stanza era davvero pesante
e lei stava
iniziando ad innervosirsi.
“Tranquilla
Usa! Ci riproveremo quanto sarà giunto il momento
giusto!”, la consolò Seiya, rasserenandola.
“Ora
ti accompagno a casa!”, concluse, con uno dei suoi
sorrisi migliori, facendo arrossire la giovane.
“Usagi
sei una stupida! Come puoi rifiutare un ragazzo così
dolce e comprensivo? Sei una stupida, stupida, stupida!
Perché pensi a Mamoru?
Seiya ha tutto in più di lui!”, continuava a
ripetersi mentalmente,
maledicendosi.
“Grazie
Seiya!”, gli pronunciò con gratitudine per volerla
accompagnare a casa nonostante tutto. Gli diede un bacio e si
avviarono.
Il tragitto per
arrivare alla abitazione dei Tsukino sembrava
essere infinito: entrambi i ragazzi erano imbarazzati e il silenzio
creava una
situazione ancora più tesa.
“Devo
fare qualcosa per rompere il ghiaccio!”, pensò
Usagi,
ma mentre si apprestava a dire una qualsiasi cosa, Seiya la precedette.
“Usa
ti aspetterò per sempre!”, le disse con la solita
genuinità che lo contraddistingueva.
Le sue parole
scaldarono il cuore alla biondina. Lo abbracciò
teneramente.
“Lo so
Seiya!”, gli sussurrò dolcemente, facendolo
arrossire.
“Grazie
per avermi accompagnata!”, continuò non appena
arrivarono davanti la sua villetta. Lo salutò con un bacio
sulla guancia ed
entrò velocemente in casa.
“Così
non va!”, gridò istericamente. “Devo
parlarne con
qualcuno!”
Alzò
la cornetta del telefono e compose un numero.
“Pronto
Mako? Sono io.”
Strade
di Tokyo.
Qualcuno
camminava nel buio della sera. Mamoru era lì che
lentamente si trascinava verso il suo appartamento. Aveva gli occhi nel
vuoto e
pensava alla sua Usagi nelle braccia del suo migliore amico.
Certo era
normale perché dopotutto LORO erano fidanzati.
Non
c’era nulla da fare. Era così e lui doveva farsene
una
ragione. Sospirò facendosi cullare dal vento. Chiuse gli
occhi per assaporare
ogni singola sensazione che quella brezza gli stava donando. Era
talmente
concentrato a lasciarsi cullare da quell’atmosfera che non si
accorse che una
voce lo stava chiamando.
“Mamo?
Cosa stai facendo?”, gli domandò il suo caro amico
Motoki, sorridendogli appena.
“Ehi
ciao Motoki! Che sorpresa vederti. Io.. beh stavo
tornando a casa!”, gli rispose sofferente.
“Hai
una brutta cera, amico! Sicuro di stare bene?”,
continuò
il ragazzo della sala giochi, toccandogli la fronte.
“Sì...
no...in realtà non lo so...”, confessò
il bel medico
che emanava un aura negativa.
“Senti,
vieni a casa mia... ti faccio preparare qualcosa di
caldo da Mako e mi racconti cosa ti preoccupa. Guarda che ti conosco
come le mie
tasche!”, gli disse facendogli l’occhiolino e
dandogli una pacca amichevole
sulla spalla.
Mamoru lo
ringraziò, accettando il suo invito. Aveva proprio
bisogno di confidarsi con qualcuno. E Motoki era la persona
più indicata.
Casa
di Motoki e Makoto.
“Pronto
Mako?”, disse una voce dall’altra parte della
cornetta.
“Ciao
Usa! Come stai?, le rispose Makoto mentre preparava la
cena per il suo Motoki. Si trovava nella piccola ma confortevole cucina
del
loro appartamento. I mobili erano color rosa antico, donando un tocco
di
eleganza al piccolo ambiente.
“Bene,
ma ho un problema. E anche grosso.”, gli sparò
subito
la biondina.
“Come
hai un problema? Sei incinta per caso?”, le rispose la
mora, prendendola in giro.
“Ma
cosa vai a pensare! Ma se io e Seiya ancora lo facciamo! Pensa
che oggi ci abbiamo provato, ma...”
“Come
ci avete provato? E quindi?”, la interruppe Mako,
curiosa di sapere i dettagli.
“E
quindi niente! Non ce l’ho fatta.”, le
confessò
francamente.
“Ma
come? Che stupida che sei! Seiya è così un bel
ragazzo!”,
la ammonì l’amica.
“Lo
so, sono consapevole. Il problema è che ultimamente sto
pensando a un'altra persona.”, disse la biondina respirando
profondamente e
pronta a svuotare il sacco.
“Come
un’altra persona? Ma sei pazza Usa? Cosa ti viene in
mente???”, la sgridò arrabbiata Makoto.
“Non
dipende da me cara!”, si cercò di giustificare la
ragazza con i codini.
“Insomma
si può sapere chi è costui che ti manda
così in
crisi?”, la stuzzicò la mora.
“Beh...
si tratta di Mamoru.”, la buttò lì
Usagi.
Ci furono pochi
secondi di silenzio. Poi Makoto riprese,
sussurrando:
“Forse
ho capito male.”
“No
hai capito benissimo, credimi.”, le confermò
l’amica.
“Usagi
ma...ma... ma sei uscita completamente fuori di senno,
vero? Dico, ma sei impazzita? Sai chi è Mamoru? È
il migliore amico di Seiya! Ti
rendi conto che è una catastrofe?”, le
urlò, spaccandole quasi i timpani.
“Lo so
Mako. Ma che ci posso fare? Mi attrae e non solo
fisicamente.”, le confidò, sospirando.
“Usagi,
ma ti sei innamorata di lui?”, le chiese preoccupata la
ragazza con la coda di cavallo ,mentre pelava una patata.
“Non
lo so Mako. Fatto sta che sto cercando in tutti i modi
di non pensarci. Ci tengo tantissimo a Seiya e non voglio farlo
soffrire.”
“Giusta
osservazione!”, esclamò Makoto che intanto metteva
a
bollire le patate per il timballo che aveva in mente di preparare.
“Solo
che è complicato non pensare a Mamoru. Dico, ma
l’hai
visto?”
“Sì,
certo. Lo conosco da prima di te. È un figo pazzesco, lo
so. Certo, il mio Motoki è meglio, ma Mamoru non scherza
mica. Ma scusa cosa
significa? Anche Seiya è bellissimo.”
“Hai
ragione, ma vedi Mamoru...”
“E
basta Usa! Dacci un taglio!”, la fermò la ragazza
dagli
occhi verdi, leggermente infastidita.
“Tu
stai con Seiya. S-E-I-Y-A! Hai compreso?”, le fece
ricordare.
“Lo
so, ma dal giorno della dichiarazione e anche da prima, Mamoru
non fa che comparirmi nella mente! Non lo faccio apposta...”
“Altolà,
riavvolgi il nastro! Chi ti ha dichiarato cosa?”, chiese
la donna, mettendosi seduta per non svenire.
“Beh,
Mamoru non solo mi ha confessato di essersi innamorato
di me, ma ci siamo anche baciati due volte!”
A quelle parole,
Makoto impallidì.
“C-c-cosa?”
“Ti
prego Mako non fare così!”, le disse una Usagi
disperata,
avendo inteso lo stato in cui doveva trovarsi l’amica.
“USAAAAAAAAAA!!!”,
urlò nuovamente Makoto sconvolta.
“M-ma
non può essere! Mamoru è impazzito! Non
può fare questo
a Seiya! Non per qualcosa, ma non si fanno queste cose! Oddio
Usa!”, le disse
tutto d’un fiato, non riuscendo a fermarsi.
“Calmati
Mako, ti prego! Hai ragione tu, ma è successo! Pensa
a me.. che dovrei fare? Come mi dovrò comportare con Mamoru
d’ora in poi? E con
Seiya? Non sai come mi sento in colpa nei suoi confronti!”
“Ti
capisco Usa, ma la cosa che mi hai appena rivelato mi ha
sconvolto... secondo me devi....”
Dlin
dlon!
“Scusa
un attimo Usa! Hanno suonato alla porta! Sarà
Motoki!”,
le disse, mettendola in attesa, avanzando verso la porta di casa non
proprio in
condizioni ottimali. Mamoru innamorato di Usagi, Usagi forse innamorata
di
Mamoru e in mezzo il povero Seiya, fidanzato di lei e amico di lui. Era
davvero
un bel guaio!
Mentre la
ragazza rifletteva su ciò, aprì la porta e quasi
non le venne un colpo!
“Buonasera
Makoto!”, la salutò cortesemente Mamoru.
“Scusa
amore se ho suonato, ma non trovavo le chiavi di casa.
Per fortuna ho trovato il portone aperto! Comunque, ho incontrato
Mamoru e l’ho
invitato a cena da noi, se non ti dispiace!”, le disse
Motoki, baciandola
dolcemente.
“No
figurati. Prego Mamoru accomodati.”, lo invitò
Makoto,
ancora sotto shock. Ora lo era ancor di più. Non poteva
reggere quelle emozioni
tutte insieme.
“Vi
preparo subito qualcosa! Andate in soggiorno intanto!”,
continuò avanzando di corsa in cucina, dove aveva lasciato
Usagi in attesa dall’altra
parte del telefono.
“Usa!
C’è Mamoru!”
“Come
Mamoru?”, chiese conferma la ragazza, dopo che il suo
cuore smise di fare le capriole senza che lei potesse controllarlo.
“Sì
proprio lui! Pare che Motoki l’abbia incontrato per caso
e abbia deciso di farlo venire a cena da noi!”, le
spiegò la cuoca.
“Tienilo
d’occhio Mako!”, si raccomandò la
biondina.
“Certo,
ma non lo faccio perché me lo dici tu! Tu devi
pensare a Seiya! Ora vado a cercare di continuare a cucinare... se ci
riesco!
Mannaggia a te Usa-chan! Ti richiamo!”, concluse la mora,
riattaccando.
Soggiorno
di casa di
Mako e Motoki.
“Prego
Mamo, fai come se fossi a casa tua!”, gli disse
Motoki, con i suoi soliti modi gentili.
“Grazie
Motoki!”, rispose cordialmente Mamoru rapito dalla
bellezza del luogo. I comodi e accoglienti divani color pelle facevano
da
contorno a un ambiente circondato da mobili color nocciola, una tv
ultima
generazione e a pareti contorniate di tele suggestive.
“È
molto bello qui. Complimenti!”
“Mi fa
piacere che sia di tuo gradimento, Mamo!”
Motoki era
contento di avere Mamoru a cena quella sera da
loro. Non si erano visti per tanto tempo. Forse troppo. E questa era
l’occasione
giusta per stare insieme. Soprattutto, se l’amico avesse
avuto qualche problema,
l’avrebbe aiutato volentieri.
“Allora
Mamo cosa ti attanaglia?, gli chiese il biondo.
“Ehm...
forse è meglio se ci sediamo prima.”, gli disse il
dottore. Quello che gli stava per rivelare l’avrebbe
scioccato. E non poco.
Motoki era
visibilmente preoccupato.
“Dai
non fare quella faccia!”, esclamò Mamoru, cercando
in
qualche modo di rassicurare il ragazzo.
“Beh,
se mi dici di sedermi con quel tono è ovvio che mi
metto pensiero! Allora vuoi spiegarmi?”, chiese curioso il
ragazzo della sala
giochi.
“La
cosa che ti voglio confessare è molto semplice: mi sono
innamorato di una ragazza.”
A quelle parole,
Motoki sorrise.
“Che
bella notizia, Mamo! Di cosa ti tormenti allora?”,
domandò
stupito.
Beh, doveva
dirgli che la ragazza in questione era Usagi. Magari
glielo avrebbe detto dopo. O glielo avrebbe fatto capire. Per non
sconvolgerlo,
si intende. Motoki era molto sensibile, d’altronde.
“Il
problema è che lei è fidanzata con una persona
che
conosco. Se penso che in questo momento si sta concedendo a lui per la
prima
volta mi sento male!”, gli rivelò tutto
d’un fiato.
Motoki sembrava
non seguirlo.
“Scusa
Mamo, come fai a sapere tutte queste cose di questa
ragazza?”, domandò interrogativo.
“Lo so
perché conosco, anzi conosciamo il suo fidanzato!”
“Cosa
significa conosciamo...?”
Motoki stava
impallidendo. Forse iniziava a focalizzare chi
fosse la persona in questione.
“Mamo...”
Si
fermò un attimo.
“Mamo...
non sarà mica...”
“Beh
è inutile girarci intorno. Sì, hai capito bene!
Mi sono
innamorato di Usagi!”, continuò il medico
freddamente.
“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAh!!!!!!!!!!!!!!!!”,
urlò il biondo cadendo dal divano e facendo piombare di
corsa in soggiorno una
Makoto spaventata.
“Mamoru!
Che è successo?”, domandò la ragazza
all’uomo.
“Niente
Mako, tranquilla! Torna pure in cucina...qua ci penso
io!”, le disse, convincendola poco, ma rasserenandola.
Tirò
un sospiro di sollievo quando la vide ritornare in
cucina.
“Mamo
ma sei pazzo? È la ragazza di Seiya!”,
cominciò a dire
Motoki, ripresosi un poco e alzandosi da terra.
“Lo
so, ma io la amo! Dal primo momento che l’ho vista, non
faccio altro che pensare a lei! Ho perso la testa Motoki! Glielo ho
pure
confessato e addirittura l’ho baciata per ben due
volte!”, continuava Mamoru
mettendosi in piedi e iniziando a camminare nervosamente.
Motoki era
rimasto senza parole. Per un attimo aveva perso
lucidità.
“Cosa
hai intenzione di fare?”, chiese arrivando dritto al
punto.
“Non
lo so, amico. Me lo sono ripetuto almeno un centinaio di
volte. So di fare del male a Seiya e mi maledico per questo. Sto male
sapendo
di poterlo ferire. Ma non riesco a non pensare a lei. Non riesco a non
amarla.”,
rivelò il dottore.
Motoki
ascoltò attento l’amico.
Poi gli
consigliò:
“Devi
dimenticarla, Mamo. Per il suo, per il tuo e
soprattutto per il bene di Seiya.”
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Capitolo 14 *** Capitolo 13: tra finzione e realtà. ***
Capitolo 13: tra
finzione e realtà.
“Fosse
facile...”, sussurrò disperato Mamoru mentre
sentiva
pronunciare le giuste parole dell’amico.
Dimenticarsi di
Usagi... come ci sarebbe riuscito? Non ce
l’avrebbe mai fatta. Era più semplice morire che
cancellare quella pasticciona
dal cuore.
Motoki lo
guardava in modo duro, ma dispiaciuto. Non avrebbe
mai voluto ferirlo, ma era stato necessario.
Per un attimo,
lo sguardo di Mamoru si era perso nel vuoto.
Il ragazzo del
Crown aveva maledettamente ragione. Che razza
di uomo è colui che si innamora della donna di un amico? Non
poteva proprio andare
avanti in quel modo insensato... amare la ragazza di Seiya, comportarsi
da
codardo nei confronti del suo migliore amico non era nel suo stile.
Anche
confessare tutto a Motoki era stata proprio una mossa sbagliata!
Se solo la sua
parte razionale l’avesse aiutato a spazzare
via il sentimento che avvertiva dentro, non si sarebbe trovato in
quella
assurda situazione!
Si sentiva uno
schifo, uno schifo unico, una persona
orribile, ma nonostante tutto era felice, felice di amare lei, felice
di aver
sfiorato le sue labbra, di aver sentito il suo sapore, di aver toccato
la sua
pelle, accarezzato i suoi capelli...
Anche a mente
lucida non ci riusciva. Non poteva continuare a
fingere che Usagi non esistesse. Non poteva ignorare le emozioni che
gli
regalava il solo pensiero di lei. Anche se questo l’avesse
ferito più di mille
coltellate. Perché avrebbe sofferto per lei, anche solo
vedendola camminare
affianco a Seiya. Ne era consapevole, ma nonostante tutto era pronto.
D’altronde a causa del passato che aveva, gli sembrava
impossibile non provare
dolore per qualcosa. Ma in questo caso l’avrebbe fatto con
piacere. Perché lui
l’amava e non poteva fermare un sentimento così
meraviglioso. Né l’avrebbe
portata via a Seiya: il cantante non aveva nessuna colpa se lui si era
innamorato della sua ragazza. Non avrebbe dovuto pagare per un suo
“errore”, se
così poteva chiamarsi.
“Mamo,
dì qualcosa...”, pronunciò flebile
Motoki nel vedere
che l’amico non aveva proferito nemmeno una sillaba dopo le
sue parole.
“Scusa..”,
rispose il dottore guardandolo negli occhi, come
se volesse sfidarlo.
“Cosa
vuol dire scusa?”, chiese impaurito il ragazzo. Non
aveva mai visto Mamoru così determinato.
“Non
posso. Non posso dimenticarmi di lei. Io la amo.”,
chiarì in modo schietto il coraggioso medico. Non poteva
rinunciare al suo
amore.
“Mamo,
non scherzare! Stai giocando con il fuoco! Ti
scotterai!”
“Se
è per questo, già mi sono scottato. E pure tanto.
Ad ogni
modo, non preoccuparti. Non ho intenzione di compiere nessuna altra
azione
sconsiderata. Non bacerò Usagi né le
farò più dichiarazioni d’amore. Non
farò
soffrire Seiya. Semplicemente amerò la sua ragazza da
lontano. E lui non saprà
mai nulla. Anche perché tu non glielo dirai.”, gli
disse francamente,
ammutolendolo.
“Ma
così ti farai solo del male! Come credi di affrontare i
momenti in cui Seiya bacerà Usagi,
l’abbraccerà o altro? Ti farà morire
dentro!
Devi lasciar perdere finché sei in tempo!”.
Motoki cercava
di dissuaderlo in tutti i modi nel suo
intento. Sapeva che Mamoru era un tipo che si sacrificava per gli
altri, ma
quello che stava facendo a Seiya era sì sbagliato
perché non avrebbe mai dovuto
innamorarsi della sua ragazza, ma era altresì corretto
perché sapeva che non
avrebbe mai permesso a nulla di farlo soffrire. Nemmeno a un amore
forte e
prepotente come quello che stava provando per Usagi.
“Ormai
è troppo tardi per tirarsi indietro. Cosa faresti tu
se io ti dicessi di rinunciare a Makoto?”, gli
domandò Mamoru, sicuro di
ricevere la risposta che voleva sentire da lui.
“Non
ci riuscirei mai perché la amo più della mia
vita!”,
rispose il biondo riuscendo a mettersi nei panni dell’amico.
“Ecco,
anche per me è così. Solo che tu sei stato
più
fortunato di me perché lei sta con te, è tua
moglie. Usagi, invece, forse non sarà
mai mia e anche se mi ama, non lascerà in nessun caso Seiya
perché non
permetterebbe mai che la mia amicizia con lui venga rovinata per colpa
sua.”,
concluse Mamoru, sfinito, buttandosi di peso sul divano.
Motoki ammirava
la forza che il giovane possedeva. Se fosse
stato al suo posto, non ce l’avrebbe fatta sicuro.
“Come
puoi affermare che lei ti ami?”, chiese, assalito dai
dubbi e dalla tanta sicurezza con cui l’amico
l’aveva pronunciato.
“Lo
sento semplicemente. E poi me l’ha anche dimostrato con
le azioni che ha intrapreso come per esempio decidere di concedersi a
Seiya...”, rispose amaramente il dottore, mentre il suo cuore
sanguinava al
solo pensiero di Usagi sfiorata dalle mani dell’amico.
“Lo
vedi che ti fai del male, Mamo?”, disse Motoki, dandogli
una pacca sulla schiena.
“Lo
so.”, si limitò a pronunciare il ragazzo. Una
lacrima gli
scivolò sul viso inaspettatamente. Il ragazzo del Crown se
ne accorse.
“Ti
aiuterò io Mamo, tranquillo!”, lo
incoraggiò.
“Grazie,
Motoki. Sei un amico. Non so perché ti ho confidato
questo mio malessere, ma mi fido di te. Ti prego di non farne parola
con
nessuno e...”
Si
bloccò. Un rumore lo fermò.
Makoto aveva
aperto la porta della cucina con il volto rigato
dal pianto.
Alla sua vista,
i due ragazzi si spaventarono.
“Amore
che hai? Perché stai piangendo?”, chiese un
disperato
Motoki nel veder sua moglie così disperata.
“Hai
sentito tutto, vero?”, le chiese il medico con dolcezza.
“No,
sono state le cipolle che stavo tagliando...”, disse
poco convinta la mora.
“In
realtà, ho ascoltato ogni singola parola. Mamo, deve
essere terribile quello che provi!!!”, continuò
frignando ancor più forte.
In fondo, era
cosa ben nota la passione di Makoto per le
storie strappalacrime.
Su consiglio di
Usagi, aveva tenuto d’occhio Mamoru. O
meglio, aveva origliato la sua conversazione stando vicinissima alla
porta
della cucina. Ed era così venuta a conoscenza di un segreto
che l’aveva colpita
dritta al cuore. Forse troppo.
“Mako
Mako, su calmati!”, provò a consolarla Mamoru,
alzandosi dalla poltrona e abbracciandola.
“Ma
come faccio a non piangere Mamo! È ammirevole la tua
forza d’animo! Diglielo anche tu, amore”, disse
guardando il marito per avere
un incoraggiamento da lui che non arrivò. Motoki la guardava
perplesso.
Makoto si
sentiva male perché conosceva anche i sentimenti
della sua amica. Pur non volendoglielo ammettere che fosse innamorata
di
Mamoru, lei l’aveva intuito benissimo. Purtroppo
c’era Seiya in mezzo a loro
due ed era sbagliato anche un loro singolo avvicinamento.
“Senti
amica mia, non dire mai niente a nessuno di quello che
hai udito. Soprattutto ad Usagi. Non voglio che si faccia problemi a
causa
mia.”, si fece promettere il medico. La sua odango non
avrebbe dovuto sapere.
Sarebbe stato troppo umiliante per lui.
“D’accordo,
Mamo. Farò come dici. Ora però venite a tavola.
È
pronta la cena.”, concluse allontanandosi in cucina seguita a
ruota dai due
ragazzi.
Casa
Kou.
Dopo aver
accompagnato la sua Usagi a casa, Seiya era di
corsa tornato nella sua abitazione.
Non sapeva
perché avesse corso.
Forse per non
pensare al rifiuto della sua ragazza. Forse per
dimenticare i suoi occhi colmi di lacrime. O forse per scordarsi delle
sue mani
che lo respingevano.
Quella che
sarebbe dovuta essere la serata più memorabile
della sua vita, si era presto trasformata in quella più
sbagliata.
Lei non era
pronta. Come aveva potuto credere il contrario?
Beh, in fondo era stata lei a suggerirglielo, ma alla fine cosa
significava? Aveva
preso un abbaglio!
Era vero
però che dopo sei mesi di fidanzamento una cosa
normale come il fare l’amore era più che logico.
Perché allora lei non ci
riusciva?
Forse non
l’amava abbastanza? Ma no, questo era impossibile.
“Ehi,
bentornato fratellino!”, lo salutò Yaten con un
sorriso
malizioso, non appena il ragazzo varcò la porta
d’ingresso.
“Ciao
Seiya!”, gli disse Taiki, più pacatamente del
fratello.
“Ciao.”,
si limitò a pronunciare il cantante, scocciato. Quei
due erano gli ultimi che avrebbe voluto vedere. L’avrebbero
tempestato di
domande e lui non aveva nessuna voglia di rispondere.
“Lasciatemi
in pace.”, tuonò subito, andando in camera sua.
“Ahi,
ahi. Deve essere andata male con Usagi!”, esclamò
Yaten
guardando Taiki che stava componendo una canzone aiutandosi con il
pianoforte.
Entrambi i
ragazzi raggiunsero Seiya nella sua stanza.
“Su
fratellino, raccontaci!”, lo stuzzicò il ragazzo
dai
capelli color dell’argento.
“Cosa
ti dovrei dire?”, gli rispose, tirandogli un cuscino in
pieno viso.
“Dai
Seiya! lo sai che Yaten fa il duro, ma in realtà si
preoccupa per te!”, lo rimproverò Taiki.
“Scusa,fratello.
Anzi scusatemi entrambi. È solo che questa
serata è stata un disastro! All’inizio sembrava
tutto perfetto, ma poi lei mi
ha letteralmente rifiutato! Dice che si era sbagliata, che non era
affatto
pronta.”, rivelò loro il cantante.
“Cosa?”,
dissero in coro i due ragazzi, osservandolo con
occhi stupiti.
“Proprio
così. Non guardatemi in quel modo...non me lo
aspettavo neanche io!”, continuò sconsolato.
“Dai,
tranquillo Seiya. Sai come sono le ragazze... sono
strane! La prossima volta andrà meglio!”, lo
consolò Taiki, accarezzandogli i
capelli.
“Mamma
che fragatura quella Usagi!”, pronunciò Yaten
senza
pensare.
“Grazie
Yaten. Tu sì che hai tatto!”, lo
fulminò il ragazzo
dai capelli castani. Non sopportava quando il fratello metteva il dito
nella
piaga.
“Ignoralo,
Seiya.”
Il ragazzo lo
guardava tra l’arrabbiato e il divertito. Poi
aggiunse:
“E’
tutta la vita che non tengo peso delle sue parole e
quindi...”
Drin
drin drin!
“Adesso
vai a rispondere tu, Yaten! Almeno fai qualcosa di
utile!”, lo prese in giro il ragazzo col codino nero,
ripresosi dal suo
malessere iniziale.
“Ah,
ah sei molto simpatico Seiya!”, gli rispose,
avvicinandosi alla cornetta.
“Sì,
pronto? Chi parla?”
“Casa
Kou?”, dissero dall’altra parte in lingua inglese.
“Sì,
sono Yaten Kou.”, rispose il ragazzo, guardando
interrogativo i due fratelli che ascoltavano in silenzio e si
chiedevano perché
stava utilizzando la lingua anglosassone.
“Siamo
della Moonlight.
Lei e i suoi fratelli verrete ad incidere un cd qui da noi a Londra.”
Casa
Tsukino.
Usagi camminava
avanti e indietro nella sua stanza aspettando
una chiamata di Makoto che non arrivava.
“Uffa,
Mako-chan avevi detto che mi avresti richiamata!”,
borbottò lasciandosi cadere sul letto. Fissava il soffitto e
ripensava alle
parole dell’amica.
“Tu
devi pensare a
Seiya!”
Già,
Makoto aveva ragione. Lei doveva occupare tutto il suo
tempo a pensare al suo ragazzo, a vivere il suo ragazzo... ad amarlo.
Rabbrividì a quel pensiero.
Perché
si stava comportando da stupida? Seiya era così
premuroso con lei. Ogni volta la faceva sentire una principessa e
soprattutto
l’amava.
Allora
perché non riusciva a sentirsi completa insieme a lui?
Era davvero
colpa di Mamoru? Quel suo amico venuto da Londra
l’aveva stregata. Si era intromesso così
prepotentemente nella sua mente!
Andiamo, non era
più un’adolescente alla sua prima cotta! Era
ormai una donna di 23 anni. Era grande abbastanza per non farsi
abbindolare da certe
cose.
Allora
perché non faceva altro che rimuginare sul dottore?
Era anche così antipatico con lei... chiamarla addirittura
testa bernoccoluta!
D’altra parte era anche stato così impulsivo,
così dolce.
Sorrise,
abbracciando il peluche a forma di coniglio che
teneva sul letto. Assomigliava un po' a Mamoru.
Improvvisamente
si ridestò da quel torpore. Non poteva
paragonare Mamoru ad un coniglio. Lui non lo era stato. Le aveva subito
rivelato i suoi sentimenti. Si era subito fatto da parte per il bene
dell’amico.
Invece lei cosa
stava facendo per Seiya? Lo stava forse
illudendo? No, a voler bene gli voleva bene. Ma era davvero amore il
suo? Non
ne era più sicura.
Non era
più convinta di nulla. Ogni azione che compieva
sembrava inutile.
Aveva
addirittura respinto il suo ragazzo.
Era stata
proprio una bambina. L’aveva ferito perché non
c’era riuscita. Non era riuscita a far l’amore con
lui.
Perché
pensava a Mamoru, al suo amico, quasi un fratello.
Mamoru,
Mamoru... ora si trovava a casa di Mako. Chissà se
avesse deciso di rivelare ogni cosa a Motoki. Chissà se
Makoto avesse scoperto
qualcosa di nuovo.
Sospirava, con
la mente sconnessa.
Basta, non
doveva più rifletterci. Era giunto il momento di
dormirci su.
Si
infilò nelle morbide coperte e chiuse gli occhi. Voleva
estraniarsi dalla realtà, voleva azzerare i pensieri nella
sua testa.
Ma non ci
riusciva. L’immagine di Mamoru gli scorreva nella
mente come se fosse un film.
“Maledetto
Mamoru! Anche nel sonno non mi lasci in pace!”,
urlò stizzita.
Già,
maledetto. Come il giorno in cui era tornato in
Giappone. Come il giorno in cui si erano incontrati. Come il giorno in
cui
aveva capito di amarlo.
Si mise seduta
improvvisamente, con le guance che bruciavano.
Amarlo? Come le
veniva in mente! Non poteva provare amore per
quel tipo.
Non poteva
perché avrebbe provocato un casino allucinante.
Non poteva
perché questo avrebbe messo fine alla amicizia tra
lui e Seiya. Non poteva proprio permetterlo. E poi il suo ragazzo non
avrebbe
dovuto stare male per un suo “errore”.
Già,
Mamoru era semplicemente una parentesi, uno sbaglio.
Cercava di
trovare pace autoconvincendosi che fosse così. Con
il tempo, sarebbe riuscita a dimenticarsi di lui. Soprattutto con
l’aiuto di
Seiya. D’ora in poi sarebbero stati maggior tempo insieme.
In questo modo
Mamoru sarebbe stato solo un brutto e
affascinante ricordo.
La ragazza non
sapeva ancora, però, che presto il suo ragazzo
sarebbe partito per un lungo viaggio, lasciandola lì con
dubbi e paure.
Ore
4.30 casa Chiba.
Mamoru si girava
e rigirava nel letto senza riuscire a
prendere sonno.
Era inevitabile:
la cena di Makoto era stata buonissima, ma
pesante. La ragazza presa dall’euforia del momento aveva
cucinato di tutto e di
più: timballo di patate, pollo al curry, stufato di maiale,
verdure grigliate e
pesce al vapore. In più la torta di mele e il
tiramisù avevano completato
l’opera.
Sorrise. Era
davvero tanto tempo che non mangiava così bene
circondato dall’amore dei suoi amici. Gli erano stati molto
vicini quella sera.
Non
l’avevano giudicato, ma capito. L’avevano quasi
rincuorato. Per lui questo era più importante di qualsiasi
altra cosa.
Decisamente
aveva fatto bene a confidarsi con loro due. Ne
aveva sentito proprio il bisogno.
Bip,bip!
Bip, bip!
Un messaggio era
arrivato sul suo telefonino.
“Chi
è a quest’ora?”, disse tra sé
e sé, alzandosi dal letto
e afferrando il cellulare.
C’era
un sms di Seiya.
Ciao
Mamo. Scusami per
stasera se non ci siamo visti, ma ho avuto da fare con Usa.
“Già
so cosa hai avuto da fare...”, pensò stringendo
ancora
di più il telefono tra le mani. Avrebbe avuto voglia di
scaraventarlo sul muro
per la rabbia. Ma non poteva. Doveva andare avanti nella lettura.
Comunque
volevo dirti
che tra mezz’ora parto per l’Europa, precisamente
vado a Londra. Io e i miei
fratelli abbiamo vinto un concorso con la casa discografica Moonlight e
incideremo un disco. Ci hanno avvisati poco fa. Starò via
per 5 mesi circa. Mi
piacerebbe salutarti. Scusa se ti ho avvertito solo ora ,ma non ho
avuto un
attimo di tempo. Vieni tra poco in aeroporto, ti prego. Ti voglio bene,
Seiya.
Dopo aver
scoperto il contenuto dell’sms, il ragazzo ebbe un
attimo di esitazione.
Le gambe gli
tremavano e a causa di ciò dovette sedersi un
attimo.
Seiya stava per
partire. Non se l’aspettava proprio una cosa
così improvvisa.
Cinque mesi in
Inghilterra. Cinque mesi senza Usagi.
Già,
Usagi. Chissà se la notizia l’avesse sconvolta
quanto
lui.
Lei avrebbe
sofferto.
Gli sarebbe
mancato molto. O forse invece no. Forse si sarebbe
accorta di commettere uno sbaglio continuando a stare con lui. Forse
avrebbe
capito che continuando a scappare non era la soluzione più
giusta, più matura.
No, non poteva
pensare a lei adesso. Doveva smetterla con
quei pensieri improbabili.
Doveva vestirsi
e andare all’aeroporto.
Seiya aveva
bisogno di lui. Forse per l’ultima volta.
Fatemi sapere i vostri pareri se vi va!
Buone Feste a tutti!^^
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Capitolo 15 *** Capitolo 14: Le verità nascoste. ***
Capitolo 14: Le
verità nascoste.
“Questo
è il mio pegno
d’amore per te. Anche se non ci vedremo per un po’,
sarai sempre l’unica per
me. Ora devo andare Odango-chan. A presto.”
Ormai era una
settimana che si svegliava con le parole del suo ragazzo nella mente.
Queste le
rimbombavano in testa come se fossero campane impazzite.
E facevano male,
malissimo.
Come tutte le
mattine di quella calda estate, il sole aveva
fatto capolino molto presto nella sua stanza. Erano appena le sette e
già i
suoi raggi, timidamente, l’avevano riportata alla
realtà da cui stava fuggendo.
Ormai era una
settimana che lui non era più in Giappone.
“Ti
amo, Usagi!”, le aveva detto
con il cuore in
mano.
Decise di
alzarsi dal letto e avvicinarsi alla finestra del
suo balcone per guardare il panorama estivo della sua città.
Avrebbe fatto
qualsiasi cosa per non pensare.
Sospirò.
Seiya, il suo Seiya era davvero innamorato di lei.
Glielo dimostrava in tutti i modi. Ora che si trovava a Londra,ancora
di più. La
chiamava almeno cinque volte al giorno per rassicurarla, per
raccontarle la sua
esperienza nella città britannica.
Già,
Londra. La grande capitale inglese. Era così lontana
dalla sua vita, ma così vicina al suo ragazzo. Le aveva
raccontato che si
trovava bene lì. La city
era bella e
ospitale, forse un po' caotica, ma piena di sfavillanti sfaccettature.
Il
produttore della casa discografica, poi, si era dimostrato gentile con
lui e i
suoi fratelli, facendoli abitare al centro, vicino Piccadilly
Circus. Avevano persino già inciso la loro prima
canzone.
Ne era felice.
Lui era andato
lì per realizzare il suo sogno e ce l’avrebbe
fatta, anche se l’aveva lasciata sola. Sola in preda a
sentimenti contrastanti,
sola a prendere atto di quale fosse realmente la verità. Non
poteva fargliene
una colpa, non poteva essere egoista come sempre.
Sfiorò
con un dito la superficie liscia del vetro della
finestra e lo vide.
Lui era
lì. Il pegno d’amore del suo ragazzo. Lo guardava
attentamente. Brillava alla luce del sole. Splendeva, falsamente.
Avrebbe
dovuto significare amore eterno. Invece portarlo al dito era la cosa
più
sbagliata che stava facendo. Prendere in giro sé stessa...
questo stava
accadendo. Questo era successo.
Sentiva un gran
peso sullo stomaco. Un forte macigno che le
impediva perfino di stare in piedi. Si sedette sul letto e si
lasciò andare, appoggiando
la schiena sopra il materasso.
Guardava il
soffitto. Era più pulito della sua coscienza.
Ormai era una
settimana che l’aveva capito. Era innamorata di
Mamoru. Pazzamente anche.
Sapeva che era
sbagliato, ma che poteva farci? Ne aveva preso
atto. Amava quel rude antipatico sincero e dolce Mamoru.
L’aveva sempre amato,
in realtà. Sin dal loro primo incontro, ma aveva fatto di
tutto per respingere
il suo sentimento.
Per Seiya. Lui
non doveva sapere nulla. Non almeno in quel
momento della sua carriera. Gliene avrebbe parlato al suo ritorno e lui
l’avrebbe capita.
O almeno ci
sperava.
“Uffa,
uffa e ancora uffa! Mamoru ti odio!”, disse in un
impeto di disperazione, mettendosi le mani sul volto.
Magari lo avesse
detestato veramente. Sarebbe stato tutto più
facile.
Toc
toc!
Qualcuno aveva
bussato alla sua porta, distogliendola dai
suoi pensieri.
“Usa-chan,
sei sveglia?”, le chiese la madre dall’altra
parte.
“Sì,
mamma! Entra pure.”, le disse e quasi si spaventò
se non
avesse saputo che si trattava della sua genitrice.
Ikuko Tsukino
aveva gli occhi piccoli e rossi, le orecchie
grandi e gonfie sorrette da una fascia legata sul capo e tossiva
ripetutamente.
“M-mamma?”
Usagi era
allibita. Le scappava anche da ridere, a dire il
vero.
“Usa-chan...
coff coff...
ti prego... coff coff... vai in
farmacia a comprarmi le medicine. Mi sono finite e tu sei
l’unica che può
andarci. Sam dorme ancora e tuo padre è a
lavoro.”, la implorò, affaticata.
“Certo
mamma che ci vado, ma come facciamo con il negozio?”
Ormai era una
settimana che apriva e chiudeva lei il loro
negozio di animali. Si era buttata a capofitto nel lavoro, proprio per
non
pensare a niente.
“Oggi
rimarrà chiuso. Te lo puoi prendere un giorno di festa
visto che mi stai aiutando con tanta costanza. Ora vestiti e cerca di
tornare
il prima possibile, non come al tuo solito!”, concluse la
donna.
“Ok,
mamma! Vado e torno in un baleno!” , rispose la giovane
dando un leggero bacio sulla guancia alla madre, che si era poi
dileguata
velocemente.
Si tolse,
così, il pigiama rosa con i coniglietti e decise di
optare per una camicetta bianca e un paio di shorts visto la calura di
quel
giorno. Indossò il tutto rapidamente ed uscì a
comperare i medicinali.
Nonostante
facesse molto caldo, tirava una leggera brezza che
faceva stare bene la ragazza. Camminava nei vialetti antistanti la sua
abitazione, a passo lento per gustarsi quell’arietta che
piano le riempiva i
polmoni.
Che magica
sensazione! Sentiva il profumo della salsedine
entrarle nelle narici e invadere il suo corpo... provava un certo
benessere e
questo la metteva di buonumore!
Nonostante tutte
le problematiche che la stavano travolgendo,
si sentiva viva. Era così vitale che quel giorno se ci fosse
stata una catastrofe
naturale, sarebbe stata in grado di affrontarla.
Sorrise. Era
così codarda che non ci sarebbe mai riuscita
davvero, ma intanto le piaceva fantasticare sui suoi probabili grandi e
invincibili super poteri.
Ben presto
arrivò in farmacia e acquistò il cortisone e
l’antibiotico
che servivano a sua madre. Certo che era stata proprio sfortunata...
prendersi gli
orecchioni d’estate! Meno male che lei era vaccinata!
Drin
drin! Drin drin!
Improvvisamente,
mentre usciva dall’esercizio commerciale, le
squillò il cellulare.
“Pronto?”,
disse evitando di leggere il nome sul display.
“Solo
pronto mi dici, amore? E io che speravo in un amore
mio finalmente ti fai sentire... mi
sei mancato tanto!”, la rimproverò Seiya
dall’altra parte, scherzando.
Amava giocare in
quel modo con lei.
“Oh,
Seiya sei tu. Scusami non ho letto lo schermo del
telefono. Come stai?”, gli domandò sforzandosi di
sembrare il più naturale
possibile.
Ogni volta che
lui le telefonava, pativa le pene dell’inferno.
Non perché avesse fastidio nel sentirlo, ma
perché detestava prenderlo in giro
con false moine.
Si odiava
perché non riusciva ad amarlo.
Si odiava
perché non le mancava come fidanzato, ma
semplicemente come amico.
Si odiava
perché non voleva lasciarlo ora che era lontano.
Si odiava e
basta. Di motivi, ne aveva una marea.
“Io
bene... tu piuttosto? Se non ti conoscessi, direi che non
sei affatto felice di sentirmi!”, esclamò,
continuando a prenderla in giro.
“Effettivamente
era meglio se non mi avessi chiamato!”, pensò
la ragazza tra sé e sé. Certo, questo non poteva
mica dirglielo.
“Ma
cosa dici, amore? Ah ah, scherzi sempre tu! A proposito,
da te non è notte fonda? Cosa ci fai in piedi?”,
chiese stupita, facendo finta
di niente, mantenendo un tono calmo.
“Beh,
sì... ma avevo troppa voglia di sentirti. Mi manchi da
matti, Odango!”, le rivelò lui, molto dolcemente.
“Oh,
no Seiya perché fai così? Mi rendi le cose ancor
più
difficili! Tu non mi manchi per niente.. anzi, a dir la
verità, è qualcun altro
a mancarmi!”
Il suo pensiero
volò su Mamoru. Non lo vedeva da prima che il
suo ragazzo partisse. Chissà come aveva condotto la sua vita
in quella
settimana. Non l’aveva più incontrato. Come
poteva? Era stata sempre barricata
in negozio per tutto il tempo!
Le mancava, le
mancava molto. Ma forse per il bene di tutti
era meglio che non lo avesse visto. Dimenticarlo, era l’unica
soluzione per non
far soffrire nessuno. Se solo fosse stato semplice.
“Usa,
ci sei?!”, la interpellò Seiya non ricevendo
risposta.
“Uhm,
sì scusa. Pensavo a quanto mi manchi anche tu...”,
mentì spudorata e una lacrima le rigò il viso.
Non sarebbe mai riuscita a
mentirgli per tutti quei mesi.
“Tranquilla,
ci vediamo presto! Ora vado a dormire che domani
mi aspetta una giornataccia molto pesante! Ci sentiamo più
tardi. Ti amo!”
“Ciao...”
E detto questo
riattaccò.
Usagi
tirò un sospiro di sollievo. L’agonia era appena
finita, ma sarebbe ricomparsa presto.
Dio, come si
sentiva in colpa! Era priva addirittura del
respiro. In quel momento aveva tanto bisogno di una persona amica. Non
si era
confidata più nemmeno con Makoto... non se l’era
proprio sentita perché non
voleva essere giudicata. Né tantomeno voleva consigli.
Questa volta
però aveva necessità di aprire il suo cuore e
visto che si trovava nelle vicinanze del Crown, decise di dirigersi
lì. Magari avrebbe
trovato la sua amica al lavoro e le avrebbe rubato cinque minuti.
Ma
sì, avrebbe fatto così.
Si diresse
allora di buon passo verso il locale di Motoki,
dimenticandosi per un po' che sua madre la stava aspettando impaziente
a casa.
Crown
mezz’ora prima.
Mamoru si era
alzato di buon’ora quel giorno. Aveva, per sua
sfortuna, il turno di mattina. Odiava andare in ospedale di
buon’ora perché la
notte dormiva sempre troppo poco. E sempre per lo stesso motivo: Usagi.
Una cosa
positiva c’era: da quando Seiya era partito, non
l’aveva
più vista.
Già,
forse era meglio così. Gli avrebbe fatto troppo male.
Eppure sembrava
tutto un controsenso.
Doveva
controllarla, ma non l’aveva fatto. L’aveva
assicurato
a Seiya, ma sapeva che non sarebbe stato in grado di mantenere quella
sua
promessa. Forse era stato troppo affrettato a dirgli di sì.
Ormai
però era troppo tardi per tornare indietro.
Doveva vivere la
sua vita così come questa gli si presentava
davanti e anche se quella testolina buffa lo faceva impazzire doveva
non
pensarci. Non doveva pensare nemmeno a Seiya, altrimenti sarebbe uscito
fuori
di testa. E questo non poteva proprio permetterselo. Gli dispiaceva, ma
non
poteva proprio stare appresso a Usagi.
Quel giorno,
prima di andare in ospedale, dopo una doccia
veloce e dopo essersi sbarbato, era uscito di casa con un jeans e una
maglietta
nera per recarsi al Crown a prendere un caffè dal suo amico
Motoki. Aveva bisogno
di scambiarci due parole.
“Buongiorno
Motoki!”, disse una volta entrato all’interno del
locale e sedutosi al bancone.
“Buongiorno
Mamo! Vedo che sei mattiniero oggi!”, gli rispose
il biondino, sempre con i suoi soliti modi gentili, intento ad
asciugare un
bicchiere.
“Già,
oggi ho il tanto odiato turno di mattina. Moto, ti
prendo fammi un caffè che fa resuscitare pure i morti! Ho
avuto una
nottataccia!”
Sbadigliò.
Aveva davvero dormito poco.
“Ahi,
ahi. Qualcosa mi dice che c’entra una ragazza
bionda!”,
lo stuzzicò l’amico.
Mamoru
arrossì. Erano vere le sue parole, anche se non voleva
ammetterlo.
“Già,
hai indovinato. Contento, ora?”, rispose leggermente
infastidito.
Motoki gli
sorrise, porgendogli la bevanda che gli aveva
chiesto.
“Sai
come la penso riguardo Usagi.”
Già
lo conosceva benissimo il suo parere. Ma questo non
poteva fargli dimenticare da un momento all’altro
l’amore che provava per
Usagi. Gli serviva del tempo.
“Lo
so.”
Aveva iniziato a
sorseggiare il suo caffè. Rigorosamente amaro.
“Seiya
mi ha chiesto di te. A quanto pare sei irraggiungibile
al cellulare.”
Motoki era
passato da un tono divertito a uno preoccupato.
“Sembra
strano, secondo te?”, gli disse il dottore
sfidandolo.
Motoki sorrise.
“Certo
che no.”
“È
difficile per me parlare con Seiya, dopo tutto quello che
è successo. Lo sai. Preferisco così. Digli che
è tutto ok e che anche Usagi sta
bene.”, concluse velocemente.
“Cosa
c’entra Usa--”
Motoki non
riuscì a concludere la frase quando la vide sulla
porta, mentre entrava frettolosamente.
“Buongiorno
Motoki! Cercavo Mako. È qui?”, disse la ragazza
in maniera concitata, senza guardare il suo interlocutore.
Quando si
accorse di Mamoru era ormai troppo tardi. Non poteva
mica uscire dal locale così, senza motivo.
Lui era
lì, lo vedeva di schiena, ma era lì, a pochi
centimetri da lei. Il cuore le batteva così forte che
pensò che l’infarto
sarebbe stato imminente. Le gambe le tremavano, ma decise lo stesso di
avvicinarsi al bancone.
Motoki la
guardava stupito ed era in ansia per Mamoru. Non aveva
minimamente idea di come avrebbe potuto reagire alla vista della
ragazza.
“Buongiorno
Usagi!”
Mamoru aveva
spiazzato entrambi, girandosi e salutando la
biondina. Non immaginava di trovarla ancora più bella di
come l’aveva lasciata.
Il cuore gli faceva strani movimenti nel petto, anche se stava facendo
finta di
niente.
Usagi era
rimasta di sasso. Lui, anche se le aveva dato il
buongiorno, non l’aveva chiamata Usako come al suo solito.
Perché? Perché era
così freddo?
“B-buongiorno
anche a te.”, aveva detto con la voce che
tremava.
Motoki avvertiva
molta tensione tra i due. E mentre stava per
dire qualcosa per rompere il ghiaccio, il medico lo precedette.
“Ora
devo andare in ospedale. Grazie del caffè, Moto.”
Si
alzò e rimase fermo, guardando Usagi dritta negli occhi. Era
bellissima, con quello sguardo triste e sofferente che le dipingeva il
viso. Era
così indifesa e lui l’amava profondamente. Ma no,
non poteva.
“Ciao.”,
pronunciò passandole affianco.
Un brivido
percorse la schiena di entrambi. Usagi sentiva il
cuore impazzirle e si girò a guardarlo, mentre lentamente
l’uomo che amava si
stava allontanando.
Non voleva che
se ne andasse. Le era mancato troppo per
lasciarlo andare in quel modo.
“A-Aspetta!”,
gli disse correndogli dietro.
Mamoru rimase
sbigottito dal comportamento della ragazza.
“Cosa
vuoi?”
Perché
era così freddo con lei?
“Perché
Usagi?”, le aveva detto la giovane con quella
ingenuità che da sempre la caratterizzava.
“Perché mi hai chiamata Usagi?”
Già,
perché non l’aveva chiamata Usako?
Perché?
“Perché
voglio dimenticarti!”, pensò il medico, affranto.
Voleva
tanto rivelarglielo, ma furono altre le parole che proferì.
“È
quello il tuo nome, no? Ora scusami, ma non posso perdere
tempo!”
Usagi era
rimasta immobile, pietrificata. Perché Mamoru si
era comportato in quel modo gelido con lei?
Sentì
un nodo stringerle la gola. Adesso più che mai aveva
bisogno di qualcuno con cui sfogarsi.
Tornò
dentro il locale. Trovò Motoki, stupito. Non sapeva
come comportarsi.
“Usagi,
vedi Makoto è al ristorante e quindi...”
Non
finì di articolare la frase. Usagi stava piangendo,
impalata davanti a lui. Piangeva disperata e lui non poteva aiutarla in
nessun
modo.
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Capitolo 16 *** Capitolo 15: Sentimenti contrastanti. ***
Capitolo 15:
Sentimenti contrastanti.
“U-Usa!
Dai, non fare così!”
Motoki era
spiazzato da quelle lacrime e cercava qualsiasi
mezzo per far smettere di piangere l’amica, invano.
“Maledetto
Mamoru! Guarda cosa hai combinato!”, pensò,
guardando la ragazza che nel frattempo era caduta a terra
perché le ginocchia
non le avevano retto.
Usagi dal canto
suo non capiva più niente. Non era più
lucida, ma aveva solo voglia di piangere.
Non comprendeva
il gesto di Mamoru. Perché era stato così
freddo con lei? Per Seiya? Perché lui ora non era
più in Giappone?
Sospirò.
Che importanza aveva? Avrebbe potuto costruire mille
ipotesi, ma non le sarebbe servito a niente. Quella stretta che
avvertiva in
fondo al cuore non sarebbe comunque riuscita a non farle male.
L’aveva
ferita. Era stata davvero quella la sua intenzione?
Beh, c’era riuscito!E ora si sentiva così vuota,
così sola.
Non udiva le
parole che il proprietario del locale le stava
pronunciando per consolarla. Non era in grado di ascoltare nulla. Aveva
lo
sguardo a terra. Le sue lacrime come gocce di rugiada avevano bagnato
il
pavimento sotto di lei.
Voleva solo
piangere. Continuare a farlo. Non voleva affatto
trattenere la disperazione che la stava affliggendo.
Doveva sfogarsi.
Voleva sfogarsi.
Seiya. I suoi
sentimenti per Mamoru. La freddezza di quest’ultimo.
Le bugie che la uccidevano dentro. Non sopportava più la
situazione che stava
vivendo. Non l’avrebbe sopportata per molto. Ma non poteva
fare niente. Non
poteva buttare all’aria l’amore di Seiya, la sua
carriera. Non poteva nemmeno
fare finta che Mamoru non esistesse. Cosa avrebbe dovuto fare?
Anteporre la sua
felicità a quella del suo ragazzo? Non poteva essere
così meschina, così egoista.
Si mise le mani sul volto. Avrebbe voluto sparire per sempre.
Se ne stava
lì, immobile sul pavimento. Motoki le parlava, ma
senza risultato. Era un problema perché stavano per arrivare
dei clienti.
Sicuramente ad Usagi non importava, ma a lui sì.
“Usa,
alzati e vieni con me!”
Si era
avvicinato a lei e l’aveva sollevata da terra. Usagi
non capiva, ma percepì la mano di Motoki che afferrava il
suo braccio e che la
trascinava nel retro del locale, lì dove c’era il
magazzino.
“Aspetta
qua! Servo quei ragazzi e torno!”
La ragazza
annuì, continuando a disperarsi.
Si sentiva
proprio una stupida. Una stupida a trovarsi in
quella situazione. Una stupida ad amare Mamoru quando aveva un ragazzo
perfetto
che era pazzo di lei. Era davvero una stupida.
Avrebbe voluto
avere una gomma per cancellare tutto. Per
iniziare completamente da capo.
“Ehi,
Usagi stai meglio?”, le disse Motoki che aveva appena
finito di servire la colazione ad alcuni giovani.
La ragazza non
rispose. Continuava a versare lacrime in silenzio.
“Usagi
perché piangi? Cosa ti succede?”, le chiese con
dolcezza, avvicinandosi verso di lei, che se ne stava seduta su una
sedia con
la faccia nascosta tra le mani.
“Allora?
Me ne vuoi parlare?”
La ragazza
alzò il viso. Lo guardava, cercava conforto.
“Moto..
io..”
Aveva iniziato a
dire qualcosa, ma non ci riusciva. La
tristezza aveva il soppravvento su di lei.
“Moto...
io... Mamoru... Seiya... lo amo...no...non
posso...non ce la faccio...”
Pronunciava
frasi sconnesse, iniziando a singhiozzare e lasciando
Motoki in preda alla confusione e al panico.
Decise di
calmarsi. La cosa ovvia da fare era solo una. Usagi
sembrava davvero inconsolabile.
Tornò
al bancone, alzò la cornetta del telefono e compose un
numero.
Dall’altra
parte del ricevitore, una ragazza dai capelli
rossicci, vestita con un gli abiti consoni a una cuoca, gli rispose.
“Pronto,
ristorante Jupiter.
Sono Naru, cosa desidera?”
“Sì,
pronto! Sono Motoki, il marito di Makoto. Me la puoi
passare Naru?”, chiese con la sua solita gentilezza.
“Certo,
Moto. Vado a chiamarla subito! Attendi in linea.”
E
così dicendo, avanzò verso la cucina dove si
trovava
Makoto, che aveva radunato aiuto cuochi e camerieri tutti nello stesso
momento.
“Allora
ragazzi, avete capito? Oggi abbiamo un pranzo molto
importante. Dobbiamo mettercela tutta! Intesi? Allora facciamo un hip hip urrà tutti insieme!
Pronti? Hip, hip,
Urrààà!”
Makoto amava
davvero il suo lavoro e ci metteva molta
passione. I suoi aiutanti poi le volevano un gran bene.
“Mako!”,
la chiamò Naru, una volta entrata nella stanza.
“Sì?”
“C’è
Motoki al telefono!”
“Motoki?
E che vuole?!”, domandò sbigottita.
“Non
lo so, non mi ha specificato a dire il vero.”
La ragazza,
preoccupata, avanzò verso il telefono.
“Ciao
amore! Cosa c’è? Per chiamarmi al lavoro deve
essere
successo qualcosa di grave! Stai male per caso?”, chiese,
quasi in preda al
panico.
All’uomo
venne da ridere. Erano poche le volte in cui la
moglie si agitava in quel modo.
“No,
tranquilla tesoro. Non si tratta di me, ma di Usagi!”
“Usagi?
Cosa ha fatto?”
“È
venuta al Crown a cercarti e ha trovato me e Mamoru. Ma
quando lui è andato via ha iniziato a piangere come una
fontana e non riesco a
farla smettere. Ti prego, vieni a darmi una mano! Non so come fare, non
mi
ascolta!”
“D’accordo,
arrivo subito!”
Makoto sentiva
che la sua amica aveva bisogno di lei. Doveva
raggiungerla presto.
“Naru!”
“Si?”,
le rispose la
ragazza sopraggiungendo dalla cucina.
Makoto si
levò il grembiule e lo diede alla sua aiuto cuoca.
“Ma
che significa, Mako?”
Non credeva ai
suoi occhi.
“Devo
assentarmi per qualche ora. Motivi personali. Ti affido
il ristorante. Tu sei un’ottima cuoca e saprai cavartela al
meglio! Ho piena
fiducia in te. E già che ci sei fai lavorare quello
scansafatiche di Nephrite,
che meglio di lavare i piatti se ne sta tutto il giorno a
poltrire!”
La mora aveva
alzato la voce per farsi sentire dall’uomo dai
lunghi capelli marroni, che le stava donando occhiatacce.
“Ti ho
sentita, sai?”, le aveva detto.
Makoto sorrise,
divertita anche perché, Naru, segretamente
innamorata di lui, era diventata tutta rossa.
“In
bocca al lupo!”, le aveva sussurrato all’orecchio,
facendole l’occhiolino. Sperava tanto che quei due
concludessero qualcosa.
Con il pensiero
dei due giovani nella mente, si incamminò
verso il locale del marito.
Chissà
cosa era accaduto ad Usagi. Sicuramente Mamoru
c’entrava. Poverino! Se pensava a tutto il dolore che
l’uomo stava provando, si
sentiva male per lui. Doveva essere molto difficile scegliere tra il
bene di
Seiya e il proprio. Se poi aggiungiamo che la donna di cui sei
innamorato è
proprio la fidanzata del tuo amico, lo diventa ancora di
più. Ma adesso non
poteva rimuginare su di lui. Doveva focalizzarsi sulla sua amica.
In pochi minuti
raggiunse il Crown. Aveva camminato davvero
velocemente!
“Benvenuto!”
Motoki
l’aveva accolta, credendo si trattasse di un cliente.
“Ah,
Mako! Sei tu! Meno male!”
Makoto lo aveva
salutato con un candido bacio sulle labbra.
“Dov’è?”,
gli chiese.
“Vieni!”
Il marito
l’accompagnò in magazzino, dove si trovava una
Usagi ancora abbattuta. Era passata più di un’ora
dall’accaduto e lei frignava
ancora tantissimo, non arrivando a calmarsi.
“Usa,
c’è Makoto!”
Makoto? Mako era
davvero lì?
“Usa...”,
le sussurrò dolcemente la ragazza avvicinandosi a
lei.
“Mako!”,
urlò la biondina, saltandole addosso e continuando a
singhiozzare.
“Vi
lascio sole.”, disse Motoki, allontanandosi e tornando
verso il bancone.
“Su
Usa. Piangi, sfogati pure. Ma poi devi spiegarmi cosa ti
ha scatenato tutto questo!”
La mora la
rassicurava, accarezzandole dolcemente i capelli. La
ragazza si sentiva protetta tra le braccia dell’amica.
Dopo circa dieci
minuti era riuscita a calmarsi.
“Allora
Usa, si può sapere che ti è preso?”
La cuoca le
sorrideva gentilmente, invitandola a farle
conoscere il motivo che l’aveva ridotta in quello stato
pietoso.
Usagi non sapeva
da dove iniziare. In realtà non immaginava
come Makoto avrebbe reagito alla sua spiegazione. Ma doveva pur sempre
cominciare.
Beh, doveva
dirglielo. Doveva confessarle i suoi veri
sentimenti. Si sentiva però decisamente in imbarazzo. Il
mordicchiarsi il
labbro era la prova più evidente del suo stato
d’agitazione.
“Ehm..
ecco Mako.. io... mi sono innamorata di Mamoru!”
L’aveva
detto! Ce l’aveva fatta!
Makoto la
guardava perplessa. Aveva forse sentito male?
“Ripeti
un po', scusa! Credo di aver udito il nome
sbagliato.”
Ma come? Dopo
tutta la fatica che aveva fatto, era
impossibile che non avesse capito.
“No,
Mako hai sentito benissimo.”
“Ma ti
dico di no, Usa-chan! Non ho compreso bene le tue
parole!”
Usagi sorrise.
Quando l’amica ascoltava qualcosa che non le
piaceva, faceva sempre finta di non aver inteso.
“Vuoi
che ti faccia lo spelling?”, disse, provocandola. Si
stava divertendo un mondo a vedere le facce stranite che la mora stava
facendo
in quel momento.
“Sì,
grazie!”
“Allora...
io sono innamorata di... M-A-M-O-R-U!
Mamoru! È
semplice,
suvvia!”
Makoto sperava
di aver ascoltato male. Invece no. Aveva
capito benissimo.
“Ma..
ma Usa! Sei impazzita?”
La ragazza non
poteva credere alle sue orecchie. Aveva il
sospetto, ma sperava di essersi sbagliata.
“Sì,
effettivamente sono proprio pazza. Ma è così. Lo
amo.”
La biondina
guardava la cuoca con fermezza. Non era stato facile
per lei svuotare il sacco.
“Ma
Usa-chan tu stai con Seiya!”
La mora aveva
scosso la testa. Era davvero un problema. Come
poteva essere così egoista? Come poteva non pensare al
cantante?
“Lo
so, ma vedi Mamoru mi ha davvero rubato il cuore e ora
non so come fare! Faccio finta di niente con Seiya... faccio finta che
con lui
sia tutto normale. Quando mi telefona e mi rivela che gli manco, gli
dico anche
io che lui manca a me, ma... ma non è così! Non
è così e io non posso certo dirgli
Seiya io non amo te... non posso
spezzargli il cuore... e la carriera! Lo conosci, farebbe pazzie per
me. Non
voglio mandare all’aria il sogno di una vita! E non posso
parlargli di Mamo, dell’amore
che provo per lui. Lo odierebbe e io non voglio rovinare la loro
amicizia.
Allora gli mento, lo riempio di bugie. Prendo in giro anche me stessa
perché io
voglio Mamoru, voglio stare insieme a lui, ma non posso.”
Il pianto appena
celato tornò a rigarle il volto candido, ma
pallido.
“Scusa
Mako, non riesco a trattenermi. Oggi lui mi ha fatto
capire che mi odia. Mi ha trattato con una freddezza inusuale. Una
volta mi
avrebbe chiamata Usako. Questo mi rendeva felice, speciale
perché erano le sue
labbra a pronunciarlo. Ora invece dovrò accontentarmi del
solito Usagi, il mio
solito stupido nome. Sono sicura che non vuole più saperne
di me.”
La mora era
rimasta di sasso. Quelle parole pronunciate con
tanta sincerità racchiudevano un dolore che non avrebbe mai
potuto capire. E
lei cosa aveva fatto per aiutarla? Niente, un bel niente.
L’aveva solamente
giudicata. La stava giudicando fino a un attimo prima. Si vergognava di
sé
stessa.
“So
come la pensi, Mako. So che vuoi bene a Seiya e anche io,
credimi. Ma non lo amo. Io amo Mamoru. Lo amo più di ogni
cosa al mondo. Non so
perché, ma sento di appartenere a lui da una vita.”
“Oh,
Usagi...”
La cuoca stava
per commuoversi. Odiava quel lato del suo
carattere. La rude e forte Makoto si scioglieva alla vista di amori
tormentati.
Prima Mamo, ora Usa. Era davvero troppo per le sue coronarie.
Si
inginocchiò davanti alla biondina e le prese le mani.
“Usa,
calmati e rifletti un attimo. Tu mi hai rivelato che
Mamoru si è dichiarato a te, quindi come può
odiarti ora?”
La ragazza
cercava di farle forza ed Usagi lo apprezzava
tantissimo. Ringraziava il cielo per avere una amica come Mako-chan.
“Non
ti odia affatto!”
Motoki era
entrato in stanza, non aspettato.
“Perdonatemi,
ma non ho potuto fare a meno di sentire quello
che stavate dicendo!”, rivelò facendo una
linguaccia alla moglie che lo stava
maledicendo con lo sguardo.
“Quando
ti toglierai il brutto vizio di origliare le
conversazioni degli altri?”, lo accusò, stizzita,
Makoto.
“Eddai,
amore! Non ho mica ucciso nessuno!”
Il proprietario
del Crown cercava di difendersi come poteva.
Sapeva che la sua consorte
era un osso
duro da affrontare. Quest’ultima si era infatti sollevata da
terra, lasciando
andare le mani dell’amica e avanzando minacciosa verso di lui.
“Dici
davvero, baka?”
Adesso lo stava
sfidando, tirandogli il grembiule appuntato
al collo.
“Addirittura
baka
mi chiami? Non me lo merito questo trattamento da te! Che razza di
moglie
sei?”, si lamentò il ragazzo.
“Ahahahahahahahahahahahahahahahahah!”
Una risata
fragorosa li distolse dal loro strano litigio.
Usagi non aveva resistito a quella scenata... era davvero uno spasso! I
due
protagonisti la guardavano stupiti, ma contenti di vederla ridere di
gusto.
“Usa
sembriamo davvero due clown?”
“Uhm,
quasi! Vi manca solo il pallino rosso al naso! Comunque
siete davvero una coppia perfetta... un po' vi invidio.”
Le parole della
biondina avevano un sapore amaro,
malinconico. Quei due non c’entravano niente, ma provava
gelosia nei loro
confronti. Tra lei e Seiya non c’era mai stata tanta
complicità e mai ci sarebbe
potuta essere. Chissà invece con Mamoru. Ah, già
non poteva.
Una nuova ondata
depressiva l’assalì, ma questa volta era
sfinita. Abbassò il viso. Non aveva più forza.
“Usa-chan
non dire così!”
Motoki, seguito
da Makoto, le si era avvicinato, sollevandole
il volto delicatamente verso lui e la moglie.
“Credi
veramente che Mamo possa provare odio verso di te?”
La ragazza lo
guardava stupita. Cosa stava cercando di dirle?
“Non
lo penso. È una certezza. Me l’ha fatto capire
prima. Mi
disprezza e non posso dargli torto.”
I suoi occhi
erano spenti. Le pupille dilatate.
“Sbagli.”
Il proprietario
del Crown aveva pronunciato quelle parole convinto
e sicuro di sé, andando verso la piccola finestrella che
illuminava il
magazzino.
Usagi e Makoto
si guardavano meravigliate. Non lo capivano.
“Andiamo,
Usa-chan. Lui è pazzamente innamorato di te, è
scientificamente impossibile che ti odi. Non apprezzo il suo modo di
fare
impulsivo, ma è evidente che ha voluto mandarti un
messaggio. Lui sta soffrendo
molto perché tu sei la ragazza del suo amico ed è
inaccettabile amarti. Ne è
consapevole e allora cerca di non pensarti, cerca di dimenticarti e se
prima ti
ha trattata con freddezza è perché doveva farlo
per il bene di tutti, ma
soprattutto per Seiya. Io sono d’accordo con lui. Usa-chan
è meglio per te
dimenticarti di Mamoru. Impara ad amare Seiya e vedrai che sarai
felice. Come
prima che Mamo tornasse in Giappone. Ricordi come eri contenta con il
tuo
ragazzo?”
Motoki aveva
spiazzato tutti con il suo discorso. Makoto lo fissava
intensamente.
“I-io
appoggio quello che ha detto, Usa.”
Il ragazzo le
sorrise. Sua moglie era con lui.
Usagi osservava
i due sposi, triste. Il loro punto di vista
era giusto, ma come poteva ignorare i suoi sentimenti per Mamoru?
“Mamo-chan...”
Aveva sussurrato
il suo nome. I due coniugi l’avevano
sentita.
Lei lo amava e
non poteva evitarlo. Lo avrebbe amato comunque
anche se lui l’avesse disprezzata per sempre.
Perché lui voleva proteggere
Seiya. Come poteva non capirlo? Anche lei si preoccupava per il
cantante. Non
avrebbe mai voluto farlo soffrire.
“Ti
sbagli, Moto. Voglio bene a Seiya, ma amo un altro uomo
che probabilmente non sarà mai mio. Non mi importa,
però non voglio fuggire dal
mio sentimento. Voglio covarlo e viverlo. Non ho intenzione di far
soffrire il
mio ragazzo, ma appena tornerà qui gli parlerò.
Non posso fingere con lui.
Adesso lo sto facendo, è vero, ma solo per il suo bene. Non
mi importa se Mamo
ha deciso di dimenticarmi. Io non lo farò. Lui
potrà trattarmi male per sempre,
ma io sempre lo amerò.”
Nelle sue frasi
traspariva la grande determinazione che da
sempre la caratterizzava. Avrebbe sofferto da morire, ma non poteva
più tirarsi
indietro.
Non le
interessava che i suoi migliori amici non la
appoggiassero. Nel suo cuore c’era posto solo per Mamo-chan.
“Ma
Usagi...”
Motoki voleva
dissuaderla dal suo proposito, ma Makoto lo
fermò, facendogli no con la testa. Il ragazzo decise allora
di tornarsene al
bancone.
La cuoca
regalò un sorriso all’amica. Era davvero maturata
molto. Non sembrava più lei.
“E va
bene, Usa-chan! Abbiamo capito che sei cotta di quel
disgraziato. Non tenteremo più di farti cambiare
idea.”
La
felicità dipinse il volto della biondina, che si
alzò
dalla postazione in cui era seduta e andò ad abbracciare
l’amica.
“Grazie,
Mako-chan!”
“Piano
Usa che così mi stritoli!”
Le due si
guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere.
Bastava così poco per stare bene. La giovane si era
finalmente rilassata e si
sentiva molto meglio. Le era persino venuta un po' di fame.
Br
br br br!
“Cosa
è questo rumore?”, chiese Makoto, non capendo la
fonte
di quello strano suono.
La ragazza con i
codini rideva, imbarazzata.
“È
il mio stomaco, Mako!”
“Ah
ah! Dai su, andiamo da Motoki. Ti faccio preparare uno
dei suoi super panini farciti e poi un bel gelato al
cioccolato!”
Gli occhi della
biondina brillavano di gioia. Quanto adorava
la sua Mako-chan!
Avanzarono verso
il locale e Motoki fu felice prima di
appurare che Usagi si era ripresa e poi di constatare che le era venuto
appetito. Era un po' preoccupato per quello che sarebbe potuto accadere
tra lei
e Mamoru, ma decise di non fossilizzarsi. Alla fine non era affar suo.
Preparò
un mega panino per la ragazza con dentro maionese,
ketchup, salame, insalata e mozzarella. Ovviamente lei lo
divorò, insieme al
gelato servito poco dopo.
Anche Makoto
decise di fermarsi a mangiare con lei.
D’altronde era ora di pranzo e al ristorante sarebbe tornata
non appena avesse
concluso il suo pasto.
“Uaaah!
Era tutto buonissimo!”, disse Usagi, ormai piena. Che
fortuna avere due amici così bravi in cucina!
All’improvvisò
si incupì. Era come se si fosse dimenticata di
qualcosa.
“AAAAAAAAAAAAAhhhhhhh!”,
urlò, in preda al panico lasciando
sbigottiti tutti i presenti.
“Cosa
ti prende ora, Usa-chan?”
“Mako!
Mako! Dimmi che ore sono!”
La ragazza
ancora interrogativa guardò l’orologio che aveva
al polso.
“Le
14, Usa.”
Impallidì.
Era davvero tardissimo.
“È
terribile! Mia madre mi ucciderà! Dovevo portarle le
medicine parecchie ore fa!”
Si
alzò di scatto dallo sgabello in cui era seduta.
“Grazie
Motoki. Grazie Mako-chan, ma ora devo scappare!
Grazie di tutto e mi dispiace avervi fatto perdere tempo! Ci sentiamo
presto!”
Li
salutò e corse via verso casa.
Nel
frattempo....
Mamoru stava
tornando nel proprio appartamento dopo
un’estenuante giornata di lavoro. Tra tirocinio e visite, era
andata anche
peggio di quello che aveva previsto. Camminava lentamente verso la via
che lo
conduceva a casa e ragionava.
Purtroppo aveva
incontrato Usagi quella mattina.
La bella e
dolente Usagi che gli aveva fatto perdere
completamente il lume della ragione. L’amava, ma non poteva
essere sua. Non
poteva perché era la donna del suo amico.
Seiya lo
considerava un fratello e aveva completamente
fiducia in lui. Non poteva certo rubargliela. Che razza di uomo sarebbe
stato? E
allora era costretto ad allontanarla, a levarsela dalla testa.
Era tosta
però. Usagi gli veniva in mente di giorno, ma
soprattutto di notte. La sognava persino in atteggiamenti erotici con
lui.
Dio, come si
odiava! Si sentiva uno schifo allucinante.
Quella mattina
poi in particolar modo. L’aveva trattata
malissimo. L’aveva umiliata e non si perdonava per questo.
Non riusciva a
dimenticare il suo sguardo ferito.
Era stato
davvero un verme. Ma non aveva altra scelta.
Doveva
scordarla. Rimuoverla dal suo cervello. Dal suo cuore.
Doveva sparire, svanire nel nulla.
Ci sarebbe
riuscito? Non ci credeva più che tanto, però
almeno doveva tentare.
Intanto, la
diretta interessata correva, nel viale antistante
dove lui si trovava, come una forsennata.
“Cavolo,
sono in un ritardo apocalittico!”
La madre la
stava aspettando da moltissime ore e lei che
aveva fatto? Aveva perso tempo! Adesso una ramanzina non gliela avrebbe
tolta
nessuno.
Si muoveva
talmente rapidamente da non accorgersi della
presenza dell’uomo di fronte a lei. Gli passò
affianco, ma non lo vide neanche.
Teneva gli occhi chiusi per la fatica che stava provando.
Il medico,
invece, l’aveva inquadrata benissimo.
Scappava come un
fulmine! Forse ne aveva combinata una delle
sue, chissà. La seguiva con lo sguardo. Si era fermata a
pochi passi da lui.
Come aveva potuto non vederlo? Sorrise. Era proprio una pasticciona.
La ragazza si
era arrestata davanti il semaforo, rosso.
Ansimava, non aveva più fiato. Doveva attraversare il
marciapiede, ma il verde sembrava
non scattare più.
“Eddai
che sono in un ritardo cosmico! La mamma mi
ammazzerà!”
Guardò
la strada. Sembrava che non passasse nessuno. Decise
allora di buttarsi anche se c’era ancora il segnale di stare
fermi.
Improvvisamente
a metà strada una macchina accelerò. Ormai era
troppo tardi per tornare indietro.
Stretch!
Il rumore di una
frenata. Poi, il buio. Il tutto, in pochi
attimi.
Quando la
giovane aprì gli occhi, si ritrovò a terra tra le
braccia di qualcuno.
Non riusciva a
vederlo, ma sentiva un profumo buonissimo. Una
fragranza che già conosceva.
Mamoru,
assistendo a tutta la scena, si era precipitato a
salvarla. Fortuna che si trovasse lì in quel momento.
“Usako,
stai bene?”
Quella voce.
Quel tono. Era lui, era Mamo. La stava
abbracciando. Si sentì avvampare. Si trattava forse di un
sogno?
Un momento.
Aveva attraversato e non si era accorta che un’auto
stava sopraggiungendo verso di lei. Lui, lui l’aveva salvata.
Arrossì
e lo fece ancor di più quando il medico si
sollevò da
lei e la guardò con i suoi profondi occhi azzurri. Per un attimo si perse in
essi.
“Stai
bene, Usako?”, le ripetè visto che la prima volta
non
gli aveva risposto.
“Ehm
sì, credo di sì.”, rispose, mentre
l’uomo le porgeva la
mano per aiutarla a rimettersi in piedi.
Al contatto
della sua pelle, forti emozioni simili a scariche
elettriche attraversarono entrambi. I loro sguardi si incrociarono per
un
istante, interrotto improvvisamente dal conducente
dell’autovettura.
Un signore
anziano stava avanzando verso di loro.
“Tutto
bene, ragazzi?”, domandò, spaventato. La ragazza
gli
era piombata davanti senza che lui potesse fare nulla.
“Sì,
signore. Non si preoccupi, anzi perdoni la mia amica. È
stata avventata.”
Fissava il
ragazzo. La stava giustificando.
“M-mi
scusi.”, disse con gli occhi a terra, a causa della
vergogna per il pasticcio che aveva combinato.
“Oh,
non c’è problema. L’importante
è che stiate bene! Vi
porto in ospedale?”
Mamoru fece
cenno di no.
“Non
si preoccupi. Sono un medico.”
“D’accordo,
allora sto tranquillo. E lei, mi raccomando, stia
più attenta la prossima volta!”
Usagi disse di
sì con la testa, scusandosi ancora una volta
mentre l’anziano si allontanava velocemente.
Rimasero soli.
La biondina
sentiva il cuore scoppiarle in petto. Non si
aspettava di incontrare il dottore in quelle circostanze.
Era felice.
Mamoru l’aveva anche chiamata Usako, ma la cosa
più importante era che lui le aveva salvato la vita.
Sì, aveva qualche graffio
qua e là sulle gambe, ma era tutta intera grazie a lui. Era
doveroso per lei essergli
riconoscente.
“Mamo,
grazie. Per avermi salvata, dico. Grazie.”
Che fatica
pronunciare quelle poche parole! Doveva farlo. Le
era davvero grata.
Mamoru le dava
le spalle ed era molto arrabbiato con lei. Aveva
rischiato di perderla in un modo così stupido! Si
girò di scatto verso di lei.
“Grazie
un corno, Usako! Ti rendi conto che per una tua
leggerezza potevi morire? Dio, non voglio nemmeno pensarci! Sei stata
davvero
una stupida!”
La ragazza lo
guardava attonita, ma non poteva dargli torto. Abbassò
la testa. La vista si stava annebbiando.
“Mi
dispiace, Mamo... non volevo... non ho visto la macchina...
io.. io...”
Le lacrime le
rigarono il volto. Iniziò a piangere, più per
averlo deluso che per il rischio che aveva corso.
“Stupida...”,
sussurrò il ragazzo, accarezzandole una guancia
con dolcezza.
Non ce la
faceva. Vederla piangere era troppo per lui.
Si
avvicinò a lei e, senza che lei potesse accorgersene,
l’abbracciò con tutta la forza che aveva in corpo.
La biondina spalancò gli
occhi per lo stupore.
“Stupida,
stupida, stupida Usako! Sei davvero una stupida.”
Mamoru era
infuriato con lei, ma l’amava e quelle lacrime
l’avevano
mandato in tilt. Aveva rischiato di andarsene e questo non poteva
sopportarlo.
Lei era
lì, viva tra le sue braccia. Sentiva il suo respiro,
il suo calore. Le accarezzava delicatamente i capelli. Emanavano un
profumo
inebriante che non riusciva a farlo rimanere lucido.
La giovane
sentiva il cuore di lui battere forte, fortissimo.
Si sentiva protetta tra quelle braccia possenti. Le sembrava di toccare
il
cielo con un dito. Lo amava. Lo amava tantissimo.
“Perché
non posso tenerti stretta a me tutte le volte che
voglio? Perché? Perché mi sto facendo del male
abbracciandoti ora? Mannaggia a
me che mi sono innamorato di una stupida come te! Ma che posso farci?
Io ti amo
Usako! Ti amo!”
Affondò
il viso tra i suoi codini. Voleva sentire ancor di
più il suo odore. Doveva sentirlo.
Usagi sentiva un
calore invaderla dentro. Quelle parole, enunciate
con tanta onestà, l’aveva sciolta dentro. Aveva
caldo. Era sicura di essere diventata
rossa come un peperone.
Anche lei lo
amava. Voleva dichiararglielo. Doveva farlo,
prima che fosse stato troppo tardi. Ma non riusciva a emettere nessun
suono per
quanto si sforzasse. L’emozione che provava era
eccessivamente forte. In quel
momento lei era finalmente sua, completamente sua. Avrebbe voluto che
quell’istante
non fosse finito mai. Voleva che quella magia durasse per sempre.
All’improvviso
lui si staccò, allontanandola. L’incantesimo
era svanito.
“Ma
che sto facendo? Sono un idiota, non posso!”
Le immagini di
Seiya, che gli sorrideva, che gli cantava l’amore
che sentiva per Usagi, che aveva quella profonda fiducia in lui, gli
vennero in
mente prepotentemente. Non poteva, non poteva stare lì fermo
con la ragazza del
suo amico a esprimerle ancora una volta i suoi sentimenti. Non era
giusto. Per quanto
facesse male.
La biondina era
sbalordita da quel gesto, ma lo comprendeva.
Seiya, lui stava pensando a Seiya. Era legittimo, ma doveva fare
qualcosa. Il suo
amore lui forse lo intuiva già, ma voleva confessarglielo lo
stesso.
“Mamo...
io volevo dirti che... io...io ti..”
Si
fermò. Il medico mise un dito sulle sue labbra,
zittendola. Non voleva ascoltarla. L’avrebbe consumato ancora
di più. Doveva mettere
fine a quella tortura.
“Non
farlo, ti prego. Torna a casa, Usako e dimentica tutto.”
Si
distaccò da lei, con lo sguardo addolorato e colpevole.
Usagi lo
osservava stupita, senza che potesse fare nulla per
fermarlo. Lui stava correndo, stava scappando via da lei.
Lo guardava
allontanarsi. Non poteva fare più niente in quel
momento. Erano già successe troppe cose quel giorno.
“Oh,
no! La mamma!”
Perché
si dimenticava sempre di lei? Se solo Mamoru fosse
stato come la sua genitrice, l’avrebbe scordato facilmente.
Scoppiò a ridere. Era
davvero impossibile.
Tornò
a correre e quasi immediatamente arrivò a casa.
“Uuuusagi!
Coff, coff!
Ma ti rendi conti di che ore sono? Meno male... coff,
coff... che facevi in un baleno! Dammi le medicine, figlia
degenere! Vai solo perdendo tempo!”
Ikuko era
inviperita con la figlia, ma conosceva benissimo il
carattere di questa.
La ragazza la
guardava con aria colpevole, tentando di
giustificarsi.
“Scusami,
mamma! Diciamo che ho avuto una mattinata molto
movimentata!”
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Capitolo 17 *** Capitolo 16: Diciamo tutto a Seiya! ***
Capitolo 16: Diciamo tutto a Seiya!
Era passata una settimana dall'incidente-incontro-scontro con Mamoru.
Non sapeva nemmeno come definirlo quell'assurdo episodio.
Era consapevole solo del fatto che lui le aveva salvato la vita. Se non
fosse stato per Mamoru, lei non sarebbe stata lì a
riflettere guardando il soffitto della sua camera. Pasticciona che non
era altro! Rischiare la vita in quel modo! Era davvero un caso senza
speranze,lei.
"Grazie Mamoru".
Quelle parole erano come un sussurro. La finestra era aperta e lei
sperava che in qualche modo il suo ringraziamento arrivasse alle
orecchie del ragazzo. Solo un misero "mi dispiace" era riuscita a
dirgli. Nient'altro. Neanche quello che veramente avrebbe voluto
confessargli.
Che stupida, non doveva pensarci. Non a lui. Non più. Non
aveva più senso, ormai. Lui non ne voleva sapere
più di lei. Non poteva più pensare a lei. E lei
doveva fare la cosa giusta: mettersi il cuore in pace. Il suo destino
era quello di stare con Seiya e rispettare il suo amore. Non farlo
soffrire. Non tradirlo con un "altro". Con l'"altro".
No, non poteva più. Era arrivato il momento di smettere di
rovinarsi le giornate con il pensiero di Mamoru nella testa.
Doveva pensare solo a Seiya. Al suo Seiya. Beh, un pò le
mancava davvero. Una sua carezza l'avrebbe fatta sentire certamente di
buon umore.
O forse no. Forse non sarebbe bastato nemmeno quello a farle
dimenticare Mamoru.
Ma forse non era meglio autoconvincersi che fosse così? Lei
era Usagi Tsukino. Una ragazza innamorata del suo amore. E il suo amore
era Seiya Kou.
*****
Crown.
"Mamoru sono arrivata alla conclusione che tu sia uno stupido."
Makoto aveva accolto il racconto del medico nel migliore dei modi, non
c'è che dire. Il ragazzo era arrivato quella mattina di buon
ora al locale per raccontare quello che era successo tra lui e Usagi la
settimana precedente. Ne aveva rimuginato a lungo e aveva sentito il
bisogno di confidarsi con Motoki.
Già, con Motoki. Non aveva messo in conto, però,
la presenza di Mako.
"Grazie Mako. Sei sempre gentilissima con il sottoscritto."
"Dai, Mamoru. Rifletti! Sei davvero uno stupido!"
La ragazza, divertita, continuava a prenderlo in giro, facendolo
sentire un uomo inutile.
"Mako, tesoro, smettila! Non vedi che è già
abbastanza depresso?"
Motoki cercava di difendere l'amico, che era piombato in un silenzio di
tomba. Guardava in un punto fisso davanti a sè.
Mamoru si sentiva davvero un idiota. Stava male per una ragazza. Una
ragazza! Diamine, ce ne erano milioni di ragazze al mondo!
Perchè stare male proprio per lei? Per la fidanzata di
Seiya? Perchè lei e non un'altra?
Ormai che senso aveva pensare ancora a questo? Il danno c'era. Lui
amava Usagi, la ragazza del suo migliore amico e doveva farsene una
ragione.
"Io l'amo!"- aveva detto alzandosi improvvisamente dalla sedia dove era
seduto- l'amo terribilmente! Più di me stesso!
Più di ogni altra cosa al mondo!"
Cosa stava facendo? stava urlando! Urlava il suo amore per Usagi. Era
davvero disperato!
Makoto e Motoki lo guardavano spaventati. I clienti lo guerdavano
spaventati.
"Perchè mi guardate così? Non sono pazzo, lo
giuro", disse tornandosi a sedere.
Motoki era paralizzato dal comportamento dell'amico.
"Siamo sicuri che tu sia Mamoru Chiba?", gli disse esaminandolo per
bene con lo sguardo.
Mamoru lo riguardò. Già, era davvero Mamoru Chiba
lui? Non si riconosceva più. Non sapeva più
quello che stava facendo. Aveva perso se stesso e tutto quello che era.
Per chi poi? Per una ragazza! Una ragazza! Anche se Usagi non era una
ragazza normale. Era Usagi. La pasticciona e tenera Usagi.
La ragazza di Seiya.
"Mamoru Chiba!"- urlò improvvisamente Makoto Kino con un
coltello in mano puntato verso il medico- io ti uccido!"
Motoki cercava di afferrarla da dietro per evitare che commettesse un
omicidio in pieno giorno e con tanto di testimoni. Ovviamente senza
riuscirci. Lei era lì che sbraitava puntando lo strumento
verso il viso del ragazzo. Era arrabbiatissima.
Mamoru la guardava divertito. L'aveva combinata grossa e lo sapeva. Era
inevitabile il terzo grado di Mako.
"Mamoru Chiba! O come cavolo ti chiami! Il tuo nome non è
importante, dopotutto. Ma dico! Ti rendi conto? Come osi urlare nel mio
locale facendomi fare una figuraccia con i clienti?"
Makoto era talmente arrabbiata che non si era accorta che ora tutti i
presenti osservavano lei, scoppiando in una risata generale.
"Mi sembra che adesso sia tu quella che sta facendo una brutta figura!,
le disse Mamoru che aveva cominciato a ridere come un pazzo.
Makoto lo guardava allibita. Aveva ragione. Lei era diventata per colpa
sua un fenomeno da baraccone.
Guardò i clienti. Guardò Motoki. Le guance le si
tinsero di rosso.
I presenti ridevano e la applaudivano con le mani. "Sei una comica
nata!", le urlarono in coro.
Il locale si era trasformato quasi in circo. Makoto era fuggita in
cucina rossa come un pomodoro, ma aveva fatto in tempo a lanciare uno
sguardo assassino a Mamoru, che continuava a ridere.
"L'hai fatta grossa stavolta, Mamo!"
Motoki aveva pronunciato quelle parole con un grande sorriso. Adorava
quando sua moglie perdeva le staffe.
All'improvviso la porta del locale si aprì.
"Ehi ma che sta succedendo?"
Usagi era lì. Aveva sentito un gran baccano ed era entrata.
Sarebbe dovuta andare al lavoro, ma sentendo tutto il caos che
proveniva dal Crown aveva deciso di entrarvi. La sua
curiosità era tanta.
"Motoki, mi spieghi cosa è succ--"
Si interruppe. Mamoru era lì! Che ci faceva lì?
"Ehm, ciao Mamoru.", gli disse timidamente.
Non appena la vide, il cuore di Mamoru si fermò. "Maledetto
organo inutile", pensò.
"Ciao Usagi", la salutò facendole un sorriso forzato. Faceva
male. Certo era felicissimo di vederla, ma faceva male. Faceva male non
poter amarla e sapere di amarla allo stesso tempo.
Usagi si avvicinò al bancone e si sedette affianco al
ragazzo. Il suo cuore batteva forte, anzi sembrava che da un momento
all'altro potesse scoppiarle in petto. Non se l'aspettava. Non si
aspettava di vederlo lì.
Certo che il destino era proprio contro di lei.
"Ehm, Moto. Mi spieghi perchè queste persone stanno ridendo?"
La sua voce era stranamente tranquilla. Era riuscita ad andare dritta
al punto.D'altronde, era quello il motivo per cui era entrata dentro il
locale.
"Ehm, ma no niente Usa-chan! Vero, Mamo?"
Motoki non sapeva cosa dirle. Non poteva certo confessarle la
verità.
"Non è successo nulla, Usagi. Ridono per cose loro credo.
Non so."
Mamoru cercava di sviare facendo il finto tonto, quando a un certo
punto sbucò Makoto, ripresasi un poco dalla precedente
pessima figuraccia.
Alla vista di Usagi le si illuminarono gli occhi.
"Oh, capiti al punto giusto!", le disse.
Motoki impallidì. La moglie stava per vendicarsi su Mamoru.
E l'avrebbe fatto colpendolo nel modo peggiore.
Mamoru quasi si strozzò con il caffè che Motoki
gli aveva appena preparato. Che voleva fare quella pazza?
"Cosa c'è, Mako?"
Usagi non capiva.
"C'è che siete due stupidi!", disse.
Usagi continuava a non capire.
"Non capisco."
Mamoru faceva finta di non ascoltare la cuoca inviperita. Magari in
questo modo si sarebbe stufata prima o poi. O almeno se lo augurava.
"Tu e lui. Lui e tu. Mamoru e Usagi. Siete due stupidi."
Makoto continuava ad inveire, indicando con l'indice i due malcapitati.
Usagi era perplessa. Era evidente che la sua amica non stava bene. Si
girò verso Mamoru,ma lui non dava segni di vita.
Guardò Motoki, ma se l'era svignata.
"Insomma, vuoi spiegarti?"
Non ci stava capendo più nulla.
"Amica mia, questo soggetto che hai vicino a te in questo momento si
strugge d'amore per te."
Mamoru aveva alzato lo sguardo, fulminandola.
"Brutta stronza!", pensò, voltandosi a guardare Usagi che
nel frattempo era diventata rossa per la vergogna.
"Makoto smettila!", disse il medico con tono deciso. Non gli piaceva si
scherzasse con i suoi sentimenti.
"Ebbene sì, mio caro. Tu la ami! E pure lei ti ama!"
Usagi era diventata paonazza.
Mamoru si era alzato dalla sedia. "Basta! Io me ne vado!", disse
scocciato. Makoto stava decisamente esagerando.
"Fermati!", disse la cuoca piazzandosi davanti a lui con le braccia
aperte.
"Lasciami andare, Mako. Ora che ti sei vendicata non sei contenta?"
Mamoru aveva perso la pazienza. Bella amica che aveva!
"Lascia perdere quello che è successo prima.Era solo una
scusa per andare dritta al punto. Io lo dico per te. Dovete smettela!
Sono stanca di vedervi star male l'uno per l'altra.", gli disse
guardandolo intensamente negli occhi.
Poi rivolgendosi anche ad Usagi, che era paralizzata,
continuò: "Ragazzi, io lo dico per voi. Vi amate. E si vede.
Se ne accorgerebbe anche Seiya se fosse qui."
"Non nominare Seiya. Lui non c'entra.",urlò Mamoru.
Nel frattempo Motoki, una volta capito le vere intenzioni della sua
sposa, si era avvicinato a Makoto.
"Ok lascio stare Seiya. Ma guardati: tu non vivi più. Ti
stai distruggendo per lei."
"E anche tu per lui, Usa-chan.", continuò Motoki dando man
forte alla moglie.
Usagi era rimasta in silenzio. Non poteva dibattere: era tutto vero.
Lei si stava distruggendo per lui. Volse lo sguardo verso Mamoru e le
lacrime le rigarono gli occhi.
"No le lacrime no, Usako! Non puoi farmi questo!"
Mamoru detestava vedere Usagi che piangeva e soffriva per causa sua. Se
solo lui non fosse mai tornato! Se solo lui non si fosse innamorato
della ragazza del suo amico!
Seiya...il suo nome gli piombava in testa, facendolo sentire un verme.
"Un verme... sono un verme!", aveva sussurrato. Si sentiva male e la
testa gli girava. Aveva bisogno di ossigeno: gli sembrava di soffocare.
Era in difficoltà e si vedeva. Voleva prendere Usagi e
andare via con lei. Voleva asciugarle le lacrime con un bacio. Ma non
poteva o non voleva?
Era lì, fermo e assente. Non sapeva che fare. Voleva andare
via, ma stranamente le gambe non si muovevano.
Uno strano silenzio era caduto nella stanza. Makoto e Motoki vedevano
gli amici in difficoltà, ma con il loro operato avevano
già dato loro una grande mano. Non potevano fare
più di quello che avevano già fatto.
"Mamoru...", disse a un certo punto la bionda, sconvolgendo tutti.
Il ragazzo si ridestò dal suo torpore, sorpreso.
Usagi era rossa in viso e lo fissava intensamente, facendogli quasi
male al cuore.
"Smettiamola di fare finta che tra noi non ci sia niente. Smettiamola
di fingere che vada tutto bene", cominciò la ragazza
lasciando di stucco i presenti.
Era disperata! Voleva urlare tutto il suo dolore. Un dolore che l'aveva
sfinita. Un dolore che non sopportava più. Dopo quello che
era appena successo, non più.
"Io ti amo e non voglio più soffocare il sentimento che ho
per te."
Le sue parole erano forti. Il suo sguardo era deciso.
Mamoru era felice e turbato allo stesso tempo. Usagi l'aveva stupito.
L'aveva spaventato.
"Smettiamola Mamoru! Diciamo tutto a Seiya!"
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Capitolo 18 *** Capitolo 17: l'inizio. ***
Capitolo 17: l'inizio.
"Smettiamola Mamoru! Diciamo tutto a Seiya!"
Usagi era convinta di quello che stava affermando.
Basta bugie. Non ce la faceva più.
Basta mentire a Seiya. Basta giocare con sè stessa. E basta
soffrire per Mamoru.
Lui doveva prendersi le sue responsabilità e non scappare!
Lui doveva affrontare la situazione. Loro dovevano affrontarla insieme!
Convinta come non mai, guardava intensamente l'uomo che amava. E
attendeva una risposta. Un cenno, qualsiasi cosa che le facesse intuire
che il ragazzo era d'accordo con lei.
Mamoru le stava immobile, di fronte. Le sue parole, schiette e piene di
dolore, l'avevano gelato. Possibile che quella donna così
forte e decisa fosse davvero la sua Usagi?
Era così sicura di quello che stava sostenendo. Non l'aveva
mai vista sotto quella luce.
"Ma sei impazzita?", le urlò, facendola sobbalzare.
Perchè lei non capiva? Loro non potevano. Non dovevano. No,
non dovevano spezzare il cuore a Seiya. Lui avrebbe fatto qualche
sciocchezza. Lo conosceva il suo temperamento passionale.
No, non poteva. Il suo amico era più importante di qualsiasi
ragazza. "Non farò mai quello che dici!", concluse
razionalmente.
"Il pazzo sei tu!", controbattè la ragazza dai lunghi
capelli dorati. "Non capisci che così è peggio?"
Usagi era arrabbiata dopo aver ricevuto quella risposta talmente
bambinesca da parte del medico. Si era forse fatta un'idea sbagliata su
di lui? Perchè era così infantile?
"Tu non ragioni per nulla, Usagi!"
Mamoru si stava scaldando e cominciava a sudare per l'agitazione.
Possibile che lei fosse così senza tatto? Così
egoista da non riflettere sulle proprie azioni? Perchè era
diventata così maledettamente istintiva?
"Ah, io non ragiono! Bella questa!", esclamò Usagi con un
tocco di ironia. "Dico, ma l'avete sentito?"
Si rivolse verso Motoki e Makoto, cominciando a ridere nervosamente.
"No, Usa. Non metterci in mezzo. Noi abbiamo fatto fin troppo per
oggi.", tagliò corto la mora, fissandola da dietro il
bancone.
Makoto ne aveva abbastanza. Era stufa di vederli disperarsi ogni giorno
per quell'amore che li aveva invasi prepotentemente.Lei e il marito li
avevano aiutati e loro si comportavano come due ragazzini alla prima
cotta. Era troppo per i loro gusti.
"Ascolta Mamoru. Vuoi soffrire in eterno?", riprese Usagi voltandosi
nuovamente verso il ragazzo. "Vuoi continuare a prendere in giro Seiya?"
"Io non sto prendendo in giro Seiya!", gridò il ragazzo
avvicinandosi pericolosamente verso la ragazza.
"Ah, no? Certo che lo stai facendo! Lo fai tutti i giorni pensando a
me!", gli disse con le lacrime agli occhi. "Ma vedo che sei ottuso.
Così ottuso che non capisci quanto sia difficile per me
rispondere al cellulare tutte le volte che squilla ed è lui.
Non puoi capire cosa significhi fingere di provare un sentimento che
non c'è. Non puoi perchè preferisci chiuderti in
quello stupido silenzio che ti porti sempre dietro!"
La delusione poteva leggersi cristallina nei suoi occhi. Che razza di
uomo stava amando? Possibile che avesse messo in discussione la sua
storia con Seiya per un individuo così?
Mamoru non parlava. Si limitava a fissarla, sconcertato e stanco.
Non sapeva cosa dirle. Pensava senza proferir parola. Non dava nessuna
risposta. Non controbbatteva. Riusciva ad intuire quale fosse il
pensiero di Usagi su di lui in quel momento.
Sì, era un codardo. Sì, voleva farsi del male.
Sicuramente era un pazzo. Era completamente fuori di testa. Ma era
anche confuso. Insomma, un turbine di sensazioni contrastanti.
La cosa giusta da fare quale era?
"Basta, sono stufa. Vado via. Non vale la pena continuare a parlarne.",
concluse Usagi, sbattendo la porta del locale. Come era stata stupida
ad innamorarsi di lui. Era evidente che i suoi sentimenti non
contassero nulla.
Sola. Si sentiva sola. Una lacrima scese sul suo viso. Aveva varcato la
soglia e lui non aveva neanche fatto nulla per fermarla.
Solo. Era solo. Ed era stupido. Così stupido, da averla
lasciata andare via come niente fosse. Forse per sempre.
"Mamoru..."
Motoki lo chiamava, ma lui non lo sentiva. Non sentiva nulla. Era forse
impazzito? Lui era così razionale! Cos'era questo suo
comportamento? Aveva fatto una cazzata a fuggire dalla
realtà?
"Non sono io questo. Non mi comporterei mai così. Che sto
facendo?", disse a voce alta, guardando l'amico.
"Seguila!", lo incitò. Immediatamente corse dietro alla
ragazza. Che idiota che era stato. Lasciarla andare via a quel modo per
la sua stupida paura.Perchè aveva timore se prima o poi
avrebbe perso comunque? L'amicizia di Seiya l'avrebbe persa comunque.
Anche se Usagi non l'avesse lasciato. Il solo vederlo in sua compagnia
l'avrebbe fatto morire ogni volta.
E allora che senso aveva fuggire?
"Usagi!", urlò una volta fuori. Ma dov'era? Possibile che in
pochi secondi si fosse già allontanata?
"Stupido Mamoru!", ammise amaramente. "Perchè non le ho
detto semplicemente di sì?"
Era stato davvero un'idiota.
Cominciò a correre. Doveva trovarla a qualsiasi costo.
****
Usagi era appena uscita dal locale di Motoki. Era arrabbiata. Era
delusa. E camminava velocemente. Le lacrime le scendevano copiose sul
viso. Era nervosa.Tutta quella storia l'aveva fatta agitare.
"Usagi!"
Si fermò di scatto. Cos'era quella voce che aveva sentito?
Possibile che fosse lui?
Si girò, ma non vide nessuno.
Che stupida. Non poteva certo essere lui. Si era sbagliata. Di nuovo.
Per due volte in quella giornata.
Aveva forse sbagliato a proporgli di rivelare tutto a Seiya?
Già Seiya... il suo Seiya. Non se la meritava una ragazza
come lei.
Avrebbe sofferto prima o poi. Perchè lei era stufa. Era
stanca di quella situazione.
Avrebbe voluto sparire per sempre. Andare via e dimenticare tutto.
Dimenticarsi di lei. Di Seiya. Di Mamoru. Tra loro era evidente che non
fosse destino.
Silenzio. Un grande silenzio le aveva invaso l'anima.
Non ce l'avrebbe fatta. Forse era meglio non andare a lavoro in quelle
condizioni.
Decise di chiamare sua madre e avvertirla che non avrebbe aperto lei il
negozio. La sua genitrice avrebbe compreso il suo stato d'animo e
l'avrebbe lasciata andare.
Improvvisamente era assalita dalla voglia di sentire l'odore del mare.
Almeno lui l'avrebbe rilassata.
Cambiò strada e decise di proseguire verso la stazione e
prendere il primo treno.
Si sarebbe fatta un bella passeggiata sulla sabbia e avrebbe respirato
la salsedine che era nell'aria. Ne aveva un gran bisogno.
Chiamò Ikuko e lei non fece storie. Aveva capito che
qualcosa era successo a sua figlia, ma non le chiese nulla. Ne avrebbe
parlato lei se avesse voluto.
Quella mattina era molto calda, anche se soffiava una leggera brezza
che le scompigliava i capelli.
Già quei capelli. Così lunghi. Forse avrebbe
fatto meglio ad accorciarli. Così, per cambiare un
pò.
"Uff!", sfubbò.
Era inutile focalizzarsi sui capelli. Non serviva a niente pensare a
qualcosa che non fosse Mamoru.
Camminava sul viale per la stazione e in ogni attimo gli tornava in
mente quel ragazzo stupido.
A un certo punto le squillò il cellulare.
Era Makoto.
"Ehi Mako!", la salutò, tristemente.
"Usa, dove sei?", le chiese l'amica. Un velo di preoccupazione si
notava dal tono della sua voce.
"Non sono in negozio, Mako. Non me la sentivo. Vado al mare.", rispose
la ragazza in modo schietto.
"Come al mare?"
Lo stupore di Makoto era evidente.
"Sì, Mako!Hai capito bene! Ho bisogno di prendere aria!"
"Ma Usagi! Mamoru ti sta cercando!"
Cosa? Aveva capito bene? Mamoru, quello stupido Mamoru la cercava?
"Sì, hai capito bene!", le confermò l'amica.
Conosceva il significato dei silenzi di Usagi.
"Poteva pensarci prima!"
Cosa pensava di fare Mamoru? Giocare con lei?
Non glielo avrebbe permesso. Adesso era il suo orgoglio a parlare.
Maledetto orgoglio di donna ferita.
"Non mi interessa, Mako. Non voglio vederlo. Per me può
anche sparire ormai!", mentì spudoratamente.
"Ahahahahahahahah! Adesso l'hai detta proprio grossa!"
Makoto non poteva fare a meno di ridere. Le stupidaggini che diceva
Usagi erano note a molti e soprattutto a lei.
"Non ci credi? Non me ne---"
Non riuscì a finire la frase che qualcuno le
afferrò il braccio da dietro.
"Mamoru...", esclamò stupita.
Mamoru era lì. Respirava affannosamente. Doveva aver corso.
Era anche sudato.
Ma era lì. Per lei.
"Eh, come dici?", chiese Makoto dall'altra parte del telefono.
"Ti richiamo, Mako!", disse, lasciando l'amaro in bocca all'amica che
francamente non aveva capito nulla.
"Finalmente ti ho trovata!"
Mamoru era di fronte a lei. L'aveva trovata, dopo aver corso per una
buona mezz'ora. Era stanco, ma non poteva fare a meno di guardare fisso
Usagi negli occhi. Tanto intensemente che quasi le avrebbe fatto paura.
"Lasciami!", urlò la ragazza, liberandosi dalla presa del
moro. "Cosa vuoi?"
La voce le tremava. Sentiva un nodo alla gola. Sapeva che il pianto si
sarebbe fatto presto vivo.
"Voglio te!", disse spiazzandola.
Avanzò verso di lei, con tenacia. Usagi, dal canto suo, si
allontanava. Era più forte di lei. Si allontanò
finchè un albero pose fine alla sua fuga.
"Voglio te!", ripetè disperato, avvicinandosi sempre
più, fino ad arrivare davanti il suo viso.
Usagi era bloccata con la schiena contro il tronco del ciliegio in
fiore. Era immobile, in un vortice di emozioni.
"Voglio te! Voglio la tua pelle! Voglio il tuo profumo! Voglio sentire
il tuo calore su di me! Le mattine voglio svegliarmi con te accanto!"
Le sue parole erano diventate quasi un sussuro. Un dolce e
indimenticabile sussurro.
"Usagi, io ti amo! Voglio viverti!"
Usagi era arrossita. Imbarazzata. Emozionata. Commossa. Non se
l'aspettava. Non dopo quello che era successo prima. Mamoru aveva il
potere di stupirla ogni volta.
"E Seiya?", chiese timidamente. Non potevano dimenticarsi di lui.
In fondo, era lui la vittima del loro amore.
"A tempo debito, gli diremo tutto."
"Come a tempo debito?"
La ragazza era sempre più meravigliata dal comportamento del
medico.
"Ragiona Usako. Lui ora ha una grandissima opportunità a
Londra. Se noi gli dicessimo che ci siamo innamorati, lui manderebbe in
frantumi la sua carriera! Vuoi che gli accada anche questo?"
"No, certo che no..."
Il ragionamento del medico non faceva una piega. Era sempre
così maledettamente razionale.
"Gli diremo tutto quando tornerà in Giappone.", le promise,
spostandole i capelli sull'orecchio.
"Resisti ancora un pò, Usako."
Usagi gli sorrise. "Ok...", disse dolcemente. L'aveva convinta ed era
felice.
Felice di quella decisione tanto sofferta quanto giusta.
Si avvicinò a lui e posò la testa sul suo petto.
Silenziosa, come una bambina. Desiderava sentire il battito del suo
cuore più di ogni altra cosa al mondo.
A quel contatto, così spontaneo e semplice, Mamoru ebbe un
brivido. Istintivamente, le accarezzò i capelli dolcemente.
"Che buon odore che hai..."
Quel profumo. Quel profumo lo inebriava. Gli faceva perdere
lucidità.
Usagi lo abbracciò per rafforzare quel momento.
"Ti amo, Mamo-chan..."
Semplici sillabe, pronunciate con tutto l'amore possibile.
Semplici parole che avevano acceso la passione tra i due. Il bacio era
quasi inevitabile.
Mamoru le aveva alzato delicatamente la testa e l'aveva portata verso
sè, mentre lui si avvicinava alle sue labbra lentamente.
Che sguardo intenso aveva Usagi! Lo stava fissando. Forse per paura che
quello che stava accadendo era solo un sogno.
Chiuse gli occhi per assaporare meglio quell'attimo magico. Anche lei
lo fece, in tempo per sentire il sapore delle labbra dell'uomo che
amava sulle sue.
Un bacio casto, puro come il loro amore.
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Capitolo 19 *** Capitolo 18: La tempesta. ***
Capitolo 18: La tempesta.
Crown.
“Bene! E quindi ora state
insieme?”
Non era molto convinta, Makoto.
Mentre sorseggiava il suo tè
freddo al Crown, ascoltava attentamente Usagi che le raccontava quello
che le
era successo il giorno prima con Mamoru. La ascoltava e sorseggiava il
tè.
Ascoltava e sorseggiava. Il suo sguardo verso l’amica era
abbastanza perplesso.
“Insomma la smetti di fare
casino con questa cannuccia?”
Usagi era abbastanza infastidita dal
suo comportamento. Non
riusciva quasi a comunicare con lei.
“Insomma Mako, fai la
seria!”, sbottò infine.
Makoto la continuò a
guardare ancora in maniera incerta.
“Io, dici? Mica sono io
quella che sta con un ragazzo, vuole
un altro e forse sta con quest’altro?”
Posò la bevanda,
avvicinandosi verso l’amica visibilmente
offesa dalle sue parole.
“Ascolta, Usa. Tu sei mia
amica ed io ti voglio bene..
probabilmente.”
Usagi spalancò gli occhi.
“Probabilmente?”
“Ma scherzavo,
dai!”, esclamò Makoto ridendo.
“Dicevo. Ti voglio bene, ma
questa storia non si può
sentire! Cosa siete? State insieme? Non state insieme? Siete fidanzati?
O siete
semplicemente…amanti?”
L’indecisione faceva parte
di Usagi. Poi c’erano le ferite.
Quelle al cuore. Come le parole di Makoto. Sempre dure. Dure e pesanti
da
accettare.
“Voi vi amate e questo
è certo, ma non potete stare insieme
se prima non dite a Seiya la verità!”
Aveva ragione. Makoto aveva
terribilmente ragione. Usagi si
sentiva un peso addosso. Un altro. Forse il più difficile da
rimuovere.
“Come faccio a dirlo a
Seiya? Lui è a Londra! Il suo sogno è
lì. La possibilità di realizzarlo è
lì.”
Seiya era il suo ragazzo. Quello
ufficiale. Quello che l’aveva
sempre amata profondamente.
E lei era sempre stata quella che si
faceva amare. Quella
che aveva bisogno di qualcuno che la stringesse a sé nei
momenti tristi.
“Non posso dirgli nulla.
Non devo! Lui manderebbe a monte il
suo sogno di diventare un musicista famoso. Questo non posso permettere
che
succeda!”
Usagi era decisa. Voleva davvero bene
a Seiya. Gli voleva
bene e gli era grata. Grata per averla protetta. Per averla aiutata.
Per averle
fatto capire che nella vita sacrificio ed amore sono strettamente
correlati.
“Non permetterò
a nessuno di infrangere il suo sogno!Nemmeno
a te!”
Era arrabbiata. Aveva urlato contro
la sua migliore amica.
Era tormentata, ma non poteva fare a meno di esserlo.
Makoto la stava guardando
intensamente. E aveva ripreso a
sorseggiare il suo tè.
“Non mi
sporcherò io le mani con Seiya, tranquilla. Non è
una cosa che spetta a me. Dovreste farlo voi. Tu e quel dottore da
strapazzo.
Davvero, odio quell’uomo. E’ così
arrogante!”
Continuava ad imprecare verso Mamoru.
Quello stupido uomo
che da quando era tornato aveva fatto sempre più danni che
cose positive. Come
rendere Usagi una stupida ragazzina adolescente. Voleva quasi
vendicarsi. Anzi,
mettere il dito nella piaga l’avrebbe fatta stare meglio. Era
quasi stufa dei
problemi amorosi dell’amica.
“Comunque essere amanti non
deve essere una situazione
facile da gestire!”
Ci riusciva riusciva benissimo. A
colpire in basso era
bravissima. Poteva vedere benissimo il viso cupo di Usagi.
“Voglio dire, Seiya ormai
è già via da un po’. Manca poco al
suo ritorno, ma non così poco. Perdona il giro di parole.
Riuscirai a fare
finta che lui non esista fino a quando ritornerà
qui?”
Freddezza. Makoto emanava una
freddezza assurda. Una donna
senza cuore. Una donna che aveva preso a sorseggiare tranquillamente il
suo tè.
“Per me lui esiste
eccome!”
Usagi era stizzita. Possibile che
Mako non capisse il suo
punto di vista? Perché non era d’accordo con lei
neppure questa volta?
“E’ proprio
perché lui esiste che ho deciso di aspettare!”
Era doloroso. Era sbagliato. Lo
sapeva. L’aveva sempre
saputo.
“Nemmeno io sto bene a
vivere così, senza dire la verità.
Vorrei tanto dirgli tutto! Vorrei urlargli che sono una traditrice, una
persona
vile! Ma non posso. Potrei morire se lui rinunciasse per colpa
mia!”
Le lacrime rigavano il suo volto. Era
spietata, Makoto. E
lei era ancora una vittima. Lo era sempre, anche quando non lo era.
“Come ti comporterai
d’ora in poi quando ti chiamerà? Quando
tu risponderai mentre sei con Mamoru?”, domandò
Makoto, mentre con la mano
stringeva forte la cannuccia della sua bibita. La stava stritolando.
“Vorrei che questa
cannuccia fosse il tuo collo! Dio, Usagi.
Questo comportamento non fa di te un’eroina. Anzi! Sei una
codarda! Ed io sono
peggio di te, perché sono impotente e rispetto la tua
decisione!”
Una vigliacca. Una debole.
Già era proprio così.
“Preferisco essere vile e
mentire piuttosto che vedere un
ragazzo mandare all’aria il suo sogno per una come
me!”, disse allontanandosi e
lasciando Makoto con l’amaro in bocca.
Ma non così amaro come
sentiva lei in quel momento. Come
avrebbe sentito per ancora tanti, troppi mesi.
Avrebbe avuto voglia di sparire, ma
non sarebbe stato
giusto.
Aveva troppa voglia di amare. Di
amare quell’uomo, incontrato
in una calda giornata d’estate.
Casa di
Mamoru.
“Bene! E quindi ora state
insieme?”
Non era molto convinto, Motoki. Il
racconto di Mamoru era
ricco d’amore e felicità, ma tralasciava la cosa
più importante: Seiya.
“Tecnicamente stiamo
insieme, ma ufficialmente non lo siamo.”,
ribadì Mamoru con assoluta fermezza.
Sapeva di stare dicendo una cavolata
immane, ma non poteva
fare altro. Non erano fidanzati né amanti. Erano
semplicemente due persone che
si amavano.
“Tieni, bevi
questo.”, disse offrendo una tazza di caffè
all’amico.
Motoki la prese. Era confuso.
Possibile che Mamoru pensasse
solo a sé stesso?
“Che farai con Seiya? Non
hai intenzione di confessargli
tutto?”, chiese.
“Non è che non
voglio dirgli nulla, ma non posso. Lui ora è
a Londra a coronare il suo sogno. Se io lo chiamassi e gli dicessi che
amo,
ricambiato, la sua ragazza come pensi che reagirebbe? Conosci Seiya..
mollerebbe tutto e verrebbe qui! Non sarebbe razionale!”.
Mamoru credeva in ciò che
diceva. Conosceva troppo bene
Seiya. Non l’avrebbe fatto soffrire prima del tempo. Non
avrebbe permesso che rinunciasse
alla sua carriera a causa sua.
Sì, perchè la
colpa era la sua.
Non avrebbe permesso a nessuno di
rinunciare. A Seiya, il
suo sogno. A lui, Usagi.
“Capisco, ma non
sarà facile. Tecnicamente, siete amanti. Tu
ed Usagi. E Seiya è l’uomo tradito.
Doppiamente.”
Motoki non avrebbe davvero voluto
stare nei panni di Seiya. Avrebbe
superato il trauma causato da un tradimento?
“L’ho
fatta davvero
sporca, Moto. ”
Mamoru sapeva cosa stava pensando in
quel momento il suo
amico. Lo sapeva da come sorseggiava il caffè. Era nervoso.
“Non so come
farà Seiya a perdonarmi. Io non mi perdonerei
mai.”
Rubare la ragazza a qualcuno non era
una cosa da fare. Soprattutto
quella di un amico.
Ma amare qualcuno deve essere davvero
così doloroso? Perchè
l’amore deve essere un sacrificio?
“Avere qualcuno da amare
è bello, Mamo. Ma fa soffrire. E
rende l’uomo codardo. Come te, ora.”
Motoki era una persona sincera. E da
sincero quale era,
preferiva sempre la verità. Anche quella che faceva
più male.
“Io se fossi in te, alzerei
la cornetta e vuoterei il sacco
con Seiya. Non potrei sopportare un peso così grave. So che
non lo farai e
rispetto la tua scelta. Non chiedere di capirti, però. Mi
sono già troppo messo
in mezzo. Non voglio più farlo.”
Era stato onesto. E se ne era andato
con molta umiltà.
Lasciando la tazza ancora mezza piena sul tavolo.
“E’ tipico di te,
Moto.”, pensò Mamoru lasciandosi andare
sul pavimento. Sperava che il soffitto gli avrebbe dato una risposta
più
logica. Sperava di placare un po’ la tempesta che aveva
dentro.
La speranza. Solo questo gli restava?
No, lui aveva l’amore.
Aveva l’amore che feriva. L’amore che
faceva male. L’amore puro, quello che ti fa battere il cuore.
L’amore verso una
donna che ti fa sognare anche solo attraverso un sorriso.
Aveva l’amore di una donna.
Una donna che apparteneva ad un
altro, ma che era sua. Aveva la donna che gli avrebbe fatto perdere il
suo
amico per sempre.
Driiin!
Il citofono. La telecamera che si
accende.
“Chi
è?”
Due codini che sbucano. Un viso
familiare. Un sorriso sul
volto.
Era lei. Quella donna. Quella donna
che aveva troppo voglia
di amare.
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