As If We Never Say Goodbye

di lithi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Ciao a tutti! Questa è la prima volta che mi metto a scrivere una storia sugli attori di Glee, e spero che vi possa piacere...
Prima di lasciarvi alla lettura, mi permetto di introdurvi un po' la storia...
Fondamentalmente l'idea mi è venuta in macchina mentre ascoltavo As if we never say goodbye, e ho ripensato ad un'intervista (o una conferenza stampa, non mi ricordo più...) in cui Chris alla domanda "Come hanno reagito i tuoi amici quando sei entrato a far parte di Glee?" ha risposto "Io non avevo amici."...il mio piccolo cuoricino ha fatto crack. ç.ç
E quindi mi sono permessa di regalargli un'amicizia da favola, con una ragazza che lo ama per quello che è. E cioè uno splendido ragazzo.
Inizialmente avevo pensato di scrivere una One-shot, ma sono arrivata a qualcosa come una quarantina di pagine word, e quindi mi sono detta "FORSE è meglio che la dividiamo in capitoli..." (grazie alla mia Condottiera per questo suo consiglio prezioso!...oltre agli altri! <3) anche se non sono sicura che renda ugualmente, dato che ci sono dei riferimenti precisi tra le parti, ma vabbè...
Quindi questa storia è dedicata all'amicizia, a quella che sperimentiamo tutti i giorni vedendo i nostri amici di sempre, a quella che scopriamo tra le pagine di internet, a quella che rimane sempre virtuale e a quella che sfocia nella quotidianità delle nostre giornate.
Per quanto mi riguarda, questa storia è dedicata principalmente alla mia Loi, amica incredibile da ben 21 anni, a Lucius e Alessandro, magici giocatori di D&D e di Bang!, a Livio, che prima di essere il mio ragazzo è il mio migliore amico, alla mia Puffete/Euphebia/RonRon, che non mi lascia mai sclerare da sola, e a Pentesilea (
http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=141251 fate un salto a leggere la sua storia...è meravigliosa! *-*), la migliore delle Condottiere, che mi ha aiutato a trovare il coraggio di pubblicare questa storia grazie ai suoi consigli. Queste sono alcune delle persone che mi hanno accompagnata fino a qui, e a cui io non so come dire GRAZIE.

 


Spero che la storia vi piaccia...fatemelo sapere con una recensioncina, così che la mia povera persona sappia se ho scritto cavolate o no! XD
Un bacione,

Giulia

 



 

Dublino, Irlanda, 3 Luglio 2011

 
La folla fuori dall’arena era assurda. Dovunque ci si girasse, si vedevano solo guantoni a forma di “L”, colori, cravatte a righe e cartelloni. Tutti quanti parlavano e ridevano. Alcuni improvvisavano cori di Don’t Stop Believing, subito accompagnati dalle risate divertite e gioiose di chi era lì vicino. Altri scoppiavano senza motivo apparente in cori che inneggiavano ai personaggi della serie televisiva del secolo. Era un tripudio di “Rachel”, “Santana”, “Mike”, “Blaine”…per quanto la riguardava, nessuno di quelli era il nome adagiato sulle sue labbra.
 
Gli anni erano passati, e quello stupido litigio si era trasformato in un muro di silenzio che li aveva divisi e tenuti lontani per ben cinque anni. Cinque anni in cui prendere in mano il telefono si era fatto sempre più difficile, se non impossibile. Perché, se prima sarebbe stato facile, cosa si può dire ad un ragazzo che era riuscito a realizzare un’intera lista di sogni? Quegli stessi sogni che l’avevano accompagnato durante la sua vita al liceo e che venivano sempre calpestati e gettati in un angolo da chiunque. Professori, studenti, coetanei. Cosa si può dire a un giovane che si era abbandonato e da cui si era stati abbandonati?
Per un intero anno lei si era affacciata su quello scranno di desideri. Le sue mani si erano immerse nell’oro colato che erano quelle speranze, facendole diventare più forti e decise. Era stata la spalla su cui lui si poteva appoggiare, le labbra che lo facevano ridere e gli occhi che non lo lasciavano mai.
Fino a quando non era tornata a casa e tutto era finito. Non l’aveva più rivisto né sentito, fino al Settembre di due anni prima, quando improvvisamente la sua voce l’aveva scrollata dal sonno che s’insinuava sotto le palpebre davanti al televisore.
Aveva aperto gli occhi, sicura di trovarlo lì, di fronte a lei. Si era alzata in piedi per corrergli incontro, abbracciarlo, e chiedergli scusa, certa che il suo profumo di vaniglia l’avrebbe accolta come ogni volta. Ma non c’era nessuno lì con lei. Si era guardata intorno, persa nel suo salotto, domandandosi se l’avesse sognato di nuovo, quando la sua voce era tornata di nuovo, imperiosa.
Si era girata di scatto verso il televisore, non riuscendo a credere a quella che invece doveva essere la verità.
E lui era lì che la guardava con quei grandi occhi chiari in cui tante volte si era specchiata.
La vista le si era velata all’improvviso mentre cadeva di nuovo a sedere sul divano. Le mani tremanti avevano asciugato i suoi stessi occhi, e le labbra si erano aperte in un sorriso sincero.
Ce l’aveva fatta. Aveva combattuto e aveva vinto. In barba a tutti quelli che non credevano in lui.
Il pozzo dei suoi desideri si era riversato nel mondo e l’aveva contaminato, rendendolo più bello e splendente che mai.
Aveva soffocato un singhiozzo dentro il palmo della mano, piangendo la sua felicità per lui. Per il suo piccolo uomo che stava realizzando i suoi sogni con la forza e la sicurezza che l’avevano sempre contraddistinto.
Velocemente aveva afferrato il telefono, digitando veloce sulla tastiera e scrivendo un breve messaggio, ma quando stava per premere invio si era bloccata, come faceva sempre.
Perché, cosa avrebbe potuto pensare lui se avesse visto un suo messaggio proprio in quel momento? Lei che cosa avrebbe pensato se fosse stata al suo posto?
La malinconia era scesa di nuovo su di lei. Non poteva rientrare in quel modo nella sua vita. Lui non glielo avrebbe permesso. Lei non se lo sarebbe permesso. L’aveva perso.
Il cellulare era rimasto abbandonato sul tavolino di fronte al divano con la luce del display ancora accesa. Lei l’aveva guardato un’ultima volta prima che il buio tornasse anche sullo schermo, seppellendo quelle cinque parole che sentiva battere sulla sua lingua.
E allora aveva volto lo sguardo al suo amico, il migliore che avesse mai avuto, e le aveva sussurrate sottovoce alla televisione, con la speranza che l’etere le portasse fino al suo cuore.
I’m so proudof you…
Quello che non sapeva era che, in quel momento, un ragazzo giovane e felice per la prima volta dopo tanto tempo, si era portato una mano al petto, avvertendo dentro di sé la dolce malinconia che accompagna un addio.
 
Eryn si riscosse dai suoi pensieri, continuando a guardarsi intorno divertita dalle reazioni che vedeva intorno a sé. Si rese conto che la sua amica Holly non aveva perso tempo, e si era messa a parlare con le persone che erano vicino a lei in quel momento, chiedendo a destra e a manca quale fosse il personaggio preferito per quel suo assurdo sondaggio che intendeva pubblicare su tumblr il giorno seguente.
Una ragazza dai brillanti occhi verdi aveva risposto, senza esitazioni, “Puck”, quasi urlandolo.
Un ragazzo dalla pelle del colore della pece ci aveva pensato un po’ e poi aveva risposto un “Santana” incerto.
Un’altra ragazza dai folti capelli marroni era esplosa in un “Brittany” divertito, mentre gli altri continuavano a rispondere.
“Rachel.”
“Kurt.”
“Quinn.”
“Sam.”
Holly continuava a segnare i nomi sulla lista che si era portata appresso, ed Eryn si alzò sulle punte per sbirciare sopra la spalla della castana.
“Non sbirciare Eryn.” Fece lei, spostando di scatto la cartellina con cui molto probabilmente andava anche a letto.
“Dai, fammi vedere. Sono curiosa di sapere chi è in testa.”
“Niente da fare.” Holly proruppe nella sua risata più vivace rivolgendosi all’ennesimo gleek in fila, mentre la sua amica emetteva uno sbuffo divertito.
La ragazza con gli occhi verdi che prima aveva urlato il nome di Puck, si girò verso di lei sorridendo.
“E qual è il tuo preferito?”
Eryn sorrise triste, i lunghi capelli rossi che le incorniciavano gli occhi marroni, velati dalla malinconia che la accompagnava da quando aveva rinunciato a quell’amicizia per cui avrebbe dato la vita. E per la prima volta dopo tanto tempo, senza nemmeno pensare a quello che stava dicendo, fece riaffiorare sulle labbra quel nome che amava e venerava.
Chris…
 

Clovis, California, 3 Settembre 2005

 
Eryn si buttò sul letto della sua nuova camera stanchissima, le valigie disperse in giro per la stanza.
La massa di ricci rosso sangue ricadeva morbida tra i cuscini, mentre gli occhi stanchi percorrevano il soffitto.
Si chiese perché mai i suoi genitori avessero scelto proprio quel paese per passare l’anno sabbatico che si erano sudati all’università di Dublino. Che avessero improvvisamente sviluppato uno strano interesse per le mucche?
E per quale assurdo motivo lei era dovuta partire con loro? Non poteva rimanere a casa con sua sorella?
Pensò con un moto di rabbia e tristezza a tutti i suoi amici, pronti a divertirsi per un altro anno nella verde Irlanda, mentre a lei sarebbe toccato girovagare per i pascoli che intravedeva al di là della finestra.
Si tirò su a sedere e cominciò a disfare i bagagli.
 
Chris Colfer era un ragazzo insolito sotto molti punti di vista. E non perché odiasse le vacanze estive, amasse fare i compiti o fosse un mago. Era una di quelle persone che sono insolite perché gli altri vogliono che lo siano.
Da che aveva memoria non aveva passato neanche un giorno della sua vita senza sentirsi almeno un po’ diverso dagli altri, vuoi per la passione morbosa che aveva per Broadway, Harry Potter, Star Wars e similari, vuoi per la penosa condizione in cui versava sua sorella, e che per riflesso avvolgeva anche lui.
L’anno precedente non era stato propriamente sereno a scuola. Mangiare da soli ogni giorno non è quello che un adolescente sogna.
E dei suoi veri sogni, Chris aveva paura anche solo a parlarne. Alcuni erano difficili anche da pensare.
Il ragazzo guardò fuori dalla finestra della sua stanza, notando qualche movimento nel casale vicino, e aggrottò un sopracciglio. Non sapeva che lo avessero affittato o venduto.
Per un attimo, un attimo solo, in quel ragazzino solo nacque la speranza che i nuovi inquilini avessero un figlio o una figlia della sua età. E che per la prima volta potesse provare un qualcosa di simile all’amicizia, come accadeva sempre nelle commedie adolescenziali che sua madre e Hannah guardavano la sera abbracciate sul divano.
Ma fu un attimo solo. Perché la vita non è un film, e nel caso lo fosse stato, sarebbe stata senza nessun dubbio una tragedia, Chris lo sapeva bene.
Con un gesto deciso tirò le tende della finestra.
 

Clovis, California, 15 Settembre 2005

 
“Posso?”
Il ragazzo dai capelli castani alzò lo sguardo sorpreso.
Di fronte a lui stava una ragazza piccolina, con dei lunghi boccoli color del fuoco che incendiavano gli occhi marroni. Le lentiggini sul naso scendevano scemando fino agli zigomi, che si stavano imporporando di un adorabile sfumatura rosata.
Chris aprì la bocca, trattenendo il fiato.
Quando quella mattina era entrato per la seconda volta al liceo, il mondo si era fatto sentire di nuovo pesante sulle sue spalle. Tutti abbracciavano qualcun altro, mentre l’aria si riempiva di risate e di chiacchiere allegre. Lui aveva continuato a camminare verso il suo armadietto in silenzio, aveva riposto lì la sua giacca leggera e si era incamminato verso l’aula di letteratura, cupo e chino sotto il peso di quel mondo che continuava ad ignorarlo.
E non perché lui lo volesse. Aveva provato mille volte a intrecciare lo sguardo con chiunque incrociasse il suo cammino, ma il massimo che era riuscito ad ottenere era stato qualche sorriso di circostanza da due o tre persone.
Raggiunta l’aula, si era seduto in fondo alla classe, aveva preso il suo cellulare – più per fare qualcosa che per controllare se ci fossero chiamate – e se l’era rigirato in mano perdendosi nei suoi pensieri e nelle mille idee che aveva per quell’anno. La sera prima aveva pensato che sarebbe stato interessante poter fare una rappresentazione di “Sweeny Todd” per la recita scolastica, ma voleva un’idea particolare. Era stanco di seguire sempre un libretto predefinito.
Aveva risposto distrattamente all’appello, notando a malapena le risate di scherno che la sua voce richiamava nemmeno fosse uno specchietto per le allodole, e poi, dopo che le chiacchiere di circostanza si erano esaurite, aveva di nuovo donato tutta la sua attenzione al professore.
Il resto della mattinata si era svolto come da copione. Silenzi. Camminate nei corridoi. Silenzi. Lezioni. Silenzi. Pranzo.
E poi, quella domanda.
 
“Posso?”
Eryn si portò una ciocca ribelle dietro l’orecchio, mentre il ragazzo seduto al tavolo la guardava sorpreso. Aveva una luce strana negli occhi, e le si strinse il cuore vedendo la sorpresa riflessa su quel volto niveo.
Durante la sua prima mattina di scuola americana – in cui aveva buttato nel cestino qualsiasi cosa propinassero per scuola nelle serie tv – aveva notato con tenerezza quel ragazzo dai grandi occhi celesti vivere nel silenzio ovattato di un mondo che non poteva aver scelto.
Quando era entrata nella classe di letteratura, alla prima ora, l’aveva visto chino sul suo cellulare mentre guardava ancora più in là.
Aveva sentito la sua voce trillare nel rispondere all’appello, chiara e limpida come acqua cristallina, ma subito infangata dalle risate sommesse e piene di scherno che due ragazzi vicino a lei avevano soffocato contro i pugni, ma non negli occhi. E si era sentita furiosa. Anche con sé stessa.
Perché con quale diritto si era arrabbiata con i suoi genitori per averla trascinata in quella città, quando sapeva che il prossimo anno sarebbe stata di nuovo tra i suoi amici?
Quel ragazzo ci avrebbe passato la vita lì, ed era sicura che nella sua testa non ci fossero terreni da arare o similari.
Perciò, all’ora di pranzo, quando l’aveva visto da solo al tavolo, si era avvicinata. Perché quel ragazzo con il volto di un bambino la incuriosiva e la inteneriva.
E alla risposta silenziosa del ragazzo, si sedette di fronte a lui, allungando la mano.
“Ciao. Sono Eryn.”
Lui la guardò ancora sorpreso, come se non fosse abituato a parlare con qualcuno a scuola.
Dopo qualche secondo, timido e un po’ imbarazzato, aveva allungato la mano bianca per prendere quella della ragazza di fronte a sé.
“Chris.”
 

Dublino, Irlanda, 3 Luglio 2011

 
“Chris?!...”
La ragazza con gli occhi verdi la guardò sorridendo. Eryn si trovò a mentire ancora una volta, come faceva ormai da due anni a questa parte.
“Cioè, Kurt…” rise battendosi una mano sulla fronte “Li confondo sempre, scusa…”
“E di che…mica hai ammazzato qualcuno.” La ragazza prese a ridere. “Io comunque sono Emily, piacere di conoscerti.”
“Eryn.”
Il sorriso che le regalò era sincero e divertito. Non voleva rovinarsi la serata, ma, mentre stringeva la mano alla ragazza, non poté impedirsi di pensare ‘Stasera lo rivedrò’.
 
Chris era nel backstage, emozionato come non mai. Era a Dublino. Dublino.
Un paio di occhi marrone cioccolato fecero capolino nella sua mente mentre guardava divertito Darren saltare da un punto all’altro del backstage, con già indosso l’uniforme degli Warblers.
Un movimento alla sua sinistra gli fece intendere di non essere più solo a bearsi della – poca – pace che aveva trovato su quell’amplificatore.
“Pronto per l’ultimo concerto del tour?”
La voce di Naya lo fece voltare in direzione della ragazza, che doveva essere scappata dalla sala ‘trucco e parrucco’, dato che aveva ancora i bigodini in testa.
“Si…e no.”
Naya sorrise abbassando gli occhi sulle gambe che dondolavano avanti e indietro, fasciate dai jeans neri.
Dopo qualche secondo di silenzio si arrischiò a dare voce a un pensiero che vorticava nella sua testa da quando avevano messo piede in Irlanda.
“Chris, siamo a Dublino. E questo è l’ultimo concerto.”
“Lo so.” Rispose lui, non capendo dove lei volesse andare a parare.
“Non credi che sia il momento e il luogo adatto per mandare giù un po’ del tuo maledetto orgoglio?” aggiunse sorridendo dolcemente al soprano alla sua destra.
Gli occhi di Chris si spalancarono appena un poco quando capì a cosa lei si riferisse, per poi tornare ad osservare la punta delle sue sneakers.
“Chris…”
“Non la sento da cinque anni Naya. Ormai è troppo tardi.”
La ragazza sbuffò divertita dalla drammaticità con cui il collega aveva pronunciato quelle parole.
“Non ci credi nemmeno tu…” osservò lei alzando gli occhi al cielo. “Dio, qualche volta mi chiedo quanto Kurt sia entrato in profondità nella tua pelle. Stai avendo un attacco in pieno stile drama queen o mi sbaglio?”
Chris rise malinconico.
“Chris, puoi avere tutte le ragioni del mondo per essere ancora arrabbiato con lei. Ma, come hai giustamente notato tu prima, sono passati cinque anni. Non credi che sia arrivato il momento di tentare, per lo meno, di fare qualcosa?”
“Perché mai dovrei? Lei non l’ha fatto…”
La ragazza sospirò esasperata e divertita.
“Lei non può farlo. Non più. Ma se quello che ci hai raccontato è vero, sono sicura che lei è nelle tue stesse condizioni. Con la scusante di non poter salire su un palcoscenico per potertelo dire.”
Chris tirò su il viso, osservando Mark, Chord e Harry che facevano i loro sollevamenti aggrappandosi al palco.
C’era stato un momento nella sua vita in cui tutto quello che aveva amato era stato l’abbraccio caldo e sincero di lei. Della sua migliore amica.
L’unica che non aveva mai chiesto niente, ma a cui aveva dato tutto.
Fino a quel giorno di Luglio di cinque anni prima, quando tutto si era dissolto come neve al sole. E per cosa poi?
Era stata lei ad averlo cambiato. Ad averlo reso una persona migliore, orgoglioso di sé stesso, e non più timoroso di alzare la testa.
Naya aveva ragione, e Chris lo sapeva.
Si tirò in piedi e spazzolò i pantaloni con un gesto automatico.
“Dove vai?” La ragazza lo guardò serena mentre porgeva quella domanda.
“A cercare Ryan. Voglio chiedergli se posso fare una cosa.” Chris rivolse il viso verso la collega, che lo fissava raggiante. “E tu torna in camerino che tra un po’ si va in scena e hai ancora i bigodini in testa.”

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Ma buonasera! XD
Ecco a voi il secondo pezzo di questa one-shot kilometrica che ancora devo finire di scrivere! Muahahahhaha!
Ok, non so perchè sto ridendo...forse è la stanchezza...forse il fatto di aver visto il nuovo sneak peek della quinta puntata (con gif e immagini annesse) mi ha dato alla testa...boh. Ma chissenefrega! XD
Sono rimasta sorpresa dal fatto che ben 97 persone abbiano letto la prima parte...spero che vi sia piaciuta, e, ripeto, se volete lasciarmi un commentino sono più che contenta! Anche dirmi "guarda, fa schifo!" va più che bene, eh...sono qui per imparare. XD
Un grazie particolare alla mia adorata Condottiera (adoroti! *.*) e a helpless che hanno commentato lo scorso capitolo, e a BrokenWings e _Layla_ per aver messo la storia tra le seguite...vi adoro, davvero! ç.ç *lacrime di commozione*
Ok, la smetto di sclerare e vi lascio al prossimo "capitolo"...
Un bacione,

Giulia

 


 

Clovis, California, 10 Ottobre 2005

 
“Buongiorno giovane Grifondoro.”
Eryn sbucò divertita da dietro l’armadietto di Chris, regalandogli il primo sorriso della giornata.
“Buongiorno piccola Corvonero.”
Chris chiuse lo sportello che si frapponeva fra lui e la sua amica prima di lasciare che le mani della ragazza lo attirassero velocemente a sé, in un abbraccio che non avrebbe scambiato con nient’altro al mondo.
Tante volte aveva sognato di poter essere considerato da qualcuno, ma mai si era trovato a pensare che sarebbe accaduto davvero.
E invece, dopo quasi un mese dall’inizio della scuola, aveva trovato qualcuno che lo amava per com’era. Senza chiedergli di cambiare o di smetterla di parlare ininterrottamente di Star Wars. E quell’amicizia speciale era tutta per lui.
Quando i due ragazzi avevano scoperto di abitare a pochi metri l’uno dall’altra, era stata la fine della pace dei loro genitori che non trovavano praticamente mai i figli in casa, ma dovevano continuamente chiamarli al cellulare a tutte le ore.
Tanto che alla fine avevano deciso di passare le serate insieme, brindando alle origini irlandesi della famiglia Colfer e al fortunato anno sabbatico dei coniugi McKenzie, che li aveva fatti approdare in quella cittadina. Tra le due famiglie era nata un’amicizia sincera, amplificata dalla naturale simbiosi con cui Chris ed Eryn sembravano convivere.
“Pronto per la giornata?” la ragazza sussurrò all’orecchio del suo migliore amico.
Chris la guardò negli occhi, sciogliendo l’abbraccio.
“Con te, sempre.”
I due cominciarono a camminare per i corridoi di quella scuola che non notava nemmeno la loro presenza.
“Allora, sei pronto per sabato?”
“Aspetta, che succede sabato?” Chris finse di non ricordare l’appuntamento che si erano dati per festeggiare la loro conoscenza. “Ah, si. Un certo appuntamento per il nostro mesiversario.”
“Scemo.” Eryn sbottò in una risata divertita, tirando un pugno scherzoso al braccio di Chris. “Comunque ho pensato a tutto io. Ordiniamo giapponese e ci schiaffiamo davanti alla vecchia trilogia di Star Wars. E non voglio sentir ragioni. Né battute quando comincerò a perdere il senno davanti a Han Solo.”
“E io non voglio sentir battute quando comincerò a perdere il senno davanti a Chewbacca.”
“Stai forse paragonando Harrison Ford a quell’ammasso di peli che lo segue come un cagnolino?”
“Ehi. Non mi toccare il gigante peloso.”
“E chi te lo tocca. Tienitelo pure stretto.”
“Il tuo non considerare Chewbacca è snervante.”
“Oh, ma io lo considero. È solo che lo considero come un’estensione di Mr Solo.”
Chris si fermò un attimo in mezzo al corridoio. La ragazza lo guardò ridendo divertita, per poi spegnere il suo sorriso non appena vide il volto dell’amico.
“Chris…”
“Nessuno dovrebbe essere considerato solo un’estensione.”
E Eryn capì. Non era a Chewbacca che il suo amico stava pensando, ma a sé stesso. Stava pensando a come si sentiva ogni singolo giorno prima del suo arrivo. Prima che qualcuno gli offrisse semplicemente una mano da stringere.
Mosse un passo verso Chris, prendendogli la mano e sorridendogli dolcemente.
“Hai ragione. Nessuno dovrebbe.” Sentì la stretta del ragazzo farsi più forte e stringere quella mano che lei gli porgeva. “E adesso che ci penso, Chewbacca ha salvato parecchie volte la vita a Han Solo.”
Chris rise, nervoso.
“Questo solo perché Han Solo si caccia continuamente nei guai.” Mormorò guardando le scarpe che fuoriuscivano dai suoi jeans. Lentamente alzò lo sguardo verso Eryn, che lo guardava sorridendo. “Ti andrebbe di essere il mio Chewbacca?”
La ragazza rise sollevata, prima di incamminarsi verso la classe, tenendo ancora stretta la mano del suo amico.
“Ne sarei onorata Chris.”
 

Clovis, California, 15 Ottobre 2005

 
“Chris. C’è Eryn.”
Karyn Colfer era una mamma. Una mamma nel vero senso del termine. Quando la si guardava, non c’era alcun dubbio sul fatto che fosse nata per diventare madre.
La cura e l’affetto che nutriva per i suoi due figli era incommensurabile, e non poteva fare a meno di amare anche Eryn, che era riuscita a far sorridere suo figlio così tante volte in quel primo mese.
Quando l’aveva visto tornare a casa dal suo primo giorno di scuola, non era riuscita a trattenersi dal piangere in segreto, felice che suo figlio avesse finalmente trovato un anima affine alla sua. La stessa anima che la guardava da dietro due occhi color cioccolato, che sorridevano felici.
“Chris. Muoviti. Mi stanno per cadere le confezioni di sushi.”
“Oddio!”
L’urlo del ragazzo non fece in tempo ad arrivare alle sue orecchie, che Chris era già lì, pronto a salvare ogni singolo pezzo di quel pasto prelibato. Per poi accorgersi che non ce n’era bisogno, dato che ogni pezzo era in una scatola dentro alla busta che Eryn teneva in mano.
Chris la fulminò con un’occhiata mentre suo padre scoppiava a ridere dalla cucina.
“Dio, se lo conosci bene!” Tim Colfer non riusciva a smettere di ridere, le guance rubiconde ancora più rosse.
“Papà!” Chris riprese l’uomo mentre anche le sue si imporporavano, ma per l’imbarazzo più che altro.
“Che c’è? È vero!”
Il giovane sbuffò contrariato mentre tutti quanti ridevano della sua reazione.
“Ok. Ok. Avete chiarito il punto. Sono divertente. Prenderò in considerazione una carriera al circo, così metterò a frutto questa mia particolare predisposizione. Adesso però dobbiamo sbrigarci. Eryn, vieni su in camera.”
“Hai paura che si freddi la cena?” Riuscì a borbottare la ragazza tra le risate, mentre lo superava e cominciava a salire le scale.
Chris le rivolse uno sguardo torvo.
“Ah-ah. Divertente, ma non abbastanza. Ti ricordo che il clown qui dentro sono io.”
 

Dublino, Irlanda, 3 Luglio 2011

 
“Ehi! Ehi, Chris!”
Il ragazzo si fermò giusto in tempo per permettere a Darren di saltargli addosso e mandarlo a gambe all’aria.
“Dove vai?” Domandò lo Starkid, spalmato sul suo corpo a terra, senza curarsi di chiedergli nemmeno se stesse bene.
“Darren! Per l’amor del- Ma sei impazzito?!” Il soprano si tirò su a sedere, le gambe aperte a quattro di spade, mentre il suo collega, nonché migliore amico, si sedeva sui talloni, gli occhiali rosa spostati verso la punta del naso, e lo guardava negli occhi appoggiando le mani sulle ginocchia.
“Dove vai?” Ripeté Darren, senza preoccuparsi troppo della mini sfuriata di Chris. Ormai c’era abituato.
“A cercare una mazza chiodata per sfondarti il cranio.”
“Dai, sul serio! Sono curioso…”
Chris finse un’espressione sconvolta, portandosi una mano al petto.
“Ma dai! Giuro, non ci sarei mai arrivato da solo!”
“E su. Avanti. Forza. Dimmelo.”
“Ok. Ok. Va bene. Ma prima spostati che mi voglio rialzare.”
 
“…ed è per questo che io amo in maniera incondizionata Puck. Solo le sue espressioni durante le ballad dovrebbero poter istituire il Puckermanesimo.” Emily stava illustrando accuratamente tutti i perché del suo amore per il ragazzo con la cresta.
“Si, hai ragione. Le sue espressioni sono impagabili.” Holly la guardava seria. “Anche se devo essere onesta con te. Non amo particolarmente il personaggio. Preferisco di gran lunga Santana. Mi fa morire ogni volta che apre bocca.”
Un ragazzo mingherlino che aveva detto di chiamarsi John si intromise nel discorso. “Ma perché tutti quanto snobbano Tina? Secondo me ha una voce meravigliosa, e poi la trovo adorabile.”
“Tutti quanti la snobbano perché quel cavolo di un produttore non ci ha fatto sapere niente di lei. Se non che è una gothic-lolita, è ossessionata dagli addominali e odia le insalate con le zampe di gallina.”
“E chi non odia le insalate con le zampe di gallina?”
“Questo è vero…”
Il gruppo appena formato venne interrotto da un movimento verso le porte, che però si rivelò essere solo un addetto alla sicurezza che usciva per un giro di controllo.
“Chissà se alcune delle famiglie del cast sono qui…” domandò a mezza voce Holly. “Per alcune date americane c’erano, che io sappia.”
“Io so solo della famiglia di Chris Colfer. Mi pare siano andati alla data di Los Angeles. Ma non credo che loro siano venuti. Sapete com’è, per via della malattia della sorella di Chris.”
John alzò lo sguardo verso Emily. “Perché, che malattia ha?”
“Epilessia.” Eryn aveva risposto automaticamente alla domanda, mentre le parole le riportavano altri ricordi alla mente. “Soffre di attacchi epilettici ripetuti. Una volta ne ha avuti cinquanta in un’ora.”
 

Clovis, California, 20 Novembre 2005

 
Chris era seduto sopra al letto di Eryn, con le mani tra i capelli e le lacrime che scendevano copiose sulle sue guance. Un singhiozzo prepotente si fece largo nella sua gola, mentre le spalle erano scosse da tremiti continui.
“Chris. Calmati.”
Eryn gli si avvicinò con una tazza di camomilla in mano, sedendosi accanto a lui e portando la mano libera intorno alla sua schiena. Prese a girare le dita lievemente, in una carezza ipnotica e delicata sopra la maglia. La ragazza poggiò la tazza sul comodino a fianco del letto, e si girò verso il suo migliore amico.
“Ssh…Tranquillo. Andrà tutto bene.”
Chris le si buttò tra le braccia, stringendo il corpo della ragazza a sé.
Eryn capì che non servivano parole in quel momento, e che l’unica cosa di cui aveva bisogno era che lei stesse lì. Lo strinse forte mentre sentiva le lacrime del ragazzo bagnare la sua spalla, facendole bruciare la pelle per l’impotenza che l’attanagliava.
Hannah aveva avuto un altro attacco. Anzi, più di uno in realtà.
L’ambulanza che l’aveva portata via, insieme ai suoi genitori, risuonava ancora nelle orecchie dei due ragazzi, nonostante fossero già passate due ore.
Karyn aveva chiesto ai genitori di Eryn di prendersi cura di Chris, e i McKenzie non si erano fatti problemi in merito, accogliendo il ragazzo come se fosse un figlio. Chris aveva salutato i suoi con gli occhi asciutti e sorridendo alla madre che lo guardava preoccupata, facendole promettere che avrebbero chiamato non appena la situazione si fosse stabilizzata.
Ma non appena l’ambulanza aveva girato l’angolo, le gambe avevano cominciato a tremare e si era accasciato al suolo, privo di ogni forza.
Eryn gli si era fatta subito vicino, inginocchiandosi al suo fianco e avvolgendo il corpo del ragazzo tra le sue braccia. Solo dopo qualche minuto Simon McKenzie si era fatto avanti e aveva messo una mano sulla spalla di Chris, accompagnandolo in casa.
Eryn lo aveva portato nella sua stanza, dove erano rimasti per quelle due ore. Lui a piangere e lei a guardarlo impotente.
Hannah soffriva spesso di attacchi epilettici, ma quella volta vedere il suo corpo contorcersi ancora e ancora e ancora, non smettere mai, era stato troppo anche per Chris, che non sapeva più cosa fare.
La ragazza lo tenne stretto contro la sua spalla, continuando a seguire cerchi immaginari con le dita sulla sua schiena. Non riusciva a non fare niente. Quella sensazione era la più brutta del mondo: avere tra le braccia un amico così, vedere la sua pena e non poter far nulla per alleviarla. E forse fu per questo che Eryn cominciò a cantare all’orecchio di Chris. Per sentirsi meno inutile. Per fargli capire, senza paroloni o frasi di circostanza, che lei era lì con lui. E che non l’avrebbe abbandonato.
La sua voce non era niente di particolare, e nemmeno la scelta della canzone, visto che stava canticchiando la ninnananna di Mary Poppins, ma quel suono, per Chris, in quel momento, era il più bello del mondo.
Chiuse gli occhi, lasciandosi cullare da Eryn come un bambino e inondando di righe salate le proprie guance.
Dopo un altro quarto d’ora passato a rivisitare tutte le ninnananne Disney che riusciva a ricordare, Eryn si arrischiò a guardare il volto dell’amico, che sembrava essersi calmato un po’.
“Vuoi la camomilla? Dovrebbe essere ancora tiepida.”
Il giovane aveva annuito contro la sua spalla, rimettendosi a sedere.
Lei l’aveva visto prendere la tazza e portarla alle labbra, cercando di non farla tremare. Aveva poggiato una mano sulla sua, aiutandolo sorridendo come solo lei sapeva fare.
E alla fine della camomilla, pochi istanti dopo aver riappoggiato la tazza sul comodino, il telefono aveva squillato.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Ma buonasera! XD
Scusate se c'ho messo tanto, ma ho avuto un ticchino da fare. :P
E poi sono morta la settimana scorsa. Non credo che sia necessario spiegarvi come. Sono certa che molte persone siano morte con me, quindi...sorvoliamo sulla strage di massa a cui siamo (forse) sopravvissuti e andiamo avanti.
Dato che comincio ad essere stanca, vi lascio direttamente al capitolo. Ma sappiate che le cose non rimarranno così per sempre...QUALCUNO di sta muovendo. XD
Un bacione a tutti e, ricordate, lasciate un commentino...:)
PS: buona lettura....spero.

 



Dublino, Irlanda, 3 Luglio 2011

 
“Allora, l’hai visto?”
Ashley si portò vicino a Naya, che si stava dirigendo verso la sedia che aveva lasciato qualche minuto prima.
“Si. Credo di averlo convinto a fare qualcosa. Gli mancava solo l’incipit giusto.” L’ispanica rivolse uno sguardo felice verso la ragazza in carne. “A te com’è andata?”
“Ben è fuori. Gli ho chiesto di dare un occhiata ai fan per vedere se la notava tra la folla.”
“Sei stata bravissima a prendergli la foto dal portafogli ieri sera.”
“Oh, si è addormentato come un bambino dopo lo show. Non è stato difficile farne una copia mentre dormiva.”
In quel momento Lea entrò dentro il camerino, pronta nel suo costume di scena e con una bottiglietta d’acqua in mano.
“Ragazze, ci sono novità?”
Ashley la guardò sorridendo.
“Naya ha parlato con Chris. Sembra che abbia deciso di fare qualcosa.”
“E Ashley ha mandato Ben fuori, per vedere se lei è presente.”
Lea sorrise di rimando, contenta che finalmente le acque si stessero muovendo.
“Qualche idea su quello che ha intenzione di fare?”
“Io ne ho una.” Darren stava entrando saltellando in quel momento, un sorriso da bambino che gli illuminava gli occhi.
 
Clovis, California, 24 Dicembre 2005
 
“Eryn. Sbrigati o faremo tardi.”
La voce di Amy McKenzie arrivò forte alle orecchie della giovane, che si stava mettendo le ballerine.
“Arrivo.”
Era la Vigilia di Natale, e le due famiglie avevano deciso di passarla insieme. Ad essere onesti, la famiglia Colfer aveva praticamente costretto i vicini ad accettare, pronti a farli perdere nelle innumerevoli portate che Karyn aveva preparato per la serata.
Eryn si diede un’ultima occhiata allo specchio prima di prendere tra le mani un pacco morbido e voluminoso.
Quando due giorni prima era andata a far compere con la madre, cercando il regalo giusto per Chris, era rimasta praticamente imbambolata di fronte alla vetrina dopo averlo visto.
Era lui. Ed era perfetto.
La madre l’aveva guardata scrollando la testa divertita, prima di accompagnarla all’interno e comprare il regalo.
E adesso non vedeva l’ora di darlo a Chris.
Si diresse verso la porta e scese di corsa le scale, in risposta all’ennesimo urlo della madre.
 
“Chris. Sbrigati. Saranno qui tra poco.”
“Lo so mamma. Arrivo.”
Chris si stava pettinando i capelli, cercando di far apparire il suo viso, ancora un po’ paffuto, un po’ meno bambino, ma al decimo tentativo alzò le mani e abbandonò il pettine sul ripiano del bagno.
Era Natale, e finalmente avrebbe potuto passarlo con qualcuno che non fosse solo la sua famiglia. Finalmente aveva qualcuno a cui poter comprare un regalo e che lo amava per quello che era, al di fuori delle mura domestiche.
Rientrò in camera e afferrò un piccolo pacchetto rettangolare da sopra la scrivania, rigirandolo tra le dita.
Quando sentì il suono del campanello, si fiondò di sotto, emozionato e felice.
 
La serata era passata senza alcun problema. Le due famiglie ormai si conoscevano benissimo e non c’erano stati momenti imbarazzanti o altro.
Chris sedeva seduto sul divano tra Hannah ed Eryn, e osservava divertito lo scambio di battute che le due stavano avendo riguardo Dirty Dancing e Baby, che, alla fine del film, sembrava essere diventata bellissima, mentre all’inizio era una ragazza normale. E anzi, forse un po’ bruttarella pure.
“I miracoli del trucco, Hannah…”
“Hai ragione, ma chiunque sia la truccatrice, voglio che venga a lavorare per me.”
“Ma che dici? Sei stupenda!”
“Si, dentro magari…dai, cambiamo argomento.”
Eryn guardò la ragazza da sopra la spalla di Chris, che si era incupito alla frase della sorella.
Dopo qualche istante le sue labbra carnose si aprirono in un sorriso.
“Ehi, io non sono un gran che, ma se vuoi posso insegnarti come ci si trucca.”
Hannah si era illuminata.
“Oddio si, mi piacerebbe un sacco.”
“E allora dai, andiamo. Così dopo alla Funzione nessuno ti potrà staccare gli occhi di dosso.”
Le due ragazze si alzarono, prendendosi per mano e scomparendo dietro l’angolo, lasciando Chris solo e anche un po’ dispiaciuto. Quella era la prima volta che Eryn lo lasciava indietro. Che non cercava la sua mano. Che non lo coinvolgeva in qualcosa che faceva.
Bè, a quanto pareva c’era una prima volta per tutto.
Una testa rossa sbucò fuori dalla porta dopo qualche secondo.
“Ehi, piccolo clown! Muoviti. Che fai lì a vegetare sul divano?”
Ma non era quello il caso.
 
Finita la Funzione le due famiglie tornarono a casa, ma i due ragazzi, due pacchi in mano, rimasero sotto la veranda di casa McKenzie.
“Allora, sei pronta?”
Eryn annuì con la testa, una risata divertita intrappolata dietro le labbra piene.
“Al tre allora. Uno…due…tre!”
Nello stesso istante cominciarono a scartare i regali che si erano scambiati pochi istanti prima.
Chris, alla vista del suo regalo non poté trattenere un urlo di gioia.
“Oddio! Eryn! Ma dove l’hai trovato?”
La ragazza staccò gli occhi dal suo regalo, ancora a bocca aperta.
“No, tu sei impazzito. Davvero.”
“Io adoro il tuo regalo!”
“No. Io adoro il tuo!”
“Stai scherzando, vero? Questo è…non trovo nemmeno le parole…”
“E tu mi vuoi dire come hai fatto a trovare il mio? Qui intorno sembrava avessero fatto una razzia di Stelle della Sera*…”
“Ma tu mi hai preso uno zaino a forma di Chewbacca. Chewbacca!”
“Bè, così non ti dimenticherai mai di me.” Eryn sorrise felice al ragazzo di fronte a lei.
“Praticamente impossibile direi…” Chris scosse la testa, rimirando ancora una volta quello zaino peloso che aveva tra le mani, prima di gettare le braccia al collo della giovane.
“Ti voglio bene, piccola Corvonero.”
“Io te ne voglio di più, giovane Grifondoro.”
 

Dublino, Irlanda, 3 Luglio 2011

 
Eryn si toccò sovrappensiero la catena argentata che portava al collo e che le ricadeva sul petto, all’altezza del cuore.
La Stella della Sera brillava curiosa tra le pieghe della sua maglietta verde mentre tutti gli altri stavano ancora chiacchierando amabilmente.
 
L’aveva custodita nel suo comodino per cinque anni. Fino a quella mattina, quando sua madre era entrata in camera. Guardandola fissare quel luccichio di candore tra le tinte scure del tavolino in mogano, le si era avvicinata.
Eryn era sobbalzata quando lei le aveva messo una mano sulla spalla, sorridendole dolcemente. Aveva preso la catenina in mano e l’aveva allacciata al collo della figlia, che la guardava trattenendo a stento le lacrime.
“Andrà tutto bene tesoro…”
Eryn aveva buttato le braccia al collo della madre, soffocando un singhiozzo tra i suoi capelli, prima di sussurrare un flebile “Grazie…
 
Ed ora era lì. Che si rigirava la catena tra le dita.
Holly alzò lo sguardo al cielo, chiedendosi cosa le stesse succedendo.
Alle volte andava in catalessi, e si perdeva nel guardare qualcosa che si trovava sempre oltre la spalla della persona che aveva di fronte.
La castana rivolse uno sguardo all’amica. Lei sapeva, ma non aveva mai nominato Chris. Non le aveva mai fatto domande dopo che lei l’aveva chiamata due anni prima, dicendole che il suo piccolo uomo era riuscito ad approdare in uno show televisivo. Sapeva che Eryn non ce l’avrebbe fatta a cercare informazioni su di lui, e se ne era presa l’incarico, mandandole di tanto in tanto i video e le interviste che trovava sul ragazzo.
Per questo le si era stretto il cuore quando aveva trovato il video di una conferenza in Spagna. Aveva cercato di chiudere la finestra prima del ritorno di Eryn dal bagno, ma non era stata abbastanza veloce.
“Come hanno reagito i tuoi amici quando hanno saputo che avevi avuto una parte in Glee?”
“…io non avevo amici.”
La frase era a malapena finita quando un singhiozzo l’aveva bruciata, così profondo e straziante da credere che con lui se ne fosse andato anche il suo cuore.
Holly si era girata verso di lei, correndo ad abbracciarla mentre Eryn crollava a terra, gli occhi spalancati in un’espressione di terrore seminascosti dietro le mani.
“L’ho lasciato da solo Holly. L’ho lasciato da solo.”
 
Ed adesso erano lì, mischiate alle migliaia di persone che vedevano in quel concerto solo un “arrivederci a settembre”, mentre per loro voleva dire solo una cosa.
Per Eryn voleva dire affrontare i suoi fantasmi e vedere il suo amico – il migliore – per la prima volta in cinque anni.
Per Holly voleva dire stare vicina a quella ragazza che lei considerava come una sorella. Gioire con lei della sua gioia e offrirle la sua mano quando la malinconia avrebbe occupato ancora una volta il suo cuore.
Tese una mano per fermare la tortura a quella povera collana, e alzò gli occhi.
Eryn la guardò sorridendo.
“Andiamo a comprare una lattina di Diet Coke, su…”
 

Clovis, California, 14 Febbraio 2006

 
“Andiamo a comprare una lattina di Diet Coke, su…”
Chris le tese una mano per alzarsi dalla panchina su cui erano stati seduti per buona parte del pomeriggio, attorniati da coppiette innamorate che saltellavano in giro, disperdendo per le strade della cittadina cuoricini ad ogni passo.
Eryn alzò lo sguardo su di lui, afferrando poi prontamente la mano che il ragazzo le offriva.
Stettero un po’ in silenzio, cosa alquanto strana per i due amici, prima che Eryn lo rompesse con una domanda.
“Chris…pensi mai a come sarebbe avere qualcuno da abbracciare a San Valentino?”
Il ragazzo la guardò sorpreso.
“Intendo…un ragazzo o una ragazza…”
Chris apparve dubbioso per un istante, capendo che quel terreno non sarebbe stato facile da affrontare per lui.
“Si…” sussurrò tra le labbra.
“Pensi che riusciremo mai a trovare qualcuno?”
Il giovane alzò lo sguardo al cielo, immaginando quale sarebbe stata la reazione della ragazza ai suoi pensieri.
Si perse nei meandri della sua mente, e non rispose fino a quando non furono usciti dalla caffetteria, due lattine fredde tra le mani e due cannucce tra le labbra.
“Tu hai più possibilità di me…”
“Chris. Sei un bellissimo ragazzo – oh, non mi guardare così! È vero! – e dubito che qualcuna non se ne accorgerà.”
Chris tirò un lungo sorso prima di rispondere a bassa voce, ma non così tanto da non farsi sentire.
“È il genere ad essere sbagliato…”
Eryn lo fissò per qualche istante, incerta di aver capito bene.
“Che intendi?”
Chris si sedette di nuovo sulla panchina. Quella panchina che li vedeva scambiare battute e argomentazioni ai limiti della pazzia quasi ogni giorno.
“Intendo che non credo di essere interessato alle ragazze.”
“Oh.” Eryn si sedette di fianco a lui, le spalle che si toccavano. “E quando l’hai capito?”
Chris osservò il volto dell’amica, aspettandosi di trovarsi di fronte all’espressione di disgusto che tanti suoi compagni di scuola gli rivolgevano. Rimase immobile quando notò che niente sembrava turbare il viso di Eryn.
“Bè…credo di averlo sempre saputo in realtà…” rispose distogliendo lo sguardo e puntandolo di nuovo verso i piedi, la bocca sprofondata nella sciarpa e la lattina abbandonata sulla panchina in favore del caldo riparo delle sue tasche.
“E perché non me l’hai mai detto?”
Chris la guardò un po’ frustrato e indispettito.
“E che dovevo dirti? Ciao, piacere. Sono Chris e credo di essere gay?!”
“Ma no!” Eryn si mise a ridere di fronte alla sua faccia arrabbiata. “Intendevo…come mai hai aspettato il giorno di San Valentino per dirmelo?”
Chris rilassò lo sguardo, appoggiandosi alla panchina e osservando il cielo sopra di lui.
“Credo di aver avuto paura di perderti…”
“Chris. Tu non mi perderai mai. Non essere sciocco.” Eryn scosse il capo, facendo vibrare la sua massa rossa da sotto il cappello di lana bianco. “E io non ti abbandonerò di certo perché ti piacciono i ragazzi.”
Chris si girò di nuovo a guardarla prima di mettere un braccio intorno alle spalle dell’amica per stringerla forte.
“Si, mi piacciono i ragazzi…” la voce di Chris si fece appena più bassa mentre sussurrava contro la lana del cappello di Eryn, ma non così tanto da non farsi sentire dall’amica, che lo abbracciò più stretto. “…e solo una ragazza.”
 

Clovis, California, 17 Marzo 2006

 
I coniugi McKenzie urlarono gioiosi aprendo la porta ai propri vicini, mentre la famiglia Colfer entrava in casa.
“Buon San Patrizio!”
Dopo vari giri di auguri e diverse pacche sulla schiena, Chris si sporse oltre la cucina, cercando la sua migliore amica.
Dopo diversi minuti in cui i suoi genitori stavano parlando con Simon, mentre Amy si complimentava per la scelta del vestito con Hannah, il ragazzo si arrese.
“Dov’è Eryn?”
“Oh, Chris. È di sopra. Ha detto che si rifiuta di scendere con il vestito che le ho comprato per la festa…puoi andare a cercare di convincerla?”
Il ragazzo, toltosi dalla testa l’enorme cappello verde da lepricano che indossava, prese la via delle scale, domandandosi quale tipo di vestito potesse trattenere la sua migliore amica al piano superiore.
Ma quando arrivò di fronte alla porta lasciata aperta, dovette ingoiare una risata tra le mani.
Eryn indossava un completo color fango e verde agrifoglio, con delle lunghe calze in tinta che scomparivano dentro agli stivaletti di pelle, e stava apparentemente cercando di morire inghiottita dal suo stesso letto.
Come colta da un’improvvisa illuminazione, la ragazza si alzò di scatto, fissò il suo migliore amico negli occhi, paonazza per la vergogna, e mormorando truce.
“Se ti azzardi anche solo a ridere, ti fucilo.”
 

Dublino, Irlanda, 3 Luglio 2011

 
“Credo che stiano facendo entrare adesso…” Emily si alzò sulle punte e sbirciò verso l’inizio della coda, che si stava muovendo pian piano, accompagnata dalle solite urla entusiastiche che precedevano un concerto.
“Cavoli, è vero. Holly, dobbiamo andare o ci metteremo un’eternità ad arrivare ai nostri posti…”
“Perché, voi dove state?” Domandò John curioso.
“Prima fila. E si, abbiamo speso un sacco di soldi. E no, non ce ne pentiamo.” Trillò eccitata la castana, prendendo per mano l’amica e trascinandola via urlando ai giovani rimasti a bocca aperta qualcosa come “Ci becchiamo dopo lo spettacolo!”, mentre Eryn non sapeva se piangere o ridere a crepapelle.
 
Ben alzò lo sguardo, notando una ragazza trascinarne un’altra verso l’entrata per le prime file. Quella ragazza dai capelli rossi aveva un’aria familiare, ma per sicurezza prese in mano la fotografia che Ashley gli aveva dato qualche minuto prima.
Era lei, non c’erano dubbi.
Guardandosi intorno e cercando di non dare nell’occhio, seguì le due ragazze fin dentro l’arena, e le vide prendere posto nella prima fila per poi afferrare i loro guantoni e infilarsi le cravatte a mo’ di fascia intorno alla testa.
Sorrise da sotto gli occhiali per un nanosecondo, prima di riprendere la sua aria da duro e tornare dietro le quinte per cercare la giovane attrice.
 
Chris era finalmente riuscito a parlare con Ryan che, contro ogni previsione del giovane, aveva accettato con grande entusiasmo la sua idea.
“Sapevo che tu fossi un grande improvvisatore, ma non fino a questo punto.”
“Ryan, te lo sto chiedendo adesso. Non sto improvvisando veramente.”
Mr Murphy aveva scosso la testa come se la cosa non avesse senso.
“È uguale. Hai meno di un’ora per attuare la tua idea. A questo punto è come improvvisare. Sei sicuro?”
Chris guardò negli occhi quello che era stato un vero e proprio padre per lui fin dal primo giorno sul set.
“Si.”
Ryan gli sorrise prima di afferrargli un spalla e scrollarlo affettuosamente.
“E allora sbrigati che il tempo è poco.”

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Ma buongiorno a tutti! XD
Sappiate che abbiamo finalmente superato la metà di tutto quello che ho scritto fin'ora...non so se essere contenta o no di questa cosa...ehehhehehe
Un ringraziamento particolare alle due persone che hanno recensito lo scorso capitolo. Leggere quello che pensate è sempre un regalo grandissimo per me, perciò non limitatevi e dateci dentro con le recensioni! Uahahahahahahahahahah! XD
E grazie anche alle stupende persone che hanno messo la storia tra le seguite...veramente GRAZIE! *-*
Questa cosa vuol dire per me molto più di quello che pensiate...

Senza ulteriori indugi vi lascio a questa nuova parte della "one-shot" che tanto one-shot non è...XDXDXD
Un bacione a tutti,
Giulia XD

 



Clovis, California, 23 Aprile 2006

 
“Sei pronto?”
Eryn era di fianco a lui, fuori dalla Chiesa. Chris fece un respiro profondo e annuì con il capo.
“Si.”
“Bene.”
I due ragazzi entrarono e si sedettero nella prima fila di panche, entrambi emozionati per quello che stava per accadere.
Il mondo di Chris era stato una costellazione di no.
No, non vogliamo mangiare con te perché sei strano.
No, non voglio essere il tuo partner in laboratorio.
No, non mi interessa quello che dici riguardo a quel cavolo di film: è da perdenti.
No, non voglio ascoltare quella musica da frocetto di Broadway.
No, non puoi cantare quella canzone: è da donna.
All’ultimo rifiuto, il ragazzo era caduto nella disperazione. Adesso anche le canzoni avevano un genere, e lui si ritrovava di nuovo ad un bivio.
Ma cosa diamine c’era di sbagliato in lui?
Eryn aveva assistito impietrita alla cattiveria dell’insegnante di musica. Aveva sentito Chris provare infinite volte Defying Gravity, e non poteva immaginare una voce più perfetta di quella dell’amico per cantare quella canzone. Forse perché in quelle note, in quelle parole, lei rivedeva il vero Chris, quello che nessun altro a parte lei si era mai preso la briga di conoscere.
Finita la lezione, mentre Chris era ancora abbattuto dall’ennesimo rifiuto, aveva cominciato a inveire contro l’insegnante, e non aveva smesso fino a quando non erano arrivati a casa del ragazzo.
Mentre passavano davanti al salotto, Amber Colfer, nonna del ragazzo e ministro della chiesa che le due famiglie frequentavano, aveva sentito i borbottii della giovane e aveva preso in mano la situazione. Chris avrebbe cantato quella canzone. Nella sua chiesa. Quella domenica.
E così fu.
La voce di Chris si levò alta lungo la navata, toccando i cuori di tutti coloro che erano intervenuti alla Funzione domenicale.
Eryn si portò una mano al petto chiudendo gli occhi, come faceva sempre quando il suo migliore amico cantava, mostrandosi senza veli, così come era davvero.
Sentì la sua rabbia, la sua indignazione, la sua frustrazione. Riuscì a percepire fin sotto la pelle quello che quel canto significava per Chris. In quel grido armonioso aveva messo tutta la stanchezza che si portava dietro per dover giocare con regole stilate per qualcun altro. Da qualcun altro.
Eryn riaprì gli occhi, cosciente come non mai delle parole nascoste tra le note: nessuno avrebbe più impedito al suo cuore di volare e di occupare il posto che gli spettava. Mai più. E se questo voleva dire mettersi in gioco e provare, allora l’avrebbe fatto. E lei sarebbe stata lì con lui e per lui. A gioire con lui per i suoi successi e ad aiutarlo a rialzarsi quando fosse caduto.
Chris guardò gli occhi della sua migliore amica, e vi lesse tutto quello che voleva sentirsi dire da tanto tempo.
Si, voglio mangiare con te perché credo tu sia speciale.
Si, sarò sempre il tuo Chewbacca, non importa quanto questo mi costi.
Si, voglio continuare a parlare di quel film che adori: voglio capire perché.
Si, adoro la musica di Broadway.
Si, puoi cantare tutte le canzoni che vuoi, perché hai il dono di farle tue.
Finita la canzone prese posto di nuovo accanto ad Eryn, che lo guardava con gli occhi lucidi, fiera e orgogliosa, mentre la chiesa era scoppiata in un applauso a cui il giovane aveva risposto con un inchino un po’ imbarazzato.
Lei gli prese la mano tra le sue.
“Non c’è niente che non va in te. Sei perfetto così come sei.”
E Chris decise che non avrebbe avuto più paura.
 

Clovis, California, 27 Maggio 2006

 
Sedici anni sono un traguardo importante per un adolescente americano. Certo, non puoi ancora bere come a ventuno, ma rappresentano un punto focale.
A sedici anni puoi guidare una macchina, tanto per dirne una.
E Chris non vedeva l’ora. Suo padre gliene aveva trovata una un po’ vecchia, di uno strano blu elettrico, e lui se ne era subito innamorato.
Quel pomeriggio avrebbe dato il suo esame di guida, dopo un intero mese passato a fare pratica per non sprecare nemmeno un momento.
Eryn si era dileguata subito dopo colazione, uno sguardo birichino negli occhi, dicendo che “aveva da fare” e che si sarebbero visti quella sera per la cena dai suoi.
Chris invece era andato nel parcheggio della scuola guida, aspettando l’istruttore.
 
“Eryn, hai bisogno di una mano?”
Il volto di Amy McKenzie fece capolino nella stanza della figlia, in cui sembrava essere appena passato un uragano. La ragazza era seduta a gambe incrociate sul pavimento, la testa china nascosta dai capelli, intenta a ripassare qualcosa con un pennarello dorato.
“No mamma, grazie. Ho quasi finito.”
“Volevo solo dirti di sbrigarti. Sono già le sei, e tra un’ora e mezzo dobbiamo essere a casa Colfer.”
“Oddio! Sono le sei?!”
Eryn alzò il viso di scatto, scoprendo una macchia di glitter rossi sullo zigomo sinistro e cominciando a mettere in ordine.
“Ètardiètardiètardiètardi!”
Amy rise divertita davanti alla figlia, che sembrava sperare arrivasse Mary Poppins a mettere tutto a posto.
“Si, ma urlare come il Bianconiglio non ti aiuterà.”
 
Chris arrivò a casa per l’ultima volta con l’autobus. Dal giorno dopo avrebbe preso la sua macchina, e niente poteva renderlo più felice a quel punto della sua vita. Rimirò la sua patente nuova di zecca con un sorriso a trentadue denti.
Lanciò un’occhiata all’orologio e si accorse che erano già le sei e mezzo.
Mentre entrava correndo in casa, lanciando baci a Hannah e ai suoi genitori, si ritrovò a pensare che era stato strano rimanere in silenzio per tutto il pomeriggio. Ormai si era così abituato alla presenza di Eryn, che faticava persino a ricordare quello che faceva prima di lei.
Non che facesse molto comunque.
Si buttò sotto la doccia, riflettendo sul fatto che lui, diversamente dai suoi compagni di classe, non aveva chiesto una festa gigantesca per il suo compleanno. E si rese conto di non desiderarla nemmeno.
Tutto quello che voleva era stare con le persone che amava e da cui era amato.
Chris passò mentalmente in rassegna i volti delle persone che avrebbe visto di lì a poche ore, e si rese conto di essere più fortunato di quel che pensasse.
 
La cena era stata allegra e festosa. Chris non si era mai divertito tanto in vita sua.
Quando i McKenzie erano arrivati, Eryn gli era saltata addosso come una furia, mandandolo quasi a gambe all’aria sotto gli sguardi divertiti dei loro genitori, e aveva cominciato a trillare “Buon compleanno!” per cinque minuti buoni prima che lui riuscisse a farla star zitta, ricordandole che gli aveva già fatto gli auguri quella mattina a colazione. E appena alzata con un sms. E a mezzanotte lanciando sassi alla sua finestra.
Simon gli aveva dato una pacca sulla schiena, augurandogli buon compleanno, e Amy l’aveva stretto in un abbraccio caldo e sincero.
Dopo l’abbuffata a tavola, era arrivato il momento dei regali.
I suoi genitori gli avevano già regalato la macchina, ma non avevano resistito alla tentazione di prendergli due biglietti per lo spettacolo di The Wiz che sarebbe stato proiettato il mese dopo al Forest Lawn Memorial di Hollywood. Chris non la smise più di ringraziarli.
Sua sorella gli aveva preso un libro sui background di Harry Potter, che lo costrinse ad abbracciarla stretta.
I McKenzie avevano deciso per un vinile originale di Broadway a cui Chris faceva la corte ogni giorno davanti al negozio di musica, e che si aggiudicò un posto d’onore sulla scrivania del ragazzo.
Solo Eryn ancora non gli aveva dato niente, se non il sorrisetto che aveva avuto sul volto per tutta la giornata.
La serata passò veloce, tra risate, brindisi al festeggiato e cori di auguri.
Poi alla fine, quando i McKenzie stavano andando, Eryn chiamò fuori Chris.
Il ragazzo salutò i vicini di casa e la seguì in veranda.
“Allora…” Eryn si schiarì la voce. “Ho aspettato tanto per darti il mio regalo perché volevo che fossimo noi due da soli, per poter guardare per bene il tuo faccino.”
Chris rise divertito dalla solennità con cui stava parlando.
“Non mi interrompere. Sennò niente regalo.” Fece lei truce.
Il giovane si sforzò di rimanere serio.
Eryn si lisciò le pieghe della gonna e riprese a parlare.
“Dicevo…volevo che fossimo noi due soli. Tu sai che quando sono arrivata qui, non ero propriamente felice di passare quasi un anno della mia vita in questo buco di città. E credo che non ci sia bisogno di spiegare il perché, tu lo sai meglio di me. Ma dopo che ti ho conosciuto…non lo so. Credo che tu sia riuscito a farmi amare questo anno più di qualsiasi altro della mia vita.”
Non c’era più bisogno che Chris si sforzasse. Non perdeva una parola che usciva dalle labbra della sua amica.
“Tu sei speciale. Unico. Mi diverto da morire con te, e passerei le ore soltanto a parlare delle cose da nerd che ci piacciono tanto. Ma soprattutto, tu mi hai insegnato ad avere coraggio e ad andare avanti nonostante tutto. Tu…tu sei mio fratello Chris.” Una piccola perla salata rotolò sulla guancia di Eryn. “E lo sarai sempre.”
Chris la strinse forte a sé, ispirando l’odore della pelle del suo collo. “Sei la sorella migliore del mondo.” Sussurrò tra i suoi capelli.
Rimasero ancora un po’ lì, stretti e senza dirsi una parola, finché Eryn non si scostò da lui ridendo tra le lacrime.
“Siamo due scemi.”
“Si, può essere.” Rispose lui ingoiando un singhiozzo.
“Comunque, questo è il mio regalo per te.” Disse tirando fuori dal buio un cartellone nero.
Chris rimase senza parole.
In cima al cartellone, tracciate in oro e bronzo e cosparse di glitter rossi e blu c’erano le parole “When Gryffindor meets Revenclaw”, e tutto intorno, adagiate su rettangoli di carta colorata, le foto che ripercorrevano tutto il loro anno insieme.
C’era la prima foto che avessero mai fatto, uno di fianco all’altra, sotto l’albero a metà strada tra i loro giardini. E poi un’altra della loro serata di sushi ad Ottobre, la prima di una lunga serie, dove Eryn stava cercando di rubare un pezzo di salmone dalla vaschetta di Chris. C’era la serata di Halloween, che li aveva trovati vestiti di tutto punto per andare ad Hogwarts. E la sera di Natale, con Eryn che passava il fard sulle guance di Hannah mentre Chris le passava i cosmetici. E la mattina di Natale, con il ragazzo che abbracciava il suo zaino peloso e la ragazza che accarezzava la sua collana nuova. C’era il giorno di San Valentino, con una foto di loro due stretti, il viso di Chris contro il cappello bianco di Eryn. E la sera di San Patrizio, quando Chris si sforzava di non ridere per il completo della ragazza. C’era una fotto del ballo studentesco, a cui Eryn era voluta andare a tutti i costi per poter dire di essersi goduta appieno le esperienze della scuola americana. Poi ce n’era un’altra scattata subito dopo la Funzione del mese prima, lui con il suo abito della domenica e la camicia celeste e lei con l’abito rosso che le metteva ancora più in risalto i capelli.
E poi c’era l’ultima, messa in mezzo. Erano loro due che ridevano, il fantasma di una battuta alle spalle, seduti in mezzo al giardino di casa McKenzie.
Chris trattenne l’ultimo singhiozzo che gli era salito in gola, e abbracciò di nuovo forte la sua migliore amica.
Più tardi, quella sera, si stese sul letto pensando di nuovo a quanto la sua vita potesse essere cambiata.
E girandosi verso il cartellone, che faceva bella mostra di sé sulla parete di fronte al suo letto, si addormentò con un sorriso sulle labbra.
 

Dublino, Irlanda, 3 Luglio 2011

 
Chris aveva appena finito di parlare con i tecnici, e si stava dirigendo di nuovo verso i camerini, per prepararsi allo spettacolo. Ormai mancava meno di mezz’ora all’inizio dello show, e poteva distintamente sentire la folla nell’arena che urlava a gran voce i nomi dei personaggi. E mai come in quel momento, pregò che lei fosse lì da qualche parte.
“Ehi Chord!” il biondo si fermò alla fine del corridoio, guardando Chris che gli veniva incontro. “Sai dove posso trovare Brian?”
“Dovrebbe essere andato lì in fondo. Perché?” rispose il ragazzo indicando alla sua destra.
“Mi serve un pennarello.”
 
Ashley guardò Ben allontanarsi con un sorriso sulle labbra. Bene, la serata prometteva alla grande.
Si girò gongolante verso Naya ed Heather, sedute ancora davanti allo specchio per gli ultimi ritocchi e fece loro un segno per indicare che la ragazza era presente in platea.
Naya alzò le braccia di scatto, mancando per poco la parrucchiera.
“Si! Oddio, scusa! Ti ho fatto male?”
La ragazza, che si era portata una mano al cuore dallo spavento scosse la testa, senza fiato, mentre Heather rideva contenta e felice come una bambina, battendo le mani.
Amber si chinò verso la bionda, domandandole silenziosamente cosa stesse accadendo, e lei le rispose con un sussurro.
“La rossa è qui.”
Amber cominciò a saltellare sulla sedia prima di girarsi verso Jenna che la guardava interdetta.
“È allo spettacolo.” Mormorò incapace di tenere un tono di voce basso.
“Oddio! Charlie!” l’asiatica si girò verso Dianna, che stava entrando in quel momento a braccetto con Lea, che la stava mettendo al corrente degli sviluppi del piano.
La biondina alzò la testa di scatto, subito seguita da quella della mora al suo fianco.
“Il gatto è nel sacco. La torta è nel forno. Il dado è tratto.”
Le due ragazze inclinarono la testa simultaneamente verso sinistra, stringendo gli occhi per capire cosa si erano perse.
Ashley si batté una mano sul viso, seguita subito dopo dall’urlo isterico di Johanna, la truccatrice, che già vedeva volare via tutto il suo lavoro.
“Ragazze, la ragazza è qui.” Disse esasperata, chiedendosi quanta pazzia potesse contenere quel backstage.
Le due si abbracciarono di slancio, cominciando a saltellare verso le colleghe mentre Ashley veniva fatta sedere a forza di nuovo su una delle sedie libere.
Prima di donarsi di nuovo alle mani di Johanna, si piegò verso le altre, che al suo movimento si inclinarono tutte insieme verso di lei.
“Ed è in prima fila.”
Naya non poté impedirsi di buttare di nuovo le braccia al cielo, mancando di un soffio ancora una volta la parrucchiera.
Heather e Amber ricominciarono a saltellare sulle sedie battendo le mani.
Lea, Dianna e Jenna improvvisarono un girotondo saltellante anch’esso, prendendosi per mano e lanciando gridolini isterici degni delle peggio fangirl.
E in quel momento anche Darren, il re del saltello, entrò di nuovo nel camerino. E vedendo l’euforia saltellante si intromise tra Lea e Jenna cominciando a saltellare anche lui.
“Ehi ragazze! Che è successo?”
“Darren! La ragazza è qui! Ed è in prima fila!”
Ok, non erano più saltelli quelli del cantante. Stava praticamente toccando il soffitto urlando dalla felicità, mentre le altre continuavano a molleggiare più attaccate al pavimento.
Improvvisamente Lea si fermò, colpita da un’illuminazione.
“Darren. Vieni giù tra noi comuni mortali. Non abbiamo ancora finito di cospirare.” Poi si girò decisa verso Ashley, prigioniera tra le mani di Johanna che stava cercando di far tornare perfetta la sua faccia. “Dobbiamo pensare a un modo per farli incontrare, sennò siamo punto e a capo.”
“E perché guardi me?”
Lea alzò gli occhi al cielo esasperata.
“Perché sei tu quella con le idee grandiose.”
La ragazza agitò una mano con falsa modestia, poi cominciò a pensare.
“Rapirla alla fine dello spettacolo?”
Amber alzò gli occhi al cielo.
“Si, come no. Magari lo facciamo fare agli Warblers, tanto viaggiano sempre in gruppo, e occulterebbero bene il cadav- ehm, volevo dire, la ragazza.”
“Ok. Niente rapimento.” Sbottò la ragazza incrociando le braccia.
Jenna alzò lo sguardo verso le colleghe.
“E se Ashley le desse un biglietto con su scritto che ci deve raggiungere dietro le quinte?”
“Perché proprio io?”
“Perché gli unici che scendono in platea siete tu, Mark e gli Warblers. E io mi fiderei solo di te.”
“Dammi il biglietto.”
“No. No. Ragazze, deve essere una cosa epica. Da commedia romantica. Andiamo. Voglio che questi due non si rendano conto di quello che sta succedendo fino a quando non si troveranno l’uno di fronte all’altra e si correranno incontro, abbracciandosi e perdonandosi questi cinque anni di silenzio.” Lea era saltata su agitando le braccia.
Naya le si buttò addosso, finalmente libera dalle mani della parrucchiera, che corse a nascondersi in un angolo per evitare le braccia dell’attrice.
“Rachel Berry, esci da questo corpo!”
“Però sarebbe carino, Lea ha ragione…” La voce di Heather si fece udire flebile dalle spalle della ragazza.
“Scusate…” Darren se ne stava in un angolino con la mano alzata, mentre le ragazze parlavano una sopra all’altra. “E se chiedessimo a Ben di portarla qui con una scusa?”
Tutte le ragazze si girarono verso il cantante sconvolte.
“Darren…è…è…”
“È geniale! Lei non saprà cosa le sta accadendo, e nemmeno Chris.”
“Chi sei tu? Che fine hai fatto fare a Darren Criss?”
“Effettivamente è una cosa semplice e che non desta dubbi…”
“Ma come facciamo a tener occupato Chris?”
“Io ho in mente qualcosa.” Lea si liberò dalla stretta delle mani di Naya, girandosi verso le altre. “Amber. Vai a cercare Ben. Heather, Jenna. Tenete occupato Chris fino a che non andiamo in scena. Dianna, Ashley, Naya. Aiutatemi a pensare ad una scusa plausibile per trascinare quella poveretta nel backstage. Darren. Tu vai a cercare i ragazzi e portali qui. Tutti eccetto Chris ovviamente.”
“Mica sono così scemo ragazze…” ribatté lo Starkid, punto un po’ sul vivo, prima di avviarsi, orologio alla mano, a cercare di radunare tutti nel minor tempo possibile. Mancavano solo venti minuti.

 



Piccolo appunto di fine capitolo:
la scritta del cartellone non è un errore di scrittura. Avevo inizialmente scritto "
When Gryffindor met Revenclaw", ma poi mi sono resa conto che non avrebbe reso l'idea. E quindi ho trasformati il "met" in un "meet". Perchè la loro è una promessa di amicizia che si rinnova ogni giorno, e mi piaceva di più l'idea di una continuità temporale che non vede la fine...
Ok, ora ho veramente finito...XD
Ci sentiamo la settimana prossima.
SMACKETE (? O.o)
Giulia (o Rainbow Chemical Girl, fate voi XD)

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


BUONGIORNO! XD
Ecco a voi il nuovo aggiornamento...stavolta il pezzo è un po' più corto, ma i flash back sono quasi finiti, ne rimangono solo due veramente importanti e il primo ha diritto a un capitolo tutto suo, perciò ho tagliato alla fine della scena. Mi sono divertita da morire a scrivere la parte del cast di Glee...credo proprio che finita questa "one-shot" (si, ancora la chiamo così...sono senza speranza XD) mi darò a una serie di OS (vere stavolta) sul cast a random...così, tanto per divertirmi...XD
Comunque godetevi (?) questo capitolo, perchè nel prossimo, ahimè...vi dirò perchè Chris ed Eryn non si parlano più...
Un bacione grande...

Giulia XD



Clovis, California, 11 Giugno 2006

 
  Chris ed Eryn uscirono fuori dall’auto del ragazzo con gli occhi ancora brillanti dalla serata precedente, trascinando i trolley.
La proiezione di The Wiz era stata solo il coronamento di un meraviglioso weekend a Hollywood, che i ragazzi avevano trascorso da soli, con la benedizione dei loro genitori.
Erano arrivati il venerdì sera, sistemato le loro cose in albergo, e poi fatto una passeggiata lungo le vie illuminate a giorno della città in cui i sogni potevano diventare realtà. La scritta a lettere cubitali, adagiata sulla collina, li aveva accompagnati per tutta la durata della breve vacanza, ammiccando ai due ragazzi che non credevano ancora di essere lì.
Il giorno dopo avevano fatto il tour degli studi cinematografici, seduti dentro al trenino che li portava, di volta in volta, dentro un mondo diverso e sempre nuovo.
Eryn aveva dovuto trattenere più di una volta Chris dallo staccarsi dal mezzo in corsa per inseguire questo o quell’attore. Soprattutto quando avevano intravisto un serafico Johnny Depp passeggiare con un costume da pirata nella caffetteria degli studi, un caffè alla mano.
E poi la sera c’era stato il film.
Il Forest Lawn Memorial era un cimitero situato sulle colline di Hollywood, da cui si aveva una splendida vista sulla città. Per qualche macabra e geniale idea, i gestori del cimitero privato, in cui riposavano le stelle di Hollywood, avevano deciso di aprire un cinema all’aperto, proiettando le pellicole della vecchia gloria del cinema americano. E quella sera, avrebbero proiettato The Wiz, il musical nero basato sulla storia del Mago di Oz.
I due ragazzi si erano sistemati a terra, sul pail a quadri che avevano portato da casa, e avevano gustato il film, canticchiando le canzoni immortali del musical. Si erano commossi alla vista dello Spaventapasseri, avevano riso con l’Uomo di Latta, ballato con il Leone Codardo, lottato con Dorothy. E, sulle note di Home, cantata perfettamente da Diana Ross – che magari come attrice non era il massimo, ma come cantante ci sapeva sicuramente fare – si erano commossi fino alle lacrime.
Durante il tragitto verso casa avevano cantato fino allo sfinimento “Easy On Down The Road”, e nello stesso modo li avevano trovati i signori Colfer, trascinati nella danza dello Spaventapasseri e della ragazza con le scarpe argentate non appena i due erano piombati in casa.
“Deduco che il fine settimana sia andato bene…” commentò Tim ridendo, mentre Eryn trascinava nella danza anche Hannah.
 
“Che fai?”
Eryn entrò nella camera di Chris, che, seduto sul letto, stava osservando pensieroso il cartellone sulla sua parete.
Il ragazzo si girò verso di lei. La voce di Chris uscì flebile come un sussurro.
“Pensavo che quest’anno con te è stato meraviglioso. Non credo di riuscire a immaginare come sarà di nuovo il prossimo anno.”
Eryn si sedette al fianco dell’amico, guardando il cartellone da cui sbucavano le loro facce felici. Poi gli prese la mano, portandosela al cuore.
“Sai bene che non sarà qualche migliaio di chilometri a impedire alla nostra amicizia di continuare ad esistere.”
“Lo so…” Chris la guardò negli occhi. “Ma sarà comunque difficile non averti accanto.”
“Bè, guarda il lato positivo…oltre al Drama e al Glee club, potrai finalmente entrare a far parte della Squadra di Dibattito e del Giornalino Scolastico.” Lei ridacchiò. “Non ci sarò più io a rubarti tutto il tempo.”
Chris sospirò pesantemente, tornando ad abbassare la testa.
“È solo che…”
“…che?!...”
“Non voglio che tu ti dimentichi di me.”
Il silenzio cadde sulla stanza per qualche secondo prima che la risata di Eryn lo rompesse.
Chris la guardò ad occhi sgranati.
“Mio caro piccolo clown. Ma non mi potrò mai dimenticare di te. I fratelli non si dimenticano!”
Chris rise, sollevato.
“Come Dorothy non potrà mai dimenticare lo Spaventapasseri?”
Eryn gli mise una mano sul ginocchio.
“Si. Ma con la differenza che Dorothy e lo Spaventapasseri non si erano scambiati i numeri di telefono.”
   

Dublino, Irlanda, 3 Luglio 2011

 

Tutto il cast di Glee era apparentemente riunito nel camerino delle ragazze. Mancavano all’appello solo Chris, Heather e Jenna, ma la cosa era stata programmata.
“Allora ragazzi, sapete tutti perché siamo qui. Dobbiamo fare veloci perché il tempo rimasto è poco e noi abbiamo stilato un piano a cui tutti siete tenuti a partecipare.” Amber si era messa al centro del cerchio formato dai suoi colleghi e parlava ad alta voce.
“Si, sappiamo della rossa che è in prima fila. Ma non capiamo come potremmo mai avvicinarla.” Kevin era già seduto sulla sedia a rotelle, le gambe accavallate in una posa che ricordava quella di Kurt nella prima stagione.
“Infatti. Non è che possiamo calarci giù dal palco e trascinarla dietro le quinte.” Harry si mise a pensare un attimo. “Anche se, forse, con una specie di catena umana, io e Heather potremmo farlo durante Valerie…”
“Ma perché non la rapiamo e basta alla fine dello spettacolo?” Mark si stava guardando intorno in cerca di appoggio.
“L’ho detto anch’io, ma non vogliono traumatizzarla.” Sbuffò stizzita Ashley, ancora un po’ contrariata dal rifiuto delle ragazze alla sua proposta.
“Questo perché non siamo in una fanfiction! E poi gli unici che potrebbero riuscire nell’intento sono gli Warblers. E noi non vogliamo avere sulla coscienza la vita di questa ragazza, vero?!” Dianna rispose spazientita, senza minimamente considerare lo stuolo di grida di protesta che si levarono dalla massa di blazer. “Ed è per questo che siamo tutte convinte che l’idea vincente sia quella di – non riesco a credere a quello che sto dicendo – Darren.”
Tutti i partecipanti alla riunione si girarono di scatto verso il ricciolino, che stava guardando di nuovo male la collega.
“Ma no, prego. Fai pure come se io non ci fossi, eh…”
Lea cominciò ad agitare le mani.
“Evitiamo i battibecchi adesso. Non c’è tempo. Magari dopo.”
“Darren, non che io non mi fidi di te amico – lo sai che ti voglio bene e tutto – ma qual è di preciso la tua idea?” Cory si elevò in tutta la sua altezza, guardando lo Starkid che dovette piegare la testa all’indietro per guardarlo in faccia.
“Farla trascinare qui da Ben.” Rispose il ragazzo con un sorriso a trentadue denti molleggiando sui talloni, le mani dietro la schiena.
“E questo sarebbe meno banale e pericoloso perché…” Chord era un po’ scettico.
“No ragazzi, lo so che sembra un po’ banale, ma abbiamo pensato a tutto noi.” Fece Naya mentre Darren alzava di nuovo gli occhi al cielo.
“Già.” Rispose Amber, ancora al centro del cerchio. “Ci concentriamo sulla castana che è seduta vicino a lei.”
“Continuo a non capire…” Chord era ancora un po’ confuso. “Per quale motivo non andiamo dalla ragazza e le diamo, che ne so, un biglietto, dicendole di venire nel backstage?”
“No. No. No.” Lea era saltata in piedi di nuovo, seguita da Naya che cercava di esorcizzarla con le dita messe a mo’ di croce. “Deve essere una cosa epica. Come…come…”
“Come in quelle commedie che ti fanno crescere una vagina se le guardi troppo?” Domandò Mark dall’alto della sedia, riciclando una battuta di Puck.
“Esattamente.”
“Si, va bene. Ma ci potete dire cosa dovremmo mai fare noi? Mancano quindici minuti all’inizio dello spettacolo.”
Amber si pose le mani sui fianchi prima di ricominciare a parlare.
“Noi siamo avvantaggiati perché conosciamo già le mosse di Chris. Ecco quello che farà lui e quello che faremo noi.”
Darren si girò verso Cory, che si era messo di nuovo a sedere, e gli sussurrò qualcosa all’orecchio, subito intercettato da Dianna che lo richiamò all’ordine.
“Darren. Presta attenzione.”
“Scusa Charlie. Stavo solo chiedendo se posso comunque baciare Chris sul palco come avevo già programmato di fare…”
Ashley e Dianna si scambiarono un’occhiata raggiante.
“Puoi anche violentarlo lì se ti fa piacere…”
 
Chris richiuse il pennarello guardando soddisfatto la sua opera, sperando con tutto sé stesso che la serata andasse come aveva programmato.
In quel momento entrarono nel camerino dei ragazzi anche Jenna ed Heather.
“Ehi Chris!”
Il castano girò gli occhi verso le ragazze sorridendo.
“Buonasera signore.”
“Che fai?” domandò Jenna sedendosi su una sedia vuota e cercando di prendere tempo.
Chris tornò a guardare il suo lavoro compiaciuto.
“Cerco di sistemare un po’ le cose…”
 
“Dieci minuti Eryn…”
La ragazza levò gli occhi al cielo.
“Lo so Holly. Lo so. Sono già abbastanza agitata senza che ci sia anche tu a fare il conto alla rovescia.”


 



Ok, ho preso gusto anche a scrivere qui in fondo. XD
No, seriamente. Volevo specificare una cosa...ci sono delle cose in questo concerto che ho dovuto cambiare per motivi che scoprirete dopo. Ma il bacio non lo volevo togliere. E non volevo neanche che fosse stato deciso all'interno della riunione di cui sopra. Perciò, prendetelo così. Darren ha deciso che avrebbe baciato Chris. Punto.
I motivi per cui l'ha fatto non ci interessano e non sono rilevanti ai fini della storia, ma la cosa in sè sarà d'aiuto al piano di quella massa di pazzi.
Volevo solo specificarlo, ecco...XD
Alla prossima settimana,

Giulia ^_^

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Salve gente! XD
Eccomi qua con il nuovo capitolo...capitolo che non è stato betato e neanche riletto a dire la verità, ma se non lo posto non credo che ne avrò mai il coraggio quindi...che la forza sia con me! (Ma che c'entra?! O.o)
Scherzi a parte, veramente scusate per il livello di pazzia immane che è contenuto ad un certo punto del capitolo, ma nella mia mente la scena era simpatica. E quindi l'ho scritta. (Bella scusa...-.-)
Alla fine i due flash-back li ho messi entrambi, anche perchè non mi andava di lasciare le cose a metà. Quindi adesso finalmente capirete PERCHE' sti due benedetti ragazzi hanno litigato...
Un bacione e grazie a tutti quelli che leggono, recensiscono (dateje giù con le recensioni! XD), hanno messo la storia tra le seguite e la stupenda persona che l'ha messa tra le preferite (ç.ç...grazie! *-*)...
Ci "vediamo" sotto il sesto capitolo della One-Shot-Che-One-Shot-Non-E'...XD
Bacioni,

Giulia

 


 

Clovis, California, 3 Luglio 2006

 
   Eryn stava passeggiando con la madre durante una delle rare mattine che non trascorreva con Chris, impegnato ad aiutare sua madre con la cena con cui le due famiglie si sarebbero salutate.
Ne aveva approfittato per fare un po’ di shopping, sicura che avrebbe trovato qualcosa con cui condividere le ultime ore insieme al suo migliore amico. E infatti non aveva avuto torto.
Dentro uno dei negozietti di Clovis, si era fermata incantata davanti a due braccialetti in caucciù, completamente neri, che si avvolgevano in due spirali intorno al polso.
Aveva chiesto alla commessa se ce ne fossero di diverse misure, e aveva aspettato al bancone per poterli poi esaminare insieme alla madre, che si era messa a curiosare tra i vari scaffali.
Fu in quel momento che Jesse Smith entrò dalla porta, il campanello che trillò come ad avvertirla di una minaccia imminente.
Jesse Smith era uno dei ragazzi più anonimi che ci si potrebbe mai immaginare. Capelli color cenere, occhi neri sopra un faccione dai lineamenti duri, e espressione vuota – forse a causa delle botte ricevute a football. Né più né meno come tutti gli altri ragazzi della sua età. Ma la cosa veramente assurda di lui era il suo modo di ragionare, che assomigliava a quello di un uomo di Neanderthal appena risvegliatosi senza la clava.
Eryn aveva perso il conto delle volte che si era trovata ad ascoltare le sue risate di scherno e le sue battute da asilo lungo i corridoi della scuola. Tutte quante ovviamente indirizzate a Chris.
La ragazza alzò gli occhi al cielo, pregando che per quella volta, quella sola ed unica volta, il ragazzo si facesse gli affari suoi e non cominciasse a torturarla. Con gli occhi cercò la madre che sembrava essere stata inghiottita dalle chincaglierie del negozio. Magari, se lei fosse stata al suo fianco, l’avrebbe scampata. Ma non c’era traccia di Amy McKenzie da nessuna parte. Eryn sbuffò sonoramente prima di voltarsi di nuovo verso il bancone, aspettando la commessa. E domandandosi se per caso quello fosse il giorno del giochiamo-tutti-a-nascondino, dato che neanche lei sembrava risorgere dal retrobottega.
“Ehi Irish!”
Eryn trattenne un grugnito esasperato tra le labbra prima di girarsi verso il mastodontico demente che le aveva rivolto la parola.
“Dimmi.”
Il ragazzo alzò le mani divertito dal tono esasperato della giovane.
“Come siamo nervose stamattina. Ci siamo alzati col piede sbagliato?”
Eryn alzò di nuovo gli occhi al cielo prima di girarsi di nuovo verso il bancone.
“Prima di tutto non c’è nessun “ci”, mi sono stancata di ripetertelo. Poi non sono affari tuoi come mi sono alzata stamattina, ma se proprio ci tieni a saperlo no, non mi sono alzata col piede sbagliato. Si da il caso però che un coglione sia appena apparso davanti ai miei occhi quindi è ovvio che io sia contrariata. Terzo, dimmi che vuoi e facciamola finita.”
“Ahi. Così mi ferisci Irish.”
“Jesse. Che vuoi?”
“Tranquilla. Volevo solo parlare un po’. Ti ho visto entrare qui e mi sono detto “perché non andare a gironzolare un po’ intorno ad Irish?”. E così sono entrato.”
Eryn guardò esasperata il suo orologio. Ma dove diamine erano finiti tutti? Forse avrebbe dovuto organizzare una squadra di ricerca.
“Anche perché è così difficile beccarti da sola. Solitamente sei sempre insieme a quel pervertito di Colfer.”
Eryn bloccò la propria mano, intenta a spostarle i capelli dal viso.
“Come hai detto?”
“Si, Colfer. Il pervertito di turno. Lo sai che in giro si dice che sia gay? Non mi stupisce vista quella voce del cazzo che si ritrova.” Jesse prese a giocherellare con dei braccialetti di perline sul lato destro del bancone. “Ma io mi domandavo, quanto di quel suo lato perverso sia entrato in te, non so se mi spiego…”
Eryn era senza parole. Come diamine si permetteva quello stronzo di sparare a salve su Chris?! E sulla loro amicizia per di più!
“Insomma, è tutto l’anno che vi gironzolate intorno. Siete pure venuti al ballo insieme, e so da fonti certe che siete andati ad Hollywood qualche tempo fa. Da soli.” Jesse si fece più vicino, abbassando il viso verso quello di Eryn. “Che c’è? Ti piace prenderlo dagli strambi? Se vuoi ti faccio vedere io cosa vuol dire essere un vero maschio americano.”
Eryn avrebbe voluto reagire. Avrebbe voluto prendere qualsiasi cosa e spaccarla sulla testa di quell’energumeno. Ma la sua vicinanza, l’odore del suo alito sul suo viso, la immobilizzarono. Tremava dalla rabbia e si costrinse a pensare che sua madre era lì, e che non sarebbe stato salutare rompersi una mano solo per provare la soddisfazione di far girare la testa di quel cretino. Così continuò a fissarlo carica d’odio, mordendosi la lingua. Se l’avesse lasciata libera di correre molto probabilmente sarebbe finita per urlargli contro qualcosa, mentre lei sapeva bene che quella era l’unica cosa che lui voleva. Prese un respiro profondo prima di rispondere con la voce più zuccherosa che riuscì a trovare, in netto contrasto con le parole che uscirono dalla sua bocca.
“Se mai avrò bisogno di sapere com’è un primitivo sprovvisto di clava ti chiamerò senza pensarci due volte, grazie. Per adesso, mi limito a conoscere gente civilizzata a cui non serve denigrare le altre persone per star bene con sé stessa.” Eryn si girò di scatto verso il bancone, cercando con gli occhi quella dannata commessa. “Se hai finito di dire le tue solite cavolate, ti prego di andartene. Hai occupato anche troppo del mio tempo, e il mio tempo è troppo prezioso per sprecarlo con te.”
Jesse continuava a guardarla, un ghigno nascosto sotto le labbra.
“Oh, quindi sei una stramba anche tu? Cos’è, tu e il tuo amichetto vi divertite da soli? È un vero peccato.” Passò una mano sui lunghi capelli di Eryn, facendo scostare la ragazza con uno scatto. “Un così bel bocconcino sprecato.”
“Non ti azzardare a toccarmi…” la voce di Eryn tornò ad essere tagliente come una lama acuminata, prima di venir interrotta dalla mano del ragazzo, che le si chiuse intorno al mento, costringendola ad alzare il viso.
“Perché? Che fai sennò?”
 
- Non posso credere che quel tipo ti abbia davvero messo le mani addosso! - La voce di Holly strideva attraverso il telefono, ormai libera dagli strascichi del sonno interrotto. - Dio! Se fossi stata al tuo posto gli avrei dato una ginocchiata in mezzo alle gambe talmente forte da farlo parlare per una settimana come se si fosse fatto di elio! -
Eryn passeggiava furiosa nella sua stanza, il cellulare incollato all’orecchio.
“Oh credimi, l’avrei fatto volentieri se non fosse arrivata in quel momento la commessa!”
- E quindi? -
“E quindi niente, lui se n’è andato sogghignando e io ho comprato quei maledettissimi braccialetti!”
- Ma tua madre che fine aveva fatto? -
“Era rinchiusa in camerino. Aveva trovato un paio di magliette che le piacevano e si era messa a provarle.”
- Certo che non hai avuto proprio fortuna, eh… -
Eryn si accasciò sulla poltrona all’angolo della stanza sospirando.
“Non me ne parlare. È che non lo sopporto più. Dovunque io vada non faccio in tempo a girarmi che lui è lì, che mi punzecchia con quelle sue battutine del cavolo.”
- Su dai. Pensa che domani pomeriggio torni qui. -
“Lo so…ma non posso far a meno di incavolarmi!” Eryn si tirò di nuovo in piedi con uno scatto, avvicinandosi alla finestra gesticolando. “Ti rendi conto di quello che ha detto del mio rapporto con Chris? Del fatto che stiamo insieme ogni fottutissimo giorno? Non vedo l’ora di andarmene. Di andarmene e non rivedere mai più quella sua cazzo di faccia. Sono stanca di sentire tutte le cretinate che mi propina ad ogni ora del giorno e della notte. Di sentirlo sempre appiccicato a me ogni volta che mi capita davanti. Seriamente, tu non hai idea di quante docce mi sia fatta da quando questa storia è cominciata. E evito di lavarmi con la candeggina solo perché è tossica, sennò mi ci sarei immersa.”
- Ok, adesso tranquillizzati o ti partirà un embolo. E io voglio vedere la mia migliore amica dopodomani, ricordatelo. -
Eryn emise una risata stanca sdraiandosi sul letto.
“Hai ragione. Non vale la pena avere una crisi di nervi per un tale demente.”
- Però vale la pena sfogarsi, vero?! -
“Oddio, si!”
La risata di Holly la raggiunse all’orecchio, facendo sorridere anche lei. Rimase così per un po’, beandosi delle loro risate intrecciate insieme, sorda a qualsiasi altro rumore.
- Oh, non hai idea di quanto mi manchi! -
“Oh si che ce l’ho…tu mi manchi da morire!”
- Però scommetto che sei anche triste di andare via, vero?! -
Eryn si passò una mano sugli occhi, sospirando pesantemente.
“Da morire.”
- E… -
“E niente. Chris mi mancherà come l’aria, già lo so. Non ho mai incontrato qualcuno come lui.”
- Potrei essere gelosa, lo sai? -
La ragazza rise, divertita dal tono della sua migliore amica.
 
Le parole possono ferire più della spada, e Chris lo sapeva bene.
L’aveva provato sulla sua pelle per anni prima dell’arrivo di Eryn a Clovis. Lei era stata il suo balsamo, il cerotto sulle sue ferite, l’acqua fresca nella calura estiva. Era stata tutto il suo mondo durante quell’ultimo anno, un mondo fatto di pace. E risate. E attimi impressi nella sua mente.
Per questo il suo cuore aveva traballato quando si era avvicinato alla porta della sua stanza.
Si era bloccato davanti alla porta socchiusa, una mano ancora alzata per bussare, mentre l’altra teneva in mano una scatolina quadrata ricoperta da una carta blu notte e da un nastro color del bronzo.
“-rapporto con Chris? Del fatto che stiamo insieme ogni fottutissimo giorno? Non vedo l’ora di andarmene. Di andarmene e non rivedere mai più quella sua cazzo di faccia. Sono stanca di sentire tutte le cretinate che mi propina ad ogni ora del giorno e della notte. Di sentirlo sempre appiccicato a me ogni volta che mi capita davanti. Seriamente, tu non hai idea di quante docce mi sia fatta da quando questa storia è cominciata. E evito di lavarmi con la candeggina solo perché è tossica, sennò mi ci sarei immersa.”
Non poteva essere così. Semplicemente non poteva. Non poteva credere che tutto quello per cui lui aveva lottato durante l’anno non fosse altro che un sogno racchiuso nella sua mente. Trattenne il fiato, mentre il suo cuore si spezzava definitivamente.
“Hai ragione. Non vale la pena avere una crisi di nervi per un tale demente.”
Il cd che aveva tra le mani gli scivolò via dalle dita, fino ad atterrare sul pavimento con un tonfo lieve, attutito dalla moquette e dalle risate che sentiva provenire dalla massa di ricci rossi sparsi sul letto. E così come quel ricordo che lui aveva preparato per lei, per il sole delle sue giornate, anche le lacrime cominciarono a scivolare lente e terribili dagli occhi spalancati del giovane.
Chiuse il singhiozzo che gli era salito alla gola con una mano e fuggì dalla porta della stanza di Eryn.
    

Dublino, Irlanda, 3 Luglio 2011

 

“Quindi noi non dovremmo fare altro che prendere tempo e fare in modo che Chris non si accorga dell’unica ragazza che sogna la notte, seduta in prima fila e con in testa una massa di ricci rossi facilmente riconoscibili anche a tre miglia di distanza?” Kevin guardò le ragazze da sopra gli occhiali con un’espressione da Oscar. “No, ma dico…siete impazzite? È ovvio che la vedrà prima della fine del primo numero!”
“E come facciamo quando canterà I Wanna Hold Your Hand? Lì è solo in mezzo al palco!” Harry diede man forte all’amico. “Non possiamo mica andare lì e spingerlo verso il retro…”
“Adesso non vi preoccupate per I Wanna Hold Your Hand! Per quello c’è Ben.” Naya bloccò le braccia di Lea lungo i fianchi, prima che la cantante prendesse di nuovo il via con una delle sue filippiche.
“Ho capito che è grosso, ma non riuscirà a nasconderla per tutto lo spettacolo.” Cory si unì al coro dei contrari.
“Ma a noi non serve che la nasconda per tutto lo spettacolo!” Amber sbuffò portandosi una mano alla fronte. “Sentite, voi limitatevi a interagire un sacco con Chris. E, se ve lo chiede, ditegli che lo fate solo perché sapete quanto dura è questa tappa per lui.”
I ragazzi si guardarono scettici.
“Forse avevano ragione Ashley e Mark. Siamo ancora in tempo per il rapimento.”
Lea si liberò con uno scatto dalle braccia di Naya, che finì con il sedere a terra per la sorpresa.
“No!” La mora era entrata in pieno Rachel-Berry-style. “Faremo così, anche perché mancano 5 min-…MANCANO 5 MINUTI!”
Per un secondo tutti quanti si guardarono terrorizzati, fermi e immobili sul posto, per poi alzarsi di botto e cominciare a correre verso l’entrata del palco.
Il fatto di farlo tutti insieme portò qualcuno a rimanere incastrato sulla porta, ma grazie al cielo - e ovviamente - si trattava degli Warblers, che sarebbero entrati in scena solo verso la metà dello spettacolo. Darren, che era rimasto dentro il camerino, guardò la schiena di Riker con gli occhi stretti a fessura mentre cominciava a spingere per liberarli e liberarsi, aiutato da John che tirava dall’altra parte.
“Se per colpa di voi due, three-six dei miei stivali, e tua, Titus, non riesco a baciare Chris stasera, vi ammazzo con una clava e poi seppellisco i vostri cadaveri nel bosco.”
I tre ragazzi si guardarono spaventati, i corpi bloccati in una posizione assurda tra gli stipiti della porta.
 
“Ma dove sono finiti tutti?”
Chris si stava guardando intorno, mentre Jenna e Heather ridevano sotto i baffi guardando il guardaroba, la voce di Ryan che rimbombava nel backstage.
“Dove diamine sono tutti i miei attori? Giuro su Dio che se non si presentano qui entro un minuto gli faccio il pelo e il contropelo con i sai di Chris stanotte!”
Delle grida agitate e un improvviso scalpitio fece girare i quattro verso i camerini, permettendo loro la vista di una massa di gente che correva trafelata investendo qualsiasi cosa ci fosse sul suo cammino.
“Oddio! Scusa Ryan! Scusascusascusa!” Lea si accasciò di fronte al produttore tenendosi la pancia.
“Si, ti prego. Non ucciderci!” Mark si stava aggrappando alla spalla di Chord, che ansimava tenendo una mano sul petto e annuendo con gli occhi spalancati.
Un boato li fece di nuovo voltare verso i camerini, giusto in tempo per vedere John che cadeva sotto il peso di Riker, Curt e Titus, prontamente scavalcati da Darren con uno dei suoi soliti salti.
Chris guardò i suoi colleghi, non sapendo se ridere o spaventarsi dall’eccessiva dose di follia – troppa anche per il backstage del concerto - che sentiva aleggiare nell’aria, insieme alle parole che i suoi amici stavano riversando come un fiume in piena addosso al produttore.
“Ok. Adesso basta!” la voce di Ryan si levò alta ancora una volta, zittendo tutti nel giro di un nanosecondo. “Tutti in cerchio per il rito scaramantico.”
I ragazzi si misero intorno al produttore alla velocità della luce, ponendo le mani al centro del cerchio.
 
Holly guardò Eryn torturarsi le mani ancora una volta.
“Eryn?...”
La ragazza sembrava non ascoltare una parola dell’amica, tutta presa a intrecciare le dita. Stava facendo la cosa giusta? Era davvero pronta a rivedere il suo migliore amico dopo tutti quegli anni?
“Certo che si.”
Eryn si rese conto solo in quel momento di aver dato voce ai pensieri che le affollavano la mente.
“Eryn, sono passati cinque anni. Abbiamo parlato tanto di questo concerto. Di questo ragazzo. Della vostra amicizia.” Holly prese le mani di Eryn tra le sue, fermando di nuovo la tortura che la rossa si stava infliggendo. “Non sarai mai più pronta di così. E io mi rifiuto di vederti ancora piangere o disperarti per lui. Forse le cose andranno peggio dopo stasera, o forse no. Ma non lo saprai mai se non ci provi.”
Eryn avvicinò la fronte a quella di Holly, lasciando libero un sospiro tra le sue labbra.
“L’unica cosa che adesso devi fare è goderti il concerto. Non aspettarti niente. Pensa solo che rivedrai il suo viso senza uno schermo di mezzo. Non devi parlare con lui. Nessuno ti obbligherà a fare qualcosa che tu non vuoi fare. E se lui dovesse vederti, questo non significherà che tu voglia rientrare di prepotenza nella sua vita. Non lo penserà.”
“Come fai a dirlo? E se pensasse che voglio solo approfittarmi di quello che c’era?”
Holly guardò gli occhi della sua migliore amica, circondandogli la guancia con il palmo della mano libera dal guantone mentre la voce di Sue Sylvester veniva accolta da un boato.
“Eryn, lui ti conosce. Non lo penserà.”
 

Clovis, California, 3 Luglio 2006

 
La famiglia McKenzie arrivò a casa Colfer verso le sette, come da programma. Eryn si guardò intorno non appena ebbe messo piede in casa, il pacchetto che aveva comprato stretto al cuore.
Ma lui non c’era.
Guardò negli occhi Tim che scrollò la testa sorridendo triste prima di indicargli le scale.
Un lampo sarebbe stato meno veloce. Dopo un nanosecondo stava bussando alla porta della camera di Chris, preoccupata da quello che avrebbe potuto trovare.
“Chris?...”
La ragazza aprì piano la porta della stanza.
Chris era seduto a terra, le gambe incrociate, e stava guardando il cartellone che lei gli aveva regalato per il suo compleanno. Non diede segno di averla sentita, e continuò a fissare imperterrito la parete di fronte a lui, le lacrime che scendevano silenziose lungo le sue guance.
Eryn si avvicinò e si sedette vicino a lui, guardandolo preoccupata.
“Chris…”
“Non ti azzardare a toccarmi.”
Eryn  immobilizzò la mano che si stava per posare sulla spalla del giovane. Cosa avrebbe dovuto significare questo?
Chris si girò verso di lei, mostrando finalmente il suo viso.
Eryn si pietrificò all’istante. Il suo migliore amico la stava guardando con una ferocia che non aveva mai visto sul suo viso d’angelo. Gli occhi rossi e lucidi continuavano a perdere lacrime che sembravano bruciare la sua pelle, arrossata e accaldata dall’ira che ribolliva dentro di lui.
“Ma che ti prende? È successo qualcosa?”
Il ragazzo si alzò in piedi e con uno scatto staccò dalla parete il cartellone nero.
“Che pensavi? Che fosse un gioco per me? Era una scommessa che hai fatto con i tuoi cazzo di amici in Irlanda? Vediamo quanto riesco ad avvicinarmi a uno di quegli stupidi che se ne stanno sempre da soli?”
Eryn lo guardò con gli occhi spalancati mentre lui faceva a pezzi quel rettangolo di carta nera. Ad ogni strappo sentiva il suo cuore perdere un colpo.
“Pensavi di poter giocare così con me?” Altro strappo. “Di riuscire a conquistare il mio cuore e poi buttarlo via come se nulla fosse?” Un altro. “Cosa cazzo ti ho fatto di male per meritare tutto questo, eh?” Ancora uno. “Addirittura il bagno nella candeggina…se ti faccio così schifo perché diamine hai fatto finta di essere mia amica?”
Eryn non era riuscita a trovare un filo logico a quello che stava accadendo di fronte ai suoi occhi fino a quel momento. Chris aveva ascoltato la telefonata. Aveva sentito quello che diceva ad Holly, ma evidentemente non aveva sentito tutto.
“Hai sentito la mia telefonata?”
Chris smise di fare a pezzi il cartellone, lanciandone i resti nell’angolo della stanza.
“Non lo neghi nemmeno? Davvero? E io che pensavo di conoscerti…di sapere cosa pensavi di qualsiasi cosa! Invece viene fuori che tutto questo non era altro che un’immensa, enorme, presa per il culo!”
Eryn sapeva che non avrebbe dovuto arrabbiarsi con lui. Sapeva che in quel momento Chris era fragile e che tutto quel casino non era altro che un grandissimo equivoco. Sapeva che avrebbe dovuto spiegargli le cose con calma, magari farlo parlare con Holly se necessario. Ma la rabbia che le ribolliva dentro dalla mattina prese il sopravvento anche su di lei.
“Smettila!” l’urlo che le fuoriuscì dalle labbra sembrava sordo ad ogni input inviato dal suo cervello. “Smettila di fare il bambino viziato a cui hanno rubato il giocattolo! Il fatto di aver ascoltato uno strascico di conversazione tra me e Holly, senza peraltro chiedere neanche di cosa stessimo parlando, non ti da il diritto di urlarmi contro in questo modo!”
“Ah no?!” Chris le si fece più vicino, fino a quando i loro visi non furono a qualche centimetro di distanza. Non avevano mai litigato prima, e c’era qualcosa di sbagliato in quella scena. Qualcosa che non era loro. Le urla al posto dei sospiri, la rabbia dove prima c’era la dolcezza, le lacrime piene di rancore invece che piene di gioia. Ma nessuno dei due aveva intenzione di smetterla. “E dimmi che cazzo dovrei aver capito quando ho sentito la frase “tu non hai idea di quante docce mi sia fatta da quando questa storia è cominciata”?! Eh?! Che eri talmente contenta da rotolarti nel fango?!”
Eryn si portò le mani alla fronte, ruotando gli occhi.
“Ma non ti è passato per quella tua testa bacata che forse non stavo parlando di te?”
“Oh certo…e infatti prima non avevi fatto riferimento al tuo rapporto con me e a come io ti stia appiccicato tutto il giorno, vero?!”
“No!”
“Non mentirmi!”
“Non lo sto facendo! Sei tu che hai travisato tutto e non mi hai dato nemmeno il modo di spiegare!”
“Oh, e che cosa c’è da spiegare? Il fatto che tu ti stia comportando così non fa che farmi capire ancora una volta che io ho ragione!”
“Ma così come?”
Chris alzò ancora di più la voce.
“Così! Ti stai arrabbiando perché la verità è che non ti aspettavi che lo scoprissi, e adesso non sai cosa dire!”
“Che cosa?!” Eryn non era mai stata così arrabbiata in tutta la sua vita.
“Si. È così! E la cosa che non capisco è perché tu abbia fatto una cosa del genere. Ti prego, dimmelo. Perché pensavo veramente di conoscerti e invece-”
“Adesso basta!” Chris si zittì di colpo, guardando di nuovo in faccia quella che era stata la sua migliore amica. “È la quindicesima volta che dici che pensavi di conoscermi, ma evidentemente non è così, o non avresti mai pensato una cosa del genere! Vuoi sapere di cosa stavo parlando? Stavo parlando di quell’idiota di Jesse, che stamattina, mentre cercavo un regalo per te, mi ha quasi messo le mani addosso e ha insinuato cose poco carine sulla nostra amicizia! Stavo parlando di come io sia stanca di vederlo sempre spuntare ad ogni angolo di strada che attraverso e di quanto mi avessero fatto incazzare i suoi commenti su di te! E tu, invece che chiedermi di cosa stessi parlando con Holly, hai dato per scontato che io mi fossi rotta di te?” Eryn alzò le mani al cielo prima di buttare il pacchetto che aveva stretto in mano fino a quel momento sul letto di Chris, che la guardava con gli occhi spalancati, indeciso se crederle o meno. “Ecco. Questo è il regalo che ti ho comprato. Un bracciale uguale al mio per ricordarci che anche se saremo lontani il filo che ci lega è indissolubile.” Eryn alzò gli occhi verso il suo viso. “A quanto pare mi ero sbagliata.”
Il silenzio che regnava in quel momento nella stanza faceva più male delle urla che l’avevano riempita poco prima.
Eryn guardò il suo migliore amico per l’ultima volta prima di girarsi e correre fuori da quella stanza, da quella casa, da quella vita.

 




Ehm...HOLA! XD
Son sempre io, la scema che si è imbarcata in quest'impresa...
Volevo solo dirvi che spero che il capitolo vi sia piaciuto e che NON so quando potrò pubblicare il nuovo aggiornamento...gli esami e la tesi incombono e purtroppo ho lasciato un po' indietro la storia...
Spero comunque di pubblicare (anche a bocconcini piccoli) la settimana prossima...e comunque per chi segue/preferisce (<---ancora non ci crede *-*) ci sarà sempre il messaggio privato che vi avverte...

Un bacione grande,

Giulia

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


 

Salve a tutti! XD
Eccomi qui, un po' in ritardo e con un nuovo capitolo della One-Shot-Che-Non-C'è...XD
A questo proposito...vi ricordate quando ho detto che i flash back sarebbero finiti col capitolo precedente? Ho mentito. XD
E' che mi sembrava di tirar via la storia, quindi ho preferito aggiungerli.
Questo (a meno che io non abbia un'improvvisa ispirazione o il capitolo sia troppo lungo) sarà il penultimo capitolo, quindi preparatevi a scoprire come andrà a finire...XD
Un bacione a tutti e grazie mille a tutti quelli che recensiscono, che leggono solo e che mettono la storia tra le preferite o tra le seguite (*-*) mi rendete davvero tanto felice!

Giulia



 

 
Dublino, Irlanda 3 Luglio 2011

 
Il cuore di Eryn correva veloce.
Le prime note di “Don’t Stop Believing” riempivano l’aria mentre il sipario si alzava per rivelare sei ragazzi che davano le spalle al pubblico, dando il ritmo al suo respiro.
Ma fu solo per pochi secondi. Perché poi Chris si voltò e allora niente ebbe più senso.
Non ebbe più senso la sua paura di trovarlo cambiato, perché lo sguardo che riusciva a leggere nei suoi occhi era lo stesso che aveva lasciato cinque anni prima. Forse più maturo, più saggio, ma sempre uguale. Forse con qualche centimetro in più, ma con le stesse fossette che si formavano ai lati della bocca quando sorrideva e le stesse orecchie da elfo sul viso di porcellana.
Non ebbero più senso tutti i dubbi e le incertezze che le avevano attanagliato la gola fino a pochi secondi prima, perché il rivederlo, anche se da lontano, le fece capire davvero quanto gli fosse mancato. Quanto si sentiva completa solo quando guardava il suo volto e cercava il lui un appiglio e un’ancora.
E non ebbe più senso nemmeno il motivo per cui avevano litigato, quello stupido orgoglio che aveva impedito loro di alzare il telefono e colmare la distanza che si era creata. Che aveva scavato nei loro cuori crateri di dolore e rimpianto, diventati cicatrici ancora troppo fresche malgrado i cinque anni trascorsi.
Non c’era spazio per le lacrime in quel momento, Eryn lo sapeva. E allora fece la cosa che le riusciva meglio quando condivideva qualcosa con Chris.
Sorrise.
 

Clovis, California, 6 Luglio 2006

 
Il silenzio rimbombava nella stanza, quasi a creare una bolla ovattata che lo teneva fuori dal mondo. Quel mondo che era tornato ad essere il palcoscenico del suo dolore e della sua amarezza.
Chris aprì gli occhi, guardando il muro di fronte al suo letto.
C’era uno squarcio bianco accecante a ricordargli i giorni appena passati, a urlargli contro che aveva sbagliato e che avrebbe dovuto alzare subito il telefono e raggiungere la sua migliore amica.
I pezzi del cartellone nero erano ancora dispersi in giro per la stanza, come foglie autunnali cadute troppo presto da cui facce sorridenti facevano capolino feroci e terribili.
Chris si girò dall’altro lato del letto e richiuse gli occhi.
 

Dublino, Irlanda, 10 Agosto 2006

 
“Tanti auguri tesoro!”
“Grazie mamma.” Eryn rivolse un sorriso sincero alla madre non appena mise piede in cucina.
Si avvicinò al padre che aveva appoggiato il giornale sul tavolo giusto dargli un bacio sulla fronte prima di dirigersi verso la macchinetta del caffè.
Simon e Amy si guardarono preoccupati come ormai facevano da più di un mese, prima di sospirare rassegnati. Qualcosa si era spento in Eryn. Potevano vederlo: la ragazza di prima avrebbe saltellato in giro per la casa durante tutta la giornata invece che trascinarsi verso la caffettiera.
“Allora, programmi per la giornata?”
“No, nessuno in particolare.”
Simon la guardò negli occhi.
“Vorresti davvero farmi credere che oggi, il giorno del tuo compleanno, tu non farai niente? Non chiederai di uscire? Eryn, andiamo! Sedici anni si compiono una volta sola!”
Eryn stava per rispondere. Stava davvero per farlo. Ma il suono del campanello le bloccò le parole in gola.
Chi mai alle otto del mattino suona a casa di qualcuno?
Chris.
Chi si presenterebbe senza preavviso?
Chris.
Senza rendersene conto era già davanti alla porta, la mano sulla maniglia.
Chris.
“Buon compleanno!”
Il suono delle trombette e le urla festose la fecero rimanere di sasso davanti alla porta mentre i suoi amici le saltavano addosso, cospargendole i ricci rossi di stelle filanti e coriandoli.
“Ehi gente! Spazio, forza! Fate largo alla migliore amica!” Holly riuscì a sbucare fuori dal groviglio di braccia che la salutavano dal pianerottolo dell’appartamento. “E tu, fila a vestirti! Abbiamo un sacco di cose da fare oggi!”
“Cose da-” Eryn non sapeva che cosa dire. Ovviamente avrebbe voluto che alla porta ci fosse Chris, ma vedere tutti i suoi amici lì, pronti a sorreggerla era davvero il regalo più bello del mondo. Si gettò tra le braccia di Holly ridendo come non faceva da un mese e stringendola forte prima di correre in camera, gridando ai suoi che stava uscendo.
Holly si diresse verso la cucina seguita dagli altri che continuavano a lanciarsi addosso coriandoli e stelle filanti. Non appena mise piede all’interno della stanza, Amy le fu subito vicino e, dopo averla guardata negli occhi, la strinse forte mormorando un flebile “Grazie”.
 

Clovis, California, 10 Agosto 2006

 
Chris si rigirava il cellulare tra le mani, continuando a torturare i tasti dell’apparecchio come se da loro dipendesse tutta la sua vita.
Alzò lo sguardo verso il calendario ancora una volta, imprimendosi bene in mente la data.
10 Agosto.
Il compleanno di Eryn.
Avrebbe dovuto chiederle scusa. Avrebbe dovuto prendere in mano il coraggio e fare l’uomo. Chiamarla, implorare il suo perdono per le cose che si era permesso anche solo di pensare, magari farle una sorpresa e presentarsi davanti a casa sua con un cartellone con su scritto “When Gryffindor acts like a jerk, Ravenclaw knows what to do” pieno di foto e pensieri e ricordi.
Come quello che lei aveva regalato a lui per il suo compleanno.
Lo stesso che lui aveva strappato davanti ai suoi occhi lacerati e che adesso brillava per la sua assenza da quel muro a cui apparteneva, rimpiazzato da una locandina di Star Wars che ritraeva Chewbacca e Han Solo e da quella di The Wiz, con le sue tinte forti e dorate, Dianna Ross in primo piano con ai piedi le scarpette argentate.
Chris si girò verso il comodino. Dalla sua furia si era salvata solo la foto che li ritraeva felici a ridere in giardino e che adesso faceva bella mostra di sé accanto al suo letto.
Perché, anche se era troppo orgoglioso per chiamarla, innumerevoli volte aveva sussurrato le sue scuse alla sua migliore amica, quando la notte scendeva e copriva la sua vergogna e le sue lacrime, sepolte fra le lenzuola.
Chris riportò lo sguardo sul cellulare.
 

Dublino, Irlanda, 10 Agosto 2006

 
Eryn riportò lo sguardo sul cellulare.
La giornata era passata tra una risata e un abbraccio insieme ai suoi amici, e sapeva di non poter meritare niente di più bello.
Ma dentro di sé, una piccola parte non poteva fare a meno di sperare che Chris la chiamasse. Che le mandasse anche solo un piccolo messaggio con scritto “Auguri” e nient’altro. Che le facesse un piccolo, banalissimo squillo, per farle capire che la pensava e che avrebbe voluto stare con lei in quel momento.
Oppure avrebbe potuto chiamarlo lei. Avrebbe potuto fare lei qualcosa invece che stare rannicchiata nel letto, un occhio sul comodino a controllare il cellulare e tra le mani la custodia di quel cd che aveva trovato davanti alla sua porta quasi un mese prima.
Lo stesso cd che girava nello stereo in quel momento e che la fece scivolare nel sonno tra una lacrima e una nota di “For Good”.
 

Clovis, California, 13 Settembre 2006

 
Chris rientrò a scuola e si rese conto di quanto le cose non fossero cambiate di una virgola. Di quanto le persone potessero continuare ad ignorarlo.
Di Eryn ce n’era una su un milione, ma non se ne era mai accorto così tanto e così profondamente.
“Ehi!” dal fondo del corridoio Jesse Smith stava camminando verso di lui, un sorriso beffardo sul volto. “Bentornato a scuola perdente. Allora, ce lo vuoi dire com’è il sesso tra ragazzi?”
I suoi amici cominciarono a ridere alle sue spalle. Che poi, per che cosa ridessero Chris non lo riusciva proprio a capire.
Ma in quel momento non gli importava. In quel momento l’unica cosa che poteva vedere guardando il faccione di Jesse, era la scena che poco più di due mesi prima gli era costata l’amicizia dell’unica persona che avesse davvero significato qualcosa per lui al di fuori della sua famiglia. L’unica cosa che sentiva era il sussurro appena accennato di Eryn che gli diceva addio senza dirlo veramente.
E non gli importava di quello che sarebbe successo dopo. Doveva fargliela pagare in qualche modo. Anche solo congelare il suo sorriso sarebbe stato sufficiente. Perciò si stampò sul viso la migliore espressione che riuscì a trovare.
“Don’t you remember?”
Ed eccolo lì il sorriso congelato insieme alle risate dei bisonti che lo seguivano.
Chris continuò a camminare, sentendosi un po’ più forte dentro.
 

Dublino, Irlanda, 7 Aprile 2007

 
Eryn fissava il telefono.
Era appena rientrata da quella che era stata senza ombra di dubbio la notte più bella della sua vita.
Lo aveva baciato. Aveva baciato Mark.
Se ci pensava riusciva ancora a sentire i suoi ricci scuri chiusi tra le sue dita, mentre gli occhi neri e profondi del ragazzo sorridevano tra le palpebre socchiuse. Sentiva il suo profumo sulle sue mani, quel profumo di menta che l’aveva fatta innamorare dal primo giorno. E si sentiva le labbra gonfie e piene, testimoni di quell’amore che stava nascendo tra i due ragazzi.
Aveva fatto una giravolta su se stessa non appena la porta si era chiusa alle sue spalle prima di salutare i suoi genitori che la guardavano divertiti e volteggiare fino alla camera da letto, buttandosi sul materasso con una risata.
Doveva assolutamente condividere questa sua felicità con qualcuno o sarebbe esplosa. O morta per autocombustione.
Prese il cellulare e senza pensarci su digitò il numero di telefono della persona che avrebbe voluto vicino a lei in quel momento.
Solo prima di far partire la chiamata si rese conto di quale numero avesse digitato.
Chris.
Eryn fissava il telefono e non sapeva cosa fare. Sarebbe bastato così poco per colmare finalmente quella distanza così profonda. Per tornare ad essere completamente felice.
Ma il destino è strano, e proprio in quel momento una chiamata in arrivo cancellò il numero che con tanta cura Eryn custodiva nel suo cuore.
“Pronto…”
“Voglio sapere tutti i particolari. E non provare a nascondermi qualcosa perché io scoprirò tutto quello che hai combinato!”la voce di Holly la travolse come un fiume in piena, e lei, lasciandosi andare ad una risata, si chiese cosa avesse fatto di così buono per meritarsi un’amica così.
 

San Francisco, California, 24 Luglio 2007

 
Chris non riusciva a crederci.
Aveva baciato un ragazzo.
Un ragazzo vero.
L’aveva baciato al termine di quella vacanza che era iniziata come un modo per passare un po’ di tempo con la sua famiglia per l’ultima volta, perché l’anno dopo sarebbe stato troppo impegnato con il trasferimento per il college per potersi godere appieno l’amore di sua madre, di suo padre e di Hannah.
E così erano partiti per una settimana verso San Francisco, la città dei tram e delle colline.
E lì aveva incontrato Dennis.
In quell’albergo in cima alle colline aveva incontrato due occhi blu quasi quanto i suoi e si era invaghito dei capelli biondi di quel ragazzo, deciso a scordarseli un secondo dopo. Perché non poteva essere possibile che qualcuno fosse attratto da lui.
Ma Dennis non era stato dello stesso avviso.
Per tutta la settimana l’aveva aspettato di fronte alla reception, invitandolo a prendere un caffè, a fare una passeggiata all’interno dei parchi verdi della città, portandolo con sé al molo, mostrando a lui e a tutta la famiglia Colfer le bellezze architettoniche di quella città che sposava perfettamente lo stile vittoriano e l’architettura moderna. Avevano camminato scherzando per Chinatown e si erano persi nella vista del Golden Gate Bridge.
E lì, tra il rumore delle onde che si infrangevano sugli scogli e le luci soffuse che si alzavano dalla città, Dennis si era avvicinato e aveva posato le labbra sulle sue.
Chris era rimasto immobile per qualche secondo prima di portare la mano a giocare con i ricci chiari del ragazzo più grande. E si era perso in quel primo bacio che aveva la freschezza del primo amore.
Un amore che non sarebbe durato, lo sapeva bene, ma che era perfetto in quel momento. Senza promesse, senza rimpianti, ma con solo la certezza che quel momento non sarebbe potuto essere più perfetto.
Dopo averlo riaccompagnato in albergo, Dennis era sparito nella nebbia leggera della città, diventando il ricordo più bello di quell’anno per il giovane.
E Chris, mentre saliva in ascensore con le farfalle nello stomaco e un sorriso che occupava tutto il suo viso ancora un po’ paffuto, aveva afferrato il cellulare, digitando velocemente il numero della sua migliore amica. Perché doveva dirlo a qualcuno che avrebbe capito quanto quella cosa contasse per lui.
Le porte si aprirono, svegliando il ragazzo da quella specie di trans in cui era caduto, il dito ancora sopra il tasto di avvio della chiamata.
Lei avrebbe risposto? Era ancora la stessa persona che una anno prima se n’era andata dalla sua vita, ferita e delusa dal suo atteggiamento? L’aveva perdonato? E lui, l’aveva perdonata per quella fuga che ancora ardeva prepotente nel suo cuore?
“Chris!”
Il giovane alzò gli occhi verso il viso della sorella che gli correva incontro dalla porta della stanza.
“Allora? Com’è andata?”
Chris richiuse il cellulare, donando un sorriso entusiasta ad Hannah e cominciando a raccontare.
 

Los Angeles, California, 5 Novembre 2008

 
Chris non riusciva a crederci.
Ce l’aveva fatta. Era riuscito a superare il provino, il primo della sua vita. E adesso avrebbe fatto parte di una serie televisiva.
La sua vita stava davvero cambiando, e non poteva esserne più felice.
Non appena Ryan Murphy gli aveva dato la notizia al telefono, aveva cominciato a saltare in giro per la stanza e ad abbracciare qualsiasi cosa gli capitasse sotto tiro. E i suoi genitori l’avevano trovato così, a ballare con stretto al petto il suo zaino a forma di Chewbacca, quando erano tornati dal viaggio al supermercato con Hannah.
Il giorno prima erano andati a parlare con il preside della scuola di Chris, per spiegare come mai il figlio avrebbe fatto parecchie assenze, e affermando che l’avrebbero fatto seguire da un istruttore privato per fare in modo di non perdere lezioni importanti.
Inutile dire che il preside era stato più che felice di saperlo, certo del fatto che la cosa avrebbe portato buona pubblicità alla scuola.
E così adesso stava partendo per la città degli angeli, dove avrebbe conosciuto il resto del cast.
Arrivato in aeroporto aveva individuato fin da subito una ragazza con il suo nome scritto su un cartellone che si era presentata col nome di Sophie e che gli aveva detto di essere la sua assistente personale.
Si erano diretti verso il residence dove avrebbe alloggiato prima di prendere di nuovo la macchina e andare agli studi, quegli stessi studi che qualche anno prima l’avevano visto ridere e scherzare insieme ad una ragazza dai folti capelli rossi.
Chris scacciò il pensiero ed entrò nella sala che gli stavano indicando, giusto in tempo per essere investito da un tornado coi capelli color cioccolato.
“Oddio! Scusa! T’ho fatto male?”
Chris abbassò lo sguardo sulla brunetta col naso un po’ pronunciato che lo stava guardando con le mani sulla bocca e le guance che diventavano porpora. Dall’accento sembrava venire da New York.
“No, figurati.” Il ragazzo la tranquillizzò con un sorriso. “Tu invece? Stai bene?”
La ragazza sorrise.
“Si, grazie. Comunque io sono Lea.”
Chris guardò la mano ambrata della ragazza prima di stringerla.
“Sono Chris. È un piacere conoscerti.”
 

Dublino, Irlanda, 3 Luglio 2011

 
By it’s very definition, Glee is about opening yourself up to joy.
Oh, quantoera vero. Quante volte Chris aveva ringraziato la sua buona stella per averlo accompagnato in quell’audizione che gli aveva cambiato completamente la vita. Aveva al proprio fianco persone che l’amavano per quello che era, proprio come aveva fatto lei. E come lei, nessuno gli chiedeva niente in cambio.
Era finalmente libero di essere chi voleva, senza pregiudizi, battute maligne o discriminazioni.
Opening yourself up to joy.
Appena le prime note di Don’t Stop Believing cominciarono a risuonare nell’arena, si lasciò inondare da quelle parole, riscoprendo dentro di sé quel coraggio e quella felicità che solo Eryn era riuscita a donargli.

 




Ecchice! XD
Ehm, dicevo...piccola precisazione riguardo a quello che Chris risponde a Jesse. Ovviamente viene da un'intervista (o una specie). Al NYF quell'amore di ragazzo di un Colfer ha raccontato un aneddoto, e diciamo che questa è stata la mia versione dei fatti XD...non so neanche se ho proprio capito bene come è successo, ma ho capito benissimo cosa si siano detti...XD
Per ulteriori info, eccovi il link http://www.youtube.com/watch?v=ITAnUft-AMg&feature=share 
Un bacione,

Giulia

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


 

Buonasera a tutti! XD
Finalmente, dopo mesi e mesi di silenzio sono tornata. E si, sono riuscita a finire la OS-che-OS-non-è. Questo è l'ultimo capitolo.
Vi chiedo scusa se ci sono errori, ma il capitolo non è betato e io sinceramente sono troppo stanca per mettermi a rileggerlo. Quindi domani mi vergognerò come un cane. Oggi mi accontento di essere soddisfatta per aver portato a termine questa storia. Finalmente aggiungerei. XD
Piccolissime note: la pazzia verso la fine del capitolo raggiunge livelli altissimi, così come il miele in altri punti, quindi armatevi di insulina e di qualsiasi altra cosa vi possa aiutare a sconfiggere i comportamenti dubbiamente sani. Io vi ho avvertito.
Come seconda cosa, permettetevi di ringraziarvi tutti, dal primo all'ultimo. *Miss Mondo mode on* E in particolare Alessia e Federica. Lo so che voi ragazze non siete neanche iscritte qui, ma sapere che leggete e che mi date un parere per altre vie è la cosa più bella del mondo. Vi amo alla follia. <3 <3
E poi, permettetemi di ringraziare lei, la mia amata Condottiera, di cui ho sempre sentito la mano sulla spalla. Grazie P. Sei unica. *Miss Mondo mode off*
Detto questo, vi lascio al capitolo e vado a cuccarmi che non ne posso più.
Un bacione e buona lettura,

Giulia

 




Dublino, Irlanda, 3 Luglio 2011
 

“Te lo giuro su ciò che ho di più caro al mondo.” Holly si stava massaggiando le tempie visibilmente alterata. “Se questo mastodontico animale non si leva da davanti, gli spacco la cartella in testa!”

Eryn accarezzò preoccupata e divertita la schiena dell’amica.

“Dai…non è poi questo gran problema…”
“Non è questo gran problema?! Non lo è?!” Holly stava urlando incurante degli sguardi spaventati delle persone vicino a lei. “Che senso ha prendere i biglietti per la prima fila se poi abbiamo davanti un bisonte che ci impedisce la visuale, me lo spieghi?”
Eryn si morse le labbra sforzando di non ridere.
“Ora calmati, su…magari ci rimane fino a Fat Bottomed Girl e poi se ne va…”
Holly la fucilò con lo sguardo mentre Heather Morris ballava sulle note di I’m A Slave For You.
“Eryn, ti devo ricordare il motivo per cui siamo qui? Non volevi rivedere Chris dopo cinque anni? E mi spieghi come fai a vederlo se abbiamo davanti un elefante con l’auricolare?!”
Ben rise sotto i baffi alle ultime parole della castana. Quella ragazza stava facendo diventare il suo lavoro anche più facile del previsto. Si spostò verso la parte sinistra del palco per andare incontro ad Ashley, mentre un grido di gioia esplodeva tra le labbra di Holly, costringendo lui a ingoiare la risata che scalpitava prepotente nella sua gola.
“Allora?!” Ashley lo stava guardando speranzosa nascosta dietro gli amplificatori.
“Tutto sotto controllo.” Rispose lui. “La castana già non ne può più, e sono sicuro che entro la fine dello spettacolo mi avrà tirato addosso qualcosa. E che rappresentante della sicurezza sarei io se non la portassi a rispondere delle sue azioni dopo?!”
Gli occhi dell’attrice brillarono di felicità a quelle parole.
“Credimi,” disse prendendogli le mani “se Johanna non mi ammazzasse per aver rovinato il trucco, adesso ti avrei dato un bacio.”
“Bè,” rispose lui passandosi la mano sulla pelata che si ritrovava in testa, facendo scintillare la fede d’oro che spuntava tra il cioccolato delle sue dita “se non fossi sposato e felice molto probabilmente risponderei al bacio. Ma dopo dovrei spiegare qualcosa a Marcus.”
 
Fat Bottomed Girl era appena finita quando Ben si presentò di nuovo di fronte alle due ragazze.
Holly non riuscì a reprimere un sospiro frustrato.
“Mi prende in giro. Mi prende in giro?!” Si girò verso la sua migliore amica trovandola però sorda a qualsiasi altro rumore. Perché, in quel momento, la musica di I Want to Hold Your Hand stava cominciando a riempire l’arena.
 
Chris si aggiustò il papillon bianco e prese in mano il microfono, domandandosi cosa avessero i suoi colleghi quella sera. Va bene che era l’ultimo spettacolo, ma stavano cominciando ad esagerare con tutta quell’eccitazione. Insomma, durante Sing l’avevano praticamente circondato, e c’era mancato poco che Chord lo prendesse in braccio per portarlo di corsa fuori dal palcoscenico. Si, era Chord, ma a tutto c’era un limite.
Sbuffò rassegnato alla follia che si era insinuata in ogni angolo del backstage e cominciò a salire i gradini che lo avrebbero portato sul palco mentre le note di I Want To Hold Your Hand vibravano nell’aria.
E questa volta, forse avrebbe avuto qualcuno di speciale in platea verso cui dirigere i suoi pensieri.
 
La voce di Chris non era cambiata dall’ultima volta che Eryn l’aveva sentita. Si, era cresciuta, maturata, migliorata, ma in realtà era la rimasta la stessa. La stessa voce che lei aveva sentito salire milioni di volte dalla camera del ragazzo. La stessa che aveva riempito la navata di una chiesa in California, rendendo i cuori di coloro che l’ascoltavano più ricchi.
E quegli occhi. Eryn si portò una mano al petto quando li vide brillare e rivolgersi a tutti. No, il suo ragazzo non era cambiato: nei suoi occhi scorgeva ancora la passione e la forza che li illuminavano cinque anni prima.
Involontariamente si sporse verso il palco, desiderando come non mai di poter di nuovo tenere la sua mano stretta tra le sue.
 
Chris si perse negli occhi delle persone che occupavano i lati del palco. Nelle mani che gli venivano tese. Nei sorrisi che gli venivano regalati. Nelle lacrime piene di commozione che inondavano decine di occhi diversi, al solo pensiero di poterlo toccare.
Se quattro anni prima gli avessero detto che avrebbe calcato un palcoscenico a Dublino con davanti una folla adorante molto probabilmente li avrebbe mandati tutti a quel paese. E invece c’era stato Glee. E poi la Casa Bianca. E i concerti in giro per l’America. E quest’anno, contro ogni previsione, era approdato in Europa insieme a quella che ormai considerava la propria famiglia, fino ad arrivare in Irlanda.
Accarezzò le mani più vicine prima di spostarsi verso il centro del palco.
 
“Ragazzi, dobbiamo entrare!”
Mark alzò gli occhi al cielo.
“Chord, amico, lo so che tu hai preso seriamente la questione, ma non ti pare di star esagerando? Non è ancora il momento…”
Il biondone lo prese per il bavero della maglietta facendogli sgranare gli occhi.
“Ma potrebbe essere l’ultimo momento buono! Non ti rendi conto di quello che succederebbe se lui la vedesse adesso?”
Mark alzò un sopracciglio.
“Che tutto acquisterebbe una parvenza di sanità?”
“Esattamente!”
Lo sguardo del ragazzo con la cresta si fece più serio.
“Non possiamo permettere che accada!”
“Esatto!”
“Andiamo fratello!”
 
“Holly…Holly…”
Holly strinse forte la mano di Eryn lanciando l’ennesima occhiata storta alla nuca di Ben.
“Stai tranquilla. Andrà tutto bene.”
Eryn prese un respiro profondo prima di continuare a parlare.
“Sta venendo da questa parte. Oh mio Dio…”
“Respira…respira tesoro.”
Era quasi lì. Poteva scorgere di nuovo il ghiaccio accecante dei suoi occhi fino alla più piccola sfumatura.
Eryn strinse ancora di più la mano di Holly nella sua prima di notare un movimento ai lati del palco.
Chord Overstreet e Mark Salling stavano entrando in quel momento, seguiti da tutto il resto del cast. In meno di due secondi furono vicino a Chris, che li guardò con fare interrogativo continuando a cantare, prima di venire sommerso da un abbraccio stile sandwich che lo costrinse ad alzare le braccia per poter continuare il suo numero.
Eryn ingoiò una risata nel vedere la faccia completamente sconvolta del suo migliore amico mentre la folla si apriva in un boato e i due lo prendevano di nuovo di peso, portandolo dietro le quinte, l’ultima nota che ancora si librava nell’aria.
 
Chris si liberò dalle braccia dei suoi colleghi con un balzo non appena ebbero raggiunto il backstage, visibilmente alterato.
“Ma si può sapere che diavolo vi prende?!” il viso pallido dell’attore era diventato paonazzo dalla rabbia. “Mi avete fatto prendere un colpo, razza di deficienti! E non guardatemi con quei sorrisini innocenti!”
I due ragazzi incrociarono simultaneamente le braccia dietro la schiena cominciando a dondolare a destra e a sinistra.
“Allora?! Sto aspettando!”
Mark si passò la mano sulla cresta mentre sentivano alzarsi le note di Ain’t No Way dall’arena.
“È che sembravi un pulcino spaventato sul palco…e abbiamo pensato che un abbraccio fosse proprio quello che ti serviva.”
Chris sospirò rassegnato prima di alzare le braccia al cielo e prendere la via verso i camerini.
“Siete fortunati che abbiamo da fare. La prossima volta avvertitemi prima di stritolarmi in un sandwich umano davanti a migliaia di persone!”
Non si accorse del sorriso sghembo che illuminò il volto dei due ragazzi non appena si mosse all’interno del backstage.
 
Kevin McHale e Harry Shum Jr avevano appena finito la loro performance di P.Y.T. quando le luci sul palco cominciarono ad andare a tempo con la musica.
Born This Way. Sono nato così. E non importa quanto tu possa dire che è sbagliato, io so che Dio mi ama così come sono.
Eryn si sporse verso il palco mentre tutti i ragazzi sfilavano indossando le loro maglie bianche, aspettando il momento in cui anche lui sarebbe apparso per mettersi al centro del palco e dare il via al numero.
Ma quando lo fece, ad Eryn mancò il respiro.
La folla intorno cominciò ad urlare, mentre lei si sedeva di botto sulla sedia dietro di lei, rimanendo completamente all’ombra dell’energumeno-con-l’auricolare. Gli occhi le si riempirono di lacrime mentre portava una mano al petto per stringere quella catenina che valeva così tanto per lei.
Holly la vide accasciarsi sulla sedia e si girò preoccupata verso di lei, prima di rimanere immobile davanti al viso della sua migliore amica.
Eryn rideva tra le lacrime, incapace di contenere tutta la gioia che le stava esplodendo dentro in quel momento. Piangeva perché era stata una stupida a dubitare del suo piccolo uomo. Rideva perché solo lui poteva escogitare un modo tanto bello per farglielo capire. Piangeva perché non sarebbe cambiato niente tra di loro. Rideva perché non era mai cambiato niente tra di loro.
Holly alzò gli occhi verso il palco e lo vide. E non poté fare a meno di lasciar scivolare via una lacrima per quei due ragazzi.
Perché sotto la scritta “Likes Boys” si leggeva perfettamente, in una calligrafia tremolante in blu e bronzo “…and just one girl”.
 
Lo spettacolo proseguì più o meno normalmente, tra Holly che strepitava contro l’addetto alla sicurezza, Eryn che si asciugava le lacrime che ogni tanto tornavano a far capolino dai suoi occhi, e quei meravigliosi ragazzi che mettevano su il miglior spettacolo di sempre.
Le due amiche cantarono con Lea Michele sulle note di “Fireworks”, saltellarono sul posto con un eccitato Darren Criss e gli Warblers, si persero nelle risate di una choir room inventata, rimasero a bocca aperta davanti al bacio che scosse le fondamenta del fandom, ballarono sulle note di “Valerie” e di “Loser Like Me”. Quando Chris ricomparve in mezzo all’arena con la tuta nera di Single Ladies e una cravatta da Warbler al collo, non poterono far a meno di ridere, così come durante “Safety Dance”, quando Darren si presentò con una camicia messa a mo’ di top e i suoi occhiali rosa.
Empire State Of Mind” era appena finita quando una canzone che nessuno si aspettava cominciò a risuonare nell’arena, accompagnata dalle acclamazioni dei fan.
 
Chris si pose al centro del palco mentre i suoi colleghi prendevano posto dietro di lui, le schiene rivolte verso la folla. Sapeva che era una pazzia cantare quella canzone. L’aveva saputo dal primo momento in cui il pensiero si era fatto strada nella sua mente. Ma niente e nessuno sarebbe riuscito a fargli cambiare idea.
Se c’era una cosa che Kurt gli aveva insegnato era che la musica riesce a farci esprimere meglio. Riesce ad arrivare in luoghi dove le parole da sole non arrivano. Che la nostra meta sia un ragazzo ingellato seduto su un divano in pelle o un gruppo di persone che ascoltano stravaccati su delle sedie di plastica, la cosa non faceva differenza. Ascoltare soltanto non avrebbe fatto nessuna differenza. Il messaggio sarebbe arrivato a chiunque fosse stato in grado di sentire. Sentire dentro di sé cosa le note portavano, non lasciandosi confondere solo dal suono delle parole.
Le parole lo avevano tradito cinque anni prima.
La musica l’avrebbe riscattato in quel momento.
Il ragazzo chiuse gli occhi pensando al suo traguardo, a due occhi nocciola contornati da folti ricci color del fuoco, e avvicinò al viso sorridente il microfono.
 

I don't know why I'm frightened
I know my way around here 
The cardboard trees, the painted seas, the sound here... 
Yes, a world to rediscover 
But I'm not in any hurry 
And I need a moment 

 

Si, Chris aveva bisogno di un momento. Di un momento solo.
Un momento per se stesso, per mettersi finalmente a nudo davanti a quelle persone. Davanti a lei. Perché nel suo cuore Chris sapeva che lei era lì, nascosta tra i cartelli colorati e i visi sorridenti.
Un momento per dire ad Eryn che non l’aveva dimenticata. Che le perdonava la fuga. Che le chiedeva perdono per le frasi che le aveva urlato contro cinque anni prima.
Un momento per rivedere il suo viso senza sentirsi in colpa dopo tutto quel tempo, fosse anche solo nei suoi pensieri.
 
Ben riconobbe all’istante la canzone che Chris stava cantando e si spostò finalmente dalla postazione che aveva mantenuto per tutta la durata dello spettacolo, accompagnato dal grido festoso di Holly.
Eryn invece non fece un movimento, continuando a tenere le mani intrecciate sopra al cuore, come a volerlo proteggere dalle troppe emozioni che quella serata le stava regalando.
 

The whispered conversations in overcrowded hallways 
The atmosphere as thrilling here as always 
Feel the early morning madness 
Feel the magic in the making 
Why, everything's as if we never said goodbye 

 
Non c’era più nessuna folla a gridare il suo nome.
Era tornato ad essere il ragazzino seduto da solo ad un tavolo al liceo, quando una ragazza era comparsa nella sua vita porgendogli una mano e la sua amicizia. Lo stesso ragazzino che si aggirava per la scuola la mattina presto, ridendo alle battute della sua migliore amica, o dentro gli studi cinematografici di Hollywood, meravigliandosi nel vedere come quei pezzi di vita in cui si rinchiudeva quando era solo a casa, prendessero forma.
Chris aprì gli occhi, e non poté far mano di incrociarli con quelli pieni di lacrime di una ragazza dai capelli rossi che stava in prima fila, le mani strette intorno ad una catenina e un sorriso sulle labbra piene.
 

I've spent so many mornings just trying to resist you 
I'm trembling now, you can't know how I've missed you 
Missed the fairy tale adventure 
In this ever spinning playground 
We were young together

 
Eryn prese un respiro profondo quando si rese conto che Chris la stava guardando. Che tra le centinaia di persone presenti, i suoi occhi l’avevano di nuovo trovata e non sembravano intenzionati a lasciarla andare. Improvvisamente il mondo comprendeva di nuovo solo loro due, come cinque anni prima. Come una vita fa. Un singhiozzo le salì alle labbra ancora sorridenti, facendola tremare e lasciando scivolare per l’ennesima volta una lacrima sulla sua guancia. Una lacrima che sapeva di ninnananne e di film guardati accoccolati sul divano.
 

I'm coming out of make-up 
The lights already burning 
Not long until the cameras will start turning... 
And the early morning madness 
And the magic in the making 
Yes, everything's as if we never said goodbye

 
Chris cominciò ad avanzare verso il pubblico, gli occhi incollati a quelli della sua migliore amica. Non era cambiato niente tra di loro, adesso lo sapeva. Adesso anche la più piccola delle sue insicurezze era stata stracciata dalla luce della stella della sera che Eryn teneva ancora tra le mani.
Arrivò all’estremità del palco e le sorrise di rimando, sereno come non era stato mai in quegli ultimi anni. Perché in quel momento era tutto perfetto. Tutti i pezzi della sua vita avevano ripreso finalmente posto, e non ci sarebbe stato più spazio per i rimpianti.
 

I don't want to be alone 
That's all in the past 
This world's waited long enough 
I've come home at last! 

 
Eryn ricordò il ragazzo che aveva conosciuto in una cittadina della California, e si sentì fiera ed orgogliosa di lui. Perché era riuscito a superare le sue paure. Ad essere sé stesso. A non vergognarsi di chi era solo perché gli altri dicevano che era sbagliato. Aveva preso le cose che lo rendevano diverso e ne aveva fatto il suo punto di forza. Si era aperto alla vita, lasciando da parte il terrore di vedersi rifiutato. E il mondo lo aveva accolto. Stretto. Abbracciato. Prima di restituirlo, anche solo per il tempo di una canzone, a lei.
 
Non aveva mai cantato quella canzone in quel modo. Soffermandosi su ogni parola che lasciava le sue labbra, sapendo che per lui e per Eryn, ognuna aveva un significato diverso.
Si, era tornato a casa. Proprio come Dorothy aveva capito che casa è dove hai persone che ti amano, e non si era mai sentito più amato che in quel momento.
 

And this time will be bigger 
And brighter than we knew it 
So watch me fly, we all know I can do it... 
Could I stop my hand from shaking? 
Has there ever been a moment 
With so much to live for? 

 
Un Natale stretto ad uno zaino peloso. Una collana che splendeva come una stella. La navata di una chiesa in California. Una camomilla bevuta a quattro mani. Un viaggio nella città degli angeli.
Chris si accucciò sulle ginocchia, bisbigliando le successive battute della canzone alla ragazza in prima fila.
 

The whispered conversations in overcrowded hallways 
So much to say not just today but always...

 
Avrebbe potuto tendere una mano e toccarlo di nuovo. Sentire le sue dita accarezzarle il palmo della mano mentre il pollice ruotava cozzando contro le sue nocche. Avrebbe potuto scostare i capelli dal suo volto niveo e regalargli quella risata che era rimasta intrappolata per troppo tempo tra le sue labbra.
Ma non lo fece. Non voleva rovinare quel momento che aveva tanto sognato.
Sorrise tra le lacrime, finalmente libera da quel peso e da quell’assenza che la perseguitavano.
 

We'll have early morning madness 
We'll have magic in the making 
Yes, everything's as if we never said goodbye 
Yes, everything's as if we never said goodbye... 

 
Chris non sapeva cosa sarebbe successo dopo il concerto. Non sapeva se l’avrebbe mai più rivista, e in tutta franchezza non gli importava. Perché sapeva che l’uno avrebbe sempre avuto uno spazio nel cuore dedicato solo all’altro. Sapeva che Eryn lo avrebbe accompagnato silenziosamente durante il resto della sua vita.
Si rialzò e raggiunse di nuovo il centro del palco con le labbra tese in un sorriso finalmente libero.
 

We taught the world new ways to dream! 

 
Le luci si abbassarono su di lui, facendo esplodere l’arena per la milionesima volta in quella serata.
Velocemente raggiunse il suo posto tra i suoi amici, passando tra un Mark visibilmente commosso e una Naya che gli rivolse un sorriso orgoglioso.
 
Lo spettacolo era finito.
L’arena si era svestita delle luci e dei suoni che l’avevano riempita fino a pochi minuti prima, e la folla si faceva strada verso l’esterno.
Solo due ragazze erano rimaste ferme ai loro posti, gli sguardi rivolti verso l’alto e le schiene abbandonate contro le sedie.
Dopo alcuni minuti di silenzio, mentre il vociare continuava imperterrito intorno a loro, Holly volse lo sguardo verso la sua migliore amica.
“Stai bene?”
Eryn emise un lungo sospiro prima di staccare gli occhi ormai asciutti dal soffitto.
“Si. Adesso si.”
 
“Ok ragazzi. Ci siamo.”
Lea si guardò intorno circospetta prima di continuare a parlare verso il gruppo di ragazzi.
“Per essere sicuri che l’operazione vada a buon fine ognuno di noi deve fare la sua parte. Siete con me?”
Un coro di assenzi si sollevò dal gruppo di giovani che se ne stava in cerchio mentre intorno a loro gli addetti al backstage smontavano il palco e li guardavano scuotendo la testa.
“Perfetto. Ben. Sai cosa fare.”
L’addetto alla sicurezza fece un cenno col capo, inforcò i suoi occhiali neri e si diresse verso la platea, mentre un’Ashley commossa lo guardava andare via.
“Sono così fiera di lui. Fino a poche ore fa era una persona perfettamente sana di mente, e guardatelo ora…”
Mark, al suo fianco, le cinse la vita con un braccio, seguendo l’uomo con lo sguardo di un padre orgoglioso.
“Il nostro ometto è cresciuto…”
Dianna li osservò con occhio critico prima di ridonare tutta la sua attenzione agli altri ragazzi scuotendo la testa.
“Benissimo. Ognuno ai propri posti. E ricordatevi: Chris non deve rendersi conto di niente.”
 
Holly stava uscendo dalla prima fila quando si scontrò direttamente con un muro. Un muro nero, vestito di nero, con tanto di auricolare e occhiali da sole. Muro che in quel momento la stava fissando truce.
La ragazza stava per scusarsi quando si rese conto di chi aveva davanti. Era il bisonte. L’elefante. Il cretino che non si era voluto spostare per praticamente tutto lo spettacolo.
“Come ha detto, prego?!”
Holly strabuzzò gli occhi, guardando la sua migliore amica che la guardava a bocca aperta.
“L’ho per caso detto ad alta voce?” domandò con un filo di voce prima di sentire una mano afferrarle il polso e strattonarla lontano dalla fila.
 
“Chris! Oh mio Dio, sei qui!”
Darren si fermò davanti al soprano con una mano sul cuore e il respiro affannato dal troppo correre.
Il ragazzo, che si stava infilando la camicia sopra alla t-shirt grigia, lo guardò incuriosito, un braccio ancora per aria.
Dopo svariati minuti in cui si chiese cosa volesse quel pazzo di un ventiquattrenne (“Respira Darren. Dentro e fuori. Coraggio, ce la puoi fare.”) e come mai lui si fosse ritrovato a comportarsi da ostetrica, lo Starkid aprì la bocca.
“Chewbacca è scomparso.”
 
“No, la prego. Deve capire che la mia amica non ha filtri. Soprattutto quando è nervosa e sotto stress. Ma le assicuro che è una persona sanissima di mente. Non farebbe mai del male a nessuno, figuriamoci ad un addetto alla sicurezza.”
Eryn arrancava dietro a Ben, cercando di convincerlo a lasciar andare Holly, che nel frattempo si stava lanciando in una crisi isterica che di certo non aiutava la sua causa.
Ovviamente il fatto che l’avesse chiamato “brutto babbuino decerebrato” non era un punto a suo favore. Soprattutto dato che era stato seguito da “scimmione demente” e “cretino troppo cresciuto”. Ma evidentemente il fatto di essere trascinata da un uomo nero alto quasi due metri aveva un effetto strano su Holly, che non riusciva praticamente a stare zitta per due secondi.
Fu quando l’uomo la trascinò all’interno di una stanza e chiuse la porta in faccia ad Eryn, che la ragazza smise di urlare. E il fatto che avesse Ashley Fink e Mark Salling a tapparle la bocca sembrò aiutare.
 
“Come sarebbe a dire che Chewbacca è scomparso?!”
L’urlo di Chris fece fare a Darren un balzo come pochi (e ricordiamoci che si era guadagnato il nominativo di re del saltello).
“Non lo so. Lo giuro.”
Lo Starkid si era appiattito contro il muro mentre il più giovane lo afferrava per la camicia, portandolo ad un palmo dal suo naso.
“Tu lo sai che io potrei prendere i miei sai e farti a fettine se non mi dici in questo momento tutto quello che sai, vero?!”
Darren annuì velocemente con la testa, gli occhi spalancati in un’espressione di puro terrore.
“Dove l’hai visto l’ultima volta?”
Il ragazzo deglutì mentre una goccia di sudore scendeva lenta lungo il bordo della sua mandibola.
“Nel camerino.”
Chris lo lasciò andare e si precipitò fuori dalla porta.
Darren emise un sospiro di sollievo e tirò fuori il cellulare dalla tasca dei pantaloni.
Dopo pochi squilli il suo interlocutore rispose.
“Non chiedetemi mai più di fare una cosa del genere.”
 
Eryn si accasciò contro la parete di fronte alla porta in cui era scomparsa la sua amica.
Aveva passato diversi minuti a bussare insistentemente, ma dall’interno non sentiva provenire niente. Cosa che non la tranquillizzava affatto. Se almeno avesse sentito delle voci avrebbe capito che Holly stava bene e che non era in pericolo di vita.
Emise un sospiro frustrato e poi si girò verso la fine del corridoio.
Un qualcosa di marrone attirò la sua attenzione. Di marrone e peloso.
Eryn strinse gli occhi per capire cosa aveva davanti.
 
“Ok, ok…non ti chiederemo mai più una cosa del genere.”
Ashley stava sussurrando al cellulare sotto lo sguardo sconvolto di Holly, mentre Mark le teneva ancora chiusa la bocca con una mano e Ben controllava le telecamere di sicurezza.
“Adesso beviti un goccio d’acqua e raggiungici qui. Possibilmente prima che Dorothy e lo Spaventapasseri trovino Toto, o ti perderai tutto lo spettacolo.”
Holly strabuzzò gli occhi. Dove diamine era finita?
 
Chris si catapultò in camerino sotto lo sguardo esterrefatto di Cory, ancora in accappatoio.
“Amico, che hai?”
Si pentì praticamente subito di averglielo chiesto.
Perché Chris Colfer sapeva imitare perfettamente lo sguardo del Joker quando era particolarmente arrabbiato. Ad onor del vero, era più una via di mezzo tra il Joker e una donna isterica nel bel mezzo di un parto. Praticamente terrore puro.
E Cory in quel momento era lo spettatore involontario di quella faccia.
Il canadese alzò le mani terrorizzato.
“Ti giuro che io non ho fatto assolutamente niente.”
“Cory.” Il ragazzo più giovane si fece avanti minaccioso. E in quel momento poco importava che Monteith fosse alto due metri. Chris lo sovrastava di almeno tre piedi. “Dov’è Chewbacca?”
“Chewbacca?! Intendi il tuo zaino?”
Chris annuì velocemente.
“Chi mai è stato così idiota da prendere il tuo zaino?!”
 
Eryn non riusciva a capire cosa fosse quella massa informe abbandonata in fondo al corridoio.
Ad onor del vero si rese conto che molto probabilmente lei non avrebbe neanche dovuto essere lì, quindi sarebbe stato alquanto controproducente lasciare il muro a cui era ancora appoggiata per andare in avanscoperta. Soprattutto considerando che la sua migliore amica era chiusa in uno stanzino con un energumeno.
Ma si sa, la curiosità è femmina.
 
Darren fece capolino dalla porta di servizio.
“Mi sono perso qualcosa?”
Holly spalancò sempre di più gli occhi, la bocca ancora tenuta ferma dalla mano di Mark.
“No piccolo lord. Ancora niente.”
Lo Starkid sospirò sollevato, soprassedendo sul commento poco velato sulla sua altezza prima di alzare gli occhi verso Mark e inclinare la testa.
“C’è un motivo per cui stai silenziando quella ragazza o ti sei fatto prendere un po’ troppo la mano?”
 
Gli Warblers riuscirono finalmente ad arrivare in corridoio evitando Chris, che stava ancora cercando il suo preziosissimo zaino. Quello che non si aspettavano era di vedere una ragazza che si muoveva lentamente verso la parte opposta del corridoio appiattita contro il muro.
Titus la osservò per un istante prima di scambiarsi un’occhiata con Curt. Si, decisamente l’aria del dietro le quinte era malsana.
Il problema adesso era raggiungere la porta, che si trovava a metà strada tra loro e la ragazza senza farsi vedere da lei.
“Ragazzi, come facciamo? Se rifacciamo tutta la strada al contrario non faremo mai in tempo per assistere allo spettacolo.”
John guardò Riker prima di sollevare sconsolato lo sguardo verso il muro che aveva di fronte. E illuminarsi con un sorriso talmente sghembo da far invidia ad Edward Cullen.
“Mai sentito parlare di aria condizionata?!”
 
Dopo aver spremuto Cory, Chord e Kevin, che adesso stavano balbettando dondolandosi sui talloni mentre giacevano a terra, Chris si avventò su Harry che lo stava già guardando terrorizzato.
“Harry! Ti avverto! Dimmi-”
“Chris! Calmati!”
La voce di Lea si fece strada nell’aria.
“Si può sapere che diamine è successo? Stai urlando da cinque minuti buoni, e si sente praticamente solo la tua voce dal fondo del corridoio!”
“Succede che qualcuno ha pensato di farmi uno scherzo prendendo Chewbacca!”
Lea rimase di sasso sulla porta prima di aprire di nuovo la bocca.
“Oh mio Dio…qualcuno vuole morire.”
 
Holly stava ancora ringraziando Darren a bassa voce per averla liberata quando sentì uno strano rumore provenire dal condotto dell’aria.
Non fece in tempo a tirare su la testa, che tre ragazzi piombarono giù uno dopo l’altro dal soffitto. Fortunatamente senza farsi male. Eccessivamente.
La ragazza rimase a bocca aperta davanti ai tre che si rialzarono in piedi in un secondo, sorridendole allegri e facendo “ciao-ciao” con la mano.
“Ehi…” sussurrò Mark “dove diavolo è John?”
“Non entrava nel condotto e sta cercando di entrare di soppiatto da-”
In quel preciso istante un ragazzo alto e ben piazzato completamente vestito di nero, con tanto di occhiali ed auricolare entrò velocemente richiudendosi la porta alle spalle.
“OhmioDio!” al grido soffocato di Darren fecero subito eco quelli degli altri attori. “Perché diamine non ho pensato di vestirmi anch’io così?!”
E mentre John si atteggiava a superfigo, Holly e Ashley si scambiarono un’occhiata esasperata.
“Uomini…”
 
Chris se ne era finalmente andato dal camerino degli uomini con Lea, che aveva rivolto loro un’occhiata della serie “che-diamine-state-aspettando-sbrigatevi-ad-andare-al-centro-controllo-sicurezza”, e i ragazzi cominciarono a cambiarsi velocemente.
Fu per questo motivo che due minuti dopo, vennero visti uscire dal camerino quattro inservienti con tanto di parrucche, spazzoloni e salopette.
Uno di loro parlava al telefono e sembrava borbottare parole come “Easy On Down The Road is on! Ripeto: Easy On Down The Road is on!”
 
Eryn era arrivata a metà strada tra la porta e l’ammasso di pelo quando sentì un rumore non ben identificato. Si girò di scatto, ma l’unica cosa che notò fu il corridoio grigio che la guardava silenzioso e immobile come due minuti prima.
Con un sospiro nervoso riprese a percorrere il corridoio facendo attenzione a non far rumore e a non essere vista.
 
Le ragazze stavano uscendo dal camerino quando Lea e Chris arrivarono.
“Chris!” Heather lo guardò sconvolta. “Che è successo? Sembra che ti sia morto il gatto!”
L’unico suono che fuoriuscì dalle labbra del soprano fu un grugnito indistinto mentre buttava all’aria i costumi di scena e spostava frenetico le sedie.
“Oh mio Dio! Non è successo niente a Han, vero?!” Jenna si portò una mano alla bocca spaventata.
“No, non è successo niente a Han!” Chris si buttò di peso su una delle sedie che si erano salvate dalla sua furia, prendendosi la testa tra le mani e borbottare parole incomprensibili contro i palmi.
“Ragazze, Chewbacca è sparito.”
Amber si girò di scatto verso Chris mentre Naya e Dianna correvano verso il soprano.
“Oddio Chris! Tu stai bene?” Naya cominciò ad accarezzargli la schiena a palmo aperto mentre Dianna gli spostava i capelli dal viso.
“No. Non sto bene. Non posso perdere quello zaino. Non posso.”
Pochi secondi dopo la voce di Amber si levò impetuosa.
“Ti aiuteremo noi a cercarlo. In sette faremo sicuramente prima di quanto non faresti tu da solo.”
“Giusto.” Continuò Dianna “Il backstage è grande, dividiamoci e cerchiamolo.”
Chris alzò la testa verso le sue colleghe, afferrando la mano che Naya aveva posato sul suo braccio.
“Grazie ragazze. Siete le migliori.”
 
Holly aprì il pacco di patatine che Kevin le stava porgendo prima di girarsi verso Ben che guardava ancora lo schermo del televisore di sorveglianza. La ragazza lo guardò interdetta per un secondo prima di voltarsi di nuovo verso il gruppo di attori.
“Quindi fatemi capire bene…” sussurrò la giovane verso i ragazzi che si erano ammassati sul divano “Avete ideato tutta questa idea per far incontrare Chris ed Eryn?!”
Tutte le teste presenti fecero un senno di assenso senza perdere di vista lo schermo.
“E io non mi sono potuta godere il concerto perché voi avete pensato che rivelare Eryn solo alla fine sarebbe stato più figo?!”
Altri cenni di assenso.
“Quindi è questo il motivo per cui avete fatto tutte quelle cose strane durante lo spettacolo?”
Ancora cenni di assenso.
Il silenzio regnò sovrano per alcuni secondi, interrotto solo dal masticare del gruppo.
“Dio, quanto amo la vostra pazzia!”
 
“Allora Chris.” Lea si fece avanti e lo guardò negli occhi. “Facciamo così. Adesso ci sparpagliamo e poi ci rivediamo davanti alla sala di controllo della videosorveglianza. Se non troviamo niente possiamo sempre chiedere a chi sta lì di dare un’occhiata alle registrazioni.”
Chris fece un segno con la testa per far capire che era d’accordo.
“Perfetto.” La moretta batté le mani insieme. “Allora, io vado a controllare nei bagni. Fosse mai che l’hai lasciato lì.”
“Io vado nella sala costumi.” Propose Jenna. “Prima dello spettacolo eri lì, e magari l’avevi portato con te.”
“Io mi occupo del camerino maschile. Con tutto il casino che fanno i ragazzi magari è finito da qualche parte…”
Heather si avvicinò a Dianna che aveva appena finito di parlare. “Credo sia meglio che io ti dia una mano se non vogliamo fare notte…”
Amber si alzò in piedi e si avviò verso la porta. “Io vado verso la zona bar. Mi sembra di ricordare che tu l’avessi con te oggi pomeriggio.”
“E io mi prendo la sala trucco.” Naya guardò Chris che stava ancora seduto sulla sua sedia. “Questo lascia a te il backstage.”
Il ragazzo guardò le sue amiche in faccia sollevato.
“Ok. Cominciamo a cercare.”
Cinque minuti dopo le ragazze si trovavano nella sala video, pop-corn alla mano, mentre osservavano Dorothy avvicinarsi sempre di più a Toto.
 
Eryn si trovava ormai a meno di cinque metri dalla massa informe e pelosa che giaceva abbandonata contro la parete quando lo sentì. Il suono forte e chiaro di una persona che correva nella sua direzione. Cercò con lo sguardo un luogo per potersi nascondere. Qualsiasi cosa. Un armadio. Una stanza vuota. Un secchio dell’immondizia. Si era quasi convinta a strisciare sotto una tenda che era inspiegabilmente appoggiata alla parete, quando si rese conto che i passi si erano fermati e che lei non era più sola. Alzò lo sguardo verso il lato opposto del corridoio e il respiro le si bloccò in gola.
 
Chris correva verso la sala video, preoccupato dal messaggio che aveva appena ricevuto da Lea. Sperava con tutto sé stesso che avessero ritrovato il suo zaino, una delle poche cose che gli erano rimaste di Eryn, perché non se lo sarebbe mai potuto perdonare.
Non appena girò l’angolo lo vide lì, appoggiato al muro del corridoio ed emise un sospiro di sollievo.
Ma non fu quello il motivo per cui si fermò, le gambe inchiodate a terra e il respiro mozzato.
 
Tutto il gruppo si fece più vicino allo schermo, le mani intrecciate febbrilmente l’una all’altra, mentre i due ragazzi si osservavano da un lato all’altro del video.
Il silenzio che regnava nella stanza poteva eguagliare solo quello che c’era in quel momento nel corridoio.
 
Eryn alzò gli occhi castani e li puntò in quelli cristallini di Chris.
E in quel momento capì che non ce l’avrebbe fatta. Non sarebbe riuscita a stargli lontano neanche se lui glielo avesse chiesto. Perché il suo migliore amico le era mancato come l’aria. Perché non respirava bene se non tra le sue braccia. Perché cinque anni sono un intervallo di tempo incredibilmente lungo tra un abbraccio e l’altro.
 
Chris sentì finalmente il groppo in gola sciogliersi non appena riscoprì il calore degli occhi di Eryn. Il familiare conforto che gli davano i suoi lunghi capelli rossi. La straordinaria serenità e completezza che provava solo quando le sue labbra piene si aprivano in un sorriso.
L’aveva capito su quel palco poco meno di un’ora prima, ma averla davanti a lui, solo per lui, in quel momento era un’altra cosa.
E per la prima volta dopo cinque anni, permise alle lacrime di bagnare le sue guancie.
 
È difficile dire chi fu tra i due a muovere il primo passo.
Un secondo prima si guardavano dai lati opposti del corridoio, e quello dopo erano stretti l’uno all’altra, in un abbraccio che aveva il sapore della gioia ritrovata. Della completezza. Della serenità. Della felicità pura e semplice su cui si era costruita la loro amicizia.
Chewbacca li guardava da terra, un sorriso sereno stampato sul volto peloso, mentre la stella della sera scintillava tra loro come un astro vero.
I polsi di Dorothy e dello Spaventapasseri erano avvolti da due braccialetti di caucciù nero, rovinati dal tempo, ma ancora forti e in grado di riportarli lì dove i due giovani potevano sentirsi davvero a casa.
Il silenzio intorno a loro era pieno delle parole che non si erano detti per tutti quegli anni e sussurrava nelle loro orecchie mi sei mancato, non lasciarmi mai più, sono così fiera e orgogliosa di te, tu mi hai insegnato ad andare avanti da solo, mi dispiace di averti abbandonato, grazie, mi dispiace, mi dispiace.
E poco importava se a qualche metro di distanza una stanza piena di pazzi stava esultando. Non sentirono le urla di Holly e Ben, stretti in un abbraccio come se fossero vecchi amici. Né i salti che Darren e Naya avevano preso a fare sul divano mentre Lea, Dianna e Jenna piangevano commosse davanti al televisore. Non sentirono i Warblers lanciare in aria i sacchetti delle patatine, né il rumore di Chord e Mark mentre si saltavano addosso, petto contro petto. Non sentirono Heather urlare per la sorpresa mentre Harry la lanciava in aria. E non sentirono Kevin e Cory soffiarsi il naso rumorosamente mentre Amber ed Ashley si afferravano le mani e cominciavano a saltellare in cerchio.
L’unico suono che udirono fu quello delle parole che non si erano detti.

“Mi sei mancato, giovane Grifondoro.”

“Tu di più, piccola Corvonero.”

 



Ed eccoci qui alle note finali.
Se siete sopravvissuti, lasciatemi un commentino di modo che io possa vivere in pace e senza preoccuparmi di aver fatto fuori qualcuno, mi raccomando.
Vi amo tutti. Tutti.
Sono per l'amore libero io...u.u

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