Anima Bianca di Apple90 (/viewuser.php?uid=16422)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Reyel - Liberazione ***
Capitolo 2: *** Elemiah - Tormento ***
Capitolo 3: *** Raziel - Immortali ***
Capitolo 4: *** Jeliel - Incontri ***
Capitolo 5: *** Aladiah - Ritorni ***
Capitolo 6: *** Mebhael - Tumulti ***
Capitolo 7: *** Vehuel - Magnificenze ***
Capitolo 8: *** Nithael - Sorprese ***
Capitolo 9: *** Damabiah - Saggezze ***
Capitolo 10: *** Ezekiel - Misteri ***
Capitolo 1 *** Reyel - Liberazione ***
Anima Nera_prologo
`•.¸¸.•´´¯`••._.•
NOTE DELL'AUTORE `•.¸¸.•´´¯`••._.•
Ciao a tutti, eccomi puntuale con il sequel di "Anima Nera"
Chi non avesse letto la FF potrà dare un'occhiata al
riassunto della storia*
in fondo al primo capitolo.
(Grazie alla splendida recensione di JayBree, senza
spoiler)
La storia che vi apprestate a leggere è una OOC, una What If?
Il Rating questa volta è Arancione.
La storia contiene scene di violenza e linguaggio esplicito (e
"colorito").
Spero di non deludere i lettori di Anima Nera. A loro mando un
abbraccio enorme.
Buona lettura, e ricordate:
Vesper
è come il ragazzo che nei film ti conquista
e ti porti a casa, anche se non sei il tipo.
E'
il ragazzo che dopo una notte
di passione ti lascia sul cuscino un biglietto
con scritto " è stato bello".
E poi scompare.
(Vikichan,
autrice di Sweet
Disposition)
“Non
mi pento dei momenti in cui ho
sofferto; porto su di me le cicatrici
come se fossero medaglie, so che la libertà ha un prezzo
alto, alto quanto
quello
della schiavitù. L'unica differenza è che si paga
con piacere, e con un
sorriso...
anche quando quel sorriso è bagnato dalle lacrime”
(Paulo
Coelho)
<<
Vesper!>>
urlò la voce di
Neville, a qualche decina di metri di distanza.
Lui
e Ron varcarono gli alti
portoni del castello, seguiti da una decina di Auror con le bacchette
sguainate, i mantelli svolazzanti nella semioscurità
dell’alba. << Vesper!>>
<<
E’ fuggito!>> strepitò Ron, il fiato
rotto dalla corsa, che si arrestò al
fianco di Hermione.
<<
Lui è…
innocente.>> mormorò
Neville. << Perché sta
scappando?>>
<<
Perché dobbiamo dargli la caccia.>> Hermione
avanzò con passo lento lungo
il prato ben potato del Maniero. Oltrepassò i cancelli
ricoperti di edera
rampicante, ritrovandosi lungo una scia d’asfalto desolata. I
suoi occhi umidi
percorsero l’orizzonte, ma non videro nient’altro
che il sole rosso sangue
sorgere oltre la linea frastagliata delle colline erbose.
<<
Perché
Vesper è l’Eroe che il Mondo Magico merita, ma non
è quello di cui ha bisogno
adesso. Lo inseguiremo, lotteremo per catturarlo. Lui non è
un Eroe, ma un’Anima Nera.
Un giustiziere silenzioso
che veglia sul mondo magico.>>
Hermione
si voltò, sentendo il suo cuore
sgretolarsi dolorosamente dall’interno del suo
petto.
Pezzo
dopo pezzo,
frammento dopo frammento. Poi il vuoto inesorabile della solitudine la
invase
nel profondo dell’anima.
<<
Lui è un Principe Oscuro.>>
*°*°*°*°
Il
cielo terso e sgombro di nubi faceva da sfondo a un placido viale
alberato del
Surrey, dove file di villette in mattoni rossi si susseguivano in un
reticolo
di borghese periferia urbana. Di fronte a una di esse, che aveva grandi
finestre e un delizioso gazebo nel giardino del retro, due bambini
sbucarono di
corsa dal portoncino d’ingresso e si precipitarono in strada
addobbati di vestiti
di cartapesta, elmi ricavati dai ritagli di scatole di cereali e
grosse,
sghembe spade di cartone.
<<
Conquisterò io il castello!>> ululò
Neil Jordan, e prese a menare
fendenti all’amica, obbligandola ad arretrare verso la siepe
di recinzione. Con
i suoi sei anni era piuttosto piccolo di statura rispetto ai coetanei,
con una
folta chioma di capelli color paglia e due intensi, espressivi occhi
verdi.
<< E, dopo aver salvato la Principessa, la
sposerò e combatterò il
Principe Cattivo!>>
<<
Sono io la Principessa.>>
ribatté gelidamente l’amica.
<<
Con quei denti da topo?>> sghignazzò Neil. E
le affondò con un altro
colpo nello stomaco con la sua spada di cartone. << Al
massimo potresti
essere il Roditore Cattivo. O uno Scoiattolo dei Boschi che aiuta il
Principe a conquistare la…>>
Ma
non ebbe il tempo di terminare la frase. Neil soffocò un
rantolo in gola e si
accasciò lentamente a terra crollando sulle ginocchia: la
bambina aveva gettato
a terra l’arma finta per assestargli un violento pugno nello
stomaco.
<<
Così impari.>>
sibilò Hermione
Granger, le braccia conserte e un’espressione sinistramente
soddisfatta dipinta
sul volto.
Mezz’ora
più tardi rientrarono in casa, dove la signora Granger
offrì loro pane, burro e
marmellata e una tazza deliziosa di tè. Neil, in cui stomaco
emetteva forti
gorgoglii, vuotò la sua tazza in poche sorsate e
trangugiò due fette imburrate.
<< La Guerra mi
stanca.>>
si giustificò, notando l’espressione incuriosita
della signora Granger su di
sé. Ma non ebbe il coraggio di aggiungere altro: ammettere
di essere picchiato
da una femmina era ben peggiore di essersela fatta addosso nel letto.
Hermione
divorò tre fette di pane e marmellata senza rivolgergli la
parola. Sembrava
piuttosto risentita per quanto accaduto durante i loro giochi.
A
dire il vero, a parte i denti un
po’
sporgenti, Neil la trovava bella. Non così tanto
per poter giocare a fare
la Princessa, certo. E nemmeno bella quanto la piccola Anne Rice della
Seconda
“C”. Ma era pur sempre accettabile.
Aveva
una folta chioma di ricci capelli castani raccolti in due treccine ai
lati
della nuca, guance rosee e rotonde e due profondi occhi color nocciola.
Indossava una tuta di jeans e un foulard di “Gatto
Silvestro”, che portava fieramente legato al collo.
In
effetti, lei adorava Gatto Silvestro.
<<
Perché non mi parli?>> azzardò
Neil, quando la signora Granger si spostò
nell’altra stanza per ricevere una chiamata al cellulare.
<<
Indovina un po’.>>
<<
Lo sai che una volta ho visto un vampiro?>>
Silenzio.
Ma nei suoi occhi, un bagliore di curiosità la
tradì.
Poi
riecco di nuovo il suo sguardo indagatore,
e la sua solita smorfia che precedeva soprannomi come “Neil il Sognatore” o “Jordy
Il Bugiardo del Surrey”. Tutti in classe lo
chiamavano così, per via dei
suoi racconti folli o storie leggendarie che suo padre gli leggeva la
sera,
prima di andare a dormire. Era un bugiardo nato, un sognatore
instancabile, ma
quella era l’unica storia vera. Era pronto a giurarlo sul suo
nuovo Flipper dei Power Ranger.
<<
E’ successo per davvero!>> esclamò
Neil. << E’ successo due giorni
fa. Stavo tornando a casa con papà
dall’allenamento di basket – io e gli altri
della squadra abbiamo fatto un po’ schifo, in effetti
– quando papà mi ha detto
di prendergli il telefono in macchina. Così sono tornato
indietro in cortile… e
l’ho visto.>> Parlò con tono
teatrale, mimando l’espressione impaurita
del suo incontro con il mostro. Ed Hermione Granger sembrò
totalmente rapita
dal suo racconto, come sempre. << Era bianco come un
lenzuolo. E aveva gli
occhi grandi e rossi. E mi fissava!>>
Hermione
rabbrividì. Ma si sforzò di non darlo a vedere.
<< E… ti ha
parlato?>> gli chiese.
<<
No.>> Neil scosse teatralmente il capo. <<
Mi ha guardato. Poi è
sparito. Non so dove sia andato, ma il garage era pieno di
pipistrelli.>>
<<
Che schifo!>> commentò Hermione, con una
smorfia.
Mangiarono
un’altra fetta di pane imburrato poi dimenticarono
all’istante le storie di
vampiri e, insieme, si precipitarono in cortile a giocare a guardia e
ladri.
*°*°*°*°*
Hermione
aprì gli occhi, abbagliata dai maestosi lampadari
rinascimentali che
scintillavano a mezz’aria, sospesi sotto il tendone. Il
soffitto di tela
trasparente era stato decorato con decine di migliaia di edere
rampicanti,
facendolo sembrare una grossa, calda serra botanica, tanto simile
all’Aula di
Erbologia di Hogwarts dove lei, Ron e Neville avevano trascorso sette
lunghi
anni di scuola.
I
pali di sostegno erano ornati con corone di fiori e nastri bianchi e
oro.
Statue di ghiaccio affiancavano decine di file traballanti di sedie ai
lati di
un lungo tappeto color porpora, che correva dall’ingresso del
tendone fino ai
piedi dell’altare.
<<
Ricordami perché siamo qui.>>
sbottò Ron, al suo fianco, infagottato in
un abito da Cerimonia color verde bottiglia, dal quale trapelava un
buffo
papillon a pois. Bevve avidamente due sorsate di Cedro dal suo calice,
una
smorfia indispettita dipinta sul volto.
<<
Perché ci avrebbero ucciso, se avessimo osato mancare alla
Cerimonia.>>
Hermione ripensò alle espressioni gioiose della signora
Weasley e di Ginny, e
un nodo le strinse la gola. << Sforzati almeno
di sorridere. E smetti di bere, maledizione.>>
<<
Quando mi sposerò io.>> dichiarò
George, che fece capolino alle loro
spalle. << Ricordatemi di assumere una discreta
quantità di Felix
Felicis. O di Pozione Sollievo. E
infliggete alla mamma un Pietrificus ben assestato, perlomeno non la
vedremo in
giro fino alla fine della cerimonia.>>
E
indicò con un cenno del capo un’emozionata e
scalpitante Molly Weasley, avvolta
in un elegante abito scozzese di ottima fattura, con una giacca di
tailleur e
un grosso scialle color acquamarina a coprirle il collo e parte della
schiena.
Lei,
il Signor Weasley, Neville e Luna erano in piedi
nell’ingresso del padiglione
bianco, in attesa dell’arrivo degli ospiti.
Luna
sembrava essersi calata perfettamente nel suo ruolo: stringeva
un’enorme pila
di volantini fra le mani e oscillava da un piede all’altro
con un radioso,
intenso sorriso stampato sul volto. Indossava un abito a frange con
toppe
colorate appiccicate ovunque; suoi lunghi capelli biondi erano raccolti
in un
fermaglio a forma di Bruco.
<<
Dov’è Helena?>> domandò
Ron, con un velo di preoccupazione.
<<
Alla Tana.>> lo tranquillizzò George.
<< Personalmente ho insistito
per chiuderla nel pollaio, dove non avrebbe potuto arrecare alcun danno
a
oggetti o persone. Ma nostra madre non ne ha voluto sapere.
E’ in camera tua,
Ronald. Stanno cercando di infilarle l’abito da
damigella.>>
<<
Pietà, Merlino.>> piagnucolò Ron.
<<
E’ una bambina.>> sbottò Hermione,
oltraggiata. << Ha compiuto da
poco tre anni. Che danni può provocare?>>
<<
Tu non conosci Helena Weasley.>> George
strappò il calice di cedro dalle
mani di Ron e lo vuotò d’un sol sorso.
<< Lei non è una semplice bambina,
Comandante.>> Fece
scorrere un braccio attorno alle spalle di Hermione, gesticolando in
modo
teatrale con l’altra mano. Additò un punto
indeterminato del soffitto. <<
Lei è un demone fuori controllo con i denti da latte. Lei
è… il Male.>>
Helena
Weasley era la figlia di Charlie e Sophia, una splendida ragazza che
Charlie
aveva conosciuto in Romania durante i suoi studi sui Draghi. Si erano
sposati
l’anno precedente e trasferiti in un delizioso cottage poco
fuori Cardiff, dove
Charlie aveva trovato lavoro in un Allevamento di Verdi
Gallesi Comuni.
Dal
nulla, uno alla volta, con secchi schiocchi di frusta figure dai colori
vivaci
comparvero nel cortile della Tana. Nel giro di pochi istanti una
processione di
invitati serpeggiò verso l’ingresso del tendone.
Maghi e Streghe vestiti in
modo bizzarro: enormi capelli decorati con fiori e uccelli incantati,
frac dai
colori più accesi, farfallini fosforescenti e cravatte
adornate con gemme
preziose. Il chiacchiericcio eccitato divenne sempre più
forte, giungendo al
limitare del padiglione.
<<
Ci siamo.>> fece George, che nascose il calice vuoto di
Cedro in un vaso.
E prese a sistemarsi freneticamente il colletto dell’abito.
Ron
e Hermione si scambiarono un’occhiata. Poi Hermione
gettò lo sguardo altrove,
oltre le file di sedie. Gli ospiti erano numerosi. Udì la
voce strillante della
signora Weasley accogliergli uno per uno con affettuosi abbracci e
solenni
strette di mano. Ma la maggior parte dell’attenzione fu
catalizzata da Neville:
la Medaglia d’Onore al servizio ricevuta al Ministero gli
fruttò parecchia
ammirazione.
<<
Ottimo, mi è sembrato di vedere qualche cugina
Veela.>> disse George,
allungando il collo per vedere meglio. << Avranno bisogno
di un
traduttore. O di conoscere la cultura inglese. A questo posso rimediare
io…>>
Ron
alzò rassegnatamente gli occhi al cielo, ma il fratello lo
ignorò e si lanciò a
grandi passi verso due splendide, ammalianti ragazze francesi dai
capelli color
platino, fasciate in abiti bianchi e rosa antico. Entrambe, quando lo
videro,
scoppiarono in risolini divertiti. Erano le stesse che aveva tentato di
abbordare al Matrimonio di Charlie. E a quello di Bill.
<<
Ecco, Madame…>>
George abbozzò
a un inchino cavalleresco. << Permettez-moi
di assister vous. Vi recordè
di moi?>>
Le
sue risero timidamente e si lasciarono scortare all’interno
della tenda.
<<
Il lupo perde il pelo ma non il vizio.>>
commentò Hermione, divertita.
Le
statue di ghiaccio di fate alate s’animarono al passaggio
degli ospiti,
iniziando a gettare sulle loro teste petali di rosa profumati.
<<
Buongiorno, colleghi.>>
disse
una voce pomposa alle loro spalle. Era Percy. Indossava un abuto scuro
e un
cilindro smaltato. Al suo fianco, stretta al suo braccio,
c’era sua moglie:
Audrey. Era una ragazza minuta, dai capelli a caschetto color paglia e
gli
incisivi sporgenti. Percy era stato recentemente promosso Vice
Direttore
dell’Ufficio per il Trasporto Magico.
<<
E’ un grande piacere per me vedervi insieme
alla cerimonia. Una coppia di
Eroi.>>
E scoppiò a ridere. Fu l’unico a farlo.
La
finta morte di Ron era stata palesata dal Ministero come
un’arguta messa in
scena per catturare il Principe Oscuro. Nulla di più
distante dalla realtà.
<<
Come stanno Molly e Lucy?>> chiese Hermione, che si
sforzò di stemperare
il silenzio.
<<
Oh, bene, grazie.>> rispose Percy, fiero.
<< Lucy è già in grado di
leggere, scrivere e di compiere operazioni matematiche elementari. E
non è
tutto. Ieri sera ha quasi fatto levitare
un cucchiaino, a cena. Tutta sua mamma.>> E
regalò un sorriso sdolcinato
alla moglie con i denti da alce. << Le abbiamo lasciate
dai nonni.
Abbiamo convenuto che si sarebbero annoiate a morte a un Matrimonio.
Tutta
questa gente, poi. No. No. Non fa
proprio per i nostri due angioletti.>>
Quando
furono spariti a braccetto nella folla di invitati, Ron emise un
rantolo a metà
tra uno sbuffo e una risata. << Non oso immaginare cosa
dirà Percy quando
Lucy inizierà Hogwarts, fra sei anni. Come minimo
diventerà Prefetto ancor
prima di varcare il
binario Nove e tre Quarti.>>
Hermione
soffocò una risata.
Charlie,
Sophia e la piccola Helena comparvero nell’ingresso. La
piccola si era già
strappata dai capelli pel di carota i deliziosi ornamenti di gigli da
Damigella, e se ne stava imbronciata fra i genitori che la stavano
sorvegliando
a vista.
<<
Comandante.>> la voce di Kingsley, al suo fianco, la fece
sobbalzare.
<<
Ministro.>> risposero Hermione e Ron in coro, con un
sorriso.
<<
Non potevo mancare al Matrimonio di Ginevra Weasley.>>
Kingsley,
visibilmente emozionato, rigirò la bombetta fra le dita. Tre
Guardie gli
stavano appresso e controllavano lo sciame di invitati con aria
circospetta,
come se Mangiamorte assetati di sangue balzassero fuori
dall’ombra da un
momento all’altro. << Vorrei tediarvi
con gli ultimi avvistamenti di spacciatori di Calderoni Esplosivi in
Inghilterra, dico sul serio, ma quelle deliziose tartine al formaggio
mi
attendono. Se volete scusarmi.>>
Hermione
rise e lo osservò appropinquarsi in direzione del buffet di
benvenuto per gli
ospiti, attorno al quale si era raccolto un discreto numero di persone.
Dieci
minuti dopo Neville e Luna terminarono di indicare a tutti gli invitati
i loro
posti a sedere; il brusio di sottofondo s’interruppe con
l’arrivo dello sposo.
Michael
Corner, neo assunto all’Ufficio Trasporto Magico e pupillo di
Percy, fece il
suo ingresso nel tendone accompagnato a braccetto dalla madre, una
donnina di
bassa statura con un abito giallo canarino e un capello adornato con
uccelli
impagliati. Al suo passaggio Molly Weasley, che sedeva emozionata in
prima
fila, estrasse un fazzoletto di pizzo dalla pochette e si
soffiò sonoramente il
naso.
Ron
fu obbligato a sedere accanto a Zia Muriel, una vecchia strega con il
naso a
becco, gli occhi arrossati e un orrendo cappello di piume color rosa
pallido
piantato sulla testa.
<<…
per non parlare di quel deplorevole abito verde bottiglia che hai
addosso.>> gli stava dicendo, con voce gracchiante.
<< Mi
meraviglio che tu e tuo fratello George non vi siate ancora sposati. Ma
verrà
il vostro momento, o almeno spero. E tu chi sei?>>
Abbaiò rivolgendosi a
Hermione, che sedeva nella fila posteriore.
<<
Oh, zia Muriel. Lei è Hermione Granger. Comandante Capo
degli Auror.>>
<<
Un'altra Auror? Voialtri vi moltiplicate come gnomi.>>
sentenziò la
vecchia strega, con una punta di sarcasmo nella voce. <<
Esci con mio
nipote, per caso?>>
<<
No.>> rispose Hermione, imbarazzata.
<<
Ecco, vedi? Nessuna donna vuole un buono a nulla con quel portamento
goffo e
ciondolante che ti ritrovi. Se fossi in te mi darei una mossa, Ronald,
o quelle
libere sul mercato se la daranno a gambe levate.>>
Ron
lanciò un’occhiata disperata a Hermione, come se
la supplicasse di trascinarlo
lontano da Zia Muriel. Ma la Strega gli afferrò saldamente
il braccio,
sfoderandogli una poderosa gomitata per fargli notare
l’arrivo dello sposo.
<<
Quello sì che è un bel pezzo di
ragazzo.>> gracchiò. << Tua
sorella
Ginevra ha gusto, non c’è che dire. Ma
personalmente avrei scelto un completo
meno scuro. Per la barba di Merlino, sembra uno
spaventapasseri!>>
<<
Peccato che Vesper non sia
qui.>> commentò tristemente George, seduto
accanto a Hermione. All’udire
quella parola, nel bel mezzo della festa, qualcosa nel suo stomaco
prese a
contorcesi. << Perlomeno l’avrebbe messa a
tacere per sempre.>>
Molti
degli invitati delle prime file scoppiarono a ridere. Ron compreso.
Un
attimo dopo Bill e un altro ragazzo dai capelli rossi, che doveva
essere uno
dei tanti cugini Weasley invitati alla cerimonia, comparvero in fondo
al
tappeto rosso; entrambi eleganti, con una rosa bianca
all’occhiello.
George
s’alzò in piedi e fece un fischio sonoro nella
loro direzione. << Siete
bellissimi!>> ululò.
Un
grande sospiro, intervallato da risatine concitate, si levò
nella folla di
invitati quando Arthur e Ginny Weasley risalirono la passatoia
scarlatta: lei
fluttuante, fasciata maestosamente in un abito bianco che le stringeva
la vita,
scendendo scosceso in una vasta gonna di pizzi e merletti. Sulla sua
testa, fra
i capelli lisci e ben pettinati, figurava una tiara
d’argento. Ginny strinse
nervosamente il bouquet e s’incamminò a braccetto
del padre fino all’altare,
dove Arthur si fece da parte per consegnarla al fianco del futuro
marito. I due
sposi si rivolsero un sorriso teso.
Un
anziano mago basso e tarchiato, con un paio di folti baffoni a
incorniciargli
il viso paffuto, puntò la propria bacchetta alla gola e
strepitò: << Sonorus!>>
La sua voce echeggiò in
tutto il tendone. << Signore e signori.>>
attaccò,
cantilenante.<< Maghe e Streghe provenienti da ogni parte
d’Inghilterra.
O anche altrove.>> Il suo sguardo guizzò sulla
famiglia Delacour e sulle
Veela in quinta fila. << Siamo qui riuniti per celebrare
il matrimonio di
due cari amici, due anime fedeli, due luci splendenti che rischiarano
nuovi
Tempi Bui…>>
<<
Guarda un po’ chi c’è.>>
sussurrò George al suo orecchio, rifilandole una
leggera gomitata delle costole. Obbligò Hermione a voltarsi
verso l’opposta
alata di sedie, nei pressi della famiglia Delacour. Fra essi, in
disparte,
avvolto in un sobrio abito grigio dal colletto alto, c’era
Victor Krum.
La
mente di Hermione vagò molto lontano dal tendone, ma non
certo al giorno in cui
aveva disceso le scale al fianco di Krum, durante il Torneo Tremaghi.
Non
riuscì a fare a meno che pensare a Harry, come le capitava
sempre più spesso in
quel triste periodo di solitudine. Sparito. Dissolto nel nulla da
cinque mesi,
come se non fosse mai esistito, o non avesse mai avuto a che fare con
loro.
Se
avesse evitato di immischiarsi nelle Arti Oscure, di farsi giustizia da
solo e
di allontanarsi dal mondo intero per combattere il
Male, forse, avrebbero potuto esserci loro al posto di Ginny
e
Michael Corner, su quel maledetto
altare.
<<
Vuoi tu, Ginevra Molly Weasley, prendere in sposo il qui presente
Michael
Matthew Corner, nel bene e nel male, in ricchezza e povertà,
finché morte non
vi separi?>>
In
prima fila Molly e la madre di Michael Corner singhiozzarono nei loro
straccetti di pizzo. Hermione si voltò per sorridere a Ron:
ma lui non parve
condividere la gioia di quell’unione.
<<…
dunque io vi dichiaro, per sempre, marito e moglie.>>
L’abbraccio
dei due sposi venne ricoperto da esplosioni di stelle argentate,
scrosci di
applausi e scoppi di trombe e palloncini colorati. Colombe bianche
volarono
radenti lungo le file di sedie, andando a depositarsi
sull’alta corona di fiori
che sovrastava l’altare.
In
tutto quel trambusto, Hermione notò che il tendone sopra le
loro teste era
sparito: sostituito da un gazebo sorretto da pali dorati, lo stesso
utilizzato
nel matrimonio di Bill e Fleur. Tutti gli ospiti, emozionati e
impegnati ad
applaudire gli sposi, si levarono in piedi e le sedie dorate vennero
fatte
sparire, posizionate in un angolo dove quattro lunghi tavoli adornati
di ogni
ben di Dio erano comparsi dal nulla per il pranzo nuziale
<<
Perfetto.>> commentò Ron, mentre decine di
camerieri in livrea comparvero
dal nulla e iniziarono a disporre piatti imbanditi ai tavoli. Oltre ai
cibo
comparvero bottiglie di Burrobirra, Fior di Pesco, casse di Cedro e di
Whisky
Incendiario. << Si mangia.>>
<<
Si beve!>> esclamò George, raggiante.
<< Peccato che il vecchio zio
Bilius sia morto.>> proseguì, rivolgendosi
alle due cugine francesi con
le quali si era intrattenuto per tutta la cerimonia. Aveva raccontato
quella
storia decine di volte, ma riusciva a storpiarla e renderla sempre
divertente.
<< Era la vera anima dei matrimoni. Era solito scolarsi
due intere
bottiglie di Whisky Incendiario dopo il pranzo, poi balzava sul tavolo
e
iniziava a estrarre mazzi di fiori dal…>>
<<
Basta così.>> proruppe Hermione, fra le risate
generali.
In
un attimo Ron comparve al suo fianco. Era riuscito a sfuggire alle
grinfie
dell’anziana strega, e non l’avrebbe riavvicinata
tanto facilmente. <<
Vieni, Hermione. Per di qui.>> mormorò,
afferrandole la mano per evitare
che si disperdessero nella folla. << Cerchiamo un tavolo
libero. Il più
lontano possibile da Zia Muriel. Odio quella vecchia scopa ancor
più di
Percy.>>
Insieme,
serpeggiarono fra i capannelli di invitati e s’infilarono nei
primi posti
liberi, a ridotto della pista da ballo. Accanto a loro sedettero
Neville, Luna,
Bill e Fleur. Quest’ultima, con un sorriso radioso,
agitò una mano in aria per
farsi notare da qualcuno. << Per di qui, sciocatore
de Quidditch.>> disse scherzosamente. E Victor
Krum le venne incontro, salutando tutti i presenti con un profondo
inchino del
capo.
<<
Buongiorno a tutti foi.>> disse senza sorridere. E si
accomodò a sedere.
Il suo sguardo ricadde intensamente su Hermione, ma lei finse con cura
di non
accorgersene.
Il
pranzo di dilungò fino al pomeriggio inoltrato. Le numerose
e succulente
portate si susseguirono in rapida successione, accompagnate da litri di
Burrobirra e Idromele. Quando l’orologio che faceva capolino
da un palo
adornato di fiori segnava le cinque e mezza, la maggior parte degli
ospiti era
ormai sazio e si intratteneva con i commensali, ridendo e brindando
allegramente.
La
banda attaccò a suonare. Ginny e Michael, accolti da un
fragoroso applauso, si
avvinarono mano nella mano sulla pista da ballo e aprirono le danze.
Fra
gli invitati, Kingsley aveva tutta l’aria di chi aveva
esagerato con il Whisky
incendiario. Se ne stava nel tavolo più distante dalla pista
da ballo in
compagnia di Hagrid, anch’egli parecchio allegro. Il gigante
sedeva su un
grosso divano sfondato che Arthur si era premurato di rimediare dal
vecchio
capanno degli attrezzi. Agitava le sue manone grosse come padelle a
ritmo della
melodia classica.
<<
Vuoi ballare?>> le chiese Ron, d’impulso,
quando si accorse che Krum
stava per aprire bocca rivolto nella loro direzione.
Hermione
accettò, intontita ma compiaciuta. Si alzarono insieme e
sparirono nella folla
della pista da ballo.
<<
Sembra un idiota, Krum, con quel taglio di capelli a scodella.>>
commentò aspramente Ron, che le afferrò
goffamente una mano e le fece scorrere l’altra lungo la vita,
sul suo abito
lilla dal taglio estivo. Hermione rispose con un accenno poco convinto.
<<
Oh, a proposito, stai molto bene vestita così. Questo colore… ti
dona.>>
<<
Credi che Kingsley riuscirà a entrare in servizio,
domattina?>> gli
chiese Hermione, che si sforzò di ignorare il complimento.
<<
Oh, bé, senz’altro.>> rispose Ron.
<< Sempre se riuscirà a salire tutto
intero le scale. O a ricordare
qualcosa.>>
Hermione
scoppiò a ridere. Gli allacciò le braccia attorno
al collo e insieme
scivolarono lungo la pista, dove George si stava esibendo nel meglio
del suo
repertorio con una delle sue lontane cugine francesi, in parte Veela.
Dopo tre
tentativi andati a vuoto, forse quella era la giornata buona.
Anche Neville e Luna si unirono alle danze. Lui, un po’
impacciato con il suo portamento ingessato, elegante, compassato. Luna,
invece,
che aveva un grosso girasole fra i capelli, lo agguantò per
la vita e lo
obbligò a volteggiare assieme a lei.
Nonostante
fosse incinta del quinto mese e il suo pancione avesse raggiunto
dimensioni
rispettabili, si muoveva con grazia e sembrava non avvertire alcun
appesantimento dovuto alla gravidanza.
<<
Sei bellissima.>>
La
voce di Ron, sussurrata, vicino al suo orecchio. Hermione la
ignorò ancora,
come una mosca fastidiosa che le ronzava nel cervello. Doveva farlo.
Doveva
fare finta di niente.
E
in quel momento, come se non esistesse nessun altro, con
l’enorme brusio di
sottofondo delle decine di invitati e la musica, il tempo parve
rallentare.
Hermione udì un’eco lontano, seguito da un rombo
di motore. Un motore.
Allungò istintivamente il collo
al di sopra delle teste, e il cuore le si fermò nel petto.
Una
moto babbana: Verde, lucente - maledettamente
Babbana – era apparsa al limitare del cortile della Tana.
Parecchie paia di
occhi scrutarono attoniti il suo arrivo, ma la maggior parte degli
invitati era
troppo impegnata a bere, ballare o divertirsi per prestare troppa
attenzione a
quella strana comparsa.
<<
Ron.>> squittì Hermione, senza fiato. Il cuore
aumentò di battito, poteva
avvertirne ogni pulsazione in gola. Premette le mani sul suo petto e lo
obbligò
a sciogliere il loro contatto. Si sfilò maldestramente i
tacchi e iniziò a
correre, sgomitando nella folla, facendosi largo per passare. Non
vedeva altro
al di fuori di quella moto.
L’autista
del mezzo, che indossava un giubbotto sportivo e un casco dalla visiera
nera,
issò la moto sul cavalletto e sollevò lo sguardo
nella sua direzione. Si era
accorto di lei.
Ti
prego. Ti prego. Ti
prego. Fa che sia lui.
Non chiedeva altro. Voleva solo
rivederlo. Stringerlo a sé. Sapere che era vivo.
Ma
invece, al suo arrivo, la triste realtà le si
palesò davanti come una gelida
secchiata d’acqua fredda. Con un movimento lento,
l’autista si sfilò il casco
dalla testa e il volto sorridente di Ryo Miyiachi fece capolino al di
sotto del
suo scompigliato ammasso di capelli scuri.
<<
Comandante.>>
<<
Che cosa ci fai qui?>> domandò Hermione, e si
accorse troppo tardi di
aver urlato.
Il
giapponese rispose con una scrollata di spalle. << Sono
nella
merda.>>
<<
Quando mai tu non sei nella merda?>>
<<
Mai, a dire il vero, ma…>>
<<
Che cosa ci fai qui?>>
ripeté
Hermione, stizzita.
Ron
si fece largo nella folla, urlando e sgomitando, e li raggiunse di
corsa. Un
attimo dopo era al suo fianco, e si era frapposto inutilmente fra lei e
la
Kawasaki Ninjia. Come se volesse proteggerla.
<<
Miyachi.>> ringhiò, sinistro. <<
L’ultima volta che ti ho visto,
eri nudo in una cella sotterranea.>>
<<
L’ultima volta che ti ho visto, Weasley, puzzavi come un
Troll di
Montagna.>>
I
due si squadrarono per un lungo, interminabile istante. Poi Ryo
scoppiò a
ridere e gli tese allegramente una mano. << Vi ho cercati
al Ministero,
ma mi è stato detto che eravate al Matrimonio di tua
sorella. E allora eccomi
qui.>>
Ron
non gliela strinse. << Come hai fatto a entrare al
Ministero? Sei
ricercato.>>
<<
Sono amico di Vesper, ricordi? Ho i
miei metodi.>>
Un
altro nodo doloroso allo stomaco, seguito da uno spasmo. Un brivido
freddo le
corse lungo la schiena, prendendo possesso di ogni parte del suo corpo.
Il
freddo le penetrò fin sotto la pelle. <<
Hai… sue notizie?>> sciamò
Hermione, con un filo di voce.
<<
E’ per questo che mi trovo qui.>> Il giapponese
di diede una rapida occhiata
attorno, le braccia appoggiate sul casco. Si sbottonò la
cerniera del
giubbotto. << C’è un posto appartato
dove possiamo parlare?>>
*°*°*°*°*
`•.¸¸.•´´¯`••._.•
THE APPLE'S CORNER `•.¸¸.•´´¯`••._.•
Mamma mia. Mi sembrano mesi che non posto niente, e invece
rieccomi qui.
Non ho davvero parole per esprimere l'importanza e la simbiosi che mi
unisce a questa storia. E a Vesper.
Lui è mio, lo sento mio. Sarà protagonista del
mio libro,
quando lo scriverò. Lo scindo da Harry, da ogni cosa. E' una
specie di musa
maschile. ^_^
Grazie a Roxy
e Argentlam che
hanno letto per prime la storia.
Grazie a Viki,
a JayBree e
a Capitan Lights. Grazie
per sopportarmi.
Come al solito, ringrazio anche tutti coloro che mi recensiranno. E
criticheranno.
`•.¸¸.•´´¯`••._.•
RIASSUNTO DI ANIMA NERA
`•.¸¸.•´´¯`••._.•
Recensione di JayBree
in merito al premio "AurorAwards 2011"
<<
Lo spettacolo è finito, Hermione.>> disse LUI,
con tono affabile.
L’orda di pipistrelli che li aveva attaccati tornò
a stridere nel sotterraneo, svolazzandogli attorno fino ad avvolgerlo
completamente.
Il Principe Oscuro si promulgò in un profondo inchino, prima
di scomparire nel nulla insieme ai suoi fidati servitori.
<<
No, Harry.>> ringhiò Hermione.
<< Lo spettacolo deve ancora iniziare.>>
Dove
c’è molta luce, l’ombra è
più nera. Con questa massima in mente, Hermione Granger,
Vicecomandante del Quartier Generale Auror, si trova a fronteggiare la
minaccia costante rappresentata da Vesper, il Principe Oscuro,
“sorto dalle ceneri di Voldemort.” Come una brava
regista di action-movie dirige la macchina da presa, Apple90 dirige la
penna in maniera tale da catapultare il lettore nel pieno della scena:
che sia correre a perdifiato per seminare un Ungaro Spinato, assistere
ammirati alla finale della Coppa del Mondo di Quidditch o cascare sul
divano nell’abbraccio del nostro più grande
nemico/migliore amico. Tra i chiaroscuri dell’affascinante
personalità di Vesper, Hermione, e il lettore insieme a lei,
scopre un nuovo e oscuro Harry Potter.
Che dire? Grazie Jaybree
^^
AUROR POWER!
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Capitolo 2 *** Elemiah - Tormento ***
Anima Nera_prologo
“Un'anima
che si sa amata, ma che da
parte sua non ama, rivela la
propria feccia -
quel che v'è
d'infimo, in essa, emerge.”
(Friedrich
Nietzsche)
L’insegna
del “Rocky Road to Dublin”
scricchiolava sinistramente al di sopra di un minuscolo portone di
legno, sul
quale trapelava un batacchio a forma di leone.
Vesper
bussò due volte. Afferrò i lembi del nero
mantello invernale e si calò il
cappuccio sul capo. Le sue iridi rossastre vennero nascoste
dall’oscurità.
<<
Parola d’ordine?>> domandò una voce
rauca, minacciosa, al di là
dell’imposta.
<<
Mannaro fantasma.>>
Ci
fu un rumore di fondo, simile a un piccolo tonfo attutito, seguito dal
cigolio
dei carini di ottone. Lentamente, la porta si aprì. Gli
occhi del leone
metallico divennero lucenti, brillanti come tizzoni accesi.
<<
Benvenuto, fratello.>> disse rocamente un ometto calvo,
tarchiato, con
delle mani luride e un grembiule insanguinato legato alla cintola. In
una tasca
dei pantaloni sudici trapelava un taccuino e la piuma di una penna
d’oca.
<< Il tuo nome?>
<<
Portus.>>
L’ometto
estrasse il taccuino con uno sbuffo. Lo sfogliò rapidamente,
tenendolo fra le
mani quasi fosse una reliquia preziosa. Dopo qualche lungo istante, i
suoi
occhietti vitrei s’illuminarono di un bagliore ardito.
<< Portus
Landback, del Clan degli Spiriti Erranti?>>
<<
Uhm… sì.>>
<<
Benvenuto.>> ripeté egli, che
tracciò una croce accanto a un nominativo
iscritto su una pagina consunta. << Accomodati. Puoi
lasciare i tuoi
armamenti nella rastrelliera dell’ingresso. Troverai il
menù vicino al
bancone.>>
Vesper
attraversò il minuscolo ingresso circolare, discese una
rampa di scalini e si
ritrovò in un ampio, buio scantinato dall’aspetto
ammuffito: c’era puzza di
stantio e i lampadari che calavano dal soffitto erano incrostati di
ragnatele.
Un
camino spento di pietra troneggiava in un angolo, accanto al bancone.
Lì il
barista, che aveva l’aspetto di un cadavere, stava ripulendo
un boccale con un
cencio lurido, le iridi bianche perse nel vuoto.
Due
individui seduti a un tavolo stavano discutendo a voce alta davanti a
una
bottiglia di Sidro. Poco più in là, avvolto in un
mantello logoro, un essere
pallido dagli occhi di ghiaccio stava strimpellando un violoncello.
Vesper
afferrò un menù dal bancone e prese posto a un
tavolo vicino al camino,
mantenendosi in disparte. Lesse distrattamente l’elenco delle
pietanze. Un
conato di vomito gli attanagliò lo stomaco.
Primi
Piatti
Occhi
di Elfo Domestico Grigliati
Affettato
di Ragno e Criocorno
Zuppa
di budella in umidi
Secondi
Piatti
Interiora
di Avvincino all’Ortolana
Fegato
d’Alce con asparagi stantii
Tarantole
Salterine Lessate
Dessert
Dolce
della casa
Zuccotti
di Zucca al sangue
Menù
fisso: Un Galeone
<<…
per non parlare di Bode, del Clan londinese dei McBack.>>
stava dicendo
uno dei due loschi figuri, che aveva un naso adunco simile a un becco e
la pelle
diafana, rugosa. << Ha combattuto la Guerra di Scozia
contro i Mannari.
Poi si è ritirato a Londra insieme ai suoi cugini come uno
stupido leccapiedi.
Bode, proprio lui, che andava fiero d’essere
un’anima libera e non corrotta
dagli Umani. La Guerra deve avergli dato alla testa.>>
L’altro
rise. Una risata fredda, roca, controllata. << Notizie
dal fronte,
Avery?>> domandò, schiarendosi la voce.
<< Ho sentito dire che il
vecchio Azazel, il leone del Ministero, ha fatto una brutta
fine.>>
<<
Caduto.>> fece Avery, cupo. Strinse le labbra in una
smorfia disgustata.
<< Stava tramando un piano per soverchiare il Ministero
della Magia,
senza mai aver interpellato il Consiglio. Perché, mi
domando? Quante speranze
aveva di riuscire nell’impresa, senza l’appoggio di
altri Clan?>>
<<
Honorius è sempre stato un folle visionario.>>
sospirò il suo
interlocutore. Il suo volto era nascosto sotto un cappuccio a punta,
simile a
quello di un Mangiamorte. << Pace alla sua anima
immortale. Un avversario
più potente si è parato sul suo
cammino.>>
Ci
fu una breve pausa di silenzio. << Non sai niente,
Brutus?>>
domandò Avery, che vuotò il bicchiere
d’un sol sorso. Premette le mani sul
tavolo e s’avvicinò al compagno con aria furtiva,
ed il suo naso adunco sfiorò
la bottiglia di Sidro. << Azazel è stato
ucciso da un’Umana.
Un’Auror.>>
Brutus
esitò, immobile e freddo. << Che
cosa?>>
<<
E’ accaduto un mese fa.>> asserì
Avery. << Azazel aveva acquistato
un vecchio Maniero nell’Hertfordshire dove teneva rinchiusi
dei Funzionari del
Ministero. Villa Malfoy, rammenti? E’ stato un rifugio di
Voldemort, durante la
Seconda Guerra Magica…>>
<<
Và avanti.>> lo esortò Brutus. E
s’abbassò stizzito il cappuccio,
mostrando un volto squadrato dalla mascella sporgente, occhi dalle
iridi di
ghiaccio e una folta chioma di capelli grigi raccolti in un nastro di
sera,
dietro la nuca.
<<
Alcuni Auror hanno capito le sue intenzioni, l’hanno
smascherato facendo
irruzione nel Maniero. Non si sa come, ma Azazel è morto.
Tutti gli altri
Vampiri del suo Clan sono riusciti a fuggire. Di loro, nessuna traccia.
Svaniti.>>
<<
Un’Auror ha ucciso un non morto?>>
<<
Hermione Granger.>>
Brutus
scoppiò in una risata tetra. << Il suo nome
non mi è nuovo. E’ la stessa
sporca mezzosangue che ha aiutato Potter a sconfiggere il Signore
Oscuro, non è
forse così?>>
<<
Attualmente è Comandante del Quartier Generale,
credo.>>
Un’altra
risata. << Ai miei tempi, quand’ero Umano, era
inammissibile che un
essere dal sangue sporco intaccasse i ranghi delle
istituzioni.>>
<<
Il suo nome è su tutti i giornali.>> disse
Avery. << E’ considerata
come la nuova Eroina del Mondo Magico.>>
Brutus
evitò con cura di rispondergli. Palesemente divertito, come
se la faccenda lo
interessasse profondamente, stappò un’altra
bottiglia di Sidro e ne versò il
contenuto nei loro bicchieri. << Notizie di
Vesper?>>
All’udire
quel nome – il suo nome
– Harry
raggelò. La sua fama era giunta fin lì, alle
porte di Edimburgo. E
probabilmente si era spinta ben oltre.
<<
Nessuna, purtroppo.>> rispose Avery. << Che
il demonio lo accolga
presto fra le braccia. Quell’essere
metà
mago e metà demone è una minaccia
costante.>>
<<
Amico mio, noi siamo Vampiri.>> proferì
Brutus, che bevve due generose
sorsate dal suo bicchiere. << Che paura può
farti uno stupido
umano?>>
<<
Quello non è un Umano qualunque.>>
squittì l’altro vampiro. <<
E’
il padrone della Bacchetta di Sambuco. Si vocifera possieda tutti e tre
i Doni
della Morte.>>
<<
Leggende Metropolitane.>>
<<
Un amico di Scarf, del Clan dei McBack d’Oltralpe, ha detto
di averlo
avvistato, una volta. Viene fuori dall’ombra in una miriade
di pipistrelli. E’
malvagio quanto potente.>>
<<
Vesper si nutre della vostra paura.>>
sghignazzò Brutus. << Sguazza
nella menzogna, nelle leggende, e i suoi giochetti potranno funzionare
sulle
stupide menti dei Babbani. O della tua, Avery. Ma non su di
me.>>
I
due vampiri continuarono a parlare, ma la figura cadaverica
dell’Oste gli
oscurò la visuale. <<
Desidera?>> domandò, lugubre.
<<
Una Burrobirra.>> rispose Vesper, incerto.
<<
Divertente.>> L’oste, con il suo volto smorto e
i capelli lunghi,
annodati e scoloriti, raccolse il menù dal tavolo e
s’avviò zoppicante verso il
bancone. Pochi istanti dopo fece ritorno con un boccale ricolmo di un
liquido
rosso, denso, dall’odore acre e metallico.
Vesper,
senza farsi notare, lo annusò. Trattenne a stento un altro
conato di vomito.
Era sangue.
<<
Bel mantello.>>
La
voce stridula e melliflua di Avery gli trapanò le orecchie.
E il piccolo Harry, nascosto da
qualche parte
dentro di lui, gli suggerì di fuggire. Subito.
<<
Dico a te, straniero.>>
Vesper
esitò. Aveva la bocca arida. <<
Grazie.>> riuscì a mormorare. E,
lottando contro il suo disgusto, si costrinse ad afferrare il boccale.
Bere
sangue fu come sorseggiare del vino denso, dal sapore dolceamaro
mescolato al
gusto della Burrobirra. Fu meno peggio di quel che pensava.
<<
Da dove vieni?>> chiese Avery.
<<
Londra.>>
<<
Dal Centro della
rivolta.>>
commentò Brutus, con una risata roca. << Sei
dei McBack, per
caso?>>
<<
Landback degli Spiriti Erranti.>> rispose meccanicamente
Vesper, che si
costrinse a ricordare le parole di quello strano tizio grassoccio
nell’ingresso.
<<
Non erano di Glasgow?>>
<<
Io sono di Londra.>>
Entrambi
i vampiri lo scrutarono per qualche lungo istante. Furono attimi di
timore, di
disperate urla interiori. Ma non doveva, per nessun motivo, commettere
degli
errori. Morire era una mossa poco intelligente.
Brutus,
che era più massiccio e anziano dei due, emise un suono a
metà tra uno sbuffo e
una risata. Levò il bicchiere nella sua direzione.
<< Che si dice da
quelle parti?>>
<<
La situazione è… delicata.>>
<<
Presumo tu sia stato inviato dal Clan dei Landback per il
Consiglio.>>
Bingo.
Vesper
bevve un altro sorso di sangue. Ne approfittò per delineare
la conversazione e
scegliere i dialoghi che l’avrebbero condotto più
velocemente alle informazioni
giuste. Doveva muoversi, o quei due mostri
l’avrebbero smascherato presto. << Azazel
morto. Londra presa di mira dal
suo Clan, che si è poi dileguato nel nulla. Auror e Maghi
dappertutto. Dio, non
ci stavo capendo più niente. Il mio Clan ha bisogno di
risposte.>>
<<
Le avrete.>> assentì Brutus. <<
Il Consiglio si riunisce a
Edimburgo una volta l’anno. Era dal 1500 che non veniva
indetto un Consiglio
Straordinario. Nemmeno Hitler e Voldemort hanno convinto quei vecchi decrepiti a riunirsi
eccezionalmente in Inverno. La situazione è dunque al
tracollo.>>
<<
Deve esserci sotto qualcosa.>> commentò
Vesper, avido di informazioni.
Ogni cosa del suo aspetto diafano e sinistro lasciava presumere che
fosse un
Vampiro. << Un’Umana che uccide un Immortale,
voglio dire. E’ un caso
unico. Terribile.>>
<<
Sconcertante.>> rincarò Avery, scosso da un
fremito.
Brutus
lo squadrò da capo a piedi. Quegli occhi di ghiaccio di
penetrarono a fondo
nell’anima. Poi, con un rauco colpo di tosse,
tuffò una mano in tasca.
Una
Bacchetta? No, stupido idiota, i
Vampiri non possiedono bacchette.
<<
Dì un po’, ragazzo.>> Fra le mani di
Brutus comparve un astuccio di
canapa consunto, dal quale estrasse un sigaro di pregevole fattura.
<<
Indossi delle lenti a contatto?>>
Vesper
esitò. Nonostante fosse pallido, su certo di essere divenuto
bianco come un
cadavere.
<<
I tuoi occhi.>> Brutus rise rocamente.
Schioccò le dita e una fiammella
ardente comparve sul palmo della sua mano, con la quale si accese il
sigaro.
Aspirò avidamente due boccate. << Se non
provenissi dall’antico Clan dei
Landback, giurerei sulla testa su Merlino che tu sia Il Principe
Oscuro.>>
Freddo.
Un freddo pungente gli attanagliò le viscere. Era finito.
Tutto quanto. La sua
missione, il suo futuro, la sua vita… erano finiti.
L’avevano riconosciuto. Era
scontato, aveva tirato troppo la corda e ora ne avrebbe pagate a caro
prezzo le
conseguenze.
Vesper
non riuscì a parlare. Ogni parte del suo corpo
sembrò congelarsi.
<<
Bella questa, Brutus!>> sogghignò Avery, che
ridacchiò levando in alto il
boccale. << Un altro giro!>>
ululò, rivolto all’Oste ammonticchiato
dietro il bancone. << Unisciti a noi, Landback. Brindiamo
al Consiglio,
alla nostra Indipendenza e quella di tutti i nostri Fratelli
d’oltremanica!>>
Vesper
si alzò meccanicamente, scosso e tremante. Lottò
contro sé stesso per
nasconderlo, per apparire sereno e trafelato. Vuotò quel che
ne rimaneva del
suo boccale di sangue, troppo agitato per essere sorpreso da
indesiderati
conati di vomito. E d’istinto, osservò
teatralmente l’orologio. Quella notte
aveva rischiato fin troppo.
<<
Mi dispiace, fratelli miei. Un impegno urgente mi attende prima
dell’alba.
Intrattenermi qui al “Rocky Road”
è
stato un passaggio obbligato per trovare ristoro e ricordare i bei
tempi ormai
passati. Ma ora devo… andare.>>
Parlò
di fretta, nervoso, e fu certo che non sarebbe servito uno
strizzacervelli per
capire che le stava svignando. I Vampiri erano esseri saggi, millenari,
una
conversazione del genere l’avrebbe condotto dritto alla
morte. Ma, con sua
immensa sorpresa, i due risposero alle sue parole con un garbato cenno
del
capo. Avery, addirittura, sorrise.
<<
Ci si vede al Consiglio.>> disse Brutus.
Vesper
annuì, sforzandosi di sorridere a sua volta. Un attimo dopo
aveva attraversato
il sotterraneo ed era fuggito su per la rampa di scale. Durante la
risalita
incrociò un Vampiro avvolto in un pesante parka invernale,
così spesso che
pareva essere stato ricavato dalla pelle di un vecchio Mammuth.
Scendeva
trafelato e non parve accorgersi della sua presenza, e il loro urto fu
brutale.
Vesper si sentì sbalzare indietro e, d’istinto,
s’appigliò al corrimano di
legno marcio, unico appiglio che gli avrebbe vitato di rompersi
l’osso del
collo. Merda.
Una
leggera fitta di dolore alle dita. Si rimise in piedi, frastornato,
avvertendo
le iridi glaciali del vampiro proiettate su di sé. Il dolore
alle dita aumentò
notevolmente.
Una
minuscola scheggia gli si era conficcata nell’anulare, e
gocce scarlatte di
sangue gli imperlarono la pelle.
Merda.
Merda. Merda. E
adesso?
<<
Umano.>> ringhiò sinistramente il Vampiro. Era
alto un paio di metri. Ed
aveva l’aspetto trasandato e infernale di uno Zombie.
<< Umano.>>
ripeté. Le sue mani forti e glaciali si strinsero attorno al
bavero del suo
mantello come due morse d’acciaio. << Vesper.>>
E
Harry capì che era finita per davvero.
*°*°*°*°*°*
Ron
precedette Ryo e Hermione lungo la ripida scala a chioccola che
conduceva ai
piani superiori della Tana. Fece grattare la serratura della sua stanza
e aprì
la porta con una spallata. Era un luogo ristretto, inondato dai raggi
di sole
che penetravano attraverso la finestra socchiusa. In un angolo era
stipato un
grosso letto a una piazza e mezza, affiancato da una vecchia scrivania
traballante e degli scaffali ricolmi di libri e di accessori dei
Cannoni di
Chudley. Una sciarpa della squadra di Quiddich era stata fissata con
una
spillatrice su una parete.
<<
Dov’è finito Vesper?>>
domandò
Ron, che si lasciò cadere sul letto. Sembrava scocciato e
nervoso. Lanciò a Ryo
uno sguardo spettrale. << Perché tu sai dov’è finito, Sushi, non
è vero?>>
Hermione
fece scorrere il suo sguardo nervoso da Ron a Miyachi, e viceversa, in
trepidante attesa di una risposta positiva.
Ryo,
con un sospiro, annuì. << Nella
merda.>>
<<
Sarebbe a dire?>> ringhiò Ron, che stava
perdendo la pazienza.
Ryo
appoggiò il casco della moto sulla scrivania, fermandosi in
piedi vicino alla
finestra. Aveva un aspetto trasandato, la barba accennata sul suo mento
e due
profonde, sinistre occhiate. << Non so,
dov’è!>> strepitò.
<<
Ma è nella merda. Nella Merda!>>
<<
Abbiamo capito.>> sentenziò aspramente
Hermione. << Ma non è un
luogo… identificabile.>>
<<
Sentite, siete due Auror, e io un Ricercato. Se qualcuno scopre che vi
state
intrattenendo con me, sono finito. Morto, ragazzi. Ci siamo
intesi?>>
<<
Và, avanti, maledizione!>> ululò
Hermione.
Ryo
sobbalzò, colpendo la testa contro una mensola.
<< E va bene. Vesper mi
ha chiamato. Una settimana fa.>> proseguì
difilato, massaggiandosi la
nuca. << E’ vivo. O almeno credo. Mi ha detto
di trovarsi da qualche
parte in Scozia, di avere una fame fottuta e di essere impegnato in una
faccenda di vampiri.>>
<<
Vampiri.>> mugolò Ron.
<<
Vampiri!>> strillò Hermione, preoccupata.
<<
Stai parlando di Colui che Sussurrava ai
Pipistrelli.>> fece Ron, tagliente. Un sorriso
sollevato si aprì sul
suo volto lentigginoso. << I Vampiri sono uno scherzo per
lui, vedrai. Se
la caverà, come sempre, e quando meno ce lo aspettiamo
comparirà nel tuo
ufficio e ci racconterà una buona volta che cosa diavolo ha
in mente.>>
<<
La tua sensibilità è pari a quella di uno
Schiopodo Sparacoda, Ronald,>>
strepitò Hermione, accigliata. << Chi altro
è con lui?>>
Ryo
scrollò inesorabilmente le spalle. << Agisce
da solo, per quanto ne
sappia. Ultimamente si è fumato parecchio il cervello.
L’ultima volta che l’ho
visto è stato un mese fa, più o meno, quando il
Profeta non faceva altro che
parlare della tua nomina a Comandante e della morte di Azazel. Ci siamo
scolati
una bottiglia di Whisky Incendiario ai Tre Manici di
Scopa.>>
<<
Hogsmeade?>> farfugliò Ron, incredulo.
<< Vesper era a
Hogsmeade?>>
<<
Sì.>> rispose il giapponese, come se fosse la
cosa più ovvia del mondo.
<< Mi ha raccontato che le Fenici stanno andando forte.
Sta accumulando
una vera fortuna, quel bastardo. Mi ha anche detto, ora che mi fate
pensare,
che ha trascorso un paio di giorni a Hogwarts, in gran segreto, per
ficcare il
naso in Biblioteca.>> Ryo rise malignamente.
<< La Sezione Proibita
è il suo habitat naturale. Impossibile che nessuno si sia
accorto di niente.
Cento Galeoni, o non scherzo, che la Preside lo sta aiutando. Voglio
dire,
quella donna lo ama.>>
<<
La McGranitt non aiuterebbe mai un ricercato
pluriomicida.>> disse
bruscamente Ron. << Ipotesi scartata. Probabilmente si
è addentrato nel
castello in incognito e ha derubato
qualche volume dalla Biblioteca.>>
<<
Ne parli come se fosse un criminale.>>
<<
Hermione, lui è un pazzo assassino!>>
strepitò Ron, furibondo. <<
Cerca di ficcartelo in testa, una buona volta! Ci avrà pur
aiutato, e questo
non lo metto assolutamente in
dubbio,
ma le sue rotelle sono fuori posto da cinque anni! >>
<<
Mi dispiace ammetterlo, ma Weasley ha ragione.>> disse
Ryo, con un
sorrisetto. E strizzò l’occhio a Hermione in una
smorfia fin troppo eloquente.
<< Dobbiamo trovarlo, in qualsiasi modo. La sua pazzia lo
condurrà alla
morte. Si sta immischiando fra i Vampiri per riuscire a comprendere i
loro
movimenti. Sostiene che si stiano organizzando per compiere
un’altra
Insurrezione dopo le scorribande di Londra, ma questa volta in scala
molto più estesa. Vi
risulta, Auror? >>
<<
Le indagini sulla morte di Azazel sono state archiviate e gli
avvistamenti di
Vampiri sono pressoché nulli, nell’ultimo
periodo.>> rispose Hermione. Fu
scossa da un brivido all’idea che quelle creature tornassero
all’attacco. Di
nuovo. << Non c’è alcun motivo per
presumere che i Vampiri progettino un
attacco imminente. Il loro Capo è stato ucciso. Avranno
senz’altro bisogno di
tempo per riorganizzarsi.>>
<<
E se Azazel non fosse il loro Capo?>> la
incalzò Ryo. << E se quel fottuto
genio di Vesper l’avesse capito
fin dal principio?>>
<<
In ogni caso, noi abbiamo le mani legate.>>
asserì Hermione. << Non
esistono prove. E senza prove, né uno stralcio di inizio,
non possiamo
materialmente avviare un’Indagine. Strada chiusa,
ragazzi.>>
<<
Aiutatemi a trovarlo, vi prego.>> li supplicò
il giapponese. << In qualsiasi
modo. Quel folle si è
cacciato nei guai. Guai seri. Con
quelle creature non si scherza. Non che abbia problemi a mimetizzarsi
con loro,
certo, ma farsi scoprire da un Vampiro equivale a una condanna a
morte.>>
Ron
e Hermione si scambiarono uno sguardo intenso.
<<
Sei in grado di rintracciare il telefono con cui Vesper ti ha
chiamato?>>
domandò Hermione a bruciapelo, con l’aria
sbrigativa di chi voleva scrollarsi
di dosso un grosso peso.
Ryo
annuì. Tuffò una mano in tasca e ne estrasse un
I-phone fasciato in una cover
color viola elettrico, sulla quale erano iscritti alcuni ideogrammi
giapponesi.
<< Sono il fondatore del Miyiachi
Software Group, tesoro. Ho inventato i Social Network.
Credete che non
sappia come rintracciare una telefonata?>>
<<
Perché non ci hai pensato prima?>> Hermione
s’accese di un bagliore
rabbioso. Odiava quel suo comportamento infantile e sfrontato. Odiava
aver
appreso che Harry si trovava in pericolo, ma di non poter fare nulla
aiutarlo.
Un opprimente senso di impotenza le avvolse lo stomaco.
<< Fallo subito,
dannazione!>>
Ron
li osservò in silenzio, le braccia protese parallele al
tronco come se fossero
un inutile prolungamento del suo corpo. Oscillò da un piede
all’altro, lo
sguardo vacuo, chiedendosi con tutta probabilità che cosa
fossero quegli aggeggi
babbani.
<<
Ci siamo.>> proruppe Ryo, dieci minuti più
tardi. Fece scorrere le dita
sullo schermo, agili come le zampe di un ragno. << La
chiamata è stata
effettuata dal suo cellulare. Da Edimburgo.>>
<<
Edimburgo?>> fece Ron.
<<
Già.>>
Il
matrimonio di Ginny e il suo distintivo avrebbero potuto aspettare un
paio
d’ore. Hermione comprese che era giunto il momento di
prendere una decisione
drastica. Immediata.
<< Ron,
devi tornare in cortile.>> disse, sbrigativa. E la
creatura nel suo petto
emise un ruggito. << Dì a tutti gli invitati
che il Comandante Granger è
stato richiamato urgentemente al Quartier Generale in merito ai nuovi
sviluppi
sulle importazioni illegali di Calderoni Esplosivi. Kingsley
è troppo ubriaco
per sospettare qualcosa.>>
<<
E Neville?>>
<<
Digli che sono andata a recuperare Vesper.
Capirà.>>
Ron
tacque per un lungo, interminabile istante. Le sue orecchie divennero
paonazze.
La sua smorfia, simile a quella che aveva mostrato alla presenza di Zia
Muriel,
lo fecero sembrare una rabbiosa statua di pietra. <<
Potrebbe essere
pericoloso, Hermione.>>
<<
Ho un distintivo, da qualche parte. Aspetta… deve esserci
scritto Comandante.>>
Il
gelo negli occhi castani di Ron si rispecchiò nei suoi, e
Hermione fu costretta
a voltargli le spalle per evitare di essere accecata dal bruciante
senso di
colpa. Lui la voleva aiutare. Stava morendo dentro all’idea
che si allontanasse
di nuovo per gettarsi a capofitto chissà dove, affrontando l’ignoto per salvare un criminale.
Ron
aveva ragione, in fondo.
Era
un bravo ragazzo. Il suo migliore amico. Un fratello che aveva lottato
sempre
al suo fianco, pronto a proteggerla in ogni situazione.
Ma
Ron non poteva capire. Nessuno poteva farlo.
Lei
amava Harry Potter. E amava Vesper. O forse entrambi.
*°*°*°*°*
`•.¸¸.•´´¯`••._.•
THE APPLE'S CORNER `•.¸¸.•´´¯`••._.•
Ragazzi,
che giornata. Con il mio splendido risultato dell'esame e la promozione
in tasca posso annunciare che Anima Bianca porta bene. Senza dubbio ^_^
Grazie a Viki,
alla mia Sister Stizy,
a Josephine,
Aly Black, Kia, Kla, Sabri89, Irene, e Kiki per le belle
recensioni.
Grazie inoltre alla Special One Argentlam,
e alla mitica Roxy.
Il prossimo capitolo verrà postato Venerdì 25
Novembre. Un abbraccio immenso a tutti i lettori.
AUROR POWER!
|
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Capitolo 3 *** Raziel - Immortali ***
Anima Nera_prologo
“La
Gente spesso definisce impossibili cose
che,
semplicemente, non ha mai visto”
(A.Einstein)
Harry
emise un rantolo dolorante. Poi si chinò, piegato in due dal
dolore, e sputò
del sangue per terra. La pioggia gelida si riversava come secchiate
d’acqua
sulla sua testa, scrosciando rumorosamente sul marciapiede inghiottito
nell’oscurità.
Il
Vampiro lo afferrò per la collottola e lo costrinse ad
avanzare. Harry compì
cinque passi, poi le mani fredde dell’aggressore gli
premettero contro la
schiena e si ritrovò proiettato contro la fiancata di un
furgone parcheggiato
lungo la strada.
<<
Zitto.>> ringhiò il Vampiro, che lo spinse
barbaramente contro la
fiancata. Harry cozzò il viso sua superficie fredda,
avvertendo un intenso
bruciore ai polsi.
<<
Ho diritto a un avvocato?>>
<<
Mani dietro alla schiena.>>
Funi
spesse gli bloccarono le mani. Il Vampiro lo afferrò per i
capelli,
strappandogli un gemito di dolore. Aprì il portellone del
furgone con la mano
libera e lo costrinse senza troppa cortesia a salirvi a bordo.
Harry
ruzzolò a terra. I portelloni si richiusero con un tonfo
secco, imprigionandolo
nel vano di carico completamente buio. Il pavimento vibrò
sotto i suoi piedi,
seguito dal ruggito del motore. Solo e dolorante, Harry
faticò a trovare una
posizione comoda per trascorrere il resto del viaggio. Erano diretti
chissà
dove, ostaggio di un Vampiro senza scrupoli che avrebbe impiegato pochi
istanti
per ucciderlo. O forse l’avrebbe consegnato al Ministero.
Delle due opzioni,
Vesper faticò a sceglierne la migliore.
Il
Vampiro gli aveva sottratto la Bacchetta di Sambuco, era a conoscenza
della sua
identità. No. Non c’erano speranze.
S’arrese all’evidente destino che lo
attendeva e attese, accucciato in un angolo del furgone, gli occhi
rossi
brillanti nell’oscurità. Il mezzo
transitò per le vie del centro e si allontanò
per quello che sembrava un lungo rettilineo. Dopo mezz’ora, o
forse un’ora
intera, il cassone sussultò violentemente. Le ruote
scricchiolarono a contatto
con un sentiero sterrato. Procedettero per qualche miglio a
velocità limitata,
inerpicandosi in salita per una strada impervia, finché il
rumore cigolante di
cancelli annunciò a Harry che, finalmente, il viaggio era
volto verso il termine.
E,
con tutta probabilità, anche la sua vita.
Harry
udì il grugnito del Vampiro dalla cabina di guida. Il rombo
del motore si
spense. I passi del nemico si fecero più vicini, poi
l’eco sordo dei portelloni
che venivano spalancati.
<<
Vesper.>>
La
luce lo abbagliò.
Il
sole era sorto dai colli erbosi dell’orizzonte e il Vampiro,
senza una piega,
lo agguantò come una bestia da macello e lo
trascinò fuori dal furgone. Harry
si ritrovò in un vasto piazzale ghiaioso, dove al centro
troneggiava una
fontana di pietra.
La
villa antica dipingeva una grossa “U” abbracciando
l’intero spiazzo, alta e
imponente come un grosso baluardo di pietra immerso nella brughiera.
L’ingresso
era sormontato da statue raffiguranti gargoyle di pietra, le luci delle
finestre del primo piano erano accese.
<<
Muoviti.>> il Vampiro lo afferrò per un
avambraccio e lo scortò
attraverso il piazzale.
Harry
camminò meccanicamente, la testa vuota. Si chiese dove fosse
finita la sua
bacchetta, o quantomeno che cosa volessero da lui.
Aveva
bisogno di lui. Altrimenti non avrebbero esitato a sbranarlo.
Le
sue ipotesi vennero confermate dalle nere figure ammonticchiate
nell’ingresso.
Erano cinque Vampiri. O forse sei. Alti, freddi, avvolti in eleganti
completi
scuri con una cravatta color rubino. I loro occhi perlustrarono Harry
non
appena mise piede all’interno del maniero. Il più
anziano di loro, un Vampiro
con il cranio interamente stempiato e un orecchio mancante, fece loro
strada su
per una scalinata.
Harry
si ritrovò al secondo piano della Villa, scortato dal
piccolo gruppo di
Vampiri. Nessuno di loro parlò. Era un ambiente ampio,
simile a un enorme sala
da pranzo vittoriana, con drappi color porpora alle pareti e deliziosi
soffitti
affrescati. In fondo alla sala, seduta su un trono dall’aria
traballante, c’era
una ragazzina.
Aveva
l’aspetto lentigginoso e giovanile di una studentessa di
liceo, lunghi e lisci
capelli rossicci raccolti in un elegante crocchio dietro la schiena.
Vestiva
con un abito di pelle nera adente, stivali di borchie ai piedi, e il
suo
sguardo di ghiaccio sembrava uscito da un vecchio film
dell’orrore. La
ragazzina dal viso d’angelo, non appena Harry venne condotto
al suo cospetto,
si alzò in piedi con un riso soddisfatto dipinto sul volto.
Quando parlò, la
sua voce roca e profonda sembrò appartenere a una
cinquantenne.
<<
Il Principe Oscuro in persona. Quale onore.>>
Harry
la scrutò, sconvolto. Avvertì le unghie dei
Vampiri penetrargli dolorosamente
nella pelle della schiena. Emise un gemito strozzato.
<<
Dominic. Moran. Lascialo andare, per cortesia.>> La
ragazzina agitò una
mano in aria, ed immediatamente i due Vampiri si ritrassero,
lasciandolo solo
al centro della sala. Harry si sentì un barboncino a una
mostra di esposizione
per cani: tutti gli occhi erano concentrati su di lui.
<<
Posso sapere perché mi
avete portato
qui?>> chiese, gelido.
La
ragazzina rise. Aveva un viso angelico da cerbiatta e gli occhi
luccicanti.
No.
Non poteva avere più di tredici anni.
<<
Forse la domanda giusta è un’altra, Vesper. La
buona cortesia impone di
presentarsi, prima di rivolgere la parola a un estraneo.>>
<<
Tu conosci fin troppo bene il mio
nome.>>
<<
Vero, ragazzino. La verità è che, appena ho
saputo dai miei uomini che stavi
cercando di infiltrarti in quel sudicio locale di Edimburgo, non ho
resistito
all’idea di conoscerti di persona.>>
Ragazzino?
<<
Se era solo per un autografo.>> Harry si passò
una mano nei capelli
corvini. Il suo sorriso mellifluo gli dipinse il volto.
<< Avresti potuto
evitare il sequestro. I lividi. Le
botte. E tutto il resto.>>
Faccia
d’Angelo lo indicò. Rise. Una risata fredda e
determinata. << Sei
un’idiota Vesper. Ma simpatico. Vieni,
camminiamo.>>
Harry
fu costretto a suo malgrado ad obbedire.
I
Vampiri si fecero da parte, consentendogli di giungere in
prossimità del
vecchio trono scrostato. La ragazzina gli fece cenno di seguirla e,
insieme,
s’incamminarono lungo un corridoio finestrato che si
affacciava sul grosso
salone del piano terreno. Da quell’angolazione, gli
ricordò il Maniero Malfoy e
la battaglia con Honorius Azazel.
<<
Dunque, perché mi trovo qui?>>
azzardò Harry.
Faccia
d’Angelo rise ancora. Sembrò estremamente
divertita da quella faccenda.
<< Io mi chiamo Sophie-Anne. Ma tutti quanti, qui a
Edimburgo, mi
conoscono come Pye. Il piacere è mio, Vesper.>>
<<
Sei un Vampiro?>>
<<
Avevi forse qualche dubbio, Einstein?>>
Harry
tacque. La sua lingua era più affilata di una lama. Tutto
sommato seppe che
quell’essere, quel Vampiro, o cosa diavolo fosse, non
costituisse una minaccia
per la sua vita. Anzi. Dal suo modo di porsi sembrava particolarmente
interessata a lui.
<<
Gradisci una tazza di tè?>>
Harry
ammutolì. Poi, lentamente, fece cenno di sì con
il capo.
<<
Oh, voi idioti esseri umani. Ho
forse
l’aspetto del Conte Dracula, Potter? No di
certo.>> Sophie-Anne accelerò
il passo. Sembrava schizofrenica, in effetti. Ciò spiegava i
suoi occhi spiritati
e la sua folle mania di parlare a raffica. O forse era semplicemente
una donna.
<< Possiamo bere, mangiare. L’aglio e
l’argento non hanno alcun effetto
su di noi. La nostra immagine viene riflessa nello specchio. Oh,
dimenticavo, adoro prendere il
sole.>>
<<
Perché sono qui?>>
<<
Perché sei famoso,
Vesper.>> fu
la sua risposta. << Tutti i giornali magici non fanno
altro che parlare
di te. Del criminale ricercato numero uno del Ministero della Magia,
che nessun
Auror è mai riuscito a catturare.>>
<<
Modestamente.>>
Sophie-Anne
gli regalò uno sguardo gelido. Gli fece cenno di entrare in
una stanza a
ridosso di un’altra rampa di scale e si accomodarono su delle
morbide poltrone
color cremisi. Il Vampiro fece comparire dal nulla un servizio da
tè sul tavolino
di cristallo ai loro piedi. Dalle tazze di porcellana proveniva un
bollente
aroma di miele.
<<
Zucchero?>>
Harry
non rispose. Ricevette la tazza di tè amaro in mano. Era
confuso, ansioso e
paralizzato. L’atteggiamento di quell’essere era
enigmatico. << Quanti
anni hai?>>
Non
seppe il perché di quella domanda. Gli fuoriuscì
semplicemente dalla bocca.
<<
Cinquantaquattro.>> Pye sorseggiò il suo
tè speziato, serena, come se
fosse la cosa più ovvia e normale del mondo.
<< Il motivo per cui volevo
conoscerti, Potter, è che in qualche modo le nostre strade
si sono incrociate.
Non sono una fatalista, ma credo che il destino spesso lasci dei
segnali sul
nostro cammino per aiutarci a scegliere il sentiero
giusto.>>
Mi
auguro che il mio
sentiero mi conduca il più lontano possibile da questa casa.
Harry
si limitò ad annuire, torturando il bracciolo della
poltrona. Ci fu un lungo
silenzio.
<<
Chi sei, Sophie-Anne?>> domandò Harry, scuro
in volto.
La
Vampira rise. Bevve un sorso di Tè sorreggendo elegantemente
il manico della
tazzina fra l’indice e il pollice. << Il mio
nome è Sophie-Anne Lupin. E
sono, in qualche modo, la sorella
di
Remus.>>
*°*°*°*°*
<<
Io devo sapere
dov’è. E devo saperlo subito.>>
L’indomani
mattina la solita pila di incartamenti la accolse al suo rientro in
ufficio.
Ma, per una volta, Hermione ignorò i fascicoli da firmare, i
protocolli
inerenti ai trafficanti illegali di calderoni e le decine di avvisi del
Quartier Generale. Rimase lì immobile per ore, scrutando
nient’altro che un
paesaggio magico della brughiera inglese ricreato fuori dalla finestra,
lambiccandosi il cervello alla ricerca di qualche indizio che la
potesse
ricondurre a Harry. Doveva esserci per
forza un modo per trovarlo.
<<
Rassegnati. Vesper è come un fantasma.>>
commentò aspramente Ron all’ora
di pranzo, quando scesero insieme in Mensa accompagnati da Neville.
Quest’ultimo si era tenuto volutamente in disparte da quella
faccenda, quasi
non volesse avere più a che fare con quella storia.
D’altro canto, Neville non
aveva tutti i torti: cinque mesi prima aveva rischiato di morire,
ritrovandosi
nel mezzo di una battaglia fra Uomini e Vampiri.
<<
Ho perlustrato il suo appartamento di Soho. Vuoto.>>
Seduti a tavola dinnanzi al loro vassoio del pranzo, Hermione
oscillò sulla
cassapanca e prese a contare i suoi tentativi sulle dita di una mano.
<<
Appartamento di Notting Hill. Venduto.
Magazzino sul Tamigi, a Southwark. Vuoto.
Sono andata nell’Est Sussex, in un ristorante di Beachy Head
che Harry era
solito frequentare, ma la proprietaria mi ha detto che non si
è più fatto
vedere da almeno cinque mesi. E le
deve ancora venti sterline.>>
<<
Potebbe eccere andato all’ectero.>>
azzardò Ron, che si
stava ingozzando di arrosto con patate.
Hermione
gli lanciò un’occhiata acida. << Non
si parla con la bocca piena, Ronald.
Quante volte devo ricordatelo, prima che tu la smetta?>>
Ron
ingoiò rumorosamente il boccone. << Quel che
sto cercando di
dirti.>> sbottò. << E’
che Vesper ha nove vite come i gatti. Non
deve essere per forza morto. Sarà da qualche parte a
spassarsela alle nostre
spalle. Un po’ come Hagrid la scorsa estate, che si
è concesso la sua prima
vacanza in Scozia.>>
Ron
tornò a concentrarsi sull’arrosto, ma il cervello
di Hermione formulò
un’ipotesi razionale con la stessa prontezza di un
calcolatore.
Hagrid.
Vacanza. Hogwarts.
<<
Hagrid!>> strillò, facendolo sobbalzare. Un cucchiaio di
purè di patate ricadde
penosamente sui suoi pantaloni. Ron emise un roco epiteto,
agguantò un
tovagliolo e prese a strofinarsi la macchia.
<<
Che cosa diavolo c’entra Hagrid, adesso?>>
<<
Rifletti, Ron, maledizione. In
Scozia. Scozia! Ryo ha detto che
Vesper, quando gli ha telefonato, ha detto di trovarsi a Edimburgo.
Sappiamo
tutti quanti che Hagrid non si è mai mosso dal Castello, a
parte per incarichi
del Preside. E, guarda caso, un paio di mesi fa ha deciso
all’improvviso di
andare in vacanza per riposare.>>
<<
Non ci trovo nulla di strano.>> sentenziò Ron,
vacuo. Addentò quel che ne
restava del suo arrosto, e lo gustò con una smorfia
soddisfatta. << Tu sei malata,
Hermione. Vedi Pipistrelli
dappertutto. Hagrid voleva
semplicemente prendersi una vacanza dopo anni di lavoro a Hogwarts.
Punto e
basta. E poi è partito in compagnia di Madame Maxime. Me
l’ha raccontato
Lumacorno ai Tre Manici di Scopa, una sera - il vecchio Horace ha
buttato giù
una bottiglia intera di Whisky incendiario. Cosa credi gliene sia
importato di Vesper,
in quel momento?>>
Ma
Hermione aveva la testa altrove. Ripensò a Hagrid, alla
bottiglia di Whisky
Incendiario e alla figura del Gigante in compagnia del Ministro al
Matrimonio. Poi,
senza perdere tempo, né tantomeno preoccuparsi di avvisare
Ron, abbandonò il
vassoio del pranzo sul tavolo e fuggì frettolosamente in
ufficio.
*°*°*°*°*
<<
Io, Remus e la nostra famiglia abitavamo ai piedi del Colle
dell’Ermellino.
Nostro padre, Oliver Remus Lupin, era un Obliviatore del Ministero.
Mamma
invece insegnava pianoforte a Londra in una scuola elementare babbana.
Era una
Strega con un gran cuore.>> Sophie-Anne sedette su una
vecchia sedia a
dondolo sul terrazzo del suo Maniero, lasciandosi oscillare lentamente
accompagnata dalla melodia di musica classica in sottofondo, emanata da
una
radio risalente presumibilmente agli anni ’50.
Harry,
che era in piedi appoggiato alla balaustra, la ascoltò
attentamente.
<<
Quando Remus è stato morso da Greyback, la mia famiglia
è precipitata nel caos.
Mia madre è stata costretta a licenziarsi per stargli
vicino, ma nelle notti di
luna piena eravamo costretti a rinchiuderlo nel vecchio capanno degli
attrezzi
per evitare che ci facesse del male. Lui non sapeva controllarsi, e il
nostro
timore più grande era che Remus non fosse ammesso a
Hogwarts.>> La
Vampira sospirò profondamente, persa nel ricordo.
<< Ma Albus Silente era
un uomo di larghe vedute. Fece impiantare il Platano Picchiatore
affinché Remus
potesse raggiungere la Stamberga Strillante per trascorrere le sue
notti di
luna piena lontano dalla scuola. Quando ho iniziato a studiare a
Hogwarts,
Remus era al Terzo Anno, e già s’era accerchiato
di quei Tre. James, con
quell’aria arrogante e presuntuosa, sempre pronto a
sbeffeggiare i più deboli davanti alla classe. Vesper è più simile
a tuo padre di quanto non lo sia Harry Potter,
ragazzo.>>
Harry
tacque. Ma seppe che in parte Pye aveva ragione.
Il
suo carattere, il suo equilibrio interiore erano completamente saltati
per aria
dopo la Guerra, ed il risultato era stato la nascita di una persona
diversa dal
vecchio Harry. Ne era cosciente.
<<
E’ stato durante il mio primo anno di scuola che mi sono
accorta di Sirius
Black. Lui era… l’idolo delle
ragazzine. Bello, alto, tenebroso come nessun altro studente. Se ne
stava
sempre in compagnia di James, e mio fratello non è mai
riuscito a fermare le
loro bravate. Remus assisteva immobile ad ogni loro angheria nei
confronti di
Severus. Lui… era troppo debole
per
opporsi.>>
Una
pausa. Sophie-Anne strinse con foga le dita attorno ai braccioli.
<<
Inizialmente lo odiai. Contrariamente a me, Sirius era uno dei ragazzi
più
popolari della scuola. Non sopportavo l’idea che si
divertisse alle spalle
degli studenti più timidi. Lo odiai con tutta me stessa
finché Sirius non
s’accorse di me e, un giorno, mi chiese di
uscire.>>
<<
Oh-ho.>> fece Harry
d’istinto,
e mascherò la sua esclamazione con un rauco colpo di tosse.
<< Volevo
dire, ecco… eri fidanzata con il mio
Padrino?>>
<<
Fidanzata non credo sia il termine più
corretto.>> disse aspramente
Sophie-Anne. E fu del tutto inverosimile, per Harry, ritrovarsi a
dialogare con
lei. Non dovette sforzarsi di immaginarsi l’aspetto della
sorella di Lupin a
scuola, perlomeno. Era proprio lì, davanti ai suoi occhi. Ed
improvvisamente
capì il motivo delle attenzioni di Sirius. Era di una
bellezza aristocratica e
diafana, come se fosse uscita fuori da un racconto di nobili del
‘700.
<<
Uscii con Sirius per cinque mesi. Avevo tredici anni. Fu
l’errore più grande
della mia vita. Inizialmente ci
incontrammo di nascosto, sgattaiolando fuori nel parco
quand’era buio. L’idea
di infrangere le regole mi faceva sentire più grande. E lui
era maledettamente
bello. Non vedevo l’ora di urlare al mondo che uscivo con
Sirius Black. Ma poi
>> Sophie-Anne emise un altro sospiro. Fece scivolare una
mano
all’interno della veste, e si accese una sigaretta.
Aspirò avidamente una
boccata rilasciando nell’aria uno sbuffo di fumo.
<< Poi lo stronzo si
è rivelato per ciò che era
veramente. Uno sporco, stupido donnaiolo incallito. Non ti offendere,
Vesper,
non sto mettendo assolutamente in dubbio le qualità umane di
Sirius Black. Per
mio fratello è stato un amico fedele. Ma per quanto mi
riguarda, sono stata
usata e gettata via come un giocattolo vecchio.>>
<<
Mi dispiace.>> mormorò Harry. E gli dispiacque
davvero.
<<
Lo so, lo so. Così parlano le ragazze ferite. Ma credimi,
Vesper. Io non l’ho
digerita affatto. Ho iniziato il Terzo Anno desiderando più
di ogni altra cosa
riconquistare il suo amore, ma Sirius era volato fra le braccia di
altre belle
Grifondoro e a me non rimase altro che assistere impotente alle sue
conquiste.
Iniziai a non mangiare, i miei voti precipitarono penosamente, la
McGranitt era
così preoccupata da spedire gufi ai miei genitori ogni
settimana. Ma né loro,
né tantomeno Remus si preoccuparono per me.>>
Pye rilasciò altro fumo
nell’aria. Le sue labbra si piegarono in una smorfia.
<< Problemi di cuore
adolescenziali, disse
mio padre. Stronzate.>>
Consumò
la sigaretta e la gettò sprezzante sul pavimento,
calpestandola con un tacco.
<< Un mese dopo tentai di suicidarmi gettandomi dalla
Torre di
Astronomia. Tentativo fallito: non ho trovato il coraggio. Sprofondai
in una
crisi depressiva e passai gran parte delle mie notti a piangere in riva
al lago
nero, dove nessuno poteva sentirmi. Sapevo di infrangere le regole, ma
non mi
importava. Una notte, non so perché, mi avvicinai alla
Foresta. Avevo gli occhi
gonfi e non riuscivo manco a vedere dove stavo mettendo i piedi.
Camminai per
ore, fino a ritrovarmi in una radura. Poi qualcosa, là
dentro, mi ha attaccata.
Non so cosa fosse, né tantomeno non ho mai capito
perché l’abbia fatto. Quando
mi sono risvegliata, l’indomani, non ricordavo niente della
notte prima ed
avevo un mal di testa insopportabile. Poco dopo ho scoperto di essere immortale.>> Pye rise. Una
risata
folle. << Una sola cosa posso dirti, Vesper. I Vampiri
sono dei figli di
puttana.>>
<<
Lo terrò presente.>> mormorò Harry.
<<
Per fartela breve, tutti quanti mi diedero per morta. Molti sostennero
che mi
ero gettata nel Lago e il mio corpo non venne mai ritrovato. La colpa
fu
attribuita alle correnti del lago che mi spinsero a fondo. Io,
bé… d’altro
canto che cosa potevo fare? Ero un mostro. E mio fratello era un
licantropo. Una
delizia, non è
vero?>>
<<
Già.>>
<<
Dimmi, hai una fidanzata, da qualche parte?>>
Harry
temporeggiò, intontito.
Era
pazza. Pazza completa.
L’immortalità
doveva averle dato troppo alla testa, o forse aveva trascorso troppo
tempo
senza incontrare un mortale.
<<
Io veramente…>> bofonchiò, incerto.
<<
Ne avrai sicuramente una. Le donne sono tendenzialmente autolesioniste,
scelgono sempre uomini belli e dannati. E’ stato un bene che
Vesper ti abbia
posseduto: da quel poco che leggevo sui giornali, dovevi essere uno
sfigato
mollaccione.>> Un angolo della bocca segnata con rossetto
color cremisi
della Vampira s’inarcò in un sorriso.
<< Honorius Azazel era solo
l’inizio. Ce ne saranno altri. La sua era una crociata
solitaria, ma ora i Clan
inglesi si stanno muovendo per conquistare la libertà.
Vogliono uscire alla
luce del sole, Vesper. Sono pronti per tornare.>>
<<
Ma tu sei…>>
<<
Un Vampiro, sì. Teoricamente è controproducente
consigliarti di avvisare gli
Umani del loro arrivo. Ma io non sono un Vampiro con tutti gli
altri.>>
Pye sorrise. Si accese un’altra sigaretta. <<
Io non ho scelto di
diventare Immortale. Perciò mi sento in dovere di aiutarti,
ragazzo. Dopo
tutto, se non ti avessi fatto portar via da quell’orrido pub,
qualcuno ti
avrebbe stanato e ucciso. Sei troppo megalomane per passare
inosservato.>>
<<
Cosa vuoi da me, Sophie-Anne?>> domandò Harry
d’impulso.
<<
Aiutarti.>> disse dolcemente lei. Due coni di fumo
divamparono dalle sue
narici. << Solo i Capi Clan sono a conoscenza del modo
con cui può essere
ucciso un Vampiro. Ed è scontato che non siano disposti a
rivelarlo troppo
facilmente. Tu sei l’unico che può fermare tutto
questo, Vesper.>>
<<
Oh, certo. Io sono il Ragazzo Sopravvissuto, io
sono…>>
<<
No.>> Pye scosse il capo. Sembrava tetramente divertita
da tutta quella
faccenda. << Tu sei un Demone. Sei un’ombra che
veglia sul Mondo dei
Maghi senza mai prendersi i meriti. Sei la persona adatta per tirare
fuori i
tuoi simili dalla merda. E, in particolare, la tua ragazza.>>
*°*°*°*°*
<<
Un istante di attenzione.>> La Preside McGranitt
picchiettò il cucchiaio
contro il calice di cristallo, ed il brusio eccitato della Sala Grande
precipitò in un profondo silenzio. La McGranitt si
alzò in piedi e raggiunse il
leggio intarsiato appartenuto a Silente, sul quale era posato un
pesante volume
rilegato in pelle. Fece scorrere le sue dita nodose sulla sua
superficie,
giocherellando con il segnalibro color porpora. << Ho
annuncio
importante, quest’oggi. Una vecchia conoscenza di Hogwarts ci
ha raggiunto per
presenziare il primo giorno di scuola. Permettetemi di presentarvi il
Comandante del Quartier Generale degli Auror. Hermione
Granger.>>
Dai
quattro tavoli il silenzio si tramutò in un applauso
chiassoso.
Dal
tavolo dei Grifondoro, in particolare, provennero ululati e fischi di
approvazione. Altri cori festosi accompagnarono la figura di Hermione
avvolta
nell’uniforme d’ordinanza attraverso il palco
rialzato degli insegnanti, mentre
stringeva affettuosamente la mano della professoressa McGranitt. Poi si
volse
verso la massa uniforme di cappelli a punta, d accennò a un
inchino del capo. Lo
Smistamento era concluso da meno di un’ora.
<<
Siete troppo gentili.>> disse sorridente, e la sua voce
su ovattata da un
ultimo applauso corale. Congiunse le mani all’altezza del
petto, volgendo le
iridi color nocciola sui visi elettrizzati degli studenti. Erano
sorpresi di
vederla lì: colei che aveva sconfitto un Vampiro,
l’Eroe del Mondo Magico,
colei che aveva catturato il Principe Oscuro.
<<
Vi ringrazio. Ho sempre desiderato fare ritorno a Hogwarts per augurare
il più
sincero benvenuto agli studenti. Purtroppo la mia promessa è
stata ostacolata
dal lavoro. Ma ora sono qui, finalmente.>> Hermione fece
una pausa.
Sorride. << Benvenuti, ragazzi.>>
Altri
applausi. Un giovane Corvonero s’alzò in piedi
sulla panca e oscillò
pericolosamente una vecchia macchina fotografica nella sua direzione.
Un flash
la abbagliò.
<<
Il Comandante Granger si è gentilmente offerta di rispondere
ad ogni vostra
domanda riguardo il Quartier Generale.>> intervenne la
McGranitt, con una
punta di orgoglio nella voce. << Molti degli studenti del
settimo anno
che decideranno di intraprendere questa strada dovrebbero approfittare
di
questa imperdibile occasione. Non capiterà tutti i giorni di
ospitare Hermione
Granger.>>
Applausi.
Fischi sonori. Altri Flash abbaglianti.
Un’ora
più tardi Hermione si sentì sfinita. Si sottopose
completamente alle raffiche
di domande degli studenti, ai loro sorrisi entusiasti, alla
curiosità morbosa
che aleggiava attorno alla sua leggenda. La maggior parte dei loro
pensieri,
inevitabilmente ricadde su Harry.
Vesper,
lo chiamavano, il Principe Oscuro.
Volevano
sapere cosa significasse avere a che fare con un ricercato assassino
come lui,
suo vecchio amico. Una piccola Tassorosso con i capelli color paglia
avanzò
l’ipotesi che Vesper fosse in realtà
un’altra persona, poiché “Harry Potter
è
buono. Non sarebbe mai capace di gesti del genere.”
Al
termine della serata, la McGranitt batté le mani e invito i
Prefetti ad
accompagnare gli studenti ai rispettivi dormitori. Hermione
salutò lo sciame di
cappelli a punta che trascinò i piedi e le pance sazie verso
l’uscita della
Sala Grande, intrattenendosi una mezz’ora in compagnia degli
insegnanti. Ma
l’argomento di conversazione non cambiò. Non
c’era Mago o Strega che riuscisse
a fare a meno di Harry, in un modo o nell’altro.
Quando
il grosso orologio che troneggiava nell’Ingresso segnava le
undici in punto,
Hermione salutò calorosamente la McGranitt. Non resistette
all’impulso di
abbracciarla.
<<
Voglio fare visita a Hagrid.>> annunciò.
<< Non vedo la sua Capanna
da troppo tempo.>>
La
piacevole brezza di fine estate accompagnò la sua discesa
nel parco del
castello inghiottito nel buio. Una fila di lanterne penzolanti a
mezz’aria
illuminava il sentiero che procedeva tortuoso in direzione della
foresta.
Laggiù, appollaiata dietro un orto di zucche, sorgeva la sua
Capanna. Un fiotto
di fumo fuoriusciva dal camino e le finestre erano illuminate.
Bingo.
Prima
di bussare alla porta, sfoderò la bacchetta e si
premurò di trasfigurare una
zucca in una bottiglia di Whisky Incendiario, che raccolse da terra e
la adornò
con un fiocco ornamentale.
<<
Hermione!>> ululò il Gigante, quando
spalancò la porta. Indossava un
grembiule consunto sporco di sangue e una sua manona stringeva un
coltellaccio
da cucina. Stava affettando della carne, e per sua fortuna non la
abbracciò.
<< Vieni dentro, accomodati. C’è un
po’ di disordine qui in mezzo, sono
dietro a spellare le donnole che ho cacciato nella foresta
e…>> Hagrid
s’interruppe. Le rivolse un sorriso estasiato.
<< Perbacco, Hermione.
Sembri un pezzo grosso del Ministero, con quella
divisa.>>
<<
Ho un piccolo dono.>> Hermione ricambiò il
sorriso, mostrandogli la
bottiglia di Whisky Incendiario. Il regalo fu accolto calorosamente.
<<
Non dovevi.>> mugolò Hagrid.
Abbandonò il coltello in un angolo della
capanna, si sfilò il grembiule e affondò le
manone nell’acqua torbida di un
secchio. << Hogwarts è rinata. Rinata!
Stasera ho accompagnato quelli del primo anno in barca, non
c’era studente che
non mi domandasse di te e delle tue avventure!>> Hagrid
si asciugò le
mani nel pastrano di fustagno, e si lasciò cadere seduto sul
letto. Sporgendosi
verso la credenza, agguantò due bicchieri in legno sbeccato
e gli dispose sulla
tavola. << Non ti invidio. Voialtri del Ministero avrete
da fare un gran
lavoro per garantire la pace. Periodi bui, ecco tutto! Non serve che
parliate,
l’ho capito benissimo da solo.>>
Thor
comparve da sotto il tavolo e si diresse verso Hermione per farla le
feste,
l’enorme testone nero e il pelo arruffato. Hermione gli
accarezzò dolcemente il
muso e il cane emise un latrato rauco, puntando le zampe sulla poltrona
per
ricevere altre attenzioni.
<<
Non si può dire che sia un momento felice.>>
tagliò corto Hermione.
<< Parlami di te, Hagrid. Al matrimonio non abbiamo avuto
occasione per
chiacchierare.>>
<<
Oh, bè. Ero parecchio indaffarato a brindare con il vecchio
Kingsley.>>
disse Hagrid di rimando, che si batté una mano sulla pancia.
<<
Vorrei brindare anch’io.>> asserì
Hermione, che gli rivolse un altro
radioso sorriso. Agitò la bacchetta e la bottiglia di Whisky
si stappò con uno
schiocco improvviso, facendo sobbalzare Thor che filò a
nascondersi sotto il
letto. Fece lievitare la bottiglia e ne versò il contenuto
nei bicchieri. Poi
afferrò il suo e lo levò teatralmente in aria.
<< Alla nostra lunga
amicizia.>> disse. << Che possa durare per
sempre.>>
Hagrid,
gli occhi luccicanti dall’emozione, non perse tempo per
brindare. Fecero
tintinnare i bicchieri e il gigante vuoto il suo Whisky d’un
sol sorso.
<<
Gliel’ho sempre detto a Kingsley, che sei una persona
straordinaria. Come sta
Ron, a proposito?>>
Hermione
posò il bicchiere ricolmo sul tavolo, rivolgendogli un
sorriso cortese.
<< Oh, Ron è molto indaffarato. La missione
Auror, poi la promozione di
Percy, il matrimonio di Ginny. Ti porta i suoi saluti. Verrà
presto a farti
visita.>>
<<
Se solo ci pensò, che era un babbanetto alto
così.>> Hagrid oscillò la
mano a mezz’aria, mentre con l’altra si
versò dell’altro Whisky nel bicchiere.
Hermione non smise mai di sorridergli educatamente e, durante la
conversazione,
si preoccupò di riempirgli il bicchiere ogniqualvolta veniva
vuotato. Al
quinto, quando ormai il contenuto della bottiglia era
pressoché dimezzato, le
gote di Hagrid divennero rosse come una mela matura.
<<
Dimmi, Hagrid, hai più avuto notizie di
Vesper?>> domandò Hermione.
Il
Gigante singhiozzò, versandosi da solo altro Whisky. Poi
abbassò una manona e
prese ad accarezzare affettuosamente Thor. << Oh, no.
Come posso avere
notizie sue? E’ un criminale, ecco cos’è
quel ragazzo. Io non voglio avere a
che fare con i criminali.>>
<<
Certo che no, hai solo accettato un Drago di contrabbando da un Mago
Incappucciato.>> replicò dolcemente Hermione.
Lo osservò bere il sesto
bicchiere di Whisky Incendiario. Le sue parole divennero incerte e
impastate, e
Hagrid sembrò compiere un’enorme fatica per
formulare un discorso di senso
compiuto. Si lasciò ricadere indietro, appoggiando la
schiena alla parete del
capanno, lo sguardo perso nel vuoto.
<<
Hai più avuto notizie di Vesper?>> insistette
Hermione, affabile.
Hagrid
annuì. Poi scosse vistosamente il capo e si tappò
la bocca.
<<
Oh, andiamo. Puoi dirmelo. Sono tua amica.>>
<<
Sì. Mia amica.>> biascicò il
gigante, che sfoderò un sorriso idiota e
confuso. << Io sono molto attaccato agli amici, sai. Il
vecchio Fiorenzo
ne sa qualcosa. L’ho sempre aiutato, sai
com’è, se non ci si aiuta tra amici
nella foresta. E poi mi diceva sempre che un giorno o l’altro
i miei sforzi
sarebbero stati premiati, che ero una persona per bene. E bla bla bla. Solite cose.>>
Hermione
annuì profondamente, fingendosi interessata al suo discorso.
<<
Poi un giorno ho letto sul Profeta che avevate acciuffato e ucciso il
buon
Honorius Azazel, che si divertiva a farvi cattiverie alle spalle. E che
Ron era
vivo. Per tutti i Troll di Montagna, ho iniziato a saltare come un
matto.>>
<<
Davvero?>> fece Hermione, vagamente sorpresa.
<< Vesper era felice
della notizia?>>
<<
Oh, certo!>> esclamò Hagrid, orgoglioso.
<< E’ stato lui a farmi
leggere l’articolo.>>
Bingo.
Hermione
lottò per mantenere il freddo autocontrollo. Dentro di
sé avrebbe voluto
urlare, ma non lo fece. Gli versò dell’altro
Whisky senza mai perdere il
sorriso.
<<
Sarà senza dubbio orgoglioso del mio operato. Sono riuscita
a uccidere Azazel,
proprio come mi ha ordinato.>>
<<
Oh, sì.>> fece eco Hagrid, ormai ubriaco.
<< Me l’ha detto che hai
avuto un bel da fare con quel Vampiro. Sì,
sì, gli faccio io. Ma c’era il suo
zampino dietro, non c’è dubbio,
altrimenti mica ci sareste riusciti ad acciuffare i
colpevoli!>> Hagrid
tacque. Per un istante i suoi occhi perlustrarono il capanno
circostante, poi
tornò a tapparsi la bocca con entrambe le mani.
<< No. No. Non devo
dire queste cose. Si arrabbierà.>>
<<
Non si arrabbierà.>> lo
tranquillizzò Hermione, con un sorriso. <<
Dove si trova Vesper adesso?>>
<<
Oh, non lo so.>> mormorò Hagrid.
<< Mi ha detto che c’aveva voglia
di vederti. Ma prima doveva sbrigare delle faccende sue. Robe
complesse. Poi
sarebbe tornato a Londra nel suo magazzino vicino al fiume. E mi ha
lasciato un
aggeggio suo da nascondere.>>
<<
Un aggeggio?>>
<<
L’ha comprato a una mostra, mi ha detto. Un pezzo raro, dice
che deve ancora
uscire nei negozi. L’ho
sistemato
vicino alla foresta, sotto dei cespugli. Nessuno si avvicina
così tanto al
bosco per ficcare il naso. Gli faccio a Vesper che stava bene, che
sembrava
meno bianco del solito. E lui sai che mi ha detto?>>
Hagrid rise da solo.
Di lì a poco sarebbe crollato esanime sul letto.
<< Che voleva vederti. Di nuovo.
Quello è tutto matto. Lo vuoi
vedere il suo aggeggio babbano?>>
<<
Volentieri.>>
Hermione
si ritrovò a seguirlo mentre usciva ciondolante dalla
capanna, avviandosi con
passo incerto verso il limitare della Foresta Proibita. Hagrid estrasse
un
enorme mazzo di chiavi dal suo pastrano, che prese a rimirare una a una
finché
non trovò quella giusta. Aprì un cancello
schermito da un lucchetto, e
procedettero verso quella che le parve una grossa quercia. Ai suoi
piedi,
seminascosta fra i cespugli, svettava il muso rosso e affilato di un
esemplare
a tiratura limitata Ducati 1199.
Hermione
la riconobbe all’istante: era stata presentata al Salone
Internazionale delle
Moto poche settimane prime, e un servizio televisivo della BBC aveva
attirato
inevitabilmente la sua attenzione.
<<
Hai le chiavi?>> domandò Hermione, il cuore
che le batteva all’impazzata
nel petto.
Hagrid
la guardò con la stessa attenzione di una Puffola Pigmea.
Faticava a reggersi
in piedi.
<<
Le chiavi della moto!>> strillò Hermione,
agitata, che perse del tutto il
controllo.
Harry
era stato lì, ed aveva fatto ritorno a Londra. Doveva
trovarlo. La sola idea di
riabbracciarlo le diffuse un’innata sensazione di sollievo
interiore.
<<
Mi ci fa. Tienila bene. Non la rigare.
Costa più della tua capanna.>>
borbottò Hagrid, che parlò da solo.
<<
Molto sensibile.>> commentò aspramente
Hermione. << Ora dammi le
chiavi, per favore. Questa moto la prendo io.>>
*°*°*°*°*
`•.¸¸.•´´¯`••._.•
THE APPLE'S CORNER `•.¸¸.•´´¯`••._.•
Auror
mie adorate, grazie. Grazie immensamente per le emozioni che mi
regalate con le vostre recensioni. Non smetterò mai di
ripeterlo.
Grazie alle pazze e fenomenali ragazze della pagina Facebook "Cercando
chi dà la roba alla Rowling". Grazie a Argentlam, Roxy, a Capitan
Light, alla mitica Viki, della quale sono una Fan accanita,
a Claudia e Chiara, a Irene e le "lettrici ninjia". Grazie anche a
tutti coloro che mi hanno recensito per quest'ultimo capitolo, in
particolare a Marco che mi ha avanzato una prima attesissima critica,
proprio come non mi stancavo mai di ripetere.
Risponderò "pubblicamente" perchè l'argomento
è molto interessante:
Ryo Miyachi si reca al matrimonio di Ginny mettendo a rischio la
propria incolumità, poichè è
preoccupato per Harry. In quel momento non gliene frega niente di
rischiare la vita.
Lo fa e basta, perchè vuole aiutare Harry e vuole parlare
con Hermione. So che probabilmente ciò è
risultato agli occhi di Marco inverosimile, ma secondo me ha una sua
logica.
Poi, certo, tante teste tante idee. E sono comunque felice di aver
ricevuto una critica, so che sembra stupido ma è vero. :D
Spero comunque abbiate apprezzato questo nuovo capitolo, denso di
informazioni e di scene a mio avviso divertenti.
Non può mancare il nuovo gioiello babbano di Vesper. Ma
questa è un'altra storia.
Ci vediamo venerdì prossimo.
AUROR POWER!
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Capitolo 4 *** Jeliel - Incontri ***
Anima Nera_prologo
Dedico questo Capitolo alle ragazze del gruppo Facebook "Cercando chi dà la
roba alla Rowling"
A Viki-Chan, che ha accettato di aiutarmi. E alla mia Special One
Argentlam. Grazie di tutto.
“L’amicizia
è un’anima sola che vive
in due corpi.”
(Aristotele)
Il
taxista, quando Hermione montò trafelata a bordo, le rivolse
un ampio sorriso.
<<
Southwark.>>
Pesanti
gocce di pioggia battevano ritmicamente sul tettuccio. Il Black Cab s’avviò
con un rombo di motore nel traffico cittadino,
immettendosi in fila dietro a un enorme autobus a due piani.
<<
La sua faccia non mi è nuova.>> disse il
taxista, che aveva un marcato
accento londinese ed un’insolita voce nasale, come se fosse
attanagliato da un
forte raffreddore.
Hermione
lo osservò attraverso lo specchietto retrovisore, e si
accorse che anche l’uomo
stava facendo lo stesso. I loro sguardi si incrociarono per un lungo,
interminabile istante.
<<
Dico sul serio. Devo averla già vista, da qualche parte. Sì. Sì. Abita a
Londra?>>
Hermione
scosse il capo, nascondendosi dietro una copia del London
Times.
Il
taxista comprese che non aveva voglia di intavolare una conversazione.
Si
schiarì la voce e si concentrò sulla guida,
facendo scivolare una mano
sull’autoradio per alzare il volume. La voce di un deejay
strepitò ansante
negli altoparlanti delle portiere posteriori.
<<…
dicono che il 21 dicembre 2012 finirà il mondo. Cazzate! Stanno solo cercando di
rincretinirci il cervelli, di
metterci paura. Maghi e Streghe? Alieni? Ma la smettiamo con queste stronzate, ragazzi?>>
Boujour
Finesse.
Pensò Hermione, accigliata.
<<
Vogliamo parlare degli avvistamenti di maghi? In questo periodo, amici
ascoltatori, i Network stanno guadagnando montagne di sterline con le stronzate dei maghi e delle streghe.
Dicono che esistono veramente, che è spuntato fuori un mago
impazzito dalle
parti di West Ham che si divertiva a correre per l’autostrada
su una Ducati
inseguito da un Drago! Un drago, ragazzi, avete presente? Sei metri di
bestia sputa
fuoco cagata nel centro di
Londra…>>
<<
Potrebbe abbassare il volume, per favore?>> Hermione
faticò a mantenere
un tono gentile ed educato. Un tono di voce che richiese parecchio
sforzo.
<<
Le da fastidio?>>
Certo
che no. Lo chiedo
così, per sport personale, tanto per fare.
Hermione
emerse dal London Times e gli regalò
un’occhiataccia torva.
<<
Non si tratta di gusti personali. Ma di volume, che trovo eccessivamente alto. Ho un gran mal di
testa.>>
Il
taxista obbedì e ruotò svogliatamente la manopola
del volume.
Hermione
accennò a un sorriso di circostanza e si sentì
irrimediabilmente sollevata. A
quanto pareva i Babbani avevano notato qualcosa. Gli Obliviatori si
stavano
massacrando di straordinari e probabilmente il loro operato non era
bastato per
nascondere l’Ungaro Spinato da occhi indiscreti.
<<…
è che questi ragazzi mi fanno proprio
impazzire.>> disse allegramente
lui, le mani premute sul volante. << Voglio dire,
c’è poca gente in giro
che dice la verità, che non ha paura di niente! Loro dicono
le cose come
stanno. Non gliene frega niente della politica e dei media. Dicono
semplicemente ciò che passa loro per la
testa.>>
Hermione
rispose con un altro sorriso di circostanza. Il suo viso, in effetti,
le parve
alquanto familiare. << Mi dispiace, ma non li
conosco.>>
<<
Come sarebbe?>>
Eccolo
che riattacca.
Hermione
sospirò, iniziando a spazientirsi. Stava cercando Vesper,
disperatamente. C’era
una taglia sulla testa di Harry e, in quel momento, la sua posizione al
Ministero era traballante quando quella di un piccione in bilico su un
filo
dell’alta tensione. Rita Skeeter stava compiendo una guerra
contro di lei, Ron
e Neville. L’avrebbe combattuta finché non fossero
stati scoperti.
Era
nella… merda. E
c’era dentro fino al
collo.
<< Mio padre
mi faceva sempre sentire Radio Londra 104
fin dai tempi del
vecchio Larry Cloverfield e delle sue gag sugli scozzesi. Mi faceva
morire.
Anche mio padre era taxista, sa? Ottenere la licenza non è
facile, io l’ho
ereditata quando ha deciso di andare in pensione. Con la crisi che
c’è al
giorno d’oggi, avere un lavoro è una manna dal
cielo.>>
Un
fulmine le abbagliò il cervello. Neil Jordan. Ecco chi era
quel ragazzo.
Era
ingrassato parecchio dall’ultima volta che l’aveva
visto, e quella che un tempo
era una folta chioma di capelli biondi dava già incipienti
segni di calvizia.
Neil Jordan, il bambino sognatore,
l’amico della porta accanto.
<<
La sapete l’ultima, ragazzi?>> fece la voce del
deejay, poco udibile.
<< A proposito di Maghi, Streghe, scope volanti e
Draghi… o di altre stronzate varie.
Ci ha telefonato un vecchio
amico ascoltatore: il nostro Andy
Rodwell, che dice di aver incontrato un Vampiro. Un Vampiro! Ci senti,
Andy?>>
Una
vocina stridula e un po’ titubante emerse
dall’altro capo della telefonata.
Sembrava fuoriuscire da un timido liceale occhialuto. <<
Salve,
ragazzi.>>
<<
Dicci tutto, Andy.>> lo esortò il deejay.
Hermione
si morse un labbro. Poi, d’improvviso, sobbalzò
sul sedile.
Andy
Rodwell.
Quella
voce. Era come se il ragazzino avesse intuito che lei fosse
all’ascolto di
quella maledetta radio. E non sapeva come, né quando, ma
associò Andy Rodwell
all’omonimo giornalista occhialuto che l’aveva
avvicinata durante una
Conferenza Stampa del Ministero per riconsegnarle la sua bacchetta. In
realtà
Andy Rodwell era Vesper sotto l’effetto della pozione
Polisucco. Era uno dei
suoi personaggi più sfruttati per mescolarsi nella folla.
<<
Ho visto un Vampiro.>> disse Andy in radio, e fece una
lunga pausa.
<< Si trovava nei pressi di casa mia, a Harrow on the
Hill. Lungo la
strada principale numero 36. Era abbastanza spaventoso, in effetti. E
aveva
tutta l’aria di volermi mangiare.>> Il suo tono
era scherzoso, ma senza
un motivo apparente aveva rimarcato con precisione
l’indirizzo di casa sua. Come
se, in segreto, volesse trasmettere qualcosa. Un messaggio. Un indizio.
Hermione
fu scossa da un fremito. Estrasse una penna dalla borsetta e
scarabocchiò
l’indirizzo sulla settima pagina del London
Times.
<<
Ho cambiato idea.>> proruppe, sentendosi elettrizzata. << Mi porti a Harrow on the Hill,
per
favore.>>
<<
Lei è una cacciatrice di vampiri?>> le chiese
il taxista, con tono
scherzoso.
<<
Una sognatrice che non si è mai arresa.>> la
corresse lei, e un sorriso
le inondò il volto. << Mi è venuto
in mente che lì abita un vecchio
amico.>>
Hermione
scelse saggiamente di non rivelarsi. Si nascose dietro il quotidiano e
attese
solerte che il taxi facesse inversione e imboccasse una trafficata asse
viaria
cittadina che conduceva dritta verso Nord, in direzione
dell’altura che
sovrastava la città.
Ogni
cosa del suo corpo era in subbuglio. Avrebbe voluto urlare, gridare
dalla
felicità al mondo che l’aveva trovato. Ma si
sforzò di rimanere lì, composta
sul sedile, immobile.
<<
E’ possibile che ci siamo già incontrati, da
qualche parte?>>
Ancora
con questa storia? Ti prego, ti prego.
Cerca di dimenticare, accantona la
verità, scambiami per qualcun altro. Per chiunque
altro che non avesse a
che fare con lei. Aveva ben altre cose a cui pensare e, con tutto il
rispetto
per l’amico della porta accanto, una Guerra fra Maghi e
Vampiri stava per
scoppiare da un momento all’altro e non c’erano
altre speranze al di fuori di Vesper.
<<
Mi perdoni, non volevo essere scortese. E’ solo
che… bè. Ha presente quando si
è convinti di conoscere da sempre
qualcuno?>>
<<
Sì. Vagamente.>>
<<
Che cosa fa di bello qui a Londra?>> incalzò
lui.
Hermione
lottò per controllare il suo tono di voce. <<
Sono una
rappresentante.>> buttò lì,
inventando la prima professione che le passò
per la mente. Se non diceva qualcosa, qualunque cosa, non le avrebbe
mai dato
tregua fino all’arrivo a destinazione.
<<
Oh, forte.>> fece lui. << E di cosa ti
occupi?>>
Ora
le dava del “tu”? Da dov’era uscita tutta
quella confidenza? Sì, okay, era Neil
Jordan. Ma lui che cosa diavolo ne sapeva che lei era Hermione, la ragazzina della porta accanto?
<<
E’ amica di quell’Andy Rodwell della Radio?
E’ proprio un pazzo, sa? Un fuori
di testa. Mi sta davvero
simpatico. Lo adoro. Chiama ogni giorno Radio Londra 104 e racconta
storie
folli che accadono attorno a quella
strada. E’ un fottuto genio.>>
Bingo.
Il cuore di Hermione fece un altro balzo.
Il
taxi si fermò a destinazione venti minuti più
tardi.
<<
Siamo arrivati?>> domandò freddamente
Hermione.
<<
Sì, è questo l’indirizzo. E’
casa di Andy Rodwell?>>
<<
Non lo so.>> sbottò lei, che mise mano al
portafoglio e si preparò a
liquidarlo il prima possibile dalla sua vita. La piccola Hermione
dentro di lei
le suggerì che era un modo meschino per trattare un vecchio
compagno di scuola.
Ma l’Hermione Auror la sovrastò con un urlo
stridulo, lontano.
Paga
e vattene.
Subito.
Pochi
istanti dopo, più leggera di trentatré sterline,
Hermione si ritrovò in una
vecchia via londinese affiancata da strette e minuscole casette in
mattoni
rossi. La strada principale del quartiere. Doveva solo cercare il
numero 36 e
sperare che la fortuna giocasse dalla sua parte. Il taxi alle sue
spalle era
ancora fermo. Si voltò e lo scrutò per qualche
istante finché Neil Jordan,
colto sul fatto, non partì sgommando con un sorriso ebete
dipinto sul volto.
36…
36… 36!
Un
colpo di fortuna così non lo ricordava da secoli. Il taxi
l’aveva scaricata
pressoché dinnanzi alla sua meta: una vecchia palazzina di
tre piani, dove al
terreno era collocato un vecchio pub dalle imposte di legno verniciate
di
bianco e la scritta “Oldest Bucanier”
sulla porta d’ingresso.
Diede
un’occhiata al citofono del numero 36. Nessun nome che le
ricordasse in qualche
modo Harry comparve nell’elenco della pulsantiera.
Rifletté qualche minuto, poi
rise. Un certo Dursley compariva
all’interno tre. Valeva la pena rischiare. Hermione premette
due volte sul
citofono. Fu l’attesa più lunga della sua vita.
Le
rispose la voce esile di una ragazza. Non doveva avere nemmeno quindici
anni.
<<
Sto cercando il signor Andy Rodwell.>> mormorò
Hermione, che si sentì
un’idiota.
Inspiegabilmente
ci fu il click della serratura del
portone.
<<
Piano terra. Cortile sulla sinistra.>> disse lei. E
riattaccò.
Hermione
si ritrovò a vagare da sola nel cortile dal prato ben potato
che seguitava al
minuscolo ingresso della palazzina. Era un posto del tutto insolito per
un’abitazione nel centro di Londra. Riportò alla
mente le parole ascoltate in
un programma televisivo, qualche mese prima, secondo cui molti attori e
calciatori inglesi usavano quei trucchetti
per poter vivere in pace, trincerandosi dietro falsi condomini per non
dare
nell’occhio. La facciata del palazzo altro non era che una
maschera, una vile
barriera che impediva ai passanti di individuare le villette nascoste
al di là del
cortile.
Camminò
con passo svelto alla ricerca della sua meta. Notò una
palazzina in mattoni
rossi dalla porta metallica, poco più in là, con
una Audi A1 nero pastello
parcheggiata davanti e lo zerbino dall’aria intonsa.
Hermione
si sporse per rimirare il resto del giardino. La serranda del garage
era
semiaperta e il pavimento era cosparso di attrezzi da lavoro. Il muso
aggressivo di un’Audi R8 bianca come la neve faceva capolino
dal retro,
affiancato da un telone antigelo e da una tanica di olio motore Shell
W.Power
abbandonato sul selciato.
E’
lei. Quella era senz’altro la sua tana.
O
quella di un fighetto sciupafemmine
londinese con la fissa per le Audi.
Hermione
bussò tre volte, trattenendo il fiato.
Con
sua immensa sorpresa, ad aprirle la porta fu una ragazzina dal viso
d’angelo e
i capelli raccolti dietro la nuca in una coda di cavallo. La stessa,
probabilmente, che le aveva risposto al citofono. Indossava una felpa
Adidas da
jogging e una minigonna verde bottiglia. Aveva le gambe lunghe e
sinuose.
<< Ciao.>> disse lei, come se attendesse da
giorni il suo arrivo. Le
sorrise e si scansò di lato, facendole cenno di entrare.
<<
Accomodati.>>
<<
Grazie.>> rispose gelidamente Hermione. Mise piede dentro
l’appartamento
e un profumo di muschio bianco, il suo
profumo, le invase le narici. Non ci stava capendo nulla, ma
qualcosa
dentro di lei le disse che quello era il posto giusto.
La
ragazza con la felpa da jogging le appese la giacca
nell’attaccapanni
dell’ingresso e le fece cenno di accomodarsi sul divano.
<< Fa freddo
oggi, vero?>>
<<
Sì. Direi proprio di sì.>>
<<
Vuoi qualcosa da bere? Del caffè, una tazza di
tè, un Baileys?>>
<<
Una tazza di tè, grazie.>>
La
ragazza le sorrise educatamente. Non doveva avere più di
quindici anni. Ed il
suo viso aveva
un’aria maledettamente familiare,
come se
l’avesse vista già da qualche parte. Era tutta una
strana coincidenza? Chi
diavolo era?
<<
Vado a chiamare Vesper. Torno
subito.>>
Lo
disse così, con un’insolita naturalezza, come se
abitasse lì da sempre. Hermione
la guardò sparire per le scale e il sorriso scomparve
immediatamente dal suo
volto, sostituito da un’espressione gelida e rabbiosa.
Chi
diavolo era quella ragazza? Era decisamente troppo
giovane, ma c’era qualcosa in lei che le ricordava
le movenze di un adulto.
Rimase
sola sul comodo divano color crema.
La
casa era meravigliosa, arredata con mobili moderni. Era un loft
disposto su tre
livelli, con il piano intermedio realizzato interamente in acciaio e
cristallo.
Pensili dalle linee high-tech, librerie trasparenti dalle forme
più strane alle
pareti e uno stendardo delle Fenici d’Argento completavano
l’opera del maestoso
soggiorno. Luci soffuse e faretti direzionali donavano
un’atmosfera fredda e
asettica all’ambiente.
<<
Eccomi qui!>> L’eco dei passi
echeggiò lungo i gradini in acciaio
incastonati nella parete. La quindicenne con la felpa da jogging
ricomparve
davanti ai suoi occhi con quell’odioso, stupido sorriso
dipinto sul volto
lentigginoso. << Arriva subito. Sta chiudendo una
telefonata. Tè mi aveva
detto, giusto?>>
Una
telefonata? Hermione si sforzò di annuire. Odiava le
chiacchiere di circostanza
e le attese. Per di più quando si trattava della persona che
amava.
<<
Posso chiederti il tuo nome?>> chiese
d’impulso, prima che la ragazzina
scomparisse di nuovo. Lei si fermò e voltò rapida
sui tacchi, portandosi una
mano nei capelli come se quella semplice domanda la imbarazzasse
profondamente.
Un timido sorriso. I suoi occhi color acquamarina si animarono di un
bagliore
sorpreso.
<<
Il mio nome?>>
Hermione
annuì. In che pianeta viveva?
<<
Mi chiamo Sophie-Anne. Ma tutti quanti mi chiamano Pye.>>
<<
Io sono Hermione Granger. Sono…>>
<<
So chi sei.>> disse lei, e si morse un labbro come se si
fosse pentita
della sua irruenza. Tornò a scompigliarsi i capelli con una
mano. << Sei
il Comandante del Quartier Generale.>>
Era
una Strega. Conosceva il mondo dei maghi. Il suo cuore parve sospirare
dal
sollievo.
<<
Non credo che rimarrò Comandante ancora per molto,
Pye.>>
<<
Ho sentito quel che dicono i giornali.>> disse la
ragazza. << Lo
trovo ingiusto. Quella Skeeter dice solo delle
stronzate.>> Silenzio. Si
portò istintivamente una mano sulla bocca. Poi
sparì in cucina a prepararle la
tazza di tè. << Vesper,
maledizione, vuoi scendere?>> La sentì urlare,
sollevandosi sulle punte
per sferrare un pugno sul soppalco d’acciaio sopra la sua
testa. << C’è
Hermione! Hermione, tipo la tua ragazza. Hai presente?>>
Altro
silenzio, seguito da un rumore sordo, come se qualcuno avesse preso una
sonora
testata da qualche parte. Hermione aveva il cuore a mille e tenne gli
occhi
fissi su ogni spostamento d’aria proveniente dal soppalco
d’acciaio. Tutto d’un
tratto non le importò nulla di quella ragazzina. Qualcuno si
stava muovendo là
sopra. Udì il rumore di un televisore e il beep
familiare di una Play Station 3 che veniva spenta. Dei passi
salterrarono
rapidi giù per i gradini.
Un
attimo dopo, eccolo lì.
Era…
diverso. Qualcosa, nel suo aspetto,
le trasmise l’idea di un’altra persona rispetto
all’essere tormentato che
l’aveva abbandonata al Maniero Malfoy ai piedi del cadavere
di Honorius Azazel.
I suoi occhi erano di un delicato verde smeraldo, i capelli tagliati e
arruffati in una cresta con il gel, il volto pulito, un lieve accenno
di barba
sul mento. Aveva acquistato peso, il suo fisico appariva tonico e sano.
Anche i
vestiti erano puliti. Indossava una t-shirt color crema
dell’Arsenal e degli
shorts dall’aria comoda. Era scalzo.
Per
un attimo rimasero immobili, impalati come due idioti, a osservarsi a
vicenda
senza osare a compiere un solo passo per avvicinarsi.
Era
davvero lui? Quello non era Vesper. Era semplicemente un ragazzo normale, con gli occhi normali,
con la pelle normale. Poteva quasi sembrare tenero e indifeso, con
quella maglietta da calcio. Un
ventisettenne come tanti altri. Niente a che fare con un pluriomicida
ricercato. Proprio no.
<<
Hermione.>> disse lui. La voce gli si congelò
in gola.
Lei
annuì. Non seppe che altro fare. Aveva le lacrime appese
alle ciglia e un
profondo vuoto allo stomaco. Fece due passi nella sua direzione,
abbandonando
la borsa sul parquet laccato del pavimento. I ruoli si erano come
invertiti:
era lei ad avere un aspetto terribile, i capelli arruffati e le
occhiaie
profonde.
<<
Sei… sei davvero tu, lì
dentro?>>
Harry
la guardò, come intontito. Poi, con un sorriso,
annuì. << In Audi e ossa,
Comandante.>>
Bastò
quella battuta idiota a farle capire che sì, era davvero
lui. Chi altro avrebbe
potuto dire una cosa del genere? Un misto di gioia e sorpresa le
attanagliò le
viscere. Hermione non riuscì a controllarsi e
lasciò che le lacrime che
sgorgassero libere sulle guancie. Poi, con uno slancio, lo
abbracciò. E fu come
ritornare a casa dopo un lungo viaggio. Harry la strinse forte e lei
inspirò il
suo odore di muschio bianco, di nuovo a contatto con la sua pelle.
<<
Cosa… cosa ci fai qui?>> sussurrò
debolmente Harry, che le raccolse il
volto fra le mani.
<<
Potrei chiederti la stessa cosa.>>
<<
Io sono Vesper, tesoro. Mi sto
nascondendo dai tuoi amici del Ministero. Ho tutto il diritto di
starmene
qui.>> Le strizzò l’occhio e, senza
darle il tempo di replicare, le
attirò delicatamente il volto verso di sé e la
baciò. Fu un bacio strano,
delicato e intenso al tempo stesso, e maledettamente breve. Un attimo
dopo
riecco i suoi occhi, troppo distanti,
a scrutarla divertiti. Attraverso la colorazione verde smeraldo delle
sue iridi
Hermione intravide delle impercettibili striatura rossastre. Erano
lenti a
contatto.
<<
Non mi guardare come se fossi uno Schiopodo Sparacoda. Ho solo cercato
di
mangiare, di rimettermi in forze. Di riprendere un po’ di colorito.>> Fece una pausa.
Rise di nuovo, con quella solita
smorfia ironica e tagliente. << Sto scherzando.
E’ solo un trucco per
illudere i babbani. Sembro un mostro, come
sempre.>>
Hermione
sorrise e gli gettò le braccia al collo ed
affondò il viso nell’incavo fra il
collo e la spalla di Harry. Lo strinse così forte da
soffocarlo.
<<
Ecco la tazza di tè.>> disse la voce della
ragazzina alle loro spalle.
Maledetta.
Piccola. Stupida.
<<
Grazie, Sophie-Anne.>> disse Harry, ironico. Il loro
abbraccio si sciolse
e Harry raccolse la tazza di tè bollente dal vassoio, che
depositò
delicatamente fra le mani di Hermione. <<
Il tuo tempismo mi commuove.>>
<<
Va al diavolo.>> ruggì lei, velenifera. E
scomparve per l’ennesima volta
in cucina.
<<
E’ un’amica.>> si
preoccupò di precisare, mentre Hermione soffiava
pigramente sulla tazza fumante. << Voglio dire, ha
cinquantaquattro anni.
Sarebbe un po’ troppo vecchia, no?>>
E
scoppiò a ridere.
Fu
l’unico a farlo.
<<
Cinquantaquattro che cosa?>>
<<
Anni.>> asserì Harry, tranquillo, con
un’alzata di spalle. << Pye è
un vampiro.>>
Oh.
Un Vampiro. Ora sì che
è tutto chiaro.
Perfetto. Cosa c’era di male a convivere in un loft al fianco
di una vampira
tredicenne che in realtà avrebbe potuto avere
l’età dei loro padri?
Cinquantaquattro anni. Maledizione.
<<
Sophie-Anne è un Vampiro?>> ripeté
Hermione, sbigottita.
Harry
annuì. << E’ tutto sotto controllo.
Devi fidarti di me.>>
<<
L’ultima volta che l’ho fatto mi hai abbandonata
davanti al cadavere di Azazel,
dicendo che un giorno il Mondo Magico avrebbe avuto bisogno di
te.>>
<<
Forse è arrivato quel giorno.>>
Stop.
Aveva bisogno di riflettere. Hermione si portò una mano nei
capelli. Sorseggiò
il tè e si pentì di non aver chiesto un bicchiere
di Baileys forte, che
l’avrebbe risvegliata dal coma. << Come puoi
fidarti di un Vampiro? Ci
hanno quasi ammazzato,
ricordi?>>
<<
Lo so, piccola. Lo so. Ti hai tutte le ragioni del mondo per non
credermi, ma
ti assicuro che è tutto sotto controllo. So quello che sto
facendo.>>
<<
Oh, certo.>> fece lei, velenifera. Bevve un altro sorso.
Immaginò che
fosse Whisky incendiario. << Giocate a bervi il sangue a
vicenda, per
caso?>>
<<
Hermione, ti prego, smettila.>> Harry, risoluto, la
trattenne per le
spalle. << Io mi sono infiltrato
nel loro mondo. Non puoi estinguere un problema se non lo combatti alla
radice.
Volevo capire cosa fossero, come si muovessero.
E…>>
<<
E poi sei finito nella merda.>> concluse la voce di
Sophie-Anne, alle
loro spalle. Il suo portamento le parve più consono a una
cinquantenne, in
effetti, ed era buffo che quel tono di voce appartenesse a una
ragazzina.
Stringeva in mano un vassoio di sandwich e stava rosicchiando con gusto
un’oliva. << Senti, mi sono sforzata di
recitare la parte della bambina rincoglionita.
Ma non fa per me,
okay?>>
<<
Non ti ho chiesto di recitare nessuna
parte.>> sbottò Harry. << Hai
fatto tutto da sola, a dire il
vero.>>
Lei
sembrò incollerirsi. << Cosa diavolo avrei
dovuto dirle, allora? Questa lavora
al Ministero, crede ancora
allo Yeti e a Babbo Natale. E da quel che ho letto sui giornali sta
facendo di
tutto per farsi ritirare il suo distintivo del cavolo.>>
<<
E’ una situazione critica.>>
<<
Critica un cazzo.>> sbottò il vampiro, con un
riso sprezzante. << Compromessa
è il termine più appropriato,
Vesper. Diglielo, alla tua Principessa delle Favole, che il lupo
cattivo non esiste e non ci sarà nessun Principe eroico che
giungerà a
salvarli.>>
Harry
strinse la labbra in una smorfia e rimase in silenzio.
Come
osava parlare di lei come se non fosse presente? Come se
fosse… un’umana
qualsiasi.
Hermione
rimase spiazzata dal comportamento di quella ragazza. Di quella donna.
O cosa
diavolo fosse. Un attimo prima le era sembrava una timida liceale, ed
ora aveva
l’aspetto di una sboccata e razionale cinquantenne con
problemi di raucedine.
La sua voce era cambiata completamente.
Sophie-Anne
scoppiò in una risata tetra. << Mi dispiace
deluderti, Bella Swan. Hai solo
ritrovato il tuo ragazzo.
Non certo la speranza di vincere contro la mia Razza. Qualsiasi cosa
abbiano in
mente, ci riusciranno.>>
<<
Che cosa sta dicendo, Harry?>>
Il
vampiro sembrò più divertito che mai, e
morì dalla voglia di ripeterle
all’infinito che il suo tentativo di era rivelato un buco
nell’acqua. Hermione
desiderò più di ogni altra cosa voltarsi ad
assestarle un pugno nello stomaco.
<<
Pye sta cercando di dirti che non esiste tutt’oggi nessun
modo per uccidere un
Vampiro, o quantomeno per eliminarlo. Possiamo solo indebolirli
temporaneamente. E ciò significa che un gran numero di
Vampiri sarebbe una
minaccia incontrollabile, nel caso decidano di
ribellarsi.>>
Hermione
incassò il colpo in silenzio. Ma fu peggio di ricevere una
coltellata nella
schiena. Annuì a stento, aggrappandosi al braccio di Harry.
Non seppe cosa
dire.
<<
Sandwich, tesoro?>> le chiese Pye, dolcemente.
Harry
le strappò il vassoio di mano. Poi fece scorrere un braccio
attorno alle spalle
di Hermione. << Vieni. Andiamo di sopra.>>
disse. << Ti racconterò
tutto con calma.>>
*°*°*°*°*
Hermione
masticò a stento un sandwich, senza preoccuparsi nemmeno di
capire che cosa
stava mangiando. Si rannicchiò contro il petto di Harry,
avvolta fra le coperte
calde, e mise a tacere il suo stomaco che emetteva sinistri gorgoglii
dal
pomeriggio. La luce attraverso le finestre si spense, sostituita dal
pallido e
gioco chiarore lunare di una notte serena.
Harry
dormiva in una stanza spaziosa e asettica, con un grosso monitor al
plasma
appeso alla parete; circondato da quadri di arte moderna, luci soffuse
e
penombre.
<<
Come stanno gli altri?>> domandò Harry.
<<
Ti stanno dando la caccia.>>
<<
Forte.>>
<<
E’ stato Ryo a contattarmi, al matrimonio di
Ginny.>> disse Hermione. E
dallo sguardo attonito che lui le riservò, capì
che era totalmente all’oscuro
del matrimonio. Nell’ora seguente si perse nel racconto della
festa, delle
lacrime della signora Weasley e dei divertenti tentativi di abbordaggio
di
George con le cugine Veela francesi. Il ricordo di quella splendida
giornata
trascorsa lontano dall’ufficio le riscaldò il
cuore. Per qualche ora era stata
felice.
<<…
poi ho visto quella moto, nel cortile. Credevo fossi tu. Lo speravo
davvero. Ma
poi si è tolto il casco e ho scoperto che era Miyiachi.
Voleva parlarci. Ci ha
raccontato che eri a Edimburgo e ti eri cacciato nei guai con i Vampiri
del
posto.>>
<<
E tu hai capito che era giunto il momento di cercarmi.>>
<<
Sì.>>
Lui
rise. Si chinò su di lei e le baciò la fronte.
<< Neville?>>
<<
Ansioso, come al solito. Luna sta per partorire, il che dovrebbe
accadere a
giorni. Sarà una femmina. Ma non hanno ancora deciso il
nome.>>
<<
Conoscendo la mamma, sarà un nome insolito.>>
<<
Malfoy è sparito. Nessuno ha idea di dove sia cacciato.
Stewart dell’Ufficio
per la Cooperazione Magica Internazionale ha sentito i colleghi di Las
Vegas.
Dicono che non è nel giro dei casinò da tempo, ha
smesso di rubare e tutto il resto.
E’
completamente scomparso nel nulla.>>
<<
Tornerà.>> disse Harry, con un pallido
sorriso.
<<
Noi invece siamo nel caos. Rita Skeeter sospetta qualcosa, pubblica
ogni giorno
articoli in cui sostiene che faccio il lavoro sporco, che la tua caccia
è in
realtà una grossa presa in giro per nascondere una nostra
collaborazione
segreta. Dio. Non sai quanto vorrei ucciderla.>>
<<
Se vuoi posso occuparmene io.>>
<<
Pensa al tuo sandwich, Vesper. Dico sul serio.>>
Harry
rise, masticando il boccone. I suoi lineamenti distesi e puliti avevano
spostato l’orologio indietro di qualche anno, facendolo
sembrare più giovane.
Spensierato. Sereno. Non aveva la benché minima idea dei
guai che aveva passato
in Scozia, ma nell’arco di un mese si trovava davanti a una
persona rinata.
<<
Pye, quel vampiro. Come vi siete conosciuti?>>
<<
Oh. Lunga storia.>> Harry si servì di un altro
sandwich al prosciutto,
tirandosi su fra le lenzuola in posizione seduta. La testa di Hermione
scivolò
delicatamente sulle sue ginocchia, e lui prese meccanicamente ad
accarezzarle i
capelli, lo sguardo altrove, come se cercasse le parole giuste per
farle
inghiottire meno amaramente un acido boccone.
<<
Lei è… un’amica.>> disse
infine, con un sospiro. << E’ il Capo Clan
dei Lupi Scozzesi, un gruppo di Vampiri che vive nei dintorni di
Edimburgo.
Loro non sono come gli altri. Loro… vorrebbero integrarsi con gli umani. Sono
considerati dal resto dei loro
simili come folli visionari o, nel peggiore dei casi, potenziali
nemici. Per
questo Pye ha scelto di aiutarmi: lei vede in me uno dei pochi Maghi in
grado
di opporsi alla Ribellione dei Vampiri.>>
Hermione
scosse il capo, frastornata. << Azazel non era il loro
capo?>>
<<
Lui era una misera pedina che cantava fuori dal coro. Là
fuori, Hermione, ci
sono creature pronte a rovesciare le sorti del mondo per poter imporre
una
nuova società immortale. I tempi sono ormai maturi per una
loro ribellione.
Azazel ha dato il via a un piano ben più esteso di quello
che potevamo
immaginarci. Sono molti. Troppi. E
presto ci attaccheranno.>>
<<
Non esiste nessun modo per
fermarli?>>
La
sua domanda ricadde nel vuoto. Harry si morse un labbro. Le
accarezzò piano i
capelli e volse lo sguardo fuori dalla finestra, le iridi verdi
smeraldo
tinteggiate di un bagliore cupo. << Ho parlato con molte
persone, con
maghi esperti. Il mese scorso sono stato a Hogwarts per approfondire le
mie
ricerche. Ma non ho trovato niente di utile.>>
<<
Hagrid mi ha raccontato tutto quanto.>>
<<
Sapevo che prima o poi l’avresti fatto
ubriacare.>>
<<
Sei così prevedibile, Vesper.>>
<<
Volevo che mi trovassi.>>
<<
Sì. E io sono Dolores Umbridge.>>
<<
Ancora con questa storia?>>
Harry
rise e la trascinò giù con sé sul
materasso, infilandosi sotto le coperte.
Risero e lottarono come due bambini finché Harry non
riuscì a immobilizzarla,
trattenendola per i polsi. Il suo tocco era leggero e sfuggente, ma non
sembrò
avere alcuna intenzione di lasciarla andare. I loro sguardi si
incrociarono per
un lungo istante.
<<
Amami.>> gli disse Hermione, sfacciata. E si sorprese
delle sue parole,
come se le fossero fuoriuscite di getto dalla bocca. Ma lo voleva. Lo
voleva
maledettamente.
E
Vesper, quella notte, la accontentò.
*°*°*°*°*
`•.¸¸.•´´¯`••._.•
THE APPLE'S CORNER `•.¸¸.•´´¯`••._.•
Auror
mie adorate, grazie. Grazie immensamente per le emozioni che mi
regalate con le vostre recensioni. Non smetterò mai di
ripeterlo.
Perdonate gli eventuali errori di battitura. Ho postato un po' troppo
di fretta per la gioia dell'esame andato per il verso giusto.
Finalmente ce l'ho fatta. Posso fregiarmi del titolo di "Geometra
abilitato alla professione". Dopo una belle selezione, tanto studio (e
un po' di fortuna) sono stata promossa.
Grazie a tutti. A tutti coloro che hanno recensito, letto, commentato,
e chi più ne ha più ne metta. =)
Non ho davvero idea di quando aggiornerò, ma sarà
sicuramente entro la prossima settimana. Quindi fate un salto ogni
tanto, se avete piacere.
Un
abbraccio
La vostra Anima Nera, Geometra
AUROR POWER!
|
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Capitolo 5 *** Aladiah - Ritorni ***
Anima Nera_prologo
“Non
seguitemi: mi sono perso anch’io”
(Charles
Monroe Schulz)
Delitto
irrisolto nel Kent
Fossa
comune riportata alla luce da un giardiniere
LONDRA
– Sono stati ritrovati questa mattina in un parco del Kent
meridionale i corpi
di John O’Tusoe, 55 anni,
impiegato
dell’Ufficio Anagrafe Magica di Manchester, della moglie Rebecca Jones, 48 anni, e del figlio
diciannovenne Terence O’Tusoe,
studente presso la
Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. La famiglia era scomparsa lo
scorso
finesettimana mentre si trovava in vacanza a Dover presso
l’abitazione della
nonna paterna.
<<
Erano diretti alle scogliere per un’uscita in
famiglia.>> ha dichiarato
la donna, Teresa O’Tusoe, che ha subito denunciato la
scomparsa.
Le
ricerche erano partite domenica, nella tarda serata il Dipartimento di
Polizia
Magica aveva diffuso alcune foto della famiglia O’Tusoe per
ottenere
informazioni utili durante le ricerche. Trenta membri delle forze
dell’ordine,
Auror e volontari hanno lavorato intensamente per rintracciare gli
scomparsi.
Poi
la tragica svolta. Alle 9 di questa mattina una telefonata di un
giardiniere ha
avvisato le autorità della scoperta di una fossa comune nel
Parco di Willshere,
nel villaggio magico di Sleepy Crown. L’uomo, 44 anni, si
trovava sul posto per
potare le aiuole del parco quando si è accorto di alcune
macchie di sangue sul
selciato. Ne è conseguito l’orribile ritrovamento.
Alcuni testimoni hanno
affermato di aver udito il giardiniere incolpare un Vampiro del
massacro, ma
l’ipotesi degli investigatori è strettamente
correlata a un assassino seriale.
<<
Potrebbe essere stato Vesper, per quanto ne possiamo
sapere.>> ha
dichiarato stamani il Capitano della Polizia Magica di Dover, Aldinore
Spencer.
<< Come ho già riferito alle
autorità del Ministero della Magia, nessuna
ipotesi è stata scartata. Una sola cosa è certa:
faremo del nostro meglio per
rintracciare al più presto il responsabile.>>
Un
velo di riserbo è stato posto sulla questione. E la signora
O’Tusoe, giunta sul
posto per il riconoscimento dei corpi, è stata ricoverata in
gravi condizioni
di choc presso l’ospedale magico di Dover.
Si
attendono aggiornamenti dalle autorità locali.
Lisan
McApple, corrispondente della Gazzetta del
Profeta
Harry
abbassò la copia di giornale sul tavolo.
<<
Dovrai tornare al Ministero?>> le chiese.
Hermione
rigirò la forchetta nel suo Porridge, in silenzio. Aveva
l’aspetto di una
sopravvissuta ad un attacco di Troll di Montagna. O alla fuga da un
Ungaro
Spinato. Teneva gli occhi fissi sulla colazione, evitando con cura il
suo
sguardo. I suoi lunghi e ricci capelli castani erano arruffati e le
cadevano
disordinatamente sulle spalle.
<<
Hermione.>> ripeté Harry, scandendo bene ogni
sillaba. Allungò
istintivamente una mano sul tavolo e la appoggiò sulla sua.
Le loro dita si
intrecciarono. << Non te ne andare.>> la
scongiurò. << Non
adesso.>>
<<
Da che pulpito proviene la predica.>> sibilò
lei, torva. E lo fronteggiò
con una smorfia indispettita, nonché profondamente ferita.
Ma non accennò a
ritirare la mano da quel piacevole contatto. << Devo
ricordarti il modo
con cui mi hai abbandonata? Cinque mesi, Harry. Cinque mesi senza
ricevere tue
notizie. Potevi essere morto, per quanto ne potevo
sapere.>>
<<
Hermione, io…>>
<<
Oh, no. Non dirlo. Era troppo pericoloso.
Vero?>> lo anticipò lei. << Lo
vedi il distintivo che porto al
petto, Vesper? Sono il Comandante
del
Quartier Generale, per la miseria, il pericolo è il mio pane
quotidiano.>>
<<
Non c’entra quello che fai. Se ami qualcuno, faresti di tutto
per
difenderlo.>>
Hermione
tacque. Sollevò i suoi enormi occhi color nocciola, ma
non gli diede la soddisfazione di un sorriso. Tornò a
torturare il suo Porridge
con la forchetta, assorta nei suoi pensieri. Ma Harry fu certo che
quelle
parole l’avessero colpita nel profondo. No, non
gliel’avrebbe mai dimostrato.
Lei, il Comandante forte ed inflessibile. Piuttosto avrebbe preferito
ingoiare
del succo di Zucca avariato.
<<
E’ la verità.>> mormorò
Harry, in un sussurro poco udibile. << Mi
dispiace. Non avevo altra scelta. Credevi che mi avrebbero accolto
tutti a
braccia aperte?>>
<<
No. Ma abbiamo bisogno di te.>>
Silenzio.
Harry
rimosse lentamente la mano e riordinò la tavola.
Radunò il sacchetto di cereali
e la sua ciotola vuota e li depositò sui bancali della
cucina alle loro spalle.
Se c’era una cosa che Sophye-Anne odiava, era il disordine.
<<
Vorresti che io venga al Ministero?>> chiese
d’impulso. E sperò con tutto
il cuore che scuotesse la testa, che tirasse fuori dal cilindro
un’altra della
sua mirabolanti trovate per uscirne vittoriosi ancora una volta. Ma
Hermione si
limitò ad annuire, e lo guardò come un cerbiatto
perduto di fronte ai fanali
abbaglianti di un’auto.
<<
Eravamo una squadra.>>
<<
Quella squadra si è sciolta con la morte di
Azazel.>> sentenziò
aspramente Harry, che evitò con cura di guardarla. Si
concentrò sulle stoviglie
fuori posto abbandonate nel lavello. << Che cosa posso
fare io, da solo,
per risolvere tutto questo? Non basterà un
“buongiorno” per mettere piede là
dentro. E poi Ron e Neville non mi hanno mai sopportato. Mi hanno
aiutato solo
perché ero la loro ultima speranza.>>
<<
Tu sei la nostra ultima
speranza.>>
<<
Io non sono in grado di combattere i Vampiri.>> disse
Harry, risoluto.
<< Sul Profeta in questi giorni non si parla
d’altro. Sparizioni
sospette, morti misteriose, denuncie di scomparsa. Quegli stupidi
idioti del
Ministero hanno la verità sotto gli occhi, dannazione, e non
stanno facendo
altro che negare l’evidenza.>>
<<
Motivo ulteriore per aiutarci.>>
<<
Non voglio rischiare di trascorrere il resto dei miei giorni ad Azkaban
per
rivolgere la parola a persone che nemmeno mi ascolteranno. Pye vuole
aiutarmi,
Hermione. Ce la sta mettendo tutta per trovare una soluzione al nostro
problema. Se non capiamo come ucciderli, il loro primo attacco potrebbe
bastare
a mettere in ginocchio il Mondo Magico.>>
<<
Ed è per questo che dovremo riunirci tutti quanti e
parlarne.>> insistette
lei. S’alzò in piedi con la stessa foga di una
leonessa feroce. << Cinque
mesi fa dicesti che Vesper non è un Eroe, ma è
ciò di cui il Mondo Magico un
giorno avrà bisogno. Quel giorno è arrivato. Devi
uscire allo scoperto,
raccontare a Kingsley la verità. Al diavolo la tua fedina
penale.>>
<<
Dici così perché mi ami.>>
<<
Dico così perché voglio salvare l’osso
del collo a milioni di persone.>>
<<
Ma mi ami, in fondo.>>
azzardò
Harry, con un sorrisetto.
Hermione
sospirò, spazientita. Gli premette le mani sul petto e lo
sospinse indietro.
Visibilmente incollerita, lo superò di getto e scomparve su
per le scale. Harry
udì i suoi passi frenetici rimbombare fin nelle volte
più alte del soffitto.
Quando fece ritorno, pochi istanti dopo, indossava il soprabito e la
borsa da
lavoro le oscillava a tracolla.
<<
Dove stai andando?>> le chiese Harry, contrariato.
<<
Al Quartier Generale.>> rispose Hermione, con un filo di
accidia nella
voce. Armeggiò con veemenza con la maglia per aprire la
porta. << Lì
perlomeno ci sono persone disposte a parlare seriamente
di questa minaccia.>>
<<
Aspetta!>> la esortò lui, esasperato. Ma
Hermione aveva già richiuso la
porta.
Harry
emise un sospiro rassegnato. Lasciò cadere i piatti nel
lavello e si precipitò
dietro di lei, inseguendola per il prato prospiciente la casa
indossando solo i
boxer e la maglietta del pigiama. Riuscì a intercettarla
poco prima che
varcasse la portineria. La afferrò saldamente per un braccio
e la costrinse a
compiere una rapida rotazione su sé stessa; Hermione perse
l’equilibrio e
piantonò la schiena contro la parete.
Gli
occhi rossi di Harry scintillarono nel buio. << Tu non
vai da nessuna
parte.>>
Si
guardarono per un lungo istante, poi si attrassero con impeto
l’un l’altra e si
baciarono con una foga inedita, come se la notte appena trascorsa non
fosse
abbastanza. O forse perché, in fondo, loro due si
appartenevano. Erano il
Bianco e il Nero, i due lati opposti della stessa medaglia. Harry lo
sapeva,
l’avrebbe seguita anche in capo al mondo pur di vederla
sorridere di nuovo. Le
raccolse il volto fra le mani. Lei gettò la maschera di
rabbia e premette la
fronte contro la sua, sfiorandogli la punta del naso con le labbra.
<<
Mi costringerai a tornare al Ministero da sola?>> gli
chiese in un
sussurro.
<<
Prendo le chiavi della macchina.>> fu la risposta, che
seguitò a un
bacio. E a un altro. Finché Hermione non gli premette con
veemenza le mani sul
petto per obbligarlo a staccarsi, un ghigno insolitamente malizioso e
rassegnato dipinto negli occhi.
<<
Hai intenzione di andare al Ministero in
auto?>>
<<
Smaterializzarsi laggiù significa essere intercettati. E non
ho davvero voglia
di eliminare le Guardie di
Sorveglianza per entrare nell’Atrium, dico
davvero.>> Harry si frugò
istintivamente le tasche. Si accorse pochi istanti dopo di non
indossare i
pantaloni. Soffocò una risata e tornò a
guardarla, con quello sguardo. Come
solo lui la guardava.
<<
Prendo la A1.>>
<<
Credo dia meno nell’occhio
dell’altra.>>
<<
No. No.>> Lui rise. Si passò una mano nei
capelli. << Non era per
quello. Voglio dire, la mia R8 è… Ho dimenticato
di pagare
l’assicurazione.>>
*°*°*°*°*
<<
Quel Jerkins dei Tornado Ranger mi piace.>>
commentò Ron, che bevve una
generosa sorsata di caffè amaro. <<
E’ riuscito ad acchiappare cinque
Boccini consecutivi nelle ultime sette partite di Campionato. Non
c’è da
stupirsi, se sono primi in classifica.>> Se ne stava in
un angolo della
Sala Ricreazione del Quartier Generale, una spalla premuta contro la
macchinetta. A pochi passi da lui, intendo a spulciare una copia
sgualcita del
Profeta abbandonata su un pianale di marmo, c’era Neville.
<<
Roba da matti.>> borbottò tra sé e
sé, senza mai staccare gli occhi dal
quotidiano. Sfogliò distrattamente le pagine.
<< C’è anche quell’altro.
Aspetta, come si chiama? Quel Cercatore Turco dei Saltatori di Glasgow.
Un anno
fa giocava in una squadra di seconda divisione ed era
pressoché sconosciuto,
l’hanno comprato per cinquantamila Galeoni. Ed ora i Cannoni
hanno offerto un
milione in contanti per acquistarlo nel mercato di
gennaio.>>
<<
Già.>> disse Ron, con una punta
d’orgoglio della voce. Rise. <<
Sarà il nostro prossimo colpo. Salim Amir deve venire a
giocare da noi. Per
forza! E’ l’uomo che manca alla nostra squadra per
tornare in alto.>>
<<
Quando mai ci siete stati in alto?>>
fece eco Neville, sarcastico.
<<
Lascia perdere, Paciock. Concedigli la speranza.>> Filius
Smith, vecchio
leone del Quartier Generale, svoltò il suo cranio pelato
verso di loro e
scoppiò in una risata rauca. Le orecchie di Ron divennero
paonazze, me non osò
contraddirlo.
<<
I Cannoni non caveranno un ragno dal buco neanche quest’anno,
Weasley. Come sempre.
Rassegnati.>>
La
loro conversazione fu interrotta dal fragore della porta
d’ingresso che si
spalancava con violenza. Hermione fece la sua comparsa davanti ai loro
occhi
attoniti, attraversò di gran carriera la Sala Ricreazione e
si diresse difilata
nella loro direzione. L’eco dei suoi tacchi
rimbombò rumorosamente nella
stanza.
<<
Comandante.>> Smith abbandonò la sua tazza di
caffè bollente e
s’irrigidì, apparendo più alto del
normale. Rassomigliava ad un massiccio,
nerboruto toro dalla testa pelata, con un accenno di barba sul mento e
le vene
in risalto sulle tempie. Era un Auror leggendario, aveva combattuto due
Guerra
e quell’anno sarebbe stato il suo ultimo servizio prima di
un’onorata pensione.
Hermione
non si premurò di degnarlo di uno sguardo. Levò
la bacchetta con un gesto
stizzito: la copia del Profeta e la tazza di caffè amaro che
Ron stringeva fra
le mani scomparvero all’istante in un fragore di granelli di
sabbia.
<<
Ron. Neville. Nel mio Ufficio. Subito.>>
<<
Che cosa succede?>> boccheggiò Neville,
contrariato.
<<
Se è per la questione delle scommesse di Quidditch in
ufficio, io…>>
iniziò Ron, ma Smith gli assestò una poderosa
gomitata nelle costole
strappandogli un gemito acuto, simile a quello di un cane ferito.
<<
Nel mio Ufficio.>> ripeté Hermione.
<< Muovetevi.>>
Un
istante dopo si ritrovarono a percorrere i corridoi del Quartier
Generale
immersi in un silenzio irreale, sinistro. Un silenzio di chi, in un
modo o
nell’altro, era cosciente di avere la coda di paglia e
brancolava nel buio in
attesa di una sentenza.
<<
Hermione.>> proruppe Ron alle sue spalle, con tono
affranto. << Ti
ho salvato da un Troll nei bagni della scuola quando avevamo undici
anni. Ti
prego. Che cosa vuoi che siano delle innocue
scommesse fra amici?>>
<<
Primo. Non sono innocue. Secondo.
Non
erano fra amici.>>
sbottò
Hermione, mentre spalancava la porta dell’Ufficio.
<< Onestamente, Ron,
ci darei un taglio. A meno che tu non voglia costringermi ad avanzarti un richiamo.>>
<<
Te l’avevo detto.>> squittì Neville.
<< Prima o poi ti avrebbero
scoperto.>>
<<
Oh, taci. Miseriaccia.>>
Si
era trasferita nel vecchio Ufficio appartenuto a Kingsley solo un mese
prima, e
il suo tocco di stile e di rigore avevano caratterizzato quella vasta
stanza
rettangolare, un tempo densa di scartoffie impilate in ogni angolo e
vecchie
librerie polverose. Ora quegli scaffali erano stati riverniciati con
una
scintillante tinta color panna, i volumi si susseguivano gli uni
accanto agli
altri etichettati in ordine alfabetico. I soprammobili erano piccoli,
poco
sgargianti, gradevoli allo sguardo. Due quadri di arte moderna
troneggiavano
nell’ingresso, ed accompagnavano gli occhi dei visitatori in
direzione della
vasta scrivania in legno massiccio che troneggiava in fondo
all’ufficio, alle
spalle di un’ampia finestra. Un I-Mac bianco come la neve
figurava in un angolo
del pianale laccato, preceduto da una tastiera senza fili e da alcune
cornici
che ritraevano Hermione in compagnia della sua famiglia, quando aveva
poco più
di dieci anni. In un’altra foto lei, Ron e Harry sorridevano
radiosi accanto a
Hagrid, durante il Quinto Anno di scuola.
Seduto
dietro la scrivania, inghiottito nel comodo schienale della poltroncina
in
pelle nera, c’era Harry. Se ne stava lì, sornione,
le braccia incrociate dietro
la nuca e le sue Nike Air Max bianche e gialle appoggiate sul tavolo,
gli occhi
rossi e sinistri che perquisivano ogni angolo della stanza.
L’unica cosa che
riuscì a fare, quando si ritrovò dinnanzi ai tre
Auror, fu sfoderare uno dei
suoi sorrisi ironici. <<
‘Giorno.>> disse.
<<
Niente Pipistrelli, questa volta?>> fece Neville, gelido.
<<
Niente Pipistrelli.>> confermò Hermione.
Allungò un braccio e fece loro
cenno di accomodarsi. << E’ tutto sotto
controllo, ragazzi. Siamo al
sicuro. Nessuno è al
corrente della
sua presenza al Ministero.>>
<<
Grazie tante.>> muggì Ron. << E
io che mi preoccupavo delle scommesse.>>
Hermione
attese che entrambi prendessero nervosamente posto sulle poltroncine
ammonticchiate davanti alla scrivania, poi fece il giro del tavolo e
posò una
mano sulla spalla di Harry. Fece pressione, penetrandogli le unghie
nelle
pelle, finché lui non emise un rantolo di dolore e
s’alzò di scatto dalla
sedia.
<<
Fino a prova contraria, Vesper, il Comandante sono io.>>
disse con
noncuranza, senza guardarlo. Sedette e digitò freneticamente
alcune lettere
sulla tastiera del computer, attese che il monitor le restituisse
l’immagine
selezionata e strinse le labbra in una smorfia. Poi roteò il
monitor dell’I-Mac
in direzione di Ron e Neville.
La
foto ritraeva il cadavere di Azazel disteso riverso nel prato di Villa
Malfoy.
Aveva gli occhi fuori dalle orbite e un orribile colorito violaceo.
<<
Probabilmente vi state chiedendo perché Harry sia qui. Ha
trascorso alcuni mesi
in Scozia, indagando parallelamente al Ministero fra i Clan dei Vampiri
presenti sul nostro territorio. Ebbene, Honorius Azazel altro non era
che una
misera pedina di un sistema criminale ben più grande di
quello che
immaginavo.>> Sul monitor iniziarono a scorrere le
scansioni di decine di
pagine della Gazzetta del Profeta. << Sarò
breve. I Vampiri sono tanti,
condividono gli stessi ideali di Azazel e si preparano ad attaccarci.
Sfruttano
l’ignoranza della gente per passare del tutto inosservati. Il
loro obiettivo è
quello di colpire di sorpresa. Una Guerra Lampo.>>
<<
Forte.>> commentò sarcasticamente Ron,
stravaccato sulla poltroncina. E
lanciò un’occhiataccia a Harry, come se la sua
comparsa fosse bastata a
rovinargli la giornata. << Non sei stato capace di tirar
fuori Hermione
dalle grinfie di quei mostri, ed ora vieni qui nel nostro
ufficio dopo mesi e pretendi di aiutarci a salvare il
mondo?>>
<<
Io non voglio aiutare nessuno.>> mormorò
Harry, le mani nella tasche. Si
appoggiò alla parete alle spalle di Hermione, pensieroso.
<< Siete gli
unici che potete capire, dannazione. L’avete visto con i
vostri occhi. Quelle
creature sono potenti, hanno vissuto troppo a lungo
nell’ombra. Quando si
ribelleranno sarà ormai troppo tardi, dobbiamo escogitare un
piano e batterli
sul tempo.>>
<<
Una domanda, Indiana Jones.>> intervenne Neville, che
alzò ironicamente
un avambraccio come uno scolaretto. << Mettiamo il caso
che i Vampiri ci
attacchino. Mettiamo il caso, Vesper, che tu dica il vero, e che non
sia una
delle tue idiote trovate per mettere a subbuglio il Mondo Magico.
Mettiamo il
caso che Kingsley ti creda, che ti vengano revocare tutte le tue
condanne –
cosa che giudico improbabile – e che ti venga concessa la
piena libertà di
agire per salvarci. Come potrai fermare i Vampiri?>>
Silenzio.
Harry e Hermione si scambiarono un’occhiata fugace, poi
Hermione sospirò.
<<
Ci stiamo lavorando.>> disse, giocherellando nervosamente
con una penna.
<<
Quindi ci state dicendo che moriremo tutti?>> fece eco
Ron, attonito.
<<
Per ora l’unica arma in grado di sconfiggerli è la
Bacchetta di
Sambuco.>> sentenziò Harry, cupo. E,
d’istinto, sfiorò la bacchetta che
trapelava da una tasca dei suoi jeans scoloriti. <<
Esiste un altro modo.
Non so come, né perché, ma esiste. Solo i Vampiri
ne sono a conoscenza, e non
sono certo tanto stupidi da raccontarcelo. Quindi, a meno che non
vogliate che
il Ministero venga invaso da quei mostri, fareste meglio a darci una
mano.>>
<<
Ci sto.>> replicò Neville, senza alcun
ripensamento. E scrollò le spalle,
rassegnato, volgendo il suo sguardo indispettito su Hermione.
<< Non ho
altra scelta, giusto?>>
<<
Non siete costretti ad aiutarci.>> disse Hermione.
<< Uscire allo
scoperto e parlare a Kingsley dell’accaduto significherebbe
ammettere
implicitamente che Vesper è mio alleato, e ciò
comprometterebbe
irrimediabilmente la mia carriera. Sarei costretta a dimettermi,
verrà eletto
un nuovo Comandante e la faccenda dei Vampiri precipiterebbe nel vuoto,
lasciandomi sola e disoccupata.>>
<<
Mossa poco intelligente.>> commentò Neville.
<< Anche se dubito che
rimarresti sola. C’è sempre Batman, lì
con te. Chi sarebbe così idiota da darti
fastidio?>>
<<
Non sei divertente.>> borbottò Harry.
<<
Ci servono delle prove, comunque.>> proseguì
Neville. << Non
possiamo certo tralasciare il nostro lavoro per dare la caccia a dei
Vampiri
immaginari. Per quanto ne potrà sapere Kingsley, o tutti gli
altri del
Ministero, noi attualmente stiamo seguendo le tracce di un Trafficante
illegale
di tappeti volanti. E’ un tantino differente, non so se mi
spiego.>>
<<
Troveremo il modo.>> mormorò Hermione.
Guardò
intensamente Ron, ma lui la evitò con cura. Tutta la sua
attenzione era stata
calamitata da Vesper. Ritrovarlo lì, a distanza di
così poco tempo dall’arrivo del
giapponese al matrimonio di Ginny, parve sconvolgere radicalmente ogni
suo
piano. Divenne serio, taciturno. Freddo come una lastra di ghiaccio.
<<
Ricapitolando.>> sbottò Ron,
d’improvviso, che rinsavì dal coma.
<<
Ci sono questi cazzo di Vampiri che vogliono attaccarci, e sono
così potenti
che solo la tua Bacchetta di Sambuco è in grado ai
ammazzarli. Tu sei il nuovo Eroe,
solo Tu puoi ucciderli, solo Tu puoi salvare il mondo. Quale
sarà il
nostro compito, reggerti il mantello da Superman mentre cerchi di
eliminare il
nuovo Voldemort di turno?>>
Harry
sembrò perdere la pazienza, e lanciò
un’occhiata a Hermione del tipo “Te-l’avevo-detto”.
Come se lui, in prima
persona, avesse preferito evitare con cura quel posto. E aveva ragione.
Era
stata lei. Lei e solo lei: a organizzare ogni cosa, a sperare di
riformare una
squadra, a combattere insieme. Come cinque mesi prima. Fianco a fianco.
Forse
non tutte le fiabe erano destinate ad avverarsi.
<<
Qui nessuno gioca a fare l’Eroe.>>
sentenziò Hermione. Fece scattare un
braccio e serrò le dita attorno al polso di Harry,
impedendogli di compiere un
passo avanti. Le sue iridi rossastre, protette dalle lenti a contatto,
dardeggiarono d’odio.
Neville
era terrorizzato. Harry e Ron due tizzoni pronti a esplodere da un
momento
all’altro. Un bell’inizio. Non c’era che
dire.
<<
Ci state, allora?>>
Le
sue parole risuonarono nel vuoto. Neville e Ron, quest’ultimo
con le braccia
conserte e il cipiglio più cupo che mai, si scambiarono
un’occhiata colma di
rassegnazione.
<<
Non ho scelta.>> sbottò infine Neville,
avvilito.
<<
Solo perché me l’hai ordinato tu.>>
gli fece eco Ron. << Se fosse
per il Mangiapipistrelli. Oh,
bé.
Sarebbe stata tutta un’altra storia.>>
<<
Ha un nome.>> lo apostrofò Hermione.
<< E tu, Harry, per l’amor del
cielo. Smettila di comportarti come un bambino. Siamo adulti, abbiamo
una
missione molto importante da portare a termine. Ora, per
favore, mettete da parte le vostre avversità e
sforzatevi di
collaborare. Siamo una squadra.>>
<<
Se lo dici tu.>>
<<
Sì, Ronald. Lo dico io.>>
lo
rimbeccò. Tuffò una mano in una tasca interna del
mantello d’ordinanza e ne
fece fuoriuscire una lista di pergamena ripiegata, sulla quale
compariva un
elenco di nominativi scritti con calligrafia sinuosa e regolare.
<< Come
ho detto, Kingsley e il resto del Ministero per il momento non devono
scoprire
nulla. O ci taglieranno le gambe ancor prima di cominciare. Io mi
occuperò in
prima persona di coprire l’operazione. Voi dovrete cercare aiuti esterni.>>
<<
Reclutare, intendi.>> obiettò Neville.
<<
Chiamalo come vuoi, ma abbiamo bisogno di maghi pronti a darci una
mano.>> disse Harry, che fece scorrere lo sguardo su
tutti i presenti.
<< Io sono il Ricercato Numero Uno del Ministero, quindi
toglietevi dalla
testa che esca allo scoperto. Mi arresterebbero, come
l’ultima volta alla Coppa
del Mondo. Ma un Vampiro è dalla nostra parte, e dispone di
una ventina di seguaci
del suo Clan. Ma non sono abbastanza. Sophie-Anne Lupin è
una creatura
immortale che canta fuori dal coro.>>
<<
Lupin, hai detto?>> farfugliò Ron.
<<
L-u-p-i-n.>> Harry scandì lentamente la
parola. << No. Non è un
caso di omonimia. E’ sua sorella.>>
<<
Ma non era morta?>>
<<
In un certo senso.>>
Ron
lo additò minacciosamente con una smorfia. <<
Tu hai in mente un’altra
delle tue solite stronzate. Sì. Sì, miseriaccia.
Lo sento.>>
*°*°*°*°*
Hermione
rincasò nel suo appartamento di Diagon Alley quando
l’orologio appeso alla
parete del soggiorno segnava le undici di sera. Lei, Harry, Neville e
Ron erano
rimasti in ufficio fino a tardi, in gran segreto, pianificando con cura
il
piano. La copertura dei trafficanti illegali di tappeti magici avrebbe
consentito
loro di lasciare l’Inghilterra per qualche giorno per
reclutare nuovi membri
della cosiddetta Resistenza. Harry l’aveva definito come un
Nuovo Esercito di
Silente. Perché, in fondo, il vecchio Preside non avrebbe
esitato ad aiutarli.
Nell’elenco dei possibili membri del Nuovo Esercito, che
avrebbe dovuto nascere
all’insaputa del Ministero, figuravano una ventina di
nominativi, ed era certa
che nel corso dei giorni sarebbero aumentati. Il Ministero era marcio
di
corruzione. Kingsley non avrebbe mai potuto capire.
Hermione
entrò in camera da letto e smise la divisa
d’ordinanza, rovistando nell’armadio
alla ricerca di un abito da notte pulito. Il contatto dei piedi nudi
sul
pavimento freddo le trasmise un brivido freddo lungo la schiena.
<<
Per un attimo ero convinto che Ron mi picchiasse.>>
Hermione
s’arrestò, una spallina abbassata della camicia da
notte, le iridi nocciola
perse nel vuoto. Poi lo vide. Era vicino alla finestra, ammonticchiato
sul
davanzale. Le sue pupille rosse brillavano nel buio come quelle di un
mostro,
ma il suo sorriso era felice e sereno. Non ricordava di averlo mai
visto
sorridere, in effetti.
<<
Credevo fossi tornato a casa.>>
<<
Infatti.>> Vesper entrò, i suoi passi furono
attutiti dalle scarpe da
ginnastica. << Questa
è casa.>>
Hermione
scosse il capo. Non riuscì a trattenere un sorriso.
S’avvicinò a lui e gli
allacciò le braccia al collo. Per un attimo le parve di
averlo accanto da mesi,
eppure era trascorso appena un giorno da quando l’aveva
rivisto a Londra.
Appoggiò il viso nell’incavo tra il suo collo e la
spalla e lì trovò un luogo
sicuro dove inspirare profondamente il suo profumo di muschio bianco.
Perché
c’era sempre qualche problema? Perché quel branco
di Vampiri aveva deciso di
attaccare il Mondo Magico?
<<
Posso dormire qui?>> domandò lui.
Hermione
si sistemò la spallina della camicia da notte,
annuì e gli afferrò una mano,
trascinandolo senza troppi complimenti verso il letto. <<
Siediti.>> gli disse.
<<
Tesoro, cosa…>>
<<
Fallo e basta.>>
Sul
suo volto comparve un sorriso malizioso, ma lei aveva
tutt’altre intenzioni. Uomini.
Pensò, mentre Harry obbediva al
suo ordine e si lasciava cadere sul materasso con la sua solita, idiota
espressione canzonatoria. Non gli era bastata la notte prima?
<<
Ho bisogno di stare con te. Con Harry.>>
Lui
allargò istintivamente le braccia. Rise.
<<
No, non quel tipo di Harry.>>
<<
Quanti tipi di Harry esistono?>> le chiese lui,
contrariato.
<<
Voglio parlare, voglio… stare con te e basta. Sapevo che
saresti venuto.
Abbiamo passato cinque mesi lontani, maledizione, e tu pensi solo
a…>> La
voce le venne meno, le sue guance divennero di un colorito rosso acceso
mentre,
divenendo timida come una bambina alle prese con la prima cotta
adolescenziale,
evitò con cura di terminare la frase. << Io
voglio te. Parlare con te.
Condividere pensieri, emozioni… tutto.
Mi hai abbandonata, ma l’ho accettato. Sapevo che un
“vissero felici e contenti”
non si addiceva alla nostra storia. Tu
sei l’unica cosa che desidero, ma al tempo stesso sei
l’unica cosa che non
posso avere.>>
Harry
tacque. La sua espressione divenne seria e i suoi occhi scintillarono
nella
penombra della camera da letto. Levò lentamente una mano
verso di lei, le cinse
un fianco e la attrasse delicatamente a sé. Il suo tocco fu
leggero, quasi
impalpabile. << Non ti lascerò mai
più.>> disse.
Hermione,
rimasta in piedi dinnanzi a lui, non riuscì a fare a meno
che posargli le mani
sulla nuca e scompigliargli la chioma corvina. Il cuore le
rallentò di battito.
Avrebbe voluto gridargli la sua gioia immensa, la felicità
di udire quelle
parole. Ma non ci riuscì.
<<
Non credo che Vesper sia il tipo da “per
sempre”.>>
<<
Sto parlando di me. Di Harry.>> mormorò lui.
Le baciò piano il ventre
piatto, coperto dalla camicia da notte. << Vesper. Lui,
bè… siamo
diventati grandi amici. Dico sul serio. Ma in questo momento non
sarebbe un
ottimo consigliere.>>
<<
Ah, no?>> fece lei, con una punta di malizia.
<< Che cosa ti
consiglierebbe?>>
<<
Credo mi direbbe “bel colpo,
ragazzo. E’
proprio uno schianto”.>>
Hermione
rise. Gli si sedette sulle ginocchia, le braccia attorno al suo collo.
I loro
visi si sfiorarono. << E poi?>>
<<
Poi inizierebbe a parlarmi della sua macchina.>>
<<
Scemo.>>
Risero.
Si baciarono. E poi, insieme, si lasciarono cadere
all’indietro nel letto, fra
le lenzuola, rubando al destino cupo che tinteggiava la notte fuori
dalla
finestra un piccolo bagliore di serenità.
°*°*°*°*°*°
`•.¸¸.•´´¯`••._.•
THE APPLE'S CORNER `•.¸¸.•´´¯`••._.•
Ragazze,
ragazzi, lettori. GRAZIE per le recensioni. Grazie a Irene, Josephine, Sabri, la mitica Roxy, Marco, Kia, Kla e Kiki.
Non so che altro dire, al di fuori dell'attendere con ansia le vostre
recensioni e i vostri pensieri riguardo a quest'ultimo capitolo.
Un grazie particolare a Viki-Chan,
che sta davvero dando un contributo importante alla storia (forse
inconsapevolmente). Oltre che alla mia esperienza di scrittrice.
AUROR POWER!
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Capitolo 6 *** Mebhael - Tumulti ***
Anima Nera_prologo
“Pochi
sono gli amici di un uomo in sé, molti quelli della sua
buona sorte.”
(Baltasar
Graciàn)
Iquique,
costa pacifica del Cile.
Hermione
si appoggiò alla balaustra, le iridi color nocciola
proiettate verso la distesa
di grattacieli che torreggiavano lungo la spiaggia. La città
si trovava sul
frangente più occidentale del Cile, era uno degli
insediamenti economici più
popolosi della nazione. Da quell’altezza, ammonticchiata dal
terrazzo
dell’Hotel “La Suerte”
nella zona
benestante della città, si poteva intravedere il degrado
urbano seminascosto
dalle scintillanti insegne della costa. Faceva caldo. Un caldo umido e
soffocante. E di certo nel pomeriggio la temperatura di sarebbe
innalzata.
Un
fruscio alle sue spalle. Alcuni pipistrelli stridenti svolazzarono
fuori dalla
finestra.
<<
Sei pronta?>>
Hermione
si sentì cingere delicatamente i fianchi, poi le labbra di
Vesper si posarono
sul suo collo. Fu una sensazione nuova, eppure l’aveva
provata centinaia di
volte. Un brivido freddo le corse lungo la schiena.
<<
L’hai trovato?>> gli chiese.
Harry
annuì. << Prendi la bacchetta.>>
Abbandonarono
la lussuosa stanza d’albergo vestendo abiti comodi, cercando
di essere il più
facilmente rassomiglianti ad una normale coppia di turisti di
passaggio. Mano
nella mano, uscirono dall’ascensore salutando con accento
marcatamente inglese
il portiere in livrea azzurra nell’ingresso. La Hall era
maestosa e arredata
con arredamento coloniale: una contrapposizione marcata a dispetto dei
mendicanti che reclamavano la carità sul ciglio opposto
della strada.
Harry
fermò un taxi. Salirono a bordo e Hermione lo
sentì parlottare in spagnolo con
il conducente. All’udire la parola
“periferia”, l’anziano taxista
sobbalzò sul
sedile. Poi parve mandare giù sonoramente un groppo di
saliva. Infine,
titubante, annuì.
Partirono
sferragliando alla volta dei margini della città ed Hermione
trascorse l’intero
tragitto con il capo reclinato da un lato, il viso premuto contro il
finestrino.
Un
sole cocente stava sorgendo all’orizzonte. La maggior parte
delle strade erano
asfaltate in modo precario e ovunque comparivano intere voragini.
Imboccarono
quella che le parve un’autostrada.
Mezz’ora
dopo, tra uno scossone e l’altro, accompagnati da una ballata
d’amore che
strepitava dalle vecchie casse del taxi, il panorama di grattacieli e
antiche
case coloniali fu sostituito da un’infinita distesa di
baraccopoli, che
procedeva a perdita d’occhio fino a dissolversi nella distesa
sabbiosa ai
margini delle montagne. Il taxi imboccò l’uscita e
si ritrovarono in un vasto
piazzale sterrato. Un cartello decrepito alla loro destra annunciava
che erano
in prossimità della discarica cittadina. Ciò
contribuì a giustificare il puzzo
nauseabondo che penetrò all’interno del finestrino
come l’esplosione di una
cacca bomba acida. Hermione non riuscì a fare a meno di
premersi una mano sul
viso, in preda a un conato di nausea.
<<
Usciamo di qui.>> farfugliò, rivolta a Harry.
<< Prima che vomiti
in macchina.>>
Harry
pagò la corsa e la seguì nel piazzale. Il taxi
alle loro spalle partì sgommando
e lo videro scomparire nel traffico dell’asse viario
soprelevato. Le periferie
di Iquique non dovevano essere un bel posto, a giudicare dal
comportamento del
taxista. E le decine di figuri dall’aspetto decadente che
sostavano ai margini
del piazzale ne erano la tetra conferma.
Al
passaggio di ogni camion della nettezza urbana, un gruppetto di uomini
e
bambini inseguiva il mezzo e si arrampicava agilmente sul cassone,
arraffando
ciò che capitava loro a tiro. Materassi, cibo avariato,
vecchi indumenti, ma
anche attrezzi per il giardinaggio, copertoni sgonfi, cosmetici
scaduti. Tutti
gli oggetti raccolti venivano accumulati in grosse pile. Un ometto
tarchiato
con un paio di folti baffoni, che doveva essere uno degli anziani,
smistava ad
ognuno dei ladruncoli parte della refurtiva.
Videro
due bambini sorpassarli con aria festosa, stringendo in mano i resti di
un
vecchio triciclo arrugginito. Poco più in là due
giovani donne abbandonarono i
materassi lerci che stavano trasportando verso casa e si gettarono
all’inseguimento di un altro camion ricolmo di spazzatura,
che si stava
dirigendo in discarica.
<<
Brutto posto.>> sbottò Harry. Notò
i suoi occhi vuoti, la sua espressione
mortificata e silente alla vista della povertà
più nera. Le fece scivolare una
mano sul polso, stringendoglielo delicatamente per farla rinsavire.
<<
Non c’è modo per cambiare le cose,
temo.>>
<<
Potremmo…>>
<<
No.>> sentenziò lui.
Ma
nella sua voce non v’era rabbia, semmai rassegnazione.
Nonché il desiderio
ferreo di portare a termine una missione. << Non
è il momento, ti prego.
Vieni. Camminiamo. La sua casa deve essere laggiù, da
qualche parte.>>
La
via principale era fiancheggiata da centinaia di catapecchie in
lamiere, oltre
le quali si ramificava una sequenza di stretti vicoli sporchi. Fuori
dalle
baracche c’erano pecore chiuse in steccati realizzati con
materiali di riciclo,
anziani appollaiati su vecchie sedie a dondolo, bambini che urlavano e
correvano dietro vecchi palloni sgonfi.
Al
loro passaggio, tutti gli occhi rotearono nella loro direzione. Era
limpido
come la luce del sole che Harry ed Hermione non facessero parte di quel
mondo.
In particolare lui, con i suoi bei jeans scoloriti e la camicia bianca,
pulita,
forniva un decadente contrasto con il panorama che li circondava.
Dapprima
gli abitanti mostrarono una certa curiosità nei loro
confronti. Molti
chiamarono i loro vicini, nel giro di pochi istanti si era creata una
piccola
folla. Poi, d’improvviso, uno di loro li indicò
minacciosamente, sbraitando
alcuni epiteti in spagnolo. Era un vecchio stempiato che camminava con
l’ausilio
di una stampella, ed aveva tutta l’aria di trovarsi davanti a
un demonio.
<< Ojos rojos!>>
ululò.
<< El diablo de ojos rojos!>>
Fra
le baraccopoli si diffusero urla, strilli di donne, scalpiccii di passi
lungo i
viottoli che conducevano alla strada principale. Nel parapiglia della
folla
vennero fuori cinque robusti omaccioni dall’aspetto
trasandato, che impugnavano
badili e mazze di legno. Agitarono le armi per scacciarli, grugnendo
termini
incomprensibili nel dialetto del posto, ed accanto a loro comparve un
sesto
elemento che imbracciava un fucile.
<<
Merda.>> sussurrò Harry. Le strinse forte una
mano, impedendole di
sfoderare la bacchetta. << Niente magie. Niente di
niente. Chiudi gli
occhi.>>
<<
Cosa?>> gemette Hermione.
Un
colpo di fucile vibrò nell’aria, disperdendosi nel
cielo torrido della mattina.
<<
Fai ciò che ti dico.>> insistette Harry.
Strinse forte le sue dita in una
morsa ferrea. Un istante dopo i piedi di Hermione si staccarono da
terra, ma
non fu come Smaterializzarsi. Fu qualcosa di più intenso, di
più violento: il
suo corpo venne sollevato e sbattuto a destra e a sinistra in un
turbine nero
come la pece, e non si accorse nemmeno dove la stava portando.
Tutt’intorno il
buio più profondo, circondato da stridii sordi e battiti
d’ali. Ebbe la
sensazione che a trasportarli lontano fosse un’enorme,
stridente orda di
pipistrelli.
Ricomparvero
in un vicolo stretto fra due grosse baracche di lamiere, a distanza di
sicurezza dalla folla di insorti. Da quella posizione Hermione
udì le loro urla,
accompagnate dai rumori dei badili agitati per l’aria e dei
colpi di fucile. Si
era Smaterializzata con il Principe Oscuro. Lui e i suoi maledetti
pipistrelli.
<<
E’ qui.>> disse Harry, risoluto.
Indicò una vecchia casupola in mattoni e
pietrame ammonticchiata in cima a una scalinata dall’aspetto
traballante. Il
terrazzo era stato ricavato con della lamiera arrugginita, e le paratie
frangivento inchiodate alla ringhiera erano vecchi teloni per
automobili. Senza
lasciarle la mano, la condusse su per la rampa e si ritrovarono
dinnanzi a una
minuscola porticina di legno. Harry bussò tre volte.
Silenzio.
Poi, qualche minuti dopo, si udì un fragore dei passi ed una
voce roca sbraitò:
<< ¿Quién
es usted?>>
Chiunque avesse parlato, era un maschio ed era particolarmente
arrabbiato.
<< ¿Quién
es usted?>>
ripeté, altero, giunto dinnanzi alla porta.
<< Yo
soy de ojos rojos.>> mormorò Harry. <<
Abrir la puerta, por favor.>>
Si morse le labbra, in una smorfia pensierosa. << Tengo que hablar con el Rubia.>>
Si
fu un sonoro grattare della serratura. Una delle poche porte blindate
di quella
baraccopoli, pensò Hermione. Un istante dopo comparve loro
davanti un uomo
sulla quarantina, dalla pelle ambrata e i lineamenti tipici del posto,
due
grossi occhi incavati e un paio di baffetti a spazzola. Era sporco,
madido di
sudore. Indossava una canottiera incrostata di grasso e dei vecchi
jeans.
<< Ojos Rojos.>>
mormorò,
con tono di riverenza. E, con loro enorme sorpresa, accennò
a un profondo
inchino del capo.
Si
ritrovarono in un ingresso piccolo e angusto. L’uomo rivolse
loro un sorriso,
mostrando un paio di denti mancanti. Poi indicò una porta in
fondo al
corridoio.
<<
Bingo.>> esclamò Harry sottovoce.
<<
Si può sapere chi è questo Rubia?>>
gli chiese Hermione, mentre s’incamminarono nella direzione
indicatogli dal
cileno.
<<
Rubia è un soprannome. Nella lingua del posto significa Biondo.>>
<<
Oh, no. No. No.>> Hermione
s’arrestò, allungando le mani in avanti in un
plateale cenno di diniego. << E’ possibile che
un Comandante del Quartier
Generale debba sempre essere attorniato da criminali?>>
<<
E’ l’unico modo per uscirne fuori da questa
situazione.>> Harry le
agguantò delicatamente un avambraccio e la sospinse in
avanti. Rise. <<
Lo so, sono uno stronzo. Avrei dovuto dirtelo prima.
Avrei…>>
<<
Avevi detto che si trattava di un tuo vecchio
amico.>>
<<
Era solo un modo per convincerti ad accompagnarmi.>>
<<
Sei uno stronzo, Vesper.>>
<<
Lo so.>>
Harry
aprì piano la porta e la precedette in un ampio locale ben
illuminato. Aveva le
sembianze di un antico campo base militare: le pareti e il soffitto
erano
costituiti da assi di legno inchiodate e verniciate di bianco, una
vecchia
scrivania era stipata in un angolo e ovunque regnava il caso. Armadi
stracolmi
di indumenti, sacchi traboccanti di armi e oggetti di ogni forma e
dimensione.
Hermione vide decine di volumi abbandonati gli uni sopra gli altri in
una pila
polverosa, utilizzati meramente come pianale per appoggiarvi del
coltelli da
affilare.
<<
Dove diavolo siamo?>> gemette.
<<
All’Inferno. O quasi.>> disse una voce
melliflua proveniente dalla
scrivania. Qualcuno sedeva su una sedia dallo schienale alto e rigido
orientata
verso la finestra. Puntò i piedi e roteò verso di
loro, comparendo davanti ai
loro occhi con un sorriso beffardo. Dopo cinque lunghi mesi, del
vecchio Draco
Malfoy ne era rimasta solo un’ombra sbiadita. Era magro,
sorprendentemente
trasandato, il suo viso affilato recava i segni della guerra e il suo
mento era
punteggiato da una barba biondiccia di un paio di giorni. Indossava
abiti
logori, una vecchia camicia, dei pantaloni militari e un paio di anfibi
infangati.
<<
Quale onore, Comandante.>> disse Mafoy, con un riso
sprezzante. I suoi
occhi di ghiaccio saettarono su Harry. Lo osservò a lungo,
in silenzio,
trattenendo a stento una risata. Poi allargò le braccia in
un gesto ampio.
<< Questo posto è una merda. Ve ne sarete
accorti da soli. Perciò mi
domando: che cosa ci fanno una so-tutto
ben vestita e rispettabile e un ricercato a Iquique? Non
c’è nessun concessionario
Audi nei paraggi, Vesper, mi dispiace. Solo merda e
proiettili.>>
<<
Ci servi.>> disse Harry.
<<
Oh, certo. Ci servi.>>
Draco
imitò la sua voce in un’irrisoria cantilena.
<< Ci serve un pazzo che possa
aiutarci a salvare il mondo. I miei genitori
sono morti e io sono il prescelto.>>
<<
Sto parlando seriamente.>>
<<
Quando mai, Vesper, hai idee intelligenti?>> fece eco
lui. S’alzò dalla
sedia e ne seguì un pericolante scricchiolio delle assi del
pavimento. <<
Mi sono trasferito qui per sfuggire a voialtri stupidi cani del
Ministero. Da
quando ho aiutato questo idiota, non mi hanno mai dato tregua. Mi hanno
inseguito ovunque, hanno messo sotto controllo i miei conti della
Gringott,
hanno scoperto le mie false identità che utilizzavo per mischiarmi fra i Babbani. Tutto per
colpa tua, Vesper.>>
<<
Ti sei mischiato bene,
vedo.>>
commentò Harry, con un sorrisetto.
<<
Vaffanculo. Tu e i tuoi Pipistrelli.>> Draco
attraversò la stanza e andò
a recuperare la bacchetta abbandonata su uno scaffale. Zoppicava
vistosamente
da una gamba, e i suoi capelli biondicci e sporchi gli ricadevano
disordinatamente sul viso. << La mia Famiglia
è Caduta. Caduta,
Vesper. Mia madre è stata
costretta a trasferirsi in un sudicio monolocale del Kent, ma
è perseguitata
dagli Auror. Voglio sapere dove mi trovo.>>
Lanciò un’occhiataccia a
Hermione. << Avevate promesso che mi avreste sollevato da
ogni accusa. Io
vi ho aiutato, maledizione!>>
<<
Mi dispiace.>> ammise lei. << Non sei
l’unico ad attraversare un
periodo buio. Ci sono maghi del Ministero che hanno sospettato di me,
sono
stata messa sulla graticola dal Profeta. Non avevo scelta, dovevo
dimostrare di
essere dalla loro parte. Credono
che
io abbia a che fare con Vesper.>>
<<
Sagaci.>> Draco zoppicò verso di loro. Poi si
appoggiò alla pila di
libri. << Presumo siate qui per i Vampiri.>>
Un
tuffo al cuore. Hermione strabuzzò gli occhi e lo
guardò con aria attonita.
Come faceva a sapere dei Vampiri?
<<
Mi sono nascosto in Sudamerica un paio di mesi fa. Qui nessuno fa
domande, i
Maghi sono trattati con rispetto. Il fatto è che il
Ministero della Magia del
Cile è alquanto instabile, nel giro di dieci anni si sono
avvicendati sei
Ministri diversi. La metà è stata condannata al
carcere per corruzione. Non è
una situazione rosea, voglio dire, e i Vampiri ne hanno approfittato.
Il
Ministero è nelle loro mani da un paio di
settimane.>>
<<
Che cosa?>> tuonò Harry. << Io
credevo che…>>
<<
Che fosse una faccenda inglese?>> Draco rise.
<< Sì, credo che la
mente dell’operazione provenga dalla Scozia. Dicono sia un
anziano Vampiro
millenario con il pallino della conquista del mondo. Bene, ci sta
riuscendo. E
porterà a termine il suo piano nel giro di qualche mese se
qualcuno non lo
fermerà.>>
<<
Noi vorremmo…>>
Hermione
venne interrotta da una risata.
<<
Fermarlo, Granger? Oh, sì. Sì. Fermiamo
il Vampiro Cattivo. Ci basta reclutare cinque o sei stronzi,
che marceranno
verso morte certa con il sorriso sulle labbra. Sapete una cosa,
ragazzi? Io non
ci sto. Cercatevi qualcun altro.>>
<<
Ma hai detto tu stesso che il Mondo Magico è nel
caos!>> lo esortò
Hermione. << Che cosa stai facendo, adesso? Vivacchiare
dei tuoi furti in
questo schifo non è abbastanza deprimente per un Malfoy?
Cinque mesi fa mi è
sembrato d’udire che volessi rimettere in piedi la tua
Casata.>> Piegò un
angolo della bocca in un sorriso impercettibile. Colpito e affondato.
Lo vide
farsi serio, una maschera d’odio e rancore, le sue guance
sbiancarono e le
mascelle si serrarono in una smorfia rabbiosa.
<<
Non sono affari tuoi, Granger.>> ringhiò.
<< Ed ora, se non avete
altro da dire…>> Malfoy indicò con
un cenno del capo la porta.
<<
Hai una conoscenza delle Arti Oscure pari a quella di un
Mangiamorte.>>
disse Harry. << Anche se mi costa ammetterlo, il tuo
aiuto sarebbe prezioso.
Dobbiamo capire come ucciderli. Indebolirli con le maledizioni senza
perdono
non è abbastanza. E poi, onestamente, questo posto non ti si
addice. Ti sei
visto in faccia? Sembri un fantasma.>>
<<
Fuori dalle palle.>> sbottò Draco.
<<
Per favore.>> mormorò Hermione, e
lottò contro sé stessa per non
maledirsi da sola. Pregare Draco Malfoy fu qualcosa di penoso e
irripetibile.
Lo fece solo perché gliel’aveva chiesto Harry,
perché Malfoy era una delle
poche risorse delle quali potevano disporre. E perché, in un
certo senso, c’era
in gioco la vita di tutti quanti.
<<
Siamo venuti fin qui apposta per
parlarti.>>
<<
Avete sprecato del tempo. E comunque, giusto a scopo informativo,
quelle
creature maledette hanno messo una taglia sulla tua testa, Batman. Qui
gli
abitanti sono convinti dell’esistenza nel demonio ed il tuo
aspetto non ci va
davvero troppo lontano. Ojos Rojos,
ti chiamano. Faresti meglio a tenerti distante da quella gente, o di
inseguirà
con i forconi.>>
Harry
e Hermione si guardarono.
<<
I Vampiri ci stanno dando del filo da torcere, in questo
periodo.>>
proseguì Malfoy. << Il Ministero, come ho
già detto, è nelle loro mani.
Hanno massacrato centinaia di maghi cileni e stanno spodestando ogni
loro
potere. Vogliono il caos. E sono riusciti a mandare all’aria
tutti i miei
affari.>>
<<
Di cosa ti occupi, esattamente?>> gli chiese Harry.
<<
Contrabbando.>> tagliò corto Malfoy.
Sospirò profondamente. Sembrava
stanco e piuttosto provato, e la sua camminata zoppicante lasciava
presagire
che fosse ferito. << Ed ora, se permettete, gradirei non
rivedere mai più
le vostre facce. Più mi stai lontano, Vesper, meglio
è.>>
<<
Malfoy.>> Harry lanciò uno sguardo a Hermione.
Era
la loro ultima spiaggia, glielo lesse negli occhi. Ancora un tentativo
fallito
e se ne sarebbero ritornati desolatamente a casa a mani vuote,
sprecando due
giorni di viaggio e di estenuanti ricerche fra le vie malfamate delle
periferie
cilene.
<<
La realtà è che noi
siamo…>>
*°*°*°*°*
<<…
fottuti.>> gemette Neville, gli occhi rivolti sulla
cartina spiegazzata
di Kuala Lumpur. Perlustrò attentamente le vie del centro,
molte delle quali
erano state evidenziale con un pennarello. Dopo due giorni, cinque ore
e
ventisei minuti, di Ryo Miyachi e della sua testa di cazzo non ve
n’era alcuna
traccia.
Vesper
era stato fin troppo chiaro in proposito. “E’
ricco e viziato, ma è indispensabile per il gruppo. Passa
gran parte del suo
tempo in giro per il mondo a sperperare denaro in casinò,
donne e corse
clandestine di automobili.” Un tipo a posto, senza
dubbio. Il tipico
ragazzo della porta accanto. Un insulto al misero stipendio di un
funzionario
del Ministero.
<<
Io mi arrendo.>> sbottò Ron, al suo fianco. Si
tamponò la fronte
imperlata di sudore con un fazzoletto, sul quale era ricamata la sua
iniziale.
<< Aveva detto che l’avremmo trovato qui,
dannazione. Deve esserci, da
qualche parte!>>
<<
Questa è la città più popolosa della
Malesia. A occhio a croce, anche
perlustrando ogni angolo di questo posto, abbiamo una
possibilità su dodici
milioni di trovarlo.>>
<<
Vesper è un idiota.>>
<<
Lo penso anch’io. Ma al nostro Comandante non sembra
importare molto.>>
La
smorfia eloquente di Ron gli strappò un sorriso nervoso.
Ogni volta che
pronunciava il nome di Harry, o di un’automobile, o
quantomeno di un
pipistrello, l’umore solitamente allegro e festaiolo di Ron
Weasley precipitava
nel baratro.
Nel
centro futuristico e cosmopolita della città, contornati da
alti grattacieli e
hotel sfarzosi, trovarono un fast-food dotato di aria condizionata nel
quale si
rifugiarono alla ricerca di ristoro. Si riempirono lo stomaco con cibo
babbano:
hamburger, patitine fritte e una bevanda gassata color caccabomba che
Neville
trovò insolitamente deliziosa.
<<
Coca-Cola.>> farfugliò a bassa voce, rimirando
l’etichetta variopinta.
<<
Hermione ci sta obbligando a stare
dalla sua parte.>> tuonò Ron, indispettito.
<< Già m’immagino la
sua reazione quando torneremo domani al Ministero a mani vuote.
Dirà che il
mondo dei maghi dipende da noi, che questo giapponese del cavolo era
importante, e bla bla bla. Solite stronzate.>>
<<
La ami ancora, non è vero?>>
Silenzio.
Ron immerse una patatina in una strana salsa rosa. Gustò
soddisfatto il boccone
e si leccò le dita. << Secondo
te?>>
<<
La ami ancora.>>
<<
Si vede così tanto, non è vero?>>
<<
Io… mi dispiace. Non volevo.>> Neville
tornò a sorseggiare la sua
Coca-cola. Succhiò con veemenza dalla cannuccia
finché non prosciugò il
contenuto del bicchiere di carta. Poi prese a tagliuzzare i cubetti di
ghiaccio. Ne voleva ancora. Subito. << Molte volte penso
al mio lavoro.
Sto trascurando mia moglie. Voglio dire, è incinta: non
capita tutti i giorni.
Io invece me ne sto qui in Malesia a cercare un Animagus che guadagna
in un
mese più di quanto possa guadagnare in una vita intera.
E’ deprimente.>>
<<
Sì.>> mugolò Ron, ma non lo stava
osservando. Era distratto da qualcosa,
i suoi occhi erano attoniti e scrutavano la parete alle sue spalle.
Neville,
d’istinto, si voltò nello stesso istante in cui il
rosso urlò qualcosa. Ma non
vi badò. Il cuore prese a battergli all’impazzata
nel petto, trasformando la
sua demoralizzazione nell’enfasi più pura.
<<
E’ lui!>> gridò Ron, facendo
sobbalzare una comitiva di turisti spagnoli
seduti nel tavolo accanto. Un bambino di passaggio con un vassoio
ricolmo di
panini ebbe un sussulto, ed il contenuto ricadde penosamente per terra
scatenando le ire dei genitori.
Sulla
parete in bella vista troneggiava il ritratto di Ryo Miyachi. Era lui.
Vestiva
con la divisa da cuoco, un buffo cappello bianco calato sul capo, il
volto
sorridente. Stringeva in una mano un mestolo da cucina,
nell’altra un
cartellone pubblicitario con lo il logo del famoso fast-food. La
didascalia in
calce recava la scritta: “Supporta
anche
tu il creatore del social network MeeBook alla 65esima Gara
Internazionale di
Cucina Asiatica. Evento promosso da McDonald Malesia.”
La gara si sarebbe
svolta il 25 settembre presso l’Hotel Royal Hill di Kuala
Lumpur.
<<
Ma è oggi.>> squittì Ron, che
sembrava aver perduto parzialmente l’uso
della parola. << Lo stronzo partecipa ad una gara di
cucina!>>
<<
Vesper aveva parlato di corse clandestine, io
non…>>
<<
Cosa stai aspettando?>> sbraitò Ron, che
iniziò a raccogliere le sue cose
e a ficcarle frettolosamente nello zaino. << Dobbiamo
portarlo al Ministero,
o faremo la figura degli imbecilli. La gara inizia fra
un’ora. Muoviti,
cazzo!>>
Neville
s’alzò meccanicamente dalla sedia.
Recuperò la cartina sgualcita e lo seguì di
gran carriera fuori dal locale, nella strada affollata. Ovunque
c’erano
turisti, passanti che occupavano il marciapiede. Non avevano la minima
idea di
dove si trovasse il Royal Hill Hotel, né tantomeno erano in
grado di
comprendere la lingua del posto. Perciò Neville
preferì evitare di perdere
tempo, trascorse i dieci minuti successivi a cercare febbrilmente
l’hotel sulla
cartina.
<<
Eccolo!>> esclamò, infine.
L’edificio
era situato in prossimità delle Petronas Tower, uno dei
simboli più famosi
della città. I due edifici erano la sede principale di una
compagnia
petrolifera e per anni erano stati classificati come la costruzione
più alta
del mondo.
Erano
proprio lì, stagliate all’orizzonte nel panorama
futuristico della città, a
mezzo miglio di distanza. Per una volta nella loro vita, la dea della
fortuna
sembrava averli favoriti. O almeno in parte. Non era semplice muoversi
fra i
Babbani: avrebbero dovuto penetrare all’interno
dell’edificio, interrompere la
Gara di Cucina e trascinare fuori Ryo Miyachi ad ogni costo. Come? Solo
il
tempo gli avrebbe fornito una risposta certa.
<<
Muoviti, muoviti, muoviti!>> strepitò Neville.
Svoltarono rapidi in un
vicolo semideserto, se non per un anziano barbone ammonticchiato nella
penombra. Tuffò una mano in una tasca degli shorts e mise
mano febbrilmente
alla bacchetta, che agitò per aria durante la corsa. I loro
abiti furono
trasfigurati in smoking eleganti in tessuto gessato.
Dieci
minuti dopo fecero irruzione nella maestosa hall d’ingresso
del Royal Hill
Hotel. La sala d’attesa in un angolo, arredata con comodi
divani bassi color
crema, era gremita di giornalisti e di fotografi che immortalavano
alcuni
cuochi partecipanti alla gara. Poco più in là
splendide ragazze malesi in abito
da sera fornivano informazioni ai turisti in merito
all’assegnazione dei posti
nella Sala da Pranzo, dove si sarebbe svolto l’evento. Qua e
là correvano
camerieri e portieri d’albergo, avvicendandosi come
forsennati affinché tutto
fosse pronto. In tutto quel trambusto nessuno parve accorgersi di loro.
Mancava
una manciata di minuti all’inizio della Gara. Dovevano fare
presto.
Attraversarono
con passo spedito la hall, risalendo le scalinate dorate che brillavano
sotto
la luce di enormi lampadari di cristallo pendenti dalle volte del
soffitto.
Strisciarono lungo la parete e s’infilarono nel primo
ripostiglio che capitò loro
a tiro.
<<
Nei film babbani di solito usano le condotte dell’aria per
muoversi
inosservati.>> osservò Neville, pensieroso.
<<
Io propongo di entrare con la forza e rapire il
giapponese.>>
<<
L’ingresso della Sala da Pranzo sarà sicuramente
sorvegliato. Ci
vedranno.>> sospirò Neville. Gettò
una rapida occhiata al bocchettone
dell’aria sopra la sua testa, che sovrastava i numerosi
attaccapanni ricolmi di
divise per il personale. << Potremo passare di
lì e infilarci nelle
cucine.>>
<<
O Smaterializzarci.>> fece Ron, con un sorrisetto.
<<
La Smaterializzazione è tracciabile. Il Ministero della
Magia malese si
accorgerà di noi, e aprirà un’indagine
per capire che cosa ci facevano due
Auror inglesi in questo dannato Hotel. Scateneremo una guerra
diplomatica, e
ciò non deve succedere.>>
<<
Ma noi non siamo in servizio, in questo momento.>>
Silenzio.
Neville e Ron si scambiarono un sorriso sinistro.
<<
Smaterializziamoci.>> dissero all’unirono.
Pochi
istanti dopo ricomparvero con uno schiocco sonoro nelle vaste cucine
dell’Hotel. Tre lunghi bancali d’acciaio occupavano
il centro dell’ambiente,
fiancheggiate da grossi forni e celle frigorifere. Decine di coltelli e
utensili pendevano dal soffitto.
Ryo
Miyachi era in fondo, in un angolo. Indossava l’uniforme da
cuoco e si stava
accingendo ad affilare dei grossi coltelli riverso su un enorme
lavello. Era
solo. E canticchiava da solo un motivetto di Guerre Stellari, come se
fosse la
cosa più ovvia del mondo. Poco distante, nella cucina
accanto, si udiva il riverbero
di decine di piatti scodellati nei bancali, seguiti dal vociare sordo
di una
folla di persone.
<<
Prendiamolo.>> sentenziò Neville.
Si
avvicinarono di soppiatto alle sue spalle e lo afferrarono da dietro.
Ron gli
tappò la bocca, mentre Neville si preoccupò di
tenergli ferme le braccia per
costringerlo a indietreggiare senza dimenarsi. Riuscirono a sollevarlo
di peso.
Lui urlò e cercò di liberarsi scalciando come un
topo in trappola, ma i due
Auror ebbero la meglio.
Camminando
goffamente all’indietro, ingaggiarono una lotta ferrea per
impedire
all’ostaggio di chiamare aiuto. Lui si ribellò con
le poche forze che gli erano
rimaste e riuscì a colpire il naso di Neville con una
gomitata.
A
fatica, lo immobilizzarono e si Smaterializzarono. Ricomparvero pochi
istanti
dopo l’uno di fianco all’altro nel vicolo nei
pressi dell’Hotel.
L’anziano
barbone semiaddormentato su un letto di giornali non prestò
loro la minima
attenzione, il suo russare placido si poteva udire palesemente in
lontananza.
<<
Che cosa caz…>> farfugliò Ryo,
ansante. Poi si voltò. Li riconobbe.
<<
Zitto o ti faccio saltare la testa.>> ringhiò
Ron, che gli puntò la
bacchetta in mezzo agli occhi. << Vesper vuole
vederti.>>
Il
giapponese annuì a stento. Levò le mani in alto
in segno di resa ed attese che
gli Auror lo depositassero a terra, lasciandolo libero di muoversi e di
massaggiarsi i polsi doloranti. Aveva tutta l’aria
frastornata di chi era stato
quasi investito da un treno in corsa.
<<
Vesper.>> sbottò Ryo. Un sorriso ironico si
aprì sul suo viso, e prese a
sfilarsi frettolosamente la divisa da cuoco. << Bastava
una telefonata, cazzo.>>
*°*°*°*°*
`•.¸¸.•´´¯`••._.•
THE APPLE'S CORNER `•.¸¸.•´´¯`••._.•
Grazie
mille a tutti per i bei commenti, e chiedo scusa per il mio enorme
ritardo. Sono stata molto impegnata con il lavoro, e il poco tempo che
ho riservato per la scrittura
l'ho interamente dedicato al Contest "A Caccia di Spaccio" Auror, anche
se non credo di aver ottenuto risultati soddisfacenti.
Spero che questo capitolo di "transizione" di piaccia, e invito davvero
tutti i lettori a criticarmi, se necessario, così facendo mi
aiuterete sempre a migliorare.
Grazie ancora a tutti, e ricordate:
AUROR POWER!
|
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Capitolo 7 *** Vehuel - Magnificenze ***
Anima Nera_prologo
"La
vita è piacevole. La morte è pacifica. E' la
transizione che crea dei problemi."
(Isaac Asimov)
<<
Non ti conviene girare da queste parti, Ojos
Rojos.>>
Una
voce rauca, alle loro spalle, risuonò nel vociare sordo
delle baraccopoli di
periferia. Un inglese stentato, masticato, di un alto e smilzo
quarantenne dal
cranio pelato armato di una mazza da baseball. Aveva piercing e
orecchini
dovunque, la pelle olivastra e due occhietti color pece iniettati di
sangue. Un
Pirata.
<<
Dico a te, Ojos Rojos!>>
urlò.
Ne
seguirono delle risate sguaiate. Qualcuno ringhiò parole
sconosciute nel
dialetto del posto, un altro sputò rumorosamente per terra.
<<
Non ti voltare.>> disse Harry, nervoso. Strinse le dita
attorno
all’avambraccio di Hermione e la guidò lungo i
vicoli, sforzandosi di ricordare
il percorso che collegava la casupola di Malfoy con la via principale.
<<
Bella chica, Ojos Rojos!>>
ululò un altro, dietro di loro.
<<
Ignorali.>> ripeté Harry, con un tono
abbastanza alto da risultare
udibile nelle vicinanze. << Loro… non sanno
cosa stanno facendo.>>
Doveva
stare calmo. Lui e Vesper. Lui e il diavolo che aveva preso possesso
del suo
stomaco, ogni volta che qualcuno si azzardava a mettergli i bastoni fra
le
ruote.
No.
Loro non meritavano di morire.
Il
suo Credo gli impedì di voltarsi, sfoderare la bacchetta e
vederli stramazzare
a terra, uno per uno. Avrebbe riso. Sì. Non si
vergognò di pensarlo.
<<
Harry.>> mormorò Hermione. Agitò la
pochette che le pendeva a tracolla.
<< Ho un’idea. Forse
potremmo…>>
<<
Dobbiamo muoverci.>> proruppe lui. <<
Non… voltarti. Ti
prego.>>
<<
Ma io…>>
<<
Tienes miedo, Ojos Rojos?>>
sibilò uno degli uomini, che rassomigliava ad un Pirata.
Sì,
stronzo.
Aveva paura. Paura di non controllarsi, di schizzare contro di loro
come un
toro rabbioso, mandando definitivamente all’aria la sua
copertura.
<<
Harry, sto cercando di dirti che…>>
Ma
uno dei cileni fu più rapido: balzò
giù da una vecchia roulotte e sbarrò loro
la strada armato di un fucile a canne mozze, di quelli che usavano i
marines
durante le battute di caccia ai terroristi. Chiunque fosse, non era un
semplice
e povero abitante delle favelas: quella banda di criminali era
lì per un motivo
preciso. Ucciderlo e incassare la taglia che pendeva sulla sua testa.
Ojos
Rojos o Vesper, o comunque l’avessero chiamato, Harry
iniziò a perdere la
pazienza. Sfoderò la bacchetta di Sambuco e
schiantò sul posto il primo
bersaglio.
Hermione
si portò una mano sulla bocca. << Niente
magia, maledizione!>>
<<
Come vuoi tu.>>
Harry
intercettò il secondo bandito. Lo agguantò per la
collottola e lo spiantò con
la schiena premuta contro una parete di lamiera, sferrandogli un
violento pugno
nello stomaco. L’uomo guaì e si piegò
in due dal dolore, e Vesper lo finì con
un calcio nel basso ventre. << Sono
troppi.>> disse. Prese il
fucile a canne mozze e lo gettò in un tombino scoperchiato.
Fuori
Uno.
Si
preoccupò per l’incolumità di Hermione,
che nel giro di pochi istanti si era
ritrovata circondata. Ma lei era il Comandante del Quartier Generale,
era
perfettamente a suo agio in quel genere di situazioni.
Rifilò un calcio ben
assestato nelle parti basse del primo pirata che le capitò a
tiro, poi usò la
bacchetta dalla parte del manico per ficcarla negli occhi di un altro
suo
compare.
Altro
sangue. Altre grida.
<<
Ne avete abbastanza?>> ululò Hermione, che era
in preda a una specie di
attacco isterico. Si riversò come una leonessa addosso al
terzo nemico, e
nessuno poté in qualche modo aiutarlo. Harry vide un paio di
denti roteare
nell’aria in una scia di sangue, poi il suo corpo precipitare
a terra inerme
come un sacco di patate.
<<
Stavo dicendo, Harry.>> disse Hermione, tranquilla,
quando il vicolo fu
sgombro. Sollevò la pochette di perline e gliela fece
scorrere davanti agli
occhi. << Ho una cosa che ti appartiene. Se solo mi
avessi lasciato
spiegare...>> Aprì la cerniera e ne estrasse
un minuscolo modellino di
moto, simile a un giocattolo per bambini. Le bastò un colpo
di bacchetta e ci
fu uno schiocco sonoro. Un istante dopo, davanti agli occhi stupefatti
di
Harry, la sua Ducati 1199 era lì, davanti a loro, rossa e
ruggente come non
mai. Bella. Bellissima. Non seppe
che
altro dire.
<<
Non abbiamo i caschi.>> obiettò Harry, con un
mezzo sorriso.
<<
Oh, al diavolo. Portami fuori di
qui!>>
Prima
che altri cercatori di taglie li intercettassero, balzarono in sella
alla
Ducati e Harry fece girare le chiavi nel quadro. Un sibilo, simile al
ruggito
di un giaguaro, si diffuse a macchia d’olio nella
baraccopoli, seguito dal
fischio delle gomme che scricchiolavano sul terreno sterrato. La moto
partì con
un guizzo ruggente.
Hermione
si incollò con le mani legate alla sua vita e non trattenne
un urlo stridulo
quando Harry svoltò rapido una curva, piegando la moto verso
destra. Percorsero
un lungo viottolo fiancheggiato da baracche, poi passarono a ridosso di
un
piccolo spiazzo affollato. Dei proiettili volarono nell’aria,
qualcuno urlò
epiteti in spagnolo. Un istante dopo Harry svoltò di nuovo
rapido e finirono
diritti addosso a un Pirata. Lo video tuffarsi di lato evitando
all’ultimo di
essere colpito dal muso affilato della moto. Meno
sei.
<<
Tutto bene, lì dietro?>>
Silenzio.
No, non andava tutto bene. Se solo avesse parlato, Hermione gli avrebbe
vomitato addosso. Ma non disse nulla e si strinse forte a lui, gli
occhi chiusi
e i capelli scompigliati dal vento.
Harry
puntò un piede a terra, facendo perno per riuscire a
superare un’altura di
lamiere altrimenti inaccessibile. Compirono un piccolo balzo, poi di
nuovo
lungo un altro vicolo. I Pirati erano una cinquantina ed avevano
circondato
l’intera baraccopoli per intercettarlo.
Come
avrebbero fatto a cavarsela senza l’uso della Magia?
Hermione
lo anticipò. Mise mano alla bacchetta, artigliandosi con
l’altra alla schiena
di Harry. Mentre sfrecciarono in prossimità della via
principale, compì un
movimento elaborato e una grossa bolla protettiva avvolse la Ducati,
impedendo
ai colpi di raggiungergli. Decine di centinaia di proiettili
ribalzarono contro
la cupola creando un violento picchiettio metallico che
rimbombò loro nelle
orecchie.
L’euforia
di Harry venne interrotta da altre urla sguaiate. Un gruppo di
Rivoltosi era
spuntato dalle baraccopoli e si era gettato sui Pirati.
Approfittò della
guerriglia interna per sgommare rapido in avanti, portandosi a debita
distanza
dal conflitto.
Quella
gente lo conosceva come “Occhi Rossi”:
qualcuno gli aveva offerto
un’ingente
somma di denaro per toglierselo dai piedi. E in quei posti il denaro
era
l’unico Dio tangibile, l’unico futuro
per il quale le persone pregavano. No. Vesper non avrebbe mosso un
dito, né
torto un solo altro misero capello in quel posto dimenticato.
Si
lasciarono alle spalle la guerriglia delle baraccopoli di Iquique e
fecero
ritorno, sporchi ed ormai esausti, all’Hotel nel centro
città dove Hermione
aveva prenotato una stanza, con la triste consapevolezza che avrebbero
fatto
ritorno a Londra a mani vuote.
*°*°*°*°*°*
Dalla
loro visita in Cile e in Malesia trascorsero quattro lunghe settimane.
Giorni
d’inferno per il Comandante del Quartier Generale e per i
suoi Auror: costretti
a lavorare nella bufera mediatica inscenata da Rita Skeeter in merito
alle
ipotesi di una possibile collaborazione fra Hermione e il Principe
Oscuro.
Il
martedì successivo il Profeta pubblicò un
articolo al vetriolo sui fondi
ministeriali concessi al Quartier Generale negli ultimi cinque anni,
dimostrando che almeno diecimila galeoni pubblici erano stati sprecati
per
acquistare una serie limitata di Nimbus 4014, che alcuni Auror
avrebbero
utilizzato per scopi personali. Il Responsabile delle Finanze
Ministeriali
Edigius Locker, colpito dallo scandalo, fu costretto a presentare le
dimissioni
il giorno seguente.
<<
Maledetta, stupida, cagna schifosa.>> commentò
amaramente Ron, in un
freddo pomeriggio di fine ottobre, mentre lui, Neville e Hermione
scesero nella
Sala Comune del Quartier Generale per bere una tazza di
caffè caldo. <<
Sta facendo di tutto per gettarci nella…>>
<<
Bufera.>> Hermione lo
mise a
tacere con un sorriso forzato. Strinse fra le dita la sua tazza di
Cappuccino
bollente e rimirò senza troppa enfasi il panorama magico
fuori dalle grandi
finestre della stanza. << Il Rapporto in merito
all’Operazione “StellaFreccia”
è stato inviato al
Ministro?>>
<<
Altroché.>> la rassicurò Neville,
che bevve un sorso di Coca Cola. Ne
aveva fatto scorta in un negozio babbano: era una droga, per lui.
<<
Kingsley è entusiasta del nostro operato. Mi ha detto di
tenere duro, che è
solo una moda temporanea quella di darci
la caccia. Dopo tutto, la penso come lui: la Skeeter si
calmerà. Ce l’ha a
morte con noi perché non riesce a
corromperci.>>
<<
Notizie dell’Uomo Pipistrello?>> intervenne
Ron, vago.
<<
E’ a Londra, con la sua amica.>>
Hermione finse disinteresse, mescolando il contenuto della tazza con il
cucchiaino. << L’ho sentito un paio di giorni
fa, dopo la Conferenza
Stampa. Mi ha detto che non hanno ancora trovato nulla di utile,
né tantomeno
sono riusciti a capire chi ci sia dietro tutto questo.>>
Si diede
un’occhiata guardinga in giro, e tornò a parlare
solo quando si fu assicurata
che non ci fosse nessuno nei paraggi. << I Vampiri, se
davvero hanno
intenzione di rivoltarsi com’è accaduto in Cile,
stanno temporeggiando fin
troppo. Voglio dire, è passato quasi un mese. Un
mese, maledizione. E non è successo un bel
niente.>>
<<
Certo che no.>> le fece eco Ron, con tono affabile.
<< Avete solo
rischiato di essere linciati da una banda di cacciatori di taglie. Cose
da tutti i giorni.>>
<<
Il fatto è che Malfoy non vuole collaborare.>>
<<
Sai che gran perdita.>> Ron e Neville si scambiarono
un’occhiata
complice. Poi Ron soffocò una risatina. <<
Voglio dire, sentiremo la sua mancanza
ogni giorno.>>
<<
Uno di meno, Ronald. Lo vuoi capire?>> lo
rimbeccò Hermione. << Uno
di meno.>>
<<
Ho visto un film che davano in televisione, qualche giorno fa. Mio
padre adora
la televisione. Si chiamava quattrocento, o una roba del genere.
Anche gli Spartani erano in minoranza, in questo film, ma si sono
battuti con
gran ferocia.>>
<<
E sono morti tutti.>> osservò Neville.
<<
Forse dovremo darci un taglio.>> propose infine Ron, che
sorvolò
l’argomento. Bevve un sorso di caffè amaro e fece
una smorfia, poi agguantò il
sacchetto dello zucchero e ne versò due generose zollette
all’interno della sua
tazza. << Vesper potrebbe essersi
sbagliato.>>
<<
Fin’ora non è mai successo.>>
sibilò Hermione, velenifera.
<<
Ma potrebbe accadere!>> insistette Neville.
<< E’ umano.
E, se mi permetti, anche se so
che ciò potrebbe costarmi il distintivo: trovo che un
Comandante non debba
mescolare la sua vita sentimentale
con la sua professione. Rischierebbe di… ecco…
compromettere il suo
operato.>>
Hermione
incassò il colpo il silenzio, ma dentro di sé fu
come se delle fiamme infernali
le avessero arso le viscere. Rabbiosa, con una smorfia indispettita
dipinta sul
volto, regalò il suo peggior sguardo velenifero ai due
Auror, per poi voltare
sui tacchi ed avviarsi a grandi passi verso l’uscita.
<<
Non è forse vero?>> ribadì Ron, che
alzò la voce per farsi udire.
Ma
in risposta ricevette solo il mero tonfo della porta che si richiudeva.
*°*°*°*°*
Come
si uccideva un Vampiro?
Una
domanda semplice, ingenua, il suo incubo peggiore.
Dal
tetto del Nike Town affacciato su Oxford Circus, Harry godé
della piena visione
circostante. L’orizzonte rossastro si affievolì
alle spalle della linea frastagliata
di tetti londinesi che si susseguivano in rapida successione, formando
un
tappeto urbano punteggiato di grattacieli e dal campanile lontano di
St.Paul.
Il freddo era pungente, e una brezza gelida gli scompigliò i
capelli corvini.
Trascorse
l’ora seguente a sfogliare il pesante volume rilegato
derubato dal Reparto
Proibito intitolato “Creature Notturne della Mitologia
Classica” di Newt
Scamandro. Dalle notte di Madama Prince trascritte al margine
dell’intestazione, Harry venne a conoscenza che il volume era
stato trasferito
nella Sezione Proibita nel 1975, quasi cinquant’anni dopo la
sua pubblicazione.
Perché?
A
prima vista era un libro come tanti altri, un semplice trattato
scolastico
utilizzato durante le lezione di Difesa Contro le Arti Oscure. Eppure
qualcosa
nelle sue descrizioni attirò tutta la sua attenzione. In
particolare, Harry si
soffermò a leggere la descrizione dei Vampiri a pagina 110.
Un
Vampiro è un essere
mitologico e immortale la cui sopravvivenza è dettata
dall’assunzione di linfa
vitale (sangue) a ignare prede. L’esistenza dei Vampiri
è stata conclamata
ufficialmente dall’esploratore Erbert il Coraggioso nel
Secolo XVI, durante una
battuta di caccia nell’Europa dell’Est, anche se
svariate leggende sul conto
dei Vampiri si sono diffuse fra i maghi fin dal Medioevo.
Gli
occhi rossi di Vesper saettarono al margine della pagina, dove qualcuno
aveva
scarabocchiato con inchiostro rosso una scritta.
Vedere
pagina 256.
Harry
sfogliò velocemente, il cuore in gola, tenendo la bacchetta
illuminata
orientata sopra di sé per illuminare le pagine consunte e
ingiallite. La pagina
mostrava per intero la fotografia di un antico castello medievale
immerso nella
brughiera e la didascalia recava la scritta “Fortezza
di Edimburgo”.
Sfiorò
impercettibilmente la superficie della pagina con un dito, e lettere
scarlatte
comparvero dal nulla all’interno della fotografia.
Per
il signor Harry James
Potter.
Qualche
simpaticone si era divertito a stregare il libro in modo che
riconoscesse il
tocco di ogni suo possessore, e probabilmente aveva attirato abbastanza
l’attenzione degli studenti da obbligare Silente a relegarlo
nel Reparto
Proibito. Quel genere di incanti erano la specialità di Fred
e George.
La
risata sprezzante di Harry si spense quando altre lettere iniziarono a
comparire sulla pergamena ingiallita.
Se
vuoi sapere come si
uccide un vampiro, cerca Ranulf Flambard.
Buona
fortuna.
Vesper
<<
Che cosa?>> tuonò, da solo, sentendosi un
idiota.
Capovolse
il libro, lo ispezionò a fondo. Non c’era nessuna
maledizione, nessun
incantesimo scherzo dei Tiri Vispi, nessun segno di effrazione. Quel
maledetto
libro aveva attirato la sua attenzione nel Reparto Proibito, ma mai si
sarebbe
immaginato un esito del genere. Con il cuore in gola, Harry rilesse un
paio di
volte il messaggio. Chi diavolo era Ranulf Flambard? E
perché un altro Vesper avrebbe
dovuto contattarlo?
<<
Vesper.>>
Una
voce, alle sue spalle, lo fece trasalire.
Un
nemico.
Un
cattivo dei film che pretendeva di entrare in scena ridacchiando e
perdendo
gran parte del suo tempo in chiacchiere inutile, spiegando nei dettagli
al protagonista
di turno il suo piano diabolico per conquistare il mondo. O forse
qualche Auror
in ricognizione. Un nemico, per l’appunto.
Quel
breve viaggio mentale ebbe termine, e Harry osservò la
figura alta e
dinoccolata di Avery, il vampiro del Pub di Edimburgo, farsi avanti
nella
semioscurità dell’imbrunire, fiancheggiato da due
loschi energumeni
dall’aspetto decadente. Mentre lui vestiva formale,
quantomeno elegante, i suoi
scagnozzi parevano dei relitti umani intrisi di abiti luridi, sporchi,
laceri
di sangue. Erano tre Vampiri, non v’era dubbio, e un brivido
freddo gli
percorse la schiena.
<<
‘Sera, ragazzi.>> Harry si rialzò
con il libro sotto il braccio e si
sforzò di calzare un sorriso smagliante. <<
Passata una bella
estate?>>
<<
Consegnami quel libro, Potter.>> ringhiò
Avery, senza mezzi termini.
Tentava di apparire autoritario e minaccioso, ma il suo tono di voce
acuto e
cantilenante lo rendeva un Vampiro fuori dall’ordinario. E,
in minor parte,
ridicolo. << Credevi che non m’ero accorto che
eri tu, quella
notte?>>
<<
In effetti, credo tu non abbia minimamente pensato all’idea
di brindare al
fianco del tuo incubo peggiore. Un po’ come se un muto
dicesse a un sordo che
un cieco li sta spiando.>>
<<
Taci, lurido mortale!>> ringhiò lui.
<< La tua insolenza prima o
poi verrà messa a tacere. Per
sempre.>>
<<
Oh, ne sono convinto. Mi illudo di essere divertente, a
volte.>>
Harry
si diede una rapida occhiata attorno. La Bacchetta di Sambuco fremette
con foga
all’interno dei suoi jeans, e non attese un solo istante per
sguainarla in
direzione dei tre Vampiri. Le vibrazioni divennero così
forti che, quando le
sue dita si serrarono attorno alla sua superficie, fu come se due pezzi
dello
stesso puzzle si fossero saldamente incastrati.
<<
Avada Kedavra!>> ruggì Harry. E un fiotto di
luce verde scaturì dalla
bacchetta, investendo il terzetto con la sua devastante potenza. Ne
seguì un
urlo roco. Uno dei due scagnozzi compì un passo indietro e
iniziò a liquefarsi
davanti ai loro occhi, urlando e gemendo, finché il suo
corpo non fu scomparso
in un cumulo di cenere.
La
Bacchetta di Sambuco era l’unica bacchetta in grado di
uccidere un Vampiro.
Harry
la abbassò, furente. Un sorriso tronfio e sprezzante
illuminò il suo volto
pallido. << A chi tocca, di voi due?>>
chiese, cortese.
Ma
Avery era scomparso.
Ricomparve
alle sue spalle, con una velocità imprevedibile, e lo
colpì duramente alla
schiena con un calcio. Harry ruzzolò in avanti, perdendo il
contatto con la
bacchetta. Un colpo. Un altro ancora. Cacciò un urlo di
dolore e tentò di
rotolare di lato, evitando gli altri calci inferti dal Vampiro, che a
quanto
pareva aveva un’insana voglia di divertirsi.
Harry
riuscì a mettersi in piedi. Afferrò il libro e lo
rovesciò con violenza sul
volto dello scagnozzo di Avery, e si udì nettamente lo
stridore delle ossa del
naso che si spezzavano. Poi, approfittando di
quell’espediente per distrarre
l’attenzione di Avery, iniziò a correre
finché non giunse al limitare del
parapetto. Poi si gettò nel vuoto.
Mi
Smaterializzerò. Addio,
stupidi idioti.
E
invece ciò non accadde. Niente Pipistrelli, niente strappo
dietro l’ombelico.
Harry
si rese presto conto di non tastare nient’altro che
l’aria, e precipitò
sonoramente nel vuoto per svariate decine di metri. Il vicolo gli parve
sempre
più vicino. Poi, con la gamba sinistra, senza sapere nemmeno
come, si appigliò
a una corda da bucato che collegava due poggioli. Harry ebbe uno
strattone e si
sentì proiettare di nuovo verso l’altro, ma i
tiranti della corda si spezzarono
e si ritrovò nuovamente a penzolare nel vuoto come se fosse
appeso ad una
liana. Tracciò un semiarco lungo il vicolo, precipitando in
caduta libera verso
la facciata in mattoni dell’edificio opposto. Devo
mollare la presa. Pensò, in preda al panico. Ma
tale decisione
lo gettò a velocità elevata in
prossimità di una finestra, che divenne sempre
più vicina…
Bang!
Harry
bucò il vetro precipitando all’interno di una
minuscola veranda in un fragore
di schegge. Scosso e sanguinante, si rimise barcollante in piedi e si
sporse per
controllare dove si trovassero i Vampiri. Dal vicolo non si vedeva
nessuno.
Li
aveva seminati. Era salvo.
O
forse no.
No,
decisamente no.
Avery
si lasciò cadere nel vuoto del vicolo e si
artigliò con le sue unghie affilate
alla veranda, issandosi all’interno
dell’appartamento con il ghigno beffardo
stampato sul volto. Harry raggelò. Come diavolo aveva fatto?
Iniziò a correre
all’impazzata, senza più guardarsi indietro:
attraversò un corridoio fiocamente
illuminato, percorrendo a zigzag un vasto soggiorno dove una coppia di
anziani
semiaddormentata sul divano stava guardando un programma di cucina in
televisione. Harry li sorpassò di corsa e udì lo
stridio acuto della moglie,
che si destò dal sonno e si ritrovò inerme
spettatrice di uno dramma penosamente comico.
<<
Scusate.>> sbottò Harry, trafelato. E, nella
corsa, urtò e mandò in
frantumi un vaso cinese in precario equilibrio nell’ingresso.
<<
Ripagherò tutto, se quelli
non mi
ammazzano prima!>>
<<
Quelli chi?>>
gracchiò il
marito, che già aveva impugnato il cordless sul comodino per
chiamare soccorsi.
Ed
in quell’istante Avery e il suo scagnozzo attraversarono
difilati il soggiorno.
Si precipitarono alle sue calcagna come cani feroci, tentando di
agguantarlo
per le caviglie, ma la loro mossa risultò vana. Harry
sgattaiolò nella cucina,
avvertendo i loro ringhi sinistri a pochi centimetri dalla sua schiena.
Spalancò con veemenza la porta del frigorifero in corsa e
udì il tonfo secco di
Avery che veniva colpito in pieno al volto.
Harry
ne approfittò per guadagnare vantaggio: spalancò
la finestra e spiccò un salto,
appigliandosi al terrazzo di fronte. Era al terzo piano. Una decina di
metri lo
separava dal suolo, e sarebbe stato poco intelligente precipitare e
rompersi
l’osso del collo. Perché diamine i Pipistrelli, in
presenza di quelle dannate
creature, non volevano aiutarlo?
Avery
e il suo scagnozzo lo seguirono librandosi in aria con un balzo
controllato,
atterrando a piè pari alle sue spalle, agili come due falene
notturne. Maledetti.
Harry
sfondò l’imposta con una spallata, si
fiondò all’interno di un corridoio buio e
svoltò rapido a destra, alla cieca, muovendosi in quello che
gli parve un
edificio disabitato. Il pavimento era inzaccherato di polvere e i suoi
passi
rimbombarono rumorosamente, nel rapido susseguirsi di ringhi e respiri
affannosi.
Poi
qualcosa lo afferrò alle spalle, e Harry si
ritrovò proiettato a terra con i
denti affilati del Vampiro a qualche generosa decina di millimetri dal
suo
collo. Urlò. Lotto per scrollarselo di dosso e
riuscì a spedirlo con un calcio
contro la parete opposta. Si rialzò a stento, ma Avery lo
agguantò da dietro e,
con una forza sovrumana, lo sollevò da terra trattenendolo
per la collottola.
<< Non potrai farci niente, stupido
umano.>> ringhiò. <<
Perciò evita di metterti in mezzo, a meno che tu non vorrai
fare la stessa fine
della tua ragazza.>>
<<
La mia ragazza?>>
sussurrò
Harry. E il gelo più profondo gli investì il
cuore, che prese a battere
all’impazzata nel suo petto così forte da fargli
male. << Che cos’avete
fatto? CHE COS’AVETE…>>
Avery
rise. Con un gesto naturale, come se volesse gettare a terra un misero
sacchetto della spesa, lo sospinse in avanti e lo gettò
attraverso al corridoio
con una forza feroce. Harry si sentì proiettare nel vuoto.
Roteò scoordinato
fino a cozzare duramente contro una parete ammuffita, che cedette sotto
il suo
stesso peso in un fiume di polvere. Harry non ebbe modo di toccare
terra: una
generosa porzione di pavimento fu investita dal crollo, e si
ritrovò
inghiottito al piano di sotto insieme ai calcinacci. Il fragore fu
così forte
da destare l’attenzione di tutti gli abitanti dello stabile.
Un
tonfo. Nebbia e detriti dovunque. L’aria irresponsabile e
densa di polvere gli
penetrò nei polmoni come la lama di un coltello, e Harry
urlò. Era intrappolato
nei resti del crollo, nei cumuli di materiale addensati al piano
sottostante.
Udì delle urla e la figura di una donna avvolta in un camice
bianco che
accorreva nella sua direzione. Poi qualcosa sotto i suoi piedi cedette,
Harry
venne inghiottito nei calcinacci.
Non
seppe quando rimase lì sotto. Si sentiva male, in un
turbinio di dolore e
dormiveglia senza rendersi conto che cosa stava succedendo. Una sola
parola,
nella sua testa: Hermione.
Hermione.
Hermione.
Voleva
liberarsi, correre da lei. Doveva aiutarla.
Dall’altra
parte provennero altre urla. La voce roca di un uomo disse qualcosa di
incomprensibile, poi ci fu il sordo rumore di mattoni che cozzavano
l’uno con
l’altro. Qualcuno stava scavando per liberarlo. Un cono di
luce illuminò i suoi
occhi e Harry, debole e dolorante, mosse impercettibilmente la mano,
tentando
di allungarla in quella direzione per farsi notare. Pochi istanti dopo
delle
dita grandi e bollenti incrociarono le sue, tirando con forza verso la
superficie.
Lentamente,
mattone dopo mattone, lo liberarono.
<<
Diavolo santo, il soffitto è crollato!>>
gemette una voce.
<<
Grazie dell’informazione, Pete.>> lo
rimbeccò un’altra, che sembrava
appartenere ad una rauca fumatrice di mezza età.
<< Aiutami a scavare. Veloce.
C’è qualcuno, lì sotto!>>
<<
Dottore!>> ululò Pete. Ne seguì un
frenetico rumore di passi.
<<
Vai a chiamare i soccorsi.>> disse una terza voce,
maschile e risoluta.
<< State tutti bene?>>
<<
Noi sì, per fortuna. Ma c’è qualcuno
qui… respira, dottore!>>
La
donna sembrava in preda a una crisi di panico.
In
tutto quel trambusto, Harry aveva la vista annebbiata e
faticò a individuare i
volti dei suoi salvatori babbani. Due braccia forti lo sorressero per
il busto
e lo issarono in alto, in superficie, e finalmente i suoi polmoni
respirarono
aria fresca. Fu come essere annegati in un mare di cemento.
<<
Riesci a camminare, ragazzo?>> domandò quello
che gli parve un dottore. Indossava
un camice bianco, perlomeno. L’uomo lo aiutò a
stare in piedi, facendosi
scorrere un braccio di Harry attorno alle spalle; ad una risposta
affermativa,
lo incoraggiò ad avviarsi lontano dall’incidente.
<<
Vieni. Il mio collaboratore sta chiamando i soccorsi.>>
<<
G-grazie.>> balbettò Harry, che si
sentì profondamente inebetito.
Il
dottore lo condusse in un ambiente più piccolo, semibuio. Lo
fece sedere di una
poltroncina da dentista e gli posò una mano sulla spalla,
mentre faceva
scattare l’altra su una lampada operatoria che
orientò nella sua direzione. Una
luce abbagliante lo investì, e Harry strizzò gli
occhi coprendosi il volto con
le mani.
Il
medico controllò le sue pupille, poi passò a
tastarti le pulsazioni del polso. <<
Cosa ci facevi là dentro,?>>
domandò a bruciapelo. << Quella casa
è
disabitata da almeno dieci anni.>>
<<
Io…>> boccheggiò Harry.
<<
C’era qualcuno con te? Sono state coinvolte altre persone nel
crollo?>>
Troppe
domande. Troppi dettagli.
Sì,
certo, c’era qualcuno
con me. Tre Vampiri assetati di sangue. Uno l’ho schiantato
sul tetto mentre
studiavo una formula magica che mi consentisse di uccidere una creatura
immortale. Gli altri due mi hanno inseguito da un terrazzo
all’altro finché non
mi sono ritrovato coperto dalle macerie.
E
grazie tante Vesper e i suoi pipistrelli.
In
quel momento Harry si sentì debole e penosamente umano.
<<
Sono solo.>>
Il
medico corrugò la fronte. Era un uomo alto sulla sessantina,
con un fisico
atletico e robusto. Il suo volto era piuttosto serioso, la mascella
squadrata,
e una chioma rada di capelli grigi faceva capolino sulla sua testa,
nella
penombra, accompagnata da un paio di occhiali dalla rigida montatura
d’acciaio.
<<
Quanti anni hai, ragazzo?>>
Era
forse un interrogatorio?
<<
La prego.>> Harry strinse la bocca in una smorfia. Una
fitta di dolore
gli si ramificò lungo la schiena, diffondendosi sino alla
punta dei piedi. Si
tastò istintivamente la tasche alla ricerca vana della sua
Bacchetta, ma
ricordò troppo tardi di averla smarrita nella fuga
rocambolesca dai vampiri.
Doveva recuperarla al più presto. << Non
chiami i soccorsi. Io… me la so
cavare da solo.>>
<<
Sei ricercato, per caso?>>
Non
v’era ironia nel suo tono di voce. Solo una professionale
sete di informazioni.
Harry
iniziò a sudare. La vista divenne sempre più
annebbiata e ricadde debolmente
all’indietro sulla sedia.
<<
Non ti agitare. E’ inutile. Il tuo corpo sta reagendo allo
shock
dell’incidente.>> L’uomo
agguantò senza troppa grazia il suo polso e lo
tastò di nuovo. Sospirò. << Stai
collassando.>>
Harry
lo ignorò. Voleva alzarsi in piedi e fuggire.
Tentò inutilmente di alzarsi dal
lettino da dentista, proiettando le mani in avanti alla cieca. Le sue
dita si
strinsero attorno al camice del dottore e fece pressione per
sospingerlo
indietro, il suo cartellino di riconoscimento appuntato al taschino
oscillò a
pochi centimetri dai suoi occhi.
Ciò
che vi lesse, identificando le lettere annebbiate, lo sconvolse.
Poi
il buio.
*°*°*°*°*°*
`•.¸¸.•´´¯`••._.•
THE APPLE'S CORNER `•.¸¸.•´´¯`••._.•
Ciao
a tutti/e, sono di ritorno dopo "un periodo di crisi letteraria", e
dopo le enormi quantità di pranzi e cene delle festività.
Spero che Anima Bianca continui a piacervi. Nell'attendere ansiosamente
le vostre recensioni in merito, vi auguro un buon 2012 (anche se in
ritardo)
E non dimenticate:
AUROR POWER!
|
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Capitolo 8 *** Nithael - Sorprese ***
Anima Nera_prologo
“La
vita umana sulla Terra è un pellegrinaggio.
Noi
tutti siamo consapevoli di essere un passaggio nel
mondo”
(Karol
Wojtyla)
Harry
camminava per un lungo corridoio di un castello.
Era
solo, con un pigiama addosso a righe che risaliva ai tempi di Hogwarts,
e la
sensazione dei piedi nudi sul freddo pavimento di pietra gli trasmise
un
profondo brivido lungo la schiena.
Svoltò
l’angolo, e il paesaggio cambiò.
Ora
si trovava nella Sala Grande. Pesanti arazzi neri pendevano alle spalle
dei
quattro lunghi tavoli; i contorni dell’ambiente erano
trasparenti, quasi
immersi in una spessa coltre di nebbia, mentre il soffitto rispecchiava
lo scenario
di un cielo stellato.
La
Sala era completamente deserta, se non per un’ombra
appollaiata in fondo, in
prossimità del tavolo degli insegnanti. Stava giocherellando
con un accendino.
Il
ragazzo indossava la tenuta dei Serpeverde, la camicia sbottonata e la
cravatta
slacciata che gli penzolava al collo. Quando Harry si
avvicinò, lui sollevò la
testa nella sua direzione. Le sue iridi rosse brillavano nella penombra
come
due tizzoni ardenti.
<<
Harry, vecchio bastardo.>> esordì,
ridacchiando.
Harry
s’irrigidì. Aveva i suoi stessi lineamenti, il suo
stesso naso, il suo stesso
taglio della bocca. Perfino l’orologio che portava al polso,
o il bracciale che
gli aveva regalato Hermione il Natale dopo la Guerra…
<<
Vesper.>>
sussurrò.
Non
era una domanda, ma una supplica impaurita.
Quegli
occhi rossi tornarono a scrutarlo. Faceva paura.
<<
Io… potrei sbagliare, ma credo tu appartenga alla mia personalità.>>
<<
Potrebbe essere.>> disse distrattamente lui, stravaccato
sulla poltrona
del Preside. Fece scattare un paio di volte l’accendino che
teneva in mano.
<< Il tuo lato migliore.>>
<<
Mi permetto di dissentire, Vesper.
Siamo una cosa sola.>>
Lui
scoppiò a ridere. La sua carnagione era così
pallida da farlo rassomigliare a
un fantasma, i suoi cerchiati di nero, la sua espressione paragonabile
a quella
di un pazzo sclerotico.
<<
Ti racconterò una cosa, Harry. Sì.
Sì.
E la ripeterò una volta sola. Per cui apri bene le orecchie
e stammi a
sentire.>> Vesper si tirò su a sedere in una
posizione quantomeno
composta, incrociò le mani sul tavolo e gli risolse uno dei
suoi sorrisi
sfrontati. << Tu sei un mollaccione. Uno sfigato.>>
Si picchiettò un dito sulla tempia. << Qui
dentro ci sono dei ricordi patetici della tua adolescenza, dannazione.
Cho
Chang. La sorella di Weasley. Povere
ragazze. Senza di me non sei mai riuscito a cavare un ragno
dal buco con le
donne, dico bene?>>
<<
Vai al diavolo.>>
<<
Io sono il tuo diavolo, Harry.
Vogliamo
parlare di Voldemort? Parliamone,coraggio. Parliamone.
Lo zio Voldy mi stava simpatico, sai? Aveva il carisma di un leader, la
mentalità vincente di chi sapeva ciò che voleva
dalla vita. Tu lo sapevi che
cosa volevi dalla tua vita, Harry? Senza di me, no di certo. Sfigato.>>
Harry
si passò una mano sulla fronte. << Sei un
sogno.>> mormorò
sommessamente, desiderando aprire gli occhi e risvegliarsi da
quell’orribile
sogno. Ma, quando li riaprì, Vesper era ancora
lì, davanti a lui. Pazzo.
Completamente pazzo. Con quell’espressione insolente,
sboccata, pronta a
trafiggerlo con la sua voce tagliente.
<<
Tu sei stato fortunato. Hai combattuto contro Raptor durante il Primo
Anno, sei
svenuto e ti sei ritrovato vincitore. Un
piccolo
Eroe. Con il Basilisco stessa storia: senza Fanny e la spada
di Grifondoro
di te non ne sarebbe rimasto altro che un mucchio di cenere. Vogliamo
parlare
del Torneo Tremaghi?>> Vesper scoppiò di nuovo
a ridere e si sbellicò
sulla sua poltrona. Sembrava non si divertisse così da anni.
<< Il Torneo
Tremaghi è stata un’immensa stronzata. Eri
raccomandato fin dal principio, e
sei riuscito a tagliare la corda contro Voldemort per un colpo
di… fortuna.>>
<<
Dove vuoi arrivare?>> fece Harry, velenifero.
Vesper
si alzò in piedi. Lentamente, si stiracchiò e
compì qualche passo verso di lui.
L’uno di fronte all’altro, identici come due parti
della stessa anima, si
osservarono nell’oscurità della Sala Grande.
<<
Ranulf Flambard.>>
disse
Vesper, come in una sorda cantilena. << Cerca di
ricordarlo, per
favore.>>
<<
Tu… tu l’hai scritto su quel
libro!>> esclamò Harry. <<
Com’è
possibile? Io… noi…
l’ho preso dal
Reparto Proibito due mesi fa. Quel libro non era mai
uscito da Hogwarts.>>
Vesper
ridacchiò sinistramente con la stessa foga di un bambino.
Poi gli premette
l’indice sulla fronte. << Rimuovi il cellophan
che avvolge il tuo cervello e cerca di usarlo, una volta tanto. Ranulf Flambard è
l’uomo che ci serve
per scoprire come si ammazzano quelle creature maledette. Non vorrai
startene
con le mani in mano? Dio. L’assicurazione.
Non l’hai ancora pagata, vero?>>
<<
Smettila!>> ruggì Harry. Lo afferrò
per la collottola e lo sospinse
indietro. Ne aveva abbastanza di lui, di quegli occhietti maligni, del
suo
sorriso sfrontato. << Spero di dimenticarmi di te, quando
mi
sveglierò.>>
Vesper
rise. << Si trova nella Cattedrale di Durham. Ranulf
Flambard.>>
<<
Ascolti quello che dico?>>
<<
No.>> Un’altra risatina. << In
ogni caso, se fossi in te,
preferirei non svegliarmi affatto. Voglio dire, siamo nella Tana del
Leone.>>
<<
Che cosa?>>
<<
Ce l’abbiamo nel culo, ragazzo. Tutti
e
due.>>
Vesper
rise e sparì in una nube di pipistrelli, lasciando Harry a
vagare nella luce
accecante che avvolse l’intera Sala Grande. Harry si
riparò gli occhi con le
mani, scacciando quelle orride creature che iniziarono a dibattere
ovunque.
Poi
il buio.
*
Dolore.
Un dolore cieco alla testa.
Poi
quella voce. La sua voce. Il
ragazzo
che gli sorrideva. I suoi occhi rossi…
<<
Si è svegliato.>>
Harry
aprì gli occhi. Faticò ad abituarsi alla
semioscurità dell’ambiente e sbatté
più volte le palpebre prima di mettere a fuoco il volto di
una donna sospeso
sopra di sé.
I
suoi capelli castani erano raccolti in un elegante crocchio dietro la
testa;
aveva grandi ed espressivi occhi verdi, scintillanti orecchini
d’oro che
cadevano filanti dai lobi delle orecchie, e la sua bocca carnosa faceva
da
sfondo ai lineamenti di un’affascinante cinquantenne. Era
visibilmente
preoccupata. Puntellava le mani sul bordo del divano sul quale Harry
era sdraiato
e lo osservava con la stessa gravità di una madre al
capezzale di un malato
terminale.
<<
Riesci a vedermi?>> chiese la donna, che
oscillò una mano davanti ai suoi
occhi.
Harry
annuì. Era frastornato. << Dove
sono?>> chiese.
Tentò
di rimettere in ordine i pensieri, ma essi sembravano sfuggirli come di
roditori in fuga da un felino predatore. Ricordò a stento di
Avery, del loro
inseguimenti attraverso i tetti di Oxford Circus. Poi il crollo di quel
pavimento.
E
Il Dentista.
Oh,
Merda.
D’improvviso
desiderò tornare indietro insieme a Vesper nella Sala
Grande, e rimanerci il
più a lungo possibile.
<<
Io… insomma. Cos’è
successo?>>
La
donna sorrise. Quel sorriso.
Lentamente,
si sedette sul bordo del divano e inarcò la schiena,
proiettando i suoi occhi rossastri
sui suoi. Si stupì che non ne fosse minimamente impaurita.
Indossava
un abito color turchese, il suo fisico era esile e slanciato. Al suo
collo
brillava un ciondolo d’argento a forma di cuore.
<<
Erano anni che desideravo incontrarti.>> disse lei.
Un
brivido freddo lungo la schiena. Paura. Una paura maledetta. E poi
Vesper venne
fuori, trasmettendogli un’innata sensazione di panico, come
se volesse
suggerirgli di darsela a gambe il prima possibile e non fare mai
più ritorno in
quel posto.
No.
Niente Pipistrelli.
<<
Io… non me ne andrò.>>
sussurrò Harry, supplichevole. << Ma lei non
mi uccida.>>
La
donna sorrise ancora. Emise un sospiro profondo e gli premette una mano
sulla
spalla, sopra la coperta che lo avvolgeva, quasi volesse
tranquillizzarlo.
<< Non lo farò. E’ una
promessa.>> Ma nella sua voce non v’era
traccia di rancore, né di rabbia repressa. Sembrava curiosa
quanto lui di
conoscerlo. Si scrutarono a vicenda a lungo, in silenzio.
Harry
si accorse di non indossare la maglietta. E subito
s’apprestò a tirar su la
coperta fin sotto il mento.
<<
Hai chiesto di non chiamare i soccorsi. Poi sei
svenuto.>> raccontò la
donna. << Mio marito non sapeva cosa fare, non aveva
nemmeno idea di come
ti chiamassi. Ha aperto il tuo portafoglio per controllare i documenti.
Credeva
fossi un ricercato.>>
Io
sono un ricercato.
<<
Ha visto il tuo nome, le fotografie…>> La
donna strinse la labbra in una
smorfia, lottando per mantenere l’autocontrollo. Aveva le
lacrime appese alle
ciglia. << Non poteva lasciarti lì. Ti
avrebbero riconosciuto. Così ti ha
trascinato in macchina con la scusa di accompagnarti
all’ospedale e ti ha
portato a casa. Hai dormito per un giorno intero, ma per fortuna non
c’è nulla
di rotto.>>
<<
Non so davvero come ringraziarvi.>> Harry
temporeggiò. Aveva la bocca
arida. << Lei, ecco…>>
La
donna sorrise. << Io ricordo tutto, se è
quello che ti stai chiedendo.>>
Un’altra pausa. Una
lacrima solitaria le rigò la guancia. << Io e
Ryan siamo stati in
Australia per due anni. Ho passato dei brutti momenti,
laggiù. Poi, quando
siamo tornati a Londra, abbiamo ricordato
tutto quanto. E’ stato come risvegliarsi dal
coma.>>
<<
Deve essere stato terribile.>> constatò Harry.
La
donna si asciugò le lacrime, alzandosi meccanicamente dal
divano. << Voi
Maghi siete indistruttibili, forse.
Guarite in un lampo.>>
<<
Sono solo stato molto fortunato, signora Granger.>>
Silenzio.
I loro occhi si incrociarono per un lungo istante. Poi Jane Granger
sorrise di
nuovo, cortese. << Avrai fame.>>
<<
No, davvero, in realtà adesso io
dovrei…>>
<<
Harry Potter.>> disse lei, il cui tono di voce divenne
improvvisamente
risoluto. Gli premette una mano sul petto e gli impedì di
rialzarsi. <<
Io non ho nessuna facoltà di trattenerti qui, ne sono
cosciente. Non metto
nemmeno in dubbio che tu sia un ottimo Mago,
ma…>>
<<
Ma?>> la
incalzò Harry, notando
il suo temporeggiare.
<<
Ho promesso a mia figlia che saresti rimasto qui, almeno fino alla fine
del suo
turno. Dice che possiedi un’innata predisposizione alla
fuga.>>
Harry
si passò una mano nei capelli, lasciandosi ricadere indietro
sul divano. Era
una semplice Babbana, una donna come tante altre, e in quel frangente
era sola
di fronte a un potenziale criminale ricercato.
Ma
come poteva disobbedirle?
Alzò
le mani in segno di resa.
Scoprì
di essere sdraiato su un divano color crema di ottima fattura, in un
salotto in
stile vittoriano arredato impeccabilmente. C’era un caminetto
al centro
sormontato da decine di fotografie di famiglia, un vasto tappeto e un
tavolino
di cristallo sul quale figurava un vaso fiorito. Su una poltrona, in un
angolo,
era abbandonata una copia del Daily Mail.
<<
Tesoro, si è svegliato.>>
Un
eco di passi provenne dal corridoio, giù per una rampa di
scale. Ed il sorriso
cortese di Ryan Granger comparve davanti ai suoi occhi con una
rapidità
disarmante. Aveva smesso il camice da dentista e indossato delle comode
ciabatte e un maglioncino di tweed. I suoi occhi emanavano un bagliore
sereno.
Raggiunse la moglie e le fece scorrere un braccio attorno alle spalle,
posandole un delicato bacio sulla fronte.
<<
Stai bene, ragazzo?>> gli chiese.
Harry
lo fissò in silenzio. Poi, timidamente, annuì.
<<
Voi Maghi siete fatti di un'altra pasta. Chiunque sarebbe morto,
là
sotto.>> Il signor Granger parlò con tono
cortese, disinvolto, come se
salvare il Principe Oscuro dalle macerie del suo studio dentistico
fosse la
cosa più ovvia del mondo, o quantomeno una
normalità. Tenne stretta a sé la
moglie e rivolse a Harry un ampio sorriso. << Comprendo
il tuo imbarazzo.
E’ tutto a posto, dico sul serio. Ho solo…
ricambiato il favore.>>
<<
Quale favore?>>
Il
labbro inferiore della signora Granger tremolò
più forte, e si sciolse
dall’abbraccio del marito ancheggiando difilata in cucina con
il volto ormai
rigato di lacrime. Harry la seguì con lo sguardo fino a
quando non scomparve in
cucina. Ne seguì il tonfo secco di una porta e dei
singhiozzi lontani,
impercettibili.
<<
Jane è ancora molto scossa.>> Il signor
Granger fece il giro del divano e
sedette sulla poltrona vicino al camino. Inforcò un paio di
occhiali da vista e
diede un’occhiata alla prima pagina del quotidiano.
<< Abbiamo trascorso
un brutto periodo.>>
<<
Mi dispiace, è stato un incidente. E’ un disastro.
Potrei…>>
<<
Ci penserà l’assicurazione.>>
tagliò corto lui, tranquillo, con l’aria di
chi poteva permettersi ampiamente di sopperire a un soffitto crollato.
Spalancò
il Daily Mail e il suo viso venne oscurato da una pagina pubblicitaria
della
nuova Audi Q7.
Audi
Q7…
<<
Senti, non mi va di evitare l’argomento, Harry. Nostra figlia
ci ha cancellato
la memoria, sei anni fa. Non voleva che sopportassimo il dolore della
sua
lontananza, della Guerra e di tutto il resto. Io e mia moglie abbiamo
vissuto
per quasi diciotto mesi in Australia all’oscuro di tutto,
senza ricordare
nemmeno il volto delle persone che amiamo.>>
Harry
abbassò lo sguardo. Si rese tristemente conto di non
conoscere molti
particolari di Hermione, della sua famiglia. Della sua vita.
<<
Tu l’hai protetta, in un modo o nell’altro. E di
questo te ne sarò per sempre
riconoscente. Quando la Guerra è finita, lei è
tornata da noi: ci ha aiutato a
riacquistare ogni ricordo. Ma non era come prima. Era adulta, capisci?
Abbiamo
perso la possibilità di vedere nostra figlia crescere.>>
<<
Non credo di poter capire. Proprio no.>> ammise lui,
avvilito.
<<
Abbiamo ricominciato la nostra vita a Londra. Con qualche sacrificio ho riaperto lo studio
dentistico, mia moglie
ha preferito dedicarsi alla musica. Lei la adora. Impartisce lezioni
private di
pianoforte ai bambini in un centro per l’infanzia. Nel
frattempo Hermione è
diventata Auror.>> Il signor Granger sospirò.
Sembrava faticare a
pronunciare il suo nome. << Era orgogliosa di averti come
amico.>>
Già.
Un ottimo amico.
<<
Per quanto riguarda quel che è successo dopo…>>
bofonchiò Harry.
<<
Sciocchezze.>> sentenziò aspramente lui,
risoluto. << Da quel poco
che ho letto sui vostri giornali,
non
puoi avere fatto cose del genere. Non tu. Non Harry
Potter.>>
<<
Quindi lei non mi vuole uccidere?>>
Il
signor Granger scoppiò sonoramente a ridere. Una risata
pulita ed esausta, ma i
suoi occhi non parvero esprimere alcuna gioia. Era accaduto qualcosa,
in quegli
anni. Harry si era perso una mera di informazioni, storie e situazioni
per
colpa del suo Credo.
Per
colpa di Vesper.
<<
Ho tentato di spiegarle che il suo lavoro era pericoloso, credimi.
Proprio come
farebbe ogni padre di fronte a una situazione così
particolare per la sua unica
figlia. Ma lei non mi ha mai dato ascolto: ha proseguito per la sua
strada
convinta che noi volessimo ostacolarla. La realtà
è che non volevamo perderla
di nuovo.>> Un altro sospiro. Il suo sorriso si spense.
<< Così,
tre anni fa, Hermione era così assorbita dal suo lavoro da
dimenticarsi di
vivere. Abitava con noi, ma le discussioni si sono fatte insostenibili,
finché
non ha deciso di andarsene. Abbiamo litigato.>>
<<
Mi dispiace.>>
Il
signor Granger emise un altro sospiro. << Non voglio
sapere che cosa ci
facevi là sopra, in quell’appartamento ammuffito.
Non voglio sapere nemmeno chi
erano quei tizi che ho intravisto fuggire dal crollo. Dimmi solo una
cosa. Lei
è nei guai?>>
<<
Io sono nei guai.>>
lo corresse
Harry. << Lei… non c’entra niente.
Davvero.>>
<<
Hermione sarà qui a momenti. Sono felice che le cose si
siano sistemate, fra
voi.>>
Lei
non sa quanto.
<<
In ogni caso, questa deve essere tua.>>
Con
sua immensa sorpresa, vide Ryan Granger tuffare una mano in una tasca
interna
del maglioncino. Pochi istanti dopo la sua Bacchetta di Sambuco gli
comparve
davanti agli occhi. Bella. Incredibilmente lucente. E fu come se una
vibrazione
improvvisa gli comunicasse di afferrarla, di strappargliela dalle mani.
Prendila. Urlò una vocina
dentro di lui.
Tu sei il suo Padrone.
Harry
la ricevette fra le dita, e si sentì di nuovo completo.
<<
Tu non puoi avere fatto quelle cose.>>
<<
Non le ho fatte.>> lo rassicurò Harry, che
sfoderò un altro sorriso di
circostanza.
O
almeno, in parte.
In
quell’istante il rumore sordo del campanello li distrasse.
Harry si tirò su le
coperte e si guardò disperatamente intorno alla ricerca dei
propri vestiti, ma
scoprì che in soggiorno non ve n’era alcuna
traccia. Spostò i suoi occhi rossi
sul signor Granger e lo seguì mentre, piuttosto agitato,
accorreva alla porta.
L’espressione
glaciale di Hermione comparve sulla soglia.
Indossava
un impermeabile dal colletto alto e una sciarpa di lana color crema che
le
nascondeva in parte il volto. I capelli castani erano raccolti in una
pratica
coda di cavallo. Fra le sue mani stringeva un mazzo di chiavi dal quale
trapelava il marchio metallico della sua Mini: trascorse un lungo
istante a
rigirarle nervosamente fra le dita, in silenzio.
<<
Ciao, papà.>> disse. Poi il suo sguardo
saettò oltre la figura di Ryan
Granger. << Sta bene?>>
<<
Sta molto bene. Si è appena svegliato.>> Il
signor Granger la invitò
dentro con un cenno del capo, ma Hermione non si mosse. Era come se i
suoi
piedi avessero piantato delle salde radici oltre il portoncino
d’ingresso.
<<
Io… dobbiamo
andare.>> proferì.
<< Subito.>>
*°*°*°*°*
<<
Non dire niente.>>
<<
Piccola, ti prego. Io…>>
<<
Non dire niente.>>
Hermione
strinse le labbra in una smorfia indispettita e tenne lo sguardo fisso
sulla
strada, le mani premute sul volante della sua Mini Coupé.
<<
Senti, non è colpa mia se quei mostri hanno deciso di
ammazzarmi.>>
sbottò Harry, stravaccato sul sedile del passeggero. Volse
le iridi rosse fuori
dal finestrino e osservò il panorama londinese che scorreva
veloce, in un
susseguirsi di luci, persone e paesaggi di una metropoli in costante
evoluzione. << E poi sono stato fortunato. I tuoi
genitori sono dalla nostra parte.
Chiunque altro mi avrebbe
fatto arrestare!>>
<<
Loro non sanno niente, Harry. Niente.>>
<<
Mi hanno tirato fuori dalla merda.>>
<<
Io ti ho tirato fuori dalla merda!>> Hermione distolse
per un breve
istante lo sguardo dalla strada per guardarlo, e nulla nei suoi occhi
castani
gli lasciò presagire buone intenzioni. Era furiosa. Se solo
ne avesse avute le
forze, l’avrebbe afferrato per il collo e l’avrebbe
gettato fuori dal
finestrino. << Qual è la nostra prossima
mossa?>> chiese,
stringendo con foga il volante.
Harry
comprese la sua rabbia, e preferì non affrontare
ulteriormente l’argomento.
Le
raccontò cos’era accaduto la notte precedente, del
libro sottratto dal Reparto
Proibito, del misterioso messaggio di Vesper e
dell’inseguimento attraverso i
tetti del centro. Di quest’ultima faccenda ne portava le
dolorose conseguenze,
con una fitta di dolore che gli attanagliava la schiena e una gamba
ammaccata.
Ma la Bacchetta di Sambuco era con lui, per fortuna. La
accarezzò pigramente
durante il resto del tragitto.
<<
I Vampiri sono comandati da qualcuno. E quel qualcuno
mi considera un pericolo, per questo ha cercato di farmi
uccidere.>> mormorò.
<<
Basterà anticipare ogni loro mossa. Come hai detto che si
chiamava quel tizio
del messaggio?>>
<< Ranulf
Flambard.>>
disse Harry, avvilito. <<
Potremo fare un salto a Hogwarts. O
a Diagon Alley. Tu possiedi un computer, ho
scoperto in Google un prezioso
informatore.>>
<<
Oh, Harry. Non sarà necessario.>> La smorfia
di Hermione nascose un
sorriso di malcelata soddisfazione, di una studentessa che non aveva
mai
cessato di agitare la mano alzata a ogni interrogazione.
<< Non hai mai
letto Storia aggiornata di Hogwarts?>>
<<
In effetti, no.>>
Hermione
sospirò. << Ranulf Flambard era il vescovo
della Cattedrale di Durham nel
1100. E’ stato uno dei primi maghi ad essere perseguitati
dalla Chiesa, fu
imprigionato in seguito nella Torre di Londra con l’accusa di
esoterismo e di
appropriazione indebita di beni appartenenti alla
Corona.>>
<<
Esiste un nesso fra questo Flambard e i nostri amici succhiasangue?>>
<<
Flambard era un Alchemico, uno Storico e un Luminare nel campo degli
Incantesimi Avanzati. La stessa professoressa McGranitt ha tenuto
un’intera
Lezione sui suoi trattati di Trasfigurazione risalenti
all’anno 1125. Quando fu
imprigionato nella Torre di Londra, stava portando a termine una
ricerca
sull’utilizzo del Sangue di Vampiro per scopi terapeutici, ma
le sue conoscenze
nell’argomento erano molto vaste. Egli stesso si vociferava
fosse un
Vampiro.>>
<<
Ma è morto.>> ribatté Harry, con
una scrollata di spalle.
<<
Non è stata la prigionia a ucciderlo.>> fece
eco Hermione, che frenò
bruscamente per evitare un capannello di ragazzi che attraversarono la
strada
trafficata senza degnare di un solo sguardo le auto in corsa.
<< Bada
bene, Harry, è una leggenda. Si dice che il Vescovo di
Durham avesse contratto
il vampirismo durante uno dei suoi viaggi in Romania. Flambard
approfondì le
conoscenze sull’argomento e arrivò a scoprire come
poter uccidere un Vampiro, e
così testò il metodo su sé stesso.
Morì pochi anni dopo a Durham, e il suo
corpo fu seppellito nella Cattedrale. Ma attorno alla sua storia
aleggia del
mistero. Nessuno sa com’è morto.>>
<<
Nel sogno Vesper… insomma… mi ha detto che la
risposta è nella
Cattedrale.>>
Hermione
gli restituì un altro dei suoi sguardi indagatori.
<< Sei sicuro di stare
bene?>>
<<
Sì.>> mentì Harry. <<
Sono solo un po’… confuso. Non avevo mai
conosciuto i tuoi genitori. Voglio dire, non sapevo un bel niente di
loro. Ho
solo… troppe informazioni per la testa.>>
<<
Avrai tutto il tempo per riprenderti.>> fece eco lei, di
rimando. Il suo
piglio deciso di lasciò presagire che avesse architettato
qualcosa. <<
Andiamo a Durham.>> stabilì.
Il
loro viaggio proseguì a Nord di Londra.
Nel
primo pomeriggio si fermarono a pranzare presso una tavola calda lungo
la
statale, ma nessuno dei due ebbe la forza per intavolare una
conversazione.
Nell’aria aleggiava un’atmosfera insolitamente
depressa, o forse nervosa, a
causa del frenetico susseguirsi di avvenimenti che non aveva dato loro
tregua.
Harry
trangugiò il suo Fish and Chips
in
silenzio, gli occhi protetti da un paio di occhiali da sole, di tanto
in tanto
spostò lo sguardo su di lei. Era bellissima, anche con la
chioma di capelli
arruffati e lo sguardo torvo. Si chiese se meritasse di stare accanto a
lei,
dopo tutto il trambusto del Ministero a la morte di Azazel.
Hermione
non lo aveva mai abbandonato. Mai. Perfino quando gli dava la caccia.
<<
Novità dal Quartier Generale?>> chiese
timidamente, quando ebbero finito
di pranzare.
Hermione
rispose con una rassegnata scrollata di spalle. << La
Skeeter ci fiata
sul collo. E’ convinta che tu sia segretamente dalla nostra
parte, e lo
considera una corruzione bella e buona da parte del Comandante. Il che
significherebbe “dimissioni immediate”,
Vesper.>>
<<
E’ solo una stupida ciarlatana con problemi di
egocentrismo.>>
<<
Lo so. Ma la sua opinione è molto importante per la
Comunità Magica. Molti
lettori del Profeta la adulano, sono convinti che sia una sottospecie
di
Divinità.>> Un altro sospiro indispettito.
<< La verità è che Rita
Skeeter mira a mandare all’aria l’intero sistema
politico del Ministero. Se
riesce a provare la mia colpevolezza saranno costretti a ritirare il
mio
Distintivo e, di conseguenza, salterà anche la poltrona di
Kingsley.>>
<<
Te l’ho detto. Me ne occuperò io.>>
<<
Non se ne parla.>>
Parcheggiarono
la Mini Coupé in uno spiazzo antistante un’area
pic-nic, insolitamente deserta.
Poi si Smaterializzarono.
*°*°*°*°*
`•.¸¸.•´´¯`••._.•
THE APPLE'S CORNER `•.¸¸.•´´¯`••._.•
Chiedo
scusa a tutti per il mio immenso, imperdonabile ritardo.
Al momento, sono molto presa con il lavoro (che novità?)
Ma d'altronde, aprire un ufficio non capita tutti i giorni :)
Il prossimo capitolo arriverà, minimo, fra due settimane.
Mi dispiace molto, ma voglio fare le cose per bene.
Sia nel lavoro, che nella mia infinita storia d'amore con Vesper. :)
Un bacio Auror a tutti
AUROR POWER!
|
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Capitolo 9 *** Damabiah - Saggezze ***
Anima Nera_prologo
“La
saggezza non è un prodotto dell'istruzione
ma del tentativo di acquisirla, che dura tutta la vita.”
(Einstein)
<<
Posso farti una domanda?>>
<<
Se riguarda ancora i miei genitori, scordatelo.>>
Harry
e Hermione si Materializzarono con uno schiocco l’uno accanto
all’altra,
all’ombra di un vicolo deserto. I marciapiedi erano umidi e
le finestre delle
case in mattoni erano adornate con vasi di fiori. In lontananza si
udì il
pianto di un neonato.
Mano
nella mano, s’incamminarono lungo il sentiero che
sfociò in un vasto spiazzo
erboso inghiottito nell’imbrunire del tardo pomeriggio. Il
freddo era cocente.
Harry si strinse nella felpa della Harvard University e si
maledì per non aver
chiesto in prestito ai signori Granger una giacca invernale.
Dopo
aver svoltato l’angolo l’imponente figura della
Cattedrale si stanziò davanti
ai loro occhi, al di là di un piazzale. Era enorme,
circondata da un giardino
ben potato dal quale svettavano piccoli arbusti, con i suoi torrioni
gotici e
le arcate decorate color avorio.
Imboccarono
il sentiero immerso nel parco e fecero il loro ingresso nella
Cattedrale da una
porta secondaria, nei pressi dell’Altare.
La
schiena di Harry fu pervasa da un’innata sensazione di gelo,
e il suo fiato condensato
ne fu l’amara conferma. Infreddolito, seguì
Hermione attraverso la navata
principale della chiesa, gli occhi all’insù persi
nelle volte a coste del
soffitto sorrette da due file di maestose colonne di pietra.
<<
Ranulf Flambard è stato coinvolto nella direzione dei lavori
per la
realizzazione della Cattedrale, nel 1135.>> disse
Hermione. << Il
suo corpo è stato seppellito qui, in una cripta dietro
l’Altare. Forse
l’indizio che stiamo cercando è iscritto sulla sua
tomba.>>
Harry
annuì. Oltrepassarono le file di banchi di legno e
costeggiarono il colonnato,
nel silenzio irreale del luogo insolitamente deserto. L’unica
presenza di vita
era un’anziana signora in preghiera appollaiata in un angolo
della navata, in
ginocchio, il volto nascosto fra le mani nodose.
<<
Come faccio senza di te, Hermione?>>
Alle
spalle dell’Altare, incastonata nel pavimento di marmo
delimitato da cordoni
transennati, sorgeva una grossa lapide sulla quale torreggiavano delle
iscrizioni latine. Poco più in là ne seguiva una
tozza bara mortuaria in marmo,
posta in una rientranza della parete. Le raffigurazioni scolpite sulla
fiancata
recavano la scritta: “Anno Domini
MLX –
MCXXVIII”. Harry imprecò sottovoce, vi
posò una mano e la fece scorrere
sulla sommità della lastra nel disperato tentativo di
tradurre i numeri romani.
<<
Significa Anno del Signore 1060 – 1128.>> disse
Hermione, alle sue
spalle, con una punta di sarcasmo nella voce. << Questa
è senz’altro la
sua tomba. La data di nascita e di morte di Flambard coincidono
perfettamente
con le iscrizioni. E’ stato sepolto nel mondo dei Babbani
poiché lo
consideravano una figura di rango nella Chiesa Inglese a cavallo
dell’undicesimo secolo.>>
<<
C’è qualcosa che non sai?>>
<<
Il Quidditch.>> rispose lei, con un’alzata
desolata di spalle.
Harry
levò gli occhi al cielo. Rise. Poi fece un passo avanti e
continuò a
ispezionare la tomba. Conoscere la sua data di nascita era certo un
ottimo
punto di partenza, ma un solo nome non era abbastanza per risolvere
l’enigma.
Necessitava di indizi concreti, maledizione. Le sue dita incontrarono
una crepa
nel marmo, tastò a fondo e seguì la minuscola
fessura fino a giungere al
margine esterno della tomba. Lì, da qualche parte,
notò un rilievo. Era scritta
minuscola, invisibile a un occhio distratto, e pareva essere stata
scolpita con
uno scalpello affilato.
Corvus
Regalis
<<
Corvo Reale?>> fece Harry, contrariato. <<
Ma cosa
significa?>>
<<
Potrebbe significare molte cose, in effetti.>> proruppe
Hermione, che
giunse alle sue spalle. Aggrottò la fronte in
un’espressione pensierosa, mentre
le sue mani erano impegnate a giocherellare con le chiavi della sua
Mini.
<< Il Corvo è il simbolo della morte
per antonomasia, o della fine.
Nell’iconografia antica è stato spesso associato
al buio, o alla figura di un
messaggero portatore di sventure.
Ma il testo recita “Corvo
Reale”. Potrebbe trarci in inganno.>> Silenzio.
La sua espressione fu
come trapassata da un bagliore improvviso, e il suo volto di distese in
un
sorriso radioso. << Ma certo!>>
esclamò Hermione, che si batté il
pugno nel palmo aperto della mano. Il tintinnio metallico delle chiavi
strepitò
fin nelle volte più alte della Cattedrale. <<
I Corvi Reali,
Harry!>>
<<
Barcellona.>> disse Harry, con un sorriso vacuo, che
pronunciò la prima
parola che gli uscì per la testa.
<<
I Corvi Reali sono i Corvi della
Torre di Londra, dove Ranulf Flambard è stato imprigionato
dal fratello, il Re
Enrico I d’Inghilterra, con l’accusa di esoterismo.
La McGranitt ha spiegato
che Ranulf Flambard era l’unico Mago della famiglia, e venne
considerato un
eretico. Un folle. Significa che l’indizio che stiamo
cercando si trova dentro
la Torre di Londra, e ciò mi fa presagire che possa
trattarsi del suo fantasma.
Ricordi Nick-quasi-senza-testa? Al suo Complemorte ci
raccontò che i Fantasmi
sono anime che hanno delle questioni in
sospeso. Il Fantasma di Ranulf Flambard potrebbe essere a
conoscenza del
segreto dei Vampiri, il che è una grossa
questione in sospeso. Se così fosse, nasconde
senz’altro nella sua vecchia
prigione: la Torre di Londra.>>
Harry
la scrutò in silenzio. Poi, lentamente, annuì.
<< Se lo dici tu.>>
mormorò, intontito. Le fece scorrere un braccio attorno alle
spalle e la
attrasse a sé. << Non ho ascoltato una sola
parola di ciò che hai detto.
Ma ti credo.>>
Hermione
gli rifilò una gomitata nelle costole. Non riuscì
a trattenere un sorriso.
<<
Dobbiamo tornare a Londra, quindi?>> domandò
Harry.
<<
Direi di sì. Stasera sono di turno al Quartier
Generale.>>
<<
Potrei andare a dare un’occhiata alla Torre di Londra da
solo,
stanotte.>>
<<
L’ultima volta che hai dato
un’occhiata,
Vesper, si sei ritrovato a fuggire in moto da un Ungaro Spinato. E hai
demolito
un tunnel autostradale.>>
Harry
annuì. << D’accordo.>>
Poi si chinò, cercando le sue labbra, ma
Hermione gli premette con enfasi le mani sul petto e lo sospinse
indietro.
<<
Siamo in Chiesa.>> sibilò sottovoce.
<< E quella donna ci sta
guardando.>>
<<
Quella laggiù in fondo? Credevo fosse un
comodino.>>
Un’altra
gomitata. Harry si piegò in due e dovette soffocare un
rantolo dolorante.
<<
Sei un’idiota.>>
Tornarono
indietro verso il vicolo quando ormai le strade erano inghiottite
nell’oscurità
di una notte nuvolosa. Camminarono abbracciati come una normale coppia
di
turisti. Ma nessuno dei due parlò: erano entrambi troppo
curiosi di sapere cosa li avrebbe
accolti alla Torre di
Londra. O forse chi diavolo aveva scritto quel biglietto.
*°*°*°*°*
Draco
Malfoy imprecò sottovoce.
Nudo,
socchiuse la bocca e lasciò che l’acqua bollente
della doccia gli scorresse
violentemente sul corpo. Nell’aria si diffuse una coltre di
condensa. Quando
ebbe finito, tirò la tenda e uscì dalla doccia
con un asciugamano stretto
attorno alla vita. Rimirò il suo profilo nello specchio
appannato, e un ragazzo
dalla barba incolta e i lineamenti segnati dalle intemperie gli
restituì lo
sguardo. Aveva un aspetto terribile.
Rimediò
una lametta usa e getta dall’armadietto a specchio e una
bomboletta di schiuma
da barba. Dieci minuti più tardi della sua peluria incolta
non ne rimase altro
che un brutto ricordo.
<<
Buonasera, Draco.>>
Un
colpo al cuore. Draco agguantò la bacchetta abbandonata su
un cumulo di
asciugamani e si voltò con la stessa rapidità di
un felino, preparandosi a
schiantare l’aggressore. Il bagno era miseramente deserto.
Si
affacciò alla finestra, ansante, poi ispezionò la
cabina della doccia. Doveva
essere impazzito.
Maledizione.
<<
Sei così ottusamente babbano da non vedermi?>>
Una
presenza alle sue spalle. Poi un colpo bruciante alla schiena.
Draco
urlò e venne proiettato a terra, sbatté la testa
contro il lavandino e atterrò
malamente sul pavimento freddo. Un rivolo di sangue gli colò
da una tempia.
Maledizione.
Stordito,
cercò di alzare lo sguardo per capire chi l’avesse
aggredito.
E,
con suo profondo sgomento, si ritrovò dinnanzi
all’esatta copia di suo padre.
Invecchiata di qualche centinaio d’anni.
*°*°*°*°*
<<…
Radio 104: tutta la musica live on the
Radio!>> strepitò la voce metallica
di un deejay negli altoparlanti
dell’abitacolo. << “Radiogiornale
News”. Approvato il piano anticrisi dell’Unione
Europea, capitanato dal
Cancelliere tedesco Smidt e dal suo entourage. Pronto uno stanziamento
di cento
miliardi di euro per aiutare i Paesi Europei coinvolti maggiormente
nella crisi
economica. Ma ora passiamo alla Cronaca…>>
Hermione
spense con veemenza la radio. Parcheggiò la sua Mini
Coupé azzurro cielo nel
sotterraneo del Ministero. Sulla parete di fronte, in un quadro
luminoso, era
proiettata la scritta “Comandante
Granger”.
Risalì
difilata una rampa di scale e s’infilò dentro un
ascensore affollato.
<<
Buonasera, Comandante.>> gracchiò un uomo
sulla sessantina con un grosso
cappello a punta, che stringeva sotto il braccio una valigia consunta.
<<
Novità dal Quartier Generale?>>
<<
Le solite, Neil.>> rispose Hermione, vaga. E prese a
scrutare con
attenzione un punto indeterminato del soffitto.
<<
Quando riuscirete ad acchiapparlo?>> fece eco Rick
Heartless,
dell’Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici. Sulla sua
divisa verde bottiglia
era appuntata la spilla delle Fenici d’Argento, dei quali era
un accanito
sostenitore.
<<
Il prima possibile, spero.>>
<<
Vesper è furbo quanto spietato.>>
commentò il mago con il cappello a
punta, che sgomitò con il suo collega del Quarto Livello con
l’aria di chi la
sapeva lunga a riguardo. << Mio cugino Alarick, che ha
sposato una
babbana e lavora in un’agenzia di viaggi nel Surrey, dice di
averlo visto, un
giorno. Se ne stava lì in mezzo alla gente come se nulla
fosse con un gelato. Un gelato!
>>
<<
Perché non ha cercato di fermarlo?>>
domandò Heartless, ansante.
<<
Scherzi?>> gracchiò il mago. <<
Ha trent’anni, una moglie e due
figlie. Mica voleva rimanerci secco.>>
Atrium
Ministeriale.
Ci
fu un strillo sonoro. Le porte dell’ascensore si aprirono
sferragliando e gran
parte dei Maghi si avviarono rumorosamente all’esterno.
Hermione
ne fu sollevata. Respirò profondamente controllando il
proprio aspetto nello
specchio a parete, poi si sistemò la chioma di capelli ricci
ribelli.
Doveva
parlare con Neville e Ron delle novità trovate nella
Cattedrale di Durham, ma
allo stesso tempo temeva che quelle continue Riunioni
Operative suscitassero non pochi dubbi da parte dei
colleghi. Nel frattempo, il rapporto incompleto sui trafficanti
illegali di
tappeti volanti incombeva da un paio di giorni sulla sua scrivania. E
l’avrebbe
trovato lì, accanto al suo I-Mac babbano, pronto per essere
cestinato per
l’ennesima volta.
Il
suo lavoro, la sua vita, stava ruotando attorno a Vesper – da
sempre – cancellando con
un getto di
spugna tutto il resto.
Era
stanca. O forse stava impazzendo.
Vedeva
Vesper ovunque e il suo cervello era costantemente proiettato alla loro
prossima visita alla Torre di Londra, ai Vampiri, e
quell’odiosa Sophie-Anne
dove Harry aveva trovato rifugio.
Secondo
Livello.
Hermione
mise piede nell’atrio principale e salutò
l’occhialuta segretaria dell’Ufficio
per l’Uso Improprio delle Arti Magiche, che era intenta a
trascinare un grosso
carrello ricolmo di incartamenti da archiviare. Imboccò un
ampio corridoio
marmoreo, oltrepassò i Servizi Amministrativi del Wizengamot
e s’infilò
all’interno del Quartier Generale.
La
Sala Comune nell’ingresso era insolitamente deserta: nessun
Auror né giovane
recluta era appollaiato sulle sue comode poltrone con un
caffè caldo stretto
fra le mani, o impegnato in qualche colorita discussione
sull’ultimo incontro
dei Cannoni di Chudley.
Bussò
nella guardiola e il volto da roditore di Annette Stewart emerse da una
pila di
pergamene. Aveva ventidue anni, un padre dirigente del Terzo Livello,
nessun
talento particolare ed un’innata propensione per dimenticarsi
le cose.
Nell’ultima settimana aveva perso due paia di chiavi.
<<
Buonasera.>> disse Hermione, cortese. <<
Neville è in
ufficio?>>
<<
Oh, sì.>> replicò lei, che
sembrò piuttosto tesa. Si passò una mano nei
lunghi capelli biondicci, tormentandosi una ciocca. << Il
signor Weasley
ha detto che sarebbe uscito per delle… commissioni.
Ha detto che era urgente e che sarebbe tornato presto, e la prega di
non
esporgli nessun richiamo.>>
<<
Come sempre.>> tagliò corto Hermione, con un
sospiro rassegnato.
Timbrò
il cartellino e s’incamminò verso il suo ufficio.
Notò che i cubicoli di Smith,
Ron, Savage e Neville erano deserti, così come la scrivania
di Ginny. Dove
diavolo erano finiti, tutti quanti?
Maledizione.
Maledizione.
Non
doveva, non poteva mostrarsi permissiva con Ron e nessun altro collega,
o
presto avrebbero preso il totale controllo del Quartier Generale.
Esistevano
delle regole. Esisteva un comportamento decente da tenere sul lavoro.
Hermione
si annotò mentalmente di indire una nuova circolare.
“Regolazione delle Assenze
Ingiustificate”. Ogni Auror avrebbe
potuto allontanarsi dal lavoro esclusivamente timbrando il cartellino
di uscita
o, in alternativa, con un permesso firmato dal Comandante.
Entrò
nel suo ufficio e si richiude con cura la porta alle spalle. Poi vi
appoggiò la
schiena, le iridi nocciole volte al soffitto, come se quel semplice
gesto
bastasse a richiudere alle proprie spalle ogni brutto pensiero.
<<
Buonasera, Comandante Granger.>> proferì una
voce femminile.
Hermione
strizzò gli occhi nella penombra che avvolgeva
l’ufficio, e distinse una
presenza in piedi accanto alla scrivania. Tastò a tentoni la
parete alla
ricerca dell’interruttore, e la luce si accese.
Era
una donnina di bassa statura, minuta, avvolta in un cardigan color
pastello. I
suoi piccoli occhi verdi ravvicinati erano simili a due bottoni. Al suo
petto
scintillava un cartellino di riconoscimento del Ministero, ma Hermione
faticò a
ricordare i suoi lineamenti.
Era
forse nuova?
<< Chi
è lei?>> chiese
freddamente. << Questo è un ufficio
ministeriale chiuso al pubblico. La
invito ad accomodarsi fuori.>>
<<
Io e lei dobbiamo parlare, Granger.>> squittì
la donnina, con un tono
autoritario che non si addiceva per nulla al fragile aspetto.
<<
Subito.>>
<<
Può fissare un appuntamento con la signorina Stewart,
nell’ingresso. Ora, se
non le dispiace, avrei del lavoro da sbrigare.>>
<<
Io lo sbrigando,
Comandante.>>
Hermione
sospirò, stizzita. Fece scivolare d’istinto una
mano sotto il mantello, le sue
dita sfiorarono la superficie levigata della bacchetta.
<<
Oh, non sarà assolutamente necessario,
gliel’assicuro.>> La donnina sfoderò
un sorriso cortese, forzato, come se lottasse disperatamente per
mostrarle un
barlume di rispetto. Allungò una manina rugosa nella sua
direzione. <<
Melinda Falk. Indicibile del Ministero della Magia.>>
Hermione
non gliela strinse. D’improvviso nella sua testa si
palesò ogni risposta alle
sue domande. Era un’Indicibile. E, come tale, non avrebbe mai
dovuto mostrarsi
al resto del personale ministeriali eccetto in casi di straordinaria
importanza.
Quella
sera, forse, era uno di quei casi.
<<
Lei mi capirà senz’altro, Comandante. Il
Wizengamot ha scelto di adottare un
profilo discreto. Dopo tutto, lei è un membro del Quartier
Generale degli
Auror. Fughe di notizie non sarebbero affatto gradite.>>
<<
Che cosa sta succedendo?>> tuonò Hermione.
Un
altro sorriso dolce, finto, falsamente convincente. Melinda Falk si
inumidì le
labbra con la lingua, pregustando la stoccata finale. <<
Ai sensi del
Protocollo Dieci della Sicurezza Magica, nonché del Codice
d’Onore degli Auror,
lei ha diritto di avvalersi della presenza di un difensore, se lo
reputerà
necessario.>> Ci fu uno schiocco sonoro
nell’aria: dalle manine grassocce
della strega si materializzò un vecchio telefono babbano,
che depositò
accuratamente sulla scrivania.
Hermione
lo fece scomparire con un colpo di bacchetta. << Che cosa
sta
succedendo?>> ripeté, con un filo di voce,
scandendo bene le parole per
impedire all’ira più nera di prendere possesso
delle sue viscere.
<<
Molto bene.>> tagliò corto Melinda Falk.
Questa volta, fra le sue manine
comparve un rotolo di pergamena. << Sono costretta a
dichiararla in
arresto, Comandante, per violazione plurima del Codice
d’Onore degli Auror,
Alto Tradimento e favoreggiamento illecito alle Arti
Oscure.>> La strega
fece una pausa, levò i suoi occhietti su Hermione. Poi,
trionfalmente,
proseguì. << Può avvalersi della
facoltà di non rispondere, tutto ciò che
dirà potrà esserle usato contro presso la Corte
del Wizengamot. Ha inoltre
diritto a contattare un legale, Comandante. Ma ora venga.
Camminiamo.>>
Hermione
la guardò a lungo, in silenzio.
Nelle
sue orecchie risuonò il pallido ronzio di quelle parole, che
le rimbombarono
all’infinito nella testa finché non ne
esaurì ogni possibile significato.
L’incredulità lascio spazio a un profondo vuoto
allo stomaco, seguito da una
scarica di brividi freddi lungo la spina dorsale. Lei, Comandante del
Quartier
Generale, medaglia d’Onore durante la Seconda Guerra Magica,
era appena stata
dichiarata in arresto.
E
adesso?
*°*°*°*°*
<<
Vesper!>>
Una
voce rauca rimbombò nell’atrio buio.
Un
susseguirsi di passi. Echi di stivali scroscianti nelle pozze
d’acqua che
cospargevano il pavimento dissestato. La figura marciò
nell’ombra e scavalcò un
parapetto, gettandosi di corsa attraverso lo spiazzo erboso che
avvolgeva il
cortile. Un edificio moderno emergeva
dall’oscurità davanti ai suoi occhi, con
grandi finestre e l’aspetto di un loft ristrutturato. Sulla
parete di mattoni
rossi faceva capolino il numero 3. Era il posto giusto.
<<
Vesper!>>
Oltrepassò
un’Audi A1 parcheggiata sul selciato di fronte al portoncino
d’ingresso, e
bussò ripetutamente finché non udì il
grattare della serratura dall’altro lato
dell’uscio.
<<
Vesper!>> gridò Ron, quando una giovane
liceale dal viso d’angelo gli
aprì la porta. << Dov’è,
maledizione? Dov’è?>>
<<
Cosa diavolo…>> ruggì lei, con un
timbro di voce troppo adulto.
Ma
il ragazzo la oltrepassò senza attendere alcun invito. Ron
marciò diritto sul
parquet con gli stivali inzaccherati di fango, si diede una rapida
occhiata
attorno, poi s’inerpicò per la rampa di scale.
Quel posto era folle. Spazi
ampi, linee futuristiche, ogni cosa al suo posto. Hermione
gliel’aveva detto,
un giorno, che quel covo non si addiceva per nulla al Principe Oscuro.
Era la
tana di un Vampiro, ecco tutto. Un maledetto inferno, forse.
Ron
si ritrovò in un piano intermedio inghiottito
nell’oscurità. L’unica fonte di
luce accecante proveniva da uno schermo rettangolare che occupava gran
parte
della parete, che lo costrinse ad arretrare di un passo sollevando un
avambraccio per coprirsi gli occhi.
Qualcuno,
nel buio, urlò dei rauchi epiteti. Ne seguirono delle
esplosioni e una raffica
di proiettili che rimbombò da qualche parte, dietro la sua
schiena.
Ron
sobbalzò e sfoderò la bacchetta. <<
Vieni fuori, miseriaccia!>>
ululò, impaurito.
D’improvviso
la luce si attenuò. Gli spari e le grida cessarono.
<<
Ron.>> ringhiò una voce. << Nessuno
stava cercando di ucciderti.>>
Due
inquietanti occhi rossi emersero dal buio.
<<
Io…>> boccheggiò Ron, le orecchie
paonazze. Si schiarì la voce e gettò
un’occhiata al televisore babbano appeso alla parete:
ritraeva l’immagine di un
campo di battaglia. Dei militari in tenuta anti sommossa
dall’aspetto
realistico si stavano sfidando a colpi di pallottole in una guerriglia
urbana. La
schermata venne oscurata dalla scritta “Modern
Warfare 3”.
<<
Lo sapevo, che era tutto finto.>>
I
faretti soffusi ai lati del soffitto si accesero.
Vesper
sedeva sul bordo di un letto matrimoniale dalle lenzuola disfatte.
Indossava
solo un paio di boxer e fra le sue mani compariva uno strano
telecomando nero.
<<
Che cosa ci fai qui?>> domandò, gelido.
Ron
precipitò nuovamente nel panico. << Senti, non
sapevo dov’eri. In
effetti, non avrei dovuto… ma ho guardato la sua
agenda. Dovevo trovarti. Subito.
O sarebbe stato troppo tardi… troppo
tardi, maledizione!>>
<<
Che cosa ci fai qui?>> ripeté Vesper, pacato.
Poi batté con veemenza una
mano sul materasso, quasi volesse invitarlo a sedersi al suo fianco.
<<
Cerca di stare calmo.>>
<<
Non posso!>> ululò Ron. << Si
tratta di Hermione, miseriaccia.
L’hanno arrestata!>>
Silenzio.
In
un attimo, vide Harry alzarsi burrascosamente dal letto e armeggiare
con uno
strano aggeggio nero a forma di barbecue ammonticchiato ai piedi del
televisore.
Ne seguì un trillo sonoro, poi il televisore e la guerra si
spensero. Senza
concedergli altra attenzione, Harry lo oltrepassò e
andrò a recuperare dei
vestiti puliti nell’armadio.
<<
Quando è successo?>> chiese, con tono piatto,
mentre s’infilava
frettolosamente dei jeans scoloriti. Stava cercando di nasconderlo, ma
pareva
bruciare dentro. I suoi occhi fiammeggiavano d’ira, il suo
corpo scosso da tremori
incontrollati.
<<
Io… non lo so.>> mormorò Ron,
avvilito. << Credo da poco. C’erano
degli Indicibili fuori dal Quartier Generale che parlavano fra loro. Li
ho
riconosciuti subito, voglio dire. Un Indicibile è un
Indicibile, no? Ho capito
che stava succedendo qualcosa di strano. E poi è saltata
fuori Hermione, hanno
detto di voler tenere un profilo basso,
o qualcosa del genere. Poi…>> Ron
sospirò. Non riusciva a concatenare due
frasi di senso compiuto. << Poi è arrivata
quella donna. Melinda Fawn, o
qualcosa del genere. Ci ha
costretti a uscire dal Quartier Generale. Tutti
quanti.>>
<<
E così hai pensato bene di rintracciarmi.>>
Vesper indossò una camicia
color ardesia. Poi agguantò una giacca abbandonata su uno
schienale della sedia
e la infilò mentre scendeva le scale. Fra le sue mani
comparve la Bacchetta di
Sambuco.
Ron
si ritrovò a inseguirlo. << Dove hai
intenzione di andare?>> gli
urlò dietro, terrorizzato.
<<
Secondo te?>>
<<
No… no, no!>> Ron lo oltrepassò
incespicando sugli scalini, tentando
inutilmente di sbarrargli la strada. << Dobbiamo parlare.
Inventarci
qualcosa! Niente stronzate, okay? O
vi ritroverete tutti e due rinchiusi ad Azkaban con un biglietto di
sola
andata.>>
<<
Fuori dai piedi.>>
Le
sue mani bianche lo agguantarono con la stessa forza di un carrello
escavatore,
e Ron si ritrovò proiettato da un lato contro la parete. E
quegli occhi rossi,
maledettamente minacciosi, furono puntati su di lui.
<<
E’ tutto sotto controllo.>> proferì
Harry, le mani tremanti d’ira. Lasciò
la presa sulla sua divisa e superò gli ultimi scalini con un
balzo. << Andrò
al Ministero. E tu verrai con me.>>
<<
Io cosa?>>
Harry
recuperò un mazzo di chiavi nell’ingresso,
borbottò qualcosa alla ragazzina
misteriosa che li stava osservando attraverso i pannelli trasparenti
della
cucina. Poi uscì di casa richiudendosi con veemenza la porta
alle spalle.
Fuori
il vento sibilava sinistro e il cielo tinteggiato di nubi prometteva un
violento
acquazzone. Ron incespicò sul selciato e lo rincorse nel
garage del retro, dove
il muso aggressivo di un’automobile babbana faceva capolino
dalla serranda
socchiusa.
<<
Perché non ti Smaterializzi?>>
domandò, frastornato. << Niente Pipistrelli?>>
Per
l’ennesima volta, gli occhi rossi di Vesper lo scrutarono con
lo stesso calore
di un Dissennatore.
<<
Se mi Smaterializzo, loro mi rintracceranno. Se mi rintracciano, noi
siamo
morti.>>
<<
Questa è Londra, miseriaccia. Hai la più pallida
idea di quanto tempo ci voglia
per attraversare il centro storico in auto?>>
<<
Sali.>>
Eccezion
fatta della vecchia Ford Anglia di famiglia, Ron non ricordava di
essere salito
a bordo di un’automobile babbana. Sedette insicuro
all’interno dell’abitacolo e
si ancorò saldamente al sedile con la cintura di sicurezza.
Gli interni
dell’auto erano neri, il volante sembrava essere uscito da
uno di quei film di
fantascienza che George adorava vedere il sabato sera in televisione.
Sul pianale accanto alla plancia dei comandi compariva
una “R8” in metallo cromato.
Harry
girò le chiavi nel quadro. Un sibilo ruggente
fuoriuscì dal motore.
Un
istante dopo l’auto schizzò in avanti con un
guizzo fulmineo, imboccò rapida il
vialetto e sbucò a velocità sostenuta in strada,
superando un lento autobus a
due piani che procedeva nella corsia opposta. Percorsero a rotta di
collo il
viale alberato di Kingsbury Road che conduceva verso il centro
città, compiendo
una pericolosa gimcana fra le auto ferme in sosta e i taxi
ammonticchiati nelle
corsie riservate.
<<
Potrei vomitare.>> farfugliò Ron, che si
ancorò alla maniglia della
portiera.
<<
Fallo, e l’arresto di Hermione sarà
l’ultimo dei tuoi problemi.>>
*°*°*°*°*
`•.¸¸.•´´¯`••._.•
THE APPLE'S CORNER `•.¸¸.•´´¯`••._.•
Sono
mesi che non aggiorno, chiedo scusa a tutti per non aver lasciato il
benché minimo avviso. Ma essendo che questo capitolo era
pronto da troppo tempo, ho deciso di postarlo.
A questo punto, spero davvero che possa piacervi, o che anima bianca
non vi abbia stufato!
Un grosso, caloroso abbraccio a tutti. E buona Pasqua! :-D
AUROR POWER!
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Capitolo 10 *** Ezekiel - Misteri ***
Ezekiel - Misteri
`•.¸¸.•´´¯`••._.• THE APPLE'S CORNER `•.¸¸.•´´¯`••._.•
Buongiorno a tutti!
Dopo mesi di assenza (direi anni), ho deciso di fare ritorno con la
pubblicazione del decimo capitolo di Anima Bianca. Purtroppo il mio lavoro mi
tiene impegnata quasi tutti i giorni (a volte anche nel week end), perciò
potete immaginare il perché io abbia interrotto la scrittura della Fic.
Ho scelto un look più “minimal”, con un classico Times New Roman,
senza troppi fronzoli, per consentirmi di dare la priorità alla trama piuttosto
che alla grafica: spero possiate perdonarmi.
Un abbraccio a tutti coloro che hanno letto la storia, ma anche a tutti
coloro che non l’hanno fatto, a coloro che mi hanno recensita, a coloro che
hanno pensato “la recensirò” ed è rimasto solo un pensiero, ma soprattutto a
coloro che mi hanno sempre, e dico sempre, sopportata nell’ambito “letterario”:
alle mitiche Argentlam e TopGun Forever, nonché all’allegra banda del gruppo
Facebook “Cercando chi dà la roba alla Rowling”.
E non
dimenticate… AUROR POWER!
Apple90
Ezekiel - Misteri
“Il mondo è una prigione dove è preferibile stare in una cella
d'isolamento.”
Karl Kraus, Detti e contraddetti, 1909
Hermione seguì l’Indicibile Melinda Falk fuori dal Quartier Generale degli
Auror senza opporre alcuna resistenza. Mantenne lo sguardo fisso davanti a sé e
si sforzò di elaborare un piano mentale che prevedesse una possibile via di
fuga da quell’inferno, ma nella sua testa non balenò altro che un torbido
ronzio.
Come avrebbe potuto scagionarsi dalle accuse degli Indicibili se non aveva
nemmeno la più pallida idea delle prove che l’Ufficio Misteri aveva raccolto
per incastrarla?
<< Dove mi sta portando?>> proferì a mezza voce, rivolta alla
donna che l’aveva arrestata.
<< La reputo abbastanza intelligente da intuirlo da sola.>>
Melinda Falk la precedette all’interno di un ascensore insolitamente vuoto;
prima che Hermione potesse aprire bocca, l’ascensore schizzò fulmineo verso il
basso e dovette ancorarsi saldamente alle maniglie che pendevano dal soffitto
per non essere proiettata a terra. Dopo un po’, poteva essere trascorsa
un’eternità oppure una misera manciata di minuti, l’ascensore s’arrestò
bruscamente con uno scossone e una vocina metallica proveniente dagli
altoparlanti installati nel soffitto annunciò: << Nono Livello.>>
<< Non ricordavo che il Protocollo Magico di Sicurezza prevedesse
trasferimento degli individui in stato d’arresto al Nono Livello.>>
constatò Hermione, con un filo di bieca ironia. << Per quale motivo mi
sta portando quaggiù?>>
Melinda Falk non le rispose. Attese che i portelloni si aprissero
sferragliando e la precedette fuori, dove ad attenderle c’era un atrio
piuttosto angusto fiancheggiato da un colonnato di marmi color verde bottiglia.
Il Nono Livello del Ministero della Magia era interamente occupato
dall’Ufficio Meri. Nessuno sapeva esattamente che cosa accadeva lì dentro, né
tantomeno quali erano le mansioni riservate agli Indicibili. Hermione aveva già
visitato l’Ufficio Misteri insieme all’Esercito di Silente durante il quinto
anno di Hogwarts, ed era certa che la Falk ne fosse al corrente.
Percorsero un lungo corridoio semibuio e giunsero infine dinnanzi a una
porta di metallo gresso che poteva essere facilmente scambiata con l’ingresso
di una sudicia soffitta. La Falk picchiettò tre volte la punta della sua
bacchetta contro la superficie arrugginita della maniglia e la serratura scattò
all’istante, consentendo loro il passaggio.
<< Mi segua, comandante Granger.>>
“Ho altre alternative, forse?”
La porta si richiuse pesantemente alle loro spalle e Melinda, con un
malcelato sorriso dipinto sulle labbra, abbandonò la veste diplomatica che le
imponeva il protocollo ministeriale e la agguantò senza troppi complimenti per
un avambraccio, costringendola ad allungare il passo.
Hermione si liberò con uno strattone. << So camminare da
sola.>> sibilò.
Maghi e Streghe avvolti nelle uniformi da Indicibili sciamavano avanti e
indietro come ombre silenziose lungo i corridoio dell’Ufficio Misteri, che
Hermione d’improvviso non ricordò di avere mai visto. Fu un attimo: un vuoto
nebbioso le invase il cervello e le impedì di riflettere razionalmente. Una
valigia di ricordi legati a impellenti urgenze in ufficio la assalì come un
fiume in piena ed Hermione desiderò catapultarsi fuori: doveva tornare al più
presto al Quartier Generale per sbrogliare un grosso quantitativo di
scartoffie. E poi c’era la riunione con quelli delle Risorse Umane… Diavolo, la
riunione! Come aveva fatto a dimenticarsene?
<< Comandante Granger.>> la ammonì placidamente Melinda Falk,
che la prese di nuovo per il gomito. << Mantenga il contatto fisico,
per favore, o cadrà in trappola agli Incantesimi Dissuasori.>>
Hermione obbedì e riacquistò le proprie capacità cognitive.
Tutto intorno a lei l’ambiente sembrava cambiare da un momento all’altro:
scale, corridoi, addirittura uffici interi. Ipotizzò che la conformazione
planimetrica del Nono Livello venisse costantemente cambiata per aumentare i
margini di sicurezza delle Camere racchiuse al suo interno che, unitamente a
una buona dose di Incantesimi Dissuasori, consentivano agli Indicibili di
lavorare indisturbati.
Melinda Falk venne affiancata da un altro Indicibile e insieme la accompagnarono
in una minuscola stanza senza finestre né tracce di arredamento; era un buco di
due metri per tre, asettico e incolore: dal soffitto pendeva un filo
traballante al quale era appesa una lampadina. Non c’era nemmeno il canonico
tavolaccio da interrogatorio, ma solo uno sgabello.
L’Indicibile, un uomo alto e così magro che le sue guance scarne gli
donavano un aspetto cadaverico, si chinò per riferire qualcosa all’orecchio di
Melinda Falk, che annuì con tono formale.
<< Ai sensi del Decreto 10 del Protocollo di Sicurezza dell’Ufficio
Misteri, lei è tenuta a consegnare la sua bacchetta e ogni altro oggetto magico
in suo possesso al Responsabile, il mio collega, l’Agente Thomas Lane>>
esordì dolcemente Melinda Falk.
Hermione non le diede la soddisfazione protestare. Fece scivolare la
bacchetta fuori dalla tasca interna del mantello e la depositò nelle mani
protese dell’Agente Lane, che le rivolse un sorriso compiaciuto; poi lo osservò
sparire fuori dallo stanzino.
Dalla porta provenne il grattare frenetico di una serratura. Uscendo, Lane
le aveva chiuse dentro.
Melinda Falk si sistemò il colletto del suo cardigan color pastello. Le sue
manine grassocce si protesero verso Hermione impugnando la bacchetta.
<< Si spogli, per favore.>>
Un lampo le abbagliò il cervello.
“Che cosa?”
<< Ha sentito bene.>> proseguì tranquillamente Melinda Falk,
che assaporò il timore dipinto nei suoi occhi. Agitò la bacchetta in aria
compiendo un gesto elaborato e fece comparire dal nulla un indumento ripiegato
color grigio topo, che tenne sospeso a mezz'aria in modo che Hermione potesse
osservarlo da vicino: era una specie di tunica ospedaliera in fustagno che, in
caso di necessità, poteva divenire una camicia di forza per i pazienti
più irascibili.
<< Forse lei non mi conosce, comandante, ma io la conosco fin troppo
bene; e non sono così ingenua da limitarmi a sequestrarle la bacchetta: lei
è un Auror, e gli Auror sono elementi degni delle nostre più accurate
attenzioni.>> Melinda Falk afferrò la tunica e gliela porse con un gesto
secco. << La indossi.>>
Hermione ricevette l’indumento in mano ma non si mosse; rimase impalata su
due piedi e la guardò con aria disorientata. Qualunque interrogatorio erano
intenzionati a riservarle, non aveva nessuna intenzione di togliersi i propri
vestiti di fronte a un’estranea. Non c’era nessuna, nessuna legge che
consentiva a un membro del Ministero di attuare una costrizione del genere ai
danni di un individuo in stato d’arresto. Nel suo caso, era un vero e proprio
abuso di potere.
Con chi credeva di avere a che fare?
<< Si sbrighi!>> le intimò la Falk, incitandola con la
bacchetta. Fece scivolare indietro il rivolo del cardigan e controllò il
quadrante dorato dell’orologio da polso, impaziente.
Hermione sospirò profondamente e le lanciò uno sguardo di sfida. <<
Lei non può obbligarmi.>> disse freddamente, inarcando un
sopracciglio. << Si sbaglia. Forse non mi conosce abbastanza bene, agente
Falk. E’ mio diritto richiedere l’assistenza di un legale e, se non me lo
permettete, ho come la sensazione che passerete dei brutti guai con il
Wizengamot. Voglio dire, il sequestro di persona è un reato contemplato
nella legislazione magica… ma il sequestro di un Auror, bè, non c’è bisogno che
le spieghi la reazione del Ministro appena verrà messo al corrente che gli
Indicibili hanno costretto un Auror a…>>
<< Comandante Granger.>> la interruppe la Falk, che strinse le
labbra in un sorrisetto mellifluo, sospirando a sua volta, come se avesse un
disperato bisogno di prendere fiato per mantenere la calma. << Mi
dispiace infrangere i suoi eroici sogni da paladina della Legge, ma temo che il
Ministro non condivida affatto il suo pensiero.>>
<< Che cosa glielo fa pensare?>>
Melinda Falk rise congiungendo le braccia in una posizione che tanto le
ricordò Dolores Umbridge. << Forse il fatto che il Ministro in persona ci
ha ordinato di arrestarla.>> cinguettò.
Hermione rimase in silenzio, ma fu come ricevere un pugno nello stomaco.
Com’era possibile? No. Non voleva nemmeno prendere in considerazione
quell’eventualità. Quell’arpia le stava mentendo, stava mettendo a dura prova
le sue capacità di sopportazione dello stress per farla crollare. Ma non sapeva
minimamente con chi aveva a che fare.
<< Delusa dalla verità, Comandante?>>
<< Stronzate.>> si lasciò sfuggire Hermione, rabbiosa. <<
Kingsley non farebbe mai una cosa del genere.>>
<< Il Ministro.>> la corresse la Falk, che allungò la
bacchetta verso di lei e picchiettò il cumulo di vestiti color topo che
Hermione teneva ancora fra le mani. Ora che si faceva caso, su una spalla era
stata ricamata una pezza con un codice di riconoscimento: HG306. Erano le sue
iniziali. << Ha dei validi motivi per farla arrestare. Ed ora, se
non le dispiace, la prego di togliersi la divisa da Auror e di indossare la sua
nuova… uniforme.>>
*
Sophie-Anne Lupin osservò Harry e il ragazzo dai capelli pel di carota
precipitarsi a bordo della Audi, che venne messa in moto con un fragore di
motore; l’auto fece retromarcia nel cortile racchiuso fra le mura delle
abitazioni in mattoni rossi e si precipitò a rotta di collo oltre il vialetto,
imboccando con un fischio di gomme la strada sottostante.
Sophie-Anne udì il suo rombo echeggiare in lontananza giù per le curve che
serpeggiavano verso il centro di Londra. Poi l’eco di alcuni clacson, delle
frenate, altri rombi ruggenti.
E così avevano rapito la sua Bella?
Si portò una mano alla bocca per reprimere uno sbadiglio e si stiracchiò
pigramente, poi posò la tazza di Spongebob sul lavello e si diresse
fuori dalla cucina con andatura lenta, le morbide ciabatte di pelo che le
abbracciavano i piedi. Che cos’era quel misero istante di curiosità, di fronte
alla prospettiva dell’immortalità? Niente, pensò. Era tutto così piatto e
prevedibile. I Babbani e i Maghi, in fondo, erano un po’ la stessa cosa:
entrambi obbedivano a degli schemi. E l’unica persona di sua conoscenza che non
rientrasse in nessuna di tali categoria si chiamava Vesper.
Sophie-Anne represse un sorriso mentre saliva le scale a pioli che la
condussero nella sua camera da letto, ricavata in una nicchia del sottotetto:
uno splendido ambiente mansardato arredato in stile elisabettiano Sul sontuoso
letto a baldacchino era ammonticchiata alla rinfusa una pila di vestiti. Si
sfilò placidamente il pigiama a pois rosa e bianchi e calzò un paio di jeans,
una morbida blusa di lana Fred Perry e degli stivali che ricordò di aver
comprato in saldo da H&M parecchie estati precedenti. Quando fu
presentabile, si diresse nel bagno attiguo: si pettinò con cura i lunghi
capelli rossi e si spruzzò del profumo ai lati del collo. Con calma. Senza mai
scomporsi.
Terminata la preparazione, come la definivano con ironia i suoi
seguaci, discese lentamente le scale, controllò la propria immagine nello
specchio, pescò due mazzi di chiavi dal cestino di vimini nell’ingresso e uscì
fuori, respirando l’aria frizzante della sera.
<< Vesper, Vesper.>> cantilenò tra sé e sé,
giocherellando con le chiavi mentre raggiungeva a piedi il magazzino degli
attrezzi. In un certo senso poteva dirsi attratta da quella sottospecie di
principe-idiota dei pipistrelli; un’attrattiva che andava oltre la semplice
fisicità: Vesper non era semplicemente un ragazzo, non era semplicemente Harry.
Vesper poteva essere chiunque, ovunque, in qualsiasi momento. Vesper era
l’antidivo per eccellenza, una creatura partorita dalle tenebre che non seguiva
altri Dei al di fuori dell’istinto. Era un pazzo fuori controllo, e le piaceva
per quello. Da morire.
All’interno del magazzino degli attrezzi di respirava un’aria rarefatta
mista all’odore acre di solventi chimici andati a male. Sophie-Anne scansò una
catasta di cianfrusaglie che occupava gran parte dell’ambiente e sgattaiolò in
fondo, vicino a una vecchia scrivania sfondata sovrastata da vasi di
mandragole. Proprio lì, davanti ai suoi occhi, c’era un grosso oggetto
ricoperto da un telone polveroso.
<< Vesper, Vesper.>>
Fece scivolare l’indice sulla superficie di nylon e lo ritrasse, ricoperto
di fuliggine.
<< Un giorno o l’altro ti ammazzerai.>>
Agguantò i lembi del telo e lo tirò con una forza sovrumana verso di sé,
rivelando l’oggetto misterioso celato al di sotto: una moto, una vecchia Honda
color rame degli anni ’80 che aveva conosciuto senz’altro tempi migliori.
Indossò un casco vintage, si calò sugli occhi un paio di occhiali da aviatore;
balzò in sella e tolse il cavalletto con un calcio.
Solo le femminucce guidavano le Ducati.
<< Ma non è questo il giorno, Batman.>>
*
<< Lei non ha alcun diritto, agente Falk.>> sostenne con impeto
Hermione, che lasciò ricadere a terra l’uniforme da carcerato, che s’arrotolò
scompostamente ai suoi piedi. La additò minacciosamente. << Volete
arrestarmi? Bene. Voglio un avvocato, e lo voglio subito.>>
Melinda Falk giocherellò con la propria bacchetta, premendo la punta di
legno flessibile sull’indice della mano sinistra ed esercitando una leggera
pressione affinché la bacchetta si piegasse. << Forse non ha ben chiara
la situazione, Comandante.>> cantilenò, quando Hermione terminò il suo
monologo. << Noi non siamo Auror, non obbediamo alla Legislazione Magica,
come dire, standard… l’Ufficio Misteri gode di un regime particolare,
protetto da un sistema di alta sicurezza che ci permette di muoverci in
completo anonimato. Il Ministro ci ha ordinato di tenerla d’occhio, Comandante,
dal giorno in cui Honorius Azazel è stato ucciso. La verità è che il signor
Shaklebolt non si fidava completamente lei, la reputava un soggetto sensibile
e facilmente soggiogabile da un criminale pluri-ricercato come Harry Potter:
non propriamente le doti attribuibili al Comandante di un Quartier Generale
Auror.>>
<< Il mio legale.>> sbottò Hermione. << Non l’ho ancora
visto.>>
<< Non giochi alle tre scimmiette con me, Comandante. Ha sentito bene
che cosa le ho detto: l’Ufficio Misteri non obbedisce alle sue
Leggi.>>
<< E con questo, significa che mi terrete imprigionata qui dentro per
il resto dei miei giorni?>>
Melinda Falk sospirò e agitò la bacchetta: l’uniforme da carcerato si librò
in aria e aleggiò in mezzo a loro. << Glielo ripeterò un’ultima
volta.>> sospirò. << Si spogli, riponga la sua divisa da Auror e
indossi la sua informe. Glielo sto ordinando, Comandante. Anche se, in effetti,
quaggiù lei non è più un Comandante, ma solo Hermione Granger.>>
Hermione si inumidì le labbra prima di ribadire la sua ferrea posizione.
<< Non farò nulla del genere.>>
Ne seguì un breve silenzio. Melinda Falk accolse la sua decisione con un
sorrisetto divertito, come se avesse ampiamente previsto quel genere di
reazione da una come lei; dopodiché si schiarì la voce e tornò a mettere mano
alla propria bacchetta. << Molto bene.>> cinguettò. << Se non
intende farlo lei, lo farò io. Crucio!>>
Dolore. Una fitta lancinante di dolore le assalì ogni brandello del suo
corpo, scuotendolo e contorcendolo, obbligandola a piegarsi in ginocchio sul
pavimento freddo per sorreggersi sulle braccia tremolanti, lottando con tutta
se stessa per non urlare, per non dimostrarle che stava soffrendo; anzi, per un
breve istante, prima di essere assalita da altri attacchi incontrollabili,
Hermione riuscì a sorriderle. Non gliel’avrebbe mai data vinta. Piuttosto la
morte.
Melinda Falk inarcò il braccio e sollevò la bacchetta per imprimere maggior
vigore alla maledizione senza perdono, e uno spasmo cieco la assalì alle ossa,
diffondendosi lungo la spina dorsale e procedendo in ogni articolazione.
Hermione non riuscì più a reprimere il dolore e urlò. Urlò con tutta la voce
che aveva in corpo, ma nessuno poté udirla. Le sue urla agghiaccianti e
disperate riempirono le pareti dello stanzino e furono accolte da Melinda Falk
con un sorriso accondiscende. La maledizione durò pochi secondi, ma fu come se
fosse trascorso un giorno intero. Quando il getto dell’incantesimo s’interruppe,
Hermione si accasciò al suolo senza forze.
Melinda Falk picchiettò la bacchetta contro la porta, che si aprì e lasciò
che un getto di luce penetrasse all’interno dello stanzino. Una voce maschile
disse qualcosa, poi dei passi irruppero attorno a lei, dietro di lei, senza che
riuscisse a tracciarne la posizione.
<< Ti deprime, Hermione, sapere quanto sei profondamente
sola?>>
Quella voce… quella frase… l’aveva già udita da qualche parte, ne era
certa, ma anche la sua mente era stata colpita dall’onda d’urto della
maledizione e non volle collaborare.
Poi di nuovo il dolore: qualcuno la afferrò brutalmente per i capelli e la
costrinse a rialzarsi in piedi. Due occhi rossi iniettati di sangue la
osservarono da vicini con tale intensità da tramortirla. Non erano quelli di
Melinda Falk, né tantomeno quelli dell’altro agente, ma bensì appartenevano a
qualcun altro. A un mostro dalle fattezze vagamente rassomiglianti a quelle di
un Malfoy.
<< Non preoccuparti, tesoro.>> ridacchiò il mostro. <<
Vesperino sta venendo a salvarti.>>
*
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