Uno
Thalie
The other side of
Liverpool, you just have to laugh
(1/2)
Nathalie finì
d'intrecciarsi i capelli, mordendosi un labbro per non lasciarsi
sfuggire imprecazioni verso i latitanti ciuffi biondi che proprio non
riusciva a tenere insieme.
-Non inalberarti,
Thalie, e vieni qui- l'interruppe pacata Elizabeth, posandole una
mano sulla spalla.
-Giù le zampe,
Liz! Mi spiegazzi la camicetta!-
-Del pigiama?-
puntualizzò la maggiore delle Ellis, inarcando un
sopracciglio.
-Del
pigiama-
sibilò la piccola Thalie, che in quel momento avrebbe
volentieri cacciato in bocca a Beth uno dei suoi stivali di camoscio.
Sospirando, Elizabeth
si accostò alla sorella, iniziando a pettinarle la selva
biondastra a cui Nathalie teneva più della sua stessa vita.
Da
quattro elementi che poco avevano a che fare con Empedocle, infatti,
dipendeva la tranquillità di Nathalie Ellis: Guerra
e Pace,
l'inverno, gli stivali di camoscio e i capelli.
Poi
avrebbero potuto diventarle verdi i parenti, crescere orchidee sullo
scendiletto della Principessa Esterházy, anche vedere cinque
gatti rossi che giocavano a briscola all'incrocio di Penny Lane
sarebbe stato assolutamente ordinario, nella discutibile
mentalità
della bionda quattordicenne liverpooliana, ma i
quattro elementi di Nathalie
non dovevano mancare.
-Colore?-
Nathalie sbarrò
gli occhi, indietreggiando e travolgendo i piedi della sorella.
-Colore di che?-
-L'ho salvata!- gridò
vittoriosa Elizabeth, che nella caduta era riuscita a mantenere la
presa sull'estremità della treccia di Thalie
-Sei
un tesoro, Lizavéta-
-Cristo,
manco lei ha risparmiato, Ràskolnikov!- protestò la
Rossa
Malpelo
della famiglia, rammentando l'omicidio di Ròdja -come Thalie
si ostinava a chiamare il protagonista di Delitto
e Castigo,
altra lettura idolatrata dalla ragazzina-.
-Dettagli,
Lizavéta. Dettagli-
-Tu la ami, questa
parola, nevvero?-
-Taci, Liz.
Grigiazzurro, comunque-
-Grigiazzurro che?-
Nathalie alzò i
begli occhi al cielo, scuotendo la treccia ancora saldamente tenuta
da Elizabeth -motivo per cui, per non rischiare di rimetterci la
chioma, smise di scuotere la testa molto presto-.
-Il nastro, Liz!-
-Grigiazzurro sarà
l'assurdo colore dei tuoi occhi, io un nastro così dove lo
trovo?-
-Assurdo?
Parla per te, Lizavéta
dagli occhi verdazzurri-
Elizabeth sbuffò,
ridendo sotto i baffi.
-Azzurro va bene,
Thalie?-
-Azzurro e basta?-
Pareva
delusa, la sua adorata
sorellina.
Con
un ruggito Elizabeth scelse dal cestino che dominava il comò
delle due Ellis un nastro azzurro e un nastro grigio, annodandoli
insieme con
chissà quale mano,
senza lasciare la treccia di Nathalie.
Di tanto in tanto, agli
occasionali "ma non li hai annodati bene!" della piccola
scocciatrice di famiglia, gliela tirava un po', giusto per farla star
zitta.
-Et
voilà!-
Elizabeth sorrise,
assicurando il doppio nastro grigiazzurro all'estremità della
treccia della sorellina.
-Grande Liz!- esultò
Nathalie, scostando la maggiore con una gomitata nello stomaco e
precipitandosi a scompigliare la pelliccia d'un esasperato Eraclito.
-Ti
voglio bene, Cliclì.
Ne voglio anche a Beth, ma tu non glielo dire-
-No,
non me lo dire, Cliclì-
intervenne Elizabeth, scuotendo il capo con rassegnazione -Non sono
sicura di volerlo sapere-
-Taaci,
Liz-
Elizabeth
afferrò il segnalibro di Via
col Vento,
meditando di farglielo ingoiare.
-Creepa,
Lie!-
-Thé e biscotti
al burro?- domandò Nathalie, speranzosa.
-Se
hai il tempo di prepararli, sincere congratulazioni- commentò
Vincent Victor Ellis, sbadigliando da dietro il Mersey
Beat.
-Quando finisci di
leggerlo me lo passi, vero, pa'?- quasi gridò la bionda
aspirante russa, ignorando il sarcasmo del padre.
-Sì, papà,
passaglielo! C'è un articolo su Dostoevskij!-
-Ma...mitico!- gioì
la ragazzina, facendo per rubare il giornale dalle mani del padre,
che scosse la testa, guardandola storto.
-Sì,
sì, Thalie. Mitico.
Anche perché a Fëdor sul Mersey
Beat
puoi credere solo tu- la riprese la sorella maggiore, impietosa.
-Ah...non c'è?-
Elizabeth tirò
la treccia alla piccola credulona, ridendo.
-Tu
sei tuutta
scema,
Natal'ja!-
-Ma...Lizavéta!-
Thé e biscotti
al burro, rigorosamente preparati da Elizabeth, furono consumati in
una manciata di minuti, sotto gli occhi divertiti del sornione e
relativamente scansafatiche -perlomeno appena sveglio- Vincent
Victor.
Poi le due ragazze si
lanciarono fuori di casa con un entusiasmo ed una fretta che fecero
sgranare gli occhi a Teocrito, il povero petauro.
Elizabeth rovinò
sulle scale, invocando un certo Rhett Butler, mentre Nathalie volò
giù dal muretto, insultando la sorella in russo.
Vincent Victor,
sorridente, si affrettò a chiudere la porta, tranquillizzando
il petauruccio con lo sguardo.
-Natal'ja!-
strillò una ragazzina dai brillanti occhi verdi, che
nascondeva la folta chioma fulva sotto un colbacco che probabilmente
sarebbe stato adattissima nella steppa russa ottocentesca, e che, si
domandava Elizabeth, chissà
quanto le faceva sudare le orecchie.
Era Kayleigh Janice
Céithlinn, soprannominata da Liz "l'Irlandese" e da
Lie, chissà per quale arcana ragione, Layla.
Era di Belfast, Layla
l'Irlandese, sebbene fossa cresciuta tra Dublino e Liverpool.
Suo padre era
dell'Ulster, sua madre dell'Éire, ma il cuore di entrambi
innegabilmente liverpooliano, dato ch'era lì che avevano
aperto il loro Ufficio Promozione Petauri dello Zucchero, da
originali animalisti quali erano.
Era indiscutibilmente
la migliore amica di Nathalie, anche se più d'una volta
Elizabeth si era ritrovata a doverle separare, durante un litigio per
i "diritti su Fëdor Dostoevskij".
Non
era un'aspirante russa ai livelli di Nathalie, ma aveva anch'ella
disgraziatamente subito l'incantesimo del barbuto
più affascinante di Mosca,
evidentemente per colpa della suddetta bionda ragazzina.
-Senti, Thalie, a te va
bene se ti lascio qui con l'Irlandese, vero?- incominciò Beth,
sospirando di sollievo.
Kayleigh strinse gli
occhi, facendole la linguaccia.
-Irlandese
a
chi, Liverpooliana?-
-Con...
Kayleigh
Dostoevskij,
ok?- si corresse Elizabeth, sapendo che con quell'appellativo avrebbe
fatto andare in bestia la sorella.
-Guai a te, Layla!-
strillò infatti Nathalie, rubandole il colbacco slavo e
sbattendolo in testa ad un'angelica Liz.
-Daai, Lie, Kay, mi
lasciate andare?- protestò infine quest'ultima, che, pur
adorando le due ragazzine, non vedeva l'ora di raggiungere la sua, di
migliore amica, che forse era più tarata delle due filorusse
messe insieme, ma era un dettaglio.
-Ma vai, vai, Lizzie
bella!-
Ridendo e sbuffando,
Liz si allontanò.
-State attente!- non
riuscì a trattenersi dal gridare alla fine della via, ma poi
si tappò la bocca con una mano, continuando a ridere.
Beh,
se anche qualche gentildelinquente si facesse venire in mente la
simpatica idea di rapire Thalie...
-Beh? Che racconti,
Al'ja?-
Nathalie infilò
le mani nelle tasche del giaccone, sorridendo.
-Liz rompe ma l'adoro,
Cliclì è il mio gatto preferito, nonché l'unico,
e Teo è il petauro più timoroso che conosca, ma è
così carino... Odio papà quando mi prende in giro, ma
probabilmente lo amo anche in quei momenti. Venero i biscotti al
burro di Beth e la mamma che le ha insegnato la ricetta...ma anche la
mamma in sé, soprattutto quando insulta pa'. Del resto lo
insulta anche perché gli vuole tanto, tanto bene, no?-
-Dolce...- sussurrò
Kayleigh, battendo i denti per il freddo.
-Ehi, Layla! Freddolosa
come sei non so come te la caverai, in Russia!-
-Al,
ci sono sette
gradi sotto zero...-
-Tanto meglio! E poi in Russia è peggio, se lo vuoi sapere-
Poi scosse la testa,
Nathalie.
Scoppiò a
ridere, scompigliando i capelli rossi dell'amica.
-E a te come butta,
Kay-Layla?-
-Benuccio...-
Nathalie sorrise per la
buffa risposta dell'Irlandese.
-Liff come sta?-
-Maluccio...-
La giovane Ellis sgranò
gli occhi.
Non che amasse
particolarmente i bambini piccoli -se li sarebbe potuti ingoiare uno
pterodattilo, per lei, quelli-, ma a Liffey, la sorellina di
Kayleigh, nonché irriverentissima omonima del bel fiume
dublinese, era particolarmente affezionata.
-Davvero?-
-Febbre
a quaranta, Lie. Grazie ai tuoi adorati
sette
gradi sotto zero-
Nathalie si morse la
lingua, dispiaciuta.
-Caspiterina...-
-Ehi, ma che
caspiterina e caspiterina del piffero?- la prese in giro "la
rossa di Belfast", scuotendo la coda un poco scomposta sotto il
colbacco.
-Come pensi che sarà
la nuova scuola, Al?-
-Caruccia...-
rispose
la bionda scocciatrice di Penny Lane, imitando Kay.
Quest'ultima scosse la
testa, appioppandole una gomitata nella milza.
-Che diamine, Layla!-
-Questa
era un tantino meno caruccia,
non trovi?-
1 Settembre 1957,
Liverpool College of Art
Era
un edificio imponente, quello del Liverpool
College of Art.
Le due filorusse si
fermarono a guardarlo rapite, neanche fossero state davanti al
Cremlino di Mosca ai tempi di Napoleone.
Fu Kayleigh a rompere
il ghiaccio, naturalmente con un commento dei suoi.
-Oh, è
grandino...-
-Sarà,
ma è caruccio-
aggiunse Thalie, ritrovando le parole.
-Entriamo?- bofonchiò
l'Irlandese, scuotendo la testa, ma sotto sotto un poco divertita.
-Eh, magari...-
-Thalie!-
-Sei
retorica,
Kayleigh Janice!-
Ignorando la ragazzina
di Penny Lane, la Céithlinn si sfilò il colbacco con un
gesto deciso, facendo un passo avanti, dopodiché, prendendo
coraggio, si decise ad entrare.
Il
corridoio non era particolarmente luminoso, ma i ragazzi, con quella
loro allegria disordinata e gli sguardi ancora un po' assonnati ma
già scintillanti, gli davano quella pennellata di "adorabile
vitalità" che, a detta di Nathalie, faceva del Liverpool
College of Art "una
Penny Lane giusto un po' più affollata".
Le due ragazzine si
fermarono vicino alla porta di un'aula ad osservare l'ambiente,
finché la suddetta porta non si aprì e travolse senza
mezze misure la cara Nathalie Eileen Ellis, stordendola più di
quanto non fosse già.
-Visigoti...- commentò
la biondina, "riavviandosi le piume".
-Al diavolo i tuoi
capelli, Thalie, sei appena arrivata e già rovini una porta!-
strillò Kayleigh, turbata.
-Sei scema, Kay-Layla?-
L'Irlandese rise,
scuotendo la testa.
-No, Al, te l'assicuro-
Nathalie annuì,
seppur poco convinta, allontanandosi saggiamente dalla porta e dalle
tribù di pseudo-artisti che ogni tanto la varcavano.
Ancora non sapevano
bene da che parte girarsi, tanto che sarebbero potute finire dritte
contro un "Visigota" da un momento all'altro, ma infine
optarono per stabilirsi accanto ad un'altra classe, chiaramente dalla
parte opposta alla porta.
Kayleigh spalancò
gli occhi, indietreggiando.
-Lie! Lie, quel...-
-Quel termosifone?-
l'interruppe Nathalie, pensierosa -Sì, mi pare affascinante-
-Quel!
Quel...ragazzo, credo-
-Oh,
credi...-
l'aspirante russa per eccellenza ruotò di poco la testa,
cercando di capire chi diamine avesse incantato a quel modo "la
rossa di Belfast".
Era un ragazzo,
decisamente.
"Il ragazzo del
termosifone", come l'avrebbe in seguito impietosamente
soprannominato Thalie, ma pur sempre un ragazzo.
Un
bel ragazzo, teoricamente.
Con due occhi persi e
apparentemente scuri faceva vagare lo sguardo sulla porta che poco
prima aveva "salutato" Thalie, un po' sognante un po'
serio.
-Non è slavo-
constatò freddamente, scrollando le spalle.
Kayleigh si voltò
verso di lei, indispettita.
-Ma è...-
-Sssì,
relativamente
carino-
-Chissà come si
chiama!-
- Fëdor no di
sicuro!-
L'Irlandese alzò
gli occhi al cielo, drizzando le orecchie per carpire ogni singola
parola il ragazzo scambiasse con il termosifone o, più
probabilmente, con il ragazzo relativamente alto e apparentemente
ancora più stordito di lui che gli si era appena avvicinato.
-Huya,
Stu!-
-Huga,
Jo-
-Huga?- domandò
Thalie, perplessa.
Huya
era una forma di saluto dello scouse liverpooliano, ma Huga...il
"buongiorno" caraibico, il "va a quel paese"
delle Fiji?
Mistero.
-Oh, Stu...- mormorò
Kay, rapita.
-E smettila, scemina!
E' solo un ragazzo-termosifone! Però...-
Il "Però"
di Thalie era particolarmente spettinato, quella mattina, oltre che
irrecuperabilmente in ritardo, almeno secondo i suoi personali
criteri, che lo portavano a correre come un indemoniato teppista dei
vicoli che si fosse appena riempito le tasche di focaccine "gratuite"
-sempre per i suoi personali criteri-.
Pareva
confuso, di quella confusione che ti fa un po' tenerezza e un po'
venir voglia di appioppare quattro schiaffi, ma ad ogni modo era
oltremodo carino, almeno secondo i personali
criteri di
Nathalie Eileen Ellis.
-Quello
potrebbe anche chiamarsi Fëdor, viste le circostanze...-
Anche lui si era
affiancato al ragazzo del termosifone e all'altro stordito con gli
occhiali -quello che s'era beccato l' "huga", per
intenderci-, che però l'avevano guardato con un sufficienza,
senza una vera e propria reazione.
Al "Però"
di Thalie era quasi cascata di mano alla cartella, dopodiché
aveva abbassato lo sguardo, come intimorito.
-Ragazzi...-
Il ragazzo del
termosifone aveva sospirato, battendogli una pacca sulla spalla.
-Anche tu qui, Gee?-
Nathalie aveva storto
il naso.
-Gee?
Si chiama Fëdor, ve lo dico io!-
Note
Il primo capitolo
avrebbe dovuto postarlo Beth, teoricamente.
Ma
poiché io ho parlato della mattina a casa e lei comincerà
-credo- dall'ingresso a scuola, oltre al fatto che la signorina è
costantemente
in
ritardo -l'ho menata, sì, ma più di tanto non posso
fare! ;)-, ecco qui il primo capitolo di Thalie.
Mi somiglia
terribilmente, Nathalie.
Anche se, teoricamente,
il nostro nick dice tutto. ;)
Il capitolo di Beth...è
mitico, sappiatelo.
Me ne sta facendo
leggere stralci improvvisati, ed è dannatamente straordinario,
semplicemente.
Lei non deve saperlo,
no.
Ma io adoro quello che
scrive, punto.
Parlando di questo
capitolo...è demente, temo.
Ci
sono io che non so ancora farmi una treccia decente, ci sono io che
mi potete portare via tutto -relativamente-,
ma i quattro
elementi di Nathalie no.
C'è il mio
adorato Fëdor che, no, non poteva mancare.
C'è l'ennesima
citazione di Ringo nel titolo -portata al presente per ovvi motivi-,
immancabile quasi quanto Fëdor.
Ci sono Cliclì e
Teo, il gatto Dostoevskijano e il petauro timoroso, le due bestiole
liverpooliane delle altrettanto liverpooliane sorelle Ellis.
Ci sono il thé e
i biscotti al burro che mangiavo sempre, quand'ero in Inghilterra,
c'è Vincent Victor -Vincent Van Gogh e Victor Hugo, per
intenderci. Anche se, beh, Vincent sarebbe anche uno pseudo-omaggio a
mio nonno ;)-, ovvero Mister Ellis -un personaggio che sinceramente
adoro, anche se non ancora presentato in tutto e per tutto-, c'è
Kay, "la rossa di Belfast", frammento della mia adorata
Dublino (non chiedetemi perché, essendo innamorata di Dublino,
lei sia di Belfast. Non chiedetemelo!), e Liffey, che non è
ancora entrata in scena, ma arriverà.
La
"teoria dello pterodattilo" varrebbe anche per me,
francamente -per Liz no, assolutamente, ma questo è, appunto,
un dettaglio-
, ma Liffey...oh, io l'ho costeggiato, il Liffey, sotto le mie care
piogge dublinesi.
E
amo i fiumi stranieri, così, a prescindere. Hanno qualcosa di
magico, e il Liffey è così...irlandese,
grigiazzurro, impetuoso, gonfio di pioggia.
Amerò -e spero
di riuscire a farvi amare- anche la sua omonima, dunque.
Quanto all'Ufficio
Promozione Petauri dello Zucchero dei Coniugi Céithlinn...parleremo
anche di questo, purtroppo!
Poi...spero che vi sia
piaciuto, questo capitolo.
Fateci sapere, che una
vostra opinione ci farebbe tanto felici! ;)
A presto,
Thalie
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