Edward Cullen: Eclipse of the Sun di Lady Alexandra (/viewuser.php?uid=31844)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il Tuo Cuore Fra Mille Cappucci Rossi ***
Capitolo 2: *** Into the Hell ***
Capitolo 3: *** My Damned Eternity. Parte Prima ***
Capitolo 1 *** Il Tuo Cuore Fra Mille Cappucci Rossi ***
Il tuo Cuore fra Mille Cappucci Rossi
Bella Swan era mia.
Mi apparteneva di diritto, perché
l'avevo attesa da cent'anni, riempiendo pile di diari nel tentativo di
placare il vuoto marcescente che il mostro aveva scavato dentro di me.
Il gioco inizia sempre in qualche maniera.
Due razze avverse s'incontrano, si studiano con
diffidenza, cercano di distruggersi oppure di assolversi. Che siano
Montecchi e Capuleti, Guelfi e Ghibellini, poco importa. La prassi
vuole che qualcuno s'innamori del nemico e che il nemico sia destinato
a perire nella tomba dell'avversario.
Lo scriveva Shakespeare, agli albori della sua
sfolgorante carriera. Lui che sapeva struggersi nella contemplazione
della Morte con la stessa intensità con la quale, ogni
notte, mi struggo guardandola dormire, rannicchiata al mio torace, come
un ingenuo cerbiatto fra gli artigli del carnefice.
Vita e Morte. Eternità e Attimo.
Per Shakespeare erano i punti cardini di
un'identica forza divina. Svariate energie, destinate a convogliare in
un microcosmo di anime e a mettere in subbuglio un'esistenza intera.
Mente aliena, quella del Bardo. Come aliene
furono le menti di migliaia di artisti e di poeti, sepolti in bare da
uomo nonostante possedessero facoltà inumane e sapessero
vedere oltre la natura infingarda delle cose.
Molti di loro, tra i Vati più celebri,
impazzirono nel rinnegare se stessi. Alcuni, semplicemente morirono
mordendosi la lingua fino al dissanguamento. Troppi ebbero l'ardire di
contrabbandare il dono della precognizione con il danaro e vennero
inghiottiti dalla terra, misteriosamente.
I Volturi non perdonano chi tradisce la Legge,
Per preservare la Casta dagli attacchi dei
Santoni e dalle isterie dei Fanatici sono capaci di giustiziare anche
un povero bevitore di prose, semmai dovessero reputare pericolosi i
suoi versi.
Li chiamano i Re Soli di Volterra ma è
Aro ad emettere il verdetto finale.
Il più potente dei tre. L'infallibile
corvo nero dagli occhi appestati di sangue.
Caius e Marcus presenziano accanto a lui, ma la
loro sacrale alterigia è uno sbuffo di polvere se paragonata
all'aura oscura che avvolge il grande Monarca.
Egli domina dall'alto, pur vivendo nei
sotterranei della città, in un budello medievale, ricco di
anfratti ma privo di qualsiasi via d'uscita.
E'laggiù che confluiscono intere masse
di turisti, dopo aver pagato il biglietto all'entrata. Bambini, donne,
uomini d'ogni età ed estrazione sociale vengono attirati
dalle bellezze segrete del luogo e alla fine del giro, Gianna, l'umana
alla quale i Volturi hanno promesso l'immortalità, li
conduce alle Stanze Reali garantendo al gruppo una tappa memorabile.
E così che i Volturi si nutrono. Ed
è così che gli esseri umani...scompaiono.
Ciclicamente.
Carlisle aveva soggiornato presso la Corte secoli
fa ed era stato lui a raccontarmi dei Volturi quando decisi che mi
sarei cibato solo di sangue animale perché non volevo
diventare un succhiasangue a tradimento.
- Fa
attenzione, Edward. Hanno orecchie e bocche ovunque. Se fai troppo
rumore, puoi condurli a te in meno di un secondo. Li ho visti all'opera
e ti assicuro che la loro arguzia è raccapricciante. Si
muovono come nobili, ma sono bestie nel vero senso della parola e
faranno il possibile per convincerti ad entrare nella schiera. Tu sei
un giovane vampiro con un grande potere. Ebbene...ti vogliono per quel
potere, Edward ma finché non disubbidirai alla Legge e non
commetterai errori, saranno costretti ad accettare la tua decisione di
vivere lontano dalla loro Reggia.
Durante il mio isolamento in Brasile, avevo a
lungo pensato ai Volturi mentre sedevo nell'ombra e pensavo a lei.
Avevo lasciato Bella definitivamente, convinto
che meritasse una vita migliore rispetto all'esistenza da martire che
potevo offrirle come mostro e mi ero isolato dalla famiglia.
Ma quando la solitudine incalzava e la sua
assenza mi perforava, il fiato dei Volturi tornava a fiatare sul collo,
in uno sfrigolio leggero di carta vetrata e fatue promesse.
Poi, una notte, il cellulare che avevo lasciato a
marcire tra la roba vecchia, squillò all'improvviso. Mi
convinsi a raccattarlo solo perché l'interlocutore all'altro
capo dell'altoparlante non si decideva a staccare la comunicazione.
- Ti avevo chiesto di non cercarmi, Carlisle...
- Non sono Carlisle....Edward.
La voce di Rosalie, nel microfono, suonava come
una beffa e mi pentii subito di non aver guardato il display prima di
accettare la chiamata. - Stammi ad ascoltare. Non riattaccare come al
solito...
- Che vuoi? - l'aggredii.
- Voglio soltanto dirti che devi smettere di
preoccuparti e che puoi tornare a Forks anche oggi stesso. I tuoi
problemi sono miracolosamente...spariti...
- Che dici? - Mi accigliai, sorpreso. Trovai una
spiegazione in una decina di probabilità che in quei lunghi
mesi di lontananza avevo sperticatamente vagliato e mai preso in
considerazione sul serio. - Bella...è partita? E'tornata in
Arizona...da sua madre?
Avevo parlato di fretta, in tono quasi meccanico.
Eppure, l'idea che fosse partita senza di me, per il dolore causato dal
mio abbandono, mi fece sentire un verme rognoso.
Dopo un breve silenzio, Rosalie aveva sospirato.
- No. Non è tornata da sua madre....
- E allora? - Ruggii. - Perchè perdi
tempo a giocare? Lasciami in pace...
- Non sto giocando, fratellino. Alice ha avuto
una visione...mi spiace....sul serio...
Il suo tono spiccio era calato improvvisamente.
- Ti spiace? Di cosa ti spiace? - Avevo alzato la
voce, incurante del piccolo popolo di uomini che abitava ai piani
inferiori. - Dimmi la verità! Subito...
- E'caduta, Edward...- confessò
spiccia. - Si è buttata dalla rupe di La Push di sua
volontà e la visione di Alice si è interrotta
quand'è arrivata nell'acqua. Tu lo sai...quanto sono gelide
le acque di La Push....
- Non è vero....non è
vero....
- Chiama Alice se non mi credi. E poi...di che ti
stupisci? Bella era una fragile umana. Tu l'hai mollata...e deve aver
pensato che un bagno fuori stagione l'avrebbe aiutata a dimenticare...-
La udii sbuffare. - Edward, non è colpa tua. Le avevi
chiesto di vivere ed ha preferito uccidersi...
In quel momento, impazzii.
Di vergogna. Di Dolore. Di pentimento. Di mille
cose insieme.
Staccai la comunicazione. Composi il numero di
Casa Swan, col fuoco nelle dita e le ossa della mascella che
raschiavano dalla tensione. Volevo parlare con Charlie, illudermi che
Alice si fosse sbagliata e che Bella potesse essere ancora viva.
A rispondermi fu Jacob, il figlio di Billy Black,
della tribù dei Quilleute. Amico di Bella con ben altre
mire. Aveva il timbro contrito, quasi irriconoscibile, e mi
liquidò bruscamente dicendomi che Charlie era al funerale.
Mi cadde l'eternità addosso.
Fracassai il cellulare nel palmo e lo buttai in
un cassonetto dell'immondizia.
Decisi che l'avrei fatta finita, cercando la
rissa fra gli animali del luogo.
Ma la rabbia e la devastazione si dimostrarono
così forti da permettermi di ridurgli in poltiglia uno ad
uno.
Morta Bella, che senso aveva l'esistenza?
Peccato fossi già morto da cent'anni e
mi toccasse assistere al mutare del mondo nei secoli in avvenire.
Maledissi la mia condizione più di
quanto non l'avessi maledetta dopo la trasformazione. Ero stato io ad
uccidere Bella. L'avevo spinta io sull'orlo di quel dirupo.
Se solo l'avessi cercata invece di limitarmi a
spiarla dietro gli alberi, quando si recava nel garage di Jacob col
visino scavato dalla magrezza. Se solo avessi avuto il coraggio di
chiamarla quando lui le aveva strappato un debole sorriso mentre le
mostrava le moto rimesse a nuovo....invece di ficcare le unghie nel
tronco e sfogliare la corteccia a causa della gelosia che mi ero
sentito montare dentro.
Se solo...
Niente.
Avevo distrutto ogni cosa di lei, grazie al mio
egoismo. E dovevo rimediare, distruggendo me stesso.
Partii alla volta dell'Italia e mi presentai al
cospetto dei Volturi, implorandoli di uccidermi.
Non fu necessario che raccontassi ad Aro la mia
storia.
Gli bastò prendermi una mano per
rastrellare la mente e scoprire che mi ero perdutamente innamorato
della mia preda.
- Uccidetemi. Non voglio vivere....- gli dissi.
Stavo digiunando da giorni e ormai le occhiaie peste formavano attorno
all palpebre un alone quasi grottesco.
- Quanto spreco di potere, Edward...morire per
un'umana. Solo perché lei non è stata abbastanza
forte da accettare la vita normale che le avevi offerto...- Avevo
intuito immediatamente che nessun componente della triade avrebbe
ottemperato alla mia richiesta. I loro occhi rossi saggiavano la mia
forza interiore e le loro bocche color rubino si atteggiavano in
sorrisi speculatori. - Stabilisciti da noi. Faresti parte della nostra
Potente Famiglia...come ne fanno parte Jane e suo fratello. I nostri
poteri saranno i tuoi poteri e il tuo potere sarà il nostro
potere.
Declinai. - No. Non voglio più essere
un vampiro...
- Lo sento il tuo dolore, Edward Anthony Masen
Cullen. E'profondo e struggente....a tratti commovente...ma capirai che
smembrarti non rientra nei nostri piani perché non sei un
vile traditore. L'unico peccato che hai commesso è stato
quello di perdere la testa per un'umana della quale avresti potuto
nutrirti. Capita sovente, sai? Più di quanto tu creda. Va a
riposarti, Edward...nutriti come si conviene alla tua natura. Poi,
torna fra noi a comunicarci la tua decisione...
Volevo morire.
Non c'erano altre decisioni da prendere ma
Carlisle non si era sbagliato su di loro. Erano furbi, interessati al
mio dono e non mi avrebbero smembrato neanche se avessi digiunato fino
a smagrire la mia corazza.
Spiai l'esterno da una grata.
Si affacciava sulla Grande Piazza dell'Orologio e
una folla di manifestanti, ammantata di rosso, affluiva al centro,
verso la Statua di San Marco, il Patrono che aveva scacciato i vampiri
dalla città dopo una gloriosa battaglia.
Peccato che la gente ignorasse che il loro
protettore avesse srotolato da secoli le proprie virtù ai
piedi dei Volturi, diventando parte integrante della triade,
nonché vampiro egli stesso.
Storsi la bocca.
Mostri.
Aro, Caius, Marcus...avrebbero fatto incetta di
buon sangue, quel giorno. Le prove del misfatto sarebbero state
scrupolosamente cancellate dai vampiri di ronda e Volterra avrebbe
continuato a crogiolarsi su un tappeto di allori, nella certezza di
aver debellato il male alal radice.
Decisi che avrei rotto l'equilibrio, colpendo la
Casata Reale nel tallone d'Achille.
Mi avviai al portone principale e contai i miei
passi strascicati finchè non mi ritrovai all'aperto, sotto
la luce del sole che stava inglobando doratamente la Torre Campanaria.
Mezzogiorno in punto.
Era l'ora in cui la luce mutava in una colata
incandescente e lo schiamazzo dei manifestanti copriva persino il
rumore dei rintocchi.
Mi sbottonai la camicia e la lasciai cadere
vicino alle scarpe.
Poi, smisi di pensare e scesi il primo gradino.
Il Sole arrivò in picchiata su di me.
Chiusi gli occhi, sollevai il volto, divaricai
appena le braccia e chiusi i miei ponti mentali.
Morire.
Riuscii a pensare solo a questo, nell'attimo in
cui il calore s'irradiò sulla pelle gelida e fece brillare
sul mio corpo una miriade di minuscole scaglie diamantate. Lo sentivo
scendere in una carezza sinuosa, coprire i muscoli e levigare
dolcemente la materia di cui ero composto.
Presto qualcuno si sarebbe girato, gridando di
terrore.
I guardiaspalle di Aro mi avrebbero trascinato
nelle segrete, dove sarei stato smembrato con l'accusa di alto
tradimento. Ed io sarei scomparso dalla faccia della terra, finalmente.
Respirai il sole per l'ultima volta.
Odorava di fresie appena sbocciate. Odorava come
lei.
Bella.
La mia Bella.
Nella folla ammassata, fra gomitate e bestemmie
di poco conto, mi parve di udire una voce pronunciare il mio nome ma la
debolezza che annebbiava i canali della mia mente m'impediva di
ripulirla dal ronzio della massa.
- Non farlo, Edward!!!! Ti prego, non farlo!!!! -
urlava.
Era l'unica voce, in mezzo alla baraonda di
tachicardie entusiaste, ad essere incrinata dalla disperazione.
Bella.
La Mia Bella....
Il Buio. Il Sole. La Morte.
Con le palpebre abbassate e la tiepida vibrazione
del ghiaccio che brulicava sulla mia pelle nuda, mi feci istintivamente
spazio nelle menti di alcuni manifestanti.
Una bambina bruna, attirata dallo sbrilluccichio,
si era voltata dalla mia parte e strattonava energicamente la manica
del padre. - Guarda, papà! Guarda come brilla!!!!
Attesi che l'uomo si girasse.
Volevo morire. Non chiedevo altro.
Morire, avvolto dal sole, come un mortale in
spiaggia.
Del panico che avrei generato...se ne sarebbero
occupati i Volturi.
Era facile prevedere la loro reazione, il loro
sgomento, mentre la copertura calava le braghe da quegli abiti
profumati di rinascimento italiano e gli abitanti avrebbero appreso che
i vampiri erano magicamente risorti dai tombini della città,
mescolati ai visitatori, agli uomini dabbene, in un giorno di festa
patronale.
All'improvviso, captai un lieve smottamento nel
gruppo di gente che sostava intorno alla fontana.
Una ragazza correva tra la folla, facendosi largo
a gomitate ed era entrata nella vasca per abbreviare il tragitto,
incurante delle proteste e dei graffi che rimediava ogni volta che la
massa si spostava e la sballottava da un'altra parte.
Sentii i suoi piedi calpestare l'acqua, il suo
giovane cuore pompare come se avesse avuto il diavolo alle calcagna.
Mi chiamò di nuovo.
Edward.
Potevo vederla di riflesso, al centro di una gran
confusione.
Aveva scavalcato l'altra estremità
della fontana e veniva verso di me, simile ad una di quelle visioni
tremolanti che erompono dall'asfalto quando la calura raggiunge il
picco.
I suoi capelli.
La sua voce.
Il suo odore.
Mi si gettò fra le braccia, con tutto
il suo peso corporeo, avvinghiando le gambe al mio bacino e
appendendosi alle mie spalle disperatamente.
- Apri gli occhi, Edward! Apri gli occhi!!!! -
Gridò così forte che mi scossi. Sollevai le
palpebre. Tremava contro il mio torace di marmo. Cercai di mettere a
fuoco i suoi contorni, abbrustoliti dal digiuno e dal sole. - Sono
viva! Guardami!!!! Torna all'ombra!!!! Torna all'ombra!!!!
Mi prese il viso tra le mani, sconvolta e con le
ginocchia puntate ai femori provò a spingermi all'indietro,
sotto l'arcata, dove la pietra avrebbe ammortizzato il sole ed un pazzo
vampiro innamorato avrebbe avuto salva la pelle.
- Edward, ti prego!!!! Spostati! Ti vedranno!
- Bella...- mormorai in tono impastato,
fissandola nei grandi occhi nocciola. I Volturi dovevano essere
intervenuti. Probabilmente ero stato fatto a pezzi e questa era la
Morte che avevo sempre sognato. Nessun dolore durante lo stacco degli
arti e della testa. Solo il viso di lei, solo la voce di lei, solo gli
occhi di lei, solo il suo splendido cuore in fondo al capolinea. - La
morte che ha rubato il miele del tuo respiro...nulla ha potuto ancora
sulla tua bellezza...- Sprofondai il naso nel suo collo, la respirai
intensamente. - Il tuo profumo...il tuo calore...! Questo è
il Paradiso...!
Ma Bella scosse la testa, mi appiattì
entrambe le mani sul torace, tentando nuovamente di spostarmi.
Dalla Torre campanaria, giunse il dodicesimo
rintocco.
Un boato esplose nella folla e la Statua del
Santo fu sollevata in alto, in maniera che tutti potessero contemplarla
a rendergli omaggio.
- Edward, non siamo morti. Siamo vivi!!!! VIVI!-
mi gridò lei, con le lacrime agli occhi. - Per
favore...spostati...entriamo dentro....I Volturi ci vedranno....!!!!
Un lampo di lucidità mi
destò del tutto.
Capii di averla tra le braccia soltanto in
quell'istante. E capii che era viva, pulsante, che tremava per me e che
l'affanno della corsa l'aveva resa caldissima più di quanto
ricordassi.
- Bella....- Mi mangiai le parole, dall'emozione.
Alle sue spalle, un gregge di cappucci rossi
avanzava dritto all'altare maggiore e molte teste avevano cominciato a
girarsi dalla nostra parte.
Il corpo di Bella mi faceva da ombra ma il sole
sul mio viso pizzicava i diamanti e li faceva brillare inumanamente.
Ancora stordito, immersi una mano nei suoi
bellissimi capelli sciolti e con un braccio la sollevai contro di me,
trascinandola nella penombra come se fossimo stati un unico corpo.
Non le diedi il tempo di aggiungere altro.
Mi avventai sulla sua bocca e la baciai.
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Capitolo 2 *** Into the Hell ***
Into
the Hell
Nessuno dei
due avrebbe dimenticato quel giorno di festa a Volterra.
Jane e Demitri ci avevano sorpreso nello spiazzo,
ordinandoci di seguirli nella Stanza Reale. Avevo cercato di rimandare
Bella fuori, ma ai Volturi non era sfuggita la piccola umana fragrante
che conviveva con i vampiri, infrangendo le regole.
Soltanto l'intervento di Alice era riuscito a
salvarci entrambi dalla punizione mortale. Mia sorella aveva mostrato
ad Aro la visione di Bella trasformata in immortale ed ora lui
attendeva assiso sul suo trono nero che il processo si completasse,
dando l'opportunità al clan di arricchirsi con una nuova
fonte di potere.
Volevano Bella. Volevano me. Una coppia di
vampiri succhiasangue al prezzo di uno.
Illusi.
Avrei tentato l'impossibile per salvare l'anima
di Bella dalla dannazione, a costo d'inimicarmi i Volturi e creare
disagio in famiglia.
Ormai avevo deciso.
Mai più lontano da lei. A meno che non
me l'avesse chiesto, guardandomi negli occhi, fino a convincermi che
noi insieme eravamo sbagliati e che il dolore fisico superava di gran
lunga quel barlume di felicità che spesso c'illudevamo di
raggiungere senza però riuscire a trattenerlo.
Eppure, l'amavo talmente che se fosse accaduto
l'irreparabile, avrei continuato a pedinarla a scuola, con gli sguardi,
leggendo nella mente dei suoi amici, cercando di attirare l'attenzione
in ogni maniera, giocando con la mia bellezza ultraterrena e la sua
debolezza mortale.
Ne ero capace.
Ogni notte, mi sarei seduto sul ramo
più vicino alla sua stanza, ad aspettare che rientrasse. E
sarei rimasto lì, a guardarla, a mordermi le unghie mentre
si spogliava distrattamente e si buttava stanca sulle coperte, dopo una
giornata trascorsa a studiare con le amiche.
Fintanto non si fosse innamorata di un altro,
l'avrei seguita, mi sarei consumato per lei.
Cercai di scacciare quel pensiero dalla mia testa
e mi rilassai contro la spalliera del letto.
Un altro.
Un altro, nella sua vita. Un intruso che la mia
parte bestiale avrebbe tentato di schiacciare e che la mia parte nobile
invece, avrebbe cercato di salvaguardare.
Fissai la schiena di Bella, il busto leggermente
curvato sulla scrivania e mi concentrai sulla massa dei capelli castani
che aveva raccolto e annodato sulla nuca, infilandoci dentro una matita.
Diteggiava velocemente, ma solo di rado gettava
un'occhiata al libro di testo che teneva aperto accanto a sé.
Probabile che chattasse con Reneé o le
scrivesse una mail riguardo agli ultimi preparativi sul nostro
matrimonio.
Procedevano a meraviglia, grazie alla
supervisione di Alice. Mia sorella si stava occupando del rinfresco,
degli addobbi, della cerimonia, degli inviti e coglieva i dettagli
meglio di quanto avesse potuto fare un esperto del settore.
Sorrisi automaticamente.
Fra due giorni, Bella Swan sarebbe stata mia
moglie. E non ci sarebbero stati i mutaforma a impedirmi di portarla
all'altare.
Perché farmi delle paranoie inutili?
Lei aveva preso una decisione. Quella di vivere
accanto a me e diventare una vampira a tempo debito.
Intanto, stavo componendo una nuova melodia.
Un notturno delicato, con inflessioni irruente,
che raccontava del nostro primo incontro a scuola, di quell'amore
pericoloso, che ci aveva condotti spesso e volentieri sul ciglio
dell'abisso.
Mancavano giusto gli ultimi accordi e gliel'avrei
regalata in tempo per le nozze, una volta atterrati col jet privato
sull'Isola Esme.
Uno squarcio di Paradiso, immerso nell'acqua
vitrea e il fogliame lussureggiante. Una mèta che Bella
ignorava, reperibile solo sulla mappa satellitare.
Magari l'avrei suonata al chiar’ di
luna, prima di farci l'amore.
O dopo.
Se fosse sopravvissuta.
Strinsi i denti e istintivamente li sfregai
nell'immaginarla nuda tra le mie braccia, con i canini che le si
piantavano nel collo contro la mia volontà.
Non era desiderio.
Era paura di strafare, di non sapere incanalare
gli eccessi, di lasciarmi guidare dal mio istinto.
Non ero certo che la bestia sarebbe rimasta a
bada.
Non quando sarei entrato dentro di lei, rompendo
la sua verginità.
Dovevo studiare un modo per evitare che l'odore
del suo sangue mi disinibisse del tutto e che il mostro facesse
irruzione nel mio mondo apparentemente controllato.
Lui mi avrebbe chiesto di ucciderla, come al
solito.
Era la prima delle urgenze che reclamava quando
la fame mi faceva diventare neri gli occhi e lei mi sbottonava la
camicia, seduta sul mio bacino, dicendomi maliziosamente che avremmo
dovuto fare le prove generali.
Dio! Quanto la desideravo...
Volevo allungare le mani su di lei ogni volta che
si avvicinava troppo e le fantasie delle ragazzine della scuola
tornavano a ronzarmi nel cervello. Anche se non conoscevo i pensieri di
Bella, ero convinto che non fossero poi così diversi da
quelli delle sue coetanee. E anch'io mi scoprivo molto più
umano nelle sere in cui, accoccolati sul letto, il suo profumo di
shampoo e sangue caldo occupava gradatamente gli spazi e s'infiltrava
nelle mie narici.
Per quanto ci conoscessimo, Bella s'imbarazzava
se restavo a contemplarla in silenzio.
- Perché mi guardi cosi?
- Perché non dovrei guardarti?
- e con l'indice le percorrevo la curva della guancia.
- Perché mi fai
sentire....come se non fossi di questo mondo...- rispondeva
dolcemente, arrossendo. - Invece sono solamente...
- Bellissima, ecco cosa sei....-
la interrompevo io, scivolando con la bocca dietro al suo collo e
annusandola, mentre lei rideva appena, quasi non mi credesse.
Ma per me, lo era.
Bella. Bellissima. Unica. E terribilmente
profumata di sangue e sensazioni.
Così, la leccavo appena, sulla vena
che batteva alla base della giugulare e che il fiato incalzante rizzava
contro le mie labbra.
Allora lei smetteva di respirare. E quando
smetteva di respirare, la mia voglia di lei si tramutava in veleno. E
il veleno in eccitazione. E l'eccitazione in calore.
E l'eccitazione in fame. E la fame...in sete.
Tutto di me, cambiava. A partire dalle arterie,
dal fondo della pietra che mi componeva.
Era come avere un focolare dentro.
Mi alzai dal letto, attento a non sollevare
l'aria e a non fare rumore.
Sapevo che mi avrebbe sentito comunque, che il
mio odore da vampiro era percepibile alle sue narici tanto quanto lo
era il suo alle mie.
In questo ci assomigliavamo io e lei.
Potevamo avvertirci a distanza, anche se
l'atmosfera restava rarefatta e le quattro mura di una stanza ci si
chiudevano attorno.
Mi avvicinai, a passi radi e felpati.
Non ero ben conscio di ciò che
spingesse il mio corpo a muoversi a due centimetri da terra
né della strana tensione che di colpo aveva intirizzito i
miei muscoli.
Volevo intrufolarmi nel suo piccolo cosmo
sovraccarico di energie, scoprire anche i recessi più
insignificanti che rendevano i suoi segreti inviolabili alla lettura
del pensiero.
Le fui alle spalle, giganteggiando sopra la
figura minuta.
Osservai metodicamente le sue dita pallide
diteggiare sulla tastiera e lanciai istintivamente uno sguardo al
monitor.
- Jake...so
che vuoi essere lasciato in pace ma...non ce la faccio. Dove sei, Jake?
Sei sparito senza dire una parola. Sento la tua mancanza. Ho bisogno di
parlarti. Jake, dimmi che la tua ferità si
rimarginerà...che la nostra amicizia non finirà
così...
Punti. Virgole. Sospensioni. E quel nome che
avrei voluto non leggere, in mezzo a righe tanto appasionate.
Jacob Black...
Non ero sicuro di odiarlo. Tuttavia, la voglia di
spappolargli la mascella rientrava nella categoria dei sentimenti
riprovevoli. Potevo farmela scivolare addosso quella sensazione ostile
e mutarla in gratitudine. Lui aveva salvato Bella dalle acque di La
Push. L'aveva aiutata a superare lo sconforto. L'aveva tenuta accesa e
in vita, meglio di quanto avessi fatto io, in quell'esilio forzato.
Era normale che lei ci tenesse. Era normale che
lui ...l'amasse.
Mentivo.
Semplicemente....mentivo.
Niente era normale, con Jacob che avanzava
arbitrariamente tra i miei spazi ed occupava la metà dei
pensieri di Bella.
Un grugnito di gelosia mi salì dallo
stomaco.
Bella sussultò, voltandosi di scatto.
Una vibrazione leggera nelle sue mani mi fece
intuire che sarebbe voluta uscire dalla sua casella postale con un
click.
Inutile solo provarci.
I suoi clik, con me, funzionavano come punture di
chiodi nel polso vivo.
E lei...lo sapeva.
Non sarebbe stata abbastanza veloce per i miei
occhi che saettavano ovunque nel raggio di un secondo, sdoganando anche
le trappole nascoste sotto a quel tappeto di emozioni umane che lei
usava come cervello.
- Edward...- La sua voce s'interruppe.
Per un attimo, mi fece piacere sentire il brivido
percorrerle la spina dorsale, la paura triplicarle i battiti.
Doveva capire che non sarei rimasto a guardare,
isolato dal mio bozzolo di marmo, come la statua che ero stato e che
lei aveva riportato a nuova vita nonostante le prime ritrosie.
Basta aspettare.
Volevo una riposta.
Volevo che mi dicesse fino a che punto era
disposta a sacrificare le sue ossa fragili, il suo amore fragile, i
suoi occhioni grandi e scuri, il suo rossore umano...in mio nome.
Serrai la mascella.
Stornai di nuovo lo sguardo sull'ultima frase
rimasta incompiuta, quella in cui lo pregava di ritornare, di farsi
vedere prima della cerimonia nuziale.
Tornai a guardarla.
- Ancora Jacob...
- Per...per favore, Edward...cerca di capire...
- Cosa devo capire? - Alzai la voce, piccato. -
Fra due giorni ci sposiamo...e tu sei impegnata a scrivergli come se
fosse un amico lontano che non vedi da anni e che vuoi rendere
partecipe della tua "gioia"?
- Lui...E' mio AMICO...- precisò lei,
dopo una pausa, restituendomi uno sguardo più serio. Mi
coprì la mano che avevo distrattamente poggiato sulla
superficie dello scrittoio, accanto alla tastiera.
Calda e tremante, la sua mano.
Avrei potuto stritolargliela in qualunque
momento, salvo pentirmene domani e pregarle il perdono in ginocchio.
Era in trappola, stretta fra le mie maglie. Non
poteva scappare né liquidarmi con il solito discorso da
umana incompresa, in pena per la sorte del suo cagnolino speciale.
- Tu lo ami. Non quanto me...ma lo ami. - Mi
accorsi all'improvviso che quelle parole avevano il sapore rugginoso di
una vecchia tagliola in mezzo ai denti. Da predatore a preda. L'amore
che nutrivo, assieme alla rabbia che covavo, avevano la prontezza di
ribaltare la situazione, facendomi sentire inappropriato al suo
contesto. - Secondo te dovrei tornarmene sul tuo letto mentre tu sei
qui che mandi una mail in cui gli dici che hai bisogno di lui?
- Edward...io....
Sfilai la mano da sotto alla sua. La presi per le
braccia e la feci drizzare in piedi.
- Bella, io ti amo...lo capisci? Vorrei essere al
centro del tuo mondo ora e per sempre...ma non puoi illuderti che possa
comprenderti, fingere di non vedere, di non sentire...quando ti
allontani da me e vai da lui. Ogni momento che gli riservi,
è una porta aperta per Jake ed una cancellata di ferro
sbattuta sulla mia faccia.
- Ti stai arrabbiando...
- Era questo che volevi? Che mi arrabbiassi?
- Si...- ammise lei in tono quasi convincente.
Le sorrisi, freddo.
Intensificai la stretta.
Lei gemette ma non era del suo dolore che mi
preoccupavo. Sapevo che l'avrebbe sopportato benissimo. - Non m'importa
di apparirti meno nobile di quanto dovrei essere. Sono stufo di essere
nobile, Bella...
- Edward...credimi...- Lei mi cercò
con i suoi occhi tremanti. - Ho solo paura per Jake...da quando
è sparito...nessuno sa niente...neanche la sua gente! E se
avesse commesso una pazzia?
- Tu cosa faresti? - La bloccai nuovamente. -
Piangeresti sulle sue spoglie e mi diresti che col suo cadavere ai
piedi ti sembrerebbe più giusto rinunciare al resto?
L'avvicinai al mio torace.
Il calore provocato dal veleno che agiva nel
corpo stava cumulandosi nelle mie arterie siderali.
- Non essere crudele! - avvampò lei,
come se avessi appena pronunciato una bestemmia.
- Dimmi. Lo faresti? Rinunceresti a me nonostante
lui ti abbia detto chiaramente che avrebbe preferito saperti morta
piuttosto che trasformata nel mostro che sono io???
- Edward...lasciami...mi stai facendo male! - si
lamentò, arricciando le labbra in una smorfia.
- Sei tu che mi fai male....- recalcitrai. - E se
conosco Jake la metà di quanto tu lo conosca, direi che
è troppo furbo e troppo attaccato alla vita per buttarsi in
un burrone...
La mia voce si abbassò, lasciando sul
terreno una pozzanghera brulicante di punti di sospensione.
Stringerla. Provocarle dolore. Destarla da
quell'apatia con la quale si strusciava, tanto forte da poterla toccare
con le mani. Rivoltarla come una coperta e scoprirci sopra le zannate
di un pulcioso che odorava di fogna. Ecco ciò che avrei
dovuto fare sin dall'inizio.
Notai lo sguardo di Bella offuscarsi, quasi
l'avessi schiaffeggiata a sorpresa e non sapesse decidersi se avercela
a morte col sottoscritto o affrettarsi a mettere ordine nei propri
cassetti cigolanti.
- E'la prima volta...che me lo dici...-
mormorò piano, sconvolta dalla mia espressione, magari da
quello stesso dolore che in tanti momenti tra noi avrei dovuto
mostrarle, senza fingere che l'erba alta e le viole della radura
limitassero la mascherata, aiutandomi a non colpirla laddove la mia
bestia interiore voleva.
Al cuore.
Restammo in silenzio, in un buio sospeso che
sarebbe stato soltanto nostro anche nei mesi in avvenire, anche se
fosse andata a finire male, col matrimonio saltato in aria e il viaggio
sull'isola abbozzato su un cartoncino in pergamena.
Non le staccai gli occhi di dosso.
Il crepuscolo che affossava Forks dietro le
campagne gettò un'ombra arancione sulla finestra che si
affacciava ai piedi del letto e indorò la figura di lei,
artigliata alle dita di un innamorato assassino.
Mi atterrì la sua fragilità.
Era soffice come un cumulo di lenzuola
stropicciate. Come un piumone nelle sere d'inverno gelido. Come il
fuoco dentro ad un camino.
Abbassai il volto nel suo collo. Sfregai la punta
del naso nella mascella. Con le labbra le sussurrai nell'incavo
dell'orecchio: - Bella....Bella... Bella...lo so che ti mancano mille
cose di me...- Avevo la voce roca, imperfetta, emozionata. La udii
sospirare, poi trattenere il fiato per meglio ascoltarmi e subire il
mio assalto. Le picchiettai di baci la cartilagine calda, percorsi il
perimetro di ossa sottilissime che conduceva fino al lobo. Sentii la
sua paura abbassarsi e la sua eccitazione elevarsi. - So che avrei
dovuto darti ciò che lui ti avrebbe dato senza alcun
problema. So di essere la causa scatenante della tua confusione. Come
so di aver permesso che ti avvicinassi a quel modo a lui...
- Edward...- Pronunciò il mio nome in
un soffio.
Me ne beai.
Le baciai l'interno del timpano. La sentii
rabbrividire di piacere. I suoi avambracci si rilassarono fra le mie
dita. Le sue ginocchia scricchiolarono.
La tenni allineata al mio petto, in maniera tale
che toccasse il pavimento con la punta delle scarpe.
- Ti ho chiesto di scegliere...ti ho detto che mi
sarei rassegnato se avessi cercato con Jake una felicità
più umana rispetto a quell'eternità che vuoi e
che io disprezzo...ma mentivo. Ti ho sempre voluta per me. Sempre. E ci
saresti stata sempre, fino alla fine, come un chiodo fisso, incassato
in una parete che nessuno si preoccuperà di abbattere o di
riverniciare...- Con la bocca, mi spostai sulla sua guancia sinistra.
Sfregai la mia su quel tratto di pelle morbida. Godetti del sangue che
la stava facendo abbrustolire da dentro e la gioia di sapere che la
scaldavo con le parole, col mio profumo, col mio amore mi
accartocciò i sensi, svettandoli in alto, in una matassa di
fiamme rovinose e piacevoli da sopportare.
Le
arrivai alle labbra.
Le cercai gli occhi.
Bella aveva abbassato le palpebre ed aveva
un'espressione da bambina angelica, che dondola pacificamente
sull'amaca dell'oblio. Le riaprì, rispose al mio sguardo,
divise la labbra quando con la bocca mi appoggiai su di loro e
cominciai a sfiorargliele in circolo, come solevo fare quando volevo
ghermire le sue difese ed abbattergliele. - Voglio che tu sappia che
anch'io...posso essere come lui...- le dissi, in tono arrochito. Le
succhiai il labbro superiore, poi quello inferiore, gustandomi la
pellicola di saliva che glieli inumidiva. - Caldo come lui...e che ti
desidero come lui...anzi...più di lui...pazzamente, Bella
Swan...tanto da sentirmi spezzare...tanto sentirmi annullare...
Lei provò a parlare, ma era nel mio
mondo ormai.
Precipitata nei miei buchi neri, nelle mie
pleiadi luminose e ghiacciate, tra le mie catene forgiate dal fuoco e
dal veleno.
Mi lasciai sopraffare dal battito del suo cuore.
Musica idilliaca.
In quella stanza angusta, nella piena fiorescenza
del tramonto, suonava in un ritornello tribale, privo di pause. Un tum
tum gutturale e sordo che le gonfiava i piccoli seni e sollevava la sua
cassa toracica contro la mia.
Con una mano, le presi la nuca.
Tra le dita, avvertii il suo sangue pulsare
freneticamente nei capillari.
Tirai via la matita, gettandola lontano.
Captai la punta dell'oggetto urtare sul pavimento
e spezzarsi con un leggero crak.
La mia eccitazione crebbe.
Ai vampiri, serve un segno. Un rumore di legnetti
che si frantumano, di cuori tumultuosi, di respiri ansanti...e la fame
aumenta di botto.
Le sciolsi le ciocche, le afferrai nel mio palmo,
in un pugno da padrone e le feci inarcare la testa all'indietro.
Bella annaspò. Era sconnessa, mentre
mi lasciavo andare in lei, dicendole cose che mai le avrei detto se non
fossi stato così disperato e bisogno di saperla mia.
Provava a chiamarmi, ma non per tenermi a bada.
Le sue mani calde mi avevano raggiunto le spalle,
le sue unghie si erano conficcate nel tessuto della maglietta.
Aprì la bocca in un singulto che
sembrava un orgasmo latente e senza rendermene conto entrai con la
lingua nel suo palato.
La leccai dolcemente, frizionandomi al contatto
di quella saliva piena di terminazioni nervose e quando anche la sua
minuscola lingua mi venne incontro qualcosa si spense nella testa.
Premetti la bocca. Chiusi tutti i minuscoli spazi
aperti intorno agli angoli e benedissi le fiamme. L'inferno. Il
ghiaccio. Il fuoco. Ogni cosa che provenisse da me, da lei, e si
avvitasse in un'unica spirale.
Bella gemette.
Si avvinghiò alle mie spalle.
Con l'altra mano, seguii la curva della sua
schiena, mi fermai sul suo gluteo, glielo palpai dolcemente.
Poi, glielo strinsi, braccandola in modo che
restasse incollata a me, distante da ogni via di fuga.
Non badai al caro prezzo che avrei dovuto pagare
se il mostro avesse rotto la chiave, pretendendo la morte della ragazza
che amavo.
Ero concentrato sul desiderio che induriva il mio
sesso, sulle papille mie e sue che interagivano, sulla saliva di lei
che mi bagnava la bocca dentro e fuori. Sul veleno che setacciavo nel
suo palato e che Bella leccava come un minuscolo cucciolo affamato.
La feci girare di spalle al monitor. Con la mano
premuta sul gluteo la issai contro il mio bacino e la trascinai di peso
sulla tastiera.
Cadde il collegamento internet e lo schermo
andò in stand by, emettendo un lieve sfiatare dai fori di
ventilazione.
Iniziai a respirare forte.
La baciai con un trasporto che credevo di
possedere.
Con le mani libere, afferrai il mouse, i libri di
testo e le penne disposti accanto alla tastiera e li rastrellai
bruscamente finché toccarono terra in una serie di tonfi di
diversa intensità.
Ansimava Bella, fra le mie braccia nodose e
riscaldate.
Era mia.
Era infuocata per me.
Ed io...ero infuocato di lei. Dal petto
all'inguine, nelle ginocchia, nei femori, nelle piante dei piedi. nelle
mani, nei polpastrelli, nelle gengive che formicolavano di veleno,
nella lingua che la cercava e la leccava occupando il territorio con
frustrate umide e letali.
Fame.
Fuoco.
Fame.
Diventarono entrambi ingestibili.
Mi pizzicavano nei jeans, nella maglietta, nelle
scapole a cui le unghie di Bella erano abbarbicate.
Qualcuno bussò alla porta.
In quell'istante, mi resi conto di aver
cominciato a grattare i canini sulla polpa del suo bordo gengivale e
che una stilla di sangue era finita tra le nostre lingue.
Mi staccai immediatamente, con un ringhio
d'insoddisfazione.
Charlie bussò nuovamente. -
Bella...tutto bene? Stai pensando di rimodernare la stanza oppure
è solo un modo per sfogare le tue ansie da futura sposa?
La battuta venne intervallata da un sommesso
sghignazzare.
Bella sbatté le palpebre.
Aveva le guance arrossate, il fiato che
s'interrompeva a scatti e riprendeva velocemente.
Alle sue spalle, lo schermo nero del pc
somigliava ad una grossa macchia da 17 pollici sul nome di Jacob Black.
Era sparito in un colpo, come bramavo sparisse il
suo contorno di mutaforma spocchiosi, sempre in vena di piantare le
tende su pendii scoscesi che portavano il cognome dei Cullen.
Charlie bussò di nuovo. - Bella? Tutto
ok?
Lei si riebbe quel tanto per rispondergli: -
Si...Charlie...ehm....- Si accorse della poltiglia di penne, temperini
e libri finiti sul pavimento e il rossore le arrivò in cima
agli occhi. - Ho fatto un pò di casino, in
effetti...ehm...niente di così terribile...
Mi osservò, stranita.
Cercai di rilassarmi, ma le sue labbra bagnate
non mi rendevano facile l'impresa.
- Meno male. Ti va di parlare? Una chiacchierata
veloce magari. Per allentare la tensione...
Bella scosse la testa.
Aveva intuito dal colore abbrustolito dei miei
occhi che mi sarei fiondato nei boschi, a cacciare.
- No, Charlie. Non te la prendere...- Mi
arpionò le mani sulle spalle, impedendomi di muovermi come
se davvero fosse stata in grado di farlo. - Vorrei riposare...-
mentì.
Dai suoi occhioni nocciola, trasudavano le
emozioni.
Io, sentivo soltanto fame.
Dolore.
E fame.
Voglia di aprire le fauci e ingoiare una creatura
appetitosa.
- Ok ok! Messaggio recepito! - fece Charlie
allontanandosi dalla porta. - Vado a guardarmi la partita...ma cerca di
legarti le mani al letto. Vorrei trovarmi con un tetto sulla testa
domattina...ehehheheh...
Quando l'uomo se ne andò, tornammo
soli al centro di una stanza che fibrillava di veleno e saliva. Di
corde sensoriali che avevamo rischiato di allungare allo stremo e
rompere.
- Devo uscire di qui. Immediatamente. - le
comunicai sbrigativamente, torturato dalla sua succosità.
- No...- rispose lei, tirandomi il colletto della
t-shirt verso di sè. - Non lasciarmi. Stanotte ho bisogno di
te...
Deglutii. - Bella...per il tuo bene, non provare
a convincermi del contrario.
Lei sfregò il suo naso sulle mie
labbra calde e pulsanti. - Dio, Edward...! La tua passione...il tuo
calore...
- Ssshhh...- l'azzittii. Le presi il volto tra le
mani. - Tu mi rendi vivo, Bella. Fai battere il mio cuore anche se
l'eternità l'ha ucciso da secoli...ma questo calore devo
imparare a gestirlo...subito...se voglio darti TUTTO ciò di
cui necessiti e di cui necessito io...- La baciai appena. Inalai a
boccate il suo odore. Fu come se un'arpia mi azzannasse al petto,
penetrando i denti nella mia pelle doppia. - Fammi andare...- ripetei
in una preghiera. - Starò via poco. Nemmeno te ne
accorgerai...
- Me ne accorgo sempre...- confessò
lei, baciandomi a sua volta con la stessa delicatezza.
Sgregò nuovamente il naso nell'incavo minuscolo in mezzo
alle mie labbra, mi leccò un canino, timidamente. - Ogni
minuto senza di te...mi riempie di terrore...
Mi appropriai delle sue mani che tremavano. Le
sfiorai le nocche con altri baci. Le sprofondai negli occhi
affinché cogliesse la fame tormentosa che li investiva e
m'invitasse a sfogarmi nei boschi di Forks, prima di tornare nel suo
letto,c he poi era anche il mio letto. - Non ti lascio un'altra volta,
Bella...- le promisi. - Non dopo che la devastazione di questo amore mi
ha reso perfettamente consapevole di quel che sarei disposto a fare pur
di averti per sempre al mio fianco...
- Edward....- Le si riempirono le pupille di
lacrime. - Ti amo...io amo te! Solo te...te lo giuro!
Potevo anche bruciare nel riflusso di quelle
parole bellissime, cariche di elettricità. Ma era
più grande il desiderio di restare in vita e arraffare tutti
i tesori che la dolce ed umana Bella Marie Swan era disposta a regalare
ad un vampiro senz'anima, dimostrandogli che quando due supernove
s'incrociano nello spazio e urtano all'unisono, vale la pena di
assistere all'esplosione prendendovi parte direttamente.
- Ti amo anch'io, Bella...- le dissi, mentre lei
allentava la presa sul colletto della t-shirt e mi lasciava andare,
rassegnata. Raggiunsi la finestra, pronto a scavalcarla. -
Tornerò prima che si faccia notte e resterò con
te fino all'alba...per poi uscire nuovamente da qui alle prime ore del
mattino e rientrare dalla porta principale come se mi fossi mancata per
un giorno intero....
My
Darkness Poetry
Quella
fu la mia notte.
Balzai
nel bosco, fiutai i puma più profumati, li rincorsi, li
acciuffai uno dopo l’altro.
Combattei
contro di loro, gettandomi nel branco. Li afferrai ai colli, tesi la
pelliccia fino a far irrigidire il muscolo che stava alla basa della
nuca.
Dal
primo all’ultimo li udii gemere di terrore tra le mie mani
che tenevano ferma la preda e tra i miei canini che
s’infilavano rudemente nella carne selvatica e muschiata.
Dilatando
le narici al massimo, inoculai in me l'effluvio saporito del sangue che
schizzava fuori e bevvi.
Come un loro pari. Come un animale che aveva smarrito i propri
connotati da uomo.
Non mi sentii un vampiro. Neanche un mortale.
Ero totalmente asservito all’istinto. Libero dalla legge.
Libero da me stesso.
Coinvolto da quella fame smaniosa che mi contorceva lo stomaco e mi
faceva ruggire anche solo respirando.
Svuotai un puma. Mi avventai sul secondo. Svuotai il secondo. Mi gettai
sul terzo. Svuotai il terzo.
Riservai la stessa sorte agli altri del gruppo che ronzavano
sinuosamente intorno a me, a zampate leggere sul terreno frollo,
studiandomi come la bianca creatura venuta dal bulbo della notte ad
estinguere la loro superba razza.
Mi nutrii, desiderando lei dentro di me, al posto del loro sangue
rovente e rabbioso. Immaginando il suo giovane corpo piegarsi tra le
mie braccia e abbandonarsi alla mia sete.
Bella.
Il mio amore.
Bella.
La mia ossessione.
Bella.
La mia rovina.
Bella.
La mia…Redenzione.
Ce l’avrei fatta a salvarla da me quando saremmo stati nudi
in un letto? Lontani dalla barricate della mia e della sua famiglia? In
un’isola che era un gioiello della Natura e che in meno di un
secondo avrei potuto trasformare in una tomba di sangue?
Mangiai. Divorai. Non ebbi pietà per quelle povere bestie
che si accasciavano ai miei piedi e concludevano i loro ciclo vitale
con un miagolio stanco o un ruggito tanto debole da mescolarsi allo
sciabordio dell’acqua.
Solo a luna alta, la fame trovò il proprio sfiatatoio e
l’ultimo puma, il più giovane di
un’intera famiglia, morì dopo una lenta agonia.
Mi ripulii giù al lago.
Avevo la bocca lorda di rosso, i denti sporchi di brandelli di carne e
sangue, il fiato appesantito dalla battaglia.
Spiai il mio riflesso sul pelo dell'acqua, prima di raccoglierla nei
palmi e buttarmela sulla faccia.
Da quanto non m’impiastricciarsi così,
l’avevo quasi scordato.
Ma quella notte, punterellata di stelle e scavata dalla luna, sarebbe
stata la notte d’addio a l’essere animale che ero e
che avevo rifiutato a prescindere, dal giorno in cui
l’inferno mi aveva riportato a galla, su una lettiga di
scintille, obbligandomi a sopravvivere da mostro.
Tornai da Bella, arrampicandomi sull’albero che si affacciava
alla sua finestra e con uno scatto fulmineo m’introdussi
nella stanza.
Aveva lasciato le imposte aperte.
Il venticello fresco penetrava dall’esterno, smuovendo
delicatamente le tendine viola.
Mi colse un’immane tenerezza.
Lei
dormiva.
Accucciata in posizione fetale, con le ginocchia al petto, le braccia
avvolte al cuscino alla sua sinistra, quello che usavo per appoggiarmi
una volta che arrivavo da lei ed aspettavo che uscisse dalla doccia o
sbrigasse le sue faccende umane.
Lo sprimacciava indolentemente contro una guancia, il naso dentro la
stoffa che rubava scaglie del mio odore in sniffate che solo le mie
orecchie potevano recepire.
La raggiunsi.
M’inginocchiai al capezzale.
Le scostai una ciocca dalla fronte. Le sfiorai con un dito la curva
della guancia.
Dall’alto, la Luna pennellava sfiziosi arabeschi sul lenzuolo
ed il suo lucore tubolare si appoggiava sul mio dito, seguendo i
minuscoli cerchi concentrici che stavo disegnando sulla pelle della
donna che amavo.
Iniziai a filtrare nel mondo di Bella, a voce bassissima, come un ladro
di merendine o di stelle, o di ponti o di navi fatiscenti, certo che
ovunque si trovasse mi avrebbe ascoltato.
“Non sei sola. Non lo sarai più. Sono
qui. Sposami, Bella…anche da mostro. Sposami.
Odio e rancore, mestizia e gelosia li manderò a spazzare
lontano.
Dimmelo e ne avrò la forza.
Sposami.
Perché oltre Te, altro non esiste.
Perché sei seduta in me da tempo e ti ho fatta Regina di un
ostello prima ancora di sapere che saresti giunta nella mia vita
maledetta.
Sposami. Oggi. Per sempre. Per l’eternità che
dovrà venire.
Sposami e nessuno varcherà la soglia di questa sgangherata
caverna arida che è il mio cuore e che lascio volentieri
vuota perché a riempire tutti gli anfratti ci sei tu. Tu
nelle serate d’estate.
Tu nelle notti d’inverno.
Tu nei solstizi di neve e in quelli d’erba fresca.
Tu nella schiuma che sale dal ventre dei boschi.
Tu nella rugiada che mette a bagno le foglie.
Sposami, Bella Swan.
E sarò Tuo finché Dio terrà in piedi
la Notte e le mie dita saranno le tue dita, così come i miei
occhi saranno i tuoi occhi.
Nel Bene e nel Male.
In Ricchezza e Povertà.
In Salute e Malattia.
Al di là dell'umanità che ci divide e ci avvicina.
...
Non temere di nulla.
Da vampiro, ti amo di un amore struggente.
Ma da umano…ora lo so…
T’avrei amata di un altrettanto struggente amore.”
|
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Capitolo 3 *** My Damned Eternity. Parte Prima ***
Edward e la sua
Immortalità.
Ci pensavo dal momento in cui
per caso scrissi la prosa "Mia Fosca Signora", resa possente dalla voce
di Ivo De Palma che si offrì gentilmente di recitarla e
video elaborarla. L'altro giorno mi sono ritrovata a leggere una perla
di sangue dedicata ad Edward Cullen. Piccole frasi, acuminate come
punteruoli, nate sempre per caso in quei cinque minuti di folle
ispirazione.
Abbiamo visto e letto di
Edward in tutte le situazioni.
Sappiamo che non voleva essere
un vampiro, che ha odiato la sua mostrosità
finché l'entrata di Bella nella sua esistenza ha lenito i
tormenti, lasciandogli intravedere uno spiraglio di luce nella tenebra.
In Damned Eternity, lo
ritroviamo in Alaska, in un punto imprecisato del Midnight Sun, in cui
incontra Tanya e potrebbe decidere di affrontare diversamente il
proprio Destino. Qui Tanya non c'é perché ho
immaginato quella terra gelida come un immenso confessionale.
In compenso c'é lei.
Spero vi piaccia.
Ps: Molti mi chiedono se Eclipse of the Sun avrà dei
seguiti. Era stata concepita come una one shot auto conclusiva e tale
doveva restare. Ma l'affezione che porto al Midnight Sun che forse non
avremo la fortuna di leggere scritto dalla Meyer, mi spinge talvolta a
trasgredire me stessa e a dare voce a questo personaggio meraviglioso
che nei libri, tralasciando Twilight, non ha avuto lo spazio che a
parer mio meritava. Mi preme dirvi che si
tratterrà di pagine di diario non consequenziali
perché le scriverò man mano che mi
verrà in mente l'idea di argomentare su Edward in una
determinata circostanza. Buonanotte...
My
Damned Eternity
"In cambio di un bacio che profumi di vana speranza, io ti offro
l'Esistenza Eterna.
Non muteranno le tue
carni.
Si farà
doppia la tua bellezza.
Finché io
esisterò, resterai giovane e forte.
Sarò tua
Madre. Sarò tuo Padre. Sarò il tuo Principio. Il
tuo Osso Nuovo. La tua Velenosa Speziale.
Però
rammenta bene, fragile umano: da mio non potrai sfuggire alla
Dannazione.
Coloro che oggi
avranno la sfortuna di sopravvivere a quest'atroce guerra, saranno
spacciati domani.
E tu li osserverai
cadere. Uno ad uno, senza poter compiere un solo gesto per salvarli.
Scomparirà
la tua generazione. Le lapidi dei tuoi avi se le mangerà la
dimenticanza, il tempo piegherà le assi che ora tengono
dritta la tua casa e le fondamenta si sbricioleranno.
Nel petto, ti si
apriranno vuoti incolmabili. Calanche scoscese dentro le quali i
ricordi si accatasteranno disordinatamente, simili a mummie
spellicciate da una Morte orrenda.
Ti parrà
d'impazzire.
Ti starò
accanto quando accadrà, Edward.
E qual'ora il
tormento dovesse spingerti a cercare la fine, sappi che non l'otterrai
sfracellandoti con le tue stesse mani.
Soltanto io posso
ucciderti.
Il che non
avverrà. Poiché ai miei mostri, alle mie carogne,
ai miei vampiri non rinuncio facilmente. Sono il frutto dei miei baci
maledetti. E come tali, li accetto sia nella buona che nella cattiva
sorte.
Abbandona il tuo
sudario terreno, anima derelitta e lasciati cullare dalle mie Nottate
infinite!
Avrai di che
pentirtene...e di che gioire."
________________________
Ghiaccio. Oscurità. Vuoti crepati all'interno, dove rigagnoli di sangue caldo scorrono tanto lentamente da riempire solo un decimo delle mie arterie.
Perderò il controllo sulla materia? Sulla mia ragione? Accadrà senza che me ne accorga? O avrò il tempo di comprendere che sto barattando le mie paure per trasformarmi in una creatura potente e tentacolare?
Temo l'ignoto. Quel che non é più e quel che potrebbe essere.
Un tempo, anch'io ho ucciso. E bevuto il sangue sporco dei delinquenti fino ad avere la bocca piena.
Credevo che salvare gli innocenti dalle rapine e dai tagliagole bastasse a suggellare il patto d'alleanza fra la mia abominevole condizione e l'inevitabilità degli eventi.
Sbagliavo.
Una notte, dopo aver salvato una giovane coppia da un ladro, lo azzannai al collo e lui mi guardò, nell'ora della morte, come si guarda un proprio simile, un reietto della società, sbucato dal niente per rivendicare il territorio al suo posto.
Fu attraverso l'orrore che lessi in quelle pupille dilatate che capii di essermi trasformato in Bestia mio malgrado e che eliminare i balordi dalla società era solo un passaporto veloce che consentiva alla mia natura di raccattare ciò che bramava, senza pagarne lo scotto.
Mia Dannata Eternità, non voglio che accada di nuovo. Non voglio mutare in feccia adesso che uccidere é diventato troppo facile.
Vedo i tuoi figli gettarsi nella mischia. Divertirsi a massacrare bambini, vecchi, giovani spose, ragazzi nel fiore dell'età, malati di mente. Li vedo succhiare la loro linfa al pari di un animale tenuto a secco da una settimana e bere persino il loro midollo. Li vedo saziarsi ed avere fame di nuovo..
Ricominciare nonostante abbiano appena terminato.
Mi rifiuto di imitarli, anche se aspetti da oltre un secolo che in me si completi la mutazione..
Posso intuirlo dal tuo respiro
affrettato, quando vieni da me e immergi la bocca nel mio collo. O
quando infili le dita gelide fra i capelli, baciandomi le ciocche con
la devozione di una pudica vestale. O quando te ne vai stizzita, in una
nuvola di vapori, lanciandomi anatemi che somigliano a coltellate
imbevute di petrolio e fuoco.
Per questo torno
quassù ogni volta che la fame, la sete e l'impazienza
grugniscono ferocemente dal mio stomaco.
L'Alaska é la
prigione di tutti gli istinti. Grazie alle sue lande desolate ed alle
sue fiere passive, sono in grado di equilibrare quel poco di
razionalità che mi é rimasta dal giorno in cui ho
smesso di essere Edward Anthony Masen.
Riesco a respirare, a
liberarmi dalle tue voglie, dai tuoi eccessi sensuali.
- Rassegnati....sono
più ostinata della tua mente, amor mio. Io so cosa ti
accade. Cosa stimola i tuoi nervi. Cosa rinfocola il tuo
corpo….
Ridi maliziosamente e mi
avvolgi nelle braccia.
Parte della tua splendida chioma scura cade in avanti, coprendomi interamente una metà del corpo.
Cacciarti sarebbe inutile e la solitudine che agogno é solo un pretesto.
Reclino la testa, nel punto in
cui i tuoi pallidi seni formano un guangiale delizioso.
Ti permetto di accarezzarmi.
I tuoi palmi che scivolano sul
petto e le unghie che staccano i bottoni della mia camicia mandano il
mio cervello in trance. Le sento grattare sui capezzoli di marmo e
scendere lungo la gabbia toracica, tra le costole e la pelle doppia.
Ho la consapevolezza che
rovisti nei miei centri nervosi, che ti ci vorrà meno di un
secondo prima d'individuarla.
Mettimi pure a soqquadro. Se
te lo negassi, lo faresti comunque.
- E'un'umana bianca e succosa.
Con un paio d’occhi che ricordano il cioccolato fuso ed un
involucro di ossa vergini. - valuti dolcemente - Una rarità
fra le umane che ti girano intorno e che vorrebbero da te molto di
più d’uno sguardo....
Il tuo profumo mi assale. Sai
di fiori freschi, di pianure sconfinate ai limiti dell'empireo.
Vorrei che mi baciassi, Mia
Dannata Eternità.
Che mi leccassi teneramente,
fino a tagliarmi la pelle. Fino a farmi scordare che Lei esiste davvero.
Sfreghi una guancia contro la
mia.
Una ciocca dei tuoi capelli
bruni mi solletica il lobo.
Reprimo
l’eccitazione, come sono abituato a reprimerla da circa un
secolo, tranne che nella caccia.
E’strano che da
morto recepisca in maniera tanto conturbante i prudori delle cose.
Sarebbe stato meglio guadagnare l’insensibilità
oltre alla tua mortifera presenza. Esattamente come la natura ha reso
inabitabile e silenzioso questo cerchio di stalattiti, scalpellato
dalle acque durante l’ultima glaciazione.
- L'hai incrociata sul tuo
cammino. Era Destino. Chi può opporsi ad una tale forza? Il
Destino é sopra di me. Sopra gli Dèi. Sopra Gea.
- Le tue parole sono aghi di siringa, pregni di cocaina liquida. - Devi
solamente decidere se sopravvivere lontano da Lei o andarle incontro.
Ma sai che ti é impossibile proteggerla dal pericolo che
rappresenti...
I tuoi polpastrelli salgono
dal petto alla carotide.
Mi sfugge un gemito di piacere
e di dolore.
Proprio lì
é situato il bozzolo del veleno. Pulsa rumorosamente,
sostituendo il mio battito cardiaco.
- Hai la gola riarsa, Edward.
L'odore del suo sangue innocente e ricco di proteine é
penetrato nelle tue narici, ridestando di colpo le bramosie che per
anni ti sei sforzato di trattenere.
- Ho inalato profumi
altrettanto gustosi in passato...- le rispondo tranquillamente. - E non
ho ceduto alla mia natura mostruosa...
Ridi di nuovo. Il tuo indice
ruota attorno al pomo d'adamo. Lo picchietta con delicatezza. - Il suo
é un sangue diverso. Ne sei perfettamente cosciente. E'un
boccale di vino caldo. Una droga che ti ha già invasato...e
che é più potente di qualsiasi allucinogeno.
Più radicato di qualsiasi viticcio nel terreno.
Più ostico della tua testardaggine...
Ti odio, Mia Dannata
Eternità.
Stai giocando con il mio karma
debole, modellandolo secondo le tue volontà meschine.
Hai ragione.
Quell'umana bianca e succosa
che si aggira nei miei pensieri vale cinque volte il peso dei fantasmi
che sguinzagli quando un vampiro tenta di strappare le tue catene.
- Ho cacciato a lungo, oggi.
Ho divorato molte bestie del luogo. Ho bevuto litri di sangue pastoso
dai loro colli.... - annuncio a voce bassa. Capisco che si tratta di
una scusa banale e la frase sfuma nello zufolo di vento gelido,
formando una pioggia di diamanti fossilizzati appresso alla neve che
rotola da sommità altissime.
Adoro la neve.
E’ bianca. Fragile.
Si scioglie al contatto del
mio volto, sul naso, sulle palpebre, formando piccole tracciature di
lacrime alle estremità degli occhi.
- E dimmi...i colli di quelle
bestie erano ricolmi abbastanza da consentirti di tornare fra gli
umani? - Di nuovo sposti le dita. Attorcigli le mie ciocche bronzate
fra i tuoi polpastrelli infiniti. - No, vero...?
- Perché me lo
chiedi se conosci già la risposta?- Provo ad attaccarla,
facendo leva sul mio timbro vocale ma smuoversi dall'apatia nella quale
sono crollato è impossibile.
- Perché vorrei che
lo ammettessi senza porti il problema. Invece seguiti a girare su te
stesso, alla ricerca di una soluzione che non troverai neanche
trivellando al cuore la Madre Terra. La voce è uno strumento
importante, sia per gli umani che per i vampiri. Cicatrizza le ferite
in superficie e previene il corpo dall’auto-lesionamento...
- Noi vampiri siamo distrutti
a prescindere! Marci di ferite! E a me va bene che il silenzio lesioni.
Gridarti che ti odio cambierebbe il mio Destino? Mi ridarebbe
l’umanità che mi hai rubato? Mi aiuterebbe a
morire sul serio?
Le tue dita fra i capelli si
arrestano. Trattieni il respiro. La tua chioma prende vita e si
attorciglia in vaporose spirali scure fra le mie gambe allungate sul
crostone di ghiaccio. – Lo vedi? Anche tu preferisci il
silenzio quando non ti garbano le mie risposte…
Chiudi il palmo e torci
bruscamente alcune delle mie ciocche alla radice.
Dolore: nullo.
- Il passato è
immutabile. La tua natura, la mia natura, la natura dei tuoi fratelli
non può cambiare. Devi fartene una ragione, amor mio. Siamo
legati da un filo conduttore. Dalla Morte Eterna che ci ricicla
illimitatamente e ci offre la possibilità di stare su questa
terra, di mischiarci agli altri esseri, di assistere alle apocalissi e
di restare apparentemente vivi. – Fai una pausa. Riprendi a
parlare. Ad accarezzarmi. – Rifletti: se fossi morto allora,
oggi saresti polvere. Non l'avresti conosciuta…
Mi irrigidisco.
Conoscerla é stata
una disgrazia.
Lei.
La mia piccola umana dalle
guance pallide che si arrossano quando la guardo.
Mi ha fatto sentire un mostro
nell’attimo in cui si è seduta al mio banco e ci
siamo erroneamente guardati negli occhi.
Il suo sangue.
Era zucchero dolce. Impastato
di calorie meravigliosamente coagulate.
L’avevo respirata
senza accorgermene e nel giro di qualche secondo il mio mostro
interiore aveva immaginato per lei una rapida esecuzione.
Sarebbe stata buona da
spillare a sorsate. Meglio dei tanti puma della foresta di Forks.
Ricordavo quella cannonata nel
petto. Quella sensazione di arsura nelle papille, di brama di
possessione.
Mi lecco il labbro.
Era stata una fortuna che
fossi riuscito a padroneggiare sulla mia controparte assassina e a
scappare dalla città. Lontano mille miglia
dall’umana che in un attimo aveva scartavetrato tutta
un’esistenza priva di delitti, inculcandomi una ridda di
emozioni profane e violente.
Inspiro.
L’aria gelida entra
nel naso e sale ai bulbi oculari.
- Pensa a te. Al giorno in cui
ti rivedrà. E'ossessionata dal tuo aspetto. Dalla tua aura.
E crede di essere la causa del tuo improvviso allontanamento…
- La mia è stata
una vigliaccata in piena regola. Sono fuggito come se fosse la peste in persona...
- L’avresti uccisa,
rimanendo. E te ne saresti pentito subito dopo.
- Mi biasimi adesso? - Mi
piacerebbe scoppiare a riderti in faccia. Ma farlo significherebbe
girare la testa ed espormi alla tua bellezza. A tutto ciò
che di peggio rappresenti nella mia grama esistenza. - Sii orgogliosa
del tuo mostro, Mia Dannata Eternità! Forse ho ancora voglia
di ucciderla. Anzi. Non ho dubbi in proposito. Voglio...ucciderla.
Finirla con questi denti...con queste luride mani...
Scuoti il capo. - Sarò orgogliosa
di te solo quando rifocillerai i bisogni del tuo corpo in piena
consapevolezza. Non sono disposta ad assisterti mentre ti logori
rimuginando sui misfatti che hai compiuto...
- Ah! E' solo questo. Ti
seccherebbe udirmi frignare! Ero certo che la tua pazienza fosse
infinita...
- I miei vampiri uccidono in nome della Necessità! Se gli umani non muoiono, loro patiscono la fame. E'la Legge che governa la Giungla. Mangia o sarai mangiato. Bevi o altri prosciugheranno il lago. Niente é assurdo nel Mio Mondo. C'è chi perde e c'é chi vince. Chi si sazia e chi boccheggia! Funziona come per gli umani che tanto ti ostini a difendere...- Alzi il tono di proposito, in modo che la tua voce immortale rintroni nelle stalattiti che ci circondano. Una di loro si stacca alla base e finisce con l'inchiodarsi nel ghiaccio. Era una delle più longeve dell'intera zona. E mi sembra che nell'affondare, lo spirito siderale abbia urlato di disperazione. - Fattene una ragione, Edward. Lei ti si è parata davanti, come un agnello sacrificale. Era scritto che avvenisse! In cent’anni sei rimasto solo, a scrivere i tuoi diari, a crogiolarti nei tormenti e nel tuo passato. A leggere nelle menti degli umani cercando di trovare uno scampolo di salvezza a quella misera parte di te che caparbiamente è avvinta alle debolezze terrene…
Apro gli occhi e contemplo il
solco nella tappezzeria congelata, al contrario di te che fingi
noncuranza.
Infondo é solo un
pezzo di ghiaccio secolare, un polmone della Natura che si
amalgamerà al suolo e che mai recupererà la
propria postazione originaria...
Confesso. La tua
sterilità mi sconcerta.
Se un lupo mi attaccasse,
sbrandellandomi, soffriresti al punto da piangere sui miei resti?
Dici di amarmi. Ma quanto
conta il tuo amore?
Sei davvero convinta che
tornando a Forks potrei controllarmi?
Sfrego i denti e
improvvisamente me la ritrovo nella testa, in un'immagine nitida, colma
di luce crepuscolare, mentre si morde il labbro inferiore in un tic
nervoso.
Lei. Lei. Lei.
So ciò che mi
é dato sapere eppure non mi basta.
Mi fanno avvampare i rimasugli
di quel viso pallido che sono registrati nella memoria e che
s'intervallano consequenzialmente come le foto di un album digitale.
Uno scatto.
Due scatti.
Micro momenti diversi di noi,
girati nell'aula di biologia piena di studenti abitudinari e cervelli
frenetici.
Mia Dannata
Eternità. Ero convinto di odiarti a sufficienza da non avere
altre creature da odiare.
Odio Bella Swan,
più di te. Mi fa rabbia che ci sia. Mi duole sentirla tanto
viva e tanto calda.
So che indipendentemente dal
fatto che rimanga in Alaska o che rientri a Forks, la
cercherò ovunque si posi il suo fiato e che
impazzirò nuovamente, dopo essere impazzito in questo secolo
di tenebre vischiose.
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