MisakixUsami

di lostinthefreedom
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I sospetti di Usami ***
Capitolo 2: *** Alle incomprensioni di Usami si aggiungono quelle di Misaki ***
Capitolo 3: *** L'imprevisto di Nowaki ***
Capitolo 4: *** Tutto è bene quel che finisce bene ***



Capitolo 1
*** I sospetti di Usami ***


«Driiin, Driiin…» la sveglia suonò e come al suo solito Misaki la spense con una manata tanto forte da farla cadere e sbattere contro il parquet di ciliegio con un violento tonfo.
«Ung…unm…» mugolò Misaki che oramai si era svegliato dal suo tenero sonno. Dopo alcuni brontolii e molto malvolentieri, il ragazzo scese dal letto con gli occhi ancora chiusi e si diresse verso il bagno come un automa, arrivato di fronte al lavandino aprì l’acqua, mise le mani a mo’ di conca e raccolse un po’ di acqua che si buttò in faccia e di botto aprì gli occhi. Ora era sveglio, ma la sua lentezza nel fare le cose non era mutata, con gesti piccoli e lenti si lavò i denti e con due pettinate mise a posto quella rafia di capelli spettinati che si ritrovava tutte le mattine, poi ritornò in camera trascinando i piedi, non voleva sprecare energie neppure per quello e si diresse verso l’armadio, lo aprì e lo ispezionò alla ricerca di qualcosa che si abbinasse con qualcos’altro senza che i colori facessero a pugni, alla fine optò per un paio di jeans e una t-shirt azzurra. Dopo aver gironzolato per 10 minuti in tutta la stanza alla ricerca delle scarpe, guardò l’orologio e notò che erano le 7:45, in un lampo gli occhi di Misaki si accesero e aumentarono di tre taglie e subito dopo escamò:
«ODDIO!!!! Arriverò di nuovo in ritardo!» con un gesto svelto si piegò e prese lo zaino contenente i pochi libri che gli servivano per la giornata e si mise a correre come una saetta giù per le scale con lo zaino in spalla e le scarpe in mano, ma inciampando nei pantaloni fece un ruzzolone fino ad arrivare al piano di sotto sbattendo la faccia contro il pavimento.
«Ahi, ahi…» si lamentò Misaki inerme a terra, ma due forti braccia lo presero di peso e lo tirarono su senza il minimo sforzo: era Usami.
«Buongiorno Misaki» disse Akihiko sollevando Misaki da terra di almeno mezzo metro e dandogli un leggero bacio sulle labbra. Misaki iniziò a scalciare e a dimenarsi per scendere sbraitando:
«Stupido Usagi, sempre a cogliere l’occasione per fare il maniaco pervertito!!!! Mettimi immediatamente giù!!» allora Usami lo rimise a terra e un sorriso comparve sulle sue labbra.
«E adesso cos’hai dai ridere?» chiese Misaki sbattendosi i pantaloni e la maglietta per pulirli dalla polvere.
«Niente, è solo che sei troppo tenero e attraente quando fai l’imbranato, tutto qui» rispose Usami sfoggiando un meraviglioso e sensuale sorrisetto malizioso che mandò in iperventilazione Misaki facendolo diventare tutto rosso, così per non farlo notare ad Akihiko, iniziò ad agitarsi e a dire cose come:
«Sai, il nostro professore ha parlato di te, poi ci ha dato anche un volantino per la tua ultima inaugurazione che si terrà dopodomani alla libreria Seiko… aspetta che te lo prendo!« Perfetto, era riuscito a cambiare discorso.
«In realtà Misaki…»
«Ahi!» disse il ragazzo, perché quando aveva preso dallo zaino il volantino, si era tagliato l’indice con un lembo del foglio, allora stava quasi per portarselo alla bocca quando Usami gli afferrò la mano e disse:
«Aspetta, fammi vedere…» facendo finta di controllare il dito lo avvicinò sempre di più al viso e senza permettere a Misaki di bloccarlo lo leccò con la punta della lingua un paio di volte e poi lo mise tra i denti stringendolo in una dolce morsa. Il ragazzino del tutto allibito dal comportamento di Akihiko, iniziò a sclerare togliendo il dito dalla bocca tiepida e accogliente di Usami e urlando:
«AAAHHHHH!!!! Hai visto!? Prendi subito la palla al balzo, tu! Pervertito! Stupido! Maniaco!» dopo aver agitato un po’ le braccia e aver gesticolato qualcosa di incomprensibile, si mise lo zaino in spalla e concluse voltandosi e dirigendosi verso la porta.
«Io vado»
«Ti accompagno» disse Akihiko con un tono lievemente dispiaciuto ma per niente scomposto anche dopo esser stato rifiutato dal suo amato Misaki un’altra volta.
«No, vado da solo, grazie comunque» terminò il ragazzo chiudendo la porta dietro di sé.
Mentre Misaki percorse il tragitto che separava l’appartamento dall’università pensò ancora al gesto di Usami.
«Quello stupido! Come si è permesso!? E non è la prima volta, fa sempre così, lui mi prende e pretende che io mi faccia fare tutto come vuole lui e quando vuole lui come un pupazzo, ma adesso basta! Metterò in chiaro le mie idee e dirò ad Usagi che sta esagerando e che quando vuole fare le certe cose con me… anche io devo essere… disposto a farle e non succube suo!» poi però si blocco ad uno stop e fece un’ultima riflessione.
«Però… a me non dispiace quando lui cerca di baciarmi o altro… anzi, mi sento amato e importante, però mi sento così al centro dell’attenzione che mi imbarazzo e mi oppongo a Usagi-san, ma lui lo fa perché… perché… perché mi ama, credo» questa volta i suoi pensieri furono dettati dal cuore e non dalla rabbia del momento, così decise di dire questo a Usami, che si sentiva in imbarazzo ma che anche lui lo amava, però non voleva dirlo a parole, voleva farlo tramite fatti veri e propri, esatto, questa sera voleva comandare lui, farlo diventare suo e fargli capire quanto Usami fosse importante, voleva fargli battere forte il cuore per poi farlo fermare di botto come Akihiko faceva con lui.
«Lo farò! Mi impegnerò e ce la farò!!» dopo questo ultimo pensiero Misaki accelerò il passo e arrivò fino all’università, dove gli studenti in ritardo stavano entrando come lui dopo 5 minuti dall’inizio delle lezioni, così passò davanti ad un gruppo di ragazzi che facevano parte della sua classe, ma con cui non aveva mai avuto niente a che fare e si sentì dire dietro:
«Ehi ragazzino, questa volta non ti fai accompagnare con la super spider rossa dal tuo caro amico “lo scrittore”? Ehi dico a te, damerino da quattro soldi, chi ti credi di essere? Pensi di farti più figo così?...» gli insulti e le prese in giro continuarono, ma Misaki non ci fece caso e andò in aula a sedersi al suo posto di fianco al Sempai.
«Buongiorno Misaki» disse il Sempai con un tono troppo felice per essere un semplice buongiorno, allora il ragazzo gli disse:
«Buongiorno Sempai, di buon umore oggi?»
«Bhè, penso che tu sappia il perché» rispose con gli occhi che gli brillavano più di prima.
«Veramente no… è successo qualcosa di importante…» non fece nemmeno in tempo a finire la frase che il professore fece zittire tutti dicendo:
«Come ben sapete oggi abbiamo un ospite speciale, quindi diamo il benvenuto allo scrittore Akihiko Usami!»
«CHE COSAAA?!» urlò Misaki, allora tutti si voltarono verso di lui e abbassò la testa immediatamente la testa arrossendo visibilmente.
«Buongiorno a tutti» ecco, era lui, Usami era entrato nell’aula con un fare sciolto che a Misaki parve incondizionatamente sensuale e irresistibile. dopo queste parole il cervello di Misaki si spense automaticamente, era rimasto ad osservare il modo di fare di Usami, il suo modo di girare per i banchi facendo entrare in sintonia gli studenti, la sua scioltezza e fluidità nel parlare, poi si soffermò ad osservarlo fisicamente, non che non conoscesse ogni singola parte del suo corpo, ma vederlo nel suo ambiente, quello della scuola, era una cosa veramente interessante. Improvvisamente il cervello di Misaki ebbe una bizza, si accese solo quando udì la domanda:
«Scusi, ma lei ha attualmente una ragazza?» era la domanda posta da una ragazza in prima fila e dalle sue amiche sedute accanto, speranzose di ricevere un no come risposta, così Misaki si mise bene all’ascolto e sentì rispondere:
«Sì, sono attualmente impegnato e lo sarò per la mia intera esistenza» questa fu la risposta di Akihiko e Misaki non poteva crederci, aveva detto che sarebbe rimasto con lui per tutta la sua vita. Il cuore del ragazzo iniziò a battere all’impazzata per l’emozione e rimase in quello stato di trance assolutamente celestiale per tutto il tempo della presentazione di Usami, si svegliò di nuovo solo al suono della campanella della fine delle lezioni, ma soprattutto quando Usagi gli toccò la mano e gli disse dolcemente:
«Allora dormiglione? La mia presentazione è stata così noiosa da mettersi a guardare il soffitto con aria sognante?» Misaki ebbe un sussulto e disse freneticamente:
«No, no, non è come credi… in realtà io pensavo ad una persona… insomma…» non riuscì a finire il discorso perché andava talmente veloce e incespicando gli si era arrotolata la lingua.
«E a chi pensavi? Una persona? Chi è?» chiese Akihiko mettendosi seduto sul banco e avvicinandosi a Misaki con sguardo indagatore.
«…Emmm… lo capirai questa sera… ora scusa ma devo andare in biblioteca a fare delle ricerche, tornerò tra due ore» rispose il ragazzo ricordandosi del progetto di storia da concludere, così Usami si rialzò, stropicciò con la mano destra i capelli a Misaki e ridendo sotto i baffi per la buffa nuova pettinatura del ragazzo disse:
«Certo, non c’è problema, io invece tornerò verso le 10, mi auguro che non sia troppo tardi per scoprire a cosa, o meglio, a CHI pensavi»
«N-no, non ti preoccupare, n-non sarà troppo t-tardi» rispose Misaki balbettando pensando già a quella sera quando avrebbe dovuto farsi avanti, allora quando stette sull’orlo di un esaurimento disse di fretta:
«D’accordo, devo andare, a stasera Usagi-san!» e correndo giù per le scale, e inciampando un paio di volte, si diresse fuori dall’aula e scomparve dietro la porta. Appena arrivato in biblioteca si sedette e pensò:
«O mio Dio! E ora come faccio?! Io non so se avrò il coraggio di… insomma… non so neanche come si fa!!!» allora si mise le mani nei capelli e iniziò a sclerare e a urlare, poi si ricordò, o meglio, venne ripreso dalla bibliotecaria, che doveva fare silenzio, così si alzò di botto e si disse:
«Chi se ne importa del compito di storia! Devo andare a casa a prepararmi su un altro argomento e per farlo devo leggere l’intera collezione… dei boys-love! Cercherò di imparare ogni singola riga e vignetta e questa sera sarà tutto perfetto e il mio legame con Usagi andrà anche al di fuori dell’eternità!» Pensato questo e dopo aver gesticolato un po’, Misaki uscì dall’università e andò in direzione dell’appartamento suo e di Akihiko, quando quattro ragazzi gli si misero davanti e gli dissero:
«Allora questa mattina il messaggio non ti è entrato in testa e ragazzino?»
«”Questa mattina”?» pensò Misaki, poi si ricordò di quei ragazzi che neanche aveva visto in faccia che continuavano a punzecchiarlo ma alla quale non aveva dato attenzione. Allora il ragazzo, che sembrava un bambino, attorniato da quegli “armadi giganti”, rispose balbettando:
«Veramente io...»
«Non ci piacciono quelli che se la tirano, hai capito? E nemmeno le persone tarde, perciò ora il concetto te lo facciamo capire noi» disse quello che sembrava il capo della banda, allora Misaki si voltò per scappare, ma era troppo tardi, ormai lo avevano accerchiato. Due ragazzi lo tennero con le braccia dietro la schiena e gli altri due iniziarono a prenderlo a calci e pugni, il povero ragazzo cercò di liberarsi, ma quegli animali erano troppo forti per potersi ribellare. Misaki urlava, singhiozzava e imprecava, ma ormai tutti quanti erano usciti da scuola e nessuno lo poteva sentire, di conseguenza si prese tutti i maltrattamenti, finchè non lo lasciarono lì, accasciato su se stesso quasi moribondo. Dopo un tempo indeterminato Misaki si alzò, si maledisse per non essere andato con un Usami a casa e tutto dolorante e zoppicando ritornò all’appartamento. Appena salì in camera sua si tolse la maglietta e i pantaloni e andò ad osservare le sue condizioni allo specchio: il viso non era stato toccato molto, ma in compenso aveva grandi segni rossi e lividi su tutto il petto, i fianchi e le gambe.
«Cavolo, sono ridotto proprio male… Ahi! Bhè, l’importante è il viso, se Usagi non mi vede mai a torso nudo o in mutande sono a posto, non se ne accorgerà e non lo farò preoccupare» pensò Misaki, poi gli venne subito in mente una cosa: la serata con Usami. Come avrebbe fatto a farlo suo, se non riusciva nemmeno a camminare? Come avrebbe fatto a non farsi scoprire? Allora si mise sul letto e iniziò a piangere, calde lacrime gli rigarono il volto e ricaddero sul cuscino formando leggere macchioline sulla fodera del cuscino. Ce la voleva mettere tutta, ma sembrava che fosse proprio il destino a voler tenere Misaki lontano da Usami, anche se metteva tutta la sua buona volontà non bastava. Il povero ragazzo, affranto e dolorante, si addormentò su quel letto senza neanche essersi rivestito e le 10 di sera arrivarono in un secondo. Usami rientrò in casa e fece il nome di Misaki un paio di volte, ma ovviamente non ci fu alcuna risposta, così salì in camera loro e lo vide lì, steso sul letto in mutande e ricoperto di lividi, Akihiko ebbe un sussulto e disse con voce triste e rauca:
«Ecco cosa intendeva con “lo scoprirai”, è pieno di lividi sui fianchi e ha dei segni rossi sul petto e sulle gambe: Misaki mi tradisce con un altro, ed evidentemente la persona a cui continua a pensare, non sono di certo io»
  
 

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Capitolo 2
*** Alle incomprensioni di Usami si aggiungono quelle di Misaki ***


Il mattino seguente Misaki fece fatica ad alzarsi per colpa dei numerosi lividi ormai tendenti al viola ma comunque dolorosi, arrivato allo specchio del bagno ebbe un barlume di lucidità e si accorse di aver dormito tutto il tempo solo con i boxer e immediatamente sbarrò gli occhi e si guardò intorno.
«Ok, il letto è vuoto, ma se Usagi-san mi avesse visto ieri notte in questo stato? Di sicuro avrà pensato chissà cosa e si sarà preoccupato tantissimo! Ora mi vesto, scendo e vado a tastare un po’ il territorio per vedere in che stato umoristico si trova Usami» si disse Misaki mentre si infilava i pantaloni tra un lamento soffocato e l’altro. Appena ebbe finito di lavarsi denti e faccia, uscì lentamente dalla porta della sua camera e guardò al piano di sotto: Usami non c’era. Misaki fece un sospiro e si disse:
«Aveva detto che aveva una riunione, giusto? Bhè, forse è dovuto rimanere lì per la notte e tornerà in giornata…» non fece nemmeno in tempo a finire il suo pensiero cospiratore che una voce fredda come il ghiaccio gli passò di fianco facendolo quasi sobbalzare:
«Buongiorno» disse Usami senza nemmeno voltarsi verso il povero ragazzino che in quel momento stava per avere un infarto per lo spavento.
«B-buongiorno» rispose balbettando Misaki appoggiandosi al corrimano delle scale.
«Sei agitato, che c’è, mi nascondi qualcosa?» chiese Akihiko accorgendosi che il ragazzo stava sudando freddo.
«O mio Dio, sa già tutto» si disse Misaki mentre osservava lo sguardo indagatore che gli stava riservando lo scrittore ormai arrivato quasi a metà della scala.
«N-no! Ma cosa dici?! È solo che mi hai spaventato» rispose di getto Misaki correndo giù dalle scale per non far notare ulteriormente ad Usagi la sua agitazione.
«C-cosa vorresti p-per colazione?» chiese il ragazzo che ormai era arrivato al piano cottura della cucina a vista, iniziando a maneggiare un pentolino e un cartone di latte con estrema goffaggine.
«Cavolo! Mi tremano la voce e le mani! È ovvio che se ne sia accorto! Devo inventarmi qualcosa… oppure posso semplicemente dirgli la verità, sì, è la cosa migliore da fare, gli dirò la verità così non si dovrà preoccupare ulteriormente» pensò Misaki poggiando le mani al tavolo e facendo un respiro profondo.
«Prendo solo un caffè» disse ad un certo punto Akihiko alzando lo sguardo dal suo ultimo libro che stava ancora revisionando.
«C-come?» chiese Misaki, che si era perso tra i suoi pensieri e non si ricordava nemmeno di aver fatto una domanda.
«Prendo solo un caffè, nient’altro, devo andare ad un’altra riunione» ribadì Usami abbassando gli occhiali sulla punta del naso.
«Ah… c-certo, arriva subito!» allora il ragazzo prende la caffettiera e con un movimento veloce la svita, così veloce da farsela scivolare di mano e farla cadere per terra, così si chinò e si maledisse per il suo essere emotivo ed esagitato, per non dire imbranato, per qualunque cosa riguardi Usami. Dopo cinque minuti il caffè fu pronto e Misaki lo portò a Usagi, ma aveva paura di farlo cadere, così invece di una tazzina, lo mise in una tazza enorme.
«Non hai ancora lavato i piatti?» chiese Akihiko osservando la tazza con uno sguardo alquanto stranito.
«H-ho sbagliato, h-ho messo il caffè nella prima cosa che mi è capitata, scusa» disse Misaki abbassando lo sguardo.
«Non ti preoccupare, non fa niente» e sempre osservando quei fogli, si portò la tazza alla bocca e diede un sorso. Era il momento, doveva dirglielo, perché dopo Usami sarebbe andato alla riunione e avrebbe perso un altro giorno per parlare con lui. Allora si sedette e prese un respiro profondo.
«U-sagi-san…» iniziò, a quelle parole Usami staccò lo sguardo dal suo libro e lo posò sul ragazzino che stava per iniziare di nuovo a sudare.
«Sì? Dimmi» la sua voce era così fredda, aveva un qualcosa di distaccato rispetto a quella che usava con Misaki e lui ne fu ancora più spiazzato.
«V-volevo parlarti di una cosa, i-insomma, forse è meglio se tu non mi accompagni più a scuola…» disse, ma poi si morse la lingua e pensò:
«Ma cosa sto dicendo?! Non è quello che intendevo!» allora si riprese prima che Usami potesse ribattere e aggiunse:
«Cioè, riguardo a ieri…»
«Allora si trova a scuola» lo interruppe Akihiko, che ormai si era messo a braccia conserte e con le gambe accavallate.
«Chi?» chiese il ragazzino che stava iniziando ad andare in ipervantilazione.
«La persona con cui hai avuto a che fare ieri»
«Allora sa davvero tutto» si disse Misaki sgranando gli occhi alla risposta dello scrittore.
«S-sì, si trova a scuola e sarebbe meglio che io e te non ci facciamo più vedere lì insieme»
«Certo, non voglio assolutamente ostacolarti» rispose Akihiko alzandosi e prendendo la giacca dall’appendiabiti e infilando un braccio per volta. Misaki si sentì sollevato, Usami non sembrava preoccupato, anzi, sembrava troppo gelido quella mattina, ma il ragazzino non volle farci caso, così fece un sorriso e disse:
«Sapevo che avresti capito, grazie Usagi-san»
«Voglio solo che tu sia felice… allora, quando hai intenzione di fare le valigie?» rispose Usami controllando l’orologio.
«L-le valigie?» chiese Misaki sgranando gli occhi.
«Va bene che mi hanno pestato, ma mi sembra un po’ esagerato andare via di casa per dei bulli» pensò il ragazzo mentre attendeva spiegazioni dall’uomo con lo sguardo tanto sensuale quanto distaccato, ma lui guardò un’ultima volta l’orologio e disse:
«Ora devo andare, ne riparliamo stasera, sempre che tu non abbia impegni» detto questo si voltò, aprì la porta e la richiuse dietro di sé senza nemmeno aspettare la risposta di Misaki, che per tutti quei mezzi termini come:
“fare le valigie” oppure “avere già impegni”, stava iniziando a sclerare come non mai. Allora si sdraiò sul divano e si disse:
«Che strano comportamento quello di Usagi-san stamattina, a quasi evitato sempre il mio sguardo e sono più che certo che abbia fatto attenzione per non toccare alcuna parte del mio corpo, come quando gli ho dato la tazza, l’ha presa senza nemmeno sfiorarmi e per finire non mi ha neppure stropicciato i capelli quando se né andato… che sia arrabbiato perché non gli ho riferito prima quanto è successo ieri? Ma come potevo farlo prima se mi sono addormentato prima ancora che lui tornasse dalla riunione?!» adesso stava davvero sclerando, così si mise le mani nei capelli e iniziò a scompigliarseli tutti mentre urlava:
«AAAAAHHHH!! Non ci capisco niente! Perché Usami è così difficile da leggere, mentre io sono un libro aperto anche senza volerlo?!» in pratica continuò la sua sfuriata per un’altra mezz’oretta e solo quando si fu calmato pensò di occupare il tempo con un’uscita in centro o da qualunque altra parte, così ritornò in camera sua, si infilò le scarpe, prese il la giacca e uscì di casa.
Il cielo era sereno, con qualche nuvoletta candida qua e là, ma l’aria era abbastanza fredda, allora Misaki si tirò su il colletto della giacca e continuò a camminare senza una meta precisa, finché non passò di fronte al “Dolce petalo”, il negozio di fiori in cui lavorava Misaki tre volte a settimana più due sabati al mese alternati con un ragazzo di nome Nowaki, con cui aveva fatto amicizia e si ricordò che quel giorno sarebbe toccato a lui lo straordinario, così entrò in negozio e salutò il ragazzo seduto dietro il bancone ricoperto da una miriade di fiori multicolori.
«Ciao Nowaki» disse Misaki cercando di sembrare tranquillo anziché una persona che aveva appena urlato e sclerato per tutto il suo appartamento perché il suo amante gli aveva detto di fare le valigie e nemmeno lo voleva toccare.
«Ciao Misaki, oggi non tocca a me lo straordinario?» chiese il ragazzo girando intorno al bancone per poi ritrovarsi di fronte al piccolo Misaki.
«Oh… si, ero solo passato a salutarti, dato che i nostri turni non si incrociano mai ed era da un po’ che non ci si vedeva» rispose il ragazzino.
«Ah, grazie. Io tra un’ora stacco, se ti va possiamo andarci a prendere un caffè o una cioccolata e parliamo un po’» disse Nowaki guardando l’orologio e poi posando di nuovo lo sguardo su Misaki.
«Certo, allora passo di nuovo alle 11:30. Ci vediamo dopo, ciao»
«D’accordo, a dopo Misaki» detto questo, Misaki uscì dal negozio e pensò:
«Per fortuna Nowaki mi ha chiesto di uscire, altrimenti non avrei proprio saputo cosa fare fino a stasera, adesso penso che arriverò fino al parco e poi tornerò indietro, così sarà già passata un’ora» Allora iniziò a incamminarsi verso il grande parco che si trovava poco lontano dal centro della città, arrivato lì, si accorse che ci aveva messo meno di quanto avesse immaginato, così si sedette su una panchina di pietra e cercò di rilassarsi completamente prendendo numerosi respiri profondi e chiudendo gli occhi, ma un pensiero fulmineo e tagliente gli passò per la testa facendogli sbarrare gli occhi:
«E se Usagi-san volesse sbarazzarsi di me? Ecco perché mi ha detto quando avevo intenzione di fare le valigie, non ha detto “facciamo”, ha parlato al singolare! Sono sicuro che è per il fatto di ieri sera, perché mi sono addormentato e non ho avuto il coraggio di farmi avanti, però arrivare a dirmi esplicitamente di andarmene di casa e il non volermi nemmeno sfiorare mi sembra una cosa un po’ assurda anche per quel maniaco pervertito da strapazzo!» Misaki avrebbe voluto fare un’ulteriore sfuriata, ma fortunatamente si accorse di essere in luogo pubblico pieno di bambini e ragazzini e preferì non traumatizzarli a vita con il suo pietoso spettacolo, allora rimase seduto a picchiettare il piede sul terreno e a pensare ad un modo per riparare le cose.
«Potrei ancora rimediare dicendo quello che avrei dovuto dirgli ieri… ma ogni volta che cerco di dire qualcosa, esce sempre qualcos’altro dalla mia bocca, e se invece volessi fare qualcosa, finisco sempre con l’essere imbranato, casinista e a volte anche balbuziente per l’agitazione!» Misaki si portò le mani alla testa per la disperazione, poi guardò l’orologio: erano le 11:15.
«Sarà meglio andare da Nowaki, così mi svuoto la testa almeno per un paio di ore» allora si rimise in cammino in direzione del “Dolce petalo”. Il ragazzo arrivò giusto quando Nowaki stava per tirar giù la saracinesca del negozio e Misaki non poté fare a meno di notare la facilità con la quale lo fece grazie alla sua altezza, mentre quando toccava a lui, doveva quasi saltare per arrivarci.
«Ah, Misaki, puntualissimo! Bene, dove andiamo?» chiese Nowaki voltandosi verso il ragazzino.
«Non saprei… dove vuoi tu» rispose Misaki alzando lo sguardo per poter vedere in faccia l’altissimo ragazzo.
«Mmmm… va bene alla tavola calda qui all’alngolo? È davvero buona» consigliò Nowaki indicando la direzione che avrebbero dovuto imboccare.
«Certo, andiamo» detto questo entrambi si incamminarono verso la tavola calda.
  

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Capitolo 3
*** L'imprevisto di Nowaki ***


«Eccoci qui» disse Nowaki indicando con la mano l’insegna color sangue che si trovava sopra la porta socchiusa della tavola calda e distraendo Misaki per l’ennesima volta dalle sue rimuginazioni sulle frasi di Usami e sul suo comportamento del tutto inusuale.
«P-perfetto, entriamo?» rispose Misaki a scoppio leggermente ritardato.
«Certo» detto questo Nowaki aprì la porta e fece passare avanti Misaki con un gesto della mano. Misaki si ricordò dei lividi sulle gambe e sulla schiena solo quando si sedettero in un tavolino vicino alla vetrata e notò che il locale era molto affollato e che la cameriera stava per impazzire per via di tutte le persone che la stavano chiamando, allora il ragazzo si voltò verso Nowaki e disse:
«Credo che ne avremo per un po’…»
«Non importa, tanto ho tutto il pomeriggio libero. Piuttosto, è da un po’ che non ci si vede, che mi racconti, hai la feccia preoccupata, è successo qualcosa all’università o con tuo fratello?» rispose Nowaki poggiando il gomito al tavolino e reggendosi la testa con la mano.
«E io che credevo di poter liberare un po’ la mente, invece non riesco nemmeno a seguire quello che mi succede intorno perché sono troppo occupato a pensare a Usami e a stamattina» pensò Misaki facendo un sospiro profondo e chiudendo gli occhi per pochi secondi, poi rispose a Nowaki:
«In effetti sì, sono un po’ turbato per una cosa successa a scuola e per alcuni problemi con il mio convivente… cioè, il mio tutor!» si corresse immediatamente e divenne rosso scarlatto in viso, abbassando all’istante il capo.
«Ah sì, Usami-sensei, mi avevi accennato che tuo fratello si era sposato e trasferito e che tu per non pesargli sei andato a vivere con il tuo tutor…» disse Nowaki lasciando in sospeso la frase per far capire a Misaki che se voleva confidarsi con lui su qualcosa poteva farlo senza problemi.
«Già, bhè, adesso sono successi un paio di fatti che ci hanno fatto avere delle discussioni e, a parer mio anche delle incomprensioni, perché credo di non aver capito le sue intenzioni, credo… credo che voglia cacciarmi di casa» ora Misaki stava letteralmente andando a fuoco, ma quando stava per scoppiare, Nowaki disse delle parole che ebbero l’effetto di una doccia fredda per il povero ragazzo che gli stava di fronte:
«Bhè, forse anche lui ha trovato una donna e ha intenzione di sposarsi… non hai mai pensato di prendere un monolocale? Se vuoi, prima di trovarlo, io e il mio Sempai possiamo ospitarti, ma prima di darti la conferma dovrei parlarne a Hiro-san… Misaki?» il ragazzo era rimasto di sasso, come una statua di marmo.
« “Un’altra donna”? “Sposarsi”? Non può essere! Mi rifiuto di credere che sia così! Deve per forza esserci un’altra spiegazione!» mentre dentro di sé urlava questa frase, ulteriori pensieri e frustrazioni affollarono la povera mente di Misaki.
«N-non credo che possa essere così… insomma, Usagi-san è un uomo abbastanza solitario e molto indaffarato e poi credo che me ne avrebbe parlato, noi due abbiamo sviluppato… un contatto molto… confidenziale e intimo… insomma, nel senso che siamo più amici che alunno e tutor, in quel senso, non.. nell’altro… emmm, dimentica l’ultima parte, perché non l’ho capita neppure io» disse Misaki concludendo con una serie di risatine nervose.
«…D’accordo… comunque il fatto di essere solitari non c’entra, l’amore ti colpisce quando meno te lo aspetti e chiunque, anche il più burbero del mondo non può porvi resistenza, guarda Hiro-san…» Nowaki si tradì con le sue mani e all’istante se ne accorse, ma ormai le sue parole erano arrivate alle orecchie di Misaki che con stupore chiese:
«Ah, non sapevo che il professor Kamijou avesse una fidanzata, ma non è una cosa seria se non convivono, insomma, mica vivevate insieme voi due?»
«Emmm, no, quello che volevo dire è che Hiro-san ha avuto una relazione, ma in passato, molto tempo fa. Comunque si, io e lui viviamo insieme» rispose Nowaki salvandosi per il rotto della cuffia.
«Ho capito. Ma anche se quello che dici è vero, io continuo a pensare che Usagi-san mi avrebbe almeno accennato che c’è una persona nella sua vita sentimentale» con quelle parole Misaki sembrava essersi convinto della sua affermazione, ma Nowaki gli aveva messo una pulce nell’orecchio che andava automaticamente ad inserirsi nella cartella “Problemi e preoccupazioni” ormai stracolma, nel cervello di Misaki.
«Bhè, certo, io non conosco di persona Usami-sansei mentre tu lo conosci da più di un anno, però se hai qualche dubbio o qualche preoccupazione secondo me dovresti semplicemente parlargli, o non riuscirete mai a capire come stanno le cose» a quelle parole Misaki ebbe un barlume di luminosità che si spense subito.
«Sì, certo, parlargli, mi viene il batticuore quando gli dico “Buongiorno” e dovrei chiedergli se ha una donna che vuole sposare? Non ce la farei mai!» pensò Misaki portandosi le mani alla testa e scompigliandosi i capelli.
«Misaki? Sei sicuro di stare bene? Se vuoi ti riaccompagno a casa appena abbiamo finito di mangiare» disse Nowaki con sguardo preoccupato.
«No, no, sto benissimo, vorrei chiederti solo un favore…» rispose il ragazzino.
«Certo Misaki, chiedi pure»
«Ti dispiacerebbe passare con me il pomeriggio per tenermi occupato e per non farmi pensare ai miei problemi? So che è da egoisti chiedertelo, però…»
«Non c’è problema! Anzi, in realtà mi fai anche un piacere, altrimenti sarei dovuto rimanere tutto il tempo a casa da solo» concluse il ragazzo sfoggiando un sorriso amichevole che Misaki ricambiò. Dopo pochi secondi arrivò la cameriera che con un sorriso sforzato e stanco chiese:
«Scusate per l’attesa, cosa posso portarvi?» allora i due ragazzi si guardarono e Misaki disse:
«Per me del sushi, grazie… per te Nowaki-san?» domandò all’amico.
«Lo stesso, grazie» rispose rivolgendosi alla cameriera che stava annotando l’ordinazione su un post-it che poi attaccò sul bancone della cucina.
«Le vostre ordinazioni arrivano subito» concluse la signorina prendendo i menù e portando un cestino di pane.
«Perfetto… allora Misaki, dove andiamo questo pomeriggio? Qualche idea?» chiese Nowaki ritornando a posare lo sguardo sul ragazzino che gli stava di fronte e prendendo un pezzo di pane dentro il cestino di paglia.
«Bhè… non saprei, decidi tu, a me basta svuotare completamente la mente dai pensieri» rispose Misaki sospirando e addentando un grissino.
«Ecco le vostre ordinazioni, prego» la cameriera porse i due piatti fumanti ai ragazzi e con un sorriso si diresse dagli altri clienti.
«Ummm… che buon profumino…» disse Misaki annusando profondamente il fumo proveniente dal piatto bollente e iniziando a soffiare per far raffreddare la zuppa. I quei 10 o 15 minuti in cui mangiarono, i due ragazzi rimasero in silenzio per tutto il tempo e quando Nowaki finì per primo, si pulì con un tovagliolo e disse:
«Ah, possiamo andare…»
«Driiin…Driiin…Driiin…» il cellulare di qualcuno suonò, era quello di Nowaki, che lo tirò fuori dalla tasca della giacca e senza nemmeno guardare chi lo stava chiamando, rispose:
«Pronto?... Sì, ah ciao Sempai… uno straordinario? Bhè in realtà… d’accordo, ti aiuto volentieri se le cose stanno così… ci vediamo tra mezz’ora, ciao> Nowaki riattaccò con un sospiro e alzando lo sguardo verso il viso di Misaki, che senza volerlo era rimasto a fissarlo per tutto il tempo con il cucchiaio a mezz’aria, gli disse un po’ in imbarazzo:
«Misaki, era l’ospedale, mi dispiace tanto ma oggi tre colleghi di pediatria non si sono presentati e il mio Sempai è da solo con più 40 bimbi con vari problemi… quindi… io…» Misaki non gli fece neppure terminare la frase, con un gesto della mano lo fece tacere e disse con tono autoritario e comprensivo:
«Non ti devi assolutamente scusare, anzi, ti ammiro molto per il lavoro che fai, quindi non ti chiederei mai e poi mai di uscire con me piuttosto che andare a occuparti di quei bimbi della pediatria… non preoccuparti, sarà per un’altra volta… ora vai, l’ospedale è molto lontano da qui e da quello che ho capito hai solo mezz’ora» e alla fine fece un sorriso sincero che illuminò Nowaki.
«Grazie Misaki, vedrai che alla prima occasione libera ti faccio uno squillo e magari usciamo anche in quattro, quando tu e Usami-sansei vi sarete riappacificati… vedrai che andrà tutto per il meglio, non ci sono dubbi, riuscirete a chiarirvi» detto questo si alzò e diede una pacca sulla spalla a Misaki che a sua volta batté la mano sulla sua, poi si avvicinò alla cassa è allungò dei soldi, allora il ragazzo stava per opporsi quando Nowaki lo bloccò sul nascere dicendo:
«Ti devo un favore, iniziamo col pagare il pranzo» e con un ultimo sorriso uscì dal locale ancora stracolmo di gente. Non vedendolo più, Misaki si voltò e con un enorme sospiro afferrò l’ultima fetta di pane rimasta nel cestino e la addentò con estrema lentezza e malavoglia.
«Caspita, questa proprio non ci voleva e adesso cosa farò per il resto della giornata? Come farò a non pensare a Usagi-san e al fatto che vuole sbarazzarsi di me? Non lo so, non so più niente!» Questo fu l’ultimo pensiero di Misaki prima di iniziare a prendere a testate il tavolo e a sclerare come non mai, dopo pochi minuti ebbe un barlume di lucidità e si accorse che tutti lo stavano fissando come se fosse un alieno spasticoide venuto dal pianeta “Sono pazzo!”, allora si alzò velocemente dal suo posto e senza dare peso alle piccole pugnalate che sentiva ad ogni falcata per colpa delle contusioni e facendosi strada tra la gente che riempiva il locale si precipitò fuori e iniziò a correre senza meta, senza sapere dove le sue gambe lo avrebbero portato. 

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Capitolo 4
*** Tutto è bene quel che finisce bene ***


Senza neanche accorgersene le sue gambe lo portarono a casa sua, quella che Misaki temeva non sarebbe più stata la sua casa da lì a qualche ora, allora per godersi gli ultimi attimi nel posto in cui aveva amato per la prima volta Usami e dove avrebbe anche voluto dimostrarglielo, salì al terzo piano del palazzo e tirò fuori la chiave dell’appartamento, quando aprì la porta rimase di sasso per lo stupore: Usami era lì, in piedi di fronte a lui con lo sguardo più tetro e oscuro che Misaki avesse mai visto sul suo viso. Il ragazzino rimase pietrificato per un tempo che non riuscì a determinare e riprese una forma umana solo quando udì le parole:
«Dove sei stato?» domando Akihiko incrociando le braccia e appollaiandosi sul bracciolo di una poltrona, ma rimanendo sempre con lo sguardo intrecciato a quello di Misaki.
«I-io ero in g-giro» rispose il povero ragazzino mente chiudeva dietro di sé la porta di casa senza nemmeno rendersene conto, forse per abitudine, poi, con un po’ di timore si voltò di nuovo verso Usami che gli fece un’altra domanda:
«Con chi?» questa volta nei suoi occhi Misaki vide una sfumatura di malinconia, come se Akihiko fosse spaventato dall’idea di sentire la risposta e il ragazzino decise che era meglio mentire, così disse cercando di essere il più convincente possibile:
«Da solo, m-mi ann-annoiavo a casa, così s-sono uscito a prendere una b-boccata d’aria» ma il suo tentativo naufragò ancora prima di andare in porto, perché i suoi balbettamenti fecero cambiare espressione a Usami, che ora sembrava una via di mezzo tra il corrucciato e l’infuriato, ma Misaki non riuscì a specificarlo perché Akihiko è troppo difficile da leggere per lui, però prima che Usagi potesse formulare la seguente domanda del terzo grado, il ragazzino si fece coraggio e disse:
«E tu, come mai sei già tornato?» questa volta riuscì a dare un tono alla sua domanda, la sua voce apparve quasi autoritaria, come se richiedesse assolutamente una risposta, così Akihiko si accigliò leggermente e rispose:
«Perché Aikawa-san ha rimandato la riunione, poi perché me lo chiedi? Ti da forse fastidio che io sia tornato? Avevi forse qualche altro programma?» chiese in fine con un sorriso malizioso sul volto, ma questa volta era diverso da quelli che faceva di solito, era più… distante. Allora Misaki tornò alla domanda e rispose in fretta per non dare l’idea di uno che sta cercando una scusa:
«No, no, certo che no! E questa risposta vale per tutte e due le domande!»
«Se lo dici tu…»
«Sì, lo dico io, e chi altrimenti?! Vado a farmi una doccia» ribatté all’istante Misaki con tono scocciato, poi si diresse verso le scale e iniziò a salirne uno alla volta con moderata lentezza, sia perché ogni volta che alzava la gamba per passare allo scalino successivo sentiva tutti i muscoli tendersi e dolergli sia per vedere se Usami avesse aggiunto qualcosa d’altro e così fu, perché non fece in tempo ad arrivare alla fine dalla scalinata che Misaki si sentì afferrare da dietro, spingere verso il muro ed essere voltato tutto in pochi secondi, per poi ritrovarsi faccia a faccia con Akihiko che quasi urlò:
«In realtà sono tornato prima perché non volevo che tu te ne andassi senza vederti un’ultima volta!» a quelle parole il ragazzino si sentì cedere:
«Mi vuole o no mi vuole? Non ci capisco un accidenti!» Pensò Misaki.
«In non ho nessuna intenzione di andarmene!» e senza accorgersene urlò a sua volta l’ultima parte.
Usagi tolse le mani dai polsi del ragazzino e facendo un passo indietro disse a voce leggermente più bassa:
«Ah, non vuoi nemmeno andartene?! Quindi vuoi che sia io a farlo, così che tu e lui possiate rimanere da soli felici e contenti vero?! Sai che ti dico, lo farei, me ne andrei anche solo per vederti felice, ma io purtroppo sono egoista e non posso vivere senza di te, quindi anche a costo di imprigionarti qui, tu non te ne andrai mai da me! Non te lo permetterò!» Misaki rimase allibito, Usami aveva davvero perso la pazienza e stava urlando, cosa che non aveva mai visto fare prima ad Akihiko, una persona che aveva sempre ritenuto impassibile, ma a quanto pare si sbagliava. Poi però gli vennero in mente le parole di Nowaki: “Un’altra donna”, “Sposarsi”, così iniziò ad andare verso Usagi per urlargli con le lacrime agli occhi:
«E la tua donna? Dove la metterai?» Akihiko credeva di non aver capito bene, così fece una faccia stranita e strabuzzò gli occhi.
«Come scusa?!» domandò lui con voce roca e al tempo stesso realmente stupita.
«La tua donna, quella con cui vuoi sostituirmi!» Misaki cedette, iniziò a piangere e a Usami venne l’istintivo gesto di abbracciarlo, ma il ragazzo lo fermò sul nascere e aggiunse:
«Se lo farai, sarà soltanto più doloroso, perché non voglio la tua compassione!»
«Misaki, tu vaneggi! Sei fuori di testa del tutto per caso?! Come ti è venuto in mente che io avessi un’altra… cioè, una donna?!» rispose Akihiko ormai allo stremo.
«Perché hai parlato di fare le valigie e ti riferivi solo a me! Ecco il perché!» di lì in poi iniziò un litigio botta e risposta:
«Ma questo solo perché tu mi tradisci con un altro!»
«Ora quello che vaneggia sei tu! Scribacchino da quattro soldi traditore e bugiardo! Io non ho fatto proprio niente!»
«A no?! E cosa sono tutti quei lividi sul tuo corpo?! Non cadi così spesso dalle scale! Ammettilo che mi hai tradito e sei andato con un altro!»
«Non è vero! Questi lividi me li hanno fatti dei bulli perché non sopportavano di vedermi accompagnato da te!» finalmente ci era riuscito, aveva detto quello che realmente era successo a Usami, il quale stava per ribattere, ma che si fermò non appena ebbe il tempo di riflettere sulla risposta.
«Come?! Stai dicendo sul serio?» Usami si avvicinò a Misaki.
«Certo che dico sul serio scemo!» detto questo si gettò tra le braccia di Usami, sprofondò il viso nel suo petto, gli cinse forte la vita con le sue piccole braccia e iniziò a singhiozzare come non mai.
«O piccolo mio, mi dispiace così tanto, non ne hai neanche idea, ma quando si tratta di te, io penso subito al peggio perché voglio fare di tutto per proteggerti e se mi fai pensare che delle persone ti hanno picchiato per causa mia, mi viene voglia di porre fine alla mia vita…» Misaki stacco appena la faccia dal petto muscoloso di Usagi e gli urlò:
«Tu non sei una persona normale! Oltre a essere maniaco e pervertito se anche tutto scemo! Non provare mai a dire certe cose un’altra volta, perché non sei l’unico che senza la persona che ama non può vivere!» Usami lo strinse forte a sé facendo quasi soffocare il ragazzo, che cinto dalle braccia del suo amato Usagi-san sembrava un bambino.
«Sai una cosa Misaki? Dovresti arrabbiarti più spesso, così non ti ricordi di trattenerti e mi dici tutto quello che provi e poi… sei dannatamente sexy quando diventi tutto rosso e ti gonfi per sembrare più grosso» l’ultima parte la disse sogghignando, ma quelle parole fecero diventare di un rosso scarlatto il viso di Misaki che per coprirlo lo ricacciò nel petto di Usami, che lo prese in braccio, scese le scale e si sedette sul divano facendo accomodare il ragazzino sulle sue gambe, poi mentre gli accarezzava i capelli per farlo calmare gli disse:
«Passo troppo tempo al lavoro, sono sempre indaffarato con le riunioni e qualche volta con quegli stupidi tour promozionali! Penso che potrei anche abbandonare il lavoro per stare con te» allora Misaki bofonchiò con il viso ancora incastonato nei pettorali di Akihiko e con un rumoroso singhiozzo gli disse:
«Ma noi possiamo trovare altri modi per stare insieme, quindi non pensarci nemmeno e poi, come faresti a guadagnare se non scriverai più?»
«Non userei mai più i miei soldi perché tu sei una felicità insostituibile, e se voglio ascoltare musica mi basta sentire la tua voce e il battito del tuo cuore, se ho freddo il tuo abbraccio vale più di ogni coperta e più di ogni camino acceso, se voglio guardare un film che da emozione mi basterebbe guardare i tuoi occhi per ore, se voglio sentirmi bene mi basta averti vicino, e se voglio ispirazione mi basta vederti per un minuto soltanto…. se voglio vivere per qualcosa, tu sei l’unica persona in grado di allungare la mia esistenza, ora e per sempre» questa fu la risposta di Usami, che fece smettere di singhiozzare, ma alzò il viso solo quando sentì una piccola goccia cadergli sui capelli e, quando si voltò verso Usami, non poté fare a meno di notare che una delle sue guance era rigata, rigata dalle lacrime. Allora il ragazzino strabuzzò gli occhi e domandò ad Akihiko stupito:
«Usagi-san, stai… stai piangendo?» rimase in attesa per pochi secondi, perché Usami aveva lo sguardo perso nel nulla, poi lo riportò sul volto sconvolto di Misaki e rispose tranquillamente con un sorriso amaro:
«Non è niente, ero solo riuscito a immaginare per un secondo la mia vita senza di te, scusa, mi sono scomposto troppo per il mio stile, ma come ti ho detto, tu stravolgi tutto dentro di me e mi rendi la persona che non vorrei essere o atteggiamenti che non vorrei assumere» Misaki si alzò in piedi per poi mettere entrambe le mani sulle spalle di Usami, infine lo guardò fisso negli occhi, prese tutte le forze che aveva in corpo e gli disse:
«Con me puoi essere sempre sincero, non dovrai mai nascondermi niente di te, perché… perché… IO TI AMO COSì COME SEI USAGI-SAN!» c’era riuscito, ce l’aveva fatta finalmente a dire le cose come stavano, ma per una volta voleva fare le cose come si doveva, così prima che Usami potesse dire qualcosa, il ragazzino si chinò verso di lui e con estrema delicatezza poggiò le sue labbra su quelle di Akihiko, poi si ritrasse e divenne immediatamente rosso fuoco.
«O mio Dio, ma se non riesco nemmeno a dargli un bacio, come avrei mai potuto fare a prendere l’iniziativa?!» e mentre il povero Misaki tutto depresso e insoddisfatto di sé stesso, abbassò lo sguardo fino ad osservare i suoi calzini e quelli di Akihiko, che a sua volta si alzò e prese tra due dita il mento di Misaki per alzargli il viso e incatenare i loro sguardi e senza indugiare nemmeno un secondo, diede un bacio estremamente dolce quanto passionale sulle tenere labbra del ragazzo, ma ovviamente il pervertito Usami non si accontentò, allora iniziò a dargliene sempre con più insistenza e più forza, fino a rimanere senza fiato, poi iniziò a torturare il collo di Misaki con piccoli morsi e qualche bacio.
«U-Usagi-san, magari domani, sai… mi fa male ancora tutto il corpo e… e… per quello che può servire, vorrei donarmi in forma…» ovviamente le ultime parole furono solo un sussurrò che scivolò lentamente dalle labbra ormai quasi violacee di Misaki.
«Certo piccolo mio, quando vuoi, io per te ci sarò sempre, però voglio chiederti un favore» quando Akihiko chiedeva era abbastanza insolito, perché la sua abitudine era prendere quello che voleva finché Misaki non si sarebbe arreso, ma il ragazzo rimase in attesa della richiesta, così Usami domandò:
«Posso parlare con te per tutta la notte, dicendoti quante volte voglio “Ti amo”?» Misaki si rasserenò all’istante, chissà cosa si era immaginato, e in un certo senso non gli dispiaceva per niente, così con un sorriso leggermente imbarazzato rispose guardando da un’altra parte:
«Certo» con quella sola parola Usami si illuminò, così prese per mano Misaki e si diressero verso la loro stanza. Dopo varie ore che Misaki sentiva la frase “Ti amo”, si stupì di udire una domanda abbastanza insolita e alquanto imbarazzante:
«Misaki, che cosa diresti a una persona che ti domanda a cosa non potresti mai rinunciare nella tua vita?» il ragazzo rimase spiazzato dalla domanda, ma giusto qualche ora prima avevano detto di essere sinceri l’uno con l’altro, quindi era suo dovere rispondere, così, sapendo che Usami lo stava guardando, Misaki chiuse gli occhi per poter avere un margine di lucidità, cosa abbastanza difficile, dato che Akihiko stava giocando con i capelli del ragazzo e con le dita disegnava piccole circonferenze sul petto. Allora si mise di impegno e aprì totalmente il suo cuore.
«Se un giorno qualcuno mi chiederà di cosa non potrei mai fare a meno nella vita, io non risponderò te, perché sarebbe troppo banale, ma dirò: il tuo profumo, i tuoi respiri sul mio collo, le tue mani e, soprattutto, la tua voce angelica che la notte mi sussurra ti amo» tenne gli occhi chiusi per un paio di minuti, ma non sentendo risposta e notando che Usami si era fermato, gli riaprì e si voltò, vedendo un’immagine assolutamente stupenda che gli tolse il fiato: Usami si era addormentato.
«è bellissimo, è… è… SI è ADDORMENTATO! NON POSSO CREDERCI!» Misaki non urlò ulteriormente perché non voleva svegliarlo, anche se in quegli istanti sarebbe stato capace di odiarlo, così rimase a gridare dentro di sé e a sclerare come al suo solito:
«Io sono riuscito ad aprire il mio cuore per la prima volta e lui che fa? DORMEEE! Ah, ma domani mi sente di sicuro eh! Gliele canto per bene!» poi però si voltò di nuovo verso il viso di Usami e sussurrò:
«Forse in un certo senso è anche meglio che non mi abbia sentito, perché la mia risposta sarebbe stata troppo mielosa e sdolcinata… bhè, allora avrò più tempo per pensare ad un’altra risposta, nel frattempo però non devo pensare ad una cosa certa, ti amo Usagi-san» detto questo ultimo sussurro diede un leggero bacio sulle labbra ad Akihiko e si accucciò al suo petto e, usando come ninna nanna il suo respiro regolare e il suo battito del cuore, si addormentò tranquillamente abbracciato a lui. Dopo quasi mezz’ora Usami riaprì gli occhi e disse con leggero sorriso:
«Povero illuso, pensare che io potessi addormentarmi proprio mentre aspettavo una tua dichiarazione, hai ancora tanto da imparare piccolo mio, ma ti amo incondizionatamente lo stesso» per tutta la notte Usami rimase ad accarezzare e ad osservare il suo piccolo tesoro che dormiva attaccato a lui.

FINE  

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