Il mio miglior nemico

di Nami88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PRIMO TEMPO - Fondamentali ***
Capitolo 2: *** PRIMO TEMPO - Tutti assieme appassionatamente ***
Capitolo 3: *** PRIMO TEMPO - Finalmente in vacanza ***
Capitolo 4: *** PRIMO TEMPO - Cinque contro due! ***
Capitolo 5: *** PRIMO TEMPO - Come cambiano le cose ***
Capitolo 6: *** PRIMO TEMPO - La dura verità ***
Capitolo 7: *** PRIMO TEMPO - Ira ***
Capitolo 8: *** SECONDO TEMPO - Cambio ***
Capitolo 9: *** SECONDO TEMPO - Confessioni ***
Capitolo 10: *** SECONDO TEMPO - La sfida del secolo (parte I) ***
Capitolo 11: *** SECONDO TEMPO - La sfida del secolo (parte II) ***
Capitolo 12: *** SECONDO TEMPO - L'avevo giurato ***
Capitolo 13: *** SECONDO TEMPO - Sayōnara ***
Capitolo 14: *** SECONDO TEMPO - Il mio miglior nemico ***



Capitolo 1
*** PRIMO TEMPO - Fondamentali ***


Ciao a tutti!
Questa volta sono tornata con una ff su SLAM DUNK, e non su OP. Non ve l'aspettavate vero?
Eh lo so, però quando si ha l'ispirazione bisogna seguirla.
Questa ff nasce da un ricordo: guardavo Slam Dunk su MTV quando avevo 15 anni e grazie a questo fantastico anime ho iniziato ad amare il basket e, grazie agli "insegnamenti" che ero riuscita ad apprendere, ero diventata anche piuttosto brava a giocare a scuola, specialmente nei canestri (grazie Mitsui). Inizialmente ero innamorata di Rukawa (strano), ora però i miei gusti da donna si sono spostati su Mitsui. Poi, un paio di mesi fa, dopo esermi guardata per la seconda volta OP dalla prima all'ultima puntata, mi sono detta "Perchè non tentare con Slam Dunk?". Detto fatto. Mi sono guardata Slam Dunk che non vedevo da anni ed eccoci arrivati alla fine dell'anime che, come ben saprete, s'interrompe qualche capitolo prima rispetto alla fine del manga. La cosa mi ha da sempre urtato molto ma non avevo mai letto il manga per cui, ancora una volta, mi sono detta: "Perchè non leggere il restante?". Detto fatto di nuovo. L'ho letto nel giro di una settimana e finalmente è venuta l'ispirazione per questa fanfiction.
Ho deciso quindi di iniziare questo progetto perchè ho sempre desiderato che Rukawa e Hanamichi diventassero amici (aspettavo da troppo tempo la scena della partita finale con il Sannoh in cui Rukawa gli batte il cinque!), quindi quale modo migliore di realizzare questo mio sogno se non con una ff che parlasse del loro rapporto ideale di amicizia come mi sarebbe piaciuto vederlo??? Un rapporto come quello tra Sanji e Zoro, o Goku e Vegeta...
So che il 99% delle ff su questi due è yaoi ma personalmente non amo il genere quindi non me ne vogliate ma la mia storia è puramente di amicizia, spero l'apprezzerete lo stesso!!! ^_^
In secondo luogo ho deciso di scriverla perchè Slam Dunk mi ha dato tanto e continua a farlo, per cui ritenevo necessario dedicargli qualcosa scritto di mio pugno.

La storia vede gli stessi protagonisti ma cresciuti di un paio d'anni e li ritroveremo praticamente tutti, divisi tra università e liceo. Hanamichi, Haruko, Rukawa, Ryota e Mitsui sono al terzo anno. Vi chiederete com'è possibile: beh nella mia versione gli ultimi due sono stati bocciati una volta e due volte, per cui ora si trovano al terzo anno con gli altri. Akagi, Kogure e Ayako frequentano ormai l'università.

BUONA LETTURA!



HANAMICHI SAKURAGI:
Anni 17

Terza liceo
Nome in codice: “Il Genio del Basket / Il Re dei Rimbalzi (bla bla bla)”.
Segni particolari: pallone gonfiato nato.

KAEDE RUKAWA:
Anni 17
Terza liceo
Nome in codice “Volpino”
Segni particolari: senz'anima.

HARUKO AKAGI: 
Anni 17
Terza liceo
Nome in codice "Harukina"
Segni particolari: più ingenua di un bambino di 2 anni.

RYOTA MIYAGI: 
Anni 18
Terza liceo
Nome in codice “Tappo” o “Nanerottolo”.
Segni particolari: bocciato.

HISASHI MITSUI:
Anni 19
Terza liceo
Nome in codice “Tritapalle”
Segni particolari: bocciato, 2 volte!!!

AYAKO:
Anni 18
1° anno di università.
Nome in codice: "Ayakuccia"
Segni particolari: un po'........manesca?

KIMINOBU KOGURE:
Anni 19
2° anno di università
Nome in codice: “Quattrocchi”
Segni particolari: il filosofo di turno.

TAKENORI AKAGI:
Anni 19
2° anno di università
Nome in codice: “Gorilla” o “Gori”.
Segni particolari: flagello della natura.

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Capitolo 2
*** PRIMO TEMPO - Tutti assieme appassionatamente ***




“Oh per la miseria ma è tardissimo! Dovevo anche passare a prendere quell’imbecille di Rukawa, il Gorilla ci farà a pezzi! Anzi no, se la prenderà solo con me come sempre! Devo sbrigarmi!”

    Era sabato pomeriggio e Hanamichi si svegliò solo perché il sole che entrava dalla finestra era troppo caldo e la fronte grondava di sudore, senza dubbio una spiacevole sensazione mentre ti godi l’unico pisolino che il tuo ex-capitano ti ha concesso quella settimana.
Si precipitò letteralmente giù dal letto. S’infilò una canottiera, un paio di pantaloni e le scarpe. Afferrò la borsa da palestra riposta malamente sotto il letto e, cercando disperato nell’armadio, agguantò la divisa pulita, l’unica, quella bianca. L'ex-capitano Akagi si sarebbe arrabbiato perché oggi avrebbero dovuto allenarsi con la rossa e sicuramente avrebbe detto: “Sakuragi sei il solito incompetente!”. Non c’era altro che potesse fare comunque. La infilò nel borsone accompagnata dalle scarpe da basket e si fiondò al piano di sotto.
« Hanamichi a che ora torni?! » chiese sua madre, come sempre intenta ai fornelli.
Hanamichi saltò gli ultimi cinque gradini buttandosi sul pavimento, facendo tremare tutta la casa, e aprì la porta uscendo di corsa.
« Non lo so, non aspettarmi! ».
    Rukawa abitava ad un paio di isolati e sicuramente non sarebbe stato contento di quel ritardo.
“Corri corri corri corri corri! Devo fare in fretta!!!”.
Finalmente dopo una corsa all’ultimo respiro arrivò davanti a casa Rukawa e, spossato come non mai, ancora piegato sulle ginocchia, suonò al campanello.
« Chi è? » chiese la voce gentile della signora Rukawa dal citofono.
« S-signora sono-------passato a prendere----Kaede » agonizzò Hanamichi.
La signora esitò un secondo per poi prodigarsi in un saluto.
« Oh ciao Hanamichi, sei tu. Non ti avevo riconosciuto. Te lo chiamo subito. Vuoi accomodarti caro? »
« Sono qui » si sentì dire in sottofondo. « Io esco ».
« Hanamichi vuoi accomodarti a bere qualcosa? » chiese la madre.
Nel frattempo Rukawa aprì la porta e sua madre si affacciò salutandolo calorosamente. Hanamichi ricambiò alzando una mano.
« No signora, dobbiamo andare. La ringrazio molto! ». 
Rukawa intanto si avvicinava e lo sguardo non prometteva nulla di buono.
Mentre ancora Hanamichi sviolinava alla signora Rukawa, la volpe già si avviava senza Hanamichi.
« Ehi bastardo, aspettami!!! » gli corse dietro Hanamichi.
« Ho solo voltato l’angolo della recinzione » gli fece notare Rukawa.
I due ragazzi proseguirono la strada in silenzio per un tratto abbastanza lungo. Era noto che a Rukawa non piacesse parlare.
« Certo che sei bravo a fare l’idiota con mia madre, se solo sapesse come sei davvero… »
« Ma che vuoi?! Io non ti ho offeso! E poi lo stronzo tra i due sei tu, io sono stronzo solo con chi lo è con me e tua madre non lo è. E’ proprio una cara signora, dovresti trattarla meglio sai?! »
« Non sono affari che ti riguardano ».
Hanamichi grugnì e fece spallucce.
« Sei arrabbiato perché sono arrivato tardi??? » chiese poi scrutando lo sguardo freddo e impassibile dell’eterno rivale.
« No »
« Ne sei certo? » insistette pungente.
« Sì »
« Sicuro? »
« La vuoi finire?..........Idiota »
« Per me lo sei invece. Senti, mi dispiace va bene?! Ero stanco. Ieri sera Anzai mi ha fatto allenare fino alle 2 di notte e non ho sentito la sveglia stamattina »
« Lo dico sempre che sei una mezzasega. Se non lo fossi non ci sarebbe bisogno di allenarsi fino alle 2 di notte »
« Mezzasega a chi?! »
« Piantala di blaterare, siamo arrivati. Prepariamoci a sentire la rottura di Akagi »
« “Prepariamoci”… » piagnucolò Hanamichi con il broncio. « Tanto si sa che se la prenderà solo con me. Non capisco perchè deve continuare a rompere anche se non è più in squadra. Uffi ». Rukawa non rispose e aprì la porta della palestra.
« Benarrivati! Desiderate anche un caffè per fare colazione?! » gridò l’ex-capitano avvicinandosi. « Dove cavolo eravate finiti?! Avete mezzora di ritardo! ».
Akagi quando poteva ritornava allo Shohoku per allenarsi con i suoi vecchi compagni di squadra e ancora si atteggiava a capitano. Miyagi, l’attuale capitano, glielo lasciava fare con tranquillità.
« Ecco noi… » Hanamichi abbassò la cresta.
« Sto parlando anche con te Rukawa! Torna subito qui! » tuonò vedendo che si allontanava indifferente.
« E’ colpa mia » ammise Hanamichi.
« Non avevo dubbi! Rukawa almeno può permettersi di arrivare in ritardo, ma tu no! E ora vai a cambiarti! Genio dei Ritardi! ».
Hanamichi fece una smorfia e si precipitò negli spogliatoi.
Ma chi si crede di essere quello scimmione!? E’ il Tappo il capitano e da un paio d’anni ormai!!!”. 
Entrò nello spogliatoio e gettò malamente il borsone sulla panchina, per poi aprirlo imprecando e sbuffando.
« La divisa bianca? » chiese Rukawa senza emozione.
« Era l’unica pulita » ringhiò Hanamichi.
Non ci fu risposta. Molte delle azioni/reazioni di Rukawa parlavano da sole. Ad esempio fissare Hanamichi per cinque interminabili secondi e poi uscire dallo spogliatoio significava: “Voglio proprio sentire cosa dirà Akagi”. E infatti, pochi minuti dopo……
« Sakuragi cosa significa?! Sei il solito imbecille! »
Lo sapevo che l’avrebbe detto! Doveva proprio venire a rompere?!?!”.
« Senti Gori mi dispiace! Era l’unica pulita! E che problema sarai mai, è solo un colore! »
« Il problema non è il colore, è l’organizzazione, la disciplina. Se tu avessi almeno una di queste due cose ti saresti presentato con una divisa pulita sì, ma rossa! ». 
« Coraggio, calmatevi » sorrise Miyagi. « Akagi non te la prendere. Non ci sono problemi »
« Sei troppo permissivo Miyagi »> tuonò il gorilla.
« Eh eh eh. E’ solo che non mi piace arrabbiarmi di continuo ».
Hanamichi ringhiò con lo sguardo basso.
« Dai Hanamichi non te la prendere anche tu » sorrise Miyagi poggiandogli una mano sulla spalla. « Sei la sua valvola di sfogo! Ora iniziamo l’allenamento! ».
Hanamichi si stava impegnando molto. Ormai erano tre anni che era entrato nello Shohoku e quello era il suo ultimo anno, per lui come anche per Rukawa, Haruko, Miyagi e Mitsui (bocciati rispettivamente un e due anni). Ormai le possibilità di diventare il capitano della squadra erano sfumate. Infatti, prima di andarsene due anni prima, Akagi aveva nominato Miyagi capitano. Sperava poi che quei due scansafatiche potessero essere promossi, così l’ultimo anno o lui o Rukawa se la sarebbero giocati per il titolo, invece no: Mitsui e Miyagi erano stati bocciati così Miyagi permaneva nel suo ruolo.
Gli allenamenti dello Shohoku erano sempre più estenuanti, ogni settimana di più. Questo perché a fine mese si sarebbero disputate le semifinali del torneo interscolastico della prefettura e Miyagi si era ripromesso che avrebbero finito l’anno senza subire sconfitte. Fino ad allora ci erano riusciti e non aveva intenzione di mollare proprio alla fine dei giochi. La verità però era che solo Hanamichi era costretto alla tortura degli allenamenti feroci e ancora si chiedeva perché.
Ma perché solo io?! In fondo io sono il Genio del Basket, il Re dei Rimbalzi e delle Schiacciate, maledizione!”. Poi però pensava anche che in fondo, se Miyagi spendeva così tanto tempo ed energie nell’allenarlo, poteva significare che di lui avesse una certa considerazione, che volesse farlo diventare più forte degli altri. La realtà era ben diversa: infatti, nonostante i notevoli miglioramenti, Hanamichi aveva ancora un bisogno estremo di disciplina ed educazione sportiva e quantomeno doveva diventare forte come gli altri, non necessariamente di più. Su una cosa però aveva ragione: se a Miyagi, e ancor prima ad Akagi, non fosse importato nulla di lui o non ci avesse tenuto a sufficienza lo avrebbero sbattuto a casa il primo anno quando era un cavallo pazzo.
    « Basta così ragazzi! Per oggi può bastare! ».
Certo che poteva bastare, avevano iniziato ad allenarsi alle 14 e a quel punto erano già le 19.
« Akagi »
« Sì, Mitsui? »
« Domani siamo liberi? »
« Sì. Domani riposo »
« Ah meno male! Devo andare dal dentista a farmi controllare le protesi » disse tastandole con le dita per controllarne il dondolamento.
« Stavo pensando una cosa » disse Miyagi sistemando i palloni. « Mio zio ha una casa sul lago e visto che lunedì non c’è scuola potremmo anche a passare là un paio di giorni »
« Che bella idea Miyagi, bravo! »
« Veramente… » Akagi sembrava dubbioso. Quando rientrava dall’università era come se non se ne fosse mai andato dallo Shohoku. Ore e ore di allenamenti, oltretutto il coach Anzai iniziava ad invecchiare, di conseguenza quando Akagi poteva ne prendeva il posto volentieri affinchè lui si riposasse.
« E dai Akagi, non farti pregare! C’è anche un campo da basket, ci giocavo da piccolo. Non rischiamo di saltare gli allenamenti »
« E poi l’aria di montagna è molto salutare » aggiunse Kogure. Frequentava la stessa università di Akagi, quindi avevano gli stessi periodi di libertà.
« Beh...In tal caso » sbuffò Akagi.
“Basket” era la parola magica.
« Evvai!!! »
« Che figata!!! »
« Allora ci state?! »
« Certo che sì! Abbiamo bisogno di cambiare un po’ aria non credete? »
« Quattrocchi ha ragione! Tutti al lagoooo!!! »
« Io non vengo » disse atono Rukawa. 
« Cosa?! » esclamò Mitsui. 
« Perché mai? » chiese Miyagi. « Sei il solito guastafeste Rukawa! »
« Sì, sei un ammazzabalotta! » lo schernì Mitsui.
« Vieni qui brutta checca isterica » disse Hanamichi afferrandolo per il collo e stringendolo a sé strofinandogli la testa. « Avanti, di’ ai tuoi compagnucci che verrai! Dillo o ti spacco la testa! Cos’è?! Il Numero Uno del Giappone non può permettersi una piccola vacanza?! Ops, aspetta. Tu non sei ancora il Numero Uno del Giappone! ».
Le minacce di Hanamichi però non servirono a niente, specialmente con Rukawa.
« Lasciami andare imbecille> ringhiò Rukawa divincolandosi dalla sua presa e tornando negli spogliatoi con l’asciugamano in testa.
« Ma che gli prende? » chiese Mitsui. « Ho notato solo io che è un po’ strano ultimamente? »
« Veramente a me sembra il solito pezzo di merda di sempre. Volpino del cavolo » ringhiò Hanamichi. 
« Già » confermò Miyagi. « C’è qualcosa di strano. Anche nel modo in cui gioca… »
« E’ vero. L’ho notato anche io. Bravissimo e impeccabile come sempre ma quasi senza…emozione. Per noi che lo vediamo poco credo sia molto più evidente »
« Non avrei saputo dirlo meglio Kogure. Negli ultimi sei mesi – spiegò Miyagi - ogni due settimane si assenta dagli allenamenti almeno una volta alla settimana. Mi ha sempre chiesto il permesso ma non ho mai approfondito ».
« Avrà la ragazza… » ipotizzò Akagi.
« Figuriamoci! Una checca come lui che pensa solo alla pallacanestro! » sghignazzò Hanamichi.
Si fermarono tutti ad osservarlo mentre rientrava negli spogliatoi.
« Naaahh… » sospirarono insieme. 
« Comunque, se non vuole venire non possiamo certo obbligarlo » sospirò Miyagi gettandosi l’asciugamano fradicio sulle spalle. « La macchina la prendo io, dopotutto sono io a sapere la strada. Mia zia ha un vecchio pullmino Volks Wagen e ce lo presterà sicuramente »
« E cosa dobbiamo portarci Ryo-chan? » chiese Hanamichi
« Vediamo, là il clima è sempre abbastanza fresco senza contare che piove spesso… »
« Capito. Quindi abiti da mezzastagione » disse Kogure.
« Il pallone lo porto io » disse Mitsui. « Chiederò al signor Anzai di poter usare uno di quelli della palestra ».
« Perfetto. Alle 6.00 davanti a casa mia. Puntuali » sottolineò il playmaker capitano.
« Perché guardi me Nanetto?! »
« Lo sai benissimo, sei sempre in ritardo… » . 
Hanamichi ringhiò.
« Bene, ora andiamo a farci una bella doccia » disse il capitano.
« Quasi dimenticavo, credete che Haruko e Ayako verrebbero volentieri? Non vedo Ayako da un sacco di tempo » chiese Miyagi trepidante. 
« Di’ la verità, brutto maniaco, ci vuoi provare con Ayako eh?! » sorrise Mitsui.
« Ma no! Cosa vai a pensare! Non sono mica un pervertito come Hanamichi! »
« Pervertito io?!?! Almeno non sbavo tutte le volte che vedo Haruko! »
« Ora basta, decerebrati che non siete altro! Chiederò ad Haruko se vuole venire e di telefonare ad Ayako, ma giù le mani da entrambe »
« Signorsì collega capitano! » sorrise Miyagi avviandosi verso gli spogliatoi.
« ……Forse » mugugnò Hanamichi.
« Come?! »
« N-no no, niente Gori! Niente! ».
    Come di consueto, lo spogliatoio maschile diventava il nido di un’infinità di pettegolezzi e commenti sconci sulle ragazze della scuola. Una novità piuttosto interessante era che finalmente Mitsui si era trovato una ragazza con la quale stava all’incirca da sei mesi. Era una ragazza molto carina e davvero in gamba, anche di buona famiglia.
Si erano conosciuti un pomeriggio in cui Mitsui si stava allenando da solo al campo da basket. Quando arrivò trovò una ragazza seduta su di una panchina che sfogliava un libro e già gli era sembrata molto carina. Siccome però la ragazza non lo considerava di un solo sguardo, e non potendola cacciare da lì, cominciò ad allenarsi perdendola di vista. Ad un certo punto, forse accortasi di lui, lo raggiunge in campo facendogli i complimenti e dicendogli che l’aveva riconosciuto. Da cosa nasce cosa, e così…
« Come farà Kodama a stare con un Tritapalle come te? Perché hai tutte le fortune?! »
« Tritapalle sarai tu, scimmia dai capelli rossi! Cos’avrei di tanto sbagliato scusa?! »
« Ma dai Mitsui, lei è bella e intelligente. E’ la prima della sua classe ed ricchissima…è molto sopra la tua portata! »
« Ti ci metti anche tu Miyagi?! »
« Io invece trovo che la vicinanza di Kodama ti faccia bene. Almeno adesso vai meglio a scuola e non devo più diventare matto per farti passare gli esami. L’importante è che continui a mantenere costanti gli allentamenti » disse Akagi.
« Per questo non c’è problema »
« Pensi che non verrebbe al nostro piccolo ritiro spirituale? »
« Non credo Kogure, sai com’è…è molto timida e mi ha confessato che si sente a disagio. D’altra parte la capisco, a stare accanto a dei buzzurri maniaci come voi…. »
« Ma che dici?… »
La provocazione non era riferita al Kogure, naturalmente.
« E bravo Mitsui… » ridacchiò Hanamichi. « Ti invidio proprio ».
« Quando vorrai diventare anche il Genio degli Appuntamenti allora fammi un fischio Sakuragi » lo canzonò. « Non ridere Ryota, vale anche per te! ». 
Scoppiarono tutti a ridere. La doccia era il momento che apprezzavano di più dell’allenamento infatti. No, non fatevi strane idee, ognuno aveva la propria doccia; era il più apprezzato probabilmente perché era l’unico momento in cui potevano parlare davvero. La squadra dello Shohoku infatti, dalla partita di due anni prima con il temibile e quasi imbattibile Sannoh, era molto cambiata. Se prima il problema maggiore era sempre stato la coesione inesistente e la dominazione incontrastata della rivalità fra i titolari, dopo quella storica partita cominciarono piano piano a regnare la fiducia reciproca e il gioco di squadra ma soprattutto iniziò ad essere sempre più presente, giorno dopo giorno, la vera amicizia. I ragazzi infatti non erano mai stati amici: caratteri diversi, età e anche classi differenti non avevamo mai permesso loro di conoscersi davvero. Lo dimostravano appunto la continua competizione ed egoismo che mostravano in campo l’uno verso l’altro. Ma quando arriva la fiducia è inevitabile che dopo un po’ arrivi anche l’amicizia. Ora uscivano volentieri assieme e Hanamichi addirittura doveva dividere il suo tempo tra gli allenamenti, i compagni di squadra-amici, e le sue vecchie e instancabili Truppe. Inoltre, questo nuovo clima li aveva cambiati molto: i più maneschi e irascibili (ndr: Rukawa, Mitsui, Sakuragi) erano lontano dalle risse ormai da più di un anno.
    Finita la doccia, Hanamichi notò Rukawa uscire in silenzio per primo quasi non volesse dare nell’occhio.
Il rosso si asciugò malamente e ficcò in borsa ogni cosa senza cura e decise di volerlo seguire.
« Allora a domani ragazzi! »
« A domani Hanamichi! »
Sembrava che nemmeno si fossero accorti che Rukawa non era più lì.
    « Ehi Rukawa aspettami! »
La volpe non si voltò né tantomeno si fermò alla richiesta di Hanamichi.
« Dannazione piove! Non me n’ero accorto durante l’allenamento » disse Hanamichi coprendosi con la borsa. Infilò una mano senza guardare e a tastoni trovò l’ombrello. « Aspettami ho detto! Aspettami maledizione! »
« Che vuoi?> chiese Rukawa una volta che Hanamichi l’ebbe raggiunto.
« Piove. Cos’è? Non te ne sei accorto!? »
« E allora? »
« Non pensi alla tua povera mamma? Se arrivi a casa bagnato avrà un sacco di lavoro da fare, brutto ingrato! ».
Rukawa acconsentì e permise ad Hanamichi di portare l’ombrello.
« Senti - disse Hanamichi dopo molto tempo senza parlare – va tutto bene? »
« Sì ».
Hanamichi fece una smorfia.
Due anni prima sicuramente avrebbe menato il suo compagno per fargli “sputare il rospo”, ora però era cresciuto e sapeva che insistere non avrebbe portato a farlo confessare.
« Sei sicuro di non voler venire domani? »
« Ti ho già detto di no. Non rompere »
Hanamichi grugnì scandalizzato.
« Se il tuo problema è perdere tempo invece di allenarti, quel nano di Ryota ha detto che c’è un campo da basket e Mitsui porterà »
« Ho detto di no »
Hanamichi sobbalzò. “Il solito arrogante”
Fece spallucce e grugnì di nuovo.
“Che caratteraccio”.
Senza che Rukawa se ne accorgesse, mentre apriva la porta di casa, Hanamichi riuscì ad entrare di soppiatto sgattaiolando dentro come una biscia e non esitò per far sì che sua madre potesse accorgersi della sua presenza prima che Rukawa lo cacciasse fuori.
« Ma che diavolo fai? » tuonò Rukawa.
“Hihihihi” pensò Hanamichi con ghigno malefico “Ora vedrai”
« Porcaccia la miseriaccia quanto piove!!! » urlò. « Sono più bagnato di un pulcino!!! »
La signora Rukawa si affacciò dalla cucina e subito s’illuminò in un sorriso.
« Oh Hanamichi! Che bella sorpresa! »
« Salve signora! » sorrise ingenuo come un agnellino dopo aver tolto le scarpe ed essersi inchinato debitamente « Le dispiace se resto un po’ finché non smette di piovere? ».
Rukawa lo trafisse con lo sguardo e fece ruotare gli occhi al cielo senza speranza.
« Ma certo, accomodati pure! Vieni, ti offro un bel the caldo. Kaede, caro, porta in camera tua la borsa e riponi gli abiti sporchi in lavanderia ».
Rukawa ringhiò sotto i baffi e fece spallucce, pensando che se avesse potuto ucciderlo con le proprie mani lo avrebbe fatto.
« Signora, sa una cosa? – cominciò Hanamichi sorseggiando il the e complimentandosi per quanto era buono - Domani i ragazzi della squadra hanno organizzato una piccola gita al lago. Lo zio di Miyagi ha una casa e avevamo pensato che dopo tutti questi allenamenti abbiamo bisogno di una bella vacanza. Kaede può venire signora? Ci ha detto che lei non sarebbe stata d’accordo e io voglio provare a convincerla. I ragazzi ci tengono tanto…e beh, anche le ragazze ». Si morsicò la lingua mentre lo disse ma era necessario.
« Cosa? Oh cielo, ma certo che può. Kaede – disse vedendolo entrare nel soggiorno – perché hai detto hai tuoi amici che non voglio che tu vada? Così mi fai passare per una madre snaturata caro. Vai pure e non preoccuparti per me, io a casa ho sempre tanto da fare. Non mi accorgerò nemmeno della tua assenza, se ciò che ti preoccupava era che mi potessi sentire sola. Vai, divertiti e riposati. Ti sei allenato tanto ultimamente ».
Rukawa osservò Hanamichi e Hanamichi contraccambiò soddisfatto: “Ti ho fregato Volpino. Nemmeno tu puoi deludere la tua mammina”Ma la volpe non tradì i suoi veri sentimenti e recitò la parte alla perfezione, tenendo il gioco all’ “idiota”.
« Scusa, pensavo che avresti preferito non restare a casa da sola. Se ci tieni tanto, ci andrò »
« Certo che ci tengo tesoro. Sei così serio da un po’ di tempo a questa parte, hai bisogno di distrarti »
“Quando mai non è serio?!” pensò Hanamichi.
« Non te ne devi andare tu? » tuonò rivolto ad Hanamichi.
« Kaede ma che modi sono? »
« Probabilmente sua madre lo starà aspettando per cena » ipotizzò seccato.
« Posso chiamarla e dire che resti qui, ti va Hanamichi? »
« No signora, devo davvero scappare » “Hihihihihihi! Obbiettivo raggiunto e ora me ne vado”« Ma la ringrazio, è sempre troppo gentile ». 
« Ti accompagno alla porta » disse Rukawa avanzando per primo. « E ringrazia che non ti caccio fuori a calci » bisbigliò di modo che sono Hanamichi potesse sentire. 
« Hihihihihi » rise l’altro di sottecchi. « Arrivederci signora e buona serata! »
Hanamichi aprì la porta e uscì.
« Sei proprio un figlio di buona donna, con tutto il rispetto per tua madre. Me la pagherai »
Hanamichi sorrise.
« Sì, lo vedremo. Alle 6.00 a casa di Ryota. Ciao ciao checca isterica! ».
« Bastardo ».
Hanamichi s’incamminò verso casa assolutamente soddisfatto.
“Solo un genio come me poteva riuscirci! Siiiii" pensò crogiolandosi nel proprio brodo. "Sono il numero uno, il mago della recitazione!”
    Ogni volta che vedeva la Signora Rukawa, si domandava come una signora buona e gentile come quella potesse avere un figlio come Rukawa. La signora era la classica donna giapponese sulla cinquantina, non vecchio stampo ma chiaramente di una generazione indietro: capelli corti e cotonati, occhiali rotondi sul viso altrettanto rotondo e paffutello e gentile sul quale c’era sempre un tenero sorriso da regalare a qualcuno. Ogni volta che Hanamichi l’aveva vista, non mancava di indossare una gonna lunga fino al ginocchio solitamente di colore marrone o blu scuro e un maglioncino dal collo alto grigio o nero d’inverno, d’estate una maglietta monocolore azzurrognola o giallo canarino. Hanamichi era certo che passasse la maggior parte del suo tempo a pulire perché indossava sempre un grembiule…ne aveva una vasta collezione: rosa tinta unita, bianchi con grossi fiori stampati, a righe, a pois…di ogni tipo. Era bassa, sicuramente non più di un metro e mezzo, al massimo un metro e sessanta. Rukawa sembrava un gigante accanto a lei. Da dove l’avrà tirato fuori un figlio così grande? Chissà com’era suo padre…Hanamichi se lo chiedeva da sempre ma non aveva mai visto sue fotografie in casa e ancora dopo tanto tempo non sapeva cosa gli fosse successo. Ma soprattutto, di cosa potevano mai parlare lei e Rukawa? E lei l’aveva mai visto sorridere? Quelli erano dei veri misteri. Probabilmente quel disgraziato se ne stava tutto il giorno in camera sua o al campo di basket, escluso il tempo che trascorreva tra la scuola e la palestra, e non dava mai una mano a quella dolce signora che sicuramente non faceva altro che sgobbare e pulire per lui. Puah. “Volpino ingrato”.

Questo era il primo vero capitolo della storia. Spero siate già riusciti a comprendere il rapporto di questi due bambinoni. Se così non fosse, portate pazienza e presto quei pettegoli dei loro amici ne parleranno ampiamente.
A prestissimo con il prossimo capitolo.

Edit1: avevo pubblicato questo capitolo con delle emoticon che potessero aiutare a rendere il tutto più simpatico e burlesco ma non ero convinta in partenza. L'ho pubblicato comunque perchè volevo vedere cosa ne usciva e come giustamente mi ha fatto notare Koa_chan, non è "corretto" nei confronti di chi si impegna per scrivere un prodotto decente. Ci tengo a precisare che non l'ho fatto per renderlo più decente insicura che senza non lo fosse, l'ho fatto solo perchè come dicevo pensavo potesse essere interessante e "divertente" ma non ero convinta nemmeno io. Oltretutto, so alla perfezione cosa significa stare svegli alla notte per mesi a scrivere e metterci l'anima (le mie "fan" di OP lo sanno bene ^_^) quindi lo scopo non era quello di usare dei "mezzucci" per rendere la storia più credibile. Chiedo scusa di nuovo. Ieri sera l'ho spogliata delle emoticon e ripubblicata allo stato originale.
Spero continuiate a leggerla. Mi sto gettando su un mercato difficile e me ne rendo conto, pubblicare una storia di amicizia dove tutte (o quasi) sono yaoi.....come riproporre i pantaloni a campana adesso insomma. ^_^ Tuttavia spero vi piacerà.

Edit2: chiedo scusa se ieri sera qualcuno ha provato a leggere e non c'erano i dialoghi O_O. Non so cosa sia successo, probabilmente è accaduto mentre la sistemavo ma ora dovrebbe essere ok.

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Capitolo 3
*** PRIMO TEMPO - Finalmente in vacanza ***




«
Ehi ragazzi »
« Hanamichi! Già qui?! »
« Certo Tappo cosa ti aspettavi dal Re della Puntualità? Hihihihihi! »
« Non ci posso credere, sei arrivato in orario! »
« Fai poco lo spiritoso Mitsui » lo bacchettò il rosso.
« Se no che mi fai? »
« Te le suono! »
« Sì, come no. E’ più di un anno che non alzi le mani contro un moscerino!>
« Da che pulpito eh?!? »

« Ragazziiiiiii!!!! » un’angelica voce li chiamava da lontano.

« Ma questa è… » le orecchie di Hanamichi si drizzarono.
« Ma guardalo, gli si sono drizzate le orecchie! »
« Stai attento a non far drizzare qualcos’altro » sogghignò Mitsui sotto i baffi.
« …Harukina… » sospirò Hanamichi.

« Ciao a tuttiiiii! » un’altra ragazza sbucò da dietro l’angolo.
« …e c’è anche Ayakuccia! ».
Haruko si sbracciava per salutare non appena girato l’angolo.
« Hanamichi non squadrarla così o Akagi ti ucciderà »
Akagi era proprio accanto a sua sorella, da perfetta guardia del corpo con lo sguardo già incupito.
« Almeno morirò felice » mugugnò tra le nuvole.
« Sì…d’accordo »
« Fai presto tu a parlare che sei già accompagnato Tritapalle »
« Sì, lo ammetto. Sono molto fortunato »

« Ciao a tutti »
« Ciao Akagi, sei riuscito a convincere queste due signorine a quanto pare… »
« Non mi ci è voluto molto a dire la verità. Non vedevano l’ora »
Haruko arrossì e Akagi buttò gli occhi al cielo.
« Dai a me la borsa Harukina »
« Ti ringrazio Hanamichi » sorrise cedendogliela. Il rosso l’afferrò e la caricò sul furgone.
« Ma che bella carretta Miyagi » lo sfotté Hanamichi picchiando sul tettuccio.
« Ehi ehi vacci piano! E’ un mezzo storico! I miei zii ne vanno molto fieri »
« Eh sì, è proprio un pezzo d’epoca » sorrise Mitsui calciando piano il paraurti.
« Ho detto di fare attenzione! Ayakuccia dammi anche tu la borsa »
« Ti ringrazio Ryota » facendogli l’occhiolino.
« A quanto pare mancano solo Kogure e Rukawa » disse Akagi guardandosi attorno.
« Cosa?! Rukawa? Ma fratellone non avevi detto che non sarebbe venuto? » le guance di Haruko diventarono rosse.
« E’ tutto merito mio Harukina! Sono riuscito a convincere quella testa di rapa » non appena lo disse sobbalzò. “Mi sono appena vantato di essere riuscito a farlo partecipare…Accidentaccio a me. Ma dove ho la testa?! Avrei potuto avere campo libero con la mia Harukina e invece.... Aaaah! Stupido idiota che non sono altro!”.
« Là c’è Kogure. Finalmente » fece notare Akagi.
« Bene » disse Miyagi salutandolo da lontano. « Ora manca solo Rukawa, ma dove si sarà cacciato?! Ormai sono le 6.30………Ah ecco lo là! Alla buon’ora! »
« Rukawa, brutto sbruffone che non sei altro a che ora pensavi di arrivare?! E poi ti lamenti con me perché sono arrivato in ritardo l’altra mattina??! »
« Taci, mezzasega ».
“Ma come ti permetti?!?!!?”.
« Rukawa ti senti bene? » chiese Kogure osservando il colorito più pallido del solito.
« Sì. Partiamo, avanti »
« Ma sentitelo! "Partiamo, avanti". Arriva con mezzora di ritardo e pretende che siamo tutti pronti per partire quando lo dice lui! Senti un po’ ma chi ti credi di essere?!?!? »
« Basta piantatela! Mettersi a urlare così presto alla mattina, dateci un taglio una buona volta » tuonò Akagi zittendo Hanamichi.
« Tutti in carrozza!!! Si parte! » annunciò Miyagi salendo al volante.
« Io voglio stare vicino ad Harukina bella »
« Non ci pensare neanche – tuonò Akagi – Haruko e Ayako resteranno davanti con Miyagi »
« Uffi. Gori sei cattivo »
« Io vado dietro! » si affrettò Mitsui salendo.
« Anch’io! » lo seguì veloce Kogure.
Hanamichi fece per entrare.
« Dove pensi di andare? » lo fulminò il gorilla.
Hanamichi strabuzzò gli occhi. « Ma così mi toccherà andare nel posto dietro con Rukawa! »
Akagi gli rivolse solo uno sguardo ammonitore. Hanamichi ringhiò ma alla fine non poté fare diversamente. Chi la sposta quella montagna di Akagi?
« Tsè, proprio dietro con i bagagli dovevo stare! Ingrati. Non è questo il modo di trattare un genio »
    Dopo mezzora di macchina dormivano tutti.
« Non è giusto però, se tutti dormono io mi annoio. Ho ancora due ore di guida! »
« Lo sai cosa non è giusto invece?! Che io sia costretto a restare qui dietro con un presuntuoso e sommerso dai bagagli »
« Allora qualcuno di sveglio c’è » sorrise Ryota.
« E come potrei mai dormire??? Questa macchina è fatta su misura per i nani »
« Per tua informazione siete voi ad essere smisuratamente alti » rispose Miyagi facendo l’offeso. « Se devi stare sveglio per dire stronzate puoi anche dormire come fanno gli altri! »
« Dai Tappo non offenderti, stavo scherzando. Comunque accetto il consiglio, proverò a dormire un po’ ».
    A seguito di due ore di auto, durante le quali i ragazzi si svegliavano a turni per fare compagnia a Ryota e poi si riaddormentavano come dei bambini, finalmente arrivarono a destinazione.
« Aaaaaahhhh! – Miyagi scese e si stiracchiò – Finalmente! Non ne potevo più… »
« Che bel posto Ryota! »
« Ti piace Ayakuccia? Sono tanto felice che ti piaccia! Puoi venire qui ogni volta che lo desideri! »
« Mitsui, come mai Kodama non è venuta? » chiese Ayako cambiando argomento.
« Uffi, non mi ha nemmeno ascoltato » piagnucolò il capitano.
« Non ne vuole da te Tappo, non te la prendere! » sorrise Hanamichi consolandolo.
« Aveva da fare e poi, come dicevo agli altri, si sente un po’ a disagio in mezzo a questo branco di bestie ».
Ayako annuì comprensiva. « In effetti, solo io e Haruko riusciamo a tenervi a bada quando siete tutti assieme ».
« Così pare » sorrise Mitsui scaricando i bagagli.
    Il cottage di montagna che pochissime persone potevano permettersi, si sedeva proprio sulla riva del lago e abbracciava una terrazza che si alzava su di esso. Al di là del lago c’erano le montagne le cui cime erano delicatamente cosparse di bianco anche se era già primavera inoltrata. Tutt’intorno c’era un piccolo boschetto verdeggiante dal quale si sentiva provenire lo scorciare di un ruscello.
« Ragazzi che freddo che fa qui, sembra di essere in pieno autunno »
« Se vuoi ti scaldo io Harukina »
« Ma Hanamichi, cosa dici!? » inorridì lei diventando paonazza.
« Giù le mani dalla mia sorellina maniaco » tuonò Akagi dandogli un pugno in testa.
« Ahio Gori »
« Eh eh eh Hanamichi te le vai sempre a cercare! »
« Zitto Quattrocchi ».
« Credo che tra poco verrà a piovere » fece notare Ryota guardando un cumulo grigio oltre le montagne.
« Coraggio allora, sbrighiamoci a tirare giù i bagagli. Avanti ragazzi » li esortò Kogure.
Portarono dentro i bagagli e cominciarono a girare il cottage a destra e a sinistra.
La cucina era subito davanti all’entrata accanto alla rampa di scale che conduceva al piano superiore. A destra c’era il soggiorno con il caminetto e i divani, più in fondo c’era la sala da pranzo e a destra due camere da letto. Il bagno era uno e al piano di sopra.
« Non mi sembra lo stile giapponese… » osservò Ayako spaesata.
« No, infatti. I miei zii hanno vissuto diversi anni in America e sono stati influenzati »
« America…infatti c’era qualcosa di diverso »
“America”. La parola bastò a far risvegliare Rukawa dal suo sonno, che prima di ogni cosa si era gettato sul divano per appisolarsi.
« Stavi già dormendo Rukawa?! » gridò Miyagi sorpreso.
« »
« Scusa se ti abbiamo svegliato »
« Nessun problema » e si rimise a dormire.
« Che tipo. Ragazze la vostra stanza è di sopra »
« Vieni Haruko, andiamo a vedere e a sistemare le nostre cose. Haruko???..................Pronto????? C’è nessuno in casa? ».
Haruko era incantata ad osservare Rukawa che dormiva come un angioletto.
« Haruko?!?! » le diede una gomitata e Haruko si svegliò arrossendo.
« Coraggio – sorrise l’amica – andiamo »
« S-sì ».
Nel frattempo i ragazzi decisero le stanze: Miyagi, Mitsui e Hanamichi. Rukawa, Kogure e Akagi.
    La prima giornata la trascorsero facendo allenamento dalle 11.00 del mattino fino alle 16.00, mentre le ragazze restavano a guardare.
« Che pallosi che sono – sbuffò Ayako seduta a bordo campo – Va bene che non devono perdere tempo ma credevo fossimo venuti qui per riposarci e divertirci ».
Haruko non rispose e Ayako la osservò gettando gli occhi al cielo.
« Haruko?!? »
« Oh sì! Presente! » disse imbarazzata.
« Certo che sei di compagnia… »
« Scusami Ayako, stavo solo…ehm, cosa dicevi? »
Ayako sorrise maliziosa e le diede una gomitata.
« Lo so cosa stavi facendo, ti sei incantata a guardare Rukawa e ti sei messa a viaggiare con la fantasia… »
« Io… »
« Oh andiamo, non ti preoccupare. Ormai è più che evidente. Persino i canestri se ne sono accorti… ». Haruko divenne paonazza e nascose il viso tra le mani abbozzando un sorrisetto imbarazzato.
« Sono molto carini quando si allenano, non trovi? »
La domanda di Ayako però fu pronunciata come un sussurrò, proprio mentre Ryota andava a canestro.
« Io li trovo più carini in divisa – sorrise Haruko - quella rossa> specificò.
Continuarono ad osservare il gioco.
« Allora, come vanno le cose? »
« I-in che senso scusa? »
« Ma con Rukawa, mi pare ovvio » sorrise furbescamente l’altra.
« Ayako…ma no, n-non vanno per niente. Cosa dici?! »
« Sei ancora innamorata di lui a quanto pare ». Haruko arrossì.
    
    « Brutto babbuino ti avevo detto di passarmi la palla! » si sentì gridare Mitsui dal campo.
    « Mi dispiace Tritapalle, non potevo certo perdere l’occasione per mostrarvi uno dei canestri     del Genio! Hihihihi! ».

« Posso chiederti – continuò Ayako incrociando le gambe – cosa ti piace di lui? Voglio dire, è innegabilmente un bel ragazzo anche se non è il mio tipo. Ma a parte quello? ».
Haruko esitò; nessuno gliel’aveva mai chiesto ma tra lei e Haruko negli ultimi anni si era instaurato un buon rapporto prima che finesse il liceo.
« Beh…non lo so... Voglio dire, lui è…è… »
Ayako sospirò sconsolata. « Egoista, presuntuoso, per niente cordiale, non gentile, non dolce, con un pessimo carattere, solitario, rissoso? Forse simpatico ma ti dirò la verità, l’ho sentito parlare così poco che non te lo so dire con certezza… » concluse dubbiosa.
« Da come lo dipingi sembra un mostro » s’imbronciò Haruko.

    « Rukawa, passa! » gridò Miyagi.
    « Tua! »
    « Grazie amico! Canestro! Canestro! »

« No, non è un mostro. Anzi lo trovo incredibilmente buffo alle volte, così grande e grosso ma a volte sembra un bambino di dieci anni. Volevo solo chiarirti le idee. Rukawa non è un cattivo ragazzo. Tuttavia non ha un carattere molto alla mano, e non capisco come mai una ragazza dolce e timida come te potrebbe mettersi nelle mani di un ragazzo così rude che nessuno ha mai visto sorridere ».
Haruko sembrò pensare a quelle parole mentre osservava gli allenamenti.
« Posso capire che sia il “bello e dannato”. Che tu lo veda come il cavaliere rude e forte che ti saprebbe proteggere contro il mondo intero e magari allo stesso tempo il tuo bel principe azzurro pronto ad amarti e a stringerti quando lo desideri. Rukawa però non è così, ma non perché non gli interessi tu, perché in questo momento il basket è la sua priorità. Rukawa è solo il cavaliere rude, Haruko ».
« Non mi vede nemmeno, non è così? » disse Haruko con un filo di voce tremante.
Ayako le poggiò una mano sulla spalla e sospirò comprensiva. La realtà era dura però, in effetti, era proprio così.
« Questo è il suo film; lui è il protagonista, unico e assoluto, e noi siamo tutte comparse. Non vede te, come non vede nessun’altro. Sai invece chi sa della tua esistenza? ».
Era il momento di tentare di aprire gli occhi all’innocente Haruko. Ayako desiderava mettere una buona parola per Hanamichi, che aveva rivalutato molto negli ultimi anni.

    « Avanti Tappo! Passami la palla! Sono smarcato, sono smarcato! »
    « No! Tua Kogure! »
    « Cosa!?!? Ma perchè?!?!! Era mia quella palla! Sei cieco forse oltre che nano?!?! »

« Hanamichi » uscì come un soffio dalle sue labbra. In un misto tra domanda e affermazione.
« Sì, proprio lui » confermò Ayako distendendo le gambe e incrociandole.

    « E questa palla è tutta per il Genio! Vai Hanamichi! »
    « Grazie Tappo! Finalmente! »
    Dunk!
    « Bel lavoro Hanamichi! »
    « Grazie grazie! Ma cosa vi aspettavate dal Genio delle Schiacciate?! Ah ah ah ah! »

« Hanamichi sarebbe proprio il tipo giusto per te »
Haruko arrossì.
« So che non è il principe azzurro. E’ infantile e chiassoso, ma ha un grande cuore e sono certa che ti divertiresti un mondo con quello scemo. Inoltre, saprebbe proteggerti ma anche amarti…proprio come vuoi tu ».
Haruko non rispose. Probabilmente era iniziato il suo confronto fra i due ragazzi nella sua testa.
« Tu che mi dici di Ryota? » chiese Haruko, cambiando argomento.
« Non c’è niente da dire »
« Ma davvero? Mi sembra che ultimamente siate molto vicini… »
« Sto bene con lui. E’ davvero un ragazzo dolcissimo e con cui si può parlare di qualunque cosa ma non voglio correre. Siamo usciti "seriamente" solo un paio di volte a mangiare un gelato e in sala giochi, e per ora può bastare. Voglio farlo correre fino alla fine del campionato almeno. Deve essere promosso. Il basket lo distrae già abbastanza....non voglio influire troppo ».
« Ti invidio così tanto… »
« Per cosa scusa? »
« Io non saprei mai dichiararmi apertamente »
« Ma io non mi sono dichiarata. Ho solo lasciato intendere a Ryota che c’è la possibilità che forse lui mi interessi ma niente di più, senza contare che è molto più semplice quando sai che dall’altra parte qualcuno prova gli stessi sentimenti… »
« Tu dici? »
« Ma certo. Pensaci Haruko. Magari più che di Rukawa sei innamorata del suo mito…in fondo, come si può amare una persona che non si conosce? Come essere innamorati di una rockstar... i sogni sono una cosa, ma la realtà è un'altra ».
E aveva ragione.
Haruko alzò la mano per contraccambiare il saluto di Hanamichi a seguito di un canestro. Uno dei tanti in quella mattina.
“Sì, Rukawa non mi degna nemmeno di uno sguardo…”.
« Ragazzi per oggi basta! Vi siete allenati troppo per gente che dice di essere in vacanza! Coraggio, tutti dentro, puzzate come dei caproni »
« Sì, Ayakuccia! Ai tuoi ordini! ».
    Arrivò finalmente l’ora di cena.
« Che bello il caminetto acceso! Non si vede in nessuna casa giapponese! L’ho sempre visto nei film e mi sarebbe sempre piaciuto averne uno! » esclamò Haruko.
« Scusate ma dov’è Hanamichi? » chiese Mitsui.
« Oh, non ve l’ho detto! E’ in cucina a preparare la cena…incredibile »
« Cosa?! » chiese sconvolto Miyagi. « Dici sul serio Kogure?! »
« Ma sicuro! Sembra che sia un ottimo cuoco. O almeno così dice »
« Sì come no……me lo immagino – sorrise Ayako – “Il Genio dei Fornelli” »
I ragazzi risero sonoramente, escluso uno naturalmente. Quello che non aveva mai sorriso in vita sua.
« Puoi anche sorridere Rukawa, lo sai? » lo prese in giro Mitsui.
Rukawa emise un lieve mugugno e si voltò dall’altra parte.
« Secondo me non sa più come si fa » continuò a sfotterlo.
« No, secondo me non ha mai imparato » si aggregò Miyagi.
« Basta ragazzi lasciatelo in pace » lo difese Haruko diventando rossa, tuttavia senza guadagnare nemmeno la coda dell’occhio del suo amato Volpino che a sua volta non la considerò nemmeno.
    « Ragazziiiii la cena è prontaaaaa! » gorgeggiò Hanamichi.
Hanamichi arrivò in soggiorno con due vassoi carichi di cibo.
« Caspita! » esclamarono i compagni.
« Che aspetto delizioso! »
« Puoi ben dirlo Tappo, sono il Genio dei Fornelli dopotutto! Ah ah ah ah! » sorrise posando i vassoi sul tavolino al centro del soggiorno. « Sentirete che sapore! ».
I ragazzi si buttarono a capofitto sui piatti, tutte specialità della cucina Giapponese. Certo, l'aspetto non era quello che avrebbero avuto in un ristorante, era molto più casaligo ma decisamente invitante. Poiché nessuno parlò per diverso tempo e i piatti vennero completamente ripuliti, si poteva dedurre che Hanamichi aveva fatto centro con la cena preparata.
« Hanamichi i miei complimenti, è tutto buonissimo »
« Ti ringrazio Harukina » piagnucolò Hanamichi commosso. « Li ho fatti con tanto amore ».
« Mi fa un po’ impressione accedere il fuoco in pieno marzo » osservò Akagi.
« E’ vero fratellone, però fa freddo e io lo trovo così romantico »
« Io preferisco di gran lunga il freddo al caldo. Almeno se hai freddo ti puoi vestire e coprire, se hai caldo a volte vorresti toglierti la pelle ma poi avresti caldo comunque »
« Il primo ragionamento intelligente di Mitsui da un anno a questa parte. Tutto merito di Kodama »
« Senti chi parla, Hanamichi il Genio dei Bambocci ».

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Capitolo 4
*** PRIMO TEMPO - Cinque contro due! ***


La prima sera trascorse serena e allegra. Giocarono a Shangai e a scacchi fino a che troppo stanchi non crollarono tutti come dei bambini.
Il giorno seguente Haruko, che era pur sempre la manager della squadra, concesse loro di fare una corsa di un paio d’ore su e giù dalla collina e non di più perché erano in vacanza e dovevano riposarsi. Serviva però anche qualche cosa per ammazzare il tempo e ad Ayako venne in mente un modo interessante: li costrinse a giocare una partitella cinque contro due tra l’intero Shohoku e le due ragazze.
« Starai scherzando, vero?! »
« Perché Mitsui, hai qualcosa da ridire?! »
« No, figuriamoci. Evidentemente vi piace essere umiliate »
« Questo lo vedremo! Io e Haruko siamo in gamba, specialmente Haruko, e Akagi lo può confermare »
« Questo è vero, ma in fondo voi non siete altro che principianti e noi giochiamo ogni giorno…non so quali speranze possiate avere contro cinque uomini » disse dubbioso.
« Ti ci metti anche tu Kogure?! »
« No no, per me non c’è problema! Figuriamoci! Come non detto… »
« Va bene, allora è deciso! Tutti in campo sfaticati! »
« A quanto arriviamo con i punti? »
« A dieci. Uno di voi farà da arbitro »  disse Ayako.
« Ci pensò io » disse Kogure ripescando il fischietto dal borsone a bordo campo.
« Perfetto signorine, fatevi sotto! »
« A chi hai detto “signorine”, eh Mitsui?!? Haruko vai tu al centro per la palla. Gliela faremo vedere noi. Vi ho visti giocare così tante volte che ormai potrei battervi a occhi chiusi ».
« Lo vedremo> sorrise lui. « Lo vedremo ».
Haruko si posizionò al centro del campo. Di fronte a lei suo fratello Akagi. Era piuttosto ovvio che non sarebbe mai riuscita a superarlo nel salto nemmeno se fosse andata in piedi su di uno sgabello. Era così alto che le faceva ombra completamente.
“Che figuraccia che farò”. Si sentiva gli occhi di tutti puntati addosso.
« Pronti?! 3…2…1… »
FRRRRRRRRRRRRRRRR!!!!!
Akagi saltò in alto senza nemmeno sforzarsi molto e lanciò la palla a Miyagi che stava esattamente dietro a sua sorella.
Ayako cominciò a darsi da fare e dopo un paio di tentativi andati a vuoti di portare via la palla a Miyagi, usando anche il suo “savoir faire”, riuscì comunque a portarla via a Mitsui.
La passò poi ad Haruko che si trovò a dover fronteggiare proprio lui. Rukawa.
Erano uno di fronte all’altro e si studiavano. Non erano mai stati così vicini, così vicini che il respiro affannato del Volpino poteva spostarle i capelli. Era chiaro come il sole che Rukawa avrebbe potuto portarle via la palla in qualsiasi momento, visto che Haruko palleggiava da diversi lunghi secondi imbabolata come uno stoccafisso, ma non lo fece. Probabilmente perché era una amichevole molto amichevole e sarebbe stato troppo facile vincere contro di loro; decise quindi di marcarla stretta e vedere come si sarebbe comportata, totalmente indifferente agli sguardi persi che Haruko gli rivolgeva.
Haruko dal canto suo era presa dall’emozione. In una situazione normale non avrebbe sostenuto quello sguardo glaciale nemmeno un secondo, ma in partita doveva restare concentra. “Ti dimostrerò che sono capace, così forse mi noterai”. E quando voleva, Haruko sapeva essere caparbia e testarda.
« Coraggio, hai paura? » le chiese lui inaspettatamente, con quel tono di voce profondo e glaciale che le faceva da sempre venire i brividi.
Haruko sobbalzò. Erano le prime parole che Rukawa le rivolgeva in tre anni.
Lo sguardo si posò poi oltre le spalle della volpe, dove sottocanestro Hanamichi cercava di suggerirle qualcosa con gli occhi. Non si sa come, ma Haruko capì. Osservò Rukawa negli occhi e quando sentì dentro di sé il momento fece una finta a sinistra, Rukawa ci cascò perché si spostò nella stessa direzione ma in quella frazione di secondo capì che era una finta e si rispostò verso destra per tentare di fermare quella ragazzina ma era troppo tardi perché Haruko, grazie alla sua piccola taglia e alla sua velocità, gli passò sotto ad un braccio e si portò a canestro.
« Vai Haruko! » esultò la sua unica compagna.
Sotto canestro intervenne Hanamichi.
« Mi dispiace Harukina ma ti devo fermare! ».
Haruko si trovò di fronte a quella montagna insormontabile.
« Adesso si lascerà imbambolare » soffiò Mitsui.
Invece Hanamichi sembrava molto convinto.
Haruko palleggiò diverse volte e cercava visibilmente degli spazi attraverso cui poter passare ma era impossibile. Finché, con la coda dell’occhio, non scorse Ayako esattamente dietro ad Akagi poco distante da lei sulla sinistra, e le venne un’idea.
« Ayako! Tua! ».
Ayako afferrò la palla e fece una finta per tirare a canestro, il che costrinse Akagi e Hanamichi ad alzarsi per stopparlo, ma Ayako più piccola e leggera volò a terra una frazione di secondo prima dei due ragazzi per poi lanciare di nuovo la palla ad Haruko completamente smarcata, la quale finalmente riuscì a segnare altri 2 punti.
« Evvaiiii!!! » si diedero il cinque.
« Però, non male… » confermò Miyagi sorpreso. « Ayakuccia sei fantastica! »
« Non male per niente – disse Mitsui dovendosi arrendere all’evidenza – ma sono distrutte e giochiamo da soli cinque minuti. Devono coprire i ruoli di 5 persone e si trovano davanti dei giganti. E non sono per niente allenate. Non dureranno molto ».
« Ha parlato Mr. Resistenza »
« Di’ un po’ Miyagi tu da che parte stai?!?! »
Tuttavia, Mitsui aveva visto giusto. Le ragazze erano esauste e persero malamente nel giro di quindici minuti per 4 a 10, nonostante i ragazzi non avessero incalzato un gioco pesante e le avessero lasciate abbastanza libere.
In quelle poche occasioni che le erano state concesse, Haruko si era trovata vicinissima al suo amato. A fine partita sognava che Rukawa le dicesse: « Brava, hai giocato bene » ma non accadde mai e nemmeno la guardò. Accadde invece che fu Hanamichi a farle i complimenti e a portarle l’acqua per rinfrescarsi.
Ayako le sorrise eloquente. “Te l’avevo detto”.

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Capitolo 5
*** PRIMO TEMPO - Come cambiano le cose ***


Finita la partitella si rilassarono sul lago con una battuta di pesca e finalmente tutti a cena, perché lo stomaco di quei ragazzoni era difficile da riempire.
Hanamichi si propose di ritornare ai fornelli e, come la sera precedente, deliziò il palato dei suoi amici.
« Fantastico Sakuragi, se tu giocassi a basket come cucini saremmo a cavallo »
« Ancora con questa storia?!? Quando la finirete di sfottere?! Non sono più l’ultimo arrivato! »
« E’ troppo divertente prenderti in giro. Te la prendi sempre » spiegò Kogure.
« A proposito. Tra due settimane abbiamo le semifinali con il Kainan…vi sentite pronti? » chiese Haruko.
« Che domande fai? – disse Mitsui – Certo che sì, ormai contro il Kainan abbiamo giocato così tante volte che potremmo anche... che ne so... giocare tutti bendati »
« E poi c’è la tanto agognata finale con il Sannoh » sospirò Haruko versandosi una tazza di the.
« Cos’ha detto Anzai che siete venuti qui? » chiese il fratello cambiando argomento.
« Oh, niente. Ha detto che ci avrebbe fatto bene » rispose Haruko.
« E aveva ragione » aggiunse Mitsui.
« Aveva ragione ma non vi state riposando nemmeno un po’, anzi se va bene tornerete più stanchi di prima e badate bene che non vi perdonerò un solo errore! ».
Nonostante Ayako non frequentasse più il liceo e avesse lasciato le incombenze da manager ad Haruko, si sentiva in dovere di continuare a torturare i ragazzi perché Haruko non era ferma quanto lei. Esattamente come faceva Akagi quando rientrava a casa dall'università.
« Non preoccuparti Ayakuccia, domani che è l’ultimo giorno lo passeremo ad oziare dalla mattina alla sera ».
« Rukawa dove vai? » chiese Kogure.
« A fare due tiri a canestro »
« Ma come? Ora? » chiese Ayako. « Non vedi che tempo che fa là fuori?! »
In effetti il tempo era peggiorato. Ormai era il tramonto ma il cielo grigio faceva sembrare il crepuscolo notte fonda.
« Rukawa aspettami! Vengo anch’io! »
« Sakuragi, anche tu! »
« Sempre tra i piedi » borbottò la volpe.
« Cos’hai detto brutta frocetta che non sei altro?! »
« Che sei una palla al piede » sibilò Rukawa.
Continuarono a discutere anche fuori in giardino. Si sentiva il continuo blaterare isterico di Hanamichi ovattato dal vento e soffocato dagli spessi vetri delle finestre.

« Voi cosa ne pensate di quei due? » chiese Kogure mentre già stavano giocando.
« In tutta onestà, Hanamichi è molto migliorato » disse Mitsui. « Ma non ditegli che l’ho detto, è già abbastanza montato » sospirò inarcando un sopracciglio.
« E’ vero – confermò il capitano – una volta era il nostro tallone di Achille ma ora, finalmente, è diventato un ottimo giocatore. Certo ne ha di strada da fare ma almeno adesso è nella media, se non qualche spanna sopra »
« Ha solo il solito problema: la disciplina e il suo caratteraccio » disse Ayako annuendo alla sua stessa ovvietà.
« In realtà – continuò Ryota – secondo me è migliorato anche da quel punto di vista. L’amicizia con Rukawa deve avergli fatto bene. Rukawa ha tanti lati negativi, anche se noi lo abbiamo accettato per quello che è, ma ha anche tanto da insegnare »
« Amicizia con Rukawa? Dite sul serio? » Haruko sembrò cadere dal pero. Per lei, le parole "Hanmichi-amicizia-Rukawa" non stavano nella stessa frase, quanto nemmeno nello stesso vocabolario.
« Haruko ma dove vivi? Quei due litigano di continuo eppure sono inseparabili. Certo, il primo anno era odio vero ma credo che alla fine Rukawa abbia dovuto ammettere che Hanamichi non era così male, è solo troppo orgoglioso per ammetterlo e la partita con il Sannoh ha aiutato molto. Quella partita è stata davvero la partita dei miracoli. Per tutti noi… »
« Mitsui ha ragione. Litigano di continuo ma li vedi sempre insieme. Come ora ad esempio » tutti guardarono fuori dalla finestra. « Due anni fa dubito che Hanamichi si sarebbe offerto spontaneamente di seguire Rukawa per fare due palleggi e ora invece guardate voi stessi. Rukawa poi sta al gioco. Credo che Hanamichi sia consapevole di trovarsi qualche gradino sotto a Rukawa e ora sembra accettare più tranquillamente di giocare con lui perché sa che è sempre un’opportunità per imparare. Certo, hanno due caratteri totalmente diversi, sfido che non si sopportassero ma credo che in fondo Rukawa abbia capito che nonostante Hanamichi sia spesso fastidioso e petulante abbia un grande cuore e una vera passione per questo gioco, e alla fine ha imparato a tollerarne la presenza. Ha la straordinaria capacità di alienarsi dal mondo intorno a sé quando lo ritiene opportuno e credo che spesso lo faccia anche quando lui e Hanamichi sono insieme. Non ho mai conosciuto qualcuno più imperturbabile e irremovibile di lui » concluse Kogure.
« Quei due sono uno l’opposto dell’altro ma la faccia della stessa medaglia. Hanamichi è chiassoso, estroverso e istintivo. Rukawa è introverso, freddo, solitario e calcolatore. Era naturale che prima o poi trovassero un punto d’incontro. Fanno finta di odiarsi ma in fondo in fondo si stimano e si rispettano, anche se entrambi non lo ammetteranno mai e dicono l’uno dell’altro che è un gran rompiscatole » disse Akagi spaparanzandosi sul divano.
« Sono contenta dell’effetto che la partita contro il Sannoh ha avuto su tutti voi » sorrise Ayako sognante. « Quando giocate non osservate le altre squadre nella loro complessità ma io lo faccio, o almeno lo facevo » sorrise malinconica. « Quello che ho sempre visto erano squadre di cinque ragazzi che nella maggioranza dei casi stavano uniti per convenienza ma non facevano gioco di squadra. Anche voi lo facevate, ricordate? Giocavate solo per voi stessi e quando potevate evitavate di passarvi la palla. Ma dopo la partita con il Sannoh siete cambiati, siete molto più uniti e siete diventati…amici. Trovo che sia molto bello e soprattutto importante, perché ora vi conoscete bene e vi fidate ciecamente l’uno dell’altro. Ora siete dei veri compagni. Allo Shohoku ora si può invidiare la coesione, anche se ormai non giocate più tutti assieme. Essere una squadra e giocare bene assieme non significa necessariamente essere uniti nello spirito, ma voi lo siete ed è ciò che vi distingue e che vi ha sempre distinto dagli altri. Sono proprio fiera di voi ».
I ragazzi ascoltavano con gli occhi bassi ma il sorriso sulle labbra. Fieri delle parole di Ayako perché loro in primis erano felici di quel risultato, di tutti quei i risultati che la magica partita aveva portato nello Shohoku.
« Ok, adesso però basta con queste baggianate da femmine – si lamentò Mitsui stiracchiandosi e abbracciando un cuscino - Cambiano argomento! ».
Di nuovo lo sguardo di tutti ruotò fuori dalla finestra, dove Hanamichi conduceva la partitella a due e Rukawa tentava di rubare la palla per andare a canestro.
« Guardate, Hanamichi mette in difficoltà Rukawa » disse Mitsui soddisfatto. « Questa è da segnare sul calendario »
« E’ solo un caso » sospirò Akagi.
« Per me Rukawa lo sta facendo vincere »
« Ryota! » lo richiamò Ayako.
« Che c’è?! E’ la verità. Figuriamoci se Rukawa non riesce a rubare la palla ad Hanamichi che è una schiappa in difesa e in attacco ».
« Sono bravissimi tutti e due » sospirò Haruko emozionata. « Quando li vedo giocare non posso fare a meno di avere il cuore che va a mille, come se stessi guardando una partita di finale ».
« Non è per quello che il cuore ti va a mille Haruko… »
« Ma Ayako! Che cosa dici?! »
Ayako sorrise mettendole un braccio attorno alle spalle. « Stavo scherzando! Sei tutta rossa! »
« Mi ha detto il signor Anzai che Rukawa partirà per gli Stati Uniti alla fine della stagione » disse Mitsui.
Haruko sbiancò.
Calò il silenzio. Era evidente che nessuno lo sapeva.
« Beh, perchè quelle facce? C’era da aspettarselo no? Il coach aveva detto che sarebbe potuto partire una volta che fosse stato pronto e ora lo è » confermò Akagi.
« Certo che così allo Shohoku resteremo solo io e quella testa vuota di Sakuragi »
« Ryota e io chi sono scusa?! »
« Ah già…io, Sakuragi e Mitsui »
« Tecnicamente no, se verrete promossi » puntualizzò Ayako.
« Dovrete trovare delle nuove matricole altrettanto forti… » disse Kogure versando una tazza di the.
« Eh – sospirò Miyagi – non sarà facile. Ho già iniziato a gettare uno sguardo sui novellini degli ultimi anni ma non vedo nulla di interessante. Tanto più che nessuno di valido si è presentato alle selezioni. Sono preoccupato per il futuro dello Shohoku »
« Vedrai che troverete qualcuno degno di sostituirvi. Dicevi così anche quando ti ho nominato capitano, quando io e Kogure abbiamo finito la scuola » lo rassicurò Akagi.
« Già, speriamo » bofonchiò Miyagi, senza troppa convinzione.
« Ragazzi ha iniziato a piovere » fece notare Kogure.
Il cielo era diventato scuro tanto che sembrava sera inoltrata. Quando un lampo illuminò tutt’intorno si accorsero che qualcosa sul campo da basket non andava.
« Ma che succede là fuori? » chiese Kogure allarmato ed incerto, alzandosi per vedere meglio oltre il vaso di fiori appoggiato sulla finestra.
« Rukawa si è piegato a terra per trattenere la palla e non farla prendere ad Hanamichi » sorrise Mitsui noncurante dopo aver buttato un occhio veloce sul campo.
Kogure restò a guardare non convinto.
Al lampo successivo vide Hanamichi piuttosto agitato.
« No, qualcosa che non va. Presto andiamo a vedere » tutti si alzarono in piedi, seguendo Kogure all’uscita.

« RUKAWA! CHE COS’HAI?! AVANTI ALZATI! »
Rukawa era chinato a terra con la testa appoggiata alla palla e gridava di dolore a denti stretti.
Hanamichi lo guardava spaventato e immobile, senza sapere cosa fare.
« Presto ragazzi! Datemi una mano! » gridò agli altri avendoli notati sull’uscio della veranda, poichè la luce gialla proveniente dall'interno creava una lunga striscia illuminata nel giardino.
Nessuno si mosse, erano come pietrificati.
« DATEVI UNA MOSSA DANNAZIONE! ».
Akagi allora si svegliò e uscì sotto la pioggia seguito dagli altri ragazzi.
Scrutarono la situazione, cercarono di capire come prenderlo, come intervenire. Mentre Ayako e Haruko pregavano da lontano.
« Miyagi chiama un’ambulanza, presto! » ordinò il Akagi, vedendo che le condizioni di Rukawa non accennavano a migliorare. « Portiamolo dentro, avanti ».
Lo aiutarono ad alzarsi nonostante non riuscisse a rimanere eretto. Akagi e Kogure lo sostenevano da entrambe le parti, mentre Mitsui e Miyagi si erano fiondati in casa uno per recuperare qualche coperta e l’altro per telefonare al pronto soccorso. Una volta dentro lo fecero sdraiare sul divano e notarono che era molto pallido e faceva fatica a respirare. Il respiro era pesante ma breve, poco più di un rantolo.
« Ma quanto cavolo ci mette l’ambulanza!? » gridò Hanamichi.
« Stanno arrivando. Hanno detto di tenerlo al caldo! » disse Miyagi correndo in soggiorno e appoggiando il telefono sul tavolo. « Purtroppo con questo tempo non è facile guidare per queste strade » disse sentendosi in colpa per averli portati lì.
Fuori diluviava con potenza inaudita. I ragazzi erano stati fuori meno di cinque minuti e avevano comunque i vestiti e le scarpe zuppi, colmi di acqua come se si fossero tuffati in una piscina.
Mentre aspettavano l’ambulanza andarono a cambiarsi a turno, asciugandosi alla meno peggio per impiegare il minor tempo possibile, senza mai lasciare solo il volpino.
I minuti sembravano non passare mai.
Era terribilmente snervante restare lì a guardare un compagno soffrire e senza poter fare qualcosa di più.
Finalmente l’ambulanza arrivò.
Hanamichi, l’unico che aveva assistito in maniera diretta al malore, spiegò che stavano giocando tranquillamente. Erano fermi a fare dei palleggi finchè Rukawa non cominciò ad ansimare. Non ci fece caso all’inizio, in fondo stavano giocando, poteva essere del tutto normale. Poi, mentre Rukawa era scattato per oltrepassarlo, si è fermato di colpo ansimando più rumorosamente, incurvandosi leggermente. Hanamichi gli aveva chiesto se era tutto a posto ma Rukawa non rispondeva. Hanamichi allora raccontò di essersi infervorato perché non gli piaceva non ottenere delle risposte ma poi aveva raggiunto Rukawa andandogli davanti, notando che con la mano sinistra stringeva il petto. Nel momento in cui stava per scuoterlo per una spalla, Rukawa si accasciò a terra raggomitolandosi e gridando a denti stretti per il dolore.
La guardia medica li tranquillizzò e caricò Rukawa sull’ambulanza.
« Potete seguirci e venire all’ospedale se lo desiderate » aveva detto, e ovviamente non se lo fecero ripetere due volte.

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Capitolo 6
*** PRIMO TEMPO - La dura verità ***


L’ambulanza arrivò prima di loro perché viaggiava a sirene spiegate.
Giunti al pronto soccorso, chiesero quindi informazioni alla reception: reparto di pneumologia, terzo piano, corridoio H, stanza 315.
« Pneumologia? » chiese Mitsui. « Che significa? » mentre si dirigevano di fretta verso l'ascensore.
« Qualcosa che centra con i polmoni e la respirazione » rispose Kogure mentre seguivano le indicazioni.
« Siamo arrivati » osservò Ayako.
« A quanto pare » confermò Ryota trovandosi davanti ad una porta affiancata dal cartello  "H-315".
Ogni stanza aveva una vetrata di grandezza media e una porta in legno marrone. La tendina era tirata e la porta chiusa.
I ragazzi aspettarono alcuni minuti in piedi sperando che qualcuno si facesse vivo ma poi, stando le cose diversamente, decisero di sedersi. Ogni stanza infatti aveva cinque sedie immediatamente di fronte ad essa. Quelle sedie bianche o grigie in plastica e ferro attaccate al muro, che scricciolavano ad ogni movimento.
Lo Shohoku era con il cuore in gola. C’era chi si era appoggiato con i gomiti alle ginocchia, rigirando i pollici. Chi sospirava con le mani nei capelli, spettinandoli freneticamente avanti e indietro, e chi guardava a vuoto il soffitto monocolore bianco ormai tendente al grigio.
I minuti passavano e nessuno si faceva vedere.
« Odio gli ospedali » ringhiò Miyagi.
« A chi lo dici Tappo. Odio queste luci, odio queste sedie e odio questo odore. Harukina siediti tu, io sto per terra. Sto più comodo » borbottò lasciando il posto ad Haruko.
Improvvisamente la maniglia della porta si piegò dall’interno, quindi qualcuno stava per uscire. Finalmente.
Appena l’uomo in veste bianca la richiuse dietro di sé, la Shohoku si levò in piedi e gli si precipitò addosso tempestandolo di domande.
« Salve dottore – disse Akagi - noi siamo »
« I suoi amici, sì. La guardia medica mi ha informato del vostro potenziale arrivo ».
Era un uomo piuttosto alto e sulla cinquantina, con capelli grigi pettinati ordinatamente all’indietro e dei folti baffi brizzolati. L’occhiale sottile e squadrato non poteva mancare sul naso perfettamente dritto.
« Cosa gli è successo dottore? » chiese Haruko cercando di trattenere il tremore.
« Ha avuto una crisi respiratoria. Nulla di grave comunque…relativamente parlando. Ma come sapete è legato alla sua malattia per cui »
« Malattia? » lo interruppe Hanamichi.
Il dottore strabuzzò gli occhi. 
« L-la sua malattia… » insistette.
Ancora nessun riscontro da parte dei giganti.
« Di cosa sta parlando?! » si agitò Hanamichi.
Osservando il loro sguardo, il dottore capì che non ne sapevano nulla e sospirò, non nuovo a certe situazioni e probabilmente nemmeno troppo sorpreso.
« Oh, dunque voi non ne siete al corrente? »
Nessuno rispose, il che confermava il suo pensiero. Diede un lieve colpo di tosse portando il pugno alla bocca con fare distinto come a voler sciogliere l’imbarazzo in cui egli stesso si era lasciato scivolare, poi con l’indice sistemò gli occhiali sul naso e parlò.
« Kaede è affetto dalla nascita da una patologia polmonare chiamata Polmonite di Friedländer che purtroppo, come posso dire…pur avendo una cura, è mortale nel 25-50% dei casi »
« MA CHE COSA STA DICENDO?! » gridò Hanamichi sovrastando il dottore. « E’ una vita che gioca a basket senza alcun disturbo! Lei si sta sbagliando! E cosa significa “25-50%”?!? C’è un abisso tra quelle due cifre! E io lo so! Haruko mi ha dato ripetizioni! »
« Calmati Hanamichi » lo intimò il capitano.
Nel frattempo l’infermiera aprì la tenda e lo sguardo di tutti si posò su Rukawa steso a letto che riposava. Bianco come un cencio.
« Mi dispiace ragazzo ma è così. Seguo Kaede fin da bambino e so di cosa parlo. Ha sempre giocato a basket perché questa malattia è un’infiammazione latente ai polmoni che non sempre si manifesta in modo costante, pur essendo sempre presente. Devo ammettere che negli ultimi anni le sue condizioni erano discretamente migliorate oserei dire molto buone; non ha mai avuto crisi e iniziavo a pensare che la cura che conducevamo stesse avendo un effetto degno di considerazione, anche se molto blanda. La maggior parte dei pazienti presenta una broncopolmonite simile alle altre infezioni batteriche del polmone, ad eccezione del fatto che è associata ad un'alta mortalità e può causare la formazione di ascessi polmonari. La Polmonite di Friedländer frequentemente coinvolge i lobi superiori e produce un escreato simile a gelatina di ribes, necrosi tissutale con precoce ascessualizzazione e un decorso fulminante. Grazie al cielo questo non è ancora il suo caso. Sono sincero, non credevo potesse resistere così a lungo ma questo ragazzo ha sempre avuto una volontà di ferro. Contro la mia opinione ha sempre voluto giocare e alla fine mi sono dovuto convincere che potesse andare bene anche così, perché sembrava quasi che il gioco e lo sport gli facessero bene, fino a che due anni fa non ha cominciato a presentare insufficienza respiratoria persistente e abbiamo ricominciato la terapia in modo più pesante e costante. All’incirca in questo stesso periodo>
« La partita contro il Sannoh… » soffiò Akagi.
« Deve aver faticato oltre ogni limite » disse il dottore.
« Ecco perché saltava gli allenamenti due volte al mese negli ultmi anni » disse Miyagi. « Io non ho mai chiesto spiegazioni…che idiota »
« Però è sempre stato in gran forma durante le partite » osservò Mitsui.
« Probabilmente perché Kaede ha una gran forza d’animo ed è molto caparbio. E’ straordinario come riesca ad arginare il dolore quando lo desidera, cionondimeno so per certo che dopo le partite non si sentiva in forma e continuare indefessamente a sottoporsi ad allenamenti e partite con quel ritmo certamente non lo ha aiutato. Me l'ha confessato solo al suo risveglio, io non ero al corrente del fatto che giocasse ancora. Sono spiacente che non ve ne abbia parlato. Gli avevo raccomandato di smettere di giocare una volta per tutte, a meno che la situazione non fosse migliorata ma mi pare chiaro che non mi ha dato ascolto nonostante mi avesse assicurato il contrario, così la situazione non è affatto migliorata. Purtroppo – il dottore abbasso lo sguardo e fece una pausa, per poi rialzarlo e rivolgerlo verso Rukawa – la situazione è critica, a questo punto. Non è in pericolo al momento ma potrebbe esserlo a breve, se non interveniamo »
« I-in che senso? » chiese Haruko.
« Se avesse smesso di giocare come gli avevo detto, solo quel po’ di tempo che bastava a normalizzare la situazione, ora le cose non sarebbero così difficili »
« Si spieghi meglio dannazione! » gridò Miyagi.
Il dottore esitò e si voltò verso i ragazzi.
« La cura che abbiamo intrapreso due anni fa è piuttosto potente in effetti ma continuando a giocare per tutto questo tempo, e sforzando i polmoni, è risultata quasi del tutto inefficace producendo l’effetto contrario: l’infezione si è dilatata a tutto il polmone sinistro, mentre prima sono la parte superiore era interessata. Se lui fosse stato sincero con me, e mi avesse detto che non aveva smesso mi sarei orientato su altre cure invece di perseverare con quella attuale fino a farla diventare inutile se non peggiorativa. Così si è perso tempo davvero prezioso e il tempo è vita, come si suol dire »
« Q-quindi… » Akagi non ebbe il coraggio di finire la frase.
« Non posso assicurarvi nulla di ciò che vorreste sentirvi dire, ragazzi. Mi dispiace. Certamente dovrà essere operato d’urgenza, molto prima di quanto avrei mai pensato »
« Operato per fare cosa? » domandò Ayako.
« Trapianto polmonare »
Cadde il silenzio.
« Sono molto affezionato a Kaede, è sempre stato un bambino diverso dagli altri – disse osservandolo oltre il vetro e rigirandosi tra le mani la cartellina clinica – Fin da quando era piccolo mi aveva sempre dimostrato una forza e una testardaggine incredibili, e ho sempre fatto del mio meglio per curarlo. Non che non lo facessi anche con gli altri pazienti ma nessuno quanto lui riusciva ad esprimere il suo desiderio di vivere. Non tanto per la vita in sé, ma per il basket. Lui aveva deciso di vivere per la pallacanestro. Quella era la sua vita e lui l’aveva già scelta a dispetto di tutto e tutti, a dispetto di tutti i rischi. Iniziammo la cura e nonostante sin da piccolo fosse ben cosciente della gravità e della precarietà, quanto della delicatezza, della sua situazione non ha mai mostrato un solo segno di cedimento. Non uno solo. Ogni volta che veniva alle visite aveva sempre un pallone con sé, chissà…forse lo tranquillizzava. Non l’ho mai visto sorridere, mai da quando lo conosco, dall’età di 8 anni. Forse teme che sorridendo la vita potrebbe pensare di lui che si è lasciato andare e invece no, lui continua a combattere contro la morte come se stesse giocando una partita. Tiene duro fino alla fine, fino all’ultimo secondo perché ogni secondo è buono per fare canestro.
L’operazione sarà delicata…Oltretutto, sua madre mi ha detto che aveva in progetto di andare a giocare negli Usa alla fine di questa stagione. Purtroppo dopo l’operazione dovrà restare fermo diverso tempo. Non credo che per tutto il prossimo anno l’idea potrà anche solo sfiorarlo
»
« A-America? » chiese sconvolto Hanamichi.
Hanamichi non lo sapeva.
« Oh, è vero. Tu eri fuori mentre ne parlavamo…scusa Hanamichi » disse Ayako, disse stringendosi nelle spalle.
« Possiamo andare a parlargli? » chiese Haruko.
« No, per il momento è meglio se lo lasciate riposare. Informerò io la signora Rukawa dell’accaduto, povera donna speriamo non le cedano le gambe. Se voi ragazzi volete restare, naturalmente non c’è problema ».
Haruko scoppiò in lacrime e Hanamichi non poté più resistere. Le mani gli prudevano già da prima. Scostò il dottore, che ostruiva l’entrata, ed entrò di prepotenza nella stanza di Rukawa nonostante gli fosse stato chiaramente detto di non farlo. Ma quando mai dava retta a qualcuno? All’infermiera venne un colpo, non tentò nemmeno di fermarlo.
« Hanamichi fermo! » gridò Mitsui affacciandosi e tentando di afferrare a vuoto la felpa grigia.
Era inutile tentare di fermarlo. Era un armadio di cento chili e un po’ capivano il suo stato d’animo.
Il rosso si avventò sul letto afferrando Rukawa per il collo della maglietta bianca e iniziò a gridare.
« Sei un maledetto bastardo! Ne ho conosciuti tanti nella mia vita di vermi ma tu sei il più lurido stronzo vigliacco bastardo di tutti! Tu…tu… » era così arrabbiato che nemmeno riusciva a parlare. « Se non fosse perché sei già in punto di morte ti farei fuori con le mie mani! ».
« Hanamichi… » lo chiamarono i compagni rimasti sulla porta.
Rukawa afferrò il polso di Hanamichi con tutta la sua forza, sembrava quasi che volesse romperglielo. Così forte che l'avambraccio divenne rosso e l'impronta della mano rimase alcuni secondi.
« Andate via » ringhiò sottovoce.
« Che cosa?! Andate via?! E’ questa l’unica cosa che sai dire, bastardo?! In tutto questo tempo non ti sei degnato nemmeno di dirci che non stavi bene e adesso dobbiamo venir a sapere da un dottore che sei in fin di vita?! Sei il solito egoista! Non pensi a nessuno se non a te stesso! Guardati intorno!!! – gridò tra i denti indicando gli amici sulla soglia della stanza dietro di lui – Tutte queste persone sono qui per te! Perché sono preoccupate per te e non sai far altro che allontanarle! »
« Sakuragi non esagerare, lascialo stare » lo intimò Akagi.
« Si può sapere perché diavolo non ce ne hai parlato?!? - Hanamichi faceva orecchie da mercante - Maledizione! E poi cos’è qeusta storia che vai in America?! E quando pensavi di dirlo?!?! »
Rukawa non rispose. Si guardarono fissi negli occhi per alcuni interminabili secondi ma Rukawa riuscì solo a ribadire il concetto.
« Non sono affari tuoi. Fuori dai piedi, tutti ». Sottolineò gettando lo sguardo oltre Hanamichi e verso i compagni, lasciando la presa al polso con sgarbo.
Hanamichi rimase di nuovo sconvolto nonostante lo conoscesse bene, ma forse si aspettava una reazione diversa rispetto al normale considerata la situazione e invece no. Rukawa era Rukawa e lo sarebbe stato fino alla fine.
Hanamichi uscì furibondo dalla stanza, trattenendo il pugno chiuso nelle mani, come per evitare che fuggisse e si scagliasse inconsciamente sul viso della volpe.
« Hanamichi aspetta! »
« No – Akagi fermò Miyagi – lascialo andare ».
« Ma... »
« Ha bisogno di restare da solo ».
Hanamichi calciò un bidone lungo il corridoio, che essendo attaccato al murò rimbobò e scudozzò per alcuni secondi.
« Mi dispiace ma non ce ne andiamo » confermò il capitano a Rukawa, affaciandosi nella camera. « Se desideri non essere disturbato o non vederci allora sarà fatto, ma resteremo qui fino a che sarà necessario ».
« Fate un po’ come vi pare » sibilò la volpe voltandosi e chiudendo gli occhi per ignorarli.
I ragazzi lo guardarono in un misto tra biasimo e preoccupazione, ma recepirono il messaggio e uscirono.
« Potete restare qui, io non ho problemi – disse il medico, per la precisione il dr. Takamura – Vado a chiamare sua madre. C’è un bar al secondo piano, se vi va un caffè o uno spuntino. A più tardi ». Esi congedò cordialmente con un lieve inchino.

Questa storia è stata scritta ormai due se non tre mesi fa, e mai avrei potuto immaginare che pubblicandola oggi, a 2 giorni dall'accadduto, mi sarei sentita così male nel farlo.
Questo capitolo è dedicato a Marco Simoncelli, per l'impegno e la passione, per la gioa di vivere, per la semplicità e la purezza di un ragazzo come tanti ma di un atleta unico, forte e determinato, asppassionato, e non di meno per il coraggio nell'affrontare la vita tanto quanto la morte.
Io ancora non riesco a farmene una ragione Sic, non ce la faccio. Ci mancherai campione. Ci mancherai...


23/10/2011

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Capitolo 7
*** PRIMO TEMPO - Ira ***


« Che brutta storia » soffiò Mitsui gettandosi sulla sedia e sbattendo di rimbalzo la testa contro il muro.
«
Ahio » brontolò apatico massaggiandola.
« Io non avrei mai pensato nulla del genere. Insomma, dal pensare che fosse sano come un pesce al pensare che domani o tra un settimana potrebbe non esserci più…questa cosa mi fa impazzire ».
« Ti capisco Akagi… » disse Kogure.
« Ora che si fa? » chiese Ayako.
« Non lo so - rispose il capitano Miyagi - Ora non riesco a pensare a niente »
« Io vado a cercare Hanamichi, tanto restare qui non serve a niente… »
« Vuoi che venga con te Haruko? »
« No Ayako, ti ringrazio. Tornerò presto e porterò anche Hanamichi con me »
« Stai attenta, è molto arrabbiato » le suggerì l’amica.
« Non preoccuparti Ayakuccia – borbottò Miyagi osservando il pavimento mentre descriveva cerchi invisibili con la punta della scarpa – Quando si tratta di Haruko, Hanamichi leccherebbe persino i piedi a Rukawa se glielo chiedesse ».
    Haruko seguì il corridoio che aveva preso Hanamichi poco prima. Portava in fondo a sinistra dove c’erano degli altri ascensori. Pensò che se avesse voluto restare sola con se stessa e cambiare aria di certo non sarebbe andata al piano superiore, dove c’erano solo altre stanze e corridoi atoni. Sarebbe andata invece in un giardino; decise quindi di scendere al piano terra dove sperava di trovare Hanamichi nel cortile interno dell’ospedale. Però era solo un’idea. Magari non era lì.
Alla fine le sue conclusioni si rivelarono corrette. Considerando che poi erano già le 11.30 di sera passate, la sagoma di Hanamichi era la sola in mezzo al verde ed era inconfondibile. Era seduto sul poggiaschiena di una panchina, con i gomiti sulle ginocchia e le mani incrociate sotto al mento a sostenere il viso, fissando un punto indefinito davanti a sé.
Haruko aprì la porta che dava sul cortile molto delicatamente.
« Ehi… » sospirò angelica con il suo inarrestabile dolce sorriso.
Hanamichi rispose senza emozione: « Ciao Haruko ».
« Come ti senti? » chiese lei avvicinandosi, gongolando leggera con le braccia dietro la schiena.
« Sono incacchiato nero ».
Haruko sorrise, si aspettava quella risposta. Lo conosceva troppo bene.
« Posso sedermi? »
Hanamichi si spostò verso destra, occupava tutta la panchina.
« Tu come ti senti? » chiese lui.
« Non lo so…però sono fiduciosa » sospirò Haruko osservando davanti a sé ma senza guardare nulla in particolare.
Rimasero diversi minuti senza dire nulla; probabilmente avevano entrambi la testa affollata di pensieri.
« Haruko… »
« Dimmi »
« Provi ancora qualcosa per lui? Dopo tutto questo tempo… »
La domanda la sorprese e la imbarazzò profondamente. Haruko era rimasta la stessa ingenua e pudica ragazzina di due anni prima ma era maturata e sapeva rispondere a quel genere di domande e di Hanamichi poteva fidarsi,  loro parlavano molto spesso e ripensandoci non si vergognava di parlarne con lui. Come le aveva detto Ayako: “Anche i canestri se ne sono accorti”.
« Io… » sorrise paonazza grattandosi una guancia.
« Scusami, non è il momento »
« No no, va tutto bene – lo tranquillizzò Haruko stringendosi nelle spalle – Io…non lo so. A volte temo di essere innamorata più del suo mito che di lui »
Hanamichi sorrise sommessamente. « Il suo mito… »
« Oh...ti prego non sentirti offeso! Non volevo dire che.... insomma io volevo dire che »
« Non preoccuparti, lo so cosa volevi dire. Tranquilla »
« Io e Rukawa non ci siamo mai parlati. Lui nemmeno mi considera e, a parte conoscere come gioca a basket, che cosa so di lui? »
« Beh, il mondo in cui si gioca a basket può dire molto di una persona. Io per esempio sono un genio dentro e fuori dal campo ».
Haruko sorrise sonoramente. « E’ vero, lo sei ».
Lo sguardo era perso e malinconico.
Restarono ancora in silenzio.
« Come si può amare qualcuno che non si conosce? Forse sono solo innamorata dell’idea di amare Rukawa…il bello e misterioso Rukawa. Dell'idea di averlo vicino più di quanto potrebbe mai averlo ogni ragazza della scuola, solo perchè dirigo la squadra. L’idea di perderlo mi fa stare male ma starei nello stesso modo anche se al suo posto ci fosse un qualsiasi altro amico, anche se…… » esitò come se le parole volessero uscire ma lei cercasse di trattenerle. « Anche se…… » alla fine si convinse. « …anche se al suo posto ci fossi tu ».
Quelle parole suonarono come un campanello alle orecchie di Hanamichi, che si drizzò impercettibilmente.
« A volte penso che sarebbe così facile innamorarsi di qualcuno come te, Hanamichi » disse Haruko tutto d'un fiato prima che lui potesse parlare.
“C-cosa ha detto?!”. Il cuore di Hanamichi viaggiava come un treno. Aveva capito bene?
« Tu che cosa provi? » chiese Haruko. Il cuore di Hanamichi si fermò definitivamente. « Per questa situazione intendo » si corresse paonazza, vedendo che Hanamichi era shockato.
« Sono arrabbiato. Rukawa è sempre il solito bastardo, non si smentisce mai. C’è un motivo se l’ho sempre odiato e lo avevo quasi dimenticato. Se mai si rimetterà in sesto giuro che lo rimando all’ospedale a suon di calci e pugni finché non gli rovino quel bel visetto che si ritrova. Scusami Haruko » disse fra i denti Hanamichi, stringendo i pugni.
« Non fa niente – sospirò comprensiva - Io torno dentro. Vieni con me? » chiese alzandosi.
« No, di’ al Gorilla e agli altri che me ne vado a casa »
« Ma…Hanamichi…Anche la madre di Rukawa starà arrivando, gli farà piacere vederti »
« Non ho voglia di stare qui. Prenderò il treno »
« C-come preferisci. Ci vediamo martedì allora, a scuola ».
« ».
Haruko rimase ad osservarlo alcuni secondi ma Hanamichi non ricambiò; infine rientrò, delusa per non essere riuscita ad ottenere i suoi scopi.
    Nonostante tornare a casa gli fosse sembrata la soluzione migliore in quel momento, il fatto che quei due giorni da solo non passassero più non era un buon segno. Nemmeno la compagnia di Mito e degli altri riusciva a far correre più veloci le lancette dell’orologio, nemmeno in sala giochi. E ogni sera, quando andava al campo da basket ad allenarsi, era costretto a passare davanti a casa Rukawa perché era l’unica strada (o per lo meno l’unica veloce), a vedere che le tapparelle erano completamente chiuse e nessuna luce era presente perché sua madre si trovava all’ospedale accanto al suo bambino. A quel bambino che lei credeva un angioletto ma che in realtà era un diavolo, che forse mentiva con lei come aveva mentito con loro da sempre. Ogni volta gli veniva una gran voglia di prendere a pugni qualcosa o qualcuno.
La domenica sera pensò che invece di rientrare per cena avrebbe potuto andare in centro ad attaccar briga con qualche ragazzotto ubriaco o sbruffone in cerca di guai, e con lui poteva star certo di averli trovati, tanto per vedere se sapeva ancora menare le mani. Tanto per restare in allenamento, perché se Rukawa si fosse rimesso gliel’avrebbe fatta pagare e l’aveva giurato. Tuttavia, le sgridate di Akagi sul fare a botte erano finalmente riuscite ad entrare nella sua testaccia dura quindi alla fine decise che sarebbe tornato a casa e si sarebbe messo sul letto, calmo e tranquillo e annoiato, aspettando come un vegetale che quella giornata di merda volgesse al termine come le precedenti.
Il lunedì non fu diverso.
Noia e rabbia dominarono la giornata finché non fu quasi lieto di pensare che il giorno dopo sarebbe finalmente tornato a scuola.
    Il martedì infine arrivò.
Ayako, Gori e Quattrocchi erano ripartiti ognuno per le rispettive università.
Pur non avendo ancora visto nessuno nei suoi compagni di squadra, sapeva che gli allenamenti erano fissati subito dopo le lezioni ma non era sicuro di volerci andare.
« Hanamicccccchi »
« Che volete ragazzi? » chiese noncurante Hanamichi, giocherellando con il cibo nel suo piatto.
« Abbiamo incontrato Miyagi e ha detto che se hai pensato di non presentarti agli allenamenti te lo puoi anche scordare » disse Mito.
« E ha detto anche che se alle 15.05 non sei in palestra verrà lui a trascinarti con la forza> aggiunse Noma.
« Ed ha aggiunto: “E lo farò, se necessario” » concluse Takamiya.
Hanamichi grugnì. « Mi immagino quel nano con quale forza poterbbe trascinarmi in palestra »
« Lo prendiamo per un sì allora » confermò Okuso.    
    Finite le lezioni, senza voglia né emozione, si trascinò alla palestra.
« Buongiorno a tutti » bofonchiò entrando.
« Ciao Hanamichi! » lo salutarono Yasuda e Miyagi correndogli incontro.
« Ti sei calmato? »
« Hai fatto a botte con qualcuno per scaricare la tensione? » lo prese in giro Mitsui.
« Ma quale botte e botte. Le tengo tutte per quel fottuto bastardo di Rukawa » ringhiò entrando nello spogliatoio.
« Oggi è proprio nero eh » sorrise Yasuda.
« Già, ne vedremo delle belle in allenamento ». sbuffò Mitsui.
« Chissà come ha passato questi due giorni a casa da solo…Di sicuro era arrabbiatissimo… »
« Anch’io lo sarei se il mio miglior…voglio dire…Insomma, anche io lo sarei se la mia nemesi non mi avesse detto che sta per tirare le cuoia »
« Mitsui!!!! » lo sgridò Haruko.
« Che c’è?!? »
« Ti sembra il modo di parlare?!? »
« Nemesi?!? – gridò Yasuda faticando a trattenere le risate - E’ un nuovo termine che ti ha insegnato Kodama?! »
« Che cosa vuoi tu?! E comunque………sì, se proprio lo vuoi sapere! » ammise infine rosso d’imbarazzo.
« A proposito, dov’è il capitano? » chiese l’altro.
« Oh sì, mi ha detto che avrebbe aspettato Hanamichi negli spogliatoi per parlargli di quella cosa… »
    E infatti, negli spogliatoi…
« Che palle, non ho voglia di allenarmi – brontolò gettandolo malamente la borsa sulla panchina al centro della stanza - Ma chi me lo fa fare maledizione »
« Ciao Sakuragi, sei venuto alla fine »
Hanamichi sobbalzò, intento com’era a bofonchiare non si era accorto che il capitano lo attendeva.
« Tappo…che ci fai qui? Non dirmi che sei arrivato per ultimo »
« No, ti devo parlare » disse Miyagi appoggiandosi al muro, mentre Hanamichi tirava fuori disordinatamente la sua roba. Più per tenere le mani occupate e schivare lo sguardo che per necessità.
« Senti, mi sono allenato in questi due giorni va bene? Non sono stato a gozzovigliare tutto il giorno. Lo so che la partita con il Kainan è alle porte e lo so che devo sopperire anche alla mancanza di quell’idiota di Rukawa ma non ti preoccupare mi sono allenato tutto il tempo e non c’è pericolo. Lascia fare al Genio del Basket » Hanamichi era partito a ruota libera.
« Calmati un secondo e ascoltami. Non è questo che ti volevo dire »
« Ah no? »> sibilò Hanamichi sospettoso.
« No » confermò Miyagi avvicinandosi.
« Che cosa allora? »
« Volevo informarti sulle condizioni di Rukawa »
« Non me ne frega niente. Risparmia il fiato per l’allenamento » disse dirigendosi verso l’uscita.
« Fermati subito Hanamichi, questo è un ordine »
Hanamichi si bloccò e ascoltò dandogli le spalle.
« Mentre tu non c’eri, siamo rimasti all’ospedale e ci sono alcune cose di cui devo parlarti. La prima è che le condizioni di Rukawa si sono stabilizzate e ora sta meglio, meglio rispetto a sabato scorso per lo meno. La seconda è che Rukawa sarà operato questo venerdì e noi abbiamo intenzione di andare a salutarlo prima dell’operazione » disse Miyagi con il fiato sospeso, nell’attesa di un riscontro da parte dell’altro.
« Non pensare che io venga ».
Ryota rimase in silenzio. Si aspettava una risposta di quel tipo in fin dei conti.
« Sicuramente gli farebbe piacere » ritentò, nemmeno troppo convinto che fosse vero.
« Invece credo che anche voi dovreste restare a casa e farvi gli affaracci vostri. Probabilmente non gli farà piacere e penserà che siete solo dei poveri stupidi, idioti e sentimentali » ringhiò Hanamichi abbassando il capo e restando appoggiato con il pugno sinistro allo stipite della porta, senza mai guardare voltarsi.
« Noi siamo una squadra » lo rimproverò.
« Sì – si voltò Hanamichi stringendo i pugni – Perchè non lo dici a lui che siamo una squadra eh?!? » si voltò di scatto, infuriato e rosso di rabbia tanto che quasi Miyagi dovette ritrarsi. « Noi siamo una squadra! Io, te, il Tritapalle e gli altri siamo una squadra! Lui non ha mai voluto farne parte, ha sempre giocato per sé. E questa volta ce l’ho ha dimostrato chiaramente! Se per lui fossimo una squadra ce ne avrebbe parlato, invece no. Evidentemente non gli interessava e allora chi se ne frega. Perdete solo il vostro tempo. Io ne ho già perso fin troppo » sibilò Hanamichi uscendo con voce tremante. « Ora andiamo ad allenarci. Ne ho piene le palle di sentir parlare di Rukawa. Rukawa, Rukawa, sempre e solo Rukawa. Non ha condizionato a sufficienza la vita di tutti?!? Merita davvero così tanto da noi?!?! Anche in situazioni come queste deve sempre essere al centro dell’attenzione. Tsè, fanculo ». Tuonò Hanamichi sbattendo la porta per poi uscire.
“Sakuragi…”.
    « Sta arrivando Hanamichi » bisbigliò Yasuda dando una gomitata a Mitsui.
« Beh, che hai da guardare Tappo Due?! » ringhiò all’erta.
« N-niente »
« Allora passami la palla che iniziamo gli allenamenti »
« Tieni ». Gliela tirò e Hanamichi comincio a correre verso canestro, inforcando il primo.
« Non l’ha presa bene o sbaglio? » chiese ironico Mitsui, osservando Hanamichi trotterellare verso il canestro per la seconda volta.
« C’era d’aspettarselo. Che caratteraccio » sbuffò Yasuda incrociando le braccia e sospirando .
« Quindi immagino non verrà » concluse Mitsui sfiduciato e grattandosi il capo.
« Immagini bene » disse Miyagi arrivando dagli spogliatoi. « Non verrà e ha detto che non dovremmo andare nemmeno noi. Coraggio. Basta perdere tempo, tanto con quella testa dura è inutile insistere ».
L’allenamento filò liscio come l’olio. Hanamichi si dimostrò concentrato e disciplinato, serio e obbediente. Forse perché per non pensare ad altro doveva per forza concentrarsi sul pallone.
I giorni intanto passavano, le giornate si facevano più lunghe e afose e il giorno dell’intervento era sempre più vicino.
Evitava persino Haruko, che nell’ultimo periodo, pur essendo la manager della squadra, era impegnata con lo studio gli esami di fine anno. Sapeva che lei l’aveva cercato un paio di volte a inizio settimana, e questo l’aveva saputo da Mito e gli altri, ma non facendosi mai trovare Haruko rinunciò.
    “Non ti perdonerò mai maledetto”. Questo era il pensiero ricorrente nella testa di Hanamichi Sakuragi. Qualsiasi cosa lui stesse facendo, qualsiasi cosa lui pensasse, “Non ti perdonerò mai maledetto” compariva in sovraimpressione ogni istante. Come quando guardi un film e dieci centimetri di schermo sono occupati da quella fastidiosa pubblicità che appare ad intervalli, la differenza era che nel caso di Hanamichi era sempre presente, e nonostante si sforzasse di non pensarci e soprattutto di convincere se stesso che non gliene importava nulla e che il suo fosse rancore e non preoccupazione, era piuttosto evidente che non era così, soprattutto a chi gli stava vicino e a chi lo conosceva bene.

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Capitolo 8
*** SECONDO TEMPO - Cambio ***


Il giorno dell’intervento infine arrivò. Finalmente il venerdì. Quella era stata la settimana più lunga della loro vita.
Rukawa sarebbe stato operato alle cinque di pomeriggio quindi Hanamichi avrebbe avuto tutto il tempo di andare a trovarlo senza perdere le lezioni, se mai perdere le lezioni potesse definirsi realmente un problema.
    Nei corridoi incontrò Mitsui e Miyagi che prontamente non persero occasione per prenderlo in giro:
« Allora ci vediamo in ospedale Hanamichi! »
« Andate a farvi fottere » aveva bisbigliato andandosene dritto per la sua strada.
Aveva incontrato Haruko e aveva cambiato direzione prima che lei potesse vederlo e rincorrerlo.
Perché erano tutti così sereni maledizione?!
Rukawa non meritava il loro perdono, né la loro preoccupazione.
    Finite le lezioni, consapevole che non ci sarebbe stato allenamento, andò a casa, si fece una bella doccia e si gettò sul letto, troppo piccolo per la sua altezza, pensando che avrebbe fatto una bella dormita e una volta svegliatosi sarebbero state almeno le otto di sera e a quel punto non avrebbe avuto più senso andare in ospedale. Che sfortuna nera.
Si girò e rigirò nel letto ma Morfeo non lo trovò. Si alzò infine, adirato e innervosito, sospirando rumorosamente come un cinghiale.
Ore 15.45. Decise repentinamente di uscire.
Infilò le scarpe e uscì. Nemmeno lui sapeva per andare dove ma in fondo aveva poca importanza. La cosa importante era occupare il tempo.
Nella sua passeggiata si trovò casualmente davanti ad un tempio. Non si era nemmeno accorto per la verità che lì in zona ce ne fosse uno: passeggiava da un pezzo con lo sguardo basso e fisso su di un sassolino che calciava avanti a sé almeno da almeno un miglio, ma qualcosa lo aveva chiamato a voltarsi. Voltò lo sguardo a destra, dove la classica scalinata era subito sovrastata dall’imponente Torii rossastro tipico dei templi giapponesi in vecchio stile. Hanamichi lo osservò alcuni secondi, infine decise di salire i primi cinque gradini per oltrepassare l'arcata mistica. Si fermò di nuovo chiedendosi se fosse la cosa giusta ma poi continuò la salita. La scalinata saliva su di una collinetta immersa nel verde. Dopo diverse rampe finalmente si giungeva al tempio.
“Ma che diavolo ci faccio qui?” si chiese infastidito da sé stesso. Non era mai stato un tipo religioso e nemmeno molto credente. Dopo tanta fatica per salire quelle scale, fece spallucce e fece per scendere, quando improvvisamente di nuovo cambiò idea.
Osservò l’imponente tempio davanti a sé. Non c’era nessuno e regnava il silenzio.
“Ah, al diavolo” . Si arrese alle forze superiori che l’avevo attirato lì ed entrò nell’area di preghiera.
Era così tanto tempo che non lo faceva che non si ricordava più se lo avrebbe fatto correttamente ma Hanamichi era uno che se ne sbatteva e così fece anche quella volta. Certo non poteva negare di sentirsi lievemente imbarazzato, ma in fondo non c’era nessuno quindi perché non tentare. S’inginocchiò. Accese un bastoncino di incenso messo a disposizione dai monaci per i fedeli e congiunse le mani, battendole tre volte, per poi esprimere silenziosamente la sua preghiera.
    Ore 16.25.
Terminata la preghiera, Hanamichi aveva lasciato il tempio continuando a pensare e a rimuginare cose del tipo: “Che perdita di tempo”, “Ma chi mi l’ha fatto fare?” e cose così.
Annoiato si era diretto in palestra, che si era accorto essere l’unico posto in cui riusciva a staccare il cervello e a non pensare.
Iniziò ad allenarsi come mai nella sua vita.
“Maledetto!” – Dunk!
“Maledetto – passo/palleggio – Maledetto – passo/palleggio – Maledetto – passo/palleggio/salto – Maledetto Rukawaaaa!!!” – Dunk!
« Davvero bravo Sakuragi. Davvero bravo ».
Hanamichi si voltò senza fiato e grondante di sudore.
Vide la piccola e tonda sagoma di Anzai all’ingresso rischiarata dalla luce che entrava dalle vetrate.
« Nonno! Che ci fai qui? » chiese asciugandosi la fronte.
« OHOHOHOH. Faccio sempre un salto in palestra al pomeriggio »
« Non hai altro da fare?! » chiese Hanamichi sconvolto.
« Non proprio. OHOHOHOH »
Hanamichi inarcò un sopracciglio pensando a quanto fosse scemo il loro allenatore e riprese a giocare palleggiando da una parte all’altra del campo, allenandosi nei tiri liberi ma senza fare caso al coach Anzai.
« Sakuragi » lo chiamò dopo essere stato a guardare qualche altro minuto, interrompendo un salto buono per una schiacciata.
Il suo nome risuonò come un boato nella palestra vuota.
« Che vuoi nonnetta?! Stavo per schiacciare di nuovo! » ringhiò stizzito.
« Vieni qui »
Hanamichi infilò le braccia nei pantaloncini e obbedì irritato.
« Che c’è? » brontolò piagnucolando.
« Perché non sei con i tuoi compagni in ospedale? »
Il rosso sobbalzò.
« Non sono affari suoi »
« Sì, forse non lo sono, ma se posso darti un consiglio… dovresti andare »
« E per quale motivo? Come ho detto al Tappo io non »
« So cos’hai detto a Miyagi, Hanamichi, e non lo trovo corretto »
Anzai iniziava ad utilizzare lo stesso tono perentorio che metteva tutti zitti quando durante una partita le cose si facevano grigie perchè qualcuno non si impegnava come averbbe dovuto.
« Immagino che tu ti senta ferito e lo comprendo. Che tu ti senta tradito e umiliato, e comprendo anche questo. E comprendo anche che tu stia soffrendo, ma vedi, voglio farti due domande: la prima è  perché sei così arrabbiato? »
« Io » aprì la bocca per parlare ma poi si bloccò, come se ci dovesse riflettere. « Perchè.... » non sapeva nemmeno lui cosa dire.
« Te lo dico io il perchè. Perchè non sei pronto al peggio, non è così? Se lui te ne avesse parlato, tu avresti avuto del tempo per assimilare la cosa e ti saresti preparato. Non è vero? Ma non è la sola ragione, o sbaglio? »
Lo sguardo di Hanamichi si abbassò verso il pavimento.
« Sei forse invidioso? Invidioso perchè lui va in America e tu no? Sei arrabbiato perchè credi che non te ne abbia parlato per vanità? Perchè non ti riteneva degno della sua fiducia o di participare a quella grande occasione insieme? »
Le parole di Anzai erano andate a canestro.
« La seconda domanda è questa: secondo te per quale motivo Rukawa non te ne ha parlato? »
Hanamichi attese.
Il ticchettio della lancetta dell'orologio riempiva la palestra sileziosa con il suo rimbombo.
Anzi aveva ragione. Solo ora Hanmichi riusciva a capire il perchè si sentisse tanto arrabbiato con Rukawa. Non era per l'invidia, era per la fiducia. Rukawa non aveva fiducia.
"Che illuso sono stato in tutto questo tempo" pensò Hanamichi. "E io che credevo che..."
« Non è altro che un presuntuoso egoista, come è sempre stato » ringhiò il genio.
« No, io non credo »
« Sentiamo, per quale ragione allora non ci avrebbe detto nulla?! »
« Perché non glielo chiedi tu stesso andando in ospedale? »
« Ah-ah!!! Non mi freghi nonno, non andrò in ospedale!! »
« Sei ancora in tempo, correndo ce la farai. Sei molto veloce. Dimostra a tutti che Hanamichi Sakuragi è cresciuto. Che non è più quello stupido, permaloso e borioso ragazzino che era due anni fa. Dimostralo anche a lui, Sakuragi; a lui che ha sempre riso di te. Non vorrai farlo vincere anche stavolta non è vero? Ti ha detto “vattene” e tu te ne sei andato. Non ti voleva lì e sei andato via. Così ha vinto lui. Di nuovo e come sempre ».
Anzai aveva messo in contatto i fili giusti. Sfida e orgoglio fanno scintille.
Hanamichi ancora ansimava ma le parole di Anzai dovevano averlo colpito perché i suoi occhi si erano svuotati.
Osservò l’orologio sopra all'ingresso della palestra e immediatamente sotto agli spalti: 16.37.
Improvvisamente lasciò cadere il pallone e volò fuori dalla palestra alla velocità della luce, correndo come solo lui sapeva fare.
« Corri Hanamichi, corri. OHOHOHOH ».
Corse più veloce che poté o forse anche di più, tanto che i crampi alle cosce iniziavano ad attanagliarlo come in una morsa ma non li sentiva. Mancavano dieci minuti alle cinque.
Si precipitò nella hall dell’ospedale spalancando le porte come una furia. La gente in sala d’attesa si girò a guardarlo.
« S-signore – chiese l’infermiera alla reception con aria dubbiosa – si sente bene? Vuole che le chiami qualcuno? »
Hanamichi non rispose e corse verso l’ascensore precedendo violentemente una coppia di signori che stava per entrare al suo posto nel primo disponibile.
« Signore! Aspetti! Sicurezza! ».
La sicurezza però non lo raggiunse in tempo. Si era già infilato nell’ascensore diretto al terzo piano, corridoio H stanza 315.
Arrivò appena in tempo irrompendo nel corridoio come un toro.
Si guardò intorno e vide da lontano che i suoi compagni seguivano una piccola squadra di camici bianchi e verdi, che portavano un letto nella direzione opposta alla sua.
« FERMI TUTTI! » gridò come un forsennato. « EHI DICO A VOI! HO DETTO DI FERMARVI! »
Alla prima richiesta i dottori non si girarono ma alla seconda, pronunciata con ancora più enfasi, non poterono fare a meno di voltarsi e chiedersi chi è che faceva tutto quel baccano.
« SI DICO PROPRIO A VOI! ASPETTATEMI! ».

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Capitolo 9
*** SECONDO TEMPO - Confessioni ***


« Ma quello non è Hanamichi?! » chiese la Sig.ra Rukawa con gli occhi lucidi.
« E’ proprio lui! » confermò Ayako.
« Ma che gli salta in testa a quell’invasato!? » domandò Akagi sconvolto.
« Alla fine è venuto! Sono così contenta! » Haruko non tratteneva più le lacrime.
    « ASPETTATEMI MALEDIZIONE! » Corse loro incontro e quando li raggiunse li scostò bruscamente, aggrappandosi al lettino.
Rukawa era ancora perfettamente cosciente, seppur freddo e silenzioso come sempre.
« Signore la prego, dobbiamo avviarci verso la sala operatoria » lo pregò un’infermiera tentando di spingere il lettino avanti.
« No, voi non andate da nessuna parte. Non prima che io abbia detto quello che devo » ansimò Hanamichi.
L’infermiera rimase interdetta. Tentò di nuovo di muoverlo avanti assieme agli altri ma non ci fu nulla da fare. Hanamichi infatti afferrò più saldamente il lettino e gentilmente, il più cortesemente che riuscì, implorò un solo minuto per poter parlare. Il dottore, che riconobbe nel medico di qualche giorno prima, acconsentì e gli inservienti lasciarono la presa dopo un suo cenno.
Hanamichi ringraziò.
Lui e Rukawa si fissarono per alcuni secondi senza parlare. Hanamichi aveva il fuoco negli occhi.
« Rukawa! » ancora con il fiatone per la corsa. « Ascoltami bene maledetto bastardo! E’ stato ingiusto da parte tua non dirci nulla! Perché devi sempre far soffrire chi sta intorno a te e chi si preoccupa per te?! Noi siamo una squadra e dovremmo dirci ogni cosa e sostenerci a vicenda! Com’è possibile che anche in una situazione del genere tu abbia pensato solo a te stesso?! Non dovevi dimostrare niente a nessuno ma ancora una volta ti sei voluto mettere in mostra! E non hai pensato a noi, i tuoi compagni! Egoista bastardo! Non mi hai nemmeno detto che avevi programmato di andare in America all’inizio della stagione! Ancora non ci ritieni abbastanza degli dell’amicizia e della fiducia del grande Rukawa forse?!?! Forse...Forse la mia è invidia perchè so di essere sempre stato debole nei tuoi confronti. Se ti sto di fianco guardano tutti te e io divento invisibile, ma come un idiota negli ultimi due anni ho imparato ad osservarti giocare e allora… allora ho capito perché di fianco a te sono invisibile e me ne sono fatto una ragione. Ciononostante decisi di prenderti come esempio, mio malgrado, perché se volevo migliorare, e poi batterti, non c’era persona migliore di te che potessi seguire! » gridò Hanamichi su tutte le furie. « Ho messo il mio orgoglio sotto i piedi per farlo, pensando e sperando che un giorno, presto o tardi, avresti smesso di considerarmi come un inutile scendiletto su cui spazzarti le scarpe. Sperando che prima o poi mi avresti considerato un… » fece una pausa. Il resto della squadra attese trepidante. Haruko era un fiume di lacrime. « Un… » la voce di Hanamichi divenne tremante di fronte all’indifferenza di Rukawa. « Un tuo pari! Maledizione! Invece continui a non fidarti e a considerarti sopra alle persone! Passi sopra alla gente senza mai guardarti indietro. Sei tu la star, l’attore principale del film e noi siamo sono inutili comparse. E non ha importanza se il film sia comico o drammatico, la star devi sempre essere tu! Sono stufo! Forse la mia era invidia all'inizio, ma poi l'unica cosa che ho sperato era che nonostante l'odio e la rivalità tu ti potessi fidare di me! Avevo quasi iniziato a pensare che non fossi quel gran bastardo che tutti pensavano e che io pensavo, ma sbagliavo. Sono venuto qui per dirti che non hai vinto tu! Io sono tornato e sono qui anche se tu non volevi! Ho vinto....ho vinto io ». balbettò senza fiato.
“Oh Hanamichi……” (Haruko).
“Oh caro” (la madre di Rukawa).
« Il solito imbecille » sibilò improvvisamente Rukawa guardando dritto avanti a sé.
« C-che cosa?! » la vena di Hanamichi che pulsava vividamente sulla fronte si chiuse definitivamente.
« Pensi che non ve ne abbia parlato perché non me ne fregava niente o perchè non mi fidassi di voi? Hai mai provato a pensare che non ve ne ho parlato perché non volevo vi preoccupaste per me? Mi dispiace di non aver smesso di giocare come mi aveva detto il dottore ma ogni giorno della mia vita, ogni singolo istante, ho sempre giocato come se quello fosse stato l’ultimo per me perché poteva esserlo davvero. Ho sempre giocato e vissuto come se la mia malattia non fosse un problema, perché fin da piccolo mi sono imposto che non doveva esserlo per me come per nessun’altro. Per voi, in questo caso. Se ve ne avessi parlato mi avreste impedito di giocare e allenarmi e non lo volevo. Non era una scelta che spettava a voi. Io vivo per questo gioco, e morirò per questo gioco se così deve succedere. Sapevo che prima o poi questo momento sarebbe arrivato, l’ho sempre saputo dal primo istante in cui a 8 anni ho messo piede in questo ospedale, ma decisi di risparmiarmi niente. Se avessi dovuto morire l’avrei fatto soddisfatto di me stesso e di quello che ero riuscito a raggiungere. La mia caparbietà doveva avere il sopravvento su tutto il resto.
    Devo ammettere che il primo anno non ve ne ho parlato perché lo ritenevo superfluo e non erano certo affari che vi riguardassero. Non ho mai avuto amici e non ho mai avuto bisogno di nessuno. Sono sempre bastato a me stesso, io e il pallone. Non c’era altro nella vita che potesse farmi sentire più vivo di dribblare un avversario, attraversare tutto il campo senza mai passare la palla a nessuno per giungere a canestro e schiacciare. Ma poi, le cose sono cambiate…Ultimamente, aveva cominciato a dispiacermi l’idea che qualcuno potesse soffrire a causa mia. Qualcuno come voi. Che, nonostante la mia ostinazione e la mia maleducazione, mi ha accettato per ciò che sono. Con tutti i miei lati negativi ».
« Questa però non era una tua scelta! Noi avevamo il diritto di saperlo se ciò che dici lo pensi veramente! »
Rukawa si voltò dall'altra parte. « Lo so, ma io...non sono bravo a gestire le relazioni con le altre persone e ho pensato che non dirvelo sarebbe stata la soluzione migliore. Non pensavo che avrei mai potuto trovare degli amici in un mondo in cui competizione e lotta sono all’ordine del giorno. In un mondo in cui non esiste la fiducia reciproca, nemmeno in campo. Ma questo era prima… Mi dispiace. Sono fatto così. Cercherò di essere un amico migliore, per quanto mi sarà possibile. Sono addirittura riuscito a tollerare la tua presenza, imbecille che non sei altro. Dopo la partita contro il Sannoh, capii che in fondo, nonostante ti trovassi e ti trovi ancora un pallone gonfiato presuntuoso fastidioso e petulante, avevi una vera passione per il basket e per la tua squadra. Passione che io avevo messo nel gioco forse, ma non nella squadra. Decisi che prenderti sotto la mia ala poteva essere una buona idea perché mi arresi al fatto che da te avevo anch’io qualcosa da imparare, umanamente parlando. Durante quella partita sei entrato in campo quando nessuno di noi ci sperava più. Sei riuscito a dare la spinta giusta per risollevare il giocatori e le sorti della partita. Sei entrato in campo contro il dolore, consapevole che quella avrebbe potuto essere la tua ultima partita ma non ti importava. In quel momento volevi solo vincere. Giocare un’ultima partita forse, ma con tutta la tua anima, ed è stato in quel momento che ho rivisto qualcosa di me in te. Per la prima volta ».
Hanamichi e il resto della squadra restarono ammutoliti. Prima di tutto perché mai in tre anni Rukawa aveva parlato così tanto tutto d’un fiato. Secondo perché si resero conto che nel petto di Rukawa batteva un cuore. Un cuore vero, non un pallone di gomma a puntini a forma di cuore che batteva solo in campo.
Nel corso degli anni il resto dello Shohoku aveva imparato ad apprezzare Rukawa per ciò che era, in tutti i suoi aspetti, e questa era la ragione per cui non si risentirono del fatto che Rukawa non gliene avesse parlato. La dichiarazione però fu molto apprezzata da tutti loro ma la domanda che tutti si stavano ponendo era: “Avrà capito cosa vuole dirgli Hanamichi?”.
Rukawa e Hanamichi intanto si fissavano. Lo sguardo di Rukawa era sempre lo stesso: occhi freddi come il ghiaccio, non un briciolo di emozione lo tradiva o tradiva la sua voce. Hanamichi invece era sconvolto, tremante e senza fiato. Voleva parlare, voleva dire qualcosa ma non ci riusciva. La bocca era semiaperta cercando parole nell’aria che non riusciva a trovare. Ma poi accadde qualcosa. Istintivamente, impulsivamente e repentinamente come un lampo, Hanamichi s’incurvò fino a piegare il capo sulla sponda del lettino e la voce si ruppe.
« S-sei un gran bastardo Rukawa, l-l’ho sempre detto io… » gemette sottovoce. « Ma ti prego! » gridò alzando il volto bagnato. Vedi di tornare vivo da questa operazione! Perché ho giurato che sarò io a farti a pezzi con le mie mani quando stari bene e perché finché non ti avrò battuto non hai il diritto di scomparire da questa terraaaaa!!! Ricordatelo!!!! » gridò d'un fiato.
« Dobbiamo andare » disse il dottore comprensivo.
« I-in bocca al lupo……… » fece una lunga pausa ma fu chiaro a tutti che dalle sue labbra stava disperatamente cercando di far uscire qualcos’altro. « ……a-amico mioooo!!! ».
“Ce l’hai fatta finalmente, Hanamichi” (Miyagi).
Rukawa spalancò gli occhi esattamente come accadde durante la partita con il Sannoh quando si era fidato di lui, di Hanamichi. Non disse nulla ma Hanamichi non si aspettava risposte, era lui quello chiacchierone fra i due. I medici e gli infermieri si allontanarono verso la sala operatoria al piano superiore.
    Non c’erano parole per descrivere quel momento. Nessuno le trovò.
Diede le spalle ai compagni e, tirando su con il naso, si portò il braccio destro agli occhi con cui si asciugò le lacrime. Piangeva. Piangeva per sfogare tutta la rabbia e l’ansia represse dei giorni precedenti.
Ora come avrebbe affrontato l’orgoglio che gli impediva di guardare in faccia i suoi compagni?
Aveva bisogno di stare solo.
Accadde anche qualcos’altro in quel momento. L’altro miracolo del giorno.
Haruko tentò di raggiungerlo: « Hanamichi » lo chiamò, ma Akagi la fermò mettendole una mano sulla spalla. Haruko guardò suo fratello e nei suoi occhi lesse la stessa preoccupazione e comprensione per quella testa dura. Fu allora che Haruko si ribellò, in fondo quello di lasciarlo solo era solo un consiglio. Haruko guardò di nuovo la sagoma di Hanamichi rimpicciolirsi lungo il corridoio e il cuore iniziò a battere veloce come un treno in corsa. Era quello il momento giusto, non ce ne sarebbero stati altri. Si liberò della presa del fratello e con passo deciso rincorse Hanamichi.
« Hanamichi » lo chiamò di nuovo quando fu esattamente dietro di lui. Hanamichi si fermò.
« Voltati, ti prego. Sakuragi ».
Hanamichi sospirò vistosamente e si voltò. Il volto ancora umido. Gli occhi rossi e lucidi incontrarono quelli di Haruko, per la prima volta senza imbarazzo. Haruko lo fissò.
Quello era Hanamichi.
Fastidioso, chiassoso, petulante, borioso, impulsivo forse, ma sensibile e con un cuore d’oro. Hanamichi sempre pronto ad ascoltarla. Hanamichi sempre pronto ad una nuova galanteria. Hanamichi sempre pronto a farla sorridere.
Improvvisamente un desiderio irrefrenabile la rapì e, tanto istintivamente quanto avrebbe fatto Hanamichi, realizzò che c’era un’unica cosa da fare. Senza pensarci un secondo di più abbracciò Hanamichi stringendolo forte.
Hanamichi rimase senza fiato e interdetto; come lui anche tutto il resto della squadra che guardava a bocca aperta da lontano. Cosa stava facendo Haruko? Perché…cosa…….come?!?!? Ma Haruko non mollava la presa. Alta poco più della sua cinta, Haruko accoccolò la testa contro il ventre di Hanamichi piangendo, da un lato felice e dall’altro triste per la tristezza che lui provava. Hanamichi, rosso d’imbarazzo, trovò infine il coraggio di poggiarle le mani sulle spalle e ricambiare l’abbraccio sorridendo serenamente. I due poi si staccarono e proseguirono insieme verso l’ascensore che li portò probabilmente in giardino, dove avrebbero avuto molte cose da dirsi.
Alla fine Haruko aveva fatto la scelta giusta. Si era finalmente resa conto del grande valore di Hanamichi Sakuragi.
« A-Akagi stai calmo… » lo incoraggiò Kogure.
« E brava Haruko! » esultò Ayako.
« Come sarebbe a dire “brava Haruko”?! »
« E dai calmati Akagi, meglio con Sakuragi che con Rukawa. Senza offesa signora. Fidati Akagi » disse Mitsui.
« Finalmente Haruko ha capito il vero valore di Hanamichi, sono proprio contenta » sospirò Ayako.
« Tutto è bene quel che finisce bene » sorrise la Sig.ra Rukawa. « Sono così contenta per lui. E’ un così bravo ragazzo »
« Coraggio, andiamo in sala d’aspetto » disse Miyagi conducendola avanti, seguito dagli altri.
    Dopo tre lunghe, lunghissime ore, durante le quali Haruko e Hanamichi avevano raggiunto i compagni, la luce rossa della sala operatoria si spense. Rukawa fu portato nel reparto specialistico post-operatorio e lì restò per venti giorni. L’operazione era perfettamente riuscita. Come anticipato dal dottor Takamura, l’attività sportiva di Rukawa dovette sospendersi per un anno intero. Nel frattempo, quell’anno lo Shohoku giocò la finale del campionato nazionale interscolastico contro il Kainan e perse di un solo punto. L’assenza di Rukawa si fece sentire inevitabilmente, ma Hanamichi e Saitou (una nuova leva sostituto occasionale dei titolari) fecero l’impossibile per sopperire a quella mancanza. Rukawa comunque non mancava mai un allenamento o di assistere ad una partita, nonostante stesse sempre seduto in panchina.
Ogni volta che Hanamichi faceva un canestro o una buona azione non perdeva tempo per rinfacciarlo a Rukawa vantandosi, mentre Rukawa come sempre gli rispondeva per le rime. Le cose non erano poi troppo cambiate e Hanamichi non vedeva l’ora che il suo rivale si rimettesse del tutto per poterlo sfidare.
Anche la terza liceo era finita. Gli esami erano andati bene per tutti: Hanamichi, grazie ad Haruko, era passato con una media leggermente più alta di quella di Mitsui e Miyagi che avevano fatto il minimo indispensabile giusto per essere promossi. Hanamichi non faceva altro che vantarsene.
Rukawa, non trovando più tempo con l’allenamento si era occupato molto di più dello studio, superando discretamente Hanamichi nei voti e anche lui, come l’altro, non perdeva occasione per vantarsene.
Era giunto il momento di scegliere l’università.

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Capitolo 10
*** SECONDO TEMPO - La sfida del secolo (parte I) ***


Un pomeriggio d’estate in un bar del centro…
« Ragazzi allora come vanno le cose? Dalla fine delle lezioni non ci siamo più visti » disse Miyagi giocando con la sua granita alla menta.
« Vanno piuttosto bene » sorrise Haruko soddisfatta. « Sto cercando di istruire la nuova manager del nuovo Shohoku. Sono molto dispiaciuta però che questo sia stato il nostro ultimo anno… » piagnucolò Haruko. « Sapete ragazzi, gli anni trascorsi con voi allo Shohoku sono quelli migliori della mia vita. Nonostante le nuove matricole siano in gamba, non posso fare a meno di pensare che nessun altro Shohoku sarai come quello che avete creato voi. La nuova manager è una ragazza spigliata e giocava a basket gli anni scorsi, per cui se la cava alla grande. Purtroppo ha dovuto ritirarsi a causa di un infortunio. Quando allena i ragazzi è una vera forza della natura. Il sig. Anzai è in gran forma, anche se l’età è quella che è. Ha detto che finirà con la prossima stagione e poi andrà in pensione… »
« E’ davvero un peccato. Dovremmo andare a salutarlo » disse Miyagi a Mitsui.
« Sì, dovremmo proprio » rispose l'altro svogliatamente.
« Tuo fratello e Kogure dove sono? » chiese Ayako.
« Arriveranno alla stazione tra mezzora circa »
« E Hanamichi e Rukawa? »
« Oh ma sicuro! Che sbadata che sono! Avrei dovuto dirvelo subito! Accidenti! Rukawa partirà dopodomani per gli Stati Uniti! Ha scelto una prestigiosa università che quasi certamente gli consentirà di entrare nell’NBA. Ma a parte questo, ora che Rukawa si sente meglio, Hanamichi ha deciso di sfidarlo; sono al campo da basket, solo che avevo promesso ad Hanamichi che ci saremmo fiondati là per vederli giocare e invece siamo qui a parlare da tre quarti d’ora!!!! Avevo anche detto a mio fratello di raggiungerci là!!! Accidentiiiii!!! »
« Cosa!?!?! »
« Quel frocio di Hanamichi sarà incacchiatissimo!!! »
« Corriamo, presto!!! »
Lasciarono qualche spicciolo e qualche soldo stropicciato sul tavolo e si precipitarono fuori, lasciando anche i bicchieri mezzi pieni.
    Nel frattempo, sul campo da basket Hanamichi e Rukawa sono seduti per terra in snervante attesa degli amici. Rukawa con la palla tra le gambe e un imminente colpo di sonno in arrivo, aiutato dalla brezza tiepida di un pomeriggio estivo.
« Ma dove cacchio sono?……………………Avevo detto ad Haruko di venire qui subito » Hanamichi era già fumante.
« …… » Rukawa.
« Maledizione » continuava a ringhiare l'altro a denti stretti.
« …… » Rukawa.
   
« Hanamichiiiiii!!! »
« Eccoli finalmente!!!! » Hanamichi si alzò e Rukawa dopo di lui.
« Oh-oh. E’ arrabbiato » sussurrò Miyagi.
« Ma si può sapere dove eravate finiti?!!?!? Sono 45 minuti che vi aspettiamo!!! »
« Hai ragione Hanamichi, è colpa mia scusami » disse Haruko prendendogli le mani. « Ci siamo persi a fare delle chiacchiere, non ci vedevamo da un po’ »
« Non preoccuparti Harukina! » sorrise come un ebete.
« Mancano solo Akagi e Kogure ora » osservò Ayako.
« No, sono là!> fece notare Mitsui.
« Gorilla, Quattrocchi! Datevi una mossa!!!! »
Finalmente arrivarono tutti e si posizionarono a bordo campo.
« Signori e signore benvenuti alla Partita del Secolo! » proclamò Hanamichi in mezzo al campo con la palla in mano « Il Genio dei Rimbalzi, Re delle Schiacchiate, il Genio Indiscusso del Basket contro quel Volpino bastardo di Rukawa! ».
Rukawa grugnì.
« Ma sei sicuro? » chiese Mitsui guardandosi attorno. « Io non le vedo tutte quelle persone in campo…. »
« Mitsuiiiiii! Se dici un’altra parola sei morto! »
« Ok, scusa! Che testa calda! »
« Dicevo, benvenuti alla Partita del Secondo che vede il Genio Assoluto del Basket, Hanamichi Sakuragi, contro quella Shiappa Colossale di Rukawa! »
« …Schiappa sarai tu » bofonchiò Rukawa.
« Gori tu farai da arbitro. Voglio un giudizio imparziale, non mi fido di questi qua! » sorrise facendo una linguaccia agli altri compagni.
« D’accordo » disse Akagi avviandosi al centro del campo e impugnando il fischietto che Hanamichi gli porse. « Farete una partita di 30 minuti, 1 contro 1. Le regole sono le solite. Buona fortuna a tutti e due »
« Hihihihihi. Non ne ho bisogno Gori, ormai la fortuna non esiste più. C'è solo il genio. Hihihihihi »
« Questo lo vedremo » rispose Rukawa già in posizione.
« Pronti? »
I piedi scalpitavano come quelli dei tori che prendono la carica.
« Tre »
“Sarà davvero il match del secolo” (Miyagi)
« Due »
“Coraggio Hanamichi!”(Haruko).
« Uno »
“Facci vedere di cosa sei capace testa rossa” (Mitsui).
Akagi fischiò e lanciò in alto la palla togliendosi dal campo prontamente.
Rukawa era in possesso di palla. Palleggiava chinato davanti ad Hanamichi, aspettando il momento migliore per fingere. Hanamichi dal canto suo, nonostante cercasse come sempre di ostentare sicurezza e boria, non poteva mentire a se stesso e nascondere un cristallino senso di ansia e tensione. Come se quella partita fosse stata l’ultima e la più importante della sua vita. Come se fosse stato l’esame per entrare in una prestigiosa squadra e lui ancora si sentisse inadatto.
“Sta cercando la finta. Guardalo negli occhi Hanamichi, lo conosci. Sai cosa farà”.
Certo fare del buon autoconvincimento spesso porta giovamento ma altrettanto spesso i risultati non sono immediati. Infatti, il mantra che Hanamichi si recitava non fu sufficiente a vincere la tensione e Rukawa si portò a canestro facendo una finta magistrale. Hanamichi rimase sconvolto impalato lì come uno stoccafisso.
    
« Che stai aspettando Hanamichi!? »
    
« Datti una mossa scemo! »
Le grida dei compagni lo riportarono alla realtà.
“Devo smetterla di pensare. In questo modo non faccio altro che deconcentrarmi. O meglio, concentrarmi su di me e non su di lui. Devo giocare e basta, giocare e basta!”.

Richiamato dal tifo in panchina Hanamichi si fiondò su Rukawa, già pronto a tirare un canestro che Hanamichi non tentò nemmeno di stoppare.
    
« Ma che diavolo combini Sakuragi?! Potevi benissimo stopparlo! »
    “Che ti succede Hanamichi?” Haruko notò che qualcosa non andava.
Dopo i primi dieci minuti la situazione era questa:
Rukawa 8, Sakuragi 0.
  
 « Arbitro chiedo un time-out! »
  
 « Eh?! » tutti si voltarono verso Haruko.
    
« Che c’è? Ho bisogno di parlare con Hanamichi… »
    
« D’accordo, acconsentì il fratello. Al prossimo fallo »
La partita riprese.
Hanamichi era ansimante. Rukawa era affaticato ma sereno, consapevole delle proprie potenzialità. Dopo l’operazione, aveva ripreso a giocare da poco ma era come se non se ne fosse mai andato dal campo. Ovviamente era calato in resistenza, ma era tutto recuperabile con l’allenamento.
« Che c’è? Ansia da prestazione? » chiese Rukawa con il chiaro intento di stuzzicare l’orgoglio del suo avversario.
« Ma quale ansia da prestazione brutta scrofa! Ti solo lasciando del vantaggio! »
« Sì, come no… »
Intanto, Rukawa palleggiava. Snervante e ipnotico, il pallone andava su e giù. Rukawa colse la distrazione: 
« E’ anche più facile che giocare con un poppante » disse sfrecciandogli accanto. Hanamichi si voltò e lo raggiunse e mentre era in fase di tiro, Hanamichi saltò per stopparlo.
   
« Ma che diavolo fa è impazzito?! »
    
« Hanamichi! »
Saltò bloccando il tiro con tutto il suo peso e il suo corpo, sovrastando Rukawa tanto che questo cadde a terra.
    
« Fallo di sfondamento! »
Quando Akagi fischiò, Hanamichi sembrò essersi reso conto di ciò che era successo ma solo allora. E ancora una volta rimase disorientato.
    
« Sakuragi, hai diritto ad un time-out »
Hanamichi uscì a testa bassa dal campo con la testa che fumava di pensieri ed ansie.
Haruko lo raggiunse appena qualche metro più in là dalla panchina.
« Hanamichi »
« Scusami Haruko, io… »
« Che cosa ti prende? Non ti vedevo giocare così dal tuo primo anno in squadra. Senza offesa » aggiunse imbarazzata.
Hanamichi non rispose subito.
« Io…non lo so, non riesco a capire. C’è una parte di me che continua a ripetersi che non lo batterò mai. Che nonostante tutto l’allenamento, Rukawa sarà sempre e comunque più forte di me. E’ come se…come se dovessi sostenere la prova più grande e difficile della mia vita » ansimò.
« Hanamichi, hai fatto grandi progressi. Rukawa è forte, ma anche tu lo sei e sei migliorato in maniera incredibile in questi anni. Non ha importanza che lui sia più forte, il punto è un altro. Tu devi riuscire a dimostrargli di poter sopravvivere contro di lui in uno scontro diretto. Devi dimostrargli di poter uscirne a testa alta. Con una vittoria ma anche con un pareggio, con un distacco di uno o due punti. Non è quello che stai facendo. Non ti biasimerei se tu stessi dando il meglio ma io so che non è ciò che stai facendo! Ti prego. So che puoi dare molto di più. Rukawa partirà dopodomani e non avrai più quest’occasione. Liberati delle tue paure. Quelle paure non devono più esistere, non sei più la matricola del primo anno. Liberati di ogni cosa e pensa solo a giocare… »
    
« Tempo scaduto. Giocatori in campo! »
« D’accordo? » Haruko lo guardò speranzosa dal suo metro e cinquanta di altezza.
Hanamichi deglutì. 
« S-sì. Hai ragione Harukina… »
    
« Giocatori in campo! » insistette Akagi.
    
« Coraggio mezzasega in campo! » lo intimò Mitsui. « Ci penserai dopo alla tua bella! »
    
« Sì, Hanamichi datti una mossa! Farete dopo i piccioncini! » protestò Ayako.
    
« BacioBacioBacio! »
    
« Tappo io ti strozzo! »
Detto questo Hanamichi fece un bel respiro e tornò in campo a testa alta.
Restavano 15 minuti di gioco. Rukawa: 10, Hanamichi: 2.
Il sole intanto cominciava la discesa verso l’orizzonte e il cielo striato di nuvole si tingeva di arancione. A tutti loro era sempre piaciuto quel campo da basket. Si affacciava proprio sul mare, ai confini di un parco pubblico molto tranquillo. Era il posto ideale per allenarsi con tranquillità.
« Potrei anche offendermi se continui a giocare come una ragazzina » disse cupo Rukawa
« Ti faccio vedere io quello di cui sono capace! »
« Sarebbe ora »
    
« Palla a Rukawa. Hai a disposizione due tiri liberi » annunciò Akagi.
    
« Hanamichi è proprio un coglione… » sbuffò Mitsui.
    
« Ma dove aveva la testa mentre cercava di stoppare quel canestro? Così si è messo nei casini da solo. Ora Rukawa ha due tiri liberi e di certo non li sbaglierà » disse Miyagi.
    
« Credo che Hanamichi si senta molto sottopressione. Sappiamo tutti che può fare meglio di così eppure, ora che si trova da solo di fronte a Rukawa seriamente per la prima volta dopo tanto tempo, sembra aver perso ogni cognizione di come si gioca. E’ deconcentrato, ansioso…non vincerà mai di questo passo » confermò Kogure.
    
« Già, ora le speranze che rimonti sono veramente al minimo » aggiunse Ayako.
Haruko se ne stava zitta con le mani congiunte davanti al viso in silenziosa preghiera, ascoltando la sfortuna che gli altri gettavano su Hanamichi.
Non c’era nemmeno da chiedersi se Rukawa potesse o meno fare canestro. I due tiri liberi lo inforcarono alla perfezione: 14 a 2 per lui.

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Capitolo 11
*** SECONDO TEMPO - La sfida del secolo (parte II) ***


« Forza Hanamichi!!! Dimostra quello che sai fare!!! »
Haruko cominciò a sbracciarsi lasciando gli amici allibiti. « Forza! Vinci questa partita! ».
“Ma è impazzita? Non l’ho mai vista così esagitata” pensò Ayako alzando gli occhi al cielo.
    A qualcosa però servì, perché Hanamichi deglutì e osservò la panchina dove la sua Harukina faceva il tifo per lui e pensò che fino a qualche hanno prima quel tifo era per Rukawa e ora invece era tutto per sé. Non che a Rukawa gliene importasse qualcosa. Comunque quel pensiero lo rinvigorì più di una bevanda energetica e finalmente capì quello che doveva fare.
Prese un grossissimo respiro e, imprevedibile come sempre, corse verso il canestro e vi sbatté violentemente contro la testa.
« ……………????> (Rukawa).
    « Oh no! Hanamichi! »
    « Cosa?!? Pensavo avesse perso da un pezzo quell’abitudine! »
    « Hanamichi – Haruko si accinse a corrergli incontro – Stai bene?! »
Hanamichi però tornò verso il suo avversario con uno sguardo diverso negli occhi. Facendo segno ad Haruko di non intervenire. Nonostante la fronte tagliata e sanguinante, andava tutto bene. Oh sì, tutto alla perfezione.
« Hai finito con il tuo spettacolino da idiota? » chiese Rukawa. « Mancano 13 minuti e ci stai solo facendo perdere tempo, comunque sono in vantaggio quindi non è che me ne freghi molto ».
« Ora inizia la vera partita » sogghignò Hanamichi.
Akagi fischiò e senza che Rukawa avesse il tempo di accorgersene, giusto il tempo di un batter d’occhio, Hanamichi gli sfilò la palla di mano. Quando Rukawa realizzò era già troppo tardi perché Hanamichi era già a canestro.
14 a 4.
Il resto della partita vide un costante altalenarsi di prendere-rubare la palla. Hanamichi, che in difesa non era mai stato un asso, dovette fare di necessità virtù e fare del suo meglio. Intanto i minuti passavano e Rukawa era riuscito a segnare altri due canestri, nonostante Hanamichi si fosse lodevolmente portato in su fino a 14.
18 a 14. Tempo rimasto, 2 minuti e 35 secondi.
    « Non ce la farà mai » sospirò Miyagi beccandosi una botta clamorosa dal ventaglio di Ayako.
    « Dovrebbe segnare altri due canestri da 2 punti quanto meno per pareggiare, o almeno uno da 2 punti e un altro da 3 per avere il distacco di un punto. Il tiro da 3 in una partita uno-contro-uno è da escludere. Non è fattibile… » spiegò Mitsui.
    « Sakuragi comincia ad accusare il colpo. Giocare per cinque sembra una stupidaggine, ma se ci pensate bene una squadra di cinque elementi gioca due soli tempi da 40 minuti. Uno che deve giocare per cinque persone in soli 30 minuti…beh, fate voi i vostri conti » disse Kogure senza mai distogliere gli occhi dalla partita.
In campo, Hanamichi e Rukawa si studiavano. Erano fermi circa sotto il canestro di Hanamichi e ancora un volta Rukawa tentava di passare, ma non solo tentò, ci riuscì così velocemente che Hanamichi nemmeno se ne accorse per saltare e inforcare l'ennesimo canestro. Però, se c’era una dote riconosciuta al Genio del Basket era la velocità e la potenza nel salto quindi finalmente successe che per una volta Hanamichi fu più veloce dell’altro e, voltandosi di scatto, riuscì a saltare stoppando il canestro e prendendo possesso di palla.
« E’ miaaaaaaaa!!! » ruggì come un leone che si riprende il suo territorio.
« ……! » (Rukawa).
Hanamichi atterrò con la pesantezza di un bisonte e volò verso il canestro avversario. “Non me la prenderai”.
    « Coraggio Hanamichiiii!! Sei tutti noi!!!! » (Haruko).
“Devo farcela, devo farcela!”
Rukawa però era già dietro di lui.
“Oh no! Maledizione ma come fa?! Si avvicina! Cosa faccio adesso?!” finché non se lo ritrovò davanti.
« Dove credevi di andare? » sibilò Rukawa.
Hanamichi sobbalzò. Si sentì come un topo in trappola che corre sempre in cerchio.
« Non ti lascerò tirare » confermò il rivale.
“Prendi tempo, prendi tempo” Continuava a ripetersi Hanamichi.
Peccato che di tempo non ce ne fosse praticamente più. Tempo rimasto, 1 minuto e 55 secondi.
Finché non fu colto da un’illuminazione fulminante.
“E se……” guardò il canestro e il pavimento in cemento su cui erano disegnate delle righe nere. “Sono nell’area da tre punti”.
Hanamichi si trovava ad esattamente due falcate dalla linea di tiro. Di spazio per attuare la sua idea ne aveva, ma chissà se sarebbe stato sufficiente.
Guardò di nuovo Rukawa. “Non ce la farò mai. Maledizione”.
Riguardò il canestro.
Guardò Rukawa.
Guardò Mitsui e Miyagi in panchina. Entrambi strinsero i pugni e gli diedero il cenno di assenso che stava disperatamente cercando.
“Fallo Hanamichi”, “Fallo, puoi farcela!” pensavano i due amici.
Hanamichi deglutì.
    « Mancano 1 minuto e 20 secondi » informò l’arbitro.
“Questa è la mia ultima opportunità. Ricordi, Rukawa, quando abbiamo giocato il primo anno io e te soli? Io ti ho sfidato e ho perso. Ero davvero convinto di essere migliore di te, ma non lo ero. Ma ora è diverso. So che ti posso battere e ti batterò!”.
Lo guardò un’ultima volta negli occhi. In quegli irremovibili e ineleggibili occhi di ghiaccio. Sorrise e decise che era il momento per tentare il tutto-per-tutto.
“O la va, o la spacca”.
    « Ma che fa?! » gridò Ayako sconvolta.
    « Non è possibile! Non ditemi che… » nemmeno Kogure poteva crederci.
Haruko era con il fiato sospeso.
    « Vai Hanamichi!!!! » esultò Miyagi.
    « Vai così Genio!!! »
Rukawa al contrario non aveva bisogno degli incoraggiamenti di nessuno.
Hanamichi saltò per fare il tanto agognato tiro da tre punti, quello che avrebbe determinato l'esito futuro della partita. Rukawa dal canto suo di certo non se l’aspettava; come Mitsui sapeva che eseguire un tiro del genere in quel tipo di partita era da pazzi sconsiderati e illusi. Rimase di stucco infatti, ma fu altrettanto veloce nel saltare per fermare o almeno deviare l’azione. In quel momento però qualcosa accadde, Qualcosa che lasciò ancora di più a bocca aperta tutti lì intorno, se possibile: Hanamichi non aveva saltato con tutta la sua potenza quindi, mentre Rukawa saliva, Hanamichi scendeva. In quel tipo di azione bastava un decimo di frazione di secondo per sbilanciare una partita.
Si guardarono negli occhi, Hanamichi mentre scendeva e Rukawa mentre saliva. Hanamichi sorrise avidamente di fronte allo sguardo indemoniato dell’altro.
    « Una finta! » gridò Kogure dagli spalti.
« Ciao ciao Volpino » sussurrò Hanamichi mentre atterrava ancora con lo sguardo fisso in quello di Rukawa.
Il volo era finito. Sfruttando quell’ultima frazione di secondo che lo divideva da Rukawa posò i piedi a terra e lo sorpassò rapido come un fulmine. Fece due velocissimi passi per portarsi dietro l’avversario e tentare il tiro da tre. Saltò con tutta la sua forza. Rukawa nel frattempo posò i piedi a terra e si voltò completamente incredulo per via di quell’azione che non aveva mai visto nella sua vita, e che non tentò nemmeno di fermare.
Hanamichi si elevò in aria.
    « Guardate che elevazione…non l’ho mai visto saltare così » disse Kogure.
    « Sta dando tutto sé stesso »
    « Sì, hai ragione Mitsui » confermò Akagi. « Tutto sé stesso »
  « Ti prego fai che quel tiro entri » pregava Ayako aggrappata a Miyagi che se la rideva silenziosamente soddisfatto.
Hanamichi diede un fluido colpo di polso e la palla si stacco dalle sue mani, così leggera che sembrò immobile. Sentì che il cuore si era fermato. Non era certo che entrasse però. Non era bravo come Mitsui nei tiri da tre punti.
La palla, volò in direzione del canestro.
“Entra, ti prego entra! Devi entrareeeee!”.
Nessuno fino ad ora aveva dimostrato che i palloni da basket avessero l’udito per ascoltare, né tanto meno le orecchie in effetti, ma quello lo fece perché entrò. Hanamichi sentì un tonfo al cuore, quasi un singulto nell'esatto istante in cui la palla entrò. Il suono della retina abbracciata dal pallone, quell’esatto istante in cui il pallone scende e per la forza del tiro la retina rimbalza verso l’alto… quei momenti erano da brivido. Quegli infiniti secondi… Sì. Era per quello che lui giocava a basket. Per tutto quello. E ora lo sapeva.
Hanamichi restò ad osservare il pallone scendere inerme verso terra, mentre era ancora ansimante e incredulo lui per primo.
    « Sìììììììì!!!!! »
    « Evvai!!! »
    « Sei grande Genio del Basket!!!! »
La panchina era impazzita.
    « Mancano 56 secondi » disse Akagi.
La partita non era finita. Ora erano 18 a 17.
    « Ora Hanamichi ha solo due possibilità. Vincere o perdere » disse Mitsui.
   « E’ vero, è improbabile che possa fare un tiro da 1 punto per pareggiare, non c’è più tempo per crearne le circostante. Non ci sono mezze misure in questa partita. Se Anzai la vedesse sarebbe fiero di loro » sospirò Miyagi con il fiato sospeso.
Nel frattempo, in campo Hanamichi era di nuovo in possesso di palla.
« Mancano 40 secondi »
« Bell’azione » ammise Rukawa. senza lasciarsi andare troppo ai complimenti
« Cos’era quello?!?!?! » chiese Hanamichi sconcertato, quasi avesse visto la più grande aberrazione sulla faccia della terra.
« Uh? »
« Era forse un sorriso?!??! »
« ……………imbecille »
« Ah…sì, era un sorriso. Ho fatto fare un sorrisino microscopico al piccolo Rukawa – lo scimmiottò Hanamichi come un ragazzino immaturo – Vedrai adesso come ti faccio morire dalle risate quando vincerò la partira! » gridò a squarciagola e ridendo sguiatamente.
Si ricompose e ricominciò la partita. Fece un paio di finte che non andarono a segno. Era preso dal tempo che passava veloce ma sapeva cosa fare: l’unico varco aperto era tra le gambe dell’avversario. Accadde tutto velocemente, non c’era più tempo per rifletterci su, doveva farlo e basta.
   « No, non può farlo! Non ci posso credere! » gridò Kogure, che aveva già capito tutto, alzandosi di scatto dalla panchina.
Come a rallentatore, Hanamichi fece rimbalzare la palla sotto alle gambe di Rukawa.
    « Ma cosa gli salta in mente?! »
Velocemente si portò dietro di lui afferrandola al volo.
    « Hanamichi ha uno stile tutto suo… » soffiò Mitsui senza parole.
Afferrò il pallone e volò verso il canestro.
    « Io sono……sono di nuovo senza parole – farfugliò Miyagi – Quell’azione è fattibile se fatta in squadra, se c’è un ricevitore dall’altra parte pronto a prendere quel passaggio. Ma ho sempre creduto che fosse impossibile per chi tira essere così veloce da portarsi dietro ed entrare in possesso di palla. Solo uno con la sua velocità poteva riuscirci. Sono…davvero sconvolto ».
   « Hanamichi se la sta cavando bene in quasi tutti i ruoli » osservò Ayako, stringendo tra le mani il suo ventaglio ormai accartocciato e inumidito.
Di nuovo, il futuro Numero Uno del Giappone Rukawa, rimase senza parole. Non mosse un muscolo. Poté solo osservare il suo avversario incalzare verso il canestro. La schiacciata era d’obbligo ed era già davanti agli occhi sognanti della panchina.
Sotto al canestro, il genio di molti titoli autoattribuitisi saltò. Nel momento stesso il cui la palla sovrastava perfettamente la ghiera rotonda in ferro e si accingeva ad entrare, Akagi fischiò la fine della partita. Il cuore di Hanamichi si fermò. La palla entrò immancabilmente e Hanamichi rimase appeso al canestro dondolando per alcuni secondi. Quel fischio…
“Sarà buono???”.
Si lasciò cadere a terra dolcemente.
Purtroppo conosceva già la risposta alla domanda e non poteva fare a meno di iniziare a maledirsi. Era troppo arrabbiato e sconfortato per poter parlare.
« Partita finita. 18 a 17 per Rukawa » annunciò Akagi.
Nessuno dalla panchina parlò.
Sapevano, come sapeva Hanamichi, che quel canestro non poteva essere valido: magari lo era moralmente, ma non tecnicamente. Se la palla nel momento del fischio è all’interno del canestro anche di un solo decimo di millimetro, allora è canestro. Se la palla è sopra al canestro ma non dentro, se è appena fuori anche di un solo decimo, se anche si è certi che quella palla entrerà perché il tiro era perfetto, poco importa perché il canestro non sarà valido.

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Capitolo 12
*** SECONDO TEMPO - L'avevo giurato ***


« Ha……ha perso… » balbettò Ryota.
  « Sarà arrabbiatissimo » commentò Mitsui.
 « Forza, andiamo da lui. Ha comunque giocato un partita fantastica. Si merita qualche complimento, no? » disse Ayako avviandosi per prima verso il campo con una bottiglia d'acqua. Haruko la seguì.
Hanamichi era di spalle con la testa bassa, e Haruko non osò avvicinarsi. Presto fu raggiunta dagli altri ragazzi.
Hanamichi si voltò ma non verso i suoi amici, verso Rukawa ancora fermo a centro campo. Entrambi ansimanti e sconvolti. Paradossalmente, entrambi avevano il sapore amaro della sconfitta pungergli la lingua. Infatti, il canestro di Hanamichi sarebbe stato valido se fosse entrato un nano secondo prima, assicurandogli la vittoria grazie a quella fantastica azione; Rukawa avrebbe perso e lui per primo ne era perfettamente consapevole. Quello che accadde però fu esattamente l’opposto, tecnicamente parlando era Hanamichi ad essere stato sconfitto.
Hanamichi allora s’incamminò verso Rukawa.
Restarono a distanza di sicurezza senza dire nulla.
« Gran bella partita » disse il rivale di sempre. Dovette ammetterlo. » aggiunse alla fine.
    « Figurati se Rukawa non lo deve stuzzicare! » sbuffò Ayako.
    « Secondo me tra poco Hanamichi esplode »
    Mitsui annuì. « Sarà già infuriatissimo »
Hanamichi piegò di nuovo il capo e strinse i pugni.
    « Eccolo che parte » disse Akagi.
Hanamichi fece un profondo sospiro tanto che gli si alzarono le spalle di qualche centimetro e sollevò il capo, inaspettatamente portando un ghigno di soddisfazione raggiante.
« Sì – ammise – hai vinto, Rukawa. Di nuovo. Ma io………io…io ti ringrazio »
    « Ho sentito bene?!?! » chiese Mitsui.
« Non ti sei risparmiato neanche un secondo. Almeno so di aver dato il meglio che potevo, e che anche tu hai dato il meglio ».
Rukawa annuì.
« Se ti può consolare – disse Rukawa – sei il vincitore morale di questa partita ».
Hanamichi sorrise.
Gli altri tirarono un sospiro di sollievo e si avvicinarono facendo loro mille complimenti.
Haruko abbracciò Hanamichi.
« Harukina sono tutto sudato. EHEHEHEH ». Pigolò Hanamichi.
« Ma la smetti di parlare così? Non sembri nenache normale… »
« Che vuoi Mitsui?!?! »
Rukawa intanto, poco amante delle effusioni e dei complimenti, si era già spostato fuori dal campo per asciugarsi il sudore e cambiarsi la maglietta. Di spalle ingoio qualche pillola che prendeva sempre dopo gli allenamenti. Nonostante la terapia riabilitativa fosse finita da un po' e avesse ripreso a giocare da altrettanto tempo seppur non con gli stessi ritmi di prima, Rukawa doveva continuare a prendere delle medicine dopo gli sforzi maggiori. La sua ripresa era comunque stata formidabile e ora, i compagni lo tenevano d'occhio come avrebbe fatto una chioccia con i suoi pulcini. Si accertavano che prendesse le medicine e che non si sforzasse troppo.
« Ah! Stavo quasi per dimenticare! » esclamò Hanamichi, dirigendosi verso Rukawa. »
« ??? »
Senza aggiungere altro, Hanamichi fece partire un gancio destro verso Rukawa che si piegò come una banderuola al vento.
« Hanamichi ma che fai?!?! » gridarono gli altri.
« Ti avevo giurato che appena ti fossi rimesso, ti avrei rovinato il tuo bel faccino! » gridò con un gancio sinistro.
« E’ completamente impazzito!?!?? »
« E’ sempre il solito – sbuffò Akagi – non si smentisce mai »
« Già » annuì Mitsui.
Rukawa non rispose e finalmente reagì. Cominciarono a darsele di santa ragione. Haruko implorò il fratello e gli altri ragazzi di fermarli ma si stavano divertendo troppo.
« Lasciali stare. Non vedi che si divertono come dei matti? Stanno solo giocando! »
    Il sole infine tramontò del tutto e i quattro lampioni intorno al campo si illuminarono con una piccola intermittenza.
« Rukawa te ne vai? » chiese Ayako.
Aveva la faccia gonfia con notevoli chiazze viola.
« Sì, devo ancora fare le valigie. Ci si vede » disse facendo un cenno e allontanandosi.
« Hanamichi ti senti bene? » chiesero i compagni.
« Mai stato meglio » bofonchiò pulendosi dal sangue. »
« Hanamichi hai giocato benissimo! »
« Grazie Harukina! »
« Sì, stavolta sono d’accordo – disse Akagi – ma non montarti la testa »
« Ci dica signor Sakuragi, quali sono le sue opinioni sulla partita? » chiese Miyagi fingendosi un giornalista.
« Come ha detto il mio avversario, io sono il vincitore morale. Avrei vinto io se quella palla fosse entrata un secondo prima però ehi, avete visto che azione?! Un colpo da maestro! Degno di un vero genio del basket! E quella del tiro da tre punti?!?! Neanche il Gorilla qui presente ci avrebbe mai pensato! Ah ah ah!!! »
« Coraggio Re degli Scemi adesso cambiati che puzzi come un caprone! Muoviti, andiamo a mangiare un pizza! » sbuffò Mitsui spingendolo verso la panchina.
    Uscirono tutti assieme e andarono a mangiare in una pizzeria non distante. Si divertirono come mai prima di allora ma Hanamichi, esausto dopo quella folle partita, si addormentò come un sasso sui divanetti del locale nenahc earrivati al dolce. Haruko lo svegliò verso le undici, quando fu ora di tornare a casa.
Hanamichi avrebbe accompagnato a casa Haruko. Gli altri ragazzi andarono nella direzione opposta, anche Akagi nonostante abitasse con Haruko, in modo da poterli lasciare soli.
« Ragazzi allora ci vediamo dopodomani in aeroporto! ».
    Hanamichi portava la borsa da palestra su di una palla e camminava soddisfatto, nonostante qualche dolorino qua e là.
« Però, anche quel bastardo è allenato. Devo ammettere che un po’ mi fa male » disse accarezzandosi una guancia gonfia.
Haruko con le mani dietro alla schiena ciondolava avanti e indietro felice e pimpante come una Pasqua; non faceva altro che sorridere e guardare il cielo mentre camminavano lungo le vie solitarie della periferia illuminate dai lampioni.
« Sono così fiera di voi! »
« Di voi? »
« Di te e Rukawa naturalmente! »
« Ah sì? »
« Sì e non sia quanto! Siete stati eccezionali in quella partita, non ti ho mai visto giocare così Hanamichi……ero davvero senza fiato! »
« Grazie! Hihihihihi! »
« Tu sei contento del risultato? »
« Sì, assolutamente ».
Non era vero. Camminando, non poteva non pensare al fatto che il destino gli avesse sbarrato la strada ancora una volta. Se il suo destino fosse stato quello di vincere, così sarebbe andata. Invece no, ai fatti Rukawa aveva vinto. Però non era arrabbiato, ormai sapeva benissimo che Rukawa era più forte e comunque si era sfogato riempiendolo di botte. Come Anzai gli aveva detto tanto tempo prima, Rukawa era nato con il pallone in mano Hanamichi no. Era impossibile che Hanamichi potesse raggiungere lo stesso livello del rivale anche allenandosi notte e giorno per tre anni di fila. Certo nell’uno-uno era andata bene, forse più per fortuna che per altro. Le ultime due azioni erano state formidabili senza dubbio ma contro una squadra di altri cinque, magari come Rukawa o Sawakita, non avrebbero funzionato. Tuttavia il potenziale c’era e andava solo rivisto. Probabilmente si sentiva in quel momento come Rukawa si era sentito nei confronti di Sendo tanto tempo indietro, sapeva di essere forte ma comunque inferiore. Sapeva di essere inferiore ma non si arrendeva davanti all’evidenza e continuava a lottare. Erano lì, come due macchine in gara che si poco distanti dal traguardo, che si equivalgono quasi ma tra le due una deve per forza arrivare per prima. Chi se ne importava…L’importante era sapere che in fondo Rukawa non aveva vinto senza nemmeno muovere un dito come nella loro prima sfida. Questa volta l’aveva fatto dannare, l’aveva lasciato senza fiato e senza parole. Quindi, almeno, aveva vinto per sé stesso. In fondo sapeva fin da subito che sarebbe stata un’ardua impresa.
    « Direi che siamo arrivati » sorrise Haruko saltellando vicino al cancello. »
« Purtroppo sì, diciamo che più che allenamenti mi trovo con Ryota e Mitsui per fare due tiri giusto per restare in forma. Kogure e Gori partono domani sera quindi immagino non parteciperanno. Rukawa – con una recidiva e inabbandonata nota di asprezza nel tono della voce – deve fare le valigie quindi… - sospirò Hanamichi stiracchiandosi – Ma ti prometto che appena finisco ci mangiamo un bel gelato. Anche Mito e gli altri ci raggiungeranno, se non è un problema »
« Ma no, figurati! Fai bene a passare un po’ di tempo anche con loro! »
« Grazie Harukina! Hihihihihi! ».
Si osservarono prima che la piccolissima Haruko entrasse in casa, e sorrisero.
« Grazie Haruko »
Haruko lo abbracciò, arrivava appena sopra la cinta. Chi li vedeva da lontano li scambiava per “il gigante e il nano”… senza contare che negli ultimi anni, Hanamichi Sakuragi era cresciuto di altri 3 centimetri.
« Non ho fatto niente – sorrise ancora stretta a lui – sono orgogliosa di te. Hai giocato benissimo. E’ meglio che vada ora, non vorrei che Takenori stesse già tornando e ci vedesse » arrossì.
« Buonanotte Harukina »
« Buonanotte Hanamichi »
Si strinsero un’ultima volta, dopodiché Hanamichi si trascinò a casa stanco sì ma soddisfatto e sereno.

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Capitolo 13
*** SECONDO TEMPO - Sayōnara ***


Il giorno successivo Hanamichi si svegliò con calma. Verso le 10 circa corse verso il campo da basket dove con gli altri fece qualche tiro sotto gli occhi carichi di ammirazione di alcuni bambini. Pausa pranzo in un fast food e si salutarono dandosi appuntamento al giorno successivo in aeroporto.
Hanamichi tornò a casa a farsi una bella doccia, una bella dormita, per poi passare a prendere Haruko nel pomeriggio ed andare in sala giochi con le “Truppe di Hanamichi”.
    « Ciao ragazzi! Che piacere vedervi! »
« Ciao Haruko! Dalla fine delle lezioni ci si vede pochissimo »
« E’ vero Youhei, hai ragione! Vi trovo tutti in gran forma » sorrise osservandoli uno ad uno.
« Beh – farfugliò Takamiya – anche tu stai molto bene » beccandosi un bel pugno in testa da Hanamichi.
« Si può sapere chi ti ha dato il permesso di farle i raggi X brutta scrofa?!?! »
« Dai Hanamichi, calmati! Va tutto bene! » sorrise Haruko divertita.
Cominciarono ad incamminarsi verso la sala giochi. La città era molto tranquilla essendo piena estate molta gente preferiva stare in casa sotto la brezza dei ventilatori.
« Allora ragazzi – disse Haruko assaporando il gelato – non vi ho visti in questi due mesi, cos’avete fatto di bello? »
« In effetti – disse Mito – siamo stati fuori città »
« Fuori città? A fare cosa? » chiese Hanamichi.
« Per quel progetto di cui ti avevamo parlato »
« Ooooh ma certo! Ora ricordo »
« Che progetto? Me lo dite? Eh? E dai ragazzi, lo voglio sapere! »
« D’accordo d’accordo, Haruko. Ora te lo spiego! » sorrise Mito di fronte alla sua impazienza. « Praticamente, abbiamo deciso di acquistare un locale in società e farlo diventare una sala giochi »
Haruko rimase di stucco.
« E l’università? »
« Naaahhh – intervenne Takamiya – non è  roba che fa per noi »
« E non è tutto » aggiunse Noma. « In realtà i locali sarebbero due. Mito e Takamiya gestiranno la sala gioca. Accanto, butteremo giù un muro per aprire un piccolo fast food interno alla sala giochi, gestito da me e Okusu. Prevedo soldoni ».
« Wow! Ragazzi ma sono senza parole! E’ davvero straordinario! »
« Caspita. Quindi siete andati a concludere? » chiese Hanamichi.
« Proprio così » confermò Mito sedendosi su di una panchina. « Ci è costato un po’, ma i nostri genitori ci hanno dato un grosso aiuto. Non ci è voluto molto a convincerli quando gli abbiamo detto che avrebbero speso molti più soldi per mantenerci negli studi, soldi spesi male oltretutto perché non avremmo mai studiato. Aprendo un’attività invece potremo guadagnarli e con il tempo restituirli ».
« Lo trovo meraviglioso ragazzi. Sono proprio fiera di voi! »
« Già…beh, grazie Haruko. Ci dispiace di non essere stati molto presenti ma sapete come sono gli affari »
Scoppiarono tutti a ridere.
« Piuttosto – disse Noma – non avevi “il match del secolo” contro Rukawa? »
« S-sì... » farfugliò Hanamichi facendosi scuro in volto e senza aggiungere altro.
« Aaaaaahhhhhh, ho capito! – esclamò Okuso – Hai perso, non è così?!?!? »
« M-ma che cosa dici?!?!?! Come ti viene in mente?!?!!? »
« Calma Hanamichi… » sospirò Takamiya. « Sei senza speranza… »
Hanamichi si fece scuro e fece l’offeso.
« Comunque… - aggiunse mordendosi la lingua – ho perso. MA, avrei vinto per una frazione di secondo! »
« Non ci credo » disse Noma scettico.
« No ragazzi. Dice la verità! E’ stata una partita fantastica! Avreste proprio dovuto esserci perché non ve lo so spiegare. Hanno giocato in maniera impeccabile tutti e due e Hanamichi ha fatto delle cose che avevo visto fare solo ad una squadra di cinque elementi! Alla fine, all’ultimo secondo è andato a canestro, erano 18 a 17, avrebbe fatto due punti vincendo con 1 solo di distacco. Purtroppo però la palla era solo sopra al cerchio del canestro e non dentro…il tempo è finito e così…… »
« Così non si può considerare canestro » sorrise Mito incrociando le braccia e appoggiandosi contro un albero. « Sei il solito sfigato »
Hanamichi mise il broncio. « Che palle… » brontolò.
« Dai, non te la prendere Hanamichi… sarà per la prossima » lo rassicurò Takamiya.
« Ci puoi giurare!!!! » esclamò Hanamichi infuocandosi.
« A parte questo, ho saputo che Rukawa partirà domani per l’America » disse Mito.
« E’ vero infatti » confermò Haruko.
Hanamichi ringhiò.
« Dai – sorrise lei divertita – non fare così – prendendolo per un braccio – Prima o poi toccherà anche a te! »
« A proposito! Voi cos’avete deciso per l’università? » chiese Noma.
« Io mi iscriverò a giornalismo. Voglio diventare una giornalista sportiva »
« Tu Hanamichi? » chiesero gli amici curiosi.
Hanamichi diventò rosso e corrugò la fronte.
« Hanamicccchiiii…pronto??? »
« Io… »
« Coraggio, diglielo! » lo esortò Haruko entusiasta dandogli un colpetto con il gomito.
« Sì Hanamichi – sorrise Noma già pronto a sfotterlo – Diccelo! »
« I-io mi iscriverò a ezsidojoid fioisid » disse balbettando a labbra strette.
« Eh??? » chiesero in coro.
Hanamichi arrossì di nuovo.
« Ehm-ehm – schiarendo la voce e facendo un bel respiro – diventerò insegnante di educazione fisica » sibilò a denti stretti.
Tre…
…due…
…uno…
« Puahahahahahah! »
« Smettetela bastardi!!!! Vi spacco tutte le ossa se non la piantate di ridire!!! »
« S-scusa ma è-è troppo divertenteeee!!! » farfugliò Takamiya piegato in due.
Hanamichi si infuriò.
« Vi ho detto di smetterla!!! »
« AAAAAHHHHH – sospirò Mito asciugandosi le lacrime – Scusa Hanamichi, ma cerca di capire è troppo strano » ansimando per il tanto ridere.
« Era l’unica cosa che potevo fare » rispose impettito. « Non posso mica andare all’università e giocare solo a basket senza seguire alcun corso. Non vi pare brutti idioti??! »
« Hai perfettamente ragione » sospirò Noma. « ……………Prof!……Sig. Sakuragi! Puahahahahah! »
« Basta ho detto!!! »
« E dai, non ti arrabbiare. In fondo non ti vedo male come professore di ginnastica> sorrise Mito.
Hanamichi fece una smorfia.
« Davvero » insistette lui.
« Comunque – rispose Hanamichi – non ho intenzione di fare l’insegnante dopo la laurea. E’ solo una scusa per poter giocare liberamente, è chiaro però che dovrò mantenere una certa media di voti o non potrò farlo. L'obbettivo è raggiungere il bastardo in America ».
« E bravo  il nostro Hanamichi! » sorrisero tirandogli pacche sulle spalle.
« E poi ci sono io, non ti dovrai preoccupare! » esclamò Haruko entusiasta.
« Ora andiamo a farci una partita, siamo arrivati alla sala giochi… » mugugnò Hanamichi, seguendo dagli altri mentre entrava mani in tasca.
    Il giorno successivo era finalmente il giorno dell’arrivederci.
Si trovarono davanti all’entrata dell’aeroporto, ma ovviamente l’unico in ritardo era proprio Hanamichi.
« Che palle! Non è possibile che sia sempre in ritardo! »
« Vedrete che arriverà »
« Sì, forse – rispose Ayako scocciata – ma non possiamo aspettare oltre Haruko. Io propongo di entrare »
« Rukawa ha detto che ci avrebbe aspettato al boarding limit prima dell’imbarco » disse Kogure.
« Dobbiamo andare » confermò Mitsui continuando a guardare a destra e a sinistra sperando che Hanamichi arrivasse.
Entrarono in aeroporto. Haruko era molto preoccupata.
« Guardate, eccolo là! » indicò Kogure.
Non era difficile scorgerlo, era molto più alto di tutti i presenti e anche se non lo fosse stato aveva la faccia che sembrava passata sotto ad un treno..
Al controllo passaporti c’era già una gran fila.
« Ehi, Rukawa!!! » lo chiamò Mitsui.
Rukawa si voltò e uscì dalla fila nonostante fosse quasi il suo turno di andare oltre il metaldetector.
Raggiunse gli ex compagni e quando arrivò fu chiaro a tutti che si meravigliò dell’assenza di Hanamichi. Ovviamente non si espresse, né tanto meno diede segni di sorpresa. Era impassibile e pacato come sempre ma i suoi occhi l’avevano cercato per un brevissimo istante.
« Ci dispiace – disse Akagi – siamo in ritardo. Stavamo aspettando Sakuragi ma sembra non arrivare quindi abbiamo deciso di entrare comunque »
« Non c’è problema »
« Allora, sei agitato? » chiese Ayako.
« Non troppo »
« Ma come sarebbe a dire “non troppo”?!? » esplose Ryota eccitato. « Stai andando in America! La patria del basket! Io starei impazzendo! ».
Rukawa alzò le spalle.

« Ultima chiamata per il volo US875 diretto a New York. I passeggeri che ancora non hanno effettuato il controllo passaporti sono pregati di presentarsi. Grazie. L’imbarco è previsto tra trenta minuti ».

« Mi sa che devi proprio andare » disse Mitsui. « C’è ancora più gente di prima al controllo, ti conviene fare presto ».
Rukawa voltò la testa per controllare la situazione e annuì. La fila in effetti era notevolmente più lunga.
« Bene, allora ci si vede Rukawa » sospirò Miyagi.
« Quando tornerai giocheremo di nuovo tutti assieme. Solo che sarò molto più forte di te » sorrise Mitsui.
« Non contarci troppo » rispose Rukawa.
« A presto Rukawa » disse Akagi porgendogli la mano. « Sentiremo presto parlare di te »
« Assolutamente » rispose di nuovo la volpe.
« Ciao Rukawa e stai bene » sorrise Ayako picchiettando sulla spalla « E se vuoi un consiglio, inizia a cercarti una ragazza! Una bella biondona con gli occhi azzurri! »
« Ma Ayako cosa dici?!? » Haruko arrossì per Rukawa, dando qualche piccolo colpo di gomito all’amica. « Beh… » disse poi osservando lui. « Ti auguro buon viaggio, Rukawa. Buona fortuna » disse inchinandosi.
Rukawa alzò una mano e salutò per poi mischiarsi in quella folla di nani.
« Non è strano tutto questo? » chiese Kogure.
« Sì, lo è » confermarono tutti mentre l’amico si allontanava.

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Capitolo 14
*** SECONDO TEMPO - Il mio miglior nemico ***


« ASPETTATE!!!! ASPETTATEMI!!!!! »
« Chi è che grida?! » si girarono in cerca dello strillatore folle.
« EHI RUKAWA ASPETTA! »
« Conosco questa voce……… » grugnì Mitsui sbattendo una mano sconsolata sulla fronte.
« E’ senza speranza…… » sorrise Miyagi facendo spalluce.
Intanto Hanamichi arrivò di volata dai suoi amici, inchiodando e producendo un fastioso stridio con le scarpe dalla suola in gomma.
« Hanamichi! Sei qui! » esclamò Haruko carica di emozione. « Lo sapevo che saresti arrivato! »
« Ma certo! Cosa credevate razza di sciocchi! Naturalmente non tu HARUKINA! EHEHEHEH!» esclamò con il fiatone.
« Sei sempre il solito ritardatario…… » sospirò Kogure con disapprovazione.
« Sì, sei un caso irrecuperabile » aggiunse Ayako.
« Dov’è quel bamboccio?!? Eh?!?! Dov’è?!? »
Ryota inarcò un sopracciglio e indicò alle spalle di Hanamichi.
« Ma come fai a non vederlo? » chiese Ayako. « E’ l’unico alto due metri! ».
Hanamichi ingranò la quarta e si gettò tra le file di persone che stavano facendo il controllo passaporti.
« EHI RUKAWA!!! Ops…maledizione… »
Passava tra la gente quasi calpestandola, inciampando ogni due passi. In un primo momento cercò di seguire il labirinto di nastri creato per dividere le varie file.
« Signora mi scusi! »
« Ma che modi! »
« Ops, scusate! »
« Ehi ragazzo che diavolo combini?!? »
Rukawa si voltò per vedere chi faceva tutto quel chiasso. “Imbecille” pensò voltandosi di nuovo verso la fila, facendo finta di non conoscerlo.
« EHI RUKAWA! » Hanamichi si sbracciava vedendo che l’altro non lo considerava.
Era ormai il turno di Rukawa. Di fronte a lui una sola persona aveva appena consegnato i documenti. Vedendo così Hanamichi decise di spingere l’acceleratore. Ruppe la fila in cui si trovava, precisamente a due file di distanza da quella di Rukawa, e tagliò tirandosi dietro tutti i nastri e facendo cadere diverse persone come piccoli birilli.
« Signore mi scusi! Cosa sta facendo?! » chiese dapprima gentilmente una guardia di uno di dei tre sportelli, sporgendosi dubbioso dalla finestrella.
« STO CERCANDO DI…EHI – arrancando tra gli ostacoli – RUKAWA! »
« Signore mi scusi, lei si deve imbarcare? » chiese poi un poliziotto avvicinandosi.
« NO IO DEVO… EHI RUKAWA! »
« Signore mi scusi. Se non deve imbarcarsi devo proprio chiederle di allontanarsi o quanto meno mettersi in fila come tutti gli altri » disse l’uomo cercando di afferrare in qualche modo quel cavallo pazzo. Hanamichi faceva finta di non sentire.
Quando poi Hanamichi vide che era il turno di Rukawa ingranò anche la quinta e buttò giù gli altri paletti e nastri per raggiungere il rivale, non più così distante. Tra la gente era il delirio totale.
« Signore, documenti » disse intanto la poliziotta dal casello.
Rukawa si era incantato a guardare cosa stava combinando quella testa quadra.
« Signore mi scusi, documenti prego » insistette lei piuttosto infastidita dal trambusto che si stava creando e dal fatto che quello spilungone non la considerava.
« RUKAWA! EHI RUKAWA! » finalmente lo raggiunse.
« Documenti prego » insisteva la guardia sempre più stizzita.
« PER FORTUNA HO FATTO IN TEMPO! » ansimò Hanamichi.
Rukawa buttò un occhio alle spalle del rosso dove tre guardie cercavano di allontanarlo e altrettante cercavano di calmare la situazione tra la folla.
« Sì, che fortuna » disse sarcastico l'altro.
Le forze dell’ordine cominciarono a strattonare Hanamichi per allontanarlo. Nel frattempo Rukawa aveva fatto passare davanti altre persone, il che poteva voler dire che aveva la vaga intenzione di ascoltare Hanamichi.
« Lasciatemi maledizione!!! » Hanamichi si dimenava. « Rukawa! » lo chiamò. Hanamichi aveva il fuoco negli occhi. « La prossima volta che ci vedremo vincerò io e non sarà per un solo punto! Hai capito?!? »
« Sì, come no » rispose l’altro apatico.
Hanamichi poi riuscì a divincolare un braccio dalla presa dei poliziotti e glielo offrì, come se avesse voluto fare un'ultimo braccio di ferro.
Rukawa l’osservò senza emozione. Come a dire: “E questo che cosa sarebbe? Cosa dovrei farci?”.

« Ultima chiamata per il volo US875 diretto a New York. Imbarco previsto tra 10 minuti ».

« Ehi brutti imbecilli lasciatemi andare! » gridava Hanamichi voltato verso i poliziotti, mentre ancora manteneva il braccio semipiegato davanti a sé, aspettando che RUkawa cogliesse il messaggio.
« Signore si calmi! – lottavano quelli – La prego si allontani! »
Improvvisamente Hanamichi si sentì afferrare il braccio e si voltò stupefatto e sorpreso verso Rukawa. Completamente senza parole, esterreffatto.
Si guardarono per alcuni secondi.
Hanamichi strinse il pugno e sorrise beffardo, finchè la sorpresa non lasciò il posto all'emozione. Gli occhi di Hanamichi diventarono lucidi e Rukawa strinse fortissimo la mano di Hanamichi, ancora più forte di quando l'aveva afferrata prima.
« Vai forte in America. Falli neri quei bastardi. Rendi onore al basket giapponese » sorrise con l’emozione nella voce.
Rukawa attese, finchè di nuovo strinse il pugno più forte che poté, come se fino a quel momento non fosse stato abbastanza. Non aveva altri modi per esprimere quello che sentiva perchè Hanamichi lo sapeva, Rukawa a parole era proprio una mezzasega.
« Contaci » rispose la volpe.
Si guardarono un’ultima volta e nonostante Rukawa non tradisse mai le proprie emozioni, Hanamichi riuscì comunque a carpire un sorriso in quegli occhi di ghiaccio. Infine si lasciò trascinare via dalle guardie e Rukawa consegnò i documenti per poi sparire dietro l’angolo, diretto al proprio imbarco.
Gli agenti spostarono Hanamichi verso l’entrata mentre alcuni laboriosi inservienti si adoperavano per ricostruire il labirinto danneggiato.
« Non ti faremo niente perché sei un minorenne! Ma non riprovarci! Intesi?! » gli avevano detto.
« Intesi intesi » grugnì Hanamichi poi raggiunto dai compagni.
    « Sei proprio un idiota! » gridò Akagi dandogli un cazzotto in testa.
« Ahio! Gori! »
« Ha ragione lui! »
« Ti ci metti anche tu ora, Ayako?!?! Tu e quel tuo ventaglio! »
« Hanamichi sei la persona più decerebrata che conosco » sospirò Mitsui incrociando le braccia.
« Meno male che era Rukawa quello che voleva sempre mettersi in mostra vero? » disse Miyagi.
« Ti senti bene? » chiese Haruko preoccupata per la botta che il fratello aveva dato al suo fidanzato.
« Sì – massaggiandosi la testa – sto bene »
« Coraggio – disse Ayako incamminandosi verso l’uscita – andiamo. E’ quasi il tramonto »
« Ehi, ho un’idea! » esclamò Kogure. Che ne dite di andare a vedere la partenza dell’aereo? »
« Sì! »
« Che bell’idea Kogure! »
« Ci venivo sempre anche da piccolo! »
« Coraggio andiamo ».
Era una cosa piuttosto comune recarsi sul retro dell’aeroporto per vedere gli aerei in pista atterrare e decollare.
Dell’American AirLines c’erano solo due aerei.
I ragazzi restarono dietro alla recinzione, alcuni aggrappandosi con le dita alla recinzione di rete a maglia verde.
« Qualunque sia di quei due aerei, una cosa è certa: Rukawa se ne sta andando »
« Ma dai Kogure, non mi dire » sbuffò Mitsui.
Osservarono entrambi gli aerei partire lentamente in due direzioni diverse.
« Per me è quello più grosso a tre piani » affermò Miyagi, mano nella mano con Ayako.
« Ti sbagli Miyagi, è l’altro. Non vedi che va verso ovest? »
« Che cavolo dici Mitsui?!?! Non centra niente! Possono fare due rotte diverse, stupido! »
« La volete finire?!?! » gridò Akagi.
Intanto entrambi gli aerei prendevano velocità.
Sempre più velocii.
Sempre di più.
« Beh, io rimango della mia idea! »
« Fai un po’ come ti pare! »
« Lo chiederemo a Rukawa appena lo vedremo voi però dateci un taglio! » li sgridò Ayako.
Partiti.
Gli aerei si sollevarono leggeri per poi partire come dei razzi verso il nuovo mondo.
« E’ andato… » sospirò Akagi.
« Già… » bisbigliò Hanamichi.
Restarono a guardarli fino a che non diventarono più grandi dell’unghia di un mignolo.
« Avanti ragazzi, torniamo a casa ».
Erano venuti a piedi, per cui a piedi tornarono.
Il sole e l’arancione del cielo iniziavano a lasciare il posto ad un turchese sbiancato che sempre più velocemente si tingeva di blu.
« Ragazzi, stavo pensando una cosa… » disse Miyagi.
« Che cosa? » chiesero gli altri.
« Non è sorprendente come siano cambiate le cose in questi anni? »
« Che intendi? » chiese Ayako.
« Voglio dire che solo tre anni fa eravamo dei ragazzini che facevano a botte per la strada o alla prima occasione. Giocavamo a basket ma lo facevamo solo per noi stessi. Chi per attirare l’attenzione di qualcuno, chi per realizzare il proprio sogno, chi per diventare il più forte…Non eravamo nemmeno amici. Ognuno pensava per sé. Ora invece usciamo assieme. Andiamo in sala giochi e a mangiarci una pizza. C’è chi si è fatto la ragazza. C’è chi va all’università. C’è chi è partito per l’America. Sapete cosa significa tutto questo? » attese, camminando con le braccia incrociate dietro alla testa. « Che siamo cresciuti ».
Nessuno rispose.
« Hanamichi non si scalda più per la minima stupidaggine. Mitsui va bene a scuola. Haruko e Ayako si sono finalmente arrese al nostro fascino…Hanamichi e Rukawa si sopportano. Akagi e Kogure....beh...loro non hanno mai avuto grossi problemi. Siamo cresciuti. E ora… » la voce si ruppe. « Ora stiamo per dividerci. La prossima settimana ognuno di noi partirà per la propria università e chissà quando riusciremo a giocare di nuovo tutti assieme o semplicemente……semplicemente quando riusciremo a rivederci ».
Il silenzio la faceva da padrone. Il discorso di Miyagi stava facendo loro ripercorre un mucchio di ricordi fino a che gli occhi di ognuno di loro non si inumidirono inevitabilmente, mentre quelli di Ayako e Haurko erano già annegati in un mare di lacrime.
Continuavamo a camminare in silenzio, ognuno ripensando ai vecchi tempi.
« C’è una cosa che vorrei dirvi » farfugliò Mitsui. « Non ho mai avuto l’occasione ma credo che questo sia il momento migliore » attese per poi schiarirsi lievemente la voce. « Siete stati i migliori compagni che abbia mai avuto, dico sul serio »
« Mitsui… » bisbigliò Kogure.
« Mi dispiace per gli attriti che ci sono stati in passato. Non vi ho mai chiesto scusa. Grazie di tutto ragazzi. Per avermi preso con voi nonostante tutto e per avermi permesso di diventare vostro…vostro amico. Nonostante la squadra si fosse già sciolta due anni fa, quando Akagi e Kogure hanno finito il liceo, mai come in questi giorni ho sentito un così forte senso di distacco. Di…fine ».
« Sappiate che - disse Hanamichi a denti stretti, cercando di trattenere le lacrime – le stesse cose valgono per me. Dalla prima, all’ultima ».
« Non finirà niente » tuonò Akagi che con Kogure conduceva il gruppo. « Promettiamoci che ogni qual volta sarà possibile ci ritroveremo per giocare insieme ».
« Lo prometto! » esclamò Hanamichi in fiume di lacrime.
« Anch’io » disse Miyagi scuro in volto.
« Anch’io » aggiunse Kogure.
« E anche io! » sorrise Mitsui.
“Sono fiera di voi ragazzi”. Pensò Ayako.
« A proposito! » esclamò Miyagi. « Perchè non andiamo a farci due tiri prima di tornare a casa?! »
« Assolutamente! »
« Io ci sto! »
« Ah Hanamichi, devo dire che mi hai sorpreso »
« Uh? Che intendi Tappo? »
« Voglio dire…credevo che fosse Mito il tuo migliore amico………………non Rukawa »
Hanamichi sobbalzò come se gli fosse andato di traverso un moscerino.
« MA CHE DIAVOLO DICI BRUTTO NANEROTTOLO!?!?!? RUKAWA NON E' IL MIO MIGLIORE AMICO!!!! » gridò sovrastandolo.
Miyagi si coprì la testa in attesa di ricevere il compenso per quella provocazione, ma inaspettatamente Hanamichi si calmò e riprendendo a camminare disse: « Diciamo solo – guardando il cielo attraversato da una linea bianca a puntini – il mio miglior nemico ».


FINE

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