Anima Bianca

di Apple90
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Reyel - Liberazione ***
Capitolo 2: *** Elemiah - Tormento ***
Capitolo 3: *** Raziel - Immortali ***
Capitolo 4: *** Jeliel - Incontri ***
Capitolo 5: *** Aladiah - Ritorni ***
Capitolo 6: *** Mebhael - Tumulti ***
Capitolo 7: *** Vehuel - Magnificenze ***
Capitolo 8: *** Nithael - Sorprese ***
Capitolo 9: *** Damabiah - Saggezze ***
Capitolo 10: *** Ezekiel - Misteri ***



Capitolo 1
*** Reyel - Liberazione ***


Anima Nera_prologo


`•.¸¸.•´´¯`••._.• NOTE DELL'AUTORE `•.¸¸.•´´¯`••._.•

Ciao a tutti, eccomi puntuale con il sequel di "Anima Nera"
Chi non avesse letto la FF potrà dare un'occhiata al riassunto della storia* in fondo al primo capitolo.
(Grazie alla splendida recensione di JayBree, senza spoiler)

La storia che vi apprestate a leggere è una OOC, una What If?
Il Rating questa volta è Arancione
La storia contiene scene di violenza e linguaggio esplicito (e "colorito").

Spero di non deludere i lettori di Anima Nera. A loro mando un abbraccio enorme.

Buona lettura, e ricordate:




Vesper è come il ragazzo che nei film ti conquista e ti porti a casa, anche se non sei il tipo. 

E' il ragazzo che dopo una notte di passione ti lascia sul cuscino un biglietto con scritto " è stato bello". 

E poi scompare. 

 
                                                            (Vikichan, autrice di Sweet Disposition)




 

“Non mi pento dei momenti in cui ho sofferto; porto su di me le cicatrici
come se fossero medaglie, so che la libertà ha un prezzo alto, alto quanto quello
della schiavitù. L'unica differenza è che si paga con piacere, e con un sorriso...
anche quando quel sorriso è bagnato dalle lacrime”

      (Paulo Coelho)

 

<< Vesper!>> urlò la voce di Neville, a qualche decina di metri di distanza. 

Lui e Ron varcarono gli alti portoni del castello, seguiti da una decina di Auror con le bacchette sguainate, i mantelli svolazzanti nella semioscurità dell’alba. << Vesper!>>

<< E’ fuggito!>> strepitò Ron, il fiato rotto dalla corsa, che si arrestò al fianco di Hermione.

<< Lui è… innocente.>> mormorò Neville. << Perché sta scappando?>>

<< Perché dobbiamo dargli la caccia.>> Hermione avanzò con passo lento lungo il prato ben potato del Maniero. Oltrepassò i cancelli ricoperti di edera rampicante, ritrovandosi lungo una scia d’asfalto desolata. I suoi occhi umidi percorsero l’orizzonte, ma non videro nient’altro che il sole rosso sangue sorgere oltre la linea frastagliata delle colline erbose. 

<< Perché Vesper è l’Eroe che il Mondo Magico merita, ma non è quello di cui ha bisogno adesso. Lo inseguiremo, lotteremo per catturarlo. Lui non è un Eroe, ma un’Anima Nera. Un giustiziere silenzioso che veglia sul mondo magico.>> 

Hermione si voltò, sentendo il suo cuore sgretolarsi dolorosamente dall’interno del suo petto. 

Pezzo dopo pezzo, frammento dopo frammento. Poi il vuoto inesorabile della solitudine la invase nel profondo dell’anima. 

<< Lui è un Principe Oscuro.>>

 

*°*°*°*°

 

Il cielo terso e sgombro di nubi faceva da sfondo a un placido viale alberato del Surrey, dove file di villette in mattoni rossi si susseguivano in un reticolo di borghese periferia urbana. Di fronte a una di esse, che aveva grandi finestre e un delizioso gazebo nel giardino del retro, due bambini sbucarono di corsa dal portoncino d’ingresso e si precipitarono in strada addobbati di vestiti di cartapesta, elmi ricavati dai ritagli di scatole di cereali e grosse, sghembe spade di cartone.

<< Conquisterò io il castello!>> ululò Neil Jordan, e prese a menare fendenti all’amica, obbligandola ad arretrare verso la siepe di recinzione. Con i suoi sei anni era piuttosto piccolo di statura rispetto ai coetanei, con una folta chioma di capelli color paglia e due intensi, espressivi occhi verdi. << E, dopo aver salvato la Principessa, la sposerò e combatterò il Principe Cattivo!>>

<< Sono io la Principessa.>> ribatté gelidamente l’amica.

<< Con quei denti da topo?>> sghignazzò Neil. E le affondò con un altro colpo nello stomaco con la sua spada di cartone. << Al massimo potresti essere il Roditore Cattivo. O uno Scoiattolo dei Boschi che aiuta il Principe a conquistare la…>>

Ma non ebbe il tempo di terminare la frase. Neil soffocò un rantolo in gola e si accasciò lentamente a terra crollando sulle ginocchia: la bambina aveva gettato a terra l’arma finta per assestargli un violento pugno nello stomaco.

<< Così impari.>> sibilò Hermione Granger, le braccia conserte e un’espressione sinistramente soddisfatta dipinta sul volto.

Mezz’ora più tardi rientrarono in casa, dove la signora Granger offrì loro pane, burro e marmellata e una tazza deliziosa di tè. Neil, in cui stomaco emetteva forti gorgoglii, vuotò la sua tazza in poche sorsate e trangugiò due fette imburrate. << La Guerra mi stanca.>> si giustificò, notando l’espressione incuriosita della signora Granger su di sé. Ma non ebbe il coraggio di aggiungere altro: ammettere di essere picchiato da una femmina era ben peggiore di essersela fatta addosso nel letto.

Hermione divorò tre fette di pane e marmellata senza rivolgergli la parola. Sembrava piuttosto risentita per quanto accaduto durante i loro giochi.

A dire il vero, a parte i denti un po’ sporgenti, Neil la trovava bella. Non così tanto per poter giocare a fare la Princessa, certo. E nemmeno bella quanto la piccola Anne Rice della Seconda “C”. Ma era pur sempre accettabile.

Aveva una folta chioma di ricci capelli castani raccolti in due treccine ai lati della nuca, guance rosee e rotonde e due profondi occhi color nocciola. Indossava una tuta di jeans e un foulard di “Gatto Silvestro”, che portava fieramente legato al collo. In effetti, lei adorava Gatto Silvestro.

<< Perché non mi parli?>> azzardò Neil, quando la signora Granger si spostò nell’altra stanza per ricevere una chiamata al cellulare.

<< Indovina un po’.>>

<< Lo sai che una volta ho visto un vampiro?>>

Silenzio. Ma nei suoi occhi, un bagliore di curiosità la tradì.

Poi riecco di nuovo il suo sguardo indagatore, e la sua solita smorfia che precedeva soprannomi come “Neil il Sognatore” o “Jordy Il Bugiardo del Surrey”. Tutti in classe lo chiamavano così, per via dei suoi racconti folli o storie leggendarie che suo padre gli leggeva la sera, prima di andare a dormire. Era un bugiardo nato, un sognatore instancabile, ma quella era l’unica storia vera. Era pronto a giurarlo sul suo nuovo Flipper dei Power Ranger.

<< E’ successo per davvero!>> esclamò Neil. << E’ successo due giorni fa. Stavo tornando a casa con papà dall’allenamento di basket – io e gli altri della squadra abbiamo fatto un po’ schifo, in effetti – quando papà mi ha detto di prendergli il telefono in macchina. Così sono tornato indietro in cortile… e l’ho visto.>> Parlò con tono teatrale, mimando l’espressione impaurita del suo incontro con il mostro. Ed Hermione Granger sembrò totalmente rapita dal suo racconto, come sempre. << Era bianco come un lenzuolo. E aveva gli occhi grandi e rossi. E mi fissava!>>

Hermione rabbrividì. Ma si sforzò di non darlo a vedere. << E… ti ha parlato?>> gli chiese.

<< No.>> Neil scosse teatralmente il capo. << Mi ha guardato. Poi è sparito. Non so dove sia andato, ma il garage era pieno di pipistrelli.>>

<< Che schifo!>> commentò Hermione, con una smorfia.

Mangiarono un’altra fetta di pane imburrato poi dimenticarono all’istante le storie di vampiri e, insieme, si precipitarono in cortile a giocare a guardia e ladri.

 

*°*°*°*°*

 

Hermione aprì gli occhi, abbagliata dai maestosi lampadari rinascimentali che scintillavano a mezz’aria, sospesi sotto il tendone. Il soffitto di tela trasparente era stato decorato con decine di migliaia di edere rampicanti, facendolo sembrare una grossa, calda serra botanica, tanto simile all’Aula di Erbologia di Hogwarts dove lei, Ron e Neville avevano trascorso sette lunghi anni di scuola.

I pali di sostegno erano ornati con corone di fiori e nastri bianchi e oro. Statue di ghiaccio affiancavano decine di file traballanti di sedie ai lati di un lungo tappeto color porpora, che correva dall’ingresso del tendone fino ai piedi dell’altare.

<< Ricordami perché siamo qui.>> sbottò Ron, al suo fianco, infagottato in un abito da Cerimonia color verde bottiglia, dal quale trapelava un buffo papillon a pois. Bevve avidamente due sorsate di Cedro dal suo calice, una smorfia indispettita dipinta sul volto.

<< Perché ci avrebbero ucciso, se avessimo osato mancare alla Cerimonia.>> Hermione ripensò alle espressioni gioiose della signora Weasley e di Ginny, e un nodo le strinse la gola. << Sforzati almeno di sorridere. E smetti di bere, maledizione.>>

<< Quando mi sposerò io.>> dichiarò George, che fece capolino alle loro spalle. << Ricordatemi di assumere una discreta quantità di Felix Felicis. O di Pozione Sollievo. E infliggete alla mamma un Pietrificus ben assestato, perlomeno non la vedremo in giro fino alla fine della cerimonia.>>

E indicò con un cenno del capo un’emozionata e scalpitante Molly Weasley, avvolta in un elegante abito scozzese di ottima fattura, con una giacca di tailleur e un grosso scialle color acquamarina a coprirle il collo e parte della schiena.

Lei, il Signor Weasley, Neville e Luna erano in piedi nell’ingresso del padiglione bianco, in attesa dell’arrivo degli ospiti.

Luna sembrava essersi calata perfettamente nel suo ruolo: stringeva un’enorme pila di volantini fra le mani e oscillava da un piede all’altro con un radioso, intenso sorriso stampato sul volto. Indossava un abito a frange con toppe colorate appiccicate ovunque; suoi lunghi capelli biondi erano raccolti in un fermaglio a forma di Bruco.

<< Dov’è Helena?>> domandò Ron, con un velo di preoccupazione.

<< Alla Tana.>> lo tranquillizzò George. << Personalmente ho insistito per chiuderla nel pollaio, dove non avrebbe potuto arrecare alcun danno a oggetti o persone. Ma nostra madre non ne ha voluto sapere. E’ in camera tua, Ronald. Stanno cercando di infilarle l’abito da damigella.>>

<< Pietà, Merlino.>> piagnucolò Ron.

<< E’ una bambina.>> sbottò Hermione, oltraggiata. << Ha compiuto da poco tre anni. Che danni può provocare?>>

<< Tu non conosci Helena Weasley.>> George strappò il calice di cedro dalle mani di Ron e lo vuotò d’un sol sorso. << Lei non è una semplice bambina, Comandante.>> Fece scorrere un braccio attorno alle spalle di Hermione, gesticolando in modo teatrale con l’altra mano. Additò un punto indeterminato del soffitto. << Lei è un demone fuori controllo con i denti da latte. Lei è… il Male.>>

Helena Weasley era la figlia di Charlie e Sophia, una splendida ragazza che Charlie aveva conosciuto in Romania durante i suoi studi sui Draghi. Si erano sposati l’anno precedente e trasferiti in un delizioso cottage poco fuori Cardiff, dove Charlie aveva trovato lavoro in un Allevamento di Verdi Gallesi Comuni.

Dal nulla, uno alla volta, con secchi schiocchi di frusta figure dai colori vivaci comparvero nel cortile della Tana. Nel giro di pochi istanti una processione di invitati serpeggiò verso l’ingresso del tendone. Maghi e Streghe vestiti in modo bizzarro: enormi capelli decorati con fiori e uccelli incantati, frac dai colori più accesi, farfallini fosforescenti e cravatte adornate con gemme preziose. Il chiacchiericcio eccitato divenne sempre più forte, giungendo al limitare del padiglione.

<< Ci siamo.>> fece George, che nascose il calice vuoto di Cedro in un vaso. E prese a sistemarsi freneticamente il colletto dell’abito.

Ron e Hermione si scambiarono un’occhiata. Poi Hermione gettò lo sguardo altrove, oltre le file di sedie. Gli ospiti erano numerosi. Udì la voce strillante della signora Weasley accogliergli uno per uno con affettuosi abbracci e solenni strette di mano. Ma la maggior parte dell’attenzione fu catalizzata da Neville: la Medaglia d’Onore al servizio ricevuta al Ministero gli fruttò parecchia ammirazione.

<< Ottimo, mi è sembrato di vedere qualche cugina Veela.>> disse George, allungando il collo per vedere meglio. << Avranno bisogno di un traduttore. O di conoscere la cultura inglese. A questo posso rimediare io…>>

Ron alzò rassegnatamente gli occhi al cielo, ma il fratello lo ignorò e si lanciò a grandi passi verso due splendide, ammalianti ragazze francesi dai capelli color platino, fasciate in abiti bianchi e rosa antico. Entrambe, quando lo videro, scoppiarono in risolini divertiti. Erano le stesse che aveva tentato di abbordare al Matrimonio di Charlie. E a quello di Bill.

<< Ecco, Madame…>> George abbozzò a un inchino cavalleresco. << Permettez-moi di assister vous. Vi recordè di moi?>>

Le sue risero timidamente e si lasciarono scortare all’interno della tenda.

<< Il lupo perde il pelo ma non il vizio.>> commentò Hermione, divertita.

Le statue di ghiaccio di fate alate s’animarono al passaggio degli ospiti, iniziando a gettare sulle loro teste petali di rosa profumati.

<< Buongiorno, colleghi.>> disse una voce pomposa alle loro spalle. Era Percy. Indossava un abuto scuro e un cilindro smaltato. Al suo fianco, stretta al suo braccio, c’era sua moglie: Audrey. Era una ragazza minuta, dai capelli a caschetto color paglia e gli incisivi sporgenti. Percy era stato recentemente promosso Vice Direttore dell’Ufficio per il Trasporto Magico.

<< E’ un grande piacere per me vedervi insieme alla cerimonia. Una coppia di Eroi.>> E scoppiò a ridere. Fu l’unico a farlo.

La finta morte di Ron era stata palesata dal Ministero come un’arguta messa in scena per catturare il Principe Oscuro. Nulla di più distante dalla realtà.

<< Come stanno Molly e Lucy?>> chiese Hermione, che si sforzò di stemperare il silenzio. 

<< Oh, bene, grazie.>> rispose Percy, fiero. << Lucy è già in grado di leggere, scrivere e di compiere operazioni matematiche elementari. E non è tutto. Ieri sera ha quasi fatto levitare un cucchiaino, a cena. Tutta sua mamma.>> E regalò un sorriso sdolcinato alla moglie con i denti da alce. << Le abbiamo lasciate dai nonni. Abbiamo convenuto che si sarebbero annoiate a morte a un Matrimonio. Tutta questa gente, poi. No. No. Non fa proprio per i nostri due angioletti.>>

Quando furono spariti a braccetto nella folla di invitati, Ron emise un rantolo a metà tra uno sbuffo e una risata. << Non oso immaginare cosa dirà Percy quando Lucy inizierà Hogwarts, fra sei anni. Come minimo diventerà Prefetto ancor prima di varcare il binario Nove e tre Quarti.>>

Hermione soffocò una risata.

Charlie, Sophia e la piccola Helena comparvero nell’ingresso. La piccola si era già strappata dai capelli pel di carota i deliziosi ornamenti di gigli da Damigella, e se ne stava imbronciata fra i genitori che la stavano sorvegliando a vista.

<< Comandante.>> la voce di Kingsley, al suo fianco, la fece sobbalzare.

<< Ministro.>> risposero Hermione e Ron in coro, con un sorriso.

<< Non potevo mancare al Matrimonio di Ginevra Weasley.>> Kingsley, visibilmente emozionato, rigirò la bombetta fra le dita. Tre Guardie gli stavano appresso e controllavano lo sciame di invitati con aria circospetta, come se Mangiamorte assetati di sangue balzassero fuori dall’ombra da un momento all’altro. << Vorrei tediarvi con gli ultimi avvistamenti di spacciatori di Calderoni Esplosivi in Inghilterra, dico sul serio, ma quelle deliziose tartine al formaggio mi attendono. Se volete scusarmi.>>

Hermione rise e lo osservò appropinquarsi in direzione del buffet di benvenuto per gli ospiti, attorno al quale si era raccolto un discreto numero di persone.

Dieci minuti dopo Neville e Luna terminarono di indicare a tutti gli invitati i loro posti a sedere; il brusio di sottofondo s’interruppe con l’arrivo dello sposo.

Michael Corner, neo assunto all’Ufficio Trasporto Magico e pupillo di Percy, fece il suo ingresso nel tendone accompagnato a braccetto dalla madre, una donnina di bassa statura con un abito giallo canarino e un capello adornato con uccelli impagliati. Al suo passaggio Molly Weasley, che sedeva emozionata in prima fila, estrasse un fazzoletto di pizzo dalla pochette e si soffiò sonoramente il naso.

Ron fu obbligato a sedere accanto a Zia Muriel, una vecchia strega con il naso a becco, gli occhi arrossati e un orrendo cappello di piume color rosa pallido piantato sulla testa.

<<… per non parlare di quel deplorevole abito verde bottiglia che hai addosso.>> gli stava dicendo, con voce gracchiante. << Mi meraviglio che tu e tuo fratello George non vi siate ancora sposati. Ma verrà il vostro momento, o almeno spero. E tu chi sei?>> Abbaiò rivolgendosi a Hermione, che sedeva nella fila posteriore.

<< Oh, zia Muriel. Lei è Hermione Granger. Comandante Capo degli Auror.>>

<< Un'altra Auror? Voialtri vi moltiplicate come gnomi.>> sentenziò la vecchia strega, con una punta di sarcasmo nella voce. << Esci con mio nipote, per caso?>>

<< No.>> rispose Hermione, imbarazzata.

<< Ecco, vedi? Nessuna donna vuole un buono a nulla con quel portamento goffo e ciondolante che ti ritrovi. Se fossi in te mi darei una mossa, Ronald, o quelle libere sul mercato se la daranno a gambe levate.>>

Ron lanciò un’occhiata disperata a Hermione, come se la supplicasse di trascinarlo lontano da Zia Muriel. Ma la Strega gli afferrò saldamente il braccio, sfoderandogli una poderosa gomitata per fargli notare l’arrivo dello sposo.

<< Quello sì che è un bel pezzo di ragazzo.>> gracchiò. << Tua sorella Ginevra ha gusto, non c’è che dire. Ma personalmente avrei scelto un completo meno scuro. Per la barba di Merlino, sembra uno spaventapasseri!>>

<< Peccato che Vesper non sia qui.>> commentò tristemente George, seduto accanto a Hermione. All’udire quella parola, nel bel mezzo della festa, qualcosa nel suo stomaco prese a contorcesi. << Perlomeno l’avrebbe messa a tacere per sempre.>>

Molti degli invitati delle prime file scoppiarono a ridere. Ron compreso.

Un attimo dopo Bill e un altro ragazzo dai capelli rossi, che doveva essere uno dei tanti cugini Weasley invitati alla cerimonia, comparvero in fondo al tappeto rosso; entrambi eleganti, con una rosa bianca all’occhiello. 

George s’alzò in piedi e fece un fischio sonoro nella loro direzione. << Siete bellissimi!>> ululò.

Un grande sospiro, intervallato da risatine concitate, si levò nella folla di invitati quando Arthur e Ginny Weasley risalirono la passatoia scarlatta: lei fluttuante, fasciata maestosamente in un abito bianco che le stringeva la vita, scendendo scosceso in una vasta gonna di pizzi e merletti. Sulla sua testa, fra i capelli lisci e ben pettinati, figurava una tiara d’argento. Ginny strinse nervosamente il bouquet e s’incamminò a braccetto del padre fino all’altare, dove Arthur si fece da parte per consegnarla al fianco del futuro marito. I due sposi si rivolsero un sorriso teso.

Un anziano mago basso e tarchiato, con un paio di folti baffoni a incorniciargli il viso paffuto, puntò la propria bacchetta alla gola e strepitò: << Sonorus!>> La sua voce echeggiò in tutto il tendone. << Signore e signori.>> attaccò, cantilenante.<< Maghe e Streghe provenienti da ogni parte d’Inghilterra. O anche altrove.>> Il suo sguardo guizzò sulla famiglia Delacour e sulle Veela in quinta fila. << Siamo qui riuniti per celebrare il matrimonio di due cari amici, due anime fedeli, due luci splendenti che rischiarano nuovi Tempi Bui…>>

<< Guarda un po’ chi c’è.>> sussurrò George al suo orecchio, rifilandole una leggera gomitata delle costole. Obbligò Hermione a voltarsi verso l’opposta alata di sedie, nei pressi della famiglia Delacour. Fra essi, in disparte, avvolto in un sobrio abito grigio dal colletto alto, c’era Victor Krum.

La mente di Hermione vagò molto lontano dal tendone, ma non certo al giorno in cui aveva disceso le scale al fianco di Krum, durante il Torneo Tremaghi. Non riuscì a fare a meno che pensare a Harry, come le capitava sempre più spesso in quel triste periodo di solitudine. Sparito. Dissolto nel nulla da cinque mesi, come se non fosse mai esistito, o non avesse mai avuto a che fare con loro.

Se avesse evitato di immischiarsi nelle Arti Oscure, di farsi giustizia da solo e di allontanarsi dal mondo intero per combattere il Male, forse, avrebbero potuto esserci loro al posto di Ginny e Michael Corner, su quel maledetto altare.

<< Vuoi tu, Ginevra Molly Weasley, prendere in sposo il qui presente Michael Matthew Corner, nel bene e nel male, in ricchezza e povertà, finché morte non vi separi?>>

In prima fila Molly e la madre di Michael Corner singhiozzarono nei loro straccetti di pizzo. Hermione si voltò per sorridere a Ron: ma lui non parve condividere la gioia di quell’unione.

<<… dunque io vi dichiaro, per sempre, marito e moglie.>>

L’abbraccio dei due sposi venne ricoperto da esplosioni di stelle argentate, scrosci di applausi e scoppi di trombe e palloncini colorati. Colombe bianche volarono radenti lungo le file di sedie, andando a depositarsi sull’alta corona di fiori che sovrastava l’altare.

In tutto quel trambusto, Hermione notò che il tendone sopra le loro teste era sparito: sostituito da un gazebo sorretto da pali dorati, lo stesso utilizzato nel matrimonio di Bill e Fleur. Tutti gli ospiti, emozionati e impegnati ad applaudire gli sposi, si levarono in piedi e le sedie dorate vennero fatte sparire, posizionate in un angolo dove quattro lunghi tavoli adornati di ogni ben di Dio erano comparsi dal nulla per il pranzo nuziale

<< Perfetto.>> commentò Ron, mentre decine di camerieri in livrea comparvero dal nulla e iniziarono a disporre piatti imbanditi ai tavoli. Oltre ai cibo comparvero bottiglie di Burrobirra, Fior di Pesco, casse di Cedro e di Whisky Incendiario. << Si mangia.>>

<< Si beve!>> esclamò George, raggiante. << Peccato che il vecchio zio Bilius sia morto.>> proseguì, rivolgendosi alle due cugine francesi con le quali si era intrattenuto per tutta la cerimonia. Aveva raccontato quella storia decine di volte, ma riusciva a storpiarla e renderla sempre divertente. << Era la vera anima dei matrimoni. Era solito scolarsi due intere bottiglie di Whisky Incendiario dopo il pranzo, poi balzava sul tavolo e iniziava a estrarre mazzi di fiori dal…>>

<< Basta così.>> proruppe Hermione, fra le risate generali.

In un attimo Ron comparve al suo fianco. Era riuscito a sfuggire alle grinfie dell’anziana strega, e non l’avrebbe riavvicinata tanto facilmente. << Vieni, Hermione. Per di qui.>> mormorò, afferrandole la mano per evitare che si disperdessero nella folla. << Cerchiamo un tavolo libero. Il più lontano possibile da Zia Muriel. Odio quella vecchia scopa ancor più di Percy.>>

Insieme, serpeggiarono fra i capannelli di invitati e s’infilarono nei primi posti liberi, a ridotto della pista da ballo. Accanto a loro sedettero Neville, Luna, Bill e Fleur. Quest’ultima, con un sorriso radioso, agitò una mano in aria per farsi notare da qualcuno. << Per di qui, sciocatore de Quidditch.>> disse scherzosamente. E Victor Krum le venne incontro, salutando tutti i presenti con un profondo inchino del capo.

<< Buongiorno a tutti foi.>> disse senza sorridere. E si accomodò a sedere. Il suo sguardo ricadde intensamente su Hermione, ma lei finse con cura di non accorgersene.

Il pranzo di dilungò fino al pomeriggio inoltrato. Le numerose e succulente portate si susseguirono in rapida successione, accompagnate da litri di Burrobirra e Idromele. Quando l’orologio che faceva capolino da un palo adornato di fiori segnava le cinque e mezza, la maggior parte degli ospiti era ormai sazio e si intratteneva con i commensali, ridendo e brindando allegramente.

La banda attaccò a suonare. Ginny e Michael, accolti da un fragoroso applauso, si avvinarono mano nella mano sulla pista da ballo e aprirono le danze.

Fra gli invitati, Kingsley aveva tutta l’aria di chi aveva esagerato con il Whisky incendiario. Se ne stava nel tavolo più distante dalla pista da ballo in compagnia di Hagrid, anch’egli parecchio allegro. Il gigante sedeva su un grosso divano sfondato che Arthur si era premurato di rimediare dal vecchio capanno degli attrezzi. Agitava le sue manone grosse come padelle a ritmo della melodia classica.

<< Vuoi ballare?>> le chiese Ron, d’impulso, quando si accorse che Krum stava per aprire bocca rivolto nella loro direzione.

Hermione accettò, intontita ma compiaciuta. Si alzarono insieme e sparirono nella folla della pista da ballo.

<< Sembra un idiota, Krum, con quel taglio di capelli a scodella.>> commentò aspramente Ron, che le afferrò goffamente una mano e le fece scorrere l’altra lungo la vita, sul suo abito lilla dal taglio estivo. Hermione rispose con un accenno poco convinto.

<< Oh, a proposito, stai molto bene vestita così. Questo colore… ti dona.>>

<< Credi che Kingsley riuscirà a entrare in servizio, domattina?>> gli chiese Hermione, che si sforzò di ignorare il complimento.

<< Oh, bé, senz’altro.>> rispose Ron. << Sempre se riuscirà a salire tutto intero le scale. O a ricordare qualcosa.>>

Hermione scoppiò a ridere. Gli allacciò le braccia attorno al collo e insieme scivolarono lungo la pista, dove George si stava esibendo nel meglio del suo repertorio con una delle sue lontane cugine francesi, in parte Veela. Dopo tre tentativi andati a vuoto, forse quella era la giornata buona. Anche Neville e Luna si unirono alle danze. Lui, un po’ impacciato con il suo portamento ingessato, elegante, compassato. Luna, invece, che aveva un grosso girasole fra i capelli, lo agguantò per la vita e lo obbligò a volteggiare assieme a lei.

Nonostante fosse incinta del quinto mese e il suo pancione avesse raggiunto dimensioni rispettabili, si muoveva con grazia e sembrava non avvertire alcun appesantimento dovuto alla gravidanza.

<< Sei bellissima.>>

La voce di Ron, sussurrata, vicino al suo orecchio. Hermione la ignorò ancora, come una mosca fastidiosa che le ronzava nel cervello. Doveva farlo. Doveva fare finta di niente.

E in quel momento, come se non esistesse nessun altro, con l’enorme brusio di sottofondo delle decine di invitati e la musica, il tempo parve rallentare. Hermione udì un’eco lontano, seguito da un rombo di motore. Un motore. Allungò istintivamente il collo al di sopra delle teste, e il cuore le si fermò nel petto.

Una moto babbana: Verde, lucente - maledettamente Babbana – era apparsa al limitare del cortile della Tana. Parecchie paia di occhi scrutarono attoniti il suo arrivo, ma la maggior parte degli invitati era troppo impegnata a bere, ballare o divertirsi per prestare troppa attenzione a quella strana comparsa.

<< Ron.>> squittì Hermione, senza fiato. Il cuore aumentò di battito, poteva avvertirne ogni pulsazione in gola. Premette le mani sul suo petto e lo obbligò a sciogliere il loro contatto. Si sfilò maldestramente i tacchi e iniziò a correre, sgomitando nella folla, facendosi largo per passare. Non vedeva altro al di fuori di quella moto.

L’autista del mezzo, che indossava un giubbotto sportivo e un casco dalla visiera nera, issò la moto sul cavalletto e sollevò lo sguardo nella sua direzione. Si era accorto di lei.

Ti prego. Ti prego. Ti prego. Fa che sia lui. Non chiedeva altro. Voleva solo rivederlo. Stringerlo a sé. Sapere che era vivo.

Ma invece, al suo arrivo, la triste realtà le si palesò davanti come una gelida secchiata d’acqua fredda. Con un movimento lento, l’autista si sfilò il casco dalla testa e il volto sorridente di Ryo Miyiachi fece capolino al di sotto del suo scompigliato ammasso di capelli scuri.

<< Comandante.>>

<< Che cosa ci fai qui?>> domandò Hermione, e si accorse troppo tardi di aver urlato.

Il giapponese rispose con una scrollata di spalle. << Sono nella merda.>>

<< Quando mai tu non sei nella merda?>>

<< Mai, a dire il vero, ma…>>

<< Che cosa ci fai qui?>> ripeté Hermione, stizzita.

Ron si fece largo nella folla, urlando e sgomitando, e li raggiunse di corsa. Un attimo dopo era al suo fianco, e si era frapposto inutilmente fra lei e la Kawasaki Ninjia. Come se volesse proteggerla.

<< Miyachi.>> ringhiò, sinistro. << L’ultima volta che ti ho visto, eri nudo in una cella sotterranea.>>

<< L’ultima volta che ti ho visto, Weasley, puzzavi come un Troll di Montagna.>>

I due si squadrarono per un lungo, interminabile istante. Poi Ryo scoppiò a ridere e gli tese allegramente una mano. << Vi ho cercati al Ministero, ma mi è stato detto che eravate al Matrimonio di tua sorella. E allora eccomi qui.>>

Ron non gliela strinse. << Come hai fatto a entrare al Ministero? Sei ricercato.>>

<< Sono amico di Vesper, ricordi? Ho i miei metodi.>>

Un altro nodo doloroso allo stomaco, seguito da uno spasmo. Un brivido freddo le corse lungo la schiena, prendendo possesso di ogni parte del suo corpo. Il freddo le penetrò fin sotto la pelle. << Hai… sue notizie?>> sciamò Hermione, con un filo di voce.

<< E’ per questo che mi trovo qui.>> Il giapponese di diede una rapida occhiata attorno, le braccia appoggiate sul casco. Si sbottonò la cerniera del giubbotto. << C’è un posto appartato dove possiamo parlare?>>

 

*°*°*°*°*

 

`•.¸¸.•´´¯`••._.• THE APPLE'S CORNER `•.¸¸.•´´¯`••._.•

Mamma mia. Mi sembrano mesi che non posto niente, e invece rieccomi qui.
Non ho davvero parole per esprimere l'importanza e la simbiosi che mi unisce a questa storia. E a Vesper.
Lui è mio, lo sento mio. Sarà protagonista del mio libro, quando lo scriverò. Lo scindo da Harry, da ogni cosa. E' una specie di musa maschile. ^_^

Grazie a Roxy e Argentlam che hanno letto per prime la storia.
Grazie a Viki, a JayBree e a Capitan Lights. Grazie per sopportarmi.

Come al solito, ringrazio anche tutti coloro che mi recensiranno. E criticheranno.

`•.¸¸.•´´¯`••._.• RIASSUNTO DI ANIMA NERA `•.¸¸.•´´¯`••._.•

Recensione di JayBree in merito al premio "AurorAwards 2011" 

<< Lo spettacolo è finito, Hermione.>> disse LUI, con tono affabile.
L’orda di pipistrelli che li aveva attaccati tornò a stridere nel sotterraneo, svolazzandogli attorno fino ad avvolgerlo completamente.
Il Principe Oscuro si promulgò in un profondo inchino, prima di scomparire nel nulla insieme ai suoi fidati servitori.
<< No, Harry.>> ringhiò Hermione. << Lo spettacolo deve ancora iniziare.>>

Dove c’è molta luce, l’ombra è più nera. Con questa massima in mente, Hermione Granger, Vicecomandante del Quartier Generale Auror, si trova a fronteggiare la minaccia costante rappresentata da Vesper, il Principe Oscuro, “sorto dalle ceneri di Voldemort.” Come una brava regista di action-movie dirige la macchina da presa, Apple90 dirige la penna in maniera tale da catapultare il lettore nel pieno della scena: che sia correre a perdifiato per seminare un Ungaro Spinato, assistere ammirati alla finale della Coppa del Mondo di Quidditch o cascare sul divano nell’abbraccio del nostro più grande nemico/migliore amico. Tra i chiaroscuri dell’affascinante personalità di Vesper, Hermione, e il lettore insieme a lei, scopre un nuovo e oscuro Harry Potter.

Che dire? Grazie Jaybree ^^


AUROR POWER!

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Capitolo 2
*** Elemiah - Tormento ***


Anima Nera_prologo




 

“Un'anima che si sa amata, ma che da parte sua non ama, rivela la

propria feccia - quel che v'è d'infimo, in essa, emerge.”

(Friedrich Nietzsche)

 

 

L’insegna del “Rocky Road to Dublin” scricchiolava sinistramente al di sopra di un minuscolo portone di legno, sul quale trapelava un batacchio a forma di leone.

Vesper bussò due volte. Afferrò i lembi del nero mantello invernale e si calò il cappuccio sul capo. Le sue iridi rossastre vennero nascoste dall’oscurità.

<< Parola d’ordine?>> domandò una voce rauca, minacciosa, al di là dell’imposta.

<< Mannaro fantasma.>>

Ci fu un rumore di fondo, simile a un piccolo tonfo attutito, seguito dal cigolio dei carini di ottone. Lentamente, la porta si aprì. Gli occhi del leone metallico divennero lucenti, brillanti come tizzoni accesi.

<< Benvenuto, fratello.>> disse rocamente un ometto calvo, tarchiato, con delle mani luride e un grembiule insanguinato legato alla cintola. In una tasca dei pantaloni sudici trapelava un taccuino e la piuma di una penna d’oca. << Il tuo nome?>

<< Portus.>>

L’ometto estrasse il taccuino con uno sbuffo. Lo sfogliò rapidamente, tenendolo fra le mani quasi fosse una reliquia preziosa. Dopo qualche lungo istante, i suoi occhietti vitrei s’illuminarono di un bagliore ardito. << Portus Landback, del Clan degli Spiriti Erranti?>>

<< Uhm… sì.>>

<< Benvenuto.>> ripeté egli, che tracciò una croce accanto a un nominativo iscritto su una pagina consunta. << Accomodati. Puoi lasciare i tuoi armamenti nella rastrelliera dell’ingresso. Troverai il menù vicino al bancone.>>

Vesper attraversò il minuscolo ingresso circolare, discese una rampa di scalini e si ritrovò in un ampio, buio scantinato dall’aspetto ammuffito: c’era puzza di stantio e i lampadari che calavano dal soffitto erano incrostati di ragnatele.

Un camino spento di pietra troneggiava in un angolo, accanto al bancone. Lì il barista, che aveva l’aspetto di un cadavere, stava ripulendo un boccale con un cencio lurido, le iridi bianche perse nel vuoto.

Due individui seduti a un tavolo stavano discutendo a voce alta davanti a una bottiglia di Sidro. Poco più in là, avvolto in un mantello logoro, un essere pallido dagli occhi di ghiaccio stava strimpellando un violoncello.

Vesper afferrò un menù dal bancone e prese posto a un tavolo vicino al camino, mantenendosi in disparte. Lesse distrattamente l’elenco delle pietanze. Un conato di vomito gli attanagliò lo stomaco.

 

Primi Piatti

Occhi di Elfo Domestico Grigliati

Affettato di Ragno e Criocorno

Zuppa di budella in umidi

 

Secondi Piatti

Interiora di Avvincino all’Ortolana

Fegato d’Alce con asparagi stantii

Tarantole Salterine Lessate

 

Dessert

Dolce della casa

Zuccotti di Zucca al sangue

 

Menù fisso: Un Galeone

 

<<… per non parlare di Bode, del Clan londinese dei McBack.>> stava dicendo uno dei due loschi figuri, che aveva un naso adunco simile a un becco e la pelle diafana, rugosa. << Ha combattuto la Guerra di Scozia contro i Mannari. Poi si è ritirato a Londra insieme ai suoi cugini come uno stupido leccapiedi. Bode, proprio lui, che andava fiero d’essere un’anima libera e non corrotta dagli Umani. La Guerra deve avergli dato alla testa.>>

L’altro rise. Una risata fredda, roca, controllata. << Notizie dal fronte, Avery?>> domandò, schiarendosi la voce. << Ho sentito dire che il vecchio Azazel, il leone del Ministero, ha fatto una brutta fine.>>

<< Caduto.>> fece Avery, cupo. Strinse le labbra in una smorfia disgustata. << Stava tramando un piano per soverchiare il Ministero della Magia, senza mai aver interpellato il Consiglio. Perché, mi domando? Quante speranze aveva di riuscire nell’impresa, senza l’appoggio di altri Clan?>>

<< Honorius è sempre stato un folle visionario.>> sospirò il suo interlocutore. Il suo volto era nascosto sotto un cappuccio a punta, simile a quello di un Mangiamorte. << Pace alla sua anima immortale. Un avversario più potente si è parato sul suo cammino.>>

Ci fu una breve pausa di silenzio. << Non sai niente, Brutus?>> domandò Avery, che vuotò il bicchiere d’un sol sorso. Premette le mani sul tavolo e s’avvicinò al compagno con aria furtiva, ed il suo naso adunco sfiorò la bottiglia di Sidro. << Azazel è stato ucciso da un’Umana. Un’Auror.>>

Brutus esitò, immobile e freddo. << Che cosa?>>

<< E’ accaduto un mese fa.>> asserì Avery. << Azazel aveva acquistato un vecchio Maniero nell’Hertfordshire dove teneva rinchiusi dei Funzionari del Ministero. Villa Malfoy, rammenti? E’ stato un rifugio di Voldemort, durante la Seconda Guerra Magica…>>

<< Và avanti.>> lo esortò Brutus. E s’abbassò stizzito il cappuccio, mostrando un volto squadrato dalla mascella sporgente, occhi dalle iridi di ghiaccio e una folta chioma di capelli grigi raccolti in un nastro di sera, dietro la nuca.

<< Alcuni Auror hanno capito le sue intenzioni, l’hanno smascherato facendo irruzione nel Maniero. Non si sa come, ma Azazel è morto. Tutti gli altri Vampiri del suo Clan sono riusciti a fuggire. Di loro, nessuna traccia. Svaniti.>>

<< Un’Auror ha ucciso un non morto?>>

<< Hermione Granger.>>

Brutus scoppiò in una risata tetra. << Il suo nome non mi è nuovo. E’ la stessa sporca mezzosangue che ha aiutato Potter a sconfiggere il Signore Oscuro, non è forse così?>>

<< Attualmente è Comandante del Quartier Generale, credo.>>

Un’altra risata. << Ai miei tempi, quand’ero Umano, era inammissibile che un essere dal sangue sporco intaccasse i ranghi delle istituzioni.>>

<< Il suo nome è su tutti i giornali.>> disse Avery. << E’ considerata come la nuova Eroina del Mondo Magico.>>

Brutus evitò con cura di rispondergli. Palesemente divertito, come se la faccenda lo interessasse profondamente, stappò un’altra bottiglia di Sidro e ne versò il contenuto nei loro bicchieri. << Notizie di Vesper?>>

All’udire quel nome – il suo nome – Harry raggelò. La sua fama era giunta fin lì, alle porte di Edimburgo. E probabilmente si era spinta ben oltre.

<< Nessuna, purtroppo.>> rispose Avery. << Che il demonio lo accolga presto fra le braccia.  Quell’essere metà mago e metà demone è una minaccia costante.>>

<< Amico mio, noi siamo Vampiri.>> proferì Brutus, che bevve due generose sorsate dal suo bicchiere. << Che paura può farti uno stupido umano?>>

<< Quello non è un Umano qualunque.>> squittì l’altro vampiro. << E’ il padrone della Bacchetta di Sambuco. Si vocifera possieda tutti e tre i Doni della Morte.>>

<< Leggende Metropolitane.>>

<< Un amico di Scarf, del Clan dei McBack d’Oltralpe, ha detto di averlo avvistato, una volta. Viene fuori dall’ombra in una miriade di pipistrelli. E’ malvagio quanto potente.>>

<< Vesper si nutre della vostra paura.>> sghignazzò Brutus. << Sguazza nella menzogna, nelle leggende, e i suoi giochetti potranno funzionare sulle stupide menti dei Babbani. O della tua, Avery. Ma non su di me.>>

I due vampiri continuarono a parlare, ma la figura cadaverica dell’Oste gli oscurò la visuale. << Desidera?>> domandò, lugubre.

<< Una Burrobirra.>> rispose Vesper, incerto.

<< Divertente.>> L’oste, con il suo volto smorto e i capelli lunghi, annodati e scoloriti, raccolse il menù dal tavolo e s’avviò zoppicante verso il bancone. Pochi istanti dopo fece ritorno con un boccale ricolmo di un liquido rosso, denso, dall’odore acre e metallico.

Vesper, senza farsi notare, lo annusò. Trattenne a stento un altro conato di vomito. Era sangue.

<< Bel mantello.>>

La voce stridula e melliflua di Avery gli trapanò le orecchie. E il piccolo Harry, nascosto da qualche parte dentro di lui, gli suggerì di fuggire. Subito.

<< Dico a te, straniero.>>

Vesper esitò. Aveva la bocca arida. << Grazie.>> riuscì a mormorare. E, lottando contro il suo disgusto, si costrinse ad afferrare il boccale. Bere sangue fu come sorseggiare del vino denso, dal sapore dolceamaro mescolato al gusto della Burrobirra. Fu meno peggio di quel che pensava.

<< Da dove vieni?>> chiese Avery.

<< Londra.>>

<< Dal Centro della rivolta.>> commentò Brutus, con una risata roca. << Sei dei McBack, per caso?>>

<< Landback degli Spiriti Erranti.>> rispose meccanicamente Vesper, che si costrinse a ricordare le parole di quello strano tizio grassoccio nell’ingresso.

<< Non erano di Glasgow?>>

<< Io sono di Londra.>>

Entrambi i vampiri lo scrutarono per qualche lungo istante. Furono attimi di timore, di disperate urla interiori. Ma non doveva, per nessun motivo, commettere degli errori. Morire era una mossa poco intelligente.

Brutus, che era più massiccio e anziano dei due, emise un suono a metà tra uno sbuffo e una risata. Levò il bicchiere nella sua direzione. << Che si dice da quelle parti?>>

<< La situazione è… delicata.>>

<< Presumo tu sia stato inviato dal Clan dei Landback per il Consiglio.>>

Bingo.

Vesper bevve un altro sorso di sangue. Ne approfittò per delineare la conversazione e scegliere i dialoghi che l’avrebbero condotto più velocemente alle informazioni giuste. Doveva muoversi, o quei due mostri l’avrebbero smascherato presto. << Azazel morto. Londra presa di mira dal suo Clan, che si è poi dileguato nel nulla. Auror e Maghi dappertutto. Dio, non ci stavo capendo più niente. Il mio Clan ha bisogno di risposte.>>

<< Le avrete.>> assentì Brutus. << Il Consiglio si riunisce a Edimburgo una volta l’anno. Era dal 1500 che non veniva indetto un Consiglio Straordinario. Nemmeno Hitler e Voldemort hanno convinto quei vecchi decrepiti a riunirsi eccezionalmente in Inverno. La situazione è dunque al tracollo.>>

<< Deve esserci sotto qualcosa.>> commentò Vesper, avido di informazioni. Ogni cosa del suo aspetto diafano e sinistro lasciava presumere che fosse un Vampiro. << Un’Umana che uccide un Immortale, voglio dire. E’ un caso unico. Terribile.>>

<< Sconcertante.>> rincarò Avery, scosso da un fremito.

Brutus lo squadrò da capo a piedi. Quegli occhi di ghiaccio di penetrarono a fondo nell’anima. Poi, con un rauco colpo di tosse, tuffò una mano in tasca.

Una Bacchetta? No, stupido idiota, i Vampiri non possiedono bacchette.

<< Dì un po’, ragazzo.>> Fra le mani di Brutus comparve un astuccio di canapa consunto, dal quale estrasse un sigaro di pregevole fattura. << Indossi delle lenti a contatto?>>

Vesper esitò. Nonostante fosse pallido, su certo di essere divenuto bianco come un cadavere.

<< I tuoi occhi.>> Brutus rise rocamente. Schioccò le dita e una fiammella ardente comparve sul palmo della sua mano, con la quale si accese il sigaro. Aspirò avidamente due boccate. << Se non provenissi dall’antico Clan dei Landback, giurerei sulla testa su Merlino che tu sia Il Principe Oscuro.>>

Freddo. Un freddo pungente gli attanagliò le viscere. Era finito. Tutto quanto. La sua missione, il suo futuro, la sua vita… erano finiti. L’avevano riconosciuto. Era scontato, aveva tirato troppo la corda e ora ne avrebbe pagate a caro prezzo le conseguenze.

Vesper non riuscì a parlare. Ogni parte del suo corpo sembrò congelarsi.

<< Bella questa, Brutus!>> sogghignò Avery, che ridacchiò levando in alto il boccale. << Un altro giro!>> ululò, rivolto all’Oste ammonticchiato dietro il bancone. << Unisciti a noi, Landback. Brindiamo al Consiglio, alla nostra Indipendenza e quella di tutti i nostri Fratelli d’oltremanica!>>

Vesper si alzò meccanicamente, scosso e tremante. Lottò contro sé stesso per nasconderlo, per apparire sereno e trafelato. Vuotò quel che ne rimaneva del suo boccale di sangue, troppo agitato per essere sorpreso da indesiderati conati di vomito. E d’istinto, osservò teatralmente l’orologio. Quella notte aveva rischiato fin troppo.

<< Mi dispiace, fratelli miei. Un impegno urgente mi attende prima dell’alba. Intrattenermi qui al “Rocky Road” è stato un passaggio obbligato per trovare ristoro e ricordare i bei tempi ormai passati. Ma ora devo… andare.>>

Parlò di fretta, nervoso, e fu certo che non sarebbe servito uno strizzacervelli per capire che le stava svignando. I Vampiri erano esseri saggi, millenari, una conversazione del genere l’avrebbe condotto dritto alla morte. Ma, con sua immensa sorpresa, i due risposero alle sue parole con un garbato cenno del capo. Avery, addirittura, sorrise.

<< Ci si vede al Consiglio.>> disse Brutus.

Vesper annuì, sforzandosi di sorridere a sua volta. Un attimo dopo aveva attraversato il sotterraneo ed era fuggito su per la rampa di scale. Durante la risalita incrociò un Vampiro avvolto in un pesante parka invernale, così spesso che pareva essere stato ricavato dalla pelle di un vecchio Mammuth. Scendeva trafelato e non parve accorgersi della sua presenza, e il loro urto fu brutale. Vesper si sentì sbalzare indietro e, d’istinto, s’appigliò al corrimano di legno marcio, unico appiglio che gli avrebbe vitato di rompersi l’osso del collo. Merda.

Una leggera fitta di dolore alle dita. Si rimise in piedi, frastornato, avvertendo le iridi glaciali del vampiro proiettate su di sé. Il dolore alle dita aumentò notevolmente.

Una minuscola scheggia gli si era conficcata nell’anulare, e gocce scarlatte di sangue gli imperlarono la pelle.

Merda. Merda. Merda. E adesso?

<< Umano.>> ringhiò sinistramente il Vampiro. Era alto un paio di metri. Ed aveva l’aspetto trasandato e infernale di uno Zombie. << Umano.>> ripeté. Le sue mani forti e glaciali si strinsero attorno al bavero del suo mantello come due morse d’acciaio. << Vesper.>>

E Harry capì che era finita per davvero.

 

*°*°*°*°*°*

 

Ron precedette Ryo e Hermione lungo la ripida scala a chioccola che conduceva ai piani superiori della Tana. Fece grattare la serratura della sua stanza e aprì la porta con una spallata. Era un luogo ristretto, inondato dai raggi di sole che penetravano attraverso la finestra socchiusa. In un angolo era stipato un grosso letto a una piazza e mezza, affiancato da una vecchia scrivania traballante e degli scaffali ricolmi di libri e di accessori dei Cannoni di Chudley. Una sciarpa della squadra di Quiddich era stata fissata con una spillatrice su una parete.

<< Dov’è finito Vesper?>> domandò Ron, che si lasciò cadere sul letto. Sembrava scocciato e nervoso. Lanciò a Ryo uno sguardo spettrale. << Perché tu sai dov’è finito, Sushi, non è vero?>>

Hermione fece scorrere il suo sguardo nervoso da Ron a Miyachi, e viceversa, in trepidante attesa di una risposta positiva.

Ryo, con un sospiro, annuì. << Nella merda.>>

<< Sarebbe a dire?>> ringhiò Ron, che stava perdendo la pazienza.

Ryo appoggiò il casco della moto sulla scrivania, fermandosi in piedi vicino alla finestra. Aveva un aspetto trasandato, la barba accennata sul suo mento e due profonde, sinistre occhiate. << Non so, dov’è!>> strepitò. << Ma è nella merda. Nella Merda!>>

<< Abbiamo capito.>> sentenziò aspramente Hermione. << Ma non è un luogo… identificabile.>>

<< Sentite, siete due Auror, e io un Ricercato. Se qualcuno scopre che vi state intrattenendo con me, sono finito. Morto, ragazzi. Ci siamo intesi?>>

<< Và, avanti, maledizione!>> ululò Hermione.

Ryo sobbalzò, colpendo la testa contro una mensola. << E va bene. Vesper mi ha chiamato. Una settimana fa.>> proseguì difilato, massaggiandosi la nuca. << E’ vivo. O almeno credo. Mi ha detto di trovarsi da qualche parte in Scozia, di avere una fame fottuta e di essere impegnato in una faccenda di vampiri.>>

<< Vampiri.>> mugolò Ron.

<< Vampiri!>> strillò Hermione, preoccupata.

<< Stai parlando di Colui che Sussurrava ai Pipistrelli.>> fece Ron, tagliente. Un sorriso sollevato si aprì sul suo volto lentigginoso. << I Vampiri sono uno scherzo per lui, vedrai. Se la caverà, come sempre, e quando meno ce lo aspettiamo comparirà nel tuo ufficio e ci racconterà una buona volta che cosa diavolo ha in mente.>>

<< La tua sensibilità è pari a quella di uno Schiopodo Sparacoda, Ronald,>> strepitò Hermione, accigliata. << Chi altro è con lui?>>

Ryo scrollò inesorabilmente le spalle. << Agisce da solo, per quanto ne sappia. Ultimamente si è fumato parecchio il cervello. L’ultima volta che l’ho visto è stato un mese fa, più o meno, quando il Profeta non faceva altro che parlare della tua nomina a Comandante e della morte di Azazel. Ci siamo scolati una bottiglia di Whisky Incendiario ai Tre Manici di Scopa.>>

<< Hogsmeade?>> farfugliò Ron, incredulo. << Vesper era a Hogsmeade?>>

<< Sì.>> rispose il giapponese, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. << Mi ha raccontato che le Fenici stanno andando forte. Sta accumulando una vera fortuna, quel bastardo. Mi ha anche detto, ora che mi fate pensare, che ha trascorso un paio di giorni a Hogwarts, in gran segreto, per ficcare il naso in Biblioteca.>> Ryo rise malignamente. << La Sezione Proibita è il suo habitat naturale. Impossibile che nessuno si sia accorto di niente. Cento Galeoni, o non scherzo, che la Preside lo sta aiutando. Voglio dire, quella donna lo ama.>>

<< La McGranitt non aiuterebbe mai un ricercato pluriomicida.>> disse bruscamente Ron. << Ipotesi scartata. Probabilmente si è addentrato nel castello in incognito e ha derubato qualche volume dalla Biblioteca.>>

<< Ne parli come se fosse un criminale.>>

<< Hermione, lui è un pazzo assassino!>> strepitò Ron, furibondo. << Cerca di ficcartelo in testa, una buona volta! Ci avrà pur aiutato, e questo non lo metto assolutamente in dubbio, ma le sue rotelle sono fuori posto da cinque anni! >>

<< Mi dispiace ammetterlo, ma Weasley ha ragione.>> disse Ryo, con un sorrisetto. E strizzò l’occhio a Hermione in una smorfia fin troppo eloquente. << Dobbiamo trovarlo, in qualsiasi modo. La sua pazzia lo condurrà alla morte. Si sta immischiando fra i Vampiri per riuscire a comprendere i loro movimenti. Sostiene che si stiano organizzando per compiere un’altra Insurrezione dopo le scorribande di Londra, ma questa volta in scala molto più estesa. Vi risulta, Auror? >>

<< Le indagini sulla morte di Azazel sono state archiviate e gli avvistamenti di Vampiri sono pressoché nulli, nell’ultimo periodo.>> rispose Hermione. Fu scossa da un brivido all’idea che quelle creature tornassero all’attacco. Di nuovo. << Non c’è alcun motivo per presumere che i Vampiri progettino un attacco imminente. Il loro Capo è stato ucciso. Avranno senz’altro bisogno di tempo per riorganizzarsi.>>

<< E se Azazel non fosse il loro Capo?>> la incalzò Ryo. << E se quel fottuto genio di Vesper l’avesse capito fin dal principio?>>

<< In ogni caso, noi abbiamo le mani legate.>> asserì Hermione. << Non esistono prove. E senza prove, né uno stralcio di inizio, non possiamo materialmente avviare un’Indagine. Strada chiusa, ragazzi.>>

<< Aiutatemi a trovarlo, vi prego.>> li supplicò il giapponese. << In qualsiasi modo. Quel folle si è cacciato nei guai. Guai seri. Con quelle creature non si scherza. Non che abbia problemi a mimetizzarsi con loro, certo, ma farsi scoprire da un Vampiro equivale a una condanna a morte.>>

Ron e Hermione si scambiarono uno sguardo intenso.

<< Sei in grado di rintracciare il telefono con cui Vesper ti ha chiamato?>> domandò Hermione a bruciapelo, con l’aria sbrigativa di chi voleva scrollarsi di dosso un grosso peso.

Ryo annuì. Tuffò una mano in tasca e ne estrasse un I-phone fasciato in una cover color viola elettrico, sulla quale erano iscritti alcuni ideogrammi giapponesi. << Sono il fondatore del Miyiachi Software Group, tesoro. Ho inventato i Social Network. Credete che non sappia come rintracciare una telefonata?>>

<< Perché non ci hai pensato prima?>> Hermione s’accese di un bagliore rabbioso. Odiava quel suo comportamento infantile e sfrontato. Odiava aver appreso che Harry si trovava in pericolo, ma di non poter fare nulla aiutarlo. Un opprimente senso di impotenza le avvolse lo stomaco. << Fallo subito, dannazione!>>

Ron li osservò in silenzio, le braccia protese parallele al tronco come se fossero un inutile prolungamento del suo corpo. Oscillò da un piede all’altro, lo sguardo vacuo, chiedendosi con tutta probabilità che cosa fossero quegli  aggeggi babbani.

<< Ci siamo.>> proruppe Ryo, dieci minuti più tardi. Fece scorrere le dita sullo schermo, agili come le zampe di un ragno. << La chiamata è stata effettuata dal suo cellulare. Da Edimburgo.>>

<< Edimburgo?>> fece Ron.

<< Già.>>

Il matrimonio di Ginny e il suo distintivo avrebbero potuto aspettare un paio d’ore. Hermione comprese che era giunto il momento di prendere una decisione drastica. Immediata. << Ron, devi tornare in cortile.>> disse, sbrigativa. E la creatura nel suo petto emise un ruggito. << Dì a tutti gli invitati che il Comandante Granger è stato richiamato urgentemente al Quartier Generale in merito ai nuovi sviluppi sulle importazioni illegali di Calderoni Esplosivi. Kingsley è troppo ubriaco per sospettare qualcosa.>>

<< E Neville?>>

<< Digli che sono andata a recuperare Vesper. Capirà.>>

Ron tacque per un lungo, interminabile istante. Le sue orecchie divennero paonazze. La sua smorfia, simile a quella che aveva mostrato alla presenza di Zia Muriel, lo fecero sembrare una rabbiosa statua di pietra. << Potrebbe essere pericoloso, Hermione.>>

<< Ho un distintivo, da qualche parte. Aspetta… deve esserci scritto Comandante.>>

Il gelo negli occhi castani di Ron si rispecchiò nei suoi, e Hermione fu costretta a voltargli le spalle per evitare di essere accecata dal bruciante senso di colpa. Lui la voleva aiutare. Stava morendo dentro all’idea che si allontanasse di nuovo per gettarsi a capofitto chissà dove, affrontando l’ignoto per salvare un criminale.

Ron aveva ragione, in fondo.

Era un bravo ragazzo. Il suo migliore amico. Un fratello che aveva lottato sempre al suo fianco, pronto a proteggerla in ogni situazione.

Ma Ron non poteva capire. Nessuno poteva farlo.

Lei amava Harry Potter. E amava Vesper. O forse entrambi.

 

*°*°*°*°*

 

`•.¸¸.•´´¯`••._.• THE APPLE'S CORNER `•.¸¸.•´´¯`••._.•

Ragazzi, che giornata. Con il mio splendido risultato dell'esame e la promozione in tasca posso annunciare che Anima Bianca porta bene. Senza dubbio ^_^

Grazie a Viki, alla mia Sister Stizy, a Josephine, Aly Black, Kia, Kla, Sabri89, Irene, e Kiki per le belle recensioni.

Grazie inoltre alla Special One Argentlam, e alla mitica Roxy.

Il prossimo capitolo verrà postato Venerdì 25 Novembre. Un abbraccio immenso a tutti i lettori.

AUROR POWER!

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Capitolo 3
*** Raziel - Immortali ***


Anima Nera_prologo




 

“La Gente spesso definisce impossibili cose

che, semplicemente, non ha mai visto”

(A.Einstein)

 

Harry emise un rantolo dolorante. Poi si chinò, piegato in due dal dolore, e sputò del sangue per terra. La pioggia gelida si riversava come secchiate d’acqua sulla sua testa, scrosciando rumorosamente sul marciapiede inghiottito nell’oscurità.

Il Vampiro lo afferrò per la collottola e lo costrinse ad avanzare. Harry compì cinque passi, poi le mani fredde dell’aggressore gli premettero contro la schiena e si ritrovò proiettato contro la fiancata di un furgone parcheggiato lungo la strada.

<< Zitto.>> ringhiò il Vampiro, che lo spinse barbaramente contro la fiancata. Harry cozzò il viso sua superficie fredda, avvertendo un intenso bruciore ai polsi.

<< Ho diritto a un avvocato?>>

<< Mani dietro alla schiena.>> 

Funi spesse gli bloccarono le mani. Il Vampiro lo afferrò per i capelli, strappandogli un gemito di dolore. Aprì il portellone del furgone con la mano libera e lo costrinse senza troppa cortesia a salirvi a bordo.

Harry ruzzolò a terra. I portelloni si richiusero con un tonfo secco, imprigionandolo nel vano di carico completamente buio. Il pavimento vibrò sotto i suoi piedi, seguito dal ruggito del motore. Solo e dolorante, Harry faticò a trovare una posizione comoda per trascorrere il resto del viaggio. Erano diretti chissà dove, ostaggio di un Vampiro senza scrupoli che avrebbe impiegato pochi istanti per ucciderlo. O forse l’avrebbe consegnato al Ministero. Delle due opzioni, Vesper faticò a sceglierne la migliore.

Il Vampiro gli aveva sottratto la Bacchetta di Sambuco, era a conoscenza della sua identità. No. Non c’erano speranze. S’arrese all’evidente destino che lo attendeva e attese, accucciato in un angolo del furgone, gli occhi rossi brillanti nell’oscurità. Il mezzo transitò per le vie del centro e si allontanò per quello che sembrava un lungo rettilineo. Dopo mezz’ora, o forse un’ora intera, il cassone sussultò violentemente. Le ruote scricchiolarono a contatto con un sentiero sterrato. Procedettero per qualche miglio a velocità limitata, inerpicandosi in salita per una strada impervia, finché il rumore cigolante di cancelli annunciò a Harry che, finalmente, il viaggio era volto verso il termine.

E, con tutta probabilità, anche la sua vita.

Harry udì il grugnito del Vampiro dalla cabina di guida. Il rombo del motore si spense. I passi del nemico si fecero più vicini, poi l’eco sordo dei portelloni che venivano spalancati.

<< Vesper.>>

La luce lo abbagliò.

Il sole era sorto dai colli erbosi dell’orizzonte e il Vampiro, senza una piega, lo agguantò come una bestia da macello e lo trascinò fuori dal furgone. Harry si ritrovò in un vasto piazzale ghiaioso, dove al centro troneggiava una fontana di pietra.

La villa antica dipingeva una grossa “U” abbracciando l’intero spiazzo, alta e imponente come un grosso baluardo di pietra immerso nella brughiera. L’ingresso era sormontato da statue raffiguranti gargoyle di pietra, le luci delle finestre del primo piano erano accese.

<< Muoviti.>> il Vampiro lo afferrò per un avambraccio e lo scortò attraverso il piazzale.

Harry camminò meccanicamente, la testa vuota. Si chiese dove fosse finita la sua bacchetta, o quantomeno che cosa volessero da lui.

Aveva bisogno di lui. Altrimenti non avrebbero esitato a sbranarlo.

Le sue ipotesi vennero confermate dalle nere figure ammonticchiate nell’ingresso. Erano cinque Vampiri. O forse sei. Alti, freddi, avvolti in eleganti completi scuri con una cravatta color rubino. I loro occhi perlustrarono Harry non appena mise piede all’interno del maniero. Il più anziano di loro, un Vampiro con il cranio interamente stempiato e un orecchio mancante, fece loro strada su per una scalinata.

Harry si ritrovò al secondo piano della Villa, scortato dal piccolo gruppo di Vampiri. Nessuno di loro parlò. Era un ambiente ampio, simile a un enorme sala da pranzo vittoriana, con drappi color porpora alle pareti e deliziosi soffitti affrescati. In fondo alla sala, seduta su un trono dall’aria traballante, c’era una ragazzina.

Aveva l’aspetto lentigginoso e giovanile di una studentessa di liceo, lunghi e lisci capelli rossicci raccolti in un elegante crocchio dietro la schiena. Vestiva con un abito di pelle nera adente, stivali di borchie ai piedi, e il suo sguardo di ghiaccio sembrava uscito da un vecchio film dell’orrore. La ragazzina dal viso d’angelo, non appena Harry venne condotto al suo cospetto, si alzò in piedi con un riso soddisfatto dipinto sul volto. Quando parlò, la sua voce roca e profonda sembrò appartenere a una cinquantenne.

<< Il Principe Oscuro in persona. Quale onore.>>

Harry la scrutò, sconvolto. Avvertì le unghie dei Vampiri penetrargli dolorosamente nella pelle della schiena. Emise un gemito strozzato.

<< Dominic. Moran. Lascialo andare, per cortesia.>> La ragazzina agitò una mano in aria, ed immediatamente i due Vampiri si ritrassero, lasciandolo solo al centro della sala. Harry si sentì un barboncino a una mostra di esposizione per cani: tutti gli occhi erano concentrati su di lui.

<< Posso sapere perché mi avete portato qui?>> chiese, gelido.

La ragazzina rise. Aveva un viso angelico da cerbiatta e gli occhi luccicanti.

No. Non poteva avere più di tredici anni.

<< Forse la domanda giusta è un’altra, Vesper. La buona cortesia impone di presentarsi, prima di rivolgere la parola a un estraneo.>>

<< Tu conosci fin troppo bene il mio nome.>>

<< Vero, ragazzino. La verità è che, appena ho saputo dai miei uomini che stavi cercando di infiltrarti in quel sudicio locale di Edimburgo, non ho resistito all’idea di conoscerti di persona.>>

Ragazzino?

<< Se era solo per un autografo.>> Harry si passò una mano nei capelli corvini. Il suo sorriso mellifluo gli dipinse il volto. << Avresti potuto evitare il sequestro. I lividi. Le botte. E tutto il resto.>>

Faccia d’Angelo lo indicò. Rise. Una risata fredda e determinata. << Sei un’idiota Vesper. Ma simpatico. Vieni, camminiamo.>>

Harry fu costretto a suo malgrado ad obbedire.

I Vampiri si fecero da parte, consentendogli di giungere in prossimità del vecchio trono scrostato. La ragazzina gli fece cenno di seguirla e, insieme, s’incamminarono lungo un corridoio finestrato che si affacciava sul grosso salone del piano terreno. Da quell’angolazione, gli ricordò il Maniero Malfoy e la battaglia con Honorius Azazel.

<< Dunque, perché mi trovo qui?>> azzardò Harry.

Faccia d’Angelo rise ancora. Sembrò estremamente divertita da quella faccenda. << Io mi chiamo Sophie-Anne. Ma tutti quanti, qui a Edimburgo, mi conoscono come Pye. Il piacere è mio, Vesper.>>

<< Sei un Vampiro?>>

<< Avevi forse qualche dubbio, Einstein?>>

Harry tacque. La sua lingua era più affilata di una lama. Tutto sommato seppe che quell’essere, quel Vampiro, o cosa diavolo fosse, non costituisse una minaccia per la sua vita. Anzi. Dal suo modo di porsi sembrava particolarmente interessata a lui.

<< Gradisci una tazza di tè?>>

Harry ammutolì. Poi, lentamente, fece cenno di sì con il capo.

<< Oh, voi idioti esseri umani. Ho forse l’aspetto del Conte Dracula, Potter? No di certo.>> Sophie-Anne accelerò il passo. Sembrava schizofrenica, in effetti. Ciò spiegava i suoi occhi spiritati e la sua folle mania di parlare a raffica. O forse era semplicemente una donna. << Possiamo bere, mangiare. L’aglio e l’argento non hanno alcun effetto su di noi. La nostra immagine viene riflessa nello specchio. Oh, dimenticavo, adoro prendere il sole.>>

<< Perché sono qui?>>

<< Perché sei famoso, Vesper.>> fu la sua risposta. << Tutti i giornali magici non fanno altro che parlare di te. Del criminale ricercato numero uno del Ministero della Magia, che nessun Auror è mai riuscito a catturare.>>

<< Modestamente.>>

Sophie-Anne gli regalò uno sguardo gelido. Gli fece cenno di entrare in una stanza a ridosso di un’altra rampa di scale e si accomodarono su delle morbide poltrone color cremisi. Il Vampiro fece comparire dal nulla un servizio da tè sul tavolino di cristallo ai loro piedi. Dalle tazze di porcellana proveniva un bollente aroma di miele.

<< Zucchero?>>

Harry non rispose. Ricevette la tazza di tè amaro in mano. Era confuso, ansioso e paralizzato. L’atteggiamento di quell’essere era enigmatico. << Quanti anni hai?>>

Non seppe il perché di quella domanda. Gli fuoriuscì semplicemente dalla bocca.

<< Cinquantaquattro.>> Pye sorseggiò il suo tè speziato, serena, come se fosse la cosa più ovvia e normale del mondo. << Il motivo per cui volevo conoscerti, Potter, è che in qualche modo le nostre strade si sono incrociate. Non sono una fatalista, ma credo che il destino spesso lasci dei segnali sul nostro cammino per aiutarci a scegliere il sentiero giusto.>>

Mi auguro che il mio sentiero mi conduca il più lontano possibile da questa casa.

Harry si limitò ad annuire, torturando il bracciolo della poltrona. Ci fu un lungo silenzio.

<< Chi sei, Sophie-Anne?>> domandò Harry, scuro in volto.

La Vampira rise. Bevve un sorso di Tè sorreggendo elegantemente il manico della tazzina fra l’indice e il pollice. << Il mio nome è Sophie-Anne Lupin. E sono, in qualche modo, la sorella di Remus.>>

 

*°*°*°*°*

 

<< Io devo sapere dov’è. E devo saperlo subito.>>

L’indomani mattina la solita pila di incartamenti la accolse al suo rientro in ufficio. Ma, per una volta, Hermione ignorò i fascicoli da firmare, i protocolli inerenti ai trafficanti illegali di calderoni e le decine di avvisi del Quartier Generale. Rimase lì immobile per ore, scrutando nient’altro che un paesaggio magico della brughiera inglese ricreato fuori dalla finestra, lambiccandosi il cervello alla ricerca di qualche indizio che la potesse ricondurre a Harry. Doveva esserci per forza un modo per trovarlo.

<< Rassegnati. Vesper è come un fantasma.>> commentò aspramente Ron all’ora di pranzo, quando scesero insieme in Mensa accompagnati da Neville. Quest’ultimo si era tenuto volutamente in disparte da quella faccenda, quasi non volesse avere più a che fare con quella storia. D’altro canto, Neville non aveva tutti i torti: cinque mesi prima aveva rischiato di morire, ritrovandosi nel mezzo di una battaglia fra Uomini e Vampiri.

<< Ho perlustrato il suo appartamento di Soho. Vuoto.>> Seduti a tavola dinnanzi al loro vassoio del pranzo, Hermione oscillò sulla cassapanca e prese a contare i suoi tentativi sulle dita di una mano. << Appartamento di Notting Hill. Venduto. Magazzino sul Tamigi, a Southwark. Vuoto. Sono andata nell’Est Sussex, in un ristorante di Beachy Head che Harry era solito frequentare, ma la proprietaria mi ha detto che non si è più fatto vedere da almeno cinque mesi. E le deve ancora venti sterline.>>

<< Potebbe eccere andato all’ectero.>> azzardò Ron, che si stava ingozzando di arrosto con patate.

Hermione gli lanciò un’occhiata acida. << Non si parla con la bocca piena, Ronald. Quante volte devo ricordatelo, prima che tu la smetta?>>

Ron ingoiò rumorosamente il boccone. << Quel che sto cercando di dirti.>> sbottò. << E’ che Vesper ha nove vite come i gatti. Non deve essere per forza morto. Sarà da qualche parte a spassarsela alle nostre spalle. Un po’ come Hagrid la scorsa estate, che si è concesso la sua prima vacanza in Scozia.>>

Ron tornò a concentrarsi sull’arrosto, ma il cervello di Hermione formulò un’ipotesi razionale con la stessa prontezza di un calcolatore.

Hagrid. Vacanza. Hogwarts.

<< Hagrid!>> strillò, facendolo sobbalzare.  Un cucchiaio di purè di patate ricadde penosamente sui suoi pantaloni. Ron emise un roco epiteto, agguantò un tovagliolo e prese a strofinarsi la macchia.

<< Che cosa diavolo c’entra Hagrid, adesso?>>

<< Rifletti, Ron, maledizione. In Scozia. Scozia! Ryo ha detto che Vesper, quando gli ha telefonato, ha detto di trovarsi a Edimburgo. Sappiamo tutti quanti che Hagrid non si è mai mosso dal Castello, a parte per incarichi del Preside. E, guarda caso, un paio di mesi fa ha deciso all’improvviso di andare in vacanza per riposare.>>

<< Non ci trovo nulla di strano.>> sentenziò Ron, vacuo. Addentò quel che ne restava del suo arrosto, e lo gustò con una smorfia soddisfatta. << Tu sei malata, Hermione. Vedi Pipistrelli dappertutto. Hagrid voleva semplicemente prendersi una vacanza dopo anni di lavoro a Hogwarts. Punto e basta. E poi è partito in compagnia di Madame Maxime. Me l’ha raccontato Lumacorno ai Tre Manici di Scopa, una sera - il vecchio Horace ha buttato giù una bottiglia intera di Whisky incendiario. Cosa credi gliene sia importato di Vesper, in quel momento?>>

Ma Hermione aveva la testa altrove. Ripensò a Hagrid, alla bottiglia di Whisky Incendiario e alla figura del Gigante in compagnia del Ministro al Matrimonio. Poi, senza perdere tempo, né tantomeno preoccuparsi di avvisare Ron, abbandonò il vassoio del pranzo sul tavolo e fuggì frettolosamente in ufficio.

 

*°*°*°*°*

 

<< Io, Remus e la nostra famiglia abitavamo ai piedi del Colle dell’Ermellino. Nostro padre, Oliver Remus Lupin, era un Obliviatore del Ministero. Mamma invece insegnava pianoforte a Londra in una scuola elementare babbana. Era una Strega con un gran cuore.>> Sophie-Anne sedette su una vecchia sedia a dondolo sul terrazzo del suo Maniero, lasciandosi oscillare lentamente accompagnata dalla melodia di musica classica in sottofondo, emanata da una radio risalente presumibilmente agli anni ’50.

Harry, che era in piedi appoggiato alla balaustra, la ascoltò attentamente.

<< Quando Remus è stato morso da Greyback, la mia famiglia è precipitata nel caos. Mia madre è stata costretta a licenziarsi per stargli vicino, ma nelle notti di luna piena eravamo costretti a rinchiuderlo nel vecchio capanno degli attrezzi per evitare che ci facesse del male. Lui non sapeva controllarsi, e il nostro timore più grande era che Remus non fosse ammesso a Hogwarts.>> La Vampira sospirò profondamente, persa nel ricordo. << Ma Albus Silente era un uomo di larghe vedute. Fece impiantare il Platano Picchiatore affinché Remus potesse raggiungere la Stamberga Strillante per trascorrere le sue notti di luna piena lontano dalla scuola. Quando ho iniziato a studiare a Hogwarts, Remus era al Terzo Anno, e già s’era accerchiato di quei Tre. James, con quell’aria arrogante e presuntuosa, sempre pronto a sbeffeggiare i più deboli davanti alla classe. Vesper è più simile a tuo padre di quanto non lo sia Harry Potter, ragazzo.>>

Harry tacque. Ma seppe che in parte Pye aveva ragione.

Il suo carattere, il suo equilibrio interiore erano completamente saltati per aria dopo la Guerra, ed il risultato era stato la nascita di una persona diversa dal vecchio Harry. Ne era cosciente.

<< E’ stato durante il mio primo anno di scuola che mi sono accorta di Sirius Black. Lui era… l’idolo delle ragazzine. Bello, alto, tenebroso come nessun altro studente. Se ne stava sempre in compagnia di James, e mio fratello non è mai riuscito a fermare le loro bravate. Remus assisteva immobile ad ogni loro angheria nei confronti di Severus. Lui… era troppo debole per opporsi.>>

Una pausa. Sophie-Anne strinse con foga le dita attorno ai braccioli.

<< Inizialmente lo odiai. Contrariamente a me, Sirius era uno dei ragazzi più popolari della scuola. Non sopportavo l’idea che si divertisse alle spalle degli studenti più timidi. Lo odiai con tutta me stessa finché Sirius non s’accorse di me e, un giorno, mi chiese di uscire.>>

<< Oh-ho.>> fece Harry d’istinto, e mascherò la sua esclamazione con un rauco colpo di tosse. << Volevo dire, ecco… eri fidanzata con il mio Padrino?>>

<< Fidanzata non credo sia il termine più corretto.>> disse aspramente Sophie-Anne. E fu del tutto inverosimile, per Harry, ritrovarsi a dialogare con lei. Non dovette sforzarsi di immaginarsi l’aspetto della sorella di Lupin a scuola, perlomeno. Era proprio lì, davanti ai suoi occhi. Ed improvvisamente capì il motivo delle attenzioni di Sirius. Era di una bellezza aristocratica e diafana, come se fosse uscita fuori da un racconto di nobili del ‘700.

<< Uscii con Sirius per cinque mesi. Avevo tredici anni. Fu l’errore più grande della mia vita. Inizialmente ci incontrammo di nascosto, sgattaiolando fuori nel parco quand’era buio. L’idea di infrangere le regole mi faceva sentire più grande. E lui era maledettamente bello. Non vedevo l’ora di urlare al mondo che uscivo con Sirius Black. Ma poi >> Sophie-Anne emise un altro sospiro. Fece scivolare una mano all’interno della veste, e si accese una sigaretta. Aspirò avidamente una boccata rilasciando nell’aria uno sbuffo di fumo. << Poi lo stronzo si è rivelato per ciò che era veramente. Uno sporco, stupido donnaiolo incallito. Non ti offendere, Vesper, non sto mettendo assolutamente in dubbio le qualità umane di Sirius Black. Per mio fratello è stato un amico fedele. Ma per quanto mi riguarda, sono stata usata e gettata via come un giocattolo vecchio.>>

<< Mi dispiace.>> mormorò Harry. E gli dispiacque davvero.

<< Lo so, lo so. Così parlano le ragazze ferite. Ma credimi, Vesper. Io non l’ho digerita affatto. Ho iniziato il Terzo Anno desiderando più di ogni altra cosa riconquistare il suo amore, ma Sirius era volato fra le braccia di altre belle Grifondoro e a me non rimase altro che assistere impotente alle sue conquiste. Iniziai a non mangiare, i miei voti precipitarono penosamente, la McGranitt era così preoccupata da spedire gufi ai miei genitori ogni settimana. Ma né loro, né tantomeno Remus si preoccuparono per me.>> Pye rilasciò altro fumo nell’aria. Le sue labbra si piegarono in una smorfia. << Problemi di cuore adolescenziali, disse mio padre. Stronzate.>> Consumò la sigaretta e la gettò sprezzante sul pavimento, calpestandola con un tacco. << Un mese dopo tentai di suicidarmi gettandomi dalla Torre di Astronomia. Tentativo fallito: non ho trovato il coraggio. Sprofondai in una crisi depressiva e passai gran parte delle mie notti a piangere in riva al lago nero, dove nessuno poteva sentirmi. Sapevo di infrangere le regole, ma non mi importava. Una notte, non so perché, mi avvicinai alla Foresta. Avevo gli occhi gonfi e non riuscivo manco a vedere dove stavo mettendo i piedi. Camminai per ore, fino a ritrovarmi in una radura. Poi qualcosa, là dentro, mi ha attaccata. Non so cosa fosse, né tantomeno non ho mai capito perché l’abbia fatto. Quando mi sono risvegliata, l’indomani, non ricordavo niente della notte prima ed avevo un mal di testa insopportabile. Poco dopo ho scoperto di essere immortale.>> Pye rise. Una risata folle. << Una sola cosa posso dirti, Vesper. I Vampiri sono dei figli di puttana.>>

<< Lo terrò presente.>> mormorò Harry.

<< Per fartela breve, tutti quanti mi diedero per morta. Molti sostennero che mi ero gettata nel Lago e il mio corpo non venne mai ritrovato. La colpa fu attribuita alle correnti del lago che mi spinsero a fondo. Io, bé… d’altro canto che cosa potevo fare? Ero un mostro. E mio fratello era un licantropo. Una delizia, non è vero?>>

<< Già.>>

<< Dimmi, hai una fidanzata, da qualche parte?>>

Harry temporeggiò, intontito.

Era pazza. Pazza completa.

L’immortalità doveva averle dato troppo alla testa, o forse aveva trascorso troppo tempo senza incontrare un mortale.

<< Io veramente…>> bofonchiò, incerto.

<< Ne avrai sicuramente una. Le donne sono tendenzialmente autolesioniste, scelgono sempre uomini belli e dannati. E’ stato un bene che Vesper ti abbia posseduto: da quel poco che leggevo sui giornali, dovevi essere uno sfigato mollaccione.>> Un angolo della bocca segnata con rossetto color cremisi della Vampira s’inarcò in un sorriso. << Honorius Azazel era solo l’inizio. Ce ne saranno altri. La sua era una crociata solitaria, ma ora i Clan inglesi si stanno muovendo per conquistare la libertà. Vogliono uscire alla luce del sole, Vesper. Sono pronti per tornare.>>

<< Ma tu sei…>>

<< Un Vampiro, sì. Teoricamente è controproducente consigliarti di avvisare gli Umani del loro arrivo. Ma io non sono un Vampiro con tutti gli altri.>> Pye sorrise. Si accese un’altra sigaretta. << Io non ho scelto di diventare Immortale. Perciò mi sento in dovere di aiutarti, ragazzo. Dopo tutto, se non ti avessi fatto portar via da quell’orrido pub, qualcuno ti avrebbe stanato e ucciso. Sei troppo megalomane per passare inosservato.>>

<< Cosa vuoi da me, Sophie-Anne?>> domandò Harry d’impulso.

<< Aiutarti.>> disse dolcemente lei. Due coni di fumo divamparono dalle sue narici. << Solo i Capi Clan sono a conoscenza del modo con cui può essere ucciso un Vampiro. Ed è scontato che non siano disposti a rivelarlo troppo facilmente. Tu sei l’unico che può fermare tutto questo, Vesper.>>

<< Oh, certo. Io sono il Ragazzo Sopravvissuto, io sono…>>

<< No.>> Pye scosse il capo. Sembrava tetramente divertita da tutta quella faccenda. << Tu sei un Demone. Sei un’ombra che veglia sul Mondo dei Maghi senza mai prendersi i meriti. Sei la persona adatta per tirare fuori i tuoi simili dalla merda. E, in particolare, la tua ragazza.>>

 

*°*°*°*°*

 

<< Un istante di attenzione.>> La Preside McGranitt picchiettò il cucchiaio contro il calice di cristallo, ed il brusio eccitato della Sala Grande precipitò in un profondo silenzio. La McGranitt si alzò in piedi e raggiunse il leggio intarsiato appartenuto a Silente, sul quale era posato un pesante volume rilegato in pelle. Fece scorrere le sue dita nodose sulla sua superficie, giocherellando con il segnalibro color porpora. << Ho annuncio importante, quest’oggi. Una vecchia conoscenza di Hogwarts ci ha raggiunto per presenziare il primo giorno di scuola. Permettetemi di presentarvi il Comandante del Quartier Generale degli Auror. Hermione Granger.>>

Dai quattro tavoli il silenzio si tramutò in un applauso chiassoso.

Dal tavolo dei Grifondoro, in particolare, provennero ululati e fischi di approvazione. Altri cori festosi accompagnarono la figura di Hermione avvolta nell’uniforme d’ordinanza attraverso il palco rialzato degli insegnanti, mentre stringeva affettuosamente la mano della professoressa McGranitt. Poi si volse verso la massa uniforme di cappelli a punta, d accennò a un inchino del capo. Lo Smistamento era concluso da meno di un’ora.

<< Siete troppo gentili.>> disse sorridente, e la sua voce su ovattata da un ultimo applauso corale. Congiunse le mani all’altezza del petto, volgendo le iridi color nocciola sui visi elettrizzati degli studenti. Erano sorpresi di vederla lì: colei che aveva sconfitto un Vampiro, l’Eroe del Mondo Magico, colei che aveva catturato il Principe Oscuro.

<< Vi ringrazio. Ho sempre desiderato fare ritorno a Hogwarts per augurare il più sincero benvenuto agli studenti. Purtroppo la mia promessa è stata ostacolata dal lavoro. Ma ora sono qui, finalmente.>> Hermione fece una pausa. Sorride. << Benvenuti, ragazzi.>>

Altri applausi. Un giovane Corvonero s’alzò in piedi sulla panca e oscillò pericolosamente una vecchia macchina fotografica nella sua direzione. Un flash la abbagliò.

<< Il Comandante Granger si è gentilmente offerta di rispondere ad ogni vostra domanda riguardo il Quartier Generale.>> intervenne la McGranitt, con una punta di orgoglio nella voce. << Molti degli studenti del settimo anno che decideranno di intraprendere questa strada dovrebbero approfittare di questa imperdibile occasione. Non capiterà tutti i giorni di ospitare Hermione Granger.>>

Applausi. Fischi sonori. Altri Flash abbaglianti.

Un’ora più tardi Hermione si sentì sfinita. Si sottopose completamente alle raffiche di domande degli studenti, ai loro sorrisi entusiasti, alla curiosità morbosa che aleggiava attorno alla sua leggenda. La maggior parte dei loro pensieri, inevitabilmente ricadde su Harry.

Vesper, lo chiamavano, il Principe Oscuro.

Volevano sapere cosa significasse avere a che fare con un ricercato assassino come lui, suo vecchio amico. Una piccola Tassorosso con i capelli color paglia avanzò l’ipotesi che Vesper fosse in realtà un’altra persona, poiché “Harry Potter è buono. Non sarebbe mai capace di gesti del genere.”

Al termine della serata, la McGranitt batté le mani e invito i Prefetti ad accompagnare gli studenti ai rispettivi dormitori. Hermione salutò lo sciame di cappelli a punta che trascinò i piedi e le pance sazie verso l’uscita della Sala Grande, intrattenendosi una mezz’ora in compagnia degli insegnanti. Ma l’argomento di conversazione non cambiò. Non c’era Mago o Strega che riuscisse a fare a meno di Harry, in un modo o nell’altro.

Quando il grosso orologio che troneggiava nell’Ingresso segnava le undici in punto, Hermione salutò calorosamente la McGranitt. Non resistette all’impulso di abbracciarla.

<< Voglio fare visita a Hagrid.>> annunciò. << Non vedo la sua Capanna da troppo tempo.>>

La piacevole brezza di fine estate accompagnò la sua discesa nel parco del castello inghiottito nel buio. Una fila di lanterne penzolanti a mezz’aria illuminava il sentiero che procedeva tortuoso in direzione della foresta. Laggiù, appollaiata dietro un orto di zucche, sorgeva la sua Capanna. Un fiotto di fumo fuoriusciva dal camino e le finestre erano illuminate.

Bingo.

Prima di bussare alla porta, sfoderò la bacchetta e si premurò di trasfigurare una zucca in una bottiglia di Whisky Incendiario, che raccolse da terra e la adornò con un fiocco ornamentale.

<< Hermione!>> ululò il Gigante, quando spalancò la porta. Indossava un grembiule consunto sporco di sangue e una sua manona stringeva un coltellaccio da cucina. Stava affettando della carne, e per sua fortuna non la abbracciò. << Vieni dentro, accomodati. C’è un po’ di disordine qui in mezzo, sono dietro a spellare le donnole che ho cacciato nella foresta e…>> Hagrid s’interruppe. Le rivolse un sorriso estasiato. << Perbacco, Hermione. Sembri un pezzo grosso del Ministero, con quella divisa.>>

<< Ho un piccolo dono.>> Hermione ricambiò il sorriso, mostrandogli la bottiglia di Whisky Incendiario. Il regalo fu accolto calorosamente.

<< Non dovevi.>> mugolò Hagrid. Abbandonò il coltello in un angolo della capanna, si sfilò il grembiule e affondò le manone nell’acqua torbida di un secchio. << Hogwarts è rinata. Rinata! Stasera ho accompagnato quelli del primo anno in barca, non c’era studente che non mi domandasse di te e delle tue avventure!>> Hagrid si asciugò le mani nel pastrano di fustagno, e si lasciò cadere seduto sul letto. Sporgendosi verso la credenza, agguantò due bicchieri in legno sbeccato e gli dispose sulla tavola. << Non ti invidio. Voialtri del Ministero avrete da fare un gran lavoro per garantire la pace. Periodi bui, ecco tutto! Non serve che parliate, l’ho capito benissimo da solo.>>

Thor comparve da sotto il tavolo e si diresse verso Hermione per farla le feste, l’enorme testone nero e il pelo arruffato. Hermione gli accarezzò dolcemente il muso e il cane emise un latrato rauco, puntando le zampe sulla poltrona per ricevere altre attenzioni.

<< Non si può dire che sia un momento felice.>> tagliò corto Hermione. << Parlami di te, Hagrid. Al matrimonio non abbiamo avuto occasione per chiacchierare.>>

<< Oh, bè. Ero parecchio indaffarato a brindare con il vecchio Kingsley.>> disse Hagrid di rimando, che si batté una mano sulla pancia.

<< Vorrei brindare anch’io.>> asserì Hermione, che gli rivolse un altro radioso sorriso. Agitò la bacchetta e la bottiglia di Whisky si stappò con uno schiocco improvviso, facendo sobbalzare Thor che filò a nascondersi sotto il letto. Fece lievitare la bottiglia e ne versò il contenuto nei bicchieri. Poi afferrò il suo e lo levò teatralmente in aria. << Alla nostra lunga amicizia.>> disse. << Che possa durare per sempre.>>

Hagrid, gli occhi luccicanti dall’emozione, non perse tempo per brindare. Fecero tintinnare i bicchieri e il gigante vuoto il suo Whisky d’un sol sorso.

<< Gliel’ho sempre detto a Kingsley, che sei una persona straordinaria. Come sta Ron, a proposito?>>

Hermione posò il bicchiere ricolmo sul tavolo, rivolgendogli un sorriso cortese. << Oh, Ron è molto indaffarato. La missione Auror, poi la promozione di Percy, il matrimonio di Ginny. Ti porta i suoi saluti. Verrà presto a farti visita.>>

<< Se solo ci pensò, che era un babbanetto alto così.>> Hagrid oscillò la mano a mezz’aria, mentre con l’altra si versò dell’altro Whisky nel bicchiere. Hermione non smise mai di sorridergli educatamente e, durante la conversazione, si preoccupò di riempirgli il bicchiere ogniqualvolta veniva vuotato. Al quinto, quando ormai il contenuto della bottiglia era pressoché dimezzato, le gote di Hagrid divennero rosse come una mela matura. 

<< Dimmi, Hagrid, hai più avuto notizie di Vesper?>> domandò Hermione.

Il Gigante singhiozzò, versandosi da solo altro Whisky. Poi abbassò una manona e prese ad accarezzare affettuosamente Thor. << Oh, no. Come posso avere notizie sue? E’ un criminale, ecco cos’è quel ragazzo. Io non voglio avere a che fare con i criminali.>>

<< Certo che no, hai solo accettato un Drago di contrabbando da un Mago Incappucciato.>> replicò dolcemente Hermione. Lo osservò bere il sesto bicchiere di Whisky Incendiario. Le sue parole divennero incerte e impastate, e Hagrid sembrò compiere un’enorme fatica per formulare un discorso di senso compiuto. Si lasciò ricadere indietro, appoggiando la schiena alla parete del capanno, lo sguardo perso nel vuoto.

<< Hai più avuto notizie di Vesper?>> insistette Hermione, affabile.

Hagrid annuì. Poi scosse vistosamente il capo e si tappò la bocca.

<< Oh, andiamo. Puoi dirmelo. Sono tua amica.>>

<< Sì. Mia amica.>> biascicò il gigante, che sfoderò un sorriso idiota e confuso. << Io sono molto attaccato agli amici, sai. Il vecchio Fiorenzo ne sa qualcosa. L’ho sempre aiutato, sai com’è, se non ci si aiuta tra amici nella foresta. E poi mi diceva sempre che un giorno o l’altro i miei sforzi sarebbero stati premiati, che ero una persona per bene. E bla bla bla. Solite cose.>>

Hermione annuì profondamente, fingendosi interessata al suo discorso.

<< Poi un giorno ho letto sul Profeta che avevate acciuffato e ucciso il buon Honorius Azazel, che si divertiva a farvi cattiverie alle spalle. E che Ron era vivo. Per tutti i Troll di Montagna, ho iniziato a saltare come un matto.>>

<< Davvero?>> fece Hermione, vagamente sorpresa. << Vesper era felice della notizia?>>

<< Oh, certo!>> esclamò Hagrid, orgoglioso. << E’ stato lui a farmi leggere l’articolo.>>

Bingo.

Hermione lottò per mantenere il freddo autocontrollo. Dentro di sé avrebbe voluto urlare, ma non lo fece. Gli versò dell’altro Whisky senza mai perdere il sorriso.

<< Sarà senza dubbio orgoglioso del mio operato. Sono riuscita a uccidere Azazel, proprio come mi ha ordinato.>>

<< Oh, sì.>> fece eco Hagrid, ormai ubriaco. << Me l’ha detto che hai avuto un bel da fare con quel Vampiro. Sì, sì, gli faccio io. Ma c’era il suo zampino dietro, non c’è dubbio, altrimenti mica ci sareste riusciti ad acciuffare i colpevoli!>> Hagrid tacque. Per un istante i suoi occhi perlustrarono il capanno circostante, poi tornò a tapparsi la bocca con entrambe le mani. << No. No. Non devo dire queste cose. Si arrabbierà.>>

<< Non si arrabbierà.>> lo tranquillizzò Hermione, con un sorriso. << Dove si trova Vesper adesso?>>

<< Oh, non lo so.>> mormorò Hagrid. << Mi ha detto che c’aveva voglia di vederti. Ma prima doveva sbrigare delle faccende sue. Robe complesse. Poi sarebbe tornato a Londra nel suo magazzino vicino al fiume. E mi ha lasciato un aggeggio suo da nascondere.>>

<< Un aggeggio?>>

<< L’ha comprato a una mostra, mi ha detto. Un pezzo raro, dice che deve ancora uscire nei negozi. L’ho sistemato vicino alla foresta, sotto dei cespugli. Nessuno si avvicina così tanto al bosco per ficcare il naso. Gli faccio a Vesper che stava bene, che sembrava meno bianco del solito. E lui sai che mi ha detto?>> Hagrid rise da solo. Di lì a poco sarebbe crollato esanime sul letto. << Che voleva vederti. Di nuovo. Quello è tutto matto. Lo vuoi vedere il suo aggeggio babbano?>>

<< Volentieri.>>

Hermione si ritrovò a seguirlo mentre usciva ciondolante dalla capanna, avviandosi con passo incerto verso il limitare della Foresta Proibita. Hagrid estrasse un enorme mazzo di chiavi dal suo pastrano, che prese a rimirare una a una finché non trovò quella giusta. Aprì un cancello schermito da un lucchetto, e procedettero verso quella che le parve una grossa quercia. Ai suoi piedi, seminascosta fra i cespugli, svettava il muso rosso e affilato di un esemplare a tiratura limitata Ducati 1199.

Hermione la riconobbe all’istante: era stata presentata al Salone Internazionale delle Moto poche settimane prime, e un servizio televisivo della BBC aveva attirato inevitabilmente la sua attenzione.

<< Hai le chiavi?>> domandò Hermione, il cuore che le batteva all’impazzata nel petto.

Hagrid la guardò con la stessa attenzione di una Puffola Pigmea. Faticava a reggersi in piedi.

<< Le chiavi della moto!>> strillò Hermione, agitata, che perse del tutto il controllo.

Harry era stato lì, ed aveva fatto ritorno a Londra. Doveva trovarlo. La sola idea di riabbracciarlo le diffuse un’innata sensazione di sollievo interiore.

<< Mi ci fa. Tienila bene. Non la rigare. Costa più della tua capanna.>> borbottò Hagrid, che parlò da solo.

<< Molto sensibile.>> commentò aspramente Hermione. << Ora dammi le chiavi, per favore. Questa moto la prendo io.>>

 

*°*°*°*°*

 

`•.¸¸.•´´¯`••._.• THE APPLE'S CORNER `•.¸¸.•´´¯`••._.•

Auror mie adorate, grazie. Grazie immensamente per le emozioni che mi regalate con le vostre recensioni. Non smetterò mai di ripeterlo.

Grazie alle pazze e fenomenali ragazze della pagina Facebook "Cercando chi dà la roba alla Rowling". Grazie a Argentlam, Roxy, a Capitan Light, alla mitica Viki, della quale sono una Fan accanita,
a Claudia e Chiara, a Irene e le "lettrici ninjia". Grazie anche a tutti coloro che mi hanno recensito per quest'ultimo capitolo, in particolare a Marco che mi ha avanzato una prima attesissima critica,
 proprio come non mi stancavo mai di ripetere. Risponderò "pubblicamente" perchè l'argomento è molto interessante:

Ryo Miyachi si reca al matrimonio di Ginny mettendo a rischio la propria incolumità, poichè è preoccupato per Harry. In quel momento non gliene frega niente di rischiare la vita.
Lo fa e basta, perchè vuole aiutare Harry e vuole parlare con Hermione. So che probabilmente ciò è risultato agli occhi di Marco inverosimile, ma secondo me ha una sua logica.
Poi, certo, tante teste tante idee. E sono comunque felice di aver ricevuto una critica, so che sembra stupido ma è vero. :D

Spero comunque abbiate apprezzato questo nuovo capitolo, denso di informazioni e di scene a mio avviso divertenti.
Non può mancare il nuovo gioiello babbano di Vesper. Ma questa è un'altra storia.

Ci vediamo venerdì prossimo.

AUROR POWER!

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Capitolo 4
*** Jeliel - Incontri ***


Anima Nera_prologo

Dedico questo Capitolo alle ragazze del gruppo Facebook "Cercando chi dà la roba alla Rowling"
A Viki-Chan, che ha accettato di aiutarmi. E alla mia Special One Argentlam. Grazie di tutto.



 

“L’amicizia è un’anima sola che vive in due corpi.”

(Aristotele)

 

 

Il taxista, quando Hermione montò trafelata a bordo, le rivolse un ampio sorriso.

<< Southwark.>>

Pesanti gocce di pioggia battevano ritmicamente sul tettuccio. Il Black Cab s’avviò con un rombo di motore nel traffico cittadino, immettendosi in fila dietro a un enorme autobus a due piani.

<< La sua faccia non mi è nuova.>> disse il taxista, che aveva un marcato accento londinese ed un’insolita voce nasale, come se fosse attanagliato da un forte raffreddore.

Hermione lo osservò attraverso lo specchietto retrovisore, e si accorse che anche l’uomo stava facendo lo stesso. I loro sguardi si incrociarono per un lungo, interminabile istante.

<< Dico sul serio. Devo averla già vista, da qualche parte. Sì. Sì. Abita a Londra?>>

Hermione scosse il capo, nascondendosi dietro una copia del London Times.

Il taxista comprese che non aveva voglia di intavolare una conversazione. Si schiarì la voce e si concentrò sulla guida, facendo scivolare una mano sull’autoradio per alzare il volume. La voce di un deejay strepitò ansante negli altoparlanti delle portiere posteriori.

<<… dicono che il 21 dicembre 2012 finirà il mondo. Cazzate! Stanno solo cercando di rincretinirci il cervelli, di metterci paura. Maghi e Streghe? Alieni? Ma la smettiamo con queste stronzate, ragazzi?>>

Boujour Finesse. Pensò Hermione, accigliata.

<< Vogliamo parlare degli avvistamenti di maghi? In questo periodo, amici ascoltatori, i Network stanno guadagnando montagne di sterline con le stronzate dei maghi e delle streghe. Dicono che esistono veramente, che è spuntato fuori un mago impazzito dalle parti di West Ham che si divertiva a correre per l’autostrada su una Ducati inseguito da un Drago! Un drago, ragazzi, avete presente? Sei metri di bestia sputa fuoco cagata nel centro di Londra…>>

<< Potrebbe abbassare il volume, per favore?>> Hermione faticò a mantenere un tono gentile ed educato. Un tono di voce che richiese parecchio sforzo.

<< Le da fastidio?>>

Certo che no. Lo chiedo così, per sport personale, tanto per fare.

Hermione emerse dal London Times e gli regalò un’occhiataccia torva.

<< Non si tratta di gusti personali. Ma di volume, che trovo eccessivamente alto. Ho un gran mal di testa.>>

Il taxista obbedì e ruotò svogliatamente la manopola del volume.

Hermione accennò a un sorriso di circostanza e si sentì irrimediabilmente sollevata. A quanto pareva i Babbani avevano notato qualcosa. Gli Obliviatori si stavano massacrando di straordinari e probabilmente il loro operato non era bastato per nascondere l’Ungaro Spinato da occhi indiscreti.

<<… è che questi ragazzi mi fanno proprio impazzire.>> disse allegramente lui, le mani premute sul volante. << Voglio dire, c’è poca gente in giro che dice la verità, che non ha paura di niente! Loro dicono le cose come stanno. Non gliene frega niente della politica e dei media. Dicono semplicemente ciò che passa loro per la testa.>>

Hermione rispose con un altro sorriso di circostanza. Il suo viso, in effetti, le parve alquanto familiare. << Mi dispiace, ma non li conosco.>>

<< Come sarebbe?>>

Eccolo che riattacca.

Hermione sospirò, iniziando a spazientirsi. Stava cercando Vesper, disperatamente. C’era una taglia sulla testa di Harry e, in quel momento, la sua posizione al Ministero era traballante quando quella di un piccione in bilico su un filo dell’alta tensione. Rita Skeeter stava compiendo una guerra contro di lei, Ron e Neville. L’avrebbe combattuta finché non fossero stati scoperti.

Era nella… merda. E c’era dentro fino al collo.

 << Mio padre mi faceva sempre sentire Radio Londra 104 fin dai tempi del vecchio Larry Cloverfield e delle sue gag sugli scozzesi. Mi faceva morire. Anche mio padre era taxista, sa? Ottenere la licenza non è facile, io l’ho ereditata quando ha deciso di andare in pensione. Con la crisi che c’è al giorno d’oggi, avere un lavoro è una manna dal cielo.>>

Un fulmine le abbagliò il cervello. Neil Jordan. Ecco chi era quel ragazzo.

Era ingrassato parecchio dall’ultima volta che l’aveva visto, e quella che un tempo era una folta chioma di capelli biondi dava già incipienti segni di calvizia. Neil Jordan, il bambino sognatore, l’amico della porta accanto.

<< La sapete l’ultima, ragazzi?>> fece la voce del deejay, poco udibile. << A proposito di Maghi, Streghe, scope volanti e Draghi… o di altre stronzate varie. Ci ha telefonato un vecchio amico ascoltatore: il nostro Andy Rodwell, che dice di aver incontrato un Vampiro. Un Vampiro! Ci senti, Andy?>>

Una vocina stridula e un po’ titubante emerse dall’altro capo della telefonata. Sembrava fuoriuscire da un timido liceale occhialuto. << Salve, ragazzi.>>

<< Dicci tutto, Andy.>> lo esortò il deejay.

Hermione si morse un labbro. Poi, d’improvviso, sobbalzò sul sedile.

Andy Rodwell.

Quella voce. Era come se il ragazzino avesse intuito che lei fosse all’ascolto di quella maledetta radio. E non sapeva come, né quando, ma associò Andy Rodwell all’omonimo giornalista occhialuto che l’aveva avvicinata durante una Conferenza Stampa del Ministero per riconsegnarle la sua bacchetta. In realtà Andy Rodwell era Vesper sotto l’effetto della pozione Polisucco. Era uno dei suoi personaggi più sfruttati per mescolarsi nella folla.

<< Ho visto un Vampiro.>> disse Andy in radio, e fece una lunga pausa. << Si trovava nei pressi di casa mia, a Harrow on the Hill. Lungo la strada principale numero 36. Era abbastanza spaventoso, in effetti. E aveva tutta l’aria di volermi mangiare.>> Il suo tono era scherzoso, ma senza un motivo apparente aveva rimarcato con precisione l’indirizzo di casa sua. Come se, in segreto, volesse trasmettere qualcosa. Un messaggio. Un indizio.

Hermione fu scossa da un fremito. Estrasse una penna dalla borsetta e scarabocchiò l’indirizzo sulla settima pagina del London Times.

<< Ho cambiato idea.>> proruppe, sentendosi elettrizzata. << Mi porti a Harrow on the Hill, per favore.>>

<< Lei è una cacciatrice di vampiri?>> le chiese il taxista, con tono scherzoso.

<< Una sognatrice che non si è mai arresa.>> la corresse lei, e un sorriso le inondò il volto. << Mi è venuto in mente che lì abita un vecchio amico.>>

Hermione scelse saggiamente di non rivelarsi. Si nascose dietro il quotidiano e attese solerte che il taxi facesse inversione e imboccasse una trafficata asse viaria cittadina che conduceva dritta verso Nord, in direzione dell’altura che sovrastava la città.

Ogni cosa del suo corpo era in subbuglio. Avrebbe voluto urlare, gridare dalla felicità al mondo che l’aveva trovato. Ma si sforzò di rimanere lì, composta sul sedile, immobile.

<< E’ possibile che ci siamo già incontrati, da qualche parte?>>

Ancora con questa storia? Ti prego, ti prego. Cerca di dimenticare, accantona la verità, scambiami per qualcun altro. Per chiunque altro che non avesse a che fare con lei. Aveva ben altre cose a cui pensare e, con tutto il rispetto per l’amico della porta accanto, una Guerra fra Maghi e Vampiri stava per scoppiare da un momento all’altro e non c’erano altre speranze al di fuori di Vesper.

<< Mi perdoni, non volevo essere scortese. E’ solo che… bè. Ha presente quando si è convinti di conoscere da sempre qualcuno?>>

<< Sì. Vagamente.>>

<< Che cosa fa di bello qui a Londra?>> incalzò lui.

Hermione lottò per controllare il suo tono di voce. << Sono una rappresentante.>> buttò lì, inventando la prima professione che le passò per la mente. Se non diceva qualcosa, qualunque cosa, non le avrebbe mai dato tregua fino all’arrivo a destinazione.

<< Oh, forte.>> fece lui. << E di cosa ti occupi?>>

Ora le dava del “tu”? Da dov’era uscita tutta quella confidenza? Sì, okay, era Neil Jordan. Ma lui che cosa diavolo ne sapeva che lei era Hermione, la ragazzina della porta accanto?

<< E’ amica di quell’Andy Rodwell della Radio? E’ proprio un pazzo, sa? Un fuori di testa. Mi sta davvero simpatico. Lo adoro. Chiama ogni giorno Radio Londra 104 e racconta storie folli che accadono attorno a quella strada. E’ un fottuto genio.>>

Bingo. Il cuore di Hermione fece un altro balzo.

Il taxi si fermò a destinazione venti minuti più tardi.

<< Siamo arrivati?>> domandò freddamente Hermione.

<< Sì, è questo l’indirizzo. E’ casa di Andy Rodwell?>>

<< Non lo so.>> sbottò lei, che mise mano al portafoglio e si preparò a liquidarlo il prima possibile dalla sua vita. La piccola Hermione dentro di lei le suggerì che era un modo meschino per trattare un vecchio compagno di scuola. Ma l’Hermione Auror la sovrastò con un urlo stridulo, lontano.

Paga e vattene. Subito.

Pochi istanti dopo, più leggera di trentatré sterline, Hermione si ritrovò in una vecchia via londinese affiancata da strette e minuscole casette in mattoni rossi. La strada principale del quartiere. Doveva solo cercare il numero 36 e sperare che la fortuna giocasse dalla sua parte. Il taxi alle sue spalle era ancora fermo. Si voltò e lo scrutò per qualche istante finché Neil Jordan, colto sul fatto, non partì sgommando con un sorriso ebete dipinto sul volto.

36… 36… 36!

Un colpo di fortuna così non lo ricordava da secoli. Il taxi l’aveva scaricata pressoché dinnanzi alla sua meta: una vecchia palazzina di tre piani, dove al terreno era collocato un vecchio pub dalle imposte di legno verniciate di bianco e la scritta “Oldest Bucanier” sulla porta d’ingresso.

Diede un’occhiata al citofono del numero 36. Nessun nome che le ricordasse in qualche modo Harry comparve nell’elenco della pulsantiera. Rifletté qualche minuto, poi rise. Un certo Dursley compariva all’interno tre. Valeva la pena rischiare. Hermione premette due volte sul citofono. Fu l’attesa più lunga della sua vita.

Le rispose la voce esile di una ragazza. Non doveva avere nemmeno quindici anni.

<< Sto cercando il signor Andy Rodwell.>> mormorò Hermione, che si sentì un’idiota.

Inspiegabilmente ci fu il click della serratura del portone.

<< Piano terra. Cortile sulla sinistra.>> disse lei. E riattaccò.

Hermione si ritrovò a vagare da sola nel cortile dal prato ben potato che seguitava al minuscolo ingresso della palazzina. Era un posto del tutto insolito per un’abitazione nel centro di Londra. Riportò alla mente le parole ascoltate in un programma televisivo, qualche mese prima, secondo cui molti attori e calciatori inglesi usavano quei trucchetti per poter vivere in pace, trincerandosi dietro falsi condomini per non dare nell’occhio. La facciata del palazzo altro non era che una maschera, una vile barriera che impediva ai passanti di individuare le villette nascoste al di là del cortile.

Camminò con passo svelto alla ricerca della sua meta. Notò una palazzina in mattoni rossi dalla porta metallica, poco più in là, con una Audi A1 nero pastello parcheggiata davanti e lo zerbino dall’aria intonsa.

Hermione si sporse per rimirare il resto del giardino. La serranda del garage era semiaperta e il pavimento era cosparso di attrezzi da lavoro. Il muso aggressivo di un’Audi R8 bianca come la neve faceva capolino dal retro, affiancato da un telone antigelo e da una tanica di olio motore Shell W.Power abbandonato sul selciato.

E’ lei. Quella era senz’altro la sua tana.

O quella di un fighetto sciupafemmine londinese con la fissa per le Audi.

Hermione bussò tre volte, trattenendo il fiato.

Con sua immensa sorpresa, ad aprirle la porta fu una ragazzina dal viso d’angelo e i capelli raccolti dietro la nuca in una coda di cavallo. La stessa, probabilmente, che le aveva risposto al citofono. Indossava una felpa Adidas da jogging e una minigonna verde bottiglia. Aveva le gambe lunghe e sinuose. << Ciao.>> disse lei, come se attendesse da giorni il suo arrivo. Le sorrise e si scansò di lato, facendole cenno di entrare. << Accomodati.>>

<< Grazie.>> rispose gelidamente Hermione. Mise piede dentro l’appartamento e un profumo di muschio bianco, il suo profumo, le invase le narici. Non ci stava capendo nulla, ma qualcosa dentro di lei le disse che quello era il posto giusto.

La ragazza con la felpa da jogging le appese la giacca nell’attaccapanni dell’ingresso e le fece cenno di accomodarsi sul divano. << Fa freddo oggi, vero?>>

<< Sì. Direi proprio di sì.>>

<< Vuoi qualcosa da bere? Del caffè, una tazza di tè, un Baileys?>>

<< Una tazza di tè, grazie.>>

La ragazza le sorrise educatamente. Non doveva avere più di quindici anni. Ed il suo viso  aveva un’aria maledettamente familiare, come se l’avesse vista già da qualche parte. Era tutta una strana coincidenza? Chi diavolo era?

<< Vado a chiamare Vesper. Torno subito.>>

Lo disse così, con un’insolita naturalezza, come se abitasse lì da sempre. Hermione la guardò sparire per le scale e il sorriso scomparve immediatamente dal suo volto, sostituito da un’espressione gelida e rabbiosa.

Chi diavolo era quella ragazza? Era decisamente troppo giovane, ma c’era qualcosa in lei che le ricordava le movenze di un adulto.

Rimase sola sul comodo divano color crema.

La casa era meravigliosa, arredata con mobili moderni. Era un loft disposto su tre livelli, con il piano intermedio realizzato interamente in acciaio e cristallo. Pensili dalle linee high-tech, librerie trasparenti dalle forme più strane alle pareti e uno stendardo delle Fenici d’Argento completavano l’opera del maestoso soggiorno. Luci soffuse e faretti direzionali donavano un’atmosfera fredda e asettica all’ambiente.

<< Eccomi qui!>> L’eco dei passi echeggiò lungo i gradini in acciaio incastonati nella parete. La quindicenne con la felpa da jogging ricomparve davanti ai suoi occhi con quell’odioso, stupido sorriso dipinto sul volto lentigginoso. << Arriva subito. Sta chiudendo una telefonata. Tè mi aveva detto, giusto?>>

Una telefonata? Hermione si sforzò di annuire. Odiava le chiacchiere di circostanza e le attese. Per di più quando si trattava della persona che amava.

<< Posso chiederti il tuo nome?>> chiese d’impulso, prima che la ragazzina scomparisse di nuovo. Lei si fermò e voltò rapida sui tacchi, portandosi una mano nei capelli come se quella semplice domanda la imbarazzasse profondamente. Un timido sorriso. I suoi occhi color acquamarina si animarono di un bagliore sorpreso.

<< Il mio nome?>>

Hermione annuì. In che pianeta viveva?

<< Mi chiamo Sophie-Anne. Ma tutti quanti mi chiamano Pye.>>

<< Io sono Hermione Granger. Sono…>>

<< So chi sei.>> disse lei, e si morse un labbro come se si fosse pentita della sua irruenza. Tornò a scompigliarsi i capelli con una mano. << Sei il Comandante del Quartier Generale.>>

Era una Strega. Conosceva il mondo dei maghi. Il suo cuore parve sospirare dal sollievo.

<< Non credo che rimarrò Comandante ancora per molto, Pye.>>

<< Ho sentito quel che dicono i giornali.>> disse la ragazza. << Lo trovo ingiusto. Quella Skeeter dice solo delle stronzate.>> Silenzio. Si portò istintivamente una mano sulla bocca. Poi sparì in cucina a prepararle la tazza di tè. << Vesper, maledizione, vuoi scendere?>> La sentì urlare, sollevandosi sulle punte per sferrare un pugno sul soppalco d’acciaio sopra la sua testa. << C’è Hermione! Hermione, tipo la tua ragazza. Hai presente?>>

Altro silenzio, seguito da un rumore sordo, come se qualcuno avesse preso una sonora testata da qualche parte. Hermione aveva il cuore a mille e tenne gli occhi fissi su ogni spostamento d’aria proveniente dal soppalco d’acciaio. Tutto d’un tratto non le importò nulla di quella ragazzina. Qualcuno si stava muovendo là sopra. Udì il rumore di un televisore e il beep familiare di una Play Station 3 che veniva spenta. Dei passi salterrarono rapidi giù per i gradini.

Un attimo dopo, eccolo lì.

Era… diverso. Qualcosa, nel suo aspetto, le trasmise l’idea di un’altra persona rispetto all’essere tormentato che l’aveva abbandonata al Maniero Malfoy ai piedi del cadavere di Honorius Azazel. I suoi occhi erano di un delicato verde smeraldo, i capelli tagliati e arruffati in una cresta con il gel, il volto pulito, un lieve accenno di barba sul mento. Aveva acquistato peso, il suo fisico appariva tonico e sano. Anche i vestiti erano puliti. Indossava una t-shirt color crema dell’Arsenal e degli shorts dall’aria comoda. Era scalzo.

Per un attimo rimasero immobili, impalati come due idioti, a osservarsi a vicenda senza osare a compiere un solo passo per avvicinarsi.

Era davvero lui? Quello non era Vesper. Era semplicemente un ragazzo normale, con gli occhi normali, con la pelle normale. Poteva quasi sembrare tenero e indifeso, con quella maglietta da calcio. Un ventisettenne come tanti altri. Niente a che fare con un pluriomicida ricercato. Proprio no.

<< Hermione.>> disse lui. La voce gli si congelò in gola.

Lei annuì. Non seppe che altro fare. Aveva le lacrime appese alle ciglia e un profondo vuoto allo stomaco. Fece due passi nella sua direzione, abbandonando la borsa sul parquet laccato del pavimento. I ruoli si erano come invertiti: era lei ad avere un aspetto terribile, i capelli arruffati e le occhiaie profonde.

<< Sei… sei davvero tu, lì dentro?>>

Harry la guardò, come intontito. Poi, con un sorriso, annuì. << In Audi e ossa, Comandante.>>

Bastò quella battuta idiota a farle capire che sì, era davvero lui. Chi altro avrebbe potuto dire una cosa del genere? Un misto di gioia e sorpresa le attanagliò le viscere. Hermione non riuscì a controllarsi e lasciò che le lacrime che sgorgassero libere sulle guancie. Poi, con uno slancio, lo abbracciò. E fu come ritornare a casa dopo un lungo viaggio. Harry la strinse forte e lei inspirò il suo odore di muschio bianco, di nuovo a contatto con la sua pelle. << Cosa… cosa ci fai qui?>> sussurrò debolmente Harry, che le raccolse il volto fra le mani.

<< Potrei chiederti la stessa cosa.>>

<< Io sono Vesper, tesoro. Mi sto nascondendo dai tuoi amici del Ministero. Ho tutto il diritto di starmene qui.>> Le strizzò l’occhio e, senza darle il tempo di replicare, le attirò delicatamente il volto verso di sé e la baciò. Fu un bacio strano, delicato e intenso al tempo stesso, e maledettamente breve. Un attimo dopo riecco i suoi occhi, troppo distanti, a scrutarla divertiti. Attraverso la colorazione verde smeraldo delle sue iridi Hermione intravide delle impercettibili striatura rossastre. Erano lenti a contatto.

<< Non mi guardare come se fossi uno Schiopodo Sparacoda. Ho solo cercato di mangiare, di rimettermi in forze. Di riprendere un po’ di colorito.>> Fece una pausa. Rise di nuovo, con quella solita smorfia ironica e tagliente. << Sto scherzando. E’ solo un trucco per illudere i babbani. Sembro un mostro, come sempre.>>

Hermione sorrise e gli gettò le braccia al collo ed affondò il viso nell’incavo fra il collo e la spalla di Harry. Lo strinse così forte da soffocarlo.

<< Ecco la tazza di tè.>> disse la voce della ragazzina alle loro spalle.

Maledetta. Piccola. Stupida.

<< Grazie, Sophie-Anne.>> disse Harry, ironico. Il loro abbraccio si sciolse e Harry raccolse la tazza di tè bollente dal vassoio, che depositò delicatamente fra le mani di Hermione.  << Il tuo tempismo mi commuove.>>

<< Va al diavolo.>> ruggì lei, velenifera. E scomparve per l’ennesima volta in cucina.

<< E’ un’amica.>> si preoccupò di precisare, mentre Hermione soffiava pigramente sulla tazza fumante. << Voglio dire, ha cinquantaquattro anni. Sarebbe un po’ troppo vecchia, no?>>

E scoppiò a ridere.

Fu l’unico a farlo.

<< Cinquantaquattro che cosa?>>

<< Anni.>> asserì Harry, tranquillo, con un’alzata di spalle. << Pye è un vampiro.>>

Oh. Un Vampiro. Ora sì che è tutto chiaro. Perfetto. Cosa c’era di male a convivere in un loft al fianco di una vampira tredicenne che in realtà avrebbe potuto avere l’età dei loro padri? Cinquantaquattro anni. Maledizione.

<< Sophie-Anne è un Vampiro?>> ripeté Hermione, sbigottita.

Harry annuì. << E’ tutto sotto controllo. Devi fidarti di me.>>

<< L’ultima volta che l’ho fatto mi hai abbandonata davanti al cadavere di Azazel, dicendo che un giorno il Mondo Magico avrebbe avuto bisogno di te.>>

<< Forse è arrivato quel giorno.>>

Stop. Aveva bisogno di riflettere. Hermione si portò una mano nei capelli. Sorseggiò il tè e si pentì di non aver chiesto un bicchiere di Baileys forte, che l’avrebbe risvegliata dal coma. << Come puoi fidarti di un Vampiro? Ci hanno quasi ammazzato, ricordi?>>

<< Lo so, piccola. Lo so. Ti hai tutte le ragioni del mondo per non credermi, ma ti assicuro che è tutto sotto controllo. So quello che sto facendo.>>

<< Oh, certo.>> fece lei, velenifera. Bevve un altro sorso. Immaginò che fosse Whisky incendiario. << Giocate a bervi il sangue a vicenda, per caso?>>

<< Hermione, ti prego, smettila.>> Harry, risoluto, la trattenne per le spalle. << Io mi sono infiltrato nel loro mondo. Non puoi estinguere un problema se non lo combatti alla radice. Volevo capire cosa fossero, come si muovessero. E…>>

<< E poi sei finito nella merda.>> concluse la voce di Sophie-Anne, alle loro spalle. Il suo portamento le parve più consono a una cinquantenne, in effetti, ed era buffo che quel tono di voce appartenesse a una ragazzina. Stringeva in mano un vassoio di sandwich e stava rosicchiando con gusto un’oliva. << Senti, mi sono sforzata di recitare la parte della bambina rincoglionita. Ma non fa per me, okay?>>

<< Non ti ho chiesto di recitare nessuna parte.>> sbottò Harry. << Hai fatto tutto da sola, a dire il vero.>>

Lei sembrò incollerirsi. << Cosa diavolo avrei dovuto dirle, allora? Questa lavora al Ministero, crede ancora allo Yeti e a Babbo Natale. E da quel che ho letto sui giornali sta facendo di tutto per farsi ritirare il suo distintivo del cavolo.>>

<< E’ una situazione critica.>>

<< Critica un cazzo.>> sbottò il vampiro, con un riso sprezzante. << Compromessa è il termine più appropriato, Vesper. Diglielo, alla tua Principessa delle Favole, che il lupo cattivo non esiste e non ci sarà nessun Principe eroico che giungerà a salvarli.>>

Harry strinse la labbra in una smorfia e rimase in silenzio.

Come osava parlare di lei come se non fosse presente? Come se fosse… un’umana qualsiasi.

Hermione rimase spiazzata dal comportamento di quella ragazza. Di quella donna. O cosa diavolo fosse. Un attimo prima le era sembrava una timida liceale, ed ora aveva l’aspetto di una sboccata e razionale cinquantenne con problemi di raucedine. La sua voce era cambiata completamente.

Sophie-Anne scoppiò in una risata tetra. << Mi dispiace deluderti, Bella Swan. Hai solo ritrovato il tuo ragazzo. Non certo la speranza di vincere contro la mia Razza. Qualsiasi cosa abbiano in mente, ci riusciranno.>>

<< Che cosa sta dicendo, Harry?>>

Il vampiro sembrò più divertito che mai, e morì dalla voglia di ripeterle all’infinito che il suo tentativo di era rivelato un buco nell’acqua. Hermione desiderò più di ogni altra cosa voltarsi ad assestarle un pugno nello stomaco.

<< Pye sta cercando di dirti che non esiste tutt’oggi nessun modo per uccidere un Vampiro, o quantomeno per eliminarlo. Possiamo solo indebolirli temporaneamente. E ciò significa che un gran numero di Vampiri sarebbe una minaccia incontrollabile, nel caso decidano di ribellarsi.>>

Hermione incassò il colpo in silenzio. Ma fu peggio di ricevere una coltellata nella schiena. Annuì a stento, aggrappandosi al braccio di Harry. Non seppe cosa dire.

<< Sandwich, tesoro?>> le chiese Pye, dolcemente.

Harry le strappò il vassoio di mano. Poi fece scorrere un braccio attorno alle spalle di Hermione. << Vieni. Andiamo di sopra.>> disse. << Ti racconterò tutto con calma.>>

 

*°*°*°*°*

 

Hermione masticò a stento un sandwich, senza preoccuparsi nemmeno di capire che cosa stava mangiando. Si rannicchiò contro il petto di Harry, avvolta fra le coperte calde, e mise a tacere il suo stomaco che emetteva sinistri gorgoglii dal pomeriggio. La luce attraverso le finestre si spense, sostituita dal pallido e gioco chiarore lunare di una notte serena.

Harry dormiva in una stanza spaziosa e asettica, con un grosso monitor al plasma appeso alla parete; circondato da quadri di arte moderna, luci soffuse e penombre.

<< Come stanno gli altri?>> domandò Harry.

<< Ti stanno dando la caccia.>>

<< Forte.>>

<< E’ stato Ryo a contattarmi, al matrimonio di Ginny.>> disse Hermione. E dallo sguardo attonito che lui le riservò, capì che era totalmente all’oscuro del matrimonio. Nell’ora seguente si perse nel racconto della festa, delle lacrime della signora Weasley e dei divertenti tentativi di abbordaggio di George con le cugine Veela francesi. Il ricordo di quella splendida giornata trascorsa lontano dall’ufficio le riscaldò il cuore. Per qualche ora era stata felice.

<<… poi ho visto quella moto, nel cortile. Credevo fossi tu. Lo speravo davvero. Ma poi si è tolto il casco e ho scoperto che era Miyiachi. Voleva parlarci. Ci ha raccontato che eri a Edimburgo e ti eri cacciato nei guai con i Vampiri del posto.>>

<< E tu hai capito che era giunto il momento di cercarmi.>>

<< Sì.>>

Lui rise. Si chinò su di lei e le baciò la fronte. << Neville?>>

<< Ansioso, come al solito. Luna sta per partorire, il che dovrebbe accadere a giorni. Sarà una femmina. Ma non hanno ancora deciso il nome.>>

<< Conoscendo la mamma, sarà un nome insolito.>>

<< Malfoy è sparito. Nessuno ha idea di dove sia cacciato. Stewart dell’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale ha sentito i colleghi di Las Vegas. Dicono che non è nel giro dei casinò da tempo, ha smesso di rubare e tutto il resto. E’ completamente scomparso nel nulla.>>

<< Tornerà.>> disse Harry, con un pallido sorriso.

<< Noi invece siamo nel caos. Rita Skeeter sospetta qualcosa, pubblica ogni giorno articoli in cui sostiene che faccio il lavoro sporco, che la tua caccia è in realtà una grossa presa in giro per nascondere una nostra collaborazione segreta. Dio. Non sai quanto vorrei ucciderla.>>

<< Se vuoi posso occuparmene io.>>

<< Pensa al tuo sandwich, Vesper. Dico sul serio.>>

Harry rise, masticando il boccone. I suoi lineamenti distesi e puliti avevano spostato l’orologio indietro di qualche anno, facendolo sembrare più giovane. Spensierato. Sereno. Non aveva la benché minima idea dei guai che aveva passato in Scozia, ma nell’arco di un mese si trovava davanti a una persona rinata.

<< Pye, quel vampiro. Come vi siete conosciuti?>>

<< Oh. Lunga storia.>> Harry si servì di un altro sandwich al prosciutto, tirandosi su fra le lenzuola in posizione seduta. La testa di Hermione scivolò delicatamente sulle sue ginocchia, e lui prese meccanicamente ad accarezzarle i capelli, lo sguardo altrove, come se cercasse le parole giuste per farle inghiottire meno amaramente un acido boccone.

<< Lei è… un’amica.>> disse infine, con un sospiro. << E’ il Capo Clan dei Lupi Scozzesi, un gruppo di Vampiri che vive nei dintorni di Edimburgo. Loro non sono come gli altri. Loro… vorrebbero integrarsi con gli umani. Sono considerati dal resto dei loro simili come folli visionari o, nel peggiore dei casi, potenziali nemici. Per questo Pye ha scelto di aiutarmi: lei vede in me uno dei pochi Maghi in grado di opporsi alla Ribellione dei Vampiri.>>

Hermione scosse il capo, frastornata. << Azazel non era il loro capo?>>

<< Lui era una misera pedina che cantava fuori dal coro. Là fuori, Hermione, ci sono creature pronte a rovesciare le sorti del mondo per poter imporre una nuova società immortale. I tempi sono ormai maturi per una loro ribellione. Azazel ha dato il via a un piano ben più esteso di quello che potevamo immaginarci. Sono molti. Troppi. E presto ci attaccheranno.>>

<< Non esiste nessun modo per fermarli?>>

La sua domanda ricadde nel vuoto. Harry si morse un labbro. Le accarezzò piano i capelli e volse lo sguardo fuori dalla finestra, le iridi verdi smeraldo tinteggiate di un bagliore cupo. << Ho parlato con molte persone, con maghi esperti. Il mese scorso sono stato a Hogwarts per approfondire le mie ricerche. Ma non ho trovato niente di utile.>>

<< Hagrid mi ha raccontato tutto quanto.>>

<< Sapevo che prima o poi l’avresti fatto ubriacare.>>

<< Sei così prevedibile, Vesper.>>

<< Volevo che mi trovassi.>>

<< Sì. E io sono Dolores Umbridge.>>

<< Ancora con questa storia?>>

Harry rise e la trascinò giù con sé sul materasso, infilandosi sotto le coperte. Risero e lottarono come due bambini finché Harry non riuscì a immobilizzarla, trattenendola per i polsi. Il suo tocco era leggero e sfuggente, ma non sembrò avere alcuna intenzione di lasciarla andare. I loro sguardi si incrociarono per un lungo istante.

<< Amami.>> gli disse Hermione, sfacciata. E si sorprese delle sue parole, come se le fossero fuoriuscite di getto dalla bocca. Ma lo voleva. Lo voleva maledettamente.

E Vesper, quella notte, la accontentò.

 

*°*°*°*°*


 

`•.¸¸.•´´¯`••._.• THE APPLE'S CORNER `•.¸¸.•´´¯`••._.•

Auror mie adorate, grazie. Grazie immensamente per le emozioni che mi regalate con le vostre recensioni. Non smetterò mai di ripeterlo.
Perdonate gli eventuali errori di battitura. Ho postato un po' troppo di fretta per la gioia dell'esame andato per il verso giusto.

Finalmente ce l'ho fatta. Posso fregiarmi del titolo di "Geometra abilitato alla professione". Dopo una belle selezione, tanto studio (e un po' di fortuna) sono stata promossa.

Grazie a tutti. A tutti coloro che hanno recensito, letto, commentato, e chi più ne ha più ne metta. =)

Non ho davvero idea di quando aggiornerò, ma sarà sicuramente entro la prossima settimana. Quindi fate un salto ogni tanto, se avete piacere.

                                                                        Un abbraccio

                                                                                La vostra Anima Nera, Geometra



AUROR POWER!

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Capitolo 5
*** Aladiah - Ritorni ***


Anima Nera_prologo





 

“Non seguitemi: mi sono perso anch’io”

(Charles Monroe Schulz)

 

 

Delitto irrisolto nel Kent

Fossa comune riportata alla luce da un giardiniere

 

LONDRA – Sono stati ritrovati questa mattina in un parco del Kent meridionale i corpi di John O’Tusoe, 55 anni, impiegato dell’Ufficio Anagrafe Magica di Manchester, della moglie Rebecca Jones, 48 anni, e del figlio diciannovenne Terence O’Tusoe, studente presso la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. La famiglia era scomparsa lo scorso finesettimana mentre si trovava in vacanza a Dover presso l’abitazione della nonna paterna.

<< Erano diretti alle scogliere per un’uscita in famiglia.>> ha dichiarato la donna, Teresa O’Tusoe, che ha subito denunciato la scomparsa.

Le ricerche erano partite domenica, nella tarda serata il Dipartimento di Polizia Magica aveva diffuso alcune foto della famiglia O’Tusoe per ottenere informazioni utili durante le ricerche. Trenta membri delle forze dell’ordine, Auror e volontari hanno lavorato intensamente per rintracciare gli scomparsi.

Poi la tragica svolta. Alle 9 di questa mattina una telefonata di un giardiniere ha avvisato le autorità della scoperta di una fossa comune nel Parco di Willshere, nel villaggio magico di Sleepy Crown. L’uomo, 44 anni, si trovava sul posto per potare le aiuole del parco quando si è accorto di alcune macchie di sangue sul selciato. Ne è conseguito l’orribile ritrovamento. Alcuni testimoni hanno affermato di aver udito il giardiniere incolpare un Vampiro del massacro, ma l’ipotesi degli investigatori è strettamente correlata a un assassino seriale.

<< Potrebbe essere stato Vesper, per quanto ne possiamo sapere.>> ha dichiarato stamani il Capitano della Polizia Magica di Dover, Aldinore Spencer. << Come ho già riferito alle autorità del Ministero della Magia, nessuna ipotesi è stata scartata. Una sola cosa è certa: faremo del nostro meglio per rintracciare al più presto il responsabile.>>

Un velo di riserbo è stato posto sulla questione. E la signora O’Tusoe, giunta sul posto per il riconoscimento dei corpi, è stata ricoverata in gravi condizioni di choc presso l’ospedale magico di Dover.

Si attendono aggiornamenti dalle autorità locali.

 

Lisan McApple, corrispondente della Gazzetta del Profeta

 

Harry abbassò la copia di giornale sul tavolo.

<< Dovrai tornare al Ministero?>> le chiese.

Hermione rigirò la forchetta nel suo Porridge, in silenzio. Aveva l’aspetto di una sopravvissuta ad un attacco di Troll di Montagna. O alla fuga da un Ungaro Spinato. Teneva gli occhi fissi sulla colazione, evitando con cura il suo sguardo. I suoi lunghi e ricci capelli castani erano arruffati e le cadevano disordinatamente sulle spalle.

<< Hermione.>> ripeté Harry, scandendo bene ogni sillaba. Allungò istintivamente una mano sul tavolo e la appoggiò sulla sua. Le loro dita si intrecciarono. << Non te ne andare.>> la scongiurò. << Non adesso.>>

<< Da che pulpito proviene la predica.>> sibilò lei, torva. E lo fronteggiò con una smorfia indispettita, nonché profondamente ferita. Ma non accennò a ritirare la mano da quel piacevole contatto. << Devo ricordarti il modo con cui mi hai abbandonata? Cinque mesi, Harry. Cinque mesi senza ricevere tue notizie. Potevi essere morto, per quanto ne potevo sapere.>>

<< Hermione, io…>>

<< Oh, no. Non dirlo. Era troppo pericoloso. Vero?>> lo anticipò lei. << Lo vedi il distintivo che porto al petto, Vesper? Sono il Comandante del Quartier Generale, per la miseria, il pericolo è il mio pane quotidiano.>>

<< Non c’entra quello che fai. Se ami qualcuno, faresti di tutto per difenderlo.>>

Hermione tacque. Sollevò i suoi enormi occhi color nocciola, ma non gli diede la soddisfazione di un sorriso. Tornò a torturare il suo Porridge con la forchetta, assorta nei suoi pensieri. Ma Harry fu certo che quelle parole l’avessero colpita nel profondo. No, non gliel’avrebbe mai dimostrato. Lei, il Comandante forte ed inflessibile. Piuttosto avrebbe preferito ingoiare del succo di Zucca avariato.

<< E’ la verità.>> mormorò Harry, in un sussurro poco udibile. << Mi dispiace. Non avevo altra scelta. Credevi che mi avrebbero accolto tutti a braccia aperte?>>

<< No. Ma abbiamo bisogno di te.>>

Silenzio.

Harry rimosse lentamente la mano e riordinò la tavola. Radunò il sacchetto di cereali e la sua ciotola vuota e li depositò sui bancali della cucina alle loro spalle. Se c’era una cosa che Sophye-Anne odiava, era il disordine.

<< Vorresti che io venga al Ministero?>> chiese d’impulso. E sperò con tutto il cuore che scuotesse la testa, che tirasse fuori dal cilindro un’altra della sua mirabolanti trovate per uscirne vittoriosi ancora una volta. Ma Hermione si limitò ad annuire, e lo guardò come un cerbiatto perduto di fronte ai fanali abbaglianti di un’auto.

<< Eravamo una squadra.>>

<< Quella squadra si è sciolta con la morte di Azazel.>> sentenziò aspramente Harry, che evitò con cura di guardarla. Si concentrò sulle stoviglie fuori posto abbandonate nel lavello. << Che cosa posso fare io, da solo, per risolvere tutto questo? Non basterà un “buongiorno” per mettere piede là dentro. E poi Ron e Neville non mi hanno mai sopportato. Mi hanno aiutato solo perché ero la loro ultima speranza.>>

<< Tu sei la nostra ultima speranza.>>

<< Io non sono in grado di combattere i Vampiri.>> disse Harry, risoluto. << Sul Profeta in questi giorni non si parla d’altro. Sparizioni sospette, morti misteriose, denuncie di scomparsa. Quegli stupidi idioti del Ministero hanno la verità sotto gli occhi, dannazione, e non stanno facendo altro che negare l’evidenza.>>

<< Motivo ulteriore per aiutarci.>>

<< Non voglio rischiare di trascorrere il resto dei miei giorni ad Azkaban per rivolgere la parola a persone che nemmeno mi ascolteranno. Pye vuole aiutarmi, Hermione. Ce la sta mettendo tutta per trovare una soluzione al nostro problema. Se non capiamo come ucciderli, il loro primo attacco potrebbe bastare a mettere in ginocchio il Mondo Magico.>>

<< Ed è per questo che dovremo riunirci tutti quanti e parlarne.>> insistette lei. S’alzò in piedi con la stessa foga di una leonessa feroce. << Cinque mesi fa dicesti che Vesper non è un Eroe, ma è ciò di cui il Mondo Magico un giorno avrà bisogno. Quel giorno è arrivato. Devi uscire allo scoperto, raccontare a Kingsley la verità. Al diavolo la tua fedina penale.>>

<< Dici così perché mi ami.>>

<< Dico così perché voglio salvare l’osso del collo a milioni di persone.>>

<< Ma mi ami, in fondo.>> azzardò Harry, con un sorrisetto.

Hermione sospirò, spazientita. Gli premette le mani sul petto e lo sospinse indietro. Visibilmente incollerita, lo superò di getto e scomparve su per le scale. Harry udì i suoi passi frenetici rimbombare fin nelle volte più alte del soffitto. Quando fece ritorno, pochi istanti dopo, indossava il soprabito e la borsa da lavoro le oscillava a tracolla.

<< Dove stai andando?>> le chiese Harry, contrariato.

<< Al Quartier Generale.>> rispose Hermione, con un filo di accidia nella voce. Armeggiò con veemenza con la maglia per aprire la porta. << Lì perlomeno ci sono persone disposte a parlare seriamente di questa minaccia.>>

<< Aspetta!>> la esortò lui, esasperato. Ma Hermione aveva già richiuso la porta.

Harry emise un sospiro rassegnato. Lasciò cadere i piatti nel lavello e si precipitò dietro di lei, inseguendola per il prato prospiciente la casa indossando solo i boxer e la maglietta del pigiama. Riuscì a intercettarla poco prima che varcasse la portineria. La afferrò saldamente per un braccio e la costrinse a compiere una rapida rotazione su sé stessa; Hermione perse l’equilibrio e piantonò la schiena contro la parete.

Gli occhi rossi di Harry scintillarono nel buio. << Tu non vai da nessuna parte.>>

Si guardarono per un lungo istante, poi si attrassero con impeto l’un l’altra e si baciarono con una foga inedita, come se la notte appena trascorsa non fosse abbastanza. O forse perché, in fondo, loro due si appartenevano. Erano il Bianco e il Nero, i due lati opposti della stessa medaglia. Harry lo sapeva, l’avrebbe seguita anche in capo al mondo pur di vederla sorridere di nuovo. Le raccolse il volto fra le mani. Lei gettò la maschera di rabbia e premette la fronte contro la sua, sfiorandogli la punta del naso con le labbra.

<< Mi costringerai a tornare al Ministero da sola?>> gli chiese in un sussurro.

<< Prendo le chiavi della macchina.>> fu la risposta, che seguitò a un bacio. E a un altro. Finché Hermione non gli premette con veemenza le mani sul petto per obbligarlo a staccarsi, un ghigno insolitamente malizioso e rassegnato dipinto negli occhi.

<< Hai intenzione di andare al Ministero in auto?>>

<< Smaterializzarsi laggiù significa essere intercettati. E non ho davvero voglia di eliminare le Guardie di Sorveglianza per entrare nell’Atrium, dico davvero.>> Harry si frugò istintivamente le tasche. Si accorse pochi istanti dopo di non indossare i pantaloni. Soffocò una risata e tornò a guardarla, con quello sguardo. Come solo lui la guardava.

<< Prendo la A1.>>

<< Credo dia meno nell’occhio dell’altra.>>

<< No. No.>> Lui rise. Si passò una mano nei capelli. << Non era per quello. Voglio dire, la mia R8 è… Ho dimenticato di pagare l’assicurazione.>>

 

*°*°*°*°*

 

<< Quel Jerkins dei Tornado Ranger mi piace.>> commentò Ron, che bevve una generosa sorsata di caffè amaro. << E’ riuscito ad acchiappare cinque Boccini consecutivi nelle ultime sette partite di Campionato. Non c’è da stupirsi, se sono primi in classifica.>> Se ne stava in un angolo della Sala Ricreazione del Quartier Generale, una spalla premuta contro la macchinetta. A pochi passi da lui, intendo a spulciare una copia sgualcita del Profeta abbandonata su un pianale di marmo, c’era Neville.

<< Roba da matti.>> borbottò tra sé e sé, senza mai staccare gli occhi dal quotidiano. Sfogliò distrattamente le pagine. << C’è anche quell’altro. Aspetta, come si chiama? Quel Cercatore Turco dei Saltatori di Glasgow. Un anno fa giocava in una squadra di seconda divisione ed era pressoché sconosciuto, l’hanno comprato per cinquantamila Galeoni. Ed ora i Cannoni hanno offerto un milione in contanti per acquistarlo nel mercato di gennaio.>>

<< Già.>> disse Ron, con una punta d’orgoglio della voce. Rise. << Sarà il nostro prossimo colpo. Salim Amir deve venire a giocare da noi. Per forza! E’ l’uomo che manca alla nostra squadra per tornare in alto.>>

<< Quando mai ci siete stati in alto?>> fece eco Neville, sarcastico.

<< Lascia perdere, Paciock. Concedigli la speranza.>> Filius Smith, vecchio leone del Quartier Generale, svoltò il suo cranio pelato verso di loro e scoppiò in una risata rauca. Le orecchie di Ron divennero paonazze, me non osò contraddirlo.

<< I Cannoni non caveranno un ragno dal buco neanche quest’anno, Weasley. Come sempre. Rassegnati.>>

La loro conversazione fu interrotta dal fragore della porta d’ingresso che si spalancava con violenza. Hermione fece la sua comparsa davanti ai loro occhi attoniti, attraversò di gran carriera la Sala Ricreazione e si diresse difilata nella loro direzione. L’eco dei suoi tacchi rimbombò rumorosamente nella stanza.

<< Comandante.>> Smith abbandonò la sua tazza di caffè bollente e s’irrigidì, apparendo più alto del normale. Rassomigliava ad un massiccio, nerboruto toro dalla testa pelata, con un accenno di barba sul mento e le vene in risalto sulle tempie. Era un Auror leggendario, aveva combattuto due Guerra e quell’anno sarebbe stato il suo ultimo servizio prima di un’onorata pensione.

Hermione non si premurò di degnarlo di uno sguardo. Levò la bacchetta con un gesto stizzito: la copia del Profeta e la tazza di caffè amaro che Ron stringeva fra le mani scomparvero all’istante in un fragore di granelli di sabbia.

<< Ron. Neville. Nel mio Ufficio. Subito.>>

<< Che cosa succede?>> boccheggiò Neville, contrariato.

<< Se è per la questione delle scommesse di Quidditch in ufficio, io…>> iniziò Ron, ma Smith gli assestò una poderosa gomitata nelle costole strappandogli un gemito acuto, simile a quello di un cane ferito.

<< Nel mio Ufficio.>> ripeté Hermione. << Muovetevi.>>

Un istante dopo si ritrovarono a percorrere i corridoi del Quartier Generale immersi in un silenzio irreale, sinistro. Un silenzio di chi, in un modo o nell’altro, era cosciente di avere la coda di paglia e brancolava nel buio in attesa di una sentenza.

<< Hermione.>> proruppe Ron alle sue spalle, con tono affranto. << Ti ho salvato da un Troll nei bagni della scuola quando avevamo undici anni. Ti prego. Che cosa vuoi che siano delle innocue scommesse fra amici?>>

<< Primo. Non sono innocue. Secondo. Non erano fra amici.>> sbottò Hermione, mentre spalancava la porta dell’Ufficio. << Onestamente, Ron, ci darei un taglio. A meno che tu non voglia costringermi ad avanzarti un richiamo.>>

<< Te l’avevo detto.>> squittì Neville. << Prima o poi ti avrebbero scoperto.>>

<< Oh, taci. Miseriaccia.>>

Si era trasferita nel vecchio Ufficio appartenuto a Kingsley solo un mese prima, e il suo tocco di stile e di rigore avevano caratterizzato quella vasta stanza rettangolare, un tempo densa di scartoffie impilate in ogni angolo e vecchie librerie polverose. Ora quegli scaffali erano stati riverniciati con una scintillante tinta color panna, i volumi si susseguivano gli uni accanto agli altri etichettati in ordine alfabetico. I soprammobili erano piccoli, poco sgargianti, gradevoli allo sguardo. Due quadri di arte moderna troneggiavano nell’ingresso, ed accompagnavano gli occhi dei visitatori in direzione della vasta scrivania in legno massiccio che troneggiava in fondo all’ufficio, alle spalle di un’ampia finestra. Un I-Mac bianco come la neve figurava in un angolo del pianale laccato, preceduto da una tastiera senza fili e da alcune cornici che ritraevano Hermione in compagnia della sua famiglia, quando aveva poco più di dieci anni. In un’altra foto lei, Ron e Harry sorridevano radiosi accanto a Hagrid, durante il Quinto Anno di scuola.

Seduto dietro la scrivania, inghiottito nel comodo schienale della poltroncina in pelle nera, c’era Harry. Se ne stava lì, sornione, le braccia incrociate dietro la nuca e le sue Nike Air Max bianche e gialle appoggiate sul tavolo, gli occhi rossi e sinistri che perquisivano ogni angolo della stanza. L’unica cosa che riuscì a fare, quando si ritrovò dinnanzi ai tre Auror, fu sfoderare uno dei suoi sorrisi ironici. << ‘Giorno.>> disse.

<< Niente Pipistrelli, questa volta?>> fece Neville, gelido.

<< Niente Pipistrelli.>> confermò Hermione. Allungò un braccio e fece loro cenno di accomodarsi. << E’ tutto sotto controllo, ragazzi. Siamo al sicuro. Nessuno è al corrente della sua presenza al Ministero.>>

<< Grazie tante.>> muggì Ron. << E io che mi preoccupavo delle scommesse.>>

Hermione attese che entrambi prendessero nervosamente posto sulle poltroncine ammonticchiate davanti alla scrivania, poi fece il giro del tavolo e posò una mano sulla spalla di Harry. Fece pressione, penetrandogli le unghie nelle pelle, finché lui non emise un rantolo di dolore e s’alzò di scatto dalla sedia.

<< Fino a prova contraria, Vesper, il Comandante sono io.>> disse con noncuranza, senza guardarlo. Sedette e digitò freneticamente alcune lettere sulla tastiera del computer, attese che il monitor le restituisse l’immagine selezionata e strinse le labbra in una smorfia. Poi roteò il monitor dell’I-Mac in direzione di Ron e Neville.

La foto ritraeva il cadavere di Azazel disteso riverso nel prato di Villa Malfoy. Aveva gli occhi fuori dalle orbite e un orribile colorito violaceo.

<< Probabilmente vi state chiedendo perché Harry sia qui. Ha trascorso alcuni mesi in Scozia, indagando parallelamente al Ministero fra i Clan dei Vampiri presenti sul nostro territorio. Ebbene, Honorius Azazel altro non era che una misera pedina di un sistema criminale ben più grande di quello che immaginavo.>> Sul monitor iniziarono a scorrere le scansioni di decine di pagine della Gazzetta del Profeta. << Sarò breve. I Vampiri sono tanti, condividono gli stessi ideali di Azazel e si preparano ad attaccarci. Sfruttano l’ignoranza della gente per passare del tutto inosservati. Il loro obiettivo è quello di colpire di sorpresa. Una Guerra Lampo.>>

<< Forte.>> commentò sarcasticamente Ron, stravaccato sulla poltroncina. E lanciò un’occhiataccia a Harry, come se la sua comparsa fosse bastata a rovinargli la giornata. << Non sei stato capace di tirar fuori Hermione dalle grinfie di quei mostri, ed ora vieni qui nel nostro ufficio dopo mesi e pretendi di aiutarci a salvare il mondo?>>

<< Io non voglio aiutare nessuno.>> mormorò Harry, le mani nella tasche. Si appoggiò alla parete alle spalle di Hermione, pensieroso. << Siete gli unici che potete capire, dannazione. L’avete visto con i vostri occhi. Quelle creature sono potenti, hanno vissuto troppo a lungo nell’ombra. Quando si ribelleranno sarà ormai troppo tardi, dobbiamo escogitare un piano e batterli sul tempo.>>

<< Una domanda, Indiana Jones.>> intervenne Neville, che alzò ironicamente un avambraccio come uno scolaretto. << Mettiamo il caso che i Vampiri ci attacchino. Mettiamo il caso, Vesper, che tu dica il vero, e che non sia una delle tue idiote trovate per mettere a subbuglio il Mondo Magico. Mettiamo il caso che Kingsley ti creda, che ti vengano revocare tutte le tue condanne – cosa che giudico improbabile – e che ti venga concessa la piena libertà di agire per salvarci. Come potrai fermare i Vampiri?>>

Silenzio. Harry e Hermione si scambiarono un’occhiata fugace, poi Hermione sospirò.

<< Ci stiamo lavorando.>> disse, giocherellando nervosamente con una penna.

<< Quindi ci state dicendo che moriremo tutti?>> fece eco Ron, attonito.

<< Per ora l’unica arma in grado di sconfiggerli è la Bacchetta di Sambuco.>> sentenziò Harry, cupo. E, d’istinto, sfiorò la bacchetta che trapelava da una tasca dei suoi jeans scoloriti. << Esiste un altro modo. Non so come, né perché, ma esiste. Solo i Vampiri ne sono a conoscenza, e non sono certo tanto stupidi da raccontarcelo. Quindi, a meno che non vogliate che il Ministero venga invaso da quei mostri, fareste meglio a darci una mano.>>

<< Ci sto.>> replicò Neville, senza alcun ripensamento. E scrollò le spalle, rassegnato, volgendo il suo sguardo indispettito su Hermione. << Non ho altra scelta, giusto?>>

<< Non siete costretti ad aiutarci.>> disse Hermione. << Uscire allo scoperto e parlare a Kingsley dell’accaduto significherebbe ammettere implicitamente che Vesper è mio alleato, e ciò comprometterebbe irrimediabilmente la mia carriera. Sarei costretta a dimettermi, verrà eletto un nuovo Comandante e la faccenda dei Vampiri precipiterebbe nel vuoto, lasciandomi sola e disoccupata.>>

<< Mossa poco intelligente.>> commentò Neville. << Anche se dubito che rimarresti sola. C’è sempre Batman, lì con te. Chi sarebbe così idiota da darti fastidio?>>

<< Non sei divertente.>> borbottò Harry.

<< Ci servono delle prove, comunque.>> proseguì Neville. << Non possiamo certo tralasciare il nostro lavoro per dare la caccia a dei Vampiri immaginari. Per quanto ne potrà sapere Kingsley, o tutti gli altri del Ministero, noi attualmente stiamo seguendo le tracce di un Trafficante illegale di tappeti volanti. E’ un tantino differente, non so se mi spiego.>>

<< Troveremo il modo.>> mormorò Hermione.

Guardò intensamente Ron, ma lui la evitò con cura. Tutta la sua attenzione era stata calamitata da Vesper. Ritrovarlo lì, a distanza di così poco tempo dall’arrivo del giapponese al matrimonio di Ginny, parve sconvolgere radicalmente ogni suo piano. Divenne serio, taciturno. Freddo come una lastra di ghiaccio.

<< Ricapitolando.>> sbottò Ron, d’improvviso, che rinsavì dal coma. << Ci sono questi cazzo di Vampiri che vogliono attaccarci, e sono così potenti che solo la tua Bacchetta di Sambuco è in grado ai ammazzarli. Tu sei il nuovo Eroe, solo Tu puoi ucciderli, solo Tu puoi salvare il mondo. Quale sarà il nostro compito, reggerti il mantello da Superman mentre cerchi di eliminare il nuovo Voldemort di turno?>>

Harry sembrò perdere la pazienza, e lanciò un’occhiata a Hermione del tipo “Te-l’avevo-detto”. Come se lui, in prima persona, avesse preferito evitare con cura quel posto. E aveva ragione. Era stata lei. Lei e solo lei: a organizzare ogni cosa, a sperare di riformare una squadra, a combattere insieme. Come cinque mesi prima. Fianco a fianco.

Forse non tutte le fiabe erano destinate ad avverarsi.

<< Qui nessuno gioca a fare l’Eroe.>> sentenziò Hermione. Fece scattare un braccio e serrò le dita attorno al polso di Harry, impedendogli di compiere un passo avanti. Le sue iridi rossastre, protette dalle lenti a contatto, dardeggiarono d’odio.

Neville era terrorizzato. Harry e Ron due tizzoni pronti a esplodere da un momento all’altro. Un bell’inizio. Non c’era che dire.

<< Ci state, allora?>>

Le sue parole risuonarono nel vuoto. Neville e Ron, quest’ultimo con le braccia conserte e il cipiglio più cupo che mai, si scambiarono un’occhiata colma di rassegnazione.

<< Non ho scelta.>> sbottò infine Neville, avvilito.

<< Solo perché me l’hai ordinato tu.>> gli fece eco Ron. << Se fosse per il Mangiapipistrelli. Oh, bé. Sarebbe stata tutta un’altra storia.>>

<< Ha un nome.>> lo apostrofò Hermione. << E tu, Harry, per l’amor del cielo. Smettila di comportarti come un bambino. Siamo adulti, abbiamo una missione molto importante da portare a termine. Ora, per favore, mettete da parte le vostre avversità e sforzatevi di collaborare. Siamo una squadra.>>

<< Se lo dici tu.>>

<< Sì, Ronald. Lo dico io.>> lo rimbeccò. Tuffò una mano in una tasca interna del mantello d’ordinanza e ne fece fuoriuscire una lista di pergamena ripiegata, sulla quale compariva un elenco di nominativi scritti con calligrafia sinuosa e regolare. << Come ho detto, Kingsley e il resto del Ministero per il momento non devono scoprire nulla. O ci taglieranno le gambe ancor prima di cominciare. Io mi occuperò in prima persona di coprire l’operazione. Voi dovrete cercare aiuti esterni.>>

<< Reclutare, intendi.>> obiettò Neville.

<< Chiamalo come vuoi, ma abbiamo bisogno di maghi pronti a darci una mano.>> disse Harry, che fece scorrere lo sguardo su tutti i presenti. << Io sono il Ricercato Numero Uno del Ministero, quindi toglietevi dalla testa che esca allo scoperto. Mi arresterebbero, come l’ultima volta alla Coppa del Mondo. Ma un Vampiro è dalla nostra parte, e dispone di una ventina di seguaci del suo Clan. Ma non sono abbastanza. Sophie-Anne Lupin è una creatura immortale che canta fuori dal coro.>>

<< Lupin, hai detto?>> farfugliò Ron.

<< L-u-p-i-n.>> Harry scandì lentamente la parola. << No. Non è un caso di omonimia. E’ sua sorella.>>

<< Ma non era morta?>>

<< In un certo senso.>>

Ron lo additò minacciosamente con una smorfia. << Tu hai in mente un’altra delle tue solite stronzate. Sì. Sì, miseriaccia. Lo sento.>>

 

*°*°*°*°*

 

Hermione rincasò nel suo appartamento di Diagon Alley quando l’orologio appeso alla parete del soggiorno segnava le undici di sera. Lei, Harry, Neville e Ron erano rimasti in ufficio fino a tardi, in gran segreto, pianificando con cura il piano. La copertura dei trafficanti illegali di tappeti magici avrebbe consentito loro di lasciare l’Inghilterra per qualche giorno per reclutare nuovi membri della cosiddetta Resistenza. Harry l’aveva definito come un Nuovo Esercito di Silente. Perché, in fondo, il vecchio Preside non avrebbe esitato ad aiutarli. Nell’elenco dei possibili membri del Nuovo Esercito, che avrebbe dovuto nascere all’insaputa del Ministero, figuravano una ventina di nominativi, ed era certa che nel corso dei giorni sarebbero aumentati. Il Ministero era marcio di corruzione. Kingsley non avrebbe mai potuto capire.

Hermione entrò in camera da letto e smise la divisa d’ordinanza, rovistando nell’armadio alla ricerca di un abito da notte pulito. Il contatto dei piedi nudi sul pavimento freddo le trasmise un brivido freddo lungo la schiena.

<< Per un attimo ero convinto che Ron mi picchiasse.>>

Hermione s’arrestò, una spallina abbassata della camicia da notte, le iridi nocciola perse nel vuoto. Poi lo vide. Era vicino alla finestra, ammonticchiato sul davanzale. Le sue pupille rosse brillavano nel buio come quelle di un mostro, ma il suo sorriso era felice e sereno. Non ricordava di averlo mai visto sorridere, in effetti.

<< Credevo fossi tornato a casa.>>

<< Infatti.>> Vesper entrò, i suoi passi furono attutiti dalle scarpe da ginnastica. << Questa è casa.>>

Hermione scosse il capo. Non riuscì a trattenere un sorriso. S’avvicinò a lui e gli allacciò le braccia al collo. Per un attimo le parve di averlo accanto da mesi, eppure era trascorso appena un giorno da quando l’aveva rivisto a Londra. Appoggiò il viso nell’incavo tra il suo collo e la spalla e lì trovò un luogo sicuro dove inspirare profondamente il suo profumo di muschio bianco. Perché c’era sempre qualche problema? Perché quel branco di Vampiri aveva deciso di attaccare il Mondo Magico?

<< Posso dormire qui?>> domandò lui.

Hermione si sistemò la spallina della camicia da notte, annuì e gli afferrò una mano, trascinandolo senza troppi complimenti verso il letto. << Siediti.>> gli disse.

<< Tesoro, cosa…>>

<< Fallo e basta.>>

Sul suo volto comparve un sorriso malizioso, ma lei aveva tutt’altre intenzioni. Uomini. Pensò, mentre Harry obbediva al suo ordine e si lasciava cadere sul materasso con la sua solita, idiota espressione canzonatoria. Non gli era bastata la notte prima?

<< Ho bisogno di stare con te. Con Harry.>>

Lui allargò istintivamente le braccia. Rise.

<< No, non quel tipo di Harry.>>

<< Quanti tipi di Harry esistono?>> le chiese lui, contrariato.

<< Voglio parlare, voglio… stare con te e basta. Sapevo che saresti venuto. Abbiamo passato cinque mesi lontani, maledizione, e tu pensi solo a…>> La voce le venne meno, le sue guance divennero di un colorito rosso acceso mentre, divenendo timida come una bambina alle prese con la prima cotta adolescenziale, evitò con cura di terminare la frase. << Io voglio te. Parlare con te. Condividere pensieri, emozioni… tutto. Mi hai abbandonata, ma l’ho accettato. Sapevo che un “vissero felici e contenti” non si addiceva alla nostra storia. Tu sei l’unica cosa che desidero, ma al tempo stesso sei l’unica cosa che non posso avere.>>

Harry tacque. La sua espressione divenne seria e i suoi occhi scintillarono nella penombra della camera da letto. Levò lentamente una mano verso di lei, le cinse un fianco e la attrasse delicatamente a sé. Il suo tocco fu leggero, quasi impalpabile. << Non ti lascerò mai più.>> disse.

Hermione, rimasta in piedi dinnanzi a lui, non riuscì a fare a meno che posargli le mani sulla nuca e scompigliargli la chioma corvina. Il cuore le rallentò di battito. Avrebbe voluto gridargli la sua gioia immensa, la felicità di udire quelle parole. Ma non ci riuscì.

<< Non credo che Vesper sia il tipo da “per sempre”.>>

<< Sto parlando di me. Di Harry.>> mormorò lui. Le baciò piano il ventre piatto, coperto dalla camicia da notte. << Vesper. Lui, bè… siamo diventati grandi amici. Dico sul serio. Ma in questo momento non sarebbe un ottimo consigliere.>>

<< Ah, no?>> fece lei, con una punta di malizia. << Che cosa ti consiglierebbe?>>

<< Credo mi direbbe “bel colpo, ragazzo. E’ proprio uno schianto”.>>

Hermione rise. Gli si sedette sulle ginocchia, le braccia attorno al suo collo. I loro visi si sfiorarono. << E poi?>>

<< Poi inizierebbe a parlarmi della sua macchina.>>

<< Scemo.>>

Risero. Si baciarono. E poi, insieme, si lasciarono cadere all’indietro nel letto, fra le lenzuola, rubando al destino cupo che tinteggiava la notte fuori dalla finestra un piccolo bagliore di serenità.

 

°*°*°*°*°*°


 

`•.¸¸.•´´¯`••._.• THE APPLE'S CORNER `•.¸¸.•´´¯`••._.•

Ragazze, ragazzi, lettori. GRAZIE per le recensioni. Grazie a Irene, Josephine, Sabri, la mitica Roxy, Marco, Kia, Kla e Kiki.

Non so che altro dire, al di fuori dell'attendere con ansia le vostre recensioni e i vostri pensieri riguardo a quest'ultimo capitolo.

Un grazie particolare a Viki-Chan, che sta davvero dando un contributo importante alla storia (forse inconsapevolmente). Oltre che alla mia esperienza di scrittrice.


AUROR POWER!

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Capitolo 6
*** Mebhael - Tumulti ***


Anima Nera_prologo





 

“Pochi sono gli amici di un uomo in sé, molti quelli della sua buona sorte.”

(Baltasar Graciàn)

 

 

Iquique, costa pacifica del Cile.

Hermione si appoggiò alla balaustra, le iridi color nocciola proiettate verso la distesa di grattacieli che torreggiavano lungo la spiaggia. La città si trovava sul frangente più occidentale del Cile, era uno degli insediamenti economici più popolosi della nazione. Da quell’altezza, ammonticchiata dal terrazzo dell’Hotel “La Suerte” nella zona benestante della città, si poteva intravedere il degrado urbano seminascosto dalle scintillanti insegne della costa. Faceva caldo. Un caldo umido e soffocante. E di certo nel pomeriggio la temperatura di sarebbe innalzata.

Un fruscio alle sue spalle. Alcuni pipistrelli stridenti svolazzarono fuori dalla finestra.

<< Sei pronta?>>

Hermione si sentì cingere delicatamente i fianchi, poi le labbra di Vesper si posarono sul suo collo. Fu una sensazione nuova, eppure l’aveva provata centinaia di volte. Un brivido freddo le corse lungo la schiena.

<< L’hai trovato?>> gli chiese.

Harry annuì. << Prendi la bacchetta.>>

Abbandonarono la lussuosa stanza d’albergo vestendo abiti comodi, cercando di essere il più facilmente rassomiglianti ad una normale coppia di turisti di passaggio. Mano nella mano, uscirono dall’ascensore salutando con accento marcatamente inglese il portiere in livrea azzurra nell’ingresso. La Hall era maestosa e arredata con arredamento coloniale: una contrapposizione marcata a dispetto dei mendicanti che reclamavano la carità sul ciglio opposto della strada.

Harry fermò un taxi. Salirono a bordo e Hermione lo sentì parlottare in spagnolo con il conducente. All’udire la parola “periferia”, l’anziano taxista sobbalzò sul sedile. Poi parve mandare giù sonoramente un groppo di saliva. Infine, titubante, annuì.

Partirono sferragliando alla volta dei margini della città ed Hermione trascorse l’intero tragitto con il capo reclinato da un lato, il viso premuto contro il finestrino.

Un sole cocente stava sorgendo all’orizzonte. La maggior parte delle strade erano asfaltate in modo precario e ovunque comparivano intere voragini. Imboccarono quella che le parve un’autostrada.

Mezz’ora dopo, tra uno scossone e l’altro, accompagnati da una ballata d’amore che strepitava dalle vecchie casse del taxi, il panorama di grattacieli e antiche case coloniali fu sostituito da un’infinita distesa di baraccopoli, che procedeva a perdita d’occhio fino a dissolversi nella distesa sabbiosa ai margini delle montagne. Il taxi imboccò l’uscita e si ritrovarono in un vasto piazzale sterrato. Un cartello decrepito alla loro destra annunciava che erano in prossimità della discarica cittadina. Ciò contribuì a giustificare il puzzo nauseabondo che penetrò all’interno del finestrino come l’esplosione di una cacca bomba acida. Hermione non riuscì a fare a meno di premersi una mano sul viso, in preda a un conato di nausea.

<< Usciamo di qui.>> farfugliò, rivolta a Harry. << Prima che vomiti in macchina.>>

Harry pagò la corsa e la seguì nel piazzale. Il taxi alle loro spalle partì sgommando e lo videro scomparire nel traffico dell’asse viario soprelevato. Le periferie di Iquique non dovevano essere un bel posto, a giudicare dal comportamento del taxista. E le decine di figuri dall’aspetto decadente che sostavano ai margini del piazzale ne erano la tetra conferma.

Al passaggio di ogni camion della nettezza urbana, un gruppetto di uomini e bambini inseguiva il mezzo e si arrampicava agilmente sul cassone, arraffando ciò che capitava loro a tiro. Materassi, cibo avariato, vecchi indumenti, ma anche attrezzi per il giardinaggio, copertoni sgonfi, cosmetici scaduti. Tutti gli oggetti raccolti venivano accumulati in grosse pile. Un ometto tarchiato con un paio di folti baffoni, che doveva essere uno degli anziani, smistava ad ognuno dei ladruncoli parte della refurtiva.

Videro due bambini sorpassarli con aria festosa, stringendo in mano i resti di un vecchio triciclo arrugginito. Poco più in là due giovani donne abbandonarono i materassi lerci che stavano trasportando verso casa e si gettarono all’inseguimento di un altro camion ricolmo di spazzatura, che si stava dirigendo in discarica.

<< Brutto posto.>> sbottò Harry. Notò i suoi occhi vuoti, la sua espressione mortificata e silente alla vista della povertà più nera. Le fece scivolare una mano sul polso, stringendoglielo delicatamente per farla rinsavire. << Non c’è modo per cambiare le cose, temo.>>

<< Potremmo…>>

<< No.>> sentenziò lui.

Ma nella sua voce non v’era rabbia, semmai rassegnazione. Nonché il desiderio ferreo di portare a termine una missione. << Non è il momento, ti prego. Vieni. Camminiamo. La sua casa deve essere laggiù, da qualche parte.>>

La via principale era fiancheggiata da centinaia di catapecchie in lamiere, oltre le quali si ramificava una sequenza di stretti vicoli sporchi. Fuori dalle baracche c’erano pecore chiuse in steccati realizzati con materiali di riciclo, anziani appollaiati su vecchie sedie a dondolo, bambini che urlavano e correvano dietro vecchi palloni sgonfi.

Al loro passaggio, tutti gli occhi rotearono nella loro direzione. Era limpido come la luce del sole che Harry ed Hermione non facessero parte di quel mondo. In particolare lui, con i suoi bei jeans scoloriti e la camicia bianca, pulita, forniva un decadente contrasto con il panorama che li circondava.

Dapprima gli abitanti mostrarono una certa curiosità nei loro confronti. Molti chiamarono i loro vicini, nel giro di pochi istanti si era creata una piccola folla. Poi, d’improvviso, uno di loro li indicò minacciosamente, sbraitando alcuni epiteti in spagnolo. Era un vecchio stempiato che camminava con l’ausilio di una stampella, ed aveva tutta l’aria di trovarsi davanti a un demonio. << Ojos rojos!>> ululò. << El diablo de ojos rojos!>>

Fra le baraccopoli si diffusero urla, strilli di donne, scalpiccii di passi lungo i viottoli che conducevano alla strada principale. Nel parapiglia della folla vennero fuori cinque robusti omaccioni dall’aspetto trasandato, che impugnavano badili e mazze di legno. Agitarono le armi per scacciarli, grugnendo termini incomprensibili nel dialetto del posto, ed accanto a loro comparve un sesto elemento che imbracciava un fucile.

<< Merda.>> sussurrò Harry. Le strinse forte una mano, impedendole di sfoderare la bacchetta. << Niente magie. Niente di niente. Chiudi gli occhi.>>

<< Cosa?>> gemette Hermione.

Un colpo di fucile vibrò nell’aria, disperdendosi nel cielo torrido della mattina.

<< Fai ciò che ti dico.>> insistette Harry. Strinse forte le sue dita in una morsa ferrea. Un istante dopo i piedi di Hermione si staccarono da terra, ma non fu come Smaterializzarsi. Fu qualcosa di più intenso, di più violento: il suo corpo venne sollevato e sbattuto a destra e a sinistra in un turbine nero come la pece, e non si accorse nemmeno dove la stava portando. Tutt’intorno il buio più profondo, circondato da stridii sordi e battiti d’ali. Ebbe la sensazione che a trasportarli lontano fosse un’enorme, stridente orda di pipistrelli.

Ricomparvero in un vicolo stretto fra due grosse baracche di lamiere, a distanza di sicurezza dalla folla di insorti. Da quella posizione Hermione udì le loro urla, accompagnate dai rumori dei badili agitati per l’aria e dei colpi di fucile. Si era Smaterializzata con il Principe Oscuro. Lui e i suoi maledetti pipistrelli.

<< E’ qui.>> disse Harry, risoluto. Indicò una vecchia casupola in mattoni e pietrame ammonticchiata in cima a una scalinata dall’aspetto traballante. Il terrazzo era stato ricavato con della lamiera arrugginita, e le paratie frangivento inchiodate alla ringhiera erano vecchi teloni per automobili. Senza lasciarle la mano, la condusse su per la rampa e si ritrovarono dinnanzi a una minuscola porticina di legno. Harry bussò tre volte.

Silenzio. Poi, qualche minuti dopo, si udì un fragore dei passi ed una voce roca sbraitò: << ¿Quién es usted?>> Chiunque avesse parlato, era un maschio ed era particolarmente arrabbiato. << ¿Quién es usted?>> ripeté, altero, giunto dinnanzi alla porta.

<< Yo soy de ojos rojos.>> mormorò Harry. << Abrir la puerta, por favor.>> Si morse le labbra, in una smorfia pensierosa. << Tengo que hablar con el Rubia.>>

Si fu un sonoro grattare della serratura. Una delle poche porte blindate di quella baraccopoli, pensò Hermione. Un istante dopo comparve loro davanti un uomo sulla quarantina, dalla pelle ambrata e i lineamenti tipici del posto, due grossi occhi incavati e un paio di baffetti a spazzola. Era sporco, madido di sudore. Indossava una canottiera incrostata di grasso e dei vecchi jeans. << Ojos Rojos.>> mormorò, con tono di riverenza. E, con loro enorme sorpresa, accennò a un profondo inchino del capo.

Si ritrovarono in un ingresso piccolo e angusto. L’uomo rivolse loro un sorriso, mostrando un paio di denti mancanti. Poi indicò una porta in fondo al corridoio.

<< Bingo.>> esclamò Harry sottovoce.

<< Si può sapere chi è questo Rubia?>> gli chiese Hermione, mentre s’incamminarono nella direzione indicatogli dal cileno.

<< Rubia è un soprannome. Nella lingua del posto significa Biondo.>>

<< Oh, no. No. No.>> Hermione s’arrestò, allungando le mani in avanti in un plateale cenno di diniego. << E’ possibile che un Comandante del Quartier Generale debba sempre essere attorniato da criminali?>>

<< E’ l’unico modo per uscirne fuori da questa situazione.>> Harry le agguantò delicatamente un avambraccio e la sospinse in avanti. Rise. << Lo so, sono uno stronzo. Avrei dovuto dirtelo prima. Avrei…>>

<< Avevi detto che si trattava di un tuo vecchio amico.>>

<< Era solo un modo per convincerti ad accompagnarmi.>>

<< Sei uno stronzo, Vesper.>>

<< Lo so.>>

Harry aprì piano la porta e la precedette in un ampio locale ben illuminato. Aveva le sembianze di un antico campo base militare: le pareti e il soffitto erano costituiti da assi di legno inchiodate e verniciate di bianco, una vecchia scrivania era stipata in un angolo e ovunque regnava il caso. Armadi stracolmi di indumenti, sacchi traboccanti di armi e oggetti di ogni forma e dimensione. Hermione vide decine di volumi abbandonati gli uni sopra gli altri in una pila polverosa, utilizzati meramente come pianale per appoggiarvi del coltelli da affilare.

<< Dove diavolo siamo?>> gemette.

<< All’Inferno. O quasi.>> disse una voce melliflua proveniente dalla scrivania. Qualcuno sedeva su una sedia dallo schienale alto e rigido orientata verso la finestra. Puntò i piedi e roteò verso di loro, comparendo davanti ai loro occhi con un sorriso beffardo. Dopo cinque lunghi mesi, del vecchio Draco Malfoy ne era rimasta solo un’ombra sbiadita. Era magro, sorprendentemente trasandato, il suo viso affilato recava i segni della guerra e il suo mento era punteggiato da una barba biondiccia di un paio di giorni. Indossava abiti logori, una vecchia camicia, dei pantaloni militari e un paio di anfibi infangati.

<< Quale onore, Comandante.>> disse Mafoy, con un riso sprezzante. I suoi occhi di ghiaccio saettarono su Harry. Lo osservò a lungo, in silenzio, trattenendo a stento una risata. Poi allargò le braccia in un gesto ampio. << Questo posto è una merda. Ve ne sarete accorti da soli. Perciò mi domando: che cosa ci fanno una so-tutto ben vestita e rispettabile e un ricercato a Iquique? Non c’è nessun concessionario Audi nei paraggi, Vesper, mi dispiace. Solo merda e proiettili.>>

<< Ci servi.>> disse Harry.

<< Oh, certo. Ci servi.>> Draco imitò la sua voce in un’irrisoria cantilena. << Ci serve un pazzo che possa aiutarci a salvare il mondo. I miei genitori sono morti e io sono il prescelto.>>

<< Sto parlando seriamente.>>

<< Quando mai, Vesper, hai idee intelligenti?>> fece eco lui. S’alzò dalla sedia e ne seguì un pericolante scricchiolio delle assi del pavimento. << Mi sono trasferito qui per sfuggire a voialtri stupidi cani del Ministero. Da quando ho aiutato questo idiota, non mi hanno mai dato tregua. Mi hanno inseguito ovunque, hanno messo sotto controllo i miei conti della Gringott, hanno scoperto le mie false identità che utilizzavo per mischiarmi fra i Babbani. Tutto per colpa tua, Vesper.>>

<< Ti sei mischiato bene, vedo.>> commentò Harry, con un sorrisetto.

<< Vaffanculo. Tu e i tuoi Pipistrelli.>> Draco attraversò la stanza e andò a recuperare la bacchetta abbandonata su uno scaffale. Zoppicava vistosamente da una gamba, e i suoi capelli biondicci e sporchi gli ricadevano disordinatamente sul viso. << La mia Famiglia è Caduta. Caduta, Vesper. Mia madre è stata costretta a trasferirsi in un sudicio monolocale del Kent, ma è perseguitata dagli Auror. Voglio sapere dove mi trovo.>> Lanciò un’occhiataccia a Hermione. << Avevate promesso che mi avreste sollevato da ogni accusa. Io vi ho aiutato, maledizione!>>

<< Mi dispiace.>> ammise lei. << Non sei l’unico ad attraversare un periodo buio. Ci sono maghi del Ministero che hanno sospettato di me, sono stata messa sulla graticola dal Profeta. Non avevo scelta, dovevo dimostrare di essere dalla loro parte. Credono che io abbia a che fare con Vesper.>>

<< Sagaci.>> Draco zoppicò verso di loro. Poi si appoggiò alla pila di libri. << Presumo siate qui per i Vampiri.>>

Un tuffo al cuore. Hermione strabuzzò gli occhi e lo guardò con aria attonita. Come faceva a sapere dei Vampiri?

<< Mi sono nascosto in Sudamerica un paio di mesi fa. Qui nessuno fa domande, i Maghi sono trattati con rispetto. Il fatto è che il Ministero della Magia del Cile è alquanto instabile, nel giro di dieci anni si sono avvicendati sei Ministri diversi. La metà è stata condannata al carcere per corruzione. Non è una situazione rosea, voglio dire, e i Vampiri ne hanno approfittato. Il Ministero è nelle loro mani da un paio di settimane.>>

<< Che cosa?>> tuonò Harry. << Io credevo che…>>

<< Che fosse una faccenda inglese?>> Draco rise. << Sì, credo che la mente dell’operazione provenga dalla Scozia. Dicono sia un anziano Vampiro millenario con il pallino della conquista del mondo. Bene, ci sta riuscendo. E porterà a termine il suo piano nel giro di qualche mese se qualcuno non lo fermerà.>>

<< Noi vorremmo…>>

Hermione venne interrotta da una risata.

<< Fermarlo, Granger? Oh, sì. Sì. Fermiamo il Vampiro Cattivo. Ci basta reclutare cinque o sei stronzi, che marceranno verso morte certa con il sorriso sulle labbra. Sapete una cosa, ragazzi? Io non ci sto. Cercatevi qualcun altro.>>

<< Ma hai detto tu stesso che il Mondo Magico è nel caos!>> lo esortò Hermione. << Che cosa stai facendo, adesso? Vivacchiare dei tuoi furti in questo schifo non è abbastanza deprimente per un Malfoy? Cinque mesi fa mi è sembrato d’udire che volessi rimettere in piedi la tua Casata.>> Piegò un angolo della bocca in un sorriso impercettibile. Colpito e affondato. Lo vide farsi serio, una maschera d’odio e rancore, le sue guance sbiancarono e le mascelle si serrarono in una smorfia rabbiosa.

<< Non sono affari tuoi, Granger.>> ringhiò. << Ed ora, se non avete altro da dire…>> Malfoy indicò con un cenno del capo la porta.

<< Hai una conoscenza delle Arti Oscure pari a quella di un Mangiamorte.>> disse Harry. << Anche se mi costa ammetterlo, il tuo aiuto sarebbe prezioso. Dobbiamo capire come ucciderli. Indebolirli con le maledizioni senza perdono non è abbastanza. E poi, onestamente, questo posto non ti si addice. Ti sei visto in faccia? Sembri un fantasma.>>

<< Fuori dalle palle.>> sbottò Draco.

<< Per favore.>> mormorò Hermione, e lottò contro sé stessa per non maledirsi da sola. Pregare Draco Malfoy fu qualcosa di penoso e irripetibile. Lo fece solo perché gliel’aveva chiesto Harry, perché Malfoy era una delle poche risorse delle quali potevano disporre. E perché, in un certo senso, c’era in gioco la vita di tutti quanti.

<< Siamo venuti fin qui apposta per parlarti.>>

<< Avete sprecato del tempo. E comunque, giusto a scopo informativo, quelle creature maledette hanno messo una taglia sulla tua testa, Batman. Qui gli abitanti sono convinti dell’esistenza nel demonio ed il tuo aspetto non ci va davvero troppo lontano. Ojos Rojos, ti chiamano. Faresti meglio a tenerti distante da quella gente, o di inseguirà con i forconi.>>

Harry e Hermione si guardarono.

<< I Vampiri ci stanno dando del filo da torcere, in questo periodo.>> proseguì Malfoy. << Il Ministero, come ho già detto, è nelle loro mani. Hanno massacrato centinaia di maghi cileni e stanno spodestando ogni loro potere. Vogliono il caos. E sono riusciti a mandare all’aria tutti i miei affari.>>

<< Di cosa ti occupi, esattamente?>> gli chiese Harry.

<< Contrabbando.>> tagliò corto Malfoy. Sospirò profondamente. Sembrava stanco e piuttosto provato, e la sua camminata zoppicante lasciava presagire che fosse ferito. << Ed ora, se permettete, gradirei non rivedere mai più le vostre facce. Più mi stai lontano, Vesper, meglio è.>>

<< Malfoy.>> Harry lanciò uno sguardo a Hermione.

Era la loro ultima spiaggia, glielo lesse negli occhi. Ancora un tentativo fallito e se ne sarebbero ritornati desolatamente a casa a mani vuote, sprecando due giorni di viaggio e di estenuanti ricerche fra le vie malfamate delle periferie cilene.

<< La realtà è che noi siamo…>>

 

*°*°*°*°*

 

<<… fottuti.>> gemette Neville, gli occhi rivolti sulla cartina spiegazzata di Kuala Lumpur. Perlustrò attentamente le vie del centro, molte delle quali erano state evidenziale con un pennarello. Dopo due giorni, cinque ore e ventisei minuti, di Ryo Miyachi e della sua testa di cazzo non ve n’era alcuna traccia.

Vesper era stato fin troppo chiaro in proposito. “E’ ricco e viziato, ma è indispensabile per il gruppo. Passa gran parte del suo tempo in giro per il mondo a sperperare denaro in casinò, donne e corse clandestine di automobili.” Un tipo a posto, senza dubbio. Il tipico ragazzo della porta accanto. Un insulto al misero stipendio di un funzionario del Ministero.

<< Io mi arrendo.>> sbottò Ron, al suo fianco. Si tamponò la fronte imperlata di sudore con un fazzoletto, sul quale era ricamata la sua iniziale. << Aveva detto che l’avremmo trovato qui, dannazione. Deve esserci, da qualche parte!>>

<< Questa è la città più popolosa della Malesia. A occhio a croce, anche perlustrando ogni angolo di questo posto, abbiamo una possibilità su dodici milioni di trovarlo.>>

<< Vesper è un idiota.>>

<< Lo penso anch’io. Ma al nostro Comandante non sembra importare molto.>>

La smorfia eloquente di Ron gli strappò un sorriso nervoso. Ogni volta che pronunciava il nome di Harry, o di un’automobile, o quantomeno di un pipistrello, l’umore solitamente allegro e festaiolo di Ron Weasley precipitava nel baratro.

Nel centro futuristico e cosmopolita della città, contornati da alti grattacieli e hotel sfarzosi, trovarono un fast-food dotato di aria condizionata nel quale si rifugiarono alla ricerca di ristoro. Si riempirono lo stomaco con cibo babbano: hamburger, patitine fritte e una bevanda gassata color caccabomba che Neville trovò insolitamente deliziosa.

<< Coca-Cola.>> farfugliò a bassa voce, rimirando l’etichetta variopinta.

<< Hermione ci sta obbligando a stare dalla sua parte.>> tuonò Ron, indispettito. << Già m’immagino la sua reazione quando torneremo domani al Ministero a mani vuote. Dirà che il mondo dei maghi dipende da noi, che questo giapponese del cavolo era importante, e bla bla bla. Solite stronzate.>>

<< La ami ancora, non è vero?>>

Silenzio. Ron immerse una patatina in una strana salsa rosa. Gustò soddisfatto il boccone e si leccò le dita. << Secondo te?>>

<< La ami ancora.>>

<< Si vede così tanto, non è vero?>>

<< Io… mi dispiace. Non volevo.>> Neville tornò a sorseggiare la sua Coca-cola. Succhiò con veemenza dalla cannuccia finché non prosciugò il contenuto del bicchiere di carta. Poi prese a tagliuzzare i cubetti di ghiaccio. Ne voleva ancora. Subito. << Molte volte penso al mio lavoro. Sto trascurando mia moglie. Voglio dire, è incinta: non capita tutti i giorni. Io invece me ne sto qui in Malesia a cercare un Animagus che guadagna in un mese più di quanto possa guadagnare in una vita intera. E’ deprimente.>>

<< Sì.>> mugolò Ron, ma non lo stava osservando. Era distratto da qualcosa, i suoi occhi erano attoniti e scrutavano la parete alle sue spalle. Neville, d’istinto, si voltò nello stesso istante in cui il rosso urlò qualcosa. Ma non vi badò. Il cuore prese a battergli all’impazzata nel petto, trasformando la sua demoralizzazione nell’enfasi più pura.

<< E’ lui!>> gridò Ron, facendo sobbalzare una comitiva di turisti spagnoli seduti nel tavolo accanto. Un bambino di passaggio con un vassoio ricolmo di panini ebbe un sussulto, ed il contenuto ricadde penosamente per terra scatenando le ire dei genitori.

Sulla parete in bella vista troneggiava il ritratto di Ryo Miyachi. Era lui. Vestiva con la divisa da cuoco, un buffo cappello bianco calato sul capo, il volto sorridente. Stringeva in una mano un mestolo da cucina, nell’altra un cartellone pubblicitario con lo il logo del famoso fast-food. La didascalia in calce recava la scritta: “Supporta anche tu il creatore del social network MeeBook alla 65esima Gara Internazionale di Cucina Asiatica. Evento promosso da McDonald Malesia.” La gara si sarebbe svolta il 25 settembre presso l’Hotel Royal Hill di Kuala Lumpur.

<< Ma è oggi.>> squittì Ron, che sembrava aver perduto parzialmente l’uso della parola. << Lo stronzo partecipa ad una gara di cucina!>>

<< Vesper aveva parlato di corse clandestine, io non…>>

<< Cosa stai aspettando?>> sbraitò Ron, che iniziò a raccogliere le sue cose e a ficcarle frettolosamente nello zaino. << Dobbiamo portarlo al Ministero, o faremo la figura degli imbecilli. La gara inizia fra un’ora. Muoviti, cazzo!>>

Neville s’alzò meccanicamente dalla sedia. Recuperò la cartina sgualcita e lo seguì di gran carriera fuori dal locale, nella strada affollata. Ovunque c’erano turisti, passanti che occupavano il marciapiede. Non avevano la minima idea di dove si trovasse il Royal Hill Hotel, né tantomeno erano in grado di comprendere la lingua del posto. Perciò Neville preferì evitare di perdere tempo, trascorse i dieci minuti successivi a cercare febbrilmente l’hotel sulla cartina.

<< Eccolo!>> esclamò, infine.

L’edificio era situato in prossimità delle Petronas Tower, uno dei simboli più famosi della città. I due edifici erano la sede principale di una compagnia petrolifera e per anni erano stati classificati come la costruzione più alta del mondo.

Erano proprio lì, stagliate all’orizzonte nel panorama futuristico della città, a mezzo miglio di distanza. Per una volta nella loro vita, la dea della fortuna sembrava averli favoriti. O almeno in parte. Non era semplice muoversi fra i Babbani: avrebbero dovuto penetrare all’interno dell’edificio, interrompere la Gara di Cucina e trascinare fuori Ryo Miyachi ad ogni costo. Come? Solo il tempo gli avrebbe fornito una risposta certa.

<< Muoviti, muoviti, muoviti!>> strepitò Neville. Svoltarono rapidi in un vicolo semideserto, se non per un anziano barbone ammonticchiato nella penombra. Tuffò una mano in una tasca degli shorts e mise mano febbrilmente alla bacchetta, che agitò per aria durante la corsa. I loro abiti furono trasfigurati in smoking eleganti in tessuto gessato.  

Dieci minuti dopo fecero irruzione nella maestosa hall d’ingresso del Royal Hill Hotel. La sala d’attesa in un angolo, arredata con comodi divani bassi color crema, era gremita di giornalisti e di fotografi che immortalavano alcuni cuochi partecipanti alla gara. Poco più in là splendide ragazze malesi in abito da sera fornivano informazioni ai turisti in merito all’assegnazione dei posti nella Sala da Pranzo, dove si sarebbe svolto l’evento. Qua e là correvano camerieri e portieri d’albergo, avvicendandosi come forsennati affinché tutto fosse pronto. In tutto quel trambusto nessuno parve accorgersi di loro. Mancava una manciata di minuti all’inizio della Gara. Dovevano fare presto.

Attraversarono con passo spedito la hall, risalendo le scalinate dorate che brillavano sotto la luce di enormi lampadari di cristallo pendenti dalle volte del soffitto. Strisciarono lungo la parete e s’infilarono nel primo ripostiglio che capitò loro a tiro.

<< Nei film babbani di solito usano le condotte dell’aria per muoversi inosservati.>> osservò Neville, pensieroso.

<< Io propongo di entrare con la forza e rapire il giapponese.>>

<< L’ingresso della Sala da Pranzo sarà sicuramente sorvegliato. Ci vedranno.>> sospirò Neville. Gettò una rapida occhiata al bocchettone dell’aria sopra la sua testa, che sovrastava i numerosi attaccapanni ricolmi di divise per il personale. << Potremo passare di lì e infilarci nelle cucine.>>

<< O Smaterializzarci.>> fece Ron, con un sorrisetto.

<< La Smaterializzazione è tracciabile. Il Ministero della Magia malese si accorgerà di noi, e aprirà un’indagine per capire che cosa ci facevano due Auror inglesi in questo dannato Hotel. Scateneremo una guerra diplomatica, e ciò non deve succedere.>>

<< Ma noi non siamo in servizio, in questo momento.>>

Silenzio. Neville e Ron si scambiarono un sorriso sinistro.

<< Smaterializziamoci.>> dissero all’unirono.

Pochi istanti dopo ricomparvero con uno schiocco sonoro nelle vaste cucine dell’Hotel. Tre lunghi bancali d’acciaio occupavano il centro dell’ambiente, fiancheggiate da grossi forni e celle frigorifere. Decine di coltelli e utensili pendevano dal soffitto.

Ryo Miyachi era in fondo, in un angolo. Indossava l’uniforme da cuoco e si stava accingendo ad affilare dei grossi coltelli riverso su un enorme lavello. Era solo. E canticchiava da solo un motivetto di Guerre Stellari, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Poco distante, nella cucina accanto, si udiva il riverbero di decine di piatti scodellati nei bancali, seguiti dal vociare sordo di una folla di persone.

<< Prendiamolo.>> sentenziò Neville.

Si avvicinarono di soppiatto alle sue spalle e lo afferrarono da dietro. Ron gli tappò la bocca, mentre Neville si preoccupò di tenergli ferme le braccia per costringerlo a indietreggiare senza dimenarsi. Riuscirono a sollevarlo di peso. Lui urlò e cercò di liberarsi scalciando come un topo in trappola, ma i due Auror ebbero la meglio.

Camminando goffamente all’indietro, ingaggiarono una lotta ferrea per impedire all’ostaggio di chiamare aiuto. Lui si ribellò con le poche forze che gli erano rimaste e riuscì a colpire il naso di Neville con una gomitata.

A fatica, lo immobilizzarono e si Smaterializzarono. Ricomparvero pochi istanti dopo l’uno di fianco all’altro nel vicolo nei pressi dell’Hotel.

L’anziano barbone semiaddormentato su un letto di giornali non prestò loro la minima attenzione, il suo russare placido si poteva udire palesemente in lontananza.

<< Che cosa caz…>> farfugliò Ryo, ansante. Poi si voltò. Li riconobbe.

<< Zitto o ti faccio saltare la testa.>> ringhiò Ron, che gli puntò la bacchetta in mezzo agli occhi. << Vesper vuole vederti.>>

Il giapponese annuì a stento. Levò le mani in alto in segno di resa ed attese che gli Auror lo depositassero a terra, lasciandolo libero di muoversi e di massaggiarsi i polsi doloranti. Aveva tutta l’aria frastornata di chi era stato quasi investito da un treno in corsa.

<< Vesper.>> sbottò Ryo. Un sorriso ironico si aprì sul suo viso, e prese a sfilarsi frettolosamente la divisa da cuoco. << Bastava una telefonata, cazzo.>>

 

*°*°*°*°*

 

`•.¸¸.•´´¯`••._.• THE APPLE'S CORNER `•.¸¸.•´´¯`••._.•

Grazie mille a tutti per i bei commenti, e chiedo scusa per il mio enorme ritardo. Sono stata molto impegnata con il lavoro, e il poco tempo che ho riservato per la scrittura
l'ho interamente dedicato al Contest "A Caccia di Spaccio" Auror, anche se non credo di aver ottenuto risultati soddisfacenti.

Spero che questo capitolo di "transizione" di piaccia, e invito davvero tutti i lettori a criticarmi, se necessario, così facendo mi aiuterete sempre a migliorare.

Grazie ancora a tutti, e ricordate:


AUROR POWER!

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Capitolo 7
*** Vehuel - Magnificenze ***


Anima Nera_prologo





 

"La vita è piacevole. La morte è pacifica. E' la transizione che crea dei problemi."

                                                                                                                                (Isaac Asimov)

<< Non ti conviene girare da queste parti, Ojos Rojos.>>

Una voce rauca, alle loro spalle, risuonò nel vociare sordo delle baraccopoli di periferia. Un inglese stentato, masticato, di un alto e smilzo quarantenne dal cranio pelato armato di una mazza da baseball. Aveva piercing e orecchini dovunque, la pelle olivastra e due occhietti color pece iniettati di sangue. Un Pirata.

<< Dico a te, Ojos Rojos!>> urlò.

Ne seguirono delle risate sguaiate. Qualcuno ringhiò parole sconosciute nel dialetto del posto, un altro sputò rumorosamente per terra.

<< Non ti voltare.>> disse Harry, nervoso. Strinse le dita attorno all’avambraccio di Hermione e la guidò lungo i vicoli, sforzandosi di ricordare il percorso che collegava la casupola di Malfoy con la via principale.

<< Bella chica, Ojos Rojos!>> ululò un altro, dietro di loro.

<< Ignorali.>> ripeté Harry, con un tono abbastanza alto da risultare udibile nelle vicinanze. << Loro… non sanno cosa stanno facendo.>>

Doveva stare calmo. Lui e Vesper. Lui e il diavolo che aveva preso possesso del suo stomaco, ogni volta che qualcuno si azzardava a mettergli i bastoni fra le ruote.

No. Loro non meritavano di morire.

Il suo Credo gli impedì di voltarsi, sfoderare la bacchetta e vederli stramazzare a terra, uno per uno. Avrebbe riso. Sì. Non si vergognò di pensarlo.

<< Harry.>> mormorò Hermione. Agitò la pochette che le pendeva a tracolla. << Ho un’idea. Forse potremmo…>>

<< Dobbiamo muoverci.>> proruppe lui. << Non… voltarti. Ti prego.>>

<< Ma io…>>

<< Tienes miedo, Ojos Rojos?>> sibilò uno degli uomini, che rassomigliava ad un Pirata.

Sì, stronzo. Aveva paura. Paura di non controllarsi, di schizzare contro di loro come un toro rabbioso, mandando definitivamente all’aria la sua copertura.

<< Harry, sto cercando di dirti che…>>

Ma uno dei cileni fu più rapido: balzò giù da una vecchia roulotte e sbarrò loro la strada armato di un fucile a canne mozze, di quelli che usavano i marines durante le battute di caccia ai terroristi. Chiunque fosse, non era un semplice e povero abitante delle favelas: quella banda di criminali era lì per un motivo preciso. Ucciderlo e incassare la taglia che pendeva sulla sua testa. Ojos Rojos o Vesper, o comunque l’avessero chiamato, Harry iniziò a perdere la pazienza. Sfoderò la bacchetta di Sambuco e schiantò sul posto il primo bersaglio.

Hermione si portò una mano sulla bocca. << Niente magia, maledizione!>>

<< Come vuoi tu.>>

Harry intercettò il secondo bandito. Lo agguantò per la collottola e lo spiantò con la schiena premuta contro una parete di lamiera, sferrandogli un violento pugno nello stomaco. L’uomo guaì e si piegò in due dal dolore, e Vesper lo finì con un calcio nel basso ventre. << Sono troppi.>> disse. Prese il fucile a canne mozze e lo gettò in un tombino scoperchiato.

Fuori Uno.

Si preoccupò per l’incolumità di Hermione, che nel giro di pochi istanti si era ritrovata circondata. Ma lei era il Comandante del Quartier Generale, era perfettamente a suo agio in quel genere di situazioni. Rifilò un calcio ben assestato nelle parti basse del primo pirata che le capitò a tiro, poi usò la bacchetta dalla parte del manico per ficcarla negli occhi di un altro suo compare.

Altro sangue. Altre grida.

<< Ne avete abbastanza?>> ululò Hermione, che era in preda a una specie di attacco isterico. Si riversò come una leonessa addosso al terzo nemico, e nessuno poté in qualche modo aiutarlo. Harry vide un paio di denti roteare nell’aria in una scia di sangue, poi il suo corpo precipitare a terra inerme come un sacco di patate.

<< Stavo dicendo, Harry.>> disse Hermione, tranquilla, quando il vicolo fu sgombro. Sollevò la pochette di perline e gliela fece scorrere davanti agli occhi. << Ho una cosa che ti appartiene. Se solo mi avessi lasciato spiegare...>> Aprì la cerniera e ne estrasse un minuscolo modellino di moto, simile a un giocattolo per bambini. Le bastò un colpo di bacchetta e ci fu uno schiocco sonoro. Un istante dopo, davanti agli occhi stupefatti di Harry, la sua Ducati 1199 era lì, davanti a loro, rossa e ruggente come non mai. Bella. Bellissima. Non seppe che altro dire.

<< Non abbiamo i caschi.>> obiettò Harry, con un mezzo sorriso.

<< Oh, al diavolo. Portami fuori di qui!>>

Prima che altri cercatori di taglie li intercettassero, balzarono in sella alla Ducati e Harry fece girare le chiavi nel quadro. Un sibilo, simile al ruggito di un giaguaro, si diffuse a macchia d’olio nella baraccopoli, seguito dal fischio delle gomme che scricchiolavano sul terreno sterrato. La moto partì con un guizzo ruggente.

Hermione si incollò con le mani legate alla sua vita e non trattenne un urlo stridulo quando Harry svoltò rapido una curva, piegando la moto verso destra. Percorsero un lungo viottolo fiancheggiato da baracche, poi passarono a ridosso di un piccolo spiazzo affollato. Dei proiettili volarono nell’aria, qualcuno urlò epiteti in spagnolo. Un istante dopo Harry svoltò di nuovo rapido e finirono diritti addosso a un Pirata. Lo video tuffarsi di lato evitando all’ultimo di essere colpito dal muso affilato della moto. Meno sei.

<< Tutto bene, lì dietro?>>

Silenzio. No, non andava tutto bene. Se solo avesse parlato, Hermione gli avrebbe vomitato addosso. Ma non disse nulla e si strinse forte a lui, gli occhi chiusi e i capelli scompigliati dal vento.

Harry puntò un piede a terra, facendo perno per riuscire a superare un’altura di lamiere altrimenti inaccessibile. Compirono un piccolo balzo, poi di nuovo lungo un altro vicolo. I Pirati erano una cinquantina ed avevano circondato l’intera baraccopoli per intercettarlo.

Come avrebbero fatto a cavarsela senza l’uso della Magia?

Hermione lo anticipò. Mise mano alla bacchetta, artigliandosi con l’altra alla schiena di Harry. Mentre sfrecciarono in prossimità della via principale, compì un movimento elaborato e una grossa bolla protettiva avvolse la Ducati, impedendo ai colpi di raggiungergli. Decine di centinaia di proiettili ribalzarono contro la cupola creando un violento picchiettio metallico che rimbombò loro nelle orecchie.

L’euforia di Harry venne interrotta da altre urla sguaiate. Un gruppo di Rivoltosi era spuntato dalle baraccopoli e si era gettato sui Pirati. Approfittò della guerriglia interna per sgommare rapido in avanti, portandosi a debita distanza dal conflitto.

Quella gente lo conosceva come “Occhi Rossi”: qualcuno gli aveva offerto un’ingente somma di denaro per toglierselo dai piedi. E in quei posti il denaro era l’unico Dio tangibile, l’unico futuro per il quale le persone pregavano. No. Vesper non avrebbe mosso un dito, né torto un solo altro misero capello in quel posto dimenticato.

Si lasciarono alle spalle la guerriglia delle baraccopoli di Iquique e fecero ritorno, sporchi ed ormai esausti, all’Hotel nel centro città dove Hermione aveva prenotato una stanza, con la triste consapevolezza che avrebbero fatto ritorno a Londra a mani vuote.

 

*°*°*°*°*°*

 

Dalla loro visita in Cile e in Malesia trascorsero quattro lunghe settimane.

Giorni d’inferno per il Comandante del Quartier Generale e per i suoi Auror: costretti a lavorare nella bufera mediatica inscenata da Rita Skeeter in merito alle ipotesi di una possibile collaborazione fra Hermione e il Principe Oscuro.

Il martedì successivo il Profeta pubblicò un articolo al vetriolo sui fondi ministeriali concessi al Quartier Generale negli ultimi cinque anni, dimostrando che almeno diecimila galeoni pubblici erano stati sprecati per acquistare una serie limitata di Nimbus 4014, che alcuni Auror avrebbero utilizzato per scopi personali. Il Responsabile delle Finanze Ministeriali Edigius Locker, colpito dallo scandalo, fu costretto a presentare le dimissioni il giorno seguente.

<< Maledetta, stupida, cagna schifosa.>> commentò amaramente Ron, in un freddo pomeriggio di fine ottobre, mentre lui, Neville e Hermione scesero nella Sala Comune del Quartier Generale per bere una tazza di caffè caldo. << Sta facendo di tutto per gettarci nella…>>

<< Bufera.>> Hermione lo mise a tacere con un sorriso forzato. Strinse fra le dita la sua tazza di Cappuccino bollente e rimirò senza troppa enfasi il panorama magico fuori dalle grandi finestre della stanza. << Il Rapporto in merito all’Operazione “StellaFreccia” è stato inviato al Ministro?>>

<< Altroché.>> la rassicurò Neville, che bevve un sorso di Coca Cola. Ne aveva fatto scorta in un negozio babbano: era una droga, per lui. << Kingsley è entusiasta del nostro operato. Mi ha detto di tenere duro, che è solo una moda temporanea quella di darci la caccia. Dopo tutto, la penso come lui: la Skeeter si calmerà. Ce l’ha a morte con noi perché non riesce a corromperci.>>

<< Notizie dell’Uomo Pipistrello?>> intervenne Ron, vago.

<< E’ a Londra, con la sua amica.>> Hermione finse disinteresse, mescolando il contenuto della tazza con il cucchiaino. << L’ho sentito un paio di giorni fa, dopo la Conferenza Stampa. Mi ha detto che non hanno ancora trovato nulla di utile, né tantomeno sono riusciti a capire chi ci sia dietro tutto questo.>> Si diede un’occhiata guardinga in giro, e tornò a parlare solo quando si fu assicurata che non ci fosse nessuno nei paraggi. << I Vampiri, se davvero hanno intenzione di rivoltarsi com’è accaduto in Cile, stanno temporeggiando fin troppo. Voglio dire, è passato quasi un mese. Un mese, maledizione. E non è successo un bel niente.>>

<< Certo che no.>> le fece eco Ron, con tono affabile. << Avete solo rischiato di essere linciati da una banda di cacciatori di taglie. Cose da tutti i giorni.>>

<< Il fatto è che Malfoy non vuole collaborare.>>

<< Sai che gran perdita.>> Ron e Neville si scambiarono un’occhiata complice. Poi Ron soffocò una risatina. << Voglio dire, sentiremo la sua mancanza ogni giorno.>>

<< Uno di meno, Ronald. Lo vuoi capire?>> lo rimbeccò Hermione. << Uno di meno.>>

<< Ho visto un film che davano in televisione, qualche giorno fa. Mio padre adora la televisione. Si chiamava quattrocento, o una roba del genere. Anche gli Spartani erano in minoranza, in questo film, ma si sono battuti con gran ferocia.>>

<< E sono morti tutti.>> osservò Neville.

<< Forse dovremo darci un taglio.>> propose infine Ron, che sorvolò l’argomento. Bevve un sorso di caffè amaro e fece una smorfia, poi agguantò il sacchetto dello zucchero e ne versò due generose zollette all’interno della sua tazza. << Vesper potrebbe essersi sbagliato.>>

<< Fin’ora non è mai successo.>> sibilò Hermione, velenifera.

<< Ma potrebbe accadere!>> insistette Neville. << E’ umano. E, se mi permetti, anche se so che ciò potrebbe costarmi il distintivo: trovo che un Comandante non debba mescolare la sua vita sentimentale con la sua professione. Rischierebbe di… ecco… compromettere il suo operato.>>

Hermione incassò il colpo il silenzio, ma dentro di sé fu come se delle fiamme infernali le avessero arso le viscere. Rabbiosa, con una smorfia indispettita dipinta sul volto, regalò il suo peggior sguardo velenifero ai due Auror, per poi voltare sui tacchi ed avviarsi a grandi passi verso l’uscita.

<< Non è forse vero?>> ribadì Ron, che alzò la voce per farsi udire.

Ma in risposta ricevette solo il mero tonfo della porta che si richiudeva.

 

 

*°*°*°*°*

 

Come si uccideva un Vampiro?

Una domanda semplice, ingenua, il suo incubo peggiore.

Dal tetto del Nike Town affacciato su Oxford Circus, Harry godé della piena visione circostante. L’orizzonte rossastro si affievolì alle spalle della linea frastagliata di tetti londinesi che si susseguivano in rapida successione, formando un tappeto urbano punteggiato di grattacieli e dal campanile lontano di St.Paul. Il freddo era pungente, e una brezza gelida gli scompigliò i capelli corvini.

Trascorse l’ora seguente a sfogliare il pesante volume rilegato derubato dal Reparto Proibito intitolato “Creature Notturne della Mitologia Classica” di Newt Scamandro. Dalle notte di Madama Prince trascritte al margine dell’intestazione, Harry venne a conoscenza che il volume era stato trasferito nella Sezione Proibita nel 1975, quasi cinquant’anni dopo la sua pubblicazione. Perché?

A prima vista era un libro come tanti altri, un semplice trattato scolastico utilizzato durante le lezione di Difesa Contro le Arti Oscure. Eppure qualcosa nelle sue descrizioni attirò tutta la sua attenzione. In particolare, Harry si soffermò a leggere la descrizione dei Vampiri a pagina 110.

 

Un Vampiro è un essere mitologico e immortale la cui sopravvivenza è dettata dall’assunzione di linfa vitale (sangue) a ignare prede. L’esistenza dei Vampiri è stata conclamata ufficialmente dall’esploratore Erbert il Coraggioso nel Secolo XVI, durante una battuta di caccia nell’Europa dell’Est, anche se svariate leggende sul conto dei Vampiri si sono diffuse fra i maghi fin dal Medioevo.

 

Gli occhi rossi di Vesper saettarono al margine della pagina, dove qualcuno aveva scarabocchiato con inchiostro rosso una scritta.

 

Vedere pagina 256.

 

Harry sfogliò velocemente, il cuore in gola, tenendo la bacchetta illuminata orientata sopra di sé per illuminare le pagine consunte e ingiallite. La pagina mostrava per intero la fotografia di un antico castello medievale immerso nella brughiera e la didascalia recava la scritta “Fortezza di Edimburgo”.

Sfiorò impercettibilmente la superficie della pagina con un dito, e lettere scarlatte comparvero dal nulla all’interno della fotografia.

 

Per il signor Harry James Potter.

 

Qualche simpaticone si era divertito a stregare il libro in modo che riconoscesse il tocco di ogni suo possessore, e probabilmente aveva attirato abbastanza l’attenzione degli studenti da obbligare Silente a relegarlo nel Reparto Proibito. Quel genere di incanti erano la specialità di Fred e George.

La risata sprezzante di Harry si spense quando altre lettere iniziarono a comparire sulla pergamena ingiallita.

 

Se vuoi sapere come si uccide un vampiro, cerca Ranulf Flambard.

Buona fortuna.

 

Vesper

 

<< Che cosa?>> tuonò, da solo, sentendosi un idiota.

Capovolse il libro, lo ispezionò a fondo. Non c’era nessuna maledizione, nessun incantesimo scherzo dei Tiri Vispi, nessun segno di effrazione. Quel maledetto libro aveva attirato la sua attenzione nel Reparto Proibito, ma mai si sarebbe immaginato un esito del genere. Con il cuore in gola, Harry rilesse un paio di volte il messaggio. Chi diavolo era Ranulf Flambard? E perché un altro Vesper avrebbe dovuto contattarlo?

<< Vesper.>>

Una voce, alle sue spalle, lo fece trasalire.

Un nemico. Un cattivo dei film che pretendeva di entrare in scena ridacchiando e perdendo gran parte del suo tempo in chiacchiere inutile, spiegando nei dettagli al protagonista di turno il suo piano diabolico per conquistare il mondo. O forse qualche Auror in ricognizione. Un nemico, per l’appunto.

Quel breve viaggio mentale ebbe termine, e Harry osservò la figura alta e dinoccolata di Avery, il vampiro del Pub di Edimburgo, farsi avanti nella semioscurità dell’imbrunire, fiancheggiato da due loschi energumeni dall’aspetto decadente. Mentre lui vestiva formale, quantomeno elegante, i suoi scagnozzi parevano dei relitti umani intrisi di abiti luridi, sporchi, laceri di sangue. Erano tre Vampiri, non v’era dubbio, e un brivido freddo gli percorse la schiena.

<< ‘Sera, ragazzi.>> Harry si rialzò con il libro sotto il braccio e si sforzò di calzare un sorriso smagliante. << Passata una bella estate?>>

<< Consegnami quel libro, Potter.>> ringhiò Avery, senza mezzi termini. Tentava di apparire autoritario e minaccioso, ma il suo tono di voce acuto e cantilenante lo rendeva un Vampiro fuori dall’ordinario. E, in minor parte, ridicolo. << Credevi che non m’ero accorto che eri tu, quella notte?>>

<< In effetti, credo tu non abbia minimamente pensato all’idea di brindare al fianco del tuo incubo peggiore. Un po’ come se un muto dicesse a un sordo che un cieco li sta spiando.>>

<< Taci, lurido mortale!>> ringhiò lui. << La tua insolenza prima o poi verrà messa a tacere. Per sempre.>>

<< Oh, ne sono convinto. Mi illudo di essere divertente, a volte.>>

Harry si diede una rapida occhiata attorno. La Bacchetta di Sambuco fremette con foga all’interno dei suoi jeans, e non attese un solo istante per sguainarla in direzione dei tre Vampiri. Le vibrazioni divennero così forti che, quando le sue dita si serrarono attorno alla sua superficie, fu come se due pezzi dello stesso puzzle si fossero saldamente incastrati.

<< Avada Kedavra!>> ruggì Harry. E un fiotto di luce verde scaturì dalla bacchetta, investendo il terzetto con la sua devastante potenza. Ne seguì un urlo roco. Uno dei due scagnozzi compì un passo indietro e iniziò a liquefarsi davanti ai loro occhi, urlando e gemendo, finché il suo corpo non fu scomparso in un cumulo di cenere.

La Bacchetta di Sambuco era l’unica bacchetta in grado di uccidere un Vampiro.

Harry la abbassò, furente. Un sorriso tronfio e sprezzante illuminò il suo volto pallido. << A chi tocca, di voi due?>> chiese, cortese.

Ma Avery era scomparso.

Ricomparve alle sue spalle, con una velocità imprevedibile, e lo colpì duramente alla schiena con un calcio. Harry ruzzolò in avanti, perdendo il contatto con la bacchetta. Un colpo. Un altro ancora. Cacciò un urlo di dolore e tentò di rotolare di lato, evitando gli altri calci inferti dal Vampiro, che a quanto pareva aveva un’insana voglia di divertirsi.

Harry riuscì a mettersi in piedi. Afferrò il libro e lo rovesciò con violenza sul volto dello scagnozzo di Avery, e si udì nettamente lo stridore delle ossa del naso che si spezzavano. Poi, approfittando di quell’espediente per distrarre l’attenzione di Avery, iniziò a correre finché non giunse al limitare del parapetto. Poi si gettò nel vuoto.

Mi Smaterializzerò. Addio, stupidi idioti.

E invece ciò non accadde. Niente Pipistrelli, niente strappo dietro l’ombelico.

Harry si rese presto conto di non tastare nient’altro che l’aria, e precipitò sonoramente nel vuoto per svariate decine di metri. Il vicolo gli parve sempre più vicino. Poi, con la gamba sinistra, senza sapere nemmeno come, si appigliò a una corda da bucato che collegava due poggioli. Harry ebbe uno strattone e si sentì proiettare di nuovo verso l’altro, ma i tiranti della corda si spezzarono e si ritrovò nuovamente a penzolare nel vuoto come se fosse appeso ad una liana. Tracciò un semiarco lungo il vicolo, precipitando in caduta libera verso la facciata in mattoni dell’edificio opposto. Devo mollare la presa. Pensò, in preda al panico. Ma tale decisione lo gettò a velocità elevata in prossimità di una finestra, che divenne sempre più vicina…

Bang!

Harry bucò il vetro precipitando all’interno di una minuscola veranda in un fragore di schegge. Scosso e sanguinante, si rimise barcollante in piedi e si sporse per controllare dove si trovassero i Vampiri. Dal vicolo non si vedeva nessuno.

Li aveva seminati. Era salvo.

O forse no.

No, decisamente no.

Avery si lasciò cadere nel vuoto del vicolo e si artigliò con le sue unghie affilate alla veranda, issandosi all’interno dell’appartamento con il ghigno beffardo stampato sul volto. Harry raggelò. Come diavolo aveva fatto? Iniziò a correre all’impazzata, senza più guardarsi indietro: attraversò un corridoio fiocamente illuminato, percorrendo a zigzag un vasto soggiorno dove una coppia di anziani semiaddormentata sul divano stava guardando un programma di cucina in televisione. Harry li sorpassò di corsa e udì lo stridio acuto della moglie, che si destò dal sonno e si ritrovò inerme spettatrice di uno dramma penosamente comico.

<< Scusate.>> sbottò Harry, trafelato. E, nella corsa, urtò e mandò in frantumi un vaso cinese in precario equilibrio nell’ingresso. << Ripagherò tutto, se quelli non mi ammazzano prima!>>

<< Quelli chi?>> gracchiò il marito, che già aveva impugnato il cordless sul comodino per chiamare soccorsi.

Ed in quell’istante Avery e il suo scagnozzo attraversarono difilati il soggiorno. Si precipitarono alle sue calcagna come cani feroci, tentando di agguantarlo per le caviglie, ma la loro mossa risultò vana. Harry sgattaiolò nella cucina, avvertendo i loro ringhi sinistri a pochi centimetri dalla sua schiena. Spalancò con veemenza la porta del frigorifero in corsa e udì il tonfo secco di Avery che veniva colpito in pieno al volto.

Harry ne approfittò per guadagnare vantaggio: spalancò la finestra e spiccò un salto, appigliandosi al terrazzo di fronte. Era al terzo piano. Una decina di metri lo separava dal suolo, e sarebbe stato poco intelligente precipitare e rompersi l’osso del collo. Perché diamine i Pipistrelli, in presenza di quelle dannate creature, non volevano aiutarlo?

Avery e il suo scagnozzo lo seguirono librandosi in aria con un balzo controllato, atterrando a piè pari alle sue spalle, agili come due falene notturne. Maledetti.

Harry sfondò l’imposta con una spallata, si fiondò all’interno di un corridoio buio e svoltò rapido a destra, alla cieca, muovendosi in quello che gli parve un edificio disabitato. Il pavimento era inzaccherato di polvere e i suoi passi rimbombarono rumorosamente, nel rapido susseguirsi di ringhi e respiri affannosi.

Poi qualcosa lo afferrò alle spalle, e Harry si ritrovò proiettato a terra con i denti affilati del Vampiro a qualche generosa decina di millimetri dal suo collo. Urlò. Lotto per scrollarselo di dosso e riuscì a spedirlo con un calcio contro la parete opposta. Si rialzò a stento, ma Avery lo agguantò da dietro e, con una forza sovrumana, lo sollevò da terra trattenendolo per la collottola. << Non potrai farci niente, stupido umano.>> ringhiò. << Perciò evita di metterti in mezzo, a meno che tu non vorrai fare la stessa fine della tua ragazza.>>

<< La mia ragazza?>> sussurrò Harry. E il gelo più profondo gli investì il cuore, che prese a battere all’impazzata nel suo petto così forte da fargli male. << Che cos’avete fatto? CHE COS’AVETE…>>

Avery rise. Con un gesto naturale, come se volesse gettare a terra un misero sacchetto della spesa, lo sospinse in avanti e lo gettò attraverso al corridoio con una forza feroce. Harry si sentì proiettare nel vuoto. Roteò scoordinato fino a cozzare duramente contro una parete ammuffita, che cedette sotto il suo stesso peso in un fiume di polvere. Harry non ebbe modo di toccare terra: una generosa porzione di pavimento fu investita dal crollo, e si ritrovò inghiottito al piano di sotto insieme ai calcinacci. Il fragore fu così forte da destare l’attenzione di tutti gli abitanti dello stabile.

Un tonfo. Nebbia e detriti dovunque. L’aria irresponsabile e densa di polvere gli penetrò nei polmoni come la lama di un coltello, e Harry urlò. Era intrappolato nei resti del crollo, nei cumuli di materiale addensati al piano sottostante. Udì delle urla e la figura di una donna avvolta in un camice bianco che accorreva nella sua direzione. Poi qualcosa sotto i suoi piedi cedette, Harry venne inghiottito nei calcinacci.

Non seppe quando rimase lì sotto. Si sentiva male, in un turbinio di dolore e dormiveglia senza rendersi conto che cosa stava succedendo. Una sola parola, nella sua testa: Hermione.

Hermione. Hermione. 

Voleva liberarsi, correre da lei. Doveva aiutarla.

Dall’altra parte provennero altre urla. La voce roca di un uomo disse qualcosa di incomprensibile, poi ci fu il sordo rumore di mattoni che cozzavano l’uno con l’altro. Qualcuno stava scavando per liberarlo. Un cono di luce illuminò i suoi occhi e Harry, debole e dolorante, mosse impercettibilmente la mano, tentando di allungarla in quella direzione per farsi notare. Pochi istanti dopo delle dita grandi e bollenti incrociarono le sue, tirando con forza verso la superficie.

Lentamente, mattone dopo mattone, lo liberarono.

<< Diavolo santo, il soffitto è crollato!>> gemette una voce.

<< Grazie dell’informazione, Pete.>> lo rimbeccò un’altra, che sembrava appartenere ad una rauca fumatrice di mezza età. << Aiutami a scavare. Veloce. C’è qualcuno, lì sotto!>>

<< Dottore!>> ululò Pete. Ne seguì un frenetico rumore di passi.

<< Vai a chiamare i soccorsi.>> disse una terza voce, maschile e risoluta. << State tutti bene?>>

<< Noi sì, per fortuna. Ma c’è qualcuno qui… respira, dottore!>>

La donna sembrava in preda a una crisi di panico.

In tutto quel trambusto, Harry aveva la vista annebbiata e faticò a individuare i volti dei suoi salvatori babbani. Due braccia forti lo sorressero per il busto e lo issarono in alto, in superficie, e finalmente i suoi polmoni respirarono aria fresca. Fu come essere annegati in un mare di cemento.

<< Riesci a camminare, ragazzo?>> domandò quello che gli parve un dottore. Indossava un camice bianco, perlomeno. L’uomo lo aiutò a stare in piedi, facendosi scorrere un braccio di Harry attorno alle spalle; ad una risposta affermativa, lo incoraggiò ad avviarsi lontano dall’incidente.

<< Vieni. Il mio collaboratore sta chiamando i soccorsi.>>

<< G-grazie.>> balbettò Harry, che si sentì profondamente inebetito.

Il dottore lo condusse in un ambiente più piccolo, semibuio. Lo fece sedere di una poltroncina da dentista e gli posò una mano sulla spalla, mentre faceva scattare l’altra su una lampada operatoria che orientò nella sua direzione. Una luce abbagliante lo investì, e Harry strizzò gli occhi coprendosi il volto con le mani.

Il medico controllò le sue pupille, poi passò a tastarti le pulsazioni del polso. << Cosa ci facevi là dentro,?>> domandò a bruciapelo. << Quella casa è disabitata da almeno dieci anni.>>

<< Io…>> boccheggiò Harry.

<< C’era qualcuno con te? Sono state coinvolte altre persone nel crollo?>>

Troppe domande. Troppi dettagli.

Sì, certo, c’era qualcuno con me. Tre Vampiri assetati di sangue. Uno l’ho schiantato sul tetto mentre studiavo una formula magica che mi consentisse di uccidere una creatura immortale. Gli altri due mi hanno inseguito da un terrazzo all’altro finché non mi sono ritrovato coperto dalle macerie. 

E grazie tante Vesper e i suoi pipistrelli.

In quel momento Harry si sentì debole e penosamente umano.

<< Sono solo.>>

Il medico corrugò la fronte. Era un uomo alto sulla sessantina, con un fisico atletico e robusto. Il suo volto era piuttosto serioso, la mascella squadrata, e una chioma rada di capelli grigi faceva capolino sulla sua testa, nella penombra, accompagnata da un paio di occhiali dalla rigida montatura d’acciaio.

<< Quanti anni hai, ragazzo?>>

Era forse un interrogatorio?

<< La prego.>> Harry strinse la bocca in una smorfia. Una fitta di dolore gli si ramificò lungo la schiena, diffondendosi sino alla punta dei piedi. Si tastò istintivamente la tasche alla ricerca vana della sua Bacchetta, ma ricordò troppo tardi di averla smarrita nella fuga rocambolesca dai vampiri. Doveva recuperarla al più presto. << Non chiami i soccorsi. Io… me la so cavare da solo.>>

<< Sei ricercato, per caso?>>

Non v’era ironia nel suo tono di voce. Solo una professionale sete di informazioni.

Harry iniziò a sudare. La vista divenne sempre più annebbiata e ricadde debolmente all’indietro sulla sedia.

<< Non ti agitare. E’ inutile. Il tuo corpo sta reagendo allo shock dell’incidente.>> L’uomo agguantò senza troppa grazia il suo polso e lo tastò di nuovo. Sospirò. << Stai collassando.>>

Harry lo ignorò. Voleva alzarsi in piedi e fuggire. Tentò inutilmente di alzarsi dal lettino da dentista, proiettando le mani in avanti alla cieca. Le sue dita si strinsero attorno al camice del dottore e fece pressione per sospingerlo indietro, il suo cartellino di riconoscimento appuntato al taschino oscillò a pochi centimetri dai suoi occhi.

Ciò che vi lesse, identificando le lettere annebbiate, lo sconvolse.

Poi il buio.

 

*°*°*°*°*°*

 

`•.¸¸.•´´¯`••._.• THE APPLE'S CORNER `•.¸¸.•´´¯`••._.•

Ciao a tutti/e, sono di ritorno dopo "un periodo di crisi letteraria", e dopo le enormi quantità di pranzi e cene delle festività.

Spero che Anima Bianca continui a piacervi. Nell'attendere ansiosamente le vostre recensioni in merito, vi auguro un buon 2012 (anche se in ritardo)

E non dimenticate:


AUROR POWER!

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Capitolo 8
*** Nithael - Sorprese ***


Anima Nera_prologo





 

 

“La vita umana sulla Terra è un pellegrinaggio.

Noi tutti siamo consapevoli di essere un passaggio nel mondo”

(Karol Wojtyla)

 

Harry camminava per un lungo corridoio di un castello.

Era solo, con un pigiama addosso a righe che risaliva ai tempi di Hogwarts, e la sensazione dei piedi nudi sul freddo pavimento di pietra gli trasmise un profondo brivido lungo la schiena.

Svoltò l’angolo, e il paesaggio cambiò.

Ora si trovava nella Sala Grande. Pesanti arazzi neri pendevano alle spalle dei quattro lunghi tavoli; i contorni dell’ambiente erano trasparenti, quasi immersi in una spessa coltre di nebbia, mentre il soffitto rispecchiava lo scenario di un cielo stellato.

La Sala era completamente deserta, se non per un’ombra appollaiata in fondo, in prossimità del tavolo degli insegnanti. Stava giocherellando con un accendino.

Il ragazzo indossava la tenuta dei Serpeverde, la camicia sbottonata e la cravatta slacciata che gli penzolava al collo. Quando Harry si avvicinò, lui sollevò la testa nella sua direzione. Le sue iridi rosse brillavano nella penombra come due tizzoni ardenti.

<< Harry, vecchio bastardo.>> esordì, ridacchiando.

Harry s’irrigidì. Aveva i suoi stessi lineamenti, il suo stesso naso, il suo stesso taglio della bocca. Perfino l’orologio che portava al polso, o il bracciale che gli aveva regalato Hermione il Natale dopo la Guerra…

<< Vesper.>> sussurrò.

Non era una domanda, ma una supplica impaurita.

Quegli occhi rossi tornarono a scrutarlo. Faceva paura.

<< Io… potrei sbagliare, ma credo tu appartenga alla mia personalità.>>

<< Potrebbe essere.>> disse distrattamente lui, stravaccato sulla poltrona del Preside. Fece scattare un paio di volte l’accendino che teneva in mano. << Il tuo lato migliore.>>

<< Mi permetto di dissentire, Vesper. Siamo una cosa sola.>>

Lui scoppiò a ridere. La sua carnagione era così pallida da farlo rassomigliare a un fantasma, i suoi cerchiati di nero, la sua espressione paragonabile a quella di un pazzo sclerotico.

<< Ti racconterò una cosa, Harry. Sì. Sì. E la ripeterò una volta sola. Per cui apri bene le orecchie e stammi a sentire.>> Vesper si tirò su a sedere in una posizione quantomeno composta, incrociò le mani sul tavolo e gli risolse uno dei suoi sorrisi sfrontati. << Tu sei un mollaccione. Uno sfigato.>> Si picchiettò un dito sulla tempia. << Qui dentro ci sono dei ricordi patetici della tua adolescenza, dannazione. Cho Chang. La sorella di Weasley. Povere ragazze. Senza di me non sei mai riuscito a cavare un ragno dal buco con le donne, dico bene?>>

<< Vai al diavolo.>>

<< Io sono il tuo diavolo, Harry. Vogliamo parlare di Voldemort? Parliamone,coraggio. Parliamone. Lo zio Voldy mi stava simpatico, sai? Aveva il carisma di un leader, la mentalità vincente di chi sapeva ciò che voleva dalla vita. Tu lo sapevi che cosa volevi dalla tua vita, Harry? Senza di me, no di certo. Sfigato.>>

Harry si passò una mano sulla fronte. << Sei un sogno.>> mormorò sommessamente, desiderando aprire gli occhi e risvegliarsi da quell’orribile sogno. Ma, quando li riaprì, Vesper era ancora lì, davanti a lui. Pazzo. Completamente pazzo. Con quell’espressione insolente, sboccata, pronta a trafiggerlo con la sua voce tagliente.

<< Tu sei stato fortunato. Hai combattuto contro Raptor durante il Primo Anno, sei svenuto e ti sei ritrovato vincitore. Un piccolo Eroe. Con il Basilisco stessa storia: senza Fanny e la spada di Grifondoro di te non ne sarebbe rimasto altro che un mucchio di cenere. Vogliamo parlare del Torneo Tremaghi?>> Vesper scoppiò di nuovo a ridere e si sbellicò sulla sua poltrona. Sembrava non si divertisse così da anni. << Il Torneo Tremaghi è stata un’immensa stronzata. Eri raccomandato fin dal principio, e sei riuscito a tagliare la corda contro Voldemort per un colpo di… fortuna.>>

<< Dove vuoi arrivare?>> fece Harry, velenifero.

Vesper si alzò in piedi. Lentamente, si stiracchiò e compì qualche passo verso di lui. L’uno di fronte all’altro, identici come due parti della stessa anima, si osservarono nell’oscurità della Sala Grande.

<< Ranulf Flambard.>> disse Vesper, come in una sorda cantilena. << Cerca di ricordarlo, per favore.>>

<< Tu… tu l’hai scritto su quel libro!>> esclamò Harry. << Com’è possibile? Io… noi… l’ho preso dal Reparto Proibito due mesi fa. Quel libro non era mai uscito da Hogwarts.>>

Vesper ridacchiò sinistramente con la stessa foga di un bambino. Poi gli premette l’indice sulla fronte. << Rimuovi il cellophan che avvolge il tuo cervello e cerca di usarlo, una volta tanto. Ranulf Flambard è l’uomo che ci serve per scoprire come si ammazzano quelle creature maledette. Non vorrai startene con le mani in mano? Dio. L’assicurazione. Non l’hai ancora pagata, vero?>>

<< Smettila!>> ruggì Harry. Lo afferrò per la collottola e lo sospinse indietro. Ne aveva abbastanza di lui, di quegli occhietti maligni, del suo sorriso sfrontato. << Spero di dimenticarmi di te, quando mi sveglierò.>>

Vesper rise. << Si trova nella Cattedrale di Durham. Ranulf Flambard.>>

<< Ascolti quello che dico?>>

<< No.>> Un’altra risatina. << In ogni caso, se fossi in te, preferirei non svegliarmi affatto. Voglio dire, siamo nella Tana del Leone.>>

<< Che cosa?>>

<< Ce l’abbiamo nel culo, ragazzo. Tutti e due.>>

Vesper rise e sparì in una nube di pipistrelli, lasciando Harry a vagare nella luce accecante che avvolse l’intera Sala Grande. Harry si riparò gli occhi con le mani, scacciando quelle orride creature che iniziarono a dibattere ovunque.

Poi il buio.

 

*

 

Dolore. Un dolore cieco alla testa.

Poi quella voce. La sua voce. Il ragazzo che gli sorrideva. I suoi occhi rossi…

<< Si è svegliato.>>

Harry aprì gli occhi. Faticò ad abituarsi alla semioscurità dell’ambiente e sbatté più volte le palpebre prima di mettere a fuoco il volto di una donna sospeso sopra di sé.

I suoi capelli castani erano raccolti in un elegante crocchio dietro la testa; aveva grandi ed espressivi occhi verdi, scintillanti orecchini d’oro che cadevano filanti dai lobi delle orecchie, e la sua bocca carnosa faceva da sfondo ai lineamenti di un’affascinante cinquantenne. Era visibilmente preoccupata. Puntellava le mani sul bordo del divano sul quale Harry era sdraiato e lo osservava con la stessa gravità di una madre al capezzale di un malato terminale.

<< Riesci a vedermi?>> chiese la donna, che oscillò una mano davanti ai suoi occhi.

Harry annuì. Era frastornato. << Dove sono?>> chiese.

Tentò di rimettere in ordine i pensieri, ma essi sembravano sfuggirli come di roditori in fuga da un felino predatore. Ricordò a stento di Avery, del loro inseguimenti attraverso i tetti di Oxford Circus. Poi il crollo di quel pavimento.

E Il Dentista.

Oh, Merda.

D’improvviso desiderò tornare indietro insieme a Vesper nella Sala Grande, e rimanerci il più a lungo possibile.

<< Io… insomma. Cos’è successo?>>

La donna sorrise. Quel sorriso.

Lentamente, si sedette sul bordo del divano e inarcò la schiena, proiettando i suoi occhi rossastri sui suoi. Si stupì che non ne fosse minimamente impaurita.

Indossava un abito color turchese, il suo fisico era esile e slanciato. Al suo collo brillava un ciondolo d’argento a forma di cuore.

<< Erano anni che desideravo incontrarti.>> disse lei.

Un brivido freddo lungo la schiena. Paura. Una paura maledetta. E poi Vesper venne fuori, trasmettendogli un’innata sensazione di panico, come se volesse suggerirgli di darsela a gambe il prima possibile e non fare mai più ritorno in quel posto.

No. Niente Pipistrelli.

<< Io… non me ne andrò.>> sussurrò Harry, supplichevole. << Ma lei non mi uccida.>>

La donna sorrise ancora. Emise un sospiro profondo e gli premette una mano sulla spalla, sopra la coperta che lo avvolgeva, quasi volesse tranquillizzarlo. << Non lo farò. E’ una promessa.>> Ma nella sua voce non v’era traccia di rancore, né di rabbia repressa. Sembrava curiosa quanto lui di conoscerlo. Si scrutarono a vicenda a lungo, in silenzio.

Harry si accorse di non indossare la maglietta. E subito s’apprestò a tirar su la coperta fin sotto il mento.

<< Hai chiesto di non chiamare i soccorsi. Poi sei svenuto.>> raccontò la donna. << Mio marito non sapeva cosa fare, non aveva nemmeno idea di come ti chiamassi. Ha aperto il tuo portafoglio per controllare i documenti. Credeva fossi un ricercato.>>

Io sono un ricercato.

<< Ha visto il tuo nome, le fotografie…>> La donna strinse la labbra in una smorfia, lottando per mantenere l’autocontrollo. Aveva le lacrime appese alle ciglia. << Non poteva lasciarti lì. Ti avrebbero riconosciuto. Così ti ha trascinato in macchina con la scusa di accompagnarti all’ospedale e ti ha portato a casa. Hai dormito per un giorno intero, ma per fortuna non c’è nulla di rotto.>>

<< Non so davvero come ringraziarvi.>> Harry temporeggiò. Aveva la bocca arida. << Lei, ecco…>>

La donna sorrise. << Io ricordo tutto, se è quello che ti stai chiedendo.>> Un’altra pausa. Una lacrima solitaria le rigò la guancia. << Io e Ryan siamo stati in Australia per due anni. Ho passato dei brutti momenti, laggiù. Poi, quando siamo tornati a Londra, abbiamo ricordato tutto quanto. E’ stato come risvegliarsi dal coma.>>

<< Deve essere stato terribile.>> constatò Harry.

La donna si asciugò le lacrime, alzandosi meccanicamente dal divano. << Voi Maghi siete indistruttibili, forse. Guarite in un lampo.>>

<< Sono solo stato molto fortunato, signora Granger.>>

Silenzio. I loro occhi si incrociarono per un lungo istante. Poi Jane Granger sorrise di nuovo, cortese. << Avrai fame.>>

<< No, davvero, in realtà adesso io dovrei…>>

<< Harry Potter.>> disse lei, il cui tono di voce divenne improvvisamente risoluto. Gli premette una mano sul petto e gli impedì di rialzarsi. << Io non ho nessuna facoltà di trattenerti qui, ne sono cosciente. Non metto nemmeno in dubbio che tu sia un ottimo Mago, ma…>>

<< Ma?>> la incalzò Harry, notando il suo temporeggiare.

<< Ho promesso a mia figlia che saresti rimasto qui, almeno fino alla fine del suo turno. Dice che possiedi un’innata predisposizione alla fuga.>>

Harry si passò una mano nei capelli, lasciandosi ricadere indietro sul divano. Era una semplice Babbana, una donna come tante altre, e in quel frangente era sola di fronte a un potenziale criminale ricercato.

Ma come poteva disobbedirle?

Alzò le mani in segno di resa.

Scoprì di essere sdraiato su un divano color crema di ottima fattura, in un salotto in stile vittoriano arredato impeccabilmente. C’era un caminetto al centro sormontato da decine di fotografie di famiglia, un vasto tappeto e un tavolino di cristallo sul quale figurava un vaso fiorito. Su una poltrona, in un angolo, era abbandonata una copia del Daily Mail.

<< Tesoro, si è svegliato.>>

Un eco di passi provenne dal corridoio, giù per una rampa di scale. Ed il sorriso cortese di Ryan Granger comparve davanti ai suoi occhi con una rapidità disarmante. Aveva smesso il camice da dentista e indossato delle comode ciabatte e un maglioncino di tweed. I suoi occhi emanavano un bagliore sereno. Raggiunse la moglie e le fece scorrere un braccio attorno alle spalle, posandole un delicato bacio sulla fronte.

<< Stai bene, ragazzo?>> gli chiese.

Harry lo fissò in silenzio. Poi, timidamente, annuì.

<< Voi Maghi siete fatti di un'altra pasta. Chiunque sarebbe morto, là sotto.>> Il signor Granger parlò con tono cortese, disinvolto, come se salvare il Principe Oscuro dalle macerie del suo studio dentistico fosse la cosa più ovvia del mondo, o quantomeno una normalità. Tenne stretta a sé la moglie e rivolse a Harry un ampio sorriso. << Comprendo il tuo imbarazzo. E’ tutto a posto, dico sul serio. Ho solo… ricambiato il favore.>>

<< Quale favore?>>

Il labbro inferiore della signora Granger tremolò più forte, e si sciolse dall’abbraccio del marito ancheggiando difilata in cucina con il volto ormai rigato di lacrime. Harry la seguì con lo sguardo fino a quando non scomparve in cucina. Ne seguì il tonfo secco di una porta e dei singhiozzi lontani, impercettibili.

<< Jane è ancora molto scossa.>> Il signor Granger fece il giro del divano e sedette sulla poltrona vicino al camino. Inforcò un paio di occhiali da vista e diede un’occhiata alla prima pagina del quotidiano. << Abbiamo trascorso un brutto periodo.>>

<< Mi dispiace, è stato un incidente. E’ un disastro. Potrei…>>

<< Ci penserà l’assicurazione.>> tagliò corto lui, tranquillo, con l’aria di chi poteva permettersi ampiamente di sopperire a un soffitto crollato. Spalancò il Daily Mail e il suo viso venne oscurato da una pagina pubblicitaria della nuova Audi Q7.

Audi Q7…

<< Senti, non mi va di evitare l’argomento, Harry. Nostra figlia ci ha cancellato la memoria, sei anni fa. Non voleva che sopportassimo il dolore della sua lontananza, della Guerra e di tutto il resto. Io e mia moglie abbiamo vissuto per quasi diciotto mesi in Australia all’oscuro di tutto, senza ricordare nemmeno il volto delle persone che amiamo.>>

Harry abbassò lo sguardo. Si rese tristemente conto di non conoscere molti particolari di Hermione, della sua famiglia. Della sua vita.

<< Tu l’hai protetta, in un modo o nell’altro. E di questo te ne sarò per sempre riconoscente. Quando la Guerra è finita, lei è tornata da noi: ci ha aiutato a riacquistare ogni ricordo. Ma non era come prima. Era adulta, capisci? Abbiamo perso la possibilità di vedere nostra figlia crescere.>>

<< Non credo di poter capire. Proprio no.>> ammise lui, avvilito.

<< Abbiamo ricominciato la nostra vita a Londra. Con qualche sacrificio  ho riaperto lo studio dentistico, mia moglie ha preferito dedicarsi alla musica. Lei la adora. Impartisce lezioni private di pianoforte ai bambini in un centro per l’infanzia. Nel frattempo Hermione è diventata Auror.>> Il signor Granger sospirò. Sembrava faticare a pronunciare il suo nome. << Era orgogliosa di averti come amico.>>

Già. Un ottimo amico.

<< Per quanto riguarda quel che è successo dopo…>> bofonchiò Harry.

<< Sciocchezze.>> sentenziò aspramente lui, risoluto. << Da quel poco che ho letto sui vostri giornali, non puoi avere fatto cose del genere. Non tu. Non Harry Potter.>>

<< Quindi lei non mi vuole uccidere?>>

Il signor Granger scoppiò sonoramente a ridere. Una risata pulita ed esausta, ma i suoi occhi non parvero esprimere alcuna gioia. Era accaduto qualcosa, in quegli anni. Harry si era perso una mera di informazioni, storie e situazioni per colpa del suo Credo.

Per colpa di Vesper.

<< Ho tentato di spiegarle che il suo lavoro era pericoloso, credimi. Proprio come farebbe ogni padre di fronte a una situazione così particolare per la sua unica figlia. Ma lei non mi ha mai dato ascolto: ha proseguito per la sua strada convinta che noi volessimo ostacolarla. La realtà è che non volevamo perderla di nuovo.>> Un altro sospiro. Il suo sorriso si spense. << Così, tre anni fa, Hermione era così assorbita dal suo lavoro da dimenticarsi di vivere. Abitava con noi, ma le discussioni si sono fatte insostenibili, finché non ha deciso di andarsene. Abbiamo litigato.>>

<< Mi dispiace.>>

Il signor Granger emise un altro sospiro. << Non voglio sapere che cosa ci facevi là sopra, in quell’appartamento ammuffito. Non voglio sapere nemmeno chi erano quei tizi che ho intravisto fuggire dal crollo. Dimmi solo una cosa. Lei è nei guai?>>

<< Io sono nei guai.>> lo corresse Harry. << Lei… non c’entra niente. Davvero.>>

<< Hermione sarà qui a momenti. Sono felice che le cose si siano sistemate, fra voi.>>

Lei non sa quanto.

<< In ogni caso, questa deve essere tua.>>

Con sua immensa sorpresa, vide Ryan Granger tuffare una mano in una tasca interna del maglioncino. Pochi istanti dopo la sua Bacchetta di Sambuco gli comparve davanti agli occhi. Bella. Incredibilmente lucente. E fu come se una vibrazione improvvisa gli comunicasse di afferrarla, di strappargliela dalle mani. Prendila. Urlò una vocina dentro di lui. Tu sei il suo Padrone.

Harry la ricevette fra le dita, e si sentì di nuovo completo.

<< Tu non puoi avere fatto quelle cose.>>

<< Non le ho fatte.>> lo rassicurò Harry, che sfoderò un altro sorriso di circostanza.

O almeno, in parte.

In quell’istante il rumore sordo del campanello li distrasse. Harry si tirò su le coperte e si guardò disperatamente intorno alla ricerca dei propri vestiti, ma scoprì che in soggiorno non ve n’era alcuna traccia. Spostò i suoi occhi rossi sul signor Granger e lo seguì mentre, piuttosto agitato, accorreva alla porta.

L’espressione glaciale di Hermione comparve sulla soglia.

Indossava un impermeabile dal colletto alto e una sciarpa di lana color crema che le nascondeva in parte il volto. I capelli castani erano raccolti in una pratica coda di cavallo. Fra le sue mani stringeva un mazzo di chiavi dal quale trapelava il marchio metallico della sua Mini: trascorse un lungo istante a rigirarle nervosamente fra le dita, in silenzio.

<< Ciao, papà.>> disse. Poi il suo sguardo saettò oltre la figura di Ryan Granger. << Sta bene?>>

<< Sta molto bene. Si è appena svegliato.>> Il signor Granger la invitò dentro con un cenno del capo, ma Hermione non si mosse. Era come se i suoi piedi avessero piantato delle salde radici oltre il portoncino d’ingresso.

<< Io… dobbiamo andare.>> proferì. << Subito.>>

 

 

*°*°*°*°*

 

 

<< Non dire niente.>>

<< Piccola, ti prego. Io…>>

<< Non dire niente.>>

Hermione strinse le labbra in una smorfia indispettita e tenne lo sguardo fisso sulla strada, le mani premute sul volante della sua Mini Coupé.

<< Senti, non è colpa mia se quei mostri hanno deciso di ammazzarmi.>> sbottò Harry, stravaccato sul sedile del passeggero. Volse le iridi rosse fuori dal finestrino e osservò il panorama londinese che scorreva veloce, in un susseguirsi di luci, persone e paesaggi di una metropoli in costante evoluzione. << E poi sono stato fortunato. I tuoi genitori sono dalla nostra parte. Chiunque altro mi avrebbe fatto arrestare!>>

<< Loro non sanno niente, Harry. Niente.>>

<< Mi hanno tirato fuori dalla merda.>>

<< Io ti ho tirato fuori dalla merda!>> Hermione distolse per un breve istante lo sguardo dalla strada per guardarlo, e nulla nei suoi occhi castani gli lasciò presagire buone intenzioni. Era furiosa. Se solo ne avesse avute le forze, l’avrebbe afferrato per il collo e l’avrebbe gettato fuori dal finestrino. << Qual è la nostra prossima mossa?>> chiese, stringendo con foga il volante.

Harry comprese la sua rabbia, e preferì non affrontare ulteriormente l’argomento.

Le raccontò cos’era accaduto la notte precedente, del libro sottratto dal Reparto Proibito, del misterioso messaggio di Vesper e dell’inseguimento attraverso i tetti del centro. Di quest’ultima faccenda ne portava le dolorose conseguenze, con una fitta di dolore che gli attanagliava la schiena e una gamba ammaccata. Ma la Bacchetta di Sambuco era con lui, per fortuna. La accarezzò pigramente durante il resto del tragitto.

<< I Vampiri sono comandati da qualcuno. E quel qualcuno mi considera un pericolo, per questo ha cercato di farmi uccidere.>> mormorò.

<< Basterà anticipare ogni loro mossa. Come hai detto che si chiamava quel tizio del messaggio?>>

<< Ranulf Flambard.>> disse Harry, avvilito. << Potremo fare un salto a Hogwarts. O a Diagon Alley. Tu possiedi un computer, ho scoperto in Google un prezioso informatore.>>

<< Oh, Harry. Non sarà necessario.>> La smorfia di Hermione nascose un sorriso di malcelata soddisfazione, di una studentessa che non aveva mai cessato di agitare la mano alzata a ogni interrogazione. << Non hai mai letto Storia aggiornata di Hogwarts?>>

<< In effetti, no.>>

Hermione sospirò. << Ranulf Flambard era il vescovo della Cattedrale di Durham nel 1100. E’ stato uno dei primi maghi ad essere perseguitati dalla Chiesa, fu imprigionato in seguito nella Torre di Londra con l’accusa di esoterismo e di appropriazione indebita di beni appartenenti alla Corona.>>

<< Esiste un nesso fra questo Flambard e i nostri amici succhiasangue?>>

<< Flambard era un Alchemico, uno Storico e un Luminare nel campo degli Incantesimi Avanzati. La stessa professoressa McGranitt ha tenuto un’intera Lezione sui suoi trattati di Trasfigurazione risalenti all’anno 1125. Quando fu imprigionato nella Torre di Londra, stava portando a termine una ricerca sull’utilizzo del Sangue di Vampiro per scopi terapeutici, ma le sue conoscenze nell’argomento erano molto vaste. Egli stesso si vociferava fosse un Vampiro.>>

<< Ma è morto.>> ribatté Harry, con una scrollata di spalle.

<< Non è stata la prigionia a ucciderlo.>> fece eco Hermione, che frenò bruscamente per evitare un capannello di ragazzi che attraversarono la strada trafficata senza degnare di un solo sguardo le auto in corsa. << Bada bene, Harry, è una leggenda. Si dice che il Vescovo di Durham avesse contratto il vampirismo durante uno dei suoi viaggi in Romania. Flambard approfondì le conoscenze sull’argomento e arrivò a scoprire come poter uccidere un Vampiro, e così testò il metodo su sé stesso. Morì pochi anni dopo a Durham, e il suo corpo fu seppellito nella Cattedrale. Ma attorno alla sua storia aleggia del mistero. Nessuno sa com’è morto.>>

<< Nel sogno Vesper… insomma… mi ha detto che la risposta è nella Cattedrale.>>

Hermione gli restituì un altro dei suoi sguardi indagatori. << Sei sicuro di stare bene?>>

<< Sì.>> mentì Harry. << Sono solo un po’… confuso. Non avevo mai conosciuto i tuoi genitori. Voglio dire, non sapevo un bel niente di loro. Ho solo… troppe informazioni per la testa.>>

<< Avrai tutto il tempo per riprenderti.>> fece eco lei, di rimando. Il suo piglio deciso di lasciò presagire che avesse architettato qualcosa. << Andiamo a Durham.>> stabilì.

Il loro viaggio proseguì a Nord di Londra.

Nel primo pomeriggio si fermarono a pranzare presso una tavola calda lungo la statale, ma nessuno dei due ebbe la forza per intavolare una conversazione. Nell’aria aleggiava un’atmosfera insolitamente depressa, o forse nervosa, a causa del frenetico susseguirsi di avvenimenti che non aveva dato loro tregua.

Harry trangugiò il suo Fish and Chips in silenzio, gli occhi protetti da un paio di occhiali da sole, di tanto in tanto spostò lo sguardo su di lei. Era bellissima, anche con la chioma di capelli arruffati e lo sguardo torvo. Si chiese se meritasse di stare accanto a lei, dopo tutto il trambusto del Ministero a la morte di Azazel.

Hermione non lo aveva mai abbandonato. Mai. Perfino quando gli dava la caccia.

<< Novità dal Quartier Generale?>> chiese timidamente, quando ebbero finito di pranzare.

Hermione rispose con una rassegnata scrollata di spalle. << La Skeeter ci fiata sul collo. E’ convinta che tu sia segretamente dalla nostra parte, e lo considera una corruzione bella e buona da parte del Comandante. Il che significherebbe “dimissioni immediate”, Vesper.>>

<< E’ solo una stupida ciarlatana con problemi di egocentrismo.>>

<< Lo so. Ma la sua opinione è molto importante per la Comunità Magica. Molti lettori del Profeta la adulano, sono convinti che sia una sottospecie di Divinità.>> Un altro sospiro indispettito. << La verità è che Rita Skeeter mira a mandare all’aria l’intero sistema politico del Ministero. Se riesce a provare la mia colpevolezza saranno costretti a ritirare il mio Distintivo e, di conseguenza, salterà anche la poltrona di Kingsley.>>

<< Te l’ho detto. Me ne occuperò io.>>

<< Non se ne parla.>>

Parcheggiarono la Mini Coupé in uno spiazzo antistante un’area pic-nic, insolitamente deserta. Poi si Smaterializzarono.

 

*°*°*°*°*

 

`•.¸¸.•´´¯`••._.• THE APPLE'S CORNER `•.¸¸.•´´¯`••._.•

Chiedo scusa a tutti per  il mio immenso, imperdonabile ritardo.
Al momento, sono molto presa con il lavoro (che novità?)
Ma d'altronde, aprire un ufficio non capita tutti i giorni :)

Il prossimo capitolo arriverà, minimo, fra due settimane.
Mi dispiace molto, ma voglio fare le cose per bene.
Sia nel lavoro, che nella mia infinita storia d'amore con Vesper. :)

Un bacio Auror a tutti


AUROR POWER!

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Capitolo 9
*** Damabiah - Saggezze ***


Anima Nera_prologo





 

“La saggezza non è un prodotto dell'istruzione
ma del tentativo di acquisirla, che dura tutta la vita.”

(Einstein)

 

 

<< Posso farti una domanda?>>

<< Se riguarda ancora i miei genitori, scordatelo.>>

Harry e Hermione si Materializzarono con uno schiocco l’uno accanto all’altra, all’ombra di un vicolo deserto. I marciapiedi erano umidi e le finestre delle case in mattoni erano adornate con vasi di fiori. In lontananza si udì il pianto di un neonato.

Mano nella mano, s’incamminarono lungo il sentiero che sfociò in un vasto spiazzo erboso inghiottito nell’imbrunire del tardo pomeriggio. Il freddo era cocente. Harry si strinse nella felpa della Harvard University e si maledì per non aver chiesto in prestito ai signori Granger una giacca invernale.

Dopo aver svoltato l’angolo l’imponente figura della Cattedrale si stanziò davanti ai loro occhi, al di là di un piazzale. Era enorme, circondata da un giardino ben potato dal quale svettavano piccoli arbusti, con i suoi torrioni gotici e le arcate decorate color avorio.

Imboccarono il sentiero immerso nel parco e fecero il loro ingresso nella Cattedrale da una porta secondaria, nei pressi dell’Altare.

La schiena di Harry fu pervasa da un’innata sensazione di gelo, e il suo fiato condensato ne fu l’amara conferma. Infreddolito, seguì Hermione attraverso la navata principale della chiesa, gli occhi all’insù persi nelle volte a coste del soffitto sorrette da due file di maestose colonne di pietra.

<< Ranulf Flambard è stato coinvolto nella direzione dei lavori per la realizzazione della Cattedrale, nel 1135.>> disse Hermione. << Il suo corpo è stato seppellito qui, in una cripta dietro l’Altare. Forse l’indizio che stiamo cercando è iscritto sulla sua tomba.>>

Harry annuì. Oltrepassarono le file di banchi di legno e costeggiarono il colonnato, nel silenzio irreale del luogo insolitamente deserto. L’unica presenza di vita era un’anziana signora in preghiera appollaiata in un angolo della navata, in ginocchio, il volto nascosto fra le mani nodose.

<< Come faccio senza di te, Hermione?>>

Alle spalle dell’Altare, incastonata nel pavimento di marmo delimitato da cordoni transennati, sorgeva una grossa lapide sulla quale torreggiavano delle iscrizioni latine. Poco più in là ne seguiva una tozza bara mortuaria in marmo, posta in una rientranza della parete. Le raffigurazioni scolpite sulla fiancata recavano la scritta: “Anno Domini MLX – MCXXVIII”. Harry imprecò sottovoce, vi posò una mano e la fece scorrere sulla sommità della lastra nel disperato tentativo di tradurre i numeri romani.

<< Significa Anno del Signore 1060 – 1128.>> disse Hermione, alle sue spalle, con una punta di sarcasmo nella voce. << Questa è senz’altro la sua tomba. La data di nascita e di morte di Flambard coincidono perfettamente con le iscrizioni. E’ stato sepolto nel mondo dei Babbani poiché lo consideravano una figura di rango nella Chiesa Inglese a cavallo dell’undicesimo secolo.>>

<< C’è qualcosa che non sai?>>

<< Il Quidditch.>> rispose lei, con un’alzata desolata di spalle.

Harry levò gli occhi al cielo. Rise. Poi fece un passo avanti e continuò a ispezionare la tomba. Conoscere la sua data di nascita era certo un ottimo punto di partenza, ma un solo nome non era abbastanza per risolvere l’enigma. Necessitava di indizi concreti, maledizione. Le sue dita incontrarono una crepa nel marmo, tastò a fondo e seguì la minuscola fessura fino a giungere al margine esterno della tomba. Lì, da qualche parte, notò un rilievo. Era scritta minuscola, invisibile a un occhio distratto, e pareva essere stata scolpita con uno scalpello affilato.

 

Corvus Regalis

 

<< Corvo Reale?>> fece Harry, contrariato. << Ma cosa significa?>>

<< Potrebbe significare molte cose, in effetti.>> proruppe Hermione, che giunse alle sue spalle. Aggrottò la fronte in un’espressione pensierosa, mentre le sue mani erano impegnate a giocherellare con le chiavi della sua Mini. << Il Corvo è il simbolo della morte per antonomasia, o della fine. Nell’iconografia antica è stato spesso associato al buio, o alla figura di un messaggero portatore di sventure. Ma il testo recita “Corvo Reale”. Potrebbe trarci in inganno.>> Silenzio. La sua espressione fu come trapassata da un bagliore improvviso, e il suo volto di distese in un sorriso radioso. << Ma certo!>> esclamò Hermione, che si batté il pugno nel palmo aperto della mano. Il tintinnio metallico delle chiavi strepitò fin nelle volte più alte della Cattedrale. << I Corvi Reali, Harry!>>

<< Barcellona.>> disse Harry, con un sorriso vacuo, che pronunciò la prima parola che gli uscì per la testa.

<< I Corvi Reali sono i Corvi della Torre di Londra, dove Ranulf Flambard è stato imprigionato dal fratello, il Re Enrico I d’Inghilterra, con l’accusa di esoterismo. La McGranitt ha spiegato che Ranulf Flambard era l’unico Mago della famiglia, e venne considerato un eretico. Un folle. Significa che l’indizio che stiamo cercando si trova dentro la Torre di Londra, e ciò mi fa presagire che possa trattarsi del suo fantasma. Ricordi Nick-quasi-senza-testa? Al suo Complemorte ci raccontò che i Fantasmi sono anime che hanno delle questioni in sospeso. Il Fantasma di Ranulf Flambard potrebbe essere a conoscenza del segreto dei Vampiri, il che è una grossa questione in sospeso. Se così fosse, nasconde senz’altro nella sua vecchia prigione: la Torre di Londra.>>

Harry la scrutò in silenzio. Poi, lentamente, annuì. << Se lo dici tu.>> mormorò, intontito. Le fece scorrere un braccio attorno alle spalle e la attrasse a sé. << Non ho ascoltato una sola parola di ciò che hai detto. Ma ti credo.>>

Hermione gli rifilò una gomitata nelle costole. Non riuscì a trattenere un sorriso.

<< Dobbiamo tornare a Londra, quindi?>> domandò Harry.

<< Direi di sì. Stasera sono di turno al Quartier Generale.>>

<< Potrei andare a dare un’occhiata alla Torre di Londra da solo, stanotte.>>

<< L’ultima volta che hai dato un’occhiata, Vesper, si sei ritrovato a fuggire in moto da un Ungaro Spinato. E hai demolito un tunnel autostradale.>>

Harry annuì. << D’accordo.>> Poi si chinò, cercando le sue labbra, ma Hermione gli premette con enfasi le mani sul petto e lo sospinse indietro.

<< Siamo in Chiesa.>> sibilò sottovoce. << E quella donna ci sta guardando.>>

<< Quella laggiù in fondo? Credevo fosse un comodino.>>

Un’altra gomitata. Harry si piegò in due e dovette soffocare un rantolo dolorante.

<< Sei un’idiota.>>

Tornarono indietro verso il vicolo quando ormai le strade erano inghiottite nell’oscurità di una notte nuvolosa. Camminarono abbracciati come una normale coppia di turisti. Ma nessuno dei due parlò: erano entrambi troppo curiosi di sapere cosa li avrebbe accolti alla Torre di Londra. O forse chi diavolo aveva scritto quel biglietto.

 

 

*°*°*°*°*

 

 

Draco Malfoy imprecò sottovoce.

Nudo, socchiuse la bocca e lasciò che l’acqua bollente della doccia gli scorresse violentemente sul corpo. Nell’aria si diffuse una coltre di condensa. Quando ebbe finito, tirò la tenda e uscì dalla doccia con un asciugamano stretto attorno alla vita. Rimirò il suo profilo nello specchio appannato, e un ragazzo dalla barba incolta e i lineamenti segnati dalle intemperie gli restituì lo sguardo. Aveva un aspetto terribile.

Rimediò una lametta usa e getta dall’armadietto a specchio e una bomboletta di schiuma da barba. Dieci minuti più tardi della sua peluria incolta non ne rimase altro che un brutto ricordo.

<< Buonasera, Draco.>>

Un colpo al cuore. Draco agguantò la bacchetta abbandonata su un cumulo di asciugamani e si voltò con la stessa rapidità di un felino, preparandosi a schiantare l’aggressore. Il bagno era miseramente deserto.

Si affacciò alla finestra, ansante, poi ispezionò la cabina della doccia. Doveva essere impazzito.

Maledizione.

<< Sei così ottusamente babbano da non vedermi?>>

Una presenza alle sue spalle. Poi un colpo bruciante alla schiena.

Draco urlò e venne proiettato a terra, sbatté la testa contro il lavandino e atterrò malamente sul pavimento freddo. Un rivolo di sangue gli colò da una tempia.

Maledizione.

Stordito, cercò di alzare lo sguardo per capire chi l’avesse aggredito.

E, con suo profondo sgomento, si ritrovò dinnanzi all’esatta copia di suo padre. Invecchiata di qualche centinaio d’anni.

 

*°*°*°*°*

 

<<… Radio 104: tutta la musica live on the Radio!>> strepitò la voce metallica di un deejay negli altoparlanti dell’abitacolo. << “Radiogiornale News”. Approvato il piano anticrisi dell’Unione Europea, capitanato dal Cancelliere tedesco Smidt e dal suo entourage. Pronto uno stanziamento di cento miliardi di euro per aiutare i Paesi Europei coinvolti maggiormente nella crisi economica. Ma ora passiamo alla Cronaca…>>

Hermione spense con veemenza la radio. Parcheggiò la sua Mini Coupé azzurro cielo nel sotterraneo del Ministero. Sulla parete di fronte, in un quadro luminoso, era proiettata la scritta “Comandante Granger”.

Risalì difilata una rampa di scale e s’infilò dentro un ascensore affollato.

<< Buonasera, Comandante.>> gracchiò un uomo sulla sessantina con un grosso cappello a punta, che stringeva sotto il braccio una valigia consunta. << Novità dal Quartier Generale?>>

<< Le solite, Neil.>> rispose Hermione, vaga. E prese a scrutare con attenzione un punto indeterminato del soffitto.

<< Quando riuscirete ad acchiapparlo?>> fece eco Rick Heartless, dell’Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici. Sulla sua divisa verde bottiglia era appuntata la spilla delle Fenici d’Argento, dei quali era un accanito sostenitore.

<< Il prima possibile, spero.>>

<< Vesper è furbo quanto spietato.>> commentò il mago con il cappello a punta, che sgomitò con il suo collega del Quarto Livello con l’aria di chi la sapeva lunga a riguardo. << Mio cugino Alarick, che ha sposato una babbana e lavora in un’agenzia di viaggi nel Surrey, dice di averlo visto, un giorno. Se ne stava lì in mezzo alla gente come se nulla fosse con un gelato. Un gelato! >>

<< Perché non ha cercato di fermarlo?>> domandò Heartless, ansante.

<< Scherzi?>> gracchiò il mago. << Ha trent’anni, una moglie e due figlie. Mica voleva rimanerci secco.>>

Atrium Ministeriale.

Ci fu un strillo sonoro. Le porte dell’ascensore si aprirono sferragliando e gran parte dei Maghi si avviarono rumorosamente all’esterno.

Hermione ne fu sollevata. Respirò profondamente controllando il proprio aspetto nello specchio a parete, poi si sistemò la chioma di capelli ricci ribelli.

Doveva parlare con Neville e Ron delle novità trovate nella Cattedrale di Durham, ma allo stesso tempo temeva che quelle continue Riunioni Operative suscitassero non pochi dubbi da parte dei colleghi. Nel frattempo, il rapporto incompleto sui trafficanti illegali di tappeti volanti incombeva da un paio di giorni sulla sua scrivania. E l’avrebbe trovato lì, accanto al suo I-Mac babbano, pronto per essere cestinato per l’ennesima volta.

Il suo lavoro, la sua vita, stava ruotando attorno a Vesper – da sempre – cancellando con un getto di spugna tutto il resto.

Era stanca. O forse stava impazzendo.

Vedeva Vesper ovunque e il suo cervello era costantemente proiettato alla loro prossima visita alla Torre di Londra, ai Vampiri, e quell’odiosa Sophie-Anne dove Harry aveva trovato rifugio.

Secondo Livello.

Hermione mise piede nell’atrio principale e salutò l’occhialuta segretaria dell’Ufficio per l’Uso Improprio delle Arti Magiche, che era intenta a trascinare un grosso carrello ricolmo di incartamenti da archiviare. Imboccò un ampio corridoio marmoreo, oltrepassò i Servizi Amministrativi del Wizengamot e s’infilò all’interno del Quartier Generale.

La Sala Comune nell’ingresso era insolitamente deserta: nessun Auror né giovane recluta era appollaiato sulle sue comode poltrone con un caffè caldo stretto fra le mani, o impegnato in qualche colorita discussione sull’ultimo incontro dei Cannoni di Chudley.

Bussò nella guardiola e il volto da roditore di Annette Stewart emerse da una pila di pergamene. Aveva ventidue anni, un padre dirigente del Terzo Livello, nessun talento particolare ed un’innata propensione per dimenticarsi le cose. Nell’ultima settimana aveva perso due paia di chiavi.

<< Buonasera.>> disse Hermione, cortese. << Neville è in ufficio?>>

<< Oh, sì.>> replicò lei, che sembrò piuttosto tesa. Si passò una mano nei lunghi capelli biondicci, tormentandosi una ciocca. << Il signor Weasley ha detto che sarebbe uscito per delle… commissioni. Ha detto che era urgente e che sarebbe tornato presto, e la prega di non esporgli nessun richiamo.>>

<< Come sempre.>> tagliò corto Hermione, con un sospiro rassegnato.

Timbrò il cartellino e s’incamminò verso il suo ufficio. Notò che i cubicoli di Smith, Ron, Savage e Neville erano deserti, così come la scrivania di Ginny. Dove diavolo erano finiti, tutti quanti?

Maledizione. Maledizione.

Non doveva, non poteva mostrarsi permissiva con Ron e nessun altro collega, o presto avrebbero preso il totale controllo del Quartier Generale.

Esistevano delle regole. Esisteva un comportamento decente da tenere sul lavoro.

Hermione si annotò mentalmente di indire una nuova circolare. “Regolazione delle Assenze Ingiustificate”. Ogni Auror avrebbe potuto allontanarsi dal lavoro esclusivamente timbrando il cartellino di uscita o, in alternativa, con un permesso firmato dal Comandante.

Entrò nel suo ufficio e si richiude con cura la porta alle spalle. Poi vi appoggiò la schiena, le iridi nocciole volte al soffitto, come se quel semplice gesto bastasse a richiudere alle proprie spalle ogni brutto pensiero.

<< Buonasera, Comandante Granger.>> proferì una voce femminile.

Hermione strizzò gli occhi nella penombra che avvolgeva l’ufficio, e distinse una presenza in piedi accanto alla scrivania. Tastò a tentoni la parete alla ricerca dell’interruttore, e la luce si accese.

Era una donnina di bassa statura, minuta, avvolta in un cardigan color pastello. I suoi piccoli occhi verdi ravvicinati erano simili a due bottoni. Al suo petto scintillava un cartellino di riconoscimento del Ministero, ma Hermione faticò a ricordare i suoi lineamenti.

Era forse nuova?

 << Chi è lei?>> chiese freddamente. << Questo è un ufficio ministeriale chiuso al pubblico. La invito ad accomodarsi fuori.>>

<< Io e lei dobbiamo parlare, Granger.>> squittì la donnina, con un tono autoritario che non si addiceva per nulla al fragile aspetto. << Subito.>>

<< Può fissare un appuntamento con la signorina Stewart, nell’ingresso. Ora, se non le dispiace, avrei del lavoro da sbrigare.>>

<< Io lo sbrigando, Comandante.>>

Hermione sospirò, stizzita. Fece scivolare d’istinto una mano sotto il mantello, le sue dita sfiorarono la superficie levigata della bacchetta.

<< Oh, non sarà assolutamente necessario, gliel’assicuro.>> La donnina sfoderò un sorriso cortese, forzato, come se lottasse disperatamente per mostrarle un barlume di rispetto. Allungò una manina rugosa nella sua direzione. << Melinda Falk. Indicibile del Ministero della Magia.>>

Hermione non gliela strinse. D’improvviso nella sua testa si palesò ogni risposta alle sue domande. Era un’Indicibile. E, come tale, non avrebbe mai dovuto mostrarsi al resto del personale ministeriali eccetto in casi di straordinaria importanza.

Quella sera, forse, era uno di quei casi.

<< Lei mi capirà senz’altro, Comandante. Il Wizengamot ha scelto di adottare un profilo discreto. Dopo tutto, lei è un membro del Quartier Generale degli Auror. Fughe di notizie non sarebbero affatto gradite.>>

<< Che cosa sta succedendo?>> tuonò Hermione.

Un altro sorriso dolce, finto, falsamente convincente. Melinda Falk si inumidì le labbra con la lingua, pregustando la stoccata finale. << Ai sensi del Protocollo Dieci della Sicurezza Magica, nonché del Codice d’Onore degli Auror, lei ha diritto di avvalersi della presenza di un difensore, se lo reputerà necessario.>> Ci fu uno schiocco sonoro nell’aria: dalle manine grassocce della strega si materializzò un vecchio telefono babbano, che depositò accuratamente sulla scrivania.

Hermione lo fece scomparire con un colpo di bacchetta. << Che cosa sta succedendo?>> ripeté, con un filo di voce, scandendo bene le parole per impedire all’ira più nera di prendere possesso delle sue viscere.

<< Molto bene.>> tagliò corto Melinda Falk. Questa volta, fra le sue manine comparve un rotolo di pergamena. << Sono costretta a dichiararla in arresto, Comandante, per violazione plurima del Codice d’Onore degli Auror, Alto Tradimento e favoreggiamento illecito alle Arti Oscure.>> La strega fece una pausa, levò i suoi occhietti su Hermione. Poi, trionfalmente, proseguì. << Può avvalersi della facoltà di non rispondere, tutto ciò che dirà potrà esserle usato contro presso la Corte del Wizengamot. Ha inoltre diritto a contattare un legale, Comandante. Ma ora venga. Camminiamo.>>

Hermione la guardò a lungo, in silenzio.

Nelle sue orecchie risuonò il pallido ronzio di quelle parole, che le rimbombarono all’infinito nella testa finché non ne esaurì ogni possibile significato. L’incredulità lascio spazio a un profondo vuoto allo stomaco, seguito da una scarica di brividi freddi lungo la spina dorsale. Lei, Comandante del Quartier Generale, medaglia d’Onore durante la Seconda Guerra Magica, era appena stata dichiarata in arresto.

E adesso?

 

*°*°*°*°*

 

<< Vesper!>>

Una voce rauca rimbombò nell’atrio buio.

Un susseguirsi di passi. Echi di stivali scroscianti nelle pozze d’acqua che cospargevano il pavimento dissestato. La figura marciò nell’ombra e scavalcò un parapetto, gettandosi di corsa attraverso lo spiazzo erboso che avvolgeva il cortile. Un edificio moderno emergeva dall’oscurità davanti ai suoi occhi, con grandi finestre e l’aspetto di un loft ristrutturato. Sulla parete di mattoni rossi faceva capolino il numero 3. Era il posto giusto.

<< Vesper!>>

Oltrepassò un’Audi A1 parcheggiata sul selciato di fronte al portoncino d’ingresso, e bussò ripetutamente finché non udì il grattare della serratura dall’altro lato dell’uscio.

<< Vesper!>> gridò Ron, quando una giovane liceale dal viso d’angelo gli aprì la porta. << Dov’è, maledizione? Dov’è?>>

<< Cosa diavolo…>> ruggì lei, con un timbro di voce troppo adulto.

Ma il ragazzo la oltrepassò senza attendere alcun invito. Ron marciò diritto sul parquet con gli stivali inzaccherati di fango, si diede una rapida occhiata attorno, poi s’inerpicò per la rampa di scale. Quel posto era folle. Spazi ampi, linee futuristiche, ogni cosa al suo posto. Hermione gliel’aveva detto, un giorno, che quel covo non si addiceva per nulla al Principe Oscuro. Era la tana di un Vampiro, ecco tutto. Un maledetto inferno, forse.

Ron si ritrovò in un piano intermedio inghiottito nell’oscurità. L’unica fonte di luce accecante proveniva da uno schermo rettangolare che occupava gran parte della parete, che lo costrinse ad arretrare di un passo sollevando un avambraccio per coprirsi gli occhi.

Qualcuno, nel buio, urlò dei rauchi epiteti. Ne seguirono delle esplosioni e una raffica di proiettili che rimbombò da qualche parte, dietro la sua schiena.

Ron sobbalzò e sfoderò la bacchetta. << Vieni fuori, miseriaccia!>> ululò, impaurito.

D’improvviso la luce si attenuò. Gli spari e le grida cessarono.

<< Ron.>> ringhiò una voce. << Nessuno stava cercando di ucciderti.>>

Due inquietanti occhi rossi emersero dal buio.

<< Io…>> boccheggiò Ron, le orecchie paonazze. Si schiarì la voce e gettò un’occhiata al televisore babbano appeso alla parete: ritraeva l’immagine di un campo di battaglia. Dei militari in tenuta anti sommossa dall’aspetto realistico si stavano sfidando a colpi di pallottole in una guerriglia urbana. La schermata venne oscurata dalla scritta “Modern Warfare 3”.

<< Lo sapevo, che era tutto finto.>>

I faretti soffusi ai lati del soffitto si accesero.

Vesper sedeva sul bordo di un letto matrimoniale dalle lenzuola disfatte. Indossava solo un paio di boxer e fra le sue mani compariva uno strano telecomando nero.

<< Che cosa ci fai qui?>> domandò, gelido.

Ron precipitò nuovamente nel panico. << Senti, non sapevo dov’eri. In effetti, non avrei dovuto… ma ho guardato la sua agenda. Dovevo trovarti. Subito. O sarebbe stato troppo tardi… troppo tardi, maledizione!>>

<< Che cosa ci fai qui?>> ripeté Vesper, pacato. Poi batté con veemenza una mano sul materasso, quasi volesse invitarlo a sedersi al suo fianco. << Cerca di stare calmo.>>

<< Non posso!>> ululò Ron. << Si tratta di Hermione, miseriaccia. L’hanno arrestata!>>

Silenzio.

In un attimo, vide Harry alzarsi burrascosamente dal letto e armeggiare con uno strano aggeggio nero a forma di barbecue ammonticchiato ai piedi del televisore. Ne seguì un trillo sonoro, poi il televisore e la guerra si spensero. Senza concedergli altra attenzione, Harry lo oltrepassò e andrò a recuperare dei vestiti puliti nell’armadio.

<< Quando è successo?>> chiese, con tono piatto, mentre s’infilava frettolosamente dei jeans scoloriti. Stava cercando di nasconderlo, ma pareva bruciare dentro. I suoi occhi fiammeggiavano d’ira, il suo corpo scosso da tremori incontrollati.

<< Io… non lo so.>> mormorò Ron, avvilito. << Credo da poco. C’erano degli Indicibili fuori dal Quartier Generale che parlavano fra loro. Li ho riconosciuti subito, voglio dire. Un Indicibile è un Indicibile, no? Ho capito che stava succedendo qualcosa di strano. E poi è saltata fuori Hermione, hanno detto di voler tenere un profilo basso, o qualcosa del genere. Poi…>> Ron sospirò. Non riusciva a concatenare due frasi di senso compiuto. << Poi è arrivata quella donna. Melinda Fawn, o qualcosa del genere. Ci ha costretti a uscire dal Quartier Generale. Tutti quanti.>>

<< E così hai pensato bene di rintracciarmi.>> Vesper indossò una camicia color ardesia. Poi agguantò una giacca abbandonata su uno schienale della sedia e la infilò mentre scendeva le scale. Fra le sue mani comparve la Bacchetta di Sambuco.

Ron si ritrovò a inseguirlo. << Dove hai intenzione di andare?>> gli urlò dietro, terrorizzato.

<< Secondo te?>>

<< No… no, no!>> Ron lo oltrepassò incespicando sugli scalini, tentando inutilmente di sbarrargli la strada. << Dobbiamo parlare. Inventarci qualcosa! Niente stronzate, okay? O vi ritroverete tutti e due rinchiusi ad Azkaban con un biglietto di sola andata.>>

<< Fuori dai piedi.>>

Le sue mani bianche lo agguantarono con la stessa forza di un carrello escavatore, e Ron si ritrovò proiettato da un lato contro la parete. E quegli occhi rossi, maledettamente minacciosi, furono puntati su di lui.

<< E’ tutto sotto controllo.>> proferì Harry, le mani tremanti d’ira. Lasciò la presa sulla sua divisa e superò gli ultimi scalini con un balzo. << Andrò al Ministero. E tu verrai con me.>>

<< Io cosa?>>

Harry recuperò un mazzo di chiavi nell’ingresso, borbottò qualcosa alla ragazzina misteriosa che li stava osservando attraverso i pannelli trasparenti della cucina. Poi uscì di casa richiudendosi con veemenza la porta alle spalle.

Fuori il vento sibilava sinistro e il cielo tinteggiato di nubi prometteva un violento acquazzone. Ron incespicò sul selciato e lo rincorse nel garage del retro, dove il muso aggressivo di un’automobile babbana faceva capolino dalla serranda socchiusa.

<< Perché non ti Smaterializzi?>> domandò, frastornato. << Niente Pipistrelli?>>

Per l’ennesima volta, gli occhi rossi di Vesper lo scrutarono con lo stesso calore di un Dissennatore.

<< Se mi Smaterializzo, loro mi rintracceranno. Se mi rintracciano, noi siamo morti.>>

<< Questa è Londra, miseriaccia. Hai la più pallida idea di quanto tempo ci voglia per attraversare il centro storico in auto?>>

<< Sali.>>

Eccezion fatta della vecchia Ford Anglia di famiglia, Ron non ricordava di essere salito a bordo di un’automobile babbana. Sedette insicuro all’interno dell’abitacolo e si ancorò saldamente al sedile con la cintura di sicurezza. Gli interni dell’auto erano neri, il volante sembrava essere uscito da uno di quei film di fantascienza che George adorava vedere il sabato sera in televisione. Sul pianale accanto alla plancia dei comandi compariva una “R8” in metallo cromato.

Harry girò le chiavi nel quadro. Un sibilo ruggente fuoriuscì dal motore.

Un istante dopo l’auto schizzò in avanti con un guizzo fulmineo, imboccò rapida il vialetto e sbucò a velocità sostenuta in strada, superando un lento autobus a due piani che procedeva nella corsia opposta. Percorsero a rotta di collo il viale alberato di Kingsbury Road che conduceva verso il centro città, compiendo una pericolosa gimcana fra le auto ferme in sosta e i taxi ammonticchiati nelle corsie riservate.

<< Potrei vomitare.>> farfugliò Ron, che si ancorò alla maniglia della portiera.

<< Fallo, e l’arresto di Hermione sarà l’ultimo dei tuoi problemi.>>

 

*°*°*°*°*

 

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Sono mesi che non aggiorno, chiedo scusa a tutti per non aver lasciato il benché minimo avviso. Ma essendo che questo capitolo era pronto da troppo tempo, ho deciso di postarlo.
A questo punto, spero davvero che possa piacervi, o che anima bianca non vi abbia stufato!

Un grosso, caloroso abbraccio a tutti. E buona Pasqua! :-D


AUROR POWER!

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Capitolo 10
*** Ezekiel - Misteri ***


Ezekiel - Misteri

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Buongiorno a tutti!

Dopo mesi di assenza (direi anni), ho deciso di fare ritorno con la pubblicazione del decimo capitolo di Anima Bianca. Purtroppo il mio lavoro mi tiene impegnata quasi tutti i giorni (a volte anche nel week end), perciò potete immaginare il perché io abbia interrotto la scrittura della Fic.

Ho scelto un look più “minimal”, con un classico Times New Roman, senza troppi fronzoli, per consentirmi di dare la priorità alla trama piuttosto che alla grafica: spero possiate perdonarmi.

 

Un abbraccio a tutti coloro che hanno letto la storia, ma anche a tutti coloro che non l’hanno fatto, a coloro che mi hanno recensita, a coloro che hanno pensato “la recensirò” ed è rimasto solo un pensiero, ma soprattutto a coloro che mi hanno sempre, e dico sempre, sopportata nell’ambito “letterario”: alle mitiche Argentlam e TopGun Forever, nonché all’allegra banda del gruppo Facebook “Cercando chi dà la roba alla Rowling”.

 

E non dimenticate… AUROR POWER!
                                                    Apple90

 

Ezekiel - Misteri

 

“Il mondo è una prigione dove è preferibile stare in una cella d'isolamento.”

Karl Kraus, Detti e contraddetti, 1909

 

 

Hermione seguì l’Indicibile Melinda Falk fuori dal Quartier Generale degli Auror senza opporre alcuna resistenza. Mantenne lo sguardo fisso davanti a sé e si sforzò di elaborare un piano mentale che prevedesse una possibile via di fuga da quell’inferno, ma nella sua testa non balenò altro che un torbido ronzio.

Come avrebbe potuto scagionarsi dalle accuse degli Indicibili se non aveva nemmeno la più pallida idea delle prove che l’Ufficio Misteri aveva raccolto per incastrarla?  

<< Dove mi sta portando?>> proferì a mezza voce, rivolta alla donna che l’aveva arrestata.

<< La reputo abbastanza intelligente da intuirlo da sola.>>

Melinda Falk la precedette all’interno di un ascensore insolitamente vuoto; prima che Hermione potesse aprire bocca, l’ascensore schizzò fulmineo verso il basso e dovette ancorarsi saldamente alle maniglie che pendevano dal soffitto per non essere proiettata a terra. Dopo un po’, poteva essere trascorsa un’eternità oppure una misera manciata di minuti, l’ascensore s’arrestò bruscamente con uno scossone e una vocina metallica proveniente dagli altoparlanti installati nel soffitto annunciò: << Nono Livello.>>

<< Non ricordavo che il Protocollo Magico di Sicurezza prevedesse trasferimento degli individui in stato d’arresto al Nono Livello.>> constatò Hermione, con un filo di bieca ironia. << Per quale motivo mi sta portando quaggiù?>>

Melinda Falk non le rispose. Attese che i portelloni si aprissero sferragliando e la precedette fuori, dove ad attenderle c’era un atrio piuttosto angusto fiancheggiato da un colonnato di marmi color verde bottiglia.

Il Nono Livello del Ministero della Magia era interamente occupato dall’Ufficio Meri. Nessuno sapeva esattamente che cosa accadeva lì dentro, né tantomeno quali erano le mansioni riservate agli Indicibili. Hermione aveva già visitato l’Ufficio Misteri insieme all’Esercito di Silente durante il quinto anno di Hogwarts, ed era certa che la Falk ne fosse al corrente.

Percorsero un lungo corridoio semibuio e giunsero infine dinnanzi a una porta di metallo gresso che poteva essere facilmente scambiata con l’ingresso di una sudicia soffitta. La Falk picchiettò tre volte la punta della sua bacchetta contro la superficie arrugginita della maniglia e la serratura scattò all’istante, consentendo loro il passaggio.

<< Mi segua, comandante Granger.>>

“Ho altre alternative, forse?”

La porta si richiuse pesantemente alle loro spalle e Melinda, con un malcelato sorriso dipinto sulle labbra, abbandonò la veste diplomatica che le imponeva il protocollo ministeriale e la agguantò senza troppi complimenti per un avambraccio, costringendola ad allungare il passo.

Hermione si liberò con uno strattone. << So camminare da sola.>> sibilò.

Maghi e Streghe avvolti nelle uniformi da Indicibili sciamavano avanti e indietro come ombre silenziose lungo i corridoio dell’Ufficio Misteri, che Hermione d’improvviso non ricordò di avere mai visto. Fu un attimo: un vuoto nebbioso le invase il cervello e le impedì di riflettere razionalmente. Una valigia di ricordi legati a impellenti urgenze in ufficio la assalì come un fiume in piena ed Hermione desiderò catapultarsi fuori: doveva tornare al più presto al Quartier Generale per sbrogliare un grosso quantitativo di scartoffie. E poi c’era la riunione con quelli delle Risorse Umane… Diavolo, la riunione! Come aveva fatto a dimenticarsene?

<< Comandante Granger.>> la ammonì placidamente Melinda Falk, che la prese di nuovo per il gomito. << Mantenga il contatto fisico, per favore, o cadrà in trappola agli Incantesimi Dissuasori.>>

Hermione obbedì e riacquistò le proprie capacità cognitive.

Tutto intorno a lei l’ambiente sembrava cambiare da un momento all’altro: scale, corridoi, addirittura uffici interi. Ipotizzò che la conformazione planimetrica del Nono Livello venisse costantemente cambiata per aumentare i margini di sicurezza delle Camere racchiuse al suo interno che, unitamente a una buona dose di Incantesimi Dissuasori, consentivano agli Indicibili di lavorare indisturbati.

Melinda Falk venne affiancata da un altro Indicibile e insieme la accompagnarono in una minuscola stanza senza finestre né tracce di arredamento; era un buco di due metri per tre, asettico e incolore: dal soffitto pendeva un filo traballante al quale era appesa una lampadina. Non c’era nemmeno il canonico tavolaccio da interrogatorio, ma solo uno sgabello.

L’Indicibile, un uomo alto e così magro che le sue guance scarne gli donavano un aspetto cadaverico, si chinò per riferire qualcosa all’orecchio di Melinda Falk, che annuì con tono formale.

<< Ai sensi del Decreto 10 del Protocollo di Sicurezza dell’Ufficio Misteri, lei è tenuta a consegnare la sua bacchetta e ogni altro oggetto magico in suo possesso al Responsabile, il mio collega, l’Agente Thomas Lane>> esordì dolcemente Melinda Falk.

Hermione non le diede la soddisfazione protestare. Fece scivolare la bacchetta fuori dalla tasca interna del mantello e la depositò nelle mani protese dell’Agente Lane, che le rivolse un sorriso compiaciuto; poi lo osservò sparire fuori dallo stanzino.

Dalla porta provenne il grattare frenetico di una serratura. Uscendo, Lane le aveva chiuse dentro.

Melinda Falk si sistemò il colletto del suo cardigan color pastello. Le sue manine grassocce si protesero verso Hermione impugnando la bacchetta.

<< Si spogli, per favore.>>

Un lampo le abbagliò il cervello.

Che cosa?”

<< Ha sentito bene.>> proseguì tranquillamente Melinda Falk, che assaporò il timore dipinto nei suoi occhi. Agitò la bacchetta in aria compiendo un gesto elaborato e fece comparire dal nulla un indumento ripiegato color grigio topo, che tenne sospeso a mezz'aria in modo che Hermione potesse osservarlo da vicino: era una specie di tunica ospedaliera in fustagno che, in caso di necessità, poteva divenire una camicia di forza per i pazienti più irascibili.

<< Forse lei non mi conosce, comandante, ma io la conosco fin troppo bene; e non sono così ingenua da limitarmi a sequestrarle la bacchetta: lei è un Auror, e gli Auror sono elementi degni delle nostre più accurate attenzioni.>> Melinda Falk afferrò la tunica e gliela porse con un gesto secco. << La indossi.>>

Hermione ricevette l’indumento in mano ma non si mosse; rimase impalata su due piedi e la guardò con aria disorientata. Qualunque interrogatorio erano intenzionati a riservarle, non aveva nessuna intenzione di togliersi i propri vestiti di fronte a un’estranea. Non c’era nessuna, nessuna legge che consentiva a un membro del Ministero di attuare una costrizione del genere ai danni di un individuo in stato d’arresto. Nel suo caso, era un vero e proprio abuso di potere.

Con chi credeva di avere a che fare?

<< Si sbrighi!>> le intimò la Falk, incitandola con la bacchetta. Fece scivolare indietro il rivolo del cardigan e controllò il quadrante dorato dell’orologio da polso, impaziente.

Hermione sospirò profondamente e le lanciò uno sguardo di sfida. << Lei non può obbligarmi.>> disse freddamente, inarcando un sopracciglio. << Si sbaglia. Forse non mi conosce abbastanza bene, agente Falk. E’ mio diritto richiedere l’assistenza di un legale e, se non me lo permettete, ho come la sensazione che passerete dei brutti guai con il Wizengamot. Voglio dire, il sequestro di persona è un reato contemplato nella legislazione magica… ma il sequestro di un Auror, bè, non c’è bisogno che le spieghi la reazione del Ministro appena verrà messo al corrente che gli Indicibili hanno costretto un Auror a…>>

<< Comandante Granger.>> la interruppe la Falk, che strinse le labbra in un sorrisetto mellifluo, sospirando a sua volta, come se avesse un disperato bisogno di prendere fiato per mantenere la calma. << Mi dispiace infrangere i suoi eroici sogni da paladina della Legge, ma temo che il Ministro non condivida affatto il suo pensiero.>>

<< Che cosa glielo fa pensare?>>

Melinda Falk rise congiungendo le braccia in una posizione che tanto le ricordò Dolores Umbridge. << Forse il fatto che il Ministro in persona ci ha ordinato di arrestarla.>> cinguettò.

Hermione rimase in silenzio, ma fu come ricevere un pugno nello stomaco. Com’era possibile? No. Non voleva nemmeno prendere in considerazione quell’eventualità. Quell’arpia le stava mentendo, stava mettendo a dura prova le sue capacità di sopportazione dello stress per farla crollare. Ma non sapeva minimamente con chi aveva a che fare.

<< Delusa dalla verità, Comandante?>>

<< Stronzate.>> si lasciò sfuggire Hermione, rabbiosa. << Kingsley non farebbe mai una cosa del genere.>>

<< Il Ministro.>> la corresse la Falk, che allungò la bacchetta verso di lei e picchiettò il cumulo di vestiti color topo che Hermione teneva ancora fra le mani. Ora che si faceva caso, su una spalla era stata ricamata una pezza con un codice di riconoscimento: HG306. Erano le sue iniziali.  << Ha dei validi motivi per farla arrestare. Ed ora, se non le dispiace, la prego di togliersi la divisa da Auror e di indossare la sua nuova… uniforme.>>

 

*

 

Sophie-Anne Lupin osservò Harry e il ragazzo dai capelli pel di carota precipitarsi a bordo della Audi, che venne messa in moto con un fragore di motore; l’auto fece retromarcia nel cortile racchiuso fra le mura delle abitazioni in mattoni rossi e si precipitò a rotta di collo oltre il vialetto, imboccando con un fischio di gomme la strada sottostante.

Sophie-Anne udì il suo rombo echeggiare in lontananza giù per le curve che serpeggiavano verso il centro di Londra. Poi l’eco di alcuni clacson, delle frenate, altri rombi ruggenti. 

E così avevano rapito la sua Bella? 

Si portò una mano alla bocca per reprimere uno sbadiglio e si stiracchiò pigramente, poi posò la tazza di Spongebob sul lavello e si diresse fuori dalla cucina con andatura lenta, le morbide ciabatte di pelo che le abbracciavano i piedi. Che cos’era quel misero istante di curiosità, di fronte alla prospettiva dell’immortalità? Niente, pensò. Era tutto così piatto e prevedibile. I Babbani e i Maghi, in fondo, erano un po’ la stessa cosa: entrambi obbedivano a degli schemi. E l’unica persona di sua conoscenza che non rientrasse in nessuna di tali categoria si chiamava Vesper.

Sophie-Anne represse un sorriso mentre saliva le scale a pioli che la condussero nella sua camera da letto, ricavata in una nicchia del sottotetto: uno splendido ambiente mansardato arredato in stile elisabettiano Sul sontuoso letto a baldacchino era ammonticchiata alla rinfusa una pila di vestiti. Si sfilò placidamente il pigiama a pois rosa e bianchi e calzò un paio di jeans, una morbida blusa di lana Fred Perry e degli stivali che ricordò di aver comprato in saldo da H&M parecchie estati precedenti. Quando fu presentabile, si diresse nel bagno attiguo: si pettinò con cura i lunghi capelli rossi e si spruzzò del profumo ai lati del collo. Con calma. Senza mai scomporsi.

Terminata la preparazione, come la definivano con ironia i suoi seguaci, discese lentamente le scale, controllò la propria immagine nello specchio, pescò due mazzi di chiavi dal cestino di vimini nell’ingresso e uscì fuori, respirando l’aria frizzante della sera.

<< Vesper, Vesper.>> cantilenò tra sé e sé, giocherellando con le chiavi mentre raggiungeva a piedi il magazzino degli attrezzi. In un certo senso poteva dirsi attratta da quella sottospecie di principe-idiota dei pipistrelli; un’attrattiva che andava oltre la semplice fisicità: Vesper non era semplicemente un ragazzo, non era semplicemente Harry. Vesper poteva essere chiunque, ovunque, in qualsiasi momento. Vesper era l’antidivo per eccellenza, una creatura partorita dalle tenebre che non seguiva altri Dei al di fuori dell’istinto. Era un pazzo fuori controllo, e le piaceva per quello. Da morire. 

All’interno del magazzino degli attrezzi di respirava un’aria rarefatta mista all’odore acre di solventi chimici andati a male. Sophie-Anne scansò una catasta di cianfrusaglie che occupava gran parte dell’ambiente e sgattaiolò in fondo, vicino a una vecchia scrivania sfondata sovrastata da vasi di mandragole. Proprio lì, davanti ai suoi occhi, c’era un grosso oggetto ricoperto da un telone polveroso.

<< Vesper, Vesper.>>

Fece scivolare l’indice sulla superficie di nylon e lo ritrasse, ricoperto di fuliggine.

<< Un giorno o l’altro ti ammazzerai.>>

Agguantò i lembi del telo e lo tirò con una forza sovrumana verso di sé, rivelando l’oggetto misterioso celato al di sotto: una moto, una vecchia Honda color rame degli anni ’80 che aveva conosciuto senz’altro tempi migliori. Indossò un casco vintage, si calò sugli occhi un paio di occhiali da aviatore; balzò in sella e tolse il cavalletto con un calcio.

Solo le femminucce guidavano le Ducati.

<< Ma non è questo il giorno, Batman.>>

 

*

 

<< Lei non ha alcun diritto, agente Falk.>> sostenne con impeto Hermione, che lasciò ricadere a terra l’uniforme da carcerato, che s’arrotolò scompostamente ai suoi piedi. La additò minacciosamente. << Volete arrestarmi? Bene. Voglio un avvocato, e lo voglio subito.>>

Melinda Falk giocherellò con la propria bacchetta, premendo la punta di legno flessibile sull’indice della mano sinistra ed esercitando una leggera pressione affinché la bacchetta si piegasse. << Forse non ha ben chiara la situazione, Comandante.>> cantilenò, quando Hermione terminò il suo monologo. << Noi non siamo Auror, non obbediamo alla Legislazione Magica, come dire, standard… l’Ufficio Misteri gode di un regime particolare, protetto da un sistema di alta sicurezza che ci permette di muoverci in completo anonimato. Il Ministro ci ha ordinato di tenerla d’occhio, Comandante, dal giorno in cui Honorius Azazel è stato ucciso. La verità è che il signor Shaklebolt non si fidava completamente lei, la reputava un soggetto sensibile e facilmente soggiogabile da un criminale pluri-ricercato come Harry Potter: non propriamente le doti attribuibili al Comandante di un Quartier Generale Auror.>>

<< Il mio legale.>> sbottò Hermione. << Non l’ho ancora visto.>>

<< Non giochi alle tre scimmiette con me, Comandante. Ha sentito bene che cosa le ho detto: l’Ufficio Misteri non obbedisce alle sue Leggi.>>

<< E con questo, significa che mi terrete imprigionata qui dentro per il resto dei miei giorni?>>

Melinda Falk sospirò e agitò la bacchetta: l’uniforme da carcerato si librò in aria e aleggiò in mezzo a loro. << Glielo ripeterò un’ultima volta.>> sospirò. << Si spogli, riponga la sua divisa da Auror e indossi la sua informe. Glielo sto ordinando, Comandante. Anche se, in effetti, quaggiù lei non è più un Comandante, ma solo Hermione Granger.>>

Hermione si inumidì le labbra prima di ribadire la sua ferrea posizione. << Non farò nulla del genere.>>

Ne seguì un breve silenzio. Melinda Falk accolse la sua decisione con un sorrisetto divertito, come se avesse ampiamente previsto quel genere di reazione da una come lei; dopodiché si schiarì la voce e tornò a mettere mano alla propria bacchetta. << Molto bene.>> cinguettò. << Se non intende farlo lei, lo farò io. Crucio!>>

Dolore. Una fitta lancinante di dolore le assalì ogni brandello del suo corpo, scuotendolo e contorcendolo, obbligandola a piegarsi in ginocchio sul pavimento freddo per sorreggersi sulle braccia tremolanti, lottando con tutta se stessa per non urlare, per non dimostrarle che stava soffrendo; anzi, per un breve istante, prima di essere assalita da altri attacchi incontrollabili, Hermione riuscì a sorriderle. Non gliel’avrebbe mai data vinta. Piuttosto la morte.

Melinda Falk inarcò il braccio e sollevò la bacchetta per imprimere maggior vigore alla maledizione senza perdono, e uno spasmo cieco la assalì alle ossa, diffondendosi lungo la spina dorsale e procedendo in ogni articolazione. Hermione non riuscì più a reprimere il dolore e urlò. Urlò con tutta la voce che aveva in corpo, ma nessuno poté udirla. Le sue urla agghiaccianti e disperate riempirono le pareti dello stanzino e furono accolte da Melinda Falk con un sorriso accondiscende. La maledizione durò pochi secondi, ma fu come se fosse trascorso un giorno intero. Quando il getto dell’incantesimo s’interruppe, Hermione si accasciò al suolo senza forze.

Melinda Falk picchiettò la bacchetta contro la porta, che si aprì e lasciò che un getto di luce penetrasse all’interno dello stanzino. Una voce maschile disse qualcosa, poi dei passi irruppero attorno a lei, dietro di lei, senza che riuscisse a tracciarne la posizione.

<< Ti deprime, Hermione, sapere quanto sei profondamente sola?>>

Quella voce… quella frase… l’aveva già udita da qualche parte, ne era certa, ma anche la sua mente era stata colpita dall’onda d’urto della maledizione e non volle collaborare.

Poi di nuovo il dolore: qualcuno la afferrò brutalmente per i capelli e la costrinse a rialzarsi in piedi. Due occhi rossi iniettati di sangue la osservarono da vicini con tale intensità da tramortirla. Non erano quelli di Melinda Falk, né tantomeno quelli dell’altro agente, ma bensì appartenevano a qualcun altro. A un mostro dalle fattezze vagamente rassomiglianti a quelle di un Malfoy.

<< Non preoccuparti, tesoro.>> ridacchiò il mostro. << Vesperino sta venendo a salvarti.>>

 

 

 

 

*

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