You're gonna be the one who saves me?

di Andry_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


1.


La pioggia scendeva fitta tamburellando sul davanzale della finestra. Le gocce scorrevano sulla fredda superficie di vetro della finestra della sua stanza. Era un cupo sabato pomeriggio d'autunno, uno qualunque ad Hogwarts, ed Hermonie era stesa sul suo letto, pensierosa. Voldemort era stato sconfitto, eppure lei proprio non riusciva ad essere felice. Si era sempre detta che, una volta vinto, tutto sarebbe tornato normale, esattamente come prima dell'inizio della guerra. La realtà dei fatti, però, era molto diversa perché, pensandoci bene, non c'era mai stato niente di normale nella sua vita dall'arrivo ad Hogwarts. Fin dal primo anno si era trovata ad affrontare il male fatto persona, ad aiutare Harry a compiere il suo destino, ed ora che era tutto finito la sua vita le sembrava quasi vuota. Dopo la battaglia era l'unica dell'allegra combriccola ad aver scelto di tornare a scuola per prendere il M.A.G.O. per cui aveva tanto studiato nel corso degli anni, ma ora quasi rimpiangeva di non aver già intrapreso la carriera al Ministero con gli amici. Era sola in quella torre, sola anche se, a pochi metri da lei, nella Sala Comune, decine di Grifondoro chiacchieravano allegramente. Era sola perché nessuno era come lei li dentro, nessuno sapeva davvero come si sentiva, cosa provava ogni qual volta chiudeva gli occhi e rivedeva nella sua mente la morte di alcuni amici la sera dello scontro finale. Girava per i corridoi della scuola e si vedeva salutare da gente che nemmeno conosceva, era popolare, il sogno di ogni ragazza, ma non il suo. Il suo sogno era quello di poter tornare a otto anni prima, quando tutto era cominciato, e rivivere ogni singolo istante passato con i suoi amici di sempre, con Harry, con Ginny, con Ron. Ron, già, proprio lui, l'amico di cui si era innamorata, il ragazzo che, ora che lei aveva così bisogno di un suo abbraccio, non c'era. Aveva così voglia di vederlo, ma si chiedeva se anche per lui fosse la stessa cosa, visto che, nell'ultimo periodo, i contatti tra loro si erano fatti sempre più radi. E se avesse conosciuto un'altra più bella, simpatica, intelligente di lei e se ne fosse innamorato? Scosse la testa, come per ridestarsi da quello stato di trance in cui era finita. Non voleva pensarci, non doveva pensarci, l'avrebbe fatta sentire solo peggio, e in quel momento l'unica cosa di cui aveva bisogno era un briciolo di felicità. 

 

 

Tornare a scuola, che pessima idea. Ogni secondo che passava rimpiangeva sempre più quella decisione presa soprattutto per compiacere sua madre, che tanto desiderava tornare alla vita normale dopo tutto quello che era successo. Si guardò allo specchio per qualche secondo. Il suo viso portava i segni del dolore, della sofferenza, dell'umiliazione che ogni giorno provava uscendo dalla sua stanza. Tutto il rispetto che aveva conquistato gli anni precedenti era svanito completamente, ormai anche il più insignificante Tassorosso del primo anno non aveva più paura di lui, ma, anzi, osava tenergli testa. Si sentiva insignificante, uno qualunque, proprio lui che uno qualunque non lo era mai stato. Quanto avrebbe voluto essere morto quella notte, durante la battaglia, sarebbe stata un'uscita di scena degna della persona che era, della reputazione che aveva, non sarebbe diventato una totale nullità. Che amarezza. Era diventato uno sfigato, un emarginato, proprio come quelli di cui solitamente si prendeva gioco. Si sentiva patetico. Patetico e solo, completamente solo. Non che avesse mai avuto tanti amici, lui era più un leader, un'anima solitaria che trattava tutti come inferiori, ma in quella scuola era riuscito a trovare qualcuno di cui potersi fidare, su cui poter contare, qualcuno che avrebbe fatto di tutto per lui, che gli era rimasto a fianco anche durante la battaglia, qualcuno che era addirittura stato disposto a dare la vita per aiutarlo. Un pensiero corse subito a Tiger e una lacrima solitaria solcò il suo viso spigoloso prima di morire sulla punta del mento. Lui, Goyle e Zabini erano stati gli unici veri amici che avesse mai avuto, gli unici a cui volesse davvero bene oltre alla sua famiglia. Già, perché in fondo anche lui, il terribile Draco dagli occhi di ghiaccio come la sua anima, aveva dei sentimenti, aveva un cuore, anche se la gente spesso sembrava dimenticarselo. Quante volte era stato accusato di essere il responsabile per la morte di altri studenti, era considerato quasi peggio di Voldemort stesso, quando, in verità, non aveva mai ucciso nessuno. Ma alla gente questo non importava, lui era il colpevole di tutte quelle morti, come se avesse scelto lui di nascere figlio di un Mangiamorte. Già, perché a quello non pensava nessuno. Nessuno capiva che non aveva avuto scelta, che se non avesse fatto quello che Voldemort gli chiedeva l'avrebbe pagata cara, sarebbe stata la fine, per lui, per la sua famiglia, per la ragazza che amava. 

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Capitolo 2
*** 2. ***


2. 


L'autunno, quanto odiava quella stagione. Il tempo era pessimo e il freddo iniziava già a farsi prepotentemente sentire. Tanto per cambiare, quel pomeriggio pioveva e Draco l'avrebbe presa tutta. Era sabato e le lezioni non c'erano, ma il giovane Serpeverde aveva la sua prima partita di Quidditch  dopo la guerra. Avrebbero giocato contro Tassorosso, una partita semplice sulla carta, ma Draco avrebbe preferito non giocarla, viste le condizioni atmosferiche. Quel clima, infatti, non faceva altro che peggiorare il suo umore, già piuttosto malinconico, ma sperava che il suo sport preferito potesse farlo stare meglio. Prese la divisa e la scopa e lasciò la sua stanza per dirigersi al campo. Inutile dire che, quando arrivò, era già completamente fradicio. Entrò così negli spogliatoi, dove gli altri compagni erano già tutti presenti e, come lo videro entrare, restarono ammutoliti. Nessuno di loro si aspettava che Malfoy si sarebbe presentato, credevano che avrebbe rinunciato al Quidditch, ma, evidentemente si erano sbagliati. Draco prese posto in un angolo dello spogliatoio ed iniziò a cambiarsi senza proferire alcuna parola con i compagni. Lui non parlava con loro, o meglio, loro non volevano avere niente a che fare con un ex mangiamorte, e a lui stava bene così. Quando fu il momento uscì con il resto della squadra dirigendosi al campo. La scopa nella mano sinistra, il capo chino, consapevole che, una volta entrato in campo, sarebbe stato ricoperto di fischi. 

 

 

La felicità, l'unica cosa che desiderava in quel momento. Apparentemente così facile da raggiungere ma, in verità, così difficile da ottenere. I pensieri che le riempivano la testa erano così tanti, così confusi, che avrebbe voluto poterli far scomparire con un semplice incantesimo. Doveva distrarsi, pensare ad altro, ma in quel momento lo studio non era certamente la scelta migliore. Improvvisamente si ricordò che quel giorno c'era il Quidditch; non sapeva di preciso che case giocassero, non che le interessasse molto in verità, ma sarebbe andata comunque a vedere la partita, giusto per riprendere le tradizioni passate. Si alzò quindi dal letto, prese un ombrello, e si diresse al campo. Arrivata a destinazione Hermione si rese conto che avrebbe assistito alla sfida tra Serpeverde e Tassorosso, ma decise comunque di restare. Prese posto tra gli spalti semi deserti a causa della pioggia ed attese l'inizio della partita. I giocatori fecero il loro ingresso in campo e l'interesse della ragazza era piuttosto carente, finché non vide comparire qualcuno in fondo alla fila dei Serpeverde. Quei capelli biondo-platino, resi leggermente più scuri a causa della pioggia, li avrebbe riconosciuti ovunque. Non sapeva che Malfoy avesse ricominciato a giocare, ma la cosa le fece stranamente piacere. In fondo lui era l'unica "cosa" che la facesse sentire come se niente fosse cambiato, come se fosse esattamente come prima della guerra, e questo, in certo senso, la faceva sentire bene. Qualcosa tuttavia era cambiato in Draco, lo poteva percepire. La testa bassa, come se avesse paura; l'atteggiamento di uno che non conta niente, esattamente l'opposto di quello che era sempre stato. Quel cambiamento così radicale la lasciò per un attimo interdetta, non avrebbe mai immaginato di vedere Malfoy così diverso. Ma, in fondo, lo capiva bene. La battaglia aveva cambiato lei molto più di quanto la gente pensasse, quindi era normale che anche lui, dopo tutto quello che aveva passato, fosse stato segnato nel profondo dell'anima. Si stupì scoprendosi a provare compassione per Malfoy, ma realizzò che non avrebbe potuto fare altrimenti.

 

 

La partita stava per iniziare. Madama Bumb era pronta ad invitare i giocatori ad alzarsi in volo. Così montò sulla scopa e alzò gli occhi verso il pubblico, sentendosi osservato. Si aspettava d'incappare in qualche sguardo di disprezzo da parte di chi, nella battaglia contro Voldemort, aveva perso qualcuno che amava, ma si sbagliava. Gli occhi che sentiva su di se li conosceva benissimo, erano quegli occhi color cioccolato così profondi che a lungo aveva odiato, erano quelli della Granger. Era certo che lo stesse guardando con disgusto, come era solito fare lui verso di lei, ma, quando i loro sguardi s'incontrarono, si accorse che quello che gli occhi della mezzosangue cercavano di dirgli era totalmente diverso. Era come se stesse cercando di fargli sapere che lo capiva, che era con lui. Scosse la testa per togliersi quell'assurdo pensiero dalla mente, nessuno avrebbe mai potuto pensare una cosa del genere di lui, figuriamoci una come la Grenger che era sempre stata sua nemica, era impossibile. Sicuro di aver mal interpretato lo sguardo della strega tornò a concentrarsi sulla partita. Madama Bumb liberò i bolidi, il boccino e la pluffa; poi portò il fischietto alla bocca e segnò l'inizio della partita. Il match era più impegnativo di quanto potesse sembrare sulla carta, ma, nonostante tutto, Serpeverde riuscì ad imporsi, grazie all'ottima prestazione del suo Cercatore.

La partita era finita e, allo stesso tempo, la pioggia era diminuita d'intensità. Le squadre fecero ritorno agli spogliatoi per concedersi una doccia calda e rigenerante. Draco però preferì fare una piccola deviazione. Si recò all'uscita degli spalti e si fermò poco lontano dal settore dove era seduta la Granger. Non sapeva di preciso cosa l'avesse spinto a fare una cosa del genere, ma aveva sentito il bisogno di andare da lei, di guardarla negli occhi e cercare di capire cosa veramente avesse voluto dirgli. Aspettò per qualche minuto prima di vedere il suo viso fare capolino sotto un piccolo ombrellino rosso. Draco la guardava da lontano cercando il coraggio di andare da lei, ma, non trovandolo, si girò per recarsi agli spogliatoi. -Malfoy-. Si sentì chiaramente chiamare dalla Grifondoro, ma fece finta di niente e continuò a camminare. -Malfoy fermati, aspetta un attimo- disse la ragazza. Draco allora si fermò e si voltò verso di lei, nascondendo però tutta quella strana felicità che provava in quel momento. -Granger, che vuoi?- disse cercando di sembrare il ragazzo di sempre. -Io.. io volevo solo farti i complimenti per la partita, sei stato davvero bravo- disse la ragazza con leggero imbarazzo. -Lo so, c'è altro?- chiese scorbutico, anche se in realtà quel complimento gli faceva molto piacere. -Beh ecco io... volevo chiederti se.. si beh ecco, se potremmo parlare un po'- -Da quando noi due parliamo?- -Lo so, ma è.. è importante- -Ok, Granger, stasera, alla ronda, ma non ci fare l'abitudine, io e te non siamo amici, chiaro?- volle precisare il biondo. La ragazza fece un cenno d'assenso e poi si diresse verso il castello, mentre il ragazzo verso gli spogliatoi, nella direzione opposta. Malfoy fece qualche passo e poi si voltò a guardarla allontanarsi. Sorrise leggermente. Che qualcosa ad Hogwarts stesse cambiando?

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Capitolo 3
*** 3. ***


3.


Arrivò davanti alla Sala Grande puntuale, come sempre. Si guardò intorno, ma di Malfoy nessuna traccia. Era in ritardo, come sempre, come prima della battaglia. Hermione sospirò profondamente, delusa, convinta che il ragazzo non sarebbe mai venuto. Aspettò ancora un minuto e poi, rassegnata, decise di iniziare la ronda da sola. Fece qualche passo in direzione del primo corridoio da controllare, quando si sentì chiamare. -Hey Granger, vuoi fare tutto da sola per poi prenderti i meriti?- -Oh, Malfoy... no io.. insomma, eccoti finalmente-. Tentennava, se n'era accorta, ed era la seconda volta che succedeva, ma proprio non riusciva a spiegarsi il perché. Il giovane Serpeverde l'affiancò ed iniziò a camminare con lei per il corridoio del primo piano. Un silenzio profondo, imbarazzante, quasi pesante, regnava tra i due. -Allora Granger, di cosa volevi parlarmi?- disse improvvisamente il biondo. Hermione sentì le guance colorarsi di rosso. -Emmmh niente... volevo solo sapere come stavi...- -Granger, fammi capire, la cosa importante di cui dovevi parlarmi era la mia salute?-. La ragazza fece un cenno d'assenso e chinò il capo. Si sentì sprofondare dalla vergogna. Era stata una pessima idea, e se ne pentiva amaramente. -E poi da quando t'interessa sapere come sto?- chiese Malfoy facendola sentire ancora più stupida. Che sciocca che era stata, aveva creduto che fosse cambiato, di poter parlare con lui, ma evidentemente si sbagliava. Si fermò a guardare fuori dalla finestra la pioggia che continuava a scendere ininterrottamente da tutto il giorno, mentre il prefetto verde-argento, dai capelli biondi e gli occhi di ghiaccio, continuava a camminare. 

 

 

Senza parole. Mai si sarebbe aspettato una domanda del genere. La Granger l'aveva spiazzato, un'altra volta, e lui, preso dal panico, aveva sfoggiato tutta la sua freddezza. Si fermò accorgendosi che la ragazza non era più al suo fianco e si guardò indietro cercandola. La vide là, ferma, davanti ad una finestra, mentre osservava il mondo silenzioso nascosto nel buio della notte, assorta nei suoi pensieri. La chiamò, ma la mezzosangue sembrò non sentirlo. Un piccolo sorriso fece capolino sul suo viso: sembrava così tenera ed indifesa quando era persa nei suoi pensieri. Si avvicinò piano piano e le poggiò una mano sulla spalla. La ragazza sussultò. -Granger, va tutto bene?- chiese Draco con un tono di voce che non gli era mai appartenuto. Sembrava gentile, interessato, dolce. -Si, Malfoy, grazie. È solo che..- disse Hermione girandosi a guardarlo negli occhi per poi riportare lo sguardo sul paesaggio esterno. -È solo che, cosa?- -Niente, Malfoy, lascia stare, non voglio annoiarti più di quanto tu non lo sia già-. Quelle parole, inspiegabilmente, toccarono qualcosa in Draco che gli provocò un'inaspettata reazione. Prese la mano sinistra della mezzosangue e la trascinò con sé. Lei lo guardò stupita, quasi preoccupata, come se avesse paura per quel gesto così irrazionale da parte del bel Serpeverde. Draco se ne accorse e le rivolse un sorriso rassicurante, uno di quelli che non aveva mai mostrato a nessuno. Condusse la ragazza verso la Torre di Astronomia e, una volta arrivati a metà della scala, in prossimità di una finestra, si sedette, facendo cenno con la mano alla ragazza di prender posto accanto a lui. -Come stai?- le chiese preoccupato. La ragazza sorrise. Aveva proprio un bel sorriso. -Questa domanda l'avevo fatta prima io- rispose voltandosi a guardarlo in faccia. -Lo so. Perché vuoi sapere come sto Granger?- chiese Draco questa volta senza nessun'ombra di superiorità nella voce. -Perché mi preoccupo per te. Perché speravo di sapere di non essere l'unica a stare ancora male per tutto quello che è accaduto. Perché tu hai passato cose peggiori di me, e sono sicura che ancora ne soffri, anche se cerchi di nasconderlo bene-. Fu come se la strega gli avesse lanciato una maledizione. Draco era letteralmente senza parole, non riusciva a parlare. Abbassò lo sguardo e sospirò. -Quindi si nota così tanto? Pensavo di essere bravo a nascondere ciò che provo, ma evidentemente mi sbagliavo, sono diventato un rammollito-. Un forte calore lo colpì improvvisamente. La Granger prese la sua mano sinistra e la strinse tra le sue mani. -Non sei un rammollito, Draco, sei un ragazzo con dei sentimenti, con un cuore grande ed un animo sensibile, anche se non vuoi ammetterlo a te stesso. Sai, so esattamente cosa provi. Ogni notte faccio sempre lo stesso incubo. Nella mia mente infuriano le scene della battaglia. È terribile, e non so quando finirà. Spero presto, ma so che tu stai peggio di me, lo so, lo leggo nei tuoi occhi, e vorrei tanto poter fare qualcosa per aiutarti a stare meglio-. Draco guardò Hermione e le sue candide guance presero colore. Era imbarazzato, per la prima volta in vita sua. Il cuore gli batteva forte, e provava una strana sensazione. Istintivamente le accarezzò la guancia con la mano libera. -Davvero anche tu non riesci a dormire?-. La Granger fece un cenno d'assenso. -Beh, sapere che siamo in due su questa barca un po' mi consola. Ora vai pure a dormire Granger, sei distrutta, si vede, qui finisco io- -No Draco, ci mancherebbe, anche tu sei stanco, in due finiremo prima...- -No, tranquilla, davvero. Hai già fatto fin troppo stasera, vai a riposarti- le disse con un sorriso. La ragazza sorrise di rimando, poi si sporse verso di lui e gli diede un bacio sulla guancia. -Grazie Draco, buonanotte-. Malfoy la guardò allontanarsi. Avrebbe voluto ringraziarla, ma quel gesto l'aveva pietrificato. Poggiò la mano nel punto esatto in cui le labbra della strega erano entrate a contatto con la sua pelle. Sorrise. Di una cosa era sicuro: quella notte non avrebbe avuto incubi. 

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Capitolo 4
*** 4. ***


4.


Un leggero chiarore illuminò i suoi occhi chiusi, facendoli contrarre. Aprì lentamente l'occhio sinistro e guardò verso il comodino in cerca della sveglia: era ora di alzarsi. Sbuffando scese dal letto andando verso la finestra. Quell'apertura sulle profondità del lago gli trasmetteva da sempre un senso di tranquillità e pacatezza che gli permettevano di affrontare le giornate al meglio. La luce filtrava attraverso quelle acque scure giungendo fievole a rischiarare i dormitori dei Serpeverde. Malfoy fece una doccia, si vestì, e si diresse alla Sala Grande per fare colazione. Come suo solito prese posto più o meno al centro del tavolo, circondato da alcuni compagni di corso, a cui non rivolgeva nemmeno una parola. Prese la copia del Profeta che il suo gufo gli aveva portato ed iniziò a sfogliarla con scarso interesse, giusto per tenersi occupato e non dover parlare con gli altri studenti. Una lieve scossa lo attraversò all'improvviso. Istintivamente alzò gli occhi e li puntò verso l'entrata della sala. La vide entrare con passo sicuro e lento; era felice, sorridente, raggiante. L'ombra di un sorriso si fece spazio prepotentemente sul suo volto al solo pensiero che forse, parte di quella felicità, fosse dovuta alla loro chiacchierata di qualche sera prima. La Granger era davvero una persona diversa, era cambiata, e, nonostante la odiasse, forse doveva ammettere che erano molto più simili di quanto avesse mai immaginato. L'espressione del bel Serpeverde, però, mutò in un lampo, quando vide spuntare, al fianco della mezzosangue, Potter, la sua ragazza, e quella nullità di Weasley. Malfoy  si fermò un attimo a guardarli. Ridicoli. Erano tornati a scuola per un giorno solo per riscuotere il successo dovuto alla loro grande impresa. Draco trovava veramente disgustoso quel loro atteggiamento da super eroi al punto che, per un istante, guardandoli, credette di stare per dare di stomaco. Spostò ripetutamente il suo sguardo sul quartetto di nuovo unito, sentendo dentro di sé crescere una leggera rabbia, destinata a diventare sempre più forte. Li aveva sempre odiati e, ora che credeva di essersi sbarazzato di loro, erano tornati per vantarsi delle loro imprese e, inconsapevolmente, sbattergli in faccia tutto ciò che desiderava  ma non  poteva avere. Già, perché il suo odio verso Potter and company, al contrario di ciò che pensava la gente, non era solamente dovuto agli insegnamenti impartitigli da suo padre, ma al fatto che rappresentavano tutto ciò che lui bramava più di ogni altra cosa: degli amici veri. Non che la sua amicizia con Tiger, Goyle e Blaise non fosse autentica, ma era frutto di paura o di frequentazioni imposte dalle famiglie, mentre quella che legava i quattro andava oltre interessi comuni, era come se le loro vite fossero legate da un sottile ed indissolubile filo rosso che li rendeva una cosa sola, un sentimento che si era manifestato quasi subito, come se fosse scritto nelle stelle. Scosse la testa per liberarsi da quei pensieri così "sentimentali" che così poco gli si addicevano, e tornò a fissare il giornale, come se non avesse visto nessuno. Pochi secondi dopo, però, rialzò lo sguardo incontrando gli occhi della Granger che, subito, sorrise nella sua direzione. In quell'istante Malfoy sentì le fiamme dell'odio che bruciavano nel suo cuore affievolirsi e donargli finalmente la pace. Pace che, tuttavia, non durò più di qualche secondo. Quello sfigato di Weasley, infatti, si era avvicinato alla mezzosangue e, sorridendole, l'aveva presa per mano. Una rabbia improvvisa s'impossessò di lui e, incapace di assistere a scene tanto vomitevoli, si alzò e andò verso di loro.

 

 

Il risveglio più brusco e allo stesso tempo più piacevole che avesse mai potuto immaginare. Aperta la porta della sua stanza, dove qualcuno bussava insistentemente da una decina di minuti, Hermione si trovò davanti le persone più importanti della sua vita dopo i suoi genitori: Harry, Ginny e, soprattutto Ron. Li abbracciò forte uno ad uno. Gli erano mancati davvero tanto, tornare ad Hogwarts non era stata la stessa cosa senza di loro, e la giovane strega se n'era resa conto sempre più con il passare dei giorni. Invitò i ragazzi ad aspettarla in Sala Comune mentre lei, con l'aiuto della rossa, si preparava ad affrontare una nuova giornata. Mentre si vestiva, Ginny le comunicò che la professoressa McGranitt le aveva concesso la giornata libera per poter passare un po' di tempo con loro visto che aveva notato quanto fosse stato difficile per lei il ritorno a scuola. Felice di questa notizia la giovane Grifondoro e la piccola di casa Weasley si ricongiunsero ai rispettivi fidanzati e si diressero verso la Sala Grande per fare colazione insieme, proprio come una volta. Entrò nella sala inizialmente da sola, visto che i suoi amici erano stati fermati da moltissimi studenti che volevo una foto, un autografo o semplicemente stringere la mano a Colui che aveva sconfitto Voldemort per ben due volte e ai suoi amici. I tre la raggiunsero all'ingresso, ma è inutile dire che, per una decina di minuti non poterono muoversi, circondati dalla folla. Hermione odiava essere al centro dell'attenzione, ma era felice, sorridente e, stranamente riposata e, in parte, era merito di Malfoy. Cercò la sua testa bionda tra quella degli studenti della casa verde-argento, e la trovò circa a metà della tavolata, china su quella che le parve una copia della Gazzetta del Profeta. Lo fissò per qualche secondo, desiderosa di capire cosa pensasse sotto quella cascata di capelli biondo platino. Improvvisamente Malfoy alzò lo sguardo nella sua direzione e la strega, per un attimo, pensò di distogliere il suo, ma non ci riuscì. Sorrise in direzione del ragazzo, guardandolo negli occhi. Quegli occhi argentei così profondi erano come una calamita, non riusciva a smettere di guardarli. Improvvisamente si sentì prendere la mano e fu costretta a riemergere da quegli occhi così profondi in cui stava già annegando, voltandosi verso la sua sinistra incontrando lo sguardo sorridente di Ronald. Hermione gli sorrise di rimando, anche se un po' scocciata. Quando tornò a guardare nella direzione di Malfoy, lui non era più al suo posto. Delusa, la giovane Grifondoro vago velocemente con lo sguardo nella stanza, e, finalmente, lo vide, mentre si dirigeva verso di lei. Senti il battito del suo cuore accelerare man mano che il ragazzo si avvicinava e, quando fu a pochi passi da lei, lo salutò. Sentì le sue guance prendere fuoco e tingersi lentamente di rosso. Un silenzio improvviso calò nella stanza in attesa di sentire la risposta del bel Serpeverde. Malfoy, tuttavia, la guardò con uno sguardo che Hermione conosceva bene e, sbuffando, passò oltre, ignorando lei e i suoi amici. Nei minuti successivi i suoi amici la riempirono di domande sul perché di quel suo gesto ed insultarono Malfoy per il suo atteggiamento e per il suo ritorno a scuola dopo tutto ciò che aveva commesso. Hermione però non sentiva niente, la sua testa era ferma all'occhiata che il ragazzo le aveva rivolto. Conosceva bene quello sguardo: era il solito sguardo di superiorità mista a disprezzo che Malfoy era solito rivolgerle gli anni precedenti. Una strana sensazione si fece strada in lei. Si sentiva una stupida. Possibile che quel cambiamento se lo fosse solo sognata? Possibile che quella sera, in cui sembrava così sincero, si fosse solamente preso gioco di lei? Possibile che si fosse sbagliata?

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Capitolo 5
*** 5. ***


5.


I ricordi, l'unica cosa che non si può contrastare. Arrivano, così, improvvisamente, approfittando di un momento di debolezza, e occupano prepotentemente il cuore e la mente, anche delle persone più razionali. Ed erano proprio loro, i ricordi, il nemico che ora Hermione si trovava a combattere. Sedeva su una poltrona rossa nella Sala Comune fissando il fuoco scoppiettare nel camino, quando un fiume di nostalgia allagò la sua mente. Passare un'intera giornata con gli amici di sempre, come una volta, forse non era stata un'ottima idea. Sul grande schermo nella sua mente le immagini dei momenti passati con Harry, Ron e Ginny si succedevano accompagnate da un malinconico sottofondo musicale, proprio come fosse il film della loro amicizia. Quanto le mancavano tutti quei momenti. Le cose erano cambiate, era tutto così diverso. Harry e Ginny pensavano già a sposarsi, mentre lei e Ron... Beh, lei e Ron erano un enorme punto interrogativo. Cosa provava veramente per lui? Proprio non sapeva dirlo. Aveva creduto che fosse amore, ma ora le sue certezze iniziavano a vacillare. Era così diverso da quando avevano sconfitto Voldemort. Il ragazzo un po' timido ed imbranato di cui si era innamorata non c'era più; al suo posto era comparso un ragazzo forse un po' troppo sicuro di sé, che si beava della fama ottenuta, che amava stare al centro dell'attenzione, che, troppo spesso, si dimenticava di lei. La bella prefetta Grifondoro avrebbe dato qualsiasi cosa per sapere che fine avesse fatto il vero Ronald Weasley, per riavere indietro il suo migliore amico. Che fosse quello il vero problema: il fatto che fosse sempre stato il suo migliore amico? Hermione proprio non sapeva rispondere. Aveva riflettuto spesso sull'argomento, ma non era mai giunta ad una conclusione. Forse la loro storia era basata solo su una fortissima amicizia e, ciò che li legava, non era vero amore, ma più un sentimento fraterno, di due persone che sono cresciute insieme come parte della stessa famiglia. Presa da quei dubbi la strega si ritirò nella sua stanza. S'infilò sotto le coperte pronta a lasciarsi cullare tra le braccia di Morfeo, quando, chiudendo gli occhi, l'immagine di quello sguardo comparve nella sua mente e nel suo cuore. 

 

 

Weasley. Non aveva mai conosciuto una persona più irritante, perfino Potter era meglio di lui. Si credeva così importante, così superiore. Gli ricordava così tanto... sé stesso. Già, aveva lo stesso atteggiamento che aveva sempre avuto lui, con la differenza che lui se l'era potuto permettere, lui era Malfoy e non un Weasley qualunque. Lui, con i suoi vestiti vecchi e sgualciti, con quegli orribili capelli rossi, con quella faccia da stupido, con un cervello praticamente assente, si atteggiava come una celebrità.Nanche se fosse stato Raphael Rux in persona. Draco proprio non lo tollerava, l'avrebbe preso a schiaffi ogni secondo, ma non poteva, stava cercando di cambiare, e riuscire a controllare la sua aggressività e la sua rabbia era il primo passo per farlo. Voleva diventare un bravo ragazzo, uno di quelli brillanti a scuola, sorridenti, socievoli, pieni di amici, ma era consapevole che tutto ciò, probabilmente, era solo pura utopia. Sospirò rassegnato. Era tutto inutile, anche con tutto l'impegno del mondo, uno come lui, figlio di due famiglie "oscure", non sarebbe mai potuto diventare il classico bravo ragazzo, lo sapevano tutti e, in fondo, lo sapeva anche lui. Tuttavia c'era qualcosa, o forse qualcuno, che lo spingeva a continuare a provarci. Sapeva benissimo che anche quello era un desiderio proibito, impossibile da realizzare, ma Malfoy proprio non riusciva a togliersela dalla testa. Ogni volta che il bel Serpeverde chiudeva gli occhi le immagini del suo sorriso mozzafiato, dei suoi occhi così profondi e così cupi, dei suoi capelli sparsi al vento, si facevano largo tra i suoi pensieri. Draco la odiava, con quel suo fare da saputella, l'aveva sempre irritato ed era stata una delle vittime preferite dei suoi scherzi, ma, ora che la vedeva sotto una luce diversa, notava quanto quella bambina dai capelli arruffati, che aveva incontrato sul treno otto anni prima,fosse diventata una splendida giovane donna. Si accorse che un sorriso era comparso sul suo viso pensando alla Granger, realizzando che forse era arrivato il momento di ammettere, almeno a se stesso, di provare qualcosa per lei, qualcosa che credeva essere molto simile all'amore, anche se non aveva mai conosciuto quel sentimento. Si fermò ancora un attimo a pensare alla strega quando quell'immagine comparve nella sua mente. Era ufficiale: il suo odio per Ronald Bilius Weasley era aumentato vertiginosamente, e non avrebbe mai accennato a diminuire. 

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