Working On A Dream

di Shadowolf
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** My Love Will Not Let You Down ***
Capitolo 2: *** The Wizard Of Your Heart ***



Capitolo 1
*** My Love Will Not Let You Down ***


‹‹ ... I know you’re there, y’know. I can smell your cologne from afar. ››
‹‹ Oh. ››
Sorrido piano quando si lascia andare quell’esclamazione così scarna ma allo stesso tempo sincera ma non mi volto ancora, intento a finire di svuotare la zucca di dieci chili che ho tra le mani. Ci sto lavorando da un po’, non so esattamente quanto, e oramai le mie mani sono completamente arancioni. Avrei dovuto usare dei guanti. Ma ero così preso dall’entusiasmo che non c’ho proprio pensato. E avrei voluto finire e pulire tutto prima che lui tornasse a casa, ma ovviamente non ci sono riuscito, anzi, ho perso proprio la cognizione del tempo.
‹‹ You’re not mad... ››
‹‹ Mad? Well, no. Why should I? ››
‹‹ It’s kinda a mess around here, I know you don’t like it… ››
‹‹ Oh. I… I actually didn’t notice, I… I’d got lost in my thoughts… sorry… ››
Sospiro lievemente e annuisco appena, spingendo il coltellino più a fondo e cercando di mettere insieme qualche pensiero coerente nel frattempo. Impresa che si rivela abbastanza ardua. Così ruoto un po’ la testa nella sua direzione e gli faccio un cenno, premunendomi che noti il mio piccolo ghigno.
‹‹ I know I must... probably stink, but... Won’t you come and say hello? Properly? ››
Riesco a percepire l’ombra di un sorriso farsi largo sulle sue labbra mentre mi risponde, il tono talmente dolce da lasciarmi un attimo spiazzato. Se prima avevo solo un sospetto, adesso sono abbastanza sicuro che mi stia nascondendo qualcosa.
‹‹ Yes, of course... ››
Trattengo il fiato fin quando le sue mani non mi scivolano lentamente e delicatamente sui fianchi, cingendomi poi il cinto, dandomi dei piccoli brividi di piacere lungo tutte le braccia, tanto che per un attimo sento anche un po’ freddo, quel tipo di sensazione di quando esci a Dicembre e comincia a nevicare e le gocce di bagnano il viso e tu rabbrividisci, ma con il sorriso sulle labbra. Avvolge il mio corpo con il suo e mi lascia qualche bacio leggero sul collo, strappandomi un quieto sospiro che per un attimo mi fa dimenticare delle preoccupazioni che ho colto nel suo tono, soltanto una paio di minuti fa. Lascio andare il coltello dentro la zucca e appoggio le mie mani sulle sue, e questa volta è lui a rabbrividire, nonostante venga da fuori, dove la temperatura non è certo alta.
Ci vuole un po’ prima che mi autoconvinca ad interrompere quell’atmosfera di sospensione e di affetto per tirare fuori il discorso. Lo faccio con calma e dolcezza, perché non voglio originare una discussione, sono stanco di stare a lottare su ogni singola cosa, mi sono imposto di lasciarmi alle spalle una volta per tutte quell’odioso lato del mio carattere.
Così abbandono la mia testa sulla sua spalla e finalmente lo guardo, accarezzandogli la mandibola e sorridendogli dolcemente per alcuni secondi prima di parlare, infine.
‹‹ Hey... ››
‹‹ Hey... ››
‹‹ I know you’re a kinda a stalker, but except for that... What is it? ››
‹‹ What is it what? ››
‹‹ You were being there, observing me, for quite a bunch of minutes before I eventually talked… ››
Lo vedo trattenere il fiato soltanto per un secondo, che però non sfugge alla mia attenzione, nonostante l’attimo dopo lui scuoti la testa e tenti un mezzo ghigno che gli riesce anche, buttando una mezza battuta tra le righe.
‹‹ Oh, I was just... admiring my man at work... You seemed so focused on whatever you were doing I thought to not interrupt you. ››
‹‹ It’s not easy carving pumpkins, y’know… Takes a lot of patience and… yes, focusing. ››
Annuisce e sospira piano, tanto che per un momento mi convinco che forse è davvero tutto lì. Ma poi la sua stretta si fa all’improvviso più forte, e lui rabbrividisce di nuovo, apparentemente senza motivo. Così continuo a parlare, addolcendo ancor di più il mio tono, accarezzandogli leggero il volto.
‹‹ ... But that’s not all, and I know it. Tell me, Jude? What is it? ››
Si morde il labbro, sospirando ancora, ed io so di aver fatto centro.
‹‹ It’s... nothing, nothing important anyway... ››
‹‹ I’m sure, but… I wanna know anyway… ››
Abbassa lo sguardo e si stringe appena nelle spalle, sfuggendo ai miei occhi e parlando dopo qualche minuto, la voce leggermente incrinata e amarognola.
‹‹ Nothing, I… Seeing you here doing... doing that, I… I recalled when the kids made me do it, and… nothing, I… now Rafferty’s all grown up and I don’t even see them so much anymore, so… I was just feeling a little nostalgic about those times, you know… I mean, not because I was married or what, it’s not like that, okay?, I… ›› si interrompe un attimo, mettendo ordine nei suoi pensieri e nelle sue parole, che stavano cominciando ad uscir fuori sconclusionate e  arrangiate, sospirando un po’ triste e scuotendo appena il capo ‹‹ I just miss having them around in times like this, you know... ››
Rimango lì a guardarlo per qualche secondo ancora dopo che ha finito di parlare, cercando nel suo viso una qualche possibile risposta. Ma, come spesso accade quando mi parla dei suoi figli, anche questa volta sono costretto a mantenere il silenzio più di quanto desideri, per mancanza di parole. Non posso dirgli che sì, lo so come può sentirsi in queste occasioni, perché io, al contrario suo, non ci sono mai stato, feste o non feste, e quando, quelle poche volte, ero materialmente presente, la mia testa vagava senza speranza in un nirvana indotto dalle cose peggiori, ragion per cui non ricordo quasi niente, e anche molto male. Non posso neanche dirgli quanto mi senta frustrato ogni volta che mi confida quanto gli manchino quei tempi, e non perché io ne sia geloso, anzi. È perché gli vorrei davvero donare di nuovo tutte quelle emozioni che forse lui non si rende neanche conto di desiderare così ardentemente. Ma non posso, non facendo sì che avvenga per caso comunque, e ogni volta che tiro fuori il discorso finisce inevitabilmente male, tanto che, nonostante i miei pensieri confluiscano spesso sull’argomento, non mi azzardo ad esprimerli a voce alta.
Così, anche se ho la risposta da dargli, me ne resto in silenzio, abbassando lo sguardo sulla mia zucca e avvertendo la tristezza farsi lentamente largo dentro la mia anima. Una parte di me vorrebbe solo guardarlo negli occhi e dirglielo, di lasciarsi alle spalle tutti i suoi dubbi e le sue paure e buttarsi in questa nuova cosa con lo stesso coraggio e ardire che ha dimostrato un anno e passa fa quando si presentò da me per farmi suo. Gli direbbe che di me si può fidare, nonostante tutto, nonostante in passato gli abbia dato centouno motivi per non farlo, per non considerarmi una persona che può sopportare tutto il peso che una decisione di questo tipo comporta. Gli confesserebbe che per me sarebbe il regalo più prezioso che possa mai farmi, insieme a quello di diventare mio marito, e che a quel punto forse riuscirei finalmente ad essere in pace con me stesso e con la mia maltrattata coscienza una volta per tutte.
Ma rimango sempre e solo un codardo, e il solo pensiero che tutto questo potrebbe portare ad una lite è semplicemente troppo da sopportare, così metto a tacere quella parte di me con un brivido di tristezza mista a rammarico e mi limito a lasciargli un bacio sulla guancia, girandomi nel suo abbraccio e stringendolo forte a me, sperando che quel momento, prima o poi, arriverà.


AUTHOR'S CORNER: C'è ancora qualcuno che mi legge qui sopra? LOL Mi sa di no. Vabbè, comunque, questa nasce per una cosa a cui sto partecipando, è una raccolta con i due Robert e Jude del RolePlay che ormai conoscete bene, saranno dodici storie ordinate cronologicamente, con possibili/probabili rimandi tra una shot e l'altra.
See ya.

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Capitolo 2
*** The Wizard Of Your Heart ***


Part Two: The Wizard Of Your Heart


Rimane lì a fissarmi, gli occhi spalancati, la bocca che comicamente si apre, disegnando un’enorme o degna dei vecchi film slapstick degli anni ’20. Mi mordo piano il labbro e ciondolo un po’, evitando di avvicinarmi a lui ma guardandolo senza spiaccicare parola. Ho deciso di non fare presentazioni, non questa volta.
Me ne rimango lì fermo per una dozzina di secondi, poi comincio ad accarezzarmi i capelli, prendendo Sherlock tra le braccia e facendogli un po’ di coccole. Potrei andare avanti per tutta la sera con la mia scenetta, e lui lo sa bene. Così si decide a parlare, quell’espressione a metà tra lo shock e la risata ancora stampata sul suo volto.
‹‹ ... Did I... just traveled to another planet Earth? ››
‹‹ Nnno. ››
‹‹ … Did those aliens of yours come here and… exchange my… I’m-quite-sure-about-that male fiancée with a… what are you, exactly? ››
‹‹ Oh c’mon! Don’t start offending me! ››
‹‹ No, really… What are you? ››
Alzo gli occhi al cielo e scuoto la testa, la mia faccia contrita in una maschera volontariamente troppo esagerata di esasperazione.
‹‹ Observe. ›› rispondo dopo qualche secondo, e riprendo a coccolare Sherlock, ondeggiandolo un po’ e tenendomelo stretto contro il petto, annuendo vistosamente prima di battere i tacchi delle mie scarpe l’uno contro l’altro. Poi mi fermo e sposto di nuovo gli occhi su di lui, un gran sorriso incoraggiante sulle labbra.
Ma lui ridacchia e fa cenno di no, tentando di avvicinarsi. Lo blocco con la mano, e nonostante metta tutto me stesso nell’impresa, non riesco a trattenere un breve attacco di riso a mia volta, perché lui è contagioso. Lo è sempre, con me.
‹‹ No no no. No touching till you get it. ››
‹‹ Wha- ›› comincia, salvo poi fermarsi quasi subito, consapevole che impuntandosi non otterrà un bel niente.
La sua faccia si addolcisce allora, mentre guarda per qualche istante in basso prima di sollevare di nuovo gli occhi da terra, cercando i miei ed attraendoli fin troppo facilmente, neanche fossero spighe di calamita in lotta contro un magnete. Rabbrividisco al loro contatto, e pur se la mia espressione non muta, riesco a sentire il cuore cominciare ad aumentare la propria corsa e una calda e familiare sensazione all’altezza dello stomaco.
Gli sorrido senza neanche farci caso e allo stesso modo annuisco, e quando la mia voce esce fuori non posso fare a meno di chiedermi quand’è che abbia acquisito tutta questa autonomia.
‹‹ S-So, did you... did you guess it... a-already…? ››
‹‹ I’m afraid I did not… I could... really use... a hint, baby… ›› mi risponde, e la sua voce fa il resto. Ha vinto lui.
‹‹ I-I’m Dorothy... From The Wizard Of Oz... ›› annuisco, scambiando un suggerimento con la soluzione. Una remotissima parte di me è lì a farmi la predica, su come non posso mandare all’aria un intero pomeriggio passato a trovare un vestito salopette a quadrettini bianchi e celesti e una camicia degli anni ’301, senza contare la parrucca e quel velo di trucco che sono riuscito a mettermi in faccia dopo innumerevoli tentativi solo per un paio di occhi dalle sfumature non propriamente descrivibili dal linguaggio umano. Ma anche lei viene immancabilmente messa a tacere non appena lo osservo avvicinarsi di un passo a me, soltanto uno, lasciandomi lì ad implorare per un bacio, ora che sono io nella condizione di dover vincere qualcosa.
‹‹ Are you? Really? ››
‹‹ ... Yes I am. See? I’ve got a dress, and wonderful long, red, wispy hair, and… lipstick! Which tastes good, by the way, I’m sure you’d lik- ››
La mia mossa per tentare di riprendere in mano le redini del gioco viene bruscamente interrotta quando lui scuote la testa ed indietreggia di nuovo, ora un’espressione non troppo convinta sul volto.
‹‹ Still, you could be a... good copy of the original. And… I’m not really the type which is satisfied with… copies… Even good ones. ››
‹‹ … What can I do to prove you I’m… the one? ››
Non ha bisogno di pensarci su, sa esattamente ciò che vuole. Da qualche parte lungo il nostro scambio di battute mi ha superato, intuendo dove volessi andare a parare ed anticipando le mie mosse, consapevole di come, con le giuste misure, riesca ormai a farmi capitolare.
Fissa di nuovo i suoi occhi nei miei e dispiega le labbra in un ghigno dolciastro, affondando il suo colpo decisivo.
‹‹ You know how Dorothy sings that beautiful tune... If you really are the one, then you’d know it… and you’d know how to sing it, so… Let’s hear, are you the one? ››
Rimango lì fermo per qualche istante, senza abbandonare i suoi occhi e ricordando il testo della canzone, poi sospiro piano e comincio a cantare quasi sottovoce, rabbrividendo leggermente come colgo l’inizio di un sorriso disegnarsi sul suo viso.
‹‹ Somewhere over the rainbow, way up high, there’s a land I heard of once in a lullaby… Somewhere over the rainbow, skies are blue, and the dreams that you dare to dream really do come true… ››
Lo osservo avvicinarsi mentre canto, e anche lui non interrompe il nostro contatto visivo, forse perché non sa come fare, più probabilmente perché non vuole. Pian piano mi prende tra le sue braccia e comincia a baciarmi delicatamente il collo, coprendolo di mille attenzioni che la mia pelle stava morendo per avere. Chiudo gli occhi e mi abbandono completamente al suo tocco, continuando a cantare, sempre sottovoce, finché non arrivo a sussurrargli quelle parole nell’orecchio, cercando già di assaporare il suo odore, ora che finalmente posso.
‹‹ ...So? ››
Mi prende il mento e cerca di nuovo i miei occhi, sorridendomi ancora una volta prima di lasciarmi un lungo bacio sulle labbra, ridendo con leggerezza quando alla fine le accarezza piano con la lingua, assaporando il gusto del rossetto.
‹‹ I’ve got to give you credit, it really tastes good… ››
‹‹ You see, I wasn’t lying… ››
‹‹ Poor Sherlock, now he’ll think he’s a puppy dog… ››
‹‹ He ain’t even black… ››
Restiamo seri un secondo di più prima di arrenderci e scoppiare a ridere, di nuovo. Lui scuote la testa e comincia a posare lo sguardo ovunque per cercare di smettere, ma ogni volta che crede di esserci riuscito si rende conto che ha fallito non appena guarda me.
‹‹ Take this masquerade away, baby, it really isn’t half quite exciting as you think it is... ››
‹‹ What? No no no, it wasn’t to… seduce you, I can assure you… ››
‹‹ No? Then why did you bother so mu-- oh. ››
‹‹ … Please? I look great as Dorothy, please, please… You can use the same as last year, so you won’t have to bother finding another one! ››
‹‹ No way, I’m so not going out for trick or treat, Robert. Not here in London. ››
‹‹ … But I’ve got my dress already! ››
‹‹ No. ››
‹‹ Nobody will know it’s you anyway… ››
‹‹ No. ››
‹‹ We won’t go al- ››
‹‹ No! ››
Scrollo le spalle e scivolo via dal suo abbraccio, dandogli le spalle e dirigendomi verso il salotto, agitando una mano verso di lui e lasciando una frase nell’aria, fingendo indifferenza.
‹‹ Oh well, that means I’ll go by myself then… ››
Faccio in tempo a muovere un altro paio di passi prima che le sue braccia mi cingano il cinto e mi fermino, tenendomi stretto contro il corpo del loro proprietario, come per paura che possa fuggire in qualche luogo lontano.
‹‹ ... Okay. ›› mi sussurra piano, lasciandomi un bacio sull’orecchio e trasmettendomi qualche scintilla lungo le braccia. Sorrido e chiudo gli occhi, abbandonandomi alle sue attenzioni.
‹‹ Oh, really? How is that you’ve changed your mind now? ››
‹‹ … You've touched my soft spot2. ››
‹‹ What would it be? ››
‹‹ You. ››





[1] Il vestito indossato da Robert è ovviamente quello di Dorothy nel film.
[2] “Soft spot” in inglese corrisponde al nostro “punto debole”.

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