Claustrofobia

di Subutai Khan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Solo loro due ***
Capitolo 2: *** Il tempo va, passano le ore e non si esce... di sesso manco a parlarne ***
Capitolo 3: *** A metaphysical drama ***
Capitolo 4: *** Nubi sul mio ieri odierno ***
Capitolo 5: *** Incubi rivelatori ***
Capitolo 6: *** Che sogni di merda che faccio ***
Capitolo 7: *** Ah, ma allora anche lei ha un cuore ***
Capitolo 8: *** L'amore è tanto bello ma non riempie lo stomaco ***
Capitolo 9: *** Cala il palcoscenico sui nostri due sventurati eroi ***



Capitolo 1
*** Solo loro due ***


“Io devo ancora riuscire a capire che ci facciamo qui e come ci siamo arrivati”.
“Non credo ci sia molto da capire, caro il mio baka. Qui siamo e qui rimaniamo. Non c’è via d’uscita, lo so io e lo sai tu. Le abbiamo provate tutte: prendere a calci il muro, forzare la porta, tentare la carta passaggio segreto. Ma niente. Siamo bloccati. La nostra unica speranza è aspettare che qualcuno ci venga a prendere”.
“Sì, d’accordo, ma perché noi? Chi ci ha portati qui? E perché?”.
“E piantala di fare domande. Sono già abbastanza nervosa di mio. E’ mezz’ora che non smetto di marciare avanti ed indietro tanto ho i nervi a fior di pelle. Non peggiorare la mia situazione”.
“Ma cerca di capirmi...”.
“Ti capisco benissimo, scemo. O ti devo ricordare che non sei l’unico chiuso qui dentro? Tra l’altro 'sto postaccio puzza da far paura, ci sono dei topi morti negli angoli e io ho un mal di testa da primato. So come ti senti, credimi”.
“Se mi evitassi i particolari truci mi saresti d’aiuto”.
“Oh, avanti, non dirmi che non te ne sei accorto. Scommetto un dito che qui dentro non ci mette piede nessuno, noi esclusi, da un decennio almeno. C’è tanta di quella polvere che se uno di noi due ne fosse allergico sarebbe già cadavere”.
“Evviva l’ottimismo”.
“Cosa devo fare, mettermi a fare i salti di gioia perché sono imprigionata qui? Con te? Bella prospettiva”.
“Sei sempre di una gentilezza squisita”.
“Non ho di certo preso da qualcuno di mia conoscenza”.
“Alludevi per caso, ma proprio per caso, a me?”.
“Oh, vedo che ti è cresciuta un po’ di spina dorsale. Ma vedi di usarla meglio”.
“Uff. Dobbiamo proprio litigare? In una situazione del genere?”.
“...”.
“Niente da dire?”.
“...”.
“Mi inquieta questo tuo silenzio”.
“...”.
“Va bene, non vuoi parlarmi. Come preferisci”.
“Odio doverlo dire, ma hai ragione. Non siamo nelle condizioni per permetterci il lusso del battibecco”.
“Incredibile, la straordinaria Second Children dà ragione a qualcuno che non sia se stessa”.
“Oltre alla spina dorsale ti è venuto anche il senso del sarcasmo”.
“... dobbiamo ricominciare a punzecchiarci?”.
“... ok, tregua accettata. Per ora”.
“Dai, non essere così acida. Invece di badare alla mia inettitudine pensa ad un modo per accorciare il più possibile la nostra permanenza in questo tugurio di stanza”.
“Hai il cervello momentaneamente in vacanza, per caso? Ho detto e ripetuto che non possiamo assolutamente far nulla. Le pareti sono lisce, la porta è sigillata dall’esterno, la finestra è troppo in alto per entrambi e neppure facendo scalino potremmo mai raggiungerla. Siamo b-l-o-c-c-a-t-i, inciditelo a fuoco lento in quella testaccia”.
“E fortuna che doveva esserci una tregua”.
“Se me le tiri fuori non è di certo colpa mia”.
“Ok, ok. Piuttosto, non hai ancora risposto ad una domanda che ti avevo fatto prima”.
“Sarebbe? Non ricordo”.
“Hai del cibo con te? Io comincio ad avere fame”.
“Uhm. Quando sono rinvenuta ho trovato vicino a me un paio di pacchetti di biscotti che ho provveduto a nascondere per sicurezza. Quando ti vedrò stremato per terra, implorante anche per una briciola di pane secco, allora ti ciberò. E prima che inizi a lamentarti: la mia non è crudeltà, è lungimiranza. Non possiamo sprecare quelle miserevoli scorte in poco tempo. Dato che, e non sai quanto mi preoccupi dirlo, potremmo rimanere qui anche per parecchio tempo, più razioniamo e meglio è. Naturalmente anche io tenterò di resistere il più possibile”.
“Capisco. Approvo la scelta”.
“... oddio, sei sicuro di sentirti bene? Aspetta che ti sento la febbre”.
“No, non... ehi, giù le mani dalla mia fronte. Non sono malato. Che ti prende?”.
“Non posso credere alle mie orecchie. Shinji Ikari non si è messo a frignare di fronte al pericolo. E non è nemmeno sul suo adorato giocattolone viola”.
“L’hai detto tu che mi è venuto un po’ di coraggio stando qui dentro, no?”.
“Sì, l’ho detto. Allora spero che la nostra permanenza sia più lunga che mai”.
“Odio le persone con il gusto dell’horror”.

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Capitolo 2
*** Il tempo va, passano le ore e non si esce... di sesso manco a parlarne ***


[alcune ore dopo]

“Dodici, tredici, quattordici, quindici…”.
“Cosa conti di così interessante?”.
“Le macchie di sporco sul muro”.
“Che gran bel passatempo. Non ti invidio, lo sai?”.
“Immagino tu abbia di meglio da fare”.
“Immagini male, ma ciò non toglie che sia deprimente osservare le incrostazioni”
“Oh beh, quello è talmente ovvio che mi pareva superfluo dirlo. Piuttosto, invece di stare a cincischiare lì senza far nulla, renditi utile e dimmi che ore sono”.
“Dunque, dato che la magnifica Asuka è sprovvista di orologio… sono le… impossibile”.
“Cosa? Che c’è?”.
“Indica le quattro e ventinove minuti”.
“E dov’è l’impossibile?”.
“Siccome erano più o meno le undici del mattino quando ci hanno portati qui, perché avevo controllato subito dopo essermi svegliato e fuori c’era il sole, se ben ricordi…i casi sono due: o il tempo ha preso a scorrere talmente veloce da far passare una giornata in un battito di ciglia, o hanno attaccato un foglio con disegnate stelle e luna all’esterno della finestra”.
“Non potrebbe essere mattina?”.
“Mi pare improbabile. D’accordo che quando ci si annoia il tempo sembra non muoversi mai, e che quindi potrebbe esserne effettivamente passato più di quanto ne abbiamo percepito, ma credo che sia… sì, improbabile. Eppoi nessuno dei due ha sonno, e se davvero fosse notte così tarda io sarei crollato da tempo”.
“Da quando hai preso a parlare così forbito?”.
“Da quando ho la mente sgombra da altri pensieri e posso concentrarmi sui vocaboli più appropriati”.
“Tu non hai la mente sgombra, stai solo cercando qualcosa con cui distrarti”.
“Perché dovrei fare una cosa del genere, scusa?”.
“Forse per non pensare alla tua vita al di fuori di questo cubicolo di lerciume”.
“Prego? Mi stai implicitamente dando del fallito?”.
“Non puoi di certo venire a dirmi che hai vissuto felice come il principe azzurro di Cenerentola, fino ad ora”.
“Io non sono un fallito, Asuka. Ho avuto molti traumi e molte esperienze che vorrei dimenticare, lo ammetto senza remore. Ma non sono un fallito”.
“E cosa hai portato a termine di buono considerando la totalità della tua esistenza?”.
“Perché la stessa domanda non la rivolgi a te stessa?”.
“Io non ho mai messo in dubbio ciò che ho guadagnato e ciò che ho”.
“Cioè un carattere insopportabile, una smania di apparire degna della più egocentrica modella del cosmo e una rabbia che non riusciresti a sbollire completamente neanche abbattendo un muro a testate”.
“… mi stai mancando di rispetto. Non te lo permetto. Ritira subito quello che hai detto”.
“E’ inutile alzare la voce, sarò un povero mentecatto senza una ragione di vita ma ancora ci sento. E tendo a non portare rispetto a chi non mi dimostra rispetto. Tu non l’hai mai fatto, dubito che comincerai proprio ora”.
“Che rispetto può mai ottenere uno stupido come te? Sei un codardo, privo della minima oncia di coraggio, e le cose che ti riescono meglio sono scusarti e fuggire come un leprotto che stava per finire sul menù della cena. Non hai dignità, non hai amor proprio, non hai considerazione di te stesso”.
“Sei crudele”.
“Sei inutile”.
“…”.
“Colpito ed affondato”.
“… io ti ammazzo”.
“Finiscila di dar fiato… ma… cos’è… no… mi fai paura, piantala…”.
“Ma come, ti faccio paura? Solo guardandoti? E se mi avvicino lentamente portando le mie manine all’altezza del tuo collo di giada cosa fai, ti pisci addosso?”.
“Stammi lontano”.
“Oh no signorina, hai finito di trattarmi come la tua prediletta pezza da piedi”.
“Gh, mollami, soff…”.
“L’idea era quella. Ed ora vedi di stare ferma, questa posizione che ti vede tossire disperata con le spalle ancorate al muro mi è particolarmente comoda”.
“Pazzo… coff…”
"Lo senti il nodo che ti si forma in gola? E' paura Asuka, paura di essere annichilita ed uccisa da un essere che fino a ventiquattr'ore fa consideravi infimo e degno di nessuna considerazione"
“Piet…”.
“Cosa sentono le mie fosche orecchie? Pietà? La suprema Second Children, vanto della Nerv e della Germania, bambina prodigio e laureata precoce, chiede pietà? E poi sono io quello senza amor proprio… è assolutamente vero, quando si è in pericolo la propria vita viene mendicata nei modi più umilianti”.
“Coff coff… moll… coff… mollami, mi strozz…”.
“Ma quanto sei ripetitiva. So cosa sto facendo. E per la prima volta in vita mia mi sto comportando senza che nessuno mi dica cosa devo fare. Se e quando uscirò da qui andrò in giro per il mondo ad urlare che Shinji Ikari il coniglio ha ucciso Asuka Soryu Langley la tigre. Me ne vanterò con i compagni di cella nell’attesa della camera a gas”.
“Ti prego... coff... lasc...”.
“…”.
“Mi man… coff… l’aria…”.
“… no”.
“Coff coff coff coff coff. Ma dico, sei impazzito?”.
“Non sono un assassino”.
“Lo stavi… coff coff… per diventare. Sarai orgoglioso di te stesso. Coff”.
“Macchè orgoglioso, mi vergogno come un ladro”.
“E meno… coff… male”.
“Non avevo mai perso il controllo in questo modo prima d’ora”.
“Tu hai dei seri problemi psicologici”.
“Guarda che se mi provochi di nuovo potrei non fermarmi”.
“…ok, scherzavo”.
“No, non scherzavi e hai ragione. Io ho dei problemi. Una persona normale non si comporta così”.
“Noi non siamo persone normali. Siamo piloti di Evangelion”.
“Evangelion… mi manca…”.
“Ok, sei più sciroccato di quanto pensassi”.
“Ma come? Tu che fai delle tue eccezionali abilità di pilota il tuo più grande vanto non riesci a capirmi ? Ormai quel robottone alto come un palazzo è la mia ragione di vita, il solo motivo che mi impedisce di suicidarmi”.
“Benché abbia appena tentato di uccidermi e ciò non mi bendisponga mi è appena venuta voglia di fare con te una lunga chiacchierata. A patto che tenga le tue mani lontane da me, preferisco non rischiare”.

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Capitolo 3
*** A metaphysical drama ***


“Bene Shinji, ora siediti e parla”.
“Di che diavolo devo parlare, scusa?”.
“Avevamo deciso di parlare un po’, no? E allora parliamo”.
“Perdona se sento l’ardore di correggerti, ma come tuo solito hai deciso tutto da sola”.
“Dettagli. Ti farà bene sfogarti, anche se temo che…”.
“Temi cosa?”.
“Niente, niente. Su, comincia”.
“Comincio cosa? Che devo dire? Cosa vuoi sentire? Cosa vuoi farti dire?”.
“Non voglio farmi dire niente. Voglio solo che tu ti lasci andare. Scatenati. Liberati. Insulta chi vuoi insultare. Fai dichiarazioni d’amore. Sfrutta la libertà che queste quattro mura ti danno”.
“Eh, allora ne ho di cose da dire…”.
“Abbiamo tutto il tempo del mondo, ahimè”.
“Prima di cominciare però…”.
“Che c’è?”.
“Vorrei chiederti una cosa. Nello sfogarsi è incluso il permesso di parlare male di te, se necessario?”.
“…vedremo”.
“E’ un inizio. Molto bene, da dove posso partire…”.
“Da capo pare brutto?”.
“Era un’affermazione retorica”.
“Conoscendoti è meglio correre rischi”.
“Ancora una cosa…”.
“Stai diventando monotematico. Adesso qual è il problema?”.
“Non penserai di fare la strizzacervelli ed ascoltare la mia storia senza poi restituirmi il piacere, spero. Non è così che ci si comporta fra persone civili”.
“Mi spiace ma come ho già ribadito prima non ho nulla di cui lamentarmi, io”.
“Lo sai? Sei un’ottima bugiarda. Potresti avere un futuro come attrice”.
“Prego?”.
“Oh su, non fare la santarellina con me. Siccome hai voglia di sentirmi parlare, potrei cominciare snocciolandoti fatti che conosci a memoria in quanto li hai vissuti sulla tua pellaccia tedesca, ma che non credo sarai contenta di risentire”.
“Mi stai preoccupando ora”.
“Fai bene a preoccuparti. 7 maggio 2005”.
“…sei un bastardo”.
“Innanzitutto puoi smettere di digrignare i denti, è inutile. E secondo no, non sono un bastardo, sono solo uno che ogni tanto si diverte a sbirciare nei dossier altrui. Ti basti sapere che io so. Quindi sentiti pure in dovere, quando avrò finito, di raccontarmi ciò che ti opprime”.
“Non ho altra scelta, eh?”.
“Uscire da qui è un’altra possibilità alla tua portata”.
“Spiritoso. E va bene, hai vinto”.
“Per la prima volta da quando conosco l’Evangelion sento la poderosa Asuka chinare il capo sconfitta. Che notiziona”.
“Perché continui a citare quella macchina? Che cosa ha a che fare con il tuo solito comportamento di bambino spaventato dal buio?”.
“Beh, innanzitutto è stata la causa per cui ho rivisto mio padre dopo tutto quel tempo, dopo che mi aveva abbandonato come un sacco pieno di spazzatura. Poi perché è diventato il centro della mia vita a Neo Tokyo-3. Se non ci fosse stato l’Evangelion sarei rimasto la nullità che ero”.
“Non ti consideri più una nullità? Ma soprattutto, perché ti consideravi una nullità?”.
“Tu parli solo per dare aria alla bocca, vero? Ti sei già dimenticata che non più di mezz’ora fa mi hai fatto sentire per un istante l’essere più misero, assurdo e patetico di questo lurido mondo? Sentire queste cose un giorno sì e l’altro pure non fa bene alla propria autostima. Aggiungici un genitore, l’unico che ti è rimasto, che non ti considera se non al di fuori del tuo ruolo di pilota, e neanche in quel caso è troppo benevolo…una tutrice tanto buona e bella che si ubriaca con la stessa facilità con cui Carl Lewis vinceva le Olimpiadi pre-Impact…una scoperta che lascerebbe di sasso anche un demone…un’azione di cui ti pentirai per tutto il resto della tua miseranda vita…shakera il tutto aggiungendo un pizzico di rassegnazione, una spolverata di pessimismo, quel tanto che basta di atteggiamento negativo nei confronti della vita…ed eccomi. Come credi che potrei sentirmi?”.
“Quanto ti piangi addosso”.
“Ah, adesso mi piango addosso? Non mi sono rotto un’unghia Asuka. La verità è che ho una vita di merda. Non sono il solo, d’accordo, ma questo non mi fa sentire meglio”.
“Farò finta di non aver sentito il riferimento. Comunque sì, ti piangi addosso. Cristo, non è possibile che non ti sia successa una, dico una cosa buona da quando sei al mondo”.
“Oh, non pretendo di essere così tragico. Di cose belle me ne sono anche successe. Ma se io provassi a metterle tutte su un piatto della bilancia, e sull’altro piatto ci finissero le cose brutte…beh, diciamo solo che dovrei comprare una nuova bilancia”.
“Continuo a pensare che stai gonfiando il tutto. Non è che in realtà ti piace sentirti una vittima?”.
“Ora sei tu che mi stai mancando di rispetto. Certe insinuazioni non mi piacciono per nulla”.
“Ci dovresti aver fatto il callo, ormai. Poi mi spiegherai da quando dire le cose in faccia viene considerata mancanza di rispetto”.
“Da quando ci si dimentica quella fondamentale componente chiamata `sensibilità`, ecco da quando. Questo è il tuo problema, Asuka: tu non consideri le esigenze degli altri. Prendi l’ultima colazione che abbiamo mangiato allo stesso tavolo: siccome i cornflakes non ti andavano bene, hai preteso che venissero buttati nel cestino. Esempio stupido, ma chiarificatore”.
“Cos’è, ora non posso più fare attenzione alla mia linea?”.
“Certo che puoi, ma non a scapito mio. Io li volevo mangiare, quei maledetti cereali”.
“Ma ti prego, non li hai mai potuti sopportare”.
“Ero in vena di sperimentazione”.
“Che scusa patetica”.
“Sarà patetica, ma è la verità. Ciò non toglie una cosa: certe volte sei così egoista che mi chiedo se tu conosca il significato della parola `convivenza`”.
“Senti un po’, eri tu il soggetto da psicanalizzare, non io”.
“Il lettino ha cambiato occupante”.
“Non senza la mia approvazione. Che ovviamente non c’è”.
“E allora vai al diavolo”.
“Prima tu, non conosco la strada”.

-Ma perché è sempre così difficile? Cos’ha in testa ‘sta benedetta ragazza, calcinacci? Cosa non darei perché riuscissimo ad avere un discorso chiarificatore non intervallato da frizzi, lazzi e morsi. Ma si sforza per farmi incazzare. E allora io come faccio ad instaurare una conversazione?-
-Io non lo reggo più. Come osa sventolarmi sotto il naso quella data, quella infausta, devastante data? E con che faccia tosta viene a farmi il terzo grado, lui a me? Ciò che temevo è successo.-

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Capitolo 4
*** Nubi sul mio ieri odierno ***


[passa altro tempo]

“Vaffanculo Shinji, mi hai davvero rotto le palle”.
“Dio Asuka, sai essere così sboccata da far invidia a una prostituta di quelle vissute”.
“Saranno anche cazzi miei per come mi esprimo? E poi finchè me la prendo con te va tutto bene”.
“Ah, e così ti senti giustificata a scaricarmi addosso un torrente di insulti?”.
“Ma certo, non dovrei?”.
“Allora affanculo vacci tu”.
“Ecco, il primo cavaliere di Sua Maestà getta la maschera e si mostra per il povero contadinotto che è in realtà”.
“Fottiti”.
“Altrettanto”.



-Sempre più difficile. Sempre più irragionevole. Sempre più Asuka. Era stata fin troppo calma prima. Mi ero quasi stupito che non avesse ancora tentato di ridurmi ad uno spiedino affumicato. Ma ora? Non sopporto più il silenzio. Sono passate come minimo due ore prima che ci rivolgessimo nuovamente la parola, e non più di dieci minuti prima che ricominciassimo a battibeccare. Non sopporto più il silenzio, d’accordo, ma se parlare ormai equivale a sentirla starnazzare mi sa che comincerò a fare conversazione col muro. E tutto per quella piccola, innocente, misera data.-
-Quella maledettissima data. Lo odio, lo odio, lo odio. Lo ammazzerei se solo non avessi una terribile paura di restare sola. Non posso rimanere senza nessun altro qui dentro. L’aria puzza. I topi squittiscono. Sono stanca, ho fame, ho sete. Privarmi della compagnia, per quanto sgradita, equivale al suicidio. E io non voglio morire. Non ancora.-



“Almeno sai perché il 7 maggio del 2005 è una data infausta per me?”.
“No, c’era solo scritto `Evento` ma non specificava null’altro”.
“Meno male, meno male”.
“Cosa sarà mai successo? Ti è morto il gatto?”.
“Che spiritosaggine di merda che hai”.
“E allora dimmelo tu se io sono troppo cretino per arrivarci”.
“Ma non sapevi tutto?”.
“…”.
“Beccato in flagrante. Non sai bluffare”.
“Ebbene sì, diciamo che ho ampliato un po’ ciò che effettivamente so su quel giorno. Ma a ‘sto punto non puoi lasciarmi in sospeso”.
“Certo che lo posso, ed anzi lo farò immediatamente”.
“…”.
“Perso le parole, Shinji?”.
“Stavo solo riflettendo su quanto sei stronza. Perché sai di essere stronza, vero?”.
“I tuoi piccoli insulti non mi tangono nemmeno”.
“Non usare ‘sto linguaggio da gran signora acculturata come paravento. Vuoi sapere come la penso io? Hai paura”.
“Non sia mai che io, Asuka Soryu Langley, abbia paura”.
“Ma piantala di montarti. Hai paura, è evidente”.
“E da cosa sarebbe evidente?”.
“Dal fatto che non vuoi parlarne, e non ne parleresti nemmeno sotto tortura”.
“Cerco solo di difendermi dal mio passato”.
“Il passato va affrontato, non evitato”.
“Facile parlar bene e poi razzolare male, nevvero Shinji?”.
“Ora non stiamo discutendo di me, discutiamo di te. Avanti miss Asuka Soryu Langley, invincibile ed immortale, mostrami che ho torto. Raccogli tutto il tuo coraggio e sputami sul naso la verità su quel giorno di tanti anni fa. Mostrami che tu puoi vincere anche ciò che è stato e che io, idiota come sono, non posso farlo. Umiliami se ti fa sentire meglio. Ma fallo, perdio. Non può che farti bene parlarne. Se è davvero così tremendo è inconcepibile continuare a tenersi tutto dentro, finirai con lo scoppiare”.
“…”.
“Ora sei tu ad aver perso le parole, a quanto pare”.
“Mi assicuri che quello che sto per dire non uscirà mai da questa stanza?”
“Giuro sul mio cranio e su quello della signorina Misato, se il mio non fosse sufficiente”.
“Dovrebbe essere una garanzia tale da convincermi?”.
“Se non vuoi dirlo non dirlo, non prendermi per il culo gratuitamente. Hai intenzione di dirlo o no?”.
“Sappi che se qualcuno che non siano le alte sfere Nerv spiccica mezza parola su questi fatti, una volta che saremo fuori di qui, puoi cominciare a correre. E intendo correre sul serio. Cambiare continente, per esempio. O direttamente sistema solare”.
“Ne hai ancora per molto con esempi di come potresti farmi pentire di essere nato? D’accordo che di tempo ne abbiamo, ma prima sputi il dente cariato e meglio è”.
“E non farmi fretta, baka. Non è come raccontare l’incidente in cui ti sei rotto la gamba. E’ un fatto che mi ha sconvolto la vita. Me l’ha rovinata. Me l’ha fatta a tanti pezzettini e li ha sparsi per i quattro angoli del globo. E’ dura ricordare, ancora più dura raccontarlo. Per cosa credi che mi disperassi quando il quindicesimo Angelo mi ha attaccata?”.
“Ammetto che non lo so, dato che qualche testaccia di marmo non ne ha voluto sapere di sfogarsi e allontanava in malo modo chiunque tentasse di consolarla”.
“Era una reazione assolutamente comprensibile, d’altro canto…”.
“Dunque?”.
“E’ maleducazione interrompere una dama mentre parla”.
“E’ maleducazione far aspettare il proprio interlocutore”.
“Sei davvero cambiato da quando sei qui dentro”.
“Lo so. Cantiamo o no?”.
“E va bene, va bene”.
“Finalmente. Prego signorina, il palco è suo”.
“Ben gentile. Dunque, il 7 maggio 2005 è nato come il giorno più grandioso della mia esistenza ed è morto come il giorno più gramo e doloroso della stessa.
Lo ricordo perfettamente, e non vedo come sia possibile il contrario. Dopo una mattinata normale, in cui però io sentivo che qualcosa era prossimo ad accadere, nel primo pomeriggio venne a trovarci a casa un agente in nero. Naturalmente, piccola com’ero, non avevo idea a che organo facesse capo costui, ma col senno di poi posso dire che probabilmente era un uomo del Gehirn. Beh, questo tipo mi viene a dire, col più grande sorriso che abbia mai visto in faccia ad uno sconosciuto, che ero stata scelta ufficialmente come pilota dello 02. Ti puoi immaginare da solo quanto fossi felice. Lo dissi a papà, e per la prima volta da quando posso ricordarmi, lo vidi sinceramente contento di vedermi contenta. Probabilmente era brillo. Poi corsi dalla mamma in ospedale…”.
“Aspetta, aspetta. Che vuol dire che tuo padre era ubriaco? E perché tua madre era all’ospedale?”.
“Non sono cose che ti riguardano, queste. Per farla breve, corro tutta festosa e giubilante verso la camera di mia mamma urlando a squarciagola per tutti i corridoi dell’edificio la lieta novella, quando vedo un piccolo assembramento di fronte alla porta della sua stanza. E poi, e poi…poi…”.
“Poi cosa?”.
“Poi…entro dopo essermi fatta largo. Quello che vedo…”.
“Cosa hai visto, cosa?”.
“Vedo…no…”.
“Devo tirarti fuori le parole dalla gola con una pinza?”.
“Sì”.
“Eh?”.
“Non posso dirtelo, non posso. Mi vedresti debole. Non potrei sopportarlo”.
“Non essere infantile, dimmelo”.
“Scordatelo. E’ troppo per essere rivangato in una situazione simile. E’ troppo per essere rivangato in una qualunque situazione. Non ce la faccio”.
“Ti prego, calmati, smettila di agitarti, prendi un bel respirone profondo, rilassati e dimmelo. Ora è importante per me saperlo”.
“Uff…uff…uff…uff”.
“Così, regola la respirazione. Coraggio, puoi farcela”.
“La fai facile tu”.
“Non la faccio facile. Se dico che puoi farcela è perché ci credo. Se dico che puoi farcela è perché puoi riuscire ad avere il tasso di sincronizzazione più alto con il tuo Eva. Se dico che puoi farcela è perché puoi riuscire a tagliare in due un Angelo con un sol colpo. Credo in te”.
“Ma per te la vita ruota attorno agli Evangelion?”.
“Non era una tua convinzione?”.
“Mi sto lentamente ricredendo, forse”.
“Ogni volta è una sorpresa diversa, da quando siamo qui. Va un po’ meglio?”.
“Sì, ma giusto un pochettino”.
“Te la senti di dirmelo?”.
“Sì, penso di sì”.
“Quando vuoi, non voglio farti fretta”.








“Quello che ho visto non lo dimenticherò mai. Troppo scioccante, troppo sconvolgente, troppo…troppo”.
“…”.
“Mia madre…mia madre…mamma…”.
“No, non piangere”.
“Non ce la faccio, non ce la faccio”.
“Avrei dovuto immaginarmelo”.

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Capitolo 5
*** Incubi rivelatori ***


“Salve Third Children, che piacere”.
“P-Papà. Che ci fai tu qui?”.
“Non posso nemmeno venire a vedere come stanno i miei due piccoli prigionieri?”.
“Prigionieri? Non capisco. Spiegati”.
“Capirai. Se mai uscirai di qui”.
“Mi stai davvero spaventando”.
“Fai bene. Vedi Shinji, tu ed Asuka stavate diventando…scomodi. Sì, "scomodi" è la parola adatta. Troppo instabili. E troppe domande frullavano in quelle vostre teste. Il perché degli Eva, degli Angeli, della Nerv. Non mi servivano due adolescenti problematici e pieni di dubbi, mi servivano due piloti pronti, freddi e ligi al dovere. Così ho pensato di sistemarvi. Avrei potuto farvi fare a pezzi da qualche barbone, sarebbe stato meno dispendioso e probabilmente più veloce. Ma all’ultimo istante ho preferito optare per questa soluzione, forse più lunga ma sicuramente più soddisfacente”.
“…e Rei?”.
“Ayanami, al contrario di voi, non mi da nessun problema. Lei è il prototipo perfetto del pilota di Evangelion, e sono sicuro che ultimati i lavori di riconfigurazione dello 01 non avrà alcun problema a farsi accettare. Mal che vada abbiamo già ricostruito lo 00”.
“Ricostruito? Ma si è autodistrutta non più di quattro giorni fa”.
“Mi spiace Shinji, devi aver perso la cognizione del tempo. Sono quasi tre mesi che soggiornate qui”.
“Tre mesi? Ma…non è possibile. Saremmo dovuti morire di sete e fame da tempo”.
“Ho i miei sistemi, dovresti saperlo. Non ve l’avrei fatta scampare così facilmente. Voi ragazzini dovete imparare a rispettare l’autorità costituita. Me, nel vostro particolare caso”.
“Tu sei del tutto pazzo. Mi fai schifo”.
“I tuoi insulsi sentimenti nei miei confronti sono assolutamente ininfluenti adesso. Ho ottenuto la mia piccola vendetta: vedervi sporchi, smunti ed affamati è quanto di più soddisfacente potessi sperare di ottenere”.
“Vieni qui che ti faccio vedere io cosa vuol dire essere soddisfatti”.

“Ti consiglierei di non alzare più mezzo dito”.
“…solo un folle potrebbe puntare una pistola verso il proprio figlio, ed essere pronto nell’usarla”.
“Io non sono folle. Lo sai. Sono solo pazzamente innamorato. Talmente innamorato da sfidare forze aldilà della comprensione umana pur di recuperare ciò che è venuto a mancarmi”.
“Stai…stai parlando…della mamma?”.
“E di chi altri, sennò? Tua madre non è mai sparita dalla mia testa. E’ sempre stata il motivo scatenante di ogni mia singola azione, la più abitudinaria come la più spregevole. Non ho mai potuto, né voluto, smettere di pensare a lei. E’ come se la sua immagine fosse impressa a fuoco sulla mia retina. Anche adesso, vicino a te, vedo lei che mi scongiura di non spararti”.
“E tu vuoi farlo? Vuoi spararmi?”.
“No, se non mi obblighi. Questa serve solo da deterrente. Da museruola. E poi non so quanto tu sia degno di farmi sprecare un colpo. Se proprio dovessi mirerei alla tua dormiente compagna. Anzi…”.
“No, ti prego! Cosa ti ha fatto? Che motivo hai di spararle?”.
“Nessuno. Bada a non darmene”.
“Sì, sì, d’accordo, ma tu non farle del male”.
“Ci tieni alla giovane Soryu se ti metti come scudo umano in sua difesa, eh?”.
“Più di quanto mi aspettassi”.
“Assomigli a me quand’ero giovane. Disposto al sacrificio per salvare la vita di chi amavo”.
“La cosa non mi rende orgoglioso”.
“Sì, immagino. Scommetto che pensi a quando sarai adulto e a quanto sarai diverso da me. Una persona migliore. Un padre migliore. Beh, lascia che ti dica questo, figlio: il sangue non mente. Noi Rokubungi siamo fatti così, basta che succeda quel qualcosa di irreparabile e scattiamo, trasformandoci in statue di pietra. Il mondo esterno perde d’interesse. Esistete solo tu ed il tuo obiettivo, e non ti fai domande. Anche se ciò che ti prefiggi di fare è impossibile o irraggiungibile tu ti sforzi con tutto te stesso per arrivarci. E nel farlo sfrutti gli altri. Li consumi. Li mangi. Rovini le loro vite”.
“Non ti credo. Stai mentendo. Menti!”.
“Libero di non credermi. Sappi solo che, alla tua età, vedendo mio padre mi sono fatto gli stessi giuramenti che probabilmente ti sei fatto anche tu. Di non imitarlo. Di non proseguire la sua strada di perdizione, per se stesso e per chi gli stava vicino. Di non commettere i suoi stessi errori. Ora guardami e traine le conseguenze”.
“Non voglio diventare un mostro come te, non voglio”.
“Succederà così, invece. Ed ora posso andarmene, ma prima…”.
“Cosa vuoi fare?”.
“Oh, nulla”.
*BANG*
“Asukaaaaaaaaaaaaaa! Maledetto bastardo! Ti ucciderò per questo, ti ucciderò!”.

“Che ti urli, maledetto baka? Mi stavi assordando”.
“Asuka…ma allora…era solo un maledettissimo sogno…”.
“Ma a chi davi del bastardo? E perché urlavi il mio nome?”.
“Temo di avere una confessione da farti”.
“Confessione? Tu a me? Dico, sei impazzito?”.
“No Asuka, tutt’altro. Mi ci voleva un incubo per rendermi conto di una cosa tanto semplice ed evidente”.
“Sarebbe?”.
“Credo di amarti”.
“…”.
“Sì, so perfettamente che non te ne fregherà nulla e che non cambierai il tuo aggressivo atteggiamento nei miei confronti”.
“…”.
“Ma sentivo di dovertelo comunque dire, adesso”.
“…”.
“Se dicessi qualcosa, anche solo un sano `chi cazzo ti vuole?` mi sentirei meglio. Giusto per sapere come hai preso la notizia. Basta che smetti di guardarmi come se avessi appena detto che sono un alieno proveniente da Plutone”.
“Come?”.
“Come cosa?”.
“Come è possibile?”.
“Che razza di domanda è questa?”.
“Mi sto solo chiedendo come fai ad esserti innamorato di me”.
“Dico, ti sei mai guardata allo specchio? Se esistesse un Miss Universo riservato alle under diciotto faresti man bassa di premi”.
“Sì, ma…”.
“Ma cosa? Possibile che ti abbia scioccata così?”.
“E’ possibile sì. Sei la prima persona”.
“La prima persona cosa? Non ci credo”.
“Credici. Non ho avuto una gran bella infanzia e non mi dicevano mai frasi come questa”.
“Neanche un `ti voglio bene, figlia mia`?”.
“Neanche”.
“Non ti invidio, allora. Comunque, come hai intenzione di reagire di fronte alla bomba?”.
“Eh? Ah sì, reagire. Beh, così a caldo non saprei…mi serve tempo per ordinare le idee”.
“Davvero? E io che ero sicuro mi avresti urlato dietro qualcuna delle tue bestemmie in tedesco senza pensarci due secondi”.
“Eventi come quello che stiamo vivendo ti cambiano, Shinji. Dovresti averlo capito”.
“D’accordo, ma non pensavo così tanto. Sembra quasi che ci siamo scambiati i posti. Io il coraggioso, tu l’insicura”.
“Sì, vabbè, ora non esagerare. Non penserai davvero che mi sia ridotta a come eri tu prima?”.
“Forse no, ma poco ci manca”.
“La tua lingua biforcuta non mi sta piacendo per niente, Third Children. Tienila a freno”.
“Ok ok, ti chiedo scusa. Non è il modo migliore per dimostrarti che i miei sentimenti sono sinceri”.
“Già, i tuoi sentimenti. Se davvero mi ami come dici devi farmi una promessa”.
“Non ti cucinerò a vita, se è questo che speri”.
“Cretino. E’ qualcosa di veramente importante”.
“Su allora, parla. Ti ascolto”.
“Promettimi che morirai per me”.
“Prego?”.
“Se mai dovessimo trovarci in pericolo promettimi che anteporrai la mia sicurezza alla tua”.
“Sei matta? D’accordo le prove d’amore, ma non sono così disperato da gettare la mia vita nella tazza del cesso”.
“Allora vuol dire che ti stai solo ingannando, e stai ingannando anche me”.
“No, questo non è vero”.
“Nei film queste cose succedono”.
“Scusa, tu basi un’esperienza sentimentale reale su ciò che succede nei film? Sveglia Asuka, questo non è un romanzo dove il cavaliere in armatura salva la sua bella al prezzo della propria vita. Io, se permetti, ci tengo ancora alla pellaccia”.
“Molto bene. Allora scordati che io ti ricambi”.
“Bene così. Non mi va di sprecare il mio amore per un’insensibile come te”.
“Coglione”.
“Stronza”.
-Io mi chiedo cosa abbia fatto di male per meritarmi questo. Che cazzo di domande viene a farmi questa? `Promettimi che morirai per me`. Ma è fuori di testa. Non esiste. E poi non si rende conto che l’ho già fatto in passato? Con l’Angelo del vulcano, per esempio. Ma cosa crede, che sia la sua bodyguard?-
-Ti prego Shinji, ripensaci. Non dubito della tua sincerità, so che non saresti capace di mentire su cose così importanti. Cerca solo di capire che è il mio stupido carattere a pretendere una cosa del genere. Voglio solo sentirmi importante per te. Abbastanza importante da farti morire. Mi rendo conto che non è una richiesta facile da accettare, ma io ce la sto davvero mettendo tutta. Mi sono rotta le palle di essere solo considerata il Diavolo Rosso, non ne posso più. Ti prego Shinji, ti prego. Ti prego.-

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Capitolo 6
*** Che sogni di merda che faccio ***


“Niente da dire?”.
“...”.
“Proprio nulla? Neanche un chi cazzo ti vuole?? Nulla?”.
“...”.
“E va bene, mi avrai sulla coscienza quando morirò di crepacuore per il tuo rifiuto”.
“... non essere ridicola”.
“Ridicola? Non sono ridicola. Mai stata ridicola”.
“Ora ci stai riuscendo benissimo, invece”.
“E sentiamo, perché mi starei rendendo ridicola?”.
“Non moriresti mai di crepacuore, e non di certo per me. Bisogna avercelo, un cuore”.
“Ah, ma bene. Non solo ti rifiuti di accontentarmi nonostante abbia detto di amarmi, ma mi stai anche dando della bastarda insensibile”.
“Non ho detto questo, ma non ho nessunissima voglia di contestare. Pensala come vuoi”.
“E cosa avresti detto, allora? Su, hai la bocca, falle prendere un po’ d’aria, poverina”.
“Sai una cosa, Asuka? Sto cominciando a rendermi conto che quel credo non l’ho buttato lì a caso. Mi stavo sbagliando. E solo ora me ne accorgo”.
“Quale credo, scusa?”.
“Le mie testuali parole sono state credo di amarti, non ti amo. Hai la memoria corta, fra i tuoi vari difetti”.
“Hai solo scelto male le parole. Sono sicura che mi ami, si capiva”.
“Ah sì ? Beh, capiscilo ora se è vero o no!”.
-Odio. Mai avevo sentito l’odio uscire dalla bocca di Shinji Ikari. Mai. E ora è successo. Complimenti cretina, hai rovinato tutto.-
“E comunque il mio incubo non sarebbe stato tale se si fosse limitato al mio errore di giudizio”.
“Cosa intendi dire?”.
“Mio padre ti ha sparato. Un colpo secco, al cuore. Sei stramazzata a terra con gli occhi rivolti verso il tuo cervello”.
“Di cosa ti preoccupi? E’ stato solo un sogno”.
“Sì, non dovrei preoccuparmi. Se non fosse che...”.
“Se non fosse che?”.
“Se non fosse che, l’ultima volta che ho dormito nel mio letto, ho sognato di vedere me e te in un posto simile a questo”.
“...”.
“Ora non ricordo i particolari, ma era una stanza piccola e buia. Come questa. C’erano topi che squittivano ed altri morti che facevano bella mostra di sé negli angoli. Come qui. La stanza puzzava. Come questa. Ciò mi fa paura”.
“Hai i sogni premonitori? Sei diventato un preveggente?”.
“No, certo che no. Almeno, lo spero”.
“Ah, che allegria. Ho appena scoperto che morirò per colpa della persona più schifosa e manipolatrice che conosco. Sono al settimo cielo”.
“Non lo permetterò, mai e poi mai. Dovrà passare sul mio cadavere, quel porco”.
“...".
“...”.
“Si pensa che le parole dette senza premeditazione siano le più sincere”.
“Sbagliano. Non ti amo. Non posso amare una persona come te”.
“Certo, certo. Dicono tutti così”.
“Non sei affatto spiritosa”.
“Non era mia intenzione esserlo, infatti. Ero molto seria”.
“...”.
“Sai Shinji, credo che dovremmo ridiscutere le tue convinzioni attuali. Potrebbero saltare fuori delle piacevoli sorprese”.
“Scordatelo”.
“So essere molto convincente, lo sai”.
“Allora avanti, ti sfido. Obbligami”.
“Non dire che non ti avevo avvisato”.
...
...
...
...
...
...
...
“Ahahahahahahahahah, basta, ti prego”.
“Farai quello che ti ho chiesto o devo continuare?”.
“Ahahahah. Dio, sto lacrimando. Mi arrendo, mi arrendo”.
“Lo sapevo che sarebbe finita così. Doveva finire così”.
“Ma il solletico non vale. Maledetta”.
“Non è vietato dalla Convenzione di Ginevra, quindi vale”.
“Spietata”.
“Lo so, grazie”.
“Allora dammi due secondi per tirarmi insieme e comincio”.
“Hai tutto il tempo del mondo, non essere frettoloso”.
-Sono felice. Da quanto tempo non lo ero?-
“Prego Shinji”.
“Devo proprio, vero?”.
“Devi. Ti ho sottomesso e ora hai delle conseguenze da affrontare”.
“Sei stata sleale”.
“Falso e non importante. Paga dazio, caro”.
“Umpf, ti odio quando fai così”.
“Oh su, non dirmi che non ti sei divertito un po’. E poi lo so, ormai, come la pensi su di me”.
“Sono davvero così prevedibile?”.
“Beh, non è colpa mia se reagisci come il più zuccheroso dei personaggi di un romanzo Harmony”.
“Sigh, ho come la sensazione di avere il gene dell’autosputtanamento”.
“Oh su, non essere così severo con te stesso. So di essere irresistibile...”.
“...”.
“... bellissima...”.
“...”.
“... e soprattutto modesta”.
“L’ultima qualità è quella che rifulge maggiormente”.
“Ma ora basta ciance. Giusto per cominciare, mi piacerebbe sapere quando hai cominciato a provare per me qualcosa che non fosse la voglia di strozzarmi”.
-Sì, sì. Snocciolami tutto, sono tanto tanto curiosa.-
“È stato molto tempo fa. Fin da quando ti ho vista slanciarti dal ponte della Over the Rainbow. Mi sei apparsa subito stupenda. Ti ho vista e ho pensato allora esistono ancora degli angeli nella vecchia accezione del termine. Poi i miei sogni di gloria si sono infranti, almeno in parte, quando hai cominciato a mostrare il tuo carattere da Nobel per la pace. Irascibile, scontrosa, nevrotica. Un mix che avrebbe scoraggiato un santo, figurati me che avevo paura anche delle stringhe delle mie scarpe. Eppure, con mia grande meraviglia, l’ammirazione che provavo per te, anche se solo a livello fisico, non se ne andava, non se ne voleva andare. E poi c’è stato il primo evento scatenante...”.
“Quale? Parli del bacio? O meglio, di quella sottospecie di bacio?”.
“No, quello è stato il secondo. Mi riferisco alla notte prima della battaglia contro il settimo Angelo. Ma, se vuoi che prosegua, devi concedermi immunità totale e completa”.
“Perché...”.
“Fallo e basta. O non vado avanti”.
“Uff. E va bene, va bene, non ti torcerò un capello. Ora sputa il rospo”.
“Ti ricordi di avermi pesantemente minacciato con la faccenda delle mura di Gerico, no? Beh, è finita che sei stata tu a violare il tuo stesso ordine. Quando ho staccato lo SDAT mi sono voltato e ti ho trovata nel mio letto”.
“...”.
“Sapevi di soffrire di nottambulismo? E di piangere nel sonno invocando il nome di tua madre?”.
“...”.
“È quello che è successo. Eri lì, accanto a me che non mi ero mosso, e continuavi a ripetere il suo nome. Piangevi con calma, ma si vedeva bene che soffrivi. Mi sono spesso chiesto se quella scena, ovviamente senza di me, si sia ripetuta successivamente. E, detto in tutta sincerità, propendo per un deciso sì”.
“...”.
“Da quella sera non sono più riuscito a guardarti come la dea con un pessimo caratteraccio. Era come se mi fossi reso conto, a livello assolutamente inconscio, che la tua era solo una maschera, peraltro portata avanti con costanza e notevoli doti d’attrice. Questo non ha fatto che aiutarmi a mutare l’attrazione fisica che provavo nei tuoi confronti in un sentimento più profondo e sincero. E poi c’è stato il bacio...”.
“Lo ricordo”.
“Io sicuramente meglio di te. Mi hai tappato il naso rischiando di soffocarmi e subito dopo sei andata a sciacquarti la bocca disgustata, ma nonostante questo a me è piaciuto. Mi è davvero piaciuto. Per un istante, troppo veloce per i miei gusti, ho potuto cogliere la vera Asuka. Quella che non strepita se non trova la colazione pronta, quella che non sfrutta ogni scusa per urlarmi dietro una striscia di improperi con una violenza raramente raggiunta, quella che non odia tutto e tutti. Forse tu non te ne sei nemmeno resa conto, ma io sono stato sicuro che, per quei due o tre secondi, la maschera non era sul tuo volto. Eri te stessa. Una delle poche volte in cui hai perso il tuo ferreo controllo. E ho sentito un’altra cosa: nel medesimo istante in cui le nostre labbra sono venute in contatto, è stato come se da me fossero entrati in te tutti i miei stati d’animo che ti riguardavano. Ti ho trasmesso tutto il bene che ti volevo, tutta la speranza in una parola divina che mi aiutasse a dichiararmi, tutto il mio desiderio di poterti parlare senza venire sommerso da tonnellate di guano. Come adesso. Certo, non mi hai ancora sventrato perché mi hai concesso l’immunità, ma penso di potermi accontentare”.
“... finito?”.
“Finito. Soddisfatta, milady?”.
“...”.

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Capitolo 7
*** Ah, ma allora anche lei ha un cuore ***


“Ehm. Non vorrei fare il guastafeste, ma sono ore ormai che non parli. Sei davvero così sconvolta?”.
“No, a dire la verità no. Stavo solo cercando di assimilare tutto quello che mi hai detto. È stato un fiume in piena di novità, alcune delle quali abbastanza traumatizzanti.”
“E qual è il responso della giuria, Vostro Onore?”.
“Non lo so. Non lo so. Vedo tutto così confuso e poco definito. Sarà la stanchezza, sarà che il pacchetto dei biscotti è desolatamente vuoto e lo stomaco gorgoglia, sarà quello che vuoi. Fattosta che non mi sono mai sentita così scombussolata e poco incline sul da farsi. Mi hai spiazzata, lo devo ammettere”.
“Evidentemente non sono così inutile come qualcuno poteva pensare”.
“Poche frecciate, grazie. Non ne ho proprio bisogno, nel mio precario stato psichico”.
“Sì, è vero. Scusa. Penso quindi che sia fuori luogo insistere ulteriormente”.
“Pensi bene. Anche se…”.
“Mhh?”.
“Anche se, e qui non posso proprio esimermi dal dirlo, si vedeva limpidamente come tutte quelle parole ti stessero uscendo non dalla bocca, ma dal cuore. Avresti fatto innaffiare il pavimento anche al più duro dei cacciatori di taglie”.
“Lo prenderò come un complimento”.
“È quello che è, non credere. Sai Shinji, mentre riflettevo sulla tua dichiarazione non ho proprio potuto fare a meno di pensare anche a me. E a quanto sei stupido”.
“Perché questo insulto gratuito? Credevo avessimo superato quella fase”.
“Oh, in un certo senso sto insultando me, non te. Quello che intendo dire è: come ha potuto un’anima pura e semplice come te innamorarsi di una persona orrenda come me in modo così profondo e totale?”.
“Non devi…”.
“Devo, se voglio cambiare. Scusa se ti ho interrotto, ma tu hai interrotto me. Dicevo: il tuo comportamento sfiora il masochismo. Perché, mi chiedo? Perché intestardirsi come qualcuno che prosegue nello sbattere contro lo stesso muro senza ascoltare chi lo esorta a lasciar perdere? Perché sentire il desiderio di immolarsi per una persona che non ti ha meritato, non ti merita adesso e mai ti meriterà?”.
“È questo il bello dell’amore”.
“Secondo me non c’è niente di bello. Guardati. Prima che questo posto ti rivoltasse come un guanto, mostrandomi lati di te che non avrei mai e poi mai pensato potessero esistere, eri uno scricciolo talmente piccolo che sarebbe bastata la più innocente delle folate di vento per farti finire dall’altra parte del globo. E tu, già ferito e provato, cosa fai? Vai ad innamorarti di me, il Diavolo Rosso, quella che non riesce neanche a sopportare la tua presenza. E questo se è particolarmente di buon umore”.
“Asuka…”.
“Non dire niente. Non credere che per me non sia doloroso ammetterlo, ma la verità è sotto gli occhi di chiunque abbia un minimo di discernimento. Io mi sono comportata da schifo. L’ho sempre saputo, ma ero tanto piena di me che non volevo o non potevo rendermene conto. Pensa solo a come ti ho trattato sulla nave, la prima volta che ci siamo incontrati. Bel modo di farsi conoscere, eh? Prendere uno come te che, senza offesa, sapeva a malapena cos’era un Entry Plug e trascinarlo con me verso le fauci dell’Angelo, belle pronte ad ingoiarci entrambi senza nemmeno masticare. Eh sì, sono una persona deliziosa quando mi ci metto”.
“Non sai quanto mi faccia male sentirti parlare così”.
“È necessario. Anch’io sto soffrendo, ma il passato è fatto per essere affrontato e superato, non messo in un angolino sperando che non venga a romperti le scatole nei momenti meno opportuni. E quindi faccio quel che devo fare, visto che mi sono decisamente stufata di essere considerata un orco. Io non sono così, lo giuro, ho solo finto. Ed è stata più dura e difficile di quanto mi fossi immaginata. Poi ci ho preso gusto, e ho quasi finito col dimenticarmi com’ero davvero. Non ricordavo nemmeno più come si fa a sorridere in modo sincero. Diosanto, mi viene da piangere”.
“Io non ho aspettato”.
“Oh, Shinji. Non devi. Non per me. Non è giusto”.
“Forse. Ma è quello che voglio ora. Tramite queste lacrime che sto ora tentando di asciugare voglio farti capire che ti sono vicino e che ogni grammo del tuo dolore è anche mio. Farei qualsiasi cosa per te, qualsiasi. E quindi puoi considerare accettata la scriteriata richiesta di qualche ora fa”.
“…”
“Cosa c’è? Perché non parli? Non spaventarmi”.
“…io non ci credo. Non può esistere una persona così…così comprensiva e buona. Non è possibile. Con me poi, che sono stata di una crudeltà rivoltante. Lo sai che tu potresti avere di meglio, vero?”.
“No, quello che ho adesso è tutto ciò che possa mai desiderare. Le tue mani; i tuoi capelli, rossi come il fuoco indomabile dell’Inferno; i tuoi occhi, blu come l’oceano più calmo che si sia mai visto; in una parola te. Con tutti i tuoi difetti e le tue insopportabili manie. Con i tuoi schizzi di collera improvvisa. Con le tue magagne sempre pronte ad esplodere. È questa l’Asuka di cui mi sono innamorato follemente. Sei perfetta così. Anche se non disdegnerei un po’ di rabbia in meno ed un po’ di rispetto in più”.
“Cristo…”.
“No. Perché piangi?”.
“Perché questo è troppo bello per essere vero. Tu straparli per colpa della fame e della sete. Non credo a quello che ho sentito. Non ci credo”.
“Ma no, è proprio così. Guardami, ti prego”.
“Non ne ho il coraggio. Non posso. Sarebbe ingiusto. È ingiusto”.
“Non c’è niente di ingiusto in questo. Ti sto offrendo l'occasione di rifarti una vita. Se vuoi possiamo tentare di scappare da qua. Io e te, soli. Niente Gendo, niente Nerv, niente di niente. Solo io e te. Dammi questa possibilità, credo di meritarmela”.
“Tu non ti meriti una possibilità. Tu ti meriti la felicità, quella preclusa al resto dell’umanità. Tu meriti il Paradiso. Ed io non sono in grado di dartelo”.
“Lo fai solo standomi accanto. Ecco, ora che ho preso le tue mani nelle mie sento i canti dei serafini e gli schiamazzi dei bambini, avvolti nelle loro tuniche bianche come il latte”.
“No!”.
“Perché ti sei ritratta? Non fare così, per favore. Mi distruggi”.
“Lo so, e mi dispiace molto. Ma non può funzionare così. Non con me in questo stato”.
“…”.
“Prima di poter affrontare questo discorso dovrò assolutamente espiare tutte le mie mostruose colpe. Non sopravviverei, ora come ora, con questo immane peso in fondo alla gola”.
“Ma…”.
“Bene, ho deciso: per mostrarti che sono veramente dispiaciuta di tutto il male che ti ho provocato invertirò il mio desiderio. Sarò io a dare la mia vita per te, se necessario”.
“Non doveva andare così”.

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Capitolo 8
*** L'amore è tanto bello ma non riempie lo stomaco ***


“Asuka, va un po’ meglio? Dimmi di sì, ti prego”.
“Se vuoi te lo dico, ma sarebbe una bugia. Sto come prima. Uno straccio. Mi sento come si dev’essere sentito Giuda quando si è pentito delle sue malefatte”.
“Melodrammatica. Te l’avrò detto un milione di volte in questa mezz’ora, non devi colpevolizzarti così tanto. Non devi”.
“Non devo, dici? Non devo? Forse tu non te ne rendi conto, visto che sei sempre stato il ritratto del bravo ragazzo. Ma capire cosa è stato per te sentirsi sommerso dalla merda è qualcosa di devastante. Avrò bisogno di un by-pass, non penso che il mio cuore reggerà da solo”.
“Hai una vaga idea del male che mi stai facendo parlando in modo tanto sprezzante di te stessa?”.
“E tu hai una vaga idea di cosa significa avere tempo di pensare agli ultimi quattordici anni della propria vita così tanto intensamente da far riscaldare il cervello, capire tutti gli sbagli commessi e rendersi semplicemente conto di avere la nomination per il titolo di `persona più spregevole del globo` sul Guinness dei Primati da qui al 2500? Forse no, visto che prendi la questione con tanta leggerezza. E piantala di guardarmi con quello sguardo da cucciolo ferito, mi squarci solo facendo così”.
“Pensi davvero che ti lascerò lì, a macerare nel rimorso? Puoi pure scordartelo. Mi sono dichiarato e, nonostante mi sia momentaneamente travestito da eroe, in realtà rimango il solito baka. Quindi puoi farti un’approssimativa idea di quanto possa essere stato difficile per me farti capire cosa provo nei tuoi confronti. Non puoi ripagarmi con tutto l’odio che ti stai infliggendo, serve solo a distruggerti. E a distruggere me. Ma non permetterò che accada. Reagisci, cristo santo. Dov’è finita la baldanzosa Asuka, quella che si vantava di mangiare i suoi nemici a colazione?”.
“Mangiare. Ecco cosa vorrei fare ora. Mangiare un bue intero, senza nemmeno cuocerlo”.
“Pessimo tentativo di sviare il discorso, ma non posso che darti ragione. Divorerei le intere scorte del ristorante sotto casa”.
“Io ingoierei anche le mura del suddetto ristorante”.
“E va bene, se vuoi stare lì ad affogare non sarò io a tirarti fuori. D’altronde è una cosa che devi risolvere da sola. Ma sappi che confido in te: riuscirai a scendere a patti con la tua ritrovata coscienza, ne sono più che sicuro. Hai avuto la possibilità di fare un’autoanalisi, avrai anche la possibilità di perdonarti”.
“Ottimista”.

[passano svariate ore e la stanza è immersa nel silenzio]

“Acqua. Voglio dell’acqua”.
“Non basterebbe l’oceano Pacifico per dissetarci entrambi, Shinji”.
“Mi accontenterei del mar Morto tanto mi sento secco”.
“Perché sento venirmi un nodo in gola?”.
“Perché…perché temo che ormai ci sia da considerare il peggio”.
“…”.
“Sì, insomma…cioè…è possibile che, chiunque sia stato a trascinarci qui, abbia davvero pensato di farci morire di stenti”.
“Chi sarebbe tanto crudele?”.
“Non ne ho idea. Ma, conoscendo mio padre, non mi meraviglierei nello scoprire che esistono altri tipi come lui”.
“Di diavolo ce n’è uno, fortunatamente”.
“Con la D maiuscola, forse. Ma la sua progenie è vasta e ben assortita”.
“Per me esageri”.
“Vorrei tanto sbagliarmi”.
“Non spaventarmi, non ne ho proprio bisogno”.
“Non vorrei, ma a questo punto è necessario pensare a tutte le possibilità, anche a quelle che non vorresti esistessero nemmeno. E una di queste prevede che noi due si rimanga qui, in questo schifoso tugurio, a crepare come cani”.
“Non andrà così. Come potrò poi mantenere la mia promessa? Consentendoti di mangiare la mia carne se dovessi essere io a cedere per prima?”.
“Ti prego, non farmi neanche immaginare una scena del genere”.
“Stavo solo esasperando un pochetto”.
“Alla faccia del pochetto. Comunque vedo che la situazione è un po’ migliorata, visto che non ti rifiuti più di guardarmi in faccia”.
“Quello sì. Ma è solo un fuoco di paglia. Lo scoglio è ancora lì, immenso, di fronte ai miei occhi e non ho sottomano niente che mi possa aiutare a scalarlo, o distruggerlo. Non sarà facile per me, Shinji, capacitarmi fino in fondo di cosa ho combinato e riuscire a rimirarmi allo specchio senza sentire il vomito venirmi su dalla gola”.
“…”.

[passano altre ore]

“Sete, ho sete…”.
“Anch’io…ma dobbiamo resistere…”.
“Temo di non farcela, Asuka. Sono al limite, lo sento”.
“No. Non puoi mollare. Non puoi mollare e lasciarmi sola”.
“Papà, maledetto bastardo. Facci uscire di qui, stronzo. Facci uscire, facci uscire, facci uscire. Non voglio restare qui. Voglio poter uscire, rimettermi e riavere in mano la mia vita”.
“Shinji…”.
“Voglio poter andare in giro ed ammettere fiero che sono innamorato. Voglio tornare sull’Eva. Voglio accarezzare Pen Pen. Voglio rivedere Toji e Kensuke. Voglio il mio lettore SDAT. Voglio anche poter osservare disgustato la signorina Misato sversa sul pavimento di casa, ubriaca fradicia. Tutto pur di non restare qui. Vieni ad aprirci, bastardo”.
“Battere i pugni sulla porta non serve a niente, purtroppo”.
“Mi senti papà? Mi senti o no, cristiddio? Vieni qui, maledettissimo figlio di puttana. Vieni qui che ti gonfio come una zampogna. Stronzo stronzo stronzo”.
“Dio Shinji, calmati. Stai straparlando. Rischi di farti venire un esaurimento nervoso”.
“No no no. Desidero solo avere la faccia di Gendo sottomano per poterla spaccare con queste mie mani”.
“Sì sì, ok. Ma adesso smetti di piangere dalla rabbia e prendi un bel respirone profondo”.
“Non ce la faccio e non penso neanche di averne l’intenzione. Magari riesco a tirare giù ‘sta cazzo di porta”.
“…”.
“Vai giù troia, vai giù”.
“Sei ammattito? Prendendola a testate ti fai solo del male. Piantala Shinji, piantala. Non voglio vederti ridotto così. Piantala, ho detto!”.
“…”.
“…”.
“Hai abboccato come speravo”.
“Prego?”.
“Sono un grande attore, vero? Ho messo in piedi questa piccola scenata per vedere se eri ancora in grado di essere determinata come lo sei sempre stata. E la risposta positiva che mi hai involontariamente fornito è solo un buon segno”.
“Che piccolo bastardo”.
“Su, non fare lo sguardo da vipera. L’ho fatto per te. Ora so che hai la tempra per uscire dal momentaccio che stai attraversando”.
“Ed io che mi stavo crogiolando beata nell’autocommiserazione”.

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Capitolo 9
*** Cala il palcoscenico sui nostri due sventurati eroi ***


“Sveglia, sveglia”.
“Mh? Che hai da strepitare? Dormivo tanto bene, accidenti”.
“C’è del cibo”.
“Cosa? Cibo? Dove? Dove? Dove?”.
“Qui, è qui. Calmati, non scappa”.
“Yawn. Ecco quello che ci voleva, lo spuntino dopo un buon sonno ristoratore”.
“Lo sai che assomigli a Hamtaro quando ti strizzi gli occhi dopo che ti sei appena svegliata?”.
“Rinomina quell’odioso criceto in mia presenza e ti darò modo di accorgerti sulla tua pallida pelle giapponese che non sono poi cambiata così tanto”.
“No no, scherzavo. Su, non prendertela. E mangia”.
“…”.
“Che hai? Tutto bene?”.
“…”.
“Dimmi qualcosa. Non fissare quel vassoio come se ci vedessi sopra il tuo cuore ancora pulsante”.
“Tu non hai mangiato, vero?”.
“Eh? No, non ho mangiato, perché?”.
“E da quanto questa roba ci è stata portata?”.
“Non ne ho idea. Dormivo anch’io e me ne sono accorto solo da poco”.
“Stai mentendo”.
“Perché dovrei mentire, scusa?”.
“Si nota. Ti conosco a sufficienza da capire quando fai il bambino cattivo e dici quelle cose che ti fanno allungare il naso ed accorciare qualcos’altro. Tu sei sveglio da un pezzo ma non hai voluto toccare niente, vero?”.
“Ehm…ecco…”.
“Avanti, non ti costa niente essere sincero”.
“Beh, dunque…sì, effettivamente è andata così…”.
“…”.
“…no, che fai? Non abbracciarmi tanto stretto, mi imbarazzo”.
“A parte che ti sta piacendo da matti, porcellino, ma ti sei dimenticato di aggiungere `E se ci vedesse qualcuno?`. Eppoi, scusa tanto, se non ti meriti un abbraccio per avermi aspettato senza arraffarti tutto quando te lo meriti? Fossi stata in te io avrei divorato anche i piatti”.
“Lo sai come la penso in merito”.
“Lo so, lo so. In fondo sono stata io a chiedertelo/importelo, no?”.
“Perché non mangiamo?”.
“Sempre lesto a cambiare discorso”.

[i due “pranzano”]

“Buuuuuuuuuuuuuurp”.
“La delicata scuola di bon-ton teutonica ha colpito ancora”.
“Non essere pignolo. È stata solo la naturale reazione dello stomaco dopo un così prolungato digiuno. Avevo fame, cazzo”.
“Pure io avevo, e ho, fame. Ma non mi cimento in rutti da Oscar”.
“Cosa vuoi che ti dica? Sei una persona più fine di me”.
“Comunque ci voleva proprio. Non so te ma io sto un filino meglio”.
“Sì, è vero. Faceva abbastanza schifo, ma non siamo nella situazione migliore per fare i lamentosi”.
“Già”.
“…”.
“…”.
“…”.
“…”.
“Perché questo silenzio, Shinji?”.
“Potrei rivoltare la domanda verso chi l’ha fatta”.
“Sì, potresti. Ma non sei così maleducato, vero?”.
“Non testarmi. Potresti avere altre sorprese, meno gradite delle precedenti”.
“Mh?”.
“Non mi chiedi da quale recondito spazio abbia tirato fuori tutto il coraggio che ho ultimamente mostrato, e di cui non mi credevo sinceramente capace?”.
“Argomento interessante. Allora su, spiegati”.
“Ben volentieri. In fondo non è nemmeno così difficile; è stato a causa della paura. Paura di non uscire più di qui. Sin dall’inizio ho avuto questo timore, questo…chiamiamolo presentimento. E sai com’è, non è per nulla bello essere rinchiuso in una cella con la persona che ami e non riuscire nemmeno a rivelarle cosa provi veramente per lei. Inoltre mi son detto: dopotutto peggio di così non può andare, al massimo non morirò di stenti ma sarà Asuka a spellarmi, quindi tanto vale provarci. Perso per perso avrei, almeno una volta nella vita, fatto ciò che credevo giusto. E, devo ammetterlo, è andata meno peggio di quanto mi sarei mai aspettato”.
“Sì, capisco. In fondo non hai fatto altro che seguire il mio consiglio e ti sei preso tutta la libertà che il nostro disgraziato stato attuale ci conferisce”.
“Diciamo di sì. E ora tocca a te”.
“A fare cosa?”.
“A esprimerti. E a dirmi come una persona intrattabile come te sia arrivata a pentirsi di tutto, o quasi. Un’altra cosa che m’interesserebbe sapere è quando hai cominciato a sentirti in colpa, e cosa posso fare per aiutarti”.
“Non puoi aiutarmi, te l’ho già spiegato. È una cosa che riguarda solo ed esclusivamente me e il pezzo di pietra che avevo come cuore. Per il resto, invece, sono in grado di accontentarti. Come cominciare? Uhm…beh, innanzitutto devo ringraziare la nostra prolungata permanenza in questo cesso di posto. Mi ha dato modo di riflettere, sgombra com’ero da pensieri più superficiali e meno importanti. C’è chi cambia facendo i viaggi spirituali in India o dal Dalai Lama, io l’ho fatto rimanendo seduta su tre strati di paglia lercia. Sono cose della vita. Eppoi, al contrario di quanto si possa pensare, non sono un’insensibile. Quando hai fatto quella dichiarazione strappalacrime ho sentito davvero qualcosa di nuovo dentro di me, più o meno all’altezza della gola. O forse non era nuovo, ma era qualcosa che avevo assaggiato solo da piccolissima e che mi era stato strappato con violenza, talmente forte da farmi desiderare di dimenticarlo per non dover soffrire ancora. Il tuo altruismo al limite dell’autolesionismo, il tuo amore, quel tuo incontenibile desiderio di farmi felice ha sciolto la mia corazza di titanio, forgiata in lunghissimi anni di addestramento mentale e fisico, e ha fatto risbocciare quello che, a costo di scavare per mesi e mesi, prima o poi affiora in tutti gli uomini di buona volontà: il desiderio di non restare da soli. E Dio solo sa se non voglio restare sola. È una cosa che mi terrorizza, letteralmente. A volte, quando non c’era nessuno in casa o potevo permettermi dei momenti di relativa solitudine nella mia camera, mi sdraiavo sul letto e pensavo alla mia vita, giungendo alla conclusione che sì, sarei stata probabilmente odiata dall’intero genere umano, pinguini compresi, ma che almeno avrei ottenuto ciò che credevo di volere: la fama, la notorietà, il nome Asuka Soryu Langley stampato sui manifesti che mi annunciavano come la salvatrice del mondo. E invece, in questi ultimi tre giorni, mi sono resa conto di quanto queste cose siano effimere, stupide, prive di senso. O quantomeno non valgano il disprezzo e il risentimento che sentivo costanti su di me quando Suzuhara, Aida e gli altri mi guardavano. Troppo alto come prezzo. Non sono più disposta a gettare i migliori anni della mia vita nella tazza del wc. Ho quattordici anni, cristo. Non posso passare il resto della mia adolescenza a sculettare in giro e a far pesare ai miei coetanei il fatto che sono laureata e che guido un robot alto come un palazzo. Che persona di merda sarei? Quindi basta, ora e per sempre, amen. Per quanto riguarda, invece, la questione del senso di colpa la risposta è semplice e lapidaria, seppur in parte implicita nel precedente discorso: è stato dopo che hai ammesso che mi ami. Lì non ci ho visto più, la vecchia Asuka ha preso la via per Fanculolandia e non deve tornare più, mai più. Mi aiuterai in questo, vero?”.
“Ma certo. Sono qui apposta, come ogni buon principe consorte che si rispetti”.
“Non sai quanto piacere mi faccia sentirti così baldanzoso. Anzi, sai che facciamo? Quando usciamo di qui per prima cosa vado a farmi tagliare i capelli, come se un così semplice gesto simboleggiasse il nuovo corso. Eppoi vedrò di darmi una regolata e mostrare a tutti chi sono realmente, non quell’orrenda maschera di pezza che ho indossato finora e che ha finito col deformarmi il volto”.
“Così voglio sentirti parlare, Asuka. Mi stai rendendo davvero fiero di te. Ora so per certo che non mi sono sbagliato, che il mio cuore non era fallace quando mi ha detto che eri una ragazza speciale”.
“Beh. Una ragazza speciale, nel senso di non comune, lo sono sempre stata”.
“È vero, ma sappiamo entrambi che ora è tutt’altro discorso”.
“Sì, lo è”.

[la porta si spalanca]

“Ehi, che diavolo succede? Cos’è ‘sta luce? Non vedo niente”.
“Neppure io, sono cieco. Stammi vicina, Asuka”.
“Ma…cosa? Passi?”.
“C’è qualcuno?”.
BANG BANG.

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