NCIS - High School Version

di cheekbones
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** C'era una volta alla Woodrow ***
Capitolo 2: *** Zee ***
Capitolo 3: *** Ti posso fare una dedica? ***
Capitolo 4: *** Di Regine e di Vassalli ***
Capitolo 5: *** Defying Gravity ***
Capitolo 6: *** Un pomeriggio come un altro, accadde che... ***
Capitolo 7: *** Take the lead? ***
Capitolo 8: *** Precipitare ***
Capitolo 9: *** Paris ***
Capitolo 10: *** Di Inviti e Tradimenti ***
Capitolo 11: *** Telephone - Call me! ***
Capitolo 12: *** Incidenti di percorso ***
Capitolo 13: *** Che cos'è la famiglia? ***
Capitolo 14: *** - Grey can be... really sexy! ***
Capitolo 15: *** Fare la cosa giusta ***
Capitolo 16: *** Kill Ari ***
Capitolo 17: *** L'amore è una cosa semplice ***
Capitolo 18: *** L'amore è una cosa semplice (parte 2) ***
Capitolo 19: *** Welcome back ***
Capitolo 20: *** The Prom (parte 1) ***
Capitolo 21: *** The Prom (parte 2) ***
Capitolo 22: *** Capitolo Extra - Epilogo ***
Capitolo 23: *** AVVISO! ***



Capitolo 1
*** C'era una volta alla Woodrow ***


NCIS HS

Anthony DiNozzo Junior sa il fatto suo. E questo è innegabile.
A parte che è inevitabilmente bello da guardare ma... insomma, sa il fatto suo.

Nella storia della Woodrow High School è stato il più giovane capitano di basket dei Cannoni Chudley*, che, con lui, hanno vinto tre stagioni consecutive. Nelle ville di proprietà dei DiNozzo si organizzavano le feste più belle dell'anno e, chi lo conosceva, sapeva che aveva tanto charme da incantare perfino gli insegnanti.
Questo ragazzo sembrava non avere un difetto; in realtà Tony, dentro di sè, non aveva praticamente nulla. Sua madre è morta quando aveva otto anni, lasciandolo in balia di un padre quasi alcolizzato, poco presente e pieno di mogli che, naturalmente, lo consideravano una sorta di cagnolino che, per pietà, non può essere buttato in mezzo ad una strada.
Di amici, Tony sembrava averne tanti. In realtà gli unici che frequentava erano i suoi compagni di squadra che, capitava, cambiassero ogni stagione e fossero pronti a stargli accanto solo quando metteva a segno un canestro.
Di ragazze, pure, Tony sembrava averne tante. In realtà se ne stancava presto, troppo presto!, e riducendo i suoi rapporti sessuali alle ragazze pom pom. La leggenda della Woodrow, in realtà, non era altro che una facciata.
Se proprio vogliamo dirla tutta, Tony DiNozzo nella sua apparente maschera da bello e impossibile ci stava abbastanza bene, perchè gli permetteva di nascondere sè stesso alle persone; aveva scoperto, da pre-adolescente, quanto era facile ingannare gli altri con finti sorrisini e battute o scherzi piazzati al punto giusto. Non aveva mai incontrato nessuno che potesse metterlo sotto scacco.
Nessuno, a parte Leroy Jethro Gibbs.
Il professor Gibbs aveva cominciato a "torturare" Tony dal suo secondo anno di liceo: era arrivato come insegnante di Storia, diventando però, ben presto, una specie di sergente (in seconda al Preside) che trucidava gli studenti con uno sguardo. Tony non si è saputo spiegare il perchè dell'accanimento nei suoi confronti; eppure, in Storia, non andava malaccio.
Gibbs lo spronava sempre a fare di più.
Un pomeriggio, costretto a stare a scuola per una punizione datagli proprio da lui, gli aveva urlato contro che ne aveva "le scatole piene" che lui era "un fottuto stronzo sessualmente represso" e che poteva "andare a farsi fottere". Poi, appena in un sussurro, aveva confessato di essere "tanto stanco da non riuscire neanche a guardare uno specchio". Gibbs non aveva fatto nulla. Si era tolto gli occhiali e gli aveva sorriso. O almeno, era quello che Tony vide, ma non ne era esattamente sicuro.
Da quel giorno le cose erano cambiate: il professore non gli dava più addosso, più che altro lo riempiva di scappellotti.
A lui, infondo, non dispiaceva; era come avere un padre, o no? Aveva anche sostituito l'allenatore di basket, a casa per malattia, e lo vedeva tutti i giorni. Certe volte si confidava pure, senza mai ricevere una vera risposta.
"Buongiorno Boss" lo salutava la mattina, con un sorriso stentato.
"Vai in classe DiNozzo!" borbottava lui.
Era un rapporto, più o meno. L'unico rapporto che poteva essere considerato tale nella vita di Anthony DiNozzo Junior.

Nella Woodrow c'erano tipi come DiNozzo e tipi come Timothy McGee.
Quest'ultimo era iscritto a così tanti corsi che, alla fine, gli era stato proibito seguirne altri: club di matematica (undici membri), club degli scacchi (cinque membri), club degli appassionati di Dungeons & Dragons (tre membri), club delle Olimpiadi della Scienza (quindici membri) e club di Chimica avanzata (tre membri).
La vita sociale di Tim si riduceva a quei pochi nerd che frequentavano con lui i corsi extra-curricolari e a sua sorella Sarah la quale, più che una presenza affettuosa nella sua vita, era la classe ragazza carina e popolare che riesce a farti sentire una caccola nasale dopo mezza frase di senso compiuto. Eppure era più piccola di lui e stava alle medie.
In ogni caso, Tim degli amici ce li aveva e aveva un obiettivo: arrivare al MIT e fare della sua vita una continua ricerca tecnologica. I computer per lui non avevano segreti, tantomeno la Fisica. Il suo professore di Scienze, tale Donald Mallard, diceva che il suo talento era secondo solo ad Abigail Sciuto, la sua alunna migliore.
Nemmeno i membri dei club di Chimica sapevano della cotta di Tim per quest'ultima, decisamente una ragazza strana in tutti i sensi. Vestiva gotica, ma non lo era; non veniva considerata una "nerd", nè una "secchiona", quindi mai ridicolizzata per questo. Eppure non era popolare. Era solo Abby, insomma. La conoscevano tutti, eppure pochi erano suoi amici. A mensa era sempre pimpante, scherzava con quelli della squadra di basket e si intratteneva con quelli del club degli scacchi.
Persona strambra, Abigail Sciuto, soprattutto quando andava in giro col professor Gibbs gesticolando. Dopo un pò Tim aveva capito che parlavano col linguaggio dei segni. Personalmente, lui aveva proprio terrore del professore dagli occhi di ghiaccio. Lo salutava solo per non sembrare scortese e inimicarselo (un brutto voto in Storia avrebbe fatto scendere in picchiata la sua media molto più che eccellente).
In ogni caso, era un amico di Abby, uno dei pochi veri e non le avrebbe mai e poi mai confessato della sua cotta, o almeno quello era il piano.
Caso volle che il Ballo di Primavera cominciava ad avvicinarsi a velocità inaudita e il suo unico desiderio era avvicinare Abby per chiederle di andare con lui al Ballo.


Ziva David era cresciuta abbastanza e aveva vissuto così tante cose in diciassette anni di vita da sapere che si può sopravvivere sostanzialmente a tutto.
Si può sopravvivere ad un padre che lavora per il Mossad
Si può sopravvivere alla morte di una madre.
Si può sopravvivere alla scomparsa di un fratello.
Aveva vacillato alla morte di sua sorella, ma aveva scoperto di poter sopravvivere anche a quello.
Si può sopravvivere anche dopo aver fatto ore ed ore di lezione di Krav Maga.
Si può sopravvivere ad una pallottola.
Ziva, molte volte, si era chiesta se il suo essere una sopravvissuta non la rendesse una persona ormai priva di qualsiasi emozione e/o sentimento. Era arrivata ad una conclusione: sì, lei un cuore ce l'aveva, ma era così anestetizzato da non sentire assolutamente nulla.
Nemmeno quando suo padre, Eli David, le aveva candidamente annunciato che Israele era solo un lontano ricordo e che si sarebbero traferiti in America, il cuore di Ziva aveva vacillato.
Non devi mai, mai mostrargli che stai male. Se lo fai, lui ti terrà in pugno.
Ricordava questa frase, stringeva i denti, e andava avanti, cercando di non far vedere a suo padre assolutamente niente. Lei doveva essere perfetta, di pietra, spietata se necessario. Doveva tener duro finchè non sarebbe arrivato il giorno -perchè alla fine sarebbe arrivato, ne era certa- in cui lei sarebbe stata Libera.
Libera da tutto ciò che la teneva legata a suo padre e al Mossad, a cui era inevitabilmente destinata.
E se la Libertà equivaleva alla morte, Ziva l'avrebbe salutata come una cara amica.
Per un momento, però, alla notizia del trasferimento, il corpo della ragazza aveva sussultato. Forse Eli se ne era accorto, lui si accorgeva sempre di tutto, in fondo. Qualcuno, nella sua testa, aveva sussurrato che quel giorno era arrivato. Ma poi Eli David le aveva anche detto che ce la portava per evitare che facessero fuori anche lei. Era un anno particolare per il Mossad, forse suo padre sarebbe diventato direttore e, a quel punto, i tentativi di ucciderlo si erano moltiplicati a dismisura sotto i suoi occhi. Una volta, fuori scuola, avevano perfino tentato di rapirla.
Aveva riflettuto e, escludendo il fatto che suo padre fosse preoccupato per la sua salute, era arrivata alla conclusione che, se fosse accaduto qualcosa, la sua nomina a direttore sarebbe sfumata. La portava in America per preservarsi, in fondo.
Aveva, poi, sempre avuto sentore che dalla morte di sua sorella Tali, Eli David fosse, in qualche modo, cambiato: era da sempre la sua figlia preferita rispetto a lei, futuro soldato, poco femminile ed educata, e Ari, che non considerava nemmeno sangue del suo sangue.
Tali era morta, invece. Tali era morta e gli altri due reietti erano sopravvissuti.
Ziva credeva di essere troppo simile a sua madre, per questo Eli la odiava. In ogni caso, dalla morte di Tali, era morta anche quella biglia di umanità che restava nel suo adorato padre.
Infine, anche Ari era andato via. Sapeva che stava allenandosi per il Mossad, eppure suo padre non le permetteva di vederlo. Mai.
Si era lasciata andare, Ziva. La sua unica speranza era morire in fretta, con la prima missione che le sarebbe stata assegnata una volta arruolata nel Mossad.

"Buongiorno Boss!"
"Vai in classe, DiNozzo!"
Come tutte le mattine, Tony e il professore si salutarono così. Il primo, corse a lezione di Letteratura e il secondo, corse a prendersi un caffè. Era una mattina come tante, alla Woodrow High School: Tim ripeteva Chimica e Abby, accanto a lui, guardava e salutava gli studenti che attraversavano i suoi corridoi; un assonnato professor Mallard stava cincischiando con un giovane dall'aria annoiata.
"Ehi Tim" saltò su Abby.
"Dimmi, Abbs. Anzi, perchè non mi spieghi il secondo paragrafo?" sillabò nevrotico.
"Non fare il tonto, si sa che hai capito tutta la lezione prima che Mallard aprisse bocca. In ogni caso, stavo per chiederti se conosci quella lì!" gli afferrò il mento, per spostarlo leggermente verso sinistra. Una ragazza, della loro età, stava a fatica infilando i libri nell'armadietto. Portava una felpa blu di due taglie più grande, le sembrò. I capelli (palesemente piastrati) erano legati in un coda alta e penzolante. Non riusciva a vederla in volto ma era certa, dal colorito del collo e del braccio lasciato scoperto dalle maniche, che fosse un pò scuretta di pelle.
"No. Mi sa che è una nuova. Quell'armadietto era di quello dell'ultimo anno, che s'è trasferito" disse distratto Tim, sfogliando voracemente il libro. Abby non gli rispose e lui notò che continuava insistentemente a guardare la nuova venuta.
"Abby" la ragazza sussultò.
"Cosa?"
"Vuoi fare amicizia con lei, non è vero?" Tim chiuse il libro e le sorrise, dolce. A volte gli sembrava impossibile che Abby non percepisse affatto i suoi sentimenti. Era così dannatamente palese!
"Oh, si, Timmy!" saltellò sul posto. "Ma ho paura di spaventarla. Dai, vieni con me!"
"Non se ne parla!" arretrò di qualche passo. "Mi vergogno e poi devo ripetere, oggi c'è il test! Ma... ehi, non credo che il tuo aiuto serva più" le indicò con la testa la nuova arrivata, affiancata da un ragazzo. "DiNozzo se la sta lavorando già" alzò un sopracciglio.
"Smettila di fare l'antipatico" gli tirò un pugnetto sul braccio. "Tony è simpatico, in fondo. Tu non lo conosci!"
"Nemmeno tu" replicò.
"Invece ci mettiamo a parlare ogni tanto!"
"Mha... non lo so. Resta un cretino!"
E Tony un cretino sembrava mentre, di fianco alla nuova arrivata, provava a fare conversazione. L'aveva notata subito, appena varcata la soglia del liceo. Non era vestita in modo egregio, ma era decisamente carina, peccato per quel broncio che aveva sempre piantato su. Si vedeva che era nuova, perchè aveva un sacco di libri e si guardava in giro tutta corrucciata. A quell'espressione, Tony aveva riso senza motivo.
Gli faceva tenerezza, sebbene l'idea di portarsela a letto non era del tutto sparita.
"Josh" disse all'amico. "Io vado a fare amicizia" rise, indicando la ragazza.
"Buona fortuna fratello!" sorrise l'altro e, presi i libri, si diresse verso la sua lezione della prima ora. Tony, invece, vista la ragazza accostarsi ad un armadietto, le finì subito accanto.
"Ciao!" trillò. Lei si voltò a guardarlo e quasi lo trucidò con lo sguardo caldo e scuro. Un brivido gli percorse la schiena e l'istinto fu di fare marcia indietro. E invece non lo fece.
"Ehm, sono Tony. Tony DiNozzo, piacere" allungò la mano, ma lei non la prese.
"Tu come ti chiami?" tentò, poi.
"Ascoltami un attimo" lei chiuse di scatto l'anta dell'armadietto, facendolo sobbalzare. "Io non voglio fare amicizia con te, ok? Tanto non starò qui abbastanza a lungo da ricordare il tuo nome" rispose, cadaverica. "Comunque, anche se fosse, sei così pieno di te che conoscerti non rientra esattamente nelle mie preferenze. Ora, se vuoi scusarmi, vado a lezione di Storia" borbottò, sorpassandolo.
1 a 0, palla al centro.
Tony DiNozzo era stato rifiutato.

"Hai visto?" Abby aveva scosso Tim.
"Cosa? Che DiNozzo ha la faccia di uno che è stato schiaffeggiato?"
"Si, anche" la ragazza aveva ridacchiato. "Dicevo la felpa della ragazza!"
"No, perchè?"
"C'era scritto Tel Aviv University"
"E allora?"
"Tim, mi sa che è israeliana!"


* I cannoni Chudley li ho ripresi da Harry Potter :D

Maia says:


ECCOOOOLA!! XD Ncis è il mio grande amore, non me ne volete! :D Come avete potuto vedere, è una storia... strana. Spero la apprezziate però! :D

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Capitolo 2
*** Zee ***


L'ultimo messaggio che posso lasciare è questo:
pensate al pianto di un bambino che nasce,
ad un fiore che sboccia
al vento tra i capelli.
Ragazzi, non dateli per scontati.
E, capirete, che la Vita è il dono più bello che Dio ci abbia mai fatto.

Roberto







sad girl








"Bene, ragazzi" borbottò Jethro, seduto alla cattedra. "Prima di introdurre la Rivoluzione Francese, vorrei presentarvi la vostra nuova compagna di classe" indicò, con un cenno del capo, la ragazza che stava in piedi, ritta sulla soglia e l'aria scocciata.
"Si chiama Ziva David e..." cercò in quei pochi fogli che aveva davanti. S'innervosì, scoprendo che non c'era scritto il luogo di provenienza della ragazza, nè qualsiasi tipo di informazione. Odiava fare brutte figure davanti agli studenti, soprattutto perchè questi ne approfittavano.
"E... le serve un banco" proferì, guardandosi in giro. Vide che Tony DiNozzo era seduto da solo.
"DiNozzo!"
"Boss?" ciondolò il ragazzo.
"Falla sedere con te"
Ziva alzò gli occhi al cielo, appena ebbe riconosciuto il Ragazzo dell'Armadietto.
"Ehm, mi sa che lei non vuole stare seduta vicino a me" tutti presero a fissarlo sconvolti, Gibbs compreso. Non era da tutti i giorni vedere Tony che rifiutava di avere vicino una ragazza carina, soprattutto appena arrivata in città.
"Mi arrangerò" sussurrò Ziva al professore, andandosi a sedere vicino al suo nuovo compagno di banco. Anche lei era rimasta stupita dalla voce fredda e ferma di Tony. Si era arreso in fretta! Lei, nonostante lo ignorasse bellamente, si era accorta di aver attirato su di sè molti sguardi femminili d'invidia pura. E' vero, il suo compagno di banco era davvero un bel ragazzo, ma tutto quel fervore le sembrava fuori luogo. Poi aveva notato che anche qualche ragazzo lo guardava ammirato: arrivò alla conclusione che doveva essere un pezzo grosso in quell'istituto.
"Perfetto. Dicevo, la Rivolu..."
I professori Leroy Jethro Gibbs, Donald Mallard e la dotteressa Shannon Stevens* sono desiderati in Presidenza
Gracchiò una voce incolore dall'altoparlante della scuola.
Gli studenti videro chiaramente il tic nervoso che era preso a Gibbs esattamente all'occhio destro. Probabilmente nessuno si sarebbe stupito nel sentirlo urlare contro Leon Vance, attuale preside del Woodrow. Lo faceva spesso e soprattutto quando lo disturbava durante le lezioni.
"Ragazzi, io vado. Se sento una mosca fiatare, vi assegno un saggio sulle Colonie Americane. Più esposizione orale. Non sto scherzando" con una penna li indicò minaccioso.
Uscì di volata fuori dalla classe, sperando che quella povera Ziva David non venisse accerchiata come un animale esotico al circo. Conosceva la sua classe e sapeva che nessuno si sarebbe trattenuto dal farle domande scomode.
"Jethro!" trillò una voce cristallina dietro di lui.
Capelli rossi.
Occhi scuri.
Fisico filiforme.
Sorriso a trentadue denti.
Shannon Stevens lo attirava e irritava allo stesso tempo. Non riusciva a capacitarsi di come quella donna fosse sempre felice e contenta.
Dovevano pur capitarle un paio di giornate storte, o no?
"Shannon, ciao" le disse, aspettando che tenesse il suo passo. La donna gli sorrise, apertamente: "Chiamati in presidenza, come sempre!"
"Già" sbadigliò il professore.
"Chissà come mai. Non sarà mica successo qualcosa?"
La presenza di Shannon significava una sola cosa: qualcuno aveva un serio problema. Lei era la psicologa della scuola, lavorava sostanzialmente con i ragazzi, non di certo per loro. Tutti le volevano bene. Ma era pur sempre una psicologa, quindi Gibbs si aspettava il peggio. La presenza di Ducky, poi, non faceva altro che renderlo più sulle spine.
Entrarono di botto nell'ufficio del preside che, con tutta la calma del mondo, stava prendendo il thè con Donald.
"Jethro!" lo salutò Ducky, suo vecchio amico. "Miss Stevens" tolse il cappello, in segno di riverenza.
"Ciao Ducky" lo salutarono entrambi, lui col broncio, lei col sorriso.
Leon Vance fece cenno ad entrambi col capo. "Sedetevi, la storia è lunga!"

"Da dove vieni?"
"Che scuole hai fatto?"
"Da dove vieni?"
"Cosa ti piace fare?"
"Da dove vieni?"
"Per caso, hai...?"
"Parli bene la nostra lingua?"
"Da dove vieni?"
"Ok, ora basta" urlò Tony DiNozzo alla classe di Storia. Tutti quelli attorno al suo banco, oramai condiviso con Ziva, zittirono.
"La lasciate un pò in pace?! Fate venire il mal di testa pure a me, levatevi dalle palle, forza!"
Nessuno riusciva a disubbidire a Tony, così, pian piano, si dileguarono.
"Grazie" sussurrò Ziva, gli occhi pieni di rispetto, sebbene non lo desse a vedere.
"Figurati. Sono biologicamente predisposto a salvare damigelle in difficoltà" le fece l'occhiolino.
Ziva si voltò verso la finestra e lo ignorò completamente.
Accidenti! Il ragazzo aveva quasi pensato di essere riuscito a far colpo. Un pò gli dispiaceva che tutti la prendessero così palesemente di mira, in fondo era solo una ragazza nuova. E per lo più spaventata. L'aveva capito solo guardandola attentamente, dopo averla vista stringere spasmodicamente il ciondolo con la stella di Davide che portava al collo.
Aveva capito che era ebrea e basta.
Ziva.
Sbuffò, guardando il suo profilo.
Gli avrebbe portato un mucchio di guai, probabilmente.
"Gradioso, Tony, grandioso!" il ragazzo sobbalzò e si voltò verso la ragazza che occupava il banco davanti al suo. Si era girata dietro e i codini dondolavano a destra e a sinistra. Tony le sorrise, con atteggiamento spavaldo.
"Grazie, grazie! Modestamente so sempre dove colpire, Abby!"
Abby alzò il pollice, in segno di vittoria. Poi si voltò a guardare la ragazza, ancora persa a fissare la finestra.
"Ciao" le disse. "Sei israeliana, non è vero?"
Ziva, lentamente, la guardò. Non riuscì a trucidarla con lo sguardo, era troppo carina. La guardava con due occhioni limpidi e il sorriso gioioso. Non voleva risponderle male come con DiNozzo -Ma DiNozzo era un'altra cosa, in fondo. Poteva limitarsi ad essere indifferente.
"Si. Come fai a...?"
"La tua felpa. Tel Aviv sta in Israele!"
Sia Tony che Ziva spostarono inevitabilmente lo sguardo sulla felpa blu della ragazza.
"Effettivamente..." commentò Tony, sbattendo le ciglia. Certe volte, chiacchierando con Abby, si sentiva parecchio ignorante. Non ricordava esattamente quando e come era diventata sua amica, ma sta di fatto che era successo. E poi Abby si faceva amare da tutti, era una di quelle poche persone che potevano affermare di conoscere tutti gli amici di Facebook.
"Ah, già" balbettò Ziva.
"E poi la collana. Sei ebrea praticante?" Abby poggiò il mento sul loro banco, voltandosi completamente.
"Non esattamente" rispose Ziva, sempre calma e controllata.
"Parli bene la nostra lingua" si stupì Abby, indicandola. "A parte quella strana cadenza che hai..."
"Riesco a destreggiarmi in cinque lingue" spiegò.
"Wow! Devi aver fatto le scuole migliori e..."
"Ma scusa, perchè non la mandi a quel paese con qualche gelida frase, come con me? Mi sento discriminato!" s'innervosì Tony. La sua compagna di banco lo guardò disgustata: "Una ragione ci sarà! Prova a porti qualche domanda, mister Pompato!"
Al compagno di banco di Abby, tale Timothy, scappò un risolino.
"Senti, Nerd uscito male, ridi di nuovo e ti infilo sul serio nell'armadietto!"
"Tony!" lo rimproverò Abby, vedendo che Tim era sbiancato.
"Ma quanto..." Ziva gonfiò le guance. "Sei terribile, davvero terribile!" gli rinfacciò. "Non puoi minacciare qualcuno solo perchè ha riso, ok?!"
"Senti, Zee, tu sei nuova e..." provò ad essere conciliante il ragazzo.
"Punto uno: non chiamarmi Zee! E' tremendo e manco ci conosciamo" fece una smorfia disgustata. "Punto secondo, non è questione di essere nuovi, ma di essere Umani. Non ci vuole molto per capirlo. Ops, dimenticavo che probabilmente tu hai il cervello grosso quanto una nocciolina" sghignazzò.
"Ora, se non ti dispiace, levo il disturbo!" si alzò di scatto dal banco e fece per uscire fuori dalla classe.
"Ti prenderai un'ammonizione!" l'avvisò Tim, che aveva aperto bocca per la prima volta.
"Fidati, mi è capitato di peggio" gli rivolse una smorfia strana e se ne andò.
"Complimenti, l'hai fatta arrabbiare!" Abby tirò un leggero pugno a Tony che, dal canto suo, era rimasto basito a guardare la porta.

"Ziva David è figlia di un agente del Mossad, Eli David" annunciò Vance. Gibbs e Ducky spalancarono gli occhi.
Solo Shannon, dubbiosa, chiese cosa diavolo fosse il Mossad.
"Servizi segreti israeliani" Gibbs sospirò preoccupato. "Sono i migliori, a quanto dicono"
"E' vero" confermò Vance. "Ad ogni modo, Eli David mi ha chiesto di avere per sua figlia un occhio di riguardo. Negli ultimi diciassette anni questa ragazza non ha fatto altro che scappare e allenarsi per diventare una killer del Mossad. Poi ha perso madre e sorella. Suo fratello si è volatilizzato nel nulla" intrecciò le dita e guardò attentamente i suoi sottoposti.
"Ho convocato voi per un motivo molto semplice: Shannon, cerca di parlarle. Gibbs, Ducky... siete i miei vice, non perdetela mai d'occhio. Ho preferito non comunicare la cosa a tutti gli insegnanti per problemi di sicurezza, voi siete quelli di cui mi fido maggiormente e so che non farete pesare nulla alla ragazzina"
"Lo sai, vero, che potrebbe portare seri problemi alla scuola?" lo avvisò Gibbs.
"Lo so. Ma Eli David ci paga abbondantemente" confessò Vance.
"Mi fate ribrezzo" se ne uscì improvvisamente Shannon. "Vi rendete conto di ciò che sta passando quella bambina? Perchè si, è una bambina. A diciassette anni non si dovrebbero conoscere questi tipi di dolori!" cominciò a scuotere ripetutamente la testa. "Mi fa stringere il cuore e voi vi preoccupate dei soldi!"
"Miss Stevens ha ragione" soggiunse Ducky. "La nostra preoccupazione maggiore, da insegnanti quali siamo, è quella di riuscire a far aprire Ziva, a regalarle un'adolescenza che finora non ha avuto"
"Non sarà facile" Gibbs si grattò il mento e pensò agli sguardi glaciali che aveva ricevuto DiNozzo solo per averle sorriso. Se non riusciva lui...
"No, ma credo di essermi affidato ai migliori" Leon sorrise. "Tornate alle vostre faccende e fatemi sapere al più presto"

Senti, Nerd uscito male...
Ziva se ne stava con le ginocchia strette al petto nel bel mezzo del corridoio. Le aveva dato profondamente fastidio la frase di quel tipo e sapeva esattamente il perchè. Ricordava, come se fosse accaduto il giorno prima, quando si nascondeva nell'armadio di camera sua pur di non andare agli allenamenti di Krav Maga*. Poi la sentiva come una frase intrisa di una violenza senza senso.
O forse esagerava lei.
Fatto era che quel DiNozzo non le stava proprio simpatico e sperava che seguissero corsi differenti. Non aveva voglia di vederlo.
Prese il cellulare dalla tasca anteriore dei jeans. Aprì la rubrica e guardò il primo numero: Ari
Pigiò il tasto di chiamata e, portandosi all'orecchio il telefono, sentì lo scatto della segreteria telefonica. Le uscì un gemito.
Se desidera lasciare un messaggio, prego, parlare dopo il bip.
"Ciao fratello" fece, stanca, Ziva. "Come va? Sarà il ventesimo messaggio vocale che lascio, ma non fa niente. Spero che almeno tu li senta" gli occhi pizzicavano. "Volevo dirti che papà mi ha portata..." stava per dire in America, ma poi si bloccò. Non poteva essere sicura di chi poteva sentire quel messaggio. "... via da casa. Sono in un posto nuovo e mi manchi tanto" le lacrime oramai viaggiavano veloci sulle sue guance.
"Non so neanche se sei vivo, se stai bene. La verità è che ho bisogno di te. Ho bisogno di sentirmi a casa" guardò il soffitto, per tenere le lacrime su. "Ora vado. Sai, mi hanno stipata in un liceo di pazzi" ridacchiò. "Come sempre, se senti il messaggio... richiamami. Ti voglio bene"
Chiuse la chiamata e poggiò la fronte sulle ginocchia.
Perchè non sono morta io?
















Note:

*
Ignoro il cognome da nubile di Shannon, così me lo sono INVENTATO :D
* Tecnica di autodifesa e attacco, usata principalmente dall'esercito d'Israele


- Bòn. Allora, che ve ne pare finora? :) Vi ho fatto conoscere Shannon, visto *_*? Sapete, stavo pensando di metterci Kate ma poiii... mi sembrava tanto fuori luogo :) In ogni caso vi ringrazio anticipatamente per le recensioni che avrete il tempo di lasciare... lo so, la scuola e il lavoro impegnano un pò tutti (io ho tipo 4 interrogazioni in 3 giorni!) e non si ha nemmeno il tempo di respirare, perciò apprezzo le vostre recensioni ancora di più :)

P.s.: Vi sarete chieste chi è il tipo che ha detto la frase con cui ho cominciato il capitolo... oggi sono andata in una sinagoga con la scuola e abbiamo incontrato due sopravvissuti all'Olocausto. Sapete quando vi dicono che certe cose cambiano la vita? E' stato come andare a vedere un campo di concentramento: UGUALE. E io, che sono una tipa che scrive di NCIS e si concentra sempre su Ziva perchè mi affascina come personaggio, bè... è stato illuminante, davvero. Voi non potete neanche immaginare cosa queste persone hanno passato e il senso di appartenenza che li lega.
Le sofferenze patite.
Le ingiurie.
Le discriminazioni.
Le morti.
E alla domanda: Dov'era la vostra fede nel Signore? Loro, con un sorriso, hanno risposto: Non se n'è mai andata.
Io non sono religiosa però... però mi sono commossa perfino io.

Quindi, vorrei dedicare questo capitolo a Tullio e Roberto, amici da quasi 80 anni, sopravvissuti all'Olocausto e nostre guide verso un percorso cominciato per un concorso nazionale e che, invece, sta diventando un percorso verso noi stessi.
Grazie, machi man!

Baci,
Maia.

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Capitolo 3
*** Ti posso fare una dedica? ***


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Due settimane dopo...



"Chi inviterai al ballo?" chiese Vincent a Tony DiNozzo, appena fuori gli spogliatoi della palestra.
"Non lo so! Penso che Jeanne si aspetti che la inviti" il ragazzo fece una smorfia
"La Benoit? Oddio, è vero! Ci hai fatto sesso la scorsa settimana!" Vincent si diede uno schiaffo sulla fronte. "Vabbè è una gran..."
"Lo so, lo so" Tony sventolò la mano. "Però non mi convince, non mi va di portarla al ballo"
"Quando fai così vuoi dire che hai puntato qualcuno!" gli diede una gomitata, malizioso. "Chi è la fortunata?"
Tony sorrise e prese un respiro profondo: "Andiamo ad allenarci, Vincent!"

"Ciao" trillò Abby Sciuto, con un sorriso invidiabile e il vassoio della mensa in equilibrio su una mano sola.
Ziva David alzò la testa dal suo pranzo e le rivolse un'occhiata indifferente. Com'è che si chiamava la gotica? L'aveva dimenticato.
"Sono... Abby. Stiamo insieme a Storia" provò a ricordarle. Ziva annuì. "Posso sedermi qui con te?" la ragazza annuì di nuovo.
Nessuno le si era seduto accanto, nessuno aveva il coraggio di farlo. Avevano notato che la nuova arrivata era parecchio strana, parlava poco, era riuscita a rispondere male al grande Capitano di basket e per poco non si era presa un'ammonizione. Tutto questo nelle prime cinque ore di lezione. A tutti sembrava che Ziva David non fosse proprio un'allieva modello e che se ne sarebbe andata presto.
"Che lezioni hai dopo?" domandò Abby, aprendo il suo yogurt.
Ziva, che stava sgranocchiando una mela dal colore discutibile, alzò le spalle.
"Ah, non lo sai" sospirò Abby. Non parli, eh?! Bè, parlerò per tutte e due! "Se ti serve una mano o ripetizioni per me va bene! Sai, sono brava a scuola, non che me ne vanti, però posso esserti davvero d'aiuto!" sorrise. "Puoi anche venire a casa mia se non ti va di farlo a scuola, tanto è sempre silenziosa. I miei genitori sono sordomuti e mio fratello non c'è quasi mai. Posso dirlo anche a Tim, ti ricordi di Tim?, sta con noi a Storia! E' simpatico, dovresti conoscerlo, sai?! Sembra noioso ma non lo è! Cioè, non è di certo come DiNozzo. Tony. Quello che..."
"Abby" la fermò Ziva.
"Si?" esclamò felice la ragazza, felice di averle fatto dire qualche parola.
"Sta zitta"
Abby piegò le labbra in una smorfia triste. E' vero, parlava tanto, ma nessuno era mai stato così sgarbato con lei. "Scusa Ziva, volevo essere gentile... " Giocherellò con il suo yogurt e lo sguardo assente.
Ziva la guardò di sottecchi e si pentì subito di ciò che le aveva detto: "Ehm. No, scusa tu, non volevo essere scortese. E' che... senti, io porto sfiga. Più stai lontana da me, meglio è. E poi me ne andrò presto da qui, credimi" si giustificò.
Allora Abby la guardò con gli occhi lucidi: "Ooooh, Zee!"
Ancora con questo tremendo soprannome?
"Non devi parlare così! Tu non porti sfiga!" rise Abby. "E, anche se fosse, ne ho già abbastanza, un pò in più non mi farà male, no?! Inoltre, avere degli amici fa sempre bene, non importa se te ne andrai presto. Potremmo rimanere in contatto!"
Ziva annuì, stanca. Era difficile non assecondare la sua compagna di classe.
Dall'altra parte della sala, Timothy McGee stava pranzando con alcuni dei suoi amici del Club delle Olimpiadi della Matematica. Era sereno e sorrideva di tanto in tanto, controllando sempre Abby: era riuscita a conquistare anche la ragazzina nuova!
Contento, si alzò per posare il suo vassoio nell'apposito raccoglitore, appena dopo averlo svuotato di tutti i resti di cibo. Stava per andare, appunto, nei cestini della raccolta differenziata, quando qualcuno gli fece cadere addosso tutto il contenuto del suo vassoio.
"McSfigato, sta più attento" ridacchiò un ragazzo biondo, con la divisa della squadra di basket.
"Ma... ma..." balbettò McGee.
"Oooooh, cosa vuoi dire, McTonto? Mamma? Vuoi che la chiamiamo?" lo prese in giro. Gran parte degli allievi in mensa risero.
"Vincent, porca puttana, torna a sederti, dai" lo richiamò Tony, dal loro tavolo.
"Aspetta, Capitano, voglio divertirmi un pò" girava attorno a McGee, che, dal canto suo, stava immobile. "Dove posso colpirti...?"
"Ehi" una manina picchiettò sulla spalla di Vincent. Voltandosi, vide solo una coda di cavallo e una ragazza più bassa di lui di dieci centimetri.
"E tu saresti?"
"Quella che sta per staccarti le palle se non lasci in pace il Mc... McSfigato!" Ziva incrociò le braccia al petto.
"Tu?" Vincent alzò un sopracciglio. "Senti, bambolina, non vorrei che le unghie ti si..."
Ziva sferrò un attacco veloce ed efficace: un pugno sotto il mento, che lo fece traballare, uno allo stomaco che lo fece piegare e un calcio al ginocchio, che lo fece cadere rovinosamente a terra. "Bambolina ci chiami tua sorella, va bene?"
Tony era sbiancato. "Woha" esclamò stupito. "La piccola ninja sa il fatto suo" sussurrò tra sè e sè. Poi sorrise.
"Brava Zee! Brava Zee!" saltellava Abby. McGee, rosso in volto, la ringraziò brevemente.
"Di niente" la mora prese il suo zaino e, silenziosamente, uscì dalla mensa.
Allora nelle mense americane succedono davvero episodi del genere rifletteva tra sè e sè. Pensavo fossero una prerogativa dei telefilm!

"... non è accettabile! Dovremmo sospenderti! Hai infortunato un giocatore della squadra di basket" urlò Leon Vance.
"E allora? Stava per picchiare un altro suo alunno, signor Preside. Lo so che lei si preoccupa solo di vincere uno stupido campionato per i fondi, ma esiste qualcosa che si chiama: Bullismo!" disse ironica Ziva, sporgendosi lievemente dalla sedia.
Shannon trattenne un sorriso.
"E tu rispondi alla violenza con la violenza?"
"E' l'unico modo che mi hanno insegnato alle lezioni di Krav Maga" alzò gli occhi al cielo. "Comunque può anche espellermi"
"Sei qui da sole due settimane" commentò stranito Vance.
"Appunto. Mio padre non si arrabbierà"
"Ne dubito, signorina David. Ad ogni modo... due ore nell'aula punitiva, dopo la scuola, basteranno!"
"Vaffanculo" borbottò tra sè e sè, e uscì, sbattendo la porta alle sue spalle.
Conosceva cinque lingue, era una macchina da guerra e non riusciva a sopravvivere in uno stupido liceo americano. Si sentiva amareggiata, oltre che presa per i fondelli. Si era resa conto di non riuscire in nessun altro posto che non fosse Israele.
Voglio tornarmene a casa pensò, triste, stringendo più forte il manico dello zaino. Non le erano rimasti grandi amici, in Oriente, ma era sempre meglio che picchiare bulli, parlare con tipe vestite strane e... DiNozzo. Lui era esattamente tutto ciò che odiava in tutta quella fottuta scuola.
Non la lasciava in pace mezzo secondo: parlava e parlava e parlava. Ziva aveva avuto la tremenda sensazione di fare tutte le lezioni con lui, visto che lo vedeva di continuo. Che poi non capiva perchè le stava così dietro, visto che aveva una ragazza.
Oooooh, quella poi! L'aveva guardata bene, Ziva. E si era resa conto -con stizza, a dire la verità- che lei e Tony formavano proprio una bellissima coppia. Lui, capitano dei Cannoni. Lei, capitano delle ragazzine con quei buffi batuffoli di cotone.
Era bella, Jeanne Benoit, doveva ammetterlo. Non aveva proprio nulla a che fare col resto delle ragazze alla Woodrow, perchè vestiva benissimo, era intelligente, spigliata e popolare -non di certo come lei che viveva con le felpe di Ari e il muso lungo-.  Tutte volevano essere come lei e Ziva era già stata bombardata dalla sua campagna elettorale per diventare reginetta. Ciò comportava che Tony diventassa re.
Vomitevole. Davvero vomitevole. Scosse la testa e, tra sè e sè, pensò che a quel ballo non ci sarebbe neanche andata.
Ad ogni modo, le toccava essere in punizione. Vedeva già la scena: suo padre, infuriato, che ancora una volta la obbligava a stare in camera sua. Gli occhi pizzicarono ma Ziva non cedette, anzi!, a testa alta entrò nell'aula punitiva.
C'era un professore seduto, che guardava i ragazzi fare dei compiti. Qualcuno parlava, qualcun'altro fingeva di scrivere e, invece, disegnava.
"Salve" miagolò Ziva, col suo sorriso migliore. Era intenzionata ad uscire di lì prima delle due ore.
"Si sieda" il professore non la guardò neanche.
"Ma tu guarda..." borbottò.
"Ehi, piccola ninja!" Ziva rimase paralizzata. C'era solo una persona che la chiamava in quel modo, da due settimane a quella parte.
La stessa persona che la inseguiva per i corridoi.
La stessa persona che la invitava a fare sesso con lui un giorno sì e l'altro pure.
La stessa persona che, in mensa, le lanciava pezzetti di cibo solo per vederla arrabbiata.
La stessa persona che, durante l'ora di Storia, si permetteva di scriverle sui libri frasi celebri tratte da film.

sdsadasdsadasdsadasdas


"DiNozzo" piagnucolò, vedendo che lui spostava una sedia per farla sedere accanto a sè.
"Dai, tanto lo so che ti fa piacere avermi intorno!" scherzò, tirandola per la felpa.
"Mamma mia, tanto proprio. Preferirei essere sbranata" ringhiò.
"Ah, lo sapevo! Sei una bomba sotto le coperte, secondo me" le fece l'occhiolino. "Sei qui per la rissa in mensa?"
"Esatto. Quello stronzo dell'amico tuo mi ha fatto finire in punizione" quasi spezzò la matita che aveva tra le mani.
"Uhuh, calma piccola. Sai, ho notato che non reggi molto bene la rabbia"
"Impressione tua" mugolò Ziva.
"No, no! E' vero, secondo me. Sei un pò..."
"Tu perchè sei qui?" tagliò corto.
"Avevo le mani sotto la gonna di Jeanne nei bagni della ragazze" ridacchiò.
"Oh mio dio" Ziva lo fissò come se fosse un essere ripugnante.
"Molte avrebbero voluto stare al suo posto"
"Non io"
"Certo. Certo."
"Smettila!"
"Di fare che, scusa?"
"Sei irritante!"
"Anche tu, ma non te lo rinfaccio tutti i giorni! Ti va di fare sesso con me?"
"Per la quindicesima volta: NO!"

"E' bene sfogarsi, Ziva"
"Non voglio sfogarmi. Voglio solo tornare a casa e morire in patria"
"Ziva! Sei ancora giovane, non puoi pensare alla morte!"
"Signorina Stevens... la morte è l'unica cosa positiva che una come me può aspettarsi dalla propria vita"

Il lavoro di Shannon non era mai stato così difficile: aveva avuto a che fare con adolescenti incinte, ragazzini arrapati, problemi con i professori
o con i genitori. Ma mai aveva conosciuto una ragazzina così giovane e, contemporaneamente, così priva di vita. La rendeva triste.
A volte chiamava Ziva nel suo ufficio per parlare. O meglio, lei parlava e Ziva si limitava ad ascoltare. Una volta le aveva chiesto di parlarle della sua migliore amica e la risposta l'aveva raggelata: Ho avuto solo un migliore amico. Era palestinese e mio padre ha cacciato tutta la sua famiglia dal paese. Non ho più avuto veri amici da allora. E la cosa l'aveva fatta soffrire, aveva pensanto Shannon. Dovevo aspettarmelo, in fondo. Non sapeva più che pesci prendere, con lei. Aveva deciso, sfidando le leggi della Fisica, di invitare nel suo ufficio Jethro Gibbs.
Shannon non era stupida e sapeva che non godeva dell'ammirazione incondizionata di Jethro -o, perlomeno, non come Ducky. Riusciva, talvolta, a fare breccia nel suo cuore, prima della sua chiusura ermetica a mò di riccio. Guardò di sfuggita le margherite sulla sua scrivania: Jethro Gibbs era un pò il suo sole e lei la margherita, perchè, nonostante lui non manifestasse tanto apprezzamento nei suoi confronti -stupide battutine escluse-, Shannon gli girava costantemente attorno. Oh, prima o poi se ne sarebbe accorto.
"Posso?" di Gibbs vide solo il viso, appena sulla soglia della porta. Aveva bussato e non l'aveva sentito.
"Si, entra!" lo invitò con la mano. L'uomo entrò e si chiuse la porta alle spalle e, sedendosi, la guardò come se, a momenti, potesse sbranarlo.
"Che mi dici di Ziva?" gli chiese, poggiando il mento sul palmo della mano.
Gibbs si rilassò sulla sedia -o almeno così le parve!, e cominciò a parlare: "L'ho lasciata vicino a DiNozzo"
"E' un suicidio sociale" scosse la testa la psicologa.
"Nah" riflettè Gibbs. "Sto notando, al contrario, che con Tony... ecco... parla. Quello che non fa con te, a quanto ho capito" le sorrise malevolo.
Shannon gonfiò le guance e divenne rossa quasi quanto i suoi capelli: "Fa poco lo spiritoso! E cosa ti dice che con Tony parli?"
"Li vedo. Cioè, più che parlare litigano. Ma almeno hanno un rapporto"
"E...?"
"E una mia alunna, Abigail Sciuto, la sta tampinando come una stalker" sorrise leggermente. "Parla con lei, qualche volta"
"Mh. Capisco. Quindi non è un caso così tragico" si passò una mano tra i capelli. "Non so cosa fare con lei"
"Siamo in due. Non riesco a farla parlare e l'unica cosa che so di lei è che litiga con Tony perchè lui vuole portarsela a letto"
"Jethro! Devi separarli" lo guardò sconvolta. "Una delusione amorosa per Ziva potrebbe essere fatale"
"Non esagerare, Shannon. E, credimi, quella David è più furba di quanto si pensi" si alzò. "Metterà lei sotto scacco DiNozzo!"
"Ehm... Jethro?" lo fermò, prima che l'uomo uscisse completamente dall'ufficio.
"Che c'è?"
"Ascolta... io domani mattina non sono in ufficio e salto l'appuntamento con Ziva. Ti va di farlo tu?"
L'uomo alzò un sopracciglio: "Io?"
"Si, tu. Ci parli tu domani, io ho da fare" aggiunse spiccia, raggiungendolo sulla soglia della porta.
"Cosa devi fare?"
"Non sono affari tuoi" gli sorrise malefica, come poco prima aveva fatto lui. Detto questo, gli chiuse la porta in faccia.

"DiNozzo... smettila"
"Eddai David! Quanto sei pesante"
"Tra cinque minuti giuro che ti eviro"
"Non vorrai togliere il giocattolino a tutte le ragazze della scuola?!" la guardò, fingendosi sconvolto.
"Mai sentito parlare di vibratori?" commentò ironica.
Tony cessò immediatamente di scarabocchiare sulla prima pagina del libro di Letteratura di Ziva David. "Vibratori, eh?! Ti facevo meno informata, mia piccola e perversa ninja!" ridacchiò e cominciò a canticchiare un motivetto senza senso.
Ziva lo guardò sconsolata e cercò di sbirciare le scritte sul suo libro. Tony glielo impedì.
"Alloooora" fece lui, improvvisamente. "Hai fatto amicizia?"
"Dove?"
"Qui"
"Sono in punizione, non credo serva per fare amicizia"
"Non qui, qui! Qui, Woodrow" si spiegò meglio.
"Oh. Mh, no. Non mi va di fare amicizia con gente che non rivedrò mai più. Cioè, a parte te, non conosco..."
Tony si illuminò: "Allora noi siamo amici?"
Ziva lo guardò bene: "No" disse laconica.
"Ah" Tony tornò ad afflosciarsi sul banco. "Ehi posso disegnarti una stellina sulla mano...?*" prima che le potesse afferrare la mano, Ziva gli prese il polso e glielo attorcigliò. "Ahi!" la guardò male.
"DiNozzo, tieni le tue zampacce a posto, ok? Jeanne potrebbe ingelosirsi" lo scimmiottò.
"Jeanne, eh?!" gongolò Tony, mentre si massaggiava il polso. "Non è che sei gelosa, vero?"
"Io?" lo guardò canzonatoria. "Di quella massa deforme che è la tua ragazza?!"
"Sè" schioccò la lingua, guardandola. Le restituì il libro.
"E comunque... nessuno mi dice che tu non sia deforme, sotto quei felponi" indicò la sua felpa con la coda dell'occhio.
"Non vedrai mai cosa c'è qui sotto" gli intimò.
"Scommettiamo?"
"Sei un bambino e... ops" ridacchiò. "Sono finite le mie due ore. Addio!" raccattò la sua roba.
"Mi aspetti? Io esco tra un'oretta" la pregò. "Dai, ti porto a fare un giro a Washin..."
"Buona permanenza, DiNozzo" lo salutò con il dito medio alzato.
Tony sbuffò: "Tony. Chiamami Tony". Ma lei non lo sentì.

Tornata a casa e scappata dalle grinfie e dalle mille raccomandazioni di papà David, Ziva lasciò cadere tutti i suoi libri sul letto. Con foga cercò quello di Letteratura e lo aprì alla prima pagina:
Zeeeeeeeee!! Zeeeeeeee Zeeeeeeeeeeeeeeeee!!!! Accompagnato da uno strano disegno che doveva essere la sua faccia. Ziva sorrise e accarezzò il punto in cui c'era scritto: Tony DiNozzo Jr ha appena violentato questo libro! :D
Più giù, poteva leggere alcune frasi: Se tu fossi mia, non ti dividerei con nessuno (cit. Proposta Indecente);
Lei era uno strano insieme di incoerenze (cit. Lezioni d'Amore - non trovi che sia praticamente TU? O_O);
Mamma dice sempre: devi gettare il passato dietro di te prima di andare avanti (cit. Forrest Gump);
Una risata può essere una cosa molto potente! (cit. Roger Rabbit - sorvolando sul film... dovresti sorridere + spesso, piccola ninja, hai un bel sorriso :D);
Ziva si sedette sul letto, incredula. In poche, semplici e copiate frasi... Tony DiNozzo l'aveva inquadrata.
"Tu sei pazzo, DiNozzo" sorrise tra sè e sè.

"Scusa il ritardo, Abbs" McGee si piegò sulle ginocchia, per mancanza di fiato. Erano in un parco a Washington, dove lei gli aveva dato appuntamento. Inutile dire che era emozionatissimo!
"Tranquillo" Abby saltellò e lo prese sotto braccio.
"Dove stiamo andando?" balbettò lui, rosso in volto.
"Ad un rave, che domande!"
























* Te lo dedico, questo pezzettino. A te, che non fai altro che disegnarmi cuori e stelline sulla mano.
Che mi dai le tue cuffie.
Che mi abbracci in silenzio quando te lo chiedo.
Chi ci scolla più! :D
Ti voglio bene, Pà <3





Maia says:

Ciaooooooooo :D Come vedete ho messo qualche immagine che può quasi richiamare alcuni pezzi del capitolo! In ogni caso, spero vi piaccia :D
Nel prossimo capitolo avrete una foto di Abby :D

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Capitolo 4
*** Di Regine e di Vassalli ***


capitolo 4

- ... but I say it with love.

Tony DiNozzo
7x05 (Code of Conduct)




Ziva David aveva imparato a riconoscere i nemici pure dall'odore. E dallo sguardo. E dalle movenze.
Doveva, tuttavia, ancora capire se Leroy Jethro Gibbs stava con lei o contro di lei. Pensava che, quel pomeriggio, Shannon Stevens le offrisse di nuovo i pasticcini; invece aveva trovato il suo insegnante di Storia che la guardava criptico. Era una scena buffa vederlo immerso nel luminoso e simpatico ufficio della dottoressa Stevens: si vedeva che non c'entrava proprio niente.
Che c'avrà poi da guardare? Peccato che Ziva non fosse esattamente il tipo di ragazza che si lascia intimorire, così rimase a guardarlo anche lei.
"Ziva David" masticò Gibbs, guardandola di sbieco. "Non ti ho ancora interrogato, vero?" Ziva scosse la testa.
"E sei quella lì che l'altro giorno ha suggerito a DiNozzo, giusto?"
La ragazza arrossì lievemente, ma Gibbs non se ne accorse -o forse si, ma preferì non darlo a vedere. La verità era che Tony non sapeva proprio niente e nessuno sembrava pronto a dargli una mano, così lei aveva fatto un'opera di carità. Non che lui le fosse particolarmente simpatico, l'avrebbe fatto per chiunque.
"Grazie a te ha preso una B -"
"Se mi ha scoperta, perchè non l'ha rimandato a posto?"
"Lo interrogherò la settimana prossima, infatti. Tu non dirglielo!" la minacciò con una penna.
"No, mi divertirò a vederlo prendere una bella F" ridacchiò.
"Allora..." Gibbs si alzò e si sedette sulla sedia accanto alla sua: "Mi ha detto Shannon che dovevo... si, insomma, parlarti. Tu cosa vuoi dirmi?"
"Niente" commentò Ziva.
"Bene. Allora non dirmi niente. Ti va di fare una partita a carte?"
Ziva spalancò le iridi scure: "Eh?!"
"Sai giocare a poker?" domandò Gibbs, estraendo un mazzo di carte dalla giacca.
"Si" la ragazza sorrise. "Vinco sempre contro mio fratello"
"Mh. Forse ti fa vincere" distribuì le carte.
"No, Ari non farebbe vincere nessuno" la coda di cavallo si mosse con la sua testa. "E' uno cocciuto"
"Come te" sorrise di sbieco Gibbs
"Un pò" rise Ziva, concentrandosi sulla partita. E, in meno di due minuti, Gibbs aveva scoperto di Ari.
Si complimentò con sè stesso e immaginò la faccia di Shannon appena avesse saputo la grande notizia.

Dopo aver perso a poker contro Gibbs, Ziva venne rimandata a lezione. Controllò l'orario e aveva Inglese. No, che palle! Articolò tra sè e sè. Si stava avviando verso la classe, quando qualcuno cominciò a chiamarla: "Zee! Ehi, Zee!"
"Oh, diamine" Ziva battè un piede sul pavimento. "Ma in questa scuola nessuno mi lascia mai in pace!?"
Si ritrovò davanti, dopo essersi girata, una luminosa Abby Sciuto... con le occhiaie.
"Ti stai chiedendo perchè ho le occhiaie, vero?" ammicò la goth.
"Veramente no" fece una smorfia.
"Sono andata ad un rave con Tim! Da sganasciarsi dal ridere, dovevi venirci" con orrore, Ziva la vide che la prendeva sotto braccio. "Allora, senti una cosa, mi serve un supporto!" cominciò. "Tra un pò viene Halloween e qui a scuola fanno una festa, una specie di pre-ballo. Comunque, devo comprarmi i trucchi, il vestito...! Halloween è la mia festa preferita" si esaltò.
L'altra non chiese neanche il perchè: era abbastanza evidente.
"E io cosa c'entro? Non vengo a nessuna festa" avvisò.
"Me lo aspettavo" sbuffò Abby. "Però puoi accompagnarmi al Centro Commerciale! Facciamo un pò di spesa e poi vieni a farti un giro a casa mia! Te l'ho detto che è sempre tranquilla, possiamo farci i compiti!"
"No, senti, ho da fare..."
"Non ti ho ancora detto quando" Abby incrociò le braccia, offesa. Ziva la guardò e si arrese: "E va bene! Ci vengo!"
"Bello!" l'altra la abbracciò. Ziva rimase immobilizzata e qualcosa le si sciolse dentro. Era da parecchio che qualcuno non la abbracciava.
dfsdfsdfsd
"Ma... perchè non l'hai chiesto a qualche altra tua amica?" domandò.
"Perchè tu mi sembri una tosta, non sei come le altre di questa scuola! E poi mi pare che tu non esca mai, devo farti conoscere la città!"
"La stessa cosa che mi ha detto DiNozzo!"
"A proposito di Tony" Abby le tirò una gomitata. "Che c'è tra voi due?"
"Un pugno di api"
Abby la guardò accigliata: "Sai, penso che si dica di mosche, non di api. Comunque, se riesci a farlo lasciare con la Benoit, diventi la mia eroina! Oh, ti dispiace se viene anche Tim con noi?"
"No" alzò le spalle, poi decise di contraccambiare: "Ma com'è che te lo porti sempre dietro? Non è che tra voi due..." ridacchiò.
Abby divenne rossa: "Ma nooo! Lo faccio per farlo... ehm, svagare"
"Oh certo" borbottò Ziva, continuando a ridere con Abby sottobraccio, che le tirava gomitate poco carine.
Dalla soglia del laboratorio di Scienze, Donald Mallard osservava compiaciuto la scena.

"Io volevo... ecco... ringraziarti" balbettò un Timothy McGee parecchio in difficoltà. Guardava Ziva di sfuggita, al tavolo della mensa, dopo che Abby l'aveva convinto a sedersi con loro. Dopo qualche settimana, ancora tutti ignoravano la nuova arrivata, anche perchè si era già messa contro l'intera squadra di basket - eccetto il Capitano che, però, aveva una certa predilezione per lei. In ogni caso la reputazione di McGee era già abbastanza a terra, così sedere al tavolo degli emarginati non gli sembrava proprio un grosso suicidio sociale.
"E di che?" Ziva si bloccò a metà del suo succo.
"Di avermi difeso contro quel Vincent" spiegò Tim, interrogativo.
"Ah, quello. Non è stato niente, non devi ringraziarmi" alzò le spalle, indifferente. Tim sembrava ancora di più stupito.
Abby, che li guardava alternativamente, decise di prendere la parola: "Allora, oggi vieni con noi al centro commerciale, Tim?"
"Certo" sorrise. "Ma non sceglierò un costume, Abbs. Lo sai che non vengo a nessuna festa del liceo"
"Ah già. Aiuterai me, allora!"
"E quindi io a che servo?" borbottò Ziva, cercando di liberarsi da quell'impegno pomeridiano.
"Come a che servi?! Servi e basta" la minacciò Abby col coltello di plastica della mensa. Poi, le sue antenne-codini, si voltarono verso un angolo della mensa, precisamente l'entrata e vi accennò: "Jeanne sta cominciando..." fece una smorfia.
Ziva si voltò e vide distintamente la bella mora distribuire volantini dappertutto; dietro di lei, un annoiato Tony.
"Che fa?" s'informò. Sembrava stranamente amabile e sorridente. Quando arrivò il turno del loro tavolo, li sorpassò con disgusto. Tony, invece, le fece un sorrisino, a cui rispose con una fredda occhiata.
"Sta distribuendo i volantini per diventare Reginetta a fine anno" spiegò Abby che, all'occhiata perplessa di Ziva, rise.
"Ogni anno facciamo un ballo, verso Maggio. Alla fine, vengono eletti Re e Reginetta" continuò McGee.
"Solo che le selezioni cominciano subito" ammiccò Abby.
"Già, ci sono circa venti aspiranti Reginette. Oggi il preside dirà i nomi all'altoparlante" sbadigliò il ragazzo.
"... e noi andremo a votare a Gennaio, ne rimarranno in cinque, che saranno votate..." Abby roteò la forchetta.
"... a fine serata, durante il Ballo, detto di Primavera..." McGee tirò su col naso.
"Viene eletta quella col vestito più bello..." la goth fece una smorfia.
"... trucco migliore..."
"... popolarità..."
"... media scolastica alta..."
"... e il Re più bello!" finì Abby. "Per questo tutti credono che quest'anno vincerà Jeanne: è capitano delle Chicks* e ragazza di Tony, a sua volta capitano della squadra di basket. Insomma... chi non li voterebbe!" alzò le spalle.
"Io" sorrise candida Ziva.
"Si, ma tu non conti" Abby le mostrò la lingua. "Anche se credo che Jeanne non lo voglia il tuo voto. E' un'ora che ti guarda come se ti volesse fare fuori. Io penso che si sia accorta del feeling che c'è tra te e il suo ragazzo"
Ziva si voltò imbufalita e, effettivamente, Jeanne Benoit stava a guardarla con le braccia incrociate e l'espressione disgustata. Forse si stava chiedendo come una straniera, appena arrivata, che vestiva in modo orribile e che sorrideva, si e no!, tre volte al giorno, avesse potuto attirare l'attenzione del ragazzo più bello del liceo. Sembrava una di quelle storie montate ad arte, pensò Ziva. E, certe storie, la facevano solo ridere. Nella sua vita non esistevano happy ending e lei non ci credeva; e poi Tony voleva solo fare il gallo nel pollaio. Sarebbe rimasto fedele a Jeanne per mantenere in testa la corona di Re, che equivaleva alla popolarità.
E' solo questo che importa agli adolescenti -quelli normali. Si diceva Ziva. Lei doveva essere come loro, volere degli amici, essere popolare. Ma, per quanto si sforzasse, non riusciva davvero a vederle come cose primarie: aveva passato la vita a cercare di difendere la Vita stessa, sprecarla per un ballo le sembrava decisamente fuori luogo. Eppure la rabbia c'era.
La rabbia di non essere stata, e di non poter essere più, come tutti gli altri. Avrebbe pagato pur di avere, come unico scopo, quello di distribuire volantini come propaganda. Doveva, invece, controllare che la pistola nello zaino non fosse visibile e che, principalmente, fosse sempre carica.
Che vita di merda! Infilzò una patata nel suo piatto.
"Tony ti sta fissando" ridacchiò Abby. Ziva, stavolta meno imbufalita, si voltò di nuovo e vide che Tony le faceva l'occhiolino.
"Questa è una scuola di pazzi" sussurrò tra sè e sè, assottigliando gli occhi. "Che avrà, poi, da ridacchiare..."
Studenti della Woodr...
"Ecco, lo sapevo" Tim lasciò cadere la forchetta. "Ora c'è la lista delle aspiranti Reginette e io mi sono rovinato il pranzo!"
"Di già?!" si stupì l'altra. "Pensavo ci fosse ad inizio settimana prossima..."
... come ogni anno, abbiamo le nostre candidate: Yvonne Fremont, Jeanne Benoit, Milla Parker, Judi Camille Mayers...
"Tutta la cerchia delle cheerleaders di Jeanne" Abby scosse la testa. "Che poi non ho capito perchè si mettono l'una contro l'altra nelle elezioni, fingono di essere tanto amiche..."
... Sandra Scavo, Emily Joggins, Ziva David, Shirley Bocovich, Santana...
"... perchè secondo me non sono amiche per... che c'è?" Abby spalancò gli occhi, vedendo che Ziva era sbiancata e Tim quasi si era soffocato con una banana. "Che avete da fare 'ste facce?"
"TONY!" Ziva si alzò urlante, per andare verso il tavolo dei giocatori di basket. Vincent la guardò malissimo.
"Dimmi, piccola ninja! Ma lo sai che è la prima volta che mi chiami per nome?" le sorrise.
"Sei stato tu!" sapeva di avere tutti gli occhi addosso, ma non le importava. Si era sentita ferita, Ziva. Dopo tanto tempo, qualcun'altro ci era riuscito, nonostante avesse cementato la sua anima. Tony DiNozzo ce l'aveva fatta.
"A fare che?" continuava a sorridere e ciò la mandò in bestia. Lo afferrò per il colletto della camicia e lo trascinò fuori.
"Che diavolo pensi di fare?" lo aggredì. "Ti sembra divertente?"
"Effettivamente... si!" ridacchiò. "Zee, il titolo di Reginetta è per le ragazze più carine. Tu sei carina e, per me, hai possibilità!" concluse.
La ragazza cercò di sopprimere l'adolescente sessualmente frustrata che aveva in sè, e che stava facendo la Ola al complimento di Tony.
"Stai andando contro la tua ragazza! E io non voglio essere Reginetta" continuò ad urlare.
"Puoi cancellarti dalla lista, se ti va" Tony mise il broncio.
"E' esattamente quello che farò!" strillò. "Ma come ti sei permesso, eh?! Già nessuno mi parla..."
"Abby e quel nano da giardino..."
"A parte loro - nessuno mi parla, tutti mi evitano!, che bisogno c'era di farmi questo?"
"Volevo aiutarti" cercò di giustificarsi. "La Reginetta, anche solo se candidata, diventa popolare!"
"Ma io non voglio! Voglio rimanere nel mio oscuro angolo di mondo!" digrignò i denti.
"Perchè?" aprì le braccia. "Il mondo è così bello, Zee! Potresti vivere, se solo volessi! Invece stai sempre rintanata da qualche parte a lamentarti, ti vesti come se dovessi andare a fare il muratore, quando poi... hai degli occhi così belli" sorrise. "Proprio degli occhioni belli, che potrebbero guardare alla Vita come a qualcosa di positivo, non come qualcosa da buttare via" prese fiato.
"Tu non sai... proprio niente della mia vita" Ziva tirò su col naso. "Non farlo mai più" lo superò, per andare verso l'ufficio del preside e annullare la sua nomina.
Tony non osò toccarla, perchè aveva imparato che lei lo odiava. "Ziva" la richiamò.
Lei si fermò, ma non si voltò, il viso sfigurato dal dolore. Non voleva mostrarsi debole. Mai mostrare il sedere al nemico.
"Saresti stata una bellissima Reginetta"
"Grazie. E complimenti... sei riuscito a rovinare quel minimo di rapporto che eravamo riusciti a tenere in piedi. Bravo, davvero."

"Abbyyyy" piagnucolò Timothy McGee, accasciandosi su una panchina del centro commerciale. Ugualmente fece Ziva David che, oltre a crollare, si prese la testa fra le mani. Uccidetemi subito! pensò. Nemmeno gli allenamenti di Krav Maga con suo padre erano così pesanti, a volte. Perlomeno, ci era abituata! E, invece, non era per niente abituata alla folle mente di Abigail Sciuto che, da quasi due ore, li stava trascinando in giro per tutti i negozi.
"Ma quanto siete pallosi!" Abby gonfiò le guance.
"Possiamo riposare cinque minuti?" brontolò Ziva. La ragazza li squadrò per bene, tutti e due seduti. Alla fine, cedette: "E va bene" sospirò. "Io entro in quel negozio" e lo indicò col dito. "Voi non vi muovete, torno subito!"
Ziva e Tim si lanciarono un'occhiata scettica e dolorosamente consapevole: avevano almeno mezz'ora da passare senza quella svitata.
"Sai, sono stupito" cominciò Tim, una volta che la goth sparì all'orizzonte. Ziva si voltò velocemente verso di lui, credendo di aver perso qualche passaggio: "Eh?"
"Del fatto che Abby ti abbia chiesto di venire, tutto qua" alzò le spalle.
"Perchè? Non mi sembra sia molto timida" scherzò.
"No, infatti. Però si fida di pochi" le confidò. "E' sempre stato così. Io credo di essere stato il suo primo amico vero, ora che ci penso" ripensò di nuovo a quel lontano giorno delle elementari, quando aveva portato via Abby da un manipolo di bambini che la prendevano in giro per via dei suoi genitori. Abby sapeva difendersi bene, ma ci restava sempre molto male e, col tempo, aveva imparato a catalogare le persone, senza allontanarle. Forse era uno degli aspetti che Tim amava di più in Abigail Sciuto, la capacità di farsi amare, senza farsi del male.
"E invece tu" continuò Tim, osservandola ammirato. "Tu le sei piaciuta subito"
"Che ne so" Ziva si grattò una guancia. "Di certo non le ho chiesto niente"
"Ci credo"
"Bene"
"Perfetto. Da quanto tempo sei innamorato di lei?"
Tim ebbe il buon gusto di arrossire: "Non lo so. Forse lo sono sempre stato"
La ragazza lo guardò con sguardo penoso: "Ah. E glielo dirai, prima o poi?" ci scherzò su.
"Non credo" ridacchiò e, con lui, anche Ziva. Era strano, per lei. Ma, se con Abby veniva trascinata, con Tim era tutto molto più facile. Non sentiva di doversi preoccupare di nulla, tanto lui non se ne sarebbe andato. Era una sensazione molto vicina all'amicizia, riflettè tra sè e sè.
"Troverà mai un vestito?" sospirò Ziva.
"Forse. Ti va un gelato, dopo?" propose Tim.
"Se riesci a farla stare zitta, volentieri!"
"Senti, Ziva..." la ragazza vide che il suo compagno era molto imbarazzato. "Perchè non hai più partecipato per diventare reginetta?"
"McGee" si spalmò una mano sulla faccia. "Ma secondo te, chi mi avrebbe votato?! E io odio queste cose!"
"Le odio anche io, ma io ti avrei votata!" si affrettò a dire il ragazzo.
Ziva gli sorrise, sinceramente: "Grazie, Tim! Ma non mi sembrava il caso, ecco"
"Va bene". Aspettarono qualche altro minuto, finchè Abby non arrivò felice come una Pasqua.
"HO TROVATO IL MIO VESTITO!" e lo mostrò, fiera. Tim diventò rosso e subito si voltò dall'altra parte, mentre Ziva, con un sorriso sardonico, esclamò: "Ti starà una favola, Abby!"































Maia says:

VESTITO di Halloween DI ABBY: fsdfsdfsd

Abby (per questa foto, ringrazio AbbySciuto)sdfdsf

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Capitolo 5
*** Defying Gravity ***


"I could not afford to trust you"

Ziva, 7x02

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DEFYING GRAVITY



"Tony...? Tony!" lo richiamò suo padre, battendo un pugno sul tavolo. Tony si ridestò dai suoi pensieri, osservando il pollo nel piatto fattosi oramai freddo. "Che c'è?" fece brusco il ragazzo.
Anthony DiNozzo Senior non era mai stato proprio un pessimo padre; quando sua madre era viva, Tony vedeva suo padre decisamente meno, ma avevano un bel rapporto, alla fine: lo portava alle partite di basket, tifavano insieme, lo aiutava talvolta con i compiti, gli insegnava un sacco di trucchetti con le donne. Di certo Tony non sapeva dei mille tradimenti perpetrati nei confronti di sua madre.
Quando era morta, oltre al vuoto incolmabile lasciato in suo figlio, l'aveva condannato nelle mani di suo padre, incapace di prendersi cura di un bambino che aveva bisogno di cose di cui egli stesso non aveva idea.
Ma Tony non lo odiava.
L'aveva odiato, dopo aver saputo dei tradimenti e lo odiava ogni volta che vedeva una donna nuova in casa.
Un padre, però, non si può davvero odiare per sempre, così Tony semplicemente lasciava che il suo risentimento giacesse lì, da qualche parte.
Guardò l'uomo riprendere a parlare normalmente, come se suo figlio non avesse la testa altrove.
Invero, Tony la testa altrove ce l'aveva. Ziva David.

"Ziva!" la riprese suo padre, mentre erano a tavola. La ragazza alzò lo sguardo vacuo dal piatto e, stanca, gli rivolse un'occhiata infastidita.
"Non guardarmi in quel modo, signorina. Dove sei stata oggi?"
"Al centro commerciale, papà"
"Bene, vedi di integrarti. Non attirare l'attenzione" le ordinò, puntandole contro una forchetta. "La pistola.."
"Sempre carica"
"Bene, bene. Sarai un ottimo soldato, Ziva"
"Posso andare in camera mia?" lasciò metà cena intatta.
"Certo"
Ziva salì lentamente le scale che la conducevano nella sua spoglia cameretta: era così diversa da quella in Israele! Quella che si era lasciata dietro era bellissima, a parer suo. L'aveva dipinta con colori pastello e, al muro, vi aveva appeso le foto di tutta una vita, con peluche e biglietti.
Aveva dovuto lasciare tutto, un'umida sera di settembre; si era lasciata dietro il letto di sua sorella e il suo profumo preferito, che non metteva mai, ma le piaceva ogni tanto sentirlo sul copriletto. Aveva lasciato l'insalatiera di porcellana rossa preferita di sua madre e gran parte del suo abbigliamento quotidiano. La sua vita non si era trasferita con lei. Sarai un ottimo soldato, Ziva.
La ragazza si lasciò cadere sul pavimento e cominciò a singhiozzare.
Non voglio. Non voglio essere un soldato.

"Jethro! Jethro!" Il professor Leroy Jethro Gibbs, a mensa, guardò sconsolato il professor Donald Mallard, seduto di fronte a lui.
Il vecchio professore, allo sguardo inequivocabile dell'amico, soffocò una risatina: "Rispondile!" quasi lo rimproverò.
Jethro non fece neanche in tempo a replicare, che Shannon si sedette al loro tavolo, col suo bel vassoio di cibi naturali.
"Jethro, ma mi senti quando ti chiamo? Ciao Ducky" era adorabilmente rossa sulle guance, tanto che Jethro distolse lo sguardo infastidito.
"Cosa c'è Shannon?" brontolò.
La donna lo guardò male: "Sono appena tornata dai giorni di ferie che avevo preso. Come è andata con Ziva?"
"Bene. Ho scoperto che ha un fratello" gongolò.
"Ti ha confidato delle cose?" la donna lo fissò scandalizzata. Non era un mistero che sbavasse da secoli dietro il sexy professore di Storia, ma doveva ammettere che la delicatezza non era di certo una sua qualità. Molto spesso, anzi, sia lei che Ducky dovevano riprenderlo per comportamenti oltremodo duri, quasi come se fossero in un campo addestramento per marines.
"Si. Abbiamo giocato a poker. Tranquilla non mi sono fatto pagare" alzò gli occhi al cielo.
"Dopo sei pregato di informarmi meglio" fece la dottoressa, poi prese il suo pranzo e tolse il disturbo.
Ducky, intanto, aveva guardato male Jethro per tutto il tempo: "Perchè la tratti così male, Leroy?"
"Ducky, per favore, non ti ci mettere anche tu" si lamentò. "Quella lì mi dà sui nervi! E' troppo rossa!"
"Strano... mi ricordavo che andavi pazzo per le rosse" sghignazzò.
"Mangia, professore!" Gibbs, divertito, scosse la testa, rivolgendo un ultimo sguardo ad una sorridente Shannon, al tavolo dei professori.
Si, mi sono sempre piaciute le Rosse, pensò con un sorriso.

Le lezioni pomeridiane non erano mai state le preferite degli studenti, anzi. In particolare, quel giorno, Abigail Sciuto pregava che le lezioni finissero presto: lei, che era così studiosa, quel giorno non si sentiva per niente in forma. Aveva anche visto Ziva molto triste, che camminava per i corridoi come un'anima in pena. "Ehi" qualcuno le toccò il braccio, facendola sobbalzare.
"Tim!" sbuffò. "Mi hai spaventata"
"Scusa" il ragazzo la guardò imbarazzato. "Volevo sapere come stavi..."
Abby si voltò, sorpresa. "Cosa?"
"Ti ho vista un pò giù, oggi. Che è successo, eh?" sorrise, accarezzandole un codino lievemente. Abby divenne rossa e strinse al petto il libro di Storia tutto piegazzato. "Te ne sei accorto, allora..." eppure doveva aspettarselo; aveva imparato che poche cose sfuggivano a Timothy McGee, soprattutto quando riguardavano lei. Era un amico eccezionale. Un amico. Già. Devi tenerlo bene a mente, Abigail.
"Si, ci ho fatto caso" Tim alzò le spalle. 
"Oh" Abby poggiò la fronte sulla sua spalla. "Sono stanca.Devo tornare a casa e studiare, e poi Ziva stamattina era depressa all'ultimo stadio"
"Che tenera" si lasciò sfuggire McGee.
"Eh?"
"Niente niente!" fece velocemente, poggiando il mento sulla testa dell'amica, ancora poggiata a lui. "Sei proprio matta se stai male perchè una tua amica sta male"
"Mi è presa così. Hai visto... ? Lei e Tony non si parlano"
"Faranno pace, vedrai. L'hai detto tu stessa che non riescono a stare lontani per molto" Abby rialzò la testa, sorridendo al suo amico.
"E' vero. Ziva e Tony: è quasi ovvio! Sai sempre come farmi tornare il sorriso, McDolce!"

Shannon si limitò a sorridere quando vide Leroy Jethro Gibbs accasciato sul divanetto del suo ufficio.
Era... terribile. Lo era sul serio.
Era un cavernicolo.
Spocchioso. E ingiusto.
Autoritario. Troppo autoritario.
Bugiardo, all'occorrenza.
Freddo. Incapace di amare. Forse.
... ed era bellissimo, ai suoi occhi.
Shannon si limitò a sorridere e sospirò.
"Ciao" le fece tranquillo Jethro, alzandosi per prendere posto davanti a lei, alla scrivania. "Ziva" continuò, giusto per chiarire che non era lì per altro. Shannon sorrise ancora, dolorosamente consapevole.
"Lo so, Ziva"
"Da dove comincio?" sbuffò Gibbs.

Ziva accarezzò con un dito la trave che si trovava in palestra, alla Woodrow. Ripensò a quando suo padre la faceva allenare sulle travi del Headquarter del Mossad. Doveva essere elastica, silenziosa e veloce. Ziva doveva essere letale. Si sedette sulla trave, Ziva, e guardò la sala desolatamente vuota. Nessuno usava più la palestra dopo un certo orario, perchè vi erano le lezioni pomeridiane, le più faticose da sopportare.
Hai superato così tanto, Ziva. Basta solo un altro pò. Si diceva di continuo, come un mantra.
E' ora di sfidare la gravità... salì in piedi sulla trave e ci camminò sopra. Il professore di Educazione Fisica glielo faceva sempre fare.
"Se cadi ti rompi qualcosa" l'avvisò Tony DiNozzo, spuntando da chissà dove.
"Mi sono rotta un sacco di cose nel corso degli anni. Un pò di dolore non mi spaventa, DiNozzo" ringhiò, guardandolo dall'altro.
"Ne sono certo" sorrise Tony e le porse una mano. "Ma spaventa me" le sussurrò.
Non farti abbindolare, Ziva. Il nemico prima ti mostra la mano, poi la ritrae. E ti lascia cadere.
Perchè le lezioni di Chimica non le entravano per niente, e gli insegnamenti di suo padre spuntavano di tanto in tanto?
Nei momenti più sbagliati, poi. E ti lascia cadere. Il nemico ti lascia cadere.
Ziva prese la mano di Tony e scese dalla trave. Si pulì i jeans, leggermente sporchi di magnesia, che serviva per non scivolare.
"Mi segui, forse?!" sbottò, incrociando le braccia al petto.
"Assolutamente" il ragazzo alzò le mani. "Potrei mai mettermi a seguire una piccola e perfida ninja come te? Mi distruggeresti!" scherzò.
Un lato delle labbra di Ziva si alzò lievemente.
"Era un sorriso?" ridacchiò Tony.
"Non sperarci" lo minacciò con un dito, tornando seria. "Forse non ti è ben chiaro, Tony: non voglio più avere a che fare con te"
"Hai ragione, hai ragione" fece. "Ma non ti sembra un pò troppo azzardato, scusa? Stai facendo un casino per così poco!"
"Ascolta, piccolo Lord, la tua vita forse è stata costellata di servitù e cuscini di seta, ma io..." prese fiato. "Io non posso permettermi di fidarmi di chicchessia. Non posso permettere a qualcun altro di farmi del male, non posso!" pestò un piede per terra.
"Cazzo, Zee!" si arrabbiò Tony. "Io non voglio farti male, voglio solo starti vicino. Sarebbe chiedere troppo!?"
"Si! E' chiedere tanto, troppo!"
"Cos'è che mi nascondi?" Tony assottigliò gli occhi. "Cos'è che ti è capitato, da farti essere così?"
"Non sono affari tuoi" Ziva si voltò, per uscire dalla palestra, ma stavolta il ragazzo non si fece attendere e la fermò con la mano.
"Tu non puoi fare così" la rimproverò. "Andartene e basta!"
"Io faccio quello mi pare" lo rimbeccò Ziva. "Non siamo amici, nè tantomen..."
"Hai ragione" si arrese Tony. "Io e te non saremmo mai amici, credo" e la guardò in modo eloquente. "Però... fidati"
"Tu non sai quello che mi stai chiedendo" sorrise Ziva malinconicamente. Il ragazzo sbuffò. "Non fare lo strafottente!"
"Senti, nemmeno la mia vita è una passeggiata e..."
"Mai quanto la mia..."
"In ogni caso...!" borbottò. "In ogni caso, vorrei provare a farti capire che tu mi..."
"Alt!" gli posò una mano sulla bocca e si avvicinò piano a lui. "Tony DiNozzo Junior" gli mormorò, sorridendo.
"Mi sono fidata di mio padre, di mio fratello, della mia famiglia. Mi sono fidata di amici e di sconosciuti, ma mi è andata sempre di merda. Non posso permettermi di fidarmi anche di te. Quindi non dire niente di cui, poi, potresti pentirti"
Tony tolse la mano dalla sua bocca, ma non la lasciò. "Provaci. Provaci a fidarti, non può andarti sempre di merda, in fondo" sorrise.
"Non sarebbe... una cosa..." Ziva deglutì. Stava per dire una cosa sicura, con cui mio padre non sarebbe d'accordo.
"Dai, occhioni belli" fece una smorfia buffa. "Dammi una chance"



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Capitolo 6
*** Un pomeriggio come un altro, accadde che... ***


5 capitolo
- We're your family

Gibbs, season 9


dasdasdas




"Buongiorno Boss!"
"Vai in classe, DiNozzo!"
Solito copione, solite mattinate, la solita routine.
Tony sapeva che, qualunque cosa fosse accaduta, Leroy Jethro Gibbs era lì ad accoglierlo tutte le mattine. Anche perchè quella non era una mattina come le altre; la sera prima, lo scontro con Ziva l'aveva privato di tutte le forze che possedeva e, dopo averle aperto il suo cuore - Dammi una chance - lei era andata via. L'aveva letteralmente lasciato in bianco. Era proprio curioso di vedere come si sarebbe comportata con lui, anche se immaginava di doversi aspettare sguardi glaciali e minacce di morte velate.
"Buongiorno, amore" Jeanne lo abbracciò da dietro, tanto che non vide la smorfia esasperata che fece ridere Vincent, con l'armadietto accanto a quello di Tony. " 'Giorno Jeanne" le diede un bacio a fior di labbra.
"Ehi, che ti prende?" fece piccata la cheerleader. "Di solito devo fermarti" ridacchiò lievemente.
"Sono solo stanco..." sbadigliò Tony. Vincent ghignò, alzando gli occhi al cielo.
"Va bene. Allora vado in classe, ci sentiamo dopo, eh?!" lo baciò di nuovo e Tony la guardò, poco dopo, andare via con soddisfazione.
"- Sono solo stanco!-" gli fece il verso l'amico. "Non ci cascherebbe nessuno!"
"Lei si. E comunque, Vince, ti sarai grato se... se..." Tony deglutì, lo sguardo puntato sul corridoio.
"Se, cosa?" Vincent seguì il suo sguardo, proiettato su una Ziva David... diversa. "Eccola, il pitbull" disse schifato. Poi aguzzò lo sguardo.
"Pitbull un cazzo, Vince!" balbettò Tony.
"Ma che ha fatto?" l'altro sbattè ripetutamente le palpebre. "I vestiti..."
"I capelli..." sbavò Tony.
"Il trucco! ... ehi, sta venendo da quest... Ciao Ziva!" la salutò il ragazzo, che si beccò un'occhiata allucinata dall'israeliana.
"Da quando tu mi saluti?" fece schifata.
"Da oggi"
"Và via, Vince. Ci vediamo in palestra!" Tony gli diede una pacca sulla spalla e il ragazzo si congedò.
"Zee" mormorò, squadrandola da capo a piedi. "Che... che..." i capelli erano più lisci e lucenti del solito, e un ciuffo le sfiorava quasi il naso. Non aveva felpa, ma solo una camicetta rossa e un paio di jeans della sua taglia, non di una più grande, con un paio di dolci ballerine rosse ai piedi. Aveva la matita agli occhi e... potè gurare di vedere del phard sulle guance. "Che..."
"Che ho fatto?" sbuffò la ragazza. "E' successo che la tua amica pazza - gotica è venuta stamattina a casa mia, provocando un infarto a mio padre, annunciando candidamente che oggi c'erano le foto per l'annuario e non potevo presentarmi in un certo stato..." sul suo viso si aprì una smorfia. "Quale stato, poi?" allargò le braccia.
Tony era felice come una Pasqua; quello sfogo voleva dire che, in fondo, una chance gliel'aveva data, anche se non aveva il coraggio di dirlo apertamente. Le mise il ciuffo dietro l'orecchio, ridendo: "Diciamo che il tuo consueto abbigliamento era adatto per uno skater ninfomane"
"Ma grazie, eh!" gli schiaffeggiò la mano. "Comunque, ti volevo dire che non trovo più il mio libro di Storia. Non è che tu, per caso, idiota quale sei, te lo sei preso durante le lezioni senza accorgertene?" lo rimbeccò, tirandogli un leggero pugno sulla spalla.
Mi ha toccato di sua spontanea volontà! si rallegrò maggiormente Tony.  Evidentemente la notte le aveva portato consiglio e la discussione della sera prima aveva aperto una sottile - molto sottile, breccia nel cuore della fanciulla. Non si era mai sentito così gasato, nemmeno quando Jeanne aveva accettato di uscire con lui. Pessimo appuntamento, per giunta: si era rifiutata di mangiare per mantenere la linea.
"Aspetta, guardo nell'armadietto" le disse e corse verso gli armadietti, aprendo di botto il suo.
Mentre cercava, Ziva osservò le foto che aveva attaccato all'anta interna. C'era una donna bellissima.
"E' tua madre?" gli chiese, improvvisamente.
"Già. E'... è morta quando avevo otto anni" sussurrò, evitando lo sguardo di Ziva.
La ragazza spalancò gli occhi: "Anche... anche la mia" i loro occhi si incrociarono per qualche minuto, poi Tony tornò a cercare.
"No, non c'è. Ne ho uno, ma è il mio!" alzò le spalle.
"Porca..." Ziva tirò un altro pugno, ma stavolta all'armadietto. "Come li faccio tutti quegli esercizi di ricapitolazione?!"
"Possiamo farli insieme" propose subito Tony. "Se... se... se ti va, sia chiaro!" balbettò.
Ziva lo guardò dapprima diffidente, poi le rughe sulla fronte si distesero. "Va bene. Ma... a casa mia non si può fare" disse subito.
"Da me, allora"
"In camera tua non entro" avvisò.
"Chi entra in camera di chi?" saltò su Abby, improvvisamente. Ziva e Tony sobbalzarono, facendola ridere.
"Ciao tesorini!" diede un bacio sulla guancia ad entrambi, cosa che fece diventare Ziva stranamente rosso pomodoro. Di amiche ne aveva avute, ma nessuna era mai stata così dolce ed aperta con lei. Le doleva ammetterlo, ma era una calda, calda sensazione.
"Ziva e io facciamo insieme i compiti di Storia, ha perso il libro" spiegò Tony.
"Oh, i venti esercizi di ricapitolazione?" si aggiunse McGee, che era stato in silenzio dietro Abby. "Ne ho fatti già cinque, sono lunghi e difficili" sospirò. Tony e Ziva impallidirono.
"Oh merda" fece lui. "Se sono difficili per McNerd, figurati per me"
"Io non ho speranze di finirli" la ragazza scosse la testa.
"Ehi! Avrei un'idea! Potremmo farli tutti assieme, che dite? Organizziamo un bel pomeriggio di studio a quattro!" propose Abby.
Gli altri tre si guardarono perplessi. "Non mi sembra un'ottima idea, Abbs" cominciò a dire McGee.
"Già, Abby, lascia perdere... al libro farò le fotocopie..."
"E poi questi gruppi di studio non funzionano mai..."
"Non voglio sentire altro!" strillò, mettendosi le mani sulle orecchie. "Studieremo assieme!"


sdasdasd

- Ti stavo solo arruffando i capelli... qualche volta ti fa sorridere

Tony, 5x16


"Ciao!" salutò felice Abby, facendo entrare Ziva in casa sua. La ragazza si guardò in giro e si accorse che era decisamente una bella casa. Si vedeva che ci abitava qualcuno che amava quel posto, non era affatto fredda. Tutto era in colori pastello e legno, nel salone regnava un caos da famiglia. Era stupenda. "Scusa per il disordine!" si scusò Abby.
"Ma che dici?! E'... perfetta" mormorò Ziva, col naso all'insù.  
"Nah, non fare la carina per forza" la trascinò in cucina, dove un grande tavolo rotondo era occupato dai milioni di libri che Tony DiNozzo e Timothy McGee avevano portato; i due si fissavano guardinghi da due lati differenti del tavolo. A Ziva venne da ridere: ancora non riusciva a credere di essere stata convinta a fare quel pomeriggio di studio, ad andare al centro commerciale e...
Abby. Abby è il centro di tutto ridacchiò tra sè e sè, sedendosi accanto a Tony che l'aveva guardata con due occhioni disperati.
"Io odio studiare, odio la Storia e odio i secchioni" si lamentò appena lei si sedette. "Almeno ci sei tu" sospirò.
Ziva ebbe il buon gusto di non farsi vedere mentre sorrideva compiaciuta.
"Bene!" Abby stronfinò le mani. "Cominciamo! Siamo soli, nessuno ci disturberà e... ho ordinato le pizze per stasera" sorrise.
"Buone!" esultarono gli altri tre. 
"Ero sicura che l'idea vi sarebbe piaciuta" saltellò allegra. "Da dove cominciamo?"
"Gibbs è pazzo" rispose invece Tony, aprendo il suo libro di Storia. "Sono troppe domande, troppo lunghe e troppo difficili!"
"Devo darti ragione" sbuffò McGee.
"Mi aggiungo nel club" Ziva posò la fronte sul tavolo e Tony le arruffò i capelli per consolarla. Speriamo non mi stacchi la mano a morsi.
Sorprendentemente dalla ragazza partì un risolino divertino, che fece sorridere Tony e, di nascosto, anche Abby.
Ma quanto sono carini? stava pensando soddisfatta e completamente in balia dei suoi pensieri romantici.
"Cominciamo?" sospirò McGee.
"Si, dai. Se no ricomincio a pensare al suicidio"

"Spiegami cosa c'entrano le prostitute con l'assetto dell'esercito di Napoleone!" ringhiò Ziva contro Tony.
Il ragazzo la guardò male e rispose a tono: "Erano tenute in considerazione, invece! Una fu addirittura curata dal miglior medico per..."
"Si, ok, va bene" si arrese la ragazza. "Ma non credo che la domanda implichi questo!"
McGee, intanto, sbuffava. "Sentite, potremmo solo accennarlo?"
"Io non do ascolto ad uno che ha fatto pessime battute sulla divisione dei cittadini in Attivi e Passivi!" si lamentò Ziva.
"Però quella su Napoleone era carina" convenne Abby.
"Grazie, Abby" le sorrise Tony, soddisfatto.
"Ok, però qui stiamo sfiorando la catastrofe" l'apostrofò Tim.
"PAUSA!" urlò Abby. "Sono le otto e fra qualche minuto dovrebbero arrivare le pizze..."
"I tuoi non mangiano con noi?" domandò Ziva, che intanto la stava aiutando a togliere i libri di torno.
"Sono andati in gita da qualche parte con mio fratello e mi hanno che avrebbero mangiato fuori. Almeno fino alle undici ho casa vuota"
Mentre le due ragazze si affaccendavano con la tavola, Tony era scappato in soggiorno, attratto fin da subito dalla collezione di DVD del signor Sciuto. Molti erano commedie e film datati, proprio di quelli che piacevano a lui.
Sospirò di piacere prendendo tra le mani Casablanca. "Senti, McPuffo" annusò. "L'odore della cultura"
Tim alzò gli occhi al cielo, seduto sul divano. "Ma tu, tu..." continuò Tony, con tono drammatico. "Tu, McStolto, preferisci i videogames!"
"Giochi di Ruolo" avanzò l'altro ragazzo.
"E che differenza c'è?!" Tony fece una smorfia. "Ma, piuttosto, invita Abby al cinema e fattela su una poltrona logora" alzò le braccia al cielo.
Tim arrossì di botto: "Non penso che il mio rapporto con Abby sia affar tuo!"
"Hai ragione, McTimido. Però, sai... vorrei che lei fosse contenta" sorrise. "Se lo merita, e tu le piaci secondo me" ridacchiò.
"Dici?" si illuminò McGee.
"Dico, dico. A differenza tua, McStallone, io di ragazze ne capisco qualcosa" si sedette accanto a lui sul divano e gli parlò sottovoce, come se fosse un segreto di Stato: "Prima di tutto, evita discorsi dei tuoi. Parlale di qualcosa che le piace, accompagnala a fare shopping, portala al cinema, offrile la colazione... sii dolce, ma mai troppo, ad Abby non piacciono certe cose" annuì.
"Mi stai davvero aiutando a conquistare Abby?" esclamò stupito.
"Bè... non avevo ancora fatto la mia buona azione quotidiana" e gli diede una pacca sulla spalla. "Vedrai, ce la farai. Cerca di non vomitare"
"Ce la farò" esclamò Tim, in uno slancio di vittoria interiore.
"Si, però, non scaldarti, ok?!" lo frenò Tony. "Ci vuole pazienza con ragazze come Abby. Se vuoi che la storia duri, devi... andarci piano"
"Come stai facendo tu con Zee?"
Tony ammutolì e lo guardò sconvolto: "Io non sto facendo proprio niente" disse, ritrovata la parola.
"Oh, andiamo!" rise Tim. "Le corri dietro come un cagno..." si fermò, notando lo sguardo feroce di Tony. "Si, insomma... si vede che ti prende. Però non fai niente e... ma tu non stai con la Benoit?"
"D'accordo, fine del momento tra amici con un pene" si arrese Tony, adocchiando Ziva e Abby che li raggiungevano.
"Che facevate?" chiese curiosa Abby.
"Oh, niente" sventolò la mano Tony.
"Chiacchiere tra uomini" disse, invece, Tim, facendo la voce grossa. La sua amica rise e gli tirò una spallata: "Scemo!"
Il campanello interruppe quel momento di solidarietà maschile. "PIZZE!" urlò Tony, saltando su dal divano.
"Vado io" sospirò Ziva, divertita. Corse alla porta e aprì, trovandosi di fronte un fattorino di poco meno di vent'anni. Era sudamericano, magari messicano, e molto carino. La ragazza gli sorrise istintivamente e lui fece altrettanto.
"Accidenti" disse lui. "Se sapevo di te, mia cara, avrei messo un vestito migliore"
Ziva rise e prese le pizze dalle sue mani: "Quanto ti devo?"
"E' tutto pagato, l'abbiamo messo sul conto degli Sciuto" la informò il garzone, poi sorrise di nuovo: "Come ti chiami?"
"Ziva" lo fissò curiosa. "Perchè?"
"Io Ray. Ray Cruz" si tolse il cappellino della pizzeria e le porse una mano, che Ziva afferrò riluttante.
"Magari potremm..."
"Niente. Non farete proprio niente" commentò Tony a mezzabocca, spuntato dietro Ziva. Prese le pizze dalle mani della ragazza e fissò male Ray. "Abbiamo da fare e, se queste pizze sono già pagate, sarebbe carino se togliessi il disturbo, fuori si gela!"
Ziva guardò il suo compagno di scuola sorpresa, poi si voltò di nuovo verso Ray, che aspettava dicesse qualcosa.
"Ehm... lui ha ragione" indicò Tony. "Ci si vede" sussurrò al fattorino, che le fece l'occhiolino e se ne andò.
Intanto, Tony era rientrato velocemente dentro casa e aveva lasciato le pizze sul tavolo, provocando degli strani squittii negli altri due ragazzi.
"Certo che ci sei andato giù pesante" disse Ziva, guardandolo ingozzarsi con un pezzo di pizza.
"Mhfa lffui sthfava.."
"Ingoia, DiNozzo" gli consigliò la ragazza, schifata.
"Ehm" tossicchiò il ragazzo. "Dicevo, lui stava provando a circuirti!"
Abby e McGee cessarono di mangiare, per seguire l'alterco. "Circuirmi..." ridacchiò Ziva.
"Già! Faceva tutto il figo per entrare in casa e poi... poi avrebbe potuto farti qualsiasi cosa" borbottò.
"Bè, da uno del genere mica mi dispiacerebbe..." ridacchiò Ziva. Tony sgranò gli occhi e gli altri due spalancarono la bocca.
"Che c'è?" la ragazza alzò le spalle. "Ce li ho gli occhi, sapete?!"
"Ah, si?!" Tony la guardò male e subito le fu a pochi centimetri di distanza. "Con lui fai la carina, mentre con me..." lasciò la frase in sospeso. Inclinò la testa per fissarla meglio, peccato che Ziva non si lasciasse intimorire dai suoi occhioni verdi.
"Ma lui era bello, Tony" scherzò, picchiettandogli sul petto. "Un bel pezzo di ragazzone messicano"
"Mi stai indirettamente dicendo che non ti piaccio?" Tony si avvicinò maggiormente.
Intanto, Abby seguiva appassionata la vicenda, con accanto McGee che tentava di mangiare un pezzo di pizza, puntualmente toltogli di mano dalla sua amica. "Abbyyy" si lamentò. "Shhhh" fece lei.
"Lo stai dicendo tu" annuì Ziva.
"Mh. Mettiamo alla prova l'autocontrollo, David, che dici?" sorrise malefico e, prima che la ragazza potesse fare qualunque cosa, l'afferrò per la vita e se la caricò su una spalla. "Adesso vieni con me" rise.
"Tony, mettimi subito giù!" gli ordinò la ragazza, mentre vedeva la faccia di Abby allontanarsi sempre di più.
Sbaglio, o Abby mi ha fatto l'occhiolino?! pensò spaventata.
"Se ti metto giù cadi e ti fai male"
"Ti ho già detto che per me non è un problema!"
"E io ti ho già detto che per me lo è!"
Mai lasciarsi sorprendere dal nemico nella sua testa rimbombò la voce di Eli David.
Oooh... Vaffanculo papà!
Improvvisamente si sentì precipitare e, per lo spavento, afferrò saldamente la camicia di Tony, che cadde rovinosamente con lei sul divano.
Le era finito proprio sopra. E rideva, lui! Se la rideva tranquillo, mentre Ziva quasi restava schiacciata.
"Allora, Zee. Hai ancora il coraggio di dirmi che non ti piaccio fisicamente?"
"Preferisco i tipi loschi come Ray Cruz" scherzò Ziva.
"Sicuuuura?" Tony cominciò a farle il solletico. Le risate genuine di Ziva riempirono l'intera casa.
"Allora, David?" la prese in giro il ragazzo.
"Ok, ok!" la ragazza prese fiato. "Diciamo che non sei malaccio"
"Risposta... errata!" le soffiò sulle labbra, riprendendo a farle il solletico. Ziva riprese a ridere, finchè non chiese pietà.
Mai chiedere pietà al nemico.
Tony non è mio nemico, papà. E' semplicemente Tony.
Ziva divenne stranamente seria, occhi negli occhi con Tony. Il ragazzo, da parte sua, se ne accorse e pensò subito di aver fatto qualcosa di sbagliato. Ziva, invece, stava solo pensando; inconsciamente, era arrivata ad un punto fondamentale.
Tony non era uno da cui difendersi.
Di Tony voleva fidarsi e desiderava tantissimo riuscirci.
Forse, col tempo...
"Che c'è?" deglutì preoccupato il ragazzo.
La ragazza sorrise: "Niente. Va tutto bene"
Era a casa di una sua amica, a mangiare pizza e a giocare come qualsiasi adolescente. Andava proprio tutto bene.
E, in effetti, Ray non era proprio il suo tipo. "Ray non è il mio tipo" disse, dando voce ai suoi pensieri.
"Ne sono felice" ridacchiò Tony. "Tanto, tanto felice" sussurrò, ad un passo dalle sue labbra.
"Ragazzi, la pizza si fa fredda!" li chiamò Tim, beccandosi una nuova gomitata di Abby.
"Ti pare il momento adatto per chiamarli?!"

























Maia says:


Primo step per Ziva :) Ha capito che da Tony è inutile difendersi e... FORSE, COL TEMPO... :) Vi è piaciuto questo capitolo? Io mi sono divertita molto a scriverlo, soprattutto nel trovare tutti i nomignoli che Tony ha dato a McGee HAHAHAHA X'D Sono pessima, lo so!
A proposito di questi due, avete notato che li ho fatti avvicinare? :) Bè, spero di si, l'intento era quello x'D E Tim sembra molto più perspicace, perchè ha capito che Tony è stranamente proteso verso Ziva. Ve l'aspettavate che facessi spuntare Ray?! XD

Ditemi, ditemi :D

Baci,
Maia




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Capitolo 7
*** Take the lead? ***


7 capitolo HS
"Voglio lasciare Jeanne"
Negli spogliatoi della squadra dei Cannoni Chudley piombò il silenzio. Tony osservò la reazione dei compagni, che aveva facilmente previsto. Di certo, stavano pensando tutti che fosse pazzo, o peggio. Perchè nessun ragazzo con un pò di sale in zucca lascerebbe una ragazza come Jeanne Benoit, secondo loro. Perchè Jeanne aveva tutto: bellezza, soldi e popolarità. Jeanne aveva scelto Tony e nessuno si era stupito: era un bel ragazzo e capitano della squadra di basket; due di razza che stanno con due di razza, non c'era niente fuori posto.
Peccato che Tony non avesse proprio l'intenzione di andare con lei al Ballo, nè di fare di nuovo sesso con lei, nè...
"Tu sei pazzo" mormorò Vincent, mettendosi le mani nei capelli. "Lasciare la Benoit è... è... è...."
"Una cazzata" completò per lui Brian.
"Non devi farlo" disse qualcun'altro.
"Ma io non sono innamorato di lei" fece Tony ai suoi compagni. Al che, qualcuno rise, quasi prendendolo in giro. Tutti, probabilmente, avevano pensato la stessa cosa: con una come lei, l'amore non era esattamente una necessità. "Si, si, ridete!"
"Credo che il nostro Tony si sia fatto abbindolare dalla nuova arrivata, non è così?!"
"Non è vero!"
"Oh, certo, certo. Comunque non lasciarla prima del Ballo, se no la tua nomina di Re va a puttane e, minimo, ti buttano fuori dalla squadra" gli sussurrò all'orecchio Vincent.
"Che merda" piagnucolò Tony.




- Oh, God. I was so worried about you!

Abby to Ziva, 7x02

sdfsdfsdf

L'Amicizia è un bene prezioso. Lo sapeva perfino Ziva David, che di amici ne aveva avuti pochi, e nemmeno troppo fidati; le uniche persone che Ziva aveva considerato 'amiche' erano Ari e Tali: fratelli, certo. Non amici.
Poi c'era stata Nihal, Robert, Tamara, Rach'El, Avan... tutti coloro che, per un motivo o per un altro, l'avevano abbandonata al suo destino di agente del Mossad, con un padre poco presente e una situazione familiare quantomeno disastrosa. Dopo aver scoperto tutto questo, se ne erano andati. La scusa era sempre la stessa - tu rischi la vita sempre, io non voglio. Non potrei sopportare tutto questo. Ziva non gli aveva mai dato torto, d'altronde. Se avesse potuto scegliere, lei stessa avrebbe cambiato vita. 'Vita' non era nemmeno il termine esatto.
Ad ogni modo, per questo, e per tanti altri motivi di sicurezza, non aveva ancora confidato ai suoi nuovi amici - posso permettermi di chiamarli così? - della natura della sua vita. Sarebbero scappati e lei, anche se non voleva ammetterlo, non voleva che se ne andassero; eppure, vi era sempre quel desiderio impellente di confidarsi con qualcuno che non fosse la segreteria del cellulare di suo fratello.
"Potrebbe essere divertente! In fondo, è solo un concerto!"
"Io non conosco i Materia Celebrale, Abby. E dubito che possano piacermi" ridacchiò Ziva, seduta nel cortile della sua scuola con la sua nuova amica. Questa, dal canto suo, stava tentando di convincerla ad andare con lei ad un concerto strano -strano per Ziva.
"Dai, Zeeeeee!" la pregò con le mani giunte. "Per favooooooore! Sei l'unica amica che ho!"
Ziva alzò un sopracciglio, scettica. "Non è vero, Abby! Hai un sacco di amici"
"Lascia che ti spieghi" le prese una mano, come se stesse parlando con una bambina. "Quelli sono conoscenti! Gli amici sono altri" le sorrise.
Ziva sentì gli occhi pungerle. Amica. Lei era un'amica. Abby non poteva immaginare quanto quella cosa la sconvolgesse.
"Se ti dico di si" disse l'altra, schiarendosi la voce. "Tu mi prometti che non cerchi di trascin..."
"Tutto quello che vuoi!" esultò Abby, dando un morso al suo panino. Continuarono a mangiare tranquille, finchè Ziva non decise che quello era il momento adatto per parlare cuore a cuore con Abby. Nel caso anche lei fosse scappata... bè... tanto meglio, pensò, perlomeno so che sarebbe al sicuro. Lontana da me. E di nuovo quel familiare magone allo stomaco si aprì, lasciandola senza fiato.
"Abby, senti. C'è una cosa che ti vorrei raccontare" sussurrò, guardandola. "Però devi promettermi che non lo racconterai a nessuno"
"Giuro!" la ragazza posò il suo panino.
"Ascolta, io... me ne sono andata dall'Israele perchè... perchè mio padre è un agente del Mossad, i servizi segreti" raccontò, gli occhi piantati sul panino abbandonato nel prato. "Per ora, il Mossad è senza direttore e vogliono che sia mio padre a ricoprire questo ruolo, e, proprio per questo, ci siamo dovuti trasferire, perchè i tentativi di ucciderci si sono moltiplicati... mio padre vuole che diventi anche io un'agente e mi alleno tutti i giorni, per questo non posso uscire. Voleva che non lo raccontassi a nessuno ma... mi sembrava giusto che tu lo sapessi, visto che siamo sempre insieme, e potrebbe essere pericoloso. Sono nel mirino e... insomma, se vorrai allontanarti da me, è ok. Anzi, te lo consiglio."
"Stai scherzando vero?" la voce di Abby vibrò, gli occhi spalancati. "E' la cosa più figa in assoluto che abbia mai sentito!"
Ziva spalancò la bocca. "Eh?!"
"Credi che ti lascerò in balia del tuo destino da povera martire israeliana? Assolutamente no! Anche perchè questa cosa mi eccita in modo indecente! Servizi segreti... Mossad... " sussurrò, allegra. "Sembra di essere catapultati in Intrigo Internazionale!"
"Ok, frena, Abby" sospirò l'altra. "Questo non è un film, è davvero pericoloso"
"Lo è anche per te!" replicò Abby.
"Si, ma io sono allenata per fare queste cose, tu no!"
"Vuol dire che mi proteggerai dalle pallottole. E io ti proteggerò da tutto il resto. Non è questa l'amicizia, in fondo?"
Ziva sorrise. Credo proprio di si.

"Ciao!"
"Salve"
Shannon Stevens sorrise a Ziva. Notò la fronte distesa, le guance piene di colore e gli occhi lucidi.
Qualcuno qui ha compiuto un miracolo. "Ziva, che dici se oggi rimandiamo la seduta?"
"Ok. Ci vediamo domani?" chiese la ragazza.
"Certo!" e se ne andò lungo il corridoio, seguita attentamente dallo sguardo della sua psicologa, che sorrideva.
"Hai fatto un bel lavoro" le soffiò qualcuno sul collo. Shannon sobbalzò. "Jethro!" sembrò quasi rimproverarlo dal tono della voce.
"Scusa, non ti volevo spaventare!" sorrise sardonico, poi accennò verso Ziva. "Lei sta bene"
"Si, ma non credo sia merito mio" Shannon alzò le spalle, accettando la sconfitta.
"Forse. O forse si. Le hai dato qualcuno con cui parlare. Per una come lei, è una buona cosa"
"Già" Shannon si morse il labbro inferiore. "Senti... volevo... farti una proposta"
"Dimmi"
"L'altra volta ho preso qualche giorno di ferie perchè stavo ristrutturando la casa dei miei. Dopo la loro morte, nessuno ci ha messo piede, pensavo di farlo io. Così l'ho rimessa a posto e vorrei fare una festicciola a casa mia, sai per l'inaugurazione ... ho già invitato tutto il corpo docente..."
"Mi stai invitando?" sorrise Jethro.
"In teoria" ridacchiò Shannon. "E' così dannatamente difficile parlare con te!" sbuffò. "Allora, verrai?"
"Certo che verrò, Doc" fece un mezzo inchino. "Non potrei mai perdermela"

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L'approccio con le ragazze non era mai stato il suo forte, però quella volta era diverso. Molto diverso, per giunta.
Timothy McGee con Abby rischiava di mandare tutto a puttane se sbagliava solo una piccola cosa.
Doveva riuscire ad invitarla al Ballo e, il momento migliore, era sicuramente in mensa. Al tavolo sedevano solo lui, lei e Ziva, la quale aveva promesso di sparire per cinque minuti, solo per permettergli di invitarla. Il problema era che, se qualcosa fosse andata storta, poteva scordarsi di avere la sua amicizia. Ma desiderava così tanto invitarla! Non mancava che qualche mese al lieto evento, doveva sbrigarsi prima di essere battuto sul tempo. Eppure se la stava facendo addosso.
"D'accordo, McDonGiovanni" Tony lo afferrò per le spalle e gli diede uno scossone.
Tim deglutì e lo guardò spaventato. Erano da soli, nel corridoio della mensa, e Tony si era ufficialmente auto-proclamato suo coach. Era stato tutta la settimana appiccicato a lui come un francobollo su una lettera, aveva inglobato nel suo piano anche Ziva, che era quasi più eccitata di lui e Tony messi insieme - in fondo, era la prima volta che partecipava a complotti così innocenti.
"Ce la puoi fare" altro scossone, cercando di avere una qualunque reazione. "E' solo Abby"
"Solo Abby" ripetè McGee, pallido come un cencio. Prima che potesse dire altro, il cellulare di Tony prese a vibrare nella tasca interna dei suoi jeans. Lo prese e guardò compiaciuto il mittente di quello squillo.
"E' Zee, sta uscendo dalla mensa con la scusa del bagno. E' il tuo momento... Tim. Dai!" gli sorrise e lo spinse verso la porta, che si era appena aperta per lasciar uscire una ghignante Ziva David. Si scambiò un cinque con Tim, prima di togliersi dalla soglia della porta e lasciarlo passare. Lo videro, attraverso i vetri, barcollare fino al tavolo di Abby e sedersi.
"Non ce la farà mai" piagnucolò Tony. "Dovevi darci più tempo, Zee, non l'ho preparato a dovere!"
"Quanto altro tempo volevi, Tony?!" rise la ragazza. "E poi ti ho detto che quel nano bastardo che sta con noi nella classe di Francese stava per invitarla. Scommetto che avrebbe detto si, lo sai che odia per dispiacere le persone!"
"E se lei gli dice di no?" si voltò verso Ziva spaventato. Per quanto lo trovasse ambiguo, si era affezionato al McNerd. Probabilmente era l'unica persona, eccetto Ziva, che gli diceva tutto quello che pensava, a costo di farsi infilare in un armadietto. Gli provocava uno strano senso di protezione, come ad un fratello minore. Era ben attento a non farlo capire a nessuno, però.
"Lei dirà di si, non aspetta altro!" sorrise Ziva, una nota vibrante nella voce, mentre, ancora sulle punte, osservava la scena.
Tony si voltò stupito verso di lei: "Ti stai commuovendo?"
"No!"
"Si, invece, come quelle sfigate ai matrimoni" la prese in giro.
"Ti dico di no, Tony!"
"E invece si!"
Ziva gli pestò un piede. "Ahia!"
"Così impari... oh, guardali!" gli afferrò il braccio, per spronarlo a guardare. "Vorrei tanto vederli al Ballo..." rise.
"Perchè? Non vieni?" annaspò spaventato Tony.
"Ma ti pare? Certo che no. A parte che nessuno mi inviterebbe, ma non sono tipa che fa queste cose. Tranquillo, voterò lo stesso per te!" alzò gli occhi al cielo, accennando alla sua candidatura per il Re.
"Oh. Veramente non sarò eletto. Credo."
"Come mai?"
"Io ho... mh... intenzione di lasciare Jeanne" si grattò la testa, imbarazzato. La notizia interessò molto Ziva, che si voltò verso di lui sorpresa.
"Scherzi?"
"No!"
"Ma bravo, DiNozzo, stiamo facendo passi avanti" e sorrise.

"Tim..."
"Si?"
"Smettila di tremare come una foglia" Abby gli prese una mano. "Sei gelido! Sicuro di stare bene?" gli domandò preoccupata.
McGee impallidì maggiormente, guardando la sua mano coperta da quella della ragazza.
"Ecco, io... volevo... si, volevo..."
"Volevi?"
"Invitartialballodiprimaveranaturalmentecomemiadamigella" disse, in un sol fiato. Dapprima, Abby divenne leggermente rossa sulle guance.
"Credo... credo di non aver capito bene. Tim... me lo richiedi con calma?"
"Ok. Certo" si disse che era semplice, che con Tony l'aveva provato un sacco di volte. "Vuoooi..."
"McGee, ti va se andiamo insieme al Ballo?"
"Oh"
"Già. Visto che non riuscivi a dirmelo correttamente, l'ho fatto io" sorrise Abby, tirandogli un buffetto sulla testa.
"Scusa" fece una smorfia. "Mi sono allenato tutta la settimana per dirtelo"
"Oh, accidenti, Tim! Ti faccio così paura?" si portò una mano al cuore, spaventata.
"Ma noo..." McGee rise, riprendendo la mano tra le sue. "Comunque, ci vengo volentieri al ballo con te!"

"Perchè non ci andiamo insieme al Ballo?" propose Tony, guardandola.
"Insieme?" Ziva divenne di mille colori.
"Eh. Io, tu, McGee, Abby... sarebbe carino" propose. "Di solito qui in America ci si organizza prima in coppia e poi si fanno i gruppi per ordinare una limousine e divertirsi nel post-festa" spiegò. "Dai, così vieni anche tu!"
"Non ne ho la minima intenzione. Prima di tutto non ho un cavaliere..."
"Bè, io lascerò Jeanne, quindi..."
"Quando hai intenzione di farlo?"
"Non lo so" sbuffò, poggiandosi al muro. "Non mi va più di averla intorno, capisci? Io voglio... di più" mormorò.
"Di più?" Ziva alzò un sopracciglio. "Cos'è di più?"
"Bò! Suppongo che quando lo troverò lo saprò. Giusto?" le fece una carezza sulla testa.
"Ti sembro un cane!?" ringhiò la ragazza.
"In questo momento si!" rise. "Comunque... che dici della mia proposta per il ballo?"
"Non verrai preso in giro per noi? Sei sicuro?"
Tony soppesò la frase della ragazza. In effetti era una mossa decisamente azzardata, ma proprio non gli andava di andare di nuovo al Ballo insieme a Vince, Brian e le loro troiette di turno; Tony si voleva divertire, voleva essere sè stesso. E, paradossalmente, le uniche persone con cui poteva essere un clown d'alta classe erano quei tre. "Si, sono sicuro"
"E comunque non ho un cavaliere" Ziva alzò le spalle.
"Vuol dire che lascerò Jeanne per venire al Ballo con te" scherzò Tony.
"Idiota!"

Ray Cruz aveva vent'anni, frequentava la facoltà di Legge alla Washington University ed era un ragazzo decisamente risoluto. Sapeva di avere fascino e sapeva di aver colpito Ziva David, quella sera. Oltre ad essere risoluto, Ray Cruz era anche furbo.
Un bel giorno, si era ripromesso di andare a fare una visita ai suoi vecchi professori alla Woodrow, dove era abbastanza sicuro di trovare la ragazza. Arrivò, quindi, al liceo durante l'ora di pranzo, quando erano tutti in mensa. Entrò, col favore del bidello, e si avviò verso la classe del professor Mallard, adorato docente di Scienze: qualcosa, però, attirò la sua attenzione. Decisamente sono un ragazzo fortunato!
"Ziva!" chiamò. Due ragazzi sulle punte, che stavano guardando all'interno della sala mensa, si voltarono di scatto. Lei sembrava sull'attenti, e lui, dopo averlo riconosciuto, solo infastidito.
"Non ti ricordi?! Sono Ray... quello delle pizze" le sorrise, aprendo le braccia.
Gli occhi di Ziva si illuminarono di comprensione "Ooooooh" sorrise. "Ciao! Che ci fai qui?"
"Ero venuto a fare un saluto al professor Mallard" e speravo proprio di rivederti.
"Frequentavi la Woodrow?" domandò Tony.
"Si, un paio di anni fa" tornò a guardare Ziva. "Bè, cosa fate?"
"Niente di che"
"Ho visto che ci sono già le pubblicità per il Ballo. Perchè non ti sei proposta? Saresti stata perfetta come Regina" le fece l'occhiolino.
"Oh, ecco... non mi sembrava il caso" mormorò Ziva, un pò in imbarazzo. Tony, di fianco a lei, alzò gli occhi al cielo.
"Quanto mi mancano i Balli del liceo" sospirò. "Mi piacerebbe proprio... ehi, hai già un accompagnatore?"
Ziva divenne stranamente pallida e boccheggiò per qualche secondo: "No, perchè?"
"Perchè, ecco, pensavo di poter essere il tuo cavaliere, se ti va"
"Ma non lo conosci nemmeno!" disse Tony nell'orecchio della ragazza.
"Zitto tu" gli intimò, tornando a guardare Ray. "Ehm... senti, ci penso e ti faccio sapere"
"Ok... ti dò il mio numero" si fece consegnare il cellulare e lo salvò in rubrica. "E' stato un onore rivederti" le lasciò un bacio sulla guancia.
"A dopo"
"Non mi piace. Non mi piace per niente" mugugnò Tony, incrociando le braccia al petto. Per contro, Ziva sembrava stranamente soddisfatta: "Ehi, adesso potremmo andare al Ballo tutti insieme!"
Già, pensò Tony amareggiato, peccato che io avessi messo in conto di andarci in coppia con te, al Ballo. E adesso mi tocca sorbirmi Jeanne fino ad allora!
 



tryrtytryrtyrty






































Maia says:


Ma salveeeeeeeeeee :D Come ve la passate? eeeh, mi dispiace, ma Ray proprio non vuole sparire. E, guarda caso, ha trovato Ziva.
Spoiler: Qui cagna ci cova (come direbbe Ziva xD).
TENETELO D'OCCHIO!
Comunque ho postato già oggi perchè tipo vi vedevo tutte in ansia per l'aggiornamento e allora, mi sono detta, visto che ce l'avevo già pronto, perchè non fare contenti i miei lettori? ù.ù
Dite che mi sto ammorbidendo? :(
Paoletto: Si -.-'
Io: Sta zitto, per favore -.-' Che stamattina per colpa tua ho fatto 'na figuraccia...
Paoletto: sei tu che salti addosso a me neanche volessi violentarmi D:
Io: O______O NON E' VERO!
Paoletto: kjasdhasljgncuig. Certo, certo. Domani mattina non ti accolgo così calorosamente! -.-'
Io: -.-'''' Gesù!

(The End)

:D


Semper Fidelis, Lettori :D

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Capitolo 8
*** Precipitare ***


7 capitolo HS
"Vieni qui!" Tony DiNozzo afferrò per un braccio Timothy McGee, trascinandolo nel bagno dei ragazzi.
"Che... che... Tony!" Tim regolò il battito cardiaco e si calmò. "Mi hai spaventato! Cosa c'è?"
Tony incrociò le braccia al petto, scuro in volto. "Tu che sei un geio del Pc... secondo te, come fa qualcuno a trovare qualcun'altro?"
"Che domanda è?" replicò, poi, allo sguardo infastidito dell'altro, provò a rispondere. "Bè, ci sono i social network... facebook, twitter..."
"E se una persona non è nè su facebook, nè su Twitter e non si sa da dove cominciare a cercarla?"
"Bè... ci sarebbero i registri dell'anagrafe, quelli della motorizzazione... del comune..." McGee lo guardò sospettoso. "Tony...?"
"Ray Cruz" mormorò. "Più ci penso e più mi chiedo come diavolo abbia fatto a trovare casualmente Ziva e, ancora casualmente l'abbia invitata al Ballo. Tu non lo trovi strano? Ammesso che l'abbia fatto di proposito, per trovarla avrebbe dovuto usare dei metodi fuori legge..."
"Ascolta, secondo me ti stai mandando in pappa il cervello per niente. Ha solo una cotta per Ziva" allargò le braccia.
"Non mi quadra. Per niente. Senti, puoi aiutarmi a capire chi è? Un pò di ricerche, niente di che, ma io sono una frana col computer"
"Perchè non lo chiedi ad Abby?"
"Lo direbbe direttamente a Ziva e non voglio litigarci di nuovo. Di te mi fido"
Tim sorrise: "Va bene. Scaviamo nella vita di questo Cruz. Ma se mi sospendono, tu vieni giù con me" tremò spaventato.
"Sempre, McGoogle!" ridacchiò Tony, dandogli una pacca sulla spalla.


-Tobias? Nice slippers.

Gibbs, 7x15



fdsfsdfsd



Leroy Jethro Gibbs non aveva avuto molti amici, nella sua vita. O meglio, ne aveva, ma si fidava solo di pochi. Inoltre, a causa del suo brutto caratteraccio, riusciva ad allontanare anche coloro che volevano solo provare ad essergli amici.
In tutto questo, Tobias Fornell non se ne era mai andato. Era il sentimento più vicino a quello per un migliore amico che Gibbs avesse mai avuto, fin dai tempi dei liceo. Erano un pò cresciuti insieme, anche al college: stessa confraternita, stessa stanza, stessa compagnia di amici.
Poi Gibbs aveva deciso di dedicare la sua vita all'insegnamento e Tobias, dopo essere diventato un avvocato, si era sposato con la ragazza che il suo amico Jethro aveva avuto al college; ma nemmeno questo era riuscito ad allontanarli, anzi, Jethro lo biasimava per essersi preso una donna così bisbetica come la sua ex. Ad ogni modo, i contatti si erano diradati, finchè Tobias non aveva divorziato; da quel momento, non era difficile beccarlo a casa Gibbs a bere una birra, oppure presentarsi sulla soglia della porta con una pizza fredda.
"Ehilà" biascicò quella sera Jethro, aprendo la porta. Tobias Fornell entrò di corsa in casa, con due menù fumanti presi dal cinese.
"Indovina cosa ha fatto oggi!" lanciò il cibo sul tavolo e digrignò i denti. "Io la ammazzo!"
"Suppongo che tu stia parlando della nostra adorata Diane" Gibbs sorrise e andò a prendere in cucina due birre fredde.
"E chi, sennò?! Quella donna è posseduta, te lo dico io. Potevi dirmelo!" si lamentò.
"Te l'ho detto, anche il giorno del vostro matrimonio" senza farsi vedere, col viso premuto nel frigorifero, Gibbs alzò gli occhi al cielo.
"Si, si. Evidentemente non sei stato convincente. Comunque mi ha dato Emily" sospirò, aprendo la sua cena a base di sushi.
"Già. Quella bambina è un amore, non ti puoi proprio lamentare" ammise l'altro. "Avrà preso da te"
"Per forza. Guarda sua madre!" borbottò. "Allora, come a va a scuola? Con la ragazzina-spia?"
"Tutto bene - e si chiama Ziva, Tobias. Credo si sia ambient... perchè non hai preso il pollo all'arancia?" lo rimproverò.
"Troppo tempo per la cottura, tesoro" scherzò l'altro. "E la sexy dottoressa?" sbirciò la sua reazione.
"Shannon? Mh. Al solito. Parla tanto. E... mi ha invitato alla sua festa per l'inaugurazione della casa nuova"
"Bello!" fece Tobias, mentre mangiava.
"Posso portare qualcuno... se vuoi puoi venire! Magari te la presento" alzò le spalle.
"E alimentare le voci sulla nostra presunta omosessualità? No grazie!"
Gibbs scoppiò a ridere: "Esagerato! E' successo solo una volta... al college...!"
"Una volta mi è bastata!"

Ziva David non aveva mai disobbedito a suo padre. In effetti, non c'era neanche mai stata occasione, quando viveva in Israele. Eppure, quella volta, la ragazza si ritrovò nella pessima situazione di mentire ad Eli David e scassinare il suo ufficio.
L'agente non voleva che sua figlia entrasse nei suoi affari, nè tantomeno che mettesse le mani in documenti riservati. Un dubbio, però, si era impossessato di Ziva che, oramai, non pensava ad altro: Ray Cruz. Non era tanto convinta del fatto che, casualmente, l'avesse rincontrata. Nè credeva che lui avesse frequentato la Woodrow, visto che Tony non l'aveva nemmeno minimamente riconosciuto - e il liceo non era molto grande. Aveva la cattiva sensazione di essersi persa qualcosa, perciò decise di sbirciare nel database del Mossad, per identificarlo.
Riuscì ad entrare nell'ufficio di Eli David, proprio di fianco camera sua, con una forcina. Non dovevi proprio insegnarmi tutto, papà.
Si chiuse la porta alle spalle, prendendo un respiro profondo. Non perse tempo neanche a guardarsi in giro, ma andò dritta dritta verso il pc sulla scrivania, in bella vista. Aspettò che si accendesse, per poi collegarsi ad internet e al sito del Mossad. Era stata fortunata perchè, da quando si erano trasferiti, suo padre aveva abbassato la guardia. In un altro luogo, probabilmente, il computer sarebbe stato dieci volte più protetto da mille password o peggio...
Cazzo, serve la password! sbiancò, una volta provato ad accedere col nominativo di Eli David.
Ci pensò per qualche minuto, poi digitò: 2204praga. Sorrise vittoriosa, quando le fu concesso di entrare nel database.
Il 22 Aprile del 1990, a Praga, suo padre aveva portato a termine la sua prima missione importante - non faceva che raccontarlo.
In pochi lo sapevano, visto che era strettamente confidenziale, ma lui aveva fatto il tremendo errore di parlarne con i suoi figli.
Hai un ego grande quando tutta l'area degli Stati Uniti pensò infastidita Ziva.
Per prima cosa, digitò Ray Cruz. Aspettò qualche minuto, ma non ebbe alcun risultato. Poi si impegnò a cercare con i suoi tratti somatici: ebbe alcuni risultati, ma nessuno somigliava a Ray. Si accasciò sulla sedia.
Che fosse troppo prevenuta? Forse Ray voleva solo uscire lei. Non ci sarebbe stato nulla di male.
Prese il cellulare e gli inviò un messaggio: Affare fatto per il Ballo!
Si chiese se aveva fatto la scelta giusta. Tony mi ha detto di non fidarmi. Si morse il labbro inferiore. Oramai il danno era fatto e non voleva parlarne con suo padre, che sicuramente l'avrebbe obbligata a trasferirsi. Di nuovo. E lei non voleva, non dopo aver trovato degli amici.
"Me la caverò da sola. Come sempre" sussurrò tra sè e sè. Fece per andare via ma, visto che si trovava, digitò nel database Ari Aswari.
Agente Ari Aswari - attualmente impiegato nella missione 0223 sotto copertura.
Agente Ari Aswari - perse le tracce dal giorno 06/08/2011. Si richiedono rinforzi.
Ziva spalancò gli occhi e si portò le mani alla bocca: perse le tracce. Suo fratello era sparito.
Velocemente segnò il numero della missione, confidando di trovare qualche informazione in più.
Col cuore infranto, chiuse di nuovo la porta dell'ufficio di Eli David.



- I don't think I can take anymore

Ziva, 8x23


zee


Che Ziva fosse cambiata, in quei mesi, era stato palese a tutti: sorrideva di più, parlava di più e scherzava. Era un'altra Ziva, quella che, probabilmente, sarebbe stata senza la sua dolorosa storia alle spalle. Perciò, non fu difficile per i suoi amici capire che, quel giorno, c'era qualcosa che non andava.
Abby lo capì dal viso tirato e dalle brutte risposte che le erano state inferte dopo neanche tre minuti di conversazione.
McGee lo capì dal mutismo forzato a mensa, un mutismo che con lui non aveva mai adottato. Poi, aveva le occhiaie.
Tony lo capì, invece, dal suono dei suoi singhiozzi nel bagno delle ragazze, dopo averla seguita con lo sguardo preoccupato per tutto il giorno. Con un pò di coraggio e, dopo aver controllato che nessuna ragazza era in procinto di entrare, finì spedito nel bagno delle ragazze.
"Zee" sussurrò. I singhiozzi cessarono. "Lo so che sei qui. Esci, dai" continuò.
"Tony va via" la vocina proveniva da una delle porte dei bagni. Dal tono vocale, sembrava che non avesse mai pianto. Quante volte doveva averlo fatto? Quante volte Ziva David era stata costretta a nascondersi, a soffocare i suoi sentimenti? Tony ignorava la sua storia, ma aveva capito che, nonostante tutto, era una reclusa di sè stessa. "Non andrò via, Zee" posò una mano sulla porta del bagno.
"Cos'hai?"
"Ciclo. Credimi, non vuoi vederlo"
"Non mi mentire"
"Non ti sto mentendo"
"Non so con chi hai avuto a che fare finora, ma io capisco lontano un miglio quando mi dici cazzate" sorrise. Sentì degli strani rumori provenire dal bagno e, finalmente, la porta si aprì. Ne uscì una Ziva con lo sguardo tirato, le guance un pò rosse, ma sembrava stesse bene. Andò al lavabo e si sciacquò il viso. "Non hai lezione, adesso?"
"Anche tu" i loro sguardi si incrociarono nello specchio.
"Ascolta Tony... non puoi entrare nel bagno delle ragazze per..."
"Te. Sono entrato per te. Si vede lontano un miglio che stai male. Abby si è dispiaciuta per come l'hai trattata"
Ziva rise, una risata senza allegria, orribilmente amara: "Già, povera Abby. Sono questi i motivi per piangere, mica altri"
"Smettila" la fece voltare verso di sè e la guardò arrabbiato: "Credevo di aver salutato la Ziva stronza tanto tempo fa. Ci ho messo un sacco di tempo per far uscire la vera te, per farti sorridere e per guadagnarmi un pò di fiducia, così come gli altri. Non so cosa ti è successo, ma non puoi prendertela con chi vuole solo starti vicino! E' sbagliato!" le urlò contro.
"Tu non hai il diritto di dirmi queste cose, visto che sei il primo a sbagliare di continuo" si liberò dalla sua stretta. 
"Questa è la vera me! Recitavo, recitavo e recitavo! Non voglio venire a nessun ballo, non voglio essere vostra amica, non voglio..."
Qualcuno entrò nel bagno delle ragazze. Piangeva. "Ah, allora stai mentendo?"
Abby. Ziva ebbe un tuffo al cuore. "Non ero tua amica" singhiozzò. "Tutto quello che mi hai confessato... era una bugia"
"No, non... statemi a sentire" urlò ancora di più. "Io non posso e non voglio avervi intorno, va bene? Tanto... devo andare via, devo fare cose.." cominciò ad annaspare. Doveva allontanarsi, doveva cercare Ari, sapere qualcosa di lui. Non poteva sopportare anche la sua morte, Ari era l'unica persona che le rimaneva. Era la sua famiglia. L'unica possibilità per lei era indagare, fiondarsi nella vita di sempre, buttarsi a capofitto in quella vita da cui aveva sempre voluto fuggire. Per Ari, solo per Ari. Tony, Abby, Tim... loro non capivano quanto si sentisse in trappola e inutile, in quel momento. "Lasciatemi in pace!" scappò via dal bagno.
Tony si guardò spaesato allo specchio: sembrava più pallido e distrutto.
"Credo di sapere cos'ha" Abby si asciugò le lacrime. "O meglio, posso immaginare..."
"Cosa?"
"C'è una storia che ti devo raccontare"

"Ecco qua" Leni, cinquant'anni, era con la famiglia David da quando era nata Ziva, come domestica. Nonostante andasse molto indietro con la memoria, Ziva la ricordava sempre, perchè Leni c'era sempre stata. Per essere solo una cameriera, godeva della fiducia incondizionata di Eli David e aveva visto morire sua madre, cresciuto lei e Tali. Leni era quasi una di famiglia, anche se parlava pochissimo e, per tutti questi motivi, Ziva aveva sempre sospettato che Leni non fosse una semplice domestica: sapeva troppe cose.
Per questo, Ziva aveva chiesto il suo aiuto. "Ecco qua" ripetè all'adolescente, passandole un fascicolo.
"Leni... come l'hai avuto?" sussurrò Ziva alla sua tata.
"Non fare domande, Ziva. Questo è quello che volevi, te l'ho procurato" le accarezzò una guancia. "Cerca di riportare Ari a casa"

Il fascicolo che aveva ricevuto da Leni era ben nascosto nel suo zaino. Si trattava della famosa operazione in cui Ari era stato coinvolto e che sua sorella aveva tutte le intenzioni di studiare per bene. Non doveva pensare a nessuna Abby, a nessun McGee... a nessun Tony.
Si sedette su una panchina del parco, dopo essere uscita silenziosamente di casa. Lesse, Ziva.Fino all'ultima parola.
E, quando finì, seppe che suo fratello non sarebbe facilmente tornato vivo a casa.
Infiltrato in una cellula di Hamas. Ziva non aveva un piano, anche perchè era minorenne e la sua casa era sorvegliata da ben quattro agenti del Mossad. Non poteva scappare, non poteva telefonare ad Ari, non poteva fare assolutamente nulla.
Di nuovo. Proprio come quando è morta Tali. Il groppo in gola si accentuò, provocandole dolorosi singulti.
 "Ziva!" la chiamò una voce maschile. La ragazza nascose velocemente il fascicolo nel suo zaino e si voltò verso Ray Cruz.
"Ray... ciao" mormorò.
"Che ci fai qui tutta sola...? Ehi... ma piangevi?" le prese il mento tra due dita.
"Nah, sto bene. Sono solo stanca"
"Se vuoi ti accompagno a casa. Ho l'auto"
"No, grazie. Cammino un pò... " Ziva si alzò e fece per prendere lo zaino.
"Aspetta..." Ray la aiutò a metterlo sulle spalle. "Allora, ci vediamo al Ballo?" le sorrise.
"Non credo, sai. Ho cambiato idea, scusa" si morse il labbro inferiore.
"Tranquilla" alzò le spalle. "Se però ti viene di nuovo voglia di gettarti in pista... fammi uno squillo"
"Certamente! Ciao" Ray ricambiò il saluto con la mano.
In un altro momento, Ziva si sarebbe chiesta perchè Ray Cruz spuntava sempre nei momenti di maggior rilievo.
In un altro momento, Ziva si sarebbe accorta di Ray Cruz che metteva le mani nel suo zaino e le sfilava il fascicolo.

"Oh. Mio. Dio" Tony si accasciò sul divano di casa Sciuto, incredulo e orribilmente pallido. "Dimmi che stai scherzando"
"Ti pare che stia scherzando?" Abby scosse la testa e mosse anche i codini. "Ziva è una spia. Suo padre è il Direttore del Mossad. Qualcuno la vuole morta. Lo so, sembra la trama di Intrigo Internazionale o roba simile, ma è vero. Me l'ha detto lei"
"Cazzo" Tony si prese la testa tra le mani. "Capisco tante cose, adesso. Povera Zee... secondo te perchè piangeva?"
"Non lo so" sospirò la ragazza. Stettero in silenzio qualche minuto, finchè il cellulare di Tony non cominciò a suonare all'impazzata.
"Che palle!" sbuffò e lo prese tra le mani. "Timothy?!" spalancò gli occhi stupito.
"Il mio Tim?" sussurrò Abby, sedendosi accanto a lui per sbirciare il display del cellulare.
"Già" Tony rispose: "Ehi, McDisturbatore! Sono a casa della tua futura ragazza. Dimmi tutto!"
"No, aspetta! Sei da Abby? Che ci fai lì?!"
"Frena i pensieri, McGelosia. Mi ha raccontato la storia di Ziva, se ho tempo te la..."
"Ok, ok! Senti una cosa, ho fatto un pò di ricerche su Ray Cruz, come mi avevi chiesto!"
"E allora?" Tony assottigliò gli occhi, attirando anche l'attenzione della gotica, che lo costrinse a mettere il vivavoce.
"Bè, è strano, sai?! Ho cercato dappertutto, partendo dai registri della Woodrow... non chiedermi come!, in ogni caso non c'è nessun alunno che risponda al nome di Ray Cruz. Ho chiamato alla pizzeria dove lavora e... bè, se lavora lì ha dato un nome falso. Poi, visto che ha vent'anni, ho presupposto che avesse la patente, così ho cercato alla motorizzazione: c'è un solo Raymond Cruz, ma ha 70 anni!"
"Tim, vieni subito a casa mia!" gli ordinò Abby. "Qui serve una riunione speciale!"




fsdfsdfsd





















Maia's Moment:

Se vi siete persi, ricapitolo u.u
Ray pare un imbroglione, Ziva ha una tata che NON E' UNA TATA (tenetela d'occhio), Ari è infiltrato da qualche parte e Tony, Abby e McGee si stanno impicciando di fatti che li faranno mettere sicuramente nei casini u.u
Chiaro? XD
L'avevo detto a qualcuna di voi che, in questo capitolo, le cose sarebbero cambiate in peggio. Per chi non avesse capito la reazione di Ziva, ho voluto attenermi al suo personaggio della terza stagione, ovvero la super donna che non si fa aiutare da anima viva (sarà ancora così?).
Bo u.u hahaha
Il prossimo capitolo non l'ho ancora scritto perchè in fondo so che sarà uno di quelli che mi farà sudare freddo.
Gesù.
XD



A prestissimo,
Maia.



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Capitolo 9
*** Paris ***


7 capitolo HS
- She seems to be fitting in well
Gibbs, 3x04


sdadas

Le avevano sempre insegnato a mantenere il controllo. Era così che Ziva David sopravviveva alla sua stessa vita, mantenendo semplicemente il controllo. L' America, però, l'aveva decisamente rammollita e, nella sua stanza, non potè non andare fuori di testa quando vide che il fascicolo di Ari era sparito. Sparito nel nulla. Cercò dappertutto, perfino nelle sue tasche (dove era ovvio che un fascicolo non poteva stare).
Non c'era.
Cadde a peso morto sul suo letto e si guardò in giro. Non è possibile che stia succedendo a me. Non è umanamente possibile.
Poi, il fuoco che Ziva aveva sempre avuto cominciò ad ardere: non era un luogo comune quello di dire vedo tutto rosso. Ziva non era arrabbiata, di più. Un solo nome era marchiato a fuoco nella sua testa e l'avrebbe trovato per riprendersi il suo fascicolo e salvare (chissà come) suo fratello.





- I love you, McGee

Tony, 5x05

xczxczxczxczx


"Ci stiamo mettendo nei casini" sussurrò Timothy McGee nel garage di Abby Sciuto. Sia la padrona di casa, sia Tony lo guardarono male:
"E' la centesima volta che lo dici, McCuorDiLeone. Ma non lascerò Ziva nel bel mezzo di un intrigo mondiale, ok?!" ringhiò il ragazzo.
"Ehi, non sto dicendo che non voglio aiutarla" Tim alzò le mani. "Sto solo dicendo che finirà malaccio"
"Però ne varrà la pena..." mormorò Abby, prendendogli la mano. "Per Zee"
"Per Zee" sospirò McGee e le sorrise.
"D'accordo, smettetela, mi fate venire il voltastomaco!" sbuffò Tony. "Allora, ricapitoliamo il piano..."
"Voi due andate a cercare Ray Cruz" Abby incrociò le braccia. "dove presupponiamo debba trovarsi. Credo. Comunque, mentre voi due giocate a Sherlock e Watson, io provo a casa di Ziva. Sarò sempre rintracciabile" mostrò il cellulare.
I due ragazzi annuirono. "Non fate niente che io non farei" li minacciò Abby, lanciandogli le chiavi della macchina di suo fratello.
"Te lo riporto intero, tranquilla" le fece l'occhiolino Tony e salì in auto.
"Oh, Timmy" Abby lo abbracciò. "Davvero, state attenti"
"Non mi farò ferire, tranquilla. Devo portarti al Ballo, no?!" Abby gli sorrise felice e lo fece entrare in auto.
Tony ingranò la marcia e uscirono dal garage, avviandosi prima verso la pizzeria dove doveva lavorare e poi verso un'altra lista di posti che Abby aveva accuratamente stilato dopo le sue ricerche con McGee quel pomeriggio.
"Sei nervoso?" gli sussurrò McGee. Tony non rispose, semplicemente continuò a guidare.
"D'accordo. Comunque lo so che lo sei. Insomma, è normale. Probabilmente quel Ray Cruz è una spia, un agente sotto copertura, un killer professionista, e noi molto coraggiosamente dobbiamo trovarlo. Ancora non ho capito perchè, ma suppongo che c'entri con Ziva. Gli facciamo qualche domanda? E si ci spara? Sempre per Ziva, no? Cioè, troviamo lui, troviamo lei. Sei nervoso per questo, è ovvio. Ziva è... la tua Abby. Anche io farei di tutto se le accadesse qualcosa, non devi sentirti ridicolo, affatto. Volevo solo dirti che mi piacerebbe che tu..."
"McGee"
"Si?"
"Sta zitto"
"Ok"
"Comunque... grazie"
Tim si voltò verso il finestrino e sorrise.

Abby Sciuto, intanto, era arrivata a casa di Ziva David col suo scooter rosso fiammante. Lo parcheggiò poco lontano e si avviò verso la porta d'ingresso. Era una grande villa molto bella, ci era stata solo una volta, però la ricordava imponente e fredda.
"Chi è?" gracchiò una voce femminile dall'interfono.
"Abby, l'amica di Ziva"
"Non c'è, mi dispiace" fece la stessa voce. Abby alzò un sopracciglio.
"Ah. E dove posso trovarla?"
Dall'interfono non provenì alcun rumore per qualche minuto. Quando stava per andare via, Abby sentì la stessa voce che diceva:
"Ziva ama mangiare dal messicano. Forse è lì"
"Grazie mille" sussurrò stranita la ragazzina al citofono. Sapeva con certezza che Ziva non apprezzava il messicano, eccetto i tacos. Ci pensò su per qualche minuto, finchè non arrivò al suo scooter.
"Eureka!" urlò e di corsa prese il cellulare per chiamare McGee. "Tim Tim Tim!"
"Dimmi Abbs!"
"Ziva sta cercando Ray!"
"Come lo sai?!"
"Me l'ha detto... il citofono"



- How are you going to get what you need if you don't let me go?

Shannon, 9x08


asdasdsadasd

"Grazie per avermi accompagnato" disse Jethro a Ducky, mentre bussavano a casa di Shannon.
"Figurati, dovevo comunque venire" l'uomo alzò le spalle e sorrise. "Jethro, per l'amor di Dio, sembra ti sia morto il gatto!"
"Non mi piacciono le feste, Duck" fece una smorfia.
"Cos'è che ti piace?" Ducky alzò gli occhi al cielo.
"La birra, per esempio"
"Era una domanda retorica"
Prima che Jethro potesse replicare a tono, Shannon aprì la porta di casa. "Ehi, colleghi! Prego, entrate!" I due la guardarono ammirati: portava un abitino primaverile molto carino, con le spalline sottili, e aveva i capelli legati in uno chignon morbido.
"Sei bellissima, Shannon!" esclamò Ducky, dandole due baci sulla guance. La donna arrossì e Jethro la trovò adorabile. Prese tra le mani i fiori che entrambi le avevano portato. "Venite, venite. C'è già qualcuno..."
Il salotto era molto carino e pieno di persone e cibo. C'erano almeno tre tavolini pieni di bevande e dolci; la padrona di casa si affrettò a fare le presentazioni. "Allora, che ve ne pare?!" allargò le braccia come per abbracciare tutta la casa.
"L'hai sistemata molto bene, cara" annuì Ducky.
"Grazie! Anche se avrebbe bisogno di qualche lavoretto interno. Vorrei fare una libreria in legno..."
"Oh ma che coincidenza!" urlò leggermente Ducky, dando una pacca sulla spalla a Jethro. "Quest'uomo qui è un ottimo falegname"
"Non mi sembra il caso..." parlò a mezzabocca Jethro.
"Oh, non fare il timido!"
"Sul serio?" si stupì Shannon. "Non lo sapevo! Comunque ti pagherei, Jethro, per favoooore!" unì le mani in una muta preghiera.
Jethro si sentì intrappolato, tra Ducky che lo fissava in modo eloquente e Shannon con gli occhioni lucidi. Si arrese.
"E va bene! Ma niente pagamento" l'avvisò.
"Grazie, Jethro! Domani a scuola ti porto le misure" lo abbracciò di slancio, poi si staccò intimidita.
"Io... torno dagli ospiti"
"Forse sarebbe meglio" mormorò Gibbs, seguendola con lo sguardo.

"Ray Cruz" ripetè McGee per l'ennesima volta.
Il ragazzo alla cassa, per l'ennesima volta, scosse la testa. "Non lavora nessun Ray Cruz, qui"
Tony, dietro McGee, batteva ritmicamente e nervosamente il piede a terra. "Non è possibile" mormorava tra sè e sè.
"Sembra messicano, ha i capelli scuri..." cominciò a descrivere McGee.
"Guarda, l'unico messi... ehi, Javier! Mi sa che stanno cercando te!" urlò il cassiere ad un ragazzo appena entrato in pizzeria.
"Cosa?" Tony e McGee si voltarono. Effettivamente, Ray Cruz era sulla soglia della porta, nell'atto di togliersi la giacca per cominciare a lavorare. Appena vide i due ragazzi, corse fuori dalla porta. "Maledizione! McGee seguiamolo!" diede uno strattone all'amico ed entrambi si lanciarono all'inseguimento di Ray. Sembrava molto più veloce di loro, schivava di tutto.
"Tony, potrebbe essere armato, smettiamola di..."
"NO!" urlò Tony DiNozzo, accellerando il passo. Arrivarono in un parco e i due stavano quasi per rinunciare, esausti, quando videro Ray Cruz cadere a terra, colpito da un pugno.
"Ma che cosa...?!" McGee era sbalordito. Qualcuno, coperto da un cappuccio, lo aveva bloccato per terra e lo stava riempiendo di botte.
"McGee..." sussurrò Tony all'amico. "E' Ziva..."
Si avvicinarono e poterono sentire distintamente una voce femminile che imprecava contro di lui mentre lo prendeva a pugni.
"Ziva..." il dubbio divenne certezza e Tony corse da lei, per prenderla da dietro e staccarla dal corpo oramai inerme di Ray.
"Lasciami, Tony! Lasciami!" strillò la ragazza.
"Sta calma, Zee, calmati!"
Tim, intanto, guardava allucinato Ray Cruz che cercava di tamponare il sangue che gli scorreva dal naso.
"Ziva!" Tony la afferrò per i polsi, bloccandola. "Zee..." fece forza su di lei per abbracciarla.
La ragazza si lasciò stringere per qualche secondo, poi sbuffò si staccò.
"Non so cosa sta succedendo Zee, per favore... parlami" la pregò.
"Lui..." tirò su col naso, indicando Ray. "Mi ha rubato una cosa molto importante. Devo riprendermela, così potrò... potrò..." si portò una mano alla bocca.
"Ehi, occhioni belli. So tutto. Abby ci ha raccontato tutto" McGee annuì, d'accordo con Tony, e la guardò colpevole.
"Non avreste dovuto saperlo!"
"Lo so. Volevi proteggerci e blablabla. Ignorerò il fatto che tu l'abbia detto ad Abby e non a me" sorrise. "Però adesso è venuto il momento di dirci tutta la verità"
"E' inutile, tanto" parlò Ray Cruz, steso sul prato e dolorante. "Non riuscirai a salvare Ari"
"Sta zitto, figlio di puttana!" prima che Ziva potesse scagliarsi di nuovo contro di lui, Tony la trattenne. Lo video alzarsi in piedi e asciugarsi il sangue. Sorrise sardonico a tutti loro: "Siete soltanto dei ragazzini"
"Che sono riusciti a trovarti e fermarti però" McGee lo guardò vittorioso.
"Non troverai Ari" si rivolse a Ziva.
"Tu chi sei? Che ne sai di Ari?" sussurrò la ragazza, ancora trattenuta da Tony.
"Chi sono non ha troppa importanza. La cosa importante è che io lavoro con Ari. E' stato lui ad ordinarmi di tenerti sott'occhio e sempre lui mi ha ordinato di prenderti il fascicolo, per evitare che scoprissi... troppo"
"Ari... è vivo?" domandò Ziva speranzosa.
"Si, lo è. E ti guarda, Ziva. Ti tiene sotto controllo. Prima o poi ci faremo vivi, di nuovo" fece per allontanarsi. "Au revoir"
li salutò divertito con la mano e se ne andò.
"Lo lasciamo andare così?!" replicò Tony.
Ziva, intanto, guardava rapita il punto in cui Ray stava sparendo di passo passo. "Si" disse, con voce ferma.
"E' uno stronzo, ma mi serve. E' l'unica traccia che ho per trovare Ari. Devo capire..." si massaggiò la testa. "Perchè Ari non vuole che lo trovi?"
"Chi è Ari?!" domandò finalmente McGee.
"Mio fratello" sussurrò la ragazza, sedendosi sul prato. "C'è qualcosa che mi sfugge... ma cosa?"
I suoi due amici la guardarono curiosi mentre, sul prato, parlava a voce alta.
"Infiltrato in una cellula terroristica..." mise in moto la sua memoria fotografica e cercò indizi utili nei suori ricordi.
Au revoir. Francese. Francia.
"Parigi!" urlò Ziva, alzandosi dall'erba umida.
"Parigi?" domandò McGee curioso.
"Parigi!" Tony alzò le spalle.


- Ziva... can you fight?

Tony, 7x01

sdfdfsdfsds



















Maia says:

Parigi. :D
P  a r i g i.
Scommetto che non sapete da dove abbia cacciato Parigi.
Bene xD Lo scoprirete nel prossimo capitolo!
Allooooooooooooora... Ray (? Vero nome ?) lavora con Ari, è stato proprio Ari, fin dall'inizio, che gli ha ordinato di tenere Ziva sott'occhio.
Perchè?
Perchè Ari voleva che Ziva non leggesse il fascicolo?
MISTERO U.U Cioè, io lo so, ma voi no x'D
Pensate positivo: adesso, Ziva non ha un cavaliere per il Ballo :D


fatemi sapere! <3

Maia.



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Capitolo 10
*** Di Inviti e Tradimenti ***


capitolo 9
dfsdfsdfsdfsdfs


- NCIS is part of who I am

Tony, 9x01



Il viaggio di ritorno fu silenzioso: Ziva pensava ancora a quante cose suo fratello doveva averle nascosto, a quanto doveva ancora soffrire per avere una vita che avesse una parvenza di normalità. Poi si voltava, Ziva, e vedeva i volti ora sereni dei suoi amici, che l'avevano recuperata. Loro non sono scappati, visto papà? sorrise tra sè e sè, pensando che non era più sola. Poteva affrontare il ritorno di Ari e di Ray senza paura, poteva litigare ancora con suo padre, ma sapeva che aveva sempre qualcuno da cui tornare.
Arrivati a casa Sciuto, Abby la abbracciò come se fosse una sopravvissuta in guerra. "Oh, Zee..." balbettava di continuo.
"Venite qui, voi due, miei coraggiosi eroi!" allargò un braccio per attirare anche loro nell'abbraccio.
Tony guardò Ziva, che gli sorrise e gli fece cenno di avvicinarsi. Si abbracciarono tutti e quattro, lì fuori, al freddo.
Abby aveva cominciato a singhiozzare, un pò per lo spavento, un pò per la felicità: "Sono così contenta di riavervi interi! Siamo proprio una bella squadra, non c'è che dire! Quanto sono fiera dei miei tre moschettieri!"
Gli altri scoppiarono a ridere, ancora stretti l'uno all'altra.
"Dai, entriamo. I miei genitori hanno preparato la cioccolata calda!"
Seduta sul divano di casa Sciuto e con una bella tazza calda e fumante tra le mani, Ziva raccontò brevemente delle conclusioni a cui era arrivata: "Quando la mia tata mi ha dato il fascicolo su mio fratello, gli ho dato subito una sbirciata e ho visto che il nocciolo della cellula dormiente in cui si è infiltrato Ari è a Parigi. Ray ci ha salutati in francese, penso venga da lì"
"Però... non si sente..." replicò McGee.
"Si, è vero. Ma la cosa non mi stupisce. Ho sentito russi spacciarsi per spagnoli: credimi, è possibile" aggiunse Zive, laconica.
"Questo vuol dire che... Ray è un terrorista?" mormorò Abby, spalancando le iridi scure.
"Forse. Ma se conosce mio fratello e lavora con lui, vuol dire che o è un infiltrato, oppure un agente del posto. Non so..." scosse la testa.
"Vabbè! In ogni caso è quasi ora di cena" tossicchiò Tony. "Devo tornare a casa..."
"Già!" sussurrò McGee. Abby divenne rossa e disse: "Dai, Tim, rimani! Mamma ha fatto il polpettone! Naturalmente vale anche per voi..."
"Io devo tornare a casa" fece Ziva, ringraziando Abby per la cioccolata, e si alzò dal divano.
"Ti accompagno, tanto a piedi dobbiamo fare la stessa strada" Tony si stiracchiò. "Tim?"
"Io accetto l'invito di Abby" sorrise.
"Allora ci vediamo domani, squadra" ridacchiò Tony, col saluto militare. Ziva rise con lui e salutò con la mano.
Appena fuori casa, tutti e due si strinsero le giacche attorno al corpo per il freddo.
"Che giornata" commentò Tony.
"Vero. Volevo..." Ziva si schiarì la voce. "Volevo dirti... grazie. Sai, non è facile per me ammetterlo ma... senza di voi probabilmente questo periodo della mia vita sarebbe stato infernale, e invece... avete rischiato tantissimo, pur di trovare Ray e me. Grazie. Sul serio"
Tony la guardò stupito: "Wow" sospirò. "Wow, davvero"
"Puoi dire qualcosa di diverso?" s'innervosì la ragazza.
"Ok. Ehm... bè, quello che abbiamo fatto per te, insomma... l'abbiamo fatto perchè siamo una squadra, come ha detto Abby. Sembra strano... perchè noi quattro insieme siamo strani, però funzioniamo bene" sorrise e alzò le spalle. "Non devi ringraziarci. Tu probabilmente avresti fatto la stessa cosa, solo con qualche pallottola in più" scherzò.
Durante il tragitto verso casa, Ziva raccontò a Tony di Tali, di sua madre e di Ari. Del loro rapporto, della vita in Israele, del Mossad e di suo padre. Gli raccontò anche delle amicizie distrutte e dei cuori infrati, del tramonto di Tel Aviv e della stella di Davide che portava al collo.
"Ma sei sicuro che puoi accompagnarmi a piedi fino casa?" se ne uscì, improvvisamente.
"Anche se fosse, non ti lascerei sola. Hai sentito, Ray, no? Lui e tuo fratello torneranno, chissà per cosa. E in quel momento è meglio che tu non sia sola"
"Tony... ho una pistola nello zaino, sparo benissimo e pratico tre tipi differenti di arti marziali. Non credo che tu possa difendermi meglio di quanto non farei io da sola" gli tirò una spallata divertita.
"Lo so. Ma... ehi!" la guardò spaventato. "Pistola nello zaino?"
"Si" disse Ziva tranquillamente.
"Allora tutte quelle volte in cui hai minacciato di spararmi, tu...?"
Ziva fece un mezzo sorriso.
"Ziva...? Ziv...? Oh mio dio"



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"... certamente, la Rivoluzione Industriale..." Gibbs si fermò per cinque minuti. Odiava che i suoi studenti non seguissero la lezione e capitava spesso che riprendesse qualcuno. Non era mai accaduto, però, che tre dei suoi studenti fossero bellamente addormentati sui banchi; non era mai accaduto che a lui dispiacesse svegliarli, tra l'altro. Fece cenno alla classe di stare in silenzio e si avvicinò a Tony DiNozzo che ronfava, su cui dormiva profondamente Ziva David, poggiata alla sua spalla. Davanti a loro, Timothy McGee dormiva premuto sul banco.
Solo Abby Sciuto sembrava quasi del tutto sveglia, ma sbatteva le palpebre troppo velocemente.
Il professor Gibbs diede prima uno scappellotto doppio alla coppietta, che si svegliò di soprassalto, poi incaricò Abby di farlo con McGee.
"Buongiorno, ragazzi" Gibbs li guardò divertito con le braccia incrociate.
I tre lo guardarono colpevoli. "Non voglio sapere cosa avete fatto ieri sera tutti e quattro..." guardò male Abby. "Ma pretendo che durante le mie lezioni siate svegli e attenti, prendendo appunti. Intesi?"
"Certo prof. Ma... deve ammettere che la Rivoluzione Industriale non è un argomento proprio interessantissimo!" commentò a denti stretti Tony. Ziva gli tirò una gomitata.
"Un'altra parola e vi metto in punizione. Tutti e quattro!" Ziva, Tim e Abby protestarono.
"Ehi! Siamo una squadra, no?! Se mette in punizione uno, mette in punizione tutti" sghignazzò Tony.
"Non puoi utilizzare questa cosa per tuo profitto!" replicò Ziva.
"Oh, si che posso! L'ha detto lei ieri sera!" indicò Abby.
"Ma lo dicevo in senso..."
"STOP!" urlò Gibbs. "Peggio dei bambini. Ora state attenti, per favore. Che mi tocca sopportare" borbottò tra sè e sè e continuò la spiegazione.
Passata l'ora di Gibbs, Ziva si avviò verso Letteratura, Tony verso Francese, McGee verso Matematica e Abby verso Chimica.
Jethro li guardò uscire dalla sua classe tutti e quattro insieme, per poi dividersi. Raggiunse l'ufficio di Shannon in due falcate e spalancò la porta. "Sai, Jethro, i civili di solito bussano" sbottò infastidita Shannon.
"Scusa. Devo dirti una cosa" si sedette davanti a lei.
"Cosa c'è?"
"Credo che tu possa concludere le sedute con Ziva. Sta bene" sussurrò e sorrise. "Ha fatto amicizia"
"Tu dici?"
"Si"
 
"Ma guardalo!" si arrabbiò Abby, puntando rudemente la forchetta in una patata.
"L'ho visto, Abby" sorrise Ziva. McGee nascose il sorriso bevendo.
"Devi dirgli qualcosa!"
"Cosa, Abby?"
"Qualunque cosa!"
"Gliela dirò dopo, allora. Abbiamo Educazione Fisica insieme nella prossima ora" alzò le spalle.
Tony non si era seduto con loro a mensa, e questo aveva fatto arrabbiare molto Abby. Soprattutto perchè si era seduto al solito tavolo con la sua ragazza, con i ragazzi della squadra di basket e le cheerleader. Ziva non sembrava esserci rimasta molto male, anche se Jeanne la infastidiva profondamente; era un pò gelosa, ma non l'avrebbe mai ammesso, anche perchè Tony non era affatto di sua proprietà.
Lo stava fissando pensierosa, quando lui alzò lo sguardo su di lei e le fece una boccaccia. Ziva rispose alzando il dito medio.
"Che bello, però!" esclamò McGee. "E' tornato tutto come prima!"
"Tony dovrebbe essere seduto qui con noi! Siamo suoi amici!" replicò Abby.
"Pensaci, Abbs. Già è strano che ci rivolga la parola, pensa se cominciasse a mangiare con noi. Non sarebbe più molto credibile come capitano dei Chudley, no? Deve mantenere lo status quo" spiegò Tim. "E comunque la squadra di basket non mi maltratta più!"
"Per Tony?" domandò Ziva, prendendo un boccone del suo pasto.
"Si, ci ha messo una buona parola"
"Questo non lo scusa" borbottò Abby. Ziva e McGee si guardarono esausti.
"Cambiamo argomento, dai!" fece allegra Ziva, come non lo era mai stata. "Hai comprato un vestito per il Ballo?
"Ancora no!" l'espressione di Abby la fece ridere, tanto era disperata. "Dammi un consiglio!"
"Bè, visto che hai questo bel pezzo di cavaliere..." indicò Tim, che arrossì. "Evita vestiti come quello di Carnevale!"
"Più sobrio, dici?" la ragazza si mordicchiò il labbro, pensierosa.
"Già. Magari potreste organizzarvi! Mi ha detto una che sta con me a Letteratura che col suo ragazzo deve pensare al colore per abbinarlo ai fiori" la ragazza si dipinse sul volto una smorfia disgustata. "Non so perchè qui vi facciate tutti questi problemi..."
"Però l'idea dei fiori non è una cattiva idea" rise Abby.
"Mi raccomando, fatevi una foto" li avvisò Ziva. "Voglio vedervi!"
"Ma come, non vieni più?" sobbalzò McGee, spaventato. L'idea che l'israeliana andasse con loro, lo rendeva stranamente felice. Forse perchè non aveva tanti amici al di fuori dei soliti nerd e a Ziva si era affezionato. Poi era la sua consulente riguardo Abby e quella sera doveva esserci.
"Ovvio che no! Ray era il mio cavaliere e sinceramente l'idea di comprare un vestito non mi attira!"
"Dai Zee! Non puoi farmi questo!" Abby mise il broncio. "Tony voleva che andassimo tutti insieme!"
"Si, ma Tony sta con Jeanne, tu stai con McGee.."
"Ma non si dovevano lasciare quei due?" domandò Tim. Abby annuì.
"Non credo che lo farà" sorrise Ziva. "Non ne ha il coraggio. Conosciamo Tony, Jeanne è il suo passepartout per lo scintillante mondo dei popolari. Se si lasciano, minimo la squadra di basket lo uccide. Stesso discorso del tavolo" alzò le spalle.
"Tony vuole venire al Ballo con noi" esclamò convinta Abby. 
"Questo lo so. Probabilmente convincerà Jeanne"



fdgdfg



L'ora di educazione fisica era sempre stata accolta con entusiasmo fuori dall'ordinario da Ziva, a differenza delle altre ragazze: si divertiva un sacco sulla trave, sulla corda, a correre e a fare capriole dappertutto. Suo padre l'aveva sempre obbligata a fare pesantissima attività fisica e, per la prima volta, lei sentiva di poterla prendere quasi come un gioco. Tony la guardava sempre ammirato, perchè saltava dappertutto ed era velocissima: la mia piccola ninja... pensava divertito.
Dall'altra parte della palestra, Ziva David cercava di capire chi fosse quel ragazzo riccio e alto, con gli occhiali alla Harry Potter, che cercava di parlare con lei: "... ecco, perchè... io volevo..."
"Scusa ma tu... chi sei?"
Il ragazzo divenne rosso: "Sono Jimmy. Jimmy Palmer" vista la mancanza di reazione di Ziva, specificò: "Sono il tuo partner ad economia domestica!" finalmente vide un lampo di comprensione negli occhi della compagna.
"Ma sììì! Jimmy!" gli diede una pacca sulla spalla. "Dimmi pure..."
"Io, ecco... volevo chiederti se ti va di venire al Ballo con me" disse, mentre si torceva le mani dall'emozione.
Ziva rimase paralizzata; una serie di pensieri passarono nella sua testa (a partire dal Dove avrà trovato il coraggio di chiedermelo al Accidenti, come faccio a dirgli di no?!). Pensò, poi, che effettivamente poteva anche accettare, tanto Tony ci sarebbe andato con Jeanne a quel Ballo - le venne una fitta allo stomaco. Sorrise d'istinto a Jimmy.
"Bè, sai che ti dico?! Quasi, quasi..."
"Quasi quasi ti dice di no!" Tony le poggiò con molta nonchalance il braccio sulla spalla, ignorando la faccia stupita di Ziva.
"Oh... " Jimmy cominciò a balbettare cose senza senso. "Hai già un cavaliere?" riuscì a chiedere alla fine.
Il ragazzo, meravigliato che avesse ancora della voce in gola, disse: "Lei al Ballo ci viene con me!"
"Davvero?!" esclamarono all'unisono sia Ziva che Jimmy. Tony li guardò male: "Si, davvero! Ora, se vuoi smetterla di importunare la mia dama... sciò!" gli fece una smorfia, tanto da spaventarlo e farlo correre via.
"Io COSA?!" strillò Ziva, con le mani sui fianchi. L'istinto disse a Tony di fare un passo indietro.
"D'accordo, occhioni belli, calma!, ti stavo proteggendo dal Gremlin!"
"Era simpatico! E magari avrei voluto dirgli di si!"
"Credimi, no" ridacchiò Tony. "E comunque adesso non si pone il problema, visto che al Ballo ci vieni con me!"
"Oh, ma che bello!, io tu e Jeanne..." Ziva alzò gli occhi al cielo.

"Devo solo lasciarla!"
In quel particolare giorno, il loro professore di Educazione Fisica non sembrava molto predisposto a fare lezione.
"Tony!" lo chiamò da lontano.
Tony si voltò verso Ziva: "Ti prego, dammi tempo...!" la pregò con gli occhi, poi raggiunse il professore: "Si, coach?"
"Vai negli spogliatoi maschili: nella mia borsa c'è una palla da basket, fate una partita. Io ho un tremendo mal di testa" si massaggiò le tempie
"Ok!" il ragazzo corse come gli era stato ordinato, tuttavia, appena entrato, si accorse di qualcosa di strano - a parte la puzza di sudore insopportabile. Gemiti. Quelli che sentiva erano gemiti. Sorrise, eccitato: avrebbe beccato qualcuno con le mani nel sacco, voleva proprio sapere chi era l'idiota che si era portato la ragazza negli spogliatoi.
"Prima o poi ci scopriranno" La voce di lui. Eppure Tony l'aveva già sentita, ne era sicuro.
Si avvicinò alla borsa dell'allenatore e prese la palla. Stava per andarsene, quando la voce di lei lo fece bloccare nel bel mezzo della stanza.
"Bè, finchè nessuno lo scopre, godiamocela..." Jeanne. Avrebbe riconosciuto la sua voce gracchiante tra mille.
La bocca di Tony si spalancò, fino quasi a toccare il pavimento e il volto assunse una smorfia oltraggiata. Puttana! pensò tra sè e sè, nessuno puà tradire Anthony DiNozzo Jr! Semmai, io tradisco! E meno male che mi sentivo pure in colpa del fatto che la volevo lasciare...
Più che deciso a beccarla con le mani nel sacco, solo per vederla diventare verde e rinunciare, dopo la sua spifferata al preside, al posto di capitano della squadra delle cheerleader, si affacciò verso le docce e lì li vide: c'era Jeanne attaccata come un koala addosso a...
"Vincent!" urlò Tony, più stupito che realmente arrabbiato. I due amanti si voltarono terrorizzati e, alla vista di Tony, Jeanne scoppiò in lacrime.
"No, tesoro, ti prego... non è come credi!"
Tony scoppiò a ridere, portandosi una mano sulla faccia: "Classica frase, te la potevi risparmiare!" e, continuando a ridere, disse: "Ma di tutti i bei ragazzi che ci sono a scuola, proprio con lui? Il giocatore di basket peggiore che abbiamo in squadra, oltre che il più stupido?!"
Vincent disse solo un "Ehi!" contrariato, che Jeanne lo zittì.
"Tony, ti prego. E' stata solo una mancanza mia... ultimamente sei così assente..."
"Bene, ora adesso la colpa è mia" incrociò le braccia. "Sai, avevo pensato di dire tutto al preside..." entrambi divennero pallidi. "Ma, visto che non voglio mettere nei guai Vincent perchè è già messo male di suo ed è sempre stato un amico decente, sto zitto. Naturalmente non voglio più avere niente a che fare con nessuno dei due... " si avvicinò perfido a Jeanne: "E se qualcuno te lo chiede, ti ho lasciata io e se così non fosse, dico la verità, così finite entrambi nella merda. Non mi va di passare per il cornuto della situazione" uscì fiero di sè dagli spogliatoi.
"DiNozzo! Quanto ci hai messo a prendere quel pallone?!" borbottò il professore.
"Mi dispiace" si scusò il ragazzo. Vide i suoi compagni organizzarsi in squadre e giocare.
"Noi dobbiamo parlare, Tony..." Ziva lo afferrò per un braccio.
"Tranquilla" sorrise lui. "Problema risolto!"
E, in quel momento, Jeanne Benoit uscì piangente dagli spogliatoi.

Ziva e McGee ridevano a crepapelle, mantenendosi la pancia. Abby, invece, stava ritta in piedi, poggiata con le spalle al suo armadietto e scuoteva la testa ritmicamente. "Non ci posso credere" mormorava, a sospiri alterni. Gli altri due continuavano a ridere, osservando Tony DiNozzo. "... e vogliamo parlare di lei che strilla: Pensavo mi amassi!" si aggiunse McGee.
"E delle sue amiche oche che le urlano: Jeanne cara, ti si è sciolta la matitaaa!!" Ziva e McGee scoppiarono di nuovo a ridere pesantemente.
"Si, bravi, prendetemi in giro!" sorrise Tony. "Intanto mi ha cornificato. Mi raccomando, non ditelo in giro"
"Mi dispiace un pò per lei!" se ne uscì Abby. "Però... che stronza!" e rise anche lei.
"Quindi..." cominciò McGee. "Andiamo al Ballo tutti e quattro insieme? In gruppo?" guardarono tutti Tony.
"Senza limousine non ci vengo!" commentò questo perentorio, beccandosi un abbraccio stritolatore di Abby.

"Ecco qua le misure" Shannon porse un foglietto a Gibbs, che lo prese perplesso. "Jethro...! Le misure del mio mobile!"
"Ah, già!" esclamò. "Devi dirmi che legno devo usare... se devo metterci qualche fantasia..."
"Allora, per il legno mi andrebbe bene uno chiaro, sai... per la fantasia, ti lascio carta bianca" sorrise Shannon, sedendosi sulla cattedra.
"Che fai?"
"Sto correggendo i compiti di quelli del primo anno" sbuffò Gibbs, mostrandoglieli. "E' impressione mia, o arrivano sempre più stupidi?"
"Madonna, non essere così catastrofico!" rise. "Miglioreranno col tempo, il liceo è sempre stato sinonimo di cambiamento"
"Sarà. Ma non posso proprio leggere certi errori" sbadigliò.
"Sei stanco?" gli chiese preoccupata. "Se vuoi li correggo io..."
"No, grazie. E' che ho dormito poco"
"Come mai?"
"Il mio amico Tobias ha portato con sè sua figlia Emily, ieri sera da me" sorrise. "Non voleva dormire, così ci siamo visti tre film Disney"
Shannon lo guardò stupita: "Non pensavo ti piacessero i bambini"
Jethro alzò le spalle e non le rispose.
"La mia idea sulle tue serate era più o meno birra e... la smorfia del Rimuginare"
Jethro scoppiò a ridere e Shannon arrossì: era la prima volta che riusciva a fargli fare un'espressione diversa dal fastidio. "La smorfia del cosa?"
"Tu hai una smorfia" gli indicò la faccia. "Quando stai pensando. O rimugini. L'ho chiamata la smorfia del rimuginare"
"Mi osservi parecchio, allora" Gibbs alzò un sopracciglio e la sfidò con lo sguardo.
Ma Shannon non vi cascò, scese dalla scrivania e gli sorrise: "Stasera passo da te con due pizze. Voglio proprio vedere come verrà il mio mobile"


 

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Capitolo 11
*** Telephone - Call me! ***


10 capitolo
hhhhhhh


Gibbs: Can't i get anything right?
Shannon: Sometimes, I guess

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"Bello" Shannon prese un sorso di birra. "Sei bravo"
Jethro annuì, continuando a lavorare il legno. Erano nella sua cantina, alle dieci di sera, ed era quasi un'ora e mezza che Shannon lo guardava creare il suo prezioso mobile. Non pensava che il professor Gibbs potesse essere delicato e, invece, col suo mobile stava facendo una specie di miracolo. Osservava le sue mani muoversi avanti e indietro, accarezzare e sentire il legno, modellarlo; nelle sue mani sembrava cera. E Shannon, pur vergognandosi come una ladra, pensò a quelle mani su di lei, e non su un inanimato mobile, che di certo non beneficiava come lei di quelle eccezionali premure. Si ritrovò a sospirare affranta: dalle mani passò alle braccia forti e sicure, al petto coperto da una t-shirt del college, al viso squadrato ma estremamente affascinante, perchè virile.
Oh, accidenti. Se riusciva a trovarlo sexy anche in quel contesto, era completamente partita, se ne rendeva conto. Si domandò se avesse avuto mai una donna per più di qualche mese, se si era mai innamorato, se il suo carattere ombroso e schivo era... Mh. In realtà, la corazza la tirava fuori solo quando c'era lei in giro. Shannon lo osservava con i suoi studenti ed era un professore severo, ma ironico quanto bastava per farsi amare spudoratamente dagli adolescenti; lo vedeva con Ducky, un amico, e rideva; lo vedeva, solo con lei, in posizione di difesa. Leroy Jethro Gibbs amava avere il controllo su tutto ciò che lo circondava e la donna non faceva eccezione. Era completamente in balia del suo odore mischiato a quello del legno, della birra e della cantina. Per sicurezza, posò la bevanda sul tavolo operativo. Saltargli addosso era un opzione, ma l'avrebbe spaventato a morte, probabilmente. Lui non ti vuole, Shanny cara. Arrenditi. Prima lo fai e meno soffrirai.
"Ti vedo perplessa" la sua voce la colse alla sprovvista, tanto che sobbalzò.
"Trovi? Mh. Pensavo" sviò il discorso, girovagando per la cantina.
"A cosa?" soffiò sulla superfice del legno.
"Ti interessa?" domandò sarcastica.
"Te lo sto chiedendo"
Non è una risposta, Jethro. "Pensavo... a te" decise di essere sincera e sbirciò interessata la sua reazione: niente. Zero. Negativo.
Il suo ruolo di terapeuta, con lui, era praticamente nullo. Non mostrava nessuna emozione, all'occorrenza.
"Non dovevano essere pensieri molto felici, allora" fece un mezzo sorriso. Non la guardava mai negli occhi. Peccato, a lei piacevano.
"Al contrario. Diciamo che... tu mi incuriosisci" Shannon fu abbastanza intelligente da capire che era un pò di birra che parlava.
Doveva ricordarsi prima che non reggeva tanto bene l'alcool, la sua amica Tara glielo rinfacciava di continuo...
"Ah, davvero? E come mai?"
"Perchè con te non funziona niente!" mugugnò irritata. "Anni e anni di psicologia a cosa mi sono serviti se non riesco nemmeno a capire chi mi interessa?!" sbuffò, una mano tra i capelli. Non si accorse nemmeno che Jethro aveva finalmente alzato lo sguardo su di lei.
"Insomma, tu mi annulli. Completamente. Io arrivo da te e non sono più io. Non so come comportarmi. Tutti mi dicono che sono simpatica, ma quando ci sei tu, mi... mi... mi aggroviglio tra me, i miei pensieri, i miei pensieri da analista. Che poi, non credere che io non ti osservi. Sei eccezionale con tutti: un bravo professore, un buon amico. Ti faccio innervosire così tanto da meritarmi un simile trattamento? E lo sai qual'è la cosa più divertente?" rise, lanciando uno sguardo al soffitto. "Che non so nemmeno se prendermela con me o con te. Tu non riesci proprio a mostrarmi le tue emozioni, io forse mostro troppo le mie. Accidenti. Perderai anche tu il controllo ogni tanto!" urlò alla fine, prendendo fiato.
"Hai finito?" Jethro si pulì le mani sui jeans, fissandola pensieroso.
"Credo di si" soffiò, per togliersi dagli occhi una ciocca di capelli.
L'uomo si alzò, posò i suoi attrezzi, si ripulì le mani e buttò la birra di Shannon. Lei seguì i suoi movimenti come a rallentatore, finchè non se lo ritrovò proprio davanti. "Vuoi vedermi perdere il controllo?" sussurrò.
Shannon annuì.
"Perfetto" le afferrò il viso e la baciò.


sadasdas

- Like a woman with a wayward lover

Ducky, to Ziva about Tony,4x24



"Sta bene, dottoressa?" domandò sospettosa Ziva.
"Si. Oh si" ridacchiò nervosamente Shannon. "Di cosa mi stavi parlando?"
"Del Ballo..." mormorò sorpresa Ziva. Era raro che quella donna non la ascoltasse, durante le sedute. "Tutto bene?"

"Si, ti dico di si!" sventolò una mano. "Dimmi"
In realtà Shannon non la stava ascoltando ed era la prima volta che ad un incontro parlava più la ragazza che lei. Sapeva che non era professionale, sapeva anche che non era esattamente da lei ma... la sera prima aveva baciato Jethro Gibbs. E non un bacio normale, ma un Signor Bacio, proprio di quelli come nei film, che ti fanno girare la testa e ti mettono gli ormoni in subbuglio.
E lei era scappata. Complimenti per la coerenza, Shannon! Prima gli sbavi dietro, poi ti bacia e tu scappi con la peggiore delle scuse.
- Mi sa che ho lasciato il gas aperto. Vado. Ciao! Pessima perfomance.
Senza pensarci, si prese la testa tra le mani, sembrava pulsare. Era terribilmente imbarazzata e la sola idea di incontrarlo la mandava nel panico più totale. Però doveva rimanere concentrata. Doveva analizzarsi da sola: perchè era scappata? Mistero.
"Forse è meglio che vada" esclamò Ziva, afferrando il suo zaino e uscendo dalla porta. Non se ne accorse nemmeno.
Che pessima psicologa.

Ziva controllò l'orologio: erano le tre in punto e stava per tornare a casa. Ci stava poco da quando aveva conosciuto Abby, perchè la portava in giro dappertutto. Quello che la stupiva è che suo padre non sembrava affatto preoccupato: potevano rapirla o peggio.
Invece non se ne curava e questo la stava decisamente mettendo sul chi vive; che avesse in mente altro? E cosa? C'entrava Ari?
Torneranno. Ray l'ha detto. Ma per cosa? Ari, che hai combinato? pensava di continuo, convinta che suo padre fosse assente per questo. Non aveva mai accettato davvero Ari come suo figlio, e dopo più di vent'anni ancora non l'aveva riconosciuto. Era un bastardo, un figlio illegittimo nato da una donna che non meritava di essere la compagna di Eli David. O almeno, era quello che Ziva credeva.
In casa non si era mai parlato di Ari, ma lui era una presenza costante e sua madre lo considerava quasi come figlio suo e lo rendeva partecipe delle feste e degli affari di famiglia. L'unico che non l'aveva mai davvero preso in considerazione era anche l'unico che con lui aveva il più forte dei legami familiari: il padre, Eli. Ziva era arrabbiata con lui anche per quello, per aver fatto soffrire suo fratello. Entrambi condividevano l'indifferenza e il risentimento verso di lui, al contrario di Tali; lei era quella pura, la principessina che non conosceva davvero il suo papà e lo considerava un eroe: per il Paese, in effetti, Eli David era un eroe. Se gli eroi sono tutti così, aiuto!
"Ciao, Leni" salutò Ziva, entrata in casa.
"Shalom" sottolineò la sua domestica e la guardò male. Suo padre desiderava che parlasse in ebraico a casa, ma stavano notando che la ragazza utilizzava sempre più spesso l'inglese. Forse perchè era giovane e aveva tanta voglia di integrarsi, era quella la scusa ufficiale. Ma, sia Leni che Eli, sapevano che Ziva stava rapidamente crescendo.
"Mio padre?" si sedette a tavola, osservando Leni che lavava i piatti. "E' nel suo ufficio"
"D'accordo. Vado a fare i compiti" sbuffò.
Non fece nemmeno in tempo a prendere in mano il libro di Storia - Il professor Gibbs era stato particolamente chiaro sugli esami di metà semestre - che le squillò il cellulare. DiNozzo, c'era scritto sul display.
"Ehi" rispose, con telefono infilato tra capo e collo, le mani occupate a sottolineare l'argomento del giorno.
"Ehi, occhioni belli! Che stai facendo?"
Ziva alzò gli occhi al cielo e sorrise involontariamente, oramai si era abituata agli stupidi nomignoli che le dava. Erano teneri, in fondo.
"Sto studiando, esattamente quello che dovresti fare tu, Tony. Ci sono gli esami tra poco"
"Ssssi. Gli esami" mormorò tra sè e sè. La ragazza pensò che se l'era scordato, come sempre.
"Ma dove sei? Sento della folla..."
"Tranquilla, non ti sto tradendo"
"Non ho detto questo e non sono gelosa, DiNozzo. Puoi farti chi vuoi" gli disse nevrotica. Però un pò fastidio le dava. Considerava Tony quasi come una sua proprietà, anche se era difficile ammetterlo: si preoccupava per lui, non c'era altro sotto. Certo. Spero.
"Ritira gli artigli, Tigre. Comunque sono con McGee!"
"Ah. Uscite anche insieme, adesso?" rise.
"Stiamo vedendo gli smoking per il Ballo e la limousine, c'è una richiesta esorbitante, dovevamo arrivare prima per spendere di meno. Mi ha trascinato al centro commerciale, dopo andiamo alla concessionaria" sbuffò. "E' peggio di una donna, credimi"

"Povero, piccolo, Tony!" lo prese in giro Ziva. "Scappa, no?"
"Vengo da te?" domandò speranzoso.
"Scordatelo. Devo studiare. E mio padre ti sparerebbe"
"Dobbiamo risolvere il problema -signor David-, comunque. Quando verrò a chiedere la tua mano, deve già essere preparato" rise.
"Certo. Te la staccherebbe, una mano"
"Vuole che tu stia con un ebreo?"
"Non credo. Lui è..." si morse le labbra, intenta a cercare la parola giusta. "Molto protettivo. Con i suoi agenti"
"Ma tu sei sua figlia" accennò lievemente Tony
"Non c'è differenza, credimi" chiuse il libro di Storia. "Quando Abby mi trascinerà in giro per il vestito per il Ballo, ti chiamo anche io. Devi ricambiare il favore (per colpa tua non sto studiando) e sono sicura che la nostra cara amica sia peggio di McGee con lo shopping"
"Non credo, sai? E' il quinto smoking che si prova" piagnucolò Tony.
"E tu?"
"A me sta bene tutto, piccola ninja. Ho vasta scelta"
"Modestia è il tuo secondo nome, vedo" disse divertita Ziva, buttandosi a peso morto sul letto.
"Che tonfo! Hai fatto cadere qualcosa? No, McGee, è orribile! Provane un altro"
"Mi sono ritanata sul mio morbido piumino. Sono un pò stanca" sbadigliò.
"Mi stai dicendo tra le righe che vuoi compagnia?" sussurrò Tony scherzoso. "Anche se non credo che dormiresti, con me nel tuo letto! McGee, per l'amor del cielo!, sembri un becchino! Prendine uno a tinta unita!"
"Senti, Valentino, a parte che sei tu che gli fai perdere tempo, a quanto sento, ma tu nel mio letto non ci entrerai mai" alzò un sopracciglio.
"Vero. Sei tu che entrerai nel mio"
"Ti sto mandando uno scappellotto"
"Ahia!" strillò Tony. "Sei manesca... McGee, ma ti pare?! Si, aspetta. No, te lo scelgo io adesso, non vorrei che Abby morisse di vergogna con te al fianco. Devo lasciarti, occhioni belli. Si richiede la mia esperienza"
"Io studio, và! Ciao Dolce, salutami Gabbana!"
"Che simpatica" le fece una pernacchia. "Fatti una bella dormita, così ti riposi" le disse, premuroso. "A dopo"
"Ciao" lo salutò, per poi chiudere la chiamata. Guardò il cellulare sospettosa. Mi sto decisamente rammollendo.

"Con chi eri al telefono?" domandò McGee, sistemandosi il colletto.
"Ziva. Accidenti, Tim, sei un disastro!" Tony alzò gli occhi al cielo e si avvicinò per sistemargli la cravatta. McGee lo guardava sorridente.
"Che c'è?" fece brusco, provando a soffocarlo con il nodo della cravatta.
"Fa piano!... no, niente. Ziva, eh?" ridacchiò. "Quando ti deciderai a chiederle di uscire?"
"Bè, sicuramente ci metterò meno di te. Ci hai messo quasi quattro anni per invitare Abby" lo prese in giro. "Girati"
"Perchè?" McGee allargò gli occhi.
"Devo vedere se ti fa difetto dietro, questo mi piace!" lo fece girare con forza e cominciò ad esaminare il vestito. Era sempre stato un esperto, non a caso gli dicevano sempre che aveva un gran gusto nel vestire.
"Credo che sia perfetto, McElegantone" gli diede una pacca, per incoraggiamento. "Farai una bellissima figura"
"Senti, Tony..." balbettò imbarazzato. "Secondo te... Abby si aspetta che, bè..."
Il ragazzo cominciò a ridacchiare. "Bacio e poi sesso? Non lo so, insomma... io ai Balli faccio sempre così, ma visto che con Abby mi sembra una storia abbastanza seria, penso che... dovrai fare l'esatto opposto di quello che facevo io. Baciala, ma non essere troppo irruento" gli sistemò le spalle del vestito "lascia che sia lei, poi, a farsi baciare. Ho capito che sei... in eruzione" lo prese in giro. "Ma non farti prendere dal momento"
"Tu cosa farai con Ziva?"
"Niente, visto che lei niente si aspetta. Ci andiamo in gruppo a questo cavolo di ballo, no?"
"Non si può dire che io sia un esperto" cominciò McGee. "Ma, per me, si aspetta qualcosa!"
"Tu dici?" borbottò Tony, pensieroso.
"Si. E ora è venuto il tuo momento! Proviamo un pò di smoking!" e se andò in giro per il negozio.
"Peggio di una donna!"

"Pronto?"
"Emergenza!"
Ziva alzò gli occhi al cielo. "Ciao anche a te, Abby" chiuse, per la seconda volta, il libro di Storia.
"Emergenza!" Continuò a strillare l'altra. Ziva potè giurare di sentirla saltellare; più volte si era chiesta se questo suo tanto parlare fosse dovuto al fatto che a casa non poteva farlo, visto la condizione dei suoi genitori. Era un pò un problema riflesso, ma lei era perfetta così. Ziva la invidiava molto, perchè era bella, simpatica, intelligente e assolutamente, schifosamente Normale.
"Che succede?"
"Succede che stavo riflettendo sul Ballo"
"Ancora?! Mi sa che questo Ballo vi sta mandando fuori di testa. Manca ancora un sacco di tempo!"
"Vero, ma ci si deve preparare prima. Comunque... credi che Timmy mi bacerà?" strillò.
Ziva scoppiò a ridere: "Oh mio dio, Abby, certo che lo farà!"
"E... ci fermeremo a quello? Insoooomma...hai capito, dai... "
"Vuoi sapere se farete sesso?" domandò tranquillamente.
"Già!" sospirò Abby.
"Non lo so, Abbs. Può essere. Non sono tanto esperta, sono ancora vergine"
"Ah. Bè... io... non sono esattamente vergine..." balbettò Abby. Ziva si passò il cellulare dall'altro orecchio, improvvisamente più interessata alla chiamata: non credeva che la sua amica avesse avuto una storia tanto importante da fare sesso per la prima volta.
"Wow! Con chi?"
"John... Dukovich*" sussurrò.
"NON CI CREDO!" urlò Ziva, soffocando poi la sorpresa nel cuscino. Si era gettata sul letto... di nuovo. "Quel... quel bronzo di Riace che sta con me e Tony in palestra? Accidenti, Abby, complimenti vivissimi! Io pensavo non avesse cuore, è sempre cupo e zitto, e..."
"Esattamente come te i primi giorni di scuola, ma guardati dopo qualche mese..."
"In effetti..." disse tra sè e sè. "Ma comunque non me l'hai detto! Oh... ma quando?"
"Quasi due anni fa. Ci siamo visti ad un concerto dei Materia Celebrale e... è scattato qualcosa! Lo amavo davvero, Zee, non mi sono mai pentita di averlo fatto con lui. E anche se ci siamo lasciati, gli voglio ancora bene" la sentì sorridere.
"Ma ho paura che questo blocchi Tim! Lui sa tutto di me e John, scommetto che si sentirà inadeguato!"
"Non dovete fare sesso per forza" Ziva alzò le spalle.
"Povera piccola straniera ingenua!" ridacchiò Abby. "Ai balli si va per fare sesso. E bere. Raramente per ballare. Per questo sono sicura che tu e Tony finirete a strusciarvi da qualche parte... oddio devo depilarmi!" strillò alla fine.
"Io e Tony non faremo proprio niente Abby! A parte che sono vergine, non è che mi concedo al primo che..."
"Ti sei mai innamorata?" le domandò l'amica a bruciapelo.
"Ecco..." Ziva pensò a quel ragazzo, bruno, occhi scuri, dal sorriso smagliante. Pensò che quando lo vedeva si sentiva felice ma...
"No, non credo di essermi mai innamorata"
"Accidenti, così per Tony sarà più facile!"
"Vaffanculo!"

"Pronto?"
"Che hai combinato?" Jethro Gibbs alzò un sopracciglio, chiedendosi da quanto tempo Ducky era diventato così petulante. Sarà la vecchiaia, pensò, oppure il fatto che lo considerava più un fratello che un collega-amico.
"Io niente. Tu che hai combinato?" Tobias, sul suo divano, gli chiese chi era. "Ducky" fece -ciaociao- con la mano.
"Ti saluta Tobias" disse.
"Oh, ricambia! Comunque, oggi Shannon è venuta da me e sembrava parecchio... distratta. Continuava a chiedermi perchè non eri venuto, le ho dovuto ripetere per tre volte che era il tuo giorno libero. Per non parlare del fatto che era terrorizzata dall'incontrarti per i corridoi"
"Nonostante tu gli avessi detto che era il mio giorno libero...?"
"Si. Esattamente. E Shannon non è stupida. Che hai fatto?"
"Ma scusa, chi ti dice che io abbia fatto qualcosa?"sbottò irritato. Intanto, Tobias gli faceva segno di mettere il vivavoce.
"Ducky, scusa, ti metto in vivavoce, Tobias è geloso" l'avvocato alzò il dito medio.
"Ciao Tobias!" trillò Ducky, una volta che Gibbs ebbe posato il telefono sul tavolino davanti al divano. Tobias si sporse lievemente.
"Ciao Ducky!"
"Stavo dicendo... che hai fatto a Shannon per ridurla in quello stato?" Jethro potè quasi sentire gli occhi accusatori puntati su di lui, nonostante fosse solo dall'altra parte del telefono. Anche il suo amico ora lo guardava curioso.
"Ma niente..." si grattò la testa.  "Ieri sera è venuta da me per il mobile e... ha cominciato a strillare"
"Strillare?" chiesero contemporaneamente i due amici.
"Si, strillare" sbottò irritato. "Strillava e strillava e... ci ho capito poco" mentiva. "ma alla fine, visto che... io... forse l'ho baciata"
Tobias era ammutolito, con la bocca spalancata e il panino che stava per essere morso. Dalla cornetta non proveniva alcun rumore.
"Che c'è? Non mi sembra una..."
"Tu l'hai baciata, Jethro? Sei sicuro?" fece piano Ducky.
"Si che sono sicuro! Certe cose me le ricordo ancora!"
Tobias parve riprendersi e tossicchiò: "E... perchè l'avresti fatto, Jethro?"
"Perchè mi ha accusato di non perdere mai il controllo. E continuava a parlare!" spiegò.
"Oh accidenti" sospirò Ducky.
"Oh, accidenti, si" lo seguì l'altro.
"Che c'è?!"
"Un'altra rossa ti ha incastrato, amico mio."



sdasdasda

4x01














Maia's says:

*inventato di sana pianta xD

Dai! E' ovvio che questi due si piacciono. Scommetto che però state odiando Shannon per essere scappata -bè, anche io! Si è trascinata da sola fino a questo punto, IO non ho fatto niente, eh! u.u
Un capitolo molto telefonico, devo dire la verità xD

Mi permettete di fare una dedica? >.< Scusate, eh, ma è importante!



Ehi, tu.

Lo so che non stai bene (per questo e quel motivo blablabla). Che lei è una stronza e che ti sta facendo soffrire, che non te lo meriti, nonostante tu sia stato un fottuto stronzo in passato con le ragazze.
Però ti voglio tanto bene, cucciolo.
E so, (che Dio mi perdoni!), che sei una delle persone migliori che la Natura abbia mai creato, che sarai un ottimo medico, che salverai tante persone e che mi porterai con te a Springfield dai tuoi nonni (ok, questa era più una minaccia che altro). Lei non ti merita, lo sappiamo tutti e due. C'è sicuramente un'altra poverina che ti prenderà per tutta la vita. Probabilmente la farai soffrire, fai sempre così, ma ti amerà così tanto da passarci sopra.
E io spero di esserci per dirti "te l'avevo detto" (lo sai che amo fartelo notare).
E io spero anche che tu sarai lì per sorridermi, per abbracciarmi come fai sempre (non te l'ho mai detto, ma sei l'unico che mi ha fatta sempre sentire al sicuro - su questo mia madre ha ragione, devi sempre controllarmi, senza di te potrei andare giù) e spero che tu sarai lì a dirmi che ti va tutto bene, anche un pò grazie a me (ma quanto sono dolce. Strano, vero? La Gelida Regina delle Nevi si è sciolta. Solo tu puoi fa 'sti miracoli).
E, se ti arrabbierai con me (sai per cosa), c'è questa dedica che forse ti farà passare un pò l'arrabbiatura.

(E cerca di non stringermi troppo, domani, che poi il nostro amore si espande)

La tua Rossa e Pallina Anti-stress.


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Capitolo 12
*** Incidenti di percorso ***


12 capitolo (pubblicherò più velocemente in questo periodo visto che, a partire dalla settimana prossima, credo che andrò a rilento, devo studiare un sacco, uscire con gli amici -un pò ci vuole!- e viaggio a Budapest :D)





sdasdas

Tony: This is nice. I missed the old Ziva

Ziva: I can tell
Tony: Don't flatter yourself. That's just my knee

8x05


"Mhhh..." Lui.
"Che pace dei sensi" Lei.
"C'è silenzio" Lui.
"Il sole" Lei.
"Il prato" Lui.
"Siamo in paradiso?" Lei.
"Possibile. Sono così rilassato che non me ne accorgerei nemmeno" Lui.
Ziva si stiracchiò, allungando maggiormente le gambe sul prato. Sbadigliò. Tony la guardò attorcigliarsi come un gatto ed ebbe l'istintivo desiderio di prenderla e stringerla a sè. Ma non lo fece. Ricordava ancora le sue parole - aveva la pistola nascosta da qualche parte, ne era sicuro. Spesso si chiedeva com'erano le sue giornate in Israele, senza di lui.
E' quasi elementare. Ovvio. mormorò a sè stesso, guardando il profilo della sua compagna. Era diventata parte integrante della sua vita; non riusciva ad immaginarsi senza di lei intorno che sbraitava. L'uno implicava l'altra. Elementare, no?
Una risata cristallina interruppe i suoi pensieri: "Perchè ridi?" le chiese, sorridendo pure lui. Forse si era ammalato. Aveva la Zivite.
"C'è una nuvola che sembra un culo!" la indicò col dito.
"Dove? Dove?"
"Ma lì! Come fai a non vederla?" da sdraiato, Tony strisciò verso di lei, poggiando la guancia sulla sua e seguendo la direzione del dito.
"Oh!" scoppiò a ridere. "E' un culo!"
"Visto?!" si sbellicarono dalle risate, per poi tornare seri. Ziva non lo aveva allontanato, sebbene la vicinanza fosse gradualmente diminuita.
"Ricordami perchè siamo qui" sussurrò lui al suo orecchio. La ragazza rabbrividì, ma cercò di non darlo a vedere.
"Per la fiera di Abby"
"Mh, già" sbadigliò.
La loro amica gli aveva chiesto di supportarla nel fare volontariato ai bambini dell'orfanotrofio delle suore a cui era tanto affezionata. Aveva raccolto molti ragazzi del liceo per farli giocare al parco almeno un pomeriggio, fuori dal convento, e per permettergli di mangiare un gelato. Dopo due ore, però, Tony e Ziva si erano lasciati cadere stanchi sul prato, sostituiti da una loro compagna di scuola.
"Non mi piacciono i bambini" piagnucolò Tony.
"E perchè sei venuto?"
"Perchè... bè, perchè è vero che non li sopporto ma... ne hanno bisogno. E poi c'eri tu" confessò tranquillamente. "Non potevo lasciarmi scappare quest'occassione per rovinarti l'ennesimo pomeriggio!" sghignazzò.
"Che stronzo! Senza cuore, pure!" lo prese in giro e si alzò.
"Dove vai?"
"A prendermi cura di un bambino, quello per cui siamo venuti" gli parlò mentre camminava all'indietro, verso il gruppo di volontari.
Tony alzò gli occhi al cielo e, con uno sforzo enorme, barcollò nel seguire la sua amica. La guardò. Un'idea malsana arrivò.
"Ziva?"
"Eh?" la tirò verso di sè con uno strattone e la fece rotolare sul prato. La ragazza cominciò a ridere, lamentandosi tra l'altro dei capelli appena lavati e ora sporchi di fili d'erba, poi, con un paio di mosse, riuscì a finirgli sopra. Sorrideva.
Non era esattamente quello che avevo in mente. Cazzo! Tony si triturò un labbro, sperando che confondesse altro per il suo ginocchio.
"Non devi sfidarmi, DiNozzo" gli soffiò sulle labbra, mandandolo in estasi. "Ne esci distrutto!"

"Cucù!" Abby sobbalzò. "Tim!" lo abbracciò di slancio, facendolo arrossire.
La ragazza si era offerta di supervisionare i volontari per conto delle suore e, in particolar modo, il suo sguardo cadeva costantemente su McGee, alle prese con una bambina niente male che lo stava riducendo in schiavitù, giocando al cavallino.
Restò aggrappata al suo collo più del dovuto, tanto che il ragazzo la strinse a sè ancora di più.
"Profumi" riuscì a balbettare.
"Lo prendo come un complimento" sussurrò Abby, poggiando la testa sul suo petto.
Spero non sia solo per l'aria primaverile! pensò il ragazzo. "Come va con i bambini?"
"Bene!" Abby si staccò, più allegra del dovuto. "Sono così felice che il Liceo abbia aderito, sai?"
"Si vede" McGee le tirò via una ciocca di capelli, poi qualcosa attirò la sua attenzione.
"Che c'è?" si preoccupò Abby.
"Se prometti di non arrabbiarti con Tony... girati"
Abby si voltò, pronta (o no?) a godersi la scena dell'anno.


asdasdasdasdasdasda



"Ciao!"
"Ciao" Tony guardò con interesse la biondina, che l'aveva salutato. Era carina e il Tony-sensore si accese improvvisamente. Aveva lasciato Jeanne da pochi giorni e, su quel fronte, non aveva ancora avuto nessuna novità. Anche perchè tutte le ragazze sembravano stranamente solidali con Jeanne e non volevano far arrabbiare la Regina, evidentemente. Poi... poi c'era Ziva. Ma Tony non era esattamente sicuro che con lei ci fosse un 'qualcosa' da poterlo far stare tranquillo e rilassato. Certo era che nessuna ragazza lo mandava su di giri come lei.
Sarebbe solo per divertirsi... pensò, guardando la biondina. "Sono EJ" si presentò questa, tendendo la mano.
"Non ti ho mai vista" Tony afferrò la mano tesa.
"Sssi, è vero. Tendo a non farmi notare" alzò le spalle, ridendo. Era davvero carina.
"Mh. Strano. Quelle come te di solito le noto" le sorrise.
"Wow" sospirò EJ. "Sai proprio come colpirla, una ragazza!" scuotè la chioma fluente, poi scoppiò a ridere.
Ci sta provando... Tony alzò un sopracciglio, compiaciuto. Eppure non si sentiva libero di flirtare con lei. Forse erano gli occhi di Abby che lo sgridavano, insieme a quelli di McGee. O forse erano le spalle curve di Ziva, che poteva osservare sotto un platano, mentre giocava con una bambina. Si era accorta di lui e la nuova ragazza, ne era certo. E se... ? Tony si illuminò: troppe idee cattive, cominciava a preoccuparsi.
"Senti, EJ..." la prese per mano, attirandola verso di sè. "Mi hanno detto che i gelati non sono solo per i bambini. Te ne offro uno, ti va?"
"Ma certo. Non vorrei ingrassare però!" fece una smorfia.
"Che dici?! Sei stupenda!" sottolineò il concetto circondandole un fianco, per attirarla verso il chiosco dei gelati.
"Che gusto?" le domandò sporgendosi verso di lei.
"Mh. Cioccolato. Sono parecchio dolce, quando voglio"
"Davveeeeeee... ehi!"
EJ guardò male la ragazza che le aveva strappato Tony ad un centimetro dal suo naso. Era brunetta, dal cipiglio nervoso e gli occhioni scuri molto grandi. "Tony!"
"Zee!" il ragazzo le sorrise compiaciuto. Non ci credo, ho fatto Bingo!
"Ti ricordi che dovevi aiutarmi con Stacy? Quella con i codini!" indicò distrattamente un'orfana.
"Oh. Già. E' vero... ma EJ mi ha distratto!" ridacchiò stupidamente, accennando alla bionda, che la salutò.
"Me ne ero accorta" ringhiò Ziva. "Ma vai tranquillo... troverò qualcun altro che vorrà aiutarmi" sorrise malefica.
"JIMMY!" urlò, dando le spalle a Tony. Il ragazzo andò nel panico.
"No! No! No!" la prese per un braccio. "Ti aiuto io" fece una smorfia esaasperata.
"E il nostro gelato?" accennò EJ, delusa.
"Mi dispiace, principessa" Ziva si dipinse un sorriso soddisfatto sulla faccia, lo prese per mano e se lo portò via.
Passando davanti ad Abby e McGee, ricevette due scappellotti molto forti e Ziva si beccò solo un occhiolino.
"Zee" la fermò, nel suo tragitto verso la povera Stacy, che aveva già trovato con chi giocare. "Aspetta un attimo" sussurrò.
"Che c'è?" disse brusca, sciogliendo le loro mani.
"Sei gelosa, occhioni belli?!" rise Tony, abbassando la testa alla sua altezza.
"COSA?! No!"
"A me sembrava tanto una scenata di gelosia..."
"Ti sbagli" gli mostrò la schiena. Tony alzò gli occhi al cielo. "Sicura?"
"Si"
"Peccato" le mormorò, circondandole i fianchi in un abbraccio, come poco prima aveva fatto con EJ. Ma la bionda non aveva vibrato per il contatto, nè il suo corpo aveva prontamente risposto al nuovo calore. Ziva... che diavolo mi fai, ogni volta? Poggiò depresso il mento sulla sua spalla. "Mi sarebbe piaciuto che fossi anche un pò gelosa"
"Perchè?" sussurrò appena Ziva.
"Perchè vorrebbe dire che questa... cosa, non me la sto sognando" fece un mezzo sorriso, ma lei non potè vederlo.
"Per me, sei bello sveglio!"
Tony spalancò gli occhi e d'istinto la lasciò andare, ma, poichè era girata, non riuscì a vederle il volto. Ziva si incamminò di nuovo verso Stacy, le spalle non più ricurve e un andamento più leggero. Il ragazzo si aprì in un sorriso a trentadue denti: ora aveva una speranza, anche se lieve, che quella Cosa tra di loro, qualunque cosa fosse, c'era.

Il lunedì mattina, era sempre una brutta giornata per Gibbs, ma quella era decisamente la peggiore di tutte, perchè sapeva già che Shannon sarebbe stata lì ad aspettarlo... o almeno credeva.
In realtà la dottoressa fece poco o niente per farsi vedere, anzi, cercò di evitarlo il più possibile in quei giorni, provocandogli una strana sensazione. Panico? Tristezza? Di poco cose era sicuro, e una di queste era proprio Shannon e il suo carattere decisamente spigliato e solare.
Decise che doveva parlarci lui, almeno per chiarire la sua posizione. Già. Ma qual'è la mia posizione?
"Buongiorno" disse, entrando in sala professori. Lei non c'era. Adocchiò Ducky e si sedette accanto a lui.
"Ancora non è arrivata" disse l'amico, sorridente.
"Mica cercavo lei" si difese, cominciando però a guardare insistentemente la porta.
"No, che vado a pensare, eh!" Ducky alzò gli occhi al cielo, estremamente divertito.
Dopo circa cinque minuti, Shannon entrò nella sala professori. "Buongiorno" disse anche lei. Il professore di Scienze subito la salutò e lei fece altrettanto, ma appena vide Gibbs, sgusciò fuori dalla sala professori per rintanarsi nel suo ufficio.
"Eh, no. Ora basta!" ringhiò Jethro e le corse dietro. "Shannon!" urlò, nel bel mezzo del corridoio. La dottoressa si fermò.
"Mi stai evitando, per caso?"
"Nooo, impressione tua" disse ironica, voltandosi finalmente verso di lui. Aveva le guance rosse e il fiato corto.
"Non è un comportamento da persona matura"
"Neanche baciare i colleghi lo è."
"Se è per questo, nemmeno fargli sfuriate nel bel mezzo della sera sul loro comportamento, lo è"
Si sfidarono con gli occhi. Nessuno dei due aveva intenzione di cedere, Jethro lo sapeva; conosceva da abbastanza tempo Shannon.
"Che vogliamo fare?" disse per primo lui.
"Sesso, è un'ottima idea" borbottò ironica. "Ma che domanda è, scusa?!" strillò Shannon.
"Stai dando di matto!" la avvisò Gibbs, calmo.
"E la cosa ti stupisce?" rise nervosamente Shannon. "Sai da quanto mi piaci, Jethro? Da sempre! E tu cosa fai? Mi baci per dimostrarmi non-si-sa-bene-cosa e ti innervosisci pure se ti ignoro" si avvicinò pericolosamente a lui, puntandogli l'indice sul petto. "Il mondo non gira intorno a te, mio caro professore di Storia. Se voglio ignorarti, lo facc... mpf!" la replica venne soffocata da un bacio.
Ancora?! pensò stanca la dottoressa. Le stava venendo un dubbio atroce: non è che la baciava per farla stare zitta?
Poco dopo, però, si abbandonò completamente al bacio con Gibbs, che l'aveva intanto afferrata per i fianchi, conducendola a forza nello...
"Sgabuzzino delle scope?!" Shannon si staccò a forza da lui, guardandosi intorno.
"Preferivi il corridoio?" Gibbs sorrise e si sistemò il colletto della camicia. "Se vuoi ci torniamo..."
"No, lascia stare" la donna soppesò un attimo la sua figura. "Oh, al diavolo!" lo attirò a sè e stavolta fu lei a baciarlo. Le sembrò di essere attaccata a lui per ore, di sentire le sue mani dappertutto, di andare in fiamme. Questa sì che è vita!
Un cellulare. No! pensò sconsolata Shannon, perchè quella non era la sua suoneria.
Un Gibbs decisamente sottosopra e con la camicia sbottonata, rispose al telefono.
"Pronto? Si, coach..." la donna capì che era il professore di Educazione Fisica. "Cosa?" il tono preoccupato di Gibbs la fece sobbalzare.
"Certo. Arrivo immediatamente. Shannon?" alzò lo sguardo su di lei. "La avviso io, veniamo insieme" attaccò.
"Jethro?" mormorò, in una muta domanda.
"Sono richiesti i nostri servigi. Incidente in palestra" aprì con forza lo sgabuzzino. Shannon non l'aveva mai visto così preoccupato.



gfdgfdg



"Tony" gli accarezzò la fronte.
"Tony..." la mano passò alla sua guancia e il pollice delineò la forma delle sue labbra. Tony non era mai stato così bene. Non riusciva - o non voleva - aprire gli occhi; quelle carezze erano così belle, perchè interromperle? Non sentiva niente, Tony - non voleva sentire niente. Aveva la pessima sensazione che, svegliandosi, non avrebbe trovato una bella sorpresa.
"Tony" la voce piccola e sottile lo chiamò di nuovo e stavolta la sua mano era tra i suoi capelli, gli massaggiava il cuoio capelluto. Quasi gli veniva da piangere, c'era qualcuno che lo amava così tanto? Credeva di non meritarlo.
"Tony, per favore" stavolta nella voce c'era urgenza. La mano si appiattì sulla sua guancia e sentì qualcuno respirare sulle sue labbra. Un sospiro che aveva già sentito. Aprì un occhio, poi l'altro.
"Grazie, Dio" mugugnò qualcuno. "Tony" fece ancora, pizzicandogli una guancia. "Guardami"
Il volto di Ziva divenne chiaro e limpido nella sua mente. Aveva una smorfia sofferente e un colorito pallido, seduta sul suo lettino.
"Zee" biascicò, schiarendosi la voce. Le sorrise: "Ciao"
"Ciao, idiota" rise emozionata, stringendogli una mano. Sembrava molto più piccola in quel momento, molto più spaventata.
"Lo sapevo che con lei si sarebbe svegliato" disse una voce femminile. Tony alzò leggermente la testa e vide la dottoressa Shannon e il professor Gibbs l'uno accanto all'altra, che lo osservavano. "Dove sono?" riuscì a chiedere.
"In ospedale" lo informò Ziva, osservandolo preoccupata. "Hai... hai avuto un incidente in palestra" mormorò.
Poi, lui ricordò.

Amichevole contro il liceo King, di Philadelphia, prima del campionato interscolastico. Il coach l'aveva come sempre nominato playmaker e, secondo i suoi calcoli, per vincere doveva almeno passare la palla tre volte a Brian, secondo miglior giocatore, dopo di lui. C'era Ziva, sugli spalti, accanto ad Abby. Vedeva la goth fare il tifo come una matta e Ziva che teneva il mento sul palmo del mano e che, però, non lo abbandonava mai con lo sguardo. Gli aveva anche sorriso. Si sentiva forte.
Se quella partita l'avessero vinta, arrivare alle finali sarebbe stato un gioco da ragazzi, avevano già la strada spianata. Ma, soprattutto, i coach mandati dalle università gli avrebbero offerto una borsa di studio per lo sport, così da poter andare via di casa senza chiedere denaro a suo padre. Era quello il suo obiettivo, da sempre, scappare di casa. Era la sua unica possibilità.
Tim si era offerto di fare l'aiuto allenatore, lo aspettava a bordo campo con un Gatorade tra le mani. Alzò il pollice, sorridente, in segno di vittoria. Ce la poteva fare. Fischio di inizio, l'adrenalina sale. C'era solo la palla nel suo campo visivo e i compagni di squadra. Bisognava eliminare tutto. Sono due punti in vantaggio, la partita sta per terminare. Manca poco. Deve fare punto, deve impedire che lo facciano quelli della King. Gli pare di sentire la voce di Zee tra quelle che fanno il tifo. Un giocatore gli arriva davanti. Poi una fitta lancinante al ginocchio, il dolore più forte che abbia mai provato. Cade. Batte la testa.
Non c'è più nulla. Solo un'immagine sfocata, di Ziva, con una lacrima che scende dall'occhio destro: lo sta chiamando.

"No" sussurrò, più a sè stesso che ai presenti in stanza. "No, per favore" la voce si incrinò e guardò Ziva.
"Mi dispiace tanto, Tony"




















Maia says:


Lo so. Sono un mostro :( Ma mi serviva qualcosa per far smettere Tony di giocare; nel telefilm si dice che smette al college, io ho anticipato un pò. Non so se ve ne siete accorte, ma, se negli ultimi undici capitoli è stato Tony a correrle dietro, adesso ho invertito le cose.
Mi sembra abbastanza chiaro che lui è perso x'D Ora è il turno di Ziva di stargli accanto e di fare la gelosa u.U
Preparate i fazzoletti, prossimo capitolo strappalacrime.
Snif.

P.s.: Ok, mi so scordata Gibbs e Shannon! XD Come vi sono sembrati? Ci tengo a dire che il 'mio' Gibbs non è proprio quello del telefilm, è più giovane, più spensierato, non ha vissuto il dramma della morte dei suoi amori più grandi, quindi il suo comportamento impulsivo e parecchio... ehm... ''bisognoso" d'affetto ci sta tutto, secondo me x'D Mica potevo farlo uguale, no?

P.s.(2): Ok, mi so scordata un'altra cosa xD Secondo voi, qual'è la canzone che inquadra meglio la situazione di Tony e Ziva? (quelli del telefilm, non i miei, ci mancherebbe xD) Ditemelo, valuterò quella che per me è la più adatta perchè CI DEVO FARE UNA COSA U.U (no, non ve lo dico cos'è! XD hahaha) Scherzo, mi serve per l'Ultimo Capitolo u.u (da notare le lettere grandi).
Io una ce l'ho in mente, però non mi esprimo!

P.s.(3): Ok, mi so scordata la terza cosa. Fate volontariato :D -> Per le mie amiche S e Y che aiutano la comunità :D

P.s. (4) Ho trovato foto dei nostri attori da giovani :D
Sean
Pauley
Cote

Fatemi sapere, belle donne! (mi pare siate quasi tutte donne, scusate Uomini! :D GIRLS TAKE THE POWER!)

Maia.








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Capitolo 13
*** Che cos'è la famiglia? ***


13 capitolo
"No" sussurrò, più a sè stesso che ai presenti in stanza.
"No, per favore" la voce si incrinò e guardò Ziva.
"Mi dispiace tanto, Tony"


fsdfsds



-... that you have always had my back

Ziva, 7x02


"Non ci credo" sussurrò Tony, guardando il soffitto della sua stanza d'ospedale. Aveva la voce sottile, gli occhi lucidi. Ziva lo sapeva e nessuno meglio di lei poteva capire come si sentiva: braccato, senza via d'uscita, perso... solo. Ci era passata prima di lui e non una volta sola. Conosceva anche la rabbia che stava per esplodere.
"I medici hanno detto che..." cominciò a dire, sentendo Gibbs e Shannon uscire dalla stanza. "Che non potrai più giocare a basket" terminò.
Il viso di Tony si deformò, come se se fosse rotto in mille pezzi e cominciò a piangere, silenziosamente, come aveva sempre fatto, anche il giorno della morte di sua madre. Sempre per non infastidire nessuno. Piangeva, ma nessuna espressione sembrava avere il suo viso. Le lacrime scorrevano libere, dolore liquido, che Ziva sentì come se fosse il suo. Non se lo merita gridò tra sè e sè, parlando con un Dio che forse non c'era.
"Tony" gli sussurrò. "So come ti senti e..."
"No" urlò il ragazzo, non permettendole di prendergli la mano. Ziva sobbalzò. "Adesso ti faccio pena, non è così!? Starai pensando che questo piccolo incidente di percorso non è niente rispetto a tutti i tuoi guai!" alzò maggiormente la voce.
"Io so..."
"No, non lo sai!" urlò ancora. "La mia vita è finita, non potrò andare all'Università senza borsa di studio! Non chiederò soldi a... quello lì. Mio padre. Per una volta..." fece una smorfia sofferente e le lacrime aumentarono. "... avrei voluto cavarmela da solo, costruire qualcosa da me, senza il suo fottuto aiuto. Volevo... renderlo fiero di me" concluse in un fiato.
Ziva si morse le labbra ed ebbe un singhiozzo, ma cercò di non farglielo notare.
"Ehi" lo costrinse a guardarla, afferrandolo per il mento. "Solo uno stupido non sarebbe fiero di te. Sei un bravo ragazzo, vai bene a scuola, sei stato un vero campione in campo. Tutti vogliono averti accanto, Tony, domandati il perchè" le rispose stringendo la mano nella sua.
"Non volevo urlarti addosso" tirò su col naso.
Ziva ridacchiò brevemente, accarezzandogli la fronte: "Scherzi, vero? Sono mesi che ti urlo addosso, era ora che tu ti vendicassi!" lo fece ridere. "Non te ne andare" le sussurrò.
Le guance di Ziva si colorarono. "Assolutamente no"

Gibbs aveva ascoltato tutto, poggiato alla porta d'ospedale. Si era preoccupato, in quanto vice preside, di avvisare il padre del ragazzo e stava aspettando che arrivasse. Shannon era seduta su una sedia in corridoio e lo guardava ogni tanto.
"Gli vuoi bene" sussurrò alla fine.
Jethro sorrise e lanciò uno sguardo stanco al pavimento: "Si, gli voglio bene. E sono preoccupato per lui"
"Smettila di esserlo, allora" Shannon si alzò e gli tirò un buffetto sulla guancia. "C'è qualcuno che ti ha sostituito" gli mostrò la lingua.
"Ziva" rise Jethro. "Sta avendo più risultati di me"
"Noi donne abbiamo un sacco di assi nella manica"
"Me ne sono accorto" la guardò intensamente, poi, con delicatezza, la baciò. Shannon ricambiò il bacio, afferrandolo per la nuca, come per non lasciarlo andare.
"Era ora che te ne accorgessi"

"Sai cosa volevo fare, da bambino?" se ne uscì improvvisamente Tony.
Ziva, stesa accanto a lui sul lettino d'ospedale, lo teneva stretto a sè e, lei stessa, si sentiva protetta con la sua mano tra i capelli e teneva la testa sul petto di Tony per assicurarsi che il respiro e il battito del cuore fossero regolari; era come se fosse lei quella bisognosa di certezze (che lui stesse bene), non il contrario. Stare tra le braccia di Tony era una sensazione per lei completamente nuova. Dal canto suo, il ragazzo aveva pensato che Ziva era stranamente predisposta alle coccole: si era presa un gran bello spavento e non rifletteva sulle sue azioni.
Ne devo assolutamente approfittare ridacchiò tra sè e sè, stringendola. "Cosa?"
Il ragazzo cominciò a ridere. "Il poliziotto!" lei si unì alla sua risata.
"Ti ci vedo" aggiunse poi, alzando lievemente la testa. "Agente Speciale DiNozzo" borbottò, provocando in lui un'altra risatina. "Perchè poi hai scelto la strada del basket, scusa?"
"Mio padre" sospirò Tony. "Diceva che avrei dovuto pensare a qualcosa di più dignitoso"
"Cosa c'è di più dignitoso?"
"L'azienda di famiglia"
"Oh" Ziva fece una smorfia. "Capisco"
"Così ho abbandonato quell'idea e quando mi ha iscritto a basket per fare muscoli, ho scoperto di essere bravo. Non ho pensato ad altro negli ultimi dieci anni. Vivevo e respiravo basket"
"Perchè ti piaceva..."
"Si. E anche perchè tutti mi dicevano che ero abbastanza bravo per ottenere una borsa di studio, così da staccarmi finalmente da papà e non permettergli più di controllarmi con la scusa dei soldi..." disse Tony.
E renderlo fiero di te pensò Ziva tra sè e sè, ricordando la sfuriata di prima. "Non parliamo di padri, il mio sfiora la tragedia"
Tony rise e la strinse a sè senza volerlo.
Evitare contatti ravvicinati e intimi col bersaglio le regole di Eli David erano tornate.
Ziva respirò il profumo di Tony e si sentì in pace. Non c'era il Mossad, non c'era suo padre. C'erano solo loro due.
"Saresti un bravo poliziotto. Comincia a valutare l'idea di riprendere il tuo sogno di bambino" lo sentì alzare le spalle.
"Non lo so. Ora come ora..." sospirò. "Non riesco a pensare. C'è solo una cosa che vorrei nel mio futuro, adesso" arrossì, ma Ziva non lo vide.
"Cosa?"
"Bè..."
Qualcuno bussò ferocemente alla porta della camera e Ziva quasi cadde dal letto per lo spavento. "Apro io" commentò, sistemandosi la maglietta e i capelli arruffati da Tony. Dietro la porta, c'era un preoccupato uomo sulla quarantina, dall'aspetto affascinante.
"Papà!"

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Tony: ... you're staying in town?
Tony Senior: Thursday is Thanksgiving. I wanted to be with you.

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"Junior!" urlò, quasi buttando all'aria Ziva, per avvicinarsi a suo figlio. "Come stai?"
Tony lo guardò alienato. "Sto bene, papà!" bloccandogli le mani che lo tastavano dappertutto.
"Ho parlato con i medici! Sono pessimi, ti porto da un'altra parte, sono sicuro che riprenderai a giocare" disse spiccio, invitandolo a vestirsi.
"Papà, non riesco a camminare. E poi non posso tornare a giocare. E' impossibile, almeno non nel girone professionale" sussurrò.
Anthony DiNozzo sospirò e si lasciò cadere su una sedia accanto a suo figlio. "Mi dispiace, Junior"
"Non fa niente, papà, troverò altro e..."
"No, no!" sventolò la mano. "Non per questo. Per non essere venuto alla partita"
"Non vieni mai alle mie partite" sorrise tristemente Tony.
"Lo so. Ho sempre sbagliato con te, Junior. Mi dispiace, tanto" si coprì gli occhi con una mano, mentre suo figlio lo guardava sconvolto.
"Dai, papà! Sto bene!" rise.
"Mi sono spaventato, ok?!" gracchiò suo padre.
A quel punto, Ziva stava velocemente sgusciando verso la porta. "Dove credi di andare, guanciotte dolci?"
Si asciugò velocemente una lacrima che le era sfuggita e guardò Tony. "Andavo a prendermi qualcosa!"
"Mi avevi promesso di restare" le indicò il letto, invitandola a sedersi.
"Non mi sembra il caso" indicò col capo suo padre.
"Ziva" sussurrò suo padre. "La ragazzina con cui sei sempre al telefono?"
"Non siamo sempre al telefono!" replicarono tutti e due contemporaneamente.
"Oh, si che lo siete! La mia bolletta telefonica può dimostrarlo" la squadrò ben bene. "Ehi, Junior!" sorrise a suo figlio. "E' la più carina che tu abbia mai avuto! Bravo ragazzo!" gli diede imbarazzato una pacca sulla spalla - era ora di fare il padre.
"No, papà, noi non stiamo insieme..." si grattò la testa.
"Oh, ma che peccato!" Ziva, imbarazzata, cercava di guardare da tutt'altra parte. "Sarebbe proprio una nuora carina!"
"Papà!" lo sgridò Tony, che stava lanciando occhiate preoccupate a Ziva.
"Scusa, scusa! Dovrei dirti di usare precauzioni?" gli sussurrò, preda di quell'atroce dubbio.
"Facciamo così" ringhiò suo figlio. "Per cominciare a fare il padre, vai a parlare con i medici, eh?!"
"Si, forse hai ragione" annuì tra sè e sè. "Mi raccomando, fate i bravi!"
Ziva ridacchiò e permise ad Anthony di baciarle elegantemente una mano. "Sarei lieto di vederti a casa nostra, uno di questi giorni!"
"Papààà!"
"Si, si, ho capito!" alzò le mani in segno di resa e uscì dalla stanza.
"Mi piace" saltellò Ziva accanto a lui. "Non capisco cos'hai da lamentarti, è simpatico"
"Si... lo è. Quando vuole" alzò gli occhi al cielo.
"Era preoccupato per te. E tanto, Tony. Si vede che si sta impegnando per essere un padre migliore. Almeno lui ci prova..." sussurrò.
"Ehi, piccola ninja" la fece sedere sul letto vicino a sè. "Sono io quello infortunato. Non ti voglio triste, intesi?"
"Intesi!"
"Devi accudirmi" le fece l'occhiolino.
"Ora te ne stai approfittando, però!"

"Grazie, professore" disse Anthony DiNozzo Senior a Jethro Gibbs, in sala d'aspetto.
"Di niente. Mi scusi se l'ho offesa"
"Non lo dica neanche. Me la meritavo una bella lavata di capo"
Quando il signor DiNozzo aveva ricevuto quella telefonata, era a lavoro. Il professor Gibbs l'aveva prima avvisato dell'incidente, poi, una volta arrivato in ospedale, gli aveva chiarito un paio di cose di suo figlio: su quanto si sentisse solo e carico di responsabilità. Aveva capito che, molto spesso, Jethro si era sostituito al suo ruolo di padre e giurò a sè stesso che non sarebbe più successo.
"Sono felice che lei e suo figlio abbiate recuperato un rapporto" sorrise Gibbs. "Se lo merita"
"Lo so. Sono io che non merito lui!" si strinsero la mano.
"Professore!" urlò qualcuno, piombando in sala d'aspetto. Shannon rise, guardando i nuovi venuti e i due uomini si voltarono in sincrono.
"Abby! Tim!" sobbalzò Gibbs. "Che ci fate qui?"
"Come sta Tony?" chiese preoccupato il ragazzo, mentre l'altra si mangiucchiava le unghie.
"Sta bene" intervenne il signor DiNozzo. "Siete suoi amici?"
"Si, lo siamo! Possiamo vederlo?"
"Ultima stanza a destra" Anthony li fissò intensamente mentre correvano a salutarlo.
"Ha tante persone che gli vogliono bene" commentò Gibbs. "E' un bravo ragazzo. Se solo si impegnasse in Storia, sarebbe perfetto" ridacchiò.

"Devo andare" Ziva si stiracchiò e scese dal letto. Tony seguì attento ogni sua mossa.
"Torni domani?"
"Si, che torno..."
"Mi porti una pizza?"
"Va bene!" gli lasciò un bacio sulla guancia. "Buonanotte, culetto peloso!"
"Notte..." Tony sorrise, poi si ricordò. "Ehi... come fai a sapere che il mio...?"
"Il camice, DiNozzo. Hai il camice!" rise Ziva.
Questo prova che mi ha guardato il sedere. Punto per me!


dfsdfsd


Ziva tornò a casa e convinse suo padre a non prendere parte alla cena. Leni la guardò attenta mentre saliva le scale per camera sua.
"Cos'ha?" sussurrò Eli David alla sua domestica.
"Non lo so"
"E' strana, con me. Sembra che voglia evitarmi"
"Signor David, non per essere scortese, ma Ziva oramai ha trovato degli amici. Sarà solo distratta da altro"
"Già, già. Leni, per favore" si alzò da tavola. "Chiama a Tel Aviv, nel mio ufficio. Devo parlare con Chaim, per la missione a Parigi"
"Si, signore"
Chaim. Ziva, seduta sugli scalini, prese nota di quel nome. Non l'aveva mai sentito. Per evitare di farsi scoprire, salì velocemente in camera sua e, dopo essersi preparata per la notte, si infilò sotto le coperte. Le sembrava di sentire ancora l'odore di Tony.
Lui sta bene si disse, per la presenza molesta di quel terrore che si era impossessato di lei quando l'aveva visto cadere e perdere i sensi.
Lui sta bene. Sta bene. Lui sta bene... ma per quanto ancora? Non conosceva Ray Cruz, ma sapeva che sarebbe stato capace di tutto. La sua presenza non faceva che metterlo in pericolo, altro che infortuni sportivi!
Dovrei allontanarmi... ma non ci riesco. Ci aveva già provato ed era stato un buco nell'acqua, se non peggio. Tony non le avrebbe permesso di andare via da lui, ne era certa, a costo di tampinarla per giorni.
Sorrise, nel buio.





















Maia says:

Chiamatemi idiota, ma mi sono un pò commossa nello scrivere questo capitolo tutto Tony-Centrico :') ah! Ennesimo avvicinamento tra i due. Stanno facendo passi avanti, no? :D Per quanto riguarda il nostro Senior... non ne combina una giusta con Tony, ma a me fa tenerezza. Con i capitoli che esguiranno, vedrete che lui sbaglierà di nuovo. Forse rimedierà :)

Fatemi sapere :)

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Capitolo 14
*** - Grey can be... really sexy! ***


14 capitolo
sdasdas

- Grey can be... really sexy!

Ziva, 9x07



"... non hai detto così!"
"Senti, Tony, so cosa dico quando lo dico" s'innervosì Ziva, camminando spedita verso il suo armadietto.
"Sbagliato, guanciotte dolci! Hai detto proprio -qui cagna ci cova!-" ridacchiò Tony, seguendola fedele.
"Non è vero!" si alterò Ziva.
"Sei diventata rossa!" le punzecchiò divertito una guancia. La ragazza lo scacciò via con malgrazia.
"Smettila di prendermi in giro, va bene?" aprì di scatto l'armadietto, a cui Tony si appoggiò con nonchalance.
"Sei carina" le disse, di punto in bianco. "Tutta rossa" specificò.
"Ah. Quindi quando non sono tutta rossa, non sono carina?" Ziva assottigliò gli occhi.
"Cos - ? No!" si difese. "Tu sei bella sempre, ma quando diventi..." la ragazza rideva. "Mi stai prendendo in giro?"
"Ehi, una volta per uno. Ma scusa..." chiuse l'armadietto, dopo aver preso i libri. "Perchè si dice - qui gatta ci cova?-"
"E io che ne so, scusa!?" la seguì di nuovo lungo il corridoio. A volte lei lo trovava irritante che la seguisse dappertutto - o almeno si autoconvinceva che fosse così. Perchè, ammettere che averlo sempre intorno le piaceva da matti, sarebbe stato complicato.
"La gatta non cova! E' un mammifero" annuì tra sè e sè Ziva. "O no?"
"Il ragionamento fila! Però credo che stia a significare appunto questo..."
"Cioè?"
"Cioè, tu parli troppo, adesso!" la bloccò, scoccandole un bacio sulla fronte. "Ora facciamo una bella cosa, Gatta, andiamo da Gibbs, ci facciamo dare le fotocopie che ha distribuito mentre eravamo in ospedale e torniamo a lezione!"
Ziva mise il broncio. "Ma io non ho capito la storia della Gatta, sul serio!"
"Te lo spiego dopo!" Tony alzò gli occhi al cielo e la tirò per la felpa.
"Su, andiamo!" si avviarono entrambi verso l'ufficio di Gibbs.
"Dai, bussa!" disse Ziva. Tony battè le nocche sulla porta per tre volte, ma nessuno rispose.
"Mh. Ehi!" si accorse che non c'era la sicura. "E' aperta... Buongiorno profeeeee... CIELO!" si fermò sulla soglia della porta, tentando di bloccare Ziva. "Tonyyy... levati, dai!" si lamentava.
"Non credo che, uhm..."
"Ma quanto sei fastidioso! Levati, su!" lo spostò di peso, ma, dopo qualche minuto, avrebbe voluto stare al suo posto.
Davanti ai due ignari studenti, con relativi visi sconvolti, c'erano Leroy Jethro Gibbs pericolosamente avvinghiato a Shannon Stevens, in una posizione ambigua sulla scrivania del primo.
"Salve, ragazzi" disse stridula Shannon, mentre si tirava giù la gonna del tailleur, leggermente propensa verso l'alto.
Gibbs si limitò a sorridere tra sè e sè: "Cosa vi serve?"
Tony era troppo sotto shock per dire qualunque cosa, quindi Ziva prese la parola: "Le fotocopie..."
"Oh, si. Ve le porto in mensa, ok?"
"Grazie, professore" pigolò la ragazza, non meno sorpresa. "Andiamo, Tony" vide che non si muoveva. "TONY!"
"Vengo, vengo... arrivederci!" disse, facendosi portare via dalla sua amica.
Shannon si spalmò una mano sulla faccia: "Che vergogna!"
Jethro scoppiò a ridere. "Che fortuna. Proprio DiNozzo doveva beccarci..."
"Lo saprà tutta la scuola!" si lamentò Shannon.
"Non fa niente" Gibbs le abbottonò la camicetta. "Peggio di così!?"

I due ragazzi si erano dovuti fermare, perchè Tony era stato colto da un attacco di ridarella, che l'aveva portato a sedersi su una delle gradinate del cortile. Ziva cercava di mantenere un contegno, in piedi accanto a lui.
"Non ci credo! E io che pensavo che fosse gay, o robe così!" scoppiò a ridere Tony, le lacrime agli occhi.
"Solo perchè non l'hai mai visto con una donna?! Che pessimo!" gli lanciò un'occhiata di biasimo.
"... o frigido, o troppo attaccato al lavoro, o non ancora sessualmente sviluppato! Oddio... oddio, la Stevens!" si coprì il viso con le mani. "Non lo guarderò più allo stesso modo!"
"Certo che poteva pure chiudere la porta!" ridacchiò la ragazza.
"Già! Che questo ci serva da lezione, occhioni belli. La prossima volta, io e te ci blindiamo da qualche parte" si alzò e le fece l'occhiolino. Ziva lo guardò sconvolta mentre camminava verso l'aula di Francese.
"Perchè, fammi capire, c'è stata una prima volta?!" ringhiò.
"No, ma ci sarà" le fece una pernacchia.
"Sei morto!" Ziva gli corse dietro, mentre lui rideva a crepapelle. "Tanto ti ho quasi raggiunto!" gli finì contro, visto che si era fermato.
"Ma perchè...?" la ragazza si accorse che Tony stava guardando verso la porta della palestra semi-aperta, dove la squadra di basket si stava allenando - Vincent, a quanto pareva, era entrato al suo posto in squadra, visto che era la prima riserva.
"Tony..."
"Sto bene" scosse la testa. "Davvero!" provò a sorridere.
"Non è passato molto tempo. E' normale che tu ci stia male, sai?" gli accarezzò il braccio.
"Si, lo so. Fa strano vederli senza di me..." la voce gli si incrinò. "Tanto non vinceranno il campionato" provò a sdrammatizzare.
"Già! Gli manca il miglior giocatore" Ziva gli fece l'occhiolino.
Tony sorrise e si allontanò dalla palestra, con la David al fianco. Nonostante il dolore atroce per la perdita del basket, non poteva considerarsi infelice; quell'infortunio gli aveva tolto molto, ma portato altrettanto. Lanciò uno sguardo a Ziva, di fianco a lui, che continuava a parlare a raffica della - visione sconvolgente del nostro professore di Storia che si riproduce - e non potè fare a meno di sentirsi orgoglioso.
Non aveva ancora capito come, ma ce l'aveva fatta. Con lei aveva superato la parte più difficile e, ancora non si sa come, era molto più fisica e aperta nei suoi confronti. Tutto dal giorno dell'incidente.
"Posso farti una domanda?" le chiese improvvisamente.
Turbata per essere stata bruscamente interrotta, Ziva annuì. "Quando mi sono infortunato... hai... tu... hai avuto paura?" arrossì, gli sembrava una domanda molto stupida, detta ad alta voce, ma ci stava pensando da quando era uscito dal Day-Hospital.
Vide Ziva deglutire e diventare pericolosamente pallida. "Bè, è normale che io mi sia..."
"Non intendo quello" mormorò Tony, grattandosi la testa. "Sei cambiata nei miei confronti, no? E' che mi ricordo di te che..." Piangi, avrebbe voluto dire, ma non lo fece. La conosceva abbastanza da sapere che si sarebbe chiusa a riccio.
"E' solo che..." sussurrò Ziva, sorridendo tra sè e sè. "Ho perso così tanto negli ultimi anni... " non finì la frase, persa tra i suoi pensieri. La verità è che era terrorizzata all'idea di ...perdere anche lui, dopo sua madre, sua sorella e Ari. Non riusciva a dirlo ad alta voce, eppure, dagli occhi lucidi di Tony, le sembrò che lui avesse silenziosamente capito. "Ma si vedeva che non era grave, era solo una cosa mia. Che fai?"
Ti sta abbracciando, Ziva. Non è tanto complicato da capire, no?
"Ti sto abbracciando" rise, infatti, Tony. "E' per farti capire che non mi perderai, ok?"
"Accidenti, che acquisto che ho fatto!" risero.

xczxczx

- He's my half-brother

Ziva, 3x02


Tony le picchiettò sulla testa. "Ciao, occhioni belli!"
"Ciao culetto peloso!" il ragazzo fece una smorfia, le scompigliò i capelli e se ne andò verso casa sua. Ziva inclinò la testa e lo guardò andare via, sentendo le sue guance andare a fuoco. E' tutto così perfetto. Pensava, di tanto in tanto. Ridere con Tony, farsi toccare da Tony.
Non era mai stato così facile il suo rapporto con un altro essere umano.
Strinse a sè il cellulare e si avviò anche lei verso casa.
Qualcuno, però, la afferrò per un braccio. Tanto fu lo spavento, che Ziva lo colpì con una gomitata; alla fine, nonostante il sangue, lo riconobbe e un conato le salì spontaneo. "Ray!" ringhiò, estraendo velocemente la pistola dallo zaino.
"Ok, tra me e te c'è un evidente problema" rise il ragazzo, alzando le mani in segno di resa.
"Senti, non ho voglia di scherzare. Cosa vuoi?"
"Darti una cosa..." lentamente estrasse dalla tasta interna dei pantaloni una busta sigillata. "Te la manda Ari" il cuore della ragazza fece una doppia capriola. "Dov'è?"
"Non posso dirtelo"
"C'entra Parigi?"
"Non posso dirtelo"
"Fanculo!" levò la sicura alla pistola e gliela puntò dritta sulla fronte. Ray arretrò di un passo.
"Davvero, non posso parlarti. Ari me l'ha severamente proibito, probabilmente ci stanno seguendo. Vuole solo che tu abbia quella" indicò con la testa la busta che Ziva aveva tra le mani. "C'è un messaggio, all'interno. Non l'ho letto, l'ha scritto in arabo"
"Dammi un solo motivo per non spararti" sussurrò.
"Perchè sono l'unico che, al momento opportuno, ti potrà portare da tuo fratello. E l'unico che lo sta aiutando, attualmente"
"Per chi lavori?"
"Dettagli" il sorriso sardonico del ragazzo la fece innervosire. "Sappi solo che, al momento giusto, Ari si farà vedere"
"Al momento giusto?"
"Dobbiamo sistemare delle cose" cominciò ad arretrare. "Io andrei. Salutami DiNozzo" sparì alla sua vista, correndo.
Ziva tirò un respiro di sollievo, anche se la testa pulsava frenetica. Aprì di scatto la busta, dopo aver posato la pistola. All'interno, c'era una foto di loro due da bambini: la accarezzò commossa. Ma non c'era un messaggio? la voltò. Effettivamente, dietro, Ari le aveva lasciato qualcosa.

Cara sorellina, spero che Ray ti consegni a tempo debito questa busta. Ti prego, non portarmi rancore: tutto questo, lo sto facendo soprattutto per noi, per te!, per permetterti una vita migliore. Io sto bene e presto ci rivedremo -molto presto e potremmo stare insieme. Eli David non rovinerà anche la tua esistenza. Ti contatterò io entro pochi giorni.
Ti voglio bene,
A.

Per quanto l'idea che suo fratello stesse bene la rinvigorisse, Ziva tremò impercettibilmente. Cominciò a piovere, ma lei non si mosse. Continuava a fissare quelle frasi, in preda ad un attacco d'ansia senza precedenti.
"Presto ci rivedremo e potremmo stare insieme - molto presto" sussurrò tra sè e sè, cercando di regolarizzare il respiro. Quella frase non le piaceva; Ari aveva sempre avuto un carattere un pò particolare, più violento e drammatico del suo. Una frase così dolce e innocente, per lui, nascondeva altro e Ziva lo sapeva. Lo conosceva meglio di chiunque altro. Qualunque cosa stesse combinando, non le sarebbe piaciuta, ne era sicura. In un atto di coraggio, strappò la foto in mille pezzettini e lasciò che il vento e la pioggia li portassero via. Se papà la vedesse...
Ponderò l'idea di confidarsi con i suoi amici, ma preferì di no. Doveva solo aspettare, in fondo.
Ari deglutì perchè l'istinto mi dice che ti sei cacciato in un guaio più grosso di quanto pensi?
E la missione? Secondo i suoi calcoli, doveva essere a Parigi per la cellula terroristica. Invece era negli Stati Uniti.
La pioggia, oramai, le era entrata anche sotto la maglia, così, dopo aver starnutito più volte, se ne tornò a casa: un peso sul cuore e l'aria troppo stanca per una misera giornata scolastica.


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La canzone da cui è tratta la frase è GET IT RIGHT, da Glee. Personalmente la amo,
è una delle canzoni che mi hanno fatta commuovere.
Potevo mai non innamorarmi dell'immagine? 



Ziva se ne stava tranquilla, seduta al suo banco, con la testa altrove. Scarabocchiava sul quaderno di Chimica, mentre Ducky Mallard spiegava l'ennesima roba incomprensibile. Pensava a suo fratello, alla sua vecchia vita. Si ritrovò a disegnare una stella di Davide parecchio storta e sorrise tristemente. Farò mai qualcosa di giusto? Smetterà, ogni tanto, di crollarmi tutto addosso?* Sbuffò e cancellò con la gomma sulla matita la stella di Davide. Sto ricominciando. Devo smetterla. Ho già abbastanza problemi lontano da casa.
"Ehi" Tony le accarezzò un ginocchio. Sì, era il suo compagno di banco in tutte le lezioni che seguivano insieme. "Era bella" indicò il punto del quaderno in cui la ragazza aveva disegnato la stella. "Ti manca?"
"Un pò" fece una smorfia.
"E' da stamattina che sei triste. E' successo qualcosa?" la guardò con lo sguardo più limpido del mondo e Ziva non se la sentì di mentirgli ancora una volta. Gli raccontò brevemente dell'incontro con Ray e vide lo stesso sguardo diventare cupo. "Cazzo. Me lo dici solo ora!?"
"Non volevo mettervi in mezzo" alzò le spalle.
"Forse non ti è ben chiaro il concetto di squadra..." Ziva alzò gli occhi e si ritrovò a pochissimi centimetri dal naso di Tony che le sorrideva. Il cuore perse un battito. Potrebbe essere semplice. Potrei baciarlo, potrei essere felice. Ma non mi merita -  cosa puoi fare quando il buono che c'è in te non è abbastanza?* - sempre lo stesso discorso, finisce in un vortice di dolore per colpa mia. Accidenti.
Quanto tempo ci vorrà perchè io aggiusti tutto questo casino?* cominciò a scuotere la testa, distogliendo lo sguardo da lui.
"Che t'è preso?"
"Niente! Niente!"















Maia says:

* Tratti dalla canzone, appunto, dell'immagine sopra.
Godetevi questo capitolo perchè il prossimo T_________T... [non scordate quel - Get it Right. Fare la cosa giusta]
Bè... non ho altro da dirvi a parteeeeeeeeeeeee...

xczxczxc

BUON NATALE PROBIESSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSS!!




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Capitolo 15
*** Fare la cosa giusta ***


15 capitolo
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- You do not have any feelings

Ziva, to Eli, 8x08





C'era un odore marchiato a fuoco nella sua memoria: quello delle arance. In Israele avevano un albero di arance giusto nel bel mezzo del cortile, dove giocavano in estate. Tali si divertiva sempre ad arrampicarsi fino in cima, mentre Ari dal basso le urlava spaventato di scendere.
Erano bei ricordi. Gli unici ricordi piacevoli che avesse con i suoi fratelli, prima della tragica morte della più piccola. Da allora, tutto era cambiato; Eli David spariva sempre, Ari era entrato nel Mossad, sua madre era morta: Ziva si era ritrovata da sola a casa con Leni, sempre troppo misteriosa e chiusa per esserle davvero di supporto. Per questo e per tanti altri motivi, Ziva odiava il profumo delle arance.
Non era stupida. Per qualche strano motivo, aveva capito che qualcosa non andava -insomma, non poteva essere tutto a posto.
Suo padre spariva (come quando era morta Tali) e c'era sempre quel tarlo che martellava sulla sua scatola cranica, per quanto riguardava la missione di Ari. Perchè era tornato e non aveva detto nulla al Mossad? Perchè voleva che nessuno sapesse? E Ray Cruz? Ma soprattutto, come aveva fatto a scappare da quella missione praticamente suicida?
Ziva, in fondo, conosceva già la risposta. Non voleva ammetterlo a sè stessa, ma era l'unica spiegazione possibile: una spiegazione terribile, che non risparmiava nessuno della sua famiglia, o almeno ciò che ne era rimasto.
Aveva la morte nel cuore, ma una strana forza che sentiva provenire da quella Stella di Davide appesa al collo. Lo faceva per sua madre, lo faceva per Tali, ma soprattutto lo faceva per sè stessa: per la prima volta dopo tanto, Ziva sentiva di meritarsi un futuro diverso.
"Papà" lo chiamò, rimanendo sulla soglia della porta del suo studio.
"Ziva, entra" Eli la guardò preoccupato; non parlavano da molto e di certo non per volontà di sua figlia.
La ragazza aspettò qualche secondo, valutò prima la stanza, poi si sedette, rigida come una statua di sale. Suo padre notò le chiazze rosse attorno agli occhi, gonfi, così come il naso.
"Hai pianto?" le domandò, in ansia.
"Si" Ziva tirò su col naso. "Vuoi sapere perchè?" strinse i denti.
Eli si limitò ad annuire e deglutì. Non riusciva ad identificare quella donna come sua figlia.
"Perchè hai mandato mio fratello a morire. Mio fratello, papà. Tuo figlio" sussurrò.
L'uomo si mise sulla difensiva: "Tu cosa ne sai?"
"Lo so e basta. So che hai affidato ad Ari una missione che nessun agente avrebbe saputo portare a termine: è ovvio. Infiltrarsi in una cellula terroristica, oggi come oggi, è impossibile, tantomeno per Ari. E' giovane, non è abbastanza addestrato. Glielo rinfacciavi sempre" sorrise tristemente. "Non poteva farcela e tu ce l'hai mandato proprio per quello. Speravi che lo uccidessero, così la vergogna di un figlio bastardo sarebbe stata lavata via. Mi fai terribilmente schifo" si morse l'interno guancia.
Eli si passò stanco una mano tra i capelli. "Ziva... puoi credere di sapere tutto, ma, ascoltami..."
"NON MENTIRMI, PAPA'!" urlò, alzandosi e facendo cadere la sedia. "TU SEI IL VICE DIRETTORE! POTEVI IMPEDIRLO! POTEVI LASCIARE CHE ARI SI ALLENASSE ANCORA UN PO', AFFIDARGLI ALTRO!"
"Te l'ha detto Leni..." biascicò l'uomo.
"Non è importante!" scosse la testa, affranta. "Non è importante, papà! TU HAI MANDATO ARI A MORIRE!"
"NO!" battè un pugno sulla scrivania. "Per quanto io possa averlo... è sempre mio figlio!"
"E ALLORA SPIEGAMI!"
"Non posso" strinse i pugni, tanto da far diventare le nocche bianche.
"Non abbiamo più niente da dirci. Per quanto mi riguarda, non sei più mio padre. Non lo sei mai stato!" uscì, sbattendo la porta dietro di sè.
Eli fissò il punto dove sua figlia era scomparsa e sospirò. Prese il fascicolo di suo figlio dal cassetto sotto di lui e lo distrusse, lanciandolo in un trita-documenti. Se tutto fosse andato come previsto, Ziva non avrebbe scoperto tutto e non avrebbe mai più sofferto - anche se il prezzo da pagare era farsi odiare dall'unica figlia che gli era rimasta.
Lo faccio per te.


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- You're Tony DiNozzo. The class clown. That is why we love you.
Ziva, 8x10


"Non ti chiederò niente. E tu non chiedermi come ho scoperto dov'eri" ...o Tim mi ammazza.
"Forse è meglio" Ziva sorrise e si dondolò sull'altalena leggermente umida di pioggia. Le scarpette si erano macchiate di fango, a furia di strusciare contro il terreno. "Di tutte le persone che potevano trovarmi..." mormorò, voltandosi verso l'altra altalena. "... proprio tu"
"E ti stupisce?" Tony le fece l'occhiolino e anche lui cominciò distrattamente a dondolare. "Quando non mi hai risposto al messaggio mi sono preoccupato e sono venuto a cercarti. Immaginavo che avessi litigato con tuo padre dopo l'incontro con Ray"
"Sei incredibile" sospirò Ziva. "Non ti arrendi mai"
"Non quando si tratta di te" mormorò, sfuggendo al suo sguardo.
"Oh" le sembrò di aver dimenticato come si respirava. "Ora sei condannato, però" scherzò - ma non completamente.
"Cosa vuoi che siano un paio di spie e qualche tragedia, eh?! Niente per il grande Tony DiNozzo!" si vantò.
"Ci credo" Ziva poggiò la fronte alla catena dell'altalena e lo guardò commossa. 
"Ehi, occhioni belli" le accarezzò il naso, allungando semplicemente una mano. "Che c'è?"
"C'è che... all'inizio pensavo che tu fossi esattamente come tutti gli altri. Se non peggio. E invece ti sei dimostrato la persona più forte che io abbia mai conosciuto in tutta la mia vita e la cosa è abbastanza preoccupante, visto da dove provengo" sorrise. "Tu sei riuscito a starmi vicino come non avrei mai creduto possibile, a modo tuo e io... io non posso evitare di starti vicino. Con te mi sento forte. Mi sento al sicuro. Non vorrei ingrandire ancora di più il tuo ego, ma... sei un centro gravitazionale" alzò le spalle.
Tony l'aveva ascoltata in silenzio, poi prese la parola: "Perchè mi suona tanto come un addio?" deglutì a vuoto.
Ziva lo guardò dapprima stupita e, in seguito, dolorosamente consapevole.
"Dovresti averlo imparato. Non puoi nascondermi niente, guanciotte dolci" provò a sorridere, ma non ci riuscì.
"Lo so. Mi illudo sempre di riuscire a tenerti fuori, a salvare almeno te. Ma non ci riesco... vuoi proprio venire giù con me"
"Verrei dappertutto con te" poggiò anche lui la fronte alla catena dell'altalena. Stava perdendo e lo sapeva.
"So anche questo. Perciò sto provando a spiegarti che ci sono punti in cui non ti puoi spingere. Riguarda me" si alzò e si inginocchiò davanti a lui, prendendogli le mani. "Tony" prese un respiro.
"Mi mancherai"
"Dove devi andare?"
"A fare la cosa giusta"
"Vengo con te"
"Non se ne parla" gli posò un dito sulle labbra, per evitare altre rimostranze. "Era proprio per questo che non volevo vederti..."

"Non dire altro, per favore. Fa già abbastanza male così" le afferrò le mani e la fece sedere sulle sue gambe, sull'altalena.
"Mi dispiace..." gli prese il viso tra le mani e gli sorrise. "Grazie"
Tony sentì gli occhi pungere, mentre il petto premeva per sapere la verità, per scoprire a cosa stava puntando Ziva.
"Di niente" le sussurrò sulle labbra, prima di baciarla. Ziva sapeva e non fu colta alla sprovvista; si abituò prima al suo sapore, poi lo attirò maggiormente verso di sè, con le mani dietro la sua nuca. Lo baciò come non aveva mai fatto prima con nessuno e ben presto divenne un doloroso bacio bagnato dalle sue stesse lacrime. I respiri si mischiavano e lo stomaco fece parecchi salti mortali, prima che il bisogno d'aria riuscisse a separarli. Non ci fu bisogno di altre parole, perchè...
"Giù le mani dalla mia sorellina, DiNozzo"
... Tony non aveva mai sentito la canna di una pistola sulla tempia.

"Hai ragione. E' più comodo del mio"
"Te l'avevo detto, donna mal fidata!" Jethro la baciò, sgusciando verso la sua parte di letto. Shannon accettò di buon grado di farsi coccolare, anche perchè doveva approffittarne - c'era sempre qualcuno che li disturbava. Per una volta, era riuscita ad entrare in casa sua senza terze persone, il che era un ottimo traguardo. Avevano fatto l'amore e per lei era stato semplicemente perfetto e, finalmente, non si era sentita come se tutto ciò che le ruotasse attorno fosse sbagliato.
"Però è strano, il mio letto dovrebbe essere più morbido" si morse le labbra, fingendo di non sapere quanto quel gesto innocente mandasse Gibbs fuori di testa. Sentì, infatti, le sue mani risalire nell'interno coscia.
"Proveremo anche quello" rise l'uomo, dedicandosi al suo collo. "Abbiamo tutto il tempo del mondo, no?"
"Si, lo abbiamo" si voltò verso di lui e, emozionata, gli diede un timido bacio sulle labbra. "Tutto il tempo del mondo..."
"Che dici se ordino dall'Italiano? Mangiamo qualcosa, dopo..."
"Oh, mi dispiace ma devo tornare a casa!" mugugnò Shannon. "Ho promesso a Trisha, la mia amica, che le avrei preparato una delle mie torte con le carote per la festa di suo figlio..."


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- You jeopardize your entire career. And for what?!
- Fo you

Ziva & Tony, 6x25


"Ari" Ziva scese dalle gambe di Tony e corse tra le braccia di suo fratello. "Ari, Ari, Ari..." ripeteva, singhiozzante. Il ragazzo la stringeva forte, con un solo braccio, mentre con l'altro teneva ancora sotto tiro Tony.
"Ari, abbassala!" ordinò la ragazza, toccandogli la mano.
"Ma... lui..." balbettò suo fratello.
"Deve rimanere vivo. Se lo uccidi cercheranno le nostre tracce..."
Tony sentiva solo dei rumori indistinti, non capiva davvero la gravità della situazione. Nel suo campo visivo rientrava solo la pistola e, sulle labbra, aveva ancora il sapore della sua Ziva. La stessa Ziva che avrebbe perso. Era inevitabile.
"Ma cosa ci fai qui?" si ridestò sentendo il tono urgente nella voce della ragazza. "Mi avevi detto che ci saremmo incontrati nella tavola calda, non pensavo mi avresti seguita" riuscì lentamente a fargli abbassare la pistola, lanciando sguardi preoccupati a Tony, che sembrava realmente sotto shock. Notò che Ari somigliava moltissimo a Ziva, eccetto per il colore un pò più scuro della pelle e gli occhi obliqui.
"Non ti ho vista arrivare e mi sono preoccupato. Oh, Ziva!" la abbracciò, col braccio oramai libero.
"Mi sei mancato!" sprofondò nel suo petto, felice. Tony assistette alla scena impotente. Sapeva che di lì a poco lui se la sarebbe portata via e non poteva fare niente per impedirlo. Però ci puoi provare, Tony... si disse.
"Dobbiamo andare via" il fratello le prese le mani; aveva gli occhi lucidi, come febbricitanti: sembrava pazzo.
"Lo so, lo so" la ragazza respirava velocemente. "Però, Ari... devi dirmi cos'è successo..." Purtroppo lo so già.
"Non qui" lanciò uno sguardo sprezzante a Tony. "Andiamo..." la prese per un braccio.
"NO" Tony si alzò dall'altalena e finalmente Ziva vide la vita tornare nei suoi occhi. "No"
"No?" rise Ari. "Ho capito che ti sei preso una bella cotta per mia sorella ma..."
"Zee" guardò lei. "Zee non te ne puoi andare... non dopo tutto quello che abbiamo passato insieme! Non con lui!" e lo indicò sconvolto.
"Sono suo fratello!"
"Ari, sta zitto!" gli intimò Ziva.
"Per favore, per favore, pensaci! Lo so che vuoi allontanarti da tuo padre, che ti piacerebbe avere una vita come le altre ma... ma qui ci siamo noi, Abby, McGee... ci sono io" abbassò il tono della voce gradualmente: quella che stava guardando non era la sua Ziva. Aveva uno sguardo freddo, calcolatore e deciso, non era la stessa che l'aveva baciato cinque minuti prima.
"Senti, Tony. E' stato bello finchè è durato, ma adesso devo andare. Non crederai che io possa decidere di rimanere per te!" sputò con una nota di disprezzo tra i denti. "Ari mi è venuto a riprendere e, finalmente!, potrò vivere. Mi dispiace ma... è finita"
"E' finita..." ripetè Tony, tra sè e sè. "Come puoi dire una cosa così?! Prima..."
"Prima" Ziva prese un respiro. "Mi sono fatta trascinare dal momento, non pensavo che mi avresti trovata. Me ne volevo andare senza salutarvi. Ascolta, vi sono molto grata per avermi fatta integrare, ma qui non mi rimane niente. La mia è vita solo con la famiglia!" prese la mano di Ari. "Andiamo, dai!" scosse suo fratello.
Lanciò un ultimo sguardo a Tony, disperato, e pregò che lui non vedesse la menzogna sul suo viso.
Perdonami. Ti prego, perdonami.

hhhhhhh


"Ecco qua" esclamò Jethro Gibbs, parcheggiando davanti casa Stevens. Shannon si voltò felice verso di lui e si sporse per baciarlo.
"Grazie per il passaggio, professore. Ci vediamo domani?"
"Assolutamente. Fa la brava!" le sorrise, mentre scendeva dall'auto.
Shannon finse una faccia oltraggiata: "Io!? Devo solo fare una torta! Tu, piuttosto, che passi le sere con Tobias Fornell..." accennò, ridendo.
Gibbs alzò un sopracciglio divertito, poi aggiunse: "Voglio una fetta di torta, eh!"
"Vedremo se te la meriti!" gli urlò dalla soglia della porta, poi lo salutò con la mano ed entrò in casa. Gibbs la vide accendere le luci in cucina, poi se ne andò, fischiettando tra sè e sè. Stranamente, era felice per la prima volta dopo anni.
Erano le sette, stava già facendo buio e, nonostante la sua testa fosse occupata solo dalle immagini di lui e Shannon che si rotolavano tra le lenzuola, non potè non incuriosirsi, adocchiando una figura rannicchiata sul muretto di casa sua. Non si preoccupò di parcheggiare l'auto, ma scese e si avvicinò lentamente. Era ovvio che stesse aspettando lui.
"Tony" sobbalzò, una volta riconosciuta la felpa e il suo proprietario.
"Buonasera prof" sorrise lievemente, asciugandosi un occhio con la manica della felpa. "Com'è stare con la Stevens?"
"Tony, che ci fai qui?" gli chiese, preoccupato, facendolo scendere dal muretto. Il ragazzo sospirò, si passò disperatamente una mano tra i capelli. Tremava. "Non - non sapevo dove andare. Mi scusi, non volevo..."
"Entra, dai!" gli tirò uno scappellotto e lo fece entrare in casa sua. Quando accese le luci, notò subito la faccia stravolta.
"So che non dovrei ma... birra?" offrì. Il ragazzo annuì e si sedette sul divano.
Gibbs arrivò qualche minuto dopo, con due birre fredde e senza giacca. Si sedette accanto a lui e gli porse la bottiglia.
"Io..." Tony si schiarì la voce, stupito che il suo professore non gli chiedesse nulla. "Io inizialmente ero tornato a casa..."
Gibbs annuì leggermente, guardando fisso davanti a sè, mentre beveva.
"Ma... quando sono arrivato mio padre era in compagnia" digrignò i denti e strinse la birra tra le mani. "Ero disperato e non sapevo..."
"Che è successo?"
"Volevo solo parlare con mio padre. Per una volta..." tirò su col naso e prese un sorso.
"Che è successo?" ripetè lentamente Gibbs.
"Ziva. Ziva... lei... se n'è andata!" ridacchiò. "Non ci posso credere! Per una volta che mi innamoro, una e, sottolineo!, una!, mi capita una cosa del genere... impossibile"
"Andata? Che vuol dire che 'se n'è andata'?" gli strappò velocemente la birra di mano.
"Suo fratello, Ari Qualcosa... se l'è venuta a prendere per portarla via dal padre" soffiò tra le labbra, più stanco di quanto pensasse.
"Merda" soggiunse Gibbs. "Tony, dovevi chiamare qualcuno!"
"Era suo fratello, cosa vuole che facessi?! Ci ho provato... io volevo fermarla ma lei..." si prese la testa tra le mani. "... è andata..."
"Ehi" gli tirò un buffetto dietro la testa. "Sta calmo, va bene?"
"No, che non sto calmo! Quello è uno psicopatico!" si alzò e cominciò a vagare distrattamente per l'appartamento. "Lui è..."
"Una spia come suo padre?"
Tony lo guardò stupito: "Lei..."
"So tutto, sì. Forse è meglio che chiami Ducky"

















Maia says:

Probabilmente se questo capitolo vi - e MI- ha distrutti, non oso immaginare il prossimo. Oh, accidenti.
A che conclusione è arrivata Ziva, secondo voi? Se ci pensate, magari ci arrivate! Era quel filo rosso che avevo in mente fin dall'inizio, da cui è partito tutto. Praticamente, nel prossimo capitolo, leggerete tutto ciò che avrei voluto dire e scrivere dall'inizio, perchè è partito tutto da lì.
I capitoli finora servivano per arrivare al prossimo.
Punto.
Spero vi sia piaciuto questo e vi piacerà il prossimo :')

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Capitolo 16
*** Kill Ari ***


16 capitolo Dedicato a  V.

Perchè è mia amica da...
praticamente...
mh...
sempre?
Vorrei fare molto di più in questo momento, per te.
Ma non posso. Però posso starti vicino.
Direi che mi è sempre riuscito abbastanza bene :)
Ti voglio bene, tesoro.





fgdfgd



- When I told you Ari was innocent. I believed it. But yes. I would have lied to you. He was - my brother.
Ziva, 7x02


"... la tua valigia?"
"Tranquillo, non ne ho bisogno"
Ari annuì leggermente verso sua sorella, senza mai abbandonare lo sguardo adorante. Uno sguardo talmente tanto adorante da non vedere che gli occhi di Ziva erano velati di lacrime e triste consapevolezza dei fatti. Si era seduta su un divano letto spaiato e si guardava in giro, senza però reale interesse: la camera del motel era abbastanza sporca e anonima per un agente del Mossad disertore. C'era una scrivania, il divano letto dirimpetto a quest'ultima, una finestra che divideva in due la camera e un armadio accanto alla porta del bagno. La moquette su cui Ziva poggiava i piedi era umida, segno che la stanza non era immune al freddo polare che c'era al di fuori. Le si strinse il cuore pensando a suo fratello, chiuso in quella inabitabile camera. Se solo avessi fatto un'altra scelta, fratello mio... si circondò il petto con le braccia.
"Ari?" si schiarì la voce, apparentemente con nonchalance.
"Si?" gracchiò suo fratello, mentre con mano esperta raccoglieva vestiti e armi nascoste nei posti più impensati. La raggiunse e la fece leggermente alzare dal divano, per prendere degli Euro in contanti, nascosti dal materasso. Stiamo andando in Europa.
"Mi chiedevo... Ray?" buttò lì così, perchè non era ancora pronta ad affrontare la questione più spinosa. Guardò l'orologio appeso al muro incrostato: era quasi ora e lei non aveva più molto tempo.
Ari alzò gli occhi al cielo e rise leggermente: "Ti piace, eh? Comunque sta per arrivare, mi è stato molto d'aiuto da quando sono tornato da Parigi"
Sta per arrivare. Merda, questo non lo avevo previsto! "In che senso? Ti fidi di lui?" accennò lievemente.
"Certo! Comunque gli ho promesso una parte del mio... tesoro, però è fidato. Tranquilla" le diede un bacio sulla fronte. "Smettila di fare la donna di casa, ok? E' ora di farti coccolare, Ziva. Hai solo diciassette anni" le sorrise e le scompigliò i capelli. La ragazza provò a rispondere al sorriso, ma le venne solo un leggero singulto, che Ari parve non cogliere. Lui mi scompiglia sempre i capelli...
"Ma quindi... lui cosa fa per vivere?"
Ari bloccò la mano a mezz'aria, mentre prendeva i vestiti. Si voltò rapidamente verso sua sorella: "Perchè tutte queste domande?"
Ziva ridacchiò: "Curiosità. Sono una David, giusto?"
"Non ricordarmelo" le fece l'occhiolino e continuò a raccogliere le cose per la stanza. La ragazza guardò di nuovo l'orologio. Erano le sette e mezza. Prese un respiro profondo.
"Senti, Ari" cominciò. "Mi piacerebbe sapere come sei sopravvissuto a Parigi"
"Non sono cose che ti possono interessare, Ziva" esclamò con voce dura, senza neanche voltarsi per guardarla.
"Oh, invece credo di si" stupito, suo fratello si voltò verso di lei. Ziva aveva un'espressione grave in viso - se non disgustata.
"Ho sempre creduto" continuò, ignorandolo. "Che fosse nostro padre il mostro. In parte è vero. Ma, sai, quello che ignoravo era che tu -proprio tu, il mio fratello adorato" ringhiò ironica. "... saresti diventato come lui!"
"Che stai dicendo, Ziva?" sussurrò Ari, abbandonando la sacca da viaggio, che aveva in mano, sulla moquette.
"Sto dicendo che ti ho scoperto, Ari. C'era un solo modo per uscire vivo da Parigi: accordarsi con i terroristi" quasi vomitò quelle parole che non aveva avuto nemmeno il coraggio di pensare. Ma tutto tornava: la fuga, il fatto che Eli non dovesse sapere, i soldi per scappare... quel giorno stesso, in quella stanza del motel, ne aveva avuto l'assoluta quanto terribile certezza: suo fratello aveva tradito.
"Hai tradito Israele. Hai tradito il Mossad. Hai tradito la famiglia" gli urlò addosso. "Ti sei accordato con quei pezzi di merda che tre anni fa hanno ucciso Tali! TALI, ARI! HANNO UCCISO NOSTRA SORELLA!"
L'agente non replicò, ma abbassò la testa. "E' per questo che sei riuscito a scappare, vero? VERO?!" lo scuotè forte.
"Si. Ma l'ho fatto per te, Ziva! Senza quei soldi, senza il loro aiuto, non sarei mai riuscito a..."
"Cosa gli hai detto?" mormorò.
"Eh...?"
"COSA GLI HAI DETTO, ARI?"
Ari la fissò sbalordito: "Volevano sapere dov'era papà. Volevano sapere dov'era il quartier generale del Mossad e i nomi dei membri di spicco"
"Vogliono attaccare il Mossad e..." un'atroce verità, senza saperlo, le era venuta alla mente. "Papà. Stanno per uccidere papà! E' per questo che Ray è qui, non è vero? E' il tramite della cellula! Deve uccidere papà! Oh mio dio..." crollò sul pavimento, le mani sul viso.
"Ziva. Ziva..." Ari le prese le mani. "Liberarci di lui sarà solo una benedizione. Avremo una vita diversa..." lo schiaffeggiò.
"E' tuo padre, Ari" pianse, per la prima volta davanti a suo fratello. "E' vero, lui ti ha mandato..." spalancò gli occhi. "Oh, no..."
Ari la guardò interrogativo. "Cosa?"
"Lui ti ha mandato lì per... perchè aveva capito che tu eri una mela marcia... Papà" mormorò. "Voleva... capire se tu eri davvero..." Ziva si alzò lentamente. Ora tutto quadra. Papà, papà voleva testare Ari. E ha avuto ragione. Per questo mi ha portata in America, sapeva che Ari sarebbe venuto a prendermi. Non voleva perdere anche me... mi vuole bene. E sta per morire.
"Io ti odio!" strillò adosso ad Ari, colpendolo al petto.
"Calmati!" la afferrò per i polsi. "Io e te adesso ce ne andiamo in Europa" ringhiò. "Cambierai idea..."
Nessuno dei due si era accorto che la porta d'ingresso si era leggermente aperta. La ragazza se ne accorse qualche secondo più tardi. Vide una pupilla scura, poi tutti e due gli occhi nocciola. Vide la mano bianca e curata che le intimava di allontanarsi dalle braccia di Ari.
Ziva obbedì. Lui non capì cosa stava accadendo, perchè sua sorella si era improvvisamente calmata.
"Allontanati da lei, Ari Aswari" scandì una voce femminile.


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- There were no survivors

Gibbs, 7x01



Sul divano di casa Gibbs, Abby Sciuto teneva la mano a Tony DiNozzo, mentre Timothy McGee, in piedi accanto a loro, gli stringeva una spalla. Non c'era stato bisogno di altro, nè di parole, nè di espressioni tristi. Dopo quell'sms che aveva inviato ad entrambi, Abby e Tim erano semplicemente corsi e cercavano di partecipare quanto più possibile.
Gibbs e Ducky erano al telefono con la polizia, mentre Shannon, abbandonata la sua torta, tentava invano di chiamare casa David: telefono staccato. Era piombato in casa anche Tobias Fornell, allarmato dalla richiesta di Gibbs: credo che a breve ci servirà un avvocato.
In cuor suo, Tony stava covando una rabbia mai provata prima nei confronti di un essere umano. Non sapeva esattamente se contro Ziva o contro Ari, sapeva solo che era arrabbiato; forse con lei, pensò, in un attimo di lucidità. Lui l'aveva pregata di non andare, lei l'aveva fatto. Per avvicinarsi a Ziva aveva abbandonato tutto, era cambiato, si era adeguato ai suoi modi bruschi... si era perfino innamorato.
E ne usciva così.
Ziva avrebbe potuto scegliere: era la frase che ripeteva a tutti. Sarebbe bastato tenerlo per mano e lui l'avrebbe portata via da Ari, senza drammi, senza alcuna rimostranza. Invece aveva scelto di vivere nella menzogna. Io la odio.
Intanto, l'appartamento si era riempito di poliziotti che intimavano ai ragazzi di tornare a casa. Roba da adulti, ripetevano.
Tony, perso nei suoi pensieri, non capì che qualcosa era improvvisamente cambiato. Era stata comunicata una notizia alla volante arrivata da Gibbs, una notizia via radio che nessuno avrebbe mai sospettato.
"Tony" Shannon gli toccò leggermente un ginocchio. "C'è... c'è stata un'aggressione a casa David. Eli David e Leni, la governante, sono in fin di vita. Gli hanno sparato"
"Voglio tornare a casa" disse solamente il ragazzo, lasciando la mano di Abby e la stretta di Tim. "Voglio tornare a casa"
"Ma..." provò a replicare Abby.
"Se la signorina David vuole avere a che fare con un assassino, affari suoi. Io non voglio più averci niente a che fare" continuò, serio.
Nel frattempo, uno dei poliziotti, alla radio, riceveva un'altra notizia, non meno sconcertante della prima.
Dovete abbandonare il caso, signori. E' di competenza del Bureau.
FBI? pensò sconcertato il giovane detective. Ma se l'abbiamo appena saputo?!


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- It's just different for some of us

Tony, 8x23



"Agente dell'FBI Kate Todd" sorrise sardonico Ari, alzando le mani in segno di resa. Ziva, nel frattempo, si era lasciata cadere sul divano letto e osservò attenta mentre la donna che le aveva fatto cenno pochi secondi prima, entrava nella stanza.
Era molto bella. Aveva morbidi capelli scuri sparsi sulle spalle, due occhi grandi color nocciola, il viso apparentemente disteso. Eppure c'era sconfitta nel suo sguardo, lo vedeva bene. Ziva alternava lo sguardo da lui e lei, in cerca di qualcosa. Si conoscono! comprese alla fine.
"Ti aspettavo"
"Ci credo" annuì Kate, lanciando uno sguardo preoccupato a Ziva David. "Stai bene?" la ragazza si limitò ad un cenno.
Ari si voltò verso sua sorella, mentre un'ombra di comprensione passava sul suo viso. "Hai avvisato i federali?" le sussurrò.
Ziva distolse lo sguardo e strappò dal suo orecchio una cimice. "Mi dispiace" sussurrò. "Ma dovevo"
Suo fratello la fissò con rimpianto. "Che hai fatto?!"
"Non potevo permettere che finisse ancora male" scosse la testa. "Non dopo Tali. Basta. Non potevo più sopportarlo"
"Ma non lo vedi?!" ringhiò Kate, indicando Ziva con la pistola. "Non lo vedete, tu e tuo padre, cosa le state facendo? Questa ragazzina, in ventiquattro ore, ha dovuto sopportare di tutto. Che suo padre avesse mandato a morte suo fratello e che quest'ultimo avesse tradito il paese con gli assassini di sua sorella! Stavi per portarla via da tutto ciò che le era rimasto di buono!" Ziva sussultò alle parole dell'agente. Detta così è decisamente tragica... cazzo. Spalancò la bocca, improvvisamente in cerca d'aria.
Tutto ciò che le era rimasto di buono. Tony. Il desiderio di scappare da lui era così forte da farle quasi del male fisico.
"E scommetto che quando mia sorella ha chiamato i federali, hanno chiamato subito te" sorrise infastidito Ari.
"Ovviamente. Sono mesi che ti sto dietro, Aswari. Non potevo lasciarmi sfuggire quest'occasione. E, tanto per la cronaca... Eli David è vivo. Siamo riusciti a salvarlo, grazie all'avviso di Ziva. Ray Cruz, se questo è il suo vero nome, è in prigione"
E' vivo. Ziva tirò un respiro di sollievo. Leni! Speriamo stia bene... deglutì a fatica, pregando che finisse in fretta.
"Speravo tanto di sbagliarmi" gli mormorò Kate. "Speravo che ciò che avevo visto nei tuoi occhi..."
"Non ho mai avuto intenzione di fare del male" scandì Ari, abbassando lievemente le mani. "Volevo solo salvare la mia famiglia"
"Uccidendo nostro padre?" urlò Ziva. "Cos'hai nel cervello?!"
"Ziva!" la richiamò Kate, ordinandole di tacere con lo sguardo. La ragazza obbedì.
"Ti voglio troppo bene, Ziva" deglutì Ari, senza guardarla. "Non potevo sopportare che vivessi con lui"
"L'odio per tuo padre ti ha portato a fare questo. E quest'odio ti ha consumato dentro" disse Kate, notando che le mani si stavano facendo pericolosamente vicine alla cintura. "Tu non sei cattivo, Ari" tentò, in ultima battuta.
"No. Hai ragione" fece per estrarre la pistola, ma Kate fu più veloce e gli sparò. Un colpo in testa, preciso. Probabilmente il miglior colpo della sua vita. L'agente trattenne respiro, le sembrava di avere i polmoni in collasso. Guardò Ziva.
Io vi permetto di mettermi addosso una cimice e vi permetto di seguirmi per arrivare ad Ari. Ma vi chiedo solo una cosa: non voglio che gli sia fatto del male. Finirà in prigione e verrà trasferito in Israele per essere processato, ma deve uscirne illeso.
Ricordava chiaramente le parole che la ragazza le aveva detto al telefono qualche ora prima.
"Mi dispiace" le sussurrò, accarezzandole la testa.
Ziva sembrava non aver capito cos'era accaduto: fissava muta il corpo di suo fratello, passando dal foro di proiettile sulla fronte, alla pistola che aveva nella mano sinistra. La pozza di sangue si stava allargando e parve svegliarla.
"Ari?" chiamò con voce flebile. Si alzò. "Ari?" cominciò a piangere silenziosamente. "Ari..." si inginocchiò accanto al corpo di suo fratello.
"Io... perdonami" mormorò, piangendo. "Perdonami" singhiozzò forte e tirò fuori tutte le sue lacrime.
Kate fece cenno agli agenti di aspettare. Ziva prese la testa di suo fratello e se la poggiò al cuore.
"Perdonami!" le lacrime lavarono via gli schizzi di sangue.

Tony si chiuse in camera sua, dopo aver risposto male a suo padre minimo trenta volte. Gli aveva chiesto con foga perchè era stato riaccompagnato a casa dalla polizia e suo figlio aveva semplicemente alzato le spalle. Era stanco, Tony. Era parecchio stanco. Tutta quella giornata gli stava finendo sulle spalle come un macigno troppo grosso e cercava, nel suo piccolo, di non pensare al fatto che non avrebbe rivisto Ziva mai più - piangeva raramente e voleva evitare di farlo.
Sarebbe stato troppo difficile dare forma all'idea che lei non c'era più. Proprio come sua madre. Buffo, tutte le donne che amava lo lasciavano da solo. Forse non era destino. Si asciugò un principio di lacrima e uscì da camera sua per andare a farsi una doccia. Sentì suo padre parlare con qualcuno sulla soglia della porta. Saranno i poliziotti, pensò tra sè e sè. Entrò in bagno, con il pigiama tra le mani, e si spogliò.
"TONY!" suo padre picchiò forte sulla porta del bagno.
"Che cazzo vuoi?!" ringhiò suo figlio. Anthony rimase in silenzio dall'altra parte della porta, ignorando l'istinto che gli diceva di ricordagli di non dire parolacce. "Esci un secondo, figliolo"
Sbuffando, Tony si infilò il pantalone del pigiama e uscì a torso nudo. "Cosa c'è?"
"Devi uscire un attimo in giardino. Mettiti la maglietta"
"Perchè?"
"Fidati, ok? Per una volta" lo calmò suo padre. Tony annuì - non voleva litigare con l'ultima persona che lo amava davvero. Mise la maglietta del pigiama e seguì suo padre in giardino. Davanti al cancello in ferro battuto c'era una donna bruna, con un distintivo appeso alla cintura.
Mentre si avvicinava, Tony lesse a chiare lettere FBI - Ma quante agenzie sono coinvolte in questa storia?!
"Senta" la bloccò, prima che potesse parlare. "Non voglio essere interrogato adesso, quindi gliela faccio breve: non so dove sia quella stronza di Ziva David nè tantomeno quello psicopatico di suo fratello. Fine. Stop. Buonanotte" si voltò per andarsene, ma suo padre lo bloccò con una mano sull'avambraccio e l'espressione preoccupata.
Tony lo guardò male. "Papà!"
"Ascoltala, Tony. Dai" indicò col capo la donna.
"E va bene!" sbuffò ancora il ragazzo.
"Io sono Kate Todd. FBI" allungò una mano e aspettò che Tony gliela stringesse. Ma non lo fece, così Kate abbandonò il braccio lungo il fianco. Si schiarì la voce e inserì le mani nelle tasche del giacchetto di ordinanza: "Ari Aswari è morto. C'è stato un blitz circa due ore fa e... l'ho ucciso"
Tony spalancò la bocca stupito. "Ziva?" balbettò preoccupato.
"Sta bene. Lei... sapeva che suo fratello la stava cercando e si è offerta di portare con sè un microfono per arrestarlo. Era la nostra informatrice" si preoccupò di avvisarlo Kate, vista l'espressione sconvolta sul suo viso.
La mia piccola ninja. Non si smentisce mai. Un sorriso gli spuntò sul volto, senza che potesse trattenerlo.
"Volevamo portarla a casa ma... Eli David e la sua domestica sono in ospedale, purtroppo" Kate arrossì, improvvisamente. "Ecco io... ho accidentalmente sentito la conversazione al parco..."
Anche Tony arrossì vistosamente, facendo ridacchiare suo padre. Kate, poco prima, gliel'aveva abilmente riassunta.
"Aveva un microfono!" spiegò, in sua difesa. "E, ecco... ha appena visto suo fratello morire e non ha dove stare... non mi va di tenerla in centrale, nè di darla in pasto agli psicologi dei servizi sociali. L'ispettore e il mio capo sono d'accordo nel lasciarla da... "
"Rimane qui" tuonò Tony. "Rimane qui. Può stare tutto il tempo che vuole" si affrettò a dire.
Kate guardò suo padre, che annuì con un sorriso. "Posso considerarla come una seconda figlia, a questo punto" alzò le braccia. "Certo che può rimanere qui" strinse la spalla a suo figlio. "Grazie papà" sussurrò.
"Di niente"
"Dov'è?" chiese allarmato a Kate. L'agente accennò ad un'auto scura parcheggiata fuori al cancello.
Lentamente e senza scarpe, Tony si avvicinò al cancello, lo aprì e si sporse verso il finestrino dell'auto. Sul sedile posteriore era sdraiata una figura minuta, con addosso una coperta. Aprì lo sportello.
"Zee" sussurrò.
"Tony" disse la ragazza con un filo di voce. Si sistemò seduta, la coperta le cadde di dosso. Con orrore, Tony notò la quantità industriale di sangue sui suoi vestiti. "Ciao" gli disse, i segni delle lacrime silenziose sulle sue guance rosse.
In quel momento, Tony rischiò davvero di mettersi a piangere - stava bene e quella era l'unica cosa che contava.
"Ciao" le rispose, sorridendo. "Vieni qui" aprì le braccia e Ziva scoppiò di nuovo in lacrime, aggrappandosi a lui come ad un'ancora di salvezza. Tony la prese in braccio, la strinse a sè ed entrò in casa.
"E' al sicuro adesso" sospirò Anthony DiNozzo Senior, osservando suo figlio superare la porta d'ingresso con in braccio Ziva.
"Già. Ne ero sicura" sorrise Kate.
"Agente Todd..." tentennò l'uomo. "E' per caso impegnata?"
Kate alzò un sopracciglio. "Eh?"
"E' single? No, perchè ho due biglietti per il Don Giovanni e pensavo che..."
















Maia says:

oh, God. E' stato il capitolo più difficile da scrivere, sul serio. Mo me metto a piange T_T Mi sono commossa nello scrivere, dico davvero.
Si è notato che ho voluto dare a Kate la "rivincita"? Spero di si. Si conoscevano già, come avete notato. Vi aspettavate che Ziva avesse chiamato l'FBI?XD Il prossimo capitolo lo avrete solo dopo il sei gennaio :D


Bacioni e... BUON ANNO PROBIEEEEEEEEEEEEEEEEEEESSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSSS!

Che questo 2012 cominci bene per tutti :D

... BACIATE QUALCUNO A MEZZANOTTE, perchè io non lo farò! -.-'







SPAZIO PUBBLICITA':

 La strega, il fantasma, il demone e il poliziotto.

E' la mia nuova storia ^_^ Se vi va, fateci un saltino e poi mi fate sapere! :D
(che pessima, m pubblicizzo da sola hahahaha)





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Capitolo 17
*** L'amore è una cosa semplice ***


17 capitolo

Ma se un bel giorno affacciandomi alla vita,
tutta la tristezza fosse già finita,
io verrei da te

[T. Ferro, La differenza tra me e te]



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Ziva: ... why?
Tony: Because I don't wanna risk losing you

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Tornò bambina per un minuto. Dondolava, aveva le gambe a penzoloni, la testa molle, proprio come quando sua madre la prendeva in braccio per portarla a letto, in quelle sere d'estate in cui si addormentava sul portico di casa - aspettando papà.
In quel minuto che le sembrò un'eternità, non esistevano fratelli terroristi, padri bugiardi, sorelle e madri morte. Non esisteva neanche il sangue sui suoi vestiti, non esisteva il suo cerchio alla testa, che le stava facendo venire da vomitare.
"Ti terrò così stretta da non lasciarti più andare via" un bacio sulla fronte. Tony.
Che divertente. Aveva fatto e detto così tanto per sistemare le cose - nel modo giusto. E, invece, alla fine, le cose si era sistemate da sole, ma nel modo più sbagliato del mondo. Ari era morto e lei, per quanto se ne vergognasse, sapeva che sarebbe successo, fin dall'inizio.
Anzi, era pienamente convinta che c'avrebbe rimesso la vita pure lei. Era, in qualche modo perverso, sollevata che tutto fosse finito.
Era nel posto giusto.
"Devi farti una doccia" mugugnò Tony, più a sè stesso che a lei. "Non posso permettere che domani mattina ti svegli in questo stato" con un calcio aprì la porta di camera sua e, con delicatezza, la poggiò sul letto. A quel punto, Ziva aprì lentamente gli occhi, sentendo il materasso abbassarsi lievemente. Tony si era seduto accanto a lei e le accarezzava il viso con un dito.
Era nel posto giusto.


Tony sapeva esattamente com'era svegliarsi con qualcuno; aveva avuto molte ragazze e con molte ci era rimasto anche la mattina dopo. Sapeva della puzza del fiato, del fastidio dei capelli sul viso, delle braccia che si attaccano pericolosamente al collo. Tutto molto poco gratificante, a dire il vero. Quella mattina, invece, Tony capì che c'era qualcosa di diverso.
Me e te: elementare. Da voler andare via*
L'odore pungente del sangue di Ari era sparito, sostituito dal profumo del suo bagnoschiuma più una fragranza molto dolce.
Una ciocca di capelli era poggiata sul suo naso e profumava anche quella, morbida e calda, quasi consolante.
Sotto le sue dita, poi, c'era una tuta pesante, che a sua volta conteneva il corpo di Ziva David. Tony aprì gli occhi di scatto, ricordando chiaramente gli eventi del giorno prima. Ziva dormiva dandogli le spalle, ma le loro mani erano intrecciate sul suo ventre.
Ricordava di essersi addormentato tardi, dopo che le aveva fatto fare una doccia e mettere la tuta della squadra di basket, di almeno tre taglie più grande di lei, perchè non gli serviva più, oramai. Le aveva tenuto la testa tutta la notte quando correva a vomitare, le aveva asciugato le lacrime notturne e, alla fine, si erano addormentati per sfinimento verso le quattro del mattino.
Tony era stanco, senza forze. Ma la sensazione di averla finalmente vicina e al sicuro gli bastava, così tornò a chiudere gli occhi.
Gli sembrò di riaprirli qualche minuto dopo. Eppure c'era qualcosa che non andava - freddo.
Era solo nel letto ad una piazza e mezzo di camera sua. Ziva non c'era. Preso dal panico, quasi cadde dal letto, si rotolò sul pavimento per prendere le ciabatte e si precipitò giù per le scale, per raggiungere la cucina.
Vuota. Entrò piano, lanciando un'occhiata ai resti della colazione di suo padre. Si avvicinò al frigorifero, avendo notato una scritta sulla lavagnetta che usavano in casa per gli avvisi dell'ultimo minuto.
Sono andato a lavoro stamattina presto, non vi ho svegliati. Ho parlato col Prof. Gibbs, potete saltare la scuola. Mi raccomando, fate i bravi.
Papà
Velocemente, Tony cancellò il messaggio con la spugnetta. Quindi voleva dire che non aveva sognato tutto, Ziva era stata lì.
Continuò a girovagare per la cucina ed era così spaventato da non notare la pentolina piena di latte che stava bollendo sul fuoco.
"Buongiorno" si voltò verso l'arco d'ingresso che dava sulla cucina e sospirò di sollievo.
Sulla soglia c'era Ziva, infilata nella sua larga tuta da basket - proprio come ricordava. Tra le mani aveva i suoi vestiti finalmente puliti, probabilmente suo padre li aveva messi nell'asciugatrice. Aveva un pessimo colorito e ancora i segni delle lacrime, però Tony non l'aveva mai vista così bella. Le si avvicinò piano, temendo che scappasse come un animale selvatico.
Esattamente come la sera prima, aprì le braccia per lasciarle la scelta: la ragazza non se lo fece ripetere due volte e si lasciò abbracciare, non dopo aver posato i vestiti su una sedia del tavolo della cucina.
Tony la strinse a sè, come aveva sempre fatto, e si complimentò con sè stesso perchè non stava piangendo.
Me e te: è quasi una negazione*
"Ora puoi mollarmi" biascicò Ziva.
"Scusa. Ho il terrore che scappi di nuovo" sciolse l'abbraccio. Ziva gli sorrise brevemente e corse a togliere il latte dal fuoco.
Tony non sapeva cosa dire. Aveva perso sua madre, ma era un bambino, tutto gli sembrava diverso.
Lei, invece, aveva visto suo fratello morire e nel peggiore dei modi, a quanto aveva capito.
"Hai letto il messaggio di tuo padre?"
"Si, appena visto. Ma... quando ti sei svegliata?" si sedette al tavolo, mentre lei gli dava le spalle, preparando un bel cappuccino caldo.
"Circa mezz'ora fa. Sono andata in bagno, mi sono rimessa in sesto..." tirò su col naso, poi si voltò con due tazze calde tra le mani.
"Grazie" mormorò Tony, massaggiandosi gli occhi. Ziva gli accarezzò i capelli, sorridendo.
"Non ti ho fatto dormire"
"E cosa importa? Hai fatto qualcosa di meglio: mi ha fatto saltare la scuola!" rise Tony.
Ziva si unì lievemente alla risata e prese un sorso del suo cappuccino. Lasciarono che il silenzio si insinuasse tra loro, prima che Tony prendesse coraggio per ricominciare tutto dall'inizio. "Come stai?"
Ziva posò la tazza sul tavolo e prese un respiro profondo. "Vuoi la verità?"
"Si, ti prego. Basta con le bugie"
La ragazza lo guardò colpevole. "Già. Direi che sto... meglio. Non bene. Solo meglio" scrollò le spalle, osservando ciò che rimaneva del suo cappuccino nella tazza. Tony cercò il suo sguardo, ma era intenzionata a non guardarlo. Non gli sembrava che piangesse, però.
"Stanotte ho pianto abbastanza e... io sapevo che sarebbe morto. Lo sapevo"
"Mi dispiace, Zee"
"No. E' a me che dispiace" alzò finalmente gli occhi lucidi su di lui e provò a sorridere, ma non ci riuscì. Tutto si ruppe in un istante, il silenzio, il mezzo sorriso, la tranquillità: le lacrime cominciarono a scendere di nuovo come pezzi di vetro e ferirono Tony come se realmente si fosse tagliato. "Fa così dannatamente male"


fsdfsdfsd

- Do you ever thing about soulmates?

Ziva, 5x08


"Cosa?!"
"Inutile che ci provi, DiNozzo!"
"Questo coso non funziona!"
Ziva scoppiò a ridere e quasi cadde a peso morto sul divano. Era un asso nel giocare a tennis con la Wii e Tony non riusciva proprio a batterla. Certo, poteva evitare di metterle in mano una console, ma Tony aveva deciso di farla distrarre in quel modo.
Anche perchè aveva paura di affrontare un determinato discorso. L'hai baciata, DiNozzo. Prima o poi dovrete affrontare la cosa.
Gli sembrava abbastanza indelicato, ma la voglia di saltarle addosso non gli era per niente passata. Anzi.
"Ok, mi arrendo!" alzò le braccia, stanco, e si sedette sul divano.
"Da quando non giochi più a basket, ti sta crescendo la pancia! Ci hai fatto caso?" lo prese in giro, cadendo accanto a lui.
"Tu dici?" si alzò lievemente la maglia del pigiama, preoccupato. Ziva gli tirò un pizzicotto.
"Certo!" risero entrambi.
Le rimise a posto una ciocca di capelli, prima che il crampo allo stomaco diventasse reale. "Hai fame?"
"Un pò" ammise la ragazza, seguendolo in cucina. "Cucini tu?" spalancò gli occhi stupita.
"Si! Che dici di... spaghetti al sugo?" Tony capì immediatamente di aver detto qualcosa di dannatamente sbagliato: Ziva impallidì e con una scusa che nemmeno sentì, scappò al piano superiore. Il ragazzo si portò una mano sulla fronte e sospirò affranto.
Nel frattempo, Ziva si teneva saldamente attaccata al lavandino del bagno e cercava di tenere a freno le lacrime.
"Stasera Eli non c'è, Ziva! Che dici se ci facciamo gli spaghetti al sugo? Come quando eravamo in Italia, ricordi?"
"Non posso superare anche questa" mormorò tra sè e sè. Sentiva un vuoto opprimente all'altezza del cuore e le sembrava di annegare lentamente. Nella sua testa vorticavano i volti di chi aveva perso e coloro che l'avevano abbandonata.
"Da sola non puoi. Insieme, magari" sobbalzò, osservando Tony sulla soglia del bagno, che la fissava tristemente. Ziva si riscosse, asciugò gli angoli degli occhi e lo guardò.
Me e te: è così chiaro, che sembra difficile*
"Insieme?"
"Già" sorrise, porgendole la mano. "Ho pensato... che potrei fare i toast. Non mi va di impegnarmi!"
E il tuo sorriso spegne i tormenti, e le domande, a stare bene, a stare male, a torturarmi a chiedermi: "Perchè?"*
"Ok" biascicò Ziva e gli strinse la mano, promettendo a sè stessa di non avere più crolli di alcun genere. Lo facevano stare male e l'ultima cosa che voleva era che lui stesse male. Si lasciò guidare fino al piano di sotto ma, arrivati in cucina, Tony le lasciò la mano.
"Va bene, so che non è il momento più adatto" deglutì. "Però... ecco... ti volevo dire che..."
Ziva aspettava paziente che lui dicesse altro, ma Tony non riuscì a finire la frase. Era ancora scossa, ancora frastornata e non voleva aggiungere altri pensieri alla sua piccola ninja: anche perchè rischiava di venire evirato all'istante.
"... ti piacciono i Simpson? No, perchè io all'ora di pranzo li guardo sempre, mio padre dice che sono stupidi ma..."
Tu hai molte domande, alcune pessime, lo dico*.
Ziva si morse il labbro inferiore per evitare di scoppiargli a ridere in faccia e, in silenzio, ascoltò rapita la sua arringa finale a favore di un cartone animato. "... e, praticamente, possono essere consider... qualcosa mi dice che tu non mi stai ascoltando. Sbaglio?" le puntò contro il coltello con cui stava affettando il pane per i toast, mentre Ziva puliva la macchina per tostare il pane.
"No, no. Ti ascolto. Mi piace il suono della tua voce" sussurrò, senza imbarazzo alcuno.
"Ah, gr- grazie" arrossì Tony. Di male in peggio! Se continua a fare la carina, sono fottuto. Si schiarì leggermente la voce, per poi cercare in frigo qualcosa che andasse bene in mezzo a due fette di pane. "Burro di arachidi?"
La ragazza annuì: "Hai del prosciutto?"
"Mi pare di si. Pomodori?"
"Anche. Formaggio?"
"Si può fare!"
"Frutta?"
"Signorina David, ho anche quella" le si avvicinò guardingo. "Non sottovalutarmi!" fece l'occhiolino, riuscendo a farla ridere.
"Siamo una squadra perfetta" esclamò lei, una volta finito di pulire l'elettrodomestico. Tony si limitò a sorridere, ma non commentò.
Con maestria, crearono strati e strati di toast, sporcando tutta la cucina. Ad un certo punto, il ragazzo notò che Ziva lo guardava divertita, perchè infilava il dito indice nel barattolo di burro d'arachidi.
"Peggio di un bambino" si stufò alla fine, pulendogli la maglietta con alcune macchie di crema.
"E' buono!" si lamentò Tony.
"Lo so, culetto peloso, ma potresti anche prendere un cucchiaino!" col dito raccolse uno sbaffo di burro d'arachidi sulla sua guancia e se lo portò alle labbra. "Però hai ragione" mormorò, osservando stavolta il suo indice. "E' buona!"
Tony era rimasto imbalsamato, rosso in viso e decisamente adorante.
"Che ho fatto?"

"Potevi almeno controllare!"
"Non pensavo fosse così tanto pane!"
"Ho mangiato per... per... dieci persone" Ziva poggiò la guancia sulla spalla di Tony, che a sua volta si accasciò sulla sua testa. Erano entrambi seduti sul divano del secondo, dopo la mangiata del secolo: mai vista una cosa del genere a casa DiNozzo.
"Dovevo dirtelo che papà non torna mai prima delle quattro. Decisamente abbiamo fatto troppi toast"
"Direi proprio di si"
"Ho sonno"
"Dormi!" gli ordinò Ziva. "Dai, sù!" lo fece stendere sul divano, con la testa sul suo ventre. Prese ad accarezzargli i capelli.
"Non ti da fastidio?" biascicò Tony, già con gli occhi chiusi e dei mugolii di apprezzamento.
"No. In realtà mi sento in colpa, sono piombata qui..."
"Se potessi, ti porterei dentro di nuovo" fece Tony, senza aprire gli occhi. Ziva sorrise, anche se lui non potè vederla.
"Ok"
"Ok" Tony sbadigliò.

"Tony"
Mpf.
"Tony"
Pfff.
"Anthony DiNozzo Junior!"
"Che c'è?!" brontolò il ragazzo, aprendo solo un occhio. "Ciao papà" salutò, tornando col naso tra i capelli di Ziva.
"La tua ragazza russa" lo avvisò il quarantenne. Effettivamente, si sentiva uno strano quanto simpatico grugnito di sottofondo. Tony rise e il braccio che le circondava la vita divenne più stretto. Alla fine sul divano si era addormentata pure lei.
"Non abbiamo dormito stanotte"
"Spero non per quello che penso io!" gli tirò un calcio sul sedere, tanto da farlo cadere dal divano.
"Ahia!" si lamentò il ragazzo, alzandosi in piedi. "Sei la delicatezza fatta persona! Ma che ore sono?"
"Le sei e mezza, sto per uscire di nuovo. Vi ho trovati così" lanciò un'occhiata affettuosa al divano, dove Ziva dormiva ancora tranquillissima, come se nulla stesse accadendo.
"Oh. Bè, avevamo bisogno di dormire" si grattò una guancia. "Stai per uscire di nuovo?"
"Già" sorrise soddisfatto. Tony riconosceva quell'espressione: "Una donna?"
"Non 'una', Tony. 'La' Donna!" ridacchiò. "Agente del Bureau, Kate Todd"
"Papà!" urlò piano suo figlio, per non svegliare Ziva. "Ma ti pare?! Paga una prostituta se vuoi scaricare i nervi!"
"Non sono così poco elegante" si sistemò il colletto. "E comunque andiamo all'Opera. Non si può fare granchè"
"Meglio" Tony incrociò le braccia. "E il dopo?"
"Cena da Luigi" gli tirò una gomitata. "Ti porto qualcosa, tranquillo. Anche a Miss Grugnito dell'Anno!"
"Papà!" lo riprese ancora Tony, guardandolo uscire di tutta fretta.
"Ah, a proposito: ho chiesto a Kate di rinviare l'interrogatorio di Ziva a domani mattina e mi ha riferito che Eli David e la sua governante stanno bene, ma devono stare almeno quindici giorni in ricovero" lo avvisò sulla soglia della porta.
"Bene. Posso accompagnarla all'interrogatorio?"
"La accompagneremo insieme" Anthony gli fece l'occhiolino. "I preservativi sono nel como..."
"Ciao papino!" Tony gli chiuse la porta in faccia, esasperato.

hhhhh

[Ziva russa e Tony non riesce a dormire]
Tony: oh my God! Ziva! shh! come on, you’re killing me here! Sophie!    
Ziva: Oh! [gli punta la pistola alla testa] What?
Tony: Nothing. I thought I heard something. [torna a russare] Crazy chick.
Ziva: I heard that, my little hairy butt.

3x08

"Ciao"
"Buongiorno"
Ziva si stiracchiò sul divano, mentre Tony ridacchiava seduto sul pavimento e il mento poggiato accanto alla sua testa.
"Ti devo dire una cosa" cominciò serio, attirando la sua attenzione. "Russi da impazzire!"
La ragazza lo guardò oltraggiata e gli tirò un cuscino. "Non è vero!"
"Guarda, se non stessi morendo per il sonno, mi sarei già svegliato!"
"Stai mentendo" Ziva gonfiò le guance e gli diede le spalle.
"Oh, guanciotte dolci. Ti sei offesa!?" si arrampicò sul divano e fece aderire la schiena di Ziva al suo petto. "Scusa, ma russi davvero fort..."
Gli tirò una potente gomitata nel costato. "AHIA! Ma perchè ce l'hanno tutti con me oggi?!"
Ziva rise e si alzò dal divano, rossa in viso. L'hai baciato, Ziva. Prima o poi dovrete affrontare la cosa.
"Ehi, senti..." la prese per mano, prima che potesse allontanarsi. "Abby e McGee mi hanno tempestato di chiamate mentre dormivi"
"Possiamo... aspettare ancora un pò?" deglutì la ragazza. Non era pronta ad affrontare esseri umani che non fossero Tony DiNozzo. Si sentiva protetta, come in una felice bolla di sapone; il resto del mondo? Fingeva che non ci fosse, sarebbe stato troppo difficile.
"Ok. Mio padre mi ha detto che tuo padre e Leni stanno bene" le sorrise. Ziva fece altrettanto e non riuscì a trattenere un respiro di sollievo.
"Meno male"
"Sono contento per te" le pizzicò una guancia. "Però, ho una brutta notizia: mi sa che dovrai rimanere qui ancora per un pò, tuo padre e Leni ne hanno parecchio in ospedale. E domani ti accompagno per la deposizione..."
"Sopravviverò" gli fece l'occhiolino. "Ma dovrai prepararmi una stanza, non posso dormire con te..."
"E perchè, scusa? Sono scomodo?"
No, sei pure troppo comodo, è quello il problema. "No è che... mi sembra..."
"Sta zitta, và! Dormi con me, chiuso discorso. Stasera mio padre torna tardi, esce con l'agente Todd..." alzò gli occhi al cielo, seguendola con lo sguardo mentre accendeva la Wii. Aveva scoperto che le piaceva un sacco giocare!
"Bè, sono felice per loro. Magari è la volta buona!" alzò le spalle, mentre Tony da dietro le regolava la postura per giocare.
"Si, si. Certo. Si vede che non conosci mio padre!"
"L'amore è una cosa semplice, Tony" gli tirò un buffetto sulla guancia.
"Forse hai ragione: sono gli innamorati, ad essere complicati"
"Già" si guardarono, stranamente complici.
"Ti va di rendere tutto molto più semplice?" sospirò Tony, levandole di mano la console.
"Ch- che vuoi dire?" Ziva arrossì.



















Maia says:

Capitolo più Tivoso di così non so scriverlo, mi dispiace x'D Ecco la giornata di Tony e Ziva a casa DiNozzo :) Credete sia finita tutta questa manfrina? MA NO! XD Se vi state chiedendo dove sono finiti tutti gli altri... penso che appariranno presto, non so se nel prossimo capitolo, però! Mi diverto troppo con Tony e Ziva da soli!
Penso che per il diciotto dovrete aspettare :( Devo studiare un sacco e ancora non ho finito di scriverlo - senza contare LA SCUOLA e anche senza contare LA SCUOLA, e poi LA SCUOLA. (Recepito il messaggio? Per chi lunedì ricomincia come me: C O N D O G L I A N Z E)

* Grazie a Tiziano Ferro per avermi prestato la canzone La differenza tra me e te :) Non sono mai stata una sua fan accanita, ma il nuovo album è SUPERLATIVO e non so perchè mi ricorda Tony e Ziva >.< Ascoltate la canzone, sempre di Ferro, L'ultima notte al mondo.
Non vi dico perchè, però!



-> Appena tornata da Budapest.
Commenti:
Non m'è piaciuta per NIENTE XD Se vi devo consigliare di andarci, state a casa, che è meglio! L'unica cosa buona è la maglia dell'Hard Rock D: hahahha... meglio Londra, Edimburgo, Dundee e Galway u.u insomma: viva i paesi anglosassoni <3


 

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Capitolo 18
*** L'amore è una cosa semplice (parte 2) ***


17 capitolo
[Dedicato a due lettrici particolarmente... particolarmente... particolari xD hahah che sono riuscite dove nessuno ha mai neanche tentato u.u]








"Ti va di rendere tutto molto più semplice?"
"Ch- Che vuoi dire?"

sdsdsgdfgdf
Ziva: Well then, I am... grateful to have someone in my life who is as...
romantically dysfunctional as I am.
Tony: Agent David, do you really consider me to be in your life?

9x12



"... anche se così non vale!" ridacchiò Ziva, mentre saltellava per vincere la staffetta olimpica contro Tony alla Wii.
"Si, lo so!" si vantò il ragazzo, mentre vinceva miseramente contro la sopracitata.
"Il livello Easy è troppo facile per me!" disse Ziva.
"Bè, il livello Champions è troppo difficile per me!" le fece il verso il ragazzo.
La ragazza scosse la testa divertita; con Tony era sempre come avere a che fare con un bambino troppo cresciuto, troppo pestifero e troppo ruffiano. Le aveva detto con l'aria tutta seria di rendere le cose più semplici e lei già stava andando nel panico – per poi scoprire, non senza un sorriso, che intendeva la difficoltà del videogame. Ma Tony doveva piacere così, prendere o lasciare. In realtà, aveva lasciato che lui la superasse, per sentirlo solo un pò vantarsi. In fondo, se lo meritava, lo aveva battuto tutto il santo giorno.
Lui aveva addossato le solite scuse – questo cosa non funziona!, tu sei più allenata di me, è naturale!, le ragazze biologicamente sono più agili degi uomini. Lo trovava estremamente dolce e divertente. Per lo meno, non sentiva più il peso di tutto il mondo sulle spalle. Presa da questi pensieri, gli occhi le si inumidirono di gratitudine e l'aria le mancò di nuovo, ma per un motivo diverso – era emozione, sentimenti positivi.
"Che c'è?" Tony si era accorto che lo stava fissando, perchè aveva smesso di saltare gli ostacoli. Si fermò anche lui, col fiatone e, preoccupato, la guardò mentre si apriva in un sorriso. "Che c'è?" ripetè, infastidito, come sempre quando non sapeva cosa le passava per la testa. Effettivamente Ziva David era pericolosa.
"Pensavo"
"A cosa?"
"A quanto sono fortunata ad averti nella mia vita" la risposta stupì Tony e la stessa Ziva, che si portò una mano alla bocca, stupita per averlo detto ad alta voce.
"Ah" il ragazzo sbattè le palpebre, poi sembrò riprendersi. Sorrise sornione: "Oh bè. Ti capisco. Insomma, chi è che non sarebbe felice? Sono simpatico e bello e..."
"Ma smettila" Ziva gli tirò una spallata, ridendo.
"Dico davvero!" le prese il mento tra due dita. "E, per inciso: sono io quello fortunato, guanciotte dolci. Certo, potresti migliorare un pò quel caratteraccio che ti ritrovi...". Gomitata. "Ahia... ehi!, non ho detto che il tuo caratteraccio non mi piace!" fece una pernacchia.
Ziva scoppiò a ridere, di nuovo.
Tony, con un sorrisone che mai si era visto sul suo bel viso, saliva le scale per andare in camera sua a prendere il pigiama. Quel giorno passato con Ziva l'aveva decisamente rinvigorito e si sentiva pieno di energie – anche se, per nulla al mondo, avrebbe rinunciato a dormire nello stesso letto della ragazza. Erano rimasti in piedi fino all'una di notte, tra qualche chiacchiera e qualche tramezzino preparato di sfuggita.
Ancora si stupiva di come fosse semplice vivere di lei: non era semplicemente stare insieme nella stessa stanza, era proprio respirare attraverso Ziva. Non si era mai sentito in quel modo ed era tutto su di giri – o semplicemente era innamorato.
Mentre saliva le scale, però, una serie di dubbi che non si era mai posto, cominciarono a salirgli prepotentemente al cervello: se dormivano insieme, doveva sicuramente riempirsi di deodorante; e doveva assolutamente lavarsi i denti (peccato che la nuova donna di casa avesse preso possesso del bagno); e se le avesse dato fastidio, mentre dormiva?

Anthony DiNozzo Junior, sembri una donnicciola! Non è la prima volta che dormi con una... ragazza. Ma Ziva non era una ragazza qualsiasi e lui era intenzionato a fare bella figura.
Corse in camera e cominciò a mettere velocemente a posto i vestiti sparsi un pò dappertutto. Aprì la finestra per far arieggiare e mosse freneticamente le braccia come se l'aria potesse vagare meglio per l'intera stanza. Poi corse al letto, che rifece alla bell'e meglio, guardando contemporaneamente la porta per paura che Ziva entrasse. Credette di aver finito e sorrise soddisfatto, quando vide l'arma del delitto: un calzino di un pessimo color ocra, appeso alla sponda del letto. Lo guardò con astio e vi si lanciò contro: peccato per lo zaino abbandonato tra lui e la puzzolente calza, poichè Tony inciampò a finì dritto sul pavimento.
"Ma che diavolo...?"
Il suo naso era a pochi centimentri da un paio di piedini infreddoliti, che si arricciavano.
"Tony!" strillò Ziva.
Il ragazzo alzò lo sguardo e, probabilmente, il suo colorito divenne di un viola prugna. La ragazza era avvolta in una ascigamano umidiccia e teneva le gambe strette tra loro. Aveva i capelli ancora bagnati e gli occhi sconvolti. Non si aspettava di trovarlo in camera.
"Alzati subito, maniaco!"
Tony si alzò barcollando, gli occhi pieni della visione celestiale di Ziva mezza nuda e bagnata. Certo, lo sguardo assassino che aveva messo su non era dei migliori e di certo non era adatto al momento, ma lui la trovava sexy da morire. Deglutì invano, la saliva lo aveva abbandonato facendo armi e bagagli, mentre qualcos'altro aveva raggiunto le sue parti basse.
"Ciao Zee!" salutò con una terribile voce in falsetto. Poteva quasi vedere le vene che pulsavano di rabbia sulla fronte della ragazza.
"Esci subito!"
"Vado... vado!"
Gesù, che gambe favolose!

"Ti posso raccontare una cosa?" sussurrò Ziva contro il suo collo. Un brivido di piacere percorse Tony e lui si limitò ad annuire, alzando la coperta che avvolgeva entrambi sul suo letto: come aveva previsto, stavano dolcemente stretti; aveva fatto bene a non prepararle la camera degli ospiti, si sarebbe perso tutto quello splendore. Il suo dito continuava ad attorcigliarle i capelli.
"Ari è sempre stato un buon fratello" la sentì sorridere e il sospiro arrivò chiaro alle sue orecchie. "Picchiò selvaggiamente il bambino che mi aveva dato il mio primo bacio! Anche con Tali era protettivo però... sai, lei non era affatto il tipo di persona che necessitava protezione. Era adorata da tutta la famiglia e spesso mi sentivo gelosa di lei" tirò sul col naso e Tony la attirò maggiormente a sè con le braccia.
"Cioè lei era... perfetta. Era bella e intelligente, mio padre non si sarebbe mai sognato di destinarla al Mossad: Tali doveva diventare un famoso avvocato, un chirurgo di fama mondiale, una giornalista affermata. Erano tutti stranamente disposti a realizzare ogni suo desiderio, non so come facesse. Anche io la adoravo, cosa credi? Le davo tutto quello che voleva, prima i giocattoli, poi i vestiti. Tali era così"
Tony pensò che era esattamente l'effetto che Ziva aveva su di lui.
"Poi è morta. E' stato... devastante. Insomma, tu accetti la morte di un parente se la morte arriva già preannunciata ma... un attacco terroristico. Come fai ad accettare che la tua sorellina è morta per una bomba? Mio padre non l'ha mia fatto credo. Era un membro di spicco del Mossad e non è riuscito ad evitare che la sua bambina morisse. In quel momento ho pensato che era meglio che la mamma fosse morta prima: forse non sarebbe riuscita ad accettarlo nemmeno lei. Di colpo tutto in casa mia si è spento" tacque, come se risentisse le sue stesse parole. Era da tanto che Ziva non parlava con qualcuno della sua vita in Israele.
"La perdita di qualcuno che ami è... tremenda" disse Tony, accarezzandole un fianco. "Davvero tremenda"
"Lo so" Ziva rise, di una risata amara, contro il suo collo. "Ma io... volevo che la vita andasse avanti, capisci? Tutto quello che è successo dopo, non ha fatto altro che ricordare a me ed Ari che noi eravamo solo i sopravvissuti a nostra sorella, non dei figli. E' orribile" Respirò più velocemente. "Mi mancano mia madre e le sue storie della mezzanotte, anche se papà si arrabbiava da morire perchè mi svegliavo tardi. Mi mancano mia sorella e le sue chiacchiere infinite. Mi manca mio fratello... sai perchè? Era l'unico che, in ogni circostanza, mi capiva"
"Non posso ridarti tutto quello che hai perso, Zee. Nessuno può... però forse posso affittarmi un posto da qualche parte, così da farti sentire almeno meglio. Non ti prometto miracoli, eh!" sorrise tra i suoi capelli e la sentì annuire.
"Sai..." Tony si schiarì la voce. "quando tu mi hai mollato per Ari..."
Ziva arrossì, consapevole di essere arrivata al giorno prima, quando aveva baciato - era stata baciata da Tony. Non riusciva a capire se voleva affrontare l'argomento o se voleva ignorarlo per sempre: non hai più molta scelta Ziva!
"Io mi sono sentito... male, ok? Era tuo fratello però... io ero io. E poi pensavo che lui ti avrebbe portata via e non potevo credere che stesse succedendo un'altra volta" arricciò il naso.
"Un'altra volta?"
"Dopo mia madre"
"Oh. Mi dispiace Tony"
"E' tutto il giorno che lo dici" alzò gli occhi al cielo e sorrise, senza che lei potesse vederlo.
"Non mi sembra mai abbastanza" affondò il viso nell'incavo tra collo e spalla, in un mezzo abbraccio.
"Lo è. Non ti devi scusare, non hai fatto niente di male. Hai solo cercato di fare la cosa giusta e l'hai fatta. Perchè, alla fine, nessun attacco terroristico colpirà gli Stati Uniti e Israele, e tu sei tornata da me. Non è perfetto?" Eccetto per quel piccolo particolare del fratello morto!, sei un idiota Tony DiNozzo, davvero un idiota! si morse la labbra colpevole, ma non la sentì dire niente.
"Sono tornata da te. E' vero" sospirò poco dopo.
"Te lo ricordi il primo giorno in cui sei piombata alla Woodrow?" il corpo di Tony venne scosso dai singhiozzi per il forte ridere.
Ziva si unì a lui. "Oh mio dio! L'avevo rimosso: sei stato pessimo quel giorno!"
"Ehi!, volevo solo fare amicizia. Sei tu che mi ha fulminato col tuo super sguardo ninja!" la accusò, ridendo.
"Sono cambiate un sacco di cose" disse Ziva, sbadigliando. "Non credevo sarebbe stato possibile"
"Già. Neanche io. Fino a qualche mese fa ero un promettente giocatore di basket" Ziva gli fece una pernacchia. "avevo come ragazza la più popolare della scuola" rise al finto conato di vomito di Ziva. "... e pensavo a cose come il Ballo, la prossima partita e infilare McGee nell'armadietto" ridacchiò. "Sembra una vita fa"
Estremamente seria, Ziva si alzò su un gomito. "E adesso cos'hai?"
Anche Tony si alzò su un gomito e la guardò sorridendo. "Ho un nuovo amico, con cui vado in giro ad affittare smoking e limousine. Ho i pomeriggi liberi senza gli allenamenti e, forse, posso pensare a qualcosa di diverso per la mia vita, finalmente!. Ho un pessimo voto in Letteratura e ho... te. Ti pare poco?"
"Non mi sembra abbastanza" ripetè Ziva. "Non ti manca la tua vita tranquilla di prima?"
"Nah. Mi hai sconvolto l'Universo, Ziva David. Ma non è stato un male, anzi. Se non ti avessi incontrata, la mia vita sarebbe stata anonima" alzò le spalle "Se non ti avessi incontrata, Zee... probabilmente non mi sarei mai innamorato"
Ziva spalancò gli occhi scuri e lo guardò sorpresa. Tony fece una smorfia di scuse, per essersi fatto scappare più del dovuto: l'ultima cosa che voleva era metterla in difficoltà, anche perchè sapeva che Ziva e sentimenti non erano un binomio perfetto.
"Sul serio?" disse invece Ziva, stupita.
"Sul serio! Cos'è che ti stupisce, esattamente?" ridacchiò.
"La gente non si innamora di me, Tony" arrossì. "Non sono quel tipo di persona che piace alla gente"
"Sbagliato" scosse la testa, divertito. "Tu piaceresti a tutti, Zee. Attualmente piaci ad un sacco di persone. Me compreso" la guardò dolce.
"Sei davvero innamorato di me?"
"Si"
"Ma sei sicuro?"
"Se me lo chiedi di nuovo, ti butto fuori casa" la prese in giro.
Ziva deglutì, tremendamente pallida: non era mai stata brava con i ragazzi, nè tantomeno con le dichiarazioni, visto che non le era mai capitata una; non sapeva come dire a Tony che lei provava proprio le stesse cose: anzi, se ne vergognava da morire. "Io..." balbettò.
"Ecco! E' esattamente per questo che non volevo dirtelo" sbuffò. "Puoi anche darmi un due di picche, eh"
"Un due di picche?" Ziva alzò un sopracciglio, non capendo il riferimento.
"Cioè... scaricarmi" cercò di spiegare Tony. "Io non ci rimango male. Ti terrò lo stesso appiccicata a me, tranquilla. Anche se non lo..."
Ziva si sporse lievemente e lo baciò solo una volta, premendo piano le labbra sulle sue.
Tony aprì gli occhi confuso, mentre lei ghignava divertita. "Che faccia buffa!"
"Mi... mi hai... colto alla sprovvista! Mi aspettavo uno schiaffo! E, comunque, non puoi baciare la gente così!" la rimproverò.
Ziva impallidì di nuovo. "Perchè?"
"Perchè si fa così, razza di ingrata!" la attirò a sè e la baciò con foga, facendola crollare sul cuscino. Non era il bacio triste e salato del giorno prima, Tony lo capì immediatamente: era intriso di qualcos'altro, eccitazione e arrendevolezza. Sentì il corpo di Ziva rilassarsi sotto i suoi tocchi come non era mai successo e le sue labbra combaciare perfettamente con le sue, come se fossero state plasmate per fare quello tutta la giornata - non che a lui dispiacesse, ma se ne stupiva. Gli sembrava tutto così semplice, così naturale, che si ritrovò senza maglietta, con Ziva sulle ginocchia e fanculo! tutto il mondo fuori da quella camera da letto.



Buongiorno, guanciotte dolci!
Rimani a letto e non alzarti per nessun motivo valido
(se devi andare al bagno urgentemente, puoi alzarti, però!)
Torno presto.
Tony



Ziva lesse il bigliettino sul cuscino con l'occhio sinistro chiuso. Non capì subito cosa c'era scritto - sebbene consapevole che il biglietto era stato lasciato da Tony DiNozzo Jr. Di scatto, Ziva si mise a sedere e posò le mani fredde sulle guance accaldate.
Oddio. Abbassò gli occhi sul suo corpo e, grazie all'unica presenza della biancheria intima, vide i segni rossi sparsi un pò dappertutto, in particolare nell'interno coscia. Oddio. Una mano passò tra i suoi capelli annodati e sparati in tutte le direzioni. Oddio.
Ricordava con sicurezza di non essere andata oltre, ma di certo ricordava i sospiri, i baci e le carezze accurate di Tony. Arrossì e si tuffò con la testa sotto il cuscino, imbarazzata oltre ogni dire. Che vergogna! Che gli dico quando rientra?
Poi riflettè: ma dove cavolo è andato?
Non seguì il consiglio del bigliettino, ma si alzò, si fece una doccia veloce, lavò i denti e infilò la tuta della sera prima. Si rituffò velocemente sotto le coperte, aspettando con impazienza che lui tornasse. Era su di giri, a modo suo.
E si sentiva in colpa. Perchè suo fratello era morto e lei era felice con Tony, per la prima volta dopo anni. Allungò una mano per prendere il cellulare e cominciò a scorrere tutte le foto che aveva, dei suoi fratelli e di sua madre.
L'unica cosa che desidero è saperti felice, Ziva. Nient'altro mi importa le diceva sempre Ari, le stesse parole che ripeteva sua madre prima di andare a dormire. Era una tradizione che suo fratello non aveva voluto spezzare.
"Lo sono, Ari. Finalmente sono felice" non pianse, si limitò a sorridere al volto del fratello che aveva amato, che a sua volta le sorrideva dallo schermo del display. Ziva sapeva che non sarebbe stato facile per lei, i primi tempi, sentire che Ari non c'era.
Sapeva anche, però, che poteva sopravvivere anche a quello e che non doveva sentirsi una sopravvissuta: il sentimento che le aveva corroso l'anima per tutto quel tempo. Chiuse velocemente la foto e riposò il telefono sul comodino.
Dopo qualche minuto, sentì la porta d'ingresso che si apriva e si richiudeva altrettanto dolcemente. Qualcuno salì piano le scale e sporse la testa oltre la porta aperta. Vedendola sveglia sorrise: "Buongiorno! Letto il mio biglietto?" Tony si lanciò a peso morto accanto a lei, porgendole una busta color panna.
"Cos'è?" annusò incuriosita Ziva.
"Sono andato da Starbucks e ti ho preso la cioccolata calda al caramello, come piace a te. Qui ci sono due muffin, ma scordati che te li faccio mangiare entrambi, uno è per me!" le mostrò la lingua. "Poi mi sono preso un caffè, sai com'è... dopo stanotte..."
La ragazza arrossì e si coprì il volto con le mani: "Tony!"
"Dai, non abbiamo neanche fatto sesso. Inutile che ti imbarazzi, cara mia" le prese le mani e gliele scaldò con le sue, ridendo del suo imbarazzo. "Non baciavo così tanto qualcuno dalle medie!" confessò, sovrappensiero.
"Non ho mai baciato così tanto qualcuno" confessò Ziva, addentando ferocemente il muffin, con sguardo limpido.
Tony la osservò mangiare leggermente divertito, senza dire niente. "Certo che..." accennò, togliendole il dolce di mano. "Manco il buongiorno, mi dai! Ti ho portato la colazione, sono uscito presto per arrivare da Starbucks! Mi merito qualcosina" sorrise in modo accattivante.
"Oh! Hai ragione" Ziva si battè una mano sulla fronte e si sporse per dargli un casto bacio sulla guancia. "Grazie e buongiorno!" riprese il suo dolce, mentre infilava prepotentemente le dita nella busta per afferrare la sua cioccolata.
"Cosa?!" strillò Tony. "Un... bacio sulla guancia? Sai quanta strada ho fatto? Vuoi che te la dica, eh?"
"Tanta strada per un bacio?" Ziva alzò gli occhi al cielo. "Te l'avrei dato anche senza colazione, Tony"
"Ma... ma..." Non volevo di certo un bacio sulla guancia. Si imbronciò, osservandola mentre tranquillamente continuava a fare colazione.
Ziva finse di non averlo notato, ma dopo un pò dovette accontentarlo. "Sei tremendo!" rise e, afferrandolo per la nuca, lo baciò come il ragazzo chiedeva ardentemente. Non se lo fece ripetere due volte, Tony, e socchiuse la bocca per approfondire il bacio.
"Sai di cioccolata" sospirò quando si separarono e si leccò le labbra. "Dovremmo farlo più spesso!" rise, afferrando il suo caffè.
"Non ci sperare" lo prese in giro Ziva.
"Infatti... confido che questo fosse solo un assaggio di ciò che mi aspetterà dopo"

"Hai fatto?"
"No"
"E ora?"
"No"
"Per quanto ne hai!?"
"Tanto, Tony! Non mettermi ansia, ok?"
Il ragazzo si era seduto di fronte alla porta del bagno, sulla moquette del corridoio. Ziva era dentro da quasi un'ora, mentre lui era già vestito per andare alla stazione di polizia. Suo padre passava ogni tanto e rideva a crepapelle nel vederlo seduto per terra.
"E' così che ti riducono le donne" commentava, scuotendo la testa di tanto in tanto. Tony gli rispondeva con una smorfia, pensando che se per stare con Ziva doveva vivere su un pavimento, gli andava bene comunque. Però non voleva fare lo sdolcinato, anche perchè non era da lui, nè dalla... sua ragazza? Lo poteva dire? Non era molto sicuro, ma la sera erano arrivati molto vicini alla Casa Base.
Tossicchiò leggermente e sentì la stanza farsi improvvisamente calda.
Aveva un bisogno assoluto di lei, quasi fosse una droga.
"Ora hai finito?" urlò per distrarsi.
"Si" brontolò Ziva, uscendo dal bagno vestita e preparata. Tony si alzò dalla moquette e la raggiunse con due falcate. Riconosceva da chilometri di lontananza lo sguardo fuso e preoccupato di Ziva. Purtroppo l'aveva visto spesso.
"Che c'è?"
"Niente... solo che..." si grattò la cute. "Ho solo paura di ripetere tutto ai federali. Rivivere tutto"
alzò lo sguardo perso nel vuoto verso Tony.
"Sarò dietro la porta" le sorrise lui, baciandola lievemente sulla fronte, sul naso e poi sulle labbra. "Sarò lì. Te lo prometto"
"Sono una ragazza fortunata"
"Puoi scommetterci!" le porse la mano. "Andiamo?"
Ziva sorrise e la afferrò con decisione. "Andiamo!"

















Maia says:


e.e stavolta non ho... mh... nulla da dire.
ç.ç PANICO. Fatemi sapere!








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Capitolo 19
*** Welcome back ***


17 capitolo
[Immagini e Frasi SPOILER]





fdsdfsd


Tony: ... I'd like to actually meet someone who appreciates movies the way I do.
Or at least appreciates the way I appreciate them
EJ: She does, Tony.
Tony: Who?
EJ: Ziva.

9x12





"Che è successo tra te e l'agente Todd?"
"Non sono affari tuoi!"
Tony guardò suo padre accigliato: non era usuale che fallisse con una donna, lui. Eppure sembrava proprio così visto che, appena erano arrivati, Kate Todd aveva lanciato uno sguardo gelido a Anthony DiNozzo Senior.
"Che hai combinato?"
"Ho tentato di baciarla e lei mi ha tirato uno schiaffo" Anthony alzò gli occhi al cielo, mentre suo figlio si sganasciava dal ridere sulle scomode sedie del commissariato.
"Dici davvero?" sghignazzò.
"Già" tirò su col naso, come se fosse indifferente. Ma non lo era e Tony lo sapeva, come sapeva che suo padre sarebbe tornato all'attacco, quantomeno per sentirsi apprezzato.
Il ragazzo tornò a guardare la porta della sala interrogatori dove avevano portato Ziva; prima di entrare le aveva sorriso in modo rassicurante, ma non era tranquillo fino in fondo -soprattutto perchè dopo dovevano fare tappa in ospedale e ignorava cosa avesse da dire Eli David a sua figlia. Sospirò e sperò ardentemente che Ziva uscisse da lì, possibilmente senza occhi rossi ed espressione affranta. Qualcuno esaudì le sue preghiere e la porta si aprì, mostrando una Kate Todd sorridente, mentre accarezzava il braccio a Ziva, altrettanto tranquilla. Tony si alzò di scatto e le andò incontro.
"Allora?"
"Tutto bene" Ziva prese un respiro profondo e allargò le braccia. "Guardami, sono illesa"
"Non l'abbiamo torturata" Kate gli fece l'occhiolino, che riuscì a strappargli un sorriso.
"Possiamo andare, allora? Vorrei passare in ospedale da mio padre e Leni"
"Certo. Ci rivediamo in questi giorni" le due si abbracciarono e l'agente sussurrò qualcosa alla ragazza, che scoppiò a ridere.
"Che ti ha detto?" Tony sporse la testa verso di lei, mentre suo padre grugniva poco più avanti -probabilmente perchè Kate non l'aveva salutato.
"Niente" Ziva increspò le labbra e trattenne un risolino.
     Complimenti per il ragazzo, Ziva! Spero non sia come suo padre...
 
 
E' andata bene. Ora devo solo affrontarne un'altra, pensò Ziva, mentre il paesaggio scorreva davanti ai suoi occhi scuri, in macchina con Tony e suo padre. Aveva deciso di andare in ospedale, sperando che suo padre, o almeno Leni, fossero svegli.
Strinse la stella di Davide e mormorò poche parole in ebraico.
Tony, di fianco a lei, sussultò -era una preghiera, lo intuì dal tono di voce. Certo, non avendo un buon rapporto con suo padre, doveva aspettarsi che quell'incontro la mettesse sotto pressione più dell'interrogatorio dei federali, tutt'al più che c'era la questione Ari ancora aperta. Non ne capiva molto di terrorismo internazionale, ma era chiaro perfino per un liceale che il tradimento di un agente del Mossad, soprattutto se figlio del "capo", non doveva essere una grande notizia per la famiglia David: e Ziva c'era dentro fino al collo. Avrebbe voluto impedirle di andare in ospedale, solo per evitare che soffrisse ancora.
Oh, se i ragazzi della squadra mi sentissero... sta venendo il diabete perfino a me.
Sorrise, tra sè e sè.
"Che c'è?" Ziva poggiò la testa sulla sua spalla, guardandolo con la coda dell'occhio.
"Pensavo alla mia squadra di basket e... a te" le baciò la fronte.
"Mh. Sai, per la prima volta, avrei voglia di tornare a scuola!"
"Accidenti, anche io! E questo è preoccupante... secondo me a Gibbs manchiamo!"
La risata di Ziva si spense, quando la macchina rallentò verso una grossa struttura color prugna. Anthony guardò dallo specchietto i due adolescenti: la ragazza si mordeva nervosamente il labbro inferiore, mentre Tony osservava l'ospedale dubbioso.
Dal canto suo, non vedeva l'ora che tutta quella storia finisse -ci aveva rimediato solo uno schiaffo e un'adolescente che ora viveva in casa sua: di certo un affare che il suo povero nonno gli avrebbe sconsigliato.
"Ok, siamo arrivati" sospirò, proprio mentre Ziva usciva dall'auto.
"Allora... ti veniamo a prendere stasera?" Tony guardò male suo padre, perchè voleva entrare con lei: era molto curioso di sentire il signor David, non poteva perdersela.
Ziva gli sorrise grata: "Si, grazie mille!"
"Sono a portata di cellulare" Tony le accarezzò la guancia col pollice.
"Lo so"
 
L'ultima volta che era stata in un ospedale, era stato quando Eli David aveva dovuto riconoscere il corpo carbonizzato di sua figlia Tali, con relativi effetti personali; non era stato un bel momento e Ziva lo ricordava con terrore e tristezza, tanto da farle venire la pelle d'oca. Era piccola, ma ricordava i volti in lacrime e pallidi dei parenti delle vittime -diventati vittime a loro volta. Nel suo naso c'era ancora la puzza di bruciato e decomposizione, sebbene fosse rimasta in sala d'aspetto.
E' ovvio che Ziva non avesse un buon rapporto con gli ospedali, tanto che girava per i corridoi del Sacro Cuore* con sguardo spaesato. Su un foglietto, nella tasca interna della giacchetta, aveva il numero della stanza e dell'ala d'ospedale che ospitava i due israeliani.
-Come va?
-Tony, ci siamo lasciati due minuti fa! Scrisse velocemente il messaggio con un vago sorriso sulle labbra, mentre raggiungeva il reparto, schivando medici e infermiere.
-Ehi!, mi preoccupo. Sei già da loro?
-Ancora no! Questo ospedale è enorme...
-Hahaha! Dai, piccola ninja, che riesci ad orientarti :-) Fa presto che non ti bacio da stamattina, sono in astinenza. Fammi sapere :-)
Digitò una risposta veloce, per poi infilare il cellulare in tasca. Senza accorgersene, era arrivata a destinazione. Deglutì e riprese il foglietto che le aveva dato Kate, col numero delle stanze; aveva deciso di andare prima da suo padre, giusto per togliersi un peso, e poi sarebbe andata a trovare Leni. Il cuore le sembrava stesse per uscire dalla cassa toracica e il groppo in gola non le permetteva di respirare adeguatamente.
Bussò e, udita la voce di suo padre, entrò.
 
"Oh! Ero così preoccupata, cazzo!" Abby lo abbracciò di slancio e si appese al suo collo, facendolo balzare all'indietro. Tim rise, sedendosi sulla panchina del parco dove avevano deciso di vedersi. Gli altri due erano appena usciti da scuola, come potè notare Tony dai loro zaini poggiati sul prato: ancora abbarbicato alla sua amica, Tony osservò McGee da sopra la spalla e gli fece un sorriso, a cui rispose con un strizzata d'occhio.
Ce l'ho fatta, McGee. E' finita bene.
"Ziva dov'è?" ansimò Abby, lasciandolo finalmente respirare.
"Da suo padre e dalla domestica in ospedale, l'ho lasciata circa mezz'ora fa"
"Come stava?" chiese Tim, preoccupato. Abby annuì.
"Molto bene. Cioè... suo fratello è morto ventiquattro ore fa, sta bene relativamente. Credo di averle strappato qualche sorriso" si grattò la testa imbarazzato. Tim alzò un sopracciglio, appuntandosi mentalmente di contattarlo su facebook per farsi raccontare tutti i minimi dettagli; Abby, invece, non sembrava aver colto il doppio senso e continuava a porre domande su domande, fino a che l'amico non le posò le mani sulle spalle, per fermarla e farle riprendere fiato - Dio, quanto gli era mancata!
"E' tutto ok, Abbs. Se tutto va come previsto, entro domani, massimo dopo domani riuscirai a vederla"
La ragazza si coprì il viso con le mani: "Sono una pessima amica, proprio pessima! Doveva aiutarla!"
"Oh, e come? Accordandoti anche tu con L'FBI?" Tony le tirò divertito un buffetto sulla guancia "Non potevi fare niente, Abby. Come me e McGee, era una... cosa sua. Finita egregiamente, oserei dire" si vantò. "E' stata brava"
"Accidenti se è stata brava!" commentò Timothy, soffiando sulle mani fredde. "Quando tornerete a scuola?"
"Non lo so" Tony si sedette accanto a lui sulla panchina, mentre Abby girava in tondo dinanzi a loro, preoccupatissima. "Spero domani, sarebbe bello. Cosa mi raccontate, di nuovo?" sorrise, cercando di far distrarre la sua amica.
Tim si illuminò e, per la prima volta in vita sua, cominciò a parlare a raffica: "Oh, Tony! Che ti sei perso! Senza di te la squadra di basket ha perso tre volte e non si è qualificata nemmeno per le semi finali! Gibbs era furioso e urlava a tutti 'siete degli incompetenti!'; poi abbiamo scoperto che ha una relazione con la dottoressa Stevens, accidenti!, ma tu lo sapevi?! Comunque, Vincent è odiato da tutta la squadra, è uscito fuori che se la fa con Jeanne ora che tu hai mollato e lei perderà sicuramente il titolo di Reginetta del ballo!" finì con un respiro.
"Ah, e ho preso A+ al compito di Chimica..."
"Avanzata" commentò Tony, il mento poggiato stancamente al palmo della mano.
"Cosa?"
"Chimica avanzata" alzò gli occhi al cielo.
"Ah, si. Vabbè, è uguale!"
Abby, nel frattempo, li guardava divertita: "Che bello. Sta tornando tutto normale, di nuovo. Ne abbiamo avute abbastanza per tutta la vita!" alzò le braccia, rassegnata.
"Speriamo!"


fdgdfgdffdgdfgdfgd

Ziva: Sometimes, life... surprise you.
Eli: Those are the moments worth living for, my Ziva.

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"No, è mia figlia" balbettò Eli David all'infermiera che stava per cacciare via la ragazza. "La faccia restare"
La donna annuì e uscì discretamente fuori dalla stanza, non prima di aver lanciato un'occhiata dolce a Ziva. Quest'ultima le sorrise di sfuggita e sentì chiudersi la porta dietro di sè. Alzò lo sguardo per incontrare quello di suo padre, così simile al suo: restò pietrificata, non sembrava neanche lui. Le bende gli fasciavano il petto, ed erano leggermente sporche di sangue; era pallido e, in ogni ruga, Ziva riuscì a vedere una sofferenza che ricordava di aver visto solo una volta -sta soffrendo per la morte di Ari. La consapevolezza di ciò la distrusse dentro.
Si portò le mani alla bocca e gli occhi divennero lucidi. Sussurrò qualcosa.
"Non ho capito" suo padre scosse la testa.
"Perdonami, papà" scandì stavolta, singhiozzando. "Perdonami"
"Vieni qui" sorrise e battè la mano sulla sedia accanto al suo letto. Ziva corse a sedersi e strinse la mano che suo padre le porgeva.
"Hai fatto la cosa giusta, Ziva. Tu non hai sbagliato. E' stato lui a sbagliare, e anche io. Ho sempre sbagliato con lui" la durezza con cui lo disse le fece capire che, per la prima volta, Eli David si stava facendo un esame di coscienza; aveva sempre sbagliato col figlio arabo e ribelle, l'unico figlio maschio che il buon Dio gli aveva donato. L'aveva abbandonato, gettato alla deriva e poi raccolto per farlo diventare un mostro.
"Sei tu che devi perdonarmi, Ziva. Per tutto quello che vi ho fatto da quando Tali è morta. E' mia la colpa"
"Avresti dovuto dirmelo, cos'era diventato" disse la ragazza, stringendo i denti per non far scendere altre lacrime.
"Ne sono consapevole. Ma io non volevo che soffrissi ancora e... non ero sicuro. Non volevo credere che Ari avesse tradito e l'ho spedito in missione per averne la conferma. Quando mi hanno riferito cosa stava facendo e che era abbastanza furbo da non farsi prendere, ho pensato che sarebbe stato meglio portarti via. Il suo obiettivo eri tu, voleva dividerci. Ci stava riuscendo" le accarezzò la testa.
Ziva si asciugò gli occhi: "Non è così che doveva andare, papà. Davvero"
"Lo so che hai fatto quello che hai fatto per salvarlo. Lo so, non ce l'ho con te, anzi"
Restarono in religioso silenzio per un pò. Eli attese che sua figlia smettesse di piangere, mentre gli stringeva spasmodicamente la mano.
"Dove stai dormendo mentre io sono chiuso qui?" le domandò, più sereno.
"A casa di un... amico. Mi ospita fino a che tu e Leni non vi sarete dimessi" guardò distrattamente il lenzuolo.
"Oh. Amico" Eli si corrucciò. "Sul serio?"
"Già. E' ok, papà. Sto bene"
"Devi andare a scuola!" si preoccupò immediatamente.
"Ci andrò domattina" gli sorrise.
"Bene, bene" le baciò la fronte, come poco prima aveva fatto Tony. "Ziva, è necessario che tu sappia che io ho amato tuo fratello. Era mio figlio e nulla poteva cambiarlo, va bene? Ero solo... arrabbiato, dopo la morte di Tali"
La ragazza annuì. "Lo sei stato per troppo tempo, papà. E la tua rabbia è passata a noi"
"E' ciò che lo ha ucciso" Eli deglutì, consapevole delle sue stessa parole. "E' come se l'avessi ucciso io"
Ziva, di slancio, lo abbracciò, mentre nuove lacrime, di natura diversa, si facevano strada sulle sue guance: Liberazione.
"Ti voglio bene, papà"
"Anche io, tesoro"

Ziva uscì ridendo a crepapelle dalla stanza di Leni: quella donna era un fenomeno. Liberatasi dal peso del segreto di Eli e liberatasi dal Mossad, aveva buttato fuori cose che Ziva neanche credeva possibili, della sua vita, del suo ex marito, delle sue missioni per il Mossad.
Leni era sempre stata una presenza estremamente silenziosa nella sua vita, ma onnipresente: sentirla raccontare era strano.
Ziva controllò l'orologio sul cellulare, era pomeriggio inoltrato, quasi sera. C'erano tre messaggi che l'aspettavano.
Tony: Guanciotte dolci! Mi stai facendo preoccupare! Quando posso venire a rapirti?
AbbySciuto: Mi manchii! :'( 
T-McGee: Ti siedi vicino a me, domani a scuola? :D
Ziva sorrise e rispose velocemente ad ognuno di loro.
Tony: Corri a prendermi, muoviti u_u
AbbySciuto: Ti mancherò ancora per poco :)
T-McGee: ... solo se mi fai copiare.
L'ospedale era un pò fuori mano e Ziva si sedette sulle scale d'entrata, il viso nascosto dal bavero del cappotto e l'espressione beata.
La sofferenza non era sparita, ma era come se avesse su ogni singolo organo del suo corpo un balsamo guaritore. Ebbene, Ziva stava guarendo. Forse la sua guarigione era cominciata da quando l'aereo che l'aveva portata negli Usa era atterrato. O forse quando Tony DiNozzo aveva tentato il primo approccio all'armadietto. O forse quando Abby Sciuto aveva deciso di essere sua amica, per forza. O forse quando Timothy McGee le aveva confidato i suoi più intimi segreti.
Per la seconda volta, strinse la collana che aveva al collo e si lasciò andare ad un sospiro, bloccato da un groppo alla gola.
Ari.
Sarebbe l'ultimo pensiero prima di andare a dormire.
Scusami.



cvxv


Ziva: I'm sorry, Gibbs.

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"Oh mio dio!" Ziva spalancò gli occhi, mentre Tony se la rideva.
"E' stata carina, però!" riuscì a commentare, tra una risatina e l'altra.
L'armadietto di Ziva era tempestato di cuori neri, stelline luccicanti e una grande scritta: Bentornata!
"Abby!" si spalmò una mano sulla faccia. "Dov'è?" si guardò in giro. Non l'aveva ancora vista quella mattina.
"Oh, vedrai che..." Tony le fece l'occhiolino. "Spunterà quando meno te lo..."
"Zee!" strillò una voce femminile, in fondo al corridoio. Metà corpo studentesco della Woodrow si voltò, guardando Abby Sciuto correre come una pazza per raggiungere la sua amica. A circa un metro di distanza, si lanciò a peso morto sulla ragazza, che aprì le braccia.
"Zivazivazivazivaziva!" boccheggiò Abby, abbracciata a lei.
"Ciao Abby!" rise la ragazza, ispirando il suo profumo. Mi sei mancata, Abbs. Tony fu sorpreso di non sentirla parlare velocemente come suo solito: la goth se ne stava zitta, mentre stringeva stretta la sua amica.
"Abby" la richiamò Ziva, sciogliendo l'abbraccio. "Oh, Abby! Piangi?" sorrise e le asciugò le lacrime con una mano.
"Scusa, mi sono commossa!" saltellò la ragazza. "Torna tra le braccia di zia Abby!" strillò.
Ziva rise e si lasciò abbracciare di nuovo.
"Abby, lasciamene un pò" la ragazza si voltò e, davanti a lei, Timothy McGee sorrise contento.
"Tim!"
"Mi sei mancata" disse e divenne rosso.
"Anche tu mi sei mancato" si guardarono complici, per poi abbracciarsi.
"Ehi, ehi, ehi, McGuardone, le mani a posto!" si irritò Tony, facendoli separare.
"Per favore, evita" Ziva incrociò le braccia al petto e lo guardò male. "Ho sempre la mia pisto..."
Tony, divertito, alzò le braccia in segno di resa. "Bene, dobbiamo raccontarti un sacco di cose!" si illuminò McGee, prendendola per mano. Abby le afferrò l'altra: "Oh, si, proprio tante!" la trascinarono lungo il corridoio, mentre l'israeliana guardava implorante Tony.
Quest'ultimo ridacchiò e scosse la testa, mimando con le labbra pistola. Ziva gli mostrò la lingua.
Nonostante fosse accerchiata dai due amici, la ragazza notò subito il professor Gibbs che, caffè in mano, veniva verso di loro. Si fermò di poco, in tempo per poterle tirare un sonoro scappellotto.
"Hai studiato, David?" Bentornata, Ziva.
"Si, prof!" Grazie, Gibbs.



Ancora col camice addosso, Eli David si ritrovò davanti la sala mortuaria dell'ospedale Sacro Cuore*. Prese un respiro ed entrò, non dopo essersi assicurato che fosse vuoto. Si incamminò, con la flebo al seguito, fino ai forni. Ne aprì solo uno e scoprì il cadavere.
Poggiò una mano sul petto del defunto e mormorò: "Benedetto sia il giudice di verità"
Gli occhi di suo figlio erano chiusi, ma Eli sapeva che erano uguali ai suoi e a quelli di Ziva.
Ari.
Suo figlio.
Scusami.





gdfgdfgd


Tony: Agent Ziva David believes that The Pirates of Caribbean is a cinema classic!
EJ: I'm not talking about movies, Tony. I'm talking about you. She cares.
Tony: What's the matter with you?! We're... we're coworkers.
EJ: Yeah
Tony: We're teammates
EJ: Uh-uh
Tony: We have each other's backs!
EJ: Exactly!
Tony: Uh!... surround yourself with people you would give your own life.


































Maia says:

* Ospedale del telefilm Scrubs. Amatelo!




Ora dovete sentirvi in colpa, perchè per scrivere QUESTO non ho studiato e mercoledì mi beccherò un 4 o 5 sicuro U.U hahahahahahaha Vabbè, so cose che capitano D:
Fatemi sapere.
Oh, dimenticato, LE DEDICHE!


Questo capitolo è per VooJDee
Perchè è la mia 100esima recensitrice :) <3

Questo capitolo è anche per P.
Lui sa perchè :)

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Capitolo 20
*** The Prom (parte 1) ***


17 capitolo
Questo capitolo lo dedico a Loro.
La mia classe.
Eh, cazzo, ne stiamo passando di brutte!!
Senza di voi, certe mattine, sarebbero un disastro :) [tipo l'altro ieri...]
'in gamba, guys!






fhgfhfghf

- I found my favourite picture and it's the only one with someone in it

Tony, 7x13







Era passata circa una settimana dal ritorno di Ziva alla Woodrow e, quest'ultima, avrebbe volentieri preferito qualche lezione di Krav Maga con suo padre in persona, piuttosto che subire in media tre interrogazioni al giorno; non avevano scelto un bel periodo per assentarsi, lei e Tony: c'erano gli esami di metà anno, quelli più vicini al Ballo e al diploma. Perciò, poco importava se lo studente si era ritrovato nel bel mezzo di un macello internazionale. Ziva era sempre stata abbastanza brava a scuola, ma quella situazione la metteva seriamente sotto stress, senza contare che l'inglese non era nemmeno la sua lingua madre e doveva faticare il doppio degli altri per acquisire la terminologia giusta.
Ciò significava stare sui libri ventitrè ore su ventiquattro, con grande rammarico di Tony che, sebbene avesse la sua ragazza in giro per casa, non era riuscito ad avere un contatto vero dopo quello della settimana prima - DiNozzo Senior aveva deciso di fare il padre responsabile e non farli più dormire nella stessa camera, oltre che i controlli notturni e diurni per evitare sfioramenti strani (probabilmente era terrorizzato dalla prospettiva di ritrovarsi Eli David come nemico, una volta uscito dal ricovero).
Anche Abby e McGee erano stati messi a dura prova, tanto che non erano riusciti ad organizzare nulla di carino per il 'ritorno' di Ziva a scuola. Ci pensavano da un pò e inizialmente avevano optato per una sana pizza, ma poi la scuola aveva travolto tutti molto rudemente.
Gli unici più che felici erano i professori: naturalmente, stavano zitti tutto il tempo, interrogando a tappeto e leggendo quotidiani mentre i ragazzi facevano i test; tra questi, Leroy Jethro Gibbs sembrava un altro, più sorridente e più aperto con i voti - naturalmente tutti gli alunni sapevano di dover ringraziare Shannon che, tra l'altro, aveva l'ufficio pieno da quando gli esami erano cominciati.
"Oh mio dio" sospirò Ziva, la fronte poggiata contro il freddo armadietto. "Non ci posso credere"
Accanto a lei, Tony era nella stessa posizione mistica, come se stesse seriamente valutando la temperatura dell'anta.
"Oggi..." singhiozzò Ziva, coprendosi la mano con la bocca. "... posso..." strinse le palpebre. "... non fare assolutamente nulla!" non riuscì a trattenere un gridolino eccitato, mentre saltellava e pronunciava strane frasi in ebraico - decisamente vittoriose.
"Ho finito le interrogazioni, ho finito le interrogazioni, ho finito le interrogazioni!" canticchiava, ignorando il compagno che, disperato, già immaginava la catastrofe che sarebbe scoppiata subito dopo la sua verifica di Spagnolo.
"Non hai finito" mugugnò il ragazzo, tanto per farla desistere dai suoi propositi.
"Bè, mi mancano Chimica e Storia, per la settimana prossima" sottolineò accuramente, sorridendo. "E le ho già studiate, devo solo ripetere. Il peggio è passato e la sottoscritta può finalmente ronfare sul divano!"
"Mio divano" sbottò infastidito Tony.
"Dettagli" Ziva lo guardò con la coda dell'occhio e, vedendolo demoralizzato al massimo, gli passò le dita tra i capelli. "Dai, culetto peloso. Manca un'altra oretta e dopo sei libero anche tu. Ce la farai" era il primo gesto tenero che si concedevano dopo giorni.
Tony accennò un sorriso: "Allora non mi ripudierai solo perchè sono una capra in spagnolo?"
"Claro que no!" Fece una smorfia.
"Mi manchi" sospirò il ragazzo, voltandosi leggermente a guardarla. Entrambi sapevano a cosa si riferiva e Ziva divenne rossa, stringendo la presa sulla sua cute, incapace di ammettere che anche lei ne sentiva terribilmente la mancanza -fisica, e faceva tanto male.
"Solo un altro pò" gli sussurrò sul naso, spingendolo poi verso la classe della professoressa Rodriguez. "Buena suerte!"
"EH?!"

"Accidenti... che vita di merda" sbuffò Abby in mensa, il mento poggiato sul palmo della mano e le occhiaie sotto gli occhi.
"Sono quasi finiti, gli esami" disse Tim, dandole di gomito. "E' quasi finita, poi ci sarà il Ballo"
Qualcuno al loro tavolo rischiò di soffocare con il pollo: i due la guardarono sconvolti. "Ziva, stai bene?"
"Si, è che il Ballo mi mette ansia!" alzò gli occhi al cielo.
Abby sorrise maliziosa: "Non ha a che fare col fatto che tu e Tony ci verrete da coppia ufficiale, vero, Zee?"
"Assolutamente no"
"Stai mentendo"
"No, invece!"
"Si, menti!"
Ziva mise il broncio e continuò a mangiare silenziosa. Tim rise e chiese il motivo dell'assenza di Tony.
"La Rodriguez sta facendo il test, li trattiene mezz'ora in più, Vance gliel'ha concesso" rispose l'israeliana, guardando nervosamente verso la porta della mensa - perchè l'entrata del suo ragazzo (dovevano ancora chiarire quel punto, infatti) non se la voleva perdere.
"Wow. La solita stronza. Ti ricordi che al primo anno ci ha trattenuti oltre un'ora dopo la chiusura?" piagnucolò Abby.
"Oh si! E' stato tremendo! Facciamo qualcosa oggi? E' il primo pomeriggio libero che abbiamo da secoli!"
"Bella idea" si illuminò la ragazza. "Cinema?"
"Per me va bene! E poi... andiamo a mangiare qualcosa?" sorrise Tim.
"Oh si! Zee, per te va bene?"
Ma Ziva non li stava ascoltando, troppo impegnata ad osservare una ventina di studenti che entravano in mensa: gli stessi della classe di spagnolo di Tony. Aguzzò lo sguardo per individuarlo e lo vide, con la testa china e gli stessi capelli arruffati da lei. Ohoh. Dalla sua faccia, non doveva essere andata molto bene. Senza pensarci, la ragazza gli andò incontro, mordendosi le labbra, preoccupata: "... e allora?"
"E allora..." Tony si grattò la testa. "Siamo liberi!" urlò, ridendo e la afferrò per la vita, facendola girare. Tutta la scuola si voltò a guardarli, qualcuno ridendo, qualcuno con smorfie di disappunto.
Anche Ziva scoppiò a ridere con lui, ritrovandosi caricata sulle sue spalle. "Mettimi giù!"
"Ai suoi ordini, principessa" la lasciò scendere, per poi afferrarle la testa e darle un lungo e profondo bacio.
Partirono molti fischi e applausi, tanto che Ziva desiderò lasciarsi catturare dal pavimento per la vergogna. "Ma ti pare?!" borbottò, ancora sulle sue labbra, ma senza mai perdere il sorriso.
"Era da tanto che mi trattenevo, scusa! E comunque, sono un vero asso in spagnolo, il test è andato bene!"
"Si, l'avevo intuito!"
Tornarono al tavolo della mensa, dove McGee ed Abby li aspettavano divertiti: "Avete finito?"
"Trovatevi una camera d'albergo!"

"Sono carini. Sono molto carini!" sorrise dolcemente Shannon, addentando una patatina. Jethro scosse la testa divertito, mentre Ducky elegantemente tagliava la sua fettina di carne.
"Sono giovani, è normale che siano carini" sospirò il professore di Chimica.
"Penso che funzionerà, tra loro" trillò la donna, lanciando un ultimo sguardo a Tony e Ziva, che ridevano per qualcosa detto da Abby.
"Se non altro, lui l'ha aiutata molto" annuì tra sè e sè. Jethro non aveva ancora detto nulla e se ne stupiva. Allungò una mano verso di lui, per attirare la sua attenzione, stringendogli il polso.
"Ehi! Partecipa ai nostri gossip!" Jethro alzò la testa verso di lei: sembrava combattuto.
"Che c'è?"
"Vance mi ha convocato nel suo ufficio" dichiarò, con voce cadaverica. Shannon e Ducky impallidirono.
"Non dirmi che è per... per..." Lei deglutì e si portò una mano al collo.
"Già. Quest'anno sono io la vittima sacrificale che dovrà controllare il Ballo" mugulò. Non l'avevano mai visto così abbattuto.
"Mi dispiace, tesoro" pigolò Shannon, sinceramente dispiaciuta. Non era un mistero che tutti quelli del corpo insegnanti, arrivati a quel punto dell'anno, evitavano la presidenza come la peste: l'anno prima era toccato a lei, e Dio solo sa quante parolacce si era dovuta beccare e quante ragazze aveva salvato da una gravidanza certa nei bagni; per non parlare di quelli che vomitavano ogni cinque metri - abbastanza disgustoso. Non osava immaginare ciò che Gibbs avrebbe visto e, con la sua poca pazienza, c'era da dichiarare lo Stato di Allerta Massima.
"Vance ha detto che sono troppi anni che cerco di svignarmela" fece una smorfia contrariata. Ducky rise.
"E' vero, Jethro! L'anno in cui toccava a me, te l'eri defilata annunciando candidamente che andavi ad operarti!"
"Davvero?" si stupì Shannon, guardando entrambi.
"Davvero" rise Ducky. "Disse di avere una terribile tonsillite e che gliele dovevano asportare!"
"Ammettilo, però: è stata una genialata" sorrise di sbieco l'altro, evitando accuratamente lo sguardo accusatore di Shannon.
"Si, lo è stato. Ma io sono tornato a casa alle cinque e puzzavo di vomito" gli rinfacciò, puntandogli contro la forchetta.
"Se vuoi ti vengo a dare una mano" alzò le spalle la donna. "Tanto l'ho fatto parecchie volte, la mia esperienza ti aiuterà!"

"Quali sono le tue ultime parole, signorina David?"
"Spero che i Dodgers perdano!"
Tony scoppiò a ridere e saltò sul divano, giusto addosso a Ziva che, divertita, cercava di spingerlo via.
"Pesi, Tony! C'hai la pancia!" lo accusò. Ma il ragazzo non si preoccupò di starla a sentire, si stese meglio accanto a lei e la guardò, sorridendo. Anche la ragazza gli sorrise, pizzicandogli una guancia, e si voltò su un fianco, proprio come lui.
"Stiamo stretti" gli sussurrò.
"Per me non è un problema. Per te?"
"Neanche"
"Perfetto" Tony si allungò leggermente per baciarla e, già che c'era, la mano scivolò dietro la schiena per attirarla verso di sè. Ziva gli mordicchiò il labbro inferiore, divertita, e sentì quel familiare calore al basso ventre che la assaliva ogni volta che Tony si trovava a meno di un metro da lei. Le guance presero fuoco quando sentì il suo respiro sulla pelle del collo e le parve di avere le sue mani dappertutto. Non riuscì a trattenere un gemito, quando i denti di Tony le mordicchiarono un punto sensibile, poco più in su della spalla. Si mosse lievemente e fece combaciare perfettamente i loro bacini: il ragazzo, sofferente, tornò alle sue labbra.
"David" la chiamò con voce roca. "Il telefono"
"Cosa?" borbottò Ziva, senza averlo realmente ascoltato, e lo tirò verso di sè grazie al colletto della maglia. Tony mugolò qualcosa e finì sopra di lei, un ginocchio tra le sue gambe e le mani sui fianchi. Ziva si lasciò alzare leggermente la maglietta e lui scese a baciarle il ventre.
"Ziva" disse di nuovo Tony, quando, per qualche minuto, si separarono. "Il telefono! Il tuo telefono!"
Ziva sobbalzò e lo spinse via, correndo verso il tavolo da pranzo dove aveva lasciato il cellulare: temeva fosse suo padre, magari era successo qualcosa. Tony, sul pavimento, protestò e si pentì di averla avvisata.
"Pronto?" si schiarì leggermente la voce, grattandosi un punto del collo. "Ah, ciao Abbs! Si... si. No, figurati. Ok, hai ragione, stai disturbando" alzò gli occhi al cielo, mentre il ragazzo annuiva con vigore. "Ma certo che no!" arrossì. "Di cosa hai bisogno?... ah. Ora? Proprio ora?" vide Tony che scuoteva la testa. "Eccoo... ma Tony? Ah. Bè, certo" Ziva ridacchiò. "Va bene. Vengo! Quando ci vediamo?" annuì leggermente, sorridendo ai gemiti di disapprovazione del ragazzo. "Ciao!" chiuse la chiamata.
"Tu sei un mostro!" gli urlò addosso Tony, avanzando verso di lei, furioso. "Non puoi dare un giocattolo ad un bambino e poi riprendertelo! E' disumano, è da persona insensibile e..." venne zittito con un bacio. "... e non provare a fare così, tanto non ti perdono!"
"Dai, Tony! Ha bisogno di me! Dice che al centro commerciale c'è un negozio perfetto per i nostri vestiti per il Ballo e non possiamo perdere quest'occasione, visto che molte ragazze vorranno trovare il vestito perfetto" alzò le spalle.
Tony la guardò male e accennò verso la macchia rossa che aveva sul collo: "Preferisci girare tra nastri e lustrini piuttosto che farti fare succhiotti dal tuo bellissimo, intelligentissimo e dolcissimo ragazzo?" provò a convincerla.
"Mio ragazzo?" alzò un sopracciglio Ziva. "Non lo vedo da nessuna parte!" scherzò, mentre dentro di lei gli ormoni organizzavano una festa.
"Oh, certo!" borbottò Tony, seguendola in camera sua. "Fai finta di niente!"
"Devo vestirmi, Tony. Non posso andare al centro commerciale così!" e indicò la tuta.
"Così sei già troppo sexy, in effetti" mugolò il ragazzo, poggiandosi allo stipite della porta e guardandola sofferente dall'alto in basso.
"Sei un idiota!"
"Guarda che ero sincero. Mi stavo divertendo!" si ribellò, pestando un piede a terra.
"Lo so, culetto peloso! Ma non si dice di no ad Abby" gli ricordò.
"Senti ma... quando vi dovete vedere?"
"Tra un'ora"
"E allora ho tutto il tempo..." si avvicinò pericolosamente a lei. "Di finire il lavoro!" La baciò con forza, spingendola all'interno e chiudendo la porta dietro di sè con un calcio. "Devi spogliarti, no?" le sorrise."Ti aiuto!"

"... e tu che hai fatto?!"
"L'ho cacciato via!" sbadigliò Ziva, mentre accarezzava il tessuto morbido di un vestito a pois.
"Ma sei scema?!" la rimproverò Abby, fermandosi di botto nel negozio e le buste che aveva in mano si scontarono tra loro. Aveva già comprato il suo vestito, cercava solo le scarpe e gli accessori: il vero problema era Ziva. "Sei un mostro!"
"Ancora?! Ma perchè tutti mi chiamano mostro, oggi?!" alzò gli occhi al cielo, seguendola verso il reparto intimo.
"Ziva, svegliati" le picchiettò sulla fronte. "Vuole farlo, con te!"
"So che vuole farlo, ma per ora io non voglio!" le rispose convinta. Abby le sorrise enigmatica, mostrandole un reggiseno di pizzo rosso e nero. "Secondo te mi sta bene? ... secondo me anche tu muori dalla voglia di farlo!"
"Una meraviglia e... no, non voglio fare... sesso!" sussurrò.
"Perchè parli piano?" domandò, cercando la mutandina abbinata al reggiseno. "E comunque tutti vogliono fare sesso, specialmente se sono innamorati. E tu e Tony siete innamorati, non negarlo"
Ziva arrossì leggermente. "Forse"
"Ok, lo siete. Quando gli dirai che lo ami? Spero presto. Lo vedo abbastanza... come dire..." esaminò una mutandina, per poi rimetterla al suo posto. "Trattenuto!" scoppiò a ridere insieme a lei.
"Allora, hai visto un vestito che ti piace?" le domandò, uscendo dal negozio.
"No! Senti, Abby, non sono la tipa da vestiti..."
"Lo so! Ma hai visto, i balli americani non sono quelli che fanno vedere in tv, sono molto più moderni!" le fece l'occhiolino e le mise davanti agli occhi la sua busta col vestito dentro. "Non c'è bisogno di lustrini e nastri, come dice Tony"
"Si, mi hai convinta. Però lo stesso non mi sento a mio agio con le gambe al vento!" borbottò.
"Tesoro, se vuoi far impazzire Tony, devi farlo!" ridacchiò. "Facciamo così!" si fermò. "Scegli un colore!"
Ziva la guardò incuriosita: "Blu"
"Bene. Cominciamo a comprati una pochette nera, scarpe nere... ti potrei prestare il braccialetto della Tiffany che mi hanno regalato e..."
"Abby!" la richiamò Ziva, visto che aveva cominciato a correre. "Cosa...?"
"Un vestito blu. Ti serve un vestito blu!"






















Maia says:

# La scena di me e te che esultiamo per aver finito le interrogazioni e il resto della classe che ci guarda sconvolta e disgustata è EPICA. Non potevo non inserirla, Cucciolo!  Cit.: ABBIAMO FINITO LE INTERROGAZIONIIII! #


Bene. Ho voluto inserire la mia piccola tragedia personale [interrogazioni] in questo capitolo che sa di passaggio :D Nel prossimo... THE PROM, IL BALLO, FINALMENTEEEEEEEEEEEEEE :D Da quanto lo aspettavate, ditemi la verità u.u!

Baci,
Maia.

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Capitolo 21
*** The Prom (parte 2) ***


capitolo 21
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Ziva: ... Like it was meant to be
Tony: If you believe in that kind of thing.

7x07



# Ziva e il Ballo


Ziva sapeva e non se ne vergognava.
Non essere esattamente femminile, nel senso poetico del termine, non le aveva mai granchè pesato. Certo, aveva altre cose a cui pensare - tipo sopravvivere. Però non aveva mai avuto grandi problemi col suo corpo, a parte i lividi e i calli spuntati troppo presto per una ragazza così giovane. Neanche vestirsi aveva mai rappresentato un punto di domanda, visto che infilava quello che le capitava a tiro.
Un ballo, però, metteva in gioco tutto.
Per la prima volta in vita sua, Ziva si sentiva una ragazza. Accarezzava lentamente l'abito che Abby le aveva fatto comprare con la forza, dopo averne misurati circa una trentina - senza esagerare. Era molto simile al suo, ma più elegante e svasato, proprio come piaceva a lei.
E l'aveva trovato blu, esattamente come aveva chiesto, senza saperlo, tra l'altro. Le aveva fatto prendere scarpe altissime che costavano una barca di soldi, su cui sicuramente non sapeva camminare. Si era lamentata, Ziva, ma non si era mai sentita così eccitata.
Abby le aveva fatto promettere di andare a casa sua solo col vestito, a trucco e parrucco ci avrebbe pensato lei. Ziva non le aveva mai fatte queste cose, a stento riusciva a truccarsi vagamente la mattina. Però, quel vestito abbandonato sul suo letto, sapeva di rivincita.
Con grande rammarico di Tony, Eli David si era fatto dimettere, così che potesse tornare a casa sua; quando aveva visto il vestito era quasi svenuto, ma non le aveva detto niente, solo una leggera smorfia che pareva un sorriso.
Leni, invece, si era vivamente congratulata e, almeno così le parve, si era anche commossa un pò. Ma Ziva non la potè vedere, perchè era scappata via in tutta fretta. Lei non riusciva a commuoversi, perchè era troppo contenta, anche se evitava accuratamente di darlo a vedere per non apparire ridicola agli occhi degli altri. Chiusa in camera sua, col vestito abbandonato sul piumino, doveva decidersi ad indossarlo per correre a casa di Abby, finire il lavoro e, infine, McGee e Tony sarebbero passati a prenderla con la limousine.
Sorrise.
Mentre suo padre e Leni erano in ospedale, Ziva aveva anche provveduto a dare un pò di colore alla sua nuova stanza: Abby, nei pomeriggi in cui erano state in giro, aveva scattato molte foto; la ragazza aveva anche comprato una lavagnetta di cartone, dove le aveva appese con delle puntine colorate: c'era Abby che sorrideva, loro due insieme con finti sguardi sconvolti, McGee sporco di gelato alla crema, Tony che faceva una smorfia esagerata verso l'obiettivo, Ziva beccata mentre si soffiava il naso e un'altra, scattata a tradimento, di Tony che si chinava a baciarla. Ci aveva messo un pomeriggio intero per scegliere le foto adatte.
Poi aveva svuotato gli scatoloni dei libri che aveva a Tel Aviv, sistemandoli sulle mensole in camera sua. Ci aveva trovato dentro appunti, dediche e ricordi dei pochi amici che aveva in Israele, perfino scarabocchi di Tali da piccola.
Era molto più difficile, quindi, uscire da quella stanza che era diventata, stavolta, davvero sua.
Ma erano le sei e doveva scappare.
C'era qualcuno che la stava aspettando.


jjj


# Abby e il Ballo


Quando erano andate in giro per i vestiti, Abby aveva scelto di dedicarsi al colore rosso ("Non trovi che mi faccia apparire più formosa, Zee?"), anche se alla sua amica le sembrava che le stesse bene un pò tutto. Il suo tocco goth non era andato perso, con gran divertimento di Ziva: gli accessori e le scarpe non lasciavano spazio a dubbi. Ziva era, più che altro, curiosa di come le avrebbe acconciato il tutto.
Suo padre l'aveva accompagnata a casa dell'amica facendole mille raccomandazioni, che lei ascoltò vagamente.
Arrivati, scese velocemente dall'auto, ma Eli la bloccò con un leggero colpo di tosse. Ziva si sentiva un pò ridicola in vestito elegante e scarpe da ginnastica, così spronò suo padre a parlare in fretta - anche perchè la busta di cose che aveva portato con sè pesava parecchio.
"Divertiti!" accennò un sorriso, che per Ziva contava più di mille parole.
"Grazie, papà" rispose al sorriso e corse verso l'entrata, dove Abby la aspettava in accappatoio, bigodini e sguardo terrorizzato. Salutò velocemente Eli da lontano, per poi afferrarla per il gomito e trascinarla su per le scale, diretta verso camera sua.
"ZivaZivaZivaZiva" piagnucolava. "Non so cosa... cosa..." si chiuse la porta alle spalle, per cadere a peso morto sul letto.
"Abbs... stai bene?" ridacchiò Ziva, sedendosi accanto a lei. "Sembri una di quelle spose in crisi prima di andare all'altare!"
Abby si voltò a guardarla malissimo: "Non sei divertente, Ziva! E' l'ultimo Ballo del nostro ultimo anno di liceo e io sto per andarci con Timothy McGee" si tastò le guance infuocate. "Sono così nervosa!"
"Tranquilla!" Ziva alzò le spalle. "E' solo un ballo!"
"Si, certo. Come si vede che non sei americana!" la ragazza prese un respiro profondo, cercando di calmarsi. "Allora... io ora mi infilo il vestito e, prima di levarmi i bigodini, ti trucco e ti sistemo i capelli!" afferrò la custodia nera del vestito e corse in bagno. "Tu comincia a decidere se li vuoi giù o su"
Ziva alzò un sopracciglio e si guardò allo specchio che Abby aveva in camera sua: giù o su? Non aveva mai fatto caso al cambiamento del suo viso, quando li aveva sciolti o alti. Cominciò a giocare con i suoi capelli, cercando di capire quale andava meglio.
Si arrese dopo cinque minuti, con le braccia che le dolevano. Avrebbe lasciato fare ad Abby. Notò il computer acceso e la pagina di Facebook aperta. Sorrise e si sedette alla scrivania: aprì la schermata della chat e vide che c'era Tony in linea.
- Indovina chi sono!
- Hai una pistola e tanta voglia di baciarmi?
- Ho una pistola :)
- Argh! Ciao piccola ninja :* Sei da Abby?
- Già! Mi sta mettendo sotto torchio :( Dramma del Momento: Capelli giù o su?
- Per me sei bellissima sempre, anche col pigiamone :D Mi manca il tuo pigiamone! :( Io invece sono da Tim... HELP.
- ... non credo dobbiate prepararvi come noi!
- No, ma Tim si sta rodendo perchè non sa come comportarsi... è una checca isterica!
- Aiutalo!
- Chi?! Io?! Nooooooooooo!! Ho da fare... devo sistemarmi i capelli!
- LOL
"Che stai facendo?!" strillò Abby, entrando di corsa in camera sua.
"Sto parlando con Tony..." sorrise. La ragazza le strappò la tastiera di mano.
- Sono Abby e tu mi stai distraendo Ziva! CIAO.
- Mi ha contattato lei!
- Sisisisisisisi, come ti pare. Ci vediamo dopo!
- Ok :(
"Poveretto" Ziva alzò gli occhi al cielo. "Abby, ti devi calmare, va bene?! Non capisco cosa avete tu e McGee "
"McGee?! Che c'entra lui?!" chiese, con sguardo infuocato.
"Tony dice che è molto nervoso!" ridacchiò l'altra.
"Oh, andiamo bene!" piagnucolò Abby. "Ci manca solo questo!"
Ziva la afferrò per le spalle, bloccandola. "Andrà bene. Va sempre bene!"
Abby prese un altro respiro. "Certo. Si. Hai scelto, per i capelli?" la fece sedere su una sedia, guardandola di sbieco.
"No, lascio a te la scelta!"





ghgfh
gfdgdf


McGee: ... but it's good to see you, Tony.
Tony: I miss you too, Probie.

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"McGee!" urlò Tony, per la cinquantesima volta. Tim continuava a torturarsi le mani e a girare per la stanza, in senso antiorario.
"Non ce la farò mai, lo so. Appena tenterò di baciarla vomiterò" Tony alzò gli occhi al cielo.
"McGee!" ritentò.
"E quando la inviterò a ballare, le pesterò in piedi. Anzi cadrò, ne sono sicuro"
"McGee!"
"Per non parlare di quando..."
Tony si alzò e lo abbracciò. Tim rimase pietrificato. "Che... che... che stai facendo?"
"Ti sto trasmettendo affetto e comprensione, per darti un pò di fiducia!" sorrise Tony, dandogli anche una pacca dietro la schiena.
"E... come... ?"
"Ho cercato su Google!"
McGee grugnì e lo stacco da sè. "Ma ti pare?!"
"Non sapevo come calmarti!" si difese Tony, estremamente divertito.
"Torna a parlare con Ziva, và!" borbottò McGee, tornando a girare in tondo.
"Ehi, mi stai facendo una scenata di gelosia, Tim?" Tony alzò un sopracciglio, divertito. McGee lo guardò male, di nuovo. "Ok, ho capito l'antifona! Ma senti, se Abby avesse avuto davvero paura di tutte queste cose, di certo non ti avrebbe detto si. Quindi tranquillo!" alzò le spalle e sorrise. "Ti starò attaccato come un francobollo" gli diede uno schiaffo sulla fronte. "... ed eviterò che tu combini casini!"
"Grazie, ma non voglio rovinarti la serata con Ziva!"
"Lo faccio volentieri!"
"Tony..." gli spuntò un sorrisino sulla faccia. "Non è che hai paura di rimanere da solo con Ziva, vero?"
"Certo che no, cosa vai a dire?!" si difese, arrossendo però sulle guance.

"Può fermarsi qui, grazie!" esclamò Tony, arrivati a casa Sciuto. L'autista della limousine aveva rallentato, per poi fermare la macchina. Tony deglutì, nervoso. McGee, invece, sembrava mortalmente pallido e l'amico si preoccupò di farlo scendere subito dall'auto, prima che vi vomitasse dentro. "Andiamo, McGalante" scese dalla vettura e si sistemò il colletto dello smoking che aveva acquistato qualche mese prima.
Visto che Tim tremava dietro di lui, col fiore da polso in mano per la sua dama, si incaricò di bussare.
Ad aprirgli fu la signora Sciuto, munita di macchina fotografica e un sorriso quasi terrificante, tanto era luminoso e largo. Con un gesto li invitò ad entrare e Tony ricordò l'handicap di cui era affetta: preso dalla foga del ballo se ne era scordato.
La signora Sciuto li spinse fino in cucina; Tony non si aspettava di vedere ancora nessuna delle due ragazze: dovevano scendere dalle scale con lo strascico del vestito, arrossire e prendere le mani dei loro cavalieri.
Si doveva fare così. Almeno poteva prepararsi psicologicamente all'idea di Ziva in abito da sera.
E, invece, la sua ragazza si trovava in cucina, vestita di tutto punto, a chicchierare col fratello di Abby e, tra le mani, un pacco enorme di biscotti al cioccolato. "Ciao!" trillò all'indirizzo dei due ragazzi.
McGee non aveva la forza di dire alcunchè, si limitò a guardarla ammirato. Tony, semplicemente, sentì la bocca secca e il calore farsi strada lungo il collo: era stupenda - ma Stupenda non rende nemmeno l'idea.
Il vestito non era casto come aveva immaginato, ma lasciava vedere le gambe sode e lucide di Ziva, un autentico colpo al cuore - per non dire qualcos'altro. Era ben truccata di blu, come i toni del vestito, e tacchi vertiginosi che le fasciavano le caviglie. Si era piastrata e i capelli erano tirati su in una coda elegante, che la facevano sembrare più alta di quel che era.
Anche lei non era rimasta indifferente alla mise del suo ragazzo in smoking: sorrise, osservando i capelli non impomatati, ma piegati da un semplice colpo di spazzola, che lo rendeva decisamente sexy. Ziva non ci era abituata.
Si fissarono tutti e due abbastanza sconvolti e rossi, prima che lei si ricordasse di avere tra le mani dei biscotti al cioccolato.
"Oh, ehm... Abby mi ha proibito di mangiare a mezzogiorno e... avevo fame, così..." tossicchiò e il fratello di Abby, divertito, li afferrò per riporli nel mobile. "Non è bellissima?" sorrise, ammiccando verso Tony. "Mia sorella sta per scendere"
McGee annuì, la gola in fiamme.
"State... mh... bene!" sorrise ad entrambi, alzandosi in piedi. Ci sapeva fare sui tacchi, anche se gli facevano un male cane.
"Anche tu" McGee sorrise lievemente. Notò che Tony non diceva niente, così gli tirò una gomitata, facendo ridere tutti.
"Scusa" sfiatò. "E' che... non... ci sono... abituato" arrossì e si avvicinò a lei, per darle il fiore da polso. "Sei una favola!" sorrise. "Posso baciarti o ti levo il trucco?"
Ziva ridacchiò: "Mi sono già tolta il pasticcio che Abby mi aveva fatto sulle labbra mangiando i biscotti!"
"Sei previdente, brava!" rise e si sporse a baciarla. Ziva, divertita, gli morse il labbro inferiore.
"Mia sorella sta scendendo!"
Tutti e tre corsero alla scale dove, come nei migliori film, Abby stava lentamente scendendo. Era bellissima e Tony le fece l'occhiolino, così come Ziva. McGee, invece, parve stranamente riacquistare colore e le andò velocemente incontro, per darle il suo fiore da polso.
"Sei bellissima, Abby!"
"Hai capito, il McFarfallone... !" sussurrò Tony all'orecchio di Ziva, che rise.
"Grazie, Tim" arrossì la ragazza. "Oh, mia madre vuole farci una foto" alzò gli occhi al cielo e tutti e tre videro la madre di Abby mettersi in posa con la macchina fotografica.
"Dite: Ballo!" strillò Tony.

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"Bello!" si entusiasmò Ziva, stringendo per qualche minuto la mano di Tony.
La Woodrow High School sembrava totalmente diversa di sera, addobbata per il Ballo, e con tutti gli studenti muniti di vistosi sorrisi gioiosi. I ragazzi scelti per addobbare la palestra, in particolare, aveva scelto colori caldi e luci bianche sfavillanti, oltre che un numero enorme di palloncini colorati. Ziva sembrava una bambina in mezzo a tutti quei colori e Tony non potè evitare di sorridere divertito, vedendola afferrare un palloncino giallo per giocarci. "Vero, eh?" sussurrò Abby, felice.
"Si sono dati da fare!" osservò McGee, con la sua dama sottobraccio.
"Non mi stupisco" Tony sorrise. "Il preside li avrebbe fatti fuori se... Ziva dov'è?!" il tempo di voltarsi e lei non c'era più. Si guardò in giro, mentre McGee ed Abby prendevano un tavolino per quattro persone. La cercò in lungo e in largo, finchè non la vide di fianco al professor Gibbs, intenta a parlare fitta fitta.
"Prof! Sta benissimo in abito da sera" si complimentò, baciando la nuca di Ziva.
"Glielo stavo dicendo anche io" annuì la ragazza. "Sicuramente anche la dottoressa Stevens gliel'avrà fatto notare..." i due studenti scoppiarono a ridere, ignorando il borbottio contrariato di Gibbs: non lo prendevano più molto sul serio da quando stava con Shannon.
"A proposito, dov'è? Vorrei... ringraziarla" balbettò Ziva.
"Oh, dovrebbe essere in bagno, per controllare le ultime cose. Appena torno te la chiamo, ora pensate a divertirvi!"
"Ci penso io, prof!" Tony afferrò Ziva per i fianchi e la trascinò con sè verso la pista di ballo.
"Non so ballare, Tony!"
"Perchè, secondo te io so ballare?!"
Le circondò la vita con un braccio ed inspirò il suo profumo: Ziva sapeva di buono, non aveva un odore particolare. Se ne era accorto quando ancora dormiva con lui - Bei tempi, quelli!, e non riusciva a non notarlo ogni volta che le stava vicino. Ziva gli circordò il collo con le braccia, sorridente, ignorando la musica di sottofondo e gli sguardi di Jeanne Benoit poco lontano.
"Sono così..." cominciò.
"Felice?" la aiutò Tony, sorridendo.
"Si. Si, sono felice" gli sorrise anche lei e si alzò sulle punte per baciarlo. Tony socchiuse la bocca e la lasciò fare, per una volta. Lasciò che fosse lei a condurre, ad essere irruenta, a dirgli quello che non riusciva a dire a parole.
"Ti amo, Zee" le sussurrò, ad un passo dalla sua bocca: non si aspettava che lei rispondesse, sentiva solo il bisogno di dirglielo. Sorprendentemente non la vide arrossire, nè farsi pallida, nè fare alcuna smorfia. Si limitò a scuotere la testa divertita.
"Anche io ti amo, Tony"


ghfhfgh


"Ti va di ballare?"
"Oh, non penso sia una buona idea!"
Abby mise il broncio, tirando la manica dello smoking del suo accompagnatore. "Dai, Tim! Guarda Tony e Ziva!" e indicò un punto della sala, dove la coppia si stava muovendo a ritmo di una canzone latina che lei non aveva mai sentito. Ziva era brava - il che era stupefacente, non le aveva detto di saper ballare!, invece Tony inciampava ogni tre per quattro, ma non sembrava un problema per nessuno dei due.
Ogni tanto ci scappava un bacio e la scena aveva intenerito talmente tanto Abby, da volerli raggiungere.
"Ti prego!" piagnucolò.
"Ecco... io... prima..." si schiarì la voce e si voltò meglio verso di lei. "C'è qualcosa di cui ti vorrei parlare Abby"
La ragazza lo guardò dubbiosa ed annuì.
"Io... Abby, tu mi piaci da un sacco di tempo" confessò. "Solo che non ho mai avuto il coraggio di dirtelo perchè era troppo difficile e noi eravamo amici. Sarebbe stato stupido rovinare il nostro rapporto e io non volevo in nessun modo allontanarti da me. Lo so, ho sbagliato, avrei dovuto parlartene prima ma non trovavo le parole! E poi Tony mi ha messo tutte quelle storie in testa, ho dovuto sopportare di vederti con altri che non erano me e... Dio. Poi c'è stata questa cosa del Ballo e quando mi hai detto si... io volevo solo dirti che non... non ti ho invitata da amica, Abby. Certo, ti voglio bene, ma non voglio la tua amicizia. E se dicendolo sto rovinando tutto lo accetterò..."
"Verresti a ballare?" ripetè Abby, stranamente seria.
Tim la guardò accigliato: "Bè... per te, lo farei"
"Non avevo bisogno di altro" gli sorrise e lo attirò a sè per baciarlo.

"Shannon? Shannon? Dove sei?" urlava Gibbs per i corridoi della Woodrow.
"Jethro! Sono qui!" il professore deviò per il bagno delle donne ed entrò senza bussare. Shannon, col suo adorabile vestito verde a pieghe, guardava preoccupata una chiazza color oro sul pavimento.
"Qualcuno ha messo alcool nel ponch" sospirò il professore, grattandosi la fronte.
"Direi proprio di si" Shannon si tappò il naso con due dita. "Non ho il coraggio" e indicò con la testa una scopa e un panno umido.
Gibbs sospirò: "Faccio io" prese la scopa, che avvolse nel panno, e cominciò a pulire lo scempio sul pavimento, gettando tutto il vomito catturato dal panno in un secchio mezzo pieno d'acqua.
"Che serataccia" sillabò Shannon, poggiandosi ad uno dei lavandini. "Però... stai bene in smoking" inclinò la testa, per guardargli il sedere senza che se ne accorgesse. Ma Jethro scoppiò a ridere e la guardò con la coda dell'occhio.
La donna arrossì: "Scusa. Il bagno non mi funge da doccia fredda"
"Vuoi sposarmi, Shannon?"

"E' orribile. E' davvero, davvero orribile" Abby fece una smorfia, accavallando le gambe. Molti ragazzi si voltarono a guardarla ammirati per quello stacchetto involontario. McGee si spostò lievemente per coprirla, senza dare nell'occhio.
"Il color borgogna le sta malissimo, in effetti" annuì Ziva, affondando il cucchiaino nel suo gelato. Tony aprì la bocca e Ziva gli diede il suo boccone. "Poteva anche usare l'argento. La sua pelle è perfetta per quel colore!" annuì.
"La smettete?" ridacchiò Tim, circondando le spalle di Abby con un braccio. "Non è carino!"
"Oh, andiamo!" Ziva fece una smorfia. "Jeanne Benoit è tutta la sera che cerca di fulminarmi con lo sguardo..."
"E' gelosa" Tony le morse il lobo dell'orecchio, facendola ridere.
"Forse. Il mio cavaliere è più bello del suo!" si vantò Ziva, finendo velocemente il suo gelato.
"Vincent non è mai stato un gran pezzo di ragazzo" scosse la testa Abby. "Ziva, non dovresti mangiare così tanto! Sarai incinta?" la prese in giro. Tony soffocò con l'ennesimo cucchiaino di gelato, offertogli dalla sua ragazza.
"Si e come? Per opera dello spirito santo come la Madonna?" alzò gli occhi al cielo. "Sono solo affamata, per colpa tua sono ventiquattro ore che non tocco cibo... e poi lo stress mi fa mangiare" si grattò il naso, sovrappensiero. "Devo fare la pipì!" si illuminò. "Abby mi accompagni?"
"Con tutto quello che hai bevuto, ci credo" la goth scoppiò a ridere. "Si, vengo!"
Lungo il corridoio, Ziva si tolse le scarpe, sospirando beata: "Finalmente!"
"Quasi, quasi..." Abby la imitò, saltellando su un piede solo. "Spero che il bagno sia..."
"Vuoi sposarmi, Shannon?" le ragazze deglutirono e si guardarono eccitate. Ziva sillabò qualcosa, che Abby interpretò come un: è Gibbs!
"Stai... dici sul serio?"
"Si!"
"E me lo chiedi mentre spazzi via del vomito?!"
"Effettivamente..." dissero in coro Ziva e Abby, per poi tapparsi la bocca a vicenda.
"Non è molto elegante, forse!"
"Forse?! E' sicuramente non elegante...! Però... non vedo perchè dovrei dirti di no..."
Sentirono un singhiozzo dall'interno e poi della stoffa che svolazzava. Abby teneva la mano sulla bocca per evitare di dire altro, mentre Ziva sorrideva con gli occhi lucidi alla porta socchiusa del bagno.
"Io..." sussurrò. "Vado a dirlo a Tony!"
"Io a Tim!"
Corsero di nuovo verso l'interno della sala, a piedi nudi.

Questo è l'anno migliore che mi potesse capitare!


















The End.
(?)










Maia says:

E' stato straziante scrivere questo capitolo finale :')
Avviso però che MANCA L'EPILOGO, che sarà... uhm... un pò speciale, quindi non ve lo perdete.
Mi sa che non scrivo nient'altro, perchè se no scoppio a piangere e voi non volete che Maia pianga, vero? :')
Bene.
Troppo tardi, mi sono commossa.

CATTIVI!






 

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Capitolo 22
*** Capitolo Extra - Epilogo ***


capitolo 21


ghfgh



[NCIS Headquarter, Washington DC, 8.06 am]



C'era un'aria tranquilla. Il che era abbastanza strano, soprattutto di lunedì mattina. Forse proprio perchè era lunedì mattina, nessuno aveva voglia nè di fare conversazione, nè tantomeno di sforzarsi per fare qualunque battuta.
Perciò Ziva David si godeva il torpore mattutino, col suo thè tra le mani e il corpo afflosciato sulla sedia girevole del suo ufficio. Purtroppo, però, Ziva non aveva affatto messo in conto che, in quell'ufficio, erano in quattro. Ciò significava che Tony DiNozzo doveva assolutamente arrivare entro le otto e trenta, ciò significava che quel torpore e quel silenzio così dolci, sarebbero ben presto terminati. Tim sembrava del suo stesso avviso, visto che guardava preoccupato l'ascensore.
"Come hai passato il weekend?" le chiese, alla fine, giusto per cominciare a far ingranare quella giornata, altrimenti interminabile.
"Sono stata invitata dalla mia nuova vicina a casa sua" soffiò sul suo thè. "C'era un pò di gente, quasi una festa"
"Perchè dici 'quasi'?" alzò un sopracciglio.
"Perchè non mi sono affatto divertita" commentò, come se fosse ovvio. "Tu che hai fatto?"
"Domenica sono stato tutto il giorno dai miei, Sarah ha portato il suo nuovo fidanzato" si stiracchiò.
"E com'è?"
"Un idiota" fece una smorfia disgustata.
Ziva scoppiò a ridere: "E' solo la tua gelosia da fratello maggiore, McGee. Scommetto invece che è molto carino, oltre che intelligente"
"Ha lasciato la scuola prima del liceo e non ha un lavoro" la informò, cadaverico. "Ed ha un naso enorme"
"Oh" la donna rimase interdetta. "Bè... com'è quel detto?" mormorò, picchiettandosi l'indice sul naso.
"Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace" ringhiò Tony DiNozzo, entrando velocemente in ufficio.
"Uh-oh! Si, proprio quello!" Ziva battè una mano sulla scrivania, vittoriosa. "Nervoso, stamattina?" assottigliò gli occhi.
"Oh, da cosa l'hai notato?" borbottò infastidito l'agente, lanciando il cellulare sulla scrivania.
"Come mai?" sorrise accattivante Ziva, strisciando fino alla sua scrivania. "Una donna ti ha lasciato il buco?"
Tim scoppiò a ridere, mentre Tony la guardava sconvolto: "Si dice mi ha dato buca!"
"E' uguale" arricciò il naso. "Bè, che hai?"
"Niente" scosse la testa, infastidito. Ma Ziva non era il tipo da arrendersi e si sedette sulla sua scrivania. Tony lanciò uno sguardo veloce al decolteè e deglutì, per tornare a fissare lo schermo del computer.
"Allora?"
Borbottò qualcosa di indefinito, per poi prendere dalla giacca una busta: gliela mostrò titubante.

Gentile Sig. Anthony DiNozzo Junior
E' invitato alla rimpatriata degli alunni,
classe 1968,
 del liceo J. C. Woodrow
il giorno 23/01/2012.
E' richiesta conferma della partecipazione.

Invito valido per Anthony DiNozzo Junior + 1

"Mh" Ziva gonfiò le guance in modo buffo. "Neanche io vorrei vedere i miei compagni di liceo, effettivamente!"
"Ti hanno invitato ad una rimpatriata?" ridacchiò McGee, scribacchiando al computer.
"... tanto non ci andrò!" Tony digrignò i denti.
"Ma perchè, scusa? Sei un agente federale, non hai niente di cui vergognarti" Ziva sorrise, sadica. "A parte la pancia!" e gli lanciò dietro l'invito, per tornare alla sua scrivania. Scambiò uno sguardo complice con Tim, mentre Tony, innervosito, osservava ancora la lettera.
"Infatti non è che non ci vado per vergogna... non ci vado perchè non mi va!"
"E allora perchè sei nervoso?"
Touchè. Ziva aveva colpito proprio nel punto dolente. L'uomo sapeva di non doversi vergognare di nulla, anzi, era un agente federale e doveva essere solo fiero del lavoro che faceva. Ma di certo era invecchiato dai tempi del liceo, non era più la promessa del basket con tutte le donne ai suoi piedi. Sicuramente nessuno si aspettava che fosse diventato uno sbirro. E poi c'era quel numero, quel + 1 alla fine del suo nome.
Si presupponeva che tutti fossero sposati, ormai, ma Tony non aveva nessuno da portare, neanche una fidanzata: fare la parte del poliziotto con la pancia e senza uno straccio di donna, non gli andava proprio; anche perchè ricordava com'erano i suoi compagni - snob, viscidi e molto spesso crudeli, esattamente come lui. Non poteva sopravvivere ad una serata simile, però non poteva dirlo ad alta voce.
Alzò lievemente lo sguardo ed incontrò gli occhi caldi di Ziva, che lo stavano sondando, la testa inclinata e l'espressione corrucciata: Ziva capiva sempre tutto, era sicuro che avesse seguito i suoi pensieri come in una soap opera, solo guardando le espressioni del suo viso.
Maledetta, non gliene faceva passare una.
"Sai..." poggiò il mento sulla mano. "Sono sicura che io e te non saremmo mai andati d'accordo al liceo"
"Fammi indovinare, David: la solita outsider!" la prese in giro.
"Più o meno! E tu? Atleta super popolare?!"
"Ovviamente" si sorrisero. "McGee?" urlarono in coro.
"Io al liceo ero un tipo" alzò le spalle, per poi riconcentrarsi sul suo lavoro.
"Secchione" tradusse Tony, per Ziva. La donna annuì comprensiva.
"Non ero un secchione!" si difese l'agente. "Mi facevo gli affari miei!"
"Secchione" ripetè Ziva, annuendo tra sè e sè. "E comunque il liceo è passato, tutti siamo cambiati. Sarebbe bello vedere che fine hanno fatto i miei compagni, anche se non mi andrebbe di passare un'intera serata in loro compagnia: approfittane DiNozzo, passi una serata diversa"
"Nah" schioccò la lingua sul palato. "E' una cosa ridicola! Serve solo per ricordare a tutti che siamo invecchiati e che le nostre vite non sono affatto come ce le eravamo immaginate" scrollò le spalle. "E' terrorismo psicologico!"
"Non fare il bambino" Ziva lo guardò divertita. "Non ci vuoi andare perchè hai paura del confronto!"
"Ma figurati!" ringhiò Tony, alzandosi dalla sua scrivania. Accartocciò l'invito, per gettarlo nel cestino. "Vado alle macchinette"
Sorpresi dal suo comportamento, Ziva e McGee lo videro superare gli uffici.

"Andiamo! Dai!" tirò un pugno alla macchinetta, che finalmente sputò la sua adorata barretta di cioccolato. La prese ma, prima di aprirla, qualcuno gliela sfilò dalle mani. Ziva la aprì e le diede un morso.
"No, fai pure agente David!" alzò gli occhi al cielo, irritato. "Prendine un pezzo, per favore!"
Ziva continuava a masticare tranquilla e poggiò la schiena al vetro del distributore di merendine: "Cos'è che ti spaventa?"
"Niente mi spaventa!" commentò stizzito e incrociò le braccia - sai benissimo cosa penso, vuoi solo farmelo dire. "Da quando ti improvvisi psicologa, Ziva? Senza offesa, ma non sei esattamente la persona adatta per..." capì subito di averla ferita. Ziva non lo dava a vedere, ma c'era quell'impercettibile tremolio dell'occhio destro e quel movimento repentino del naso che gli facevano capire, senza ombra di dubbio, che ci era rimasta male. Si sentì subito in colpa: cercava solo di aiutarlo, impicciandosi. Quello era il suo ruolo, lui lo faceva sempre.
"Mi dispiace, non volevo essere scortese" si grattò la nuca, imbarazzato.
"Tranquillo. E' vero, non sono una brava dispensatrice di consigli" abbozzò un sorriso. "Ma, permettimi, dall'alto delle mie disavventure dopo sei anni qui" scherzò, puntandogli contro la cioccolata. "Che non hai proprio niente di cui vergognarti" gli sussurrò.
"Non è neanche questo" soffiò Tony, poggiandosi accanto a lei. "Tornare indietro, al liceo, potrebbe..."
"Farti pentire delle scelte che hai fatto?" provò Ziva.
"Già" Tony annuì, rammaricato. "Potevo essere un famoso giocatore di basket. Potevo sposare Wendy e fare l'insegnante. Potevo guidare l'azienda di mio padre ed essere ricco sfondato, probabilmente a quest'ora sarei sposato con una duchessa e..."
"... e con una ventina di amanti" rise Ziva, per poi tornare seria. "Non sei tu, Tony. Hai ragione, avresti potuto essere tutte queste cose, ma non lo sei, perchè non sarebbero state da te. Non sarebbero state te" gli consegnò di nuovo la barretta di cioccolato e dalla tasca interna dei jeans prese l'invito, stirato e salvato direttamente dal cestino.
"Per una volta, usa quel maledetto ego che Madre Natura ti ha donato in quantità spropositate e và a quella riunione"
"Ziva" la chiamò, prima che questa potesse rientrare in ufficio.
"Si?" si voltò verso di lui.
"Ti andrebbe di accompagnarmi?" domandò, rigirandosi pensieroso l'invito tra le dita. "Avrò bisogno di un supporto morale"
"Certo che mi va. E sarò bellissima, così da non farti sfigurare" gli fece una smorfia e alzò gli occhi al cielo, per poi avviarsi verso l'open space.
Non si sarebbe divertito, ne era sicuro. Sarebbe stato tremendo, triste e i fallimenti degli altri gli sarebbero piovuti addosso come macigni.
Però ci sarebbe stata Ziva in abito da sera.
Avrebbero bevuto e bevuto e ancora bevuto per dimenticare gli anni tremendi del liceo, si sarebbero fatti quattro risate e probabilmente sarebbero scappati dalla Woodrow per farsi una pizza. Sorrise all'invito per la prima volta.

Dopotutto, ne valeva la pena.






























Maia says:

Epilogo.
Non mi andava di fare le solite cose EpilogoNelFuturoEpilogoTantiMesiDopo, eccetera eccetera eccetera. Ho pensato: questa è stata una AU per 21 capitoli, in un certo senso ho "abbandonato" gli agenti nell'open space - però posso sempre farli tornare, chi me lo vieta. Però, come collegare tutto questo alla Woodrow?
Una rimpatriata, ci sta! In America le organizzano spesso, nelle stesse scuole.
Perfetto! Ma a chi inviare l'invito? Tutti e tre sarebbe stato impossibile, la vera storyline non lo prevede. Così ho pensato ancora [sorpresi che certe volte lo faccia anche io?! XD]: escludendo Ziva a priori, visto che il liceo l'ha fatto in Israele, chi, tra i nostri personaggi, sarebbe più colpito da un invito del genere?
A me è venuto in mente Tony. Sembra il personaggio più semplice tra tutti, ma io l'ho sempre trovato un sacco complicato.
Come un cubo di Rubik: lo guardi e te sembra carino, tutto bello e colorato, ma poi vallo a fare O_O MISSION: IMPOSSIBLE.
Secondo me Tony sarebbe sconvolto dalla prospettiva di tornare alla High School per una rimpatriata [motivi citati sopra].
Forse sono stata OOC, non lo so, non mi sembra ora come ora >.<
Spero solo che vi piaccia, perchè in questa storia ci ho messo un pò di me, un pò di loro, un pò di quelli.

*MaiaSiCommuove*

Semper Fi, guys :) Speriamo di rivederci presto in questa sezione!
# Sicuramente io non me ne vado u.u [purtroppo per voi!]


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Capitolo 23
*** AVVISO! ***


No, niente, vi volevo solo dire che ho pubblicato il seguito >.< Si chiama NCIS - COLLEGE VERSION. Finisco di disturbarvi u.u

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