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Lista capitoli: Capitolo 1: *** L'introduzione dell'autore *** Capitolo 2: *** (Prologo) Promise... *** Capitolo 3: *** (Prologo) escape *** Capitolo 4: *** Fine prologo, pre-Capitolo uno: Nightmare *** Capitolo 5: *** Il discorso del Cantastorie *** Capitolo 6: *** Capitolo uno: three thieves, more problems *** Capitolo 7: *** Capitolo due: What do will do?! *** Capitolo 8: *** Capitolo Tre: There's time to drink ***
Potrei forse negarla al
pubblico che mi acclama e mi ignora?
Il telone si alzerà fra
poco, le luci si abbasseranno.
Oh, non vi preoccupate,
inizierà subito. E forse anche prima…
“Fuffs parla come uno che si
aspetta qualcosa dagli scrittori.
Arte, cultura… cavolate del
genere.
Ha un’alta concezione della
scrittura, il che è profondamente sbagliato.”
Ma non volete qualche
spiegazione, miei signori?
La spiegazione del perché
di una nuova storia, magari…
Ah, domanda ridicola, non
vi pare?
“Cos’è lo scrittore, nella
concezione popolare?
Uno che ha fantasia.
Ma in concreto, cos’è la
fantasia?”
Non sono certo io a
decidere perché scrivere: io scrivo, e basta.
Voi dite di fare
diversamente?
“Quella che noi
chiamiamo ispirazione, i greci la chiamavano θεια
μάνια…
Un termine che si traduce
all’incirca con “Divina follia”…
Per i greci lo scrittore era
un invasato…
Era uno posseduto dagli dei…
O se preferite, dai demoni.”
Perché immaginate storie
crudeli con i personaggi di un film appena visto?
Perché riguardate con
occhi sognanti il libro che avete appena letto, come se fosse una cosa viva?
Perché vi ostinate a
piangere per qualcuno che non vi vorrà mai?
“Siamo tutti sotto
pressione.
Siamo tutti posseduti dai
demoni.
Per liberarsene, c’è chi
prende una pistola e massacra un po di gente in metropolitana,
Chi si inietta porcheria
nelle vene, chi tortura i cani,
e c’è chi butta i figli
nella spazzatura.”
Perché dovete.
E per lo stesso motivo vi
voglio narrare una nuova storia partorita dalla mia mente: perché devo.
Non so perché, e non
posso saperlo. Ne sento solo il bisogno.
“Uno scrittore, invece,
scrive.
Tira fuori i demoni e li
imprigiona sulla pagina, tra le righe.
Li schiaccia la e loro
rimangono in trappola.”
“Dylan Dog”,
“La prigione di carta”
In fondo, avete forse il
diritto di lamentarvi?
E perché?
Non vi ho certo costretto
io ad ascoltare. Io mi limito a narrare.
Qualche altra domanda,
mio caro pubblico?
Di cosa parla la storia,
magari?
Bhè… ma se ve lo dicessi,
cosa leggereste a fare?
Parla di amore, magia,
avventura, emozioni e sentimenti….
O forse non parla di
nulla di questo.
Tutto a tempo debito, mio
caro pubblico…
E ora che ho risposto
alle vostre domande moltiplicando i vostri dubbi, che ne dite di cominciare?
Di alzare quel pesante
telo rosso?
Di abbassare queste
pallide e smorte luci?
Di rivelare i
personaggi….
Lasciatemelo dire,
immodestamente: i miei capolavori.
E difficile dare vita ai
personaggi, miei cari.
E difficile prendere
un’idea, dargli una scorza di corpo, e renderlo vivo…
Dargli delle emozioni e
un comportamento…
Io sono riuscito a creare
dei personaggi dal nulla, miei cari.
Forse non sono gli esseri
perfetti che io penso…
Ma li ho creati io.
Sono miei. dal nulla ho
creato delle persone, e queste persone sono per me perfette.
Sono le mie bambole di
cristallo, meravigliose e delicate.
“E lei crede che
perché ha partorito un essere possa capire il mio dolore?
Io ho preso un’idea,
e lo resa concreta.
E lui la distrutta.”
Csi: las vegas
Vi sembro poco sincero?
Vi sembro pieno di
orgoglio?
E allora provate voi a
creare una persona.
Provate voi a dargli un
corpo.
A dargli dei sentimenti.
Una mente propria, che
agisca secondo i propri pensieri.
Solo gli scrittori, i
poeti, sanno cosa vuol dire una cosa del genere.
Creare un personaggio che
rimane nel cuore di chi lo conosce, anche solo leggendolo.
Ma suvvia, vi ho fatto
perdere fin troppo tempo!
Dobbiamo pur conoscere le
mie tanto decantate creature.
Forse le odierete, stando
in pena per loro.
Forse le amerete, divertendovi
delle loro disgrazie.
Forse saranno a voi
indifferenti, non comprendendone il pensiero.
Per chi ancora è
presente, chiedo di sedersi a guardare le mie splendide bambole di cristallo.
Spalancate gli occhi e
aprite il cuore, miei cari telespettatori: lo spettacolo sta per cominciare!
************
Questo è solo il prologo, e non segue completamente
l’atmosfera del resto della storia… che spero ardentemente vi piaccia.
A chi non piace e vuole rinfacciarmelo (ho notato in altre
recensioni questi squisiti signori che davano alle fanfic cosa fra cui
“orribile”, “voltastomaco” ecc.) vorrei ricordare il saggio monito che ho su
detto:
“In fondo, avete forse il diritto di lamentarvi?
E perché?
Non vi ho certo costretto io ad ascoltare. Io mi limito a
narrare.”
A chi non piace ma sarà abbastanza beneducato da non
insultare, facendo recensioni del tipo “la tua fanfic non mi piace perché
troppo sgrammaticata” (esempio) dico grazie, perché forse la buona educazione
non è tutto, ma aiuta a non far sentire lo scrittore uno schifo.
A chi piace dico semplicemente grazie. Mi serve un po di
positività, in un tempo che sa di ricordi amari.
Chiedo scusa agli appassionati di Dylan Dog, ma ho dovuto
tagliare la citazione qua è la.
Chiedo scusa agli appassionati di Csi, ma la frase era piu
volgare, e decisamente non sta bene in una storia con un simile target.
Capelli biondi, come quelli
del grano, a carrè, ribelli.
Occhi color dell’oro fuso,
puntati verso la madre, in un moto irato.
Pelle bianca, liscia e
lievemente abbronzata, che qua e la era rotta da un graffio.
Sulle spalle due spade a
forma di lacrima, incrociate.
Era una spada strana, di
colore azzurro, risplendente, con una pietra viola nell’elsa.
“Devi,
Saul. Anch’io alla tua età ho fatto questo viaggio, e prima di me i miei
genitori, e i genitori dei miei genitori. È una tradizione, piccolo mio.”
Nessuna gentilezza nel dire
una cosa del genere. Solo la semplice verità.
Dire la verità ad un bambino
non è sempre un bene.
Non senza protezioni.
“Perché?”
Una lagna sommessa, nascosta
dietro una voce strafottente.
Una voce non propria dei
bambini.
“Perché
devi crescere nella tua forza. Verrai affiancato da una guardia del villaggio.
Non corri nessun pericolo.”
Non voleva andarsene.
Neanche se non correva nessun pericolo.
Ma in fondo, a chi
importava?
Dimostrati un guerriero. Non
lamentarti.
Non guardarti indietro.
Il suo villaggio… le case di
legno, bianche, splendenti, le finestrelle tonde, i prati verdi, i fiori enormi
e delle forme piu strane… le persone gentili e simpatiche…
Tutto questo si lasciava
alle spalle… per rivederlo anni dopo, da adulto, con la paura di non potersi
piu divertire come si divertiva in quel momento.
Ma a nessuno importava se il
ragazzo si sentiva cosi.
Doveva andare. Basta.
“…Allora…
vado, mamma.”
Le rivolse un semplice
sguardo, con gli occhi d’oro liquido, quindi si voltò, incamminandosi su quella
strada che l’avrebbe portato alla casa dell’anziano.
Alla casa dell’anziano, per
la benedizione… per trovare il guerriero che l’avrebbe accompagnato…
“Arrivederci
Saul. Torna… intero.”
Che fosse il suo bisogno di
affetto a fargli sentire una nota di preoccupazione nella voce della madre?
Cosa cambiava, in fondo?
Tanto avrebbe dovuto partire
lo stesso.
Accelerò il passo.
Non sapeva perché… perché
non voleva piangere?
Perché non voleva soffrire
dicendo “arrivederci” a qualcun’altro?
Ma alla fine, cosa cambiava
sapere il perché?
Doveva muoversi… arrivare
alla casa dell’anziano, ricevere la benedizione…
Incontrare quel guerriero…
Andarsene via…
“Saul! Ehi Saul!”
Rallentò il passo, anche se
non si fermò.
Doveva ammetterlo, sperava
che chiunque lo avesse chiamato lasciasse perdere…
“Saul! Eddai, non vuoi
neanche salutarmi prima di andartene?”
Un peso gli atterrò sulle
spalle, costringendolo a fermarsi…
Un peso cosi lieve che
avrebbe potuto comodamente portarlo in braccio…
“…Scusa
Averis..”
I capelli erano strani, di
un verde petrolio, quasi nero, che però, alla luce, davano riflessi biondi.
Occhi viola, dietro dei
semplici occhiali da vista.
La pelle bianca, corporatura
esile e minuta.
“Fa niente. Allora, parti
ora, no?”
Sorrise, privo di una
particolare gioia, come se fosse un gesto dovuto.
Un gesto che,
incredibilmente, tolse a Saul un po di quella pesantezza che stava premendo il
petto.
“Si… Non farmi
preoccupare Averis…”
Il ragazzino ridacchiò,
scotendo la testa.
“Ehi…
io sono un genio, Saul… la mia mente brillante mi manterrà in vita per i secoli
dei secoli, finché il mondo rimarrà governato da esseritutti muscoli… quale una persona davanti a
me…”
Schioccò un’occhiata che
doveva sembrare severa al biondino, provocando l’istantanea ilarità di
quest’ultimo…
Averis… come avrebbe fatto
senza quel ragazzino dalle battute sempre pronte?
Quel ragazzino che riusciva
a farlo ridere anche nei momenti piu difficili…
“Piuttosto, messer
“io so usare le spade e tu no”… non farti mangiare dai mostri, hai capito?!”
Una seconda risata si unì
alla prima, mentre il ragazzino prendeva un’aria imbronciata.
Gia… i mostri… esistevano
ancora…
La guerra aveva distrutto
tutto… a parte i mostri…
“Non
preoccuparti, Averis… Ritornerò prima possibile… Non mi piace questa… cosa. È
arretrata… Hai visto?! Con le tue idee rivoluzionarie ai preso anche me!”
Questa volta è Averis a
ridere.
Una risata strana, bella:
allegra, ma educata…
Come colui che l’ha fatta.
“Io
sono un genio, Saul… e i geni tendono a voler cambiare il mondo.”
Un sorriso gentile, mentre
ribadiva ancora la sua mente straordinaria.
Non era vanità. Era semplice
verità.
“I geni tendono
anche a essere pazzi…”
Un ombra passò sugli
splendidi occhi viola di quel ragazzino…
Un sentimento che Saul non
riusciva a comprendere.
“Ciao Saul… Torna
presto. Perfavore…!”
Saul annuì, prendendo il
respiro…
Averis, il genio.
Averis, il suo migliore
amico.
***** ****
“Benvenuto Saul.
Finalmente stai per partire, eh?”
L’anziano era un vecchio
abbastanza imponente, nella sua veste azzurra.
Una lunga barba con grandi
baffi, completamente bianchi, gli davano un aspetto maestoso, da saggio.
E cosi lo definivano, in
tutto il villaggio.
“Si, signore.”
Quanta malinconia in sole
due parole…
Voleva gia tornare a casa…
Voleva rimanere al
villaggio…
“Non preoccuparti,
sarà, in certi versi, persino divertente…”
Quanto
era divertente staccarsi da casa propria.
La
brezza leggera accarezzò le guance di Saul, mentre registrava mentalmente il
luogo in cui era…
Davanti
alla casa dell’anziano… gli alberi di un verde scuro… il prato, i fiori che
emanavano il loro dolce profumo…
Quel
vento gentile che accarezzava i suoi capelli dorati…
Gli mancava… gli mancava
già…
“Eccolo… sta
arrivando, il guerriero che ti porterà in viaggio per questi sette anni!”
Una figura all’orizzonte…
ancora troppo lontana perché venisse riconosciuta…
Saul si chinò, prendendo uno
di quei fiori dall’odore cosi dolce…
Un piccolo ricordo di quel
villaggio che per sette anni non avrebbe piu rivisto…
L’anziano non ci fece caso,
guardando l’orizzonte…
Come si sentiva quel
vecchio, vedendo i ragazzi partire ogni anno…
chi malinconico… chi impaziente…
Raccoglierlo dopo sette
anni…
Chi piu forte… chi
terrorizzato…
E Saul?
Cosa sarebbe divenuto?
Uno dei forti?
Oppure sarebbe tornato a
casa, distrutto dal dolore e dalle perdite…
Saul strinse ancor di piu il
gambo del fiore, tremando impercettibilmente…
Sarebbe tornato…?
Guardò di nuovo il vecchio,
che aveva mutato espressione…
Era… sorpreso?
Saul guardò di nuovo
l’orizzonte, verso il cavaliere…
Piccolo… mingherlino… i
capelli verde petrolio…
Ma quello… era…
“Anziano!
Anziano!! Ci sono le guardie!! Stanno arrivando le guardie!!”
Averis gridò, sebbene fosse
ad ormai poca distanza dal vecchio…
Un grido disperato…
una disperazione che non
aveva mai sentito in lui.
“Non
c’è nulla da preoccuparsi… probabilmente, è solo una missione da ambasciatore…
noi siamo un villaggio pacifico, lo sanno tutti…”
Neutrale…
Erano sempre rimasti
neutrale, nelle guerre.
Sempre.
E, naturalmente, tutto ciò
era sempre stato a loro favore.
Ma perché Averis era cosi
disperato?
Perché Averis era cosi…
spaventato?
“HANNO UCCISO LA
GUARDIA CHE DOVEVA ACCOMPAGNARE SAUL!!!”
Un grido cosi potente…
Era… era solo
un’impressione… o il tempo si era fermato…?
Alcune lacrime fioccavano
dagli occhi di Averis…
Quegli occhi… quegli occhi
che di solito erano allegri…
Ora... erano lucidi… coperti
di lacrime…
“Non… non è
possibile. Averis, devi esserti sbagliato…”
Saul non l’ascoltava.
Come poteva dire una cosa
del genere…?
Stava piangendo.
Saul non aveva mai visto
Averis piangere.
Neanche quando era caduto,
fratturandosi la gamba… Non aveva pianto.
Gridato si. E tanto anche.
Ma neanche una lacrima.
Come poteva l’anziano, il
cosiddetto “saggio” fidarsi di alcuni stranieri che neanche aveva visto e non
delle lacrime di un ragazzino che aveva visto crescere?
“Lei è il capo di
questo villaggio di eretici?”
Quando erano comparsi?
Tre soldati, armati di tutto
punto, e un ragazzo, forse di sedici anni.
I capelli lunghi, lasciati
sciolti lungo la schiena, grigi scuro, come una nuvola carica di pioggia.
La corporatura nascosta
sotto un abito scuro, che gli conferiva un aspetto marziale.
Gli occhi grigi, puntati sui
tre, senza emozione alcuna, come se appartenessero ad una bambola.
Era sicuramente lui il capo,
cosa che traspariva da una specie di attrazione che Saul avvertiva verso di lui,
completamente incredulo a quella apparizione.
Averis sobbalzò, avvertendo
la loro presenza dietro di se, quindi corse verso Saul, cercando una protezione
che quel bambino non avrebbe potuto sicuramente dargli.
“Io
sono il capo, si.”
Eretici?
Saul non sapeva esattamente
cosa volesse dire.
Averis lo sapeva
sicuramente, ma non era il momento di chiederglielo.
Sapeva che era un termine
che indicava qualcosa che era cattivo, però.
Ma il suo villaggio.. il suo
villaggio non era cattivo…
“Voi
eretici vi siete macchiati di aver usato il mana per i vostri scopi,
sfruttandolo mentre gli altri paesi erano in difficoltà. Per questo, il
villaggio verrà distrutto.”
Non era vero…
Loro non avevano usato il
mana…
Loro si erano solamente
mantenuti neutrali…
Perché… perché stavano
dicendo questo…?
“Non è vero… noi…”
“Silenzio, eretico!”
Un soldato attacco il
vecchio, costringendolo in ginocchio…
Cosa.. cosa stava
succedendo?!
“Un eretico ci ha
attaccato! Cominciate l’attacco!”
Perché…
perché quell’uomo non faceva niente…?
Perché,
mentre i soldati ne chiamavano altri, lui rimaneva immobile, con lo sguardo
fisso nel vuoto?
“SCAPPATE!!!”
Saul
sobbalzò, sorpreso…
Il
vecchio… diceva di scappare…
*******
Era
ai confini del villaggio…
sentiva
il vento portare il calore delle fiamme, mentre una luce rossa si rifletteva
sugli alberi…
Il
respiro pesante di Averis…
Le
gambe che si piegavano… ma che continuavano a spingerlo in avanti….
“Uccidili!”
Di
nuovo… ancora i soldati…
Un
dolore acuto, penetrante, alla gamba….
Si
accasciò a terra, strillando…
Una
pozza rossa… sangue….
Del
calore che colava sulla sua gamba….
E
quel dolore… quel dolore cosi forte…
“Saul!!”
Averis…
stava correndo verso di lui…
Sentiva
i suoi passi… quelli delle guardie, piu pesanti…
E
poi… vide un ragazzo.
I
capelli neri, a caschetto, lucidi e lisci.
Gli
occhi marroni, chiari, freddi e indifferenti, che guardavano verso la loro
direzione.
Una
camicia bianca, candida, sbottonata, lasciando vedere il torace, magro e ben
formato, con lisce e bianche cicatrici.
I
pantaloni neri, che facevano contrasto con la camicia.
Le
braccia, esili e magre, zavorrate da due pistole, una puntata verso un punto
imprecisato dietro i due ragazzini.
Chi
era?
L’avrebbe
ucciso? Avrebbe ucciso lui e Averis?
Oppure
voleva aiutarli…?
Tre
spari.
Era
stato incredibilmente veloce…
Che
i soldati fossero… morti?
Quel
ragazzo li aveva uccisi davvero con tanta freddezza?
Se
Saul fosse partito per quel viaggio… sarebbe diventato come lui?
Il
ragazzo li guardò…
Forse…
forse avrebbe ucciso anche loro…?
“No!”
Una
sfera nera colpì il ragazzo, riducendolo in ginocchio…
Una
sfera nera partita dalle delicate mani di Averis…
Saul
lo guardò, incredulo…
Averis…
non l’aveva mai visto usare la magia…
Altri
passi… tanti passi…
Passi
pesanti… passi veloci…
Averis
si alzò in piedi, facendo un rapido dietrofront, per avere di fronte i suoi
nemici.
I
suoi nemici. I nemici di Averis.
I
nemici di quel ragazzino che ora era tremava, spaventato, sapendo qual’era il
destino piu probabile…
Saul
lo guardò incredulo…
Lo
guardò aspettare i nemici, disperato..
Vide
lo sguardo del ragazzo appena colpito, mentre si rimetteva in piedi a fatica,
anche lui incredulo a quello spettacolo…
“Saul, promettimi… che non
ti farai mangiare dai mostri.”
Una
sfera di luce si liberò dalle mani di Averis, colpendo Saul, che però venne
circondato da una sfera lucente…
Il
ragazzo li guardava, incredulo…
guardava
Averis, mentre faceva l’incantesimo e tremava, piangendo…
guardava
Saul, che non riusciva a capire cosa stava succedendo…
e
guardava le guardie, che correvano, avvicinandosi sempre di piu…
E
infine guardò la luce che emise la sfera in cui era contenuto Saul, scomparendo…
Era a poca distanza da una
città… c’era ancora il sole…
Averis… dove lo aveva
teletrasportato?
“Ehi! Ti ho
chiesto chi sei!”
Saul guardò chi gli stava
parlando, incredulo.
Era… era una ragazza.
I capelli lunghi, biondo
chiaro, quasi bianchi, erano legati in un codino, che ricadeva sulla schiena.
Gli occhi grigi, tendenti
all’azzurro, lo fissavano, lasciando trasparire una sorpresa mista a
irritazione.
La carnagione abbronzata,
che non ci si aspetta da persone che abitano in un villaggio.
Il fisico magro, sembrava
allenato a dovere, anche se non intaccava la femminilità della figura.
Indossava abiti semplici, un
po grandi per lei, da contadini.
Lo fissava minacciosa, quasi
come un gatto che soffiava ad un nemico.
Sebbene non fosse armata, le
condizioni di Saul, confusione, gamba ferita e perdita di sangue, la facevano
diventare un nemico temibile.
“Io…
io mi chiamo Saul. Vengo dal villaggio Mahoko… I-io… c’è mia madre…e Averis…. E
poi… poi… sono venuti dei soldati e…”
E cos’era successo?
Aveva visto il fuoco… ma
forse…
Forse… si erano ribellati…
forse….
“Va
bhè, sta zitto che è meglio.”
La ragazza sbuffò, tagliando
corto…
Come poteva essere cosi
calma?!
Il suo villaggio… forse…
forse erano morti tutti…
E lei… lei non diceva
niente….
Una sfera azzurrina partì
dalle mani della ragazza, scocciata….
La ferita si rimarginò,
istantaneamente, mentre lei lo prendeva sottobraccio e si incamminava verso la
città, borbottando delle parole fra se e se…
Era… irritata?
“Ora
ti porto dall’ambasciatore. Se hai detto la verità bene, se non l’hai detta
peggio per te: hai perso molto sangue, e non ci metterei niente a schiacciarti
la testa.”
Come poteva credere che
mentisse?!
Il suo villaggio… il suo
villaggio era in pericolo…
Sua madre… Averis…
*********
“Oliver, svegliati!”
Un ragazzo sembrava
sonnecchiare pacificamente davanti ad un grande portone, che apparteneva ad una
ben piu grande villa.
La pelle, per quanto si
potesse vedere che non fosse protetto dagli abiti, era molto abbronzata, si
sarebbe detto quasi che era un meticcio.
Aveva un fisico ben
piantato, lievemente magro, ma nella media era nella giusta linea, ne
soprappeso ne sottopeso.
Indossava ai due lobi due
orecchini, semplici anelli, molto fini, di un metallo che sembrava essere
d’oro.
I capelli erano neri, con,
in maggioranza nella frangia, grandi ciocche che andavano dal grigio al bianco.
Sulla fronte c’era una fascia
rossa, legata in modo che la frangia, che comunque era lunga abbastanza da non
poter essere definita tale, ci ricadesse sopra, fin quasi nascondendola.
Gli abiti erano abbastanza di
classe, anche se molto semplici: una camicia bianca, con le maniche larghe che
si richiudevano alla manica, e il collo largo, senza alcun bottone. C’erano due
fasce rosse che partivano dall’attaccatura della camicia ai pantaloni e si
dividevano, arrivando intorno al collo, quindi ricongiungendosi sulla schiena.
Una fascia larga, scarlatta, gli fasciava il basso torace. I pantaloni erano
bianchi, da fantino, con degli stivali marroni, di pelle.
“Non stavo
dormendo, riflettevo sul bahaus…”
Aprì gli occhi rivelando due
iridi di colore differente.
L’occhio destro era grigio
nebbia, quasi soffuso.
L’occhio sinistro era
bianco, diverso, ma non inferiore alla cornea.
Sorrideva.
Un sorriso malizioso, uno di
quelli che avrebbero fatto stendere ai suoi piedi un gruppo intero di
ragazzine.
Non la ragazzina a cui si
teneva in piedi Saul.
“Non
dire tante cretinate e aiutami a portare questo qui dall’ambasciatore.”
Oliver sospirò, scotendo
lievemente la testa, quindi si portò a fianco di Saul, prendendolo sottobraccio.
“Poverino… salvato
proprio da Ain Zara, con tutte le ragazze che ci sono…”
“Smettila! Ha avuto una
pessima giornata, anche senza le tue battute!”
“Sono pentito maestra, lo
giuro!”
*********
Non sapeva bene cos’era
successo.
Oliver e la ragazza, Ain
Zara, l’avevano portato all’ambasciatore…
E poi…
Poi… una donna lo aveva
portato in quella camera…
E dopo… bhè, erano passati
pochi minuti perché cadesse in un sonno profondo.
Un sonno disturbato da incubi,
ricordi…
Sua madre… l’anziano….
Averis…
Persino il ragazzo
all’uscita del villaggio…
E il capo dell’armata…
Quel ragazzo… con gli occhi
vuoti…
“Saul…
svegliati… perfavore.”
Una voce gentile…
Forse era stato tutto un
sogno…
Forse… forse era Averis ad
averlo svegliato….
Saul aprì gli occhi,
lentamente…
“Presto!
I soldati… sono arrivati.”
La donna…. la moglie
dell’ambasciatore….
Saul si mise a sedere,
deluso…
In fondo cosa si aspettava…?
Lo sapeva benissimo che non
poteva essere stato un sogno…
Era stato una speranza
stupida…
“Chi è quello?”
Un’altro bambino, nella
stanza…
I capelli neri erano sulla
frangia rossi, con delle ciocche lunghe che arrivavano fino il mento. Erano corti,
a parte la frangia, e ribelli, anche se sembravano avere un loro ordine
sconosciuto.
Gli occhi, a mandorla, erano
di colore arancione, con le pupille come quelle di un gatto alla luce, ridotte
ad una linea sottile.
La carnagione era appena
abbronzata, come di qualcuno che riceve la forte luce solare filtrata dal vetro
della finestra.
La bocca, con le labbra
sottili e di un marroncino chiaro, era in quel momento tirata in un sorriso di
circostanza, che appariva tremendamente seccato. Lasciava intravedere due
canini quasi da felino.
“Alastor,
questo è Saul. Lo devi proteggere… portalo fuori dalla villa, e fa in modo che
i soldati non lo prendano!”
Ancora…
Ancora… i soldati lo
cercavano…
Doveva fuggire… di nuovo…
Ma cosa sarebbe accaduto a
quella famiglia… a quella città…
A quel posto?
“Cosa
ci fa… Saul qui? Perché lo cercano i soldati? E tu non vieni? E Cain? E papà? E
Oliver, e Zara… andiamo solo noi due?!”
La voce di quel ragazzo…
La voce di chi è abituato a
comandare…
Presuntuosa. Arrogante…
Con quell’orgoglio ormai
tremante, che tentava di usare come arma…
Con quello spavento che non
sembrava essere solito provare…
E soprattutto… con calma…
Con una calma che tentava,
nonostante tutto, di mantenere….
“Alastor…
tu andrai da solo. Vedi, andrai con lui solo per poco, per mostrargli l’uscita
e fare in modo che non lo prendano….”
Perché?
Perché facevano quello per
lui?
Rischiare un figlio, solo
per quello che probabilmente avevano spacciato per un… eretico?
Quella parola…
Ancora non sapeva cosa voleva
dire… ma sentiva di odiarla…
Perché era solo una scusa…
una stupida scusa per fare
del male a qualcun altro…
“Signora… il mio villaggio…
mia madre… Averis…”
Non aveva neanche salutato
sua madre come si doveva…
Arrabbiato… imbronciato…
Intristito per quel
viaggio….
Quel viaggio che forse non
avrebbe fatto…
La donna distolse lo
sguardo… come concentrata sul tappeto…
Il suo villaggio… sua madre…
Averis…
Perché non rispondeva?
Perché stava in silenzio?
Perché non lo guardava negli
occhi?
“Signora?”
Si morse il labbro…
Cosa voleva dire…?
Perché… perché non
rispondeva?!
Alastor continuava a
guardarli, senza capire… posando le iridi arancioni prima su uno e poi
sull’altra, con quella confusione di chi non centra col discorso, e non riesce ad
accettare di essere messo da parte…
Ma ora non importava…
Doveva sapere… sapere…
Il suo villaggio…
Il suo villaggio…
Perché….
“Il tuo
villaggio…”
Il suo villaggio…
Il villaggio dove era
cresciuto…
Il villaggio dove aveva
fatto amicizie…
Il villaggio in cui aveva
immaginato il mondo esterno…
Il suo villaggio…
Il suo villaggio era…
No… non era cosi.
No… il suo villaggio c’era
ancora.
Il suo villaggio era
sopravvissuto al fuoco…
Sua madre era viva…
Averis era vivo….
Il villaggio…
Perché…
“…è
stato distrutto.”
La frase detta tutta d’un
fiato…
Come a liberarsi d’un peso…
E metterlo sul suo cuore.
Il suo villaggio… era stato
distrutto?
“Distrutto…”
La donna lo ripetè a bassa
voce, a se stessa…
Distrutto…
Era una parola.. strana…
Distrutto…
Una parola che rovinava le
speranze…
Una parola che aveva sentito
solo nelle storie piu amare…
Distrutto…
Il suo villaggio era…
Distrutto…
“No! Non è vero!
Sta mentendo! STA MENTENDO!!!”
E perché avrebbe dovuto?
Sta mentendo!
Perché dovrebbe scherzare?
Adesso scoppierà a ridere, dicendo che era uno scherzo…
No. Non si scherza su queste cose.
Io mi arrabbierò, gridando che non si scherza su queste cose.
Non si scherza su queste cose.
Scherzerò con Averis, che mi tirerà di nuovo su di morale.
Il villaggio è distrutto.
Chiederò scusa a mia madre per come mi sono comportato.
Illudersi sapendo che non è vero fa male.
Ritornerò al villaggio.
Smettila.
Sta mentendo.
Glielo devi.
Sta mentendo.
Non si scherza su queste cose.
STA MENTENDO!!!!
No.
Poteva guardarla e
strillargli addosso che non era vero.
Continuare a gridarlo finché
non riduceva al silenzio la voce dentro di se che gli diceva il contrario.
Sperando che non fosse vero.
Sperando che il villaggio
tornasse in vita.
“Aprite!”
Alastor prese Saul alle
spalle, tappandogli con una mano la bocca.
La voce fuori dalla porta
era dura.
A Saul sembrava crudele.
Saul si lasciò stringere,
cercando in quell’abbraccio fasullo almeno un po del calore di casa…
Lasciò che i suoi singhiozzi
venissero strozzati dalla mano sulla sua bocca, che quasi gli impediva di
respirare…
Non importava…
Poteva anche morire…
Quel ragazzino presuntuoso
poteva anche spezzargli il collo… strozzarlo…
Non importava… non
importava…
Il suo villaggio… il suo
villaggio..
“Aspettate! Mi sto
cambiando!”
La donna gridò questo, nel
tentativo di prendere tempo…
Ne avevano sprecato fin
troppo, eh?
Ma ormai, cosa importava…
Il villaggio… distrutto…
Lo prendessero pure,
accusandolo di essere un “eretico”…
Gli facessero quello che
volevano…
Il villaggio… distrutto…
“Alastor…portalo
al sicuro… ti prego. E ricordati che… ti voglio bene.”
Ti voglio bene…
Non avrebbe piu sentito una
cosa del genere…
Anche se sua madre non
glielo diceva spesso… anche se di solito era severa…
Gli voleva bene…
E adesso… il villaggio era…
Era…
“Saul… segui
Alastor. Ti porterà al sicuro…”
Cosa importava fuggire…
Quando non aveva piu una
casa dove tornare?
Cosa importava sfuggire alle
guardie quando non aveva piu nessuno?
Cosa importava…
sopravvivere…
Se non aveva piu niente…?
“Oh,
quante scene, mamma! Tornerò prestissimo, e mi porterò dietro il biondino… tu
piuttosto, sta attenta a Cain, che non si monti la testa…”
Alastor sbuffava dicendo
questo…
Utilizzava il tono arrogante
e presuntuoso di prima…
Un tono molto piu sicuro di
prima…
Quel tono presuntuoso e
arrogante che pronunciato da lui era quasi piacevole…
Alastor tolse la mano dalla
bocca di Saul, quindi lo prese per un braccio, tirandolo in fretta e furia
verso il camino, e quindi passando attraverso la macchia nera sul muro…
Saul sarebbe stato persino
sorpreso, se avesse avuto piu la forza per provare alcunché.
Sentiva dietro di se il
rumore della porta che si apriva, dei passi pesanti, di uomini che indossavano
l’armatura…
E poi il nero.
Non si poteva dire oscurità…
le forme attorno a se erano ben delineate…
Era che… non c’erano forme…
Era solo nero.
Nero in su, nero in giu,
nero a destra e nero a sinistra…
Non poteva dire se si
fossero allontanati o no…
Ogni passo gli sembrava
fatto sullo stesso punto… come se si muovesse per niente…
Il nero…
“Ehi… ti chiami
Saul, giusto?”
Alastor
frenò, cominciando a camminare, con piu calma…
Perché
gli stava salvando la vita mentre non aveva alcun motivo per continuarla…
Anche
Alastor avrebbe potuto odiarlo…
Perché
era comparso all’improvviso…
Perché
doveva salvarlo…
Perché
doveva essere sempre accudito..
E
Alastor…
“Poco comunicativo, eh?
Tranquillo… sei accanto al grande Alastor! Mi spieghi perché ti cercano quei
soldati?”
Perché…
Era…
una buona domanda.
Il
villaggio… era distrutto…
Averis
e il ragazzo all’entrata del villaggio probabilmente avevano fatto fuori le tre
guardie…
Quindi
non avrebbero dovuto sapere di lui….
Averis…
Era…
sopravvissuto…?
In
fondo, avevano detto che il villaggio era distrutto… non che erano morti tutti…
Averis…
sua madre….
Forse…
forse erano…
vivi…
“…Lo prenderò per un “non
so”… Allora… ho sentito che il tuo villaggio è stato distrutto perché un
villaggio di eretici…. È vero?”
Eretici…
Cosa
voleva dire?
Si prendevano
carico dei loro problemi.
Aiutavano
gli altri.
Erano
rimasti neutrali nelle guerre.
Loro…
non erano…
cattivi…
Non
erano eretici…
“Allora? È stato distrutto
per questo?”
…distrutto?
Il
suo villaggio… distrutto…
Non
era vero… non era vero…
Era
una bugia.
Continuavano
a mentire….
Prima
dicendo che loro erano eretici…
Poi
dicendo che il suo villaggio era stato distrutto…
Perché
continuavano a mentire….
Perché
quello stupido ragazzino viziato faceva quelle domande?
Perché
continuava?
Perché
voleva farlo soffrire?
“…Smettila!”
Saul
si scostò, mettendo quanto piu astio in queste due parole…
Arrabbiato…
Infuriato…
Alastor
lo guardava sorpreso… gli occhi arancioni puntati verso quelli dorati di Saul,
cercando di capire…
Capire…
cosa avesse detto di male?
Gli
occhi… prudevano….
Erano
caldi…
Avrebbe
dovuto piangere di fronte a quel ragazzino senza cuore…?
Quel
ragazzino che non capiva niente…
Quel
ragazzino che continuava a trafiggerlo con le sue domande…
Quel
ragazzino che era cosi calmo mentre lui…
Lui…
“Eddai.. volevo solo capire
cosa sta succedendo! Rimettiamoci a camminare… insomma, permetti che possa
capire qualcosa anchio…”
Capire…
Lui
non capiva niente.
Come
faceva ad essere cosi… insensibile?!
Come
faceva a fare simili domande, quando voleva soltanto…
Cosa?
Smettere
di ricordare… smettere di provare quel fastidioso senso di colpa…
Pensare…
stare in pace?
Non
sapeva cosa voleva… ma non voleva…
Saul
riprese a camminare, a fianco di Alastor…
In
silenzio…
Che
Alastor fosse pentito…?
Saul
lo osservò di sott’occhi…
Canticchiava
fra se e se…
Non
era pentito.
Non
che se l’aspettasse.
Il
paesaggio cambiò di scatto, diventando… una stradina che dava su un
fiumiciattolo.
Niente
piu nero…
Di
nuovo… la luce…
La
luce della luna…
Non
era passato neanche un giorno…
Perché
si sentiva gia cosi male?
Era
fuggito.. era vivo…
Era
vivo… e solo…
“Cosa ti dicevo? Non c’è da
preoccuparsi quando si a accanto il grande Alastor! Allora, facciamo un po di progetti..
Adesso, siamo sotto il ponte all’entrata settentrionale della città… Tornare a
casa è stupido: ci saranno ancora le guardie e poi è parecchio distante…”
Casa…
Si…
casa sua era distante…
Casa
sua non c’era piu…
No…
non era vero, non era vero!
Casa
sua… c’era…
C’era…
ancora…
“…Stare a dormire sotto il ponte non mi va a genio… si potrebbe
andare in una taverna… Anzi no! C’è la casa di una mia amica… non dice mai di
no a due ragazzini affamati!”
Era
proprio… cinico…
Trattava
gli amici come gregari… probabilmente…
Ma
non riusciva.. ad odiarlo…
Saul
lo seguì, mentre risalivano fino al livello del ponte…
Lo
osservò mentre si ripuliva i vestiti dalla polvere…
Polvere…
Quanto
doveva essere sporco Saul..?
Sua
madre lo avrebbe sgridato…
Averis
invece…
Oh…
lui sarebbe scoppiato a ridere…
Una
di quelle sue risate allegre, gentili...
una
di quelle risate che gli rimettevano il buon’umore…
Gli
pareva di sentirlo… “Voi ragazzi tutti muscoli considerate da… donnicciole rimanere
puliti per piu di qualche secondo, eh?”
Averis…
dov’era?
Oh
no… non era morto…
Se
lo sentiva dentro… non poteva essere morto…
“Ahhh!!!”
A
farlo ritornare in se bastò l’urlo di Alastor…
Alastor…
aveva gridato…?
Saul
lo guardò, sorpreso…
Guardò
quel ragazzino arrogante e presuntuoso rannicchiato su se stesso, tremare
impercettibilmente, come un pulcino…
Cosa…?
Si
guardò attorno… la via, in quel punto, era piena di alberi, ai lati della
strada….
Nella
boscaglia… mentre dall’altra parte c’era la città.
Qualcosa
doveva averlo colpito… forse era nascosto all’interno della boscaglia..?
“…!
Saul! Q-questo…”
Alastor
si metteva in precario equilibrio… le pupille ridotte a due linee…
Quelle
pupille da animale…
Si
odiava.
Odiava
essere immobile, non riuscire a mettere un passo d’avanti all’altro.
Odiava
non poter comandare come voleva il suo corpo….
Odiava
quel terrore che lo impossessava, levandogli il respiro e congelandolo.
“Saul.
Te lo spiegherò brevemente, poi scappa: mi ha colpito una magia. Era piuttosto
debole, quindi posso dire che fosse un famiglio… senza il padrone accanto .”
Un…
famiglio?
Al
villaggio… glielo avevano spiegato a scuola…
Era…
un animale, di solito…
Era
collegato ad una persona… mentalmente e.. fisicamente…
Migliorava
le prestazioni magiche dell’umano che lo possedeva e…
Dannazione…
Averis lo avrebbe saputo… sicuramente…
“I famigli… senza… padrone
s-sono…. abbastanza potenti…. ma la magia era… un po… scarsa… q-quin…di…. Il
suo padrone è… lonta…no… e… visto il famiglio… credo fosse… di u-una guardia…”
Questo
sapeva cosa voleva dire.
Le
guardie che possedevano un famiglio erano delle “elite”…
Se
il famiglio era di una guardia voleva dire che aveva un nemico molto potente
che lo seguiva…
Cosa
un po eccessiva per un bambino.
“Se il famiglio era… cosi
debole… significa… che il padrone era molto lontano… e quindi era…
d’avvista…mento. O-ora… io li terrò occupati… tu devi scappare.”
Alastor
si interruppe…
Era…
la fine del messaggio.
Quindi…
doveva scappare…
No.
Prima
era scappato… al villaggio…
abbadnonando
Averis…
E
adesso… adesso…
“Alastor, io rimango qui.”
Non
poteva fuggire.
Meglio
la morte in un combattimento ad armi impari che una fuga…
Una
fuga… per dove, poi?
Ora….
Non sapeva neanche dov’era….
“Credi… che se potessi
chiederti di rimanere non… lo farei?! Saul, ho promesso a mia madre di
proteggerti! E DARTI IN PASTO AD UN ELITE DI SOLDATI NON è PROTEGGERE!”
Alastor
rimaneva in piedi per pura fortuna ormai…
Non
poteva lasciarlo da solo contro quei soldati…
Non
poteva.. neanche se era per una sua promessa…
“Saul! Ti raggiungerò dopo!
Scappa! Va via!”
Scappare…
Si
poteva fidare di Alastor…?
Poteva
fidarsi delle parole di un ragazzino viziato…?
“Lo prendo per una promessa,
Alastor.”
Dei
rumori in lontananza…
Fece
pochi passi all’indietro, verso la boscaglia… lentamente…
Alastor
fece un sorriso…
Un
sorriso maligno… un sorriso che si poteva vedere sulle labbra di un vampiro…
“Mi dispiace…. per prima. E
ORA VA VIA, CHE ABBIAMO PERSO TEMPO PREZIOSO!!!”
Saul
annuì… anche se Alastor non poteva averlo visto….
Tempo…
aveva perso tempo…
I
passi dei soldati si facevano vicini…
Saul
si girò, quindi prese a correre, entrando nella foresta, lasciandosi indietro
quella battaglia…
Capitolo 4 *** Fine prologo, pre-Capitolo uno: Nightmare ***
Correva… correva, mentre le gambe non reggevano piu…
Correva… correva,
mentre le gambe non reggevano piu…
Correva…
Alastor… quanto era
lontano, ora…?
Le guardie… lo
avevano…?
No… doveva correre…
doveva fuggire…
Alastor.. Alastor
avrebbe mantenuto la promessa…
L’avrebbe… mantenuta…
Un sibilo poco lontano…
e senza nemmeno poter reagire, Saul lanciò un grido, in preda al dolore…
Lanciò un urlo, mentre
una scarica nera lo circondava…
Mentre sentiva le carni
lacerate, sebbene non ci fossero segni…
Una figura nera…
davanti a se…
“AH!”
Saul si svegliò, madido di
sudore, strabuzzando gli occhi, nel buio.
Di nuovo quel sogno…
Si ributtò nel suo
“letto”, un insieme di paglia…
Bhè… almeno era qualcosa.
Chi l’avrebbe detto.
Da piccolo, non avrebbe
mai immaginato di sopravivere al proprio villaggio, a propria madre…
E di dormire ogni sera in
un posto diverso.
Allora… in quel momento
era in una casa abbandonata.
Dormire in uno dei letti
era un suicidio… le molle sarebbero partite, cavandogli un occhio…
Quindi… si ritrovava per
terra.
Si, ora i tasselli della
serata precedente erano andati a posto. Perfettamente a posto.
Eh gia… da piccolo non si
sarebbe immaginato tutto quel casino.
Ain Zara… Oliver…. Il
ragazzo al di fuori del villaggio… Alastor… l’ambasciatore…
Ormai aveva imparato a non
porsi piu la domanda “come stanno” o “sono sopravvissuti?”.
Era inutile.
Quel fatidico giorno aveva
imparato che era inutile sperare.
Aveva sperato un sacco di
cose, quel giorno.
Che i soldati non
volessero fare niente. Che il villaggio fosse sopravvissuto. Che fosse stato
solo un sogno. Che Alastor tornasse a prenderlo.
E non era cambiato nulla.
Era inutile sperare.
Come, d'altronde, era
inutile ricordarli.
Non sarebbero ritornati.
Perché erano morti. Ne era
sicuro, ormai.
Tranne per uno. Averis.
Non riusciva a pensare a
lui morto, ma allo stesso tempo non voleva pensare a lui vivo.
Che razza di persona
sarebbe stata Averis, se fosse sopravvissuta?
Sarebbe cambiata? Magari
lo odiava? Aveva smesso di sperare, di ricordare?
Non ci voleva pensare. Non
ci poteva pensare.
Aprì gli occhi, che aveva
chiuso ricadendo all’indietro.
Ora non era piu nero… la
luce entrava, filtrata dalle tende, illuminando la polvere che cadeva, come una
nevicata….
Era un quattordicenne
poetico, doveva ammetterlo.
Sbuffò, spostando un po di
polvere dall’aria sopra di se.
Bhè… c’erano attività
sicuramente piu utili ai suoi neuroni che soffiare via la polvere da sopra di
se.
Saul si mise seduto,
stiracchiandosi…
Dicevano che dormire sul
duro faceva bene… see, però intanto chi aveva detto quello dormiva fra quattro
morbidi guanciali di pura seta ripiene di piume!
Uff… gli facevano male le
ossa della...?!
“CHI SEI TU?!”
Saul scattò verso le spade
con un movimento fulmineo, spaventato dal ragazzo che lo guardava, comodamente
seduto sul divano.
I capelli neri erano
fini e lisci, lunghi fino al collo, ma non tutti alla stessa lunghezza, ne
scalati. Tre ciocche cadevano sulla fronte, una esattamente in mezzo agli
occhi, lunga fin sotto l’occhio destro, mentre le altre due erano piu rade e
ricadevano sopra l’occhio sinistro.
La pelle era di un
candore incredibile, quasi come la neve. Un candore che con i capelli neri
faceva un bel contrasto.
Era mingherlino,
sembrava quasi di cristallo, e sul viso si vedeva un livido di un viola
tendente rosa, appena sotto l’occhio sinistro.
Sull’orecchio sinistro,
che si poteva vedere poiché non coperto dai capelli, c’erano numerosi
orecchini, di un metallo simile al ferro lucido. Uno era una specie di punta,
da cui partiva una catenina che si univa ad un altro orecchino, poco piu in
alto.
Indossava degli abiti…
forti. Una maglietta senza maniche, nera, macchiata qua e la di rosso, mentre i
pantaloni erano neri, pieni di tasche. Indossava anche una giacca grigia, ma in
quel momento era appena scivolata fino al gomito, lasciando vedere le braccia
bianche anch’esse.
Un grande tatuaggio
tribale governava sull’avambraccio destro, anche se, in quella figura governata
da bianco e nero, non era la cosa a cui si prestava piu attenzione.
Erano gli occhi, ciò
che attirava subito.
Le iridi erano di
colore diverso, e sembravano possedere ognuna una vita propria, diversa da
quella del ragazzo.
L’occhio destro era blu
chiaro, come il mare poco profondo e cristallino. Un occhio normale, nonostante
tutto, se non fosse stata per quella tremenda apatia che vi traspariva. Vuoto,
vacuo, come fisso nel nulla.
L’occhio sinistro era
azzurro ghiaccio, tendente al bianco. Un occhio da far gelare il sangue nelle
vene. La pupilla sembrava in grado di restringersi e ingrandirsi, come quella
dei gatti. Un occhio che, nonostante le sue particolarità, non differiva tanto
da quello destro in quello che trasmetteva.
La figura stessa,
d'altronde, sembrava una semplice bambola lasciata cadere sul divano.
“Locky.”
Che tipo comunicativo.
Ok…. Il “chi sei” non gli
rendeva molto utile l’identificazione del soggetto.
Che, alla fine, non gli
sembrava poi cosi pericoloso.
In fondo, era
semplicemente seduto… e non aveva armi, o almeno, cosi gli sembrava.
Ma ehi, trovarsi in camera
uno sconosciuto era un po traumatizzante!
“Cosa… cosa vuoi da me? Sei uno di
loro?!”
L’ultima parola, “loro”
venne sottolineata con un astio incredibile.
Loro… non che pensasse
realmente che quel… Locky fosse una guardia…
Non erano cosi calmi,
loro… non rispondevano alle domande…
E, diavolo…. L’avrebbe
ucciso nel sonno….
Ma non aveva solo soldati
come nemici.
“Parli come lui.”
Forse non era un nemico,
ma era irritante.
Con quella… calma.
Con quella maledetta calma
che gli ricordava Alastor!
“COSA CI FAI QUI?!”
Silenzio…
Odiava quel silenzio.
Odiava ci fosse silenzio
dopo una sua domanda!
Locky lo guardava.. uno
sguardo cosi… spento…
Vacuo…
“È casa mia…”
Quella era ciò che
solitamente chiamava una “notizia bomba”.
Saul sgranò gli occhi,
guardandosi attorno.
Oddio…
Locky sorrise… un sorriso
cosi pallido e spettrale che, unito alla figura, riusciva ad impaurirlo
doverosamente….
L’occhio sinistro
scintillò, come di vita propria… mentre l’occhio destro rimaneva spento, privo
di vita.
“Ma… questa casa è… disabitata!”
Locky scosse la testa,
continuando a sorridere, gentilmente.
Tenendo quegli occhi vuoti
fissi su di lui.
“Ammetto di non essermi impegnato nelle
pulizie…”
La polvere cadeva
lentamente, posandosi su qualunque oggetto.
Delle ragnatele enormi
erano in cucina, e la sera prima, scoprendolo, aveva deciso di non avvicinarsi
alla parte destra della casa, ove per l’appunto, era posizionata la cucina.
I letti erano pieni di
molle che spuntavano fuori.
“Si, ma a tutto c’è un limite!”
Quel posto andava
denunciato all’ufficio igiene…
Locky si mise in piedi,
mentre lasciava ciondolare la testa…
Solo allora Saul si rese
conto delle due pistole che portava alle cintura.
“Può essere… non viene mai
nessuno qui… nessuno… nessuno…”
Il rumore dei suoi passi
era…. Quasi impercettibile.
Saul strinse ancor di piu
le lame.
Il fatto che avesse
dormito a casa sua e fosse ancora illeso non voleva dire fosse un suo amico!
Locky si sedette davanti
al camino, cominciando a frugare nelle tasche dei pantaloni..
Saul arretrò, prima di
capire che cosa stava cercando il ragazzo…
Dei fiammiferi…?!
“Di chi parlavi prima… quando dicevi che
mi comporto come… “lui”?”
Un fiammifero…
La luce della fiamma
brillava sinistra, riflettendosi negli occhi spenti di Locky…
Aspettava che si
spegnesse… e poi lo buttava nel camino, prima di accenderne un altro.
Saul guardò Locky,
perplesso…
Perché era tanto
affascinato da quel fuoco?
Perché continuava ad
accendere nuovi fiammiferi, aspettando che si spegnessero… per poi accenderne
altri?
Lo faceva spesso, in
quella casa, in passato?
Per farsi compagnia…?
Come era passata la sua
vita in solitudine?
In una vecchia casa
disabitata?
“Lui. L’essere
perfetto. Il pazzo. L’incubo. L’angelo oscuro.”
Essere… perfetto…
Non esistevano… esseri
perfetti.
In natura… non esistevano.
Il pazzo…
Un pazzo… perfetto?
Volevano forse dire…
Che nessuno era perfetto
poiché erano… normali?
L’incubo…
Un essere perfetto… pazzo.
Poteva essere soltanto un
incubo…
L’angelo… oscuro..
Una cosa perfetta…
Ma corrotta.
Gli angeli erano… esseri
della luce.
Come poteva un angelo
diventare oscuro?
Lui…
certo, ne aveva sentito
parlare.
“Stai parlando del tizio che è comparso
qualche anno fa?”
Una leggenda quasi.
Un mostro che si racconta
ai bambini per farli star buoni…
Qualche anno prima… forse
tre anni prima…
Il governo era in quel
momento governato da un re.
Di un gradino appena
inferiore al suo erano coloro che venivano chiamati “guardie imperiali”.
Le guardie imperiali
avevano un potere enorme, e godevano di una pessima fama.
Avevano ognuna una
specialità diversa e un potere diverso.
Queste “guardie” agivano
sotto il diretto controllo del re.
Erano, in pratica, i suoi
sicari personali.
C’era chi si occupava di
questioni quali tortura, altri si limitavano a togliere di mezzo i pericoli
rappresentati dal popolo, altri controllavano le ricerche degli scienziati.
Tre anni prima si era
aggiunta una nuova guardia, creando cosi il sistema di quel momento, con cinque
guardie al servizio del re.
Questa guardia era, a
detta di chi l’aveva vista, strana.
Su questa guardia
circolavano delle voci orribili…da sperare di non incontrarla mai…
“…Angelo… oscuro…”
Saul alzò lo sguardo,
perplesso.
Locky osservava quello che
doveva essere l’ultimo fiammifero.
L’occhio sinistro brillava
malignamente, mentre la pupilla diventava una linea sottile.
Osservava quel fuoco
riflettersi nei suoi occhi..
Balbettando quelle due
parole…
“Angelo… oscuro…”
Dondolò la testa, come un
bambino che seguiva una dolce nenia…
Un bambino… dagli occhi
morti.
Una bambola…
“Locky?”
Saul non parlava molto
spesso con la gente.
A dire il vero, l’ultima
discussione seria avuta con qualcuno era stata cinque anni prima con Alastor,
poco prima di scappare… e non vederlo piu.
Da quel giorno in poi si
era limitato a spiccicare qualche parola con i passanti, carpendo informazioni…
Locky era la prima persona
con cui parlava realmente, da cinque anni.
E adesso… non sapeva
neanche cosa gli stesse succedendo.
Non era mica che portava
sfortuna?!
“Locky!!”
Va bene…
Forse non avrebbe dovuto
urlare.
Ma era spaventato…
Locky si zittì,
immobilizzandosi.
Forse… lo stava ascoltando
ora.
“Locky… Io vado via.”
“Torna pure.”
Ah…
Bhè… un posto caldo non si
rifiuta mai…
Saul camminò verso la
porta, per uscire, con le due spade in spalla, senza voltarsi.
Solo quando respirò un po
di aria pura corse a tutta velocità verso la città, deciso a lasciarsi dietro
quel ragazzino strano.
Osservate le mie
splendide bambole di cristallo, mentre sono ferme…
Il piccolo Averis, miei
signori, dov’è?
Il ragazzo al di fuori
dal villaggio, l’avrà aiutato?
L’affascinante Ain Zara
starà bene?
E Oliver, sarà insieme a
lei?
L’arrogante Alastor è
ancora vivo?
E chi è Locky?
Sono queste le domande
che la vostra mente vi dice di porre?
Oppure non volete
domandare niente?
Spero, miei cari, che sia
la seconda, poiché io non risponderò.
Non ne sono in grado,
miei signori.
Io, molto semplicemente,
ho creato i personaggi.
Sono loro che si muovono,
creando la storia.
In fondo, non è lo
scrittore che crea una storia.
Non lo è mai, in una
storia ben scritta.
Oh, non che io dica che
questa sia ben scritta, o bella, non fraintendetemi…
Ma… bisogna pur
raccontarle, le cose.
Se no… che senso avrebbe
mai, viverle?
Oh, certo… magari voi,
miei signori, vi siete gia stancati della mia voce, e ve ne siete andati…
Ma non importa, non
importa…
Finchè un cantastorie
racconta c’è sempre, e sottolineo, sempre, qualcuno che ascolta… anche se
nell’ombra, anche se in silenzio.
Ed è per quel qualcuno
che io continuerò a narrare, miei cari.
Perché per un cantastorie
non è realmente importante ciò che narra, ma che ciò che dice sia ascoltato da
qualcuno.
**********************
Ringrazio Chat Noir, sperando che i gatti neri portino
effettivamente fortuna! ^o^
P.S. le due poesie sono belle e Roses mi piace *-* certo…
secondo il mio modesto parere, alcuni passaggi cadono un po di tono, ma è
veramente bella! (in linea teorica sono bravo, e nella pratica che vado male…
=_=” )
Ultima cosa: ci sono rimasto malissimo (senso buono) quando
i genitori gli hanno detto “Ok va bene”, dopo che lui gli aveva detto che se ne
andava…. Sai, mi aspettavo chissà quali scene del tipo “genitori nevrotici
nonché rompiscatole”…
E ringrazio anche tutti quelli che leggono questa fanfic.
Perché quelle 66 letture non possono essere state fatte da
una sola persona….
Capitolo 6 *** Capitolo uno: three thieves, more problems ***
Mentre il pallido sole del mattino cominciava a far capolino fra le
nubi, illuminando i capelli biondi e le iridi dorate e irr
Mentre
il pallido sole del mattino cominciava a far capolino fra le nubi, illuminando
i capelli biondi e le iridi dorate e irritando incredibilmente il proprietario
di esse, Saul aveva deciso che Locky non era un nemico.
Il
ragazzo gli aveva donato, probabilmente, un luogo dove riposarsi e dormire, e,
sinceramente, non poteva che essergli grato.
In
cambio non aveva chiesto niente….
Ma
l’esperienza gli aveva insegnato che nessuno dava mai niente per niente, quindi
la domanda che ormai lampeggiava insistentemente nella sua testolina bionda era
e rimaneva sempre la stessa.
“Che diavolo faccio?”
Tornare
a casa, temendo che magari avesse chiamato le guardie?
Saul
aggrottò la fronte, ridacchiando.
Casa…
Bhà…
casa sua era stata bruciata quando aveva nove anni.
Solo
perché ci aveva dormito una notte non poteva sicuramente definirla “casa”…
Ma…
se durante la notte Locky lo uccidesse nel sonno?
Va
bene, forse non era proprio un pazzo pericoloso, ma era eccentrico… questo si.
E
se gli avesse dato fuoco?
Sbuffò,
lisciando i guanti, facendoli diventare quasi una seconda pelle.
Non
gli piaceva non sapere cosa fare.
Alla
fine optò per una cosa semplice e assolutamente normale.
Non
sarebbe tornato.
Tecnicamente,
non aveva promesso niente a Locky, quindi…
E
poi, non credeva piu alle promesse da cinque anni.
Le
promesse si rompono… è una legge di natura.
C’è
chi può e chi non può e blablablablabla.
Cavolo,
riusciva ad annoiarsi pure ascoltando la propria mente.
Si
stiracchiò, con nonchalanche, e proprio in quel momento passava di la un
riccastro, che inciampò sulle sue gambe.
“Oops, scusi, ho
fatto apposta!”
Saul
disse questa frase velocemente, come se fosse sorpreso e allo stesso tempo
dispiaciuto per il nobile.
Nobile
che, ingannato dal tono di voce e dalle circostanze, non ci fece caso.
Saul
si chinò in avanti, prendendo con il braccio destro il braccio del nobile e con
l’altro frugando velocemente nelle tasche del cappotto, mascherandolo per un
tentativo di aiutare l’uomo.
“Sta
bene? La prego di scusarmi…”
Il
nobile fece un vago cenno, prima di voltarsi e sparire in una stradina.
Wow…
un nobile che non gliene diceva di tutti i colori…
Piu
unico che raro.
Fortuna
che si era preso un ricordino…
Saul
aprì il portafogli… rivelando uno spettacolo miseramente vuoto…
Cioè…
era vuoto cosmico quello… gli metteva persino tristezza…
Niente
soldi… niente oggetti di valore…
Niente.
Cominciava
persino a chiedersi se a vendere il portafoglio gli avrebbero dato
effettivamente qualcosa.
Mise
il portafoglio in una tasca dei pantaloni, dove metteva solitamente il suo
portafoglio…
Dove
non c’era piu il suo portafoglio.
Saul
scattò in piedi con una velocità fulminea, mentre si rendeva conto dell’amara
verità…
I
due si erano derubati a vicenda!
Dannazione,
dannazione, dannazione!
Era
ridicolo! Ridicolo!
Due
ladri che si rubano a vicenda! Era una storiella, una barzelletta, non poteva succedere!
Non
poteva succedere a lui!
Aveva
visto, era proprio passato in quella stradina…
Oh,
l’avrebbe preso, oh si che l’avrebbe preso… non poteva crederci…
“AHIO!!!”
Oddio,
ma stava cadendo sempre di piu nel ridicolo!
Adesso
era andato a sbattere contro una ragazzina…
Era una ragazza piccola, dall’aspetto vivace.
Non molto alta, snella… o per meglio dire, magra. Era magra per la sua altezza,
dandole un aspetto… da bambina.
La
carnagione era chiara e i tratti del viso erano orientali.
Il
naso era piccolo e a punta, gli occhi grandi e vivaci, di un colore verde
chiaro. I lineamenti erano morbidi, come quelli di una bambina.
I
capelli erano sul biondo cenere, con tanti riflessi rossi e arancioni, ed erano
portati con una bandana, a ciuffi contornati da treccine fermate da perline
colorate.
Indossava
degli abiti colorati, vivaci.
Delle
braghette corte, arancioni, e un top azzurro, con dei fili gialli, alcuni
legati a fiocco, altri semplicemente lasciati cadere.
Indossava
anche degli stivali marroncini chiaro, anche se sembravano piu scarponi da
montagna.
E
poi…indossava dei guanti neri, senza
dita, e aveva un ciondolo a forma di cuore, al collo.
“Scusa!
Adesso ti…”
“Faccio
da solo!”
Non
aveva tempo per il bon ton e tutte le altre inutili cavolate, doveva prendere
il ladro!
Si
alzò in piedi con un colpo di reni e schivò la ragazza, ricominciando a
correre…
Era
irritante! Era…
Argh!
Era piu che irritato! Era infuriato!!!
Quel…
quel ladro mascherato da nobile… quel nobile mascherato da ladro…
Cosa
cambiava?! Lo aveva derubato, maledizione!
“MA PORCA MISERIA,
FATE ATTENZIONE QUANDO CAMMINATE!!!”
Aveva
girato l’angolo e un altro inetto era comparso, facendolo nuovamente andare a
terra e perdere terreno…
L’altro
emise sono uno sbuffo, mentre prendeva il cilindro e si metteva in piedi,
togliendo dai ricchi vestiti la polvere…?
RICCHI
vestiti?!
Saul
scattò in piedi, e, piu o meno come fece anche l’altro, cominciarono a
squadrarsi, increduli.
I
capelli neri, erano scalati, corti, e la frangia era pettinata in modo che
ricadesse ai lati, anche se in quel momento alcune ciocche coprivano gli occhi.
Gli
occhi erano splendidi. Partivano, nel centro, come giallo chiaro, e diventavano
a poco a poco verdi.
L’aspetto
era esile… da ricco aristocratico, in poche parole, il cui maggior sforzo era
portare alle labbra il bicchiere di vino.
La
pelle bianca e liscia lasciava intendere che non facesse alcun lavoro pesante,
in generale.
E
poi… bhè, era vestito da perfetto nobile…
La
coccarda bianca al collo della camicia bianca immacolata… il gilet nero… la
giacca nera… i pantaloni neri… le scarpe nere… i guanti neri… indossava persino
una tuba!
Cos’era
quel tipo?
Un
nobile che rubava per sfizio?
“Ehi tu! Ridammi
il mio portafoglio!”
La
stesse parole nello stesso momento con gli stessi gesti.
La
cosa lo irritava particolarmente.
Saul
rubava perché ne aveva bisogno…
A
quel tipo sarebbe bastato rubare il cappello per vivere!
“Io?! Tu ridammi
il mio portafoglio!”
Di
nuovo….
Sembrava
di vedersi allo specchio…
Poteva
persino essere divertente…
Ma
Saul non voleva divertirsi.
Rivoleva
il suo desolatamente vuoto portafoglio!
Il
ragazzo alzò una mano, mostrando il palmo a Saul, come per zittirlo.
“Il
fatto che un ladruncolo come te sia riuscito a fregare me è pura
fortuna!”
PURA
FORTUNA?!
Lui
rubava ogni giorno, era riuscito a affinare incredibilmente le sue capacità…
Come
osava quel… conte infangare la sua reputazione!
“Tu sei un
ladruncolo! Scommetto che sei uno di quei nobili annoiati che ruba solo per
sfizio!”
Era
una strana discussione, ora che ci pensava.
Da
bambino avrebbe mai immaginato di litigare con un nobile per decidere chi dei
due rubava meglio?
Non
fece però in tempo per rendersene in tempo…
La
ragazza di prima a quanto pareva lo aveva in inseguito, inciampando su di lui,
e allo stesso tempo facendolo inciampare sul ragazzo…
Insomma…
era mattina e tutto andava male!
“Uha! Scusate
scusate scusate!!! Mi inseguono le guardie, mi inseguono le guardie!!!”
GUARDIE?!
Saul
e il ragazzo si misero in piedi con un colpo d’anca, e corsero dalla parte
opposta a quella da dove era appena arrivata la ragazzina.
Era
una cosa incredibile.
La
ragazzina era andata in testa, dotata di una velocità a dir poco stupefacente,
mentre accanto a lui si ritrovava il ragazzo.
Forse
era un nobile, ma sapeva correre…
Dei
passi, dietro di loro… passi pesanti…
Per
via delle armature, probabilmente.
Erano
proprio loro… le guardie.
Saul
si voltò all’indietro, cominciando la difficile opera del correre velocemente
all’indietro…
Figure…
scure…
E
grosse…
Erano
proprio le guardie.
“Attento!”
Il
ragazzo lo tirò verso di se, facendogli evitare un bidone a cui stava andando a
sbattere a tutta velocità…
Saul
decise di tornare a correre normalmente…
Era…
strano.
Prima
aveva trattato poco bene la ragazza, e stava quasi per combattere con
quell’altro…
E
ora stavano scappando insieme.
Una
bella pubblicità. “Diventa anche tu un ladro: ci si aiuta a vicenda!”
Poteva
essere l’inizio di una fratellanza…
Una
sfera colpì il muro, facendo volare qualche scheggia rossa.
Oh-oh…
“La magia! Stanno
usando la magia!!!”
La
magia….
Dannazione!
Per
quante capriole si faceva, una magia difficilmente poteva venir evitata…
“Contrattacco.
Veloce. Pulito. Ora.”
Il
nobilastro ora dava pure ordini, eh?
Bhè,
per quella volta lo perdonava.
Saul
ghignò, portando le mani alle spade.
Ora
si parlava la sua lingua…
La
ragazzina prese dalle tasche due boccette e cominciò a mescolare gli intrugli,
in fretta e furia…
Wow…
insomma, come ci riusciva? Saul se non guardava dove metteva i piedi rischiava
di uccidersi…
Il
conte, invece, si limitò a far aderire i guanti alle mani, inamidandosi le
labbra…
Un
po nervoso?
“Giriamoci… ora!”
La
ragazza girò sulla gamba destra, rimasta rigida, e lanciò velocemente la
bottiglietta sui soldati, a poca distanza, prima di finire nuovamente rivolta
verso la strada soprannominata “via di fuga”.
Il
conte, ormai lo aveva soprannominato cosi, aveva fatto invece una giravolta piu
vistosa, con tanto di svolazzo di mantello, sparando poi due sfere, una
argentea e una nera, verso i soldati.
Saul
invece si era piantato sulle gambe, con in ogni mano una spada, per poi fare un
taglio a X al vuoto, incrociando le lame mentre le faceva scendere.
Gli
effetti dei tre attacchi erano non male.
La boccetta
buttata dalla ragazza era infatti, a quanto pareva, esplosiva. Anche parecchio
sgargiante: le fiamme lasciavano aloni azzurrini e viola nell’aria.
Le
due sfere invece si erano fuse all’ultimo momento, creando una cosa strana,
impazzita, che inglobò un nemico e lo… congelò al suo interno.
Meno
uno, ne rimanevano tre…
L’attacco
apparentemente dato all’aria di Saul causò uno spostamento d’aria che si
ghiacciò, creando cosi due lame di ghiaccio, a forma di mezzelune, che si
dirigevano verso i nemici.
Insomma,
proprio un bello spettacolo… se non fosse stato che il conte lo aveva preso per
il colletto, costringendolo a seguirlo.
Sigh… l’inseguimento non era finito, eh?
Bhè
certo… in fondo erano anche piu forti di loro…
Per
quanto gli attacchi fossero pomposi, i soldati si erano sicuramente difesi…
Rallentati,
ma non fermati. Dannazione.
Naturalmente,
in una città piena di viuzze, strade stradine e chi piu ne ha piu ne metta,
dovevano proprio incappare nell’unica stradina senza altre vie d’uscita se non
la fine… che chissà quando era.
Proprio
mentre pensava questo, i tre arrivarono ad un bivio.
Un
bivio di tre strade differenti.
Oh,
no!!
“Ok…
ognuno prende una strada diversa.”
Il
conte aveva parlato.
La
ragazzina lo guardava a bocca aperta, come se fosse sorpresa…
Sorpresa
di cosa?
“è
un’idea idiota… sono rimasti tre soldati, potranno seguirci, e ad uno ad uno
non abbiamo speranze!”
Era
la cosa ce la gente apprezzava di piu in Saul.
L’ottimismo.
Il
conte però fece una risata secca, togliendosi pacatamente la polvere dal
cilindro…
Con
quella… maledetta calma…
“Non mi sembra che
in gruppo abbiamo tante piu speranze…”
Tecnicamente
vero…
Anzi…
del tutto vero…
Oh,
maledizione… non poteva finire in prigione…
Se
finiva in prigione… se finiva in prigione…
No…
non sarebbe finito in prigione!
“Sono laggiù!”
Saul
sentì le due parole, con una faccia cosi disperata da apparire come un bambino
sull’orlo delle lacrime.
Gli
altri due non sembravano tanto messi meglio.
Un’altra
sfera nera sfiorò il piede della ragazza, che con una piroetta era riuscita ad
evitare l’attacco.
…Non
volevano prendere un tè, eh?
I
tre si misero istantaneamente d’accordo, decidendo, o meglio, scappando a gambe
levate, verso la prima strada che gli capitava davanti, ovvero quella centrale…
Ok,
Saul non era diventato un ladro per l’organizzazione…
I
passi erano lievemente piu lontani, ma erano sempre un pericolo…
E
loro non potevano attaccare, scappando.
Sigh…
e cosi, all’età di quattordici anni doveva morire in compagnia di due estranei…
Ah
gia… non gli aveva neanche chiesto il nome.
Magari…
come ultimo desiderio…
I
tre ragazzi si fermarono, increduli… o meglio, il conte e la ragazzina
increduli.
Saul
apprese la notizia con un semplice e flebile sospiro.
La
sfortuna andava fino in fondo, no?
"È un vicolo
cieco!!! È un vicolo cieco! Nononono,non un vicolo cieco, no!!!"
Bhè…
a quanto pareva la ragazzina se n’era accorta.
Erano
spacciati erano morti erano spacciati erano morti erano spacciati erano morti
erano spacciati erano morti….
“Allora… vediamo un attimo di ragionare… Voi, cosa avete
fatto per scatenare un inseguimento da parte di non dico una, non dico due, non
dico tre ma ben quattro guardie?”
Il
conte aveva di nuovo mostrato il palmo, come per zittire dei bambini
disubbidienti…
Senza
contare il modo di parlare…
Praticamente
scandiva ogni parola, come se stesse spiegando come prendere una forchetta a
dei dementi…
Comunque,
era una buona domanda…
Saul
cosa aveva fatto… uhm…
“Dicono che sono
un eretico…”
Bhè…
sicuramente i due non sarebbero andati a spifferarlo ad una guardia…
Il
conte annuì, vagamente interessato, poi perse qualunque interesse e invitò, con
lo sguardo, la ragazza a parlare…
“Ho rubato ad una
delle tre guardie… uhm, cos’è un eretico?”
Saul
si sentì pietrificare, gli occhi dorati fissi sul volto incuriosito e allegro
della ragazza, che non sembrava molto spaventata…
Eretico…
Cos’era…
un eretico?
Un
eretico…
Non
ci doveva pensare… doveva tornare alla realtà…
e
la realtà era che era in un vicolo cieco, con tre guardie alle spalle!
…Forse
tanto valeva che pensasse al passato.
“….Io…
uhm… bhè… sono nato?”
Il
ragazzo disse questo, con tono vago e occhi un po assenti…
Saul
lo guardò, la mano in cui aveva affondato la testa ora era scivolata sulla
bocca… e gli occhi dorati lasciavano trasparire una tale disperazione, una tale
sofferenza…
Uno
sguardo, in poche parole… stanco.
Rifletté
un attimo su quelle parole… “sono nato”…
Effettivamente,
anche per Saul il fatto che il conte fosse nato creava una grande irritazione.
La
ragazzina si mordicchiò il labbro, osservando il terreno…
Erano
tutti e tre dei piantagrane per la città, a quanto pareva… quindi non si poteva
dire per chi fossero la quelle guardie…
Non
che cambiasse molto alla fine…
Insomma,
anche se gettava la causa di quel casino in pasto alle guardie, quelle
avrebbero gettato in galera pure gli altri due…
Il
rumore di passi li fece riprendere…
E
si resero nuovamente e disperatamente conto che erano nei guai.
A
parte il conte, che, con tutta la sorpresa della ragazzina e la completa
indifferenza di Saul, che ormai pensava alla morte, aveva fatto un lieve e
sardonico sorrisino.
“Bene…
sarebbe potuto essere un piacere conoscervi, ma non è stato tale…
momentaneamente, possiamo solamente prendere in considerazione l’ultima nonché
unica via di fuga…”
Il
conte disse ciò con voce suadente, quasi… divertito…
La
ragazzina lo guardava estasiata… un sorriso piegava le sue labbra, e una luce
rispettosa brillava nei suoi occhi…
Saul
invece aveva semplicemente portato gli occhi al cielo, domandandosi cosa avesse
fatto per meritarsi una vita misera e una morte accanto a quel tipo.
Fu
in questo semplice e disperato gesto che si accorse di cosa stesse parlando il
conte.
Era
una possibile via di fuga.
Saul
sogghignò, riprendendo finalmente un po di vita.
Ora
si parlava il suo linguaggio…
“Intendete l’alto
vero…?”
La
ragazza disse questo, guardandoli a intermittenza… prima uno e poi l’altro…
Saul
fu lievemente sorpreso, e anche un po sconcertato, nel notare che il conte
aveva la sua stessa espressione da volpe nel guardare la ragazzina, con lo
stesso identico ghigno.
A
interrompere l’idillio furono i rumori dei passi, sempre piu vicini…
Conveniva
darsi una mossa.
“Ok…
Si inizino le danze, lo spettacolo sta per finire!”
Saul
cominciava a preoccuparsi. Era sempre piu d’accordo con i modi di dire e fare
del conte…
Poco
importante. Non lo avrebbe rivisto mai piu, se era fortunato…
“Siiii! ^o^”
La
ragazzina fece un salto di gioia, un pugnetto diretto verso il cielo, quindi si
rivolse verso uno dei muri, correndo verso di esso…
E
saltando contro la parete.
Saul
quasi si incantò ad osservarla saltare velocemente sui due muri, salendo sempre
piu in alto…
Lo
stesso stupore che lo prese quando due ali fecero il loro ingresso fra le
scapole del conte.
Due
ali tutt’altro che belle.
La
sinistra doveva essere candida e piumata, ma in quel momento si poteva vedere
solamente un parte dell’ala, solo in parte ricresciuta, con alcune piume ancora
un po spiegazzate qua e la, segno che era stata strappata tempo prima.
La
destra doveva essere invece demoniaca, nera, come quella di un pipistrello… ma
sembrava anche questa essere stataorrendamente strappata ,ericresciuta solo a metà.
Sebbene
cosi lesionate, erano abbastanza grandi da poter fare un piccolo volo come
quello… anche se non con facilità, come poteva immaginare dalla smorfia di
sollievo che fece il conte arrivando in cima.
Lui,
purtroppo, non riusciva ne a saltare ne a volare…
Però
aveva un altro mezzo.
Saul
scattò verso il muro, quindi, all’ultimo momento, saltò piu in alto che poteva,
attaccandosi ad esso.
Non
era particolarmente facile starci attaccato, doveva ammetterlo…
Ma
in fondo, doveva solo arrampicarsi, non rimanere fermo.
Saul,
grazie all’inconsueto senso dell’equilibrio e una buona dose di agilità e
forza, era in grado di scalare qualsiasi salita… anche la piu impervia.
E
di certo, non era un muro a creargli problemi…
Aveva
una velocità straordinaria, quasi come un ragno che saliva sulla propria tela…
La
velocità di quella salita lo costrinse (decisamente una scelta non sofferta) a
fare un, seppur piccolo, salto, alla fine della scalata.
Osservò
i guanti, lievemente dispiaciuto per averli sporcati, quindi riprese a correre,
onde mettere quanta piu distanza poteva dalle guardie.
Quasi
le aveva dimenticati, nella foga della salita…
A
farsi ricordare, comunque, ci pensarono proprio le guardie, schivandogli per un
pelo (ma dove diavolo si erano allenati per perfezionare la mira?!) la spalla
con una sfera.
Capitolo 7 *** Capitolo due: What do will do?! ***
Mentre il pallido sole del mattino cominciava a far capolino fra le
nubi, illuminando i capelli biondi e le iridi dorate e irr
Scusate, ma mio fratello mi occupa il
computer… ç_çCmnq, ringrazio Blustar, e sono
veramente felice che ti piaccia ^o^Riguardo al mio modo di scrivere,
spiegherò brevemente il mio metodo: io sono un giocatore di Gdrwith forum, dove bisogna descrivere luogo, sensazioni
e seguire alla lettera il profilo psicologico del proprio Pg.Insomma… scrivo cosi perché abituato al
Gdr.Per quanto mi riguarda, sono ancora decisamente imperfetto… =_=**********Mentre Saul sedeva tranquillamente
all’ombra di un albero, oppresso da quello che da un mite sole era diventato
l’apocalisse del caldo, pensava placidamente, facendosi mollemente vento con un
foglio che era stato distribuito poco prima, alla mattinata avuta.Movimentata, non c’era che dire.Era riuscito a seminare le guardie, come si poteva immaginare dal fatto
che ora stava subendo il caldo, e aveva rubacchiato anche qualcosa agli altri
due.Ehi, o si ruba o si muore.Naturalmente, non aveva dato proprio una vera e propria occhiata a ciò
che aveva rubato. Solitamente, quello non era il suo modusoperandi.Rubava quello che riusciva, e poi, solo alla fine della giornata e in
un luogo sicuro guardava cosa aveva preso.Quella mattina, aveva fatto uno strappo alla regola, ma solo perché per
le strade non c’era nessuno.Visto cosa era successo in seguito, Saul si era poi guardato bene dal
vedere cosa avesse preso, anche se poteva dire
vagamente di cosa si trattasse nel caso della ragazza: due spade piccole.Non aveva però idea di nulla di quanto
riguardasse queste: materiale, filo, modalità di creazione, preziosità ecc.Quindi, fino a quella sera, le due lame
erano inutili.Le guardie lo insospettivano non poco.Certo, forse era solo un attacco d’ira dovuto al fatto che la ragazzina
li avesse derubati…O forse era che avevano visto il conte, e per un pretesto qualsiasi
avevano deciso di inseguirlo… poi la ragazza si era impaurita visto che
venivano verso di lei e aveva cominciato a correre…
visto che c’erano anche altri due ladruncoli, avevano pensato di prendere tre
piccioni con una fava… Come ricostruzione potevano anche andare, lo
ammetteva… e sperava sinceramente che fosse per loro due che le guardie si
fossero messe in moto…Ma con le speranze non si andava
avanti.Partendo quindi con il presupposto che le guardie erano li per lui…le guardie lo avevano riconosciuto
come ladro, e quindi dato la sua descrizione,qualcuna delle vittime lo aveva
riconosciuto, e quindi dato la sua descrizione ad una guardia,Era stato riconosciuto come eretico, e quindi data
la sua descrizione ad una guardia In tutti e tre i casi, la città non era piu
un luogo sicuro.La morale, alla fine, era semplicemente una: doveva andarsene, facendo
calmare le acque.Ora bastava capire dove.Naturalmente, poteva chiedere un po
in giro, ma se era stato riconosciuto, prima o poi si sarebbe saputo che aveva
cercato informazioni, quelle che aveva ottenuto e, in seguito, dove era.No, meno gente incontrava – e vedeva – meglio era.Rimaneva quindi cercare una misera mappa, ma dove sarebbe
potuto entrare lui senza destare sospetti?In una locanda dubitava di poter trovare qualcosa, e comunque
era piena di gentaglia, che probabilmente avrebbe riferito la sua posizione per
quattro soldi.In un bordello dubitava ci fossero carte geografiche.Rimaneva il chiedere a qualcuno, ma aveva escluso questa
ipotesi poco prima.Poteva rubarne una… ma dubitava che i villici
del luogo girassero con delle mappe.Saul, sotto un velo di sudore, opprimente quasi più del caldo, fece una
risatina secca, continuando meccanicamente il movimento con il foglio che aveva
in mano, in un vano tentativo di avere un pò di
frescura.“Villici”… da quando pensava cosi raffinato?Doveva essere stato il conte… Certo che ne aveva incontrata di gente strana…
Il conte, la ragazzina e Locky…….!!!!!COME AVEVA FATTO A NON PENSARCI?!Ma certo, certo!Aveva la soluzione cosi a portata di mano che non se n’era accorto… che
stupido!Saul ridacchiò, asciugando il sudore che gli appesantiva le palpebre…Ma certo…Locky.Certo, aveva detto che si sarebbe cercato un
altro posto dove dormire… ma se le promesse si rompono, figuriamoci i semplici
pensieri!Aveva dormito in quella casa solo una notte, ed era quasi impossibile
che qualcuno l’avesse notato.Locky sicuramente non sarebbe andato a
parlare con una guardia… cioè, a dire il vero quello
non lo sapeva…. Ma non riusciva proprio a
immaginarselo, a parlare con una guardia.E comunque, le guardie non gli avrebbero
creduto, quindi… perfetto!Allora… forse una cartina non ce l’aveva… però
poteva mandarlo al suo posto alla ricerca di una carta geografica, o quantomeno
qualcosa per orientarsi.E poi, sembrava abbastanza
informato su quello che accadeva nel mondo, in quei tempi… quindi, con
l’ausilio di una mappa che il suddetto aveva oppure gli procurava, poteva
decidere dove andare per lasciar calmare le acque…Mhm… eccellente…Rimaneva quindi solo una cosa da decidere.Cosa fare in quel momento?Continuare a rubacchiare era da escludere: rischiava una seconda retata
delle guardie.Andare alla casa di Locky non era una buona idea. Preferiva aspettare la sera, e poi alla luce del
sole sarebbero riusciti a seguirlo piu
facilmente…Rimaneva solo cercarsi un posticino all’ombra, dove nascondersi per
tutto il giorno…Si, a trovarlo!Però… Aspetta, forse aveva il luogo
adatto…
Capitolo 8 *** Capitolo Tre: There's time to drink ***
“Dove eravate spariti
Scusate il ritardo,
ma sono andato in vacanza… Spagna, con i miei fratellini e un amico di mio fratello. Ma questo credo lo racconterò in una fanfic da queste parti… uhm, forse forse… comunque!
X Blustar: Grazie sul serio… shono
commosso ç_ç forse fra un po tornerò a Gidrare… ma non
credo di essere cosi bravo come pensi.
Per farti capire, userò
come esempio com’è diventato Saul.
Saul è diventato…
superficiale. È furbo e pessimista, non si fida piu
di nessuno e pondera tutte le possibilità, con attenzione e con una prudenza
quasi maniacale. Non spera piu, non crede nelle
promesse, non crede negli altri…
Probabilmente non
avete capito il cambiamento subito da Saul… e se non lo avete capito è solo
colpa mia ç_ç io devo farvi comprendere cosa pensa il
personaggio, com’è e come mai agisce cosi… se non ci riesco, allora non merito
l’appellativo di autore.
Comunque, come sempre… sono lieto tu mi legga, e mi
scuso per il ritardo ^o^
X Lady Aria: e io sono lieto che tu mi legga ^^ ciò che
dici è sacrosantamente giusto, e chiedo venia per essermi dimenticato di quelle
nobili categorie che alcuni considerano invasati... dei pazzi.
E cosa c’è di male nell’essere dei pazzi?
Creare qualcun altro…
una cosa come fece il dottorfrankenstein,
non è ancora ricollegabile a ciò che i “pazzi”, gli eretici, fanno.
Il corpo è nulla prima di essere qualcosa. Senza anima si è
solo un fantoccio vuoto.
E gli artisti, i pazzi, creano anime che
vivono, sebbene non posseggano un corpo loro.
Ma ora basta, quei pochi che mi leggono
rischiano di addormentarsi sulla tastiera….
“Il piacere è tutto mio… Potresti
chiamare Sylvia? È… una cosa importante.”
La donna lo guardò con un sorriso
ammiccante, quindi chiuse la porta, invitandolo ad aspettare.
Bhè, aveva abbastanza tempo per prepararsi.
Dannazione, doveva essere in uno stato pietoso…
Si guardò in un riflesso, nel vetro di una
finestra… i capelli biondi erano abbastanza apposto, ma i vestiti…
Sospirò, cominciando a togliere con gesti decisi la polvere
dagli abiti.
Maledette stradine, piene di polvere e… bhè,
aveva passato anche la maggior parte del tempo
sdraiato su dell’erba, non poteva essere in buone condizioni…
I guanti candidi erano sporchi, terribilmente sporchi, e in alcuni punti la stoffa reggeva a malapena…
Che aspetto pietoso.
“Oh zuccherino… che cosa ci fai qui?”
Saul alzò gli occhi verso la porta, ora nuovamente aperta,
dove faceva la sua apparizione Sylvia, bella ragazza nonché
padrona del luogo.
Aveva lunghi capelli neri, lucidi e lisci, che ricadevano
morbidamente sulla schiena.
La pelle era olivastra, con alcune lentiggini sulle
guance, ma poco visibili per la pelle bruna.
Gli occhi erano marroni, cosi
scuri che ci si poteva perdere dentro. Ipnotici, a dire il vero.
Era lievemente bassa, ma era ben compensata da delle
eleganti scarpe nere, con i tacchi.
Era interamente vestita di nero, dal vestito, che le
fasciava elegantemente il corpo, ai guanti di pelle, lucidi e lunghi fino al
collo.
Una moltitudine di lacci le lambivano
il collo, unendosi poi alla fine, sul petto, tenendo su una pietra.
Sebbene fosse bassa, il
corpo era sinuoso e ben fatto, le curve al posto giusto.
Sul viso si scorgeva un po di trucco, giusto attorno agli occhi, e un
rossetto, di un rosso acceso, brillante.
Forse, era quella bellezza che molti chiamavano angelica… o
maledetta.
Saul le sorrise, vagamente malizioso.
“Non riuscivo piu a starti
lontano…”
Sylvia sorrise, mentre Saul diceva questo.
Un sorriso che avrebbe fatto capitolare numerosi uomini ai
suoi piedi.
“Entra, ometto…”
Saul si guardò nuovamente attorno, per essere certo che la
stradina era deserta, quindi entrò, chiudendo la porta alle sue spalle.
Era entrato in un corridoio buio ma
ben pulito, dove si affacciavano numerose porte, in quel momento chiuse, e dove
c’era un odore… un odore che a molti piaceva, certo… ma che non riusciva
propriamente a descrivere.
Lavanda. Sapeva che quell’odore
era lavanda.
A molti piaceva.
Saul non lo sopportava.
“Sylvia, io ti amo,
ma per far funzionare il nostro rapporto dovremo
giungere a compromessi…ad esempio, cambiare il profumo.”
Saul fece una smorfia disgustata, mentre quel
odore nauseante gli invadeva le narici, procurandogli un forte mal di
testa.
Sylvia fece una piccola risatina, scotendo lievemente la
testa, ma continuò a camminare, senza far nulla per quel… profumo.
Naturalmente… insomma, probabilmente quel odore
è ormai dentro qualsiasi oggetto… forse la stessa casa ormai odorava di
lavanda.
Ma non lo sopportava.
Sentiva quel odore entrare nella
sua testa e poi lottare, come per cercare di distruggere dall’interno.
Avvertiva persino il suo cervello sanguinare, colpito da quel odore nauseante e dolciastro che era la lavanda.
Faceva male. Un male terribile.
“Oh, Saul… tenta di
sopportare… Al piano di sopra non c’è questo odore, e
potremo parlare…”
La voce suadente di Sylvia penetrava nella sua mente,
moltiplicando quel dolore.
Saul sorrise, mentre si massaggiava le tempie…
Sembrava… era come avere un tumore..
un dolore che lo uccideva dall’interno.
Gli altri andavano in giro per i corridoi. Sentivano quel odore e non provavano alcun dolore.
Qualcuno lo trovava persino piacevole.
Perché allora lui lo odiava? Perché gli faceva cosi male?
Non poteva pensarci… doveva trovare
qualcosa su cui concentrarsi…
Com’era possibile concentrarsi?
Gli faceva male la testa.
C’era della musica… proveniva della
musica da un delle stanze.
Saul chiuse gli occhi, massaggiandosi le tempie, senza
fermarsi, mentre tentava di capire che canzone fosse, cosa molto difficile
visto il dolore che provava.
Doveva concentrarsi
su quella canzone… per quanto lontana fosse, per
quanto la testa stesse cercando di scoppiare…
Aprì gli occhi, con un sorriso stanco, mentre tornava a
guardare la figura aggraziata che gli camminava davanti.
“Vedo che vi state
aggiornando con le nuove tendenze…”
Stavano salendo delle scale… fra un po sarebbero arrivati nelle sue stanze, e quel odore
di lavanda non ci sarebbe piu stato…
Non ne vedeva l’ora.
Sylvia però si era fermata…adesso si era girata verso di
lui, con un sorriso strano…
Sembrava quasi… non poteva dirlo con certezza…
Ma era un sorriso quasi affettuoso…
e allo stesso tempo freddo.
“Tu saresti cosi adatto.. con il tuo bel faccino, attireresti un sacco
di clienti.”
Saul assunse la sua migliore aria imbronciata, in perfetto
stile bambino offeso.
“Ehi… abbastanza
piccolo per non potermi divertire ma abbastanza grande per
poterci lavorare? Mi sembra ingiusto…”
Sylvia gli rivolse un semplice sorriso… un sorriso che Saul aveva visto poche volte sulle sue labbra,
ma che prima, quando ancora il pensiero del suo villaggio gli faceva male,
aveva spesso rivolto a chi pensava amici.
Un sorriso amaro, lievemente triste… un sorriso
triste per i ricordi.
La ragazza continuò a salire, invitando Saul a seguirla.
Un Saul che, per pochi secondi, si
era dimenticato del male che quel profumo gli faceva, penetrandogli dentro e
distruggendolo.
“Mhm…
dimmi zuccherino… come mai sei venuto a farmi visita?”
Erano saliti al piano superiore, nelle stanze di Sylvia.
Erano, piu precisamente, nel retro
della casa, da dove era entrato Saul. Le stanze di Sylvia occupavano la parte
ovest della casa, lasciando molto spazio alle altre camere, dove aveva luogo il “lavoro”….
Oddio… credeva… non che sapesse precisamente dove fosse…
Fortunatamente, l’odore di lavanda era scomparso.
Nessuno sembrava capirlo, quando stringeva la testa, cercando
di proteggersi inutilmente da quel odore interno,
procurato dalla lavanda… alcuni dicevano persino che doveva essere pazzo.
Ed era per quello che Saul aveva smesso di rendere noto alla gente il suo stato.
Per quello e, naturalmente, per altri motivi piu o meno importanti… tipo aver perso il proprio
villaggio, il proprio miglior amico, chiunque avesse voluto proteggerlo, aver dovuto
fuggire da dei soldati e altre sciocchezzuole del genere.
Sylvia si muoveva aggraziatamente verso il servizio da tè, mentre
Saul si sedeva comodamente su una sedia, con l’eleganza tipica del padrone di
casa.
Osservò i candidi guanti ormai irrimediabilmente rovinati,
con un flebile sospiro, distendendo e poi chiudendo a pugno le mani, in modo da
osservare tutte le varie macchie e cedimenti.
Non si vedeva la pelle, attraverso quei graffi, ma se avesse
continuato a indossarli si sarebbero sicuramente rotti
ancor di piu.
Saul emise un secondo sospiro, congiungendo le mani sul
grembo, imprecando fra se e se per l’ennesima complicazione.
Forse fu proprio quel gesto, in maniera arcana, a
ricordargli la domanda che la donna gli aveva appena posto.
“Sai come sono gli
uomini, Sylvia… per un po
cambio aria.”
Sylvia ritornò con un vassoio, che poggiò con grazia sul
tavolino d’innanzi a Saul, sedendosi poi davanti a lui, assumendo un’aria
lievemente imbronciata.
“E
io che credevo che tu non fossi come tutti gli altri…”
Saul non rise solamente perché aveva ora portato alle labbra
il tè alla pesca che Sylvia si era preoccupata di preparargli, ricordandosi,
con gioia del ragazzo, che era il suo sapore preferito.
Gli piaceva parlare con lei. Cercare di trovare una risposta
a tutte le sue domande, con ironia… come essere in una
recita. Impersonare quel ruolo…
Gli piaceva. Era come una recita… come essere
un attore.
“Ma
mia cara… non sono io a volermene andare, sono gli altri a costringermi. Io
avrei bisogno di un posto sicuro dove aspettare l’arrivo della sera…”
Gia… ma dove sarebbe andato?
Quello non lo sapeva. Ma aveva
ancora del tempo.
Quella sera sarebbe tornato da Locky,
gli avrebbe chiesto una cartina e poi se ne sarebbe andato, facendo in modo di
attirare poco l’attenzione.
Sylvia appoggiò la tazza al piattino, rimasto appoggiato al tavolo, appoggiandosi allo schienale della
sedia.
Sapeva benissimo che probabilmente stava pensando a
qualcosa.
Se fosse per cercare una
spiegazione al comportamento di Saul o per trovare un modo per aiutarlo, quest’ultimo non ne aveva la minima idea.
“Tesoro, devo
chiederti una cosa… una cosa che potrebbe aiutare tutti e due.”
Saul inamidò le labbra nel tè, prima di appoggiare la
tazzina sul piattino, osservandola senza battere ciglio.
Un affare, eh?
Di Sylvia… bhè… per lei, provava
quanto di piu vicino alla fiducia ci potesse essere a quel mondo… e non l’aveva mai tradito.
Ma era anche vero che non se n’era
neanche mai presentata l’occasione.
“C’è una persona che
vorrebbe andarsene… ma da sola, temo che attirerebbe
troppo l’attenzione. E lei mi sta molto a cuore.”
Saul socchiuse gli occhi, poggiando le mani in grembo,
assumendo quella che sembrava la posa di un uomo d’affari che fiuta il
pericolo.
Pericolo… ed effettivamente la cosa lo insospettiva.
Sylvia poteva rivelare una sua probabile posizione… anche
se, se era vero che la ragazza che gli voleva affidare le stava molto a cuore,
probabilmente avrebbe fatto in modo di non metterla in
pericolo.
Fatto stava che, se accettava, la sua “compagna di avventure” avrebbe potuto rivelare la sua posizione…
“Se viaggiate insieme
potreste dare meno nell’occhio… e potreste anche aiutarvi a vicenda.”
Non aveva bisogno di aiuto.
Non aveva mai avuto bisogno di aiuto.
Aveva smesso di averne bisogno a nove anni.
C’erano troppi rischi. Forse la ragazza lo avrebbe tradito, rivelando la sua posizione… forse lo avrebbe
piantato in asso… forse lo avrebbe colpito alle spalle.
Non poteva fidarsi…
“Lo so cosa pensi, zuccherino… Ma lei è affidabile. Ti prego
di aspettare, te la presento.”
Bene. Cosi avrebbe dovuto dirle di
non volerla in faccia…
Sylvia uscì dalla stanza, a passi felpati, chiudendo la porta… mentre Saul sospirava, socchiudendo nuovamente gli occhi.
Dannazione… come faceva a crederle? Era in
una situazione pericolosa… non poteva avere altre complicazioni…
E aveva gia fatto una sciocchezza,
quella mattina, nel dire a quei due… ladruncoli di essere un… eretico.
Si avvicinò alla finestra, da cui entrava la luce del sole,
soffusa…
Erano… erano le cinque del
pomeriggio. Fra tre-quattro ore sarebbe tornato da Locky, avrebbe chiesto una cartina e se ne sarebbe andato,
lasciando calmare le acque.
Se ne sarebbe andato da quella città…
Quella città… la conosceva come le sue tasche. Conosceva
ogni viuzza, ogni abitante, ogni, singola, pietra che
costruiva le strade, conosceva le ore in cui c’era piu
gente, conosceva ogni singola sfumatura che il cielo assumeva nelle varie ore.
E nessuno conosceva lui. Nessuno si
era mai accorto della sua presenza, e se si, dimenticata subito dopo… a parte
quella mattina con le guardie, naturalmente.
Nessuno lo conosceva. E a lui
andava bene cosi.
Perché li odiava. Li odiava dal
primo all’ultimo.
Odiava ogni singola viuzza, ogni
abitante, ogni pietra che costruiva le strade, le ore in cui c’era piu gente e le ore in cui non c’era nessuno. Odiava ogni
singola sfumatura del cielo.
C’erano poche persone che non odiava. E
quasi tutte quelle che non odiava erano a lui indifferenti.
Odiava quella città, anche se in realtà quella
città non aveva fatto niente.
Per lui era solo… un capro espiatorio. Il
simbolo di ciò che l’aveva reso cosi. Il simbolo di
tutti quegli anni passati da solo, in cui si era reso sempre piu cinico.
Anni in cui si era sempre piu
anestetizzato, cominciando a… diventare indifferente.
Perché poi avrebbe dovuto non
esserlo?
Cosa cambiava se piangeva per un
moccioso senza casa e senza famiglia?
Cosa cambiava se si fermava a
fissare un tramonto all’orizzonte?
Cosa cambiava se guardava le stelle
nel cielo?
Non avevapiu
casa, non aveva piu famiglia.
Il tramonto non gli dava da mangiare.
Le stelle non lo aiutavano a sopravvivere.
Le stelle…
Se ne vedevano alcune… in quel periodo il
sole calava in fretta, in quel buco.
Brillavano, con quella loro luce bianca, fredda.
Brillavano e… basta.
Brillavano, rendendolo una specie di bambola, fissa con gli
occhi su quel luccichio spettrale… un luccichio che sembrava prendersi la sua
mente, volando al di sopra di quella città…
A cosa serviva?
Saul si voltò verso la stanza, mentre la sua ombra si
allungava ancora di piu sul pavimento, per effetto
del sole che spariva dietro una collina.
Una luce arancione riempiva quella stanza… una luce calda, soffusa, che faceva diventare le tazzine da tè,
di candida ceramica bianca, gialle, con vaghi riflessi.
Una luce dorata. Come i suoi occhi…
“Saul, questa è Anael.”
La porta si richiudeva dietro Sylvia delicatamente, mentre
davanti a lei c’era una ragazza di 16 anni.
L’aspetto esile e ben
curato, la pelle candida le davano un di eterea bellezza,
una cosa che, a dire il vero, non si aspettava di trovare in un luogo del
genere.
I capelli erano legati
da una coda alta, ben stretta. Erano biondo chiaro, mossi,
da quanto si poteva vedere dalla coda, che le arrivava fino al gomito. Una rada
frangetta cadeva sulla sua fronte, e alcuni ciuffi piu
lunghi facevano da cornice al volto.
Due orecchini, due piccole sfere rosso sangue, sfoggiavano sui lobi, e un
piccolo ciondolo era al collo, del tutto dorato, senza alcun abbellimento.
Le labbra avevano un filo di rossetto, di un rosso che, Saul ridacchiò
rendendosi conto di averlo pensato, sulle sue labbra sembrava quasi sangue.
Gli occhi erano marroni chiaro, ambrato. Fissavano avanti a se, come se
fosse… indifferente a ciò che vedeva, come una commedia vista e rivista.
Indossava un gilet
stretto, in modo che risaltasse tutte le forme del suo busto, e sotto di esso vi era una camicia bianca, con le maniche lunghe e il
colletto largo.
Indossava una gonna
lunga fin poco prima delle ginocchia, bianca, da cui sotto spuntavano alcuni
pizzi.
Alle gambe indossava
delle calze a rete, nere, con degli stivali pesanti anch’essi neri, quasi… da
montagna.
Portava una cintura a
cui era affissa una spada… a dir poco bella.
La lama era lievemente
curvata, a doppio taglio, di un metallo limpido e con piccole rune scritte in
un angolo.
Era carina.
Ma questo non voleva dire fosse
anche affidabile.
“Ciao. Sylvia, io ehm…
come dire…”
…voglio
andarmene di qui per favore fammi andare via non scatenarmi quella
ragazza addosso per favore.
Saul si bloccò, indeciso sul come proseguire.
Doveva trovare un modo gentile per dire “non intendo avere
quella ragazza sulle scatole”.
Dal canto suo, Anael sembrava
essersi limitata a prendere atto di essere entrata in una stanza.
“Cosa
c’è zuccherino? Come ti ho spiegato, in due non dareste nell’occhio…
e potreste difendervi a vicenda…”
Sylvia partiva all’attacco…
Dannazione… doveva trovare un modo per non portarsi dietro Anael.
Cioè… a dire il vero, cominciava a
dubitare fosse viva, ma insomma…
Locky, se anche andava dalle
guardie, non gli avrebbero creduto… ma se ci fosse andataAnael, le avrebbero creduto, eccome!
“Sylvia… dammi un
buon motivo per cui posso fidarmi di lei.”
Saul si massaggiò le tempie, distrutto.
Si rese conto solo in quella frazione di nanosecondo che si
era fregato da solo.
Se lei tirava fuori la frase “perché te l’ho presentata io” aveva le spalle al muro.
Dannazione!
“Perché se scoprono
che lavoro fa verrà catturata dalle guardie. Perché non le importa ne stare peggio ne stare meglio, e
quindi non gli importerà neanche tradirti oppure abbandonarti. Perché non le importa piu niente.
E perché, mio piccolo batuffolino zuccheroso, te lo
presentata io.”
Saul, ignorando il conato di vomito che stava salendo dalla
sua gola al nome “batuffolino zuccheroso”, ci mise un
secondo a estrapolare le situazione e renderle
comprensibili alla sua mente.
La seconda e la terza motivazione erano irrilevanti…
Ma la prima era decisamente valida.
Se le guardie l’avevano sotto gli
occhi, sicuramente l’avrebbero presa e costretta a lavorare per loro… e da quel
poco che aveva sentito, non era un buon lavoro.
Saul fece un piccolo broncio, incrociando le braccia sul
petto.
“Bhè…
come posso non fidarmi? L’ultima tesi era cosi convincente…”
Sylvia sorrise, facendogli l’occhiolino, quindi si sedette
ad una sedia, accanto al tè, subito imitata da Saul, che impugnò la sua
tazzina.
Ciò non voleva certo dire che si
fidava della ragazza… ma lei non sembrava molto comunicativa, e quindi dubitava
le avrebbe confidato qualche segreto.
Anael in quel momento accarezzava
l’elsa della spada, gli occhi vuoti fissi per terra, una maschera di indifferenza su quel volto etereo…
Chissà… perché voleva partire quella… specie di bambola di
porcellana?
Bhà… lei non si impicciava
degli affari suoi, lui non si sarebbe impicciato degli affari di lei.
Saul bevve un secondo sorso di tè, guardando l’orologio in
stile vittoriano sulla tavola, a poca distanza da lui.