If you only knew.

di _StayStrong
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ...Che credo in quello che faccio, anche a costo di sacrificarmi. ***
Capitolo 2: *** ...Che quello che mi pesa di più è essere lontana. ***
Capitolo 3: *** ...Che a volte mi sento sola. ***
Capitolo 4: *** ...Che questo è stato il sacrificio più giusto. ***
Capitolo 5: *** ...Che ora comprendo esattamente tutto quello che hai detto. ***
Capitolo 6: *** ...Che per me è una sfida tutti i giorni. ***
Capitolo 7: *** ...Che l'affetto che mi dai è la mia forza. ***
Capitolo 8: *** ...Che con te non ho mai avuto secondi fini. ***
Capitolo 9: *** ...Che proteggerti non è mai stato un peso. ***
Capitolo 10: *** ...Che ho dovuto calcolare tutto, fino all'ultimo dettaglio. ***
Capitolo 11: *** ...Che quella volta ho sentito di amarti, per la prima volta. ***
Capitolo 12: *** ...Quanto mi è costato adulare chi ha fatto del male a me e alla mia famiglia. ***
Capitolo 13: *** ...Che mi sono sentita impotente così tante volte. ***
Capitolo 14: *** ...Che ho avuto paura di fare dei passi avanti senza capire cosa stavo lasciando. ***
Capitolo 15: *** ...Che ti sono grata per ogni parola, ogni gesto. ***
Capitolo 16: *** ...Che sono arrivata ad un punto in cui mentirti mi faceva male. ***
Capitolo 17: *** ...Quanta gioia hai saputo darmi nei momenti più bui, senza neppure rendertene conto. ***
Capitolo 18: *** ...Che ho amato un altro prima di te, ma mai quanto ho amato te. ***
Capitolo 19: *** ...Che ci sono stati momenti in cui avrei voluto avere una vita normale con te. ***
Capitolo 20: *** ...Che non ho mai messo me stessa al primo posto, neppure la mia felicità. ***
Capitolo 21: *** ..Che non vorrei mai tornare indietro, la mia storia mi ha portata da te. ***
Capitolo 22: *** ...Quanto ho imparato. ***
Capitolo 23: *** ...Che se solo avessi saputo avrei rimandato, per stare con te ancora. ***
Capitolo 24: *** ...Che essere forte questa volta è stato difficile. ***
Capitolo 25: *** ...Che ti amo. ***
Capitolo 26: *** Se solo sapessi. ***
Capitolo 27: *** AVVISO IMPORTANTE. ***



Capitolo 1
*** ...Che credo in quello che faccio, anche a costo di sacrificarmi. ***


Se solo sapessi che credo in quello che faccio, a costo di sacrificarmi,
se solo sapessi...

 

 

Correva, correva a più non posso Hermione, con il respiro che quasi le mancava e il cuore in gola.

Correva per la libertà, correva per la giustizia, una giustizia nella quale ormai credeva fermamente, era l’unica cosa che le era rimasta, l’unica che di notte poteva ancora consolarla per farle trattenere le lacrime, più amare ogni giorno che passava.

Correva per compiere un destino intrecciato finemente al suo.

Tutto contornato da un posto che fino a qualche anno fa riusciva a metterle i brividi, la Foresta Proibita, dove gli alberi le sfilavano di fianco velocemente mentre evitava questo e quell’altro ostacolo per terra, a volte un tronco caduto, altre un masso troppo grosso, altre ancora delle radici.

Correva che quasi le sembrava di volare, coperta da una mantella nera, ma non la solita, una nuova molto più preziosa, fatta di seta lucida, ricamata ai bordi con le sue nuove iniziali, più morbida, stranamente più calda e più soffice.

Appena dietro di lei c’erano altre quattro persone che correvano, che le venivano sempre più vicini, che cercavano di starle dietro.

Quattro Mangiamorte che aveva smesso da tempo di temere.

Lucius Malfoy, alto e biondo, identico al figlio se non fosse per il volto ancora più spigoloso che possedeva, zigomi pronunciati ed un ghigno che metteva i brividi, un politico fallito, un imprenditore da strapazzo, un padre non degno di nota, un Mangiamorte che era stato definito più volte vigliacco e rovina della sua stessa famiglia.

Andrew Nott, il padre di Theodor ex Tassorosso mancato, Serpeverde diverso da tutti gli altri, come il padre, troppo leale e troppo patetico per fare il Mangiamorte, carriera, se così si po’ chiamare, intrapresa solo per la paura della morte, per la paura di ribellarsi.

Alicia Goodrum, cugina in seconda di Narcissa, facente parte di uno dei tanti rami della famiglia Black, non aveva mai messo piede ad Hogwarts, era stata allevata in casa dai genitori, spietata, per lei uccidere era più che un gioco, quasi un passatempo, poteva essere considerata alla stregua di Bellatrix.

Poi Amycus Carrow, uno dei due fratelli Carrow, l’ultimo sopravvissuto alla battaglia ad Hogwarts un anno e qualche mese prima, insegnate nella stesa scuola finché la Mc. Granitt non ne riprese possesso. L’unica cosa positiva dell’ultimo scontro era riavere indietro Hogwarts, per il resto, solo morti e feriti e un Voldemort in fuga resosi conto che era troppo debole per poter combattere contro Harry Potter e l’Ordine.

Correva, correva da perdere il fiato Hermione, contornata da alti alberi neri come la pece e da pini che superavano la loro naturale altezza, che si stagliavano verso un cielo buio e non per la notte; seguita da ombre fedeli che avevano imparato ad accettarla di buon grado.

Poi la vede.

Vede la tenda in cui si nasconde Harry con Ron e con la nuova mente del gruppo, scarsa con gli incantesimi di protezione, come già sa,  e che mai potrebbe essere paragonata a lei.

Una tenda bianca, la vecchia tenda dei mondiali di Quiddic, piccola esternamente ma incantata all’interno, sul suo volto nacque un barlume di sorriso. Si ricordava tutte le sere passate con i due ragazzi in esilio, alla ricerca di Horcrux che non sapevano neppure dove trovare, si ricordava ogni abbraccio e ogni litigata, si ricordava tutto, mentre correva verso di loro, seguita dagli altri quattro, sempre alle sue costole.

Estrasse la bacchetta e la puntò verso lo scudo invisibile che avrebbe dovuto preteggere la tenda, non si ricordava più l’ultima volta che aveva passato un po’ di tempo con le persone che c’erano al suo interno.

“Bombarda Maxima” urlò, un urlo che quasi squarciò il cielo, un comando, una richiesta di aiuto, una voce rotta dalla corsa e che nascondeva lacrime inespresse. Poi al passo successivo si levò in aria e diventò una striscia di fumo nero prima di oltrepassare uno dei buchi alla protezione provocata dall’incantesimo, e venne seguita dalle quattro figure, sempre dietro di lei.

Quando prese ancora forma corporea si ritrovò davanti prima Harry che la guardava con occhi spalancanti e poi Ron, con la solita faccia da bambino spaurito, non un sorriso, non una parola, non un cenno con gli occhi, sembravano non riconoscerla quasi, con il volto scavato, più alta dell’ultima volta che l’avevano vista, ad almeno quattro metri di distanza da loro con le bacchette sfoderate, con i capelli dove i ricci avevano lasciato spazio a dei setosi boccoli, allungati fino a metà schiena e uno sguardo buio, segnato dal male in cui viveva.

E si perde, si perde in quegli occhi azzurri che non vedeva da troppo tempo, avvicinandosi di due metri mentre anche gli altri la stavano raggiungendo; occhi sinceri, occhi che l’avevano accompagnata nella crescita che l’avevano vista in ogni situazione, in ogni ora, occhi che l’avevano bramata per anni e che aveva visto pieni di passione e desiderio, eccitati e poi appagati, occhi che aveva visto piangere e occhi arrabbiati per una decisione più grande di loro, per un piano che lui non avrebbe mai voluto che lei facesse parte.

Occhi che, in quel momento si erano posati sulla mano di Hermione, che teneva stretta la sua bacchetta, si posarono su un particolare che lei non avrebbe più potuto nascondere per molto e che forse neppure avrebbe voluto farlo, lei si era sacrificata per la causa, lei.

E Ron ora la guardava disgustato, come se veramente non la riconoscesse, poi il suo viso si aprì in un ghigno a regola d’arte, li aveva sentiti arrivare tutti alle sue spalle.

“Preparatevi” urlò guardando negli occhi il suo ormai ex fidanzato e spostando poi lo sguardo su Harry e Ginny, quest’ultima tesa come un vecchio manico di scopa, con una bacchetta tremante, l’anello debole della catena, come era sempre stata. Più giovane, più inesperta.

Un secondo, solo uno da quella parola e quattro Cruciatus partirono, compreso quello di Hermione, verso quattro persone appena dietro di lei.

Poi una botta in testa, datale per rispettare un copione e due braccia forti che la sorreggevano, le braccia di Harry che poi la posarono delicatamente a terra con la testa appoggiata sul corpo svenuto di Lucius e degli altri tre.

Ron guardò Ginny e le fece cenno di alzare la bacchetta: “Chiama Azkaban” le disse e lei alzandola, evocò le guardie, che presero i corpi dei cinque Mangiamorte, senza troppa delicatezza e si smaterializzarono con un rapido cenno del capo.

Harry mise una mano sulla spalla di Ron, mentre Ginny lo prese per mano.

“E’ la cosa giusta da fare” gli disse, era da un anno che ogni mattina appena sveglio e ogni sera prima di dormire doveva dirglielo, tra un piano e l’altro, tra una ricerca per gli ultimi due Horcrux e una spedizione ad Hogwarts per fare rifornimenti.

Ron si scostò in modo rude dai due ragazzi e rientrò nella tenda, tirando un calcio ad una pietra.

Harry e Ginny si abbracciarono, lei tremava contro il petto del suo ragazzo non avrebbe dovuto esserci lei li con loro, ma Hermione.

Già, Hermione Granger, unica Grifona ad essere diventata una Mangiamorte.


 

NOTA dell'AUTRICE:
Questa storia verràaggiornata una volta alla settimana, almeno finché la Dramione in corso "Unbroken" non sarà
completata.
Spero che anche questa sia di vostro gradimento,
aspetto con ansia le vostre opinioni.
Un bacione,
#StayStrong.

 
 
 
  

 

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Capitolo 2
*** ...Che quello che mi pesa di più è essere lontana. ***


Se solo sapessi che quello che mi pesa di più è essere lontana,
se solo sapessi..
 

 
              Quattro pesanti mani la sbatterono con poco garbo in terra, incappucciata, picchiò le ginocchia su una pietra troppo appuntita che non doveva neppure trovarsi nella cella e poi sentì il tonfo delle sbarre sbattere contro la serratura magica che poi si chiuse.

Tratteneva a stento le lacrime, non doveva piangere, non avrebbe pianto più, se l’era promesso e così era successo, era un anno e che non piangeva più, che i suoi occhi al massimo diventavano lucidi ma non lasciavano mai spazio alle lacrime.


Si tolse il cappuccio e lo gettò in terra, alzandosi a fatica zoppicando verso l’unica minuscola finestra che dava sull’Oceano che circondava Azkaban. Oceano in perenne movimento, con onde altissime e scure, che creavano schiuma bianca che andava subito a sparire, presa dall’onda successiva. Un continuo movimento, un continuo rumore che Hermione odiava, portava freddo, freddo all’anima, nulla in confronto alla vista dei Dissenatori che controllavano le fughe.

Si strinse di più nel suo mantello nero e sospirò, la mettevano sempre nella stessa cella, isolata dove per tanto tempo era stata imprigionata anche Bellatrix, morta da qualche mese, poteva sentire la sua presenza tra quelle mura di sasso, che incutevano un certo timore. Ma lei no, non aveva paura, aveva smesso di provare anche quella in situazioni come la prigionia, sapeva benissimo come sarebbe andata a finire, tra poco quella porta blindata a sbarre si sarebbe aperta e sarebbe venuto qualcuno a tirarla fuori.

Poi si ricordò degli occhi di Ronald, così persi e poi così rabbiosi, al solo pensiero si strinse ancora di più nel suo mantello setoso e si tirò il cappuccio sulla testa, sentendo un forte profumo di menta e tabacco, il profumo del suocero, che glielo aveva regato. Alzò la seta nera che le copriva l’avambraccio sinistro e si toccò il Marchio Nero con la punta delle dita, era passata nell’altra fazione da nove mesi e mezzo, oramai quasi un anno ed era stata costretta a cambiare atteggiamento, a nascondere sentimenti, a diventare esattamente come loro.

Poi, come predetto in precedenza, la porta della cella sia aprì ed entrò, velocemente una donna coperta da un mantello blu notte, puntellato da piccolissime perline che davano l’impressione di essere stelle sul cielo notturno, una volta che si chiuse la porta alle spalle fece scivolare il cappuccio giù dalla crocchia alta e grigia e sorrise ad Hermione, un sorriso serafico, tranquillo, estremamente posato. Sulla mantella, lo stemmo della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts e la spilla della Presidenza.

Minerva Mc. Granitt corse incontro ad una delle sue allieve modello, nonché la preferita come se avesse appena visto, dopo mesi, la figlia e la strinse in un abbraccio da orso che fece irrigidire la ragazza, non più abituata a certi gesti d’affetto spontanei. Ne era stata privata ormai da tempo.

Dopo una leggera incertezza circondò con le braccia il corpo della più anziana e appoggiò la testa sulla sua spalla dandole un leggero colpetto sulla schiena per rassicurarla, mentre la donna le fece scivolare il cappuccio sulle spalle.

“E’ la seconda volta che devo venire a liberarti, è pericoloso dobbiamo limitare i contatti” la rimproverò la donna una volta sciolto l’abbraccio, la vedeva sciupata, diversa dalla ragazzina saccente e brillante che vedeva sempre in biblioteca a studiare o fuori nel parco perennemente circondata dalla sua cricca e dai suoi migliori amici; davanti a lei ormai c’era un’altra persona.

“Non ho potuto fare altrimenti, Minerva, sarebbe stato troppo rischioso tornare da sola, mi hanno colpita, come da copione originario” rispose la ragazza con una freddezza che non l’aveva mai caratterizzata, la Preside era infinitamente orgogliosa della donna che aveva davanti, così coraggiosa e così decisa.

Poi però il suo sguardo cadde sulla mano destra, sull’anulare. Lo stesso particolare che aveva notato Ron poche ore prima.

Cercò di darsi un contegno ma si portò lo stesso la mano alla bocca, aveva rovinato quella ragazza, inconsapevolmente, eppure sapeva, era stata avvertita.

“Mi dispiace che tu sia stata costretta a fare anche questo” le disse continuando a guardare l’anello d’argento con uno smeraldo verde, colore preferito dal novello sposo, che portava al dito. Un anello fine come lei, una fede.

Hermione distolse la mano dal campo visivo della Mc. Granitt e incrociò per un attimo le braccia al petto.

“E’ solo una preoccupazione in più dato che ora mio suocero è finito anche ad Azkaban” rispose indecisa se far interpretare la frase come mera ironia o come battuta; certo era veramente una preoccupazione, viste le circostanze, la Preside le sorrise scoprendosi di nuovo fiera dalla donna che Hermione era diventata ma presa da infiniti sensi di colpa e si ritrovò a pensare che se solo ci fosse stato ancora Albus, le cose sarebbero andate sicuramente in modo diverso.

“Sei così giovane, hai solo diciannove anni e già hai sacrificato così tanto la tua vita...” le fece notare, per affievolire il macigno che le si era posato sul petto quando l’aveva vista, erano passati sei mesi dal loro ultimo incontro, e lei non era ancora stata marchiata, ma con la morte di Bellatrix, sarebbe stata la prossima ad esserlo.

Hermione a quella frase abbassò leggermente la testa, pensando che forse era fin troppo comodo piangere sul latte versato, che non bisognava lasciarsi prendere da vari sentimentalismi quando si era in missione, e questo lo aveva imparato a sue spese in quei mesi tra i Mangiamorte.

Poi eccolo lì, un pensiero più forte di altri si fece largo nella sua testa, quello che doveva subire lei era il meno forse. I suoi migliori amici erano i più ricercati del mondo magico e rischiavano la vita ogni giorno, la sua famiglia magica era stata costretta ad esulare da un luogo all’altro finché la Mc. Granitt non trovò loro rifugio nella Stanza delle Necessità, con i membri dell’Ordine rimasti, ma erano perennemente in Missione, mentre lei doveva solo confondere e oblivare i Mangiamorte con cui la mandavano in Missione per far credere che avessero veramente ucciso chi andava ucciso mentre invece questi ultimi erano stati tratti in salvo prima, cambiandone identità.

Loro dormivano su sassi e coperte racimolate in villaggi sperduti, lei invece dormiva su un letto a baldacchino, coperta da seta.

Era lei a dover avere sensi di colpa, non Minerva; i suoi sacrifici, come la donna li chiamava per Hermione era niente confronto quello che doveva fare lei che doveva solo fingere bene.

“Minerva, ti prego, quando vedi Ronald, digli che non avrei voluto farlo, ma che sono stata costretta...” disse riferendosi al matrimonio, quando aveva accettato la missione di spia erano nel pieno di una storia vissuta male, tra la guerra e le perdite, ma si amavano veramente e profondamente, tanto da lasciarsi con la promessa di un futuro migliore, che si sarebbero ritrovati a guerra finita, ma ora...

Un patto di Fedeltà, un matrimonio tra maghi non si può sciogliere, si è fedeli fino alla morte.

“Se avessi saputo che affiancarti a Severus come spia per l’Ordine ti avrebbe fatto così male, non te lo avrei mai proposto” le disse l’altra donna sinceramente dispiaciuta, era stata proprio lei a proporre al Consigli dell’Ordine quella soluzione perché credeva in modo spropositato alle capacità della giovane Grifona, mente brillante del famoso Trio e dell’Esercito di Silente, passarla al nemico non era stata una buona idea.

“Ero la vostra unica speranza e Severus necessitava di una mano” disse cercando di tranquillizzarla, di farle capire che non provava rancore, che aveva accettato quella missione di buon grado e non faceva colpa a nessuno di quello che aveva dovuto sopportare.

“Ti va di parlarne, di raccontarmi qualcosa?” le chiese la Mc. Granitt con fare materno e lei annuì, pensando ai suoi genitori in Australia che pensavano di non avere neppure una figlia.

Certo che le andava di parlarne, Severus era un ottimo ascoltatore, ma non era un granché quando si trattava di sentimenti.

E così, cominciò a ricordare...


 

ANGOLO DELLA FRANCY:
Eccomi qui con un altro capitolo, per il prossimo dovrete aspettare una settimana! (:
Un bacione,
#StayStrong

 

 
  
              

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Capitolo 3
*** ...Che a volte mi sento sola. ***


Se solo sapessi che a volte mi sento sola,
se solo sapessi...

 
 
 

Ma i ricordi tante volte possono essere un’arma a doppio taglio e ad Hermione piaceva poco ricordare, diventava triste e doveva ripensare a tutte le volte, in quell’anno, che era stata costretta ad andare contro ai suoi principi, a mentire e fare il doppio gioco, a tutte quelle volte che si ritrovava in camera da sola di sera al Manor, centrale operativa dei Mangiamorte, e versava qualche lacrima sentendo la mancanza dei suoi amici di sempre e sentendosi terribilmente stretta nei panni che le erano stati assegnati.

“Sai, alla fine è stato semplice entrare nella loro cerchia, hai messo in giro la voce di un tradimento con i fiocchi da parte mia e lui apprezza molto chi non ha scrupoli, quindi è bastato poco per farmi apprezzare” disse con gli occhi persi nel vuoto, fissi solo apparentemente in quelli della strega che si trovava davanti a lei “E quando abbiamo incastrato Bellatrix con la prima spedizione e io sono stata l’unica a ritornare viva, mi ha subito presa in simpatia” completò, ricordava quel giorno come se fossero passate solo poche ore.

Era stata una missione suicida, come quella di quel giorno, dove o andava bene per tutti o lei sarebbe sicuramente morta per mano degli altri Mangiamorte, bastava un errore, uno piccolo, bastava che fosse smascherata. Quel giorno la mandarono fuori con Bellatrix, il padre di Pansy e un altro che non aveva fatto in tempo a conoscere.

Ron uccise Bellatrix sul colpo, doveva vendicarsi del fratello, e gli altri due furono portati ad Azkaban.

“Quando hai ricevuto il Marchio di preciso?” chiese la donna quando Hermione mosse il braccio sinistro, scoprendolo inconsapevolmente; la ragazza abbassò lo sguardo sul teschio nero e sospirò.

“Appena dopo l’uccisione di Bella, la prima volta che mi sei venuta a tirare fuori di qui” rispose, poi continuò “Per lui il mio sangue non conta nulla, anche lui è un Mezzosangue, esattamente come me. Ha detto che non è colpa nostra se siamo nati dalle persone sbagliate...” continuò e l’immagine dei suoi genitori le balenò nella mente, un fulmine a ciel sereno; le mancavano da morire, avrebbe fatto di tutto pur di riabbracciarli per un’ultima volta, non poteva sapere come sarebbe andata a finire “E mi ha dato fiducia, offrendomi il posto che prima era di Bellatrix. Gli altri si sono comportati di conseguenza, ad ogni uscita li confondo o li obblivio, loro hanno di me una concezione non reale, pensano che sia come loro, spietata” poi sorrise mesta e disgustata “Per loro sono la degna sostituta della Lastrange. Se solo sapessero che chi pensano che uccidiamo in realtà non è altro che stato portato via e messo al sicuro sotto altro nome da voi, si ricrederebbero” concluse poi provocando un leggero sorriso di vittoria nella Preside di Hogwarts che ascoltava la ragazza colpita.

Poi un ricordo più forte di altri, che fu quasi costretta a raccontare, ne sentiva quasi l’urgenza, le bruciava dentro, non le dava pace.

“Ho dovuto inginocchiarmi, inginocchiarmi davanti a lui...” disse con un certo disgusto, Minerva avrebbe voluto abbracciarla, per farla sentire protetta, ma lei non l’avrebbe mai lasciata fare, la ragazza che aveva lasciato l’ultima volta non c’era quasi più.
 
Si dovette inginocchiare Hermione, inginocchiare davanti a tutti i presenti e poi davanti a Voldemort e baciargli l’orlo della veste grigia scura e lurida e doveva farlo con rispetto, ritegno, come una vera Mangiamorte, con Nagini che univa una delle sue gambe con quella del suo padrone.

Bellatrix era morta da meno di ventiquattro ore e lui aveva deciso di dare un premio ad Hermione per i servigi del suo primo mese al Manor, le avrebbe concesso il Marchio, perché sapeva cavarsela da sola, perché combatteva bene, perché era una serva fidata, una delle migliori, dopo Bella. Ora che la sua Mangiamorte preferita non c’era più, Hermione avrebbe preso il suo posto.

Le tese persino la mano ossuta e scheletrica, incredibilmente fredda, per aiutarla ad alzarsi, lei la prese, fingendo di esserne fiera, di essere senza paura, di desiderare quel contatto esattamente come tutti gli altri presenti nella sala.

“Miei Carissimi Amici” disse rovinando il significato dell’ultima parola che aveva usato “stasera accoglieremo nella nostra famiglia” ed Hermione rabbrividì leggermente anche a quella parola, usata nel modo sbagliato, nel contesto più macabro che si poteva immaginare “una nuova componente, in via ufficiale. Stasera, la signorina Granger, riceverà il Marchio, tanto agognato” concluse girandola verso tutti gli altri con poca carineria.

Hermione però avrebbe preferito andare alla gogna piuttosto che ritrovarsi il braccio marchiato per sempre, sarebbe stato un segno indelebile del suo passaggio nel lato oscuro.

Appena finito quel piccolo discorso la procedura era la stessa per tutti, i Mangiamorte strinsero un cerchio intorno a lei e a Voldemort, poi unirono le mani tra loro e si inchinarono appoggiando il ginocchio sinistro a terra; Hermione guardò la scena cercando di essere il più possibile fredda, ma aveva paura di non farcela. Era nel covo del nemico e nessuno lì poteva essere considerato come amico, nessuna persona da guardare per cercare un barlume di luce, nessuna, ma poi i suoi occhi d’orati caddero sull’unico che poteva per lo meno vantare di conoscerla meglio: Theodor Nott, che l’aveva tenuta d’occhio per tutto il mese allenandola con Pansy Parkinson, che invece rivolgeva solo qualche parola quando era strettamente necessario.

Era inginocchiato tra il padre e Draco Malfoy che proprio in quel momento sollevo la testa leggermente e le sorrise, prima che Voldemort potesse catturare di nuovo la sua attenzione per iniziare il rito.


Le porse un pugnale d’argento che prese nella mano destra e lo puntò sul palmo della mano sinistra.

“Tagliati il palmo della mano e poi passa all’avambraccio, su quest’ultimo fa un taglio profondo. La sorgerà il marchio” spiegò pazientemente con la voce sibillina e serpentina il Signore Oscuro, lei ubbidì cercando di non far caso al dolore bruciante che quei tagli le stavano provocando.

Voldemort sorrise compiaciuto vedendo che dagli occhi dalla ragazza non stava uscendo neppure una lacrima, ne una smorfia, pensò in quel preciso momento di aver fatto un acquisto migliore di quello che aveva previsto, aveva ottenuto una vecchia amica del suo nemico giurato, una delle menti più brillanti che avesse visto, insieme a quella di Piton.

Poi le prese il palmo della mano e recitò un incantesimo che Hermione non aveva mai sentito, probabilmente perché troppo oscuro per rientrare anche nella sezione proibita della libreria della sua vecchia scuola. Poi puntò la bacchetta sulla ferita dell’avambraccio.

E il dolore incominciò ad essere insopportabile, Hermione avrebbe voluto urlare ma si morse il labbro inferiore pur di non farlo, non doveva neppure piangere, non avrebbe dato a nessuno quella soddisfazione, ma quel dolore provocato dall’inchiostro nero del male che prendeva la forma di un teschio le stava quasi lacerando l’anima.

Faceva male, troppo.

Cadde sulle ginocchia, quasi stremata e con il fiato corto, ma continuava a tenere la testa alta...
 
“Non mi sono lasciata andare neppure un secondo” disse alla Mc. Granitt “Ma non riesco a togliermi alla testa quella sensazione di vuoto, tutto quello che ho sempre odiato, che ho sempre combattuto, ora è dentro di me...” i suoi occhi si stavano velando, ma era decisa, non avrebbe pianto, neppure quella volta; una cosa era cambiata più delle altre, non piangeva più per niente.
 

 

Spazio della Francy:
Ecco un capitolo per farvi capire chi è Hermione ora, ne seguirà un altro che metterà il luce anche il rapporto con Draco, 
poi la storia non farà iù accenno a flashback, se non una volta.
A settimana prossima,
un bacione,
#StayStrong.

 
 
  

 

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Capitolo 4
*** ...Che questo è stato il sacrificio più giusto. ***


Se solo sapessi che questo è stato il sacrificio più giusto,
se solo sapessi...

 

                        “Quando sarà tutto finito potrai coprirlo” disse la Mc. Granitt riferendosi al Marchio Nero della ragazza che visto da vicino e su di lei le sembrava ancora più brutto ed oscuro di come se lo ricordasse; vederlo su Piton era una cosa diversa, vederlo sulla sua prediletta era tutt’altro. L’aveva guardata negli occhi per tutto il tempo, i suoi occhi d’orati erano spenti, riusciva a scorgere solo un barlume di quella luce che emanava la bambina di undici anni che era entrata per la prima volta ad Hogwarts, che entrava in contatto con la magia per la prima volta, come non riusciva a vedere quel sorriso della ragazza che aveva lasciato diciottenne, pieno di speranza per il futuro.
 

“E quando sarà tutto finito, Minerva? E’ già quasi passato un anno dal mio primo giorno tra le file nemiche” le fece notare la ragazza con un pizzico di rabbia e di sconforto che si poteva notare dalla sua voce; Hermione aveva accettato subito l’incarico quando le era stato proposto, avrebbe affiancato Piton, la Spia per eccellenza, avrebbe potuto essere ancora più d’aiuto, ma non aveva mai calcolato che sarebbe potuto durare così tanto, che Harry ci avrebbe messo più di tre mesi per trovare i due Horcrux rimanenti, una volta eliminato quello dentro di se.
 

“Non perdere la speranza, siamo sempre più vicini alla vittoria” le fece presente la Mc. Granitt materna, lei annuì debolmente, la perdita della parte di Voldemort interna ad Harry aveva drasticamente rallentato tutto, senza la loro connessione gran parte degli indizi che potevano aiutarlo erano scomparsi, e appurato che Nagini fosse uno di quelli, mancava l’ultimo, quello introvabile, ma che non avrebbe garantito comunque la vittoria, ma solo un indebolimento dell’avversario.
 

“Sempre più vicini, intanto io sono Marchiata e Sposata...” disse, questa volta senza rimprovero, solo per dover di cronaca, per poter introdurre il prossimo ricordo, forse quello meno spiacevole.
 

 

Hermione stava andando a cercare Pansy quando sentì il braccio sinistro bruciarle terribilmente, era Voldemort che la stava chiamando. Si dissolse subito in una scia di fumo nero e riapparve con la sua postura dritta ed eretta, a testa alta e cercò di trattenere una smorfia quando vide che era stata convocata insieme a Malfoy che solitamente stava nelle segrete, vicino alle celle, dove aveva il suo laboratorio di Pozioni con l’amico d’infanzia Blaise Zabini.

Quando la vide il giovane Malfoy inchinò leggermente la testa, come fosse una riverenza e lei contraccambiò il gesto; i contatti tra i due erano limitati seppur viveva in casa sua, non avendo altro posto in cui andare. Parlavano lo stretto indispensabile quando a volte lei scendeva per chiedere qualche pozione che le era stata ordinata dallo stesso Voldemort. Aveva paura di trovarsi da sola con lui, perché era l’unico che avrebbe potuto accorgersi che stava fingendo, l’unico che era sempre stato attento ad ogni suo comportamento, persino ad Hogwarts, sbeffeggiandola davanti a tutti e poi lasciandosi cogliere sul fatto quando la guardava di sottecchi da un tavolo all’altro.

Da quando si trovava lì però lui non la canzonava più, non la chiamava più Mezzosangue, o Feccia. La lasciava in pace, era quasi cordiale se non si contavano quelle volte in cui battibeccavano per un nonnulla.

“Cara Hermione è ora di discutere della tua posizione sociale come Mangiamorte” esordì Voldemort guardando la ragazza negli occhi e accarezzando Nagini, sempre ai suoi piedi. La ragazza lanciò un’occhiata a Draco per capire se almeno lui sapesse cosa stava succedendo ma lui non tradì nessuna emozione, non la guardò, ma lei non sapeva cosa stesse costando a lui quello sforzo, a volte non riusciva a non guardarla, era sempre più sorpreso da quella ragazza così diversa da come l’aveva sempre considerata.

“Cosa intende, mio Signore?” chiese allora Hermione accennando ad una leggera riverenza, Voldemort sorrise, adorava la fedeltà che gli mostrava, era diversa da Bellatrix che lo adulava o da Lucius che era tra i suoi solo per paura, lei era li perché lo voleva, così pensava lui.

“Intendo che non possiamo indugiare oltre, hai già età da marito ed è ora di risollevare il nome dei Malfoy e dei Black. Sposerai il giovane Draco, siete coetanei e il contratto è già stato stipulato” sentenziò, Hermione guardò ancora il ragazzo di fianco a lei per una frazione di secondo cercando di non tradire nessuna emozione. Era incredula e un’altra parte del suo mondo le stava crollando sotto i piedi. Un matrimonio magico era ciò che si poteva definire come vincolo perpetuo, e non lo avrebbe fatto con Ron, ma con Malfoy. Malfoy.

“Come desidera, Lord” rispose riportando lo sguardo verso l’uomo apparentemente senza naso che odiava ogni giorno di più, se era possibile. La sua vita era definitivamente rovinata.
 
“Perché Severus non me ne ha parlato?” chiese con stizza la Mc. Granitt guardando la ragazza che aveva incrociato le braccia al petto, il peso di quell’anello lo sentiva come se avesse dovuto portarlo lei. Hermione sarebbe dovuta diventare una Weasley, avrebbe dovuto sposare un ragazzo dolce che l’aveva sempre amata per quello che era, che l’aveva vista crescere insieme a lui, invece era diventata una Malfoy, in tempo record, moglie di un ragazzo indubbiamente bello, ma freddo come il ghiaccio, che l’aveva disprezzata fino alla fine.

“Non avevamo altra scelta. Appena saputo sono andata da lui, nella sua stanza...” ricordò di nuovo, lasciando vagare la sua memoria.
 
“Perché non mi sposi tu, Severus?” gli chiese rasente la disperazione mentre si trovavano nella stanza dell’uomo, insonorizzata da un incantesimo. Severus la guardava come un padre guarda la figlia, ai tempi della scuola non era sicuramente tra le sue preferite, lo irritava troppo, ma da quando si trovavano in quella situazione si era reso conto che se mai avesse potuto avere una figlia da Lily, l’avrebbe voluta esattamente coraggiosa come quella ragazza.

“Non dire sciocchezze” la rimbeccò lui avvicinandosi alla finestra mentre lei era ancora appoggiata alla porta con una mano sul cuore che le stava uscendo dal petto.

“Ti prego, Severus. Io ti considero come un padre. Preferisco giurare fedeltà a te che a Malfoy” lo pregò ancora la ragazza, la guardava come se avesse appena detto la cosa più sbagliata di tutte. D'altronde se considerava lei come una figlia, non aveva mai nascosto il suo attaccamento al giovane Malfoy.

“Di cosa hai paura, Hermione? Di poterti innamorare di lui con il tempo?” chiese Severus facendosi incenerire con lo sguardo dalla ragazza che lo stava per schiantare dalla parte opposta della stanza per quello che aveva detto.

“Tu hai influenza su Voldemort, fargli cambiare idea. Non voglio sposarmi, proponiti tu” ritentò ancora cercando di convincerlo. Draco era indubbiamente un bel ragazzo ed era intelligente, ma Hermione non poteva neppure pensare di condividere un letto con lui.

“Non potrei, neppure se volessi. Non è stata una decisione del Signore Oscuro, ma di Draco stesso” spiegò alla ragazza che era appena rimasta a bocca aperta da quella reazione, stava boccheggiando alla ricerca di una risposta pronta. Non era possibile che Malfoy avesse voluto lei quando poteva avere la Parkinson che era stata con lui per anni, o Astoria Greengrass, sorella di Daphne, che era bellissima.

“Draco non è quello che credi, è intelligente, è bello, appartiene ad una famiglia nobile...” incominciò Piton a decantare le lodi del suo studente preferito, ma Hermione lo bloccò prima che potesse continuare.

“E’ un Mangiamorte” disse schifata, Piton si avvicinò a lei e delicatamente le scoprì l’avambraccio sinistro, mettendoglielo quasi sotto il naso.

“E tu, Hermione? Tu che cosa sei?” le chiese rude.

“Io sono una Spia, come te. Io faccio parte dell’Ordine” rispose stizzita, non capendo dove voleva arrivare Piton con tutta quella sceneggiata.

“Lui no sarà dell’Ordine, ma è diverso, come noi. Dovresti dargli una possibilità” la rimbeccò annullando poi gli incantesimi di insonorizzazione e aprendo la porta con un incantesimo non verbale. La stava caldamente invitando ad uscire, doveva rimanere da sola, con se stessa.

       
 
 
  
                  

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Capitolo 5
*** ...Che ora comprendo esattamente tutto quello che hai detto. ***


Se solo sapessi che ora comprendo esattamente tutto quello che mi hai detto,
se solo sapessi...

 

    La cella era quasi completamente buia, se non fosse stato per la luna piena che regnava quella notte e che riusciva ad illuminare le due donne quanto bastava per vedere le reazioni di quello che una raccontava sull’altra più anziana.
 

“Alla fine l’hai sposato” le disse esortandola a continuare il racconto, la ragazza fece scivolare lo sguardo sull’anello che aveva fatto scaturire quel momento di condivisione tra le due e poi sospirò, rigirandoselo sull’anulare quasi ci volesse giocare.
 

“Non avevo altra scelta e non mi è andata neppure male come pensavo” rispose, certo, Draco non era affettuoso, ma era anche vero che era stata lei a non farlo avvicinare più di tanto, seppur fosse un uomo dalla bellezza abbagliante, ma quello lo aveva sempre pensato alla fine, a volte lo diceva anche Ginny quando si scambiavano qualche confidenza nella stanza di Hermione a Hogwarts.

“Spero non...” incominciò la donna, ma Hermione la bloccò, cercando in tutti i modi di farsi vedere serena, dipingendo il suo viso con un sorriso tirato.

“No, non mi ha mai obbligata a fare nulla che io non volessi” rispose prevedendo come sarebbe andata avanti la frase della donna, era una domanda inevitabile “Ho sempre immaginato il mio matrimonio, come tutte le ragazze, avvolta da un abito bianco, soffice, come se fosse fatto di nuvole...” incominciò a raccontare, lasciandosi andare un’altra volta ai ricordi...
 
Ma Hermione quel giorno era vestita di bianco sporco, un abito vittoriano ma senza maniche, con i bordi neri come i ghirigori sul corpetto e sulla gonna, era un abito totalmente diverso da quello che si era sempre immaginata.

Bello, indubbiamente bello, ma più somigliate ad un abito da sera che ad uno da sposa, troppo sgargiante, troppo malizioso in alcuni punti. Degno regalo di nozze di Pansy che dopo l’annuncio aveva tentato di avvicinarsi di più a lei, per amore del suo amico d’infanzia, di una vita e ex fidanzato.


Rito celebrato da Voldemort in persona, con un Draco pomposo e finemente elegante, vestito di grigio e nero, lo stesso grigio dei suoi occhi di ghiaccio.

Rito di sangue, due tagli, uno sulla mano di lei e uno su quella di lui, poi quelle stesse mani intrecciate.

Rito che vede sangue diverso mischiarsi per formarne uno solo.

Rito oscuro, senza dimostrazioni d’affetto apparente, lo scambio di una promessa che sarebbe durata fino la morte, patto perenne.

Rito concluso senza nessun bacio, ma solo un timido sorriso di lei che non sapeva come aveva fatto ad accettare tutto quello e una carezza sulla sua guancia da parte di Draco che sembrava estremamente protettivo nei confronti della sua novella moglie.

Nessuna Luna di Miele.

Un ricevimento tra danze che aveva visto i due ragazzi vicini, ma senza scambiarsi più di due parole, entrambi increduli del passo che avevano fatto, ma per diversi motivi. Nonostante tutto la bellezza di Hermione, come quella di Draco, era quasi folgorante e il giovane Malfoy se ne accorgeva benissimo.

Quella stessa sera quando si trovarono nella loro camera, per la prima volta, il più agitato era Draco, Hermione invece era più tranquilla, sapeva che cosa avrebbe comportato accettare anche quella condizione e aveva già pensato a tutto quello che avrebbe dovuto fare.

Alla fine era una donna, e non sfiorava più un uomo da mesi, dall’ultima volta con Ron era passato troppo tempo e sapeva che non lo avrebbe mai riavuto indietro, non con quell’anello al dito.


“Puoi aiutarmi con il vestito?” chiese al marito che si era seduto sul letto a baldacchino ampio con le coperte di seta bianca con ricami d’argento e verdi, vide il ragazzo sussultare alla richiesta e lei alzò gli occhi al cielo, non sapendo che cosa pensare e come comportarsi.

Draco dal canto suo era stupito dalla richiesta, avrebbe fatto molto più che aiutarla, l’aveva desiderata da tempo, forse troppo. Ma non l’avrebbe mai toccata senza il suo consenso. Il matrimonio era solo il primo passo.


Si avvicinò ad Hermione con una lentezza innaturale e sbloccò la zip del vestito, stava tremando, non lei, risoluta come al solito, ma lui.

“Non ti toccherò, non farò più di così. Non finché tu non sarai sicura di quello che vuoi” le disse poi tornando a sedersi sul letto e lasciando di stucco Hermione che non si girò subito verso di lui per guardarlo.  Era piacevolmente sorpresa, si era trattenuta dal tremare quando sentì le mani fredde del ragazzo sulla sua pelle.

Poi però associò la frase non ad uno spicco di sensibilità di Draco ma ad una sua debolezza.

“Cos’è? Non mi tocchi per il mio Sangue Sporco?” chiese sfidandolo apertamente, voltandosi di scatto verso di lui, reggendosi il vestito sul seno con il braccio che non era stato marchiato.

Lui strinse i pugni e cercò di non far caso al tono appena usato dalla moglie, lei non sapeva nulla di lui e più il tempo passava più lui pensava che aveva perso di vista la vecchia Grifona che si ricordava, quella che sperava avrebbe salvato tutti. Perché non poteva vederlo solo come Draco e non come Malfoy?

“Il sangue non conta più, non su di te” le rispose togliendosi le scarpe e la giacca del completo cercando di sfuggire agli occhi inquisitori di Hermione che sembravano volere più di una semplice spiegazione.

“Perché mi hai voluta sposare, Draco?” chiese allora la ragazza che aveva incominciato a chiamare Malfoy per nome da quando era diventata una Mangiamorte, anche se lui aveva iniziato ben prima, dal giorno del suo arrivo.

Il ragazzo andò verso la finestra della loro camera, una di quelle patronali che davano direttamente sul giardino anteriore della villa, quello che in assoluto era il più bella, sentiva Hermione avvicinarsi, ma sapeva che non le si sarebbe avvicinata mai troppo in quel momento, ancora nella stessa posizione di prima.

“Preferivo te alle oche Purosangue che avrebbero cercato dopo di affibbiarmi” rispose il ragazzo mentendo spudoratamente a se stesso, sentì un sospiro, quasi di sollievo arrivare dalla ragazza e poi la sentì sedersi sul letto, alla sinistra, la parte della finestra. Si girò verso di lei facendo appello a tutta la forza che poteva avere andò verso la sua parte di letto con gli occhi della ragazza puntati sulla schiena.
“Per i Purosangue non è tutto rosa e fiori, Hermione. Noi ci sposiamo per contratto e la maggior parte delle volte questo è stipulato quando ancora siamo bambini. Io invece ho scelto di sposare te, di mia spontanea volontà” le disse scoprendosi un poco, mentre si appoggiava alla spalliera del letto e lei era leggermente girata verso di lui con i capelli raccolti in una crocchia ordinata.

“Mi vuoi far credere che tu mi hai sposata per amore?” chiese ancora lei in un misto tra incredulità e stupore, lui rabbrividì alla vista di quegli occhi, poi trasfigurò il completo in un pigiama.

No, non poteva scoprirsi di più, non poteva dirle la verità, non ancora.

“Dormi” le intimò senza rispondere alla domanda, la ragazza lo fulminò con lo sguardo facendo evanescere il vestito da sposa e rimanendo in mutande, aveva già toccato il basso, non era il momento di lasciarsi andare ad imbarazzi, prima o poi l’avrebbe vista nuda. Ma poi lo sentì irrigidirsi.

Lei sbuffò e fece comparire su di sé una vecchia maglietta di Ron, larga e rossa, un po’ smunta, lui storse il naso per il colore e poi spensero la luce.

Ognuno al suo posto.
 
 
 
 
 

 
  
    

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Capitolo 6
*** ...Che per me è una sfida tutti i giorni. ***


Se solo sapessi che per me è una sfida tutti i giorni,
se solo sapessi...
 

“Il giovane Malfoy è diverso da tutto il resto della famiglia” si sentì dire la ragazza di nuovo, prima da Piton ed ora anche dalla Mc. Granitt, e più il tempo passava più incominciava a capirlo anche lei, ricredendosi. Era passato un mese dal giorno del matrimonio, più o meno, e la convivenza con il marito era pacifica, se visti con occhi ignari di tutto sarebbero potuti persino assomigliare a due vecchi amici.

“Devo andarmene di qua...” disse poi la ragazza lasciando cadere il discorso e tornando alla realtà, i ricordi sarebbero rimasti sempre e solo ricordi, ora doveva pensare al futuro e al presente che la vedeva tra le mura di una cella “O penseranno che sia stata catturata anche io e questa volta non potrò destare sospetti, devo ritornare con qualcuno, non sola” disse ancora, la Preside annuì con decisione notando il repentino cambiamento della ragazza, era passata dalla conversazione cordiale alla congettura in un battibaleno, rischiarendo la mente da ogni traccia di confusione che sembrava invece attanagliarla poco prima.
 

“Non posso concederti tuo suocero, lo sai questo vero?” chiese la strega più anziana ricordandosi del vecchio sentimentalismo di Hermione e si sorprese quando vide questa scoppiare in una sonora risata.

“Non scherzare, Minerva. Lucius per me ci può anche marcire qui dentro, non importa se è il padre dell’uomo che ho dovuto sposare. E’ un assassino e questo è il suo posto” rispose risoluta facendo ricredere la donna ancora una volta.

Hermione la stava osservando, l’espressione sul volto della Mc. Granitt cambiava ogni volta che lei diceva qualcosa che riusciva a colpirla, in bene o in male, e si stava accorgendo che la Preside cercava in lei un qualcosa che le potesse ricordare la ragazza diciottenne che aveva lasciato tempo prima, non trovando molto.

Era stata così abituata a nascondersi dietro la corazza da Mangiamorte che si era costruita che ora a volte neppure lei riusciva a lasciarsi andare; un po’ per paura, un po’ per mestiere. La ragazza che tutti ricordavano c’era ancora, intatta, sotto la corazza, e la sarebbe stata fino alla fine della guerra.

“Nott, voglio Andrew Nott” disse poi secca “Porterò lui indietro, è un brav’uomo, per essere un marchiato, è stato costretto per amore dei figli e della moglie, se no non sarebbero sopravvissuti” concluse la ragazza, non capiva perché aveva avuto quel bisogno impellente di giustificare le azioni del padre di Theo, forse perché era un modo per giustificare anche le sue, anch’esse a fin di bene, la donna annuì.

“Come intendi procedere?” chiese poi la Preside attenta aspettando che Hermione elaborasse un piano che potesse funzionare, la prassi era la sua, lei era abituata a quel genere di situazioni, sua sarebbe stata la scelta della scusa che poi avrebbe presentato al Signore Oscuro.

“Fai modificare la memoria di Nott, fa che creda che io e lui siamo riusciti a scappare appena sono state invocate le guardie, cancella dalla sua mente il ricordo che ha di me mentre prendo parte all’offensiva con i ragazzi. Poi fallo portare fuori, privo di conoscenza, con lo smaterializzare ci penserò io. Nessuno si insospettirà, io sono tutta graffiata” concluse la ragazza, machiavellica, tirandosi su i boccoli e legandoseli in una coda alta disordinata, mentre la più anziana ripensava al piano cercando di scovarne qualche eventuale falla che però non trovò.

“Vado a impartire gli ordini, trasfigurati intanto, prendi le sembianze di Ginevra Weasley e aspettaci all’uscita, appena sotto i portici ad est, li saremo lontani da occhi indiscreti” disse allora la Mc. Granitt sollevando il cappuccio di Hermione e mettendoglielo sulla testa per poi darle una carezza materna sulla guancia che fece sorridere la ragazza a cui tutto quel calore mancava terribilmente.

“Minerva, perché proprio Ginny?” chiese prima che la donna potesse uscire dalla cella con anch’essa il cappucci del mantello sulla testa.

“Perché è uno dei membri dell’Ordine che a volte viene a far rapporto, non resta sempre con i ragazzi e non desteresti sospetti. Non ha veramente preso il tuo posto” rispose uscendo mentre Hermione si stava trasfigurando. Sentire quelle parole dalla Mc. Granitt l’avevano sollevata, voleva bene a Ginny, ma non sopportava l’idea di essere stata rimpiazzata nel gruppo. Era estremamente gelosa del rapporto che aveva con Harry e Ron, gelosa persino della sua migliore amica.

Una volta raggiunta l’ala est della prigione si nascose sotto i portici e tornò al suo aspetto normale, non c’era anima viva in giro e in vento era fin troppo forte, da far venire i brividi. Poi arrivò anche la Mc. Granitt levitando al suo fianco il corpo di Nott, privo di sensi, come aveva chiesto e con i ricordi già modificati e in parte cancellati.

“Minerva, ti prego, quando riesci a metterti in contatto con i ragazzi di loro che mi mancano, d’accordo?” chiese la ragazza stringendo le mani della donna, lei annuì trattenendo le lacrime; sapeva che ogni volta che si vedevano non sapevano se ce ne sarebbe stata poi una prossima; nulla era da escludere in guerra. Hermione avrebbe potuto morire, avrebbe potuto essere scoperta, lo stesso per l’altra.

“C’è una persona che ha insistito tanto per vederti” le disse poi la donna, Hermione sgranò gli occhi chiedendosi chi fosse, i rapporti dovevano essere strettamente limitati, la Mc. Granitt doveva esserne consapevole, era lei che aveva dettato le regole. Ma prima che potesse parlare davanti a lei comparve la figura slanciata e robusta di un Neville con il sorriso stampato in faccia che si affrettò ad abbracciare l’amica che non vedeva più da troppo tempo.

Hermione lo strinse a se e respirò profondamente per tentare di non piangere, Neville era una delle persone di cui sentiva di più la mancanza insieme ad Harry, Ron e Ginny. Aveva condiviso con lui sei anni di scuola e ogni volta che aveva bisogno lui c’era stato e viceversa; era bello poterlo vedere.

“Come stai?” chiese il ragazzo allontanandola un po’ per poterla guardare bene, poi sorrise come se non avesse visto né il Marchio né l’anello.

“Tiro avanti. Tu piuttosto?” chiese curiosa dandogli una leggera pacca sulla spalla, lui rise e l’abbracciò di nuovo, incapace di parlare mentre la Preside li guardava commossa, sempre mentre Nott stava levitando di fianco a lei.

“Va, va bene. Ma manchi a tutti. Sei, sei, sei cambiata” le disse poi, lei annuì e alzò le spalle, stava combattendo contro se stessa, c’era una parte di lei che le diceva di lasciarsi andare n quel momento visto che avrebbe potuto farlo, l’altra invece che le diceva che doveva tenere duro, per lei  ma soprattutto per gli altri che erano preoccupati già di loro, senza dover aggiungere anche i suoi stati d’animo, era la corazza quella che parlava, quella più forte.

“Non sono cambiata, rispetto solo un ruolo che mi è stato affidato, sono sempre la stessa” rispose allora all’amico posando le labbra sulla guancia e poi i palmo della mano, in gesto d’affetto “Devo andare ora, prenditi cura di te” disse poi salutò la Mc. Granitt, prese per il braccio Nott e se lo appoggiò delicatamente addosso, poi si smaterializzò.
 
 
 
  

 

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Capitolo 7
*** ...Che l'affetto che mi dai è la mia forza. ***


Se solo sapessi che l’affetto che mi dai è la mia forza,
se solo sapessi...

 

  Si smaterializzarono davanti alla porta del salone del Malfoy Manor, Nott si era svegliato durante il risucchio ma continuava ad appoggiarsi ad Hermione, era troppo debole per poter restare in piedi da solo e le sussurrò un debole grazie all’orecchio prima che Goyle non fermasse il passo deciso della ragazza.
 

Goyle era diventato lo scimmione persona di Voldemort, un specie di guardia del corpo del mondo magico, non perché ispirasse fiducia ma perché era talmente ignorante da non riuscire a fare nulla se non  stare davanti ad una porta bloccando l’accesso a chiunque non fosse stato espressamente chiamato al cospetto dell’uomo senza naso.
 

“Granger, dove vuoi andare?” chiese lo scimmione non facendo minimamente caso a Nott Senior, Hermione non lo poteva soffrire era l’unico che ancora non aveva capito che ora faceva parte anche lei delle squadre del Signore Oscuro, esattamente come lui.

“Goyle se non vuoi morire sul colpo, fammi passare” gli intimò, il ragazzo rabbrividì sentendo il tono glaciale ed appuntito della ragazza che lo guardò divertita dalla reazione “E vedi di ricordarti che io per te sono la Signora Malfoy, non la Granger, razza di zoticone” disse dandogli il colpo di grazia, lui annuì spaventato e aprì la porta che dava sul salone, Voldemort le dava le spalle, ma appena sentì la porta aprirsi si girò verso la sua prediletta e Nott che Hermione aveva delicatamente appoggiato su una delle sedie che costeggiavano i muri della sala, poi andò verso Voldemort e si inginocchiò baciandogli la veste, prima di rialzarsi e incontrare gli occhi freddi e neri dell’uomo.

“Vuoi darmi una spiegazione a tutto questo?” chiese l’uomo “Avete fallito?” continuò, lei fu costretta ad inginocchiarsi di nuovo e parlare a testa bassa, cercando di mantenere la calma. Doveva andare avanti, doveva farlo per Neville e Minerva, con cui aveva parlato e per i ragazzi.

“Si, mio Signore” rispose“Era una trappola, le guardie di Azkaban ci stavano aspettando e hanno preso Lucius, Amycus e Alicia; io sono riuscita a scappare in tempo, portandomi dietro Nott, che era stato schiantato e cruciato” completò risoluta, poi decise di aggiungerci una menzogna “Ma posso assicurarle che Potter sta tornando ad Hogwarts per i rifornimenti” disse sapendo che oltre a non essere vero la scuola era l’unico posto in cui non poteva assolutamente mettere piede, era troppo debole e non avrebbe mandato nessuno così, per una missione suicida, non senza un piano.

Poi sollevò leggermente la testa per tentare di capire che punizione le avrebbe inflitto, se sarebbe stata trafitta da qualche Cruciatus, non sarebbe stata la prima volta, o se l’avrebbe graziata; ma quando lo vide era come sollevato.

“Alzati” le ordinò, lei obbedì e aspettò la sentenza, mentre sentiva Nott lamentarsi sommessamente per le ferite “Sono sempre più sorpreso da te, Hermione, stai rialzando il nome dei Malfoy, proprio quando il Capostipite lotta con tutto se stesso per abbassarlo. Che marcisca ad Azkaban, ne ha di merito” disse dando ancora per qualche secondo le spalle alla ragazza, era andato tutto bene, trattenne a stento un respiro di sollievo. La notizia collegata ad Harry aveva fatto la differenza, ora sapeva dov’era almeno, e lo sapeva per sicuro.

“Ora vai pure nelle tue stanze” le ordinò, lei si inchinò ancora e poi uscì dalla sala, sorridendo leggermente a  Nott che la guardava riconoscente. Passò oltre la porta senza degnare nemmeno di uno sguardo Goyle, ma sentiva lo sguardo di lui bruciarle sulla pelle.

Il Manor era enorme, non aveva mai visto una casa così grande prima di entrare nella villa dei Malfoy e se la prima volta che ci aveva messo piede non era riuscita ad osservarla per i Cruciatus di Bellatrix, da quando ci viveva poteva invece ammirarla in tutta la sua grandezza.

Era in stile vittoriano, dava un’impressione di freddo sebbene ogni stanza fosse riscaldata da del fuoco vivo, era tutto con le tonalità del grigio con i mobili di mogano scuro e non era assolutamente buia come si era sempre immaginata nei suoi incubi peggiori, le ampie finestre donavano sempre una certa vitalità a quella casa all’apparenza morta.

Salì le scale diretta verso la stanza che condivideva con Draco chiedendosi se lui fosse già là o se fosse ancora nei sotterranei a lavorare alle sue pozioni per conto di Voldemort, ma la sua domanda ottenne subito risposta quando spalancò la porta della stanza  e si ritrovò davanti un Draco livido in viso e con i pugni chiusi stretti lungo i fianchi.

Lei sospirò e si tolse il mantello, non smettendo di guardarlo negli occhi, sapeva come trattarlo, sapeva che se non avesse interrotto il contatto lui, pian piano, si sarebbe calmato, e così fu. Dopo che si sbottonò i primi quattro bottoni della camicetta blu notte che indossava, lui era già più tranquillo, ma non meno arrabbiato.

“Ero preoccupato” sputò fuori a denti stretti, Hermione gli sorrise e lui finalmente si sciolse, tra loro ad un mese dal matrimonio era così, lui quando non tornava si preoccupava a lei ogni sera gli chiedeva come era andata la giornata, come una vecchia coppia, o come due semplici amici.

Anche se si toccavano raramente; il gesto più affettuoso era stato un delicato sfiorarsi la mano a tavola, qualche volta, in occasioni specifiche.

“Tuo padre è stato catturato” disse lei, togliendosi la camicia e slacciandosi i pantaloni, rimanendo così solo in intimo, anche a quello si era abituato Draco anche se gli sembrava strano che una ragazza che aveva sempre considerato come una santarellina pudica ai tempi di Hogwarts, potesse rimanere mezza nuda davanti ad un uomo che considerava alla stregua di un conoscente, seppur fosse il marito; ma si era abituato, come si era abituato a trattenere i suoi impulsi primordiali ogni volta che la vedeva poco vestita.

“Mi interessa più che tu sia salva che della sorte di un uomo come lui” le fece presente avvicinandosi a lei di poco, mantenendo comunque la distanza di sicurezza.

“E’ comunque tuo padre, Draco” lo punzecchiò lei riprendendo un po’ del suo fare da saccente che non l’aveva mai abbandonata in quell’anno.

“E tu sei mia moglie, Hermione” ribatte ancora lui, lei lo guardò un attimo e poi scoppiò a ridere sciogliendosi i  capelli, lui non capì il perché di quella ilarità improvvisa ma la seguì a ruota, Draco amava la risata di Hermione, soprattutto quando usciva spontanea, come in quel momento e se solo Hermione non fosse stata così orgogliosa e così Grifondoro,  avrebbe ammesso lo stesso per quanto riguardava Draco.

“Sai, a volte mi suona ancora strano il mio nome pronunciato da te, mi manca un po’ il Ciao Mezzosangue, o cose del genere” gli disse facendogli capire il perché della sua risata, lui scosse la testa, ma senza rimprovero, stava sorridendo e il giovane Malfoy era maledettamente bello quando sorrideva.

Poi si incupì di nuovo, all’epoca, quando si disprezzavano e lo urlavano per i corridoi della scuola, lei aveva ancora Ron, era ancora parte del Trio, era ancora spensierata, normale, era ancora padrona della sua vita. Lui si accorse che la ragazza era diventata improvvisamente pensierosa e si avvicinò ancora. Lei poi fece l’ultimo passo, buttandosi contro il petto di lui, non pianse, ma voleva essere stretta, voleva provare lo stesso calore che aveva provato con l’abbraccio della Mc. Granitt e di Neville, voleva ancora sentirsi a casa, anche se tra le braccia del marito.

Alla fine era lui la sua famiglia in quel momento.

Draco la strinse a se dolcemente, come se stesse maneggiando una bambola di porcellana, con la paura di romperla. Fece scorrere a ritmo regolare una mano sulla schiena nuda di Hermione piena di cicatrici e con l’altra le massaggiava la testa, con fare protettivo, respirando il profumo di quella ragazza così fragile e gracile ma anche così letale.

Le posò un timido bacio tra i capelli e la sentì tremare.

Era il loro primo abbraccio in nove anni che si conoscevano.

Il primo, e ne erano consapevoli entrambi.

“Vai a farti un bagno, io ti aspetto a letto”
le disse poi quando la sentì più tranquilla, lei annuì e si diresse verso il bagno, quando chiuse la porta alle sue spalle si accorse di essere più serena. 
  

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Capitolo 8
*** ...Che con te non ho mai avuto secondi fini. ***


Se solo sapessi che con te non ho mai avuto secondi fini,
se solo sapessi...

 

I sotterranei del Manor erano tutto fuorché luminosi, e il laboratorio di Draco e di Blaise, pozionisti di Voldemort era situato proprio lì, persino vicino alle celle dei prigionieri, in quel momento vuote. Il laboratorio era una delle vecchie celle blindate che erano state costruite dal nonno di Draco anni prima, per i prigionieri più pericolosi.
 

Se la porta d’accesso al suo piccolo rifugio sembrava uscire direttamente da un incubo, l’interno era caldo e accogliete, per quanto lo possa essere un laboratorio, s’intende. Draco non era mai stato bravo a combattere, aveva paura, la bacchetta gli tremava nelle mani ogni volta che stava per usare una Maledizione senza Perdono, ma aveva dalla sua parte una capacità formidabile da Pozionista, cosa che piacque a Voldemort e che lo convinse a non ucciderlo.
 

Alla fine, al Signore Oscuro, una squadra di Pozionisti, seppur ristretta poteva essere mostruosamente comoda, e ben presto a Draco venne affiancato Blaise, suo amico d’infanzia e unico che riuscisse a capirlo veramente.

“No, Blaise, non capisci, lei ieri sera era veramente diversa, non te lo sto solo dicendo perché mi si è strusciata contro mezza nuda. Si è lasciata abbracciare, si è fiondata tra le mie braccia ed era...fragile. Estremamente fragile, non la Mangiamorte spietata d sempre” si ritrovò a ripetere Draco per l’ennesima volta slacciandosi i primi bottoni del camice, rigorosamente nero, da lavoro, mentre Blaise lo guardava tra i divertito e il preoccupato.

“Quello che stiamo facendo, Draco è pericoloso. E se non fosse lei? Se l’avessi sposata per niente?” chiese il suo migliore amico alle prese con una Pozione Polisucco che stavano preparando da tempo, da aggiungere alle scorte.

“Sai anche tu che non è vero” ribatté Draco riprendendo i tratti di una volta, altezzosi, scorbutici e serpentini, lui era pur sempre un Malfoy, un Purosangue, un abile pozionista, non poteva aver sbagliato a trarre le sue conclusioni.

Lui su certe cose non sbagliava mai.

“Questa storia diventa ogni giorno più pericolosa” disse ancora Blaise con una certe veemenza girando con una bacchetta il contenuto del calderone “E noi ci stiamo mettendo contro tutto. Se dovesse andare male rischiamo di lasciarci la pelle” sbottò allora il ragazzo vedendo che Draco stava facendo di tutto pur di non guardarlo in faccia, persino mettere a posto le boccette ancora vuoto, pronte da riempire.

“E’ lei invece, è la Mezzosangue, è lei di cui ha parlato la Cooman prima di morire...” disse Draco più a se stesso che ad un irritato Blaise che aveva ripreso a fissarlo come se volesse ucciderlo.

“La Cooman ne azzeccava una sua cinque, stiamo camminando alla cieca” disse ancora i due giovani un anno prima, avevano visto cadere in battaglia la Cooman e le si erano avvicinati, entrambi consci del fatto che quella guerra stava facendo troppe vittime e che loro non volevano essere tra quelle, ma neppure tra i carnefici, la donna però no nera ancora del tutto priva di vita quando i due ragazzi la raggiunsero e snocciolò una ultima Profezia prima di andarsene.

Quella che se vera, avrebbe contribuito a salvare il Mondo Magico da Voldemort, profezia strettamente collegata e da affiancare a quella su Harry Potter.

“Smettila Blaise” lo rimproverò allora Draco puntando finalmente i suoi occhi grigi in quelli blu cobalto dell’amico, ex Serpeverde e Purosangue, esattamente come lui.
Il ragazzo sbuffò e poi aggiunse un elemento alla pozione, facendo sollevare una leggera coltre di fumo nel laboratorio, tanto da far aprire a Draco una delle finestre incantate in cima al muro più lontano dall’uscita.

“E se anche fosse lei? La donna che hai sposato si rivelerà l’opposto di quello che credevi e poi sarà costretta a morire, per una dannata Profezia” lo rimbeccò Blaise costringendo ancora gli occhi di Draco ad abbassarsi e a chiudersi per qualche secondo.

Si, perché se lei era veramente la protagonista della Profezia, ci sarebbe stato poco da fare.

“Lei non è mai cambiata e non dovrà morire” disse Draco cercando di allontanare il più possibile da se il pensiero di una possibile morte di sua moglie.

“Ma lei morirà, Draco” ribadì ancora il suo migliore amico “Ricordati quello che ha detto la Cooman: Lei salverà il salvabile, diversa da tutti in valore, componente di entrambe le fazioni ma di una con inganno, verserà il suo sangue su un altare e con un sacrificio stremerà il Demonio concluse citando le esatte parole della Profezia e facendo impallidire Draco, più del lecito.

Ma quelle parole Draco se le ricordava benissimo, come se fosse passato solo un giorno, come si ricordava altrettanto bene l’entrata in scena di Hermione, tre mesi dopo la battaglia, tra le file nemiche, dopo che aveva tentato con Blaise di decifrare in tutti i modi la Profezia, non trovando neppure sonno.

Si erano crucciati per ore cercando di dare un volto a quella Lei, poi è apparsa lei, Dea di Luce in tutta quella Oscurità, con la pretesa di essere lei stessa parte di quel buio. Convinta, accompagnata da un tradimento che poteva far invidia a Voldemort, risoluta, diversa da come la ricordava.

“La verità Draco è che tu ci sei affezionato, esattamente come me...” disse Blaise, che era sempre stato il più razionale e propenso ad ammettere i suoi sentimenti, tornando a girare la pozione.
 
Era entrata nel loro laboratorio senza neppure bussare, dopo neppure due settimane che era al servizio di Voldemort, lavorava assiduamente con Pansy e Theo, era stata affidata alla squadra d’attacco, ma non le era stata affidata ancora nessuna missione, dovevano ancora imparare a fidarsi di lei e non volevano rischiare troppo, ma Hermione sembrava degna di fiducia, era presto diventata la preferita del Signore Oscuro.

“Che ci fai qui?” chiese Draco vedendola spalancare ala porta senza neppure bussare, odiava le interruzioni, soprattutto se stava lavorando ad una pozione difficile e se queste arrivavano da una novellina tra i Mangiamorte.

“Ho bisogno di una Pozione, Malfoy. Quella guarente, Pansy se è fatta male e non possiamo rimediare solo con un colpo di bacchetta” rispose con tono saccente e guardandolo negli occhi, quasi volesse sfidarlo; poi entrò e si diresse verso gli scaffali pieni di boccette piene, lui sommesse un ringhio, non si fidava ancora di quella ragazza, eppure avrebbe dovuto farlo, era la loro unica salvezza.

“Non siamo in un negozio, sei in casa mia, non tocchi nulla senza chiedere, è chiaro, Granger?” chiese avvicinandosi alla ragazza con fare minaccioso, lei abbassò la mano che stava per prendere la pozione che le serviva e lo guardò cercando di nascondere lo stupore dell’aver sentito il suo nome, per la prima volta, in sette anni, pronunciato da Malfoy. Poi sorrise divertita da quella situazione, si inchinò teatralmente.

“Come vuole, padrone” disse sbeffeggiandolo, lui fece finta di non aver sentito quella provocazione, tutt’altro che sottile, si stava vendicando per tutte le volte che l’aveva insultata, ne era sicuro. Prese la boccetta e gliela porse. La ragazza la prese, senza ringraziarlo e si diresse verso la porta, doveva annullare tute le buone maniere, doveva inserirsi nel suo ruolo e doveva calzarle come un guanto.

“Ah, Granger” disse richiamandola prima che uscisse di nuovo “A me non importa chi sia o chi non sia il nuovo cocco del Signore Oscuro, la prossima volta che vuoi entrare, bussa” lo disse quasi ruggendo, era difficile tentare divederla sotto una nuova luce.

Troppo difficile.
 
 
  

 

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Capitolo 9
*** ...Che proteggerti non è mai stato un peso. ***


Se solo sapessi che proteggerti non è mai stato un peso,
se solo sapessi...

 
 

Stavano mangiando tranquillamente e in silenzio, a volte Hermione e Draco non avevano bisogno di parlare nella loro parte di Manor, seduti a tavola tranquilli. Lei evitava i suoi sguardi cercando di non perdersi in quegli occhi argentati, non dopo il giorno prima in cui l’avevano fatta sentire protetta ed estremamente fragile; lui invece la guardava di sottecchi per scorgere qualcosa di diverso, qualcosa che gli ricordasse di nuovo, seppur lontanamente, la ragazza che sbeffeggiava di continuo durante gli anni di Hogwarts.

Hermione alzò gli occhi di scatto quando sentì la forchetta del marito cadergli dalla mano nel piatto, mentre si toccava il braccio, dopo qualche secondo lo stesso successe a lei: il Signore Oscuro li stava chiamando.

Si guardarono e poi in una nuvola si fumo comparirono di fronte a Voldemort, già in ginocchio; quando si alzarono dopo un gesto con la mano del Male in persona Hermione vide che non erano solo lei e Draco davanti a lui, ma anche Piton e Nott senior, che portava un braccio legato al collo a causa dello scontro di pochi giorni prima.

“Vi ho convocati qui perché volevo informarvi di un nuovo piano” disse Voldemort nella sua veste scura e logora spezzando il silenzio dei sui quattro servitori “Mi sono stufato di aspettare, penso di averlo fatto fin troppo. Tra due mesi attacchiamo, e deve essere l’ultimo attacco. Potter deve morire” disse con tono sprezzante che fece gelare il sangue nelle vene di Hermione, in piedi dritta di fronte a lui, la sua maschera non tradiva nessuna espressione, nessuna emozione, ma quelle parole l’avevano colpita. Potter emorte erano due parole che non avrebbe mai voluto sentire vicine.

“Vorrei che fosse organizzata una spedizione ad Hogwarts, come l’ultima volta. Voglio segnare li la mia vittoria” disse ancora e Draco si sorprese a guardare di sottecchi la moglie, che non batteva ciglio, le mani erano posate elegantemente contro le gambe, era eretta, con lo sguardo fisso su Voldemort, e sorrideva, un sorriso che poteva essere un ghigno, se avesse potuto avrebbe incominciato a tremare. C’erano dei giorni che arrivava ad avere quasi paura di Hermione e della sua freddezza quando si parlava dei suoi, ormai ex, migliori amici. Era come se l’avessero sostituita con un essere spregevole, del tutto paragonabile a Bellatrix.

“E Malfoy, vorrei che te occupassi tu” disse ancora Voldemort, facendo sobbalzare Draco e irrigidire di colpo Hermione che non voleva che un compito del genere dovesse toccare al marito, non sarebbe riuscita più ad avere la situazione in pugno, non così.

“Io, io ne sarei onorato, mio Signore...” rispose Draco mettendosi una mano all’altezza del cuore e abbassando leggermente la testa per nascondere la smorfia che era comparsa sul suo viso dopo quella richiesta. Voldemort scoppiò in una fragorosa risata che suonava come colonne di ghiaccio frantumate su un pavimento di cristallo.

“Intendevo l’altra Malfoy, quella degna di portare il nome della famiglia” disse sbeffeggiando con una frase ben assestata Draco e rivolgendosi ad Hermione che soffocò un sospiro di sollievo, era ritornata a prendere in mano la situazione. Il ragazzo strinse i pugni, le nocche diventarono subito bianche da quanto stringeva i pugni e soffocò un ringhio.

“Sarei felice di accontentarla” rispose Hermione azzardando un profondo inchino, Voldemort sorrise compiaciuto dal comportamento della sua prediletta e le fece cenno di rialzarsi.

“Dovrà essere tra due mesi esatti. Due, non un giorno di più. E voglio che tu metta su una squadra. Entrerete di sorpresa, li metterete con le spalle al muro prendendo i membri più importanti dell’Ordine e mettendoli con le spalle al muro, noi saremo appena fuori ad aspettare la resa di Potter” disse Voldemort, Hermione ghignò un'altra volta e lanciò un’occhiata a Piton che le sorrise.

“Ha fatto una buona scelta, Signore. La signora Malfoy è la più adatta ad un compito del genere” si intromise allora Severus attirando l’attenzione su di se, Voldemort lo gelò con lo sguardo, non tollerava interruzioni quando era nel bel mezzo di un discorso, e Piton abbassò subito la testa.

“Hai una settimana di tempo per scegliere chi riterrai più idoneo da portare con te durante l’attacco. Potrai scegliere chi vorrai” disse ancora ritornando a posare gli occhi che erano come due fessure, nere come la pece, sulla ragazza, lei annuì con un altro cenno del capo e Voldemort rise soddisfatto “Bene, sono sicuro non mi deluderai, Hermione, come già detto, con te il nome dei Malfoy sta finalmente riprendendo  valore” disse tirando un’altra stoccata a Malfoy che per colpa di quel male che circondava la sua casa aveva perso anche la madre, pochi mesi prima. Hermione strinse per un attimo i pugni, non era giusto che Draco dovesse sopportare tutto quell’odio da solo.

“E’ troppo duro mio Signore, se permette. Draco è un servitore fedele, non bravo sul campo, ma ottimo dietro le quinte” disse alla fine Hermione cercando di mantenere calma la sua voce che avrebbe voluto tremare e alzarsi di almeno un ottava e magari riuscire anche a mettere le dita intorno al collo di quell’essere spregevole che aveva davanti. Voldemort ghigna e fa finta di non aver sentito quelle parole, sciogliendo quella piccola riunione.

“Non ho bisogno della tua protezione” disse Draco ad Hermione una volta raggiunta di nuovo la loro sala da pranzo, il suo tono era asciutto e di rimprovero, non aveva bisogno un avvocato, non si era mai lamentato per le stoccate, non doveva incominciare a farlo lei, non glielo avrebbe permesso. Un Malfoy non si lascia difendere da una donna, nemmeno da sua moglie.

“Allora difenditi invece di lasciarti insultare, dannazione” disse lei sbattendo una mano sul tavolo di marmo, era gelido quasi quanto l’espressione del ragazzo che aveva davanti, che riusciva a sembrarle ogni giorno che passava, più bello di quanto già non fosse, con quella pelle chiara e i capelli biondo platano, quel volto allungato e perfetto che quando dormiva sembrava quasi appartenere ad un bambino.

“Osi contraddire il Signore Oscuro?” ribatté allora dopo Draco irritato dalla risposta di Hermione che aveva in sé tutto quello che avrebbe veramente voluto fare ma non poteva. Lei lo guardò in quegli occhi d’argento vivo si perse per un attimo, in fondo era una donna anche lei e le mancava il contatto con un uomo da mesi, il contatto più profondo, più intimo, e di fronte a lei c’era poi suo marito, l’uomo al quale, volente o nolente, sarebbe stata legata per il resto della vita, sempre se fossero sopravvissuti.

“Si quando si tratta di mio marito” rispose lei avvicinandosi al ragazzo su cui viso comparve un leggero sorriso che lo rendeva ancora più bello.

“Allora hai ancora qualche sentimento...” disse Draco facendola rimanere di stucco a quella frase e facendola immobilizzare.

Era questo che pensava di lei? Incominciò a chiedersi Hermione.

Che fosse una macchina priva di sentimenti? Alla fine era quello che avrebbe dovuto pensare, era quello che voleva far credere a tutti, ma avrebbe voluto continuare ad illudersi che almeno una persona, quella che l’aveva chiesta in sposa, vedesse in lei qualcosa di diverso, forse un barlume di speranza.

Cercava speranza, in Malfoy, e non se ne era mai resa veramente conto fino a quel momento.

“Draco, vorrei parlare con tua moglie” disse una voce entrando dalla porta e trovandoli a un passo di distanza uno davanti all’altro, occhi negli occhi.

“Certo, arrivo subito Theo” disse Hermione staccando le sue pozze orate dagli occhi di Draco e voltandosi verso Theodor Nott.
 
 
 
 
  

 

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Capitolo 10
*** ...Che ho dovuto calcolare tutto, fino all'ultimo dettaglio. ***


Se solo sapessi che ho dovuto calcolare tutto, fino all’ultimo dettaglio,
se solo sapessi...

 
 
Il giardino del Manor era enorme, avrebbe potuto contenere un parco divertimenti e un centro sportivo, aveva una parte anteriore e una posteriore ed era magnifico, contornato da ogni tipo di albero e pianta e fiore, in più c’era una zona dedicata ai Pavoni Albini, animali che Narcissa Black in Malfoy amava particolarmente, amava la loro purezza, il loro non essere intaccati da nulla, erano quasi eterei.

E andò proprio in quella parte di giardino a parlare con Theo, che era forse l’unico che poteva considerare amico in tutta quella pazzia in cui si era inserita con il suo essere una spia per l’Ordine. Il primo mese l’avevano affiancata a lui e Pansy, che dovevano allenarla, capire quali fossero i suoi punti forti, e se Pansy poteva essere alquanto fastidiosa con la sua incapacità di accantonare i vecchi dissapori, Theo, che invece non era mai stato uno dei Serpeverde che la prendeva in giro, era fin troppo gentile, cercando di imporsi nella vita della nuova recluta nel l’unico modo che conosceva veramente, essendole amica.

Theodor era diverso da tutti gli altri, come il padre. Loro facevano parte dell’esercito dei Mangiamorte per proteggere chi amavano, come il resto della loro famiglia, minacciata a morte dallo stesso Voldemort; avevano ucciso, questo Hermione lo sapeva, ma per la sua famiglia aveva ucciso anche lei, non poteva biasimarli, ne incolparli.

“Come mai vuoi parlarmi, Theo?” chiese allora la ragazza mentre appoggiava una spalla all’albero dando le spalle ai pavoni; doveva ammetterlo, quando Voldemort le aveva detto che avrebbe dovuto sposare Draco, lei aveva sperato, per una frazione di secondo, che fosse stato Theo a chiederla in sposa, che sembrava essere il male minore e, come Draco, era incredibilmente bello, ma di una bellezza diversa, dai capelli neri e gli occhi verde smeraldo.

“Mio padre mi ha detto dell’incarico che ti è stato affidato e io volevo chiederti un favore, per quanto riguarda la squadra che dovresti formare” rispose il ragazzo, guardando negli occhi la ragazza dagli occhi color dell’oro, così fuori dalla sua portata e così diversa da come se l’era immaginata tra i banchi di Hogwarts quando ancora frequentavano la scuola.

“Dimmi, farò il possibile” disse lei incoraggiandolo ad andare avanti mentre lui si infilava le mani in tasca e spostava lo sguardo su un pavone appena dietro la ragazza, che li stava osservando incuriosito.

“Non voglio che mio padre corra altri pericoli" disse il ragazzo allora “So che ti piace lavorare con lui, ma vorrei che rinunciassi a lui per questa missione, predi me al posto suo, non voglio che gli succeda nulla, ha già sofferto troppo” concluse il ragazzo cercando di leggere nell’espressione della ragazza qualcosa che potesse fargli capire quale sarebbe stata la sua risposta a quella richiesta. La vide sorridere, era un’ombra di un sorriso che poi si trasformò in un ghigno venuto male.

“Pensavo che la propensione al sacrificio per chi si ama fosse una caratteristica dei Grifondoro” gli fece notare la ragazza, i cui occhi sembravano persi in non si sa quale ricordo, forse al sacrificio di Harry, disposto a morire per salvare tutti loro, per distruggere la parte di Voldemort dentro di lui per poi ritornare in vita e salvarli di nuovo “Theodor Nott, tu sei sicuramente stato smistato nella casa sbagliata, non sei una Serpe, assolutamente” disse ancora la ragazza, Theo sorrise, di un sorriso vero e sincero, che spiazzò Hermione per un attimo, il ragazzo in certi comportamenti le ricordava terribilmente Ron e la cosa la faceva stare male, provava ancora qualcosa per il ragazzo dai capelli rossi, anche se si erano lasciati da un anno, fisicamente e spiritualmente, con la promessa che un giorno sarebbe stato possibile ritornare insieme, alla fine di tutto lo scempio della guerra.

Si erano lasciati andare, almeno per la durata della missione di Hermione, era il modo migliore per potersi concentrare totalmente sui loro compiti, ma ora...

“Ci sono sempre delle eccezioni” rispose Theo interrompendo il flusso dei pensieri dell’amica “Tu sei una Grifondoro, eppure guarda dove ti trovi, tra i cattivi, mentre dovresti essere tra i buoni” le fece notare, lei annuì debolmente, se solo avesse saputo la verità l’avrebbe pensata diversamente, lui la stava paragonando ad una Serpeverde, non molto diversa da Pansy, o Daphne, o Bellatrix.

“Va bene” disse poi sorridendo al ragazzo, tanto non aveva intenzione lo stesso di portarsi dietro il padre di Theo, non voleva metterlo in pericolo un’altra volta, non voleva neppure mettere in pericolo il figlio, ma qualcuno avrebbe dovuto portare e con lui era già abituata, la sua mente era estremamente facile da manipolare, le avrebbe risparmiato energie preziose.

“Grazie” le disse il ragazza andando verso di lei e stringendola in un timido abbraccio che Hermione non riuscì del tutto a ricambiare, era rimasta rigida, non era più abituata a certe dimostrazioni d’affetto, non con loro, le aveva concesse solo a Draco e solo una volta.

“Come va con tuo marito?” le chiese poi, era l’unico che poteva permettersi una tale domanda, lui e Piton, nessun altro in quell’ambiente ed Hermione sospirò alzando le spalle. Il ragazzo le mise una mano sulla spalla e la fece girare verso il pavone che li stava ancora osservando curioso mentre faceva la ruota, lei sorrise all’animale, apparentemente così indifeso “Lo vedi?” le chiese indicando il pavone.

“Si, lo vedo, ma non capisco dove vuoi arrivare” le fece notare lei voltandosi leggermente verso il ragazzo che nel frattempo aveva già tolto la mano dalla sua spalla, come se avesse avuto paura di una sorta di ritorsione a quel contatto.

“Erano gli animali preferiti di Narcissa, sono qui da quando Draco era piccolissimo e Cissy li adorava. Un inverno si ammalò e non poté andare fuori a dargli da mangiare, lo faceva ogni giorno, voleva occuparsene lei personalmente” raccontò il ragazzo mentre Hermione o stava ascoltando curiosa “Ovviamente il padre di Draco non li guardava neppure, erano solo uno spreco di soldi, non faceva uscire neppure gli elfi a pendersi cura di loro, tuo marito se ne accorse e ogni sera, di notte, quando era sicuro che  Lucius dormisse, usciva tirandosi dietro il mangime, con la neve o con il vento, e stava  un po’ con i Pavoni, tutto perché amava profondamente sua madre. Passò un mese così, finché non si riprese” concluse il ragazzo ed Hermione sorrise al pensiero di un Draco così dolce e premuroso verso la madre, lato che lei non aveva mai potuto vedere, aveva condiviso poco tempo in compagnia della donna appena prima della sua uccisione, ma adorava il figlio, questo lo sapeva, l’aveva salvato più volte dall’ira di Voldemort.

“Theo, non capisco”disse la ragazza smettendo di osservare il pavone che aveva chiuso la ruota e se ne stava andando verso l’altro gruppo di suoi simili, poco più lontani.
“Vorrei farti capire che Draco è diverso, che assomiglia molto di più ai Black che ai Malfoy. So che hai conosciuto Sirius e il suo animo nobile, anche Draco è come lui e come la madre, vorrei solo che te ne accorgessi, si merita di avere una donna che lo ami” Hermione si trovò spiazzata davanti ad una frase del genere, Theo voleva bene a Draco, almeno quanto gliene voleva Blaise, erano stati compagni di sventura e di allegre scorribande ad Hogwarts, erano cresciuti come fratelli.

“Io voglio bene a Draco” disse ammettendolo per le prima volta a se stessa “Provo affetto per lui, ma non è amore, non ricordo quasi più cosa significhi amare in questo clima” concluse la Grifona sfiorando la mano dell’amico, lui le sorrise “So che si preoccupa per me e che ha scelto lui di sposarmi e...” incominciò Hermione, ma Theo la bloccò prima che potesse continuare.

“Lui prova qualcosa per te, ne sono sicuro, non si preoccupa mai di chi non ama, lui è pur sempre un Serpeverde” disse prendendola un po’ in giro e strappandole una risata.

 
 
 
 

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Capitolo 11
*** ...Che quella volta ho sentito di amarti, per la prima volta. ***


Se solo sapessi che quella volta ho sentito per la prima volta di amarti,
se solo sapessi...

 
 

“Severus, hai sentito?”chiese Hermione entrando senza bussare nella stanza di Piton, che stava scrivendo una missiva che avrebbe poi mandato alla Mc. Granitt sotto falso nome via gufo; l’uomo si girò irritato verso la ragazza e storse la bocca nella sua solita espressione sprezzante, non dovuta ad Hermione quanto la sua perenne mancanza di educazione, entrando sempre nella sua camera senza neppure annunciarsi.

“Si, Hermione, ho sentito” disse puntualizzando ogni parola, come era solito fare “Ed ho già provveduto, ho fatto avvisare i genitori di Fleur, sono già al sicuro nella scuola” concluse l’uomo, la ragazza si lasciò cadere seduta sulla poltrona di pelle nere nella stanza di Piton e si lasciò andare in un sospiro di sollievo. Theo, Draco e Goyle erano stati chiamati quella mattina da Voldemort per una missione, doveva andare dai genitori della moglie di Bill e obbligarli a confessare dove si trovasse la figlia, che era membro dell’ordine, poi ucciderli. Lo aveva saputo dal vecchio Nott, quando era scesa in giardino per architettare un piano che potesse essere considerato tale per la notte dell’assalto ad Hogwarts, che potesse essere a vantaggio del Bene ma che potesse anche ingannare il Male.

Draco non l’aveva voluta svegliare e se ne era andato senza dire nulla, non era da Voldemort mandare il marito in missione, sapeva che non era capace di uccidere.

“Hermione, non ti rilassare, vai dalla Parkinson, prima ti stava cercando” disse Piton alla sua ex allieva, lei sollevò un sopracciglio, interdetta, abitudine che aveva preso da Draco, a furia di stare con lui aveva preso le sue abitudini, anche quelle più fastidiose, come quella di sbuffare per un nonnulla.

“Probabilmente per dirmi di Draco” rispose la ragazza alzandosi, Piton annuì confermando i suoi sospetti e lei sospirò “Finirà mai?” chiese allora la ragazza facendo girare verso di lei l’uomo, con il volto ancora più scavato del solito.

“Finirà, ed è quasi tutto nelle nostre mani. Non possiamo fallire” rispose Severus mentre la ragazza si avvicinava alla porta per uscire, Hermione annuì e poi si chiuse la porta alle spalle, il peso che doveva portare era troppo grande ed ogni giorno che passava lo sentiva di più.

Trovò Pansy davanti ad un povero albero del Manor, contro cui lanciava delle maledizione, era il suo modo malato di allenarsi. Quando la sentì avvicinare, smise di colpire e si voltò verso Hermione, sorridendole e portandosi indietro i capelli corvini con la mano; non aveva mai avuto un gran rapporto con l’ex Serpeverde, ma da quando aveva sposato Draco lei aveva tentato di entrare nelle grazie della Grifona, d'altronde era sempre una delle più care amiche del ragazzo, senza contare tutte le volte in cui c’era finita a letto.

“Prima o poi la natura ti si ritorcerà contro” le disse Hermione alludendo all’albero quasi squarciato a metà, Pansy rispose con un’alzata di spalle e l’abbracciò leggermente, un abbraccio freddo a cui Hermione non diede assolutamente peso e che non ricambiò.

“Amo uccidere, lo sai. E quando non posso farlo con le persone, mi sfogo sugli alberi, anche se non ad le stesse soddisfazioni” rispose le ragazza facendo rabbrividire Hermione “La sensazione è incredibile, non credi?” le chiese poi; no, non credeva Hermione, che aveva sempre odiato uccidere, che evitava per quanto possibile, finché non era stata obbligata a farlo durante la grande battaglia.

“Ti prende l’anima” confermò la ragazza mantenendo la sua perfetta maschera da Mangiamorte che aveva cessato solo in quei pochi minuti in compagnia di Severus, Pansy le sorrise eccitata, pensando che Hermione condividesse veramente i suoi pensieri “Sono venuta a cercarti perché mi hanno detto che mi volevi dire di Draco, ma l’ho già saputo. Grazie” disse allora la ragazza, Pansy abbassò leggermente la testa in segno di rispetto ed Hermione sorrise, alla fine essere diventata la Signora Malfoy aveva i suoi lati positivi, chi prima cercava di sopportarla se non accettarla ora le portava rispetto, anche per paura, probabilmente, non solo per il nome della Casata del marito.

Erano le nove di sera passate, ed Hermione non aveva toccato cibo, Draco era fuori da quella mattina presto e non era ancora tornato e aveva incominciato a preoccuparsi appena dopo la conversazione con Pansy; non era un incarico così difficile, i genitori di Fleur erano stati portati via, avrebbero dovuto trovare la casa vuota e tornare subito indietro, come minimo, invece nulla. Hermione continuava a camminare avanti indietro per la camera da letto che condivideva ormai da tre mesi con Draco senza trovare pace.

Era molto più che preoccupata, non riusciva neppure a pensare al peggio, non poteva essere successo nulla di male, no, non poteva e doveva assolutamente smetterla di torturarsi le unghie in quel modo, dove era finita la sua maschera da Mangiamorte, senza emozioni?

Irritata per la sensazione che aveva in corpo, andò a farsi una doccia veloce, ma neppure l’acqua che le cadeva calda sulla schiena era riuscita a farla tranquillizzare.

Imprecò come solo una Malfoy poteva fare e poi uscendo dalla doccia si coprì con un asciugamano bianco, portandosi poi ancora in camera e avvicinandosi a piedi scalzi vicino alla finestra, per cercare tracce del marito in giardino, ma niente.

Poi sentì la porta aprirsi alle sue spalle e si girò di scatto.

Draco Malfoy era stanco e la pelle diafana era smorta, più del solito, non aveva ferite visibili, ma quella missione lo aveva messo a dura prova, sapevano del loro arrivo e la casa era stata coperta da maledizioni di vario genere che non avevano lasciato pace né a lui né ai suoi compagni di squadra.

“Tu, tu, brutto idiota di un Furetto” disse scaraventandosi addosso del marito che chiuse velocemente la porta alle sue spalle per poi sentire il dito indice della moglie battergli più volte sul petto “Malfoy, giuro che la prossima volta che non avverti del tuo ritardo ti spedisco a miglior vita con un colpo di bacchetta” inveii ancora Hermione, lui alzò un sopracciglio divertito da quella reazione di preoccupazione che era stata scatenata dalla moglie, avvolta da un candido asciugamano bianco che lasciava coperto meno di quello che avrebbe dovuto.

“Ti preoccupi per me?” chiese divertito, sorridendole sornione, lei strinse i pugni dalla rabbia, che ormai stava scemando e divenne rossa in viso, un rosso che non si vedeva più ormai da troppo tempo e senza alcun ritegno e accantonando per un attimo la sua razionalità, Hermione si gettò tra le braccia di Draco, che sorrise di nuovo, ricambiando la stretta.

Hermione gli cinse il collo con le braccia, tirandoselo più a se e lui rimase colpito dall’improvvisa voglia di affetto della ragazza che era stata un campo gelido per mesi; ma ancora più sorpresa era Hermione che stava provando un’irrefrenabile voglia di baciare il marito.

Al diavolo, alla fine era una donna anche lei; si sporse verso Draco e lasciò sfiorare la sua bocca con quella del marito, che dischiuse le labbra appena sentito il contatto.

Hermione non si fece ripetere due volte l’invito e fece scivolare la sua lingua nella bocca del ragazzo ed incominciarono a baciarsi, per la prima volta. Poi lo tirò verso il letto, senza troppi preamboli e il ragazzo le slegò l’asciugamano da sopra il seno, lasciandolo cadere a terra mentre la bocca di lei era sul suo collo e le mani erano intente a sbottonagli la camicia. Lui la portò verso di se e incominciò torturarle i capezzoli con le mani e la bocca, mentre lei gemeva piano, lasciandosi cullare da quel piacere che le stava invadendo i sensi.

Quanto tempo era passato dall’ultima volta? E quanto tempo ci aveva messo a capire che aveva voglia di Draco? Fece evanescere quello che rimaneva dell’abbigliamento del marito e lui sorrise divertito ribaltando le posizioni.

“Non posso più aspettare” sussurrò Hermione al suo orecchio mentre la mano di Draco la stava stuzzicando sfregando dolcemente sul suo sesso, lui le tappò la bocca con un bacio e le fece divaricare le gambe prima di prendere posto tra esse. Poi con una spinta, più delicata del dovuto fu dentro Hermione che lo stava guardando negli occhi, in quelle due enormi pozze d’argento che l’avevano sempre incantata, in preda ad un piacere che era anche nei suoi di occhi.

La baciò ancora, mentre le spinte diventavano sempre più profonde e sempre più veloci, finché lei non gemette di piacere, ormai all’apice, spingendo le unghie nelle spalle di lui, che venne poco dopo e poi si accasciò su di lei, dandole ancora un bacio, questa volta meno passionale, ma più dolce degli altri. Lei sorrise.

“La prossima volta che mi fai preoccupare di uccido” gli disse, provocando un sorriso sul volto di Draco che era ancora abbracciato a lei e dentro di lei, immobile, era tropo piacevole quella posizione, avrebbe voluto stare così per tutta la vita.

“La prossima volta ti avverto se faccio tardi” la rassicurò mentre gli stava accarezzando i crini biondi.
 

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Capitolo 12
*** ...Quanto mi è costato adulare chi ha fatto del male a me e alla mia famiglia. ***


Se sapessi quanto mi è costato adulare chi mi ha fatto del male a me e alla mia famiglia,
se solo sapessi...

 
 

“E’ stato solo sesso” disse Blaise guardando scioccato Draco, che gli stava raccontando nei particolari la notte che aveva passato con la moglie e come si erano addormentati e svegliati abbracciati, per la prima volta. Blaise si era affezionato ad Hermione, non l’aveva mai odiata come invece era successo a Draco ai tempi di Hogwarts, era sempre stata una brava ragazza e gentile, non gli aveva mai dato un buon motivo per trattarla male, ma d’altronde Blaise a differenza del suo migliore amico non aveva preconcetti sui nati babbani, per lui erano esattamente come gli altri.

“No, per me è stato di più, Blaise, non capisci...” disse Draco cercando di far ragionare l’amico che stava chiaramente tentando di proteggerlo “Lei, lei, lei era lei. Era Hermione, l’Hermione del Trio, quella buona” completò il ragazzo dagli occhi color del ghiaccio pensando ancora alla moglie; quello che provava per lei era passato dall’odio all’amore progressivamente dalla grande battaglia, quando ancora Hermione faceva parte del Trio dei Miracoli e continuava a crescere ogni giorno che passava. Era cresciuto sentendo dire da suo padre che i Malfoy non erano capaci ad amare, ma ora si rendeva conto veramente che erano tutte cazzate, dalla prima all’ultima.

“Draco, basta, non farti del male da solo. Se è vero quello che dici lei dovrà morire, riprendi le distanze o finirai per soffrire più di quanto tu abbia sofferto per tua madre” gli fece presente l’amico, ma ormai era troppo tardi e lui avrebbe dovuto saperlo benissimo. Hermione non sarebbe morta, lui l’avrebbe impedito in qualche modo.

“Non morirà” disse Draco con tono eccessivamente basso ma che Blaise riuscì a percepire scuotendo la testa e sospirando rumorosamente, sapeva che si sarebbero ritrovati a quel punto, avrebbe dovuto sposarla lui che non provava nulla per la ragazza che lasciar l’iniziativa a Draco.

“Voldemort deve morire e la profezia parla chiaro” disse secco e duro Blaise piantando le sue iridi blu cobalto in quelle grigie dell’amico d’infanzia che lo guardava con aria di sfida "Con un sacrificio di sangue e Amore si è aperto tutto e così deve finire"

“Non deve per forza funzionare così, magari non è lei, magari abbiamo sbagliato ad interpretarla” cercò di Draco voltandosi verso la finestra della camera di Blaise, dove i colori dei Serpeverde regnavano incontrastati.

“Da oggi non la perderai d’occhio neppure per un minuto, seguila e vedi di scoprire qualcosa, o lo farò io” disse il ragazzo di colore, per quanto volesse bene a quella ragazza sciocca e al suo migliore amico, ancora più idiota, non poteva perdere di vista l’obiettivo che si erano prefissati. Dovevano remare contro a tutto quello che li circondava, dovevano far crollare il tiranno, e l’avrebbero fatto insieme.

Nello stesso momento, nella Sala, Piton ed Hermione erano al cospetto di Voldemort, entrambi inchinati, in gesto di riverenza, finché l’uomo non diede loro il permesso di alzarsi di nuovo.

“Dimmi, Malfoy, hai per caso incominciato ad architettare qualcosa?” chiese rivolto ad Hermione, la ragazza annuì aprendo il volto il un ghigno che riusciva sempre a compiacere il suo Padrone “Bene, quindi suppongo tu stia anche decidendo chi ti accompagnerà nella tua missione interna” la ragazza annuì di nuovo con una certa sicurezza, anche se invece non era sicura di nulla; non aveva avuto il tempo materiale di pensare ad un piano vero e proprio, era stata troppo impegnata a preoccuparsi per il marito che ai suoi doveri di spia dell’Ordine.

“Si, mio Signore. Ma sto pensando ancora a chi potrebbe venire con me, è una situazione complicata e vorrei potermi fidare di chi porto con me” disse un po’ mentendo, un po’ con sincerità, Voldemort la guardò ed Hermione avrebbe potuto giurare di vedere i suoi occhi illuminarsi a quella affermazione.

“Sempre molto Grifondoro, Hermione, le abitudini sono dure a morire” disse divertito l’uomo facendo combaciare le sue mani davanti il vis, a mo di preghiera, per poi incominciare a battere le dita ritmicamente tra loro.

“Ho già pensato a Theodor Nott e a Piton” disse Hermione allora lanciando uno sguardo trasverso al suo ex Professore di Pozioni che diede un leggero segno di assenso “E ora sto pensando a chi altro potrebbe venire con me” continuò mentre Voldemort la guardava curioso, poi si schiarì la voce e annuì leggermente.

“So che non mi deluderai, non quanto tuo marito, per lo meno” disse sedendosi sul suo trono nero improvvisato, ai suoi piedi Nagini, raggomitolato come se fosse l’essere più innocuo di quel mondo.

“Signore Oscuro, vorrei aver il permesso di porle una domanda”d isse allora Hermione, Piton si voltò verso di lei cercando di capire che cosa volesse fare la ragazza, ma il suo viso era indecifrabile e la Legimanzia non sarebbe servita, aveva imparato a respingerla dal migliore sul campo e l’allieva supera spesso il maestro, se si parla di Hermione Granger.

“Ma certo, te la sei meritata, i tuoi servigi sono sempre i migliori” acconsentì Voldemort guardando con curiosità la ragazza mentre accarezzava la testa del serpente appena sotto di lui.

“So che sta cercando Potter, ho fatto parte io stessa della caccia agli Horcrux” incominciò a dire Hermione e Piton si trattenne dal tapparle la bocca con una Cruciatos, non poteva spingersi così oltre “Ne mancano due. Uno hanno smesso di cercarlo, sanno che si tratta di Nagini” continuò, mentre il serpente, sentitosi chiamato in causa alzò la testa muovendo in direzione della ragazza l lingua biforcuta “Mi chiedevo cosa fosse l’ultimo” concluse, Piton si irrigidì di colpo, Hermione stava rischiando molto più di quello che avrebbe potuto rischiare e lei se ne rendeva perfettamente conto.

“Granger, queste domande sono estremamente fuori luogo” sputò Piton cercando di arginare il danno avendo visto l’espressione tra lo scocciato e lo scioccato di Voldemort mentre la ragazza poneva la sua domanda.

“Piton, io sono Malfoy, non Granger” lo rimbeccò stizzita Hermione per copione e perché non amava essere contraddetta.

Voldemort scoppiò in una sonora risata guardando i suoi due più fedeli collaboratori bisticciare tra loro, i due si girarono di nuovo verso di lui e si irrigidirono.

“Caro Severus, la curiosità della tua ex studentessa non si smentisce mai. Qualità interessante, direi” disse poi Voldemort no togliendo il sorriso del male dalle sue labbra “Mi dispiace, Hermione, ma non ho mai detto a nessuno cosa fossero i miei Horcrux, ma ti posso dire che l’ultimo è qualcosa che il Signor Potter conosce molto bene” disse poi congedandoli.
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 13
*** ...Che mi sono sentita impotente così tante volte. ***


Se solo sapessi mi sono sentita impotente così tante volte,
se solo sapessi...

 

“Si può sapere cosa ti è saltato in mente, stupida ragazza avventata?” chiese Piton una volta arrivati in una vecchia sala del Malfoy Manor, in un’ala che non veniva utilizzata da anni e dove non si avventurava anima viva; Hermione era diventata rossa di rabbia, incominciava a sentirsi frustata, non poteva andare avanti così ancora per molto, due mesi erano pochi e tanti nello stesso tempo.

Erano pochi per riuscire a progettare due piani compatibili e farli combaciare, uno per far fallire i Mangiamorte e uno per far vincere Harry, e poi anche per cercare l’altro Horcrux che ancora nessuno sapeva cosa fosse, ed era troppo, perché si sarebbe affezionata ancora di più a Draco e voleva evitare di coinvolgere l’amore nei suoi piani, non sarebbe riuscita a sostenere tutto, come ai tempi non era riuscito Piton a sostenere il suo amore, non corrisposto, per Lily Evans in Potter.

“Io stavo solo...” incominciò a dire ma Piton le prese una braccio e la strattonò, non era solito usare quelle maniere sulla ragazza, ma non aveva la minima idea di cosa sarebbe potuto capitare se Voldemort avesse fiutato solo una briciola di inganno nelle sue parole.

“Stavi solo cercando di farci scoprire” la ammonì lasciandole di colpo il braccio, Hermione si massaggiò il punto in cui Piton l’aveva stretta e ringhiò di rabbia, un’altra delle tante cose che aveva imparato dal marito, chi andava con lo zoppo imparava veramente a zoppicare, ormai questo Hermione lo sapeva bene.

“Stavo solo cercando di rendermi utile, dannazione” sbottò la ragazza con gli occhi che stavano incominciando ad appannarsi, Piton si girò verso di lei lasciando perdere il camino ormai nero e spento da anni.

“Non sarai utile da morta” ribatté l’ex Serpeverde trattenendosi nel cruciare la sua prediletta per quell’errore degno di una principiante e non di una come lei, di una del suo calibro.

“Severus tu non capisci” lo accusò la ragazza “Noi ce ne stiamo qui, al Manor, fingiamo di essere chi non siamo e non rischiamo nulla. Aspettiamo che ci siano degli sviluppi mentre le persone a cui teniamo sono fuori rischiando la vita ogni santo giorno e vivendo nella paura. E noi? Qui, serviti e riveriti, come dei signori” disse la ragazza cercando di non alzare troppo la voce mentre le prime piccole e calde lacrime le stavano rigando il volto, non piangeva da tropo tempo e Piton lo notò, sentì persino una morsa stringerle il cuore; Hermione, in parte aveva ragione.

“Anche noi rischiamo tutti i giorni, stare qui è un rischio, lo sai bene” la rimproverò Piton, la ragazza diventò ancora più rossa di rabbia, ne aveva repressa fin troppa, come le lacrime, che sembravano sgorgare liberamente dopo tanto tempo.

Non ce la faceva più, aveva dovuto sopportare troppo, aveva solo diciannove anni e aveva addosso il peso dell’intero mondo magico sopra le spalle, un’immagine da spia da mantenere e un matrimonio, che non sapeva come sarebbe finito, in ballo.

“Ma non come loro, noi dobbiamo essere bravi a recitare e a Oblivare menti, loro invece sono li fuori, a nascondersi da qualche parte e potrebbero morire, Severus. Morire, cosa non ti è chiaro di questa parola?” disse ancora Hermione in lacrime, ripetendo quella parola che le faceva paura.

“E’ di questo che hai paura? Che loro possano morire al posto tuo?” chiese allora l’uomo avvicinandosi alla ragazza, lui sapeva che cosa voleva dire avere quella paura, aveva già perso tante persone a lui care, in entrambi gli schieramenti.

“Ho paura che quello che facciamo non sia abbastanza” disse Hermione con gli occhi pieni di lacrime che accendevano ancora di più i suoi occhi orati.

“Tu ti sei persino rovinata la vita, non è abbastanza per te?” chiese ancora l’uomo ragionando da perfetto ex Serpeverde, Hermione strinse i pugni lungo i fianchi fin a fare diventare bianche le nocche.

“Io non amerò Draco, non come lui vorrebbe, ma gli voglio bene, per me non equivale a rovinarmi la vita anche se ammetto che sarà diversa da quella che avevo immaginato. Ed il marchio era un prezzo che sapevo già di poter pagare ”ribatté la ragazza, cercando di darsi un contegno e sospirando pulendosi il viso con la manica della maglietta nera che aveva addosso.

“Vuoi la verità?” chiese Hermione a Piton “Ho paura, si, è vero. Ho paura perché non voglio più continuare a soffrire, non voglio vedere Ron, Harry o Ginny, o chiunque faccia parte della mia famiglia magica essere ucciso senza che io possa aiutarli. Ho paura che non finirà mai questa stupida guerra. Ho paura di far soffrire chi mi ama come ho fatto soffrire Ron quando ha visto l’anello, non mi dimenticherò mai quegli occhi, quell’ombra che è passata sul suo viso. E ho paura di perdere anche le persone a cui mi sono affezionata da questa parte, Theo e il padre, per esempio, tu e soprattutto Draco. Ho paura di scoprirmi innamorata persa di un uomo che non sa chi sono realmente e una volta saputo mi possa rifiutare, perché è quello che farà Draco quando mai verrà a sapere che sono una Spia dell’Ordine. Non voglio più vedere nessuno soffrire, preferirei soffrire io al posto loro. Preferirei morire io che anche solo uno di voi” concluse Hermione facendo uscire tutto quello che aveva nel cuore e nella mente, Piton la guardò allibito.

L’ammirava per tutta quella forza che aveva in corpo, tutto quel coraggio racchiusa in una donna così fragile, all’apparenza. Anche lui aveva provato tutte quelle sensazioni quando era ancora alle prime armi, ma aveva già perso tutto quello che c’era da perdere.

Piton si sporse verso la ragazza e l’accolse in un caldo abbraccio, di quelli che una volta riservava solo alla sua Lily, era incredibile come quella ragazza le potesse assomigliare, anche solo per il coraggio, la ragazza appoggiò il mento sulla spalla del mago e chiuse per un attimo gli occhi; Piton in quell’anno era stato per lei più di un mentore, quasi come un padre e lasciarsi andare così con lui forse era stata la scelta giusta da fare.

Poi si staccò leggermente e si rimise sul piede di guerra.

“Se solo sapessimo di cosa si tratta...” continuò Hermione “Ma, si certo. E’ la spada di Grifondoro, deve essere per forza un oggetto, appartiene ad Hogwarts ed Harry la consoce bene” concluse ritornando la solita sapientona di sempre, Piton le sorrise notando il repentino cambio d’umore.

“Sarebbe fin troppo semplice, Hermione. Ma lo comunicherò subito alla Mc. Granitt” disse il Mago “Tu ora ritorna tra gli altri e incomincia ad ideare veramente un piano, poi ti raggiungo” le ordinò, Hermione annuì e lo abbracciò di nuovo di slancio, mentre il Piton sorrideva paterno.

Nessuno dei due sapeva che però qualcuno era li fuori a spiarli.
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 14
*** ...Che ho avuto paura di fare dei passi avanti senza capire cosa stavo lasciando. ***


Se solo sapessi quanto ho avuto paura di fare dei passi avanti senza capire cosa lasciavo,
se solo sapessi...

 

“Che cosa diavolo sono tutti questi rumori?” chiese la ragazza dai capelli ricci a Goyle che era davanti alla porta del salone, il ragazzo la guardò torvo e poi la lasciò passare, senza neppure risponderle. Hermione non vide subito che cosa stava succedendo, vedeva solo una cerchia di Mangiamorte intorno a Voldemort e delle urla provocate da Cruciatus arrivare dal centro del cerchio che avevano formato.

Urla che aveva già sentito, che arrivavano da una persona che conosceva bene.

Intravide un ragazzo dai capelli scuri e ben piazzato disteso a terra, che si contorceva dal dolore, sul volto della ragazza passò un velo di preoccupazione e ansia, che riuscì ben presto a mascherare con un ghigno e una falcata decisa, diretta verso il centro di quel cerchio, che si aprì nello stesso momento in cui la padrona di casa si fece sentire.

“Che abbiamo qui, mio Signore?” chiese la ragazza inclinando leggermente la testa sotto lo sguardo stupito di alcuni aguzzini, Voldemort la guardò imitando quello che voleva essere un sorriso e le fece cenno di guardare a terra, Neville la stava guardando trafelato, mentre si teneva il petto con una mano, il volto livido.

Nessuno avrebbemai potuto interrompere così il Signore Oscuro senza uscire dalla sala con un arto in meno, nessuno, eccetto la giovane Malfoy.

“Herm...” incominciò a dire, ma la ragazza gli diede un calcio all’altezza del fianco, leggero ma abbastanza forte per far ghignare i Mangiamorte che aveva intorno, che la consideravano, come il Signore Oscuro, la nuova Bellatrix, la nuova padrona di casa e la spalla del Mago del Male.

“Tu, essere spregevole” disse inchinandosi verso Neville e prendendogli una ciocca di capelli e stringendola fingendo forza “Non osare chiamarmi per nome, io per te sono la Signora Malfoy, è chiaro?” chiese, Neville annuì energicamente e la ragazza tentò di rassicurarlo facendo cadere la mano sul viso del giovane a mo di carezza e di scuse per il calcio e il modo duro di fare.

“Signore, vorrei chiedergli l’onore di occuparmi io stesa dell’amico di Potter, nelle segrete. Voglio riservare a lui la stessa sorte che Bella riservò ai suoi genitori” disse consapevole che Neville stava tremando solo nel sentir nominare i suoi genitori, ma doveva fingere bene e lui ne era consapevole, almeno quanto lei stessa.

“E’ tutto tuo, Cara Hermione” disse Voldemort, la ragazza estrasse la bacchetta e fece levitare Neville, i Mangiamorte risero e lo portò nelle segrete del Manor, quel giorno buio come non mai. Solo quando fu sicura che nessuno li stava spiando o li avesse seguiti, lo mise giù con delicatezza e corse ad abbracciarlo, mentre era ancora dolorante.

Neville contraccambiò e poi si accasciò a terra, sedendosi contro il muro ed Hermione fece lo stesso.

“Urla” gli ordinò, il ragazzo la guardò spaesato “Urla o capiranno che non ti sto facendo nulla, ho già rischiato troppo di far saltare la copertura” gli spiegò e allora Neville prese fiato e incominciò ad urlare, era un buon attore, persino meglio di Hermione che per quanto si esercitasse e riuscisse bene nel suo compito, non riusciva a dividere ed estraniare del tutto la Grifona che era e che era sempre stata prima di diventare una Malfoy e prima di entrare nelle file nemiche.

“Come diavolo hanno fatto a prenderti?” chiese la ragazza, Neville urlò ancora per qualche secondo, poi guardò l’amica e alzò le spalle, arrabbiato.

“Sono dappertutto, ero andato nella foresta proibita per cercare delle erbe per delle pozioni e mi hanno trovato” rispose semplicemente e poi incominciò di nuovo ad urlare, Hermione alzò gli occhi al cielo. Non avrebbero dovuto farlo uscire, avrebbero potuto coinvolgere le creature magiche, mandare gli elfi domestici liberi della scuola, avrebbero corso meno pericoli di un Paciock, membro dell’Esercito.

A volte non riusciva a spiegarsi perché certe cose non venivano pensate dalla Mc. Granitt.

“Ascolta, ho un piano” disse guardandolo in quegli enormi occhi scuri che riflettevano ancora l’immagine di un bambino cresciuto troppo in fretta, come tutti loro del resto “Passa dalla parte di Voldemort” disse ancora e il ragazzo smise di urlare di colpo, guardando Hermione con la bocca aperta, lei continuò  a spiegare “Attaccheranno Hogwarts tra massimo due mesi, sono io a dover progettare l’attacco, tu potrai essere utile a me e Piton, so che è un rischio, ma potrei farti fuggire poco prima della missione e potresti dare tutto nei dettagli, o trovare un altro piano. Ti sto chiedendo di fingere per un po’, come faccio io” continuò, il ragazzo scosse la testa e poi si prese il viso tra le mani, lui no nera forte come lei e Piton, non poteva fingere tutto il tempo, non poteva far finta di essere ciò che non era, non dopo quello che i Mangiamorte avevano fatto ai suoi genitori.

“Io non penso di potercela fare” disse allora il ragazzo che sembrava più spaurito di quello che dava a vedere ed intimorito dal lato di Hermione che aveva visto mentre era nella Sala con Colui che non deve essere Nominato.

“Invece si, Neville, puoi farcela. Ce la faremo insieme, se tutto andrà come deve tra meno di un mese e mezzo tutto questo sarà finito e potremo riprendere la nostra vita in mano, potremo dare ai nostri figli un futuro senza dolore e Magia Nera” disse la ragazza con un certo fervore, per cercare di convincerlo, ma il ragazzo era ancora in dubbio “Non hai alternative, o ti alzi e fai il doppio gioco, come faccio io, o io non potrò impedire che tu venga ucciso, lo sai. E’ qualcosa di molto più grande di noi ed io e Severus non potremo interferire. Devi accettare la proposta, non voglio vederti morire” concluse, il ragazzo era diventato paonazzo solo all’idea ed annuì energicamente.

“Cosa devo fare?” chiese tutto d’un tratto, Hermione gli sorrise e sentì un peso in meno sulle spalle, una responsabilità in meno, non avrebbe mai potuto oblivare tutti i mangia morte e Voldemort per salvare l’amico, ne far saltare la copertura, sarebbe stata la fine.

“Prenditi cinque minuti e calmati, dovrai fingere meglio di quanto tu non abbia mai fatto” gli disse, il ragazzo annuì di nuovo “Di che vuoi passare alla fazione opposta, che vuoi stare coni vincenti e che per te sarebbe un onore schiacciare Harry, ti crederà e io metterò una parola per te” concluse Hermione dando una lieve carezza alla guancia di Neville che era ancora spaventato.

“E se non dovesse andare come dici?” chiese lui, la ragazza non aveva neppure preso in considerazione quell’ipotesi, non calcolava mai la sconfitta, non era da lei.

“Andrà come dico, farò tutto quello che è in mio potere. Abbiamo ancora dieci minuti, poi ritorniamo su” annunciò poi, Neville deglutì di colpo e annuì di nuovo “Ti prometto che non ti farò marchiare, troverò un modo per evitartelo e anche per mandarti indietro dai ragazzi, il prima possibile” promise Hermione mentre Neville si gettò su di lei in un abbraccio da orso.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 15
*** ...Che ti sono grata per ogni parola, ogni gesto. ***


Se solo sapessi che ti sono grata per ogni parola, per ogni gesto.
Se solo sapessi...

 
 

“L’ho sentita parlare con Piton...” disse Draco al suo migliore amico entrando nel loro laboratorio e insonorizzando la stanza prima di continuare a parlare, la sua faccia era tirata, quasi funerea, le pieghe sulla fronte erano pronunciate, lo sguardo corrucciato, dentro di lui, in quel momento, c’erano troppe sensazioni che neppure lui si poteva spiegare.

“E allora? Non tenermi sulle spine...” disse l’atro ragazzo che stava recuperando negli scaffali gli ingredienti per il Veritaserum.

Sarà componente di entrambe le fazioni...” recitò Draco, e Blaise capì subito dove l’altro volesse arrivare, appoggiò l’ultima boccetta e poi appoggiò le mani al tavolo abbassando la testa; avevano sperato fino all’ultimo di essersi sbagliati, anche se lei rappresentava l’unica via per la vera salvezza del mondo magico.

“Come l’hai scoperto?” chiese allora l’altro, girandosi verso Draco che era appoggiato alla porta con le braccia incrociate al petto e lo sguardo vacuo e gli occhi puntati verso la piccola finestra sopra il muro laterale.

“L’ho seguita fino alla stanza di Piton, non hanno insonorizzato bene la camera e li ho sentiti discutere. Sono due spie, Blaise, sia lei che Severus. Discutevano per il fatto che lei ha osato troppo con Voldemort chiedendogli degli Horcrux, si sente in colpa perché mentre lei vive nel lusso i suoi amici rischiano la pelle...” spiegò, a grandi linee, a Blaise scappò un leggero sorriso scuotendo la testa, lui non aveva mai avuto nulla contro la ragazza, a lui del sangue non interessava nulla.

“Non si smentisce mai, vero? Sempre molto Grifondoro, molto Granger, poco Malfoy” disse Blaise, Hermione alla fine era sempre rimasta Hermione, poi un pensiero a quello che aveva dovuto subire per quell’anno e poi anche a Piton, uomo che aveva sacrificato la vita alla causa dell’Ordine, spia vivente, sempre in prima linea, sempre freddo e distante, quasi impenetrabile.

“E’ lei, Blaise. Sai che vuol dire...” disse ancora Draco spostandosi dalla porta e passando alla poltroncina di fianco alle librerie, lasciandosi letteralmente cadere e sospirando, passandosi le mani tra i capelli biondi.

“Lo sapevamo dall’inizio e tu non avresti dovuto...” incominciò a dire, ma Draco lo bloccò prima che potesse continuare e continuò lui, disse quello che l’amica non avrebbe mai voluto sentire.

“Abbiamo fatto l’Amore, per la prima volta e mi sono sentito bene. Non c’è mai stato un giorno in cui con lei non mi sia sentito bene, anche quando battibeccavamo” disse Draco, il ragazzo dagli occhi cobalto, lo guardò e scosse con disapprovazione la testa.

“E’ stato solo sesso” ribadì, come aveva fatto poco prima, quella mattina stessa, quando ne avevano parlato, non aveva mai visto Draco così preso da una ragazza, così innamorato, proprio dell’unica donna con cui doveva fingere e basta, che doveva tenere d’occhio, la loro unica arma.

“Non è stato solo sesso, non per me e non per lei. Ha paura di quello che io possa dire, di come possa prendere il fatto che lei sia una persona totalmente diversa da quella che io credevo di aver sposato, è una sua paura, l’ha detto a Piton poco fa” disse ancora Draco, era sollevato del fatto che Hermione non fosse una sanguinaria, come fingeva di essere, era contento che anche lei provasse qualcosa, che anche lui fosse importante per lei, ma da una parte aveva sperato che lo fosse, che fosse quella Mangiamorte che faceva vedere, per non dover aver paura lui di una morte profetica. Aveva sbagliato, aveva sbagliato tutto, si era innamorato della persona sbagliata, avrebbe sofferto e poteva solo incolpare se stesso.

“Magari non è lei, magari c’è qualcun altro” disse poi, tutto d’un tratto, facendo appoggiare Blaise al tavolo, con la testa tra le mani.

“Draco, è lei. Non c’è nessun altro. La Cooman parlava di lei...” disse ancora, non poteva sfuggire dalla realtà, non lui. Doveva essere focalizzato sull’obiettivo come aveva sempre fatto, tutti lo consideravano il braccio destro di Draco, ma,in realtà, lui era molto più di quello, era la sua coscienza, la sua ragione, il suo calmante, era stato il suo compagno di giochi, di stanza, di banco, e ora anche il compagno d’armi.

“Dobbiamo trovare una soluzione, possiamo trovare un’alterativa” propose Draco alzandosi e andando verso la libreria di sinistra e puntando gli occhi sull’ultimo scaffale in alto, leggendo un po’ di titoli, cercando qualcosa che gli potesse ispirare qualche idea.

“Non abbiamo più tempo, non ci sono alternative questa volta, non possiamo cercare una via di fuga” disse Blaise guardandolo preoccupato.

“Ma dobbiamo trovarla” disse Draco ritornando, per un attimo, al suo solito tono da leader, da vecchio Serpeverde ostinato nel voler raggiungere i suoi obiettivi per scopi prettamente personali. Draco per la prima volta, non voleva salvare se stesso, ma chi amava, mettendo in mezzo se stesso.

“Dannazione” incominciò Blaise incominciando ad arrabbiarsi “Pensi veramente che io non tenga a tua moglie? Se ci fosse stata una soluzione che non sia la profezia, l’avrei già trovata, non credi? Lei è indispensabile Draco. Devi sacrificare qualcosa per poter salvare il mondo a cui apparteniamo e lei purtroppo è proprio parte di questa salvezza e deve essere sacrificata” urlò, quelle parole colpirono Draco come un Avada Kedavra, non c’era soluzione, l’avrebbe persa per sempre, presto o tardi.

“No, non mi arrendo” disse guardando Blaise negli occhi, come fosse una sorta di sfida, poi sentirono bussare alla porta, Blaise si affrettò a togliere gli incantesimi e aprì la porta con un colpo di bacchetta. Dall’altra parte la chioma nera di Pansy era legata in una coda alta di cavallo, aveva dei lineamenti quasi perfetti, Zabini la ambiva da una vita, da quando erano piccoli, ma lei era sempre stata inarrivabile per lui e fin troppo diversa nelle idee.

“Che ci fai qui?” le chiese Draco fingendo tranquillità e freddezza, la ragazza lo fulminò con lo sguardo, erano stati insieme per due anni ed erano migliori amici da quando erano in fasce, ma poi qualcosa si era rotto, per quanto cercassero di non darlo tropo a vedere.

“Tua moglie sta torturano Neville Paciock, è stato catturato ed ora si trova nella Sala. Salite a godervi la scena?” chiese la ragazza con un ghigno sulle labbra inconfondibile.
 
 
 
 

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Capitolo 16
*** ...Che sono arrivata ad un punto in cui mentirti mi faceva male. ***


Se solo sapessi che sono arrivata ad un punto in cui mentirti mi faceva stare male,
se solo sapessi...

 
Neville era inginocchiato davanti al Signore Oscuro e la schiera dei Mangiamorte era tutto appena dietro di lui, anche Hermione, che in quel momento si trovava tra i due Nott, ad osservare la scena con un ghigno sul volto che nascondeva tutta l’apprensione che covava dentro di se, se qualcosa fosse andato storto, l’unica testa che sarebbe saltata sarebbe stata quella di Neville, che non aveva nessuna colpa, se non quella di essere stato troppo poco attento.

“La prego, Signore, mi prenda con sé. Ero con la Feccia, ma sono rinsavito, voglio passare dalla vostra parte” disse Neville, la sua voce era ferma, ma dentro di lui ribolliva una rabbia oltre ogni limite, abbassarsi così tanto era troppo avrebbe preferito morire, ma non voleva mettere in pericolo né Harry né Hermione, che gli aveva offerto la via di fuga perfetta.

Voldemort lo guardava con sospetto, e aveva preso a girargli intorno come un predatore fa con la sua preda, seguito dall’inseparabile Nagini, che strisciava in cerchio, appena dietro di lui.

“Così, Paciock, tu vorresti unirti a noi? Non hai grandi qualità però e non mi fido, cosa ti ha spinto a questo repentino cambiamento?” chiese con voce strascicata che fece venire i brividi sia a Neville che ad Hermione, che notò che Draco si era appena messo vicino a Theo, seguito da Blaise e  Pansy.

“Quando mi avete catturato stavo per fuggire, volevo trovare qualcuno che potesse aiutarmi a prendere la strada giusta, la vostra” rispose allora il ragazzo, ancora inginocchiato al cospetto della serpe che aveva smesso di camminare intorno a lui, si era girato e stava cercando con lo sguardo la sua prediletta, in prima fila, come sempre e con un ghigno che aveva sicuramente ereditato con la sua nuova famiglia.

“Hermione Cara”disse con falso affetto allungando verso di lei le dita ossute, la ragazza fece un passo avanti e un leggero inchino con la testa “Tu cosa ne pensi, lo prenderesti?” chiese, Hermione alzò la testa, sperando che non avesse capito il gioco che stavano facendo e che non li avesse scoperti per una parola di troppo, cercò di mantenere la calma, rispondendo a quello che aveva chiesto.

“Si, mio Signore. Paciock è bravo in Pozioni, potrebbe affiancare mio marito e Zabini nel loro laboratorio, e durante la battaglia ha fatto sfoggio di grande coraggio e una buona abilità con la bacchetta. Mi prenderò io stessa la responsabilità di Paciock se la fa sentire più tranquillo” rispose alzando la testa e incrociando gli occhi neri di Voldemort che la stava ascoltando assorto, dopo qualche secondo annuì e poi le girò le spalle e lei capì che poteva tornare al suo posto, vicina ai due Nott che stavano trattenendo quasi il respiro.

“Sei un Purosangue, vero Paciock?” chiese allora Colui che non doveva essere Nominato al diretto interessato e Neville annuì deciso, per poi accompagnare il gesto con la sua voce.

“Si, Signore, sono un Purosangue” disse, ma come poteva dimenticarlo l’Oscuro Mago, lo stesso che aveva offerto ai suoi genitori un posto tra le sue schiere e poi li aveva visti mentre la sua spalla destra di allora li stava torturando fino al punto di non ritorno?

“Bene, e sia. Ma per un periodo di prova ed addestramento. Sarai affidato ai due Malfoy, al primo sgarro, sei morto” disse, Hermione trattenne un respiro di sollievo e guardò in direzione di Piton che annuì impercettibilmente verso di lei e poi le fece cenno di uscire, allora fu lei ad annuire.

Quel leggero scambio di sguardi, quel dialogo nascosto, fuggì a tutti, tranne che a  Draco, che li stava osservando e aveva colto ogni singolo gesto, anche la mossa successiva, di una Hermione che si inchinava leggermente a Voldemort e che usciva dalla sala, in modo cadenzato e tranquillo, troppo anormale per una ragazza come lei.

Decise di seguirla.

Hermione non si accorse di nulla, non sentì neppure i passi non troppo nascosti del marito, di poco dietro di lei, attraverso l’ingresso, la porta e poi tutto il parco, passando anche davanti alla serra dei Pavoni Albini, fino ad arrivare ai cancelli del Manor ed estrarre la bacchetta che aveva appoggiato all’interno degli stivali neri con il tacco che aveva indossato quella mattina.

“Expecto Patronus” disse, dalla bacchetta uscì un fluido azzurro brillante che poi diventò una rapida e veloce lontra che sorrise ad Hermione appena la vide, la ragazza guardò quell’animaletto per qualche secondo poi respirò profondamente.

“Vai ad Hogwarts, di alla Mc. Granitt che Neville farà la spia per un po’ e che è salvo, che Piton le scriverà appena possibile” disse, la lontra annuì leggermente e le fece vedere la linguetta, aspettando che dicesse altro.

Hermione abbassò un attimo la testa, esausta, e quando la rialzò i suoi occhi erano lucidi, quasi bagnati, era stanca di quella situazione, l’unica persona che la teneva in piedi era Draco, con il quale aveva scoperto di poter condividere qualcosa di più forte che un falso matrimonio ed un’amicizia nata nel modo sbagliato.

“E raggiungi poi Ron ed Harry, ovunque essi siano, dì che sto bene e che mi mancano tanto, che mi dispiace di averli delusi e che darei qualsiasi cosa per poterli vedere anche solo per un attimo” disse, mentre una lacrima calda le scivolava lungo la guancia, poi abbassò di nuovo la testa, la lontra le girò intorno due volte, appoggiò il musino alla fronte della ragazza e poi scomparì, verso la destinazione che le era stata data.

I giochi erano appena entrati nel periodo più caldo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 17
*** ...Quanta gioia hai saputo darmi nei momenti più bui, senza neppure rendertene conto. ***


Se solo sapessi quanta gioia hai saputo darmi nei miei momenti più bui, senza rendertene conto;
se solo sapessi...

 
 
Hermione stava guardando fuori dalla finestra della sua camera da letto quando suo marito la raggiunse; si girò verso di lui e gli sorrise, non riuscendo a capire come mai era rimasto fermo sulla soglia appena dopo aversi chiuso la porta alle sue spalle, non c’era più neppure una traccia di lacrime negli occhi di Hermione, solo il pensiero di poter condividere un po’ di tempo con Draco le aveva fatto tornare il sorriso; voleva sentirsi normale, almeno per quella sera.

Normalmente strega, normalmente ragazza, normalmente sposata e normalmente innamorata dell’uomo con cui avrebbe condiviso, probabilmente, il resto della sua vita.

Ma il giovane Malfoy non era dello stesso avviso.

“Chi sei?” le chiese tutto d’un tratto, Hermione scoppiò in una fragorosa risata, pensando fosse un giochetto stupido di Draco, dell’ultimo momento, così, tanto per rendere la serata più divertente.

Si avvicinò a lui con fare da gattina e sorrise.

“Come chi sono? Sono tua moglie...” disse suadente andando verso di lui, lui nascose un ghigno e quando Hermione si stava alzando sulle punte per baciarlo, lui le prese i polsi e la fece abbassare, con estrema delicatezza ma anche con fermezza.

“Chi sei, Hermione?” chiese ancora il ragazzo, Hermione lo guardò negli occhi e si perse per un po’ negli occhi del marito e lui fece lo stesso in quelli della moglie. Si guardarono per qualche attimo, attimi che però sembravano infiniti, era questo quello che si provava quando si è innamorati veramente?

Hermione aveva paura, stava incominciando a capire che Draco aveva scoperto tutto e non riusciva a leggere nulla nella sua espressione, era atono.

Né arrabbiato, né deluso, né contento; non faceva intravedere nulla e lei si sentiva estremamente vulnerabile, che cosa avrebbe fatto senza Draco, che era l’unica persona che la teneva legata a quella missione, l’unica persona a cui si sarebbe potuta sempre aggrappare in quel periodo buio, gli unici attimi di normalità che aveva erano quelli che riusciva a passare da sola con lui, quelli in cui poteva sentirsi ancora e solo una ragazza, non una spia ed un’eroina di guerra che si stava aprendo la strada per entrare nella storia.

Dopo un’altra manciata di secondi, Hermione si fece coraggio e distolse i suoi occhi da quelli del marito arretrando leggermente e facendosi lasciare i polsi da Draco che la guardava in attesa di una risposta, poi, teatralmente, la ragazza allargò le braccia quasi in segno di resa.

“Sono quella persona che prendi in giro da anni, una Sangue Sporco, una Feccia, una dei componenti del Magico Trio, quella che tu dicevi essere il Cervello del gruppo, e sono fiera di esserlo, come sono fiera di essere una Spiadisse la ragazza, ma il volto di Draco non dava segni di reazione alla sua confessione “Sono la persona che hai sempre odiato Draco, non quella che hai creduto di sposare” continuò cercando di ricacciare indietro le lacrime “Uccidimi se vuoi, non te lo impedirò” completò poi alla fine, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi e mantenendo la testa alta, come se volesse sfidarlo.

Le avevano sempre detto che la miglior difesa era l'attacco, in quel momento però era di avviso diverso, non avrebbe mai potuto fare del male a Draco, si sarebbe fatta uccidere lei piuttosto.

Lui si avvicinò a lei lentamente e poi, prima che lei potesse reagire, le prese il volto tra le mani e appoggiò la sua bocca su quella della moglie che rimase pietrificata per qualche secondo, prima di rispondere al bacio. Draco fece passare la punta della lingua sul contorno delle labbra di Hermione e lei chiuse gli occhi e portò le mani sul petto di lui, prima di lasciargli libero accesso e lasciare che le loro lingue ballassero la loro danza preferita, tra sapore di tabacco e menta e quello più delicato di caffélatte di lei.

Si lasciò andare, non capendo quella risposta del marito, tanto disperata quanto passionale, ma che le fece dimenticare per un attimo quello che le aveva appena detto e quello che lui aveva scoperto, non si sapeva come.

Draco, dal canto suo, era rimasto interdetto dal modo in cui lei gli aveva risposto alla domanda ma felice, a modo suo, dell’aver ritrovato quell’Hermione che aveva conosciuto tra i banchi di scuola, quella buona e che aveva sempre odiato si, ma solo perché lui non poteva essere come lei, non poteva combattere per la parte giusta, con lei.

“Non ho mai voluto sposare l’Hermione Mangiamorte” le disse staccandosi da lei per riprendere fiato, lei lo guardò con le lacrime agli occhi e lo tirò di nuovo verso di se prendendolo per il colletto della camicia e facendolo abbassare leggermente.

Un altro bacio, passionale, che dentro aveva tutte le risposte senza neppure bisogno di sentire le domande.

Poi però fu lei a staccarsi per prima e a sciogliersi dall’abbraccio caldo del marito, l’ultima persona che avrebbe mai pensato di sposare e di condividere la vita.

“Draco, perché?” gli chiese, lui strabuzzò gli occhi non capendo subito la domanda, lei capì e la pose in un modo diverso “Perché non mi uccidi? Perché me tra tutti?” chiese ancora sperando di essere stata più chiara, Draco le sorrise e scosse leggermente la testa.

“Non so perché te, ma io sono dalla tua parte” rispose “Da quando l’ultima battaglia è finita, da quando ho visto troppi morti tutti insieme” le spiegò, lei annuì e lo capì, anche per lei era stato uno spettacolo dura da reggere, soprattutto dal momento in cui un suo caro amico era morto in battaglia e così anche parte dei mentori del Trio, tra cui Lupin e Tonks.

“Come hai fatto a scoprirmi?” chiese poi senza staccare un attimo i suoi occhi da quelli del marito, lui abbassò la testa per qualche secondo per poi rialzarla.

“Ti ho seguita, e ti ho sentita parlare con Piton, poi ho visto il Patronus, da ora in avanti dovrai stare più attenta” le disse prima che lei tornasse a baciarlo, stringendolo a se come mai aveva fatto prima.
 
 
 
 
 

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Capitolo 18
*** ...Che ho amato un altro prima di te, ma mai quanto ho amato te. ***


Se solo sapessi che ho amato un altro prima di te, ma mai quanto poi ho amato te,
se solo sapessi...

 
La Stanza delle Necessità era piena di poltroncine messe a cerchio, e su quelle poltrone erano seduti gli Uomini di Silente, ovvero i membri dell’Ordine e dell’Esercito, che erano sempre più numerosi, a capo di tutto, dopo la morte di Silente, era stata designata la Mc. Granitt che dimostrava ormai il doppio della sua età naturale per il continuo stress alla quale era sottoposta. Immancabili i due eroi di guerra, Ron e Harry, insieme a Ginny, che però veniva oscurata ogni volta dal nome degli altri due, anche se aveva preso il posto, saltuariamente, di Hermione nel gruppo e nella ricerca degli Horcrux.

“Manca solo Nagini, Hermione tra poco sarà libera, e così anche Piton” disse Harry in assemblea mettendo a tacere tutti gli altri, ma gli occhi di uno dei membri più anziani dell’Ordine si posarono su di lui scuotendo la testa.

“Non è così semplice ragazzo” disse l’uomo, seduto di fianco alla signora Weasley e al fratello di Silente “Le nostre spie sono troppo coinvolte, ci sarà bisogno di Severus ed Hermione fino alla fine, potranno abbandonare le file nemiche solo a fine battaglia, un loro smascheramento potrebbe provocarne la morte” spiegò con pazienza quasi inaudita, vista la situazione che non era delle migliori mentre Harry non riusciva a stare fermo sulla poltrona, sebbene Ginny, ormai sua fidanzata a tutti gli effetti cercava inutilmente di calmarlo.

“Poi abbiamo un nuovo intoppo, Paciock si è fatto catturare” disse Silente sospirando, lui aveva avuto modo di conoscere Neville durante la prima parte della battaglia e si era rivelato essere un giovane molto coraggioso, ma per come si era fatto catturare poteva definirlo coraggioso quanto imprudente.

“Ma è al sicuro, aiuterà Hermione con la preparazione della battaglia che si farà da qui ad un mese e mezzo, potrà essere utile a lei e Severus” si aggiunse Seamus nella discussione, anche lui uno dei membri più anziani dell’Esercito, che aveva di fianco una Luna meno sulle nuvole di quella che avevano imparato a conoscere a scuola, la guerra l’aveva profondamente cambiata, aveva perso quel suo modo di fare un po’ tra le nuvole.

“Potrà anche intralciarli però” disse poi la stessa Luna sorprendendo gli altri, era la prima volta che prendeva parola in un’assemblea da quando Hermione era passata ai Mangiamorte, la lontananza e la preoccupazione del’amica la mettevano fortemente a disagio e con Ginevra non riusciva ad avere un rapporto di amicizia, non di quelli con la A maiuscola “Neville, si sa, è goffo e potrebbe essere scoperto da un momento all’altro, potrebbe metterli nei guai” sentenziò alla fine e vide quasi tutti i volti degli altri abbassarsi, in un muto assenso, erano tutti preoccupati.

“Se la caveranno, siamo in mano a dei professionisti, la battaglia sarà tutto a nostro favore” disse allora la Mc. Granitt facendo alzare di nuovo la testa a tutti, tranne quella di Ron, che non si era mai abbassata ma che non era neppure mai stata presente come quella di tutti gli altri, sembrava pensare completamente ad altro, come era forse inevitabile che fosse.

Da quando aveva visto quell’anello sul dito di Hermione e l’aveva saputa sposa di Malfoy, lo stesso che l’aveva insultata per anni, e quando aveva saputo che aveva accettato si sposarlo, aveva cercato di evitare l’argomento, ma c’erano momenti, come quello, che non riusciva a fare semplicemente finta di non pensare alla sua ex ragazza, quella che pensava un gioco sarebbe diventata sua moglie, non certo quella del giovane Malfoy, viziato fino al midollo da quando era bambino.

“Finché loro hanno la situazione in mano noi non dobbiamo preoccuparci” aggiunse poi il signor Weasley facendo rinvenire il figlio dai suoi pensieri.

“Non mi pare l’abbiano sempre avuta in mano bene però, o certe cose non sarebbero successe” disse Ron, alzandosi dalla poltrona “Vogliate scusarmi...” disse poi andando in un’altra zona della Stanza, lontana dagli altri. Ormai quella stanza era diventata la loro casa, ne avevano cambiato forma ed era la base sua e di Harry quando dovevano far rapporto o prendere dei rifornimenti, sarebbero partiti ancora il giorno seguente, in avanscoperta.

Sentì poi dei passi avvicinarsi a lui, di donna, ma di certo non era sua madre, non indossava mai tacchi, ne tanto meno vestiti così lunghi da sentirli trascinarsi per terra.

“Ronald, penso tu debba sfogare la tua rabbia” gli disse la Mc. Granitt dopo aver lasciato anche lei la riunione per andarlo a cercare e provare a parlare al ragazzo che si era sempre distinto per il fatto di avere una testa calda, che rispondeva sempre alle provocazioni.

“Poteva dirgli di no” disse il ragazzo allora, senza girarsi verso la vecchia strega, che lo stava ad ascoltare a testa basa “Lei non fa mai nulla contro il suo volere, neppure se si tratta di mantenere una copertura, la conosco, siamo cresciuti insieme, è stata la mia migliore amica, dannazione, la conosco meglio di quanto conosco me stesso e poi è stata la mia fidanzata” disse con tono crescente tirando un pugno al muro che si piegò sotto il suo tocco per poi distendersi, era un muro magicamente elastico, progettato anche per reazioni di quel tipo.

“Non dovevo lasciarla andare, dovevo oppormi alla decisione dell’Ordine, era troppo giovane e aveva troppa poca esperienza, era tutto per me” disse straziato e parlando di Hermione cose se non ci fosse più “E lei ha deciso lo stesso di partire per questa missione suicida, lei ha acconsentito a sposare un Malfoy, lei era mia” concluse poi con gli occhi azzurri quasi infuocati, esattamente come i suoi capelli, più rossi del solito.

“Non devi prendertela con lei” le disse allora la Mc. Granitt facendolo girare verso di lei “Se vuoi prendertela con qualcuno, prenditela con me, sono io che l’ho mandata via” disse, il ragazzo estrasse la bacchetta dalla tasca posteriore dei jeans e la puntò contro la donna, che fece un passo indietro, spaventata dalla reazione improvvisa e imprevedibile del ragazzo che aveva visto crescere sotto i suoi occhi, come tutti gli altri suoi fratelli.

Era consapevole che non era forte come Harry e che le aveva tolto troppo togliendogli Hermione, l’unica in grado di calmarlo subito dopo la morte di uno dei fratelli.

Dopo qualche secondo, gli occhi di Ron si riempirono di lacrime, abbassò la bacchetta e si smaterializzò a Grimauld Place, posto che aveva visto per l’ultima volta lui ed Hermione insieme.
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 19
*** ...Che ci sono stati momenti in cui avrei voluto avere una vita normale con te. ***


Se solo sapessi che ci sono stati momenti in cui avrei voluto avere una vita normale con te,
se solo sapessi...

 
 

“Non avrei mai pensato ci fosse un’altra profezia dopo quella di Harry...” disse Hermione, seduta sul tavolo del laboratorio di Draco e Blaise, si fissava la punta delle scarpe, mentre faceva dondolare le gambe in ricerca di una risposta plausibile e che potesse essere accettabile per lei, si rigirava sull’indice destro una ciocca di ricci che le cadeva sulla fronte mentre i tre ragazzi la stavano guardando.

Draco le aveva detto che Blaise sapeva, e lo stesso aveva fatto lei con Neville, orami era inutile mantenere il segreto, sapevano già tutto, tanto valeva collaborare visto che si ritrovavano a combattere dalla stessa parte.

“Lo Sfregiato, sfortunatamente, ha bisogno di una mano e deve sempre prendere la tua” disse stizzito Draco, provocando una risata nell’amico Blaise e due occhiatacce da Hermione e Neville.

“Non chiamarlo in quel modo!” lo ammonì la moglie smettendo di giocare con la ciocca di capelli per passare all’anello che indossava sull’anulare, Draco alzò gli occhi al cielo e scosse le mani per far capire che avrebbe lasciato perdere, avrebbe sempre difeso il suo amico d’infanzia, anche solo da un nomignolo innocuo, alla fine era per lui se aveva deciso di affrontare una missione così rischiosa come entrare nel covo delle serpi e sposarne una.

“Allora Herm, che ne pensi?” chiese Neville avvicinandosi all’amica e appoggiandosi al tavolo vicino a lei, lei scosse la testa, erano lontani i tempi in cui lei gli spiegava che cos’era una ricordella e lo aiutava in Trasfigurazione, come erano lontani i tempi in cui lui inciampava nelle sue stesse scarpe e lei lo aiutava ad alzarsi con un sorriso.

Erano cresciuti tutti e tutti portavano addosso dei segni della guerra, chi più chi meno.

“Non penso si parli di me” disse, facendo illuminare gli occhi del marito, aveva desiderato ardentemente quelle parole uscire dalla sua bocca, voleva avere una via di fuga dall’idea di perderla e lei sembrava che gliela stesse dando, ma Blaise fece in fretta a farlo cadere dalle nuvole, e fargli picchiare bene il fondo schiena a terra.

“Ti sbagli, quella di cui parla la Profezia sei tu, tutto è connesso a te” disse il ragazzo dagli occhi cobalto, ma Hermione non si dava per vinta; si, sarebbe morta per Harry e per salvare il Mondo Magico, aveva sacrificato già una volta la sua vita, senza sapere che cosa avrebbe trovato, ma la profezia non la convinceva e poi non avrebbe abbandonato Draco.

“Non hai mai preso in considerazione Lily Evans, Blaise, la mamma di Harry” gli fece notare Hermione “La Cooman è sempre stata una mezza calzetta con le Profezia, non ne ha mai beccata una e questa sa di vecchio” concluse accavallando le gambe, Neville si voltò verso di lei, non era del tutto convinto, come non lo era Blaise.

“Alla Evans non abbiamo mai pensato, in effetti” disse allora Draco guardando il suo migliore amico che alzò le spalle e scosse la testa in segno di rimprovero, avrebbe dovuto aspettarsi un comportamento del genere da Draco, cercava di negare fino alla fine l’evidenza, quante volte avevano rigirato quella Profezia per trovare un’altra soluzione da quando Draco si era innamorato della ragazza e lui si era affezionato? Ma non c’era via di fuga, quella era la verità.

“No, non si tratta della madre di Potter” ribatté Blaise irritato “Non era passata dalla parte dei Mangiamorte, ne da qualsiasi altro lato oscuro, non ha mai combattuto per entrambe le fazioni e poi si parla della Battaglia Finale, lei non ne farò parte” le sue parole provocarono un silenzio improvviso tra i quattro, la consapevolezza era sempre più pesante, Draco si incupì ancora in volto, Neville si guardava la punta delle scarpe, mentre le due vere menti, Hermione e Blaise, si stavano guardando negli occhi, loro aveva capito.

“Farò quello che dovrò fare” sentenziò infine Hermione portando su disse gli occhi del marito che sembravano fin più grigi del solito.

“Non ti permetterò di metterti in pericolo” si affrettò allora a dire a Draco, Hermione scese dal tavolo e si appoggiò, rimanendo però in piedi, non si avvicinò a lui, incrociò le braccia al petto e sospirò.

“Non dovrò per forza morire. Quando si parla di sacrifici, non sempre si intende la morte, è una cosa che ho imparato combattendo Voldemort” disse allora la ragazza tentando di rassicurare Draco che se ne stava in piedi, immobile, sembrando una statua di cera.

“Non possiamo raccontarci neppure cazzate però. Andrà come dovrà andare” disse Blaise allora intromettendosi tra i due.

“Mi hai sposata per tenermi d’occhio?” chiese Hermione non ascoltando neppure le parole del moro, aveva occhi solo per Draco che abbassò la testa di colpo, non riusciva mai a sostenere il suo sguardo, non quando sapeva di aver fatto qualcosa di sbagliato.

“Si, all’inizio si” ammise lui “Ma poi sai che le cose sono cambiate” concluse, lei annuì debolmente; certo che lo sapeva, se ne rendeva conto ogni volta che si guardavano negli occhi, ogni volta che si baciavano e fin dall’inizio, quando lui si preoccupava quando lei non ritornava e poi aveva iniziato a farlo anche lei. Era stato un matrimonio combinato, come si usa tra Purosangue, anche se dell’ultimo momento e fuori dagli schemi, ma che con il tempo li aveva fatti conoscere e avvicinarsi, come non avevano mai fatto in anni.

“Sarà meglio parlarne con la Mc. Granitt, Herm, o con Severus” disse Neville cercando di stemperare a tensione e spezzare quel silenzio imbarazzante che si era creato tra i quattro dopo il lieve scambio di battute tra i due sposi.

La ragazza si rinsavì di colpo e scattò dritta in piedi sbattendo un attimo le palpebre come se si stesse abituando solo in quel momento alla luce del laboratorio.

“Si, hai ragione, devo avvisare Severus” disse la ragazza lisciandosi velocemente la veste, ma prima che potesse avvicinarsi alla porta Blaise la bloccò.

“Non farlo, o farai saltare anche la nostra di copertura, non è necessario che lui sappia” disse il ragazzo, lei parve pensarci un attimo e poi annuì, Blaise aveva ragione se ne avesse parlato con Piton avrebbe scatenato un putiferio da entrambe le parti e avrebbe fatto scattare l’allarme nella stessa Mc. Granitt.

Avrebbero risolto la cosa da soli.
 

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Capitolo 20
*** ...Che non ho mai messo me stessa al primo posto, neppure la mia felicità. ***


Se solo sapessi che non ho mai messo me stessa al primo posto, ne la mia felicità,
se solo sapessi...

 

 

Neville si fece accettare in meno di un mese dai Mangiamorte, questo perché godeva della protezione di Hermione, temuta da tutti, persino dai membri più vecchi.

Erano passate tre settimane e mezzo da quella conversazione nel laboratorio di Pozioni ed erano state tre settimane di lavoro e pianificazione, anche la lista dei membri dell’assalto era stata completata. Con Hermione sarebbero andati Piton, il marito e Blaise, Pansy, Nott e altri due membri anziani a dar man forte, era previsto anche Neville, ma la ragazza sperava di farlo scappare prima della data x per l’assalto ad Hogwarts. Gli allenamenti si erano intensificati nel gruppo e il nuovo arrivato era sottoposto a forti pressioni, soprattutto da parte di Hermione che doveva recitare la parte della cattiva contro ad uno dei suoi migliori amici, per continuare ad essere credibile.

“Paciock, alza quel culo, per Merlino e incomincia ad usare delle Maledizioni” urlò la ragazza verso l’amico con veemenza “Con i Protego non dai nulla, devi incominciare ad uccidere” gli rammentò mentre Pansy lo stava guardando ridendo sguaiata e con disprezzo, la mora ancora non capiva il perché di quella nuova recluta così impacciata e timida, ne il perché il suo migliore amico e la moglie lo volessero a tutti i costi proteggere.

“Che ci vuoi fare, Herm. La Feccia alla fine rimane Feccia”d isse sputando in terra vicino alla mano di Neville che si stava alzando, poi rivolse uno sguardo d’affetto all’amica “Ovviamente ci sono alcune eccezioni” poi ritornò con lo sguardo verso il ragazzo che una volta alzato schiantò la Parkinson e le fece sbattere la schiena contro il muro est del Manor, Hermione scoppiò in una fragorosa risata.

“Mai provocare Pansy” la ammonì scherzando, facendo un occhiolino a Neville per il buon schiantesimo.

“Pensi che dovrei...” incominciò a dire Theo in direzione della sua ex compagna di casata, ancora per terra con la testa bassa e una mano su collo.

“Si, Theo, vai pure ad aiutarla” disse completando la frase “Ma dovresti scegliere meglio a chi donare il tuo cuore” disse Hermione sinceramente, il ragazzo sorrise mestamente e annuì incominciando ad incamminarsi.

“Non si può scegliere chi amare” sentì però dire prima che fosse troppo lontano, lei abbassò gli occhi per un istante e poi diede una pacca sulla spalla di Neville che rise.

“Ha avuto ciò che si meritava” osservò il ragazzo mettendo una mano sulla schiena dell’amica preoccupandosi prima che nessuno si accorgesse in quel gesto così intimo.

“Non stavo scherzando prima, Neville però” disse Hermione guardando male Neville, ma poi trasformando l’espressione dura in un sorriso per non farlo spaventare “In battaglia dovrai uccidere, non accarezzare” gli ripeté e lui annuì.

“Io non posso, non ho la tua forza” le fece notare lui mettendo il broncio come un bambino, lei sospirò.

“Non è una questione di forza, ma di sopravvivenza” rispose la ragazza ritornando seria “Che tu sia da questa parte o dall’altra, devi difendere chi ami e te stesso; se non sei forte lo devi essere” aggiunse risaluta, e il ragazzo la guardò con una certa ammirazione, la ragazza era cambiata più di quanto avesse potuto immaginare, la sua scorza era più dura di come era ai tempi della prima battaglia e non si faceva più nessuno scrupolo, aveva imparato dai migliori maestri, da una parte Piton e dall’altro Malfoy.

In quelle tre settimane, anche il rapporto tra Hermione e Draco era cambiato di nuovo, seppur avevano ben altre consapevolezze, vivevano la loro vita da marito e moglie appieno, si spalleggiavano in tutto e lei, quando riuscì, passava sempre più tempo con Draco. Non lo avrebbero mai ammesso l’un l’altro, ma non si erano semplicemente innamorati l’un l’altro, si amavano veramente, nonostante il tempismo, le situazioni che giravano intorno a loro e lo scenario che ogni giorno era sempre più scuro. Si addormentavano dopo aver fatto l’a’more e si risvegliavano abbracciati, pensando così di accantonare per un attimo le loro peggiori paure.

Hermione, qualche secondo dopo, si piegò in due dal dolore, dolore che arrivava dal braccio marchiato, così come gli altri due ragazzi.

“Ci sta chiamando?” chiese Neville, la ragazza annuì e gli fece cenno di seguirla, raggiunsero la Sala a piedi, senza nessun incantesimo e nel momento stesso in cui entrarono si affrettarono a prendere posto vicino a Draco e Blaise, già inchinati davanti al Signore Oscuro come tutti gli altri mentre aspettavano chi ancora doveva arrivare.

Hermione si inchinò di fianco al marito e gli infilò la mano nella tasca della sua tunica nera,dove lui la raggiunse con la sua e la strinse, voltando il capo leggermente verso di lei e sorridendole.

“Alzatevi miei Cari” disse la voce viscida dell’uomo Serpente e come se fossero tutti coordinati da una forza maggiore si sollevarono nello stesso istante e con la stessa lentezza, persino Neville che aveva imparato presto tutto il rituale “Vi ho radunati qui perché ho preso una decisione” disse allora l’uomo dilungandosi in una paura inutile.

“E di cosa si tratta, Signore?” chiese Piton abbassando il capo in segno di rispetto, Nagini si sollevò e andò a sbattere il muso sulle mani ossute del padrone, come se volesse sentire anche lui quello che aveva pensato.

“Anticiperemo l’attacco, sono stufo di aspettare” annunciò, la mano di Draco strinse quella di Hermione che aveva sentito lasciarsi andare di colpo subito dopo quell’affermazione, mentre il resto della sala si era lasciato andare ad un boato che non si capiva se fosse di assenso o dissenso.

“Ma Signore, lei pensa che il gruppo di incursione sia già pronto?” chiese allora Piton, con voce ferma senza guardare la sua pupilla che aveva già lasciato la mano del marito per fare due passi avanti verso la Serpe che aveva puntato lo sguardo su di lei.

“Noi siamo pronti, Mio Signore” disse chinando anche lei il capo “Le chiedo solo un’altra settimana, nulla di più” azzardò, doveva cercare di guadagnare il tempo necessario per poter mettere a punto il piano, ne avevano parlato tanto, e le tracce principali le avevano già decise, ma dovevano avere il tempo necessario per delineare tutta l’azione al minuto, come aveva sempre fatto con Ron ed Harry, nulla era da asciare al caso, non nella prima parte del paino.

“La tua richiesta è più che lecita, è tutto nelle tue mani, Malfoy” disse allora rivolgendosi ad Hermione che fece un’altra riverenza “Ma ho bisogno qualcuno che posso andare ad Hogwarts prima e che ci possa dire com’è la situazione entro le mura del Castello” concluse poi guardandosi intorno, Hermione era esclusa, così come i vecchi studenti che avevano devoluto la causa a lui; Hermione colse la palla al balzo.

“Io avrei un’idea” esordì, con tutti gli occhi puntati su di lei.

“Su allora, esponila” la esortò Voldemort scocciato, la ragazza era così intelligente da poter superare un genio astuto come lui.

“Io proporrei di mandare Paciock, a loro non è ancora giunta voce che sia entrato a far parte della sua schiera, Signore. Potremmo farlo tornare e fargli dire che è scappato, loro si fideranno, lo fanno sempre” propose allora la ragazza, Voldemort ci pensò per qualche istante e poi annuì, doveva ammettere che l’idea della giovane Malfoy era più che azzeccata.

“E tu, Hermione, credi che noi ci possiamo fidare?” chiese allora il Mago Nero, guardandola negli occhi ambrati, lei annuì.

“Si è fidato di me, Signore. Può fidarsi di Paciock e questa è l’occasione giusta per dimostrargli tutta la sua dedizione, me ne prendo io la responsabilità” rispose Hermione toccando con la mano destra il marchio che ancora le bruciava.

“E sia”
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 21
*** ..Che non vorrei mai tornare indietro, la mia storia mi ha portata da te. ***


Se solo sapessi che non vorrei mai tornare indietro, la mia storia mi ha portata da te,
se solo sapessi...

 
Draco ed Hermione erano nel salottino del loro appartamento nel Manor, erano entrambi seduti in due poltroncine di velluto verde intenso davanti al fuoco, una che scriveva morbosamente tutti i dettagli del piano e l’altro che leggeva distrattamente un libro preso a caso nella libreria che una volta era appartenuta alla madre e, nel mentre, guardava di sfuggita la mogli che si passava, almeno ogni minuto, una mano tra i capelli, nervosamente.

Dovette aspettare almeno un’altra mezz’ora prima che Hermione lasciasse andare il foglio sul tavolo e lo potesse duplicare con l’aiuto di un colpo di bacchetta; poi prese la copia, l’arrotolò e la chiuse con un filo di raso rosso.

“Expecto Patronus” disse sotto voce, Draco sollevò la testa e vide la Lontra che aveva già visto davanti ai cancelli del Manor un mese prima compiere una capovolta e poi girare intorno alla sua padrona, Hermione si lasciò scappare un sorriso e poi affidò al vento la sua missiva “Fai in modo che arrivi intatta alla Mc. Granitt e dille che saremo pronti per la nuova data” la Lontra parve muovere la testa in segno di assenso e scomparì con il foglio, mentre Draco si mise a ride attirando su di se l’attenzione della moglie.

“Sai vero che far fare da un Gufo è un modo molto più convenzionale di un Patronus?” chiese allora Draco ad Hermione e la ragazza alzale spalle e gli fece una linguaccia sorridendo.

“Meno rischio di essere intercettati” spiegò con fare saccente e poi lasciandosi cadere a penso morto sulla poltroncina mentre faceva evanescere la prima copia e la piuma con l’inchiostro. Poi volse lo sguardo verso il marito che era ritornato a leggere il libro che aveva tra le mani mordicchiandosi il labro inferiore, tic che aveva cercato di perdere con il tempo ma che non era ancora riuscita ad eliminare completamente, Draco diceva che la rendeva più umana, ma lei invece lo odiava, perché la faceva sembrare una bambina impaurita.

“Draco, dobbiamo parlare” esordì poco dopo, facendogli appoggiare l’oggetto della sua lettura sul tavolino di mogano scuro che avevano entrambi davanti.

“Abbiamo evitato questo momento fin troppo, non è vero?” chiese allora il ragazzo e lei annuì sospirando; come poteva incominciare quel discorso che aveva in mente? Sapeva che i loro sentimenti erano sinceri, ma sapeva anche che non erano nati come tali e a volte quella condizione le pesava, più di quanto potesse dare a vedere.

L’amore con Draco era fenomenale e l’intesa che si era creata, già prima che scoprisse chi fosse lei veramente era qualcosa di forte e che non necessitava di parole o definizioni inutili, ma era anche vero che la loro storia, se non fosse stata per quella sua missione e la profezia, non sarebbe mai iniziata.

“Mi hai sposata solo per tenermi d’occhio?” chiese la Grifona non staccando gli occhi del marito, lui abbozzò un sorriso.

“E’ quello che ho sempre fatto credere a Blaise, si” le rispose Draco sorridendo e poi appoggiando lo sguardo sulla sua fede “Ma la verità è che mi avevi affascinato già prima, quando tu, Lenticchia e Potter foste catturati e portati al Manor. Quando mia zia ti stava torturando io ero appena fuori la cella, sentivo le tue urla e il tuo pianto” continuò notando nella moglie un brivido quando le fu ricordato quel giorno, ne portava ancora i segni “Io e la mia famiglia non abbiamo mai avuto il coraggio di ribellarci e poi ho visto te che avevi tutto da perdere e stavi cercando di proteggere, con la tua vita, i tuoi amici, avevi il coraggio che non abbiamo mai avuto noi e ti ho vista sotto una luce diversa. Provavo una grande stima per te ai tempi” concluse la ragazza gli sorrise e annuì, non sapeva che quel giorno Draco era stato così vicino a lei, ma sapeva che anche lui, a modo suo, aveva tentato di proteggere il Trio, non riconoscendoli subito.

“Che ne sarà di noi, quando sarà finito tutto?” chiese allora Hermione, il viso di Draco si rabbuiò di colpo e scosse la testa.

“Dipende da te” le rispose con una semplicità disarmante che fece rimanere interdetta la ragazza che stava cercando una risposta diversa negli occhi di ghiaccio del marito che, ai tempi della scuola, aveva sempre pensato fossero impenetrabili.

“Non scinderei mai il matrimonio con te” ammise allora la ragazza alzandosi e andando a prendere posto sulle gambe del marito che le fece passare un braccio intorno alla vita e la tirò di più a se sollevato da quella confessione “Ho scoperto un Draco diverso da quello che ho conosciuto ai tempi di Hogwarts, una persona buona che non avrei mai pensato di trovare e qualcuno che mi abbia accetta anche vedendo il mio lato oscuro; è vero che qui non faccio che fingere, ma c’è qualcosa di me anche quando fingo e tu l’hai accettato, nessuno dei miei amici avrebbe fatto lo stesso” concluse sfiorando appena le sue labbra con quelle del ragazzo che gliele catturò in un solo istante trasformando quel bacio a fior di labbra in qualcosa di molto più passionale e urgente, stringendo la mano sulla sua vita in segno di quella possessività che Hermione aveva imparato ad apprezzare negli ultimi tempi, poi si staccò velocemente.

“Herm, c’è la possibilità che finito tutto questo io sia rinchiuso ad Azkaban, con mio padre, se succedesse devi promettermi che non starai ad aspettarmi, voglio che tu abbia una vita normale, quella vita che fino adesso non hai potuto vivere” la ragazza lo baciò e si lasciò sfuggire una lacrima che Draco si affrettò a raccogliere con un dito.

“Non succederà, testimonierò a tuo favore e a favore di Blaise, così come farà Piton e Neville” disse la ragazza che era stata così testarda da convincere i ragazzi a parlare con Severus delle loro scoperte e far capire poi a Piton che una collaborazione sarebbe stata essenziale.

“Cosa ho fatto per meritarmi te?” chiese allora Draco e lei alzò le spalle scoppiando a ridere e intrecciando le mani appena dietro al collo del marito.

“Zitto e baciami” gli ordinò, lui sorrise e le loro labbra tornarono a combaciare e le mani della ragazza a mescolarsi con i capelli biondi della persona che per lei, in quel momento, era la più importante. Si strinse ancora di più a lui mentre la prendeva in braccio alzandosi per spostarsi verso il divano, più vicino al fuoco e più comodo; la fece distendere sotto di lui e lei fece evanescere i vestiti con un incantesimo non verbale che fece sorridere Draco.

Quell’urgenza che sentivano nel diventare una cosa sola era qualcosa che non sarebbe mai riuscito a spiegarsi, aveva fame di lei come lei ce l’aveva di lui e si amarono, si amarono alla follia, finché non ebbero più fiato.

E si addormentarono abbracciati.
 
 
 
 

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Capitolo 22
*** ...Quanto ho imparato. ***


Se solo sapessi quanto ho imparato,
se solo sapessi...

 

“Passeranno da un passaggio, quello che collega dalla Stamberga l’ufficio della Presidenza” stava spiegando Neville a Ron, Harry e Ginny, nella sala riunioni destinata al Trio nella Stanza delle Necessità “I vecchi Presidi, dai quadri, erigeranno delle barriere di forza che stordiranno chi nella squadra non è a conoscenza del piano” continuò a spiegare il ragazzo mentre ancora gli altri tre dovevano mandar giù il rospo dello scoprire che Malfoy e Zabini si erano rivelati essere dalla parte dei buoni, per una volta tanto “Saranno O’Neill, Pigleton, Parkinson e Nott, e poi da lì la partita da giocare è tutta vostra, Hermione tenterà di giocare al fianco di Voldemort con Piton fino alla fine, tentando di farlo cadere. Gli altri dettagli dovrebbero arrivare a momenti, ma il grosso del lavoro lo stanno facendo al Manor” concluse Neville, i tre ragazzi annuirono distrattamente mentre Ron aveva già lo sguardo perso nel vuoto e nell’odio verso se stesso, per aver fatto correre ad Hermione un tale pericolo e verso Malfoy, che non era riuscito a tener giù le zampe da quello che lui considerava suo.

“E’ un piano complesso, i Presidi non danno sempre il loro consenso” disse allora Harry rompendo il silenzio che si era creato dopo la spiegazione dell’amico.

“Ci ha già pensato la Mc. Granitt” lo rassicurò Neville aspettando altre domande, che non tardarono al arrivare, come aveva immaginato.

“Con Hermione chi parte oltre quei quattro?” chiese allora Ginny che era seduta a braccia conserte alla parvenza sicura di sé, ma era la prima, tra loro, ad avere una paura marcia per la battaglia, soprattutto dopo la storia della Profezia della Cooman a cui Piton non aveva dato peso, così come la Mc. Granitt che non aveva mai creduto nell’occhio interiore della donna.

“Draco, Blaise e Severus” rispose il ragazzo, che si guadagnò una stoccata dagli occhi fin troppo espressivi di Ron.

“Da quando sei passato ai nomi?” chiese ironico sospirando, era stato fin troppo pungente però e Neville ne risentì, non riusciva a credere a come Ron, in una situazione del genere, potesse essere così concentrato solo sul suo dolore personale, tutti in quella stanza avevano perso qualcuno per la Guerra e altri anche prima, ma riuscivano a ragionare con lucidità.

“Da quando mi hanno protetto per un mese in quella gabbia di matti, se non fosse stato per loro io sarei morto, amico” rispose prontamente e Ron lasciò cadere il discorso per quel momento, provocando un altro silenzio, più pesante di quello di prima.

“Pensi sia fattibile?” chiese allora Harry ancora che pensava al piano che era stato ideato da Hermione, andava oltre ogni macchinazione che si era ritrovata a fare in quegli anni, era vero, avevano infranto numerose regole e leggi mentre cercavano gli Horcrux, ma era la prima azione rischiosa e che le avrebbe fatto saltare la copertura da quando era passata alla parte opposta.

“Si, Herm ha più che affinato la sua tecnica e per quanto riguarda i piani sappiamo che è sempre stata lei la mente del gruppo, non ha mai fallito” rispose Neville risoluto “E poi ha altre tre persone al suo fianco” disse ancora facendo storcere il naso a Ron per l’ennesima volta.

“Come sta lei?” chiese poi il rosso abbassando lo sguardo, gli faceva ancora male pensare a lei ora che era tutto cambiato, si ricordava ancora il bacio senza fine che si erano dati prima che lei partisse, un bacio che non voleva saperne di vederli separati.

“E’ un po’ preoccupata, ma sta bene” rispose Neville, ogni volta che Ron gli faceva una domanda gli sembrava di essere sotto interrogatorio, ormai era così da quando, poche ore prima, era ritornato ad Hogwarts.

“Beh, c’è chi la tranquillizza, no?” disse allora con lo stesso sarcasmo pungente che aveva usato poco prima, Ginny gli diede una sberla sul collo a mo di rimprovero e lui si girò adirato verso la sorella non accorgendosi del fumo che usciva dalle orecchie di Neville, stufo di quel suo comportamento.

“Piantala Ron, così non risolverai nulla” lo rimproverò Harry incominciando a stancarsi del comportamento del migliore amico.

“Come reagiresti Harry se Ginny sposasse un lurido Mangiamorte che l’ha derisa per anni?” chiese allora di rimando il ragazzo dagli occhi azzurri non riuscendo più a trattenere lo sconforto misto alla rabbia, più tentava di non pensarci, meno ci riusciva.

“Draco non è così cattivo come pensi, si è ricreduto, con la guerra è cambiato e prova un affetto sincero verso Hermione e lei ha imparato a contraccambiare” si intromise Neville rosso di rabbia, era ora di mettere un freno a quei comportamenti da poppanti, stavano soffrendo tutti e Ron non aveva il diritto di giudicare né Hermione né Malfoy, che in un anno erano cambiati profondamente per motivi diversi.

“Lei amava me” disse Ron perdendo l’atteggiamento da duro per lasciare spazio a quel luccichio degli occhi che aveva sempre fatto addolcire la sua, ormai definitivamente ex, ragazza. Lo disse in un sussurro, che portò Ginny a posare la mano che prima aveva dato la sberla, sulla mano del fratello che tremava leggermente sotto il tavolo “E io l’ho lasciata andare...” disse ancora chiudendo gli occhi con forza.

“Non parlare di lei come se fosse morta” lo ammonì Harry che aveva anche lui addolcito lo sguardo vedendo Ron cambiare tono “E’ viva, sta bene e...” cominciò a dire il Bambino Sopravvissuto, ma non sapendo come continuare completò Neville la frase.

“Ed è felice, per quanto può esserlo in una situazione del genere” completò non staccando gli occhi dagli amici “So che è difficile Ron, ma siete stati lontani per tanto tempo, e in Malfoy lei ha trovato un appoggio, si amano, a dispetto di tutto e se le vuoi bene veramente devi incominciare a renderti conto che quando tutto sarà finito lei vorrà stare con lui” concluse vedendo il volto di Ron rigarsi di lacrime e abbassarsi.

“Quando sarà tutto finito lei tornerà da me” disse Ron, ma la sua era solo una speranza vana, non c’era un barlume di convinzione nella sua affermazione.

“Ognuno di noi prima o poi deve scegliere una strada da percorre” incominciò a dire Ginevra Weasley che parlò per la prima volta per difendere l’amica “Hermione l’ha scelta in questi ultimi mesi. Se si è lasciata andare a Malfoy era perché già aveva scelto con chi avrebbe voluto passare il resto della vita. Neppure un matrimonio magico avrebbe potuto vincolarla se così non fosse, e tu lo sai meglio di me” le parole della sorella suonavano dure e affilate alle orecchie di Ron, ma anche in quelle di Harry che non aveva visto la cosa da quel punto di vista.

Si sarà sposata contro la sua volontà, ma poi è stata la sua volontà a scegliere di fidarsi e amare Malfoy, Ginny aveva ragione, Hermione aveva fatto la sua scelta.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 23
*** ...Che se solo avessi saputo avrei rimandato, per stare con te ancora. ***


Se solo sapessi che solo avessi saputo avrei rimandato per stare con te ancora,
se solo sapessi...

 
Il giorno della partenza vide Hermione perplessa dall’entrata nel laboratorio dei ragazzi dei due Nott, scortati da un Draco sorridente.

“Che succede?” chiese Blaise che temette il peggio, se avessero scoperto qualcosa su di loro avrebbero dovuto ucciderli, non potevano esserci imprevisti nel piano, non arrivati a quel punto ed Hermione ne era consapevole, lo capì appena incrociò i suoi occhi.

“Abbiamo due alleati!” annunciò Draco chiudendo dietro di se la porta, Andrew e Theo sorrisero e la ragazza guardò il marito perplessa, non sapeva come comportarsi, mise la mano sulla bacchetta, come riflesso spontaneo.

“Tranquilla Herm” le disse Theo “Io e mio padre abbiamo capito da che parti stavi da quando lo hai riportato indietro da Azkaban” spiegò, lei tolse la mano dalla bacchetta, ma ancora non capiva, pensava la Mc. Granitt gli avesse confuso la memoria.

“Minerva è brava, ma qualche trucchetto lo conosco anche io, mi ero schermato prima; poi io e mio figlio siamo sempre stati dalla parte sbagliata sapendo di sbagliare, volevamo solo...” ma Draco lo bloccò mettendo una mano sulla spalla dell’uomo.

“Proteggere la vostra famiglia” concluse lui per Andrew, lui annuì e sorrise al ragazzo che aveva visto crescere sotto le fruste di Lucius e gli occhi pieni di lacrime di Narcissa.

“Siete dei nostri?” chiese allora Blaise, Theo annuì e questo gli corse incontro stringendolo, per loro era più difficile ed Hermione lo sapeva, per loro combattere voleva dire lottare contro le loro famiglie, mentre lei lottava con e per la sua famiglia, non rischiava di doverli uccidere con la sua stessa bacchetta.

“Il piano deve essere rivisto allora” disse la ragazza cercando di concentrarsi di nuovo, non era convinta, aveva paura che qualcosa potesse andare storto e covava dentro di se uno strano presentimento, ma si sapeva, lei non aveva di certo l’occhio interiore e decise di lasciar perdere.

“Draco ci ha già detto qualcosa” disse Andrew sorridendo ad Hermione cercando di tranquillizzarla, ma lei sbuffò e si ravvivò i capelli.

Qualcosa non è basta” disse con tono severo “Dovrete schiantare chi considerate vostro amico nella sala della Presidenza, i ritratti faranno il resto, ma una volta fuori avrete voltato le spalle alla vostra squadra, dovrete uccidere coloro con cui vivete da anni” lo disse con tono severo, come se loro non sapessero cosa volesse dire uccidere.

“Questa volta almeno uccideremo per qualcosa di giusto” ribatté Theo appena l’amica ebbe finito di parlare.

“Non è mai giusto uccidere” sussurrò lei piano, non si accorse neppure che Draco le si era avvicinato, se non quando sentì il suo braccio avvolgerle la vita e abbassarsi in modo di sfiorare l’orecchio di lei con le labbra.

“Tranquilla, andrà tutto bene” la rassicurò, lei si appoggiò a lui, dimenticandosi di tutto ciò che era intorno a loro, alzò il viso e gli diede un leggero bacio sulle labbra.

“Non so cosa farei senza di te” gli disse in modo che solo lui potesse sentirla; Blaise si schiarì la voce volutamente e i due si staccarono.

“General Malfoy” disse rivolto ad Hermione canzonandola “E’ ora di radunare le truppe” lei sorrise e poi sospirò annuendo.

“Ci vediamo fuori nel cortile tra cinque minuti esatti” disse e poi uscì dalla porta del laboratorio lasciando scivolare dalla sua mano la mano di Draco che la guardò scomparire appena svoltato l’angolo della porta.

Il cortile le sembrava ancora più buio delle altre sere e più freddo, erano già li ad aspettarla.

Tutti.

Pansy, O’Neill, Pigleton, Andrew e Theodor Nott, Severus, Blaise e Draco.

Draco.

Li stava guardando dalla finestra della saletta che precedeva l’ingresso, erano tutti li in cerchio, ma il quel momento aveva occhi solo per Draco, che era stato la sua famiglia negli ultimi mesi, così come Severus e Blaise, ma loro erano diversi. Se solo avesse potuto tornare indietro nel tempo, girare le lancette dell’orologio di qualche anno, avrebbe tentato di conoscerlo e sicuramente avrebbero avuto più tempo.

Più tempo per loro.

Era inutile che continuava a fingere mentre una lacrima le rigava il viso.

Di tempo ne avrebbe avuto ancora poco, Blaise aveva ragione, su tutto. Lei sarebbe stata parte determinante della battaglia ma in quel momento avrebbe solo voluto prendere Draco e scappare da qualche parte lontano da tutta quella guerra, dove poter vivere in pace e crescere i loro figli, che sarebbero arrivati sicuramente, se solo...

Hermione strinse i pugni lungo i fianchi, quante persone avrebbe voluto salutare prima di assolvere il suo compito?

Asciugò la lacrima che le bagnava il viso e sollevò il cappuccio sulla sua testa sistemandosi prima i capelli al di sotto di esso; le apparve l’immagine di Minerva l’ultima volta che era stata ad Azkaban che le diceva che prima o poi tutto quella guerra sarebbe finita e lei le aveva chiesto quando sarebbe successo.

Ora avrebbe voluto non finisse, per avere solo un po’ più di tempo.

Prese la forza di uscire in giardino solo qualche minuto dopo, quando incominciavano a spazientirsi di aspettarla, aveva già preso troppo tempo per i suoi addii interni.

“Siamo pronti a partire, la passaporta ci porterà nel dormitorio Grifondoro” mentì avanzando verso la sua squadra, Pansy sbuffò, doveva essere là da già dieci minuti e lei ha sempre odiato chi ritardava “La sconfitta non è contemplata” concluse, Draco le prese la mano e ripeté il gesto di qualche minuto prima nel laboratorio, mentre gli altri si accingevano più vicino alla passaporta, identificata in un ombrello nero.

“Dovrai uccidere anche tu questa volta, Hermione, fallo senza scrupoli siamo in guerra e dobbiamo sopravvivere” le disse dandole poi un bacio sulla nuca, la ragazza chiuse per un attimo gli occhi ricacciando indietro le lacrime.

Era pur sempre Hermione Granger prima di essere Hermione Malfoy, era pur sempre una Grifona doveva avere coraggio da vendere, anche il coraggio di guardare la morte in faccia.

La sua.
 
 

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Capitolo 24
*** ...Che essere forte questa volta è stato difficile. ***


Se solo sapessi che essere forte questa volta è stato difficile,
se solo sapessi...

 

“Nagini, dobbiamo recuperarlo e ucciderlo è l’ultimo” disse Harry mentre era fuori dalla porta della Presidenza con Ron e Ginny che aspettavano di sentire i segni della presenza degli altri alleati e dei primi Mangiamorte che sarebbero caduti nella loro trappola. Hogwarts era piena di membri dell’Ordine e dell’ Esercito e di tutti coloro che volevano combattere dalla loro parte, contro la guerra e il male.

“Avremmo dovuto chiedere ad Hermione di trovare una scusa per portarselo con se” disse di nuovo, era più agitato del dovuto, sarebbe stata la battaglia decisiva e poi avrebbe potuto riabbracciare la sua migliore amica che le mancava ancora più della libertà che gli era stata negata.

“Sarebbe stato troppo pericoloso, l’abbiamo già messa troppo in pericolo” gli fece notare Ron che a fatica tratteneva il tremore nelle mani, era un gran combattente e in quell’ultimo anno la sua abilità era cresciuta ancora, ma quando si trattava di emozioni diventava incontrollabile.

“Più di così?” disse allora Ginny che era la più tranquilla in quella situazione fatta eccezione di Luna, lei aveva la capacità di trattenere i nervi che era cento volte superiore a quello dei due ragazzi “Andrà tutto bene, vedrete, soprattutto ora che il grande Trio dei Miracoli sta per essere riunito” concluse poi sorridendo ai due ragazzi che sembravano essersi rincuorati.

I ricordi di loro tre insieme in quei sette anni che avevano preceduto la prima battaglia erano quelli che li teneva ancora in piedi, la loro amicizia è sempre stata più forte di tutto.

“E se la trovassimo cambiata?” chiese Harry in un momento di poca lucidità, Ginny gli mise dolcemente una mano sul braccio.

“Rimarrà sempre la nostra Mione” rispose lei ed il suo fidanzato sorrise, era stupido anche solo pensare che Hermione non fosse cambiata neppure di una virgola in quell’anno, Neville aveva già accennato al fatto che si era indurita parecchio ma che alla fine rimaneva lo stesso lei, solo che era stata troppo lontana dalla sua famiglia prima di formarne una nuova.

E Ginny si ritrovò a pensare che era stata una fortuna per lei aver trovato Draco ed essersi innamorata, l’aveva tenuta sulla sua via.

Poi sentirono dei rumori provenire da dietro le porte, erano appena arrivati con la passaporta, i muscoli dei tre ragazzi si irrigidirono.

Dall’altra parte i tre Mangiamorte che non erano a conoscenza del piano appena si ritrovarono in Presidenza si guardarono intorno non capendo.

“Questa è la Presidenza” disse Pansy cercando lo sguardo di Hermione, solo dopo si accorse che lei e i suoi due compari erano stati circondati da Piton, Zabini e i due Nott, senza contare la ragazza che era davanti a loro.

“Sei sempre stata perspicace Pansy, brava” rispose Hermione, la ragazza ci mise pochi secondi per capire cosa c’era dietro a tutto questo, così come i suoi compagni.

“Non è possibile” disse guardando verso Draco “Tradimento” disse ad alta voce, ma i Presidi nei quadri stavano già facendo il loro lavoro, Silente in prima linea, li immobilizzarono e li fecero perdere coscienza, tutto senza usare le bacchette, erano troppo storditi ed era stato tutto troppo semplice.

“Professore, per quanto staranno così?” chiese Theo a Silente, l’uomo gli sorrise bonariamente e poi si lisciò i baffi.

“Fin quando tutto non sarà finito, questo luogo è stato incantato e noi siamo pur sempre maghi, anche se morti, ce ne occuperemo noi” rispose, Hermione gli sorrise e poi si voltò verso Draco che era li che osservava Pansy sdraiata a terra, priva di sensi, la ragazza le si avvicinò e appoggiò la fronte sulla sua spalla, sapeva cosa stava provando e solo pensare che più tardi le circostanze lo avrebbero fatto stare ancora più male la faceva morire dentro.

“So che è difficile, ma dobbiamo andare” lui annuì, ma non poteva fare a meno di guardare quella ragazza con il caschetto nero riversa a terra, era stata una delle sue migliori amiche, era stata la prima a capirlo, la prima a giocare con lui a Quidditch, la prima ragazza che aveva avuto, la prima volta e il primo bacio, la prima spalla su cui contare, la sua testimone di nozze che pur non capendo ed odiando Hermione lo aveva appoggiato nella sua scelta senza fare domande, nonostante fosse una Mangiamorte e nonostante il carattere per loro erano sempre rimasti Draco e Pansy.

Strinse a se Hermione e appoggiò la fronte a quella della moglie respirando profondamente, finché non sentirono la porta aprirsi, gli altri erano anche loro fermi a guardare i loro tre ex compagni, per tutti rappresentava una piccola rivincita su tutti quegli anni di soprusi, ma mostrava loro anche la realtà, stavano per combattere contro quella che per anni era stata la loro famiglia anche se nel male.

“Hermione” disse Harry, la ragazza si girò e i suoi occhi si riempirono di lacrime, prendendo per mano il marito, cosa che non sfuggì a nessuno.

“Harry, Ron” disse correndo incontro ai suoi migliori amici “Ginny” Harry l’accolse tra le sue braccia come ormai non faceva più da un anno e la piccola Weasley si unì affettuosamente a quella prova d’affetto, l’unica che poteva scambiarsi per quel momento.

Hermione li strinse a se come mai aveva fatto fino a quel momento e non si fece sfuggire il fatto che Ron non aveva preso parte alla rimpatriata, ma era fermo di fianco a loro che li guardava sorridendo.

Così la ragazza si staccò da due dei suoi amici per abbracciare l’altro, che prima rimase immobile e poi le circondò la vita con le sue braccia e affondò il viso nei capelli ricci della ragazza, lasciati liberi dal mantello.

“Hermione, io ti...” incominciò a dire mentre la stringeva a se, tenendo gli occhi chiusi e fingendo che nulla sia cambiato, ignaro che Draco lo stava fulminando con lo sguardo.

“Non dirlo Ron, rovineresti tutto” disse prima che il ragazzo potesse dire altro e Draco, sentendo le parole della ragazza si sentì più rilassato, per un attimo ebbe paura che lei potesse cambiare idea “Ti voglio bene, Ron, non immagini quanto e ho bisogno che tu sappia che niente e nessuno cambierà mai questo e lo stesso vale per Harry e Ginny, sarà sempre così” gli disse e lui la strinse ancora di più a se, levandole quasi il fiato.

“Anche io” riuscì a dire con un filo di voce anche se aveva sperato fino all’ultimo che lei gli dicesse di amarlo ancora e che con Malfoy era stato un terribile sbaglio.

“Ragazzi, dobbiamo andare, è ora” disse Blaise appoggiando una mano sulla schiena della Grifona, lei annuì asciugandosi con il dorso della mano le guance e sorridendo ai suoi amici, persino Severus si era commosso.

“Da qui sappiamo come proseguire” disse prendendo per mano il marito che l’aveva raggiunta e strinse quella mano come se fosse l’unico appiglio che le era rimasto.

Nota dell'autrice:
Mancano 3 capioli alla fine della storia, ma avrà un seguito che verrà prubblicato contemporaneamente con l'epilogo di questa; non vi svelo iltitolo eprchè riprende parte della fine di "If You Only Knew", sappiate comunque che sarà una storia  con stampo diverso da questo.
Grazie a tutti,
Un bacione, stay strong,
#Francy.

 




 
 
 
 
 

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Capitolo 25
*** ...Che ti amo. ***


Se solo sapessi che ti amo,
se solo sapessi...

 

“Signore,tutto è andata secondo i piani, il combattimento è iniziato” disse Hermione comparendo di fianco a Voldemort in una coltre di fumo nero, lui si girò verso la ragazza e il suo volto si aprì in un ghigno che già proclamava vittoria, facendo battere ritmicamente la sua bacchetta sul palmo della mano sinistra.

“Molto bene, Hermione, sono contento del tuo operato” disse lui con tono serpentino, quella ragazza per lui era stata un toccasana per la squadra del Manor, era lei la mente di tutto “Direi che è ora di porre fine alla vita del Bambino Sopravvissuto, che ne dici, Cara?” chiese allora l’uomo senza l’anima, e la ragazza annuì ghignando, nel ruolo fino alla fine, fino agli ultimi minuti.

“Certo, mio Signore. E’ giunta l’ora di mettere un punto a tutto questo” disse la ragazza posando la mano con l’anello e il marchio sull’avambraccio di Voldemort che le era stato gentilmente offerto per smaterializzarsi all’interno del castello, dove si trovavano gli altri ormai tutte le barriere erano state infrante, niente più proteggeva Hogwarts se non i suoi più fedeli combattenti e il sangue di questi, che era già stato versato dall’inizio della guerra.

Hermione si ritrovò nella Sala Grande, diversa da come l’aveva vista l’ultima volta. Il cielo era coperto di nuvole nere, la sua solita fastosità non sapeva più dei colori delle quattro case ma solo di un grigio spento sfumato con lacrime di rabbia, perdita e poi anche speranza, quella che in quell’anno aveva tenuto in piedi tutti quanti.
Erano tutti li, che combattevano, Harry in prima linea.

Lo guardò per una frazione di secondo, l’unica che le era ancora concessa, le era mancato da morire il suo migliore amico, l’unica persona con cui aveva quel rapporto speciale, con il quale non aveva neppure bisogno di parlare, lui sapeva già tutto.

Avrebbe dato tutto per lui; per lui, per Draco, per Ron, per la sua famiglia.

Avrebbe dato se stessa, ed era proprio quello che stava facendo, ne era consapevole e faceva male. Era questo il sapore della morte? Se non avesse saputo che sarebbe morta si sarebbe sentita lo stesso così vuota? Non voleva lasciarli, non l’avrebbe mai fatto, ma la donna della profezia era lei, per quanto tutti continuassero a negarlo.

Voldemort sollevò la bacchetta verso Harry, che stava combattendo con Dolovon ed Hermione capì che aveva esaurito il tempo per pensare.

“Avada...” incominciò a dire, proprio quando Harry si era voltato verso il suo nemico giurato e si era stoppato magicamente tutto intorno a lui.

Non fece in tempo a terminare la maledizione senza perdono, perché sentì la punta di una bacchetta puntata alla gola e una mano tenerlo per il braccio disarmato.

“Non te lo consiglio, abbassa la bacchetta, Maledetto” disse Hermione premendo ancora di più la bacchetta alla giugulare, l’uomo mostro un sorriso sghembo che voleva celare la delusione nello scoprire che la sua Prediletta non era altro che una spia.

“Aveva sospetti su Piton, mai su di te. Sei stata educata bene” le disse, come fosse un complimento, ma era solo una pura e semplice constatazione.

“Ti abbiamo ingannato entrambi per tutto questo tempo, abbiamo ingannato tutti. Silente ci ha istruiti bene e poi anche il suo successore” disse con un certo orgoglio la ragazza che faceva sempre più forza sulla sua bacchetta, la Serpe abbassò la bacchetta, tutti trattenevano il respiro, anche Hermione che incominciava ad avere sempre più paura.

Paura per un futuro che sapeva non ci sarebbe stato, non sarebbe vissuta abbastanza per vederlo e viverlo, penso per un attimo alla mamma di Harry, la donna che aveva aperto la profezia passava il testimone a quella che la chiudeva, tutto a beneficio del figlio, del mondo magico.

E’ questo che si prova Lily, a guardare la morte negli occhi?, pensò la ragazza, ma Voldemort aveva avuto tempo per pensare anche lui mentre parlava e alzò la bacchetta di nuovo, questa volta verso una nuova presenza nella sala, appena entrato.

Draco aveva il fiatone e guardava la scena ammutolito, non sapeva cosa fare.

“Avada Kedavra” urlò Voldemort in direzione di Draco che nel frattempo si era avvicinato chiedendosi cosa stesse aspettando Potter per agire e farla finita una volta per tutte.

“No!” urlò Hermione, lasciando Voldemort e correndo più veloce che poteva verso il marito, nello stesso momento in cui Harry scagliava la sua maledizione contro l’uomo, aspettava solo che Hermione si spostasse, ecco che cosa aspettava, aveva paura di poter prendere lei.

Il secondo raggio rosso andò a scagliarsi nel petto di Voldemort, mentre Nagini era stato pugnalato da Neville, assistito da Ron.

Ma il primo raggio andò dritto nello stomaco di Hermione, che era riuscita a pararsi davanti al marito senza che lui avesse il tempo di proteggersi e proteggerla, prima che se ne potesse accorgere.

Cadde all’indietro Hermione, e cadde proprio tra le braccia di quel marito che tanto aveva odiato nei sette primi anni della loro conoscenza e che tanto amava ora, che aveva capito che per lei era tutto.

Tutto quello che le mancava, che aveva sempre desiderato, tutto quello che avrebbe voluto essere e poter diventare, era la sua nemesi, la metà della mela.

Era finito tutto.

Ma a che prezzo?
 
 
 
 

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Capitolo 26
*** Se solo sapessi. ***


Nota dell’Autrice:
Ho deciso di unire l’ultimo capitolo con l’Epilogo in modo da potervi posta poi in contemporanea anche il primo capitolo del seguito (TROVERETE IL LINK SOTTO L’EPILOGO).
Volevo spiegare il perché ho deciso di far finire male questa prima parte della storia anche se so che non dovrei giustificarmi.
E’ la prima volta che faccio finire male qualcosa che scrivo perché amo i lieto fini, così come li amo tutti; ma la vita lo scorso settembre proprio quando avevo iniziato la storia, mi ha mostrato che non sempre c’è un lieto fine per tutti e me l’ha sbattuto in faccia in modo poco “fine”, come se già non lo sapessi.
Mio cugino, lo scorso settembre non ha avuto un lieto fine alla sua vita;
questa storia che ho amato la dedico a lui, come a lui dedico il mio primo 30 in due anni di università e un bacio che va verso l’alto sperando lo possa raggiungere.
Detto questo, che forse mi potevo risparmiare forse penserete, vi auguro una buona lettura.
Un bacione,
Stay Strong,

#Francy.

 

Se solo sapessi...

 
Il mondo si era fermato un’altra volta. Si era fermato, per Draco, Harry, Ron, Ginny, Neville, tutta la famiglia Weasley e tutti coloro che consideravano Hermione come parte della loro famiglia. Nessuno voleva credere che quello che le era successo fosse veramente accaduto.

Hermione non poteva morire, non lei, non l’eroina della guerra, non la spia formidabile che era diventata, non la signora Malfoy, non la strega più brillate dell’ultimo secolo, degna sostituta della Mc. Granitt.

Respirava a malapena, la maledizione non l’aveva ancora consumata, capitava di rado che i colpiti non morissero sul colpo, ma lei era forte e stava combattendo, mentre Draco piangeva tenendola per le braccia, nessuno lo aveva mai visto piangere di lacrime così vere e sincere.

Harry si trovò a sperare che l’amore potesse far rivivere le persone, donare la vita a chi stava per esserne privato.

“Draco...” disse quasi in un sussurro la ragazza, con la coda ormai sfatta, e dei boccoli ribelli che le cadevano sul viso e sul collo, rimanendo appiccicati per il sudore.

“Non dovevi farlo” le disse il marito, tra le lacrime “Herm, non dovevi metterti davanti, non dovevi. Avrei dovuto essere io...” ma non lo fece finire, concentrò tutta la poca energia rimasta per solleva un po’ la mano e raggiungere il braccio del marito che le stava cingendo la vita.

Aprì e chiuse la bocca per due o tre volte, la voce non riusciva al uscirle e faceva sempre più fatica a respirare, Draco le posò una mano sulla testa e le bisbigliò di non sforzarsi tanto, mentre tutti guardavano la scena ammutoliti, era come se ci fossero solo loro due, l’amore stava annullando ogni distanza.

“Se solo sapessi...” incominciò la ragazza che si sentiva sempre più venire meno, come se una parte di se volesse in tutti i modi uscire dal suo corpo, stufa di lottare.

“Non ti stancare, mi dirai tutto a casa...” disse ancora Draco, ma entrambi sapevano bene che quel dopo, non sarebbe mai arrivato e che la loro casa Hermione non l’avrebbe mai più vista.

Non sarebbe mai più entrata dal portone con la mantella addosso, non avrebbe più insultato Goyle a destra e a manca perché non la trattava con rispetto, non avrebbe più confabulato in un angolo con Piton, non avrebbe mai più invocato  un Patronus per comunicare con i suoi amici d’infanzia, non avrebbe mai più fatto l’amore con Draco, non l’avrebbe più baciato.

E non poteva andarsene senza avergli detto per la prima e ultima volta quanto lo amasse.

“Se solo sapessi...” ripetè la ragazza “Se solo sapessi che credo in quello che faccio anche a costi di sacrificarmi; che quello che mi è pesato di più è essere stata lontana; che mi sono sentita sola finché non ho trovato te; che questo è stato il sacrificio più giusto; che solo ora posso comprendere esattamente tutto quello che mi hai detto; che è stata una sfida tutti i giorni; che l’affetto che mi hai dato mi ha dato la forza di andare avanti; che con te non ho mai avuto secondi fini; che proteggerti non è mai stato un peso; se solo sapessi che molte volte ho dovuto calcolare tutto fino all’ultimo dettaglio; che la prima volta che ho sentito veramente di amarti e quando mi hai fatta preoccupare...” poi si fermò per riprendere il fiato e cercare di trovare forza negli occhi di Draco, dello stesso colore del mare in tempesta, di un grigio assurdamente bello, opacizzato dalle lacrime che gli solcavano il volo.

Hermione poteva percepire e sentire tutto il suo dolore, provava lei le stesse cose, tanto che anche i suoi occhi stavano diventando lucidi.

“Se solo sapessi quanto mi è costato adulare chi ha fatto del male a me e alla mia famiglia; se solo sapessi che mi sono sentita impotente così tante volte e quanto ho avuto paura di fare dei passi avanti senza capire cosa lasciavo; che ti sono grata per ogni parola, per ogni gesto; che è arrivato un punto in cui mentirti mi faceva stare male. Se solo sapessi quanta gioia hai saputo darmi nei miei momenti più bui, senza rendertene conto; che ho amato un altro prima di te, ma mai quanto poi ho amato te; che ci sono stati momenti in cui avrei voluto avere una vita normale con te; che non ho mai messo me stessa al primo posto, ne la mia felicità. Se solo sapessi, Draco, che non vorrei mai tornare indietro perché la mia storia mi ha portata da te. Se solo sapessi quanto ho imparato; che essere forte questa volta è stato difficile...” poi smise di nuovo, sentendo le labbra del marito sulla sua fronte sudata.

“Se sola sapessi che ti amo, Draco. Ti amo e avrei voluto dirtelo in un momento diverso da questo” gli disse con l’ultimo filo di voce che le era rimasto, una lacrima del ragazzo le cadde sulla guancia, la sua fronte appoggiata ai crini marroni della ragazza.

Lo stava abbandonando, l’aveva salvato.

“Ti amo anche io, Hermione. Sei la prima persona che abbia mai amato e sarai anche l’ultima” le disse baciandola sulle labbra, la ragazza reagì per quel che poté a quel bacio così delicato e dolce, all’ultimo che si sarebbero dati, tra le lacrime.

“Promettimi che andrai avanti, Amore mio, per tutti e due. Vivi e ama anche per me, fallo per me. Non lasciarmi andare via senza sapere che tu andrai avanti...” disse piano, lui annuì, non voleva vederla stare male, avrebbe alleggerito il suo peso se poteva, era l’unica cosa che desiderava in quel momento.

E poi avrebbe voluto spostare le lancette dell’orologio.

“Te lo prometto. Ma io ti amo...” lei sorrise, mosse le labbra in un anche io che non uscì e poi chiuse gli occhi tra le sue braccia mentre smise di respirare.

Draco la strinse a sé e urlò di un dolore che non era l’unico a provare.

La battaglia era finita, ma aveva portato con se Hermione.

Harry piangeva stringendo forte a se Ginny, in lacrime.

Ron era in ginocchio, disperato, con una mano di Neville sulla sua spalla, che stava tentando di far forza all’amico e anche a lui, che con la mano libera teneva quella di Luna che ancora non aveva realizzato l’accaduto.

Blaise e i due Nott non riuscivano a muovere un muscolo, paralizzati; così come la Mc. Granitt in lacrime e piena di sensi di colpa e Piton che piangeva la morte della figlia che non aveva mai avuto.

La famiglia Weasley, già dilaniata, piangeva anch’essa la scomparsa della ragazza che da anni consideravano una figlia, così come l’intera comunità magica.

Ma il giorno dopo sarebbe ancora sorto il sole, e quel sole avrebbe avuto il sorriso di Hermione Granger, in Malfoy.

 

 
 

Otto anni dopo.
 

La piccola Hermione saltellava contenta per il corridoio del Manor, con i codini biondi e gli occhi color dell’oro fuso, uguali a quelli della donna di cui portava il nome.

Si fermò davanti alla porta semi aperta dell’ufficio del padre, che stava scrivendo qualcosa probabilmente da portare poi il giorno dopo nel suo ufficio, poi lo vide appoggiare la piuma, mettere la pergamena nel primo cassetto della scrivania e guardare verso le due foto che aveva sulla sua scrivania.

Una che lo ritraeva con la figlia e la compagna, l’altra invece di una donna che la piccola Hermione aveva imparato ad amare nei racconti della madre Astoria, unica anima buona nella sua famiglia Purosangue, unica ribelle schieratasi con i l’Ordine e l’Esercito.

Vide gli occhi del padre fissare la foto della donna che sorrideva in risposta e i suoi occhi divennero improvvisamente lucidi, non poteva contare tutte le volte che aveva visto quella scena; Draco guardava quella foto e quella ragazza dai lunghi boccoli marroni come mai aveva guardato l’attuale compagna, per cui nutriva un profondo affetto, ma nulla che potesse eguagliare ciò che aveva provato la prima volta che aveva amato.

Portava ancora la fede addosso, appesa in una catenina d’argento dalla quale non si separava mai, era come un amuleto, qualcosa che lo potesse proteggere.

“Papà...” disse la bambina aprendo di più la porta per poter passare, l’uomo sorrise alla bambina ricacciando indietro le lacrime e allontanò un po’ la sedia dalla scrivania in modo da poter aprire le braccia per accoglierci quel piccolo dono del cielo.

Draco considerava la figlia come un dono del cielo, un dono della sua prima e unica moglie e gli occhi lo dimostravano, dorati, così diversi dai suoi grigi e quelli verde smeraldo dalla compagna.

La prese in braccio e notò che la figlia stava guardando la foto come stava facendo lui poco prima e sorrise, la bimba allungò la sua manina verso l’immagine e l’attirò  a se guardandola come se la vedesse per la prima volta.

Poteva capire, anche se aveva solo sei anni, il perché suo padre si perdesse in quello sguardo e perché la madre ne parlava come se fosse stata una sua grande amica; era raggiante, bella, fiera e orgogliosa, aveva gli occhi che erano tali e quali ai suoi.

“Papà mi racconti ancora qualcosa di lei?” gli chiese la bimba sulle ginocchia del papà e con i codini biondi che svolazzavano.

“Cosa vuoi sapere, Amore?” le chiese e la bimba sollevò le spalle e assunse un’espressione corrucciata tipica di chi sta pensando.

“Come hai conosciuto Hermione?” chiese allora la bimba e Draco scoppiò in una fragorosa risata posandole un bacio sulla nuca; la piccolina non aveva ancora riuscito a capire come il padre potesse passare dal pianto alle risa in quel modo, non sapeva ancora cosa volesse dire la parola malinconia.

“Ma mi chiedi sempre la stessa cosa” di lamentò flebilmente Draco e la bimba si girò verso di lui con la foto in mano, Draco sorrise vedendo entrambe sorridere e incominciò a raccontare “Ad Hogwarts, ho conosciuto Hermione a scuola, quando avevamo undici anni...” ma si bloccò quasi subito, sapeva già cosa stava per chiedergli la figlia, tanto che si trattenne nel risponderle prima che potesse porgli la domanda, a lei dava fastidio, in quello aveva preso decisamente da lui, ma aveva la stessa pazienza di Astoria, e ne era grato.

“Andrò anche io ad Hogwarts, papi?” chiese allora e Draco sorrise.

“Certo che ci andrai, Herm” le rispose paziente e la bimba si lasciò andare in un grande sorriso che le fece illuminare gli occhi, e insieme ai suoi quelli del padre.

“Zio Harry dice che sarò una Grifona, come lui” disse la bimba e Draco sollevò gli occhi al cielo. Zio Harry, a volte ci pensava sorridendo, lui ed Harry, contro ogni previsione erano diventati amici, la morte di Hermione li aveva uniti ed entrambi si sentivano in dovere di fare qualcosa l’uno per l’altro in quella circostanza; ma non era mai riuscito ad avvicinarsi alla famiglia Weasley, era off limits, l’unico membro che gli rivolgeva la parola era Ginny, moglie di Harry “Invece Zio Blaise dice che sarò una Serpe, come te, mamma e lui” continuò la bambina e Draco rise di gusto.

“Sono sicuro che sarai una Grifona, Hermione. Fiera, forte e coraggiosa, come la persona da cui prendi il nome; e se sarai in Serpeverde continuerai la tradizione dei Malfoy, Herm” le disse e la bimba gli stampò un bacio sulla guancia uscendo dallo studio saltellando, senza lasciar finire il padre di raccontare una storia che aveva già sentito mille volte.

Prese la foto e la mise al suo posto, continuando a guardarla; si ritrovò a pensare a Ron Weasley e alla sua famiglia, gli sarebbe piaciuto che potessero conoscere la figlia, avrebbero sentito meno la mancanza di Hermione, ne era sicuro, quella bambina aveva qualcosa che ricordava terribilmente la ex signora Malfoy e non solo gli occhi.

Li avrebbe sicuramente aiutati.

In tutti quegli anni passati, dodici, aveva imparato a pensare alla ragazza come il suo angelo custode personale e non poteva sapere quanto avesse ragione. Draco era un mago, ma neppure lui poteva vedere gli angeli, se solo avesse potuto in  quel momento si sarebbe riscosso da tutta quella malinconia.

Dietro di lui si erigeva la figura di una Hermione splendente che lo osservava sorridendo con un’aria triste.

E poi delle parole sussurrate, come una litania.

“Se solo sapessi che sono sempre vicina a te, che darei tutto per poterti stringere...” l’angelo dietro di lei gli mise una mano trasparente e lucida sulla spalla e lui si riscosse per un attimo sorridendo, non sapeva che la forza che lo faceva andare avanti in quei momenti di tristezza e malinconia non era solo l’amore per la figlia e per la compagna ma anche la mano di Hermione, che lo accompagnava da sempre, ovunque andasse.

Draco guardò poi la foto della figlia, parlando a lei come se fosse ancora sulle sue ginocchia e non fosse corsa via sorridendo contenta per andare a giocare con Albus, il figlio di Harry e Ginny.

“Sai, io la sento sempre Herm. E’ qua vicino a noi e ci protegge, e sono sicuro che ovunque lei sia ora sta sorridendo” disse alla bambina sorridente della foto che gli stava mandando un bacio.

Hermione dietro di lui sorrise ancora di più e gli poso un bacio tra i crini biondi, lasciandosi sfuggire una lacrima che cadde sulla mano del marito ma che lui non potè veramente sentire.


 

“Ti amo...” sussurrò poi Draco, si alzò e raggiunse la sua famiglia.
 
ECCO IL PRIMO CAPITOLO DEL SEGUITO -->  The Guardian. 



 
 
 
 
 
 





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Capitolo 27
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ECCOMI QUI!
Come promesso sono tornata.
Il mio periodo di pausa da EFP è finito e torno con 2 nuove store pronte da commentare.
Se volet continuare a seguirmi, eccovi i link:
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