Imaginarium

di amaryllis_G
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 0 -Macabro Bizzarro- ***
Capitolo 2: *** Capitolo I -Tentacoli Urticanti- ***
Capitolo 3: *** Capitolo II -Deus ex Machina- ***
Capitolo 4: *** Capitolo III - L'inizio comincia dalla fine ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV - Il Palco del Baccanale ***
Capitolo 6: *** Capitolo V - L'Orrore ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI - I fiori hanno bisogno d'acqua ***



Capitolo 1
*** Capitolo 0 -Macabro Bizzarro- ***


Ciao lettore. Sono anni che immagino un mondo totalmente diverso dalla realtà, in cui immergermi non appena avessi bisogno di un momento di pausa. L'intera storia è opera della mia fantasia. Ci tengo a precisare che, invece di serbare questo mondo per me, ho deciso di condividerlo, e per far si che ciò accada nel migliore dei modi, ho creato Derek. Derek è l'avatar con il quale tu, lettore, puoi immedesimarti nel protagonista, provando le tue personali emozioni: ecco perchè Derek è quasi privo di spessore psicologico e reagisce banalmente, almeno nella prima parte, mentre si integrerà man mano nella storia, ritagliando il suo posto. Chiunque deve potersi immedesimare nel protagonista, e una caratterizzazione avrebbe complicato il mio progetto. Spero che ti piaccia viaggiare nel mio mondo.

Capitolo 0

-Macabro Bizzarro-

 

Il sogno mostrava un'ampia sala dal soffitto moderatamente basso, con numerose torce sulle pareti, le cui fiamme bluastre concedevano una misteriosa atmosfera in contrapposizione alla luce del tramonto che filtrava attraverso le finestre gotiche, ornate da vetrate le cui tonalità oscillavano tra il rosso e il viola. La stanza, a pianta circolare, presentava un tavolo rotondo, ricoperto da una stoffa ricamata in tessuti color cobalto e oro. Al centro del tavolo era posata una sfera cristallina che brillava con la forza di un piccolo sole argenteo, fornendo da ulteriore fonte di luce. Intorno al tavolo erano disposte numerose sedie in ebano riccamente intagliato e decorato, dallo schienale rigido. Diciassette sedie per diciassette donne, sedute intorno al tavolo, bisbigliando fra loro. Ogni donna indossava o portava con se un minuscolo oggetto di manifattura orafa, forgiato da metalli poveri, come il bronzo o il ferro. Pochissime indossavano oggetti di acciaio, e ancora meno di argento. Orecchini, ciondoli, amuleti, pendenti, anelli, spille, piccole imitazioni di cose o animali, fino a forme astratte spiralizzate Ogni dama era particolarmente attenta e prudente nel mostrare alle altre il proprio gioiello, prestando molta cura e proteggendolo. Ogni dama indossava una lunga veste scura e un cappello a punta, alcune indossavano anche i guanti. Ognuna di loro era caratterizzata da un certo fascino misterioso, che cambiava man mano che si osservavano i diversi volti che sedevano al tavolo. La dama più anziana sedeva sulla sedia più grande e decorata, alle sue spalle il sole tramontava attraverso una vetrata che rappresentava un roseto. La dama indossava una veste blu notte lunghissima, con maniche che superavano di molto la lunghezza del suo braccio. Il vestito scopriva le spalle della donna, che erano comunque nascoste da un velo di stoffa che scendeva dalla tesa del cappello a punta, nascondendo anche il volto. In controluce, si riconosceva la sagoma della donna attraverso il velo: le spalle prendevano strane pieghe, come se numerose spine fossero cresciute sulle sue spalle. La dama alzò una mano nascosta dalla manica, che scese fino al gomito, mostrando dita lunghe e affusolate ricoperte da anelli vistosi, alcuni dei quali avevano un aspetto più grezzo, probabilmente ricavati da amuleti simili a quelli delle altre dame incastonati su semplici anelli. Il polso era ricoperto da bracciali tintinnanti, composti da ciondoli, rassomiglianti gli oggetti delle altre dame. La caratteristica più stupefacente però erano le unghie della donna: lunghe quanto una tibia, viola scuro e affilate come artigli. Un leggero cenno e una dama prese fuoco, diventando candida cenere. Il suo amuleto, un ciondolo raffigurante una falena, si librò in aria fino a giungere nella mano della Dama anziana, che richiuse la mano con soddisfazione e abbassò il braccio con grazia, tornando alla sua posizione originale. Il sogno si interrompeva quando una delle dame apriva bocca per parlare: il sogno piombava nel buio, per poi svegliare Derek con un sobbalzo.

Il ragazzo si alzò e si sedette sul proprio letto, stropicciandosi gli occhi, mentre sentiva la propria testa scoppiare. Era sbagliato pretendere incubi meno macabri, meno.... bizzarri? Prese una T-shirt e un jeans dall'armadio e li indossò rapidamente. Benchè la T-shirt fosse particolarmente colorata, questo non rendeva il suo possessore più allegro. Scese per fare colazione, solo, ovviamente. I suoi non erano mai in casa, dedicati giorno e notte alla costruzione di opere d'arte moderna. Avevano smesso di provvedere a lui direttamente dopo che ebbe compiuto otto anni, da allora Derek si era abituato a vivere in totale autonomia. Ingoiò lentamente un morso di toast, mentre la sua fame passava, e decise di dirigersi direttamente a scuola. L'autobus era chiassoso e veloce, il tempo impiegato era di molto inferiore rispetto a quello degli altri autisti, ma a Derek non importava più di tanto: prima o dopo, quale sarebbe stata la differenza?

Dopo una mancata interrogazione, l'insegnante lo cacciò fuori, poiché “si asteneva dal rispettare i compiti assegnati”.

Derek era fuori dall'aula, appoggiato al muro, aspettando l'ora successiva. Non era mai stato un tipo molto affabile. Solo e senza amici, quattro parole che fornivano un'eccellente descrizione di sedici anni di vita, passati a sopravvivere a qualunque situazione, senza badare a ciò che se ne potesse ricavare. Per qualche motivo, allontanava coloro che gli si avvicinavano. Prendeva con sarcasmo e disinteresse tutto ciò che la vita gli offriva. Non piaceva alle ragazze, non piaceva ai possibili amici, ne ai possibili conoscenti. La vita per lui scorreva monotona e piatta. Aveva smesso di sperare in qualcosa di positivo anni addietro, da quando ha dovuto cominciare a vivere con se stesso.

 

“Che noia...”

 

Contemporaneamente, ma in una dimensione diversa e più...umida, un altro ragazzo della sua stessa età era appoggiato ad un muro, e pensava alla stessa cosa.

 

“Che noia...”

 

Il giorno dopo, Derek tornò a scuola. Il suo banco aveva due posti, il secondo di solito era vuoto, in quanto il numero di alunni in classe era dispari, e lui, l'ultimo arrivato, era rimasto fuori. La faccenda non gli dispiaceva, il tempo e l'esperienza gli avevano insegnato che ciascuno di noi può essere il miglior amico di se stesso. Tuttavia,quel giorno il secondo posto era occupato da un altra persona. Un ragazzo con i capelli castani e una capigliatura arruffata, che indossava una felpa e un paio di jeans chiari, con delle sneakers. Il ragazzo lo guardò negli occhi, castani e scuri come i suoi capelli, ma molto più profondi. Per un attimo gli sembrarono azzurro ghiaccio, ma dopo il battito di ciglia successivo erano di nuovo scuri.

“Uno scherzo della luce, tutto qui” pensò, cercando di dimenticare quella bizzarra impressione. La sua insegnante di Letteratura, la signorina Pence, decise di rompere il silenzio che si era creato intorno al ragazzo.

-Ah, Derek, puoi sederti. Questo è Felix. È nuovo, e deve ancora ambientarsi, prego tutti di essere molto gentili e accoglienti con lui..-

Mentre la signorina Pence, la più tenera e accogliente, nonché la più giovane e inesperta del corpo docenti faceva il suo solito discorso sul rispetto reciproco per convincere gli alunni a fare conoscenza con il nuovo arrivato, Derek noto lo strano alone di isolazione che si era creato attorno a lui. Molti lo guardavano quasi intimiditi, altri, più goliardici, vedevano in lui un nuovo giocattolo, altri più violenti, un nuovo punching ball. Si sedette tranquillo, e il ragazzo al suo fianco mostrò freddezza e indifferenza quasi inumani. -Mah- pensò - un po' di cordialità non fa mai male a nessuno, e potrei rompere io il ghiaccio...-

Provare non costa MAI nulla dopotutto, e Derek vedeva se stesso nel ragazzo: solo in un nuovo ambiente, ma dal carattere abbastanza forte per poter affrontare sia la solitudine che la compagnia. Nonostante molti siano convinti che stare in compagnia sia la cosa più naturale per ogni persona, lui sapeva che spesso era esattamente l'opposto.

Derek cambiò idea, man mano che sentì in lui svanire la voglia di fare conoscenza, mentre questa faceva posto ad un freddo interiore piuttosto singolare, che non aveva mai provato prima. Decise quindi di assistere alla lezione, e magari tentare di attaccare bottone durante il cambio dell'ora, dove il caos creato dai suoi compagni avrebbe di sicuro spezzato la freddezza del suo nuovo compagno di banco.

Durante la lezione, improvvisamente, Derek udì una bizzarra melodia, come se qualcuno stesse cantando. Si girò e, con grande stupore, si rese conto che il suono proveniva dalle labbra del suo compagno di banco. Si girò attorno e notò che nessun altro sembrava aver notato qualcuno cantare, nemmeno la signorina Pence, nota nell'istituto per il suo forte senso dell'udito, famoso per aver percepito i sussurri più remoti provenienti dai banchi più lontani.

-You don't need to understand, my fears are high as the waves over me-

Derek sentì il sangue gelarsi nelle sue vene, mentre vedeva tutti proseguire nelle loro azioni quotidiane, mentre quel suono melodioso, simile allo stridere delle corde di un violino, dolce come il paradiso e doloroso come l'inferno, riempiva lo spazio circostante, facendosi strada tra i suoi pensieri, sconfiggendo ogni tentativo di resistenza.

-I will remember how to fly, till I reach the secret heaven's door-

Felix si girò, e Derek sentì il proprio cuore cercare di uscire dal petto, gli occhi sbarrati e la bocca spalancata, nell'espressione che precede un urlo del più puro terrore, che però non giunse mai alle sue orecchie. Si accorse di non riuscire a muoversi, e a malapena di riuscire a pensare, il suo cervello avvolto nella morsa di quel suono terrificante. Gli occhi di Felix erano tornati azzurri. Non era quel colore che potevi trovare attraente, simile al mare più profondo o al cielo più vasto. Questo era simile alla più desolata landa ghiacciata, distante migliaia di chilometri da casa, fredda e priva di vita. Le sue pupille apparivano minuscole, quasi invisibili, avvolte nella luce accecante di quelle iridi, incorniciate da candide sclere luminose, mentre un piccolo sorrisetto malizioso si faceva strada sul suo volto.

-Cosa c'è, ? Vedi forse qualcosa di diverso, di...interessante? Qualcosa di non umano? Sembra che tu abbia visto un fantasma...- la voce che usciva dalla sua bocca era come lo stridere del gesso sulla lavagna, un suono che desideravi dal più profondo del tuo animo che cessasse, che tacesse per dare pace alla tua mente.-Sarebbe carino rispondere...Derek? Derek!!?! Mi senti?-

Derek si accorse in un battito di ciglia di riuscire di nuovo a muoversi e a pensare come prima, ma qualcosa era cambiato. Gli occhi di Felix erano di nuovo scuri e profondi, e la signorina Pence si era fermata.

-Derek, cos'hai? Sembra che tu abbia visto un fantasma, sei bianco come il gesso...OH DIO! Derek! Sei freddo come il ghiaccio! Cos'hai? Ti senti male? Vuoi che chiami tua madre?-disse la signorina Pence, dopo aver sfiorato la fronte del ragazzo.

Derek non riusciva a comprendere come mai questo repentino cambiamento, non solo del suo corpo, ma anche della realtà circostante. Era come se avesse sognato quel suono terrificante, ma gli basto girarsi di nuovo per ritrovare Felix, il medesimo sorriso di pochi attimi fa ancora stampato sul volto, seduto vicino a lui, con un'aria interessata sul volto.

 

La giornata era stata pazzesca, Derek ha continuato a sentirsi freddo e debole per tutto il giorno. Al suono dell'ultima campanella, Derek si sentiva molto meglio, ma non riusciva a scrollarsi di dosso quella strana sensazione che l'aveva percorso per tutta la giornata. Fuori pioveva a dirotto, e aspettò pazientemente l'auto di suo padre, affinché potesse tornare a casa. Si tranquillizzò ulteriormente quando vide Felix girare l'angolo, sentendo il panico abbandonare il suo corpo, ma si sentì in colpa quando vide che era seguito da un gruppetto di teppisti piuttosto violento, che girava nei corridoi cercando qualcuno da poter sbattere violentemente a terra. Fortunatamente, Derek attirava raramente l'attenzione, quindi non ha mai dovuto difendersi in casi del genere. Punto dalla curiosità, si avvicinò cautamente alla scena, nascosto dietro un muro. Se Felix era stato capace di bloccare la sua mente e il suo corpo, in chissà quale misteriosa maniera, sarebbe stato capace di difendersi o scappare. Dal suo punto di vista, vedeva che Felix era circondato dai tre più grossi, mentre i rimanenti erano in un angolo, intenti a commentare la scena. Il primo si fece avanti, un'espressione sinistra sul volto, massaggiandosi il pugno destro, evidentemente la mano dominante. Derek rimase sbalordito quando vide l'espressione svanire dalla sua faccia, le sue ginocchia cedere e la sua testa alzarsi verso l'alto, come se qualcuno lo stesse tirando per i capelli. Improvvisamente Derek sentì le forze abbandonarlo, cedendo alla disperazione e si ritrovò a terra, gli occhi sbarrati e vacui, sbalordito e terrorizzato dalla scena che si presentava al suo sguardo: la pelle sul collo del teppista si tendeva, come se un laccio invisibile stesse stringendo la presa. Il suo cuore batteva così velocemente da produrre un unico mormorio, mentre i singoli battiti si perdevano in un suono più grande, diventando impercettibili. Vide il bagliore della paura negli occhi del teppista, ma rimase ancora più terrificato dalla visione del secondo bullo sospeso in aria, dopo che aveva cercato di aiutare il suo compagno. Felix fece un leggero gesto della mano e il terzo teppista finì con la schiena alla parete più vicina, le braccia distese, paralizzato, come la debole preda di un ragno affamato. Le iridi di Felix erano tornate luminose e azzurre, mentre squadrava i suoi avversari, concedendo loro uno sguardo di disprezzo, come se si aspettasse una maggiore resistenza al suo attacco. Ad un tratto la presa sulle gole e sui corpi dei teppisti scomparve, e dopo pochi secondi adoperati per riprendere fiato, il gruppo fuggì, preoccupato per la propria incolumità.

-Beh, Derek, ci vediamo domani...ok?- disse Felix, facendo un bizzarro gesto con le braccia, come ad aprire una tenda e un varco di luce si aprì. Felix vi si inoltrò, scomparendo, inghiottito dalla luce. Derek ebbe l'impressione che il varco si stesse per chiudere, e rifletté rapidamente. Non si sentiva in grado di tornare a casa e vivere di nuovo in quel pozzo di solitudine che era la sua vita. Era vero che si trattava di una prospettiva decisamente più sicura rispetto all'attraversare il varco. Non riusciva a resistere, sentiva di appartenere al mondo oltre il varco. Era qualcosa che gli somigliava in qualche modo: il varco emetteva raggi di luce che lo facevano sentire in un posto sicuro man mano che si avvicinava. La sua mente era ormai totalmente affascinata dal portale, e Derek non riuscì più a pensare seriamente a ciò che doveva o non doveva fare. Irrimediabilmente attratto dalla luce, come un insetto attratto dall'odore di una pianta carnivora, si avvicinò al varco, che lo avvolse in una pellicola soffice come il velluto. L'odore, il colore, la sensazione del varco sulle proprie dita erano familiari, come un ricordo infantile rimosso dalla propria mente, e poi miracolosamente recuperato, come un giocattolo considerato perso per sempre ma poi ritrovato. Il varco si chiuse dietro di lui, proprio come una pianta imprigiona la propria preda, lasciando soltanto un bizzarro, insignificante solco sul terriccio bagnato dalla pioggia.

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Capitolo 2
*** Capitolo I -Tentacoli Urticanti- ***


Rieccomi qui!!! Non muoio, ma torno allegramente a postare il secondo capitolo!!! Qui viene per la prima volta nominata una persona mooolto importante, e se nelle recensioni sarete interessati aggiungerò parte della sua storia nel prossimo capitolo! Buona lettura!! Se recensite le mie storie recensirò le vostre, e viceversa ;D

-Capitolo I-

Tentacoli Urticanti

 

Il varco era tiepido e luminoso, era come essere avvolti da una coperta calda e leggera. Il viaggio fu breve. Quando il varco luminoso si aprì di nuovo, Derek ne uscì, abbandonando la sensazione di tepore e purezza. Subito dopo il varco si dissolse, e Derek si guardò attorno. Il posto dove si trovava era piuttosto bizzarro, ma ciò non lo rendeva meno bello: il terreno era ricoperto di piastrelle grigio scuro, come quello delle nuvole in tempesta; le pareti erano ricoperte con le medesime mattonelle, la maggior parte delle quali era invasa da piante lacustri gigantesche che, per qualche bizzarro motivo, crescevano dal soffitto, e la stanza aveva l'odore di un boschetto incolto subito dopo un temporale estivo, quell'odore umido che faceva percepire l'aroma inconfondibile di tutta la vegetazione circostante. Tra le piante che infestavano i muri facevano capolino numerosi fiori, tutti di colorazione tra il blu oltremare e il viola. L'altro lato della stanza era la cosa più stupefacente che avesse mai visto: l'intera metà della sala, alta circa una quindicina di metri e larga venticinque, era occupato dall'acquario più grande che potesse esistere, la cui luce azzurra si rifletteva sulle mattonelle. Sembrava una finestra sull'oceano, profondo e ricco di vita e di colore, un abisso avvolto dal mistero. Avvicinandosi, Derek si accorse che il vetro non c'era: era semplice acqua, chiara e cristallina, che si prendeva gioco della gravità rimanendo al suo posto, increspandosi lievemente al tocco delle sue dita. L'acquario (se acquario lo si poteva chiamare) si affacciava su di una scogliera subacquea gigantesca, ricoperta da coralli e anemoni di ogni genere e tonalità. Normalmente ci si aspetterebbe un qualche genere di pesce colorato in un acquario, anche se quello poteva benissimo ospitare banchi di delfini: guardando l'acquario, sembrava che la sua profondità si estendesse svariati chilometri avanti. Mentre osservava meravigliato, una creatura azzurra in lontananza si avvicinava. A causa della distanza, non si riusciva ad individuare chiaramente di cosa si trattava, l'unica cosa certa era che aveva una forma rotonda e luminosa, simile ad una luna, che diventava più grande e più piccola ad intervalli regolari. Quando fu abbastanza vicina, Derek capì che si trattava di una medusa. Non una medusa come quelle che si possono incontrare in spiaggia, larghe si e no venti centimetri: questa era larga un metro e mezzo e lunga due, praticamente le dimensioni di un orso. Il cappello della medusa risplendeva di bagliori madreperlacei che riflettevano l'intero spettro cromatico, i lunghi tentacoli bluastri circondavano quelli più voluminosi, simili a nastri di velluto, bianchi e luminosi, che scendevano da sotto il cappello. La medusa si avvicinò al limite dell'acquario. Derek ebbe l'impulso di allontanarsi, ma si rassicurò: il vetro dell'acquario li separava. Ricordò pochi attimi dopo che in effetti il vetro non esisteva, ma era troppo tardi, pochi centimetri lo separavano da quell'enorme predatrice. La medusa allungò un tentacolo, avvicinandolo al vetro e attraversandolo con la facilità con cui si attraversa l'aria. Derek sentì un brivido corrergli giù per la schiena quando sentì qualcosa di morbido e sottile solleticargli la caviglia. Abbassò lo sguardo per notare che un tentacolo gli si era già avvinghiato alla caviglia, insidiandosi sotto il jeans per arrivare alla carne nuda. Il primo tentacolo l'aveva distratto per permettere al secondo di bloccargli la caviglia, mentre il corpo della medusa si faceva avanti per uscire interamente. Derek cominciava a cadere nel panico: le meduse erano predatrici carnivore, e viste le dimensioni di quella che aveva davanti, lui era un'eccellente porzione di carne. Perché il tentacolo che gli bloccava la caviglia non l'aveva ancora avvelenato? Le meduse, specie se grosse come questa, sono incredibilmente velenose. E come poteva la medusa sopravvivere e muoversi fuori dall'acquario?

Il primo tentacolo gli aveva bloccato il polso, quando notò che silenziosamente, altri due gli avevano bloccato la caviglia e il braccio che erano rimasti liberi, il tutto in una frazione di secondo. La paura lo teneva prigioniero, mentre cercava una via di fuga. La presa della medusa però era forte, e Derek sarebbe difficilmente riuscito a liberarsi. I tentacoli erano sottili e scuri, e il ragazzo provò a divincolarsi per fuggire, ma inutilmente. Senti le suole delle sue scarpe abbandonare il terreno mentre la medusa lo sollevava da terra, ignorando i tentativi della propria preda di liberarsi dalla morsa, e pronta a cibarsene. Con estremo orrore Derek vide altre due meduse, grosse come delfini, raggiungere la loro compagna, per poi uscire dall'acquario e cominciare ad aleggiare attorno al loro abbondante pasto. Derek era piuttosto magro e slanciato ma non molto forte e quindi incapace di sottrarsi a loro. Nonostante la carenza di volume della loro vittima, le meduse continuavano a girargli attorno, punzecchiandogli i fianchi e le cosce con i tentacoli, come per valutare l'abbondanza e la consistenza del cibo. Si muovevano nell'aria come se fossero ancora nell'acqua, forse con più lentezza, ma comunque aleggiando pericolose. La prima medusa, la più imponente delle tre, si fece avanti, la mole gigantesca aleggiava fuori dall'acquario, mentre i tentacoli simili a nastri, larghi almeno trenta centimetri, si facevano da parte, per ingoiare Derek attraverso delle fauci piuttosto bizzarre, che si trovavano al centro del cappello, sul lato inferiore, prima dell'attaccatura dei tentacoli. Derek vide la sua fine quando la sua testa stava ormai per entrare nelle fauci della medusa, quando la medusa si ritrasse, mollo la presa facendo cadere bruscamente a terra quello che doveva essere il suo pasto, ma che era ancora vivo. Derek vide con orrore che una quarta medusa, grossa quanto la prima, ma bianca e madreperlacea, i lunghi tentacoli neri che scendevano dal cappello, accompagnati da quei nastri velenosi, stavolta azzurri, si faceva avanti, mentre le altre si facevano da parte. Attraverso il limite dell'acquario e cominciò a contorcersi. Il cappello si divise in strisce, e si trasformò in una corona luminosa, mentre i tentacoli, simili a capelli, si spostavano, rivelando un volto e un corpo femminile. I tentacoli simili a nastri avvolsero il corpo della donna, coprendone le nudità e trasformandosi in una sorta di abito, dall'aspetto regale. La creatura era bellissima: Derek smise di pensare alla fuga, ammaliato dai suoi lineamenti. La donna aprì gli occhi: la pelle diafana, le unghie nere e i tentacoli scuri incorniciavano un volto su cui comparivano due occhi color del ghiaccio che lo fissavano.

-Paeonia, Euriale, Anaemone. Chi è questo intruso?- disse

-Mia regina- sussurrarono le meduse, flettendo il cappello in quello che doveva sembrare un gesto di riverenza. -Si è intrufolato nell'acquario e...-

-Non è possibile!!! Non dite eresie, l'Aquarius Medusae è protetto magicamente da ogni intrusione interna!! Si può entrare solo dall'entrata sull'oceano, e infrangendo la superficie dell'acqua le sentinelle avvertirebbero la presenza di un intruso e mi avviserebbero di conseguenza!! Ma non sono stata avvertita.- disse imperiosa la medusa, che sembrava piuttosto irritata.

Si voltò per dedicare totale attenzione a Derek, scrutando attentamente il suo volto, dal naso appuntito agli occhi verdi, fino ai capelli neri.

-Tu. Come hai fatto ad entrare qui?- disse con voce autorevole.

-Io...beh...- incespicò Derek, in risposta.

Per qualche motivo Derek adesso trovava molta difficoltà ad aver spiegato di essere entrato in un varco luminoso per seguire la persona che più lo terrorizzava, e di essere stato quasi mangiato da una medusa.

Il suo silenzio non fece che far irritare la medusa Regina, che sembrava perdere la pazienza.

-Allora? Se non rispondi dovrò prendere provvedimenti dolorosi.- ad un successivo silenzio, la regina rivolse un cenno d'assenso alle sue sottoposte, e senza che Derek se ne rendesse conto, le due meduse lo avevano afferrato per i polsi e lo tiravano da due estremi diversi, immobilizzandolo e rendendolo vulnerabile a ogni attacco, sia davanti che dietro. Derek era fortunato che non gli avessero iniettato del veleno: aveva almeno sei tentacoli su ogni braccio. La regina camminò fino ad arrivare alle spalle di Derek. Da quella posizione, Derek non poteva immaginare a cosa corrispondesse lo schiocco di frusta che udì improvvisamente. Un brivido corse lungo la sua schiena, mentre il terrore lo avvolgeva. Si voltò con uno sforzo immane per vedere che dall'indice della Regina partiva un lungo tentacolo bluastro, simile ad una frusta, e che era avvelenato, a giudicare dalla sadica espressione che traspariva dallo sguardo della Regina. Un altro schiocco violento del tentacolo lo persuase a voltare lo sguardo in avanti. Udì un altro schiocco della frusta, che però non colpì per terra, bensì sulla sua schiena. Derek sbarrò gli occhi, è quello che gli uscì dalla bocca fu un urlo assordante: la sua maglia era stata lacerata al momento della frustata, e il tocco del tentacolo era dolorosissimo. Un lungo taglio, sottile come un capello, si era formato sulla sua schiena, la pelle intorno ad esso era ustionata e corrosa dal veleno, che prolungava il dolore oltre il normale effetto della frustata. Un altro schiocco, e poi un altro, in punti diversi, uno sulla spalla, uno sul braccio. Nuove piaghe comparvero sulla sua pelle, mentre il veleno pungeva come decine di aghi roventi.

-Te lo chiederò un'altra volta. Come hai fatto ad entrare qui? Sappi che ti frusterò di nuovo se non mi risponderai.-

Con riluttanza, Derek raccolse le proprie forze, combattendo il dolore che lo pervadeva.

-Ho seguito un amico, che ha attraversato una specie di portale. L'ho attraversato anch'io, e mi sono ritrovato qui. Poi le meduse mi hanno attaccato.-

-Non ci sono portali che possano portare qui. Questo posto è l'Aquarius Medusae, un posto remoto e segreto, protetto da ogni intrusione interna dalla magia, e da quelle esterne dalle colossali meduse Guardiane. Non puoi essere passato da un portale e finire qui. A meno che non sia stato colui che ha imposto la protezione ad aver aperto il portale, ma ne dubito fortemente. Ad ogni modo, la prossima volta inventa una bugia più credibile. Hai profanato un'oasi di pace naturale e magica, e verrai punito.-

Dalle dita della mano destra della Regina si protesero cinque lunghi tentacoli avvelenati. La regina produsse un'altra frustata, che sarebbe stata molto più dolorosa, visto il numero di tentacoli. Derek chiuse gli occhi, preparandosi ad una nuova ondata di dolore, gli occhi umidi per la sofferenza patita fino a quel momento. Tuttavia, la frustata gli rimbalzò addosso, e si accorse di avere di nuovo libere le braccia, quando le sue ginocchia cedettero dal dolore e lui si accasciò a terra, sanguinante. Le ferite non si rimarginavano, ma non provocavano una grossa perdita di sangue. Si limitavano ad infettare la pelle, infliggendo una sofferenza lunga e debilitante. Si girò, stordito ed indebolito dal veleno, per vedere la Regina inchinarsi davanti a Felix, apparentemente sbucato dal nulla.

-Anthea, posso sapere perchè stai punendo questo ragazzo?- disse Felix.

-Mio signore, si è intrufolato attraverso un portale a quanto dice, ma è impossibile, lo stavo costringendo a...-

-No, Anthea, penso sia entrato dal mio, lui vede.-

Anthea lo fissò stupita.

-È un mio amico, lascialo stare con noi, e ti prego di dare ordini alle tue sottoposte di non attaccarlo. Manda le sentinelle in ogni angolo del nostro mondo e del suo, affinché trovino ogni traccia di attività magica, devo scoprire chi ha mantenuto aperto il mio portale. In ogni caso è bene che controlli io stesso che non sia entrato attraverso un qualche genere di Intersezione...-

Felix si rivolse direttamente a lui stavolta. - Derek, ti spiace se analizzo un attimo la tua memoria? Ti sentirai solo un po' stordito, niente di più, lo prometto, e poi penserò a curare le tue ferite, Anthea non ci va leggera con gli intrusi, ti chiedo scusa anche da parte sua...-

Derek osservò la medusa ritirarsi e tornare nell'acquario nella sua forma originale, dopo un cenno rispettoso di saluto, scomparendo nelle profondità. L'analisi mnemonica era un'esperienza bizzarra, era come se il cervello di Derek fosse immerso nella gelatina, mentre dita e mani frugavano al suo interno. Tuttavia l'esperienza fu breve e, come Felix aveva promesso, totalmente indolore.

-Bene- disse Felix ad operazione conclusa -vedo chiaramente che hai usato il mio di portale, quindi non ci sono problemi. Se avessi usato per caso il portale di un altro mago, questo avrebbe dimostrato una falla nel mio sistema di sicurezza, e sarebbe stato un problema grosso...-

-Quindi sei tu a possedere e salvaguardare questo posto?- chiese Derek.

-Si, l'intero castello...-

-C-castello...?-

-Giusto, dimenticavo che entrando direttamente nell'Aquarius Medusae non hai visto niente, ma sarà meglio che tu lo visiti tra qualche giorno, le ferite sono dure da curare, la Regina ha un veleno molto forte...- lo informò.

Felix si avvicinò al muro grigiastro, aprì la mano e appoggiò il palmo sulla pietra fredda. I suoi occhi tornarono azzurri e luminosi, ma stavolta Derek non ne era spaventato. Mormorò qualcosa, e dal suo palmo si dipartirono frasi in una lingua antica, che scivolavano sulla roccia come serpenti, per poi scomparire. I singoli mattoni si mossero in avanti, uscendo dal muro e ricomponendosi formando un'entrata simile a quella di una grotta. La grotta era bloccata al suo interno da una lastra di marmo che la occupava interamente. Ad uno schiocco di dita la lastra si abbassò, rivelandone altre a seguire, che si abbassarono fino a formare una gradinata. Una volta saliti, si trovarono in un corridoio privo di finestre, che presentava numerose fioriere appese al soffitto, dalle quali ricadevano tralci di fiori rampicanti violacei, simili alle campanule. Quando le loro suole si staccarono dall'ultimo gradino, le lastre si rialzarono fino a tornare allo stesso livello, occultando l'entrata. Il corridoio era in realtà un cubicolo secondario al vero corridoio, molto più grande e decorato da finestre gotiche. L'intera struttura era in marmo chiaro, e attraversandolo Derek rallentò il passo per osservare il panorama offerto dalle finestre. Il castello doveva affacciarsi su di un oceano, questo spiegava l'acquario e la vista panoramica: un cielo notturno, punteggiato da stelle e decorato con qualche nuvola occasionale si addossava su di un oceano del medesimo colore.

Arrivati ad una stanza, Felix aprì la porta e fece entrare Derek. La stanza era spoglia ma ampia, con un letto ed una grande finestra. In un angolo, faceva capolino un tavolo in legno scuro, che contrastava con il candore delle nuvole.

Derek non poté resistere, una domanda che lo assaliva da parecchio doveva trovare risposta.

-Felix...-

-Si, di cosa hai bisogno?- rispose, intento a prendere numerose provette, piene di liquidi variopinti.

Derek era sdraiato sul letto, mentre Felix preparava il medicinale per le frustate, che continuavano a bruciare come se il tentacolo fosse stato incandescente.

-Ma la faccenda della magia, del portale e tutto...come funziona di preciso?

Felix lo guardò, ricordando di parlare con qualcuno che era stato catapultato in una dimensione piuttosto bruscamente, passando un quarto d'ora in compagnia di meduse sadiche e velenose.

-Hai attraversato il portale per sapere come mai vedevi i miei occhi cambiare colore mentre altri non se ne accorgevano, cercando una risposta anche ad altri fenomeni di cui io ero la causa. Penso che il tuo potere, per quanto sia misterioso, abbia agito inconsciamente, bloccando la chiusura del mio portale, e attirandoti al suo interno. Questo perché anche tu sei un mago. Quello degli occhi era una prova a cui ho sottoposto gran parte della popolazione della tua zona. Sei l'unico che ha avuto un risultato positivo. Tra tutti loro, tu sei l'unico che riesce a vedere il Mana. Il Mana è l'energia magica che regola la funzione e l'ordine della natura e delle cose, che proviene dalla terra stessa, a cui i maghi attingono. La tua capacità di percepire il momento in cui usavo il Mana è un dono prezioso, segno di una forte predisposizione alla magia. Quando ti riprenderai, potrai decidere se anche tu vuoi imparare la magia. Poche settimane passate qui equivalgono a pochi minuti nella tua dimensione, quindi puoi stare tranquillo, riguardo alla tua, chiamiamola così, "altra vita". L'unguento deve riposare, so che con il dolore inferto dalle ferite sarà difficile, ma cerca di riposare anche tu, d'accordo? Ci vediamo domani.- disse Felix, congedandosi.

Un mago, eh? Non sembrava una cattiva idea, ma forse era tutto un sogno. Oppure no? No, le ferite infliggevano un dolore che doveva essere terribilmente vero. Se poteva diventare un mago, poteva lasciarsi indietro la sua vita? Era il caso di considerare questa possibilità.

Il padre e la madre di Derek non erano molto presenti. Erano entrambi grandi lavoratori, ma erano piuttosto distaccati l'uno dall'altra, così come con Derek. Sia suo padre che sua madre erano due rinomati artisti moderni, che dedicavano quasi tutta la giornata al lavoro. Derek, dal canto suo, non poteva che imparare a diventare indipendente, vista la mancanza dei suoi genitori e, essendo figlio unico, imparò che ciascuno può essere il miglior amico di se stesso. Grazie a questo concetto, ha sviluppato un forte senso di autonomia, sebbene mancasse totalmente di ambizione: dovendo risolvere da se tutti i propri problemi, tendeva ad accontentarsi sempre della propria situazione. Riflettere attenuò un pochino il dolore, e riuscì ad addormentarsi. Dopo un sonno senza sogni, si alzò quando la luce del sole cominciò a penetrare attraverso le tende. Diede uno sguardo al grande orologio appeso al muro, le cui lancette indicavano il numero romano VI e III. Le sei e un quarto, presto per svegliarsi. Lasciò che il proprio corpo si accasciasse di nuovo sul grande cuscino. Poi sentì i morsi della fame. Si alzò, accorgendosi che le piaghe bruciavano molto meno: il veleno si era indebolito, proprio come aveva detto Felix. Cominciava a provare una certa fiducia verso il ragazzo, che mano mano prendeva il posto della paura, convinto che le cose per lui potessero veramente migliorare. Pieno di questo ottimismo, indossò il jeans che aveva messo il giorno precedente, ma ricordò che la sua maglietta era praticamente distrutta. La fantastica sensazione di entusiasmo, da lui provata raramente, si affievolì. Si accontentò nuovamente, e rimase con la T-shirt con cui aveva dormito. Una volta fatta colazione e aver trovato Felix, poteva chiedere a lui una maglia, in fondo era poco più magro di lui.

Tuttavia, trovare Felix si rivelò più complicato del previsto: il castello sembrava un labirinto, Derek si perse più volte e più volte si ritrovò al punto di partenza.

Affondò la faccia nelle mani, cercando una soluzione, quando si sentì chiamare, aprì gli occhi e si girò, ritrovandosi faccia a faccia con gli occhi scuri di Felix.

-Dov'eri finito? Pensavo volessi mangiare...non conosco le tue abitudini, sinceramente, ma penso sarebbe opportuno cambiare maglia, non credi?-

-Per l'appunto. Le frustate delle meduse hanno distrutto la mia, e ti cercavo per procurarmene una...-

rispose.

-Capisco. Vieni con me, così potremo fare colazione, poi penseremo alla tua maglia, ok?-

-E sia- concluse Derek.

 

***

 

Dopo un'abbondante colazione e una nuova maglia, il buon umore era tornato nell'animo di Derek, che seguiva Felix lungo l'ennesimo corridoio. Osservava le mura e i particolari del castello con lo stesso entusiasmo di un bambino in una pasticceria, affascinato da quel mondo così misterioso.

-Dove stiamo andando?- chiese, smettendo di osservare le porte che superavano.

-Dobbiamo mettere l'unguento sulle tue piaghe, ormai la macerazione dovrebbe essere completa...-

Nonostante fossero tornati alla camera dove aveva dormito, Derek non aveva affatto riconosciuto ne la stanza, ne la strada per giungervi.

-Non posso darti una mappa, solo delle indicazioni, e sei pregato di non mettere niente del genere per iscritto, ancora non lo sai, ma siamo in guerra.- concluse Felix, bocciando la richiesta di Derek di una mappa.

-In guerra?!? Perché?-

-Questa dimensione è regolata dal Mana. Il Mana è una forma di energia e bisogna attingervi per utilizzarla. Il Mana proviene dalla terra stessa. Originariamente, il Mana era un'energia unica e inscindibile in forme secondarie, ma a causa di un conflitto, la sua integrità è stata compromessa. Ora, a seconda della fonte, utilizziamo il mana per controllare un certo elemento. Attingendo Mana dall'acqua posso controllarla, attingendola dal fuoco posso appiccare fiamme dove preferisco. Ogni mago ha determinate capacità nell'utilizzo del Mana, e fra i maghi spiccano sette individui dotati di particolare talento. Questi maghi formano L'Ordine, suddiviso in due gruppi distinti da una rigorosa gerarchia. Tre persone sono scelte dal Mana, e ne diventano parte stessa, il Mana del Fuoco ha scelto una persona, e così anche il Mana della Natura e il Mana dell'Acqua. I tre prescelti formano la Triade Regia. In battaglia sono affiancati dai rimanenti membri, il cui Mana è specializzato in campi più ricercati e arcani. Questi quattro maghi prendono il nome di Quartetto Cavaliere. In seguito a numerosi conflitti all'interno della Triade, l'Ordine ha subito una scissione, i singoli membri della Triade si sono divisi, e i membri del Quartetto hanno seguito coloro che ritenevano meritevoli dei loro servigi. Questo è il conflitto che ha compromesso il Mana, suddividendolo per elementi. Come conseguenza di questo conflitto, i prescelti sono in costante conflitto l'uno con l'altro, e finché saranno in conflitto io sono coinvolto direttamente, in quanto membro della Triade Regia. Sta a te scegliere da che parte stare. Il Membro Incandescente della Triade è al momento sconosciuto, questo conflitto ha una datazione così antica da essere ritenuta leggendaria. Io e il Membro Naturale siamo alleati, ma questi è scomparso recentemente, temo a causa di una setta che ha intenzione di assimilarne il potere, attraverso un rito oscuro. Ma di questo ci occuperemo in seguito, Florence sa cavarsela egregiamente.-

Derek riflettè a lungo, mentre l'unguento caldo leniva il dolore delle sue ferite e le rimarginava.

-Ho già deciso- disse ad un tratto.

-Cosa?- rispose Felix incuriosito.

-Da che parte stare. Scelgo ovviamente di stare dalla tua parte.-

Felix sorrise. Era un tipo piuttosto affabile, a cui piaceva sapere di essere apprezzato, come in questi casi. Ma decise di avvertire Derek delle conseguenze.

-Ne sei sicuro? Una volta deciso, non puoi tornare indietro. Se decidi di manovrare il Mana di un certo elemento, dovrai sottostare al rituale. Sei sicuro di volerlo fare?-

-Si.- rispose senza esitazione.

-Hai intenzione di vivere in questo mondo, e di lasciarti alle spalle la tua vita precedente?-

-Si, ho già riflettuto a lungo, e visto che non ricavo niente che mi renda felice dalla mia "altra vita", voglio restare qui, dove ho un posto, e un amico.- replicò. Per la prima volta sentiva di appartenere ad un mondo, e di condividerlo con qualcuno. Sentiva di poter essere più felice.

-Se vuoi, posso rimuoverti dalla memoria di tutti. Sarà come se non fossi esistito.-

-Si. Ho deciso di rischiare, non ha senso per me vivere a testa bassa ed evitare ciò che si pone sulla mia strada, sia essa positiva o negativa. Ho deciso.-

-E va bene.- disse Felix -domani verrai consacrato al mio Manalito.- concluse.

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Capitolo 3
*** Capitolo II -Deus ex Machina- ***


Salve!!! ringrazio tutti coloro che leggeranno questa storia, spero tanto che vi piaccia ;) in ogni caso, passiamo alle cose serie:
in questo capitolo arriverà un nuovo personaggio MOLTO importante, e cominciamo ad intravedere un pizzico di romanticismo! ebbene si, dovrò aggiornare gli avvertimenti u.u recensite!


Capitolo II

-Deus ex Machina-

 

La cella era lunga e stretta, illuminata da una enorme finestra dalle sbarre di piombo, che separava la stanza angusta dall'esterno. Affacciandosi, si poteva osservare la letale distanza tra la cella e il suolo, distanza così impressionante da scoraggiare qualunque evasore dal tentare la fuga. Dall'altro lato si trovava l'entrata, protetta da magie complesse e arcane e da una serie di guardie scelte.

La ragazza che sedeva nella cella aveva diciassette anni, capelli rossi, occhi verdi e rispondeva al nome di Florence. La suddetta ragazza, dalla pelle diafana e l'aria ingenua, era in realtà un esponente magico dal potenziale pericolosissimo. Paericle, capo delle guardie e signore della torre di alabastro, prigione dove si trovava la ragazza, si trovava a provvedere alla sua reclusione, costruendo la cella in cui era tenuta prigioniera.

L'intera stanza era il vanto di Paericle: le mura erano di pietra consacrata, che assorbiva il Mana, mentre le sbarre di piombo creavano una sorta di cortina magica che le impediva di attrarre energia dall'esterno. Florence era incatenata lì da giorni, incapace di difendersi, mentre le mura assorbivano instancabilmente tutta la sua energia. Non sapeva come era finita in quel posto: il solo tentativo di ricordare portava una forte emicrania e la comparsa di ricordi frammentari e sconnessi. Una festa, fiori scarlatti, calici alzati in un brindisi, danze e seduzioni, poi il buio totale.

La guardia aveva smesso di spiare attraverso una fessura sulla porta, e Florence capì che era il momento per agire. Durante i primi giorni di prigionia, quando aveva ancora abbastanza Mana da essere considerata pericolosa, le guardie spiavano dalla sua cella ogni quindici minuti. Man mano che il tempo passava, le guardie sospettavano che il suo Mana si fosse esaurito, e che non fosse più in grado di fuggire, e quindi diminuivano la frequenza dei controlli.. Era tuttavia riuscita a mantenere un pizzico di Mana, resistendo al potere occulto della pietra che la circondava. Quando fu sicura che la guardia fosse andata via, concentrò il Mana nel proprio braccio e diede uno strattone alla catena, che si spezzò con la facilità con cui si calpesta un fiore. Osservò momentaneamente la porta, per capire se il rumore delle catene aveva attirato l'attenzione. Una volta essersi resa conto di essere passata inosservata, si diresse alla gigantesca finestra, e incanalò nuovamente l'energia magica nelle sue mani. Afferrò una delle spesse sbarre di piombo e tirò con tutte le sue forze. La sbarra si staccò dalla finestra, portandosi dietro parte della roccia consacrata. Florence scaraventò la sbarra per terra e salì sulla finestra, aggrappandosi alla sbarra integra per mantenere l'equilibrio. Ora il suo Mana si era esaurito, e non sarebbe stata capace di ricavarne altro, senza percepire il fiore: il suo nome e il suo elemento, che si rifletteva nella vegetazione circostante. Ora che una delle due sbarre era stata rimossa, la cortina che confinava il suo potere si era aperta e, anche se in maniera limitata, poteva attrarre di nuovo del Mana. Allungò una mano e chiuse gli occhi, percependo il vento che soffiava, carico di odori provenienti dalla natura, che rinvigorivano e rafforzavano il suo esile corpo. Spalancò gli occhi, e le iridi smeraldine brillavano, mentre attingeva Mana dalla foresta nelle vicinanze.

Carica di energia, si preparava a fuggire, ma voltandosi notò che tre guardie avevano scoperto il suo tentativo di evadere. Sorrise, e protese la mano verso il terreno che la separava dai suoi avversari. Il pavimento si frantumò, mentre un mastodontico bocciolo cresceva nella cella, affondando le sue radici nelle mura della torre. Il bocciolo, giunto a piena maturazione, si schiuse, rivelando petali violacei che incorniciavano le fauci di una pianta carnivora. Lunghi pistilli scarlatti spuntarono dalla bocca del fiore, e si diressero verso le guardie, afferrandone due dalla vita e portandoli nelle fauci del fiore, che richiuse i petali per ingerirli.

Florence osservò soddisfatta la propria evocazione. Aprì il palmo della mano e lo rivolse verso l'alto. Una piccola fiamma smeraldina, grande quanto quella di una candela, apparve davanti a Florence, galleggiando a mezz'aria, per poi dirigersi verso la viola mammola con un invito da parte della ragazza. La fiammella viaggiò fino a raggiungere il fiore, ancora chiuso, per poi scomparire. La corolla brillò di un verde intenso, aumentando le proprie dimensioni ulteriormente e si schiuse nuovamente per mostrare una corolla dotata di due file di petali violacei. Sotto i petali spuntarono due steli sottili, simili a liane, con piccole foglie che crescevano sulle estremità. La guardia era fuggita, ed era tornata con numerosi rinforzi, tra cui Paericle stesso. Paericle era anziano, dai corti capelli bianchi e il volto severo e rugoso, che mostrava i segni di mille battaglie. Non era particolarmente in carne, ma dimostrava un fisico imponente. Distratto dal fiore, il signore della torre d'alabastro non aveva notato la scomparsa di Florence, che si era nascosta nella cella. Paericle sguainò la sua arma. Lo spesso spadone di ferro battuto brillò, illuminato da un raggio di luce proveniente dalla finestra. Nonostante la mole dell'arma, Paericle la maneggiava con facilità inverosimile.

-Dove, sei, “dea del fiore”? Rivelati e affronta il tuo nemico con coraggio!!- urlò, entusiasmato dalla dura battaglia che si aspettava di dover combattere.

La ragazza era nascosta sul soffitto della cella, aggrappata ad un rampicante che aveva evocato per l'occasione. In un lampo verde la sua arma comparve al suo fianco: un'ascia da esecuzione a manico lungo, affilata e letale, che aveva mietuto decine di vittime.

Florence lasciò la presa, mantenendo l'ascia alta e splendente durante la caduta, e non appena arrivò a terra, tagliò di netto la testa del signore della torre di alabastro.

-“Dea del fiore”, eh? Questo rende il mio attacco un vero e proprio “Deus ex Machina”, non trovi?- disse con disprezzo dopo aver eliminato il suo nemico.ò

Diede un calcio alla testa del suo avversario, che rotolò fino a raggiungere un angolo della camera. Le guardie, pronte a vendicare la morte del loro capo, si avventarono verso la ragazza, che corse con passo svelto, sorpassando il fiore, giungendo alla finestra e buttandosi.

Durante la caduta, l'intera torre sembrava una candida macchia sfocata, e Florence si concentrò per apparire in un posto diverso. Non aveva dubbi. Un sorriso felice e sollevato si allargò sul suo volto, mentre cominciava a brillare. La medesima luce della fiammella l'avvolgeva, trasformando anche lei in una macchia sfocata. Poi tutto cambiò. Florence scomparve in un bagliore accecante, per lasciare solo qualche foglia appassita trasportata dal vento, come traccia del suo passaggio.

La ragazza ricomparve in un luogo molto più remoto, materializzandosi in un turbine di foglie e fiori. Camminava decisa, anche se ancora a piedi nudi, percorrendo un ponte di pietra che si ergeva su di un enorme distesa d'acqua cristallina, sotto il pallido chiarore lunare.

Davanti a lei si ergeva il Castello della Nube Temporalesca, dimora di Felix, il mago scelto dal Mana dell'Acqua. Centinaia di minuscole guglie marmoree costituivano il castello, che si ergeva in mezzo ad una enorme nube carica di pioggia. Arrivata all'entrata dell'enorme abitazione, busso con vigore sul grande portone in legno scuro. Nel momento in cui la sua mano entrò in contatto con il castello, la distesa d'acqua che lo circondava si infranse.

Numerose meduse bluastre attraversarono la superficie dell'acqua, avvicinandosi alla ragazza per ispezionarla. Tra le meduse compariva anche Anthea, la memnozoa, che si avvicinò alla ragazza, assumendo poi il suo aspetto semi-umano, con i lunghi tentacoli posti all'attaccatura dei capelli, avvolta nei nastri color indaco della sua forma di Medusa, che formavano un abito elegante e regale, arricciato sulle estremità e mantenuto intorno al suo corpo da fasci lisci che le avvolgevano il busto.

Fece un breve inchino dinanzi alla ragazza e congedò le altre meduse, facendosi da parte per far entrare Florence nel castello.

Florence posò la mano sul legno della porta, e un torrente di ricordi affiorò nella sua mente, accompagnato da una piccola lacrima che percorse la sua guancia. Si lasciò andare, affondando nelle sue memorie...

 

-Flashback-

 

Un ragazzo e una ragazza erano sdraiati su di un prato dall'erba alta, racchiuso in un isolotto. La piccola macchia di terra era circondata da un grande e profondo stagno, dove comparivano numerose ninfee rosa e bianche. Sulle foglie si poggiavano numerose rane, mentre pesci di acqua dolce nuotavano veloci sotto di loro, sfiorando il letto sabbioso dello stagno.

I capelli neri del ragazzo si arruffavano, mossi dalla brezza che accarezzava lo stagno e l'isolotto, mentre i lunghi boccoli rosso fuoco della ragazza rimanevano immobili al loro posto, incorniciando gli occhi verdi, che si perdevano nelle iridi scure del suo compagno.

Entrambi indossavano abiti tipici della stagione estiva ed erano entrambi a piedi nudi, guardando il cielo. I due bambini non potevano avere più di dodici anni visto il loro aspetto, ma i loro occhi celavano una conoscenza che andava molto aldilà della loro età. Il ragazzo allungò una mano pallida, dalle dita lunghe e affusolate, e raccolse un fiore, la cui corolla era ancora chiusa in un bocciolo. Soffiò delicatamente con le labbra, mentre due ali cristalline da insetto comparirono alla base del fiore, che si alzò in volo, del tutto simile ad una libellula. Il fiore incantato si posò sul dito della ragazza, non appena lei alzò la mano minuta.

-Una libellula, sei proprio strano Fel- commentò la ragazza -io preferisco le farfalle...-

La ragazza lasciò volare via la libellula e protese la mano verso il terreno, dal quale sboccio un piccolo giglio delicato, dai petali rossi e il pistillo verde, colori che richiamavano il volto della bambina.

Raccolse il fiore, lo separò dallo stelo e i quattro petali cominciarono a muoversi intorno al lungo pistillo. Anche il giglio si alzò in volo, ora del tutto simile ad una farfalla, fino a posarsi su di un fiore nei pressi del lago, divenendo preda di una rana nei paraggi. La sua lingua scattò, lunga e viscosa, catturando il fiore-insetto e ingoiandolo, senza gradire il pasto.

La ragazza apparve quasi delusa, in quanto l'insetto del suo compagno era ancora integro.

-Non ti preoccupare, Flo- disse il ragazzo, rincuorandola -ci penso io...-

Ad un suo comando, la libellula-fiore tornò sul palmo della sua mano, che si richiuse distruggendo il fiore.

-Fel, perché l'hai fatto? Il tuo fiore era ancora integro...-

-Lo so, ma la tua farfalla era più bella, e non era giusto che sopravvivesse alla mia libellula- rispose.

-Fel, sei proprio un tipo strano- disse la bambina, sorridendo e appoggiando la testa sulla sua spalla.

 

Lo stagno venne avvolto dal buio, e un nuovo ricordo comparve davanti ai suoi occhi, un ricordo che non avrebbe voluto rivedere...

 

-Fel!!!Fel!!?!?!Aiuto...AIUTO!!!-

La ragazza dimostrava circa quattordici anni, ma i lunghi capelli rossi e gli occhi verdi non lasciavano dubbi sulla sua identità.

Lo stagno era stato rimpiazzato da una distesa di fiamme, mentre una casa si accingeva a crollare, distrutta dal fuoco.

Un ragazzo pallido dai capelli scuri e gli occhi altrettanto scuri correva nella casa, seguendo le invocazioni di aiuto, evitando le travi che cadevano dal soffitto.

Finalmente la vide: era lì, sotto un'impalcatura che stava per crollare e che l'avrebbe uccisa senza dubbio se non fosse intervenuto.

-Flo! Cosa aspetti!! Vieni qui, presto!!!- imprecò il ragazzo.

-Non posso!! Mamma e papà sono ancora lì dentro...-

Il soffitto crollò sulla ragazza, senza riuscire a toccarla: le singole travi galleggiavano a mezz'aria, avvolte da un'aura bluastra. Florence distolse lo sguardo dal soffitto per posarlo sul ragazzo che l'aveva salvata, le sue iridi azzurro ghiaccio e il braccio proteso verso le travi. La magia era opera sua, era lui ad averla salvata. Il soffitto sopra di lui stava per cedere, ma non poteva muoversi senza far cadere le travi sulla ragazza.

-Flo, scappa!!Non resisterò a lungo!-

-No, Fel!!!

-SCAPPA!!...-

Il soffitto sopra il giovane cedette, e una pioggia di tronchi fiammeggianti cadde sul ragazzo.

Florence urlò, e il suo corpo venne avvolto da una luce verde. La luce avvolse lei, il ragazzo, poi la casa, poi i dintorni, estendendosi come l'onda d'urto di un'esplosione.

Quando la luce scomparve, il terreno era devastato ma fertile, la casa era rasa al suolo ma le fiamme e le travi erano scomparse, solo qualche tizzone spento giaceva qua e là. Felix era per terra, la pancia rivolta verso il cielo, mentre sottili fili d'erba si levavano dal terreno come effetto collaterale della magia.

La ragazza osservava Felix immobile per terra, mentre lacrime irrefrenabili cominciavano a scenderle dal volto. Quando sentì un gemito e vide che il ragazzo cominciava ad alzarsi, corse verso di lui, stringendolo in un lungo e caloroso abbraccio, il viso rigato da lacrime ancora più abbondanti delle precedenti.

Era vivo, ed aveva soltanto lui.

 

Un momento triste, che però portò alla mente un momento molto meno remoto...

 

Un anno dopo l'incendio i due ragazzi erano ancora insieme. Nel tempo trascorso avevano appreso come controllare il potere donatogli dal Mana, fino a diventare due maghi esperti.

Dopo l'incendio, avevano utilizzato il loro potere per bonificare il terreno distrutto dal fuoco, trasformandolo in una radura verdeggiante, dove scorrevano ruscelli tranquilli costeggiati da papaveri, sopravvivendo grazie al loro potere.

Il paesaggio cambia ma i personaggi sono sempre gli stessi: Florence e Felix erano l'uno di fronte all'altro, un po' più maturi rispetto all'ultimo ricordo.

La ragazza gli si avvicinò, per sussurrare una frase all'orecchio del giovane dalla chioma scura.

Il ragazzo sgranò gli occhi ascoltando le parole della sua amica, osservandola poi allontanarsi di nuovo con un lieve rossore sul volto candido mentre distoglieva lo sguardo dall'amico, anch'egli imbarazzato dalla confessione. Il silenzio regnava sulla radura e un vento forte scuoteva la vegetazione. Un sole brillante e rosso si avvicinava all'orizzonte, pronto a tramontare, mentre i due si avvicinarono e le loro labbra si toccarono in quello che sarebbe stato un ricordo particolare per entrambi. Il contatto fu breve, e una volta che le loro labbra si furono separate, Felix aprì bocca per la prima volta.

-Non possiamo...è impossibile...accettandolo potremo compromettere...-

-Cosa? Non mi importa se il mondo crolla, finché tu sarai incolume dalla distruzione che lo avvolge.- replicò la ragazza.

-No, sai che siamo nel bel mezzo di un conflitto, e nessuno dei due potrebbe reggere la scomparsa dell'altro se andassimo avanti. Dobbiamo fermarci finché possiamo.- ammise mestamente.

La ragazza ebbe un tuffo al cuore.

-Sei sempre stato un tipo così strano da apparire irrazionale- disse Florence sorridendo leggermente, mentre una lacrima le rigava il volto -ma ciò che hai detto non è una delle tue solite stranezze. Purtroppo hai ragione. Devo dedurre che sia la tua risposta sia un “no”?-

Il ragazzo annuì tristemente, gli occhi profondi e tristi quanto un mare privo di vita e colore.

Numerose lacrime attraversarono il volto della ragazza, mentre si apprestava a fare un'ultima domanda.

-Significa che dobbiamo separarci per sempre?- chiese, temendo di conoscere già la risposta.

-No, affatto. La nostra alleanza passerà inosservata agli occhi degli altri visto che combattiamo un nemico comune, e in questo modo non solo potremo rivederci, ma ciascuno di noi potrà soccorrere l'altro in caso di bisogno, visto che ciascuno di noi desidera l'incolumità per colui che ama.- disse, gli occhi umidi: stava abbandonando l'unico amore della sua vita.

-È la scelta migliore.- rispose, mentre altre lacrime scendevano dai suoi occhi.

Si strinsero in un abbraccio, temendo nel loro cuore che fosse l'ultimo che si sarebbero potuti concedere.

 

-fine Flashback-

 

Il ricordo terminò con quell'abbraccio, e Florence guardò la medusa negli occhi color del mare.

-Così è questo il potere di una Memnozoa? Dicono che chi si avvicina a questa medusa vedrà affiorare i propri ricordi, mentre la medusa scava nella sua memoria. Quindi tu conosci tutto ciò che ho visto?- chiese, mentre un'altra lacrima affiorava dai suoi occhi.

-Si, e anche di più. Ma stai certa che non rivelerò mai e poi mai i tuoi segreti- disse con uno sguardo consolatorio. Allungò la mano bianca e accarezzò la guancia della ragazza. Il tocco era freddo, ma tutt'altro che sgradevole. Florence ricambiò lo sguardo, osservando la medusa nei grandi occhi celesti.

-I suoi sentimenti non sono spenti come credi. Non perdere mai la speranza, se noi vincessimo la guerra avresti più di un'opportunità per accontentare il tuo cuore. Ora devo andare.-

La medusa rivolse un sorriso alla ragazza, e in un fievole bagliore si trasformò in medusa, tornando nelle profondità dell'acqua.

Florence rifletté su quello che la medusa le aveva detto. Visto che Anthea era grande alleata di Felix era molto probabile che avesse letto anche la sua memoria, quindi quello che ha detto non doveva essere del tutto falso. Asciugò le sue lacrime con la mano e reagì.

Decise di entrare e ignorare i propri dubbi e i propri pensieri. Esercitando una leggera pressione contro il legno della porta si riusciva ad aprirla. Un vento gelido proveniente dallo spiraglio aperto da Florence la investì. Varcò la soglia non appena il vento fu cessato. Probabilmente è una maniera per capire chi si addentra all'interno del castello pensò la ragazza.

Una volta entrata però, provò una sensazione piuttosto irreale. Era come se venisse avvolta da un soffio di calore, che la pervase. Sembrava magia, ma non le sembrò normale. Dopotutto, una volta che il vento avesse avvertito Felix della presenza di un estraneo, a cosa servirebbe un'ulteriore esame? Ricordava benissimo il modo di pensare del ragazzo, ed era innaturale per lui porre protezioni inutili. Pensò rapidamente a cosa potesse essere. Non era a conoscenza di chi si trovava nel castello, eccetto per Anthea e Felix, quindi non poteva escludere la presenza di un mago che avesse un talento identificativo. Il buio l'avvolse quando la porta si chiuse dietro di lei. Percepiva la presenza di un mago che si avvicinava, il suo Mana era inesperto, e quindi non sarebbe stato un problema sconfiggerlo se l'avesse attaccata.

Il suo avversario arrivò di corsa, con una candela rossa in mano. Lo identificò come il proprietario del talento che l'aveva scoperta prima e osservò i suoi movimenti. Fece molta fatica a trovare una torcia, che accese con la candela, notando Florence una volta che la torcia avesse illuminato la stanza. Aveva addosso solo una T-Shirt e un paio di pantaloncini corti, ed era scalzo. Ricordò distrattamente di essere arrivata ad un orario piuttosto tardo, spiegandosi il perché di quell'abbigliamento. Il ragazzo la fissò, e concentrò il Mana nelle proprie mani. Voleva combattere a mani nude con una tecnica piuttosto elementare. Sorrise, evocò la sua fedele ascia a manico lungo e attese un attacco. Felix o non Felix, non si sarebbe fatta uccidere tanto facilmente. Il ragazzo le si avventò contro, e lei contrattaccò. Il giovane sferrò un pugno prevedibile, che lei schivò abilmente. Vibrò un colpo d'ascia in risposta, e il giovane si mosse in maniera innaturale: aveva schivato l'attacco, ma quello era un altro talento. Sgranò gli occhi: i maghi pluridotati erano incredibilmente rari, e lei aveva davanti ai suoi occhi uno di questi. Sfilò l'ascia dal terreno e utilizzò il bastone per far perdere l'equilibrio al suo avversario: ebbe successo, e una volta a terra vibrò un secondo colpo. Improvvisamente percepì il Mana di Felix, e fermò il suo attacco a pochi centimetri dalla sua fronte. Stava arrivando, non c'era più motivo di aggredire il suo avversario, sebbene non avesse mai avuto intenzione di ucciderlo.

Offrì la mano al ragazzo, con un sorriso benevolo sul volto e lo aiutò a rialzarsi, ritrovando dietro di sé l'unico ragazzo che rendeva il suo volto rosso quanto i suoi capelli.

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Capitolo 4
*** Capitolo III - L'inizio comincia dalla fine ***


Capitolo III

L'inizio comincia dalla fine

 

Il risveglio fu molto piacevole. Il cielo presentava nuvole grigiastre che presagivano pioggia, eppure l'aria era fresca e piacevole. Il mondo al di fuori del castello era accarezzato dalla brezza. Derek non era mai stato meglio. La schiena presentava ancora le cicatrici della morsa della medusa, ma non facevano più male, anzi, sentiva i muscoli della schiena muoversi con scioltezza, segno che l'unguento doveva avere fatto effetto. Tutto grazie a Felix. Aveva avuto molta paura la prima volta che l'aveva conosciuto, ma in poche ore la paura era diventata fiducia, che poteva cementare una forte amicizia. Derek si alzò, stavolta aveva più di una T-Shirt da indossare. Sorrise e prese la prima che gli capitò sotto gli occhi. Senza aver indossato le scarpe scese la scala a chiocciola alla fine del corridoio che portava alla sua camera, entrando nell'ampia cucina, dove Felix sorseggiava da una tazza. Aveva già mangiato lì, le pentole e gli ingredienti avevano l'abitudine di cucinare autonomamente, impedendo al cibo di bruciare o rovinarsi durante la preparazione. Un bicchiere di quella che Felix chiamava Decadence era stata un'ottima colazione il giorno precedente. Un'intera bottiglia si trovava sulla mensola. Il liquido era verde mela e aveva un sapore incredibile: corroborante, dolce e aspro al tempo stesso, “così piacevole che non sarebbe un problema morire dopo averne bevuto un sorso”: così recitava l'etichetta. Era l'ingrediente chiamato Decadenza a dare quel sapore alla bevanda, oltre che a caratterizzarne il nome.

-Vacci piano, ha il potenziale di un alcolico del vostro mondo, sebbene non distrugga i tuoi organi interni. Sarebbe meglio uno di quei biscotti.- osservò Felix.

-Alcolico? Intendi che è realmente alcolico o solo che è corroborante quanto un alcolico?- Felix indicava un vassoio di biscotti ricoperti da una granella color cremisi che aveva definito “cremicrosa” il giorno prima. Derek, tuttavia, saziato dalla bevanda, li aveva ignorati, cosa che non avrebbe fatto quella mattina, vista la fame che lo aveva svegliato. Afferrò un biscotto e si sedette.

-Entrambi in un certo senso. La decadenza in dosi eccessive provoca euforia, calo dell'equilibrio e delle facoltà intellettive e motorie, angoscia, depressione e desiderio di morte in successione. Per questo si chiama “Decadence”: se ne assumi troppa anche tu “decadrai”- disse Felix con un sorriso.

-Mi prendi in giro? Stai ridendo...- rispose prima di addentare il biscotto. Era simile ad una meringa, solo che era scarlatta e aveva un sapore dolcissimo e speziato: le erbe diverse risultavano in un sapore che rasentava il piccante, assolutamente privo di definizioni.

-Il fatto che io rida non significa che io stia mentendo. Nel vostro mondo chi sorride è sempre bugiardo?- chiese con interesse, senza smettere di sorridere, mentre i vispi occhi castani squadravano il ragazzo, e le dita affusolate portavano un biscotto alla bocca.

-No, ma quando si parla di qualcosa di serio, ridere indica che c'è qualcosa di cui non ci si deve preoccupare, e la morte mi sembra degna di serietà. Perché continui a ridere?-

-Perché la bevanda ti sta facendo diventare verde. Le tue orecchie sono già verde mela. Primo e insignificante effetto collaterale temporaneo...-

-C'è qualcosa di POSITIVO in questa bevanda!?!- ribatté Derek, osservando le sue orecchie riflesse nel vetro della cucina.

-Si. Il sapore- disse Felix, pizzicando l'orecchio di Derek.

-Ah!!!!- effettivamente il colore era scomparso grazie al pizzicotto, nonostante fosse stato piuttosto doloroso.

-Muoviti! Vieni o no?- chiese Felix dal corridoio.

-Aspetta! Non voglio perdermi di nuovo!!- rispose. Infilò in bocca la meringa e corse lungo il corridoio, indossando le scarpe durante il tragitto.

 

 

Felix l'aveva accompagnato in una zona dove non era mai stato prima. Ormai aveva cominciato a capire il castello gotico e i suoi passaggi, sebbene non fosse più entrato nell'Aquarius Medusae.

Questa zona era quella che Felix chiamava Manalito, in quanto era la sua “sorgente di Mana personale”. Sembrava di trovarsi in uno scavo speleologico, sebbene non vi fosse presenza umana o animale. La grotta calcarea era nera e di ossidiana, come Derek aveva intuito dopo aver fatto scorrere il palmo della propria mano sul muro liscio. La luce proveniva da alcuni solchi nel muro, che brillavano di una luce propria. Più tardi, Felix precisò che era il Mana contenuto nella roccia e nell'acqua della grotta a brillare attraverso quelle bizzarre incisioni, simili a rune. La grotta cominciava a diventare più stretta man mano che Derek la percorreva, riallargandosi una volta arrivati alla fine del tunnel. Il Manalito era costituito da massi di ossidiana sovrapposti, fino a formare una sorta di torre, che terminava con una fonte di luce che, anche questa volta, si rivelò essere Mana allo stato puro, aggregatosi fino a formare un piccolo sole. Lo spiazzo era marmoreo, con strane venature nerastre, simili all'ossidiana, ma diverse per consistenza e per sensibilità al tatto. L'acqua scorreva tra le fessure d'incastro tra una lastra e l'altra, rendendo l'aria umida e più fredda, mentre l'acqua gocciolava con precisione, formando pozze sul terreno. In questa zona, i solchi prendevano la forma di vere e proprie frasi

-Che lingua è?- chiese Derek affascinato.

-Latino. È la lingua della magia. Ogni formula rituale o magica è puramente in latino, se non lo conosci dovrai impararlo. Le rune recitano un avvertimento. Significa: “Il mana avverte gli stolti: non concedo la conoscenza se non dimostrate una mente aperta e un cuore puro”. Speriamo che tu sia all'altezza. Togliti scarpe e calze.-

-Perché?

-Nel Manalito dovrai entrare a piedi nudi, in segno di umiltà, rispetto e dignitoso timore verso il Mana in forma Àperion, ovvero l'entità che contiene il mana di ogni elemento, unificandolo sotto un unica categoria. È il Mana ancestrale. Ricordi cosa ti ho spiegato?-

-Si. Il mana sceglie tre eletti, uno per la natura, uno per l'acqua e uno per il fuoco. Essi formano la Triade Regia. Sono affiancati da quattro maghi addestrati nell'uso del Mana in altre forme, che formano il Quartetto Cavaliere. La Triade e il Quartetto formano l'Ordine, che controllava il Mana prima del conflitto che ha portato alla sua scissione...-

-Esatto. Prima di questa scissione, il mana veniva usato per più elementi, ma era un'entità dalla mentalità integra, nota come Àperion. Se venisse corrotta, quest'entità imploderebbe, portando nell'oblio ogni cosa. Il rituale viene ancora eseguito rispettando la formula dell'Àperion, nonostante la scissione. Molte sette credono che attraverso rituali oscuri si possa riunire il Mana in forma Àperion, utilizzandolo per portare il mondo nel caos.-

Mentre scendeva all'interno dello spiazzo, Derek si accorse che questo diveniva più profondo. Lo spiazzo scendeva verso il basso come una voragine, trasformandosi in una sorta di gigantesco bacino marmoreo. Derek posò il piede sul marmo freddo, al centro del bacino rituale. Agitò le dita dei piedi, in attesa dell'inizio del rituale. Improvvisamente si accorse che il centro del bacino si stava riempiendo d'acqua, che lo immerse fino alle caviglie. Osservò il bacino, in cerca della fonte, giungendo alla conclusione che quell'acqua non aveva una sorgente, ma sgorgava direttamente dal suolo.

-Non ti muovere. Non importa se provi dolore o meno, il mana comincerà a scorrere dentro di te attraverso l'acqua, che sarà il tuo elemento. Non sollevare la pianta del piede dal suolo, rischi di interrompere il contatto. Aspetta che io sia pronto.-

Felix si era bendato gli occhi con una lunga fascia cobalto, mentre anche lui, a piedi nudi, il torso coperto da un mantello scuro ricoperto di formule luminose e un bizzarro bastone decorato in mano, si avvicinava al margine del bacino.

-Cominciamo- disse. Dopo queste parole, un masso di ossidiana ostruì l'uscita, chiudendoli nel bacino rituale.

Derek percepiva una singolare tensione nell'aria. Era come se il Manalito percepisse la sua presenza, manifestandosi attraverso un suono profondo, simile alla percussione di un tamburo.

Felix dispose la punta del piede sinistro sulla linea intorno allo spiazzo, alzando il bastone sopra la testa.

-Chiudi gli occhi e abbandonati ai sensi: percepirai tutto quello che ti serve-

Derek abbassò le palpebre, e sentì la tensione premergli contro, mentre il suono continuava ad attraversare la grotta.

Felix cominciò a percorrere il cerchio sulle punte dei piedi, come in preda ad una strana danza. Il bastone ruotava sopra la sua testa mentre il suo corpo oscillava ritmicamente, come un pendolo: il bastone colpiva periodicamente le pareti, creando un suono profondo, simile ad un ritmo tribale, mentre nel momento in cui percuoteva l'ossidiana si creava una nuova runa, dalla quale usciva un soffio di vento che investiva Derek. La danza andava avanti a lungo: Felix si muoveva come in preda ad un sogno dove il sonnambulismo prendeva il sopravvento. Durante la percussione successiva, il vento causato dal bastone portò via la benda di Felix, mostrando le iridi azzurre che fissavano il vuoto. Anche Derek aprì gli occhi, osservando quello sguardo. Rifletté un attimo su come agire visto che Felix non era più cosciente ma poi tornò alla sua posizione, attendendo la fine del rituale. Era convinto che il ragazzo sapesse cosa fare, e quindi si calmò e chiuse nuovamente gli occhi.

Intrappolato in una trance ipnotica, Felix continuava a percuotere il bastone sulla roccia nuda, come per risvegliarla dal torpore, mormorando formule incomprensibili, mentre un vento sempre più forte investiva Derek che aspettava paziente nel bacino, ormai traboccante d'acqua limpida, che riluceva di bagliori luminosi.

Felix sembrava in qualche caso perdere l'equilibrio, mentre si sbilanciava durante la danza per poi tornare in piedi, mormorando più forte: ben presto la formula, recitata sempre più rumorosamente e in maniera scandita ed energica, diventò un canto vero e proprio, intriso di magie arcane e segreti che non dovevano essere rivelati.

Oramai il suono cominciava ad indebolirsi, e sia la percussione delle mura che la voce di Felix diminuirono di volume, il rituale stava per giungere alla fine.

Felix smise di danzare davanti a Derek, davanti l'uscita dalla grotta. Con il bastone toccò l'acqua, rilasciando il mana, che creava giochi di luce ed increspature., simile ad un liquido argenteo.

-Mana stultos monet: intellegentiam non concedo nisi non exhibete ingenii sollertia et puro pectore-.

La frase riecheggiò nella grotta, mentre l'acqua del bacino scompariva, asciugando lo spiazzo marmoreo. Le iridi di Felix ritornarono normali, mentre mormorava un'altra formula. Quando terminò la formula, un masso si spostò, rivelando l'uscita.

-Abbiamo concluso il rituale- affermò Felix con un sorriso luminoso -ora il Mana ti concederà il suo potere. Da ora inizia il tuo addestramento. Ovviamente, non c'è pratica senza teoria, e cominceremo da quella. Vieni con me.- disse, inoltrandosi nel varco tra le rocce.

 

 

Derek si era rimesso le scarpe e aveva seguito Felix. Erano arrivati in una enorme sala, la “camera di addestramento”. La stanza era di marmo e a pianta rotonda. La luce filtrava dalla finestra, che occupava metà della stanza circolare, mostrando un cielo limpido e senza nuvole.

-L'intera stanza- cominciò Felix -è a prova di distruzione. Qui possiamo dare sfogo al nostro potere senza rischiare di distruggere niente al di fuori di questa camera-

-Ok, ho capito.-

-Allora possiamo cominciare. Come ti senti?-

Derek rimase sorpreso dalla domanda.

-B-bene, come dovrei sentirmi?-

-Beh, la prima volta che il Mana entra nel corpo di una persona, il suo stato d'animo acquisisce una nuova sfumatura, è una crescita anche psicologica, come vedi. Non è facile descrivere questa emozione, ma farò ugualmente un tentativo. La prima volta mi sono sentito consapevole, diciamo- disse, abbandonandosi ai ricordi. -era come se tutto avesse avuto una risposta, ero in pace con me stesso, convinto delle mie azioni. Non riusciresti ad ottenere una sensazione del genere con tutta la medicina yoga del tuo mondo, credimi.-

-Se devo essere sincero, mi sento piuttosto sicuro di me. È come se adesso sentissi di poter affermare le mie opinioni, non so, è difficile precisare il concetto...-

-No, credimi, è più importante capirlo che descriverlo. Adesso...-

Prese un bacile, lo riempì d'acqua e lo posò su di un tavolino di vetro. Poi lo spinse verso Derek.

-Ora, concentrati bene. Chiudi gli occhi. Pensa intensamente alla sensazione che il Mana ti ha trasmesso. Non è una qualunque sensazione, bensì è una chiave per accedere al tuo potere. Attraverso quell'emozione puoi fare appello al tuo potere. Hai fissato bene quella sensazione nella tua mente?-

-Si. Adesso?-

-Ora concentrati sul far muovere l'acqua che hai davanti. Visto che hai detto che ti sentivi “sicuro”, mettiamola così. Sentiti “sicuro” di poter muovere l'acqua. Vediamo cosa sai fare.-

Derek cominciò a concentrarsi intensamente, protendendo la mano verso l'acqua. Il concetto non era complicato come immaginava. Se era tutto qui, non sarebbe stato poi così difficile. Riusciva a percepire il Mana attraverso le sue dita, che sembravano avvolte dal calore. Il tepore intorno alle sue mani si diresse verso l'acqua. Improvvisamente, Derek spalancò gli occhi. Era riuscito a percepirlo, era una qualche specie di contatto fra lui e l'acqua, ma era certo di non averla toccata. Sentì di poter gestire i fasci di calore come se fossero attaccati alle sue dita. Alzò cautamente il palmo della mano, guardando l'acqua muoversi, come se qualcuno avesse gettato un sasso nel bacile. Qualche increspatura e niente più, e Derek sentì il contatto interrompersi. Sapeva che non si trattava di una piena riuscita, ma era pervaso da un forte entusiasmo, si sentiva in grado di spaccare un muro, e sulle sue labbra si allargò un sorriso.

-Bene, non male.- ammise Felix.

-Non male? Sono riuscito a muoverla, no?- rispose Derek alzando un sopracciglio.

-Si, ma non hai mantenuto il contatto, il prossimo passo è riuscire a controllare l'acqua pienamente. Forza, rimettiamoci al lavoro.-

Entrambi si sedettero, e ricominciarono l'addestramento. Il sole tramontò, e quando ormai la luna splendeva nel cielo come un pallido volto osservatore, si fermarono.

-Beh, mi accontenterò. Domani riproveremo-

Derek si accasciò sulla sedia, stremato, la fronte imperlata di sudore, la ciotola sempre al suo posto, poche gocce giacevano sul pavimento, cadute durante uno dei numerosi tentativi.

Felix aveva dato una dimostrazione dell'obiettivo da raggiungere: con un pigro schiocco di dita l'acqua si era increspata, per poi sollevarsi, formando eleganti bolle che galleggiarono a mezz'aria, ritornando nel recipiente con un secondo schiocco di dita. Tuttavia, Derek non era riuscito a controllare l'acqua, ma solo a replicare i tentativi precedenti, increspando la superficie come se qualcuno stesse scuotendo il recipiente, ma niente più.

Derek era troppo sfiancato dall'addestramento per mangiare o bere, quindi salì la scala a chiocciola che separava la sua camera dalla sala d'allenamento. La lunga scala a chiocciola conduceva nel corridoio immacolato che, oltre ad ospitare la sua camera, nascondeva anche un ingresso nascosto all'Aquarius Medusae.

Si addormentò facilmente una volta essersi sdraiato sul soffice letto della sua camera, mentre numerose nuvole cariche di pioggia si intravedevano dalla finestra.

Il sonno fu discontinuo, interrotto da continue sensazioni di paura che impedivano al ragazzo

di riprendere sonno, manifestandosi come sobbalzi. Era come avere un singhiozzo molto persistente ma immotivato. Dopo l'ennesimo e inspiegabile sussulto, Derek si sedette sul letto, massaggiandosi la fronte. Subito dopo ebbe un altro sussulto: fu come una scossa elettrica, e improvvisamente tutto fu più chiaro. Per qualche motivo, i suoi sussulti avevano a che fare con quello che percepiva. Non sapeva come poteva percepire una tale quantità di energia, ne come faceva a definirla così pericolosa. Sapeva soltanto che doveva agire.

Il panico provato nei giorni precedenti, durante la prova di Felix, durante l'attacco delle meduse e durante il sogno l'avevano temprato, rendendolo più coraggioso. Decise quindi che non sarebbe stato troppo avventato andare a controllare la fonte di quell'energia. Anche urlando il suo nome, Felix non sarebbe arrivato: il castello era enorme, e Derek non sapeva neanche dove poterlo cercare. Non era uno stupido però, sapeva che spesso era il caso di fermarsi a riflettere. Stava per avventurarsi alla ricerca di quello che i suoi sensi, per quanto imprecisi e misteriosi, gli indicavano come qualcosa di infinitamente pericoloso. Poi si tranquillizzò: dimenticava che, seppure in un castello enorme, con lui si trovava un grande mago, che ha dimostrato più di una volta di poter efficacemente salvarlo da morte certa. E inoltre, pensò, se l'ho percepito io figuriamoci se non c'è riuscito lui.

Il ragionamento, effettivamente, non faceva una piega. Prese la lunga candela rossa che lo illuminava di notte e cominciò ad avventurarsi per il castello, seguendo quello che era più un impulso che una convinzione. Senza dubbio era un sesto senso a cui Derek aveva deciso di affidarsi. Dopotutto, la curiosità verso Felix l'aveva avvicinato al portale, dove l'istinto l'aveva praticamente costretto ad entrare, sopprimendo la sua ragione e la sua volontà. Sapeva di avere un potere, come Felix gli aveva spiegato. Lui vedeva il Mana, e forse l'energia percepita era proprio Mana. Ma un'energia del genere, così invitante, così pericolosa, poteva significare una sola cosa: qualcuno, buono o cattivo che fosse, si era introdotto all'interno del castello. Scese la scala a chiocciola, superò a passi larghi la porta che conduceva alla sala d'allenamento e si muoveva in direzione dell'ingresso. Mentre camminava, la fiamma della sua candela vacillava, come il suo coraggio, riprendendosi e tornando stabile in un secondo momento.

Arrivato all'ingresso notò che la porta era aperta. Il suo coraggio vacillò nuovamente, e utilizzò la candela per accendere una grande torcia piatta, la cui luce illuminò tutta l'anticamera, rivelando la presenza estranea tanto temuta dal giovane.

Una ragazza giovane, della sua stessa età, alta e slanciata, con gli occhi color smeraldo, i capelli rossi e la pelle diafana si trovava a pochi passi da lui, completamente disarmata. Indossava solo un logoro straccio cremisi, sul quale si intravedevano alcune decorazioni e ricami scintillanti. Derek immaginò che prima doveva essere stato un vestito piuttosto elegante. La ragazza lo osservò, e in un fascio di energia verde un'ascia da esecuzione, dal manico particolarmente lungo e la lama grossa e affilata, comparve tra le sue mani. Le labbra della ragazza si incresparono mentre si preparava ad attaccare.

Derek sentiva il cuore cercare di uscire fuori dal suo petto, colpendo ripetutamente la sua cassa toracica, mentre deglutiva a fatica. La sua mente era offuscata da ripetute immagini di una morte atroce e dolorosa. Pensò intensamente a Felix, e a come desiderava ricambiare il favore che gli aveva fatto: poteva solo trattenere la ragazza fino al suo arrivo.

Non conosceva ancora magie consone al combattimento, ma sapeva che il Mana era un'energia, e come tale poteva utilizzarla come potenziamento. Concentrò il Mana nelle sue mani, che cominciarono a diventare luminose. Ora poteva solo sperare di riuscire a mandare a segno un pugno e, se aveva fatto bene i calcoli, sarebbe riuscito a causare non pochi danni. La ragazza aspettava, e Derek, colto da un istinto affrettato, attaccò per primo. Si mosse velocemente, avvicinandosi alla ragazza, e sferrando un pugno con la mano sinistra. La ragazza lo schivò con grazia, e vibrò un fendente dall'alto con l'ascia. Come colto da una scossa elettrica, il corpo di Derek si mosse contro la sua volontà, permettendogli di schivare il colpo che finì a terra, conficcando la lama dell'arma nel pavimento. La ragazza rimosse la lama dal pavimento e schernì il giovane.

-Uh, un dotato, eh? Sarà divertente...-

Utilizzò la parte inferiore e apparentemente innocua dell'ascia per dare un colpo violento sulla caviglia di Derek che, in balia del contraccolpo, cadde sonoramente a terra, vulnerabile al prossimo fendente. La ragazza alzò nuovamente l'ascia, pronta a colpire nuovamente, e vibrò un secondo fendente, potente quanto il primo. Derek chiuse gli occhi, immaginando che a breve la sua testa sarebbe stata spaccata in due come un melone. Invece riaprì gli occhi, notando che la lama si era fermata a pochi centimetri dalla sua fronte. La giovane donna, che dimostrava non più di diciassette anni ritirò l'arma con un grande sorriso sul volto, e offrì la propria mano a Derek. Il ragazzo la prese e si alzò, guardando dritto in quelle iridi verdi. Non sembrava così cattiva, adesso.

-Chi sei?- chiese affascinato.

-Lei è Florence, Membro Naturale della Triade Regia, nonché mia cara, vecchia amica- rispose una voce terribilmente familiare. Derek si voltò per notare Felix appoggiato al muro.

L'ascia scomparve in un bagliore smeraldino, e la ragazza si avvicinò a Felix, unendosi a lui in un lungo e forte abbraccio, come due vecchi compagni di giochi che si rincontravano per ricordare tutte la malefatte commesse in passato. L'abbraccio si sciolse, rivelando i ragazzi sorridenti.

-Ho saputo- disse Felix -della tua fuga dalla torre d'Alabastro. Al momento, numerose viole mammole dalle dimensioni più che notevoli stanno mettendo a ferro e fuoco la torre e sembra che Paericle, il capo delle guardia, abbia letteralmente perso la testa, a causa di un demone dalla cresta rossa. Ha niente a che fare con te?-

La ragazza sorrise.

-Come puoi incolpare me? Dopo tutto quello che abbiamo passato...- disse, mentendo visibilmente -e come al solito sembra che tu sappia tutto quello che succede prima di chiunque altro. Un infiltrato? Una spia?- proseguì Florence, inarcando un sopracciglio.

-Nessuna delle due, solo un buon informatore- concluse Felix in maniera affrettata.

Florence non poté fare a meno di pensare ad Anthea, che, pochi minuti prima, aveva esaminato la sua memoria.

-Scusate, forse vi state dimenticando che io sono ancora qui.- disse Derek, piuttosto irritato dal bizzarro e incomprensibile legame che univa i due membri della Triade Regia.

-Giusto, ti prego di perdonarmi- disse Felix. -Infatti mi piacerebbe sapere come mai, ogni volta che non sono in giro, finisci per farti ammazzare dai miei alleati- proseguì interrogativo.

-Non ti preoccupare, Fel- disse Florence. -Non gli avrei fatto del male, non sarebbe stato complicato imprigionarlo in ogni caso. Noto con piacere che hai adescato un dotato...-

-Dotato? In che senso?- chiese Derek.

Felix stava per prendere la parola, quando la ragazza lo fermò. -Ci penso io. Ragazzino, è vero che il mio Mana non si può certo ignorare, ma non è affatto comune percepire la posizione di una fonte di Mana con questa precisione. Penso che tu non conosca bene il castello: ho notato la difficoltà che hai avuto nel trovare la torcia prima di scoprire che ero entrata. Credimi, non è semplice avere una percezione tale da individuare un mago in un posto sconosciuto, questo ti rende potente. I tuoi lineamenti però non sono familiari...non sembri di questa dimensione.-

-Infatti, proviene dalla Terra, Flo. Ha attraversato il mio portale.-

-Oh, e suppongo che il suddetto portale si sarebbe dovuto chiudere dopo averlo attraversato, vero? Invece è rimasto aperto, e lui l'ha attraversato. Derek, giusto? Sei entrato nel portale di tua spontanea volontà? Sii sincero.- chiese, affascinata.

-Beh, si e no. Stavo decidendo se entrare o meno, ma poi mi sono sentito attratto dal portale, finché non sono riuscito più a resistere e sono entrato. Poi...-

-No, basta così. Non hai un solo potere, a quanto pare. Il tuo Mana ha reagito al portale e l'ha mantenuto aperto, questa è magia potente. E inoltre il Mana ha reagito come una calamita con la magia di Fel. Ecco perché sei entrato. Oltre che dotato sei anche predisposto. Mi complimento.-

Florence guardava Derek con interesse, mentre Felix ruppe il silenzio.

-Sentite, direi di riprendere il discorso domattina, voi che ne dite? Io ho parecchio sonno, e penso che Florence sia abbastanza sfiancata-

-Infatti- confermò la ragazza. -Direi che per stasera può bastare.-

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Capitolo 5
*** Capitolo IV - Il Palco del Baccanale ***


Salve!!! Prima dell'inizio del capitolo, ci tenevo a precisare che lo avevo(insieme ai due precedenti) scritto da un po' di tempo, ma che ero restio a postarlo. Dopo aver risolto le piccole imperfezioni di trama, ho deciso di postarli entrambi, evitando di creare un'esagerata pausa tra un capitolo e l'altro, spero comunque che vi piaccia e che susciti curiosità verso il prossimo capitolo!

Capitolo IV

-Il palco del Baccanale-

 

Dopo l'arrivo di Florence, tutto aveva assunto un'aria più familiare nel castello. Dopo la breve lotta tra lei e Derek, Felix era arrivato per rappacificarli, mandando entrambi a letto e rimandando le spiegazioni e le domande alla mattina successiva. Il ragazzo sorrise nel buio, sollevato nel poter rivedere la sua più grande amica, anche se questa definizione era piuttosto "imprecisa". Sedeva nell'Aquarius Medusae, nel quale era stato aggiunto un sofà e un tavolino scuro appositamente per lui, cosicché potesse controllare comodamente la situazione delle sue truppe. Anthea attraversò con grazia l'acquario nella sua forma umana.

-Felix...- cominciò.

-Dimmi, amica mia. Come va?- rispose Felix con un sorriso stanco.

-Non benissimo. Purtroppo le meduse fanno fatica a fronteggiare un esercito così numeroso nella terra di Argo. L'unica terra neutrale è a rischio: potremmo non riuscire a renderla una colonia.-

-Spiegati meglio. Abbiamo bisogno di più truppe o di truppe più potenti? So che fremi dalla voglia di lanciarti nella mischia, ma la tua potenza è uno dei miei assi della manica, probabilmente l'unico che non vorrei mai giocare. Sai che non amo dover mettere l'incolumità dei miei alleati, o per meglio dire amici, in una situazione rischiosa. Quindi, cosa mi suggerisci?-

-Posso mostrarti cosa è accaduto attraverso i ricordi di Anaemone. In questo modo capirai la situazione nella maniera più efficace- rispose, mentre una lacrima le percorse la guancia.

-D'accordo- concesse il mago, consapevole della morte di Anaemone, la sorella di Anthea.

Anthea prese la mano di Felix e la avvicinò alla sua guancia. Utilizzò entrambe le mani per mantenere il contatto con la propria pelle e lasciò che le sue memorie fluissero attraverso Felix. Il ragazzo chiuse gli occhi e si abbandonò alla visione.

Decine di centinaia di meduse volavano veloci attraverso un cielo invaso da nuvole candide che lasciavano passare solo pochi raggi di luce solare. Il terreno sotto di loro era arido e deserto, numerose rocce sorgevano da esso dirigendosi verso il cielo, rendendo il paesaggio ancora più triste e desolato. Era come se l'ambiente descrivesse gli effetti disastrosi della guerra che stava attraversando. E poi comparvero: inizialmente sembravano cavalieri, ma avvicinandosi li si identificava come demoni che cavalcavano destrieri infuocati. I demoni avevano un aspetto bizzarro: la pelle grigiastra e butterata, ricca di appendici simili a funghi che si dipartivano da diverse zone del corpo mentre due corna caprine spuntavano dall'attaccatura delle orecchie. Il naso era schiacciato, con grandi narici, simile a quello di un suino. La bocca mostrava solo quattro lunghe zanne giallognole da facocero che, insieme al naso e alla stazza corpulenta, regalavano al demone un aspetto decisamente porcino. Ogni demone indossava un'armatura nera di peltro che proteggeva il suo corpo, lasciando scoperte le braccia e il collo. La cavalcata di demoni si fermò, mentre le meduse calavano, formando una legione bluastra e spettrale che si apprestava a combattere. Gli occhi piccoli e rossi dei demoni rassomigliavano le creste infuocate dei loro destrieri, simili a puledri rossastri. Come spinti da un istinto primordiale, i demoni attaccarono. Sguainarono spade e lance da battaglia roventi e mortali, pronti a distruggere le meduse. La legione di esseri galleggianti, tuttavia, non si fece pregare: volò nuovamente in alto, ricadendo sulle truppe, sferrando potenti frustate con i tentacoli, colpendo i punti vulnerabili dei loro avversari, portando via pezzi della loro armatura o distruggendoli, scarnificando le carcasse delle loro vittime non appena cadevano, nutrendosi dei combattenti sconfitti. I demoni sferrarono potenti colpi con le loro lame roventi, scindendo le meduse in corpi gelatinosi privi di vita, cauterizzando le ferite che infliggevano e impedendo la loro guarigione. Quanto sangue, quanto odio, quanta morte in quell'unico combattimento, durato solo pochi minuti. I superstiti di entrambe le fazioni si diedero alla fuga, ritornando alle loro terre.

Il ricordo cessò.

Felix aprì gli occhi e portò una mano alla bocca, riflettendo. Il disgusto per la rovina, e la paura nel causare nuovamente tanta distruzione distoglieva la sua mente da pensieri più importanti.

-Fel...- disse Anthea, prima di rendersi conto di essersi tradita attraverso quell'espressione, sicuramente non sua. Temeva la reazione di Felix se avesse scoperto quello che sapeva, ma più di ogni altra cosa temeva di aver tradito in questo modo la sua fiducia, venendo a conoscenza di segreti che lo riguardavano direttamente senza il suo consenso.

Il ragazzo si girò verso la medusa. Se era stupito, non lo stava dando a vedere. In tutta la sua vita, solo una persona si era azzardata a troncare il suo nome in quel modo, e quella persona si trovava nel castello proprio in quel momento. A Felix non era mai dispiaciuto quel soprannome, e infatti il problema non era quello. Come faceva Anthea a conoscere la sua esistenza? Le meduse sono molto formali e tengono molto ai nomi: amano rivestirsi di cariche e appellativi dal suono elegante e melodioso, una descrizione alla quale un banale “Fel” non corrispondeva. Ripensò al potere di Anthea. Florence era tornata al castello, e sicuramente aveva incontrato la sorveglianza. E se...

-Anthea...?-

-S-si?-

-Come mai questo soprannome? Mi hai sempre chiamato Felix, come mai questo cambiamento?- chiese. Decise poi di giocare a carte scoperte.

-So che hai letto questo soprannome nella mente di una persona. È vero? Non ti chiederò altro, so che non lo riveleresti.-

-...è vero.- confermò Anthea, arrendendosi. -Ho letto la sua memoria. Ho visto il suo, anzi il vostro passato. Erano ricordi che non ero mai riuscita a leggere dentro di te. Lei prova un forte...sentimento per te.- disse, cercando di non pronunciare la parola amore: sarebbe stata sufficiente a farle rivelare quanto fosse intensa e duratura l'infatuazione della ragazza.

-Lo so. Sappi anche che questo sentimento è...ricambiato.- disse Felix, arrossendo violentemente e guardando verso l'acquario. Aveva appositamente nascosto quel ricordo, serbandolo per sé, in modo da godere dei propri momenti con lei senza doverli rivelare a nessuno.

-Non sentirti responsabile per la situazione in cui ti trovi. Sappi che appoggerò sempre la tua scelta, qualunque essa sia- rispose la medusa mentre cambiava argomento per non metterlo a disagio -io non dimentico.- puntualizzò. Le meduse erano creature leggendarie e potenti. Tuttavia pochi anni prima, i cieli e i mari erano stati invasi dallo Spettro della Morte, riflesso degli omicidi a cui il Mana aveva partecipato. Le meduse hanno visto il loro habitat distrutto a causa di questa entità portatrice di morte e corruzione, e hanno cominciato a scomparire una dopo l'altra, fino all'arrivo di Felix: il ragazzo ha purificato parte del cielo e dell'acqua, unendoli e creando il Castello della Nube Temporalesca attraverso i suoi poteri. Da allora, le meduse gli sono fedeli in qualunque situazione, diventando anche truppe di soldati, pronte a morire per il loro salvatore. Anthea, la loro regina, ha dichiarato personalmente fedeltà al ragazzo. Con il passare del tempo, questo rispetto si è trasformato prima in complicità e poi in un'amicizia.

-No, tranquilla. Mi dispiace per Anaemone, davvero. Rifletterò sul da farsi. Penso che comunque sia il caso di chiamare un ulteriore alleato...-

-A chi stai pensando...? Non vorrai...- balbettò Anthea, temendo la risposta del ragazzo.

-Si. Presto mi farò accompagnare da Derek e andrò a cercare Klaus. Le sue Baccanti ci daranno manforte nella battaglia, sai che in preda all'euforia non si fanno scrupoli. Mentre io e lui saremo alla ricerca del Palco del Baccanale, tu e Florence rimarrete qui in caso di emergenza. D'ora in poi tu sei il capo della gestione militare. Limita i morti e cura i feriti, ma soprattutto non scendere in battaglia. Si, penso sia la soluzione più adatta.- concluse.

-...va bene- rispose la medusa, arrendendosi. Era spaventata dalle Baccanti: il sangue le eccitava a tal punto da trasformarle nelle bestie più crudeli e ripugnanti del mondo magico, anche peggio dei demoni.

Salutò Felix e si immerse nelle gelide profondità marine.

Il ragazzo prese una tazza dal tavolino davanti a lui e sorseggiò il suo contenuto. Una volta che ebbe vuotato la tazza la posò delicatamente sul piattino e si accasciò sul divano, osservando le piante lacustri pendere dal soffitto. Pensò a Klaus, temendo una risposta negativa alla sua richiesta di aiuto, ma si tranquillizzò. Un amico del genere non gli avrebbe mai negato un aiuto in questo caso. Chiuse gli occhi, abbandonandosi al sonno. Lo aspettava un periodo difficile.

 

 

Il giorno successivo il sole splendeva attraverso le finestre, mentre numerose meduse rossastre compivano il loro turno di ronda. Felix aprì gli occhi, ritrovandosi nell'Aquarius Medusae. Si stiracchiò, prima di aprire il passaggio segreto e risalire al castello. Attraversò il corridoio e bussò rumorosamente alla porta di Derek, che si aprì pochi secondi dopo, mostrando un Derek dai capelli arruffati e dall'aria assonnata mentre sbadigliava. Scesero in cucina, e furono raggiunti più tardi da Florence. La ragazza indossava una gonna lunga decorata a fiori e una camicetta bianca. Si sedette e schioccò le dita: pentole e padelle si mettevano al lavoro. Pochi minuti dopo le tre omelette furono pronte.

Circa mezz'ora dopo si trovavano nella Camera di Allenamento. Felix era seduto vicino alla porta mentre osservava i due prendere le distanze.

-D'accordo. Prima di cominciare dobbiamo fare due chiacchiere.- disse Florence rivolta a Derek.

-Innanzitutto, sappi che sei un mago pluridotato. Alcuni maghi posseggono un dono particolare, come per esempio riuscire a percepire determinati elementi naturali e non, o potenzialità divinatorie. Altri, come te, posseggono più di uno di questi talenti. Per ora conosciamo già due dei tuoi talenti. Il primo è la percezione del Mana, come ti ho spiegato la sera scorsa. Il secondo invece è un potere adeguato solo al combattimento. Quando hai schivato il mio primo attacco non l'hai fatto di tua spontanea volontà, è stato come un istinto primordiale: ha agito senza il tuo consenso. È un dono molto raro è molto particolare, ti permette di prevedere in che modo agiranno attacchi diretti. Oggi il tuo esercizio sarà proprio questo. Sei pronto?-

Derek annuì. Quando ha preso la decisione di imparare la magia non credeva fosse tutto così complesso, ne che avesse tutto quel potenziale. Florence lo ammirava molto per questo, ma non poteva fare a meno di intimidirsi di fronte alla sua presenza. Alla luce del sole, la bellezza della ragazza era molto più evidente, e Derek arrossì notando il fisico attraente di Florence.

-Non me la sento di attaccarti direttamente con la mia arma, perciò tutti e due utilizzeremo una semplice spada. Colpisci per uccidere.-

Derek deglutì con fatica a quella affermazione, temendo che la ragazza avrebbe fatto lo stesso. Impugnò saldamente la spada che gli fu offerta con entrambe le mani, pronto a combattere.

-Via!- disse Florence.

La ragazza era incredibilmente veloce: girò rapidamente su sé stessa, diventando una macchia sfocata. Il fendente arrivò da destra, mirando alla sua testa. Istintivamente, Derek si abbassò e il fendente attraversò l'aria sopra di lui, mentre si rialzava e vibrava un affondo verso la ragazza. Florence lo schivò rapidamente e affondò la spada verso la testa del ragazzo, che spostò la testa in una frazione di secondo, mosso dal suo magico istinto.

Ogni attacco di Florence era direttamente collegato al precedente, come se stesse seguendo i passi di una danza. Derek invece barcollava cercando di evitare gli attacchi e rispondeva a questi in maniera debole e quasi sempre inefficace. Non era ancora abbastanza forte da poter vincere una sfida del genere, i suoi fendenti venivano parati, deviati o evitati, mentre nuovi minacciosi affondi cercavano di ferirlo. Dopo pochi minuti, cadde a terra sfiancato, con il fiato corto, mentre Florence gli sorrideva.

-Stiamo andando bene, dopotutto. Non male come prima volta.-

Il sorriso che gli rivolse era identico a quello che aveva visto la sera che avevano combattuto per la prima volta, chissà, forse non voleva davvero ucciderlo quella sera.

 

Derek andò a dormire dopo aver ingoiato distrattamente una scarsa quantità di cibo. Ultimamente i suoi pasti erano piuttosto frugali, non perché mancassero le provviste, ma perché gli addestramenti continuavano a sfiancarlo così tanto da togliergli la forza di mangiare. Non si sentiva troppo infelice di queste nuove sue abitudini, la colazione abbondante che faceva ogni mattina gli bastava spesso per tutto il giorno. In compenso, dormiva molto di più rispetto alle sue precedenti abitudini. Felix aveva detto che il Mana cambia anche il metabolismo, fornendoti l'energia necessaria in alcuni momenti ma sconvolgendo il tuo ritmo biologico. Florence gli rivolgeva la parola molto più spesso, dimostrando simpatia, sebbene la maggior parte delle volte si trattava di spronarlo o di porre condizioni più pesanti ai suoi allenamenti. Per lo meno il dubbio che la prima sera cercasse sul serio di ucciderlo cominciava a diradarsi. Abbandonò le sue preoccupazioni tranquillamente, e chiuse gli occhi, sprofondando nel sonno.

Sebbene questo fosse diventato l'unico modo per recuperare l'energia, non capitava spesso che riuscisse a dormire una notte intera. Spesso erano arrivi inaspettati o bizzarri incubi a interrompere il suo sonno, ma quella notte fu di nuovo il suo potere a svegliarlo. Si alzò e strascicò i piedi fino alla porta, la aprì e usci fuori dalla camera. Sebbene odiasse che questo suo “sesto senso” lo svegliasse, Felix e Florence gli avevano suggerito di non sopprimere la sensazione, in quanto lo avrebbe abituato a controllare meglio il suo potere e il Mana. Chiuse quindi gli occhi e cercò di individuare la fonte di magia. Riusciva a percepirla con fatica, era come cercare di catturare uno sbuffo di fumo. Seguì il suo istinto, vagando nel castello ad occhi chiusi, guidato dal suo “radar”.

Arrivò davanti ad una porta nascosta dal resto delle stanze. Guardandosi intorno, notò che non era mai stato in quel posto, dove le finestre erano molto più piccole e tutto giaceva nella penombra. La porta era socchiusa, così entrò, curioso di sapere cosa celava.

Nella stanza si trovava una capsula bizzarra, simile ad un grosso cilindro di vetro. Al suo interno, giaceva una creatura incredibile: brillava come una stella, era candida e delicata, con lunghi capelli luminosi e completamente nuda, dalle sembianze umane. Inoltre, dalla sua schiena, spuntavano due splendenti ali da insetto recanti bizzarri motivi contorti. L'attaccatura delle ali era nascosta da una sorta di peluria sottile, striata, simile a quella che ricopre una falena. La ragazza aprì i grandi occhi verdi e lo fissò. Stupito, si avvicinò alla creatura, che si alzò in piedi e si avvicinò al vetro, affascinata dal suo visitatore. Il ragazzo, giunto davanti al cilindro, si sedette per terra e cominciò a contemplare la creatura, che sembrava rivestita di Mana puro.

La ragazza-farfalla appoggiò la mano al vetro, come se volesse toccare il suo nuovo ammiratore, mentre Derek, affascinato, appoggiò sul contenitore anche la sua di mano, come se la volesse unire a quella della ragazza, che gli rivolse un sorriso luminoso, prima di alzarsi in volo nel cilindro, splendendo sempre più forte, fino a ridursi in polvere dorata.

Derek, spaventato dalla sorte della creatura, si guardò intorno, come in cerca di un qualche aiuto, ma la stanza recava solo numerose candele dalla luce azzurrina, che illuminavano il luogo. Rivolse lo sguardo verso l'uscio, notando Anthea in piedi sulla porta. La medusa in forma umana si avvicinò, si sedette accanto a lui e osservò intensamente il cilindro. Il ragazzo aveva sussultato appena l'aveva vista, associando il suo aspetto al dolore delle sue ferite, che ora si erano rimarginate fino a divenire sottili cicatrici rosse. Lo sbigottimento causato dalla morte prematura della ragazza-farfalla lo aveva zittito, e aspettò, temendo che Anthea lo ritenesse colpevole di tale evento.

-Ti è piaciuto?- chiese, osservando la sua reazione.

-C-cosa? La ragazza? Si, ma...è morta? Che le è successo?- rispose meravigliato.

-Quella che avevi di fronte era un'Effimera- rispose Anthea. -sono creature rarissime, questa probabilmente è l'ultima rimasta. Non è morta, guarda...-

Le particelle luminose che erano rimaste nella capsula aleggiarono, fino a condensarsi in una nuova figura umana, identica all'Effimera precedente, solo che brillava di una luce violacea e i capelli erano ricci e più scuri. Ma quando aprì gli occhi, Derek non ebbe dubbi o esitazioni a riconoscerla.

-Le Effimere, o Farfalle Fenici secondo alcuni, sono esseri superiori, paragonabili a entità divine, eoni se vogliamo. Dopo un breve lasso di tempo, pari a circa una settantina di minuti, la loro essenza si scinde, e si dissolvono. In pochi minuti, però, ritornano alla loro forma, per poi scindersi nuovamente. Non hanno un potere preciso, ma sono simili a spiriti: riescono ad entrare nell'essenza di esseri e oggetti, possedendoli, e scatenando la loro energia. Sono quelli che potrebbero essere definiti “spiriti liberi”, hanno una grande voglia di vivere, sebbene non abbiano alcuna fretta. Le Effimere sono eterne. Scindendosi, non fanno che cambiare forma, ma la loro essenza è indistruttibile.-

-Ma se sono così indistruttibili come dici, come mai questa è l'ultima?-

La sua espressione si rattristò.

-Sai cosa sono i demoni? Sono l'incarnazione più pura del male umano, un concentrato di angoscia, superbia, brama di potere, ricchezza e sangue. Sono animati da esseri superiori a loro anche come negatività: le streghe, o dame nere. La loro presenza intacca l'essenza di esseri puri come le Effimere, e queste creature smettono di rigenerarsi, scomparendo per sempre. Inoltre, le Dame Nere sono troppo negative per poter ospitare Mana nei loro corpi, quindi devono utilizzare un legame terreno, che mascherano come un gioiello, una spilla o simile, per la loro vanità. Questo elemento si chiama Manae Corpus, e serve a legarle al Mana, di modo che possano utilizzare la Magia, e viene ottenuto attraverso un frammento di essenza Effimera all'interno di una gemma.. Le Dame Nere sono tutte vestite di questo colore, che serve a coprire le loro fattezze.-

-Perché? Che aspetto hanno? Credevo fossero umane...-

-Invece no. Devi sapere che ogni Dama si incarna in una pianta spinosa, come il rovo o la rosa, o avvelenata, come alcuni tipi di edera. La loro discendenza, poi, manterrà la medesima incarnazione. Felix ti avrà sicuramente già detto che siamo coinvolti in una guerra. Beh, loro sono i nostri avversari. Sappiamo che hanno ucciso il Membro Incandescente della Triade Regia, e non sappiamo se ne hanno assimilato i poteri. Cercheranno in ogni caso di prendere possesso del castello, quindi siamo continuamente in tensione per questo motivo. Inoltre, devo avvertirti di un altro particolare.-

Guardò Derek negli occhi, mentre cercava di adoperare un approccio adeguato. Felix le aveva chiesto di avvertirlo della spedizione, in modo che il ragazzo cominciasse a fidarsi di lei, dopo ciò che è accaduto nell'Aquarius Medusae.

-Domani, tu e Felix partirete per una ricerca. Dovete trovare un luogo, chiamato il Palco del Baccanale, dove regna un mago alleato di Felix, l'unico alleato che dispone di una setta guerriera al suo cospetto, e che potrà richiamarla in nostro aiuto. Il suo nome è Klaus, conosciuto come l'Intelletto Ubriaco. Al suo cospetto ci sono un numero piuttosto alto di Baccanti, sue seguaci, bramose di sangue- disse con disgusto -che aiuteranno le truppe di meduse nella lotta contro i demoni. Accetti di accompagnare Felix?-

-Certo- rispose Derek, senza esitazione. Felix aveva chiesto il suo aiuto, e lui si sentiva in dovere di accettare, dopotutto lui avrebbe fatto lo stesso in ogni caso.

-Va bene- concluse Anthea. -State attenti, non sarà un viaggio facile. Non permettere che lui si getti in qualche bizzarro piano di riserva. Se non fosse possibile seguire il piano originale, ti prego di convincerlo a tornare al castello.- disse con apprensione.

-Ci sei molto affezionata, vero?- chiese Derek, scorgendo un sentimento che credeva di non poter mai vedere in un essere del genere.

-...si- ammise. -È sempre stato molto leale e disponibile nei miei confronti. Ho già perso qualcuno di importante oggi, ti prego, fa in modo che non debba perdere qualcun altro domani.- disse, e uscì senza aggiungere altro.

Derek riflettè a lungo su quella lealtà così profonda, osservando l'Effimera morire e nascere una terza volta, cambiando di nuovo i suoi colori. Decise di ritornare in camera sua, meditando sui vari caratteri che cominciava a delineare nella sua mente.

 

Il giorno successivo, Felix lo svegliò molto presto, e gli procurò nuovi abiti, molto più caldi dei precedenti. Il tutto consisteva in uno spesso paio di pantaloni, calze di lana, scarponi da neve e un cappotto caldo e aderente che lo riscaldò non appena se lo mise addosso.

-Come mai abiti così caldi?- chiese sbadigliando.

-Il posto che cerchiamo si trova nascosto in una catena montuosa dalle vette molto alte e freddissime, nota come catena della Fenice, poiché popolata da tali creature, che costruiscono i loro nidi nei burroni tra una montagna e un'altra, dove fa abbastanza caldo per mantenere un focolare.

Non sappiamo con precisione dove si trova il nostro alleato, per questo dovremo cercarlo. Non posso assicurare né la riuscita né precisare la durata della spedizione. Hai intenzione di seguirmi ugualmente?-

Derek annuì silenziosamente.

Arrivarono all'uscita del castello, dove Florence e Anthea li aspettavano. Anthea scoccò uno sguardo a Felix, che annuì. Protese una mano, e la realtà di fronte a loro si incrinò, creando una spaccatura luminosa che Derek riconobbe come un portale. Il freddo delle montagne proveniente dal portale confermava ciò che aveva detto il mago, che si accinse per primo ad entrare, scomparendo. Derek inspirò profondamente, e si gettò di corsa nel portale, che si chiuse dietro di lui. La vista delle montagne era spettacolare: sebbene fossero ricoperte dalla neve, brillavano di una leggera tonalità scarlatta. Erano atterrati su uno spiazzo circolare sul versante di una delle montagne, e affacciandosi si potevano osservare le lunghe spaccature infuocate alla base delle montagne, le cui fiamme donavano alle montagne il loro bagliore.

-Non hai ancora imparato a levitare, vero?- domandò Felix mentre infilava i guanti.

Dopo che Derek ebbe scosso la testa, Felix si diresse verso il lato dello spiazzo, indicò una linea invisibile con il dito indice e pochi secondi dopo una spaccatura si formò nella direzione della linea che aveva indicato. La fessura attraversò tutto lo spiazzo, fino a separarlo dalla montagna. Il frammento di roccia non precipitò, bensì cominciò a levitare e si diresse verso la montagna più vicina.

-Siccome l'ingresso al Palco del Baccanale è certamente occultato, dovremo cercarlo attraverso l'unico particolare che non possono nascondere, cioè il rilascio di Mana. Ecco perché il tuo potere sarà fondamentale. Man mano che ci spostiamo da una montagna all'altra, usa il tuo potere per vedere se trovi qualche traccia. Ci riuscirai?- chiese tranquillo.

-Certo. Possiamo cominciare.- affermò Derek.

-Comincia a cercare in questa montagna, prima che io sposti la piattaforma verso un altro monte.

La ricerca fu lunga e faticosa: le montagne continuavano a mostrarsi prive di Mana o vita. Dopo un'ora circa, però, una montagna mostrò attività magica al suo interno.

-Cosa pensi che sia?- chiese Felix.

-Non ne ho idea. Sicuramente è un Mana potente, ma è...complicato.-

-Ho capito. Penso sia il caso di entrare.-

Si avvicinarono alla montagna, e Felix mosse la mano, come se tentasse di gettare via un oggetto. La sua mano brillò per qualche istante, e dopo la parete della montagna si aprì, formando un'apertura rotonda. La piattaforma rocciosa si accostò all'entrata, e i due ragazzi si inoltrarono nella grotta buia.

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Capitolo 6
*** Capitolo V - L'Orrore ***


dedicato a Lele


Capitolo V

-L'Orrore-

 

L'interno della grotta era luminoso, e le sue pareti ricordavano specchi mal funzionanti. L'immensa caverna a forma di cupola era illuminata dalla luce proveniente dall'entrata che si rifletteva sulle pareti specchiate, spargendo la luce all'interno della grotta. Derek entrò, ammirando la bellezza del minerale che formava la montagna, notando poi una piccola figura nera in un angolo.

-Felix...c'è qualcuno lì...-

Felix si inoltrò nella grotta, notando la figura avvolta in un mantello nero riccamente decorato. Appena anche lui entrò nella grotta, la figura alzò la testa: i capelli corvini raccolti in uno chignon piuttosto frettoloso e impreciso e la pelle bianca e marmorea incorniciavano due occhi scarlatti.

-Chi siete?- disse la donna con voce ingenua, mentre spostava i piedi nudi sul terreno ghiacciato, spostandoli sotto il calore del mantello. Felix notò con disgusto alcune tracce di sangue rappreso intorno al suo angolino.

-Siamo due esploratori. Abbiamo utilizzato un congegno esplosivo per penetrare all'interno della montagna e visitarne l'interno. Siamo arrivati mediante un aliante, che si è fermato poco più in su.- disse Felix, mentendo.

-Capisco...vedi il sangue vicino a me? Sono stata attaccata da una baccante e portata qui, per divenire il suo pasto. Il sangue vicino a me proviene da una ferita sul petto che mi ha procurato quell'essere con i suoi artigli. Potreste aiutarmi?- chiese dolcemente.

-Dov'è la baccante? Non è scappata, in quanto se ti avesse ferito avrebbe dilaniato il tuo corpo, nutrendosi. Il sangue vicino a te è il suo. Non può essere scappata, in quanto siamo stati noi ad aprire l'unica entrata in questo luogo e lei non è sicuramente scappata. Durante l'Euforia non si sarebbe fatta scrupoli ad uccidere anche noi.-

La donna sorrise sadicamente, e un rivolo di sangue colò dalla sua bocca.

-Si, l'ho mangiata. Mi hai scoperto, a quanto pare, e tu non sei un esploratore ma un mago, un mago forte e gustoso...comincia a scappare da Arachne l'Orrore.-

Felix sbarrò gli occhi, fissando con terrore la donna, che si alzò in piedi. Il suo mantello cominciò a gonfiarsi e a restringersi ripetutamente, come il meccanismo respiratorio di un bizzarro animale: pochi attimi dopo il mantello si allargo, trasformandosi in un vortice nero che si divise in otto fasce di velluto che spuntavano dalla schiena dell'Orrore, avvolto in un frammento del velluto nero che sembrava fatto di tenebra e cieli notturni. Le fasce sulla sua schiena si contorsero, fino a prendere una piega sinistra, rassomigliando otto lunghe zampe di ragno, tutte munite di un lungo artiglio.

Felix scappò verso l'entrata, quando fu spinto via da un artiglio di Arachne, sbatté su di una parete e cadde a terra esanime.

-Non scapperai, non finché ho ancora fame- disse -per precauzione chiuderò l'ingresso.-

Dopo che ebbe parlato, Derek sentì l'aria intorno a loro tendersi, e corse frettolosamente verso l'ingresso, cercando di fuggire. Si fermò proprio davanti all'enorme voragine aperta nel muro. Non poteva farlo. Non poteva abbandonarlo quando lui non l'aveva fatto con lui. Invece di lasciarlo marcire da solo nella sua vita piatta e senza prospettive, invece l'aveva reso partecipe del suo mondo. Non sarebbe stato capace di vivere con sé stesso se avesse varcato quell'entrata. Il senso di colpa lo attraversò da parte a parte come un coltello affilato. Si voltò, e Arachne vide la determinazione negli occhi del ragazzo e sorrise sprezzante, mentre Felix giaceva in un angolo.

-Peccato, eri stato abbastanza veloce, avresti potuto salvarti. Non ho paura di te, sono Arachne, l'Orrore della Vanità e della Superbia. Non puoi fermarmi. Ora mangerò anche te.-

Due delle fasce nere scattarono verso il ragazzo, che li schivò entrambi, afferrandoli successivamente. Le fasce avevano la consistenza del fumo, eppure sembravano solide e pericolose. Derek non si fece pregare: gli bastò un pizzico di Mana per dare loro fuoco, e numerose fiamme azzurrine avvolsero gli artigli, consumandoli. Arachne lo fissava stupita. Ad un secondo cenno, un altro artiglio si avventò verso Derek e venne avvolto anch'esso dalle fiamme. Dopo il combattimento con Florence, Felix approfittava dei suoi momenti liberi per insegnarli ad adoperare gli elementi, e il fuoco era diventata la sua specialità. Arachne gli rivolse un secondo sguardo sbigottito, e non fece attendere il ragazzo per un attacco successivo: altre tre strisce di velluto attaccarono Derek, incendiandosi non appena furono troppo vicini. Il ragazzo approfittò immediatamente del momento di debolezza dell'Orrore e si precipitò contro di lui, sferrando un pugno carico di Mana dritto al suo petto, spedendola fino alla parete successiva. Tuttavia, invece di sbattere violentemente e cadere a terra, Arachne attraversò lo specchio, scomparendo.

Felix alzò la testa, massaggiandosi la fronte.

-Accidenti...Derek, dov'è Arachne?- chiese.

-Non lo so! Le ho tirato un pugno e ha attraversato il muro!- rispose sbigottito.

Felix cominciò a riflettere, senza smettere di massaggiarsi la fronte dolorante.

-Arachne è un Orrore, gli Orrori sono una sorta di miscuglio fra Tenebra e Rovina umana, che producono un essere dai poteri molto pericolosi e dalla mentalità piuttosto instabile. Se solo sapessimo che Orrore è...-

-Beh, credo di saperlo. Dopo averti messo al tappeto ha detto di essere l'Orrore della Superbia e della Vanità. Penso che lo abbia detto proprio a causa di entrambi.-

Felix sorrise e tolse la mano dalla fronte, rivelando un bozzo violaceo.

-In tal caso sembra che tu le abbia lasciato solo la Vanità. Si è rifugiata nella sua immagine, approfittando degli specchi. Dobbiamo stare attenti, non sappiamo da dove arriverà il prossimo attacco.-

Mentre l'immagine di Arachne si spostava da una parete all'altra, i due ragazzi si spostarono al centro della caverna, schiena contro schiena, pronti a contrattaccare.

-Come hai fatto a sconfiggerla? Non immaginavo che un semplice pugno potesse mettere KO quegli artigli...-

-Ho usato il fuoco: li ho distrutti subito, ma non sono riuscito a colpirla con le fiamme-

-È normale: i nastri erano fatti di Tenebra e quindi la luce li ha sconfitti facilmente, ma lei è protetta da una magia forte. In ogni caso, non appena attacca dobbiamo colpirla con tutto ciò che abbiamo. Mantieni gli occhi aperti.- gli raccomandò Felix.

I minuti passarono, poi la gigantesca immagine della donna comparve su di una parete, riempiendola completamente. La donna aveva uno sguardo raccapricciante: le iridi rosse brillavano intensamente, mentre il sangue della baccante colava dalla sua bocca, contorta fino a formare un ghigno sadico. Derek reagì d'istinto, e colpì la parete: questa si incrinò e numerose crepe la attraversarono, deformando l'immagine e rendendola ancora più spaventosa. Ad un tratto la donna attraversò lo specchio, mantenendo le fattezze terribili che la ritraevano: la bocca si era allargata, gli occhi erano diventati quattro e i capelli neri le ricadevano sul volto. Le braccia erano coperte da cicatrici e le dita erano diventate artigli sproporzionati pronti a dilaniare i corpi che bloccavano i suo cammino. Il vestito si era fuso con le sue gambe, ormai solo rigidi pezzi di carne. Inoltre, a causa di un effetto ottico causato dalla rottura della parete, le sue dimensioni erano sensibilmente aumentate. L'Orrore, ormai degno di tale nome, scattò verso una parete integra, attraversandola. Pochi attimi dopo una mano enorme attraversò la superficie dello specchio, diretta verso Felix. Il ragazzo spinse via Derek e saltò, evitando gli artigli. Bastò un fascio di luce e un enorme spuntone di ghiaccio, lungo e affilato, spuntò tra le sue mani. Al momento giusto affondò il bastone nella mano dell'Orrore, centrandola in pieno e spargendo sangue sul pavimento calcareo della grotta, che in quel momento fu riempita da un urlo di dolore. Felix era ancora aggrappato allo spuntone, che era penetrato nel pavimento dopo aver attraversato la mano. Un'altra mano, più veloce della precedente comparve e attaccò il ragazzo, che saltò fino ad arrivare a pochi di centimetri sopra di essa. Le sue mani brillarono di nuovo e alla seconda mano spettò la medesima sorte di sua sorella. Nuovo sangue caldo si riversò sul pavimento. La parete di fronte a lui fece spazio alla figura devastata e contorta di Arachne, quella che pochi attimi fa era l'Orrore della Vanità e della Superbia.

Derek scattò velocemente, e sguainò un lungo pugnale, l'unica arma che aveva voluto portare con sé, e l'affondo nel petto di Arachne, uccidendola.

La creatura cominciò a decadere, trasformandosi in cenere, e pochi minuti dopo restava soltanto polvere.

I due ragazzi presentavano soltanto qualche graffio, ma potevano vantare di aver sconfitto un nemico potente. Si guardarono e sorrisero, per poi dirigersi verso l'entrata.

-Te la senti di proseguire? O preferisci fermarti?- chiese Felix mentre risalivano sulla lastra di pietra.

-Beh, non sono stanco, anche se adesso produco fiamme con molta difficoltà- ammise il ragazzo, cercando di evocare qualcosa di più di qualche scintilla.

-Ah, giusto. Dimenticavo che tu assimili Mana più lentamente di me. Ecco, bevi questo.-

Felix aprì il suo zaino e armeggiò con una bottiglia ed un bicchiere portatile, porgendolo poi al ragazzo, che riconobbe la bevanda verdognola. Sorseggiò la Decadenza con gusto, sentendo l'energia riaffiorare. Dopo aver vuotato il bicchiere, si rivolse a Felix con uno sguardo enigmatico.

-Sto ritornando verde?- chiese.

Felix scoppiò a ridere.

-No, non se ne bevi così poca. E inoltre non ne hai bevuto per un paio di giorni. È piuttosto positivo come effetto collaterale, dovrebbe spingerti a berla meno frequentemente.-

Derek alzò le spalle e poi chiuse gli occhi, concentrandosi sull'energia da dover localizzare.

Dopo alcune ore di ricerca infruttuose i due ragazzi si accorsero di come il sole stava tramontando, e decisero di interrompere le ricerche.

-Dove dormiamo?- chiese Derek.

-La piattaforma è abbastanza larga. Tuttavia dovrò porvi attorno un incantesimo: durante la notte, comincia a soffiare un vento molto forte e freddo. A meno che tu non voglia perdere le dita dei piedi...-

Felix aprì la mano con il palmo rivolto verso l'alto e una piccola medusa luminosa apparve. La medusa svolazzò intorno alla lastra di pietra, lasciando una scia luminosa dietro di se. Dopo alcuni giri, la medusa scomparve, e la sua scia formò una barriera intorno alla piattaforma. Felix disegno con un gessetto una circonferenza circoscritta da simboli arcani, e ad uno schiocco di dita, una fiamma bluastra comparve al di sopra del cerchio, alimentata dal Mana del disegno.

Dopo aver utilizzato il fuoco per cucinare del cibo, entrambi si addormentarono sulla lastra, protetti dalla barriera e scaldati dalla fiamma.

Il giorno dopo furono svegliati dai primi raggi del sole che attraversavano le montagne. Felix richiamò la barriera, che si dissolse tornando ad essere una medusa. Spensero il fuoco e ricominciarono la loro ricerca.

-Penso di averla trovata, Felix- lo informò Derek non appena ebbe percepito il Mana all'interno della roccia.

Felix si avvicinò alla parete rocciosa con la lastra di pietra, e posò il palmo della sua mano sulla pietra fredda. Derek osservò le stesse strisce serpentine che aveva visto nell'Aquarius Medusae percorrere la parete della montagna. Le strisce scomparvero e comparve un arco per entrare nella montagna. I due ragazzi percorsero il corridoio fino a giungere in una grotta enorme: la pietra calcarea era di un vivido color lavanda, e numerose cavità sulle pareti si rivelarono sorgenti di un bizzarro liquido rosso scuro, dall'odore particolare.

-Cos'è? Sangue?- chiese.

-No, vino. Klaus ama considerarsi la “reincarnazione di Dioniso”, il dio del vino e della...ehm, musica orgiastica.-

Davanti a loro, un uomo magro e slanciato li fissava. Era vestito di nero da capo a piedi, portava un paio di piccoli occhiali e aveva i capelli bianchi quasi quanto i suoi guanti.

-Stranieri, io sono Hom, il guardiano del Palco del Baccanale. Se volete passare avanti e giungere dal mio padrone, dovete prima risolvere l'enigma.-

Così dicendo, Hom il guardiano mostrò ai due ragazzi due scacchiere di marmo, l'una accanto all'altra. Su di una di queste erano già posizionati numerosi scacchi in maniera casuale, mentre l'altra era completamente vuota.

-A cosa servirà l'altra scacchiera?- chiese Felix.

-Penso di saperlo. Questa è una variante scacchistica nota come Scacchi di Alice. Si gioca su due scacchiere, e ogni volta che una pedina si muove passa all'altra scacchiera, e viceversa. È piuttosto complicato...- rispose Derek.

-In tal caso, dovremmo iniziare così.- disse Felix, muovendo il Re e spostandolo sull'altra scacchiera.

-Giusto. Se non muoviamo il Re, non dovrà passare di nuovo nell'altra scacchiera, e potremo cominciare a difenderlo.-

Passarono numerosi minuti, e mentre loro muovevano i loro pezzi, Hom escogitava le sue contromosse. Alla fine, i due riuscirono a sconfiggere Hom, dandogli Scaccomatto.

-Bene. Stranieri, avete conquistato il diritto di entrare illesi. Padron Klaus vi aspettava, Felix.-

-Lo so.- rispose.

Entrarono attraverso un ulteriore cunicolo, che li porto in una sala più grande, dove numerose ragazze facevano il bagno in una piscina scavata nella roccia, giocando e schizzandosi. Una di loro si voltò e li vide.

-Buongiorno. Volete unirvi a noi?- domando con voce suadente. La ragazza aveva lunghi capelli biondi ed era bella come poche. I suoi occhi erano verdi come smeraldi e la sua pelle era diafana, e in qualche modo sembrava lucida. La grotta presentava le stesse caratteristiche della precedente: le mura, di calcare color lavanda, si interrompeva per fare spazio a cascate di vino rosso.

-Baccanti, dovete portarci da Klaus.- disse freddamente Felix.

-Ah. Beh, Klaus non c'è. È uscito, ma non è ancora tornato- rispose la Baccante mentre rimirava le sue unghie.

-Tu menti. Sappiamo che è qui, altrimenti Hom non ci avrebbe sottoposto all'indovinello.-

-Quel vecchiaccio sta perdendo colpi. Dai, giocate un po' con noi...- disse suadente.

Derek fece alcuni passi in avanti, ma Felix lo strattonò.

-Non sono umani. Non sono animali. Sono la più crudele combinazione tra donne e lupi affamati. Sono Baccanti, non devi avvicinarti.- disse Felix, premurosamente.

Derek si sentiva incredibilmente attratto dalla ragazza immersa nell'acqua. Ormai quasi totalmente stregato, si avvicinò nuovamente alla piscina, ma un ulteriore strattone lo fece inciampare e cadere, mentre sentiva la gamba del pantalone lacerarsi e la roccia graffiare profondamente la sua pelle. Cadde a terra, mentre un rivolo di sangue colava sul pavimento.

La Baccante annusò più volte l'aria dopo aver assistito alla scena. Gli occhi sbarrati, la ragazza inspirava ed espirava frettolosamente, come se si sentisse soffocare. Dopo pochi secondi, le altre Baccanti cominciarono ad imitarla, uscendo una ad una dalla piscina. La loro schiena si inarcò, le pupille divennero verticali e serpentine, mentre i loro denti si allungavano e una lingua biforcuta penzolava dalle loro fauci fameliche. Le loro dita si erano allungate fino a diventare artigli.

Ciascuna di loro ormai era diventata una fiera desiderosa di sangue e carne umana.

-Cosa le è successo??!?- chiese Derek sbigottito.

-Sono Baccanti. Quando sentono l'odore del sangue, vanno in uno stato chiamato Euforia, trasformandosi in creature spietate e violente. Non abbiamo scelta, adesso dobbiamo combattere. E intendo combattere per uccidere.-

Corse in avanti e mosse le mani davanti a lui, tracciando due archi nell'aria. Le Baccanti vennero travolte dalla falce di vento creata da Felix e sbalzate via, mentre il fendente lasciava un segno nei loro corpi esanimi. Derek, nel frattempo, si era ripreso, e lanciava proiettili di fuoco verso le Baccanti nelle vicinanze. Quest'ultime non si fecero pregare per reagire: alcune riuscivano ad evitare le fiamme con scatti rapidi ed inaspettati che permettevano loro di avvicinarsi al nemico.

Derek si concentrava sulle tre di fronte a lui, dimenticando di guardarsi le spalle, sentì infatti una corrente d'aria sfiorarlo, e voltandosi vide Felix colpire la Baccante alle sue spalle con un proiettile argentato, simile ad una stella cadente.

-Siamo già in difficoltà, cerca almeno di guardarti le spalle!- disse Felix, provocatorio.

Il tempo passava, e le Baccanti sconfitte si rialzavano, tornando all'attacco, attratte irresistibilmente dall'orrore del sangue. I due ragazzi si trovarono ben presto a combattere schiena contro schiena, circondati da quella cerchia di assassine.

-Derek!! Sostieni il mio Mana!- disse Felix.

-Cosa!!? Non avrai intenzione di...- replicò, contrario all'idea.

-Si, proprio quello- disse Felix con un sorrisetto di complicità.

-Ma non mi riesce sempre...e se sbagliassi di nuovo?-

-Non accadrà. Fidati di me- disse Felix.

Derek si concentrò intensamente, mentre il suo corpo cominciava a risplendere a causa del Mana che stava esternando. Dalle braccia di Felix spuntarono le ormai familiari strisce di parole luminose, che si strinsero intorno alle sue braccia, mentre i suoi palmi risplendevano come soli. Improvvisamente, le catene luminose si infransero, e il corpo di Derek smise di splendere, eccetto che per le sue mani, che brillavano come quelle di Felix.

-Ora!!-urlò Felix.

Subito dopo il suo comando, entrambi i ragazzi unirono le mani in quello che sembrava un applauso, ma che si rivelò il detonatore della loro magia. Un'esplosione di luce, simile all'ultimo istante di vita di una stella, li avvolse e si estese alle Baccanti, inghiottendole. In una frazione di secondo, la luce si estinse, lasciando i ragazzi illesi, e i loro nemici intrappolati in bare di ghiaccio.

-Non potevo permettermi di ferirle gravemente- spiegò Felix.

-Come sarebbe a dire?!? Hai detto combatti per uccidere!- rispose Derek, diventando isterico.

-Certo, ma quelle che tu consideri “ferite mortali” non lo sarebbero state per loro. Oltre ad una potenza offensiva notevole, le Baccanti sono dotate di muscoli elastici e rapidi nella guarigione. Una ferita normale non le avrebbe uccise, sarebbe stato necessario un Sigillo. Ma di questo parleremo in futuro.- si rivolse poi al resto della caverna.

-Klaus, ora che hai provato la nostra identità, rivelati.-

L'intera stanza vacillò per un attimo poi scomparve lentamente, portando i ragazzi in una stanza simile, il cui pavimento era ornato con tappeti persiani rosso cremisi, mentre le pareti erano dimora di innumerevoli e giganteschi scaffali pieni di libri di ogni sorta. Le librerie erano interrotte da cascate di vino solo in due punti, mentre all'estremo della stanza vi era un blocco di marmo sopraelevato, simile ad un piedistallo, dove sorgeva il trono del padrone di casa. Al suo fianco vi era Hom in quella che Felix aveva definito “forma meccanica reale” in seguito ad una domanda di Derek. Il guardiano era più grosso e più imponente, sempre di colore nero, ma stavolta di consistenza rocciosa. Il Guardiano era un Golem. Un dettagliato, inciso Golem, rifinito di simboli e caratteristiche umane. Il suo padrone era molto più umano rispetto al guardiano.

Klaus era biondo e bello. Statuario e dai lineamenti classici, costituiva un membro importante del Quartetto Cavaliere prima della sua scissione. Indossava una camicia bianca ed un paio di pantaloni neri, che risaltavano il suo fisico tonico e slanciato. Sembrava ridicolo pensare che Felix, il gracile ragazzo dai capelli scuri di fronte a lui fosse infinitamente più forte. La sua età sfiorava i ventitré anni a colpo d'occhio, ma i suoi profondi occhi color noce erano lo specchio di un animo provato, vissuto e orgoglioso. Si alzò ed andò incontro a Felix, stringendolo in un caloroso abbraccio.

-Amico mio, quanto tempo è passato...a cosa devo la tua visita in un periodo del genere?- chiese preoccupato.

-Vedi Klaus, ho bisogno di aiuto a livello di truppe militari. Sai che preferisco la vittoria certa, e so che le Baccanti me la potranno procurare. Il deserto di Argo non deve necessariamente diventare mio, ma rientra nei miei progetti. Il combattimento finale DEVE avvenire ad Argo. Inoltre, gradirei avere la tua presenza e il tuo sapere al mio fianco. Accetti di aiutarmi?-

I due si guardarono negli occhi per qualche secondo, dopodiché Klaus ruppe il silenzio.

-Non ti negherò di certo il mio aiuto, ma devo chiederti una cosa in cambio. Devo sapere con chi sto combattendo.-

-Che razza di domanda, ovviamente con le Dam...-

-Non intendo questo. Intendo dire che voglio essere al corrente di tutto ciò che sai sul nostro nemico. So bene che non ti piace condividere i tuoi piccoli segreti militari, ma questo è il mio prezzo. Devo capire quanto è alto il rischio e agire di conseguenza.

-Capisco. In tal caso, sedetevi ed ascoltate tutti e due. Anthea e Florence sono gia al corrente di queste informazioni, perciò ritengo necessario che anche Derek sia informato sul nostro nemico.

Le Dame Nere sono streghe, streghe molto pericolose. Tuttavia, hanno un punto debole. La loro essenza è incompatibile con il Mana, a causa delle impurità da loro commesse. Per usare la magia, quindi, hanno bisogno di un Contatto, ovvero un gioiello che le leghi al Mana. Inoltre, ogni strega di stirpe pura è direttamente collegata ad un fiore o un arbusto velenoso, rampicante o irto di spine. La mia teoria è che la Regina Nera, la regina incontrastata delle streghe, sia Nicandra, erede scomparsa del clan dell'Artiglio del Diavolo. Queste streghe sono rare e pericolose, e manovrano come burattini un numero tutt'altro che indifferente di demoni ed un corpo scelto di Orrori, nota come Gilda della Rovina, composta da otto membri. Uno di questi, Arachne, è stato nascosto in questa zona: probabilmente era un agguato diretto a te. Non penso si aspettassero che due visitatori sconfiggessero l'Orrore anche nella sua forma reale. Sappiamo inoltre che il corpo delle Dame Nere sta scendendo vertiginosamente, e sembra che sia la regina stessa ad ucciderle. Ho paura che stia accumulando Contatti di altre streghe, assoggettandoli e rendendoli suoi. In questo modo può contare su una forza smisurata rispetto ad ogni altra Dama Nera, rendendo impossibile una rivolta.

Questo è, per il momento, tutto ciò che sappiamo.- concluse.

Klaus e Derek hanno assistito in silenzio alla spiegazione, prima di rompere il silenzio.

-Quante sono?- chiese Derek.

-All'incirca novecento. Non di più. E il loro numero cala in continuazione, l'ho appena detto. Non scenderanno sotto le settecento unità, a mio parere. Questo le renderebbe più forti ma più vulnerabili e Nicandra ha fama di essere una Dama Nera molto potente e intelligente.-

-Capisco. In ogni caso, la mia risposta era dall'inizio un consenso. Tuttavia, per il momento, non trovo utile che io mi sposti. Renderei il Palco del Baccanale vulnerabile. Prometto che mi farò sentire. Possiamo usare lo specchio, sei d'accordo? È a prova di intercettazione. Io stesso l'ho avvolto in numerose trappole e illusioni. Non dovremmo avere grattacapi.-

-D'accordo. Penso che dovremmo andare. Le ricerche sono durate solo due giorni, ma Anthea e Florence saranno in apprensione. Derek, preparati ad andare.- disse Felix, mentre apriva il portale. Derek lo attraversò non appena fu pronto, e Felix si accingeva a seguirlo, quando sentì Klaus fermarlo.

-Felix...Florence è con te?-

-...sì-

-Cosa hai intenzione di fare?-

-Fare? Non essere stupido, non farò proprio niente...-

-Sono anni che non fai niente. È il caso di fare qualcosa.-

-Ne abbiamo già parlato...-

-Non vedo perchè tu debba negarti una cosa del genere. È come se cercassi di espiare le tue colpe negandoti l'amore, Felix. Vuoi almeno spiegarmi perchè?-

-Ho paura, Klaus. Ho paura che mi rifiuti, ho paura di perderla...-

-Sai che non ti ripudierebbe. Ti ama a tal punto da perdonarti qualunque cosa. Non penso che tu debba indugiare. Non è facile provare qualcosa come la provi tu. Sono invidioso, chiunque lo sarebbe. È un sentimento intenso e reciproco. Vivere per anni ed accumulare sapienza e dottrina non ti aiuterà. Rischi di trasformarti in un Dottor Faust, proprio come il sottoscritto. Hai paura di perderla, ma sei pronto a proteggerla e ad offrire il tuo corpo come scudo, e sei in grado di garantirgli una protezione che nessuno potrebbe offrirle. L'intero universo sembra convincerti a rischiare, ad unirti a lei.-

Felix si liberò dalla stretta e attraversò il portale, mentre le parole di Klaus continuavano a ronzargli in testa.

Ti ama a tal punto da perdonarti qualunque cosa...rischi di trasformarti in un Dottor Faust, proprio come il sottoscritto...l'intero universo sembra convincerti ad unirti a lei...”

Forse, dopotutto, era il caso di fare un passo avanti. La vicinanza a lei trasformava il suo petto in una bomba ad orologeria, pronta ad esplodere non appena lei gli sfiorasse il volto.

Forse, dopotutto, aveva il diritto di amare.

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Capitolo 7
*** Capitolo VI - I fiori hanno bisogno d'acqua ***


Salve a tutti! Grazie perchè leggendo mi spingete a scrivere anche il capitolo successivo!! Le vacanze e la scuola mi hanno ostacolato molto nel continuare la storia, ma da febbraio scriverò molto più rapidamente! Buona lettura ;)


Capitolo VI

I fiori hanno bisogno d'acqua

 

Florence percorreva la serra. Amava questo posto più di ogni altro nel castello. Lì l'aria era sempre fresca e piacevole. La serra consisteva in un complesso labirinto il cui sentiero era definito da ciottoli di terracotta. Le singole strade del labirinto erano separate da distese di terra verde, che ospitava alberi e cespugli di ogni genere, trasformando il labirinto in un gigantesco giardino. Il soffitto della serra era di vetro, intervallato da sottili strisce metalliche dal colore argenteo.

Le piante più preziose e più pericolose crescevano in vasi isolati, appesi come fioriere attraverso delle sottili catene che pendevano dal soffitto della serra. Tra queste, spiccava la più particolare di tutte: il Salice Runico. Questo salice particolare, dal tronco nodoso e dalla fronda azzurrina, era considerato l'Albero della Conoscenza del Futuro: il suo tronco presentava minuscole e misteriose incisioni su ogni singolo frammento di corteccia, le Rune. Attraverso le Rune, l'albero poteva trasmettere i suoi poteri di veggente. L'intero Salice affondava le radici in una enorme fioriera d'argento, il cui diametro superava i due metri. Sulla fioriera comparivano sottili incisioni di incantesimi e motivi floreali, atti a proteggerlo dalle maledizioni. Il Salice Runico si trovava al centro esatto del labirinto, nel punto meglio illuminato, affinché potesse ricevere al meglio le onde luminose della luna. Florence vi si avvicinò, avvolta in una veste cobalto, e distese la mano destra come se desse un comando, mantenendo la sinistra stretta attorno ai Tarocchi. Al suo cenno, dal suolo terroso si levarono sette lastre bianche, che formarono una scala a chiocciola, per permetterle di salire fino al Salice. Arrivata sotto la fresca e folta fronda azzurrina, Florence mise la mano libera tra le pieghe della veste, tirando fuori un seme verde e lucido e gettandolo ai suoi piedi. Appena toccò il suolo, il seme iniziò il suo sviluppo: robusti viticci d'ebano spuntarono dal suolo e si intersecarono tra loro come un groviglio di vipere, terminando in un elica di viticci che reggeva un lucido disco di vetro forte.

Florence si sedette sulle radici del Salice, e cominciò la Lettura dei Tarocchi. Mentre mischiava il mazzo, sentiva le sue preoccupazioni riaffiorare, continuava a chiedersi se fosse vivo, se stesse bene. Ma le carte le avrebbero dato delle risposte.

Trattenne il fiato, mentre girava le prime quattro carte. La Luna, la Torre, l'Amore e il Due di Spade.

Sogno, Rovina, Amore, Duello.

-...di nuovo- sussurrò. Erano anni che leggeva i Tarocchi, eppure era la prima volta che gli capitava una cosa del genere. Per tre giorni consecutivi aveva ripetuto la lettura, e per tre giorni era apparso lo stesso verdetto. Aveva anche cercato di potenziare le sue capacità attraverso il Salice Runico, ottenendo un quarto verdetto identico ai precedenti. Poggiò la schiena sul tronco, abbandonandosi ai suoi pensieri. Erano passati due giorni, e ancora non sapeva niente di lui. Chissà quanto ci sarebbe voluto. Il solo pensiero del tempo che sarebbe dovuto passare prima che potesse di nuovo specchiarsi in quegli occhi la rattristava. Non poteva neanche fare a meno di chiedersi perché provasse una tale attrazione, perché fosse disposta a tutto pur di stare con lui. Chissà, magari è semplicemente amore. Quella carta poteva avere un risvolto positivo. Se usciva lo stesso quartetto più di una volta, questo voleva dire che si trovava in una situazione da cui non era uscita. La Torre continuava a comparire spesso, e non se ne meravigliava: simboleggiava la Rovina, ed era normale che in tempi di guerra il mazzo presentasse la carta della Torre. L'Amore compariva sin dalla sua prima lettura, per ovvie ragioni. Non riusciva a spiegarsi il Due di Spade, simbolo di duello o combattimento. La luna rappresenta il sogno... certo. Se ne era quasi dimenticata, talmente presa dalla fuga dalla Torre di Alabastro. In tal caso, le bastava trovarla.

Era uscita dalla serra, e si stava dirigendo verso la Sala degli Specchi, utile per comunicare con le sentinelle e le meduse del castello.

Attraverso i corridoi che diventavano sempre più angusti e stretti man mano che ci si avvicinava alla porta: le mura, costituite da ghiaia, pietrisco e materia calcarea, poggiavano su fondamenta di vetro, cosicché il fragile passaggio si affacciava direttamente sulle profondità dell'oceano, dove, occasionalmente, comparivano meduse sentinelle, caratterizzate dal tipico colorito scarlatto.

La porta era un miscuglio di bizzarri ingranaggi scuri e serrature dorate, che presentavano incisioni bizzarre, simili a caratteri antichi. Alla presenza di Florence, le serrature scattarono, liberando il passaggio in un chiassoso mormorio meccanico. La stanza dietro l'ingresso era spettacolare: cornici di argento separavano specchi dall'aria eterea e luminosa, che però non riflettevano la sua immagine. Sorrise. Questa era una delle tante trappole disseminate nel Castello della Nube Temporalesca. Solo lei e Felix erano al corrente della sua vera origine: i tesori e le antiche mura del forte dell'Ordine costituivano il Castello della Nube Temporalesca. Dopo la scissione del mana e la relativa scomparsa del Membro Incandescente, i due Membri rimasti (lei e Felix) avevano deciso cosa sarebbe dovuto accadere al forte. Decisero quindi di affidarlo interamente a Felix, a causa della natura nomade di Florence. La ragazza aveva viaggiato molto a lungo, entrando in sintonia con la natura e accrescendo il suo potere. Felix, nel frattempo, aveva stretto l'alleanza con le meduse che lo aveva reso così potente, unendo tutto ciò che aveva ereditato dal forte per costruire il suo enorme quartier generale, poggiato sull'acqua e situato nel cielo. Una delle stanze più preziose era la Sala degli Specchi, protetta dalle serrature Mecchanor di Elettro, un grande meccanico e costruttore, ora disperso in quel deserto d'acciaio noto come Cimitero di Odin: composto da scheletri di macchinari, sabbia e residui ferrosi, il Cimitero custodisce numerosi tesori, secondo alcune leggende. Anche il Salice Runico faceva parte dell'eredità dell'Ordine, così come tutte le altre piante della Serra.

Florence attraversò la Sala degli Specchi, sfiorando le lucidi superfici con la punta delle dita, mentre avvolgeva il suo scialle intorno al collo. La stanza era incredibilmente fredda, per garantire la conservazione della sua magia. Ogni cosa lì dentro appariva misteriosa: gli specchi vibravano se sfiorati, contagiando gli altri con il loro movimento e creando un suono bizzarro, simile a quello di un diapason. Arrivata all'estremità della stanza, immerse la mano nel bacile marmoreo pieno d'acqua, e posò la mano bagnata sullo specchio di fronte a lei, incorniciato da una sottile striscia di metallo, decorata con minuscole vene di cristallo. Lo specchio emanò un breve barlume di luce, e poi cessò di funzionare, diventando progressivamente opaco, fino ad assumere un intenso color ossidiana.

Aspettò la risposta dello specchio a lungo, girovagando per la stanza, e osservando come anche il soffitto era rivestito da specchi. Erano tagliati seguendo sagome di poligoni irregolari, ma combaciavano l'uno con l'altro come un mosaico capace di rappresentare chiunque si trovi al di sotto di lui.

Osservò con curiosità come uno specchio sembrava rifletterla, diversamente dagli altri. Pensò per un attimo che fosse difettoso, o che la magia fosse scomparsa da quello specchio.

E se invece lo specchio fosse funzionante? E quindi lei fosse una presenza...malvagia?

Il compito di quegli specchi è sempre stato di rivelare una presenza negativa durante riunioni dell'ordine o reclutamenti, in modo da evitare la presenza di eventuali spie interne.

Attivando lo specchio, aveva mandato un segnale ad Anthea, che sarebbe sopraggiunta al più presto. Nel frattempo, era bene eliminare quella minaccia. Valutò con calma le possibili fonti di provenienza. Poteva essere sopraggiunta mentre lei era nella Serra, che ha più falle nella sua difesa rispetto al resto del castello, oppure poteva essersi insinuata dentro di lei quella notte. La notte che lei aveva dimenticato. Non riusciva a ricordarla: la notte in cui era stata catturata dalla setta. Avvertì uno strano formicolio dietro la schiena, e guardò sbigottita l'immagine dello specchio svanire, per fare posto ad una gigantesca cortina nera. Si voltò di botto, mentre la nube si condensava davanti ai suoi occhi e arti umani bianchi come il latte spuntavano dal nero accompagnati da due occhi rossi che risaltavano un volto dai tratti affilati e dalle labbra carnose, mentre i lunghi capelli si muovevano come se fosse sott'acqua, formando l'ultimo dettaglio dell'Orrore.

-Florence...- disse suadente l'Orrore. -Sono qui per ucciderti.-

La ragazza deglutiva a fatica, mentre si rendeva conto di non poter più uscire dalla stanza. La sala veniva isolata dall'esterno automaticamente quando rilevava una presenza indesiderata. Ora lei e l'Orrore erano bloccati lì, senza via di fuga.

Questi posò un piede a terra, entrando in contatto con il terreno per la prima volta.

-Ti ricordi di me?- chiese stucchevole.

La ragazza scosse il capo.

Le sopracciglia dell'Orrore si inarcarono in un espressione di disappunto, lasciando poi posto ad uno sguardo truce.

-Lascia allora che ti rinfreschi la memoria. Il mio nome è Helena, e vivevo tranquilla con mio padre in un piccolo paese. Non avevo madre, e mio padre era tutto ciò per cui io vivevo. Il mio paese era costruito accanto ad una foresta incolta, conosciuta come Selva di Eris. Ora ricordi?-

La ragazza annuì spaventata, ma Andromeda decise di proseguire il suo racconto.

-Da alcune settimane girava una strana voce, secondo la quale un essere selvatico e aggressivo vagasse per la selva, e che si avvicinasse alla città durante la notte, divorando e squartando coloro che si trovavano sul loro cammino. Una sera, mio padre si trovava fuori, non sapevo perché, ma suppongo che avesse visto qualcosa che non doveva. Tu eri davanti a lui. Schifosa parassita, riflesso della miseria umana che non sei altro! Non ho mai dimenticato quella chioma rossa simile alle fiamme dell'inferno la sera che lo hai ucciso!-

Il suo corpo tremava e aveva gli occhi lucidi, ma le sue parole erano imbevute di odio.

-Non hai neanche trapassato il suo corpo, ti sei limitata a lanciare quella tua dannata ascia, che, veloce come niente e nessuno, l'ha semplicemente attraversato, e dopo essere caduto a cominciato a galleggiare nel sangue. I tuoi occhi mi hanno squadrata e sei scomparsa. Piangendo, disperata, corsi verso la rupe più vicina e mi buttai. La caduta sembrava lentissima, lo ricordo ancora: mentre mi avvicinavo al suolo, notai come il mio corpo stesse diventando Tenebra. La mia essenza, avvolta dall'oscurità e dalla magia, mi ha trasformata. Sono diventata l'Orrore della Follia e della Vendetta, ora combatti con me ad armi pari, così potrò vendicarmi.-

Florence cercò di risponderle.

-Io non ho affatto...-

-Silenzio!- urlò lei. Dal suo polso destro cominciò a formarsi una falce di Tenebra, che si allungò per circa mezzo metro. Lo strato superficiale di Tenebra si dissolse, rivelando la lama affilata.

Uno scatto repentino, come il morso di un serpente: Helena balzò verso di lei e la lama affilata colpì la ragazza. Florence protese le braccia cercando di proteggersi, mentre correnti di mana verde avvolgevano i suo polsi. Al contatto con le fasce di mana, l'Orrore venne sbalzato via dal rinculo.

Helena tentò più volte l'attacco, ottenendo sempre lo stesso risultato. Florence cominciava a sentire la fatica premerle contro il petto, mentre sentiva i suoi polmoni gonfiarsi e premere contro le sue ossa. La protezione che utilizzava richiedeva un pedaggio costoso. Il suo corpo rischiava di subire un trauma se avesse continuato ad adoperarla. Decise quindi di cambiare metodo di attacco: si allontanò dalla portata della falce e sferrò un violento pugno contro il pavimento. Sottili crepe attraversarono il marmo bianco, mescolato al sangue della ragazza. Florence si morse il labbro per resistere al dolore, mentre sentiva le ossa della mano frantumarsi. Helena si era ormai avvicinata di nuovo, e Florence fu costretta a fuggire di nuovo. Non c'era più un posto sicuro ormai: continuava a correre, contrattaccando ai colpi attraverso scariche di energia smeraldine che suscitava con la mano integra, mantenendo quella ferita stretta contro il petto. Il suo avversario venne scaraventato via da una scarica particolarmente violenta, che diede alla ragazza il tempo di evocare la sua arma. La possente ascia comparve in una frazione di secondo, mentre il Mana ne attraversava la lama, conferendole un bizzarro bagliore. Nel frattempo, lo schianto e la scarica di mana avevano infranto la falce, ritrasformandola in Tenebra e bloccandone la trasformazione. L'Orrore, stordito dal colpo, galleggiava nell'aria in modo disordinato, simile ad una piovra ubriaca. Florence impugnò l'ascia come un giavellotto. L'arma, ormai carica completamente di mana, era diventata un enorme dardo, mentre Helena veniva circondata da innumerevoli gocce di Tenebra, che assumevano forme appuntite e affilate. Entrambe le ragazze stavano caricando colpi estremamente potenti, ciascuna decisa ad eliminare la propria avversaria. Colpirono nello stesso momento: l'Orrore scaraventò i dardi neri contro il suo avversario, simili ad affilate schegge di vetro, mentre Florence rispondeva scagliando il proprio giavellotto. Una pioggia di schegge color ossidiana attraversarono l'aria, entrando in collisione con l'ascia avvolta dal mana. L'impatto causò un accecante bagliore, mentre l'arma della ragazza si disintegrava, corrosa da tanta energia, insieme alle schegge. Due frammenti neri superstiti giunsero però al loro obiettivo: uno colpì di striscio il suo fianco, graffiando la pelle, mentre l'altro si conficcò nella sua gamba. Una fitta di dolore la pervase, mentre perdeva le forze e cadeva a terra. Raccolse le forze e usò la mano integra per rimuovere la scheggia di Tenebra dalla sua gamba, gettandola alcuni metri più in la. L'Orrore, nel frattempo, praticamente incolume, levitava accanto a lei.

-Senza più la sua fedele arma, con una mano rotta e sanguinante e una gamba ferita. Sei pentita di ciò che hai fatto?- chiese.

Florence alzò lo sguardo, i suoi occhi pieni di disgusto.

-No. Avevo chiesto a tua padre di ospitarmi per la notte, in cambio di una ricompensa profumata. Tuo padre accettò, ma fece qualcosa che non doveva. Quella specie di insetto rivoltante tentò di abusare di me.-

Accennò un sorriso sadico.

-Non ne ebbe l'opportunità.-

Helena la guardava, gli occhi scarlatti sgranati e la bocca contorta nella smorfia che precedette un urlo agghiacciante. Questo suono terrificante riempì la sala, frantumando gli specchi.

-Dopo aver commesso un assassinio, osi denigrare mio padre. Ti tagliuzzerò fino a ridurti in cenere...-

Dopo queste minacciose parole, la ragazza venne nuovamente avvolta da spirali di Tenebra, che si condensò in una lunga falce, dalla lama temibile.

-Dopo essere diventata un Orrore, l'odio mi ha consumata, ma sono tornata lucida. Mi sono messa in contatto con le Dame Nere, che mi hanno proposto un alleanza. Ovviamente, ho accettato. Entrambe volevamo la tua morte: io per vendetta, loro per motivi militari. La regina in persona ha organizzato con me quella che abbiamo intitolato Fiera Floreale. L'abbiamo spacciata per evento mondano locale, dedicato alla natura in genere. Sapevamo che non avresti resistito: la sala era ricolma di piante preziose. Lì, i nostri complici ti hanno sedotta e poi avvelenata. Subito dopo ti abbiamo consegnato a Paericle, attraverso una ricchissima corruzione, che ti ha rinchiusa nella sua cella più isolata. Prevedevamo la tua fuga, e la Regina mi ha affidato questa falce di Tenebra e mandandomi a sorvegliarti, attendendo il momento giusto per distruggerti. Finalmente quel momento è arrivato!!! Avrò la mia vendetta!-

Alzò la falce, e Florence vide il tramonto della sua vita riflesso sulla lama, poi tutto si fermò. Percepì qualcosa, qualcosa di potente avvicinarsi al castello. Un principio di portale si stava aprendo davanti al castello. Felix ormai era tornato. Florence sentiva il suo sangue ribollire, come se fosse rovente, e con un'onda di mana dal colore verde respinse il colpo della falce.

Si rialzò in piedi, mentre il battito agitato del suo cuore rimbombava nelle sue orecchie. L'aveva quasi dimenticato: il seme che aveva piantato all'inizio dello scontro era maturato a sufficienza, ormai. Il suo sangue era servito per siglare il patto definitivo per la magia, e ora era pronta a scatenare l'Elemens. Allungò la mano spezzata verso la frattura, e un lampo verde proveniente dal palmo della sua mano colpì il seme. La terra sopra di questo si frantumò, mentre una rigogliosa fronda spuntava dal terreno. La fronda si rivelò essere la chioma di un essere dalle sembianze femminili, ma dalle proporzioni tutt'altro che armoniche. Innanzitutto aveva i seni completamente nudi e i fianchi rigonfi. Dalla vita in giù era ricoperta da una spessa corteccia, che rivestiva anche le sue braccia, lasciando però le spalle scoperte. Il viso presentava connotati bizzarri e contorti: le labbra erano carnose, sopratutto il labbro inferiore, e gli occhi erano due fessure dalle iridi dorate. Il naso e le labbra erano piuttosto normali e armonici rispetto al resto del corpo.

-Un Elemens. Avrei dovuto immaginarlo...- disse Helena osservando la figura, di dimensioni molto maggiori rispetto a lei.

Florence ora capiva cosa le comunicavano i Tarocchi: la Luna era riferita al sogno che le mostrava la trappola mascherata da festa, mentre il Due di Spade rappresentava il combattimento che stava conducendo.

L'Elemens alzò il braccio ricoperto dalla spessa corteccia e lo sbattè violentemente a terra, mirando all'Orrore. Questi schivò il colpo, tentando un attacco con la falce. La lama affondò nella spalla dell'essere, ma anziché sanguinare la ferita si trasformò in un rigoglioso viticcio, rendendo inutile l'attacco del nemico. Un violento colpo dato dall'Elemens schiantò Helena per terra, mentre la falce restò incastrata nel groviglio che ora era diventata la sua spalla. Florence si rialzò velocemente, correndo versò la creatura e saltando fino ad afferrare il manico della falce. Aggrappata con la mano integra, cominciava a perdere l'equilibrio. Trattenne il respiro e afferrò con tutte le sue forze il manico con la mano rotta, caricandola con il suo peso per risalire sul manico. Il dolore era accecante, ma non poteva fermarsi: si limitò a mordersi il labbro a sangue ed estrasse la falce, rivendicandola come sua arma. Helena si stava rialzando, ma Florence saltò dalla spalla, ruotando la falce durante la caduta, e trafiggendo il petto dell'Orrore con la lama affilata. La sua avversaria sbarrò gli occhi, mentre le iridi rosse scomparivano e il suo corpo diventava Tenebra, fino ad scomparire del tutto.

Florence trasse un sospiro di sollievo, e ad un suo gesto l'Elemens si trasformò in un vortice di petali rossastri, dissolvendosi. La mano le faceva un male cane, e doveva chiedere aiuto a Felix. Si stava dirigendo verso l'entrata quando Anthea comparve davanti a lei in un fascio di luce.

-Troppo tardi, ormai è andata...- disse Florence.

-Ho visto la stanza isolarsi mentre mi chiamavi, e ho aspettato. Non potevo fare altro. Sei ferita...-

-Mi sono rotta la mano evocando un Elementale, non avevo altro modo per pagare il Tributo Carnale. Piuttosto, Derek è tornato? Penso che una lezioncina sulle evocazioni non gli faccia troppo male, che ne dici?-

Anthea sorrise sollevata.

-Penso sia perfetto. Ma prima, lascia che curi la tua mano. Sarebbe il caso di fasciartela e curare anche la gamba, inoltre penso che dovresti usare un'altra veste, il sangue non li rallegrerà, ne hanno già visto abbastanza.-

Le due ragazze risero, mentre andavano verso il bagno più vicino.

-Stanno dormendo, ovviamente- disse Anthea.

-Perfetto, avrò il tempo per un bagno...- rispose la ragazza, abbandonando la veste e calandosi nuda nella vasca, mentre Anthea provvedeva alla sua mano. L'acqua tiepida lambiva il suo corpo, rilassando le sue gambe. Anthea era seduta a bordo della vasca, immergendo i piedi nudi nell'acqua, mentre fasciava la mano di Florence prima di immergerla nel bacile, colmo di un olio rossastro e profumato. La ragazza osservò come la vasca le sembrava familiare, portandole alla mente i tempi in cui l'Ordine era unito. Francis le mancava molto. Le aveva sempre dato una mano con Felix, ma dopo il conflitto si era sacrificato per fermare l'implosione del loro universo. Rimuginare su Francis non la aiutò, mentre Anthea, percepito il disagio della ragazza, cercava di cambiare argomento, riportando la sua mente su Klaus, il loro nuovo alleato.

Dopo il conflitto, Anthea e Florence avevano cementato un forte legame. Anthea era molto fedele a Felix, ma nei rari momenti in cui i due si rivedevano cercava di rallegrare la ragazza il più possibile, facendole compagnia e distraendo i due l'uno dall'altro. Mentre Florence viaggiava, Anthea continuava a mandargli Sentinelle di nascosto, informandola di ciò che accadeva nel castello, facendo sentire Florence a casa anche nei luoghi più remoti.

Dopo essersi ripresa, Florence indossò una nuova veste, stavolta rossa, che evidenziava inevitabilmente il pallore della sua pelle, scese nell'Aquarius Medusae, dove Felix e Derek la stavano aspettando. Si salutarono e si sedettero insieme, pronti a raccontarsi ciò che era accaduto e a decidere insieme la prossima mossa da fare.

-La Gilda degli Orrori è composta da tre membri, ma noi ne abbiamo sconfitti due. Questo significa che ne manca soltanto uno, probabilmente il più potente. Dobbiamo restare uniti. Piuttosto, cosa mi dici della tua nuova arma? Davvero l'hai tolta all'Orrore?- chiese Felix.

Florence le mostro la falce nera, e il ragazzo la soppesò e la maneggiò con attenzione, poi menò un paio di fendenti per aria, giudicando l'arma molto potente e ben mantenuta.

-È un ottimo sostituto dell'ascia, davvero. Ha un ottimo potenziale. Ora che ci penso, a Derek manca un arma. Domani provvederemo.- concluse.

Derek, così stanco da aver proferito solo poche frasi, andò subito a dormire, sfiancato dagli eventi e dagli scontri subiti in questi due giorni. Inoltre, dormire sul duro era stato difficile, gli era mancata qualunque superficie diversa dal granito.

Felix e Florence,nel frattempo, si dirigevano ciascuno alla propria camera. Davanti alla camera di Florence, i due si fermarono.

Il silenzio regnava, ma nessuno dei due aveva il coraggio di spezzarlo.

-Beh, buonanotte allora- disse Florence, mentre allungò la mano sulla maniglia.

-Aspetta- disse Felix, mentre sentiva il sangue pulsargli nelle vene, la gola seccarsi e il cuore tentare di spezzargli le costole. I sintomi erano decisamente quelli.

Avvicinò le sue labbra al suo orecchio.

-Ti amo...- sussurrò.

Florence arrossì violentemente, mentre sentiva il battito del suo cuore emettere un suono possente che le rimbombava in testa.

Si girò e lo bacio, lo baciò con tutta la passione che aveva accumulato negli anni, mentre sentiva ogni singola cellula del suo corpo gridare di gioia, come se fosse improvvisamente arrivata la primavera dopo un lungo e rigido inverno.

Il bacio durò a lungo, e quando le loro labbra si separarono sentivano ancora il sapore del loro amore pervadergli il palato. Ciascuno vedeva il proprio amore riflesso negli occhi dell'altro e, uniti da un secondo e più longevo bacio, entrarono entrambi nella stanza, chiudendo la porta dietro di loro e abbandonandosi alla passione che si erano negati per tanto tempo.

Foglie che cadono, semi piantati, innesti, corsi d'acqua, nuove vite e nuove morti, dichiarazioni di guerre, accordi di pace, stelle che muoiono e mondi che nascono, allegre danze, caldi focolari, dimore di bestie assassine e di uomini disonesti, amori giovanili che fioriscono come le rose di maggio e appassiscono come viole in inverno, fulmini, tuoi e lampi e piogge torrenziali, cieli sereni e nuvole cariche di neve e ghiaccio: tutto aveva perso ogni importanza quella sera, ognuno viveva solo e unicamente per l'altro, mentre ogni foglia, stelo, corolla, letto di fiume, sorgente, cascata o fondale marino sembrava tinto del rosso del loro amore. La mattina successiva si svegliarono uno vicino all'altro, nel medesimo letto. Non ci furono parole tra loro due. Si guardarono e risero, contenti del loro amore. Il loro sentimento diventava più intenso man mano che i giorni passavano, e per Derek era ormai normale vedere in cucina Felix cingere la vita della ragazza con le braccia, mentre questa armeggiava con i fornelli, e il solletico provocato dai suoi delicati baci sul collo la facevano ridere. Ogni giorno sembrava più sereno, e Derek si convinceva di diventare sempre più forte, man mano che Anthea continuava ad addestrarlo nel fioretto, nel combattimento con la lancia e con lo scudo e la spada. La confidenza tra i due aumentava, stimolata dall'amore tra i due componenti della Triade. Senza che lo sapessero, Derek e Anthea erano ormai fedeli complici nel regalargli numerosi momenti di intimità, mentre Anthea continuava ad addestrare e istruire Derek, preparandolo allo scontro con il terzo Orrore. Le minacce erano numerose, e tutte in agguato proprio fuori dal Castello. Tuttavia, il clima al suo interno sembrava impossibile da cambiare: tutto era avvolto dalla più totale serenità, e Florence poteva vantare di riuscire a svegliarsi con lui accanto e potersi rallegrare di vivere quel giorno.

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