Sogni

di Blue Drake
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** cap.1 ***
Capitolo 2: *** cap.2 ***
Capitolo 3: *** cap.3 ***
Capitolo 4: *** cap.4 ***
Capitolo 5: *** cap.5 ***
Capitolo 6: *** cap.6 ***
Capitolo 7: *** cap.7 ***
Capitolo 8: *** cap.8 ***
Capitolo 9: *** cap.9 ***
Capitolo 10: *** cap.10 ***
Capitolo 11: *** cap.11 ***
Capitolo 12: *** cap.12 ***
Capitolo 13: *** cap.13 ***
Capitolo 14: *** cap.14 ***
Capitolo 15: *** cap.15 ***
Capitolo 16: *** cap.16 ***



Capitolo 1
*** cap.1 ***


La giornata era appena trascorsa, ma si era portata dietro un faticoso strascico di quell'angoscia che l'aveva incessantemente attanagliata, arrivando fino alla tavola, apparecchiata con la solita, piccola tovaglietta monoposto, che quella sera sembrava rendere tutto ancora più triste.

 

Si era poi trascinata a letto, inseguita costantemente da quella sgradevole sensazione, dopo aver toccato poco meno della metà della cena che si era preparata controvoglia, ed ora tentava, sperava di potersi addormentare presto, almeno per riuscire ad abbandonare nel sonno le preoccupazioni che certo sarebbero ricomparse, puntuali, la mattina seguente al suo risveglio.

Qualche minuto dopo, ad occhi chiusi, appallottolata sotto le coperte ma ancora troppo sveglia, era stata bruscamente ridestata da qualcosa che lì non avrebbe dovuto esserci;

“Ma che diavolo...?!” -

Scuoteva la testa, senza riuscire davvero a capire ciò che aveva appena visto, o le sembrava di aver visto.

 

Una stanza, un po' più grande della sua - molto più grande, a dirla tutta – con un bel letto matrimoniale, proprio come uno di quelli che lei avrebbe voluto possedere, ma per il quale non aveva proprio lo spazio necessario. Ma la parte più inquietante, o curiosa, erano le persone che ci stavano sedute sopra: sembrava una coppia a tutti gli effetti. Lei probabilmente un po' più giovane di lui, entrambi con i capelli biondi, anche se quelli di lui erano un pochino scoloriti e lasciavano intravedere il grigio-argento sottostante.

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Parlavano tra di loro. Lei lo sapeva perché le loro labbra si muovevano, ma non era in grado di sentirne la voce. Poi, d'un tratto, lui aveva sollevato il viso, ed i suoi occhi celesti avevano incrociato quelli verdi di lei, costringendola a riaprirli bruscamente ed a tornare rapidamente seduta, sparpagliando lenzuola e coperte qua e là, con le idee decisamente confuse e molto più turbata di prima, anche se di un differente tipo di turbamento...

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Capitolo 2
*** cap.2 ***


Le mani le tremavano un pochino, mentre si guardava intorno con aria spaesata, quasi a volersi assicurare che quella in cui si trovava fosse effettivamente la sua camera da letto, e che al suo interno ci fosse unicamente lei. Solo dopo diversi minuti, e dandosi più volte della pazza e dell'idiota, era infine riuscita a trovare il coraggio di rimettersi distesa. Ma ancora indugiava a chiudere gli occhi, temendo di ricapitare nell'altra stanza, e senza invito.

 

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Che cos'era?” -

Lei di rimando lo guardava dubbiosa, senza capire;

Cos'era cosa, scusa?” -

Lui non era per niente sicuro di quello che era capitato. SE era capitato, soprattutto. C'era stato un momento, mentre discutevano della sua ultima assenza prolungata, nel quale si era sentito stranamente ed inspiegabilmente osservato. A quella sensazione inattesa, per reazione aveva sollevato lo sguardo, cercando la fonte di quella misteriosa impressione.

Per un istante, una manciata di secondi – forse nemmeno - gli era parso di aver visto... Ma no, non era possibile, doveva proprio essersi sbagliato. Si era certamente trattato della sua immaginazione. Che altro?

Eppure... Non riusciva a togliersi dalla testa quel pensiero: in quel breve istante il suo sguardo aveva incontrato qualcosa. Un paio di occhi verdi, mai visti. Ed ora non riusciva proprio a liberarsi di quell'impressione, per quanto bizzarra e senza senso.

Allo stesso tempo però sapeva che sarebbe stata un'idea stupida parlarne con la donna che, in quello stesso momento, era seduta lì accanto, e che lo osservava con aria dubbiosa e vagamente spazientita. No, non lo avrebbe capito, anzi: di certo lo avrebbe preso per uno scemo.

 

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Alla fine la stanchezza accumulata durante la giornata si era fatta sentire, ed il sonno aveva avuto la meglio sulle sue preoccupazioni, facendola scivolare nella tranquillità di un riposo senza sogni – per lo meno, l'impressione al risveglio era stata quella. Così, nonostante la serata burrascosa, ora si sentiva riposata e pronta a far fronte alle insidie di quella nuova giornata.

La luce del sole, fuori, contribuiva a fornirle nuove speranze, ed a dissolvere le ultime nebbie della notte passata. Mentre camminava a passo spedito, diretta verso la prima tappa della mattinata, un tenue accenno di sorriso era comparso sulle sue labbra e l'aveva accompagnata per gran parte delle ore successive, migliorando sensibilmente il risultato dei suoi sforzi per accomodare certi problemi che si erano accumulati nel tempo, e che ora era stata costretta, per cause di forza maggiore, ad affrontare e sperabilmente risolvere.

 

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La discussione, tra loro due, aveva invariabilmente finito per prolungarsi fino a tarda ora. Lei gli aveva permesso di chiudere occhio solo verso le 3:00. Dopo essere tornato dal viaggio ad ora di pranzo passata, aver sprecato l'intero pomeriggio a rimettere ordine nei suoi effetti personali, e la cena a smaltire il jet lag e l'emicrania – peggiorato dal pessimo umore della compagna, era finalmente riuscito a prendere sonno quando ormai era, ma soprattutto si sentiva, distrutto.

Ciò nonostante, prima di riuscire ad addormentarsi, era rimasto sveglio ad occhi chiusi per molto tempo, rigirandosi più e più volte, ancora inspiegabilmente a disagio per quel fatto incomprensibile, ed al tempo stesso bizzarro, che era capitato all'inizio di quell'interminabile serata... SE era capitato, si era ripetuto fra sé, come a volersi giustificare, anche se in fondo sapeva che qualcosa aveva visto. Lo sapeva? Beh, dopotutto non aveva poi molta importanza, l'importante era esserne convinti. Sì, bella soddisfazione: pazzo sì, ma un pazzo convinto della sua pazzia...

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Capitolo 3
*** cap.3 ***


Si era svegliato con un dolore lancinante, che minacciava di spaccargli la testa in due. Erano già le 10 passate. Aveva un appuntamento per pranzo, ma si sentiva più morto che vivo. Vent'anni prima avrebbe certamente potuto dare la colpa ai bagordi di qualche festa durata troppo a lungo. Ma ora? Ora, che a causa degli infiniti impegni, di bere e divertirsi davvero non ne avrebbe nemmeno avuto il tempo, si chiedeva perché: che aveva fatto di male? Su cosa poteva scaricare la responsabilità del suo malessere?

 

Con cautela si era voltato, ad osservare la donna che riposava tranquilla al suo fianco. Aveva allora sollevato un sopracciglio, dubbioso, mentre i pensieri scorrevano nella sua mente, poi aveva scosso la testa con fare ineluttabile, e quel movimento, troppo brusco, aveva accentuato l'emicrania, che gli aveva strappato un lieve gemito di protesta. Alla fine si era deciso a mettersi a sedere – aveva dovuto, non è che avesse poi molte alternative – sospirando stancamente.

 

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Non aveva trovato il tempo nemmeno per pranzare, troppo indaffarata perfino per potersi interrompere per mangiare. Ora, sul finire della giornata, era rientrata in casa, e si era lasciata scivolare nella vasca piena di acqua calda e profumata, esausta ma assolutamente soddisfatta dei propri progressi, per trovare un po' di pace e riposo, prima della meritata cena.

Questa volta, almeno, niente e nessuno le avrebbe impedito di divorarsi tutto il commestibile che era rimasto invece intatto la sera precedente. E, finalmente, dopo essersi saziata, aveva la piacevole impressione di essere in pace non solo con sé stessa ma con il mondo intero.

 

Aveva invano tentato di rimanere sveglia almeno un'oretta, leggendo o guardando la tv, se non altro con la scusa di digerire, ma non era assolutamente riuscita a tenere gli occhi aperti. Così, dopo poco, si era arresa, trascinandosi faticosamente fino alla camera da letto e sprofondando tra le coperte. Qualche secondo più tardi era già nel mondo dei sogni. E che sogni!

 

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L'incontro era andato per le lunghe, come al solito. Tutto, ultimamente, aveva la fastidiosa tendenza di andare per le lunghe. Oramai ci si stava quasi rassegnando. Quasi. Una parte di lui continuava ad opporsi, nel vano tentativo di contrastare questa nuova ed irritante propensione ad occupare – invadere - gran parte della sua esistenza, e consumare il suo prezioso tempo. La stessa parte di sé stesso che mai aveva sopportato gli inutili sprechi di tempo. Purtroppo quest'ultima lo era, ma era anche necessaria: una di quelle noiose formalità alle quali non era possibile sottrarsi. E questo contribuiva a renderlo ancora più scontento ed irritabile. Sperava, se non altro, di riuscire a non aggredire nessuno. Almeno per questa volta.

 

Infatti, quando finalmente era riuscito ad andarsene – sgattaiolando via, ben attento a farsi notare il meno possibile, per la verità – aveva la netta impressione che quella giornata non fosse realmente servita ad un bel nulla, tranne probabilmente a stancarlo ulteriormente. Aveva solo bisogno di tranquillità, ed un po' di riposo magari, niente di più. Questo di era detto, cercando di convincersi che le cose non andavano poi così male. Ma il rientro a casa, quello che vedeva un po' come la sua salvezza, non era invece andato come aveva sperato.

 

Avrebbe voluto distendersi sul letto e chiudere gli occhi. O, in alternativa, appoggiarsi al morbido schienale della sua comoda poltrona. Ma non era riuscito a fare né l'una né l'altra cosa, perché, a quanto pareva, i suoi impegni non erano solo di natura lavorativa, e c'era qualcuno, lì dentro, pronto a rammentarglielo in qualsiasi momento trovasse più comodo ed opportuno: la sua “dolce” metà, che evidentemente non aveva ancora concluso il discorso della sera precedente.

 

Le parole graffianti di lei gli arrivavano al cervello con uno strano effetto flipper, rimbombando e formando fastidiosissimi echi. A nulla erano valsi i suoi deboli tentativi di mediazione, lei aveva proseguito imperterrita per la sua trada, durante tutta la durata della cena, mentre lui tentava – senza risultati apprezzabili – di mettere qualcosa nello stomaco, per poi accompagnarlo per il resto della serata, fino al fatidico momento di andare a letto. Solo a quel punto, sull'orlo della disperazione, le aveva detto, con un filo di voce, quasi supplicandola;

Possiamo riparlarne domani? Ho bisogno di dormire...” -

Lei allora lo aveva fissato accigliata, e lui aveva immediatamente capito di averla offesa. Ciò nonostante sperava che avrebbe comunque compreso, o se non altro che ci avrebbe provato. Infatti, seppur con un tono seccato ed un po' troppo acido, gli aveva risposto;

D'accordo. Come vuoi.” -

Ed in quel modo aveva chiuso la questione, almeno per quella notte, così lui, finalmente, aveva potuto appoggiare la testa al cuscino e chiudere gli occhi. Per diversi minuti non era riuscito a fare altro che rigirarsi nel letto, tentando di non fare troppo rumore, e di ignorare le fitte alle tempie, poi, esausto, era infine stato in grado di prendere sonno: un sonno tutt'altro che tranquillo, si era trattato di un riposo piuttosto agitato invece, pieno di curve e montagne russe, quando ad un tratto e senza preavviso, alla fine di una vertiginosa discesa senza freni né protezioni, aveva incontrato – meglio dire che ci si era scontrato – un paio di occhi verdi...

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Capitolo 4
*** cap.4 ***


Era di nuovo lui: all'improvviso era comparso dal nulla, senza una ragione plausibile, semplicemente pufff: un secondo prima era sola, ed il secondo dopo se lo era ritrovato nuovamente in mezzo ai pieni – una piacevole “seccatura”.

Aveva l'aria molto disorientata, quasi fosse appena uscito da una centrifugata per sporchi difficili. Ma quando aveva sollevato lo sguardo, lei era stata in grado di vedere i suoi occhi, grandi, celesti ed abbastanza sconvolti, che si erano fissati nei suoi - per qualche istante che era sembrato infinito – come la volta precedente, e solo allora lo aveva riconosciuto senza possibilità di errore.

 

Questa volta però era da solo, e... era un sogno? Non poteva esserne certa, ma era decisamente troppo surreale perché stesse realmente accadendo. Dunque la prossima domanda nella lista delle priorità era;

Chi dei due?” -

Ed inaspettatamente lui aveva aperto la bocca e le aveva risposto;

Non ne ho idea” -

Nemmeno si era resa conto di aver ragionato ad alta voce, ma evidentemente era successo.

 

Ora che, a quanto pare, aveva più tempo a sua disposizione per osservarlo senza interferenze, notava particolari di cui in precedenza non si era accorta e, sopra a tutto, che oltre all'evidente confusione, sembrava anche parecchio sciupato. Chissà che cosa gli era capitato?

 

Non era per nulla sicura di cosa le era permesso fare. Forse, se si fosse mossa, lui se ne sarebbe andato, scomparendo così com'era comparso, senza avvertire. Quindi aveva saggiamente deciso di rimanere ferma il più possibile, nonostante il suo istinto la esortasse a fare l'esatto contrario. Però, con l'intenzione di alleggerire l'atmosfera un po' tesa – un po' tanto, in effetti – si era arrischiata ad abbozzare un sorriso, al quale lui aveva risposto, per quanto in realtà desse l'impressione di essere piuttosto incerto sul da farsi.

 

Come poteva biasimarlo, se anche lei non capiva assolutamente che cosa stesse capitando? Già il semplice fatto che fosse ancora lì era certamente una fortuna insperata.

Ma lui si stava muovendo, spostandosi nella sua direzione e mandandola in panico totale. Non sapeva che fare, se non trattenere il respiro ed attendere impotente l'evolversi dei fatti.

Era durato tutto troppo poco. Quando lui, a pochi passi da lei, aveva spalancato gli occhi, si era bloccato, ed era svanito nel nulla.

 

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Gli stessi occhi che aveva intravisto la sera precedente. Ma allora era sveglio, di certo, anche se non per sua volontà. Stavolta invece... aveva sognato?

Lei aveva fatto una domanda alla quale lui aveva risposto, senza nemmeno pensarci. Era parsa sorpresa di sentire la sua voce, o almeno così gli era sembrato. Ed era rimasta ferma, anche se aveva avuto la netta impressione che le sue intenzioni fossero tutt'altre.

 

Almeno ora sapeva a chi appartenevano quegli occhi. Beh, d'accordo, “sapere” era un verbo un tantino arrogante in quella circostanza. Diciamo allora che, se non altro, aveva stabilito che appartenevano ad una donna. Era sicuramente un passo avanti, anche se...

Questa situazione è.... ridicola!”.

 

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Si era svegliata con un sussulto ed aveva sgranato gli occhi;

Questo cos'era?” -

Un sogno, le aveva risposto il suo lato razionale. Una visione – una notevole visione – aveva invece ribattuto il suo istinto.

Dopotutto poco importava cosa fosse realmente: era scomparso prima che lei tornasse in sé e... doveva assolutamente trovare il modo di recuperarlo, per quanto non avesse la minima idea di come fare.

 

Aveva trascorso l'intera mattinata a sospirare come un'idiota. Nemmeno le peggiori e più melense telenovelas erano così noiosamente appiccicose come invece stavano diventando i suoi pensieri da quando si era risvegliata. Ed ancora non era riuscita a combinare nulla di buono, fino ad ora, troppo presa dai suoi dubbi piani per “tornare da lui”.

 

La prima volta non stava dormendo, e le era parso che anche lui fosse sveglio. Quindi non poteva trattarsi di un sogno. Ma allora che cos'era? E se non era un sogno, poteva provare a ristabilire un contatto volontario? Ma la domanda in assoluto più difficile era: Come?

Non riusciva proprio a trovare una risposta soddisfacente, qualcosa di logico ed attuabile. Eppure un modo doveva sicuramente esserci: era successo, due volte, poteva farlo di nuovo;

Uhm... forse” -

Tanto non sarebbe mai riuscita a concentrarsi su nient'altro, quindi perché darsi tanta pena per provarci? E se invece fosse fosse stata in grado di lasciar perdere per un po' questa faccenda, magari per dedicarsi a mettere un po' di ordine nelle sue questioni personali – che richiedevano urgentemente un suo intervento deciso - ? Forse allora le risposte le sarebbero arrivate più facilmente. Sì: non doveva fare altro che distrarsi un attimo e...

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Capitolo 5
*** cap.5 ***


Era dovuto uscire di casa. Per la verità ci era stato costretto, anche se per una volta non aveva nessuno stupido appuntamento di lavoro, anche se per una volta poteva starsene a casa a riprendere fiato. E lo avrebbe voluto: finalmente un po' di tempo, non solo per riposare, ma anche per tornare a fare quelle cose che gli piacevano di più.

 

Ed invece, per non farsi nuovamente sommergere di parole, recriminazioni, a volte perfino insulti, aveva preferito andarsene, così da non essere costretto a qualche risposta tagliente. Perché infondo lei aveva le sue buone ragioni per comportarsi così, e non voleva ferirla. Ma non riusciva a trovare il modo per placare i suoi malumori, e lo stress accumulato negli ultimi giorni minacciava di farlo esplodere da un momento all'altro, senza preavviso.

No, non poteva rischiare. Quindi meglio togliersi di torno, velocemente, sperando che lei si calmasse da sola, oppure che lui riuscisse a trovare un po' più di tranquillità, per essere pronto, alla prossima sfuriata della compagna, a reagire razionalmente e spiegare con calma le proprie ragioni.

 

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Un'automobile? Per pochi istanti la sua attenzione si era focalizzata su una macchina nera, che girava per le strade vuote di una città: che città poteva essere? E all'interno dell'auto c'era lui? D'accordo, poteva farcela, doveva solo concentrarsi quel tanto che bastava per...

 

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Un attimo prima guidava beato – ok, non proprio beato - per le vie deserte, alla ricerca di un po' di serenità. L'attimo successivo si era ritrovato a dover inchiodare per evitare...

Ma cosa?!...” -

Quella donna: era di nuovo lei! Questa volta ne era sicuro, non poteva proprio sbagliarsi. E se ne stava in mezzo alla strada, così, come se niente fosse, fissandolo – almeno all'apparenza - attraverso i vetri fumé della sua auto, quasi che i suoi occhi verdi potessero davvero vederlo, con assoluta chiarezza.

Le sue mani tremavano, aggrappate al volante, ancora incredulo, scosso e frastornato. Lei non si era mossa di un solo millimetro, né aveva fatto una piega quando la sua auto aveva quasi rischiato di investirla. Forse non era nient'altro che una folle incosciente, eppure la sensazione che ne aveva era molto diversa.

 

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Doveva avergli fatto prendere un infarto. Decisamente non era quello che voleva, ma non aveva previsto di comparire proprio davanti a lui, in mezzo all'asfalto, e comunque non credeva che, anche se l'auto avesse continuato oltre, avrebbe potuto farle del male: il suo controllo era ancora minimo, e già riuscire a mostrare la sua presenza la riteneva un'importante vittoria. Quanto ad interagire materialmente con il suo mondo, beh, era tutto un altro paio di maniche, ma certamente ci avrebbe lavorato su.

 

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Si era fatto coraggio e lentamente era sceso un po' barcollante dalla vettura, al tempo stesso spaventato e curioso. L'aveva vista sospirare, probabilmente di sollievo, e poi gli aveva sorriso, e quando una donna gli sorrideva, soprattutto in quel modo, non poteva fare a meno di ricambiare: non si trattava di cortesia, non solo per lo meno, era qualcos'altro, una sorta di istinto...

 

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Capitolo 6
*** cap.6 ***


Quando lo aveva visto uscire, apparentemente indenne, suo malgrado si era sentita sollevata, e lo aveva accolto con un sorriso. Ed ecco che lui le aveva prontamente risposto. Aveva qualcosa di... era molto bello in ogni caso, ma in particolare quando sorrideva: il modo in cui si illuminava la faceva sentire stranamente leggera, ed allo stesso tempo confusa e, che altro? Non era ancora in grado di stabilirlo, ma forse presto ci sarebbe riuscita, o almeno era quello che si augurava.
 

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Aveva cercato di avvicinarlesi, ma si era irrigidita non appena lo aveva visto muoversi, ed allora si era bloccato, memore della precedente esperienza. Forse doveva semplicemente lasciare che fosse lei a stabilire il modo, ma soprattutto i tempi - anche se aspettare non era mai stato il suo forte.
Per questa volta, solo in questo caso, valeva la pena di tirare fuori tutta la pazienza di cui era in possesso, per quanto poca fosse, per permetterle di gestire questa bizzarra situazione, anche perché lui proprio non aveva idea di come comportarsi.
 
Così aveva deciso di rimanere accanto alla sua auto, e lei, finalmente, si era decisa ad andargli incontro, almeno finché lui aveva commesso l'ennesimo errore: le aveva parlato.
Una semplice domanda, senza troppe pretese in verità - che a lui peraltro era sembrata del tutto comprensibile, date le circostanze. Ma lei lo aveva guardato confusa, e poi gli aveva fatto capire, a gesti, che non riusciva a sentire la sua voce, e per chiarire il concetto gli aveva dimostrato che nemmeno lui poteva udire la sua.
 

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Sembrava dispiaciuto; quando gli aveva parlato, per mostrargli che, almeno per il momento, non potevano sentire l'uno la voce dell'altra, lui l'aveva guardata con un po' di delusione. O era tristezza?
Poi, inaspettatamente, le era andato incontro, e lei non aveva trovato né il tempo né il modo di fermarlo quando aveva cercato di posarle una mano sul braccio, incontrando solo aria. La sua espressione, inorridita, aveva avuto la durata di due, forse tre secondi, ma era bastata a darle la misura di quanto fosse disorientato in quel momento.
La cosa peggiore era che lei avrebbe voluto poterlo consolare, ma non le era possibile perché non poteva parlargli né tanto meno stringerlo fra le braccia, ed in quel momento si sentiva non solo inutile, ma addirittura dannosa.
 

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Stava cominciando a domandarsi se non fosse per caso impazzito, o se si trattasse solo la stanchezza accumulata negli ultimi tempi a giocargli scherzi pericolosi. Forse avrebbe fatto meglio a farsi vedere da uno specialista, prima che la situazione degenerasse ulteriormente.
 
Mentre rifletteva in questi termini, la donna che gli stava di fronte, o meglio, l'ombra della donna, forse perfino l'allucinazione della donna - non poteva stabilirlo con certezza - aveva appena allungato una mano verso di lui, fermandosi poco prima di incontrare la sua pelle e mimando il gesto di accarezzargli una guancia.
 
Sarebbe stato tutto più facile se fosse semplicemente risalito in auto, mandando al diavolo lo stress e le visioni, per andare a farsi una dormita. Ma scappare ora? Tutto sommato non credeva che sarebbe servito, e poi da quegli occhi verdi erano appena rotolate giù alcune lacrime, e pensare di mollare lì una donna, reale o immaginaria che fosse, che stava piangendo, gli risultava del tutto inaccettabile...

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Capitolo 7
*** cap.7 ***


L'aveva fissata, i suoi occhi celesti l'avevano quasi scandagliata, con un'intensità tale da farle tremare le ginocchia, poi le sue labbra si erano mosse, lentamente, e lei, pur non sentendole, aveva potuto vedere quelle parole;

Non piangere” -

Ed allora aveva riso, nonostante le lacrime continuassero a scendere. Poi, con un respiro profondo, se le era asciugate su una manica. Perché in fondo lui aveva ragione: non le sarebbe servito a nulla continuare a piangere.

No, invece di sprecare energie in inutili piagnistei, doveva utilizzare la sua forza di volontà per migliorare le cose. Voleva sentire di nuovo la sua bella voce, ma più di tutto voleva poterlo toccare, avvertire il calore del suo corpo e l'odore della sua pelle - prima di perdere il controllo e con esso il contatto con quella realtà -

 

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Le si era avvicinato, tanto che quasi avrebbe potuto toccarla, se solo fosse stato possibile, ma non lo era. O sì?

D'un tratto, negli occhi di lei, qualcosa era cambiato. Dopo essersi sbarazzata delle lacrime, ora erano di un verde più intenso, più reale, e sembravano possedere una luce nuova, differente.

Per un attimo, abbassando lo sguardo sulle sue labbra, aveva desiderato baciarle. Si rendeva conto che era una follia, eppure...

 

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Sapeva a cosa stava pensando. Era la stessa, identica cosa che voleva lei, e lo voleva ora.

Sollevandosi appena sulle punte dei piedi, gli si era accostata, e lui aveva fatto il resto, annullando con un piccolo movimento la breve distanza che li separava. Per pochissimi istanti non era accaduto assolutamente nulla, poi le loro labbra si erano incontrate e lui aveva spalancato gli occhi in una buffa espressione sgomenta, richiudendoli dolcemente poco dopo mentre lei si appoggiava, morbida, al suo corpo.

Le aveva fatto scivolare le mani lungo la schiena esile, stringendo le dita attorno ai glutei e strappandole un mormorio languido, che si era perso nella sua bocca. Quando poi gli si era strusciata contro, aveva trattenuto il fiato, esalandolo in un basso gorgoglio.

 

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La stava stringendo a sé, abbastanza da farla aderire completamente al proprio corpo, quando si era scostata di scatto, ed era scomparsa nel nulla facendolo sbilanciare. Le sue braccia si erano ritrovate a stringere solo aria ed era barcollato all'indietro, ritrovandosi seduto per terra, spaesato, con le idee tremendamente confuse ed un desiderio dolorosamente insoddisfatto.

 

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Aveva perduto il precario controllo che ancora le rimaneva quando lui l'aveva stretta, talmente tanto da permetterle di avvertire la sua eccitazione. Allora la sua concentrazione era andata completamente a pallino e non era assolutamente più riuscita a mantenere il contatto con quella realtà.

Ed ora si ritrovava esausta, scompostamente distesa sul tappeto del suo salotto, delusa per non essere stata in grado di rimanere al suo fianco, ma soprattutto per essersene andata sul più bello. Potendo solo immaginare quanto invece fosse sconvolto e frustrato lui, che invece non aveva la possibilità di fare proprio nulla per intervenire attivamente in quello strano “gioco”...

 

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Capitolo 8
*** cap.8 ***


Aveva deciso di tornare a casa, percorrendo tutto il tragitto lentamente e – forse - con eccessiva cautela perché a questo punto “non si sa mai”, con la segreta speranza di trovare un po' di conforto almeno lì dentro, tra le pareti della propria abitazione. Purtroppo, ancora una volta, si era illuso, ritrovandosi invece completamente da solo, a rimuginare sui troppi pensieri ed interrogativi che si erano accumulati in quel poco tempo.

Fino a qualche ora prima avrebbe pagato per starsene un po' in santa pace, senza nessuno intorno che lo disturbasse. Ora, che in effetti la casa era deserta, il suo disagio aumentava, e avrebbe avuto bisogno di qualche distrazione, una qualsiasi, anche le parole amareggiate della compagna sarebbero state un buon diversivo a quel punto.

Invece era solo, e non sarebbe riuscito nemmeno a dedicarsi a qualche innocuo passatempo, perché non aveva la testa per arrivare a tanto, quindi l'unica alternativa era provare a dormire. Magari, se fosse riuscito a prendere sonno, avrebbe anche smesso di pensare. Valeva la pena tentare.

 

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Ci si era addormentata, su quel tappeto, troppo stanca perfino per pensare di alzarsi e raggiungere il letto. E non si era accorta di scivolare lentamente in un sogno, almeno finché non si era ritrovata...

Ma dove diavolo era capitata stavolta?

Che cavolo di sogni fa quest'uomo?!” -

Non era riuscita a trattenersi dal dire ad alta voce.

E qualcuno, lì vicino, l'aveva udita e aveva sarcasticamente ribattuto;

Nemmeno nei sogni un uomo può trovare un po' di pace...” -

Era la sua voce. Come avrebbe mai potuto dimenticarla? Si era voltata, sorpresa, trovandoselo lì dietro a fissarla con quell'espressione un po' “così”, che ogni volta minacciava di farle perdere la ragione.

Proprio quel briciolo di ragione che ancora possedeva era l'unica cosa che ora riusciva a trattenerla dal commettere qualche sciocchezza, anche se l'avrebbe voluto - essì, eccome se l'avrebbe voluto! Non si trattava solo di un bisogno psicologico, era quasi una necessità fisica.

Esattamente per questo ora era lì, ferma impalata, costretta ad un innaturale autocontrollo che non riusciva ad immaginare quanto sarebbe durato - sperava abbastanza a lungo - In un mondo che non era reale – o lo era? -, che non era nemmeno il suo, sarebbe stato un errore lasciarsi andare, perché non c'era niente di davvero tangibile, nulla che avesse davvero il potere di soddisfare il suo bisogno di lui.

 

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Perché era qui? Per quale maledetta ragione non faceva che seguirlo ovunque la sua mente decidesse di condurlo? Perché continuava a torturarlo in quel modo? Possibile che non si rendesse conto di tutti i problemi, della confusione, della frustrazione... del dolore che la sua effimera presenza gli procurava?

Avrebbe voluto mandarla al diavolo, stava per farlo. E mentre la sua ragione abbandonava il campo e la sua bocca si apriva per dare fiato ai suoi pensieri, il suo istinto lo aveva fermato, soffocando le parole in un lamento sconvolto:

«Che diavolo ti prende?! Sei diventato scemo tutto ad un tratto?! E se poi lei, davvero, non tornasse più...?» -

Aveva sgranato gli occhi a quel pensiero. Il panico lo aveva afferrato facendolo boccheggiare atterrito, e si era accasciato a terra, combattuto tra due necessità contrapposte che minacciavano di fargli perdere davvero il cervello – quel poco che gli rimaneva, quantomeno - ...

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Capitolo 9
*** cap.9 ***


Seguendo i suoi movimenti con attenzione, quasi riusciva a vederne i pensieri, il conflitto che si stava svolgendo all'interno della sua mente. Quando però si era lasciato cadere a terra, lei aveva totalmente scordato le proprie remore e qualunque altro problema. Lo aveva semplicemente raggiunto, stringendolo fra le braccia, ed aveva tentato di calmarlo, con il tono più dolce e tranquillo che le fosse riuscito di recuperare.

Le sue dita gli accarezzavano delicatamente il viso, asciugandone le lacrime scese a rigargli le guance arrossate. Lui le aveva appoggiato la testa sulla spalla, sospirando con stanchezza;

Va meglio?” -

Gli aveva chiesto;

Non lo so...” -

Era tutto quello che poteva sinceramente rispondere.

 

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La verità. Ormai aveva l'impressione di non sapere più nulla, in special modo di quella situazione, nella quale lui non aveva uno straccio di controllo. Anche se, doveva pur ammettere, in quel momento, in quella posizione, le cose non sembravano poi così drammatiche come invece gli erano apparse fino a qualche momento prima. Vuoi per la sensazione di calore che emanava lei, o per il semplice fatto che fosse così vicina, dandogli modo di prendersi un attimo di pausa e distendersi adagiato al suo grembo.

Se avesse potuto scegliere, sarebbe certamente rimasto così, appoggiato a lei, per molto, molto tempo. Era rilassante e piuttosto piacevole. Ma tendeva troppo spesso a dimenticare che lei non era reale, e da un momento all'altro si sarebbe svegliato e tutto sarebbe svanito nel nulla, lasciandolo di nuovo insoddisfatto ed amareggiato.

Poi anche l'ultimo brandello di pensiero era scomparso. Si era semplicemente limitato a lasciarsi cullare dolcemente, finché le sue palpebre lentamente si erano abbassate, facendolo sprofondare nel nulla senza sogni. Senza di lei.

 

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Lui aveva smesso di sognare e lei, volente o nolente, era stata costretta a ritirarsi, lasciandolo di nuovo solo ma, si augurava, un po' più tranquillo di quando lo aveva raggiunto.

Al risveglio si era ritrovata accartocciata sul pavimento freddo. Probabilmente nel sonno, come al solito, si era rigirata un po' troppo, finendo col distaccarsi dal morbido tappeto senza nemmeno rendersene conto, ed ora rabbrividiva mentre si sollevava faticosamente dalle piastrelle in ceramica ed arrancava barcollando, almeno fino al bagno.

Era imperativo che trovasse un modo più pratico, efficiente, ma soprattutto più comodo, per fargli visita, o rischiava di uscirne mezza morta di quel passo, e se quella situazione infruttuosa si fosse prolungata troppo.

 

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Dormi di nuovo?!” -

Era stato bruscamente risvegliato dalla voce squillante ed irritata della compagna, ed ora il suo cuore impazzito stava lottando per recuperare un ritmo regolare.

Stavo cercando di riposare un po'...” -

Le aveva detto, tentando inutilmente di giustificarsi. Ma lei sembrava arrabbiata, e non aveva la minima idea del perché.

Gli aveva lanciato un'occhiataccia indecifrabile e se n'era andata, lasciandolo nuovamente da solo. Ultimamente finiva sempre con il rimanere solo, anche quando, invece, avrebbe avuto bisogno di stare in compagnia di qualcuno. La cosa peggiore era che non riusciva a capire quale tipo di sbaglio avesse commesso per farle allontanare in quel modo...

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Capitolo 10
*** cap.10 ***


Era rimasta un po' di tempo in ammollo nell'acqua calda, fino a quando il freddo era scomparso ed il suo corpo si era, finalmente, rilassato. Ora si sentiva decisamente meglio, anche se, fissando il proprio riflesso allo specchio, si sarebbe detto tutt'altro.

Con una smorfia, aveva prontamente lasciato lo specchio alle sue riflessioni e si era messa comoda, indossando leggeri pantaloni di morbido cotone ed una maglietta. Poi, più tranquilla, si era preparata la cena, e mentre sgranocchiava una carota, si domandava cosa stesse facendo lui ora, se stesse bene e...

 

Non era minimamente preparata a ricapitare nella loro camera da letto e, quando ci si era ritrovata, era stata colta da un istintivo panico e si era nascosta dietro il fianco dell'armadio.

Erano entrambi in piedi. Lei, decisamente fuori di sé, strillava gesticolando agitata, mentre i suoi capelli svolazzavano nell'aria, scompigliandosi.

Non era in grado di seguire il senso della sfuriata, forse perché non l'aveva ascoltata dal principio. Ciò nonostante doveva necessariamente trattarsi di una cosa seria, a giudicare dall'atmosfera tesa che si respirava.

I propri occhi si erano poi spostati su di lui, il quale cercava inutilmente di calmarla e seguiva le sue parole con impotenza, indietreggiando impercettibilmente ogni volta che la sua voce diventava un po' più acuta.

 

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Se solo fosse riuscito a fermarla qualche secondo, forse sarebbe anche stato in grado di ragionare con calma, e capire perché lei era tanto arrabbiata. Invece non voleva ascoltarlo, qualunque cosa avesse da dire a lei non interessava, e lui cominciava a disperare. Si sentiva così maledettamente inutile e fuori posto.

 

All'improvviso il silenzio. Lui era rimasto un attimo sorpreso, mentre lei si guardava intorno, dubbiosa;

Che succede?” -

Si era arrischiato a chiedere. Lo aveva fissato con astio. Per un secondo ne aveva avuto paura.

Non hai sentito quel rumore?” -

Gli aveva domandato, quasi sibilando.

Era confuso, ed abbastanza sconvolto da non riuscire a pensare lucidamente. Aveva fatto segno di no con la testa, e si sentiva mortificato perché non aveva saputo darle una risposta più soddisfacente. Ed infatti lo aveva guardato con una punta di disprezzo, chiudendo la questione con un;

Sei proprio inutile”.

 

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Lei si era ficcata sotto le coperte, senza più degnarlo di uno sguardo. Lui invece era rimasto in piedi, immobile come una statua e sconcertato... beh, quasi immobile, dopo essere rabbrividito. L'aveva osservata a lungo, forse sperando, invano, che infine si voltasse e gli facesse segno di raggiungerla. Invece il silenzio si era protratto troppo a lungo, finché era stato lui a muoversi, attraversando lentamente la camera, raggiungendo il bagno e chiudendosi la porta alle spalle.

Non aveva potuto seguirlo fin là dentro, ma dopo essersi accertata che l'altra non si sarebbe accorta di lei, si era accostata all'uscio, provando ad immaginare ciò che stava succedendo dall'altra parte.

La propria immaginazione non aveva però richiesto grandi sforzi. Qualche istante più tardi, mentre se ne stava appiccicata al legno liscio, lo aveva sentito singhiozzare e si era morsa un labbro.

Avrebbe voluto entrare, per tentare di consolarlo. Ma dopotutto non credeva che sarebbe stata una buona idea. Probabilmente, in quella situazione, la propria presenza sarebbe servita solo a complicare le cose. Lei invece non voleva creargli ulteriori problemi. Solo... che altro poteva fare a quel punto?

 

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Che cos'era successo? Che cosa le aveva fatto? Doveva per forza essere qualcosa di terribile. E lei, ora, gliela stava facendo pagare. Ma non riusciva a ricordare alcuna sua azione o comportamento tanto meschino da provocare tutta quella rabbia.

Eppure doveva esserci! Una buona ragione. Doveva assolutamente trovarla. Doveva ad ogni costo ricordarsi che cosa aveva combinato. Doveva...

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Capitolo 11
*** cap.11 ***


Non aveva mai odiato nessuno in vita propria. L'aveva sempre considerato un sentimento troppo forte, radicato. Troppo orribile, per poter davvero avere ragione di esistere. Eppure, ora, sentiva di provare un sentimento molto simile per quella donna, che se ne stava tranquillamente a letto, occupata semplicemente a riposare, completamente incurante dei sentimenti del suo compagno.

Come poteva comportarsi in quel modo? Anche se lui l'avesse offesa, avrebbero comunque potuto parlarne, almeno per cercare di capire le ragioni del suo comportamento. Invece lei lo aveva scacciato, quasi fosse un inutile insetto fastidioso, senza neppure offrirgli una spiegazione. Ed ora lui soffriva, ed a lei non importava nulla. Perché?

 

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Dopo essere rimasto per lungo tempo seduto sul pavimento, si era infine fatto coraggio, aveva pazientemente asciugato ogni traccia di lacrime, era tornato in piedi ed era finalmente uscito dal bagno, raggiungendo il letto, con un po' di apprensione, e sistemandosi accanto alla propria compagna.

Inspirando a fondo, si era poi chinato su di lei, mormorando cautamente il suo nome, con l'illusoria speranza che aprisse gli occhi e si voltasse, per ascoltare le proprie parole. Invece c'era stato solo silenzio. Un silenzio freddo ed ostinato. Ma lui non si era arreso ed aveva allungato una mano, appoggiandola, leggermente, sulla spalla di lei.

Allora i suoi occhi si erano aperti di scatto. Bruscamente si era voltata, allontanando il suo braccio con un gesto irritato. Gli aveva riservato un'ultima occhiata astiosa ed era tornata a dargli le spalle.

Le labbra di lui avevano tremato ma, stringendo i denti, era riuscito ad impedirsi qualsiasi reazione. Con un sospiro si era quindi sdraiato sulla schiena. Per parecchi minuti i suoi occhi erano rimasti spalancati, quasi increduli. Aveva paura, paura di ripiombare nel buio, paura di non riuscire a sopportarlo, di rimanere intrappolato nel silenzio, di rimanere, di nuovo , da solo.

 

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Era rimasto sveglio a lungo. Chissà, forse sperando che qualcosa cambiasse. Ma alla fine sembrava essersi arreso all'evidenza ed alla stanchezza. Aveva chiuso gli occhi, lentamente, lasciando che il sonno gli offrisse quel minimo di pace di cui il suo corpo e la sua mente avevano assolutamente bisogno. Ma prima che il suo respiro si regolarizzasse, aveva visto una piccola lacrima scivolare giù, lungo una tempia, per perdersi nel cotone delle candide lenzuola.

Aveva atteso, per essere certa che entrambi dormissero profondamente. Si era allora avvicinata, accucciandosi al suo fianco ed osservandolo curiosa e sorpresa. Si era chiesta, per l'ennesima volta, come potesse, quella donna, comportarsi in quel modo. Evidentemente era giunta al punto di disprezzarlo, altrimenti non sarebbe mai riuscita a sopportare di vederlo ridotto in quello stato.

 

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Aveva provato a resistere, angosciato dall'idea di addormentarsi. Ma il proprio fisico aveva evidentemente bisogno di riposare. Non era riuscito ad impedire il sopraggiungere del sonno.

Ed ecco, il buio tanto temuto. Faceva freddo, e quel silenzio irreale probabilmente l'avrebbe fatto impazzire.

Poi qualcosa era cambiato. Il freddo si era un po' attenuato ed un lieve chiarore era comparso dal nulla, come un'alba insperata. Non c'era nessuno, ma almeno non era più perso nel nulla. Per la prima volta, si era scoperto a desiderare che lei fosse lì...

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Capitolo 12
*** cap.12 ***


cap.12

 

Voleva stare con lui. Ma, allo stesso tempo, temeva di poterlo svegliare. Aveva allungato una mano, ad accarezzargli delicatamente il viso. Lui sembrava dormire abbastanza profondamente da non avvertire il suo tocco, né tanto meno la sua presenza. Eppure, ora che gli stava vicina, offrendogli un po' del proprio calore, aveva l'impressione che i suoi lineamenti, prima contratti in un cipiglio preoccupato, ora si fossero distesi.

Per molto tempo era rimasta ad osservarlo riposare, tranquillo, stringendo nella sua la mano di lui. Poi si era allungata, sfiorandogli le labbra con un leggero bacio. Lui allora aveva emesso un piccolo gemito e lei aveva sorriso, trovandolo molto buffo.

D'un tratto, un'idea si era fatta strada nella sua mente. Dapprima l'aveva scartata, ritenendola una vera follia. Poi, perdendosi nel movimento regolare del suo petto, che si alzava ed abbassava ad ogni respiro, aveva infine deciso che poteva provarci.

 

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La pallida alba, si era man mano trasformata in uno spettacolare tramonto infuocato, accendendo di luci e colori il paesaggio che, prima, era di un chiarore indistinto. Il freddo iniziale, che lo aveva fatto tremare fino a battere i denti, si era completamente dissolto. Ora sembrava invece di essere su qualche assolata spiaggia dei Caraibi, almeno a giudicare dal caldo in aumento.

C'era, indubbiamente, qualcosa di molto strano, in tutto questo. Nonostante non ci fosse in vista assolutamente nessuno, aveva comunque la netta impressione che, invece, una presenza fosse al suo fianco, anche se, al momento, non era proprio in grado di vederla, né di identificarla... eppure...

 

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Aveva percorso tutto il suo corpo. Dapprima con gli occhi, osservando la linea immaginaria che creava il contorno del suo corpo sotto le lenzuola. Poi, leggermente, con una mano. Ufficialmente perché voleva capire fin dove poteva spingersi, senza correre il rischio di svegliarlo e complicare così ulteriormente la sua vita.

Con un po' di meraviglia, si era soffermata sul suo petto, ed era rimasta, per lunghi istanti, ad ascoltare il suo cuore pulsare. Avrebbe dovuto essere una cosa normale, eppure lei ne era ugualmente rimasta sorpresa, ed al tempo stesso ammaliata.

Poi si era spostata, scivolando giù, fino ad incontrare il bivio che formavano le sue gambe. Poteva sentire la sua pelle calda, perfino attraverso il morbido cotone bianco. Con un pizzico di curiosità, si era accostata ad annusare il suo odore, smarrendovisi momentaneamente.

Anche nel sonno, il suo respiro era diventato gradualmente più irregolare, a tratti pesante e profondo, a tratti leggero ed affrettato.

Lo aveva accarezzato finché la sua pelle morbida si era tesa, ed i suoi muscoli avevano iniziato a vibrare. Quando, improvvisamente, aveva emesso un gemito, e l'aria risucchiata dai suoi polmoni aveva prodotto un lieve sibilo, allora aveva capito che era giunto il tempo di andare, ed era svanita, nel nulla.

 

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Si era svegliato, d'un tratto, completamente coperto di sudore. Per qualche ragione, che non sapeva come spiegare, stava tremando come una foglia e... Oh mio dio!

Ma che diavolo...?” -

Normalmente non ne avrebbe avuto bisogno, ma ora si sentiva tremendamente confuso, e voleva cercare di capirci qualcosa. Quindi, prudentemente, aveva avvicinato le dita al sospetto rigonfiamento che poteva benissimo distinguere sotto le lenzuola, ottenendo, come unico risultato, un miagolio sconcertato, che era sfuggito dalle proprie labbra.

Istintivamente, aveva voltato la testa al proprio fianco, scrutando dubbioso la figura raggomitolata tra le coltri bianche, ed aveva scosso il capo, sempre più confuso.

Doveva proprio essersi perso qualcosa. Per forza. Che altra spiegazione poteva mai esserci? Ed ora... ora...

Non era però riuscito a terminare il proprio ragionamento. Invece, si era rinchiuso in bagno, di nuovo, ma questa volta per un motivo totalmente differente...

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Capitolo 13
*** cap.13 ***


cap.13

 

Sperava, irragionevolmente, di non averlo cacciato nei guai più di quanto già non fosse. Infondo non era quello che voleva. No. Forse avrebbe dovuto svegliarlo, almeno per accertarsi che lui fosse consapevole di ciò che lei aveva in mente.

Ma ormai il danno era fatto e, a dirla tutta, non era affatto pentita, né dell'idea né tanto meno della sua realizzazione. Era semplicemente preoccupata per le sorti di quell'uomo, che non riusciva a togliersi dalla testa e che avrebbe, invece, desiderato avere fra le mani, proprio ora, sul grande tappeto sul quale era distesa a riflettere.

Invece lui era... Già, chissà dov'era. Forse non lo avrebbe mai realmente scoperto. Questa incertezza le faceva male.

 

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Era rimasto seduto, sul pavimento freddo, per almeno mezz'ora. Dapprima cercando di riprendere fiato, poi, quando si era finalmente calmato, cercando una spiegazione valida a quello che gli era appena capitato.

Ricordava, vagamente, che, forse vent'anni prima, fossero già accaduti fatti simili. Ma allora li riteneva abbastanza comuni. Ora invece... In teoria era “cresciuto” - invecchiato, avrebbero detto gli amici - avrebbe dovuto essere un po' più maturo. Già. In teoria.

 

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Nonostante il suo bisogno di vederlo crescesse ad ogni minuto che passava, invece di attenuarsi con il tempo, aveva stoicamente deciso di lasciarlo in pace, almeno finché non avesse nuovamente ceduto alla tentazione di fargli visita. Ma, per ora, si sentiva abbastanza forte da poter controllare i propri istinti.

Nel frattempo, era letteralmente divorata dal desiderio di potersi presentare a lui in carne ed ossa, con i normali mezzi dei comuni mortali, per intenderci. Quello che più la faceva diventare matta, era proprio che non aveva la più pallida idea né di dove andarlo a cercare né di come scoprirlo.

Certo, avrebbe potuto chiederlo direttamente a lui, quando l'avesse rivisto. Era però segretamente angosciata dalla prospettiva di scoprire che non poteva affatto raggiungerlo, perché non abitavano nello stesso mondo.

Che scemenza. E' impossibile!” -

Già il solo pensarlo sembrava un'assurdità fatta e finita. Eppure, non riusciva proprio a liberarsi da quell'idea opprimente.

 

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Chissà cosa poteva esserle capitato? Si era d'un tratto ritrovato a pensare, riflettendo che non gli compariva di fronte all'improvviso, facendogli venire un infarto, da almeno un paio di settimane. Infondo cominciava ad essere in ansia. Sperava che, almeno lei, stesse bene ed avesse semplicemente di meglio da fare, che non fosse venire ad importunarlo.

Dal canto suo invece, tutto andava piuttosto male, tanto che aveva perfino smesso di chiedersi il perché, troppo stanco anche solo per soffermarsi a riflettere sulla loro incomprensibile situazione. Forse anche spaventato, all'idea di scoprire la verità. Nonostante ciò sapeva che, prima o poi, ne avrebbe avuto bisogno. Proprio come ora sentiva di aver bisogno di lei...

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Capitolo 14
*** cap.14 ***


cap.14

 

Era trascorso quasi un mese, da quel giorno, un mese lunghissimo è difficile da sopportare.

Non riusciva proprio a dormire, per quanto ci provasse con tenacia. Era cocciutamente sdraiata sul suo letto, decisa più che mai a prendere sonno, senza però ottenere la benché minima soddisfazione quando, nel buio della notte e della propria mente, erano comparsi due occhi azzurri e scintillanti. In quello stesso momento era trasalita, totalmente impreparata e sorpresa di trovarli lì, così all'improvviso, dopo tutto quel tempo, dopo tanto silenzio.

Si era sollevata a sedere allora, un po' frastornata. Cercando la giusta concentrazione e richiudendo gli occhi, come ormai aveva imparato a fare in precedenza, li aveva nuovamente ritrovati, proprio di fronte a sé, o così almeno le apparivano.

Sembrava turbato... beh, no, a dire il vero sembrava proprio incazzato. Chissà che cosa poteva essergli capitato, questa volta? Non aveva nessunissima intenzione di intromettersi in questioni che non la riguardavano, quindi per un po' era rimasta semplicemente ad osservare, in disparte. Poi lui se n'era andato, con un po' di fracasso al seguito, e lei lo aveva seguito, discretamente, nella speranza che nel frattempo si calmasse almeno un pochino, abbastanza perché potesse avvicinarlo senza mettersi nei guai.

Invece lui, quel giorno, sembrava proprio fuori di sé dalla rabbia, e temeva che, andandogli incontro, avrebbe solo ottenuto di peggiorare le cose. Allo stesso tempo però, non voleva lasciarlo da solo, in quello stato. Aveva perciò continuato a seguirlo, con pazienza e senza fiatare né mostrarsi.

 

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Ecco fatto. Alla fine si era lasciato trascinare dalla disperazione e non era più riuscito a trattenere la propria rabbia. Così ora, molto probabilmente, lei lo odiava – se già non lo faceva prima – e non gli avrebbe permesso facilmente di tornare sui propri passi, almeno per provare a chiedere scusa.

Stava cercando di pensare ad un modo per tornare a casa, senza però farsi ammazzare. Al momento la sua testa era decisamente sottosopra, totalmente incapace di elaborare qualunque tipo di pensiero coerente.

D'un tratto, mentre si trovava assorto nei propri dubbi e in cupi piani di sopravvivenza, lei gli era apparsa davanti, all'improvviso e senza essere annunciata in alcun modo, e lui era a stento riuscito a trattenere un grido di sorpresa.

 

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Maledizione! Cosa ci fai, qui?!” -

Lei era trasalita, suo malgrado, per lo stupore nel sentire la sua voce così dura. Ciò nonostante non si era lasciata intimorire ed aveva fatto qualche passo nella sua direzione. Il viso di lui si era contratto e le aveva urlato contro, di nuovo.

Che cosa vuoi da me?! Va' via! SPARISCI!!” -

Si era bloccata sui propri passi, per qualche istante. Era titubante ed un po' intimorita. Si aspettava, sì, un'accoglienza poco entusiasta, viste le sue condizioni precarie, ma al contempo aveva sperato di poterlo avvicinare senza correre rischi. Ora però non ne era più così sicura.

Lo aveva osservato per un certo tempo, mentre lui era occupato a scrutarla, con aria vagamente minacciosa, evidentemente preparato ad aggredirla nuovamente – solo a parole, si augurava.

Dopo aver inspirato profondamente, riuscendo a ritrovare un po' di calma, le era ormai chiaro che non avrebbe corso alcun tipo di pericolo, se si fosse avvicinata ancora. Lui dopotutto non ce l'aveva affatto con lei. Era solo arrabbiato, e se la prendeva con l'unica persona, nei paraggi, disposta ad ascoltarlo. In definitiva, credeva di poter sopravvivere al suo malessere ed a tutto quel malumore dilagante che si portava dietro, al disprezzo che ora sembrava provare per lei, ma che in realtà era dovuto ad un'altra causa ben diversa. Così si era fatta coraggio, aveva ignorato il suo atteggiamento astioso e lo aveva raggiunto, con o senza invito.

 

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Quella donna. Che cosa poteva ancora volere da lui? Perché non lo lasciava in pace, una buona volta? Con tutti i problemi che si ritrovava, ci mancava solo questa storia assurda, a peggiorare la sua situazione già di per sé traballante.

Aveva tentato di spaventarla con le parole, anche se, quando lei si era bloccata e lo aveva guardato sorpresa, con quegli occhioni verdi, sgranati e confusi, lui già si era pentito di aver gridato e tentava, freneticamente, di trovare un modo per rimediare al proprio comportamento così irragionevolmente sgarbato.

Ma lei, contrariamente a quanto si sarebbe aspettato, invece di offendersi e dileguarsi nel nulla come sarebbe stato normale, non solo era rimasta, ma aveva perfino ripreso ad avanzare. Una volta raggiuntolo, le sue braccia esili si erano infilare sotto la giacca di pelle e lo aveva baciato...

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Capitolo 15
*** cap.15 ***


cap.15

 

A quel gesto, inatteso, lui aveva sgranato gli occhi, probabilmente sorpreso dal suo comportamento apparentemente inspiegabile. Quando era stata a corto di ossigeno e si era staccata, infine, dalle sue labbra così morbide ma, allo stesso tempo, imbronciate, l'aveva apostrofata con un contrariato;

Ragazzina testarda”.

Eppure, dal modo in cui le sue braccia la stringevano, non sembrava affatto gli dispiacesse poi così tanto, averla con sé, in quel momento.

Gli aveva sorriso, con la testa appoggiata al suo petto tiepido, e le sue dita si erano aggrappate al cotone della camicia bianca.

 

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La sua vicinanza gli aveva completamente e definitivamente annebbiato la mente.

Se adesso l'avesse lasciata andare via, probabilmente non si sarebbe più rialzato per molto, molto tempo. Ma lei non sembrava minimamente intenzionata a mollarlo lì, almeno a giudicare da come il suo corpo gli aderiva addosso. Perfetto, caldo e maledettamente invitante.

 

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Lui le aveva infilato le dita di una mano fra i capelli, facendola rabbrividire, tanto che le si erano rizzati tutti i peli. Poi si era chinato, tornando a baciarla e, quando si era scostato, lei lo aveva trattenuto per il collo e gli aveva mormorato;

Allora non devo sparire...?” -

Lui l'aveva fissata con sconcerto, era scoppiato a ridere e aveva scosso la testa con decisione.

No... Mi dispiace per quello che ho detto” -

Non importa...” -

Le sue dita, esili e sottili, gli avevano accarezzato una guancia, con delicatezza, e scostando alcune ciocche di capelli era rimasta ad osservare rapita quegli occhi azzurri per un tempo indefinito. Infine, all'improvviso ed in modo totalmente inaspettato, aveva ridacchiato.

Sono contenta di poter rimanere, altrimenti fare quello che ho in mente sarebbe stato un po' difficile” -

L'aveva fissata, sconcertato ed a bocca aperta, ma lei gliel'aveva richiusa con la propria.

Che c'è? Problemi?” -

Sì... Cioè, no... E' solo che, uhm...” -

Gli occhi verdi e divertiti della ragazza lo avevano studiato per qualche secondo.

E' il momento sbagliato?” -

Si era decisa a chiedere, nonostante i propri dubbi. Poi però ci aveva riflettuto un po' su e le era venuto in mente che;

Sì, forse hai ragione tu. Ti serve un po' più di tranquillità” -

Lui, a quel punto, aveva emesso un gemito di protesta, esclamando;

Ma io sono tranquillo” -

Sì, certo, come no. Ed io sono Brigitte Bardot”, lo aveva preso in giro -

Lui si era praticamente costretto ad allentare la presa sulla sua schiena, sospirando con un pizzico di delusione, negli occhi e nel cuore, ma lei, raccogliendo il suo viso fra le mani morbide e costringendolo a guardarla negli occhi, gli aveva parlato con calma – molta più di quanta entrambi realmente possedessero.

Non c'è motivo di essere tanto triste. Oggi ti sono capitati un po' troppi imprevisti, e non credo che sia lo spirito giusto per poter trascorrere del tempo insieme” -

Ma...”, prova a protestare lui -

Lei però riesce, ancora una volta, a prevenirlo, posandogli due dita sulle labbra e zittendolo nuovamente.

Ti chiedo solo di riposare un po' e riflettere. Quando ti sentirai meglio, se ancora sarai dell'idea e mi vorrai comunque con te, non hai che da farmelo sapere” -

Già... E come?”, sbotta lui, seccato -

Una risata sgorga dalle labbra rosa, “Strilla. Ho notato che ci sai fare, in questo”...

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Capitolo 16
*** cap.16 ***


cap.16

 

"D'accordo... OK... Rimani ancora un po' con me, però. Non te ne andare via subito" -

Stava per supplicarla, ma non voleva arrivare a tanto, non era assolutamente da lui. Sarebbe sembrato patetico e non aveva nessuna intenzione di darle questa impressione, anche se ci era andato molto vicino, troppo per i suoi gusti.

Lei gli aveva sorriso. La sua testolina si era mossa, impercettibilmente ,in segno di assenso e si era fermata con lui, sedendosi su un basso muretto ed aspettando, con pazienza, che si decidesse a parlare.

Perché in fondo era questo che lui voleva, anche se non lo sapeva. Non sapeva cosa dire e nemmeno come dirlo.

 

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Non voleva andarsene, né lasciarlo. No davvero. Ma non poteva avere da lui ciò che desiderava, né tanto meno pensare di offrirgli sé stessa in cambio, quando lui si trovava in condizioni così pessime. Avrebbe ottenuto solo di fargli del male e, di conseguenza, di fare a sua volta del male a sé stessa.

Quando l'aveva guardata, con quegli occhi tristi e delusi, non era stata certa di riuscire a cavarsela. Ciò nonostante, in qualche modo sembrava essersi convinto, così che lei, ora, poteva ancora rimanere al suo fianco, senza doversi preoccupare delle conseguenze.

Adesso lui aveva bisogno di parlare con qualcuno. Lei sarebbe stata disposta ad ascoltarlo, per il resto della giornata - ed anche per tutta la notte, se fosse stato necessario - Non aveva importanza. Le bastava stargli accanto, al resto avrebbe pensato in seguito.

 

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Quando aveva iniziato a raccontare, non aveva la più pallida idea di dove sarebbe finito. Ora, che avevano trascorso assieme gran parte del pomeriggio ed il sole stava iniziando a declinare, continuava a non saperlo. In fondo però non era poi così importante. Lei lo ascoltava in silenzio. A volte gli faceva qualche piccola domanda. Domanda che serviva a lui per trovare delle risposte accettabili ed andare avanti.

Si era sdraiato sul muretto, appoggiando la testa sulle sue gambe ed interrompendosi per un po', con gli occhi chiusi per poter radunare le idee con più facilità. Allora aveva sentito le sue dita su di sé. Lo accarezzavano piano, scorrendo fra i capelli.

 

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Aveva emesso un basso gorgoglio, al tocco della propria mano, come un piccolo gatto. Si era voltato verso di lei, sempre ad occhi chiusi, cercando una sistemazione che gli offrisse una vicinanza maggiore e facendola ridacchiare divertita.

Per diverso tempo era rimasta ad ascoltare la sua voce, che le raccontava dei suoi problemi, di una parte della sua vita. Forse, semplicemente, per tentare di capire cos'era successo in quegli ultimi anni, cosa aveva perduto, che tipo di errori aveva commesso e se esisteva qualche modo per tornare indietro e ripararli o, solo semplicemente, per andare avanti.

I suoi occhi, d'un tratto, si erano riaperti e l'avevano osservata a lungo.

"Devo andare" -

Le aveva detto, con calma ed un pizzico di rammarico nella voce.

Gli aveva sorriso, annuendo lentamente, "Lo so..." -

Avrebbe voluto aggiungere una domanda, ma temeva la risposta ed era rimasta in silenzio.

Lui però doveva comunque aver intuito i suoi pensieri e, dopo essere tornato a sedere, le sue labbra si erano distese in un sorriso un po' incerto. Con la testa reclinata di lato ed una strana lucetta che scintillava in fondo all'azzurro degli occhi, le aveva risposto;

"Ti aspetterò... Ogni volta che vorrai farmi venire un infarto, io sarò pronto ad accoglierti" -

Un'ultima volta le sue labbra si erano posate, leggere, su quelle di lei.

"Allora preparati" -

Lo aveva scherzosamente avvertito. Con un piccolo sorriso, era infine svanita, lasciando che lui ritrovasse da solo la strada di casa.

 

 

 

FINE...

Della Prima Parte...

(Proseguirà con “Illusioni”)

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