Infected Reality

di bloodycry
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'introduzione dell'autore ***
Capitolo 2: *** (Prologo) Promise... ***
Capitolo 3: *** (Prologo) escape ***
Capitolo 4: *** Fine prologo, pre-Capitolo uno: Nightmare ***
Capitolo 5: *** Il discorso del Cantastorie ***
Capitolo 6: *** Capitolo uno: three thieves, more problems ***
Capitolo 7: *** Capitolo due: What do will do?! ***
Capitolo 8: *** Capitolo Tre: There's time to drink ***



Capitolo 1
*** L'introduzione dell'autore ***


Una nuova storia solo per voi, miei signori

Venghino signori, venghino!

Ecco a voi un nuovo delirio che sa di amaro!

 

Venghino signori, venghino!

Ecco a voi il viaggio di chi non ha nulla!

 

Una nuova storia solo per voi, miei signori!

Potrei forse negarla al pubblico che mi acclama e mi ignora?

 

Il telone si alzerà fra poco, le luci si abbasseranno.

Oh, non vi preoccupate, inizierà subito. E forse anche prima…

 

Fuffs parla come uno che si aspetta qualcosa dagli scrittori.

Arte, cultura… cavolate del genere.

Ha un’alta concezione della scrittura, il che è profondamente sbagliato.”

 

Ma non volete qualche spiegazione, miei signori?

La spiegazione del perché di una nuova storia, magari…

Ah, domanda ridicola, non vi pare?

 

“Cos’è lo scrittore, nella concezione popolare?

Uno che ha fantasia.

Ma in concreto, cos’è la fantasia?”

 

Non sono certo io a decidere perché scrivere: io scrivo, e basta.

Voi dite di fare diversamente?

 

“Quella che noi chiamiamo ispirazione, i greci la chiamavano θεια μάνια…

Un termine che si traduce all’incirca con “Divina follia”…

Per i greci lo scrittore era un invasato…

Era uno posseduto dagli dei…

O se preferite, dai demoni.”

 

Perché immaginate storie crudeli con i personaggi di un film appena visto?

Perché riguardate con occhi sognanti il libro che avete appena letto, come se fosse una cosa viva?

Perché vi ostinate a piangere per qualcuno che non vi vorrà mai?

 

“Siamo tutti sotto pressione.

Siamo tutti posseduti dai demoni.

Per liberarsene, c’è chi prende una pistola e massacra un po di gente in metropolitana,

Chi si inietta porcheria nelle vene, chi tortura i cani,

e c’è chi butta i figli nella spazzatura.”

 

Perché dovete.

E per lo stesso motivo vi voglio narrare una nuova storia partorita dalla mia mente: perché devo.

Non so perché, e non posso saperlo. Ne sento solo il bisogno.

 

“Uno scrittore, invece, scrive.

Tira fuori i demoni e li imprigiona sulla pagina, tra le righe.

Li schiaccia la e loro rimangono in trappola.”

“Dylan Dog”, “La prigione di carta”

 

In fondo, avete forse il diritto di lamentarvi?

E perché?

Non vi ho certo costretto io ad ascoltare. Io mi limito a narrare.

 

Qualche altra domanda, mio caro pubblico?

Di cosa parla la storia, magari?

 

Bhè… ma se ve lo dicessi, cosa leggereste a fare?

 

Parla di amore, magia, avventura, emozioni e sentimenti….

O forse non parla di nulla di questo.

 

Tutto a tempo debito, mio caro pubblico…

 

E ora che ho risposto alle vostre domande moltiplicando i vostri dubbi, che ne dite di cominciare?

Di alzare quel pesante telo rosso?

Di abbassare queste pallide e smorte luci?

 

Di rivelare i personaggi….

 

Lasciatemelo dire, immodestamente: i miei capolavori.

 

E difficile dare vita ai personaggi, miei cari.

E difficile prendere un’idea, dargli una scorza di corpo, e renderlo vivo…

Dargli delle emozioni e un comportamento…

 

Io sono riuscito a creare dei personaggi dal nulla, miei cari.

Forse non sono gli esseri perfetti che io penso…

 

Ma li ho creati io.

Sono miei. dal nulla ho creato delle persone, e queste persone sono per me perfette.

Sono le mie bambole di cristallo, meravigliose e delicate.

 

“E lei crede che perché ha partorito un essere possa capire il mio dolore?

Io ho preso un’idea, e lo resa concreta.

E lui la distrutta.”

Csi: las vegas

 

 

Vi sembro poco sincero?

Vi sembro pieno di orgoglio?

 

E allora provate voi a creare una persona.

Provate voi a dargli un corpo.

A dargli dei sentimenti.

Una mente propria, che agisca secondo i propri pensieri.

 

Solo gli scrittori, i poeti, sanno cosa vuol dire una cosa del genere.

Creare un personaggio che rimane nel cuore di chi lo conosce, anche solo leggendolo.

 

Ma suvvia, vi ho fatto perdere fin troppo tempo!

Dobbiamo pur conoscere le mie tanto decantate creature.

 

Forse le odierete, stando in pena per loro.

Forse le amerete, divertendovi delle loro disgrazie.

Forse saranno a voi indifferenti, non comprendendone il pensiero.

 

Per chi ancora è presente, chiedo di sedersi a guardare le mie splendide bambole di cristallo.

 

Spalancate gli occhi e aprite il cuore, miei cari telespettatori: lo spettacolo sta per cominciare!

 

 

 

 

 

************

 

Questo è solo il prologo, e non segue completamente l’atmosfera del resto della storia… che spero ardentemente vi piaccia.

 

A chi non piace e vuole rinfacciarmelo (ho notato in altre recensioni questi squisiti signori che davano alle fanfic cosa fra cui “orribile”, “voltastomaco” ecc.) vorrei ricordare il saggio monito che ho su detto:

 

“In fondo, avete forse il diritto di lamentarvi?

E perché?

Non vi ho certo costretto io ad ascoltare. Io mi limito a narrare.”

 

A chi non piace ma sarà abbastanza beneducato da non insultare, facendo recensioni del tipo “la tua fanfic non mi piace perché troppo sgrammaticata” (esempio) dico grazie, perché forse la buona educazione non è tutto, ma aiuta a non far sentire lo scrittore uno schifo.

 

A chi piace dico semplicemente grazie. Mi serve un po di positività, in un tempo che sa di ricordi amari.

 

 

Chiedo scusa agli appassionati di Dylan Dog, ma ho dovuto tagliare la citazione qua è la.

 

Chiedo scusa agli appassionati di Csi, ma la frase era piu volgare, e decisamente non sta bene in una storia con un simile target.

 

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Capitolo 2
*** (Prologo) Promise... ***


“Mamma, non voglio andare

“Mamma, non voglio andare!”

 

Capelli biondi, come quelli del grano, a carrè, ribelli.

Occhi color dell’oro fuso, puntati verso la madre, in un moto irato.

Pelle bianca, liscia e lievemente abbronzata, che qua e la era rotta da un graffio.

Sulle spalle due spade a forma di lacrima, incrociate.

Era una spada strana, di colore azzurro, risplendente, con una pietra viola nell’elsa.

 

“Devi, Saul. Anch’io alla tua età ho fatto questo viaggio, e prima di me i miei genitori, e i genitori dei miei genitori. È una tradizione, piccolo mio.”

 

Nessuna gentilezza nel dire una cosa del genere. Solo la semplice verità.

Dire la verità ad un bambino non è sempre un bene.

Non senza protezioni.

 

“Perché?”

 

Una lagna sommessa, nascosta dietro una voce strafottente.

Una voce non propria dei bambini.

 

“Perché devi crescere nella tua forza. Verrai affiancato da una guardia del villaggio. Non corri nessun pericolo.”

 

Non voleva andarsene. Neanche se non correva nessun pericolo.

Ma in fondo, a chi importava?

 

Dimostrati un guerriero. Non lamentarti.

Non guardarti indietro.

 

Il suo villaggio… le case di legno, bianche, splendenti, le finestrelle tonde, i prati verdi, i fiori enormi e delle forme piu strane… le persone gentili e simpatiche…

 

Tutto questo si lasciava alle spalle… per rivederlo anni dopo, da adulto, con la paura di non potersi piu divertire come si divertiva in quel momento.

 

Ma a nessuno importava se il ragazzo si sentiva cosi.

Doveva andare. Basta.

 

“…Allora… vado, mamma.”

 

Le rivolse un semplice sguardo, con gli occhi d’oro liquido, quindi si voltò, incamminandosi su quella strada che l’avrebbe portato alla casa dell’anziano.

Alla casa dell’anziano, per la benedizione… per trovare il guerriero che l’avrebbe accompagnato…

 

“Arrivederci Saul. Torna… intero.”

 

Che fosse il suo bisogno di affetto a fargli sentire una nota di preoccupazione nella voce della madre?

 

Cosa cambiava, in fondo?

Tanto avrebbe dovuto partire lo stesso.

 

Accelerò il passo.

Non sapeva perché… perché non voleva piangere?

Perché non voleva soffrire dicendo “arrivederci” a qualcun’altro?

Ma alla fine, cosa cambiava sapere il perché?

 

Doveva muoversi… arrivare alla casa dell’anziano, ricevere la benedizione…

Incontrare quel guerriero…

 

Andarsene via…

 

“Saul! Ehi Saul!”

 

Rallentò il passo, anche se non si fermò.

Doveva ammetterlo, sperava che chiunque lo avesse chiamato lasciasse perdere…

 

“Saul! Eddai, non vuoi neanche salutarmi prima di andartene?”

 

Un peso gli atterrò sulle spalle, costringendolo a fermarsi…

Un peso cosi lieve che avrebbe potuto comodamente portarlo in braccio…

 

“…Scusa Averis..”

 

I capelli erano strani, di un verde petrolio, quasi nero, che però, alla luce, davano riflessi biondi.

Occhi viola, dietro dei semplici occhiali da vista.

La pelle bianca, corporatura esile e minuta.

 

“Fa niente. Allora, parti ora, no?”

 

Sorrise, privo di una particolare gioia, come se fosse un gesto dovuto.

Un gesto che, incredibilmente, tolse a Saul un po di quella pesantezza che stava premendo il petto.

 

“Si… Non farmi preoccupare Averis…”

 

Il ragazzino ridacchiò, scotendo la testa.

 

“Ehi… io sono un genio, Saul… la mia mente brillante mi manterrà in vita per i secoli dei secoli, finché il mondo rimarrà governato da esseri  tutti muscoli… quale una persona davanti a me…”

 

Schioccò un’occhiata che doveva sembrare severa al biondino, provocando l’istantanea ilarità di quest’ultimo…

Averis… come avrebbe fatto senza quel ragazzino dalle battute sempre pronte?

Quel ragazzino che riusciva a farlo ridere anche nei momenti piu difficili…

 

“Piuttosto, messer “io so usare le spade e tu no”… non farti mangiare dai mostri, hai capito?!”

 

Una seconda risata si unì alla prima, mentre il ragazzino prendeva un’aria imbronciata.

Gia… i mostri… esistevano ancora…

La guerra aveva distrutto tutto… a parte i mostri…

 

“Non preoccuparti, Averis… Ritornerò prima possibile… Non mi piace questa… cosa. È arretrata… Hai visto?! Con le tue idee rivoluzionarie ai preso anche me!”

 

Questa volta è Averis a ridere.

Una risata strana, bella: allegra, ma educata…

Come colui che l’ha fatta.

 

“Io sono un genio, Saul… e i geni tendono a voler cambiare il mondo.”

 

Un sorriso gentile, mentre ribadiva ancora la sua mente straordinaria.

Non era vanità. Era semplice verità.

 

“I geni tendono anche a essere pazzi…”

 

Un ombra passò sugli splendidi occhi viola di quel ragazzino…

Un sentimento che Saul non riusciva a comprendere.

 

“Ciao Saul… Torna presto. Perfavore…!”

 

Saul annuì, prendendo il respiro…

Averis, il genio.

Averis, il suo migliore amico.

 

 

*    *    *    *    *    *    *    *   *

 

“Benvenuto Saul. Finalmente stai per partire, eh?”

 

L’anziano era un vecchio abbastanza imponente, nella sua veste azzurra.

Una lunga barba con grandi baffi, completamente bianchi, gli davano un aspetto maestoso, da saggio.

 

E cosi lo definivano, in tutto il villaggio.

 

“Si, signore.”

 

Quanta malinconia in sole due parole…

Voleva gia tornare a casa…

Voleva rimanere al villaggio…

 

“Non preoccuparti, sarà, in certi versi, persino divertente…”

 

Quanto era divertente staccarsi da casa propria.

 

La brezza leggera accarezzò le guance di Saul, mentre registrava mentalmente il luogo in cui era…

Davanti alla casa dell’anziano… gli alberi di un verde scuro… il prato, i fiori che emanavano il loro dolce profumo…

Quel vento gentile che accarezzava i suoi capelli dorati…

 

Gli mancava… gli mancava già…

 

“Eccolo… sta arrivando, il guerriero che ti porterà in viaggio per questi sette anni!”

 

Una figura all’orizzonte… ancora troppo lontana perché venisse riconosciuta…

Saul si chinò, prendendo uno di quei fiori dall’odore cosi dolce…

Un piccolo ricordo di quel villaggio che per sette anni non avrebbe piu rivisto…

 

L’anziano non ci fece caso, guardando l’orizzonte…

 

Come si sentiva quel vecchio, vedendo i ragazzi partire ogni anno…

chi malinconico… chi impaziente…

Raccoglierlo dopo sette anni…

Chi piu forte… chi terrorizzato…

 

E Saul?

Cosa sarebbe divenuto?

Uno dei forti?

Oppure sarebbe tornato a casa, distrutto dal dolore e dalle perdite…

 

Saul strinse ancor di piu il gambo del fiore, tremando impercettibilmente…

Sarebbe tornato…?

 

Guardò di nuovo il vecchio, che aveva mutato espressione…

Era… sorpreso?

 

Saul guardò di nuovo l’orizzonte, verso il cavaliere…

Piccolo… mingherlino… i capelli verde petrolio…

 

Ma quello… era…

 

“Anziano! Anziano!! Ci sono le guardie!! Stanno arrivando le guardie!!”

 

Averis gridò, sebbene fosse ad ormai poca distanza dal vecchio…

Un grido disperato…

una disperazione che non aveva mai sentito in lui.

 

“Non c’è nulla da preoccuparsi… probabilmente, è solo una missione da ambasciatore… noi siamo un villaggio pacifico, lo sanno tutti…”

 

Neutrale…

Erano sempre rimasti neutrale, nelle guerre.

Sempre.

E, naturalmente, tutto ciò era sempre stato a loro favore.

 

Ma perché Averis era cosi disperato?

Perché Averis era cosi… spaventato?

 

“HANNO UCCISO LA GUARDIA CHE DOVEVA ACCOMPAGNARE SAUL!!!”

 

Un grido cosi potente…

Era… era solo un’impressione… o il tempo si era fermato…?

 

Alcune lacrime fioccavano dagli occhi di Averis…

Quegli occhi… quegli occhi che di solito erano allegri…

Ora... erano lucidi… coperti di lacrime…

 

“Non… non è possibile. Averis, devi esserti sbagliato…”

 

Saul non l’ascoltava.

Come poteva dire una cosa del genere…?

Stava piangendo.

 

Saul non aveva mai visto Averis piangere.

Neanche quando era caduto, fratturandosi la gamba… Non aveva pianto.

Gridato si. E tanto anche.

Ma neanche una lacrima.

 

Come poteva l’anziano, il cosiddetto “saggio” fidarsi di alcuni stranieri che neanche aveva visto e non delle lacrime di un ragazzino che aveva visto crescere?

 

“Lei è il capo di questo villaggio di eretici?”

 

Quando erano comparsi?

Tre soldati, armati di tutto punto, e un ragazzo, forse di sedici anni.

 

I capelli lunghi, lasciati sciolti lungo la schiena, grigi scuro, come una nuvola carica di pioggia.

La corporatura nascosta sotto un abito scuro, che gli conferiva un aspetto marziale.

Gli occhi grigi, puntati sui tre, senza emozione alcuna, come se appartenessero ad una bambola.

Era sicuramente lui il capo, cosa che traspariva da una specie di attrazione che Saul avvertiva verso di lui, completamente incredulo a quella apparizione.

 

Averis sobbalzò, avvertendo la loro presenza dietro di se, quindi corse verso Saul, cercando una protezione che quel bambino non avrebbe potuto sicuramente dargli.

 

“Io sono il capo, si.”

 

Eretici?

Saul non sapeva esattamente cosa volesse dire.

Averis lo sapeva sicuramente, ma non era il momento di chiederglielo.

 

Sapeva che era un termine che indicava qualcosa che era cattivo, però.

Ma il suo villaggio.. il suo villaggio non era cattivo…

 

“Voi eretici vi siete macchiati di aver usato il mana per i vostri scopi, sfruttandolo mentre gli altri paesi erano in difficoltà. Per questo, il villaggio verrà distrutto.”

 

Non era vero…

Loro non avevano usato il mana…

Loro si erano solamente mantenuti neutrali…

Perché… perché stavano dicendo questo…?

 

“Non è vero… noi…”

“Silenzio, eretico!”

 

Un soldato attacco il vecchio, costringendolo in ginocchio…

Cosa.. cosa stava succedendo?!

 

“Un eretico ci ha attaccato! Cominciate l’attacco!”

 

Perché… perché quell’uomo non faceva niente…?

Perché, mentre i soldati ne chiamavano altri, lui rimaneva immobile, con lo sguardo fisso nel vuoto?

 

SCAPPATE!!!”

 

Saul sobbalzò, sorpreso…

Il vecchio… diceva di scappare…

 

*    *    *    *    *    *    *

 

Era ai confini del villaggio…

sentiva il vento portare il calore delle fiamme, mentre una luce rossa si rifletteva sugli alberi…

Il respiro pesante di Averis…

Le gambe che si piegavano… ma che continuavano a spingerlo in avanti….

 

“Uccidili!”

 

Di nuovo… ancora i soldati…

Un dolore acuto, penetrante, alla gamba….

 

Si accasciò a terra, strillando…

Una pozza rossa… sangue….

Del calore che colava sulla sua gamba….

E quel dolore… quel dolore cosi forte…

 

“Saul!!”

 

Averis… stava correndo verso di lui…

Sentiva i suoi passi… quelli delle guardie, piu pesanti…

 

E poi… vide un ragazzo.

 

I capelli neri, a caschetto, lucidi e lisci.

Gli occhi marroni, chiari, freddi e indifferenti, che guardavano verso la loro direzione.

Una camicia bianca, candida, sbottonata, lasciando vedere il torace, magro e ben formato, con lisce e bianche cicatrici.

I pantaloni neri, che facevano contrasto con la camicia.

Le braccia, esili e magre, zavorrate da due pistole, una puntata verso un punto imprecisato dietro i due ragazzini.

 

Chi era?

L’avrebbe ucciso? Avrebbe ucciso lui e Averis?

Oppure voleva aiutarli…?

 

Tre spari.

Era stato incredibilmente veloce…

Che i soldati fossero… morti?

Quel ragazzo li aveva uccisi davvero con tanta freddezza?

 

Se Saul fosse partito per quel viaggio… sarebbe diventato come lui?

 

Il ragazzo li guardò…

Forse… forse avrebbe ucciso anche loro…?

 

“No!”

 

Una sfera nera colpì il ragazzo, riducendolo in ginocchio…

Una sfera nera partita dalle delicate mani di Averis…

 

Saul lo guardò, incredulo…

Averis… non l’aveva mai visto usare la magia…

 

Altri passi… tanti passi…

Passi pesanti… passi veloci…

 

Averis si alzò in piedi, facendo un rapido dietrofront, per avere di fronte i suoi nemici.

I suoi nemici. I nemici di Averis.

 

I nemici di quel ragazzino che ora era tremava, spaventato, sapendo qual’era il destino piu probabile…

 

Saul lo guardò incredulo…

Lo guardò aspettare i nemici, disperato..

Vide lo sguardo del ragazzo appena colpito, mentre si rimetteva in piedi a fatica, anche lui incredulo a quello spettacolo…

 

“Saul, promettimi… che non ti farai mangiare dai mostri.”

 

Una sfera di luce si liberò dalle mani di Averis, colpendo Saul, che però venne circondato da una sfera lucente…

 

Il ragazzo li guardava, incredulo…

guardava Averis, mentre faceva l’incantesimo e tremava, piangendo…

guardava Saul, che non riusciva a capire cosa stava succedendo…

e guardava le guardie, che correvano, avvicinandosi sempre di piu…

 

E infine guardò la luce che emise la sfera in cui era contenuto Saul, scomparendo…

Scomparso…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 3
*** (Prologo) escape ***


“Ehi

“Ehi! Chi sei?!”

 

Una foresta?

No… la foresta era alle sue spalle…

Era a poca distanza da una città… c’era ancora il sole…

Averis… dove lo aveva teletrasportato?

 

“Ehi! Ti ho chiesto chi sei!”

 

Saul guardò chi gli stava parlando, incredulo.

Era… era una ragazza.

 

I capelli lunghi, biondo chiaro, quasi bianchi, erano legati in un codino, che ricadeva sulla schiena.

Gli occhi grigi, tendenti all’azzurro, lo fissavano, lasciando trasparire una sorpresa mista a irritazione.

La carnagione abbronzata, che non ci si aspetta da persone che abitano in un villaggio.

Il fisico magro, sembrava allenato a dovere, anche se non intaccava la femminilità della figura.

Indossava abiti semplici, un po grandi per lei, da contadini.

 

Lo fissava minacciosa, quasi come un gatto che soffiava ad un nemico.

Sebbene non fosse armata, le condizioni di Saul, confusione, gamba ferita e perdita di sangue, la facevano diventare un nemico temibile.

 

“Io… io mi chiamo Saul. Vengo dal villaggio Mahoko… I-io… c’è mia madre…e Averis…. E poi… poi… sono venuti dei soldati e…”

 

E cos’era successo?

Aveva visto il fuoco… ma forse…

Forse… si erano ribellati… forse….

 

“Va bhè, sta zitto che è meglio.”

 

La ragazza sbuffò, tagliando corto…

Come poteva essere cosi calma?!

 

Il suo villaggio… forse… forse erano morti tutti…

E lei… lei non diceva niente….

 

Una sfera azzurrina partì dalle mani della ragazza, scocciata….

La ferita si rimarginò, istantaneamente, mentre lei lo prendeva sottobraccio e si incamminava verso la città, borbottando delle parole fra se e se…

Era… irritata?

 

“Ora ti porto dall’ambasciatore. Se hai detto la verità bene, se non l’hai detta peggio per te: hai perso molto sangue, e non ci metterei niente a schiacciarti la testa.”

 

Come poteva credere che mentisse?!

Il suo villaggio… il suo villaggio era in pericolo…

Sua madre… Averis…

 

*     *     *    *     *     *     *     *    *

 

“Oliver, svegliati!”

 

Un ragazzo sembrava sonnecchiare pacificamente davanti ad un grande portone, che apparteneva ad una ben piu grande villa.

 

La pelle, per quanto si potesse vedere che non fosse protetto dagli abiti, era molto abbronzata, si sarebbe detto quasi che era un meticcio.

Aveva un fisico ben piantato, lievemente magro, ma nella media era nella giusta linea, ne soprappeso ne sottopeso.

Indossava ai due lobi due orecchini, semplici anelli, molto fini, di un metallo che sembrava essere d’oro.

I capelli erano neri, con, in maggioranza nella frangia, grandi ciocche che andavano dal grigio al bianco.

Sulla fronte c’era una fascia rossa, legata in modo che la frangia, che comunque era lunga abbastanza da non poter essere definita tale, ci ricadesse sopra, fin quasi nascondendola.

Gli abiti erano abbastanza di classe, anche se molto semplici: una camicia bianca, con le maniche larghe che si richiudevano alla manica, e il collo largo, senza alcun bottone. C’erano due fasce rosse che partivano dall’attaccatura della camicia ai pantaloni e si dividevano, arrivando intorno al collo, quindi ricongiungendosi sulla schiena. Una fascia larga, scarlatta, gli fasciava il basso torace. I pantaloni erano bianchi, da fantino, con degli stivali marroni, di pelle.

 

“Non stavo dormendo, riflettevo sul bahaus…”

 

Aprì gli occhi rivelando due iridi di colore differente.

L’occhio destro era grigio nebbia, quasi soffuso.

L’occhio sinistro era bianco, diverso, ma non inferiore alla cornea.

 

Sorrideva.

Un sorriso malizioso, uno di quelli che avrebbero fatto stendere ai suoi piedi un gruppo intero di ragazzine.

Non la ragazzina a cui si teneva in piedi Saul.

 

“Non dire tante cretinate e aiutami a portare questo qui dall’ambasciatore.”

 

Oliver sospirò, scotendo lievemente la testa, quindi si portò a fianco di Saul, prendendolo sottobraccio.

 

“Poverino… salvato proprio da Ain Zara, con tutte le ragazze che ci sono…”

“Smettila! Ha avuto una pessima giornata, anche senza le tue battute!”

“Sono pentito maestra, lo giuro!”

 

*     *     *    *     *     *     *     *    *

 

Non sapeva bene cos’era successo.

Oliver e la ragazza, Ain Zara, l’avevano portato all’ambasciatore…

 

E poi…

Poi… una donna lo aveva portato in quella camera…

 

E dopo… bhè, erano passati pochi minuti perché cadesse in un sonno profondo.

Un sonno disturbato da incubi, ricordi…

 

Sua madre… l’anziano….

Averis…

Persino il ragazzo all’uscita del villaggio…

E il capo dell’armata…

 

Quel ragazzo… con gli occhi vuoti…

 

“Saul… svegliati… perfavore.”

 

Una voce gentile…

Forse era stato tutto un sogno…

Forse… forse era Averis ad averlo svegliato….

 

Saul aprì gli occhi, lentamente…

 

“Presto! I soldati… sono arrivati.”

 

La donna…. la moglie dell’ambasciatore….

Saul si mise a sedere, deluso…

 

In fondo cosa si aspettava…?

Lo sapeva benissimo che non poteva essere stato un sogno…

Era stato una speranza stupida…

 

“Chi è quello?”

 

Un’altro bambino, nella stanza…

 

I capelli neri erano sulla frangia rossi, con delle ciocche lunghe che arrivavano fino il mento. Erano corti, a parte la frangia, e ribelli, anche se sembravano avere un loro ordine sconosciuto.

Gli occhi, a mandorla, erano di colore arancione, con le pupille come quelle di un gatto alla luce, ridotte ad una linea sottile.

La carnagione era appena abbronzata, come di qualcuno che riceve la forte luce solare filtrata dal vetro della finestra.

La bocca, con le labbra sottili e di un marroncino chiaro, era in quel momento tirata in un sorriso di circostanza, che appariva tremendamente seccato. Lasciava intravedere due canini quasi da felino.

 

“Alastor, questo è Saul. Lo devi proteggere… portalo fuori dalla villa, e fa in modo che i soldati non lo prendano!”

 

Ancora…

Ancora… i soldati lo cercavano…

Doveva fuggire… di nuovo…

Ma cosa sarebbe accaduto a quella famiglia… a quella città…

A quel posto?

 

“Cosa ci fa… Saul qui? Perché lo cercano i soldati? E tu non vieni? E Cain? E papà? E Oliver, e Zara… andiamo solo noi due?!”

 

La voce di quel ragazzo…

La voce di chi è abituato a comandare…

Presuntuosa. Arrogante…

Con quell’orgoglio ormai tremante, che tentava di usare come arma…

Con quello spavento che non sembrava essere solito provare…

E soprattutto… con calma…

Con una calma che tentava, nonostante tutto, di mantenere….

 

“Alastor… tu andrai da solo. Vedi, andrai con lui solo per poco, per mostrargli l’uscita e fare in modo che non lo prendano….”

 

Perché?

Perché facevano quello per lui?

Rischiare un figlio, solo per quello che probabilmente avevano spacciato per un… eretico?

 

Quella parola…

Ancora non sapeva cosa voleva dire… ma sentiva di odiarla…

Perché era solo una scusa…

una stupida scusa per fare del male a qualcun altro…

 

“Signora… il mio villaggio… mia madre… Averis…”

 

Non aveva neanche salutato sua madre come si doveva…

Arrabbiato… imbronciato…

Intristito per quel viaggio….

 

Quel viaggio che forse non avrebbe fatto…

 

La donna distolse lo sguardo… come concentrata sul tappeto…

 

Il suo villaggio… sua madre… Averis…

 

Perché non rispondeva?

Perché stava in silenzio?

Perché non lo guardava negli occhi?

 

“Signora?”

 

Si morse il labbro…

Cosa voleva dire…?

Perché… perché non rispondeva?!

 

Alastor continuava a guardarli, senza capire… posando le iridi arancioni prima su uno e poi sull’altra, con quella confusione di chi non centra col discorso, e non riesce ad accettare di essere messo da parte…

 

Ma ora non importava…

Doveva sapere… sapere…

Il suo villaggio…

Il suo villaggio…

 

Perché….

 

“Il tuo villaggio…”

 

Il suo villaggio…

Il villaggio dove era cresciuto…

Il villaggio dove aveva fatto amicizie…

Il villaggio in cui aveva immaginato il mondo esterno…

 

Il suo villaggio…

 

Il suo villaggio era…

 

No… non era cosi.

No… il suo villaggio c’era ancora.

 

Il suo villaggio era sopravvissuto al fuoco…

Sua madre era viva…

Averis era vivo….

 

Il villaggio…

 

Perché…

 

“…è stato distrutto.”

 

La frase detta tutta d’un fiato…

Come a liberarsi d’un peso…

 

E metterlo sul suo cuore.

 

Il suo villaggio… era stato distrutto?

 

“Distrutto…”

 

La donna lo ripetè a bassa voce, a se stessa…

Distrutto…

 

Era una parola.. strana…

 

Distrutto…

 

Una parola che rovinava le speranze…

Una parola che aveva sentito solo nelle storie piu amare…

 

Distrutto…

 

Il suo villaggio era…

 

Distrutto…

 

“No! Non è vero! Sta mentendo! STA MENTENDO!!!”

 

E perché avrebbe dovuto?

Sta mentendo!

Perché dovrebbe scherzare?

Adesso scoppierà a ridere, dicendo che era uno scherzo…

No. Non si scherza su queste cose.

Io mi arrabbierò, gridando che non si scherza su queste cose.

Non si scherza su queste cose.

Scherzerò con Averis, che mi tirerà di nuovo su di morale.

Il villaggio è distrutto.

Chiederò scusa a mia madre per come mi sono comportato.

Illudersi sapendo che non è vero fa male.

Ritornerò al villaggio.

Smettila.

Sta mentendo.

Glielo devi.

Sta mentendo.

Non si scherza su queste cose.

STA MENTENDO!!!!

No.

 

Poteva guardarla e strillargli addosso che non era vero.

Continuare a gridarlo finché non riduceva al silenzio la voce dentro di se che gli diceva il contrario.

 

Sperando che non fosse vero.

Sperando che il villaggio tornasse in vita.

 

“Aprite!”

 

Alastor prese Saul alle spalle, tappandogli con una mano la bocca.

 

La voce fuori dalla porta era dura.

A Saul sembrava crudele.

 

Saul si lasciò stringere, cercando in quell’abbraccio fasullo almeno un po del calore di casa…

Lasciò che i suoi singhiozzi venissero strozzati dalla mano sulla sua bocca, che quasi gli impediva di respirare…

Non importava…

 

Poteva anche morire…

Quel ragazzino presuntuoso poteva anche spezzargli il collo… strozzarlo…

Non importava… non importava…

 

Il suo villaggio… il suo villaggio..

 

“Aspettate! Mi sto cambiando!”

 

La donna gridò questo, nel tentativo di prendere tempo…

Ne avevano sprecato fin troppo, eh?

Ma ormai, cosa importava…

 

Il villaggio… distrutto…

 

Lo prendessero pure, accusandolo di essere un “eretico”…

Gli facessero quello che volevano…

 

Il villaggio… distrutto…

 

“Alastor…portalo al sicuro… ti prego. E ricordati che… ti voglio bene.”

 

Ti voglio bene…

 

Non avrebbe piu sentito una cosa del genere…

 

Anche se sua madre non glielo diceva spesso… anche se di solito era severa…

 

Gli voleva bene…

 

E adesso… il villaggio era…

 

Era…

 

“Saul… segui Alastor. Ti porterà al sicuro…”

 

Cosa importava fuggire…

Quando non aveva piu una casa dove tornare?

 

Cosa importava sfuggire alle guardie quando non aveva piu nessuno?

 

Cosa importava… sopravvivere…

Se non aveva piu niente…?

 

“Oh, quante scene, mamma! Tornerò prestissimo, e mi porterò dietro il biondino… tu piuttosto, sta attenta a Cain, che non si monti la testa…”

 

Alastor sbuffava dicendo questo…

Utilizzava il tono arrogante e presuntuoso di prima…

Un tono molto piu sicuro di prima…

 

Quel tono presuntuoso e arrogante che pronunciato da lui era quasi piacevole…

 

Alastor tolse la mano dalla bocca di Saul, quindi lo prese per un braccio, tirandolo in fretta e furia verso il camino, e quindi passando attraverso la macchia nera sul muro…

 

Saul sarebbe stato persino sorpreso, se avesse avuto piu la forza per provare alcunché.

 

Sentiva dietro di se il rumore della porta che si apriva, dei passi pesanti, di uomini che indossavano l’armatura…

E poi il nero.

 

Non si poteva dire oscurità… le forme attorno a se erano ben delineate…

Era che… non c’erano forme…

 

Era solo nero.

Nero in su, nero in giu, nero a destra e nero a sinistra…

 

Non poteva dire se si fossero allontanati o no…

Ogni passo gli sembrava fatto sullo stesso punto… come se si muovesse per niente…

 

Il nero…

 

“Ehi… ti chiami Saul, giusto?”

 

Alastor frenò, cominciando a camminare, con piu calma…

 

Calma… perché?

 

Alastor stava scappando, tecnicamente, no?

 

E allora perché era cosi calmo…?

 

Saul annuì, gli occhi fissi nel vuoto…

Le guardie… il passaggio…

Quel ragazzo…

 

Era… voleva che si fermasse… tutto…

 

“Bhè, io Alastor. Alastor, Saul, Saul, Alastor. Bene, ci siamo conosciuti…”

 

Perché era cosi calmo?

 

Come poteva essere cosi calmo?

 

Poteva… avrebbe potuto… non sopportarlo…

Per quella sua voce arrogante e altezzosa…

Per i suoi modi sbrigativi…

Perché gli stava salvando la vita mentre non aveva alcun motivo per continuarla…

 

Anche Alastor avrebbe potuto odiarlo…

Perché era comparso all’improvviso…

Perché doveva salvarlo…

Perché doveva essere sempre accudito..

 

E Alastor…

 

“Poco comunicativo, eh? Tranquillo… sei accanto al grande Alastor! Mi spieghi perché ti cercano quei soldati?”

 

Perché…

Era… una buona domanda.

 

Il villaggio… era distrutto…

Averis e il ragazzo all’entrata del villaggio probabilmente avevano fatto fuori le tre guardie…

Quindi non avrebbero dovuto sapere di lui….

 

Averis…

Era… sopravvissuto…?

 

In fondo, avevano detto che il villaggio era distrutto… non che erano morti tutti…

Averis… sua madre….

Forse… forse erano…

vivi…

 

“…Lo prenderò per un “non so”… Allora… ho sentito che il tuo villaggio è stato distrutto perché un villaggio di eretici…. È vero?”

 

Eretici…

Cosa voleva dire?

 

Si prendevano carico dei loro problemi.

Aiutavano gli altri.

Erano rimasti neutrali nelle guerre.

 

Loro… non erano…

cattivi…

Non erano eretici…

 

“Allora? È stato distrutto per questo?”

 

…distrutto?

 

Il suo villaggio… distrutto…

 

Non era vero… non era vero…

Era una bugia.

 

Continuavano a mentire….

 

Prima dicendo che loro erano eretici…

Poi dicendo che il suo villaggio era stato distrutto…

 

Perché continuavano a mentire….

 

Perché quello stupido ragazzino viziato faceva quelle domande?

Perché continuava?

Perché voleva farlo soffrire?

 

“…Smettila!”

 

Saul si scostò, mettendo quanto piu astio in queste due parole…

Arrabbiato…

Infuriato…

 

Alastor lo guardava sorpreso… gli occhi arancioni puntati verso quelli dorati di Saul, cercando di capire…

Capire… cosa avesse detto di male?

 

Gli occhi… prudevano….

Erano caldi…

Avrebbe dovuto piangere di fronte a quel ragazzino senza cuore…?

 

Quel ragazzino che non capiva niente…

Quel ragazzino che continuava a trafiggerlo con le sue domande…

Quel ragazzino che era cosi calmo mentre lui…

Lui…

 

“Eddai.. volevo solo capire cosa sta succedendo! Rimettiamoci a camminare… insomma, permetti che possa capire qualcosa anchio…”

 

Capire…

Lui non capiva niente.

 

Come faceva ad essere cosi… insensibile?!

Come faceva a fare simili domande, quando voleva soltanto…

Cosa?

 

Smettere di ricordare… smettere di provare quel fastidioso senso di colpa…

Pensare… stare in pace?

 

Non sapeva cosa voleva… ma non voleva…

 

Saul riprese a camminare, a fianco di Alastor…

In silenzio…

 

Che Alastor fosse pentito…?

 

Saul lo osservò di sott’occhi…

Canticchiava fra se e se…

 

Non era pentito.

 

Non che se l’aspettasse.

 

Il paesaggio cambiò di scatto, diventando… una stradina che dava su un fiumiciattolo.

Niente piu nero…

Di nuovo… la luce…

 

La luce della luna…

 

Non era passato neanche un giorno…

Perché si sentiva gia cosi male?

 

Era fuggito.. era vivo…

Era vivo… e solo…

 

“Cosa ti dicevo? Non c’è da preoccuparsi quando si a accanto il grande Alastor! Allora, facciamo un po di progetti.. Adesso, siamo sotto il ponte all’entrata settentrionale della città… Tornare a casa è stupido: ci saranno ancora le guardie e poi è parecchio distante…”

 

Casa…

Si… casa sua era distante…

 

Casa sua non c’era piu…

 

No… non era vero, non era vero!

 

Casa sua… c’era…

C’era… ancora…

 

 “…Stare a dormire sotto il ponte non mi va a genio… si potrebbe andare in una taverna… Anzi no! C’è la casa di una mia amica… non dice mai di no a due ragazzini affamati!”

 

Era proprio… cinico…

Trattava gli amici come gregari… probabilmente…

Ma non riusciva.. ad odiarlo…

 

Saul lo seguì, mentre risalivano fino al livello del ponte…

Lo osservò mentre si ripuliva i vestiti dalla polvere…

Polvere…

 

Quanto doveva essere sporco Saul..?

Sua madre lo avrebbe sgridato…

Averis invece…

 

Oh… lui sarebbe scoppiato a ridere…

Una di quelle sue risate allegre, gentili...

una di quelle risate che gli rimettevano il buon’umore…

 

Gli pareva di sentirlo… “Voi ragazzi tutti muscoli considerate da… donnicciole rimanere puliti per piu di qualche secondo, eh?”

 

Averis… dov’era?

 

Oh no… non era morto…

Se lo sentiva dentro… non poteva essere morto…

 

“Ahhh!!!”

 

A farlo ritornare in se bastò l’urlo di Alastor…

Alastor… aveva gridato…?

 

Saul lo guardò, sorpreso…

 

Guardò quel ragazzino arrogante e presuntuoso rannicchiato su se stesso, tremare impercettibilmente, come un pulcino…

 

Cosa…?

 

Si guardò attorno… la via, in quel punto, era piena di alberi, ai lati della strada….

Nella boscaglia… mentre dall’altra parte c’era la città.

 

Qualcosa doveva averlo colpito… forse era nascosto all’interno della boscaglia..?

 

“…! Saul! Q-questo…”

 

Alastor si metteva in precario equilibrio… le pupille ridotte a due linee…

Quelle pupille da animale…

 

Si odiava.

Odiava essere immobile, non riuscire a mettere un passo d’avanti all’altro.

Odiava non poter comandare come voleva il suo corpo….

Odiava quel terrore che lo impossessava, levandogli il respiro e congelandolo.

 

“Saul. Te lo spiegherò brevemente, poi scappa: mi ha colpito una magia. Era piuttosto debole, quindi posso dire che fosse un famiglio… senza il padrone accanto .”

 

Un… famiglio?

 

Al villaggio… glielo avevano spiegato a scuola…

Era… un animale, di solito…

Era collegato ad una persona… mentalmente e.. fisicamente…

Migliorava le prestazioni magiche dell’umano che lo possedeva e…

 

Dannazione… Averis lo avrebbe saputo… sicuramente…

 

“I famigli… senza… padrone s-sono…. abbastanza potenti…. ma la magia era… un po… scarsa… q-quin…di…. Il suo padrone è… lonta…no… e… visto il famiglio… credo fosse… di u-una guardia…”

 

Questo sapeva cosa voleva dire.

 

Le guardie che possedevano un famiglio erano delle “elite”…

Se il famiglio era di una guardia voleva dire che aveva un nemico molto potente che lo seguiva…

Cosa un po eccessiva per un bambino.

 

“Se il famiglio era… cosi debole… significa… che il padrone era molto lontano… e quindi era… d’avvista…mento. O-ora… io li terrò occupati… tu devi scappare.”

 

Alastor si interruppe…

Era… la fine del messaggio.

 

Quindi… doveva scappare…

 

No.

Prima era scappato… al villaggio…

abbadnonando Averis…

E adesso… adesso…

 

“Alastor, io rimango qui.”

 

Non poteva fuggire.

 

Meglio la morte in un combattimento ad armi impari che una fuga…

 

Una fuga… per dove, poi?

 

Ora…. Non sapeva neanche dov’era….

 

“Credi… che se potessi chiederti di rimanere non… lo farei?! Saul, ho promesso a mia madre di proteggerti! E DARTI IN PASTO AD UN ELITE DI SOLDATI NON è PROTEGGERE!”

 

Alastor rimaneva in piedi per pura fortuna ormai…

 

Non poteva lasciarlo da solo contro quei soldati…

Non poteva.. neanche se era per una sua promessa…

 

“Saul! Ti raggiungerò dopo! Scappa! Va via!”

 

Scappare…

Si poteva fidare di Alastor…?

 

Poteva fidarsi delle parole di un ragazzino viziato…?

 

“Lo prendo per una promessa, Alastor.”

 

Dei rumori in lontananza…

 

Fece pochi passi all’indietro, verso la boscaglia… lentamente…

 

Alastor fece un sorriso…

Un sorriso maligno… un sorriso che si poteva vedere sulle labbra di un vampiro…

 

“Mi dispiace…. per prima. E ORA VA VIA, CHE ABBIAMO PERSO TEMPO PREZIOSO!!!”

 

Saul annuì… anche se Alastor non poteva averlo visto….

 

Tempo… aveva perso tempo…

I passi dei soldati si facevano vicini…

 

Saul si girò, quindi prese a correre, entrando nella foresta, lasciandosi indietro quella battaglia…

Una battaglia senza storia….

 

Era fuggito.

Era fuggito. Di nuovo.

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Capitolo 4
*** Fine prologo, pre-Capitolo uno: Nightmare ***


Correva… correva, mentre le gambe non reggevano piu…

Correva… correva, mentre le gambe non reggevano piu…

Correva…

 

Alastor… quanto era lontano, ora…?

Le guardie… lo avevano…?

 

No… doveva correre… doveva fuggire…

Alastor.. Alastor avrebbe mantenuto la promessa…

L’avrebbe… mantenuta…

 

Un sibilo poco lontano… e senza nemmeno poter reagire, Saul lanciò un grido, in preda al dolore…

 

Lanciò un urlo, mentre una scarica nera lo circondava…

Mentre sentiva le carni lacerate, sebbene non ci fossero segni…

 

Una figura nera… davanti a se…

 

 

“AH!”

 

Saul si svegliò, madido di sudore, strabuzzando gli occhi, nel buio.

Di nuovo quel sogno…

 

Si ributtò nel suo “letto”, un insieme di paglia…

Bhè… almeno era qualcosa.

 

Chi l’avrebbe detto.

Da piccolo, non avrebbe mai immaginato di sopravivere al proprio villaggio, a propria madre…

E di dormire ogni sera in un posto diverso.

 

Allora… in quel momento era in una casa abbandonata.

Dormire in uno dei letti era un suicidio… le molle sarebbero partite, cavandogli un occhio…

Quindi… si ritrovava per terra.

 

Si, ora i tasselli della serata precedente erano andati a posto. Perfettamente a posto.

 

Eh gia… da piccolo non si sarebbe immaginato tutto quel casino.

Ain Zara… Oliver…. Il ragazzo al di fuori del villaggio… Alastor… l’ambasciatore…

Ormai aveva imparato a non porsi piu la domanda “come stanno” o “sono sopravvissuti?”.

Era inutile.

 

Quel fatidico giorno aveva imparato che era inutile sperare.

Aveva sperato un sacco di cose, quel giorno.

Che i soldati non volessero fare niente. Che il villaggio fosse sopravvissuto. Che fosse stato solo un sogno. Che Alastor tornasse a prenderlo.

E non era cambiato nulla.

Era inutile sperare.

 

Come, d'altronde, era inutile ricordarli.

Non sarebbero ritornati.

Perché erano morti. Ne era sicuro, ormai.

 

Tranne per uno. Averis.

 

Non riusciva a pensare a lui morto, ma allo stesso tempo non voleva pensare a lui vivo.

Che razza di persona sarebbe stata Averis, se fosse sopravvissuta?

Sarebbe cambiata? Magari lo odiava? Aveva smesso di sperare, di ricordare?

Non ci voleva pensare. Non ci poteva pensare.

 

Aprì gli occhi, che aveva chiuso ricadendo all’indietro.

Ora non era piu nero… la luce entrava, filtrata dalle tende, illuminando la polvere che cadeva, come una nevicata….

Era un quattordicenne poetico, doveva ammetterlo.

 

Sbuffò, spostando un po di polvere dall’aria sopra di se.

Bhè… c’erano attività sicuramente piu utili ai suoi neuroni che soffiare via la polvere da sopra di se.

 

Saul si mise seduto, stiracchiandosi…

Dicevano che dormire sul duro faceva bene… see, però intanto chi aveva detto quello dormiva fra quattro morbidi guanciali di pura seta ripiene di piume!

 

Uff… gli facevano male le ossa della...?!

 

“CHI SEI TU?!”

 

Saul scattò verso le spade con un movimento fulmineo, spaventato dal ragazzo che lo guardava, comodamente seduto sul divano.

 

I capelli neri erano fini e lisci, lunghi fino al collo, ma non tutti alla stessa lunghezza, ne scalati. Tre ciocche cadevano sulla fronte, una esattamente in mezzo agli occhi, lunga fin sotto l’occhio destro, mentre le altre due erano piu rade e ricadevano sopra l’occhio sinistro.

La pelle era di un candore incredibile, quasi come la neve. Un candore che con i capelli neri faceva un bel contrasto.

Era mingherlino, sembrava quasi di cristallo, e sul viso si vedeva un livido di un viola tendente rosa, appena sotto l’occhio sinistro.

Sull’orecchio sinistro, che si poteva vedere poiché non coperto dai capelli, c’erano numerosi orecchini, di un metallo simile al ferro lucido. Uno era una specie di punta, da cui partiva una catenina che si univa ad un altro orecchino, poco piu in alto.

Indossava degli abiti… forti. Una maglietta senza maniche, nera, macchiata qua e la di rosso, mentre i pantaloni erano neri, pieni di tasche. Indossava anche una giacca grigia, ma in quel momento era appena scivolata fino al gomito, lasciando vedere le braccia bianche anch’esse.

Un grande tatuaggio tribale governava sull’avambraccio destro, anche se, in quella figura governata da bianco e nero, non era la cosa a cui si prestava piu attenzione.

Erano gli occhi, ciò che attirava subito.

Le iridi erano di colore diverso, e sembravano possedere ognuna una vita propria, diversa da quella del ragazzo.

L’occhio destro era blu chiaro, come il mare poco profondo e cristallino. Un occhio normale, nonostante tutto, se non fosse stata per quella tremenda apatia che vi traspariva. Vuoto, vacuo, come fisso nel nulla.

L’occhio sinistro era azzurro ghiaccio, tendente al bianco. Un occhio da far gelare il sangue nelle vene. La pupilla sembrava in grado di restringersi e ingrandirsi, come quella dei gatti. Un occhio che, nonostante le sue particolarità, non differiva tanto da quello destro in quello che trasmetteva.

La figura stessa, d'altronde, sembrava una semplice bambola lasciata cadere sul divano.

 

“Locky.”

 

Che tipo comunicativo.

 

Ok…. Il “chi sei” non gli rendeva molto utile l’identificazione del soggetto.

 

Che, alla fine, non gli sembrava poi cosi pericoloso.

In fondo, era semplicemente seduto… e non aveva armi, o almeno, cosi gli sembrava.

 

Ma ehi, trovarsi in camera uno sconosciuto era un po traumatizzante!

 

“Cosa… cosa vuoi da me? Sei uno di loro?!”

 

L’ultima parola, “loro” venne sottolineata con un astio incredibile.

 

Loro… non che pensasse realmente che quel… Locky fosse una guardia…

Non erano cosi calmi, loro… non rispondevano alle domande…

 

E, diavolo…. L’avrebbe ucciso nel sonno….

 

Ma non aveva solo soldati come nemici.

 

“Parli come lui.”

 

Forse non era un nemico, ma era irritante.

 

Con quella… calma.

Con quella maledetta calma che gli ricordava Alastor!

 

“COSA CI FAI QUI?!”

 

Silenzio…

Odiava quel silenzio.

 

Odiava ci fosse silenzio dopo una sua domanda!

 

Locky lo guardava.. uno sguardo cosi… spento…

Vacuo…

 

“È casa mia…”

 

Quella era ciò che solitamente chiamava una “notizia bomba”.

 

Saul sgranò gli occhi, guardandosi attorno.

Oddio…

 

Locky sorrise… un sorriso cosi pallido e spettrale che, unito alla figura, riusciva ad impaurirlo doverosamente….

L’occhio sinistro scintillò, come di vita propria… mentre l’occhio destro rimaneva spento, privo di vita.

 

“Ma… questa casa è… disabitata!”

 

Locky scosse la testa, continuando a sorridere, gentilmente.

Tenendo quegli occhi vuoti fissi su di lui.

 

“Ammetto di non essermi impegnato nelle pulizie…”

 

La polvere cadeva lentamente, posandosi su qualunque oggetto.

Delle ragnatele enormi erano in cucina, e la sera prima, scoprendolo, aveva deciso di non avvicinarsi alla parte destra della casa, ove per l’appunto, era posizionata la cucina.

I letti erano pieni di molle che spuntavano fuori.

 

“Si, ma a tutto c’è un limite!”

 

Quel posto andava denunciato all’ufficio igiene…

 

Locky si mise in piedi, mentre lasciava ciondolare la testa…

 

Solo allora Saul si rese conto delle due pistole che portava alle cintura.

 

“Può essere… non viene mai nessuno qui… nessuno… nessuno…”

 

Il rumore dei suoi passi era…. Quasi impercettibile.

 

Saul strinse ancor di piu le lame.

Il fatto che avesse dormito a casa sua e fosse ancora illeso non voleva dire fosse un suo amico!

 

Locky si sedette davanti al camino, cominciando a frugare nelle tasche dei pantaloni..

 

Saul arretrò, prima di capire che cosa stava cercando il ragazzo…

Dei fiammiferi…?!

 

“Di chi parlavi prima… quando dicevi che mi comporto come… “lui”?”

 

Un fiammifero…

La luce della fiamma brillava sinistra, riflettendosi negli occhi spenti di Locky…

Aspettava che si spegnesse… e poi lo buttava nel camino, prima di accenderne un altro.

 

Saul guardò Locky, perplesso…

Perché era tanto affascinato da quel fuoco?

 

Perché continuava ad accendere nuovi fiammiferi, aspettando che si spegnessero… per poi accenderne altri?

 

Lo faceva spesso, in quella casa, in passato?

Per farsi compagnia…?

Come era passata la sua vita in solitudine?

In una vecchia casa disabitata?

 

“Lui. L’essere perfetto. Il pazzo. L’incubo. L’angelo oscuro.”

 

Essere… perfetto…

Non esistevano… esseri perfetti.

In natura… non esistevano.

 

Il pazzo…

Un pazzo… perfetto?

Volevano forse dire…

Che nessuno era perfetto poiché erano… normali?

 

L’incubo…

Un essere perfetto… pazzo.

Poteva essere soltanto un incubo…

 

L’angelo… oscuro..

Una cosa perfetta…

Ma corrotta.

Gli angeli erano… esseri della luce.

Come poteva un angelo diventare oscuro?

 

Lui…

certo, ne aveva sentito parlare.

 

“Stai parlando del tizio che è comparso qualche anno fa?”

 

Una leggenda quasi.

Un mostro che si racconta ai bambini per farli star buoni…

 

Qualche anno prima… forse tre anni prima…

 

Il governo era in quel momento governato da un re.

Di un gradino appena inferiore al suo erano coloro che venivano chiamati “guardie imperiali”.

 

Le guardie imperiali avevano un potere enorme, e godevano di una pessima fama.

Avevano ognuna una specialità diversa e un potere diverso.

 

Queste “guardie” agivano sotto il diretto controllo del re.

Erano, in pratica, i suoi sicari personali.

 

C’era chi si occupava di questioni quali tortura, altri si limitavano a togliere di mezzo i pericoli rappresentati dal popolo, altri controllavano le ricerche degli scienziati.

 

Tre anni prima si era aggiunta una nuova guardia, creando cosi il sistema di quel momento, con cinque guardie al servizio del re.

 

Questa guardia era, a detta di chi l’aveva vista, strana.

 

Su questa guardia circolavano delle voci orribili…da sperare di non incontrarla mai…

 

“…Angelo… oscuro…”

 

Saul alzò lo sguardo, perplesso.

 

Locky osservava quello che doveva essere l’ultimo fiammifero.

L’occhio sinistro brillava malignamente, mentre la pupilla diventava una linea sottile.

 

Osservava quel fuoco riflettersi nei suoi occhi..

Balbettando quelle due parole…

 

“Angelo… oscuro…”

 

Dondolò la testa, come un bambino che seguiva una dolce nenia…

 

Un bambino… dagli occhi morti.

 

Una bambola…

 

“Locky?”

 

Saul non parlava molto spesso con la gente.

A dire il vero, l’ultima discussione seria avuta con qualcuno era stata cinque anni prima con Alastor, poco prima di scappare… e non vederlo piu.

 

Da quel giorno in poi si era limitato a spiccicare qualche parola con i passanti, carpendo informazioni…

 

Locky era la prima persona con cui parlava realmente, da cinque anni.

 

E adesso… non sapeva neanche cosa gli stesse succedendo.

 

Non era mica che portava sfortuna?!

 

“Locky!!”

 

Va bene…

Forse non avrebbe dovuto urlare.

Ma era spaventato…

 

Locky si zittì, immobilizzandosi.

 

Forse… lo stava ascoltando ora.

 

“Locky… Io vado via.”

“Torna pure.”

 

Ah…

Bhè… un posto caldo non si rifiuta mai…

 

Saul camminò verso la porta, per uscire, con le due spade in spalla, senza voltarsi.

 

Solo quando respirò un po di aria pura corse a tutta velocità verso la città, deciso a lasciarsi dietro quel ragazzino strano.

 

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Capitolo 5
*** Il discorso del Cantastorie ***


Come vi sentite, miei signori

Come vi sentite, miei signori?

La favola vi piace?

 

Osservate le mie splendide bambole di cristallo, mentre sono ferme…

 

Il piccolo Averis, miei signori, dov’è?

Il ragazzo al di fuori dal villaggio, l’avrà aiutato?

 

L’affascinante Ain Zara starà bene?

E Oliver, sarà insieme a lei?

 

L’arrogante Alastor è ancora vivo?

E chi è Locky?

 

Sono queste le domande che la vostra mente vi dice di porre?

 

Oppure non volete domandare niente?

 

Spero, miei cari, che sia la seconda, poiché io non risponderò.

Non ne sono in grado, miei signori.

 

Io, molto semplicemente, ho creato i personaggi.

Sono loro che si muovono, creando la storia.

 

In fondo, non è lo scrittore che crea una storia.

Non lo è mai, in una storia ben scritta.

 

Oh, non che io dica che questa sia ben scritta, o bella, non fraintendetemi…

Ma… bisogna pur raccontarle, le cose.

 

Se no… che senso avrebbe mai, viverle?

 

Oh, certo… magari voi, miei signori, vi siete gia stancati della mia voce, e ve ne siete andati…

 

Ma non importa, non importa…

Finchè un cantastorie racconta c’è sempre, e sottolineo, sempre, qualcuno che ascolta… anche se nell’ombra, anche se in silenzio.

 

Ed è per quel qualcuno che io continuerò a narrare, miei cari.

 

Perché per un cantastorie non è realmente importante ciò che narra, ma che ciò che dice sia ascoltato da qualcuno.

 

 

 

 

 

*     *      *     *     *     *     *     *     *      *     *     *     *      *       *     *      *      *      *     *     *       *

 

 

Ringrazio Chat Noir, sperando che i gatti neri portino effettivamente fortuna! ^o^

P.S. le due poesie sono belle e Roses mi piace *-* certo… secondo il mio modesto parere, alcuni passaggi cadono un po di tono, ma è veramente bella! (in linea teorica sono bravo, e nella pratica che vado male… =_=” )

Ultima cosa: ci sono rimasto malissimo (senso buono) quando i genitori gli hanno detto “Ok va bene”, dopo che lui gli aveva detto che se ne andava…. Sai, mi aspettavo chissà quali scene del tipo “genitori nevrotici nonché rompiscatole”…

 

 

E ringrazio anche tutti quelli che leggono questa fanfic.

 

Perché quelle 66 letture non possono essere state fatte da una sola persona….

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Capitolo 6
*** Capitolo uno: three thieves, more problems ***


Mentre il pallido sole del mattino cominciava a far capolino fra le nubi, illuminando i capelli biondi e le iridi dorate e irr

Mentre il pallido sole del mattino cominciava a far capolino fra le nubi, illuminando i capelli biondi e le iridi dorate e irritando incredibilmente il proprietario di esse, Saul aveva deciso che Locky non era un nemico.

 

Il ragazzo gli aveva donato, probabilmente, un luogo dove riposarsi e dormire, e, sinceramente, non poteva che essergli grato.

In cambio non aveva chiesto niente….

Ma l’esperienza gli aveva insegnato che nessuno dava mai niente per niente, quindi la domanda che ormai lampeggiava insistentemente nella sua testolina bionda era e rimaneva sempre la stessa.

 

“Che diavolo faccio?”

 

Tornare a casa, temendo che magari avesse chiamato le guardie?

 

Saul aggrottò la fronte, ridacchiando.

 

Casa…

Bhà… casa sua era stata bruciata quando aveva nove anni.

Solo perché ci aveva dormito una notte non poteva sicuramente definirla “casa”…

 

Ma… se durante la notte Locky lo uccidesse nel sonno?

Va bene, forse non era proprio un pazzo pericoloso, ma era eccentrico… questo si.

E se gli avesse dato fuoco?

 

Sbuffò, lisciando i guanti, facendoli diventare quasi una seconda pelle.

Non gli piaceva non sapere cosa fare.

 

Alla fine optò per una cosa semplice e assolutamente normale.

Non sarebbe tornato.

 

Tecnicamente, non aveva promesso niente a Locky, quindi…

E poi, non credeva piu alle promesse da cinque anni.

 

Le promesse si rompono… è una legge di natura.

 

C’è chi può e chi non può e blablablablabla.

 

Cavolo, riusciva ad annoiarsi pure ascoltando la propria mente.

 

Si stiracchiò, con nonchalanche, e proprio in quel momento passava di la un riccastro, che inciampò sulle sue gambe.

 

“Oops, scusi, ho fatto apposta!”

 

Saul disse questa frase velocemente, come se fosse sorpreso e allo stesso tempo dispiaciuto per il nobile.

Nobile che, ingannato dal tono di voce e dalle circostanze, non ci fece caso.

 

Saul si chinò in avanti, prendendo con il braccio destro il braccio del nobile e con l’altro frugando velocemente nelle tasche del cappotto, mascherandolo per un tentativo di aiutare l’uomo.

 

“Sta bene? La prego di scusarmi…”

 

Il nobile fece un vago cenno, prima di voltarsi e sparire in una stradina.

 

Wow… un nobile che non gliene diceva di tutti i colori…

Piu unico che raro.

 

Fortuna che si era preso un ricordino…

 

Saul aprì il portafogli… rivelando uno spettacolo miseramente vuoto…

Cioè… era vuoto cosmico quello… gli metteva persino tristezza…

Niente soldi… niente oggetti di valore…

Niente.

 

Cominciava persino a chiedersi se a vendere il portafoglio gli avrebbero dato effettivamente qualcosa.

 

Mise il portafoglio in una tasca dei pantaloni, dove metteva solitamente il suo portafoglio…

Dove non c’era piu il suo portafoglio.

 

Saul scattò in piedi con una velocità fulminea, mentre si rendeva conto dell’amara verità…

I due si erano derubati a vicenda!

 

Dannazione, dannazione, dannazione!

 

Era ridicolo! Ridicolo!

 

Due ladri che si rubano a vicenda! Era una storiella, una barzelletta, non poteva succedere!

Non poteva succedere a lui!

 

Aveva visto, era proprio passato in quella stradina…

Oh, l’avrebbe preso, oh si che l’avrebbe preso… non poteva crederci…

 

AHIO!!!”

 

Oddio, ma stava cadendo sempre di piu nel ridicolo!

Adesso era andato a sbattere contro una ragazzina…

 

Era una ragazza piccola, dall’aspetto vivace. Non molto alta, snella… o per meglio dire, magra. Era magra per la sua altezza, dandole un aspetto… da bambina.

La carnagione era chiara e i tratti del viso erano orientali.

Il naso era piccolo e a punta, gli occhi grandi e vivaci, di un colore verde chiaro. I lineamenti erano morbidi, come quelli di una bambina.

I capelli erano sul biondo cenere, con tanti riflessi rossi e arancioni, ed erano portati con una bandana, a ciuffi contornati da treccine fermate da perline colorate.

Indossava degli abiti colorati, vivaci.

Delle braghette corte, arancioni, e un top azzurro, con dei fili gialli, alcuni legati a fiocco, altri semplicemente lasciati cadere.

Indossava anche degli stivali marroncini chiaro, anche se sembravano piu scarponi da montagna.

E poi…  indossava dei guanti neri, senza dita, e aveva un ciondolo a forma di cuore, al collo.

 

Scusa! Adesso ti…”

“Faccio da solo!”

 

Non aveva tempo per il bon ton e tutte le altre inutili cavolate, doveva prendere il ladro!

Si alzò in piedi con un colpo di reni e schivò la ragazza, ricominciando a correre…

 

Era irritante! Era…

Argh! Era piu che irritato! Era infuriato!!!

 

Quel… quel ladro mascherato da nobile… quel nobile mascherato da ladro…

Cosa cambiava?! Lo aveva derubato, maledizione!

 

“MA PORCA MISERIA, FATE ATTENZIONE QUANDO CAMMINATE!!!”

 

Aveva girato l’angolo e un altro inetto era comparso, facendolo nuovamente andare a terra e perdere terreno…

 

L’altro emise sono uno sbuffo, mentre prendeva il cilindro e si metteva in piedi, togliendo dai ricchi vestiti la polvere…?

RICCHI vestiti?!

 

Saul scattò in piedi, e, piu o meno come fece anche l’altro, cominciarono a squadrarsi, increduli.

 

I capelli neri, erano scalati, corti, e la frangia era pettinata in modo che ricadesse ai lati, anche se in quel momento alcune ciocche coprivano gli occhi.

Gli occhi erano splendidi. Partivano, nel centro, come giallo chiaro, e diventavano a poco a poco verdi.

L’aspetto era esile… da ricco aristocratico, in poche parole, il cui maggior sforzo era portare alle labbra il bicchiere di vino.

La pelle bianca e liscia lasciava intendere che non facesse alcun lavoro pesante, in generale.

E poi… bhè, era vestito da perfetto nobile…

La coccarda bianca al collo della camicia bianca immacolata… il gilet nero… la giacca nera… i pantaloni neri… le scarpe nere… i guanti neri… indossava persino una tuba!

 

Cos’era quel tipo?

Un nobile che rubava per sfizio?

 

“Ehi tu! Ridammi il mio portafoglio!”

 

La stesse parole nello stesso momento con gli stessi gesti.

La cosa lo irritava particolarmente.

 

Saul rubava perché ne aveva bisogno…

A quel tipo sarebbe bastato rubare il cappello per vivere!

 

“Io?! Tu ridammi il mio portafoglio!”

 

Di nuovo….

Sembrava di vedersi allo specchio…

 

Poteva persino essere divertente…

Ma Saul non voleva divertirsi.

 

Rivoleva il suo desolatamente vuoto portafoglio!

 

Il ragazzo alzò una mano, mostrando il palmo a Saul, come per zittirlo.

 

“Il fatto che un ladruncolo come te sia riuscito a fregare me è pura fortuna!”

 

PURA FORTUNA?!

 

Lui rubava ogni giorno, era riuscito a affinare incredibilmente le sue capacità…

Come osava quel… conte infangare la sua reputazione!

 

“Tu sei un ladruncolo! Scommetto che sei uno di quei nobili annoiati che ruba solo per sfizio!”

 

Era una strana discussione, ora che ci pensava.

Da bambino avrebbe mai immaginato di litigare con un nobile per decidere chi dei due rubava meglio?

 

Non fece però in tempo per rendersene in tempo…

La ragazza di prima a quanto pareva lo aveva in inseguito, inciampando su di lui, e allo stesso tempo facendolo inciampare sul ragazzo…

 

Insomma… era mattina e tutto andava male!

 

“Uha! Scusate scusate scusate!!! Mi inseguono le guardie, mi inseguono le guardie!!!”

 

GUARDIE?!

 

Saul e il ragazzo si misero in piedi con un colpo d’anca, e corsero dalla parte opposta a quella da dove era appena arrivata la ragazzina.

 

Era una cosa incredibile.

La ragazzina era andata in testa, dotata di una velocità a dir poco stupefacente, mentre accanto a lui si ritrovava il ragazzo.

 

Forse era un nobile, ma sapeva correre…

 

Dei passi, dietro di loro… passi pesanti…

Per via delle armature, probabilmente.

Erano proprio loro… le guardie.

 

Saul si voltò all’indietro, cominciando la difficile opera del correre velocemente all’indietro…

Figure… scure…

E grosse…

 

Erano proprio le guardie.

 

“Attento!”

 

Il ragazzo lo tirò verso di se, facendogli evitare un bidone a cui stava andando a sbattere a tutta velocità…

Saul decise di tornare a correre normalmente…

 

Era… strano.

 

Prima aveva trattato poco bene la ragazza, e stava quasi per combattere con quell’altro…

E ora stavano scappando insieme.

 

Una bella pubblicità. “Diventa anche tu un ladro: ci si aiuta a vicenda!”

 

Poteva essere l’inizio di una fratellanza…

 

Una sfera colpì il muro, facendo volare qualche scheggia rossa.

Oh-oh…

 

“La magia! Stanno usando la magia!!!”

 

La magia….

Dannazione!

 

Per quante capriole si faceva, una magia difficilmente poteva venir evitata…

 

“Contrattacco. Veloce. Pulito. Ora.”

 

Il nobilastro ora dava pure ordini, eh?

 

Bhè, per quella volta lo perdonava.

 

Saul ghignò, portando le mani alle spade.

Ora si parlava la sua lingua…

 

La ragazzina prese dalle tasche due boccette e cominciò a mescolare gli intrugli, in fretta e furia…

 

Wow… insomma, come ci riusciva? Saul se non guardava dove metteva i piedi rischiava di uccidersi…

 

Il conte, invece, si limitò a far aderire i guanti alle mani, inamidandosi le labbra…

Un po nervoso?

 

“Giriamoci… ora!”

 

La ragazza girò sulla gamba destra, rimasta rigida, e lanciò velocemente la bottiglietta sui soldati, a poca distanza, prima di finire nuovamente rivolta verso la strada soprannominata “via di fuga”.

Il conte, ormai lo aveva soprannominato cosi, aveva fatto invece una giravolta piu vistosa, con tanto di svolazzo di mantello, sparando poi due sfere, una argentea e una nera, verso i soldati.

Saul invece si era piantato sulle gambe, con in ogni mano una spada, per poi fare un taglio a X al vuoto, incrociando le lame mentre le faceva scendere.

 

Gli effetti dei tre attacchi erano non male.

 

La boccetta buttata dalla ragazza era infatti, a quanto pareva, esplosiva. Anche parecchio sgargiante: le fiamme lasciavano aloni azzurrini e viola nell’aria.

Le due sfere invece si erano fuse all’ultimo momento, creando una cosa strana, impazzita, che inglobò un nemico e lo… congelò al suo interno.

Meno uno, ne rimanevano tre…

 

L’attacco apparentemente dato all’aria di Saul causò uno spostamento d’aria che si ghiacciò, creando cosi due lame di ghiaccio, a forma di mezzelune, che si dirigevano verso i nemici.

 

Insomma, proprio un bello spettacolo… se non fosse stato che il conte lo aveva preso per il colletto, costringendolo a seguirlo.

 

 Sigh… l’inseguimento non era finito, eh?

 

Bhè certo… in fondo erano anche piu forti di loro…

Per quanto gli attacchi fossero pomposi, i soldati si erano sicuramente difesi…

 

Rallentati, ma non fermati. Dannazione.

 

Naturalmente, in una città piena di viuzze, strade stradine e chi piu ne ha piu ne metta, dovevano proprio incappare nell’unica stradina senza altre vie d’uscita se non la fine… che chissà quando era.

 

Proprio mentre pensava questo, i tre arrivarono ad un bivio.

Un bivio di tre strade differenti.

 

Oh, no!!

 

“Ok… ognuno prende una strada diversa.”

 

Il conte aveva parlato.

La ragazzina lo guardava a bocca aperta, come se fosse sorpresa…

Sorpresa di cosa?

 

“è un’idea idiota… sono rimasti tre soldati, potranno seguirci, e ad uno ad uno non abbiamo speranze!”

 

Era la cosa ce la gente apprezzava di piu in Saul.

L’ottimismo.

 

Il conte però fece una risata secca, togliendosi pacatamente la polvere dal cilindro…

 

Con quella… maledetta calma…

 

“Non mi sembra che in gruppo abbiamo tante piu speranze…”

 

Tecnicamente vero…

 

Anzi… del tutto vero…

 

Oh, maledizione… non poteva finire in prigione…

Se finiva in prigione… se finiva in prigione…

 

No… non sarebbe finito in prigione!

 

“Sono laggiù!”

 

Saul sentì le due parole, con una faccia cosi disperata da apparire come un bambino sull’orlo delle lacrime.

 

Gli altri due non sembravano tanto messi meglio.

 

Un’altra sfera nera sfiorò il piede della ragazza, che con una piroetta era riuscita ad evitare l’attacco.

 

…Non volevano prendere un tè, eh?

 

I tre si misero istantaneamente d’accordo, decidendo, o meglio, scappando a gambe levate, verso la prima strada che gli capitava davanti, ovvero quella centrale…

 

Ok, Saul non era diventato un ladro per l’organizzazione…

 

I passi erano lievemente piu lontani, ma erano sempre un pericolo…

E loro non potevano attaccare, scappando.

 

Sigh… e cosi, all’età di quattordici anni doveva morire in compagnia di due estranei…

Ah gia… non gli aveva neanche chiesto il nome.

 

Magari… come ultimo desiderio…

 

I tre ragazzi si fermarono, increduli… o meglio, il conte e la ragazzina increduli.

Saul apprese la notizia con un semplice e flebile sospiro.

 

La sfortuna andava fino in fondo, no?

 

"È un vicolo cieco!!! È un vicolo cieco! Nononono,  non un vicolo cieco, no!!!"

 

Bhè… a quanto pareva la ragazzina se n’era accorta.

 

Erano spacciati erano morti erano spacciati erano morti erano spacciati erano morti erano spacciati erano morti….

 

“Allora… vediamo un attimo di ragionare… Voi, cosa avete fatto per scatenare un inseguimento da parte di non dico una, non dico due, non dico tre ma ben quattro guardie?”

 

Il conte aveva di nuovo mostrato il palmo, come per zittire dei bambini disubbidienti…

Senza contare il modo di parlare…

Praticamente scandiva ogni parola, come se stesse spiegando come prendere una forchetta a dei dementi…

 

Comunque, era una buona domanda…

Saul cosa aveva fatto… uhm…

 

“Dicono che sono un eretico…”

 

Bhè… sicuramente i due non sarebbero andati a spifferarlo ad una guardia

 

Il conte annuì, vagamente interessato, poi perse qualunque interesse e invitò, con lo sguardo, la ragazza a parlare…

 

“Ho rubato ad una delle tre guardie… uhm, cos’è un eretico?”

 

Saul si sentì pietrificare, gli occhi dorati fissi sul volto incuriosito e allegro della ragazza, che non sembrava molto spaventata…

 

Eretico…

Cos’era… un eretico?

 

Un eretico…

 

Non ci doveva pensare… doveva tornare alla realtà…

e la realtà era che era in un vicolo cieco, con tre guardie alle spalle!

 

…Forse tanto valeva che pensasse al passato.

 

“….Io… uhm… bhè… sono nato?”

 

Il ragazzo disse questo, con tono vago e occhi un po assenti…

 

Saul lo guardò, la mano in cui aveva affondato la testa ora era scivolata sulla bocca… e gli occhi dorati lasciavano trasparire una tale disperazione, una tale sofferenza…

Uno sguardo, in poche parole… stanco.

 

Rifletté un attimo su quelle parole… “sono nato”

Effettivamente, anche per Saul il fatto che il conte fosse nato creava una grande irritazione.

 

La ragazzina si mordicchiò il labbro, osservando il terreno…

 

Erano tutti e tre dei piantagrane per la città, a quanto pareva… quindi non si poteva dire per chi fossero la quelle guardie…

 

Non che cambiasse molto alla fine…

Insomma, anche se gettava la causa di quel casino in pasto alle guardie, quelle avrebbero gettato in galera pure gli altri due…

 

Il rumore di passi li fece riprendere…

E si resero nuovamente e disperatamente conto che erano nei guai.

A parte il conte, che, con tutta la sorpresa della ragazzina e la completa indifferenza di Saul, che ormai pensava alla morte, aveva fatto un lieve e sardonico sorrisino.

 

“Bene… sarebbe potuto essere un piacere conoscervi, ma non è stato tale… momentaneamente, possiamo solamente prendere in considerazione l’ultima nonché unica via di fuga…”

 

Il conte disse ciò con voce suadente, quasi… divertito…

 

La ragazzina lo guardava estasiata… un sorriso piegava le sue labbra, e una luce rispettosa brillava nei suoi occhi…

 

Saul invece aveva semplicemente portato gli occhi al cielo, domandandosi cosa avesse fatto per meritarsi una vita misera e una morte accanto a quel tipo.

Fu in questo semplice e disperato gesto che si accorse di cosa stesse parlando il conte.

Era una possibile via di fuga.

 

Saul sogghignò, riprendendo finalmente un po di vita.

 

Ora si parlava il suo linguaggio…

 

“Intendete l’alto vero…?”

 

La ragazza disse questo, guardandoli a intermittenza… prima uno e poi l’altro…

 

Saul fu lievemente sorpreso, e anche un po sconcertato, nel notare che il conte aveva la sua stessa espressione da volpe nel guardare la ragazzina, con lo stesso identico ghigno.

 

A interrompere l’idillio furono i rumori dei passi, sempre piu vicini…

Conveniva darsi una mossa.

 

Ok… Si inizino le danze, lo spettacolo sta per finire!”

 

Saul cominciava a preoccuparsi. Era sempre piu d’accordo con i modi di dire e fare del conte…

 

Poco importante. Non lo avrebbe rivisto mai piu, se era fortunato…

 

“Siiii! ^o^”

 

La ragazzina fece un salto di gioia, un pugnetto diretto verso il cielo, quindi si rivolse verso uno dei muri, correndo verso di esso…

E saltando contro la parete.

Saul quasi si incantò ad osservarla saltare velocemente sui due muri, salendo sempre piu in alto…

 

Lo stesso stupore che lo prese quando due ali fecero il loro ingresso fra le scapole del conte.

Due ali tutt’altro che belle.

 

La sinistra doveva essere candida e piumata, ma in quel momento si poteva vedere solamente un parte dell’ala, solo in parte ricresciuta, con alcune piume ancora un po spiegazzate qua e la, segno che era stata strappata tempo prima.

La destra doveva essere invece demoniaca, nera, come quella di un pipistrello… ma sembrava anche questa essere stata  orrendamente strappata ,e  ricresciuta solo a metà.

 

Sebbene cosi lesionate, erano abbastanza grandi da poter fare un piccolo volo come quello… anche se non con facilità, come poteva immaginare dalla smorfia di sollievo che fece il conte arrivando in cima.

 

Lui, purtroppo, non riusciva ne a saltare ne a volare…

Però aveva un altro mezzo.

 

Saul scattò verso il muro, quindi, all’ultimo momento, saltò piu in alto che poteva, attaccandosi ad esso.

 

Non era particolarmente facile starci attaccato, doveva ammetterlo…

Ma in fondo, doveva solo arrampicarsi, non rimanere fermo.

 

Saul, grazie all’inconsueto senso dell’equilibrio e una buona dose di agilità e forza, era in grado di scalare qualsiasi salita… anche la piu impervia.

E di certo, non era un muro a creargli problemi…

 

Aveva una velocità straordinaria, quasi come un ragno che saliva sulla propria tela…

La velocità di quella salita lo costrinse (decisamente una scelta non sofferta) a fare un, seppur piccolo, salto, alla fine della scalata.

 

Osservò i guanti, lievemente dispiaciuto per averli sporcati, quindi riprese a correre, onde mettere quanta piu distanza poteva dalle guardie.

 

Quasi le aveva dimenticati, nella foga della salita…

A farsi ricordare, comunque, ci pensarono proprio le guardie, schivandogli per un pelo (ma dove diavolo si erano allenati per perfezionare la mira?!) la spalla con una sfera.

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Capitolo 7
*** Capitolo due: What do will do?! ***


Mentre il pallido sole del mattino cominciava a far capolino fra le nubi, illuminando i capelli biondi e le iridi dorate e irr
Scusate, ma mio fratello mi occupa il computer… ç_ç
 
Cmnq, ringrazio Blustar, e sono veramente felice che ti piaccia ^o^
Riguardo al mio modo di scrivere, spiegherò brevemente il mio metodo: io sono un giocatore di Gdr with forum, dove bisogna descrivere luogo, sensazioni e seguire alla lettera il profilo psicologico del proprio Pg.
 
Insomma… scrivo cosi perché abituato al Gdr.
 
Per quanto mi riguarda, sono ancora decisamente imperfetto… =_=
 
*     *     *     *    *    *     *    *    *    *
 
 
Mentre Saul sedeva tranquillamente all’ombra di un albero, oppresso da quello che da un mite sole era diventato l’apocalisse del caldo, pensava placidamente, facendosi mollemente vento con un foglio che era stato distribuito poco prima, alla mattinata avuta.
 
Movimentata, non c’era che dire.
 
Era riuscito a seminare le guardie, come si poteva immaginare dal fatto che ora stava subendo il caldo, e aveva rubacchiato anche qualcosa agli altri due.
 
Ehi, o si ruba o si muore.
 
Naturalmente, non aveva dato proprio una vera e propria occhiata a ciò che aveva rubato. Solitamente, quello non era il suo modus operandi.
 
Rubava quello che riusciva, e poi, solo alla fine della giornata e in un luogo sicuro guardava cosa aveva preso.
Quella mattina, aveva fatto uno strappo alla regola, ma solo perché per le strade non c’era nessuno.
 
Visto cosa era successo in seguito, Saul si era poi guardato bene dal vedere cosa avesse preso, anche se poteva dire vagamente di cosa si trattasse nel caso della ragazza: due spade piccole.
Non aveva però idea di nulla di quanto riguardasse queste: materiale, filo, modalità di creazione, preziosità ecc.
Quindi, fino a quella sera, le due lame erano inutili.
 
Le guardie lo insospettivano non poco.
Certo, forse era solo un attacco d’ira dovuto al fatto che la ragazzina li avesse derubati…
 
O forse era che avevano visto il conte, e per un pretesto qualsiasi avevano deciso di inseguirlo… poi la ragazza si era impaurita visto che venivano verso di lei e aveva cominciato a correre… visto che c’erano anche altri due ladruncoli, avevano pensato di prendere tre piccioni con una fava…
 
Come ricostruzione potevano anche andare, lo ammetteva… e sperava sinceramente che fosse per loro due che le guardie si fossero messe in moto…
 
Ma con le speranze non si andava avanti.
 
Partendo quindi con il presupposto che le guardie erano li per lui…
 
le guardie lo avevano riconosciuto come ladro, e quindi dato la sua descrizione,
qualcuna delle vittime lo aveva riconosciuto, e quindi dato la sua descrizione ad una guardia,
Era stato riconosciuto come eretico, e quindi data la sua descrizione ad una guardia
 
In tutti e tre i casi, la città non era piu un luogo sicuro.
 
La morale, alla fine, era semplicemente una: doveva andarsene, facendo calmare le acque.
 
Ora bastava capire dove.
 
Naturalmente, poteva chiedere un po in giro, ma se era stato riconosciuto, prima o poi si sarebbe saputo che aveva cercato informazioni, quelle che aveva ottenuto e, in seguito, dove era.
 
No, meno gente incontrava – e vedeva – meglio era.
 
Rimaneva quindi cercare una misera mappa, ma dove sarebbe potuto entrare lui senza destare sospetti?
 
In una locanda dubitava di poter trovare qualcosa, e comunque era piena di gentaglia, che probabilmente avrebbe riferito la sua posizione per quattro soldi.
 
In un bordello dubitava ci fossero carte geografiche.
 
Rimaneva il chiedere a qualcuno, ma aveva escluso questa ipotesi poco prima.
 
Poteva rubarne una… ma dubitava che i villici del luogo girassero con delle mappe.
 
Saul, sotto un velo di sudore, opprimente quasi più del caldo, fece una risatina secca, continuando meccanicamente il movimento con il foglio che aveva in mano, in un vano tentativo di avere un di frescura.
“Villici”… da quando pensava cosi raffinato?
 
Doveva essere stato il conte…
Certo che ne aveva incontrata di gente strana…
Il conte, la ragazzina e Locky
 
….!!!!!
 
COME AVEVA FATTO A NON PENSARCI?!
Ma certo, certo!
Aveva la soluzione cosi a portata di mano che non se n’era accorto… che stupido!
 
Saul ridacchiò, asciugando il sudore che gli appesantiva le palpebre…
Ma certo…
 
Locky.
 
Certo, aveva detto che si sarebbe cercato un altro posto dove dormire… ma se le promesse si rompono, figuriamoci i semplici pensieri!
 
Aveva dormito in quella casa solo una notte, ed era quasi impossibile che qualcuno l’avesse notato.
 
Locky sicuramente non sarebbe andato a parlare con una guardia… cioè, a dire il vero quello non lo sapeva…. Ma non riusciva proprio a immaginarselo, a parlare con una guardia.
 
E comunque, le guardie non gli avrebbero creduto, quindi… perfetto!
 
Allora… forse una cartina non ce l’aveva… però poteva mandarlo al suo posto alla ricerca di una carta geografica, o quantomeno qualcosa per orientarsi.
 
E poi, sembrava abbastanza informato su quello che accadeva nel mondo, in quei tempi… quindi, con l’ausilio di una mappa che il suddetto aveva oppure gli procurava, poteva decidere dove andare per lasciar calmare le acque…
 
Mhm… eccellente…
 
Rimaneva quindi solo una cosa da decidere.
Cosa fare in quel momento?
 
Continuare a rubacchiare era da escludere: rischiava una seconda retata delle guardie.
Andare alla casa di Locky non era una buona idea. Preferiva aspettare la sera, e poi alla luce del sole sarebbero riusciti a seguirlo piu facilmente…
 
Rimaneva solo cercarsi un posticino all’ombra, dove nascondersi per tutto il giorno…
Si, a trovarlo!
 
Però… Aspetta, forse aveva il luogo adatto…
 
 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo Tre: There's time to drink ***


“Dove eravate spariti

Scusate il ritardo, ma sono andato in vacanza… Spagna, con i miei fratellini e un amico di mio fratello. Ma questo credo lo racconterò in una fanfic da queste parti… uhm, forse forse… comunque!

 

X Blustar: Grazie sul serio… shono commosso ç_ç forse fra un po tornerò a Gidrare… ma non credo di essere cosi bravo come pensi.

Per farti capire, userò come esempio com’è diventato Saul.

Saul è diventato… superficiale. È furbo e pessimista, non si fida piu di nessuno e pondera tutte le possibilità, con attenzione e con una prudenza quasi maniacale. Non spera piu, non crede nelle promesse, non crede negli altri…

Probabilmente non avete capito il cambiamento subito da Saul… e se non lo avete capito è solo colpa mia ç_ç io devo farvi comprendere cosa pensa il personaggio, com’è e come mai agisce cosi… se non ci riesco, allora non merito l’appellativo di autore.

Comunque, come sempre… sono lieto tu mi legga, e mi scuso per il ritardo ^o^

 

X Lady Aria: e io sono lieto che tu mi legga ^^ ciò che dici è sacrosantamente giusto, e chiedo venia per essermi dimenticato di quelle nobili categorie che alcuni considerano invasati... dei pazzi.

E cosa c’è di male nell’essere dei pazzi?

Creare qualcun altro… una cosa come fece il dottor frankenstein, non è ancora ricollegabile a ciò che i “pazzi”, gli eretici, fanno.

Il corpo è nulla prima di essere qualcosa. Senza anima si è solo un fantoccio vuoto.

E gli artisti, i pazzi, creano anime che vivono, sebbene non posseggano un corpo loro.

Ma ora basta, quei pochi che mi leggono rischiano di addormentarsi sulla tastiera….

 

 

***********************************************************************************************************

 

 

“Benvenuto nella casa del piacere.”

 

Saul fece un lieve sorriso, facendo un inchino.

 

“Il piacere è tutto mio… Potresti chiamare Sylvia? È… una cosa importante.”

 

La donna lo guardò con un sorriso ammiccante, quindi chiuse la porta, invitandolo ad aspettare.

 

Bhè, aveva abbastanza tempo per prepararsi.

 

Dannazione, doveva essere in uno stato pietoso…

Si guardò in un riflesso, nel vetro di una finestra… i capelli biondi erano abbastanza apposto, ma i vestiti…

 

Sospirò, cominciando a togliere con gesti decisi la polvere dagli abiti.

Maledette stradine, piene di polvere e… bhè, aveva passato anche la maggior parte del tempo sdraiato su dell’erba, non poteva essere in buone condizioni…

I guanti candidi erano sporchi, terribilmente sporchi, e in alcuni punti la stoffa reggeva a malapena…

Che aspetto pietoso.

 

“Oh zuccherino… che cosa ci fai qui?”

 

Saul alzò gli occhi verso la porta, ora nuovamente aperta, dove faceva la sua apparizione Sylvia, bella ragazza nonché padrona del luogo.

 

Aveva lunghi capelli neri, lucidi e lisci, che ricadevano morbidamente sulla schiena.

La pelle era olivastra, con alcune lentiggini sulle guance, ma poco visibili per la pelle bruna.

Gli occhi erano marroni, cosi scuri che ci si poteva perdere dentro. Ipnotici, a dire il vero.

Era lievemente bassa, ma era ben compensata da delle eleganti scarpe nere, con i tacchi.

Era interamente vestita di nero, dal vestito, che le fasciava elegantemente il corpo, ai guanti di pelle, lucidi e lunghi fino al collo.

Una moltitudine di lacci le lambivano il collo, unendosi poi alla fine, sul petto, tenendo su una pietra.

Sebbene fosse bassa, il corpo era sinuoso e ben fatto, le curve al posto giusto.

Sul viso si scorgeva un po di trucco, giusto attorno agli occhi, e un rossetto, di un rosso acceso, brillante.

 

Forse, era quella bellezza che molti chiamavano angelica… o maledetta.

 

Saul le sorrise, vagamente malizioso.

 

“Non riuscivo piu a starti lontano…” 

 

Sylvia sorrise, mentre Saul diceva questo.

Un sorriso che avrebbe fatto capitolare numerosi uomini ai suoi piedi.

 

Entra, ometto…”

 

Saul si guardò nuovamente attorno, per essere certo che la stradina era deserta, quindi entrò, chiudendo la porta alle sue spalle.

 

Era entrato in un corridoio buio ma ben pulito, dove si affacciavano numerose porte, in quel momento chiuse, e dove c’era un odore… un odore che a molti piaceva, certo… ma che non riusciva propriamente a descrivere.

Lavanda. Sapeva che quell’odore era lavanda.

 

A molti piaceva.

 

Saul non lo sopportava.

 

“Sylvia, io ti amo, ma per far funzionare il nostro rapporto dovremo giungere a compromessi…ad esempio, cambiare il profumo.”

 

Saul fece una smorfia disgustata, mentre quel odore nauseante gli invadeva le narici, procurandogli un forte mal di testa.

 

Sylvia fece una piccola risatina, scotendo lievemente la testa, ma continuò a camminare, senza far nulla per quel… profumo.

Naturalmente… insomma, probabilmente quel odore è ormai dentro qualsiasi oggetto… forse la stessa casa ormai odorava di lavanda.

 

Ma non lo sopportava.

 

Sentiva quel odore entrare nella sua testa e poi lottare, come per cercare di distruggere dall’interno.

Avvertiva persino il suo cervello sanguinare, colpito da quel odore nauseante e dolciastro che era la lavanda.

Faceva male. Un male terribile.

 

“Oh, Saul… tenta di sopportare… Al piano di sopra non c’è questo odore, e potremo parlare…”

 

La voce suadente di Sylvia penetrava nella sua mente, moltiplicando quel dolore.

 

Saul sorrise, mentre si massaggiava le tempie…

Sembrava… era come avere un tumore.. un dolore che lo uccideva dall’interno.

 

Gli altri andavano in giro per i corridoi. Sentivano quel odore e non provavano alcun dolore.

Qualcuno lo trovava persino piacevole.

Perché allora lui lo odiava? Perché gli faceva cosi male?

 

Non poteva pensarci… doveva trovare qualcosa su cui concentrarsi…

Com’era possibile concentrarsi?

Gli faceva male la testa.

 

C’era della musica… proveniva della musica da un delle stanze.

Saul chiuse gli occhi, massaggiandosi le tempie, senza fermarsi, mentre tentava di capire che canzone fosse, cosa molto difficile visto il dolore che provava.

 Doveva concentrarsi su quella canzone… per quanto lontana fosse, per quanto la testa stesse cercando di scoppiare…

 

Aprì gli occhi, con un sorriso stanco, mentre tornava a guardare la figura aggraziata che gli camminava davanti.

 

“Vedo che vi state aggiornando con le nuove tendenze…”

 

Stavano salendo delle scale… fra un po sarebbero arrivati nelle sue stanze, e quel odore di lavanda non ci sarebbe piu stato…

Non ne vedeva l’ora.

 

Sylvia però si era fermata…adesso si era girata verso di lui, con un sorriso strano…

Sembrava quasi… non poteva dirlo con certezza…

Ma era un sorriso quasi affettuoso… e allo stesso tempo freddo.

 

“Tu saresti cosi adatto.. con il tuo bel faccino, attireresti un sacco di clienti.”

 

Saul assunse la sua migliore aria imbronciata, in perfetto stile bambino offeso.

 

“Ehi… abbastanza piccolo per non potermi divertire ma abbastanza grande per poterci lavorare? Mi sembra ingiusto…”

 

Sylvia gli rivolse un semplice sorriso… un sorriso che Saul aveva visto poche volte sulle sue labbra, ma che prima, quando ancora il pensiero del suo villaggio gli faceva male, aveva spesso rivolto a chi pensava amici.

Un sorriso amaro, lievemente triste… un sorriso triste per i ricordi.

 

La ragazza continuò a salire, invitando Saul a seguirla.

Un Saul che, per pochi secondi, si era dimenticato del male che quel profumo gli faceva, penetrandogli dentro e distruggendolo.

 

Mhm… dimmi zuccherino… come mai sei venuto a farmi visita?”

 

Erano saliti al piano superiore, nelle stanze di Sylvia.

Erano, piu precisamente, nel retro della casa, da dove era entrato Saul. Le stanze di Sylvia occupavano la parte ovest della casa, lasciando molto spazio alle altre camere, dove aveva luogo il “lavoro”….

 

Oddio… credeva… non che sapesse precisamente dove fosse…

 

Fortunatamente, l’odore di lavanda era scomparso.

Nessuno sembrava capirlo, quando stringeva la testa, cercando di proteggersi inutilmente da quel odore interno, procurato dalla lavanda… alcuni dicevano persino che doveva essere pazzo.

Ed era per quello che Saul aveva smesso di rendere noto alla gente il suo stato.

 

Per quello e, naturalmente, per altri motivi piu o meno importanti… tipo aver perso il proprio villaggio, il proprio miglior amico, chiunque avesse voluto proteggerlo, aver dovuto fuggire da dei soldati e altre sciocchezzuole del genere.

 

Sylvia si muoveva aggraziatamente verso il servizio da tè, mentre Saul si sedeva comodamente su una sedia, con l’eleganza tipica del padrone di casa.

Osservò i candidi guanti ormai irrimediabilmente rovinati, con un flebile sospiro, distendendo e poi chiudendo a pugno le mani, in modo da osservare tutte le varie macchie e cedimenti.

Non si vedeva la pelle, attraverso quei graffi, ma se avesse continuato a indossarli si sarebbero sicuramente rotti ancor di piu.

 

Saul emise un secondo sospiro, congiungendo le mani sul grembo, imprecando fra se e se per l’ennesima complicazione.

 

Forse fu proprio quel gesto, in maniera arcana, a ricordargli la domanda che la donna gli aveva appena posto.

 

“Sai come sono gli uomini, Sylvia… per un po cambio aria.”

 

Sylvia ritornò con un vassoio, che poggiò con grazia sul tavolino d’innanzi a Saul, sedendosi poi davanti a lui, assumendo un’aria lievemente imbronciata.

 

E io che credevo che tu non fossi come tutti gli altri…”

 

Saul non rise solamente perché aveva ora portato alle labbra il tè alla pesca che Sylvia si era preoccupata di preparargli, ricordandosi, con gioia del ragazzo, che era il suo sapore preferito.

 

Gli piaceva parlare con lei. Cercare di trovare una risposta a tutte le sue domande, con ironia… come essere in una recita. Impersonare quel ruolo…

Gli piaceva. Era come una recita… come essere un attore.

 

Ma mia cara… non sono io a volermene andare, sono gli altri a costringermi. Io avrei bisogno di un posto sicuro dove aspettare l’arrivo della sera…”

 

Gia… ma dove sarebbe andato?

Quello non lo sapeva. Ma aveva ancora del tempo.

Quella sera sarebbe tornato da Locky, gli avrebbe chiesto una cartina e poi se ne sarebbe andato, facendo in modo di attirare poco l’attenzione.

 

Sylvia appoggiò la tazza al piattino, rimasto appoggiato al tavolo, appoggiandosi allo schienale della sedia.

 

Sapeva benissimo che probabilmente stava pensando a qualcosa.

Se fosse per cercare una spiegazione al comportamento di Saul o per trovare un modo per aiutarlo, quest’ultimo non ne aveva la minima idea.

 

“Tesoro, devo chiederti una cosa… una cosa che potrebbe aiutare tutti e due.”

 

Saul inamidò le labbra nel tè, prima di appoggiare la tazzina sul piattino, osservandola senza battere ciglio.

Un affare, eh?

 

Di Sylvia… bhè… per lei, provava quanto di piu vicino alla fiducia ci potesse essere a quel mondo… e non l’aveva mai tradito.

Ma era anche vero che non se n’era neanche mai presentata l’occasione.

 

“C’è una persona che vorrebbe andarsene… ma da sola, temo che attirerebbe troppo l’attenzione. E lei mi sta molto a cuore.”

 

Saul socchiuse gli occhi, poggiando le mani in grembo, assumendo quella che sembrava la posa di un uomo d’affari che fiuta il pericolo.

 

Pericolo… ed effettivamente la cosa lo insospettiva.

Sylvia poteva rivelare una sua probabile posizione… anche se, se era vero che la ragazza che gli voleva affidare le stava molto a cuore, probabilmente avrebbe fatto in modo di non metterla in pericolo.

Fatto stava che, se accettava, la sua “compagna di avventure” avrebbe potuto rivelare la sua posizione…

 

“Se viaggiate insieme potreste dare meno nell’occhio… e potreste anche aiutarvi a vicenda.

 

Non aveva bisogno di aiuto.

Non aveva mai avuto bisogno di aiuto.

Aveva smesso di averne bisogno a nove anni.

 

C’erano troppi rischi. Forse la ragazza lo avrebbe tradito, rivelando la sua posizione… forse lo avrebbe piantato in asso… forse lo avrebbe colpito alle spalle.

Non poteva fidarsi…

 

“Lo so cosa pensi, zuccherino… Ma lei è affidabile. Ti prego di aspettare, te la presento.”

 

Bene. Cosi avrebbe dovuto dirle di non volerla in faccia…

 

Sylvia uscì dalla stanza, a passi felpati, chiudendo la porta… mentre Saul sospirava, socchiudendo nuovamente gli occhi.

 

Dannazione… come faceva a crederle? Era in una situazione pericolosa… non poteva avere altre complicazioni…

E aveva gia fatto una sciocchezza, quella mattina, nel dire a quei due… ladruncoli di essere un… eretico.

 

Si avvicinò alla finestra, da cui entrava la luce del sole, soffusa…

Erano… erano le cinque del pomeriggio. Fra tre-quattro ore sarebbe tornato da Locky, avrebbe chiesto una cartina e se ne sarebbe andato, lasciando calmare le acque.

Se ne sarebbe andato da quella città…

 

Quella città… la conosceva come le sue tasche. Conosceva ogni viuzza, ogni abitante, ogni, singola, pietra che costruiva le strade, conosceva le ore in cui c’era piu gente, conosceva ogni singola sfumatura che il cielo assumeva nelle varie ore.

E nessuno conosceva lui. Nessuno si era mai accorto della sua presenza, e se si, dimenticata subito dopo… a parte quella mattina con le guardie, naturalmente.

Nessuno lo conosceva. E a lui andava bene cosi.

 

Perché li odiava. Li odiava dal primo all’ultimo.

Odiava ogni singola viuzza, ogni abitante, ogni pietra che costruiva le strade, le ore in cui c’era piu gente e le ore in cui non c’era nessuno. Odiava ogni singola sfumatura del cielo.

C’erano poche persone che non odiava. E quasi tutte quelle che non odiava erano a lui indifferenti.

 

Odiava quella città, anche se in realtà quella città non aveva fatto niente.

Per lui era solo… un capro espiatorio. Il simbolo di ciò che l’aveva reso cosi. Il simbolo di tutti quegli anni passati da solo, in cui si era reso sempre piu cinico.

Anni in cui si era sempre piu anestetizzato, cominciando a… diventare indifferente.

Perché poi avrebbe dovuto non esserlo?

 

Cosa cambiava se piangeva per un moccioso senza casa e senza famiglia?

Cosa cambiava se si fermava a fissare un tramonto all’orizzonte?

Cosa cambiava se guardava le stelle nel cielo?

 

Non aveva piu casa, non aveva piu famiglia.

Il tramonto non gli dava da mangiare.

Le stelle non lo aiutavano a sopravvivere.

 

Le stelle…

Se ne vedevano alcune… in quel periodo il sole calava in fretta, in quel buco.

Brillavano, con quella loro luce bianca, fredda.

Brillavano e… basta.

 

Brillavano, rendendolo una specie di bambola, fissa con gli occhi su quel luccichio spettrale… un luccichio che sembrava prendersi la sua mente, volando al di sopra di quella città…

 

A cosa serviva?

 

Saul si voltò verso la stanza, mentre la sua ombra si allungava ancora di piu sul pavimento, per effetto del sole che spariva dietro una collina.

Una luce arancione riempiva quella stanza… una luce calda, soffusa, che faceva diventare le tazzine da tè, di candida ceramica bianca, gialle, con vaghi riflessi.

 

Una luce dorata. Come i suoi occhi…

 

“Saul, questa è Anael.”

 

La porta si richiudeva dietro Sylvia delicatamente, mentre davanti a lei c’era una ragazza di 16 anni.

 

L’aspetto esile e ben curato, la pelle candida le davano un di eterea bellezza, una cosa che, a dire il vero, non si aspettava di trovare in un luogo del genere.

I capelli erano legati da una coda alta, ben stretta. Erano biondo chiaro, mossi, da quanto si poteva vedere dalla coda, che le arrivava fino al gomito. Una rada frangetta cadeva sulla sua fronte, e alcuni ciuffi piu lunghi facevano da cornice al volto.

Due orecchini, due piccole sfere rosso sangue, sfoggiavano sui lobi, e un piccolo ciondolo era al collo, del tutto dorato, senza alcun abbellimento.

Le labbra avevano un filo di rossetto, di un rosso che, Saul ridacchiò rendendosi conto di averlo pensato, sulle sue labbra sembrava quasi sangue.

Gli occhi erano marroni chiaro, ambrato. Fissavano avanti a se, come se fosse… indifferente a ciò che vedeva, come una commedia vista e rivista.

Indossava un gilet stretto, in modo che risaltasse tutte le forme del suo busto, e sotto di esso vi era una camicia bianca, con le maniche lunghe e il colletto largo.

Indossava una gonna lunga fin poco prima delle ginocchia, bianca, da cui sotto spuntavano alcuni pizzi.

Alle gambe indossava delle calze a rete, nere, con degli stivali pesanti anch’essi neri, quasi… da montagna.

Portava una cintura a cui era affissa una spada… a dir poco bella.

La lama era lievemente curvata, a doppio taglio, di un metallo limpido e con piccole rune scritte in un angolo.

 

Era carina.

Ma questo non voleva dire fosse anche affidabile.

 

“Ciao. Sylvia, io ehm… come dire…”

 

voglio andarmene di qui per favore fammi andare via non scatenarmi quella ragazza addosso per favore.

 

Saul si bloccò, indeciso sul come proseguire.

Doveva trovare un modo gentile per dire “non intendo avere quella ragazza sulle scatole”.

 

Dal canto suo, Anael sembrava essersi limitata a prendere atto di essere entrata in una stanza.

 

Cosa c’è zuccherino? Come ti ho spiegato, in due non dareste nell’occhio… e potreste difendervi a vicenda…”

 

Sylvia partiva all’attacco…

Dannazione… doveva trovare un modo per non portarsi dietro Anael.

 

Cioè… a dire il vero, cominciava a dubitare fosse viva, ma insomma…

 

Locky, se anche andava dalle guardie, non gli avrebbero creduto… ma se ci fosse andata Anael, le avrebbero creduto, eccome!

 

“Sylvia… dammi un buon motivo per cui posso fidarmi di lei.”

 

Saul si massaggiò le tempie, distrutto.

Si rese conto solo in quella frazione di nanosecondo che si era fregato da solo.

 

Se lei tirava fuori la frase “perché te l’ho presentata io” aveva le spalle al muro.

Dannazione!

 

“Perché se scoprono che lavoro fa verrà catturata dalle guardie. Perché non le importa ne stare peggio ne stare meglio, e quindi non gli importerà neanche tradirti oppure abbandonarti. Perché non le importa piu niente. E perché, mio piccolo batuffolino zuccheroso, te lo presentata io.

 

Saul, ignorando il conato di vomito che stava salendo dalla sua gola al nome “batuffolino zuccheroso”, ci mise un secondo a estrapolare le situazione e renderle comprensibili alla sua mente.

 

La seconda e la terza motivazione erano irrilevanti…

Ma la prima era decisamente valida.

 

Se le guardie l’avevano sotto gli occhi, sicuramente l’avrebbero presa e costretta a lavorare per loro… e da quel poco che aveva sentito, non era un buon lavoro.

 

Saul fece un piccolo broncio, incrociando le braccia sul petto.

 

Bhè… come posso non fidarmi? L’ultima tesi era cosi convincente…”

 

Sylvia sorrise, facendogli l’occhiolino, quindi si sedette ad una sedia, accanto al tè, subito imitata da Saul, che impugnò la sua tazzina.

 

Ciò non voleva certo dire che si fidava della ragazza… ma lei non sembrava molto comunicativa, e quindi dubitava le avrebbe confidato qualche segreto.

 

Anael in quel momento accarezzava l’elsa della spada, gli occhi vuoti fissi per terra, una maschera di indifferenza su quel volto etereo…

 

Chissà… perché voleva partire quella… specie di bambola di porcellana?

 

Bhà… lei non si impicciava degli affari suoi, lui non si sarebbe impicciato degli affari di lei.

 

Saul bevve un secondo sorso di tè, guardando l’orologio in stile vittoriano sulla tavola, a poca distanza da lui.

 

Le cinque e mezza… Il tempo di un altro tè.

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