Il Castello nel Libro

di Marge
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Indice della raccolta ***
Capitolo 2: *** I. Fusa di Mezzanotte ***
Capitolo 3: *** II. D’ortensie Arancioni e Amori non Corrisposti ***
Capitolo 4: *** III. I capricci di Twinkle ***
Capitolo 5: *** IV. Dolcetto o scherzetto? ***
Capitolo 6: *** La danza dei sette veli ***
Capitolo 7: *** VI. Conoscere la famiglia ***
Capitolo 8: *** VII. Favole ***
Capitolo 9: *** VIII. Una vita insieme ***



Capitolo 1
*** Indice della raccolta ***


“Il Castello nel Libro” è una raccolta di brevi (alcune più, altre meno) fanfics ispirate esclusivamente alla versione cartacea delle vicende di Howl e Sophie.

Si tratta, come forse molti sapranno, di tre romanzi scritti da Diana Wynne Jones, una simpaticissima signora inglese, le cui vicende si discostano molto da quella del film di Miyazaki.
Sono impegnata in una lunga fanfic Movieverse dedicata a quest’opera, ma ogni tanto la mia dea dell’ispirazione si fa suggerire idee proprio dai romanzi; ecco dunque questa piccola raccolta, che credo si amplierà molto in futuro!

Il titolo ovviamente è un gioco di parole tra il secondo romanzo (Il Castello in Aria) ed il fatto che mi ispiri esclusivamente ai romanzi per questi racconti.
Fatemi sapere cosa ne pensate ;)

INDICE

I. Fusa di Mezzanotte [post Il Castello in Aria]: Howl rimpiange la forma felina di Sophie… Rating Arancione.

II. D’ortensie Arancioni e Amori non Corrisposti [post La casa per ognidove]: I sogni ad occhi aperti di Charmain e Peter…molto distanti l’uno dall’altro! Rating Verde.

III. I capricci di Twinkle [Tra il capitolo 7 ed il capitolo 10 de La casa per ogni dove] In cui Howl, abbandonati i panni di Twinkle per motivi pratici, ha un’intuizione. Rating Giallo.
Prompt: Il castello errante di Howl, Howl/Sophie, "Piantala di fare il cascamorto!" (dalla piscinadiprompt).

IV. Dolcetto o scherzetto? [post Il castello errante]: scritta proprio il 31 ottobre! Una piccola storiella senza pretese con qualche riferimento alle leggende di questa festa, e tanti dolci! Rating Verde.

V. La danza dei sette veli [post Il Castello in Aria]. La tradizionale danza insegnata ad ogni brava sposa Rating giallo.
Prompt: Il castello errante di Howl, Abdullah/Fior-della-notte, sette veli (dalla piscinadiprompt).

VI. Conoscere la famiglia /1 [post Il Castello in aria]. Fior-della-Notte ed Abdullah tornano a Rashputh Rating verde.
Prompt: Il castello errante di Howl, Abdullah/Fior-della-notte, conoscere la famiglia (dalla piscinadiprompt).

VII. Favole [tra Il Castello Errante e Il castello in cielo] In cui Howl riceve dei biscotti Rating verde.
Prompt: n° 53: "Riguardati" per la mia cartellina della Maritombola.

VIII. Una vita insieme [molto post] Una cosina breve ambientata MOLTO nel futuro Rating verde.

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Capitolo 2
*** I. Fusa di Mezzanotte ***


Fusa di Mezzanotte


“Mezzanotte, eh?”
Sophie aprì un occhio assonnata, fissandolo torva.
“Ho cercato di trasformarti in una gatta rossa, ma evidentemente nella foga del momento mi sono confuso su qualcosa.”
“Forse eri troppo occupato a ribattere ad ogni mia affermazione, per fare caso al tuo incantesimo.”
“O forse la tua voce mi aveva rintronato: non stavi zitta un solo secondo.”
Sorrise sornione al volto imbronciato della moglie. Poi alzò gli occhi al soffitto illuminato da fiaccole sospese e sembrò ponderare un’idea particolarmente divertente: “Potrei trasformarti nuovamente in gatta; sarebbe favoloso sentirti fare le fusa…”
“Potrei cominciare a ringhiare seduta stante, se solo ci provi.”
“Per non parlare di come ti strusciavi alle gambe di quel soldato, solo per avere un po’ di salmone…”
Sophie sorrise sghemba, capendo al volo dove Howl voleva andare a parare.
“Non c’è bisogno di alcun incantesimo per farmi strusciare o fare le fusa” mormorò languida.
“Sono sicura che saprai trovare le carezze giuste per farmi fremere…”
Strusciò il naso sulla spalla nuda di Howl.
Quando alzò gli occhi, scoppiò a ridere: lui la fissava a bocca aperta.
“È incredibile come tu sia cambiata, Sophie: eri solo una timida cappellaia di provincia, ed ora…”
“Sono successe molte cose. Ho anche messo al mondo un figlio, che però è nato gatto. Suppongo tu creda sia tutto merito tuo.”
“Ovviamente.”
Rise ancora con più condiscendenza. Si sporse a baciargli una guancia, indugiando poi nelle vicinanze ed emettendo un buffo frrrr con studiata malizia.
“Così va bene?” sussurrò. Howl rimase in silenzio.
“Lo prendo per un sì” mormorò ancora, soffiando piano nei pressi del suo collo, sollevando le ciocche dorate.
“Sì…”
Sophie rise di gusto: per una volta, l’aveva lasciato senza parole.

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Capitolo 3
*** II. D’ortensie Arancioni e Amori non Corrisposti ***


D’ortensie Arancioni e Amori non Corrisposti


“Charmain, sei veramente la strega più bella ed affascinante che io abbia mai conosciuto” disse il grande mago Howl prendendole una mano.
“Oh, signor Howl, io…” balbettò lei, diventando rossa. Alle loro spalle, il tramonto sulle montagne di North Highing colorava tutto d’una dolcissima luce.
“Charmain, sono venuto fin qui apposta dall’Ingaria solo per dirti che…”


Qualcosa di bagnato le si infilò nell’orecchio destro, seguito a breve da una serie di umide sensazioni viscide su tutto il volto.
“Sperso!” mugolò Charmain, ancora avvolta dal sonno. “Và via, stupido cane! E porta via questi…questi…cosi!”
Con una manata allontanò da sé un paio di cuccioli scodinzolanti, ma quelli non persero la loro baldanza e ripresero a scalare le coperte.
Ma non c’era più nulla da fare: ormai il sonno se n’era andato, e con lui…
“Stavo sognando il mago Howl…” borbottò tra sé e sé, alzandosi a sedere. Chissà quando le sarebbe capitato di nuovo un sogno così bello.
Ancora infastidita si recò in bagno, poi si vestì e si diresse in cucina, dove sperava in una sostanziosa e solitaria colazione ad occhi aperti, per ammirare ancora, nella sua mente, gli occhi azzurro cielo del mago Howl, ed il suo sorriso affascinante e così capace di mandarla in confusione. Ma il prozio William era di tutt’altro avviso: entrò in cucina brandendo una paletta ed un rastrello, infagottato in un grande grembiule da giardino, con un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro.
“Charmain, mia cara, sei in piedi, finalmente!”
“Avrei dormito volentieri un altro po’…” mormorò lei, rivolta alla tazzina di caffé.
“Vuoi aiutarmi con le ortensie, stamane?”
La ragazza avrebbe volentieri passato la giornata con il naso in un libro; ora, che da qualche mese si trovava presso il prozio William per imparare l’arte magica, era anche in grado di comprendere meglio molti dei volumi della biblioteca, ed era diventato molto più divertente ed interessante leggerli. Un libro come La bacchetta a dodici rami sembrava quasi uno scherzo.
Ad ogni modo, poco dopo si trovavano entrambi in giardino, conciati come due cobaldi, occupati ad individuare foglie secche e fiori ormai morti nei giganteschi cespugli di ortensie colorate. Da quando Charmain si era stabilita lì, il prozio aveva voluto tentare una serie di incantesimi, ed ora le ortensie risplendevano dei colori più vari, alcuni del tutto innaturali per quel tipo di fiori; ma il vecchio mago era sempre più entusiasta, e stava per l'appunto ammirandone un cespuglio tutto arancione.
“Questi sembrano quasi del colore dei tuoi capelli” mormorava.
Se non altro, il prozio lavorava in maniera silenziosa, sussurrando a se stesso ed alle piante, senza darle fastidio: continuò, imperterrita, il suo sogno ad occhi aperti, dedicandosi ad un cespuglio azzurro; pensò che, tutto sommato, avevano ragione i coboldi: era un colore bellissimo. Soprattutto se poi si trattava di un paio di occhi profondi…
“Ehilà!” disse la voce di Peter. Charmain sbuffò: ci mancava solo lui!
“Benvenuto, ragazzo!” lo salutò il mago. “Ancora qualche minuto e cominciamo la lezione!”
“Ehi, Charmain, ciao! Come va?”
“Benissimo fino a poco tempo fa.”
“Ah…e cosa è successo, ora?”
La ragazza gli scoccò uno sguardo gelido e si rigirò altezzosa, così Peter si rivolse nuovamente al prozio: “Sa, abbiamo ricevuto una lettera dalla signora Pendragon.”
Le orecchie di Charmain si drizzarono all’istante.
“Quella signora così simpatica ed energica! Ha scritto a mia madre ed alla principessa Hilda, chiedendo come vanno le cose quaggiù.”
“Come vuole che vadano!” commentò secca Charmain.
“Dice anche che aspetta un altro bambino, e spera che sia una femmina, perché in casa ora ha solo uomini e non ne può più.”
La ragazza avvampò e nascose il viso nelle ortensie. Stupida Sophie! Sapeva di essere nel torto più marcio, perché anche lei adorava Sophie e l’aveva ammirata dal primo momento in cui l’aveva conosciuta. Ma era la moglie di Howl!
“La vita è proprio ingiusta!” mormorò rivolta alle piante, ma nella sbadataggine si tagliò un polpastrello con le cesoie.
“Ahi!”
“Charmain, che succede?” si precipitò verso di lei Peter.
“Oh, lasciami stare! Non è nulla!”
Il ragazzo sembrava impallidito di fronte al sangue che zampillava rosso sulle ortensie.
“Potrei fare un incantesimo per ordinare alla tua pelle di rimarginarsi” balbettò.
“Stupido! Non mi farei mettere le mani addosso da te neanche fossi l’ultimo mago sulla faccia della terra! Ci penserò da sola!”
Se ne andò brontolando, mentre il prozio William ridacchiava sotto i baffi.
“Non sarebbe possibile far sì che i giorni in cui Peter viene qui, io vada alla Biblioteca Reale? Così non sarei costretta a doverlo incontrare ancora!” urlò dalla soglia della cucina, prima di sbattersi la porta alle spalle.
Peter crollò seduto a terra tra le ortensie appassite che erano state tagliate via.
“Charmain mi odia” proclamò con tono afflitto.
“Piuttosto, credo che non si accorga quasi della tua esistenza” commentò sorridendo il mago.
“Farebbe di tutto per non parlarmi né vedermi mai più!”
“È perché ancora non ti mai visto veramente.”
“Invece a quel maledetto mago Howl è bastato un attimo per incantarla!”
“È molto affascinante, sì” rispose William pensieroso. “Ma non devi preoccuparti: Howl è ben tenuto stretto al laccio da Sophie. E Charmain lo dimenticherà, prima o poi. È solo una ragazza di sedici anni infatuata.”
Il ragazzo non sembrava affatto consolato dalle parole del suo maestro.
“Su, aiutami a gettare via questi fiori secchi. Dopo, potremo cominciare la nostra lezione.”
Peter si alzò ciondolante e controvoglia. Raccolse una delle ortensie macchiate dal sangue della fanciulla, e portandola al volto per sentirne il profumo, sospirò: “Oh, Charmain!”

~ Piccola One-shot post La casa per ognidove, romanzo che ho adorato probabilmente più degli altri. L’ho trovato acuto e spassoso, con una Sophie che batte tutti, come sempre, ed un Howl fastidiosamente fastidioso, come sempre. E Charmain e Peter hanno una capacità incredibile di stuzzicare la mia fantasia! Scriverò qualcos’altro, su loro. Il particolare della seconda gravidanza di Sophie è stato da me inventato.

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Capitolo 4
*** III. I capricci di Twinkle ***


[Tra il capitolo 7 ed il capitolo 10 de La casa per ogni dove] In cui Howl, abbandonati i panni di Twinkle per motivi pratici, ha un’intuizione. Rating Giallo.
Prompt: Il castello errante di Howl, Howl/Sophie, "Piantala di fare il cascamorto!" (dalla piscinadiprompt).



I CAPRICCI DI TWINKLE


Quando fu sera, Sophie si ritirò nelle stanze che la principessa Hilda le aveva fatto preparare; beninteso, si trattava di due camere comunicabili, in maniera tale che potesse riposarsi senza problemi, ma accorrere non appena Morgan si fosse svegliato. Sophie aveva in programma una lunga nottata di sonno, dopo la fatica del viaggio (nonostante si fosse ampiamente fatta aiutare da qualche incantesimo) e le noie delle formalità a palazzo; ma, ovviamente, non aveva fatto i conti con Twinkle.
Tuttavia, al contrario di ogni previsione, il piccolo genio del male passò una prima nottata tranquillissima, dormendo come l’angelo al quale assomigliava, lasciando in pace Morgan e l’esausta e preoccupata Sophie. Purtroppo, la seconda notte non andò allo stesso modo.

“Tu non dormirai qui, sappilo!”
“Pevchè no? Fono così cavino! Fei cattiva, Fophie!”
“Tanto per cominciare, perché i bambini dormono nella stanza dei bambini; l’hai voluto tu, non fare quella faccia!”
“Fono qui folo pev aiutavti, lo fai beniffimo!”
“In secondo luogo, taci, o sveglierai Morgan. Ed io non ho alcuna voglia di ricominciare a cantare tutte quelle assurde ninnenanne!”
“Movgan dovme come un faffo.”
“E tu lo seguirai, immediatamente!”
Sophie prese energicamente Twinkle per un braccio, alzandolo senza fatica, e lo trascinò nell’altra stanza, mentre il ragazzino cercava di divincolarsi e protestava rumorosamente.
“Ti ho detto di fare silenzio, o ti farò in incantesimo!”
Twinkle tacque.
“Non è che mi fai pauva, fai. È che quanto compi tu un incantefimo, poi fuccedono fempve guai.” “Non coglierò la tua provocazione” pensò Sophie. Lo sbatté, senza troppa delicatezza, nel suo lettino nell’ampia stanza del castello, spoglia come tutte le altre.
“E restaci” sibilò, prima di girare sui tacchi, furiosa.

In mezzo alla notte, Sophie sognò che un strano mostro, dotato di una ventina di occhi tenebrosi, cercava di afferrarla per darla in pasto alla propria progenie. Quando aprì gli occhi, accaldata e con il batticuore, notò che effettivamente un paio di mani, affilate e curate, erano posate sui suoi fianchi. “Howl!” esclamò alzandosi a sedere.
“Sophie, silenzio, o sveglierai Morgan!”
“Cosa fai qui?”
“Visto che non mi facevi dormire con te, ho pensato di assumere nuovamente le mie sembianze. Non puoi cacciarmi dal letto, ora: sono o no tuo marito?”
“Ma sei nudo?”
“Ho dovuto togliermi gli abiti, o li avrei stracciati.”
“E sei arrivati fin qui senza vestiti? Santo cielo!”
Ricadde sconsolata sul materasso. Howl lo interpretò come un gesto di resa e posò le labbra sulla sua mandibola.
“Howl, piantala di fare il cascamorto!”
“E perché mai?” rispose lui incurante, passando a baciarle una clavicola.
“Se ti trovano in questo letto, scoppierà il finimondo.”
“Ma sono tuo marito!”
“Non è per questo, e lo sai! La principessa Hilda non ha ritenuto opportuno invitarti. Anche se non siamo d’accordo con la sua scelta, dobbiamo rispettarla.”
“Nessuno verrà qui a controllarti, Sophie. E se sentiamo qualche strano rumore, torno ad essere Twinkle in un momento.”
L’argomentazione, effettivamente, non faceva una piega. Sophie sentì che stava per cedere: dopotutto, era sua moglie, no?
“Eri un bambino molto carino, sai?” disse carezzandogli una ciocca dorata come il tetto del Palazzo Reale.
“Non ero esattamente così. Ma il tuo complimento mi riempie di gioia. Potresti ripetermelo anche quando dimostro sette anni?”
“Sai che morirei, piuttosto. Sei così irritante, e petulante, e testardo, e…!”
Ulteriori aggettivi le morirono in gola.

Quando stava per albeggiare, qualche ora dopo, Howl improvvisamente si alzò a sedere nel letto, urlando: “Ho trovato, Sophie!”
“Mmm?” mormorò lei, ancora presa dal sonno.
“Charmain Baker!”
“E chi sarebbe?”
“Quella ragazzina con il cane, quella con gli occhiali e la treccia rossa! Aiuta il Re nella biblioteca, no?”
“Mi pare di sì…” biascicò, ancora intontita.
“Le chiederemo di aiutarci! Non potrà rifiutarsi!”
“E come farai ad assicurarti che lo faccia? Ed a parlarle in privato?”
“Non saprà resistere ad una mia richiesta, vedrai. Ed ho avuto un’idea fantastica sul luogo dell’incontro.”
Sophie fece una smorfia.
“Non ti mettere nei guai. O sarà per me un enorme piacere vederti cadere…”
Howl balzò in piedi: “Cadere è la parola esatta, Sophie! Ora torno di là e mi metto a dormire nel mio lettino. Domani mattina ti spiegherò cosa dovrai fare tu. Buonanotte.”
Si chinò a baciarle la fronte, scostando delicatamente una ciocca fulva. Sophie fece appena in tempo a seguirlo con lo sguardo, che era già scomparso, ancora senza nulla indosso, nella porta che conduceva all’altra camera da letto.
Si rimise a dormire, pregustando l’ultima ora di sonno, con il sorriso sulle labbra, abbracciata al cuscino.





~ È la prima volta che utilizzo un prompt (escluso qualche sparuto contest), ma devo dire che l’esperienza è stata più che positiva! Credo sia stato pensato per il Movie, ma io sono stata subito fulminata da questa idea ispirata al terzo romanzo. È una fanfic breve pensata per settimane e poi scritta in un paio d’ore in una serata; queste sì che sono soddisfazioni!

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Capitolo 5
*** IV. Dolcetto o scherzetto? ***


DOLCETTO O SCHERZETTO?



Fare le scale in quelle condizioni stava cominciando a divenire veramente una tortura.
Con i piedi gonfi e doloranti, Sophie si lasciò cadere sul letto, per riprendersi dalla fatica: il cesto di panni lavati che portava con sé non aveva certo aiutato. Sbuffò sonoramente, chiedendosi con stizza, ancora una volta, perché Michael e Martha avessero deciso di partire proprio in quel momento, in cui lei aveva maggiormente bisogno del loro aiuto. Sotto sotto, Sophie era convinta che avesse a che fare con una strana idea di Michael, per cui una donna nelle sue condizioni deve sentirsi libera, in casa propria, di lamentarsi senza dover temere il giudizio di estranei. “Hanno decisamente scordato che in questo Castello non sono certo io, quella che si lamenta giorno e notte!” pensò.
Fuori, nel Galles, stava lentamente scendendo il buio, ed il tramonto tingeva anche le pareti della stanza d’un tenue color rosato. Sentendosi rinfrancata dalla pausa, Sophie si alzò con in mano le calze di Howl, ordinatamente appaiate, per riporle nel comò, e come sempre gettò un’occhiata nel giardino della casa di Megan, la sorella di lui. La strana vita che quella parte della sua famiglia svolgeva in Galles, la dimensione di cui lui stesso era originario, non stancava mai di incuriosire Sophie, nonostante il mago non amasse il suo voler continuamente ficcare il naso in quelle questioni, e le domande che lei gli porgeva a riguardo.
Neanche a farlo apposta, proprio in quel momento Howl entrò nella stanza, e nel vederla presso la finestra corrugò la fronte.
“Stai sempre lì a ficcanasare” la rimproverò, ma lei non gli badò e chiese invece: “Ma cosa stanno facendo Mari e Neil? Sono vestiti in maniera stramba: sembra che tutto ad un tratto abbiano deciso di mettere abiti provenienti da Ingary… ”
“Accidenti, me ne ero scordato!” esclamò Howl correndo alla finestra. “Hanno effettivamente indossato i vestiti che avevo regalato loro! Megan sicuramente sarà molto contrariata, ma i bambini erano così felici quando glieli ho portati!”
Sorrise molto soddisfatto e si allontanò dalla finestra, cominciando a sciogliere l’intricato nodo che chiudeva il suo mantello.
“Ma perché vanno in giro conciati a questo modo? E cos’è quella lanterna che Megan ha posto davanti casa?”
“È una zucca. Si tratta di una festa del Galles.”
“In cui i bambini devono mascherarsi da abitanti di Ingary?”
Howl rise nel rispondere, liberandosi finalmente del vestito: “È la festa dell’orrore e dei mostri. I bambini si vestono da creature orribili, e girano di casa in casa chiedendo dolci ai vicini.”
“Non capisco cosa c’entrino i dolci con i mostri” ribatté la fanciulla, cominciando a piegare gli altri indumenti della cesta. Porse al mago il lembo di un lungo lenzuolo, ed assieme cominciarono la danza della piegatura.
“I bambini chiedono, ad ogni porta cui bussano, dolcetto o scherzetto? Si dice che in questo giorno gli spiriti malevoli si divertano a fare scherzi di ogni tipo. Normalmente accade che il proprietario della casa chieda ai bambini di superare qualche prova, tipo fare una capriola, o recitare una poesia, ed in cambio dia un dolcetto. Tutto qui.”
“E Mari e Neil andranno in giro da soli, di notte, bussando ad ogni porta?”
“Oh, vedrai che Megan non li lascerà allontanare troppo, e sicuramente ci saranno anche altri amici. È una tradizione, ogni bambino nel Galles questa notte farà così. Domani si faranno venire il mal di pancia per la quantità di dolci che ingurgiteranno.”
Sophie sorrise beata, all’idea di poter trangugiare qualcosa di dolce: “Come mi piacerebbe andare con loro…” sospirò.

Più tardi, mentre rimestava nel pentolone, in compagnia di Calcifer, si rese conto di non aver chiesto ad Howl il nome di quella festa così particolare.
“Hai avuto notizie di Lettie e del mago Sullivan?” chiese il demone del fuoco, interrompendo le sue fantasticherie.
“Non ancora” rispose lei. “Del resto, sono partiti da così poco tempo, che sicuramente ancora non avranno avuto modo di compiere la loro missione per conto del Re. Sono sicura che Lettie mi scriverà quando avranno qualcosa d’interessante da raccontare…”
Continuarono a parlare ancora del più e del meno, mentre Sophie aggiungeva ingredienti alla zuppa che sobbolliva piano sul fuoco; nonostante fosse ormai autunno pieno, la serata non era poi così fredda, e la ragazza aveva un gran voglia di appisolarsi sul divano davanti al focolare.
“Ho sempre sonno, in questo periodo” commentò rilasciando l’ennesimo sbadiglio. Calcifer le riservò un’occhiata tutta particolare, che aveva adottato da qualche mese, piena di ansia e preoccupazione.
In quel momento, udì tre rintocchi provenire dal ripostiglio delle scope, come se qualcuno stesse bussando sul legno. Girò lo sguardo stralunata, poi fissò Calcifer che si affrettò a dire: “Non avverto nulla di strano, nell’aria.” Ci fu qualche secondo di silenzio, poi i tre tocchi si ripeterono.
“Sembra il ticchettio che faceva lo spaventapasseri” pensò Sophie con un brivido, ripensando al terrore che quel rumore era capace di produrre in lei.
Si alzò per andare a vedere, trascinandosi stanca, ma quando aprì la porta dello sgabuzzino, non notò nulla di diverso dal solito. Nel momento in cui stava richiudendo la porta, udì nuovamente i tre tocchi, stavolta dalla porta del bagno. “Sarà un topo” pensò, seccata all’idea di doverlo cacciare via. Aprì la porta del bagno, pronta a lanciare il provvidenziale urlo che avrebbe informato tutto il Castello della presenza del roditore, ma si bloccò stupita, notando che anche in quell’ambiente era tutto in ordine. In quel momento, i tre tocchi si ripeterono dal piano di sopra, poi dalla finestra che dava su Market Chipping, poi nuovamente dal bagno ed infine un continuo ticchettare si produsse dalla porta che dava sul cortile interno. A quel punto, Sophie era immobilizzata dalla paura, tratteneva il fiato e Calcifer si era fatto grande fino al soffitto, pronto ad attaccare chiunque avesse anche solo cercato di turbare la sua signora.
“Prova ad aprire, Sophie” le consigliò, “io sono qui dietro di te.”
La ragazza annuì, convinta se non altro per porre fine a quel fastidiosissimo rumore, che le martellava nella mente e sembrava voler competere con i battiti accelerati del suo cuore. Con una mano sul ventre sporgente si diresse verso la porticina, la aprì e per poco non gettò un grido, alla vista di una figura completamente nera, eccezion fatta per una grossa lanterna arancione tra le mani, resa spettrale da un ghigno distorto e due occhi lucenti.
“Dolcetto o scherzetto?” tubò la figura.
“HOWL!” esclamò lei, infuriandosi tutt’insieme. “Mi hai fatto prendere uno spavento…!”
Il mago entrò nel Castello, tremando per le risate. “Dovresti vedere la tua espressione, Sophie!”
“Un altro spavento del genere e Morgan nascerà molto prima del termine, te lo assicuro!”
Si voltò arrabbiata ed afferrò un lungo mestolo, per sfogare la sua ira nella minestra.
“Ti ho portato del dolci” la blandì lui, posando la grossa zucca intagliata sul tavolo. A Sophie venne l’acquolina in bocca e si voltò a guardarlo trepidante, facendolo scoppiare nuovamente a ridere.
“Non è colpa mia” borbottò lei, “è Morgan che ha sempre fame.”
Il mago le posò un bacio sui capelli ramati, e trasse da sotto al mantello un fagotto: “Ci sono tortine alla panna e fragoline, un pasticcio di crema al flambé, un intero barattolo di marmellata di zucca, dei pasticcini alle castagne, e tre dolcetti di pasta di mandorle. Credi di riuscire a farli durare fino alla settimana prossima?”
Sophie annuì, senza neanche cogliere la sottile presa in giro, catturata com’era dall’elenco di prelibatezze contenute nel pacco.
“Hai derubato Mari e Neil del loro bottino?” chiese poi, sedendosi sul divano.
“Figurati!” brontolò lui, fingendosi offeso, prendendo posto accanto a lei. “Sono andato a piedi fino alla pasticceria di Martha, per comprarli appositamente per te! Dovresti essermi riconoscente, Sophie.”
“Lo sono, infatti” asserì lei, senza distogliere lo sguardo dal pacchetto.
“È il tuo stomaco a parlare, e non il tuo cuore, lo so bene. Mi fai soffrire, lo sai” ribatté lui, portandosi una mano al petto ed assumendo una smorfia dolorante.
“Che ne dici di affogare le tue pene d’amore nello zucchero?” domandò lei con l’acquolina in bocca.
“Od in un bacio” sussurrò lui, chinandosi verso le labbra della ragazza.
“Scusate il disturbo, questo è il castello magico del mago Howl, nevvero?”
Ad Howl si rizzarono i capelli, e Sophie emise un grido rifugiandosi tra le braccia del mago, al sentire la voce sconosciuta che sussurrava alle loro spalle.
“Jack!” esclamò invece Calcifer, sputacchiando lapilli per la contentezza.
“Io morirò giovane” affermò con sicurezza il mago, una mano sul cuore.
“Questa gravidanza non finirà in maniera normale, me lo sento” aggiunse Sophie, chiudendo gli occhi e buttando la testa indietro, fino ad appoggiarsi sul bracciolo del divano. “Un altro scherzetto di questo genere, e non vi sarà nessun bambino, e tantomeno nessuna madre. Lo assicuro.”
“Si può sapere cosa hai combinato, Calcifer?” tuonò Howl, voltandosi irato verso il demone del fuoco. Accanto a lui, uno strano essere con una zucca iridescente al posto della testa si prostrò educatamente in un inchino.
“Non vi avevo avvertito della visita del mio amico Jack?” pigolò il demone, facendosi piccolo piccolo.
“Qualcuno vuole un dolcetto?” disse l’uomo-zucca, porgendo un vassoio colmo di leccornie.
Con un calcio ben assestato, Morgan fece capire che avrebbe molto apprezzato.




~ Buon Halloween a tutti!
Aggiorno questa raccolta con un capitolo a tema (è il 31 ottobre da cinque minuti, circa). Non sono un’amante di questa festa, ma oggi sono stata colta da questa ispirazione improvvisa e non ho saputo rinunciarvi!
Ah, tra l’altro stamattina ho veramente comprato un barattolo di marmellata alla zucca, assieme ad uno di salsa pere & cannella, e non vedo l’ora di assaggiarli entrambi!
Che ne dite, vi è piaciuta la mia piccola storiella senza pretese?
See you soon, my Jack-o’-lantern carissimi!

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Capitolo 6
*** La danza dei sette veli ***


La danza dei sette veli



“Mio sposo, crema di tutti gli uomini d’Ingary e di Rashputh –ed ora so che ve ne sono molti-, osserva la tua umile compagna danzare per te.”
Divertito, Abdullah alzò gli occhi, ma non si sforzò di sollevarsi dal comodo letto su cui era sdraiato.
Fior-della-notte avanzò, emergendo dal buio, per posizionarsi esattamente nel cono d’ombra che la lampada gettava davanti al letto.
“Osserva il movimento” continuò lei, ed alzò le braccia al cielo armonica come un cigno. Il suono di mille braccialetti tintinnanti sottolineò il movimento.
“Quest’infimo uomo, che sicuramente non merita tale perla, si chiede cosa tu stia per fare” sorrise lui.
“La danza dei sette veli, amor mio, onore di ogni principessa che si rispetti.”
Senza dargli tempo di ribattere dimenò il fianco sinistro, poi quello destro, e quindi prese a scuoterli con incredibile armonia e sinuosità, al suono dei campanelli nascosti tra le pieghe dei sette veli in cui era avvolta.
Il sorriso svanì dalle labbra del giovane: rimase incantato a guardarla, e suo malgrado il suo sguardo si spostò lentamente dal viso alle spalle, e poi da lì al ventre, dove rimase fisso, ammaliato. E non si mosse neanche quando Fior-della-notte si voltò, fornendo un’ampia panoramica di tutto il proprio corpo, perfetto come Abdullah l’aveva sempre immaginato.
E, uno ad uno, i veli caddero. Prima uno arancione, poi uno blu come la notte in cui si erano conosciuti. E quindi fu la volta del velo rosso, come il loro amore, quello giallo come il sole del deserto e di quello viola, ed infine di quello verde.
Solo un sottile velo azzurro, come le campanule del loro giardino, copriva Fior-della-notte quando bruscamente interruppe la danza. I campanelli trillarono ancora per poco, poi si zittirono.
“Il mio dolce sposo, migliore fra tutti ed incanto di ogni donna, ha apprezzato il mio sforzo?”
Sorrise maliziosa, si arrampicò sul letto e gattonò sinuosa fino a raggiungerlo. “Ha forse perso il dono della parola?”
Abdullah scosse la testa, inghiottì e rispose: “Sì. No. Dove hai imparato?”
“Avrei dovuto danzare per il principe di Ochinistan, suppongo. Mi è stata insegnata fin da bambina.”
Abdullah si scurì in volto.
“Ma non l’ho mai danzata davanti a nessun altro uomo oltre te, posso giurarlo, amor mio.”
Lui annuì, ancora geloso alla sola idea, e vagò con lo sguardo sul corpo di lei davanti a sé, coperto a malapena dal velo azzurro.
“Ora possiamo togliere anche questo?” domandò con un filo di voce (perché era comunque rimasto un ragazzo timido e sognatore), e sfiorò un lembo del velo sullo stomaco della ragazza.
“Possiamo anche lasciarlo lì dov’è” sussurrò lei, sorridendo provocante, e si sporse a posare le proprie labbra su quelle del marito.
Abdullah decise che avrebbe sempre, da quel momento in poi, seguito alla lettera i saggi consigli della moglie.




*** Scritta con il prompt Il castello errante di Howl, Abdullah/Fior-della-notte, sette veli della piscinadiprompt per il 3° turno della Staffetta.

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Capitolo 7
*** VI. Conoscere la famiglia ***


[Post Il Castello in aria] In cui Abdullah e Fior-della-Notte tornano a Rashputh Rating Verde.
Prompt: Il castello errante di Howl, Abdullah/Fior-della-notte, conoscere la famiglia (dalla piscinadiprompt).



CONOSCERE LA FAMIGLIA / 1


“Fiore, mio tesoro, sei davvero convinta di volerlo fare?”
Abdullah, evidentemente a disagio, tormentava il costoso cappello che aveva tra le mani, pronto a ridurlo un cencio senza alcun valore.
“Non sarà che sei tu, mio prode marito, a non voler varcare questa soglia?” rimbeccò lei, sorridendo con la furbizia negli occhi. Nessuno come Fior-della-Notte era capace di denudare i suoi pensieri, ed Abdullah come sempre si sentì un verme al suo confronto. Il rumore del bazar accanto a loro era assordante, ma a lui sembrava di non udire altro che la voce stridula di Fatima, sorella della prima moglie del padre, che trattava con un malcapitato avventore.
“Solo perché conosco perfettamente, ahimè, la famiglia di cui faccio sfortunatamente parte: e non saranno affatto felici di conoscerti, dal momento che sei stata causa di tante ricchezze per me, ma neanche un centesimo per loro.”
La fanciulla alzò gli occhi al cielo, cosa che faceva quando rifletteva; poi li riabbassò sul giovane e sorrise: “Sono sicura che saprò conquistarli. Perfino mio padre ci ha perdonati, ed ora sei il marito della principessa di Rashputh, nonché Ambasciatore Straordinario per il regno di Ingary, cosa che del resto sono anche io. Cosa temi?”
Abdullah scosse le spalle, sprimacciò il cappello e lo rimise sulla testa; pur avendo, durante i loro lunghi viaggi, conosciuto ogni tipo di persona, Fior-della-Notte rimaneva pur sempre una ragazza che per tanti anni era vissuta prigioniera, e lui era assolutamente certo che esseri del calibro di Hakim sarebbero stati in grado di metterla a disagio.
Neanche a farlo apposta in fondo alla via comparve Assif, che fra tutti i nipoti della prima moglie di suo padre, era quello che Abdullah odiava maggiormente. Marciava a passo sicuro verso di loro. “Si comincia…” balbettò, e Fior-della-Notte gli strinse una mano, solidaria.



~ Tripladrabble (su Word mi indica 300 parole esatte) scritta per il 6° ed ultimo turno della Staffetta in piscinadiprompt. Scriverò anche la seconda parte, in cui Fior-della-Notte ed Abdullah incontrano il padre di lei – ci sarà da ridere :)

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Capitolo 8
*** VII. Favole ***


FAVOLE

In cui Howl riceve dei biscotti
[tra Il castello errante e Il castello in cielo]



“Zio Howell!” esclamò la ragazzina balzando in piedi.
“Mari, come sei cresciuta!” rispose lui, e la prese subito in braccio. “Sei pure più pesante!”
La bambina ridacchiò e si batté lo stomaco con una mano. “La mamma mi fa mangiare tantissimo.”
“Non la troveresti così cresciuta, se venissi a trovarci più spesso” osservò Megan. Era comparsa sulla porta della cucina con uno strofinaccio tra le mani, ed aveva il maglione pieno di farina.
“Non posso venire più spesso, sono molto impegnato” ribatté Howl. Depose la bambina. “Anche ora, effettivamente, non posso restare che pochi minuti.”
“Figuriamoci.” Megan alzò gli occhi al cielo. “Mari, vieni ad aiutarmi. L’impasto è pronto, dobbiamo ritagliare i biscotti e metterli al forno.”
Howl le seguì. “Fai i biscotti per qualche occasione particolare?”
“Mari mi ha chiesto di farli. Abbiamo comprato dei nuovi stampini.”
“Stampini a forma di fiammelle, castelli e fate!” recitò la bambina.
Lui sorrise: “Sembrano molto invitanti.”
“Cosa sei venuto a fare?” chiese Megan, e sembrava molto seccata.
“Hai ancora lo scatolone delle mie cose da bambino?”
“Vuoi per caso aggiungervi qualcosa?” Megan prese dal frigorifero una palla di pasta chiara avvolta nella pellicola trasparente. “Come se non ci fosse abbastanza roba tua, in giro.”
“Veramente vorrei portare via qualcosa.”
“Allora faremo una festa.” Megan stendeva energicamente la pasta, con una tale energia che sembrava la stesse invece picchiando.
Howl sbuffò: “Puoi smetterla di essere così sarcastica e dirmi dove posso trovarlo?”
“L’ultima volta l’ho visto nella rimessa. Ma fai attenzione: c’è Gareth di là. Recentemente si è messo in testa di riparare vecchi mobili, e ne ha fatto il suo laboratorio.”
Sul viso di Howl passò una smorfia.
“Guarda zio Howell! Ho fatto la prima fiammella di biscotto!”
“Sopravvivrò” disse lui, ed abbassò gli occhi su quel che la bambina gli mostrava: “È bellissima, tesoro. A dopo, Megan.”

Gareth Parry era un uomo tarchiato, con folti capelli rossi e lentiggini su tutto il corpo. Howl non era mai riuscito a spiegarsi perché sua sorella, che in gioventù era stata una ragazza decente, avesse scelto uno così brutto. E non era neanche simpatico: solitamente non diceva una parola se non interrogato, ed era il primo detrattore di Howl. Sperava sinceramente che non gli chiedesse, per l’ennesima volta, se si fosse trovato un lavoro serio ed avesse intenzione di sistemarsi in una casa normale e smetterla con tutte quelle stupidaggini inutili.
Lo trovò chino su una sedia.
“Ciao, Gareth” esordì.
“Ehilà” bofonchiò lui senza alzare la testa. Howl si accorse che aveva una fila di chiodi tra le labbra.
“Sono Howell” aggiunse quindi. Aveva l’impressione che non lo avesse riconosciuto.
“Lo vedo da me” rispose invece lui. “Sono solo molto occupato.”
Howl alzò le spalle. “Sto cercando lo scatolone con i miei giochi di quando ero bambino. Megan mi ha detto che potrebbe essere qui.”
“Non ne ho idea. Tutti gli scatoloni sono laggiù, comunque, puoi guardare da te.”
Howl si precipitò e cominciò a sondarne l’interno uno per uno. “Se l’hanno buttato lancerò una maledizione contro i figli dei loro figli fino alla decima generazione, dannazione!” borbottava.
“Hai detto qualcosa?”
“Eccolo!”
Si illuminò in volto come un bambino e si sedette a gambe incrociate con lo scatolone sulle cosce.
“Trovato? Bene.” disse Gareth.
Howl annuì, ma si accorse che l’altro non aveva ancora alzato lo sguardo. Trovò quello che cercava e lo infilò rapidamente nella tasca del giaccone.
“Tutto bene?” chiese avvicinandosi nuovamente al cognato. “Mi sembri… diverso.”
Finalmente l’altro lo guardò. Ed aveva uno sguardo speranzoso ed insieme rassegnato.
“Come va la vita, Howell? Non ti fai vedere da un po’, ma immagino tu ti stia divertendo come sempre.”
“Uhm, sì, solita vita.”
“Sei fortunato, lo sai? Libero come un fringuello. Certe volte mi verrebbe voglia di chiederti di portarmi con te.”
Howl abbozzò un sorriso: “Non credo ti piacerebbe. Quello che io faccio… beh, è diverso da quello che tu sei abituato a fare. Sicuro di stare veramente bene?”
“Chissà, chissà…” borbottò Gareth. E siccome si era chinato nuovamente sulla vecchia sedia senza dire più una parola. Howl tornò in casa.

“Zio Howell, già vai via?” piagnucolò Mari vedendolo sulla soglia della porta di casa.
“Sì piccolina, devo proprio scappare via. Ma tu fai la brava, eh?”
Lei annuì mesta. “La prossima volta resti di più?”
“Sicuro. Ciao, Megan.”
La sorella lo guardò storto: “Non dovevi portarti via lo scatolone?”
“Non tutto. Mi serviva solo questo.” Trasse dalla tasca il libro.
“Le tue favole? Ma sono per bambini. Tu mica hai dei figli.”
Il silenzio del fratello la fece inalberare. “HOWELL! Cosa hai combinato? Non mi dire che…”
“Sophie aspetta un bambino.”
Megan divenne rossa in viso. “Mari, vai dentro” ordinò secca. Poi si girò nuovamente verso di lui e la voce le uscì strozzata: “Sophie? E chi sarebbe Sophie?”
“Sophie Hatter.”
“Quella vecchia che hai portato qui qualche tempo fa?”
Howl si sorprese della memoria della sorella. “Ovviamente no. La nipote.”
La risposta non calmò Megan. “Sapevo che prima o poi avresti combinato un guaio del genere. Ed adesso come farai, a mantenere il bambino? Non hai uno straccio di lavoro serio, non guadagni mezza sterlina da mesi. Lo sai di cosa ha bisogno, un bambino? Sai almeno come è fatto?”
“Megan, guarda che…”
“Povera ragazza! Povera! Stai rovinando la sua vita, nei sei almeno vagamente cosciente? Come ha potuto fidarsi di te?”
“Non è un guaio. Sophie è mia moglie.”
A quelle parole Megan ammutolì. Aprì la bocca, poi la richiuse. “Ti sei sposato senza dirci nulla?” sibilò infine.
“Abbiamo fatto tutto un po’ di fretta. Quando Sophie starà meglio, la porterò qui, va bene? Così potrete conoscervi.”
“L’hai sposata perché incinta? Tipico da parte tua.”
“No, l’ho sposata prima. Ho fatto una cosa normale, per una volta, Megan.”
Lei fece una smorfia e serrò le labbra, colorandosi in volto. Sembrava Calcifer quando era pronto ad esplodere.
“Ma cosa ho fatto di male?” disse poi.
“Eh?” chiese Howl disorientato.
“Perché sei così?”
Lui alzò le spalle.
“Ne combini sempre una, ed ognuna è più grande della precedente. Ci farai diventare tutti matti.”
“Sophie ed io siamo molto felici. Anche del bambino, davvero.”
Sorrise. Neanche la Megan più arrabbiata del mondo avrebbe mai potuto cambiare la contentezza assoluta degli ultimi mesi.
“Quando Sophie sarà più tranquilla verremo a trovarvi” disse. “Ve la presenterò. Vedrai, è una fanciulla incantevole.”
“Ma come parli?” borbottò lei. Guardava a terra e sembrava persa in ragionamenti complicati.
“Fra quanto nascerà il bambino?”
“Non lo sappiamo.”
“Howell, non l’hai portata da un medico? Almeno questo!”
Lui alzò le sopracciglia, come colpito da un pensiero nuovo: “Un medico, certo” disse. “Comunque manca ancora un bel po’. Siamo all’inizio. Ma non volevo parlartene, volevo solo prendere il mio libro. Voglio cominciare subito a leggergli le storie.”
“Ma certo” disse lei, ed aveva un tono sarcastico.
In quel momento ricomparve Mari sulla porta con un sacchetto tra le mani: “Zio Howell, sono i biscotti! Sono appena usciti dal forno, portali a zia Sophie!”
“Mari, hai ascoltato tutto!” strabuzzò gli occhi Megan.
“Io sono felice, mamma, di avere una zia nuova ed anche un cuginetto. E poi così zio Howell non è più solo!”
“Brava bambina” approvò lui e le posò una carezza sulla testa. “E grazie dei biscotti, Sophie li apprezzerà tantissimo.”
Fece un cenno alla sorella e si incamminò per il vialetto.
“Howell!” gridò Megan.
Si voltò a guardarla, e lei lo raggiunse e gli strinse un braccio. “Portaci Sophie appena sarà possibile.” sussurrò. “E riguardati. Stai per diventare padre, cerca di comportarti normalmente.”
Howl le sorrise ed annuì. Uscì dal cancello del giardino, ed a Megan per un attimo sembrò che l’aria tremolasse e si attorcigliasse su se stessa. Strizzò gli occhi, e quando li riaprì era tutto normale. Howl era scomparso al di là della strada.


***
Scritta per la mia cartella della Maritombola con il prompt n° 53: “Riguardati.”
È più di un anno che non scrivevo bookverse, è stato davvero soddisfacente! Inoltre mi ha dato l’occasione per rileggere un paio di capitoli del libro, ahw <3
Lasciatemi un commentino se leggete! A presto ;)

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Capitolo 9
*** VIII. Una vita insieme ***


UNA VITA INSIEME
[molto post]



Incredibilmente, Sophie divenne una vecchietta molto diversa da quella che era stata in quel Maggio di tanti anni prima.
Ogni sera, prima di andare a dormire, passava una mezzoretta seduta alla sua toletta – ampia la metà di quella di Howl, ovviamente – a scrutarsi il volto in cerca di qualche somiglianza, ma non c’era nulla da fare.
“Le rughe ci sono” soleva dire. “I capelli sono bianchi.”
“Ma certo” ribatteva allora Howl, sdraiato in panciolle sul letto. “Cosa ti aspettavi? Che divenissero verdi?”
“Non è questo. Guardami: ti sembro la stessa di sessant’anni fa?”
Howl odiava quel discorso, in realtà, e ovviamente tutto era riconducibile alla sua incredibile vanità. Aveva continuato a tingersi i capelli di biondo anche quando aveva perso del tutto la forma, e Sophie l’aveva tartassato come solo lei sapeva fare finché non si era arreso. Oltretutto, tingere quei due ciuffi spelacchiati che si ritrovava era davvero poco dignitoso, secondo l’opinione di lei. Da qualche tempo Howl aveva quindi optato per una pelata lucida e una lunga barba candida, alla ricerca comunque di un’immagine singolare che lo facesse distinguere dalla massa.
“Sessant’anni fa avevi i capelli ramati e non eri niente male, per essere una cappellaia.”
“Sai cosa intendo” sbuffava lei. Eppure quei complimenti la rendevano felice. “Ero una vecchietta sovrappeso e con il nasone, e avevo un grosso neo proprio qui, ricordi?” Si scrutava il volto in cerca di quelle imperfezioni, ma tutto ciò che lo specchio le restituiva era l’immagine della pelle candida e sottile, quasi trasparente, attraverso la quale era possibile vedere le vene blu.
Sophie era fiera della vecchietta che era diventata: ossuta e smilza come una ragazzina. Questo, di certo, perché nel Castello continuava a sgobbare come non mai, visto il numero dei suoi abitanti: Morgan, il primogenito, e la sua cricca di amici sempre pronti a scroccare una cena; Grace, la principessina di Howl, e i suoi corteggiatori assidui nonostante i continui rifiuti, e infine il timido Merlin, che aveva seguito le ombre del padre in quanto a carriera, assieme alla moglie e i bambini, e Calcifer che vegliava su tutti loro.
E poi, ovviamente, c’erano quelli che venivano a trovarli: Martha e Michael, Lettie e Ben e i bambini, e anche Mari e suo fratello e rispettive famiglie.
E di certo la lista non terminava qui; si finiva sempre per essere almeno in quindici a tavola.
“Sei troppo generosa” diceva Howl con una carezza sul capo candido.
“Non sono io a organizzare continuamente feste” ribatteva lei. La sua immagine allo specchio però sorrideva.
Allora si alzava e insieme si infilavano a letto, tra coperte dai ricami dorati e campanelli contro le maledizioni, come se nulla fosse cambiato da quando erano due giovani.



***
Scritta per il contest "Pochi (e sconosciuti) ma buoni" di Alister, è una cosina breve che non credevo avrei mai scritto, ma quest’immagine ce l’avevo in mente da tantissimo e questo contest è stato l’occasione giusta.

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