Hetalide

di V e r m o u t h
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - L'ira e le sue cause ***
Capitolo 2: *** Passo I - Il rapimento di Elizabeta ***
Capitolo 3: *** Passo II - La Guerra ***
Capitolo 4: *** Passo III - Il Semidio ***



Capitolo 1
*** Prologo - L'ira e le sue cause ***


Hetalide

 

P R O L O G O
"L’ira e le sue cause"
Personaggi presenti:
Heracles (Grecia), Narratore; Ludwig (Germania), Achille; Francis (Francia), Agamennone; Roderich (Austria), Menelao;
Elizabeta (Ungheria), Elena; Gilbert (Prussia), Paride; Antonio (Spagna),Ettore.  

 
 
«Cantami o Cina, del Germanide Ludwig
l'ira funesta che infiniti addusse
lutti agli Hetachèi, molte anzi tempo all'Orco
generose travolse alme d'eroi,
e di cani e d'augelli orrido pasto
lor salme abbandonò (così di Giove
l'alto consiglio s'adempìa), da quando
primamente disgiunse aspra contesa
Il re de' prodi Francis e il divo Ludwig.»

 

(La scena si apre col nostro amato Heracles che strimpella una lira,
come il gallo all’inizio di Robin Hood della Disney.)

 
Ah, la Grecia. Patria di racconti epici ed eroi formidabili. E sono così orgoglioso del mio paese che vorrei cantarvi un’epica vicenda: l’Hetalide. Sto per raccontarvi una storia che parla di una guerra fra due popoli, per una donna, una bellissima donna: Elizabeta, moglie di Roderich, un grande condottiero spartano, fratello di Francis, un altrettanto ammirevole sovrano, il quale guida l’esercito degli Hetachèi. I due fratelli si alleano in una guerra contro troia, per vendicare il rapimento di Elizabeta da parte di Gilbert, il quale era completamente invaghito di lei. In guerra spicca la figura dell’eroe, protagonista e semidio Ludwig, nato da una dea e un mortale, abile nell’arte militare, astuto e senza paura. Tuttavia la leggenda vuole che sua madre lo immerse nelle acque dello Stige, da neonato, tenendolo per il tallone, per rendere il figlio invulnerabile. Purtroppo il tallone del piccolo semidio non venne intinto nell’acqua. Quello era il suo unico punto debole. Egli si scontrerà col più forte guerriero dei Troiani, fratello di Gilbert: Antonio.
Ma non voglio raccontarvi tutte le vicende in modo generico... che ne direste se vi raccontassi i passi più importanti dell’Hetalide? Vi va?





Note dell’autrice:
ecco questo è uno dei tipici lampi blu di ispirazione malatissima che ti vengono in classe mentre l’insegnante cita dei passi dei poemi epici per letteratura greca/latina. Accipicchia. Credo di star male. HETALIDE?!?!? Bah. Però capperi, mi prende troppo questa cosa (a parte che tutta la goduria è stata scrivere che Agamennone è Francis LOL). Ahah oddio sono pazza! XD ditemi subito se sto per fare una sciocchezza di dimensioni ingenti, così smetto subito e mi do all’ippica o ad altre fic su APH!! XD

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Capitolo 2
*** Passo I - Il rapimento di Elizabeta ***


P A S S O  I
"Il rapimento di Elizabeta"
Personaggi presenti:
Roderich (Austria), Menelao; Francis (Francia), Agamennone; Antonio (Spagna), Ettore;
Elizabeta (Ungheria), Elena; Gilbert (Prussia), Paride.

 

 
 
L’atmosfera era calorosa. La sala del banchetto pullulava di gente, la lunga tavola rettangolare di legno scuro era bandita di leccornie: pesce, verdure, frutta, bottiglie d’olio d’oliva denso e verde, caraffe di vino e, dentro piccole ceste di vimini, pezzi di maza1. Gli invitati prendevano da ogni piatto avidamente, strappando coi denti la maza, bevendo il vino e ingozzandosi di olive e verdure. Al centro del grande tavolo, un maiale arrostito infilzato da uno spiedo in metallo lungo e appuntito, poggiava su un letto d’insalata, cipolle e altre verdure2. Roderich, il grande re spartano, sedeva capotavola, brandendo tra le mani un grosso calice colmo di vino, le guance rosse e sudate, sprizzanti d’ebbrezza. Gridava sguaiato al fratello alla sua destra, Francis, re di Micene, che teneva sulle ginocchia una bella fanciulla, coi capelli dorati raccolti in alto attorcigliati in sinuose trecce, alle orecchie portava un paio di orecchini a forma di piatto, d’argento, con al centro inciso un sole stilizzato; un’etera3, per la precisione, a cui il re achèo lanciava occhiate compromettenti. Lei ogni tanto emetteva risatine squillanti, attirando gli occhi desiderosi degli invitati.
«Brinda con me, fratello mio!»
«Alla salute!»
Si sentì un forte frastuono dei calici che battevano l’un contro l’altro.
Tra i Troiani vi era il fratello di Antonio, re di Troia, Gilbert, che se ne stava in silenzio, seduto, a mangiare svogliatamente una mela. Non aveva molta voglia di partecipare alla festa organizzata dal re di Sparta... aveva un’altra cosa che gli tormentava la mente, che inondava i suoi pensieri, anzi qualcuno: Elizabeta, la moglie di Roderich. Egli l’amava e sapeva di essere ricambiato, ma più aspettava e la vedeva tra le grinfie del re Spartano, più la sua brama diventava sete, e la sete bisogno vitale di lei. Dopo aver buttato via il torsolo, senza farsi vedere, approfittando di un altro brindisi, dove tutti si alzarono in piedi, si alzò e, di nascosto, imboccò un corridoio, che portava alle stanze del re. Le ancelle non erano nei paraggi, poiché impegnate a spiare attraverso i pertugi delle strettoie che, dai corridoi, si affacciavano alla sala del banchetto.
Indisturbato arrivò fino in cima. Una tenda di lino copriva una stanza, quella stanza, dietro quel leggero velo bianco vi era la cosa da lui più desiderata. La sentiva muoversi nella stanza, sospirare, ordinare le sue cianfrusaglie, stendersi sul letto annoiata. Con un gesto lento allungò le dita al lembo della tenda e la scostò con attenzione, senza fare il minimo rumore. Quando fu visibile ed entrò nella stanza, la fanciulla stesa sul letto scattò seduta e lo guardò coi suoi occhi color nocciola, stupiti, terrorizzati e pieni di disperazione.
«Gilbert, cosa ci fai qui?!» Corse verso di lui e chiuse la tenda di lino frettolosamente, le mani le tremavano.
«Elizabeta.»
 «Se Roderich ti vede qui, Zeus solo sa cosa può farti!» Lo accarezzò su una guancia.
«Non mi scoprirà.» Mormorò lui, cercando le labbra della sua donna. Lei si dimenò.
«Vattene, Gilbert, ho paura.»
«Non posso andare avanti così, Eliza, non è un caso che gli dèi ci abbiano fatto incontrare, siamo destinati a stare insieme. Basta fuggire dall’evidenza: sei mia. Per Afrodite, per Eros, tu sei destinata a me!»
«Non posso...»
«Scappiamo, Eliza, io e te!»
«Ma sei diventato matto? È pericoloso, quando Roderich lo verrà a sapere muoverà tutta la Grecia pur di trovarmi!»
Gilbert non rispose, affranto.
«Elizabeta, ti prego, vieni con me.»
La fanciulla lo guardò, non disse una parola, ma i suoi occhi rispecchiavano la risposta.
 
 
«Ehi, ma dov’è mio fratello?» Chiese Antonio ai presenti che gli erano vicino.
«Non ne ho idea, mio re, può darsi che abbia visto un’etera con due poppe così e che se la sia data a gambe cercandosi un cantuccio dove potersela lavorare per bene!» Disse ridendo sguaiatamente il generale che sedeva di fianco a lui con altri due uomini.
Antonio gli agguantò il collo, l’uomo sbiancò.
«Non insultarmi, stolto uomo.» Con un gesto brusco lo lasciò e si diresse verso Roderich, chiedendo al re di Sparta il permesso di andare a cercare suo fratello.
 
 
Oltre la tenda di lino si sentirono dei passi che avanzavano per le scale.
«Sono qui!» Esclamò sottovoce Elizabeta, terrorizzata.
«Vieni!» Le intimò Gilbert prendendola per mano e trascinandola fuori dalla stanza, lungo il corridoio, dalla parte opposta alle scale da cui provenivano i passi. Usciti dalla grande casa, corsero verso il porto, dove le navi troiane avevano attraccato. Lì si nascose con Elizabeta.
«Non si trova.» Sospirò Antonio esasperato. «Probabilmente è sulla nave. È tempo per me di partire oramai, la mia patria chiama, nobile Roderich.»
«Certo, giovane re. Sarai sempre il benvenuto nella mia dimora.»
«Che gli dèi vi guidino.»
«Altrettanto.»
Antonio, con il suo seguito di generali, salì sulla nave, dove trovò Gilbert seduto su una massa di funi arrotolate di fianco all’albero maestro.
«Ecco il nobile eroe che fuggì dal banchetto.» Lo canzonò Antonio appena vide il fratello.
«Hai una faccia stravolta, sei sicuro di sentirti bene?» Continuò, guardandolo con aria preoccupata.
«Devo parlarti.»


«Elizabeta, mia dolce dama, è un peccato che tu non abbia partecipato al banchetto, ma sai come sono le regole rigide del nostro paese – disse re Roderich appropinquandosi alla tenda di lino bianco, non ebbe risposta – Elizabeta?»
Scostò rabbioso la tenda, rimase come uno stoccafisso a guardare la stanza vuota per qualche secondo, poi con uno strattone furibondo strappò la tenda dagli anelli che la sorreggevano e la pestò con un piede.
«Antonio...» Ringhiò tra i denti, chiamò un soldato, ruggendo.
«Trovala! Ti costasse tutta la vita, trovala!» Le sue urla riecheggiarono per tutta la casa, rimbombarono, quasi volessero far tremare le pietre che la componevano. Un tuono squarciò le nubi della notte.



Note di comprensione:

1) Maza: Focaccia tipica dell'antica grecia, fatta d'orzo o di frumento.
2) La carne, nell'antica Grecia, era molto rara nei banchetti, solo in quelli più prestigiosi era presente.
3)
Nei banchetti non erano ammesse le donne (ancelle, mogli, ecc.), solo le "etere" (prostitute, cortigiane) avevano il permesso di parteciparvi, per intrattenere gli ospiti.


Note dell'autrice:

Ho voluto cominciare la storia ispirandomi al film "Troy". Voglio subito mettere in chiaro che il film non rispecchia (per la maggior parte della trama) la storia originale del poema omerico (per quello non mi è piaciuto granchè, ma questo per il momento non c'entra molto...). Solo l'inizio mi è sembrato azzeccato: d'altronde ricercando per il web, non ho trovato nessun'informazione su dove e come è stata rapita Elena. Se qualcuno l'ha trovata, devo proprio ammettere di essere un po' ritardata e ignorante, perdonatemi!

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Capitolo 3
*** Passo II - La Guerra ***


P A S S O  I I
“La Guerra”
Personaggi presenti:
Gilbert (Prussia), Paride; Antonio (Spagna), Ettore; Roderich (Austria), Menelao;
Francis (Francia), Agamennone; Elizabeta (Ungheria), Elena; Romanus (Impero Romano), Priamo;
Arthur (Inghilterra), Clitennestra; Germania (Germania Magna), Peleo.

 

 
 

«Ti rendi conto di quello che hai fatto?!» Ruggì Antonio sbattendo un pugno sulla parete in legno della stiva; Eliza, che stava in ombra in un angolo, trasalì, mugolando.
«È stato scritto dagli dèi.» Rispose fermamente Gilbert, la voce gli tremava.
«Non c’entrano niente gli dèi! C’entri solo tu! Non sono loro che hanno scritto, Gilbert, sei stato tu! Tu hai scritto sulle pagine del destino del tuo popolo la sua rovina!»
Mai, mai aveva visto il fratello così fuori di sé. Le mani di Gilbert avevano dei fremiti; si morse il labbro e abbassò lo sguardo.
«Io... la amo.»
Antonio imprecò, agitando una mano in alto, per poi portarsela alla testa e massaggiarsi i capelli e la fronte perlata di sudore.
«Tu non hai idea...»
«Portatemi indietro!» Si intromise Elizabeta, gli occhi gonfi di dolore. «Non voglio essere la causa dei vostri mali, se questo potrà aiutare, io sono disposta a tornare da mio marito.»
«No» rispose deciso Antonio «Ormai il danno è fatto, non possiamo più tornare.» E con passo veloce uscì dalla stiva, dopo aver rivolto lo sguardo un ultima volta al fratello minore. Elizabeta pianse.
«Resta qui.» Le disse dolcemente Gilbert accarezzandole una guancia, per poi sparire nella luce che proveniva dalla botola sul soffitto. Gilbert corse da suo fratello, che stava appoggiato sul bordo del ponte della nave, scrutava il blu intenso del mare in silenzio.
«Antonio.» lo chiamò, fermamente.
«Che cosa c’è?»
«Devo raccontarti una vicenda... che mi è capitata un po’ di tempo fa.»
«Tu hai troppe storie per la testa, fratello.»
«No. Ascoltami.» Quella determinazione attirò l’attenzione del fratello maggiore che lo guardò serio.
«Prima che nascesse Ludwig, Zeus organizzò un banchetto in onore del matrimonio di Germania1 e Teti. Eris, la dea della discordia, non venne invitata e perciò si vendicò lanciando una mela d’oro, con l’iscrizione “alla più bella”, sul tavolo del banchetto. Si scatenò un putiferio: tre dee volevano quella mela: Era, Atena ed Afrodite. Zeus, non sapendo come placare quel tumulto, ordinò ad Ermes che venissero scortate al più bello dei mortali. Costui doveva scegliere a chi dare la mela, a seconda dell’offerta delle dee. Atena gli offrì la sapienza e il potere di un guerriero invincibile, Era la ricchezza e il potere di un sovrano a cui tutti i popoli si sarebbero sottomessi, infine Afrodite gli offrì l’amore della donna più bella. Il ragazzo scelse l’offerta di quest’ultima e lo aiutò a rapire Elizabeta...2»
«Aspetta, frena i cavalli.» Disse incredulo Antonio. «Il “mortale più bello del mondo” saresti tu?»
«Gli dei mi hanno giudicato tale...»
«Quindi la storiella che mi hai raccontato è successa veramente...»
«Sì.»
Ci furono alcuni secondi di silenzio, prima che Antonio scoppiasse a ridere come un forsennato. Il fatto che il fratello maggiore lo stesse deridendo fece ribollire di rabbia Gilbert, inducendolo a sputargli in faccia parole avvelenate.
«Stai dando prova della tua mancanza di saggezza, fratello. Anche se non avessi rapito Elizabeta, Troia sarebbe caduta comunque, guidata da uno stolto come te, Antonio.»
Il fratello maggiore non rispose, incredulo.
«Troia non cadrà.»
Gilbert tacque.
 
 
«Dobbiamo allearci: i Troiani mi hanno recato un affronto che non rimarrà impunito. Li credevo alleati e ottimi compagni, ma dopo quello che è accaduto al banchetto, dentro la mia casa, la mia rabbia non troverà pace finché non vedrò la loro città ridotta ad un cumulo di macerie indistinte.»
Roderich trasudava furore, le sue parole erano tizzoni incandescenti, lingue di fuoco che strinavano la pelle. Francis lo guardava con ammirazione e allo stesso tempo timore. Tuttavia il re Miceneo pensò di approfittare dell’occasione per arricchirsi del bottino di guerra, sicuro che la battaglia avrebbe avuto esito positivo.
«Il mio esercito sarebbe orgoglioso di partecipare a questa guerra.»
«Sapevo che non mi avresti abbandonato, fratello.»
«Ma certo, Roderich. Mi venissero i più grandi mali del vaso di Pandora! Alleiamoci: dichiariamo guerra a Romanus.»
Finito il colloquio, Francis chiuse dietro di se la pesante porta di legno. Quando sentì lo schioccare delle serrature, sorrise. Un sorriso orgoglioso, infido e furbo. Cominciò ad avviarsi verso il porto; certo, non gli importava nulla della moglie di Roderich, non avrebbe mai mosso guerra contro una città tanto potente come Troia, per colpa di una donna. A lui interessavano le ricchezze, delle donne non se ne faceva nulla, a parte farci qualche scappatina ogni tanto all’oscuro di quella sua dannata “moglie” che lo aspettava a Micene: Arthura. Francis aveva sempre l’impressione che quella donna mirasse ad ucciderlo quando meno se l’aspettava, quindi la guerra contro Troia sarebbe stato anche un aiuto per evitare un destino tanto infame.
Il re miceneo rabbrividì immaginando i sopracciglioni folti e inquietanti della moglie, quegli occhietti assassini che gli divoravano le membra. Scosse la testa e scacciò quei terribili pensieri. Non era il momento di pensare a sua moglie.
«Brr...»
 
 
Note di comprensione:
 
1) Germania: Germania Magna, il belloccio simil-Legolas che mi piace tanto (♥), nella vicenda interpreta Peleo (il papone di Achillino).
2) Mito: “Il giudizio di Paride”.
 
 
 
Note dell’autrice:
Care/i fan di Arthur. Scusatemi. Ma è stato più forte di me, davvero. Era perfetto per Clitennestra: l’odio velenoso verso il marito infedele, l’odio velenoso di Inghilterra nei confronti di Francia. Insomma, è perfetto accipigna! Perdonatemi ancora... Nel prossimo capitolo arriverà DOITSUUUUUUUUUUU~!

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Capitolo 4
*** Passo III - Il Semidio ***


P A S S O I I I
"Il Semidio"
Personaggi presenti:
Ludwig (Germania), Achille; Feliciano (Italia), Patroclo; Francis (Francia), Agamennone.


 
 

Il sole gli sembrò come una spina negli occhi; la luce era accecante, soprattutto dopo esser stato per ore cullato dal buio della notte. La fitta alla testa che gli attraversò il cranio lo fece coricare nuovamente, mentre stava cercando di alzarsi. Quando cercò di mettere a fuoco, la sua tenda era sottosopra, bottiglie vuote di vino sparse dappertutto, ceste rovesciate con tutte le provviste. Poi si accorse che era completamente nudo.
Allora ricordò ogni cosa.
«È successo di nuovo...» mormorò massaggiandosi la faccia con la mano destra. Ma non ebbe paura di voltarsi per vedere chi era nella sua tenda. Non temeva di guardare in faccia la sua realtà.
Una realtà dai capelli castani, il fisico snello e scattante, il volto sereno come quello di un bambino. Delicatamente lo scosse, strappandolo dal mondo dei sogni. Quello non sembrava turbato affatto, anzi, si sollevò stiracchiandosi e sorrise al compagno.
«Buongiorno Ludwig.»
Il Semidio gli rispose con un mezzo sorriso, poi si alzò per allacciarsi l’armatura d’oro e i calzari.
«Ti aspetto sul campo.» Disse semplicemente prima di sparire oltre il telo della tenda.
Il sole avvolse la sua armatura con un fascio di luce che tutti riconobbero, il Semidio Ludwig, figlio di Teti. Si infilò l’elmo dai lunghi crini e montò sul suo cavallo bianco, partendo al galoppo verso il campo di battaglia, dove l’esercito attendeva.
 
 
«Perché non arriva?!» Esclamò impaziente Francis, misurando a grandi passi il terreno «Non dovevo chiamarlo quel...quell’ubriacone! Non vinceremo mai questa guerra se ogni volta dobbiamo aspettare che sua divinità si riprenda dalla sbornia! Tra l’altro ieri sera si sentiva tutto dalla sua tenda... Propongo di farci arrivare dall’Asia delle casse piene di cera per tapparci le orecchie la notte.»
«Eccolo, sta arrivando, signore!» Annunciò un soldato.
Ludwig arrestò il cavallo a poche dita da Francis, che sussultò per lo spavento.
«Ti sono mancato?»
«Faresti meglio a tacere se non vuoi che dia l’ordine ai soldati di informare Germania di quello che fai tutte le sere...»
Ludwig avvampò in viso, ma l’orgoglio ebbe il sopravvento.
«Mi basta mandare un messaggero per far giungere qui la tua adorata moglie, che ha tanta voglia di vederti.»
«Taci!» Ringhiò Francis annerendo per la rabbia, venendo canzonato dalle risate di Ludwig.
«Allora è per questo che partecipi a qualsiasi guerra... Tutto pur di allontanarsi da lei.»
«Sei perspicace, figlio di Teti, preferirei morire qui che farmi ammazzare da mia moglie, perché lo farà...Oh, se lo farà.»
«È così crudele?»
«Ha tentato più volte di avvelenarmi.»
«Arrivanooo!» urlò un soldato di vedetta.
Francis montò a cavallo con un salto, posizionandosi di fronte all’esercito, seguito da Ludwig. Restarono in silenzio per dei minuti, finché dalla collina non spuntò una linea nera di soldati che, urlando, correva contro di loro.
«Hetachèi!» Tuonò Francis sfoderando il ferro. «In formazione!» presto tutti i soldati posizionarono davanti a loro gli scudi tondi, formando un muro, facendo spuntare le lunghe aste letali.
 

***
 

 
Teti poggiava il suo aggraziato corpo sulla ruvida roccia. Bella. La più bella tra le ninfe dei mari, figlie di Nereo e Doride. Il suo corpo nudo privo di qualsiasi imperfezione, i lunghi capelli biondi, ondulati, che le arrivavano alle anche, come un leggero mantello di velo.
«Madre.»
La ninfa si girò con un bellissimo sorriso, che sembrò irradiarle il volto.
«Ludwig, figlio mio... Cosa ti porta da me?»
«Sto partendo per Troia... partecipo alla guerra.»
«Perché?»
Il suo sorriso morì. Appassì.
«Questa guerra è di Roderich e Francis, Ludwig, non tua. Sai che non sei immortale, io soffro sapendoti là. Torna da tuo padre, regna sul tuo popolo, lascia la guerra a chi vuole combatterla.» La sua voce sembrava una melodia disperata, come se avesse paura di rompersi da un momento all’altro e non poter risuonare mai più.
Il semidio taceva.
«Nessuno riuscirà a sfiorare il mio tallone.» Rispose fermo Ludwig, stringendo le dita in un pugno. Negli occhi di Teti balenò una visione di morte e lacrime.
«Perché vuoi andare? Per cosa vuoi combattere? Per una donna?» gli chiese la madre, inginocchiandosi davanti a lui, tenendogli la mano. Ma il semidio era forte. Il semidio era potente.
Il semidio era invincibile.
«Per la gloria.»
 
 

***

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