Just put a spoon of irony in your life

di chiaraviolinista
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter number one - Facebook ***
Capitolo 2: *** Chapter number two - Di traslochi e di cugine insopportabili ***



Capitolo 1
*** Chapter number one - Facebook ***


Bonnie aggiornò di nuovo la bacheca di Facebook, annoiata. Niente di nuovo, nonostante avesse 22 amici online.

Non era molto, ma lei, che in tutto aveva una novantina di amici su Facebook (mentre i suoi compagni di scuola ne avevano in media 500) la considerava una cifra abbastanza alta.

Guardò la chat: eccolo lì, in cima alla lista. Lui.

Forza, solo un piccolo sforzo, cosa ti costa..

La vocina nella testa che la tormentava da mezz'ora ripeteva sempre le stesse parole.

Coraggio, ora gli scrivi “ciao :)” e aspetti che risponda, cosa c'è di difficile?

Tutto, ecco cosa c'è di difficile, voleva rispondere alla vocina.

Era cominciato tutto verso novembre, a lezione di violino, quando era arrivato un nuovo studente nella classe del professor James. IL nuovo studente. Lui.

Mentre Bonnie stava sistemando il violino nella custodia, smollando un po' l'archetto prima di rimetterlo a posto, mettendo il cuscinetto che usava come spalliera nella tasca, insieme alla pece, lui aveva iniziato a suonare. “Vediamo, fammi sentire una scala” aveva detto James. “La maggiore”.

Lui poggiò l'archetto sulla quarta corda, e iniziò la scala vibrando ogni nota.

Vibrato? Aveva pensato Bonnie. E' un anno indietro rispetto a me e già sa fare il vibrato?

Si era bloccata, i libri in mano e la borsa nell'altra, si era voltata a guardarlo, immobile per un istante. Fu come un fulmine. Innamorata, di una persona che non conosceva, solo perché sapeva fare il vibrato.

Sono pazza, si diceva Bonnie ripensando a quel giorno dei primi di novembre.

Era aprile, e lei si era da poco convertita a Facebook, controvoglia. Non le piaceva. Preferiva Forumcommunity, dove la gente si conosce man mano e ha tanti interessi in comune e sono tutti gentili... ma era rimasta tagliata fuori dal mondo, e aveva ceduto. Più che altro, per non dover usare il profilo di Erika, la sua migliore amica, per vedere le notifiche dei compagni di classe.

Aggiornò di nuovo la bacheca: solo un post pubblicitario di una pagina e un link che aveva già condiviso.

Improvvisamente, un guizzo rosso in basso a destra attirò la sua attenzione, nella chat. Per un brevissimo, minuscolo istante si illuse, ma era solo Sophia. “Solo” Sophia? Che cosa le stava succedendo? Non teneva più a una delle sue amica virtuali, conosciuta proprio grazie ai forum, e ritrovata su Facebook?

Sophia Charleston: Ciao Bonnie :) che fine hai fatto? Non ti vedo più nei forum..

Aveva ragione, per colpa di Facebook non stava più frequentando i forum, ed erano due settimane (se non di più) che non scriveva un post nel suo blog.

Rispose a Sophia e caricò nuovamente la bacheca, con un sospiro.

Non ce la farò mai.

Guardò di nuovo la lista degli amici online: erano diventati 19.

Un fremito le attraversò il cuore. Era tutta la sera così, come a pensare che, se si fosse disconnesso, non sarebbe stata costretta a chattare con lui, e forse la vocina l'avrebbe lasciata in pace. Aprì la chat.

Lui era ancora lì.

Al piano di sotto, i suoi genitori si urlavano contro nel loro ultimo litigio da marito e moglie.

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Capitolo 2
*** Chapter number two - Di traslochi e di cugine insopportabili ***


Il rumore dell'enorme camion che portava via i mobili fece tornare Bonnie alla realtà. Seduta sull'ultimo gradino delle scale, osservava malinconica la sua casa vuota nell'aria tiepida di una mattina di primo settembre. Aveva programmato le sue vacanze estive da tempo, ma tutto era stato mandato all'aria. Prima il divorzio, ora il trasloco, e la sua estate perfetta era andata in fumo. Per andare dove, poi? A Callowbridge, una piccola cittadina lì vicino nota solo per la celebre scuola di musica. Almeno non avrebbe dovuto fare mezz'ora di macchina ogni volta per andare a lezione di violino.

Sospirando, si alzò e diede un'ultima occhiata alla sua vecchia camera - vuota - per controllare di non aver dimenticato niente, mentre il clacson del taxi squillava dalla strada.

- Arrivo! - gridò Bonnie, e con un ultimo, lungo sospiro si chiuse la porta di casa alle spalle per l'ultima volta e si sedette nel sedile posteriore del taxi giallo.

 

La macchina si fermò davanti a una villetta rosa dal giardino ben curato, con la porta, le finestre, lo steccato e il tetto bianchi. Sua madre era stata irremovibile: finché il trasloco non fosse completamente terminato avrebbe abitato dai suoi zii, il che significava almeno due mesi a casa della sua insopportabile cugina Bethany, un anno più grande di lei. Sua madre avrebbe abitato da una sua collega.

Bonnie scorse un familiare volto di donna dalla vetrata del salotto, per poi vederlo fare capolino dalla porta d'ingresso.

Il viso di sua zia Gwendolen si aprì in un largo sorriso.

- Maureen! Bonnie! Siete arrivate, finalmente!

- Wendy!

Mentre madre e zia si abbracciavano (Quanto tempo! Sì, dovremmo vederci più spesso! Oh, come sei dimagrita!), Bonnie scese svogliatamente dalla vettura.

- Ed eccola qui, la nostra ospite! - cinguettò zia Wendy rivolta a Bonnie. - Entra, tesoro, la stanza degli ospiti è già pronta. Oh, ma fatti guardare, come sei cresciuta! - continuò con tono entusiasta, in netto contrasto con l'espressione funerea di Bonnie.

- Paul! Vieni! Sono arrivate! - gridò zia Wendy rivolta alla porta della cucina.

Lo zio di Bonnie ne sbucò qualche secondo dopo (Maureen! Ti trovo in forma! Oh, ecco la nostra Bonnie! Sei cresciuta dall'ultima volta, eh?) e aiutò il tassista a scaricare la valigia di Bonnie. Indossava un completo Calvin Klein, aveva la camicia perfettamente stirata e la cravatta annodata impeccabilmente, nonostante fosse domenica mattina. Conseguenze dell'aver sposato una donna come Gwendolen e di vivere in una casa tutta rosa e bianca.

Mentre zio Paul portava di sopra il bagaglio di Bonnie (contrariato, nonostante il sorriso sulle labbra, dal rischiare di sudare la camicia Alexander McQueen), lei e le due sorelle si spostarono in salotto (una sala adorabile, con le poltroncine bianche in pelle, i deliziosi quadretti floreali alle pareti, le statuette di Swarovsky sul caminetto e il centrino sul tavolino da tè).

- Oh, Wendy, hai una casa meravigliosa!

- Magari lo fosse! Lo dici ogni volta che vieni a trovarmi, anche se forse dovresti farlo più spesso!

- Non mi stancherò mai di ripeterlo! Vorrei avercelo io, un salotto così. Ma sai com'è, il lavoro... poi quest'estate è stata particolarmente faticosa, il divorzio, il trasloco... sei fortunata ad avere un marito come Paul!

Bonnie decise di smettere di ascoltare quella conversazione penosa e si intromise.

- Ehm, zia, io dovrei... andare in bagno, ecco. E' al piano di sopra, giusto?

- Certo, cara, vai pure. Sì, sali le scale e poi la seconda porta a destra. Mi dispiace, ma non abbiamo più il bagno degli ospiti, abbiamo dovuto ampliare la camera di...

- MAMMA! COS'E' TUTTO QUESTO FOTTUTO CASINO? HO BISOGNO DI DORMIRE!

Strillò una voce dal piano di sopra. Bonnie si bloccò sul quinto gradino, un piede per aria.

- Tesoro, alzati, è arrivata tua cugina! - rispose zia Wendy con il suo solito tono cinguettoso, noncurante dei modi decisamente poco fini della figlia.

Bonnie riprese a respirare e a camminare, ma quando arrivò sul pianerottolo si materializzò davanti a lei Colei Che Avrebbe Reso Impossibile La Sua Vita Nei Successivi Due Mesi.

- Oh, ciaaaao, cuginetta adorata! - disse sua cugina, una stridula imitazione della voce della madre.

- Ciao, Bethany – rispose laconica Bonnie. Provò a superarla per raggiungere il bagno (era la seconda porta a sinistra, giusto? O a destra?), ma la vocetta stridula la richiamò.

- Non così in fretta, tesoro. E si può sapere perché stai toccando la maniglia della mia camera?

Ops, forse era la porta a destra.

- Scusa, cara. Stavo cercando di andare in bagno, ma evidentemente la tua camera è un luogo più adatto per...

- Stupida piccola stronzetta...

- Oh, mi dispiace davvero tantissimo di averti svegliata. Dev'essere dura, riprendersi da una sbronza come quella di ieri sera. E dimmi, con quanti ragazzi sei andata a letto nell'ultima settimana?

- Stammi bene a sentire, carina. - puntò un dito contro di lei, l'unghia laccata di rosso esageratamente decorata. - Non me ne frega niente se zietta e ziuccio ti vogliono generosamente ospitare finché non avrai una casa. Beh, non che quel buco dove abitavi prima si poteva definire casa. Ma questo è il mio territorio, e comando IO.

- Potesse. - ribatté Bonnie.

- Che cosa?

- Si potesse definire casa, non “poteva”. Perché non ti compri un libro di grammatica, al posto delle borse Gucci? - detto questo sgusciò in bagno per sfuggire alla Funesta Ira di Bethany.

 

 

 

Bonnie sbuffò ancora una volta e sollevò lo sguardo dalle pagine. Bethany non sembrava avere intenzione di abbassare il volume, nonostante gliel'avesse già urlato quattro volte.

All'ennesima vibrazione del parquet sotto i suoi piedi per via dei bassi, chiuse di botto il libro e uscì spazientita dalla stanza.

- Potresti. Abbassare. Quel. Volume. Per. Favore.

Bethany si girò, fece una bolla con la gomma rosa che aveva in bocca, scoppiò la bolla con uno schiocco di lingua e alzò le sopracciglia con aria di sfida.

- Scusa?

- Ti ho chiesto di abbassare il volume. Sai, starei cercando di leggere in pace.

- Non hai capito. Chi ti ha dato il permesso di entrare in camera mia, mocciosa?

Scocciata, Bonnie avanzò a grandi passi verso lo stereo, staccò la spina e uscì a testa alta, seguita dall'occhiata sbigottita e furente di Bethany.

Nel giro di quindici secondi la musica ripartì, ma a volume leggermente più basso.

 

 

 

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