Aisley e il libro dei morti

di Ron_The_Best
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** 1. Aisley ***
Capitolo 3: *** 2. Notizie scomode ***
Capitolo 4: *** 3. ***
Capitolo 5: *** 4. Al vecchio mulino ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


PROLOGO

 

Certo che sapeva che era pericoloso imbarcarsi in quella missione, santo cielo, ma non aveva pensato mai, neppure per un attimo, che sarebbe finita a testa in giù, legata a una corda, su un pozzo dall'aria minacciosa!
Aisley deglutì a fatica, dicendo a se stessa che non era la fine, che ce l'avrebbero fatta, che non li avrebbero davvero uccisi, in fin dei conti.
- Ash...
La ragazza girò la testa, per quanto le era possibile, verso Harper, appeso accanto a lei.
- Non dirmi "te l'avevo detto" Harper, per favore...
Lui la fulminò con lo sguardo, e Aisley sospirò.
- Che c'è?
- Ti ricordi il quarto libro di tuo nonno?
- "Connor Reed e il teschio magico"? Si, ma non vedo cosa... oh.
I due ragazzi lanciarono un'occhiata a Madame, girata di spalle, e ai suoi uomini, e poi si sorrisero. Avevano una sola possibilità, e non dovevano farsela scappare...

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Capitolo 2
*** 1. Aisley ***


Aisley sapeva quello che dicevano di lei sull'isola. 
La reputavano strana, diversa da tutti gli altri ragazzi, e certamente la sua zazzera di capelli viola non aiutava a placare le voci sul suo conto, così come la sua passione per la solitudine (era famosa per non fare mai la pausa pranzo con le colleghe, preferendo ficcare il naso in un libro). In più, era cresciuta senza genitori, sola con il nonno, stravagante scrittore che tutti dicevano essere pazzo. Infine, vivevano in un faro, il vecchio faro dell'isola, lontano dal centro abitato.
Era una reietta dell'isola, come suo nonno, e nei suoi vent'anni di vita aveva fatto finta che non le importasse. Non che non ci avesse provato, a farsi accettare dagli altri. Ricordava come in terza media avesse speso tutti i suoi risparmi per comprarsi gli stessi vestiti che indossavano le sue compagne di scuola, ma c'era sempre qualcosa, in lei, che era diverso. 
Il modo di camminare, il taglio dei capelli, gli orecchini troppo grandi, la tendenza a isolarsi in un mondo tutto suo. Ogni volta che ripensava a quando l'avevano sorpresa a scuola a scrivere sul suo diario segreto durante una spiegazione di matematica, arrossiva come allora. 
Aveva finito con l'accettare la sua condizione, alla fine, limitandosi a sognare una vita diversa da quella che viveva, consapevole che, fino a quando suo nonno fosse stato in vita, non avrebbe mai potuto lasciarlo.
Aveva deciso, con gli anni, di nascondere la sua fragilità dietro a una maschera di antipatia, e quando la porta della libreria in cui lavorava si aprì, seppe che il suo lato aggressivo si sarebbe finalmente sfogato.
 
- Ciao, Capelli Viola! - la salutò sghignazzando Harper 
Evans, la sua spina nel fianco da quando aveva imparato a camminare
- La tua capacità di formulare insulti mi disarma come al solito - gli disse con tono piatto, guardandolo in cagnesco - potresti quantomeno aggiornarti, sai?
 
Per nulla colpito dalla sua risposta, Harper ridacchiò, prendendo a guardarsi intorno. 
 
- Se stai cercando Kelly Ann è in magazzino.
 
Harper sbuffò, e Aisley tornò a concentrarsi sul libro che teneva tra le mani, "Connor Reed nel vecchio continente". L'aveva letto almeno cento volte, la copertina era quasi completamente scollata e le pagine consumate, ma ogni volta vi trovava qualcosa di nuovo ed entusiasmante, e lo rileggeva avidamente. 
 
- Cosa leggi?
 
Sbuffò: chiaramente, Harper non aveva voglia di aspettare la sua fidanzata in religioso silenzio, magari sfogliando un libro qua e là (non era neppure sicura sapesse leggere, effettivamente).
Senza aprir bocca, sollevò il libro, in modo che lui potesse leggere il titolo sulla copertina. 
 
- Ancora?!
- Ti creano problemi le mie letture?
- No, ma santo cielo, è da quando siamo alle elementari che non fai che leggere i libri di tuo nonno!
 
Aisley lo fulminò.
 
- E con questo? Perché per quanto mi riguarda, ho smesso di stupirmi anni fa del fatto che tu non abbia mai preso in mano nulla che avesse più di dieci pagine e che non fosse scritto in stampatello maiuscolo!
- Sempre suscettibile sull'argomento Jasper Cane, eh? - le chiese lui ironico
- E poi - continuò lei, ignorandolo - perché ti interessa quello che leggo io?
- Era solo per fare conversazione, Capelli Viola, non farti strane idee!
 
Aisley avrebbe voluto ucciderlo con le sue mani. Strinse la copia del suo libro così forte che le divennero bianche le nocche, con tutta l'intenzione di darlo in testa a Harper, quando la porta del magazzino si aprì, e ne uscì Kelly "Barbie" Ann, che saltò letteralmente in braccio a Harper. 
 
- Ci vediamo, Capelli Viola! - la salutò lui, uscendo dalla libreria insieme alla sua ragazza, e lasciandola furiosa. Non aveva mai capito perché, ma il semplice contatto visivo con Harper le faceva venire il nervoso.
 
 
IAIA'S CORNER...
Dunque dunque, salve!
E' la prima storia che pubblico... siate clementi! 
In questo capitolo, e anche nel prossimo, vorrei presentare un po' i personaggi, prima di partire con la storia vera e propria... spero di non fare un completo disastro! 
Per ora, un bacio a tutti... Iaia :)

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Capitolo 3
*** 2. Notizie scomode ***


Il vecchio faro si stagliava minaccioso contro il cielo grigio, assumendo un'aria piuttosto inquietante, e Harper si convinse una volta di più che per vivere lì dentro, bisognava essere fuori di testa.
"Non per niente", si disse, "ci vivono i Cane!"
Non aveva nessuna voglia, quel giorno, di affrontare l'ira funesta di quella pazza di Capelli Viola, ma il suo capo, nonché padre, nel tempo libero, era stato chiaro: doveva essere lui a comunicare ai Cane che il faro sarebbe stato demolito.
Come architetto (o, per meglio dire, aspirante architetto, sospirò) sapeva che non c'era altro da fare: la costruzione era fatiscente, cadeva a pezzi, ed era seriamente pericolosa per i Cane e per tutti quelli che vi entravano o semplicemente vi passavano accanto; tuttavia, non gli era piaciuto che per fare i controlli dello stabile avessero aspettato che il vecchio Jasper fosse costretto a letto dalla malattia, perché dimostrava ancora una volta quanto poco valessero i cosiddetti "uomini di potere" che vivevano a Hatton Island. Theodore Evans, suo padre, era forse il peggiore di tutti.
Arrivato alla porta, Harper cercò il campanello, seminascosto dal ramo di un albero, e quando lo trovò rotto, non si stupì: quando erano piccoli, lui e i suoi amici si divertivano a suonare il campanello a tutte le ore del giorno e della sera, solo per veder uscire il vecchio Cane con la vestaglia bucata e macchiata di caffè e prenderlo in giro, o sparargli palline di carta insalivate con le cerbottane, ricavate da penne rotte.
Si vergognava ogni volta che ci pensava.
Ad ogni modo, un pomeriggio era uscita Aisley, con un martello in mano, e aveva letteralmente fracassato il campanello, così che quello scherzo idiota finisse.
Scuotendo la testa, Harper tornò al presente, e bussò alla porta, cercando di mantenersi calmo e rilassato.
Aveva chiesto a suo padre e ai colleghi dello studio Evans&Dalton dove sarebbero potuti andare a stare i Cane, e la risposta era stata un'alzata di spalle noncurante.
Quando la porta si aprì, apparve Aisley, i capelli viola che facevano a pugni con il lungo maglione di lana rosso, e una tazza di caffè fumante in mano.
 
- E' un incubo, o sei davvero davanti alla mia porta di casa, Evans?
- Non è una visita di piacere, Capelli Viola. Posso entrare?
- Perché? - gli chiese lei inarcando un sopracciglio, e lanciando un'occhiata all'interno della casa.
 
Harper notò che c'era molto disordine, e si chiese se Aisley non ne fosse imbarazzata. Magari avrebbe dovuto telefonare, prima di piombarle in casa senza preavviso.
 
- Devo parlare con tuo nonno.
 
La ragazza scosse la testa.
 
- Dorme, e comunque oggi non sarebbe in grado di sostenere una conversazione.
- Come?
 
Aisley alzò le spalle.
 
- Lascia perdere. Puoi dire a me, comunque.
- Mi fai entrare? - sbottò lui spazientito: quella ragazza riusciva a irritarlo più di suo padre, un record da Guinness dei primati.
- Non puoi parlare da qui?
- Fa freddo, dannazione!
 
Sbuffando, la ragazza si spostò dalla porta, bofonchiando qualcosa sul fatto che gli uomini avessero ben poca resistenza alle intemperie, e Harper poté entrare.
 
Non era mai entrato al vecchio faro, e doveva ammettere di essere incuriosito. Quello che gli era sembrato disordine, in realtà, era semplice "accatastamento": casa Cane era ingombra di soprammobili, libri, vecchie macchine da scrivere, fogli, strumenti musicali, spartiti, tavolozze di colori rinsecchiti e tele, poster di cinema ripiegati, vecchie cineprese, stoviglie etniche e tappeti, quadri dall'aria antica e polverosa e talismani in ogni dove, scacciapensieri e acchiappa sogni erano appesi un po' ovunque, e appoggiate negli angoli c'erano spade, lance, frecce e archi.
 
- Wow... - non riuscì a trattenersi davanti a un'armatura in piedi accanto al frigorifero
- Che volevi dire a mio nonno? - gli chiese brusca Aisley, riportandolo alla realtà.
- Ecco, Capel... Aisley, si tratta del faro. Sai che stavano facendo dei controlli, no?
- Mmm-mmm - mugugnò lei, bevendo un sorso di caffè e guardandolo dritto negli occhi, rendendogli più difficile l'andare avanti con il suo discorso.
- Ecco, l'hanno ritenuto inagibile, e il sindaco ha deciso di demolirlo.
- Non se ne parla - disse semplicemente la ragazza
 
Harper sgranò gli occhi: si era aspettato urla, grida, insulti, magari una crisi di pianto, ma non certo quella tranquillità glaciale.
 
- Hai capito che cosa ti ho detto? E' pericolo stare qui.
- E' casa nostra, il faro è di proprietà di mio nonno, l'ha comprato lui, e ne il sindaco, ne gli architetti, ne tanto meno tu potete farci andare via. Chiaro?
- Questo posto è un rudere, Aisley.
- A me piace - commentò la ragazza risoluta, e Harper seppe che qualunque cosa avesse detto, non sarebbe riuscito a farla ragionare
- La settimana prossima verranno i camion con i demolitori. Parla con loro, io il mio lavoro l'ho fatto.
 
Harper si alzò, e fece per dirigersi alla porta, quando una scossa di terremoto li fece sobbalzare. La polvere cadde dal soffitto, e si staccò qualche pezzo di intonaco, che cadde sul tavolo in mezzo a loro.
 
- Visto? Te l'avevo detto che questo posto cade a...
- DOROTHY! Dorothy, aiuto!
 
Aisley non lo guardò neppure in faccia, si limitò a correre  verso la stanza di suo nonno, che aveva gridato, lasciandolo solo e pensieroso: aveva sempre pensato che Aisley e suo nonno vivessero soli, chi era adesso questa Dorothy?!
 
IAIA’S CORNER
Aggiornato! Mi sa che mi sto lasciando prendere dall’euforia del momento, andando avanti ci metterò un’eternità ad aggiornare… ma comunque, vediamo un po’: ho presentato, seppur parzialmente, il personaggio di Harper. Non è male come pensava Aisley nell’altro capitolo, no?
Tuttavia, per avere altre informazioni bisognerà continuare a leggere 
Baci a tutti, Iaia!

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Capitolo 4
*** 3. ***


Aisley cercava invano di calmare suo nonno, in preda a un attacco di panico causato dal terremoto, quando Harper si affacciò alla porta della camera da letto.
 
-       Ti… serve una mano? – le chiese esitante, guardandosi intorno
- Dorothy, Dorothy chi è lui? – continuava a chiedere Jasper, rivolto alla nipote.
 
La ragazza arrossì, guardando Harper, che ancora continuava a non capire. 
 
- Aiutami a metterlo giù! – poi tornò a guardare il nonno – Nonno, stai calmo, lui è un amico, stai tranquillo.
- Dorothy, mandalo via, via!
 
Aisley si voltò verso Harper. 
 
- Vai, no?
- Sicura?
- Si, vai, altrimenti lui…
- DOROTHY!
 
L’uomo chiuse gli occhi e assunse un’espressione di dolore, mentre l’ago della flebo usciva dal braccio. Harper, alla vista dell’ago, dovette appoggiarsi alle sbarre di metallo del letto, e Aisley alzò gli occhi al cielo.
 
- Nonno, per l’amor del cielo, stai buono! Fermo, devo cambiare l’ago della flebo… Harper, c’è un numero, sul frigo, chiamalo, è quello dell’infermiera di mio nonno.
- Dove…
- Sul frigo, infermiera, numero. VAI!
 
Il ragazzo si precipitò in cucina, mentre Aisley cambiava sapientemente l’ago, lo disinfettava e lo infilava nuovamente nella vena del braccio di suo nonno. L’uomo sembrava essersi calmato, il dolore doveva averlo scosso, e Aisley gli accarezzò la fronte. 
 
- Va tutto bene, tranquillo…
 
L’uomo si addormentò poco dopo, e Harper tornò nella camera da letto. 
 
- Arriva subito… 
- Ok.
 
Aisley si passò una mano tra i capelli, mordendosi il labbro. Era palesemente infastidita e imbarazzata che Harper avesse visto la scena di poco prima. In breve, tutta l’isola ne sarebbe stata a conoscenza, pensò amareggiata.
 
- Come mai ti chiama Dorothy? – le chiese Harper, sedendosi su una poltroncina vittoriana posizionata al centro esatto del corridoio
- Ha l’alzheimer – gli rispose bruscamente la ragazza – Dorothy è l’aiutante di Connor Reed, fa solo un po’ di confusione.
- Oh…
 
I due ragazzi rimasero in silenzio. A far loro compagnia, solo il ronzio delle macchine elettriche nella camera di Jasper Cane, e una mezza dozzina di orologi che ticchettavano. 
Harper continuava a guardarsi intorno, aspettando il momento in cui Aisley gli avrebbe intimato, senza troppi complimenti, di andarsene. Per il momento, la vista dell’ago continuava a fluttuare nella sua mente, e non sentiva ancora le gambe sufficentemente stabili per alzarsi e andarsene di sua spontanea volontà.
Quando bussarono alla porta, sussultarono entrambi, e Aisley andò ad aprire. 
 
- Isabel, scusa se ti ho chiamata nel tuo giorno libero, ma il terremoto l’ha agitato moltissimo…
- Non c’è problema, Aisley cara.
 
Se non fosse stata necessaria per suo nonno, Aisley l’avrebbe uccisa. A nessuno sano di mente sarebbe venuto in mente di chiamarla “Aisley cara”, come se fosse una bambina paffuta di cinque anni. 
Isabel era stata mandata dall’ospedale sei mesi prima, e per quanto a Aisley non piacesse, doveva ammettere che era brava a calmare le crisi di suo nonno, e a lui sembrava piacere. Quantomeno, pensò la ragazza mentre la seguiva nella stanza da letto, non le aveva lanciato un vassoio addosso come aveva fatto con la povera Maddie, l’infermiera precedente.
 
- Aisley, io vado… - disse finalmente Harper, e la ragazza annuì distrattamente.
 
Quando suo nonno aprì gli occhi, però, non parve rasserenato dalla presenza di Isabel. 
 
- Vattene! Vattene, maledetta! Lascia stare la mia Dorothy!
 
Aisley corse dal nonno, prendendogli la mano. 
 
- Nonno, va tutto bene, è Isabel, è venuta a darti la medicina…
- Dorothy, scappa! – bisbigliò l’uomo, e il tono di voce la fece rabbrividire: puro terrore.
- Cos’ha detto? – chiese Isabel, guardando all’interno della sua valigetta
- Lui…
- 475623, Dorothy…
 
Isabel spostò lo sguardo su Jasper Cane, e Aisley strinse più forte la mano di suo nonno: stava male, stava davvero andando fuori di testa, e la cosa la faceva soffrire enormemente. 
 
- Nonno… 
- Aisley cara, perchè non esci, mentre gli do la medicina?
 
Con le lacrime agli occhi, Aisley scosse la testa.
 
- Ci lasci un momento, Isabel?
 
Lo sguardo dell’infermiera si fece penetrante, e Aisley aggrottò le sopracciglia: non le piaceva il modo in cui Isabel la stava guardando.
 
- Parlerete dopo, ora sarà meglio che io faccia il mio lavoro, Aisley cara. Esci, per cortesia, gli darò la medicina.
- Io voglio stare con lui. Sei in casa mia.
- Ti conviene uscire, ragazzina, alla svelta.
*
Harper era sempre stato un ragazzo curioso, e aveva passato un sacco di guai per questo motivo. Con gli anni aveva imparato a tenersi alla larga solo dallo studio di suo padre, che aveva su di lui, durante l’infanzia, lo stesso fascino delle giostre: era l’unica stanza della casa che veniva sempre chiusa a chiave, all’interno della quale suo padre si rifugiava non appena metteva piede in casa e gli aveva fatto le domande di rito (“hai studiato?”, “come va la scuola?” “devo aspettarmi scherzetti dalla pagella?”), perciò era inevitabile che fosse la meta preferita nelle calde giornate estive, quando suo padre era in ufficio, dal giorno in cui aveva trovato il nascondiglio della chiave. 
Tuttavia, quando suo padre l’aveva sorpreso nello studio, l’aveva preso a schiaffi fino a quando non gli aveva promesso di non metterci mai più piede.
 
- Un giorno, Harper, tutti i segreti di questo studio li passerò a te. Fino ad allora, però, fuori dai piedi!
 
Così gli aveva detto, prima di lasciarlo andare a piangere in camera sua, le guance violacee per i colpi. Quella fu l’unica volta che suo padre alzò le mani su di lui, e questo gli fece comprendere l’importanza di quei segreti. 
In ogni caso, studio paterno a parte, era rimasto curioso, e casa Cane era un vero pozzo delle meraviglie. Perciò, prima di uscire, tornò a dare un’occhiata all’armatura in cucina. Era davvero bellissima, chissà da dove veniva. Mentre la stava studiando, girandoci intorno, una folata di vento spalancò la finestra, e Harper si precipitò a chiuderla. 
Si sporse per chiudere anche le persiane, e aggrottò le sopracciglia. Intorno al faro, c’era un nugolo di uomini vestiti di nero. Non dovevano essere dell’isola, perché l’accento con cui parlavano non era quello del Connecticut, e non era neanche sicuro fosse americano. Inglese, probabilmente. 
Ma la cosa che lo fece sobbalzare, quando i suoi occhi si furono abituati all’oscurità, fu che la maggior parte di loro teneva in mano una pistola. 
 
- Oh cazzo… - esclamò, quando uno degli uomini lo vide. 
 
Chiuse in fretta la finestra, per poi correre nella stanza di Jasper Cane. Quando entrò, sgranò gli occhi: Aisley era seduta sul letto di suo nonno, gli occhi spalancati dalla paura, mentre l’infermiera le puntava una pistola contro. Quando lo vide, lo spinse verso Aisley.
 
- Dov’è il libro? – tuonò l’infermiera, rivolta al vecchio scrittore
- che diavolo succede? – chiese Harper
- Zitto! – sibilò la donna, per poi avvicinarsi al letto, la pistola sempre in mano. 
 
Intanto, gli uomini fuori avevano sfondato la porta, e si stavano facendo largo in casa. In breve, i tre si trovarono contro altre quattro pistole. 
 
- DOV’E’ IL LIBRO? – strepitò di nuovo l’infermiera, assumendo un’aria ancora più minacciosa. Gli occhi sembravano spiritati, le vene dell’esile collo bianco pulsavano, e le guance erano paonazze
- Lasciaci stare! – singhiozzò Aisley, stringendosi di più al nonno, come a volerlo proteggere. 
 
In realtà, si rese conto Harper, stava avvicinando l’orecchio alla bocca del vecchio Cane, che sembrava le stesse dicendo sommessamente qualcosa. Isabel non doveva essersene accorta, perché continuava a urlare, agitando la pistola. 
Se tutti i film d’azione che aveva visto gli avevano insegnato qualcosa, era che nessun cattivo uccide qualcuno che sa dove si trova quello che vuole. E siccome non voleva morire, e non voleva che nemmeno Aisley e suo nonno venissero uccisi, si frappose tra i due e il numero esorbitante di pistole che gli stavano puntando contro.
 
- Io so dov’è il libro.
 
Aisley lo guardò, e lui cercò di sorriderle rassicurante, cosa assai ardua, in quelle circostanze.
 
- Ragazzino, non stiamo giocando – gli disse l’infermiera, avvicinandosi a lui
- Nemmeno io. 
 
Isabel inarcò un sopracciglio, sorridendo appena. 
 
- Bene, consegnamelo.
 
Harper deglutì: giusto. Doveva pensare a qualcosa, e doveva pensarci in fretta.
 
IAIA'S CORNER
 
Terzo capitolo :)
Non ho molto da aggiungere, a parte che credo sia molto più lungo dei precedenti... ma non è una grande notizia. 
Vabbè, non ho inventiva neppure nei saluti oggi, quindi...
baci a tutti, Iaia :)

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Capitolo 5
*** 4. Al vecchio mulino ***


Nella remota occasione in cui fossero usciti vivi da quella situazione, Aisley avrebbe ucciso Harper con le sue mani. Dannato stupido tronfio ragazzo, per colpa sua adesso avevano altre due pistole puntate contro, e lei non era riuscita a sentire l’ultima cosa che le aveva detto suo nonno.
Così, adesso continuava a ripetersi le frasi sconnesse che il vecchio era riuscito a dirle.

-       Cercano il Libro dei morti…  ricorda Connor Reed e l’amuleto di cristallo… 475623… trova la cassaforte… vai in Irlanda, Dorothy…

Peccato che non avesse idea di che cosa volessero dire quelle parole, e adesso dovevano portare Isabel e i suoi uomini da un libro che non avevano, che non sapevano dove fosse, ne come fosse fatto.

– Complimenti, Harper, bella mossa – lo fulminò
-       Avevi un’idea migliore, Capelli Viola? – sibilò lui
-       ZITTI! Dov’è il libro?

Harper deglutì, e la guardò.

-       È nascosto, naturalmente – prese la parola Aisley. Aveva letto tutti i libri di Connor Reed, li conosceva a memoria, ed era arrivato il momento che le servissero a qualcosa.
-       Dove?
-       Non potete arrivarci senza di noi – disse con calma
-       Bene, e dove? – sorrise forzatamente Isabel, e Aisley trasse un lungo respiro. Doveva pensare in fretta a dove portarli, un posto che lei conoscesse come le sue tasche, da cui poter scappare facilmente.
-       È al vecchio mulino – disse Harper, e Aisley lo guardò con tanto d’occhi: sapeva che era il posto preferito per giocare di tutti i ragazzini dell’isola, quando erano piccoli, ma lei naturalmente non aveva mai giocato con loro, e quindi tanti cari saluti all’idea del posto conosciuto e dal quale poter scappare agilmente.

Isabel gli fece cenno di fare strada, mentre Aisley cominciava a chiedersi dove diavolo fosse il vero libro, e che cosa sarebbe successo quando Isabe si fosse resa conto che non era dove avevano detto loro.

-       Che ne sarà di mio nonno?
-       Tu sai dov’è il libro, giusto?
-       C-certo – balbettò la ragazza

Isabel si voltò verso Jasper Cane, e premette il grilletto.

-       Allora lui non serve più.

Aisley fece per avventarsi contro la donna, ma Harper la trattenne.

-       Devo uccidere anche te? Perché mi basta uno solo di voi.
-       Jasper Cane ha affidato la chiave a entrambi. Quello che so io non lo sa lei, e quello che sa lei non so io. Non vi conviene farci fuori.

Harper cercava di controllare il tono della voce, ma era sconvolto per quello che aveva appena visto. Non era certo che gli credessero, ma sapeva che non potevano rischiare.

-       Andiamo, Aisley.

La ragazza lo seguì come un automa, mentre Isabel e i suoi uomini li caricavano all’interno del loro furgoncino nero.

-       Noi tre basteremo – disse Isabel a un’uomo rimasto a terra, che aveva lunghi capelli rossi e una cicatrice sull’occhio sinistro – tu resta qui, assicurati che non arrivi nessuno. Se vedi qualcuno, uccidilo.

Harper e Aisley si guardarono negli occhi, spaventati, mentre un uomo dal viso coperto da un cappuccio nero metteva in moto la macchina. Isabel, seduta sul sedile anteriore accanto al guidatore, era girata verso di loro.
Aisley si sentiva i suoi occhi addosso anche se non la guardava. Nella sua testa, continuava a riecheggiare il rumore dello sparo, e si ritrovò a serrare i pugni.

-       Te la farò pagare – disse a Isabel, fissando i suoi occhi in quelli della donna
-       Non vedo come, Aisley cara. Una volta che mi avrai consegnato il libro, ucciderò te, e il tuo amichetto. E io che pensavo fossi una piccola asociale… ti ha istruita bene tuo nonno!

Aisley non aveva idea di quello che Isabel stesse dicendo, sapeva solo che faceva sul serio. L’aveva visto, no, quello che era capace di fare? Strinse la mano di Harper. Antipatico o meno, lui non c’entrava niente.
Che poi, non c’entrava con cosa? Che diavolo stava succedendo, di che libro parlavano tutti? Perché l’infermiera Isabel aveva ucciso suo nonno? Forse aveva scritto un libro che non avrebbe dovuto essere letto? “Il libro dei morti”. Non ricordava che suo nonno avesse scritto qualcosa del genere, e aveva letto tutto quel che era stato pubblicato, ogni sua bozza, ogni sua ossatura di potenziale racconto. Ogni cosa. Ma non c’era nessun “Libro dei morti”.
Ma la verità era che non riusciva a pensare lucidamente, continuava a pensare a suo nonno. L’uomo che si era preso cura di lei, era morto, e non sapeva nemmeno il perché.
Harper stava dando le indicazioni per il vecchio mulino, e Aisley fu sollevata dal rendersi conto che ne Isabel ne gli altri sapevano dove stavano andando.
Il vecchio mulino era una costruzione abbandonata da quasi un secolo, che non era stata demolita perché ancora in buono stato, e perché era caratteristica e piacevole da vedere. Le rare volte in cui vi era passata accanto, a Aisley aveva ricordato la casetta nel bosco delle tre fatine buone della “Bella addormentata nel bosco” della Walt Disney. L’edera ricopriva ormai tutti i muri della casa, e le finestre di legno, seppure alcune fossero rotte, erano ancora in buono stato. Il giardino era selvatico, ma era pieno di fiori colorati, che a quell’ora della notte erano chiusi. Nell’aria, c’era odore di terra bagnata, di erba e muschio.
Con una pistola ciascuno puntata contro la schiena, Harper e Aisley entrarono dentro.

-       Allora? Dov’è? – chiese impaziente Isabel

Harper si voltò verso di lei.

-       Si può avere una torcia?

Uno degli uomini che erano stati seduti accanto a loro sui sedili posteriori passò loro una torcia, e Harper illuminò la stanza.
Aisley sentì la mano di Harper scivolare nella sua, e la strinse. Le loro vite dipendevano da lui, e lei sperava sinceramente che avesse un piano.
*
Harper non aveva scelto il vecchio mulino senza una motivazione.
Aveva passato un’intera estate insieme a Robbie, il suo migliore amico, a studiare ogni angolo di quella casa, perché sua madre gli aveva raccontato che c’era un passaggio segreto, e in una calda giornata d’agosto, l’avevano trovato.
In quella che doveva essere stata la cucina, c’era una botola, nascosta sotto strati e strati di polvere. Era chiusa a chiave, e a Harper e Robbie c’era voluta parecchia inventiva per rompere la serratura, ma alla fine ce l’avevano fatta. Quando erano scesi, avevano trovato un cunicolo che portava fino al limitare del bosco, e si erano sentiti dei veri esploratori. Ma la scoperta più sensazionale, l’avevano fatta quando erano tornati indietro, e, nascosto dalle fronde, avevano trovato un secondo passaggio, molto più piccolo e sporco dell’altro, il quale aveva numerosi cunicoli secondari, la maggior parte dei quali ciechi. Uno, però, portava a una grotta marina, e se si sapeva la strada, si poteva facilmente arrivare sotto al faro, alla rimessa delle barche.
Se fossero riusciti a seminare Isabel e i suoi uomini, sarebbero potuto salire sulla barca a motore di suo padre, e lasciare l’isola.
Harper era abbastanza intelligente da sapere che quello non era un piano, ma una missione suicida, ma era anche la loro unica possibilità. Mentre scendevano lentamente nella botola, avvicinò il viso a quello di Aisley.

-       Non lasciarmi la mano.

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