Follow your dreams...

di _DreamerL490_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Inizia la corsa ***
Capitolo 2: *** Sorpresa ***
Capitolo 3: *** Live ***
Capitolo 4: *** Nuovo arrivo. ***
Capitolo 5: *** Love... ***
Capitolo 6: *** NYC ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***
Capitolo 16: *** 16 ***
Capitolo 17: *** 17 ***
Capitolo 18: *** 18 ***
Capitolo 19: *** 19 ***
Capitolo 20: *** 20 ***
Capitolo 21: *** 21 ***
Capitolo 22: *** 22 ***
Capitolo 23: *** 23 ***
Capitolo 24: *** 24 ***
Capitolo 25: *** 25 ***
Capitolo 26: *** 26 ***
Capitolo 27: *** 27 ***
Capitolo 28: *** 28 ***
Capitolo 29: *** 29 ***
Capitolo 30: *** 30 ***



Capitolo 1
*** Inizia la corsa ***


Cap. 1
Era mattino,ero all'aeroporto e il cielo era limpido, oggi niente sarebbe andato storto. Dovevo raggiungere Seattle sperando che il tempo non mi tradisca, non potevo perdermi il compleanno di Shannon. Ormai conoscevo i 30 Seconds to mars da tre anni, sono stati i miei mentori nel mondo della musica e ora erano diventati la mia famiglia. Mi ricordo ancora il giorno in cui conobbi Jared. Ero in studio con la band, stavamo registrando il nostro primo singolo e all'improvviso lo vidi entrare in studio. Si sistemò accanto al nostro produttore e indossò le cuffie. Continuava a osservarci, ogni tanto annuiva e quando finimmo di suonare ci fece i complimenti. Jared ed io diventammo amici subito,i paparazzi pensavano che fossi una sua nuova fiamma. Il nostro legame crebbe sempre di più ed ora ero qui che aspettavo il volo per raggiungerlo. Stavo vivendo un sogno .
" Mi scusi, è il suo turno al check in " disse un hostess. Mi ero persa nel mio mondo, mi girai e vidi una ragazza mora e bella,mi stava sorridendo ciò significava che mi aveva riconosciuto. Sperai che non pronunciasse il mio nome, così decisi di interrompere il suo discorso dicendole : " Oh mi scusi lei! Certe volte sono troppo pensierosa,comunque ecco il biglietto e i documenti. Posso andare? "
" Certo è tutto apposto. Si goda il viaggio" continuò.
" Grazie " risposi frettolosamente. Incomincia a correre per raggiungere il gate 51, tra dieci minuti iniziava l'imbarco. Dopo mezz' ora d'attesa riuscì a rilassarmi nel mio posto vicino alla finestra, ora dovevo aspettare solo atre sei ore e poi sarebbe ricominciata la mia corsa contro il tempo. I motori dell'aereo si accesero,saremmo decollati tra poco,mi girai verso il finestrino e il mio cellulare incominciò a squillare. Era Jared.
" Pronto " risposi scocciata.
" Hey! come mai questo tono? Ora muoviti altrimenti il piano salta " disse Jared con tono arrogante.
" Non posso teletrasportare l'aereo a Seattle! " sbottai.
" Ok . Sai ti odio quando ti incazzi " continuò lui.
" Lo so. Ora devo andare. Ciao " conclusi chiudendo il telefono. Lui riusciva a farmi arrabbiare sempre, era il suo talento, ma nonostante ciò avrei fatto qualsiasi cosa per lui.

Finalmente stavo sbarcando. Il clima era molto diverso da quello si San Francisco, qui faceva un freddo cane. Presi la valigia e mi diressi verso l'uscita e con gran sorpresa vidi Jared con un cartello in mano con scritto " CERCASI RENEE' " . Non era prevista la sua presenza, almeno fin ora. Corsi verso di lui,che mi accolse tra le sue braccia, erano due mesi che non ci vedevamo. Rimanemmo abbracciati per un po', non ci salutammo neanche, ci bastava la nostra presenza. Sentivo il profumo del suo dopo barba e le sue mani mi accarezzavano la schiena. Il mio viso era affondato nel suo petto e il suo sopra la mia spalla. Quanto mi era mancato! La gente ci osservava,ma non aveva il coraggio di interrompere il momento, così dopo un po' minuti Jared mi rivolse la parola.
" Allora che hai fatto di bello ? " domandò.
" Mah le solite cose che si fanno in tour, dei concerti stupendi e mi sono slogata il polso,ma non..." non avevo finito la frase che lui iniziò a replicare. " Cosa?!? Devi stare più attenta, una band non può stare senza bassista. Ma non potevi avvisarmi? O chiamarmi? "
" Ma non preoccuparti! Non è niente di grave, ma se insisti lo prometto. Ti chiamerò sempre, parola di scout. " risposi facendo il segno di giuramento .
" Aah quanto sei buffa. Io mi preoccupo perché i tuoi genitori non sono con te perché devono badare a tua sorella ed Io, Shan e Tomo siamo le persone più vicine a te. Ma ora andiamo in hotel, così ci cambiamo e raggiungiamo in festeggiato. " disse Jared.
Salì in macchina, ma mi addormentai subito, l'ansia mi aveva fatto crollare.
Tra poco avrei incontrato Shannon.
 

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Capitolo 2
*** Sorpresa ***


 

Sentì una voce in lontananza che mi chiamava, poi mi arrivò un secchio d'acqua in faccia. Era Jared che cercava di svegliarmi. Era davanti a me con le braccia incrociate e il suo solito sorriso smagliante.
" Dai, vai a cambiarti. Io ti aspetto qui. " disse sedendosi sul letto bagnato. Non risposi, dovevo ancora riprendermi dal risveglio,ma eseguì subito i suoi ordini e in venti minuti uscimmo. Salimmo in macchina per raggiungere li stadio Qwest Field di Seattle. Dopo mezz' ora Jared incominciò a parlare di nuovo domandandomi : " Ma...posso sapere cosa c'è in quella chiavetta che contiene la sorpresa ? "
"Beh, sai io sono un Echelon e anche se sono diventata famosa continuo ad andare ai meeting, concerti etc, ma dato che siamo una famiglia numerosa, è giusto che tutti in qualche modo siano presenti. Ma non ti posso dire altro, lo scoprirai tra poco. " risposi.
" Voi siete proprio fantastici, siete dei geni ! " continuò,era agitato e guardava intensamente la strada, in tutte le volte che l'avevo visto guidare non le aveva mai prestato tanta importanza, anzi certe volte non sapevamo neanche dove stavamo andando,ma oggi era nervoso perché non aveva tutto sotto controllo : il genio era in crisi.

17.30 Eravamo arrivati.
Vidi uno stadio enorme,davanti c'era una fila lunghissima di Echelon che aspettava il concerto. Appena passammo davanti a loro si alzarono grida, cori di canzoni, qualcuno mi chiese se avevo con me il regalo, cercai di rispondere,ma non feci in tempo a parlare che Jared mi spinse verso l' entrata e fece una foto con il suo BB alla folla.
" Wow ! Ti rendi conto che solo tre anni fa anche io ero lì ?" dissi, dopo tutto questo tempo ero ancora scettica davanti alla mia fortuna, il mio sogno è sempre stato suonare in giro per il mondo,ma avere al mio fianco i Mars era il massimo.
" Hai seguito i tuoi sogni e ora sei una bassista si una band famosa e hai come migliori amici noi tre. Non mi sembra tanto strano. " rispose con il suo tono filosofico,lui faceva sembrare tutto più facile,ma sapeva benissimo ciò che c'è dietro, sa quanti sacrifici,dolore,gioia ci sono prima di poter vivere il proprio sogno
" Mah sarà ! " esclamai,era inutile contraddirlo tanto avrebbe avuto sempre ragione.

Ero davanti alla porta della ' Sala relax ' con Jared quando arrivarono Tomo e Vicki , mi salutarono silenziosamente e bussammo.
" Chi è ? " gridò Shannon. La sua voce mi fece rabbrividire e riportò l'agitazione in me. Due mesi fa avevamo litigato e l'ultimo saluto, se si può definire tale ,fu un insulto e ora me lo sarei trovato davanti.
" Sono il fattorino, ho una pizza da consegnare ! Ma dai! chi vuoi che sia, sono io, Jared ! " gridò il minore del Leto.
" Entra allora ! " gridò di nuovo Shan.
Entrò prima Jared, poi Tomo, Vicki e per ultima io ; si erano messi davanti a me così l' effetto sorpresa avrebbe funzionato.
" Nessuna sorpresa per me ? " mugugnò il festeggiato.
Ecco ora toccava a me. " A dir la verità c'è " affermai.
In quel momento uscì fuori e lo vidi, era seduto dietro alla batteria, indossava una canotta,gli occhiali da sole e aveva stampato in faccia un sorriso magnifico.
" Oddio sei qui ! " esultò e si diresse verso di me per abbracciarmi,la sua stretta fu talmente forte che temei di soffocare: era davvero un animale,il mio animale.
" Allora sei tu la sorpresa,oppure... " continuò, sembrava un bambino il giorno di Natale, la curiosità stava aumentando e non avrei mai resistito al suo sguardo.
" Hai un portatile con te ? " chiesi.
" Si, certo. " rispose e mi porse il pc.

Infilai la chiavetta, aprì il documento e avviai il video. Ero circondata da quella combriccola di pazzi, erano impazienti e i loro occhi puntati verso lo schermo. Incominciarono a susseguirsi messaggi di Echelon, foto di Triad umane , disegni, foto di tutte le division del mondo e come colonna sonora c'era Vox Populi. Mi girai e vidi gli occhi di Shannon, erano illuminati,lucidi e quel colore dorato era più vivido. Finì i video e cercai gli sguardi di Tomo,Vicki e Jared, anche loro erano emozionati.
 

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Capitolo 3
*** Live ***


21:50 .
Il concerto doveva iniziare,era l'ultimo live del Tour, questa sera dovevano dare il massimo. Jared era pronto,aveva lo sguardo puntato verso le scale che conducevano al palco e impugnava il suo microfono. Tomo aveva la sua nuova Gibson Les Paul e suonava accordi per riscaldare le dita; il suoi occhi erano rivolti a Vicki che a sua volta lo ricambiava. Erano l'immagine dell' amore,in tutti gli anni passati con loro li avevo visti litigare, ridere, cucinare,ma il loro sguardo innamorato non è mai cambiato : erano diventati i miei genitori esteri. Per ultimo vidi Shannon, saltellava e faceva finta di suonare,era incredibile, ma era già sudato fradicio.
" è ora " disse un tecnico del suono.
Si misero in posizione e prima di salire abbracciarono me e Vicki.Le grida dei 20 000 Echelon crescevano sempre di più, tra poco avrebbero iniziato a saltare e sfiorare il cielo.

Ed ecco che iniziano con Escape,seguita da Night of the Hunter,The Fantasy, Search & Destroy... Vicki ed io ci dirigemmo verso una lato del palco dove potevamo vedere senza essere viste.
" Non preoccuparti del passato, vivi il presente e pensa domani al futuro . Lui ti vuole bene . " disse Vicki cingendomi le spalle, lei sapeva del mio litigio con Shan e come sempre mi faceva da madre.
" Non ci riesco, io gli voglio bene,ma certe volte esagera, è già abbastanza grande per capire. " risposi, con lei mi sentivo al sicuro, potevo confidarmi, ormai era entrata nella mia vita e io non me la sarei mai lasciata scappare.

Erano arrivati all' ultima canzone,quando vidi Vicki con una torta di compleanno, era arrivato il momento tanto atteso. Jared fermò la musica e incominciò a cantare " Happy birthday to you, happy birthday to Shannon..." . Tutti i fan si unirono a lui , Tomo accompagnava con la sua chitarra e Vicki ed io uscimmo con la torta. Si alzarono grida e la canzone cambiò in " I won't stop singing til you dance around the room, I won't stop singing til you dance around the room...". Shannon iniziò a ballare, poi si diresse verso di noi, soffiò le candeline, assaggiò la torta e ringraziò tutti per il regalo.

Ripresero da dove si erano fermati. Iniziarono ' Closer to the Edge' .
Jared girava su se stesso, il suo sudore schizzava da tutte le parti, si vedevano tante goccioline danzare attorno a lui. Tomo saltava, i suoi capelli si agitavano ed erano talmente bagnati che si appiccicavano al suo viso. Shannon suonava con così tanta energia che solo guardandolo mi faceva venire i brividi.
Jared cantava " I don't remember a moment i tried to forget, i lost myself yet it's better not sad. Now i'm closer to the edge...." , la folla saltava e agitava il braccio gridando " No No No No " ; l'energia che mi trasmettevano era incredibile,ma non solo ,era così strano trovarsi nel palco quando solo tre anni fa anche io ero lì con loro, in mezzo alla folla .

01:30
Tutto era finito, eravamo in albergo,le valige per casa erano pronte e i nostri uomini erano crollati dalla stanchezza. Finalmente ero sola con Vicki, decisi di continuare la nostra conversazione,ma lei mi precedette .
" Non te l'ho mai detto...il giorno in cui ti ho conosciuto sapevo già che eri speciale. Quella sera Shannon, Tomo e Jared mi obbligarono ad andare al tuo concerto con loro. All'inizio pensai che fossi una ragazza come tutte le altre,ma mi sbagliavo, quando ti vidi suonare il tuo basso capì che eri un' artista. Sai ? mi ricordavi Tomo, avete in comune l'amore per il vostro strumento e la passione così profonda per la musica; anche tu come lui quando suoni vai in un blackout mentale, ti perdi nel tuo mondo e inizi a vivere. " disse Vicki , le sue parole mi fecero riflettere, sapevo che secondo lei ero speciale,ma non mi aveva mai detto il perché.
" Ma adesso dormi altrimenti sembrerai uno zombie . Domani abbiamo il volo per LA alle 6 . " continuò lei. Le sorrisi, ero troppo stanca per rispondere ; in meno di 24 h avevo preso due voli e tra poco ne avrei preso un altro.
 

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Capitolo 4
*** Nuovo arrivo. ***


Ormai era passato un mese dal compleanno di Shannon. Ora vivevo definitivamente a LA, casa mia era davanti a quella dei fratelli Leto che venivano continuamente a trovarmi, praticamente vivevano con me,ma entro oggi la situazione sarebbe cambiata. Una mia amica sarebbe venuta a vivere qui, avevo deciso di farla stare da me perchè la sua situazione familiare non era delle migliori e detestavo vederla piangere, e non poter fare niente per evitarlo. Jared era emozionato all' arrivo di un'altra Echelon, si capiva dal suo nervosismo, voleva che tutto fosse perfetto. Invece Shannon e Tomo erano più tranquilli e sfruttavano la situazione di Jay per sfotterlo, ma io sapevo che internamente anche loro erano nervosi. Quella mattina mi aiutarono a preparare la casa per il suo arrivo,andammo a fare la spesa,la camera da letto e decidemmo di mettere a posto anche la casa dei Leto perché anche io trascorrevo molto tempo da loro e se arrivava lei doveva seguirmi per forza, inoltre ero l'unica persona, oltre ad Emma, abituata al loro disordine.

16:50
" Muovetevi! Tra poco arriva l'aereo,non voglio fare brutta figura con l'amica di Reneé!" gridò Jared dalla macchina, era seduto al volante, io ero al suo fianco,ma Tomo e Shannon erano ancora dentro casa. Come al solito avevano perso le chiavi di casa,ma finalmente dopo venti minuti riuscimmo a partire.
" Dai, Bro. Non essere nervoso. Se riesci a sopportare Reneé un'altra Echelon sarà un gioco da ragazzi. Ho fiducia in te. " disse Shannon con tono di sfida. Jared lo fulminò con lo sguardo, non gli rispose neanche.
" Aah Jared è così perché voi fate gli stupidi e lui vuole che la mia amica abbia una accoglienza fantastica. Per favore potete controllarvi almeno oggi? " chiesi a Shan e Tomo, li guardai e loro confermarono con un sorriso.
Il resto del tragitto lo passammo in silenzio, la mia agitazione aumentava sempre di più; sarei andata a prendere Fran con i Mars e non sapevo che reazione avrei causato.

Scendemmo dalla macchina e ci dirigemmo verso lo sbarco numero 3.
La gente fece finta di non riconoscerci, noi l' assecondammo e come tutte le persone normali aspettammo davanti alla porta. Dopo dieci minuti iniziò ad uscire la gente, vidi Fran,ma c'era così tanta confusione che lei non mi trovò . Tomo si fece spazio tra la folla, prese le sue valigie e la portò da noi.
" Hey! come stai? " le chiesi, non sapevo che dire. Ero lì con i suoi idoli che le portavano le valigie. Il suo viso trasmetteva la sua emozione,ma non reagì svenendo o gridando e questo era già un buon risultato.
" Ehm sto b-b-bene " balbettò.
Jared si fece avanti e la salutò, l'abbracciò e cominciò a parlare,era più nervoso di lei." Allora com'è stato il viaggio? cosa vuoi fare ora? Reneé mi ha parlato di te ehm..." disse Jay nervosamente.
" Credo che ora sia meglio andare a casa, poi ne riparliamo okay?" dissi. Nessuno rispose.

Eravamo a casa. Durante il ritorno la situazione si era sbloccata, tutti si erano abituati alla nuova arrivata.
" Ok , ora che hai visto la casa. Posso sapere che vuoi fare? " chiese Shan, sembrava non rendersi conto che lo stava chiedendo a qualcuno che era abituato a vederlo in Tv o live e che ora si ritrovava lui davanti.
" Mah, non sono stanca, vorrei fare un breve giro a LA. Voi che ne dite ? " domandò Fran. Mi appariva così fragile in mezzo a noi, sembrava che l'avessi intrappolata,ma tra poco si sarebbe abituata, dopo tutto non eravamo così anormali!
" Bella idea ! Macchina o Bici ??" chiedemmo in coro.
" Mmmmmh vada per la bici, ma dovete cantare con me Kings and Queens" rispose.
Ci guardava divertita ; eravamo come dei bambini che hanno ricevuto un nuovo giocattolo e lo vogliono mostrare a tutti per quanto sia bello.

Andammo al garage e prendemmo le bici. Jared uscì per primo,oggi lui era la guida,poi Tomo,Shannon e in fine Fran ed io. Dopo aver girato il quartiere iniziammo a cantare " Oooh Oooh Oooh Oooh We were the kings and the queens of the promise we were the victims of ourself maybe the children of a lesser God between heaven and hell, heaven and hell..." . Oggi, una giornata memorabile, avevo sentito Tomo cantare, non ero caduta dalla bici,ma la cosa più importante è che avevo una nuova compagna d'avventura.
 

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Capitolo 5
*** Love... ***


Ottobre.
Fran viveva con noi già da sei mesi, la sua vita era cambiata radicalmente e per questo mi sentivo in colpa. Lei e Shannon erano in tutte le copertine,si parlava di una presunta relazione, ma non c'era niente di fondato per ora. L'unica cosa vera era che Shan stava maturando lentamente.La mia pausa post-tour sarebbe finita tra pochi giorni, dopo di che sarei tornata a lavorare al nuovo album. Anche Jared, Tomo e Shannon sarebbero tornati al lavoro. Ma non avremmo mai lasciato Fran da sola, sarebbe venuta con noi a giorni alterni in studio: era diventata il nostro critico personale.

Quella sera decidemmo di trascorrerla tutti insieme; sarebbero venuti anche Matt,Cole e Helen; altri amici miei nonché componenti della mia band, i Black Sheep.Vicki ed io decidemmo di preparare qualche spuntino,quando vidi Jared entrare in cucina.
Mi abbracciò all'improvviso e mi sussurrò all'orecchio : " Smetti di cucinare, perché sta sera esci con me " . Non era prevista un' uscita con Jared, ma guardando Vicki capì che avevano organizzato tutto a mia insaputa.
" Quando mi avresti invitata ?! " domandai, era inutile chiedere questo lo sapevo, ma volevo solo prolungare la conversazione.
" Ora, è scontato che tu ci venga . " rispose Jared, lui mi conosceva benissimo, sapeva che avrei accettato; infatti non risposi e andai a preparami.

Scesi le scale e trovai nel salone i miei presunti invitati, erano tutti impegnati in una conversazione,ma quando mi videro rimasero a bocca aperta. Era una delle poche volte in cui avevo abbandonato le mie converse per i tacchi e indossavo anche un vestito ; cosa molto rara per me. Rimanemmo in un silenzio imbarazzante finché non arrivo Jared.
" Stavate aspettando me? " chiese divertito, anche lui era sorpreso,ma non lo dava a vedere.
Ero senza parole. Era bellissimo, indossava uno smoking, i capelli erano scompigliati e i suoi occhi così celesti che gli illuminavano il viso. Si avvicinò a me, mi prese per mano e mi condusse verso la porta. Nel cortile al posto della macchina c'era una bici, così mi girai e gli chiesi : " Andiamo in bici? "
" Sta sera sarà speciale. E ho deciso di non inquinare la terra per una volta...se guardi attentamente, dopo il sellino c' è un posto per te. " rispose, continuava a guardarmi intensamente, osservava ogni minimo dettaglio del mio abbigliamento ed io ero imbarazzata.
" Solo te hai queste idee. Ma che stiamo aspettando ?! ? " insistetti, non vedevo l'ora di provare questo nuovo mezzo e magari scoprire dove saremmo andati. Non rispose,sorrise, salì in bicicletta e mi fece cenno di seguirlo.

Iniziò a pedalare, il vento ci accarezzava la pelle, la luna ci illuminava la strada e il profumo inebriante di Jared mi dava alla testa. In pochi minuti raggiungemmo un ristorante, era in riva al mare, c'era tanta gente dentro e altrettanti paparazzi fuori. Parcheggiammo la bici e ci dirigemmo verso l'entrata, fummo subito notati da tutti ; iniziò un brusio, poi foto e flash continui. Un cameriere ci portò al nostro tavolo, si trovava su di una palafitta sul mare , intorno a noi non c'era nessuno, solo tante candele che galleggiavano sull' acqua e le stelle. Ci sedemmo, ordinammo e Jared iniziò a parlare : " Immagino che tu sappia perché siamo qui e io non voglio girarci intorno. Ormai ti conosco da più di tre anni, conosco ogni tuo pregio e difetto, ti sono sempre stato vicino, sono stato il tuo psicologo personale...è da poco che mi sono reso conto di amarti, ho cercato di dissuadermi da questa idea,ma non ce la faccio. Forse sono io quello troppo strano, forse la mia colpa è stata quella di cercati oppure sono pazzo, ma sono certo di amarti. " Io lo sapevo, lo avevo capito già a casa ,ma non volevo ammetterlo. E ora che avevo sentito pronunciare le parole " ti amo " ero spaventata, le gambe mi tremavano e il cuore batteva a mille : non avevo parole, non sapevo come reagire. Jared era rilassato con lo sguardo fisso su di me ; sembrava si fosse tolto un peso gigantesco e ora era lì davanti che aspettava una risposta.
" Io...io non so che dirti. Non ti voglio perdere, non voglio che il rapporto che ho con te e con gli altri cambi per un mio sbaglio. Forse anche io provo lo stesso per te, ma ho bisogno d'aiuto io...io " . Non mi fece finire la frase che iniziò subito lui : " Mi rendo conto delle parole che ho detto, ma ci sarò io con te, ti aiuterò e se cadremo lo faremo insieme. Ma ora per favore rispondimi...No, anzi, dimetica tutto quello che ti ho detto.. " .                                                                                                                                      "No che non lo dimentico! Io non sto negando che anch'io ti amo, ma è troppo per me" risposi sinceramente.                                       "E se io ti perdo, sarà peggio" disse. Si alzò dalla sedia e si diresse verso di me, i suoi occhi avevano acquisito un' altra emozione ; ora erano lucidi quasi tristi. Non sopportavo vederlo in quelle condizioni, così decisi di farmi avanti, dopo tutto anche io lo amavo, dovevo solo concretizzarlo.
Mi alzai e lo baciai delicatamente. Il mio bacio fu intenzionalmente timido,ma lui mi strinse a sé e lo trasformò in un bacio passionale e prepotente. Le nostre labbra si rincorrevano, si desideravano. Le nostre lingue si sfioravano appena e danzavano insieme.
Finalmente mi lasciò respirare, ma continuò a stringermi ; sentivo il suo cuore,il suo respiro, il suo calore : ero in simbiosi con lui.

Tornammo a casa, la strada era vuota non c'erano né macchine né persone, solo io e lui. Aprì la porta delicatamente per non svegliare Fran,ma fu inutile. Lei era sveglia, seduta sul divano che mi aspettava. Jared mi salutò sfiorando le mie labbra con le sue. Era imbarazzato dalla presenza di Frà, così se ne andò subito. Mi girai verso la mia amica, dai suoi occhi capì che era alla conoscenza di tutto.                                                                                                                                                                                                                  
 " Non c'è bisogno che mi spieghi cos’è successo. Jay è così trasparente e Vicki mi ha raccontato tutto. Sono contenta. " disse, era veramente felice, ma non mi lasciò il tempo di rispondere,che si era già diretta verso camera sua.
 

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Capitolo 6
*** NYC ***


Primo giorno di lavoro con Fran. Io ero pronta, il basso in spalla, sull' altra la borsa e il jack sul collo. Frà dormiva, così decisi di svegliarla, mi avvicinai e le feci il solletico. Niente da fare. Mi avvicinai di nuovo e sta volta la scossi leggermente. Finalmente si svegliò.
" Dovevi proprio svegliarmi ? Sono appena le 8 ! Non pensavo che una rock-star dovesse andare al lavoro così presto. " mugugnò semiaddormentata.
" Solo oggi usciamo a quest'ora perché dobbiamo fare uno schema generale sul da farsi, poi c'è un incontro con il produttore....e per fare il tuo lavoro devi amarlo, per cui fare qualche sacrificio. Ah non definirmi rock-star,perché sono proprio l’opposto…" risposi frettolosamente. Eravamo in ritardo di dieci minuti e lei doveva ancora vestirsi. Dopo mezz'ora uscimmo di casa,salimmo nella mia Cadillac Escalade e ci dirigemmo verso l' Universal.

Appena entrammo nell' edificio gli occhi di Fran si illuminarono, vide tante band e cantanti correre qua e là, tanti assistenti stressati, tanti ascensori e tanti interpreti. Per chi veniva dall' esterno potevamo sembrare un branco di pazzi, ma era naturale. Il nostro modo di essere ce lo imponeva: eravamo artisti. Prima di raggiungere lo studio di registrazione, la persi tre o quattro volte, rimaneva incantata davanti ai CD d'oro, ai premi e alle pubblicità. Mi ricordava mia sorella la prima volta che la portai qui. Sembrava una bambina a cui si dice che può comprare tutto quello che vuole nel negozio di giocattoli più grande al mondo. Finalmente eravamo arrivate davanti alla porta n° 9, una volta entrate sarebbe iniziata la mia trasformazione. Iniziavo a vivere.
" Ecco, siamo arrivate. Ora assisterai alla creazione di qualcosa ." dissi, nel mio viso c'era stampato un sorriso. Non vedevo l'ora di impugnare il mio basso.
" Ooh non vedo l'ora. Che devo fare io ? " chiese.
" Niente, ti devi solo sedere, ascoltare e commentare. " risposi. Bussai ed entrammo.
C'erano Matt, Cole, Helen e il nostro produttore John. Anche loro non vedevano l'ora di lavorare; Matt suonava qualcosa alla batteria, Cole strimpellava la sua chitarra, John e Helen discutevano sul testo. Questa era la mia squadra, la mia ragione di vita.
Appena si accorsero della presenza di Fran la salutarono e tornò il casino di prima.
" Ehm...Ciao! Sono Fran, si quella dell' altra sera. Quella che vi ha battuto a guitar hero. Ehm non so se vi ricordate di me…comunque buon lavoro, io rimango qui...ehm si, ora vi lascio lavorare. " disse tutta imbarazzata, era così vulnerabile e innocente, mi sentivo in colpa per averla portata qui. Tutti la salutarono calorosamente e iniziammo a lavorare. Presi il mio basso e inizia a fare gli esercizi di riscaldamento. Le mie dita scorrevano lungo i tasti, sfioravo le corde e iniziai ad entrare nel mio mondo.
Come prima canzone scegliemmo " It's my fault ", questa l'avevo scritta io, parlava di una persona a me cara che per vari motivi si stava allontanando da me. Non era facile da interpretare e Helen trovava tanta difficoltà nel cantarla.
" Ugh! Non ci riesco! Sono un'incapace vero? Io amo questa canzone, non lo dico perché ti voglio bene,la amo veramente. " disse Helen . Era disperata. E' sempre stata un'ottima cantante, ammirata da tanti anche da Jared, ma quando non riusciva in qualcosa, andava in crisi.
" E se provassimo a cambiare qualcosa nella melodia ? " chiese Cole, lui era il più equilibrato tra tutti, aveva sempre un consiglio pronto, era il nostro Tomo Milicevic.
" Non preoccuparti, per noi va bene cambiare, non siamo a corto d’idee...poi c'è anche Fran che sicuramente ci aiuterà nel suo piccolo " dissi, volevo tranquillizzarla,ma era un impresa ardua. Il suo carattere è sempre stato così particolare, doveva poter avere tutto sotto controllo, proprio come Jared. Mi girai verso la mia amica, speravo in un suo colpo di genio.
" Se acceleraste un po' il ritmo e se la voce iniziasse dopo,forse funzionerebbe. " disse Fran . Provammo subito il nuovo ritmo e ebbe un ottimo risultato.

Il primo giorno di lavoro era finito. Tornammo a casa di corsa perché c’era un’altra sorpresa per la mia amica.
" Appena arriviamo a casa, prepara una borsa perché andiamo a NYC " dissi con nonchalance.
" Cosa?!? Oh mio Dio! E cosa andiamo a fare là? Oddio! " esclamò Frà.
Avevo ottenuto la reazione desiderata, ma questo era solo l’inizio.
" Andiamo a una partita di Baseball, incontreremo i miei genitori e andremo là con altre otto persone che conosci. Comunque ritorneremo a casa domani sera perché ci sarà un pranzo di famiglia... " risposi .
La sua curiosità aumentò, non era mai stata allo Yankee Stadium e tra poco avrebbe assistito al solito inseguimento dei paparazzi. Appena arrivammo a casa arrivarono Jared e Shannon. Erano venuti a prenderci per andare all' aeroporto. Tomo e Vicki erano già a NYC con i miei genitori.
 

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Capitolo 7
*** 7 ***


La giornata a NYC fu stupenda, correvamo qua e là per deviare i paparazzi e abbiamo mangiato varie schifezze. Ci voleva una pausa come questa. Nonostante ciò ci fu anche tanta tensione con i miei genitori, erano furiosi con me per la storia con Jared, ma non lo davano a vedere. Non volevano fare una scenata davanti a tutti e ora che eravamo a casa, sarebbero scoppiati. Io me lo sentivo, non volevo rimanere da sola con loro neanche per un minuto. I litigi con mamma e papà mi portavano brutti ricordi e tante lacrime.
" Ma cosa ti è venuto in mente?!? Come hai potuto! Mah io non so che cos'hai in testa! Almeno un po' di coscienza no?! " gridò mia madre. Ecco ora ero lì, in cucina da sola. Mi ritrovai nella stessa situazione di tre anni fa, quando decisi di seguire il mio sogno e andare via da casa, ma sta volta erano più furiosi. Ero lì davanti a lei immobile, non sapevo come rispondere, non sono mai stata capace di controbattere mia madre; finivo sempre in lacrime.
" Scusi, mi rendo conto della cavolata che mio fratello ha fatto. Ma le prometto che se farà un minimo sbaglio se la dovrà vedere con me; anch’io voglio bene a sua figlia, è come una sorella per me e non credo che Jared sia sbagliato per lei" disse Shannon. Era entrato da poco. La sua voce era seria, quasi cupa. Non lo avevo mai sentito parlare così, mi spaventava, ma allo stesso tempo ero contenta della sua presenza, non avrei resistito un altro minuto lì da sola.
" Aah Shannon io mi fidavo di voi, ve l'ho affidata, in qualche modo le avete fatto da genitori. E ora ci ricambiate così? Ora vorrei che non avesse deciso di inseguire la sua fottuta musica, così non ci troveremmo in questa situazione. " disse mio padre. Fin ora non si era fatto avanti, lui è sempre stato più comprensivo e speravo che anche sta volta lo fosse, ma le sue parole mi ferirono. Mi resi conto che c'era anche Jared, anche lui era immobile. Io non riuscivo a parlare e neanche lui, eravamo bloccati da quella paura che a volte non ti lascia agire per quanto tu voglia farlo. Quella paura che non ti lascia difendere ciò che ami, perché è troppo forte e sei lì con tutti gli occhi puntati addosso, e non puoi fare altro che subire o piangere.
" Scusatemi se interrompo, ma non potete negare l'amore a qualcuno. Lo so sono arrivata da poco, ma conosco Jared personalmente da sette mesi e indirettamente da cinque anni. Vi posso assicurare che prima di fare una cosa lui ci pensa e ci ripensa e inoltre posso assicurarvi che la ama veramente. Insomma guardatelo, guardate i suoi occhi. " disse Fran,era preoccupata. Non ci aveva mai visto in queste condizioni, eravamo sempre solari e pazzi, e ora eravamo indifesi.
" Io la amo. Basta. " disse Jared con tono fermo. Era riuscito a parlare, ma i suoi occhi erano pieni di paura e tormento. Io ero ancora immobile, in lacrime.

Se ne erano andati via tutti, c'eravamo solo io e Jared. Lui era seduto sul divano, rivolto verso la finestra. Era pensieroso, si tormentava. Non aveva ancora parlato dopo la discussione con i miei e io non facevo altro che suonare il piano. Il silenzio era troppo angosciante, avevo bisogno di sentire la sua voce,di sentirmi dire " tutto andrà bene". Mi avvicinai a lui, ma niente non parlò.
" Non fare così perché il mio sorriso dipenderà sempre da tuo viso, sei un'occasione unica per questa vita..Importante non per tutti, ma per me. Noi siamo diversi, pensa alle rondini che s’innamorano solo in primavera, noi l'abbiamo fatto d'autunno e andremo avanti così per tutte le stagioni...non so cosa c'entrino le rondini con il mio discorso, ma ora per favore sorridi." dissi. Non sopportavo vederlo triste e non mi sarei mai perdonata di essere io la causa. Finalmente sorrise, ma gli occhi rimasero tristi.
" Se non opposi resistenza all'amata, fu perché tra tutte le forme con cui un uomo si impadronisce di un altro, la sua soltanto, irresistibile, mi parve avere una giustificazione...ecco questo è ciò che provo,ma non sono stato capace di dirlo e ora solo Rilke mi capisce. Forse ho sbagliato, ma non essere triste per causa mia, se mi tormento, non è colpa tua sono solo io quello stupido. " disse , continuava a guardare fuori come se là ci fosse la risposta a tutto.
" Invece sì, che sono triste perché tu lo sei, non sopporto vederti così, reagisci fai qualcosa, qualunque cosa. Io sono qui che aspetto. " mugugnai, volevo che tutto tornasse a posto, ma sapevo che era impossibile.
Si girò verso di me e mi baciò. Questa volta fu timido, come se avesse paura di farmi male. Mi scesero delle lacrime dagli occhi, non stavo piangendo; mi sentivo in colpa, della situazione di Jared, mia e dei miei. Ero la causa di tutto e non potevo farci niente. Mi asciugò le lacrime e sussurrò : " L'amore consiste in questo, che due solitudini si proteggono a vicenda, si toccano, si salutano. ".
Mi baciò di nuovo, ma con più passione, mi strinse a se e si stese su divano. Ero tra le sue braccia, il posto più sicuro al mondo per me.
 

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Capitolo 8
*** 8 ***


" Sai,certe volte ci illudiamo da soli. Ci basta un piccolo segno e inizia il film. Vogliamo che tutto sia perfetto, ma non è possibile e non ci rendiamo conto di esserlo già. " dissi a Veronica . Lei era la mia migliore amica, ci conoscevamo ormai da 13 anni. E ora stavamo tornando a casa dall’aeroporto perché era venuta a trovarmi. " Non fare così . Tu stai vivendo il tuo sogno con l’uomo della tua vita. Ti ricordi che per facilitarmi le regole di grammatica usavi le loro canzoni? È grazie a loro che ho avuto voti sempre alti. Non vedo l’ora di conoscerli. " rispose lei . Non era un Echelon, ma sapeva tutto su di noi e ci rispettava perché eravamo fuori dal normale.
" Giusto,devi ringraziarli. Comunque anche loro non vedono l’ora di conoscerti, ma per favore sta attenta con Shannon, soprattutto oggi che andiamo in un locale ok? " precisai,non volevo che Shan la ferisse. Lei era troppo importante per me.
" E perché dovrei essere una vittima di Shanimal? " chiese divertita. Lei lo sapeva benissimo il motivo. Era bellissima, bionda, occhi azzurri, alta e con un fisico perfetto. Molto attraente e sicuramente Shannon non se la sarebbe lasciata scappare.


Eravamo arrivate. Aprì la porta e vidi tutti i miei amici che guardavano la Tv. E come previsto il primo a notare Veronica fu Shannon. Si diresse verso di noi e la salutò calorosamente. Lei ricambiò e andò a salutare gli altri.
" Sta sera vieni anche te con noi? " chiese il maggiore dei Leto sorridendo.
" Certo ! E mi aspetto che veniate tutti, proprio tutti. Anche Tomo e Vicki,voglio vedervi ballare. " rispose entusiasta.
" Allora assisterai a un bello spettacolo ! " esclamò Jared. Non era un grande ballerino e neanche i Milicevic. Quando ballavano, erano buffi,ma nessuno diceva niente perché erano loro e ormai con l’abitudine non ci facevamo più caso.
" Bene! È un motivo in più per vederti ballare. Poi se stai con Reneé, devi farlo per forza. " disse Veronica.
" Oh per favore non sfottermi davanti a loro. " mugugnai . Tra poco avrebbe raccontato le mie Gag in giro per il mondo, era meglio evitare.
"Tranquilla, quello che è successo ad Amsterdam,Francia e Germania rimane là" sussurrò lei.
" Ok, altrimenti potevi dire addio a al nostro pomeriggio di shopping" dissi. La mia minaccia aveva funzionato, sapevo che non avrebbe rinunciato a un’uscita con me; soprattutto se si trattava di fare spese.


21:50
Eravamo pronti per uscire. Dopo varie ore d’indecisioni, ero riuscita a cambiarmi. Mi ero affidata alle mani esperte di Veronica. Era riuscita a farmi indossare una gonna, ad abbandonare le mie converse per i tacchi e a farmi sentire a mio agio vestita così. Naturalmente le avevo posto dei limiti; ho sempre odiato le gonne e tutto ciò che le riguardava, le uniche volte che le indossavo finivo sempre per combinare qualche guaio e mi sentivo ridicola. Lei era il mio opposto, è sempre stata più femminile. E ora guardandola, notai quanto fosse bella, non solo esteriormente,ma anche interiormente. Quando le raccontai di Jared non reagì come gli altri, anzi esultò, si commosse e volle subito venire qui.
Sbucò dalle scale Fran, non voleva mostrarsi perché si sentiva un po’ strana con questo nuovo abbigliamento. Ma quando la vidimo, rimanemmo senza parole, era bellissima. Non aveva abbandonato le sneakers aveva solo aggiunto e cambiato qualcosa qua e là. La mia migliore amica non era riuscita a cambiarla completamente. Solo gli uomini di casa e Vicki non si erano cambiati, non volevano arrivare tardi e neanche perdersi le nostre scenate mentre sceglievamo i vestiti.

Uscimmo da casa e ci dividemmo in due macchine. Nella prima, guidata da Jared c’eravamo Veronica ed io. Nella seconda, guidata da Shan c’era Fran seduta davanti, e Tomo e Vicki dietro.
" Mi piaci sta sera. " disse Jay.
" E le altre volte no?!" commentai, non mi sarei vestita sempre così, neanche alle premiazioni per cui era meglio se iniziava a memorizzare.
" Non dico questo, ma Veronica è riuscita in questa impresa,dove altri stilisti hanno fallito. " continuò lui. Guardava la strada e ogni tanto si girava verso di me cercando di non farmelo notare.
" Ma questo è ovvio,noi ci conosciamo dalla prima elementare e in tutti questi hanno ho imparato a capirla anche solo attraverso i gesti. " precisò lei.
" Oh se è così, fammi imparare anche a me, così la smetto di scervellarmi !" disse Jared.
" Mi dispiace,ma non posso. Voi siete legati dall’amore e per cui è meglio che impari da solo." Rispose lei.
Lo guardava divertita, non aveva ancora concretizzato tutto ciò che stava accadendo nelle nostre vite.

Eravamo nel West Hollywood in 8852 Sunset Blvd. Il locale si chiamava "Viper room ". Appena entrammo, fummo travolti da luci, fumo e musica house altissima. La gente era su di giri, ballava e beveva in continuazione. Il casino era talmente assordante che per comunicare tra di noi usammo i BB. Finalmente arrivammo al nostro tavolo nell’area V.I.P, dove ci aspettava Antoine. Lui non mi è mai stato simpatico, non solo perché stava cambiando Shan, ma anche perché il suo atteggiamento nei miei confronti non e mai stato dei migliori. Neanche io gli stavo simpatica, questo era sicuro e non avrei fatto nulla per esserlo. Antoine si avvicinò, ci salutò e portò via Shannon.
Era il momento loro live, il casino aumentò e tutti iniziarono a ballare. Becks remixava la musica e Shan lo accompagnava con il suo ritmo.
" Hey fratellino! Vieni a ballare!" gridò il maggiore dei Leto. Tutti si girarono e incominciarono a incitare Jared. Lui si fece subito avanti, mi prese per mano e mi portò in mezzo alla pista. Iniziò a ballare in modo ridicolo,ma nessuno se ne rese conto. C’era troppa gente intorno a noi che era difficile muovere un solo passo. Io cercavo di assecondarlo, ma anch'io ero impedita.
" Hey, tutti ti guardano, sono geloso eh!" sussurrò Jay. Era vicino a me e sentivo il suo profumo dolce mischiarsi al mio. Il suo respiro era sul mio collo, mi faceva il solletico.
" In effetti, hai ragione. Ma un po’ di gelosia non ti fa male, non puoi essere sempre te la Divah. " risposi.
Il suo sguardo non era più concentrato su di me. Mi girai e vidi Shan provarci con una, era ubriaco. Poi vidi Fran, era distrutta. Io lo sapevo che c’era qualcosa tra di loro e questa ne era la prova. Jared era furioso, ci avvicinammo a suo fratello e iniziò a urlargli contro :
" Ma che stai facendo! Devi smetterla di comportarti come un adolescente arrapato, ormai sei grande e vaccinato, dovresti esserlo. Sei un animale! E non credere che sia un complimento " . Shannon cercò di rispondere,ma era troppo ubriaco che non capimmo neanche una parola. Io preferì non sprecare parole con lui. Mi diressi verso Frà ; Tomo la stringeva a se, Vicki e Veronica continuavano a ripeterle quanto fossero stupidi i maschi. Non sapevo che fare, ma vederla così per colpa sua mi faceva incazzare. Shan se la sarebbe dovuta vedere con me lindomani.
" Basta ! Andiamo a casa, lui tonerà con qualcuno. " disse Jared. Il suo tono era cupo ,serio, non lo avevo mai visto così. Mi spaventava.
Tornammo a casa. Fran si diresse subito verso camera sua e facemmo lo stesso noi. Jared era ancora arrabbiato, continuava a ripetere " è un animale !" . Io ero stanchissima, non avevo la forza di controbattere, così mi stesi sul letto. Lui mi seguì, continuava a tormentarsi, non riuscivo a distrarlo. Decisi di usufruire del suo piano che utilizza quando non riesce ad azzittirmi. Lo baciai come non avevo mai fatto, rimase sorpreso e mi assecondò.

 

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Capitolo 9
*** 9 ***


Era da un paio di mesi che i fratelli Leto si erano trasferiti definitivamente a casa nostra. Jared aveva occupato camera mia e mezza cabina armadio. Shannon aveva scelto la stanza davanti a quella di Fran e aveva creato la ‘ Drum room’.
Domenica mattina. Eravamo ancora a letto. Volevo godermi il mio ultimo mese di pausa, dopo di che avrei iniziato il tour. I Mars lo avrebbero iniziato la settimana prossima. Vicki li avrebbe seguiti in tutte le date, Frà ed io sono nelle prime, dopo avremmo alternato.
" Buon giorno ! " disse Jared sbadigliano .
" Hey !" risposi . Era incredibile, ma anche la mattina appena sveglio era bello come il sole.
" Che facciamo ? " mugugnò e si girò sotto le coperte.
" Io vorrei rimanere a letto " dissi. Non volevo alzarmi, rispondere al telefono e sentirmi dire che il tour è stato anticipato. Volevo suonare,ma ora ero ancora troppo stanca.
" Va bene " disse. Si girò vero di me, sorrise e mi abbracciò .Il mio viso era sul suo petto, sentivo il suo respiro. Non si era raso da un po’ di giorni, mi pizzicava leggermente la fronte.
" Ok, non riesco a rimanere inattivo come te. Devo fare qualcosa. " continuò lui.
" Allora hai tre possibilità A- rimani in questa posizione così dormo B- Canti C- Ti radi. Che cosa scegli? "chiesi.
" Mmmmh…mi rado, poi torno a letto così mi dai altre idee " rispose. Si alzò e si diresse verso il bagno. Ora che non era al mio fianco il letto sembrava vuoto. E il suo cuscino era impregnato del suo odore. Non era colonia, profumo o dopo barba, era il suo, così unico e irresistibile.
Jared era ancora in bagno ed io dovevo andarci urgentemente. Mi alzai dal letto e mi diressi verso il corridoio. Incontrai Shannon, si era appena alzato e girava per casa con addosso solo degli shorts .
"Ben alzata Signora Leto !" disse Shan.
" Buon giorno! Ehm… come mi hai chiamata?" chiesi.
" Ah, non lo sapevi? Oggi in un gossip ti hanno chiamata così " rispose lui.
Non risposi, feci spallucce ed entrai in bagno. Il dialogo con Shannon mi fece riflettere. Come mai mi avevano soprannominato così? Non volevo che gli Echelon, la mia famiglia lo sapessero in questo modo. Ma cosa c'entravo io con questa storia?
Ritornai in camera. Jared era steso sul letto che smanettava con il suo Balckberry.
" La sapevi la storia della Signora Leto ? " domandò Jay.
" Si, me l’ha detto tuo fratello. E vorrei che gli Echelon lo sapessero da fonti sicure, cioè da noi " risposi. Dopo questa notizia la mia pigrizia si era azzerata, ora volevo uscire, fare qualcosa.
" Certo,che lo diremo a tutti. Se vuoi, mando un tweet" disse lui. Non si era ancora alzato, ma si era vestito, quindi decisi di farlo anch’io.

Eravamo a casa di Tomo perché saremmo andati a rifornirci di nuovi strumenti, plettri e jack. Anche lui mi prendeva in giro per questa storia e Jared rispondeva a ogni sua domanda o battuta sul ’matrimonio’ . Solo Vicki l’aveva presa seriamente, volava sapere chi aveva messo in giro queste voci. Uscimmo da casa e ci dirigemmo verso il nostro negozio di musica preferito. Il commesso ci conosceva da un avita e ogni volta che usciva un Cd che poteva interessarci lo metteva da parte. E noi ricambiavamo portandolo ai nostri concerti.

Tornammo a casa. Non c’era nessuno, Shannon era uscito con Fran. Mi sedetti al piano e continuai a comporre una canzone. Jared si sedette accanto a me e disse : " L’amore, una delle cose più strane al mondo. Credo che possa essere comparato alla pazzia, forse la supera. Tu lo sai che sei diventa la persona più costante nella mia vita. Quante volte avrò cambiato ragazze o capelli. Tutto ciò è durato poco, ma sei rimasta te. L’unica pazza che mi sopportava,sopporta e sopporterà per molto tempo se non per sempre."
" Tu sei l’unico pazzo che riesce a tenermi testa e l’unica persona che mi ha fatto credere in qualcosa. " risposi continuando a suonare.
" Se è così. Accetteresti questo regalo? Non è gran che ,è solo la chiave per mio mondo "disse lui. Mi girai subito. Vidi Jared con un anello in mano. Non era di fidanzamento e neanche una fedina. Era in oro bianco, c’era inciso un disegno che rappresentava la ricorsa di qualcosa e sparsi qua e là dei brillanti. Un anello stupendo.
" È bellissimo,non so che dire. " dissi.
"è un altro sintomo della mia pazzia. È qualcosa che viene prima di qualsiasi anello, dal mio punto di vista è più importante. Rappresenta il futuro e la mia totale dipendenza da te. " rispose.
" Sei pazzo ed io ti amo " dissi. Dopo aver pronunciato queste parole, mi sentivo più leggera. Erano così convenzionali che non avrebbero mai reso il mio amore,ma dicendole si provava una sensazione stupenda.
Le sue mani cercarono il mio viso e le sue labbra le mie. Ci spostammo inconsapevolmente verso il divano . Le sue mani si posarono sui miei fianchi e mi strinsero a lui. Fui costretta a inarcare il corpo contro il suo. Era sopra di me. Il suo profumo e il suo calore mi circondavano. Le sue labbra così calde e morbide mi mandavano in estasi. Il mio cervello andò in tilt, non vedevo, non sentivo, non volevo altro che lui. Era un bacio più passionale del solito, ci stava spingendo oltre. Fece scorrere le sue mani sotto la mia maglietta. Le sue labbra diventarono più avide e prepotenti. Mi strinse con più forza, quando sentimmo i nostri BB squillare. Cercammo di lasciarli stare, ma continuavano a suonare. Il rumore era così fastidioso che Jared ne prese uno e disse : " Ecco come i nostri shiny Blackberry rovinano i momenti più belli " .
 

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Capitolo 10
*** 10 ***


Prima data del tour dei Mars. NYC era in fermento, erano le 17.00 e c'era una fila lunghissima davanti al Hammerstein Ballroom. Noi eravamo arrivati da poco. Anche Fran era con noi,era la prima volta che vedeva un concerto dal backstage. Era eccitata,per lei era un grande cambiamento; solo un' anno fa li aveva visti live come la gente normale e ora si trovava con loro,assisteva alle prove e sopportava le cazzate di Shannon. I tecnici correvano qua e là provando tutti gli strumenti. Tomo provava il suo nuovo pedale e tutti gli effetti. Shan accordava la batteria bevendo coca-cola. Jared era più nervoso di tutti, negli ultimi giorni gli era andata via la voce e sta sera avrebbe dovuto cantare per 2h. Riscaldava le corde vocali e controllava continuamente l' ear-monitor. Vicki era seduta nel divano della saletta relax e usava il suo pc. Fran faceva tante foto, aveva paura di perdersi anche solo un piccolo istante della serata. Solo io stavo male. Ero seduta in una poltrona con la gamba destra alzata. Mi faceva male il ginocchio, ho sempre avuto questo problema,ma oggi era più forte. Non avevo dormito neanche un'ora. non potevo camminare senza una stampella e questo mi faceva arrabbiare perchè anch'io volevo saltare fino a toccare il cielo. Per fortuna tra pochi mesi il mio dolore sarebbe finito per sempre, alla prima pausa di quattro settimane del tour dei ' Black Sheep' mi sarei operata.

21.40
Tra venti minuti si realizzava il sogno di tanti Echelon. Decisi di alzarmi e di raggiunger il corridoio che portava la palco. Erano in fila indiana. Tomo baciò Vicki e le disse qualcosa in croato. Shan prese Fran all'improvviso e le diede un lieve bacio. Non li avevo mai visti sotto questa luce, sapevo che c'era qualcosa,ma non avevo visto ancora niente. Erano teneri,una coppia equa, lui il pazzo e lei quella mezza pazza. Jared si avvicinò a me e mi sussurrò all' orecchio : " Who wants to get crazy right now ? " . Mi strinse a se facendo attenzione a non farmi cadere e mi baciò.
Iniziarono le grida e la musica. La gente saltava e cantava le nuove canzoni. L'aria era pura adrenalina.
Ritornammo alla saletta relax. Vicki era preoccupata per me come una mamma. Non voleva che mi muovessi o sforzassi. Fran era imbarazzata, aveva ancora in faccia l'espressione incredula di prima quando Shannon la baciò.
" Hey hai fatto colpo su Shan !" dissi. Ero stufa del silenzio e di non poter fare niente e non avevo trovato un altro argomento .
" Ehm sul serio?!? Non so, cioè...." non finì la frase che Vicki iniziò a parlare : " Su dai! Non essere così insicura. Io lo conosco da tanto tempo e posso assicurati che non è mai stato così, non ha mai tenuto tanto ad una persona. Vero Reneé? " .
Io annuì, era tutto vero. Anche io avevo notato il cambiamento di Shan, non tornava più così tardi a casa e usciva sempre con lei.
" Va bene ! Ma ora parliamo di te e Jared. " disse Fran.
" Aah fate pure tutte le domande che volete!!" esclamai. Lo sapevo che sarebbe arrivato il mio turno.
" Ci puoi spiegare la storia dell'anello? " chiese Vicki. Continuava a guardare lo schermo del pc e ogni tanto sorrideva.
" Non ci stiamo per sposare....e non è facile da dire, è un simbolo. " risposi.
"Allora fate sul serio...siete due pazzi, non è facile capirvi." disse.
" Può darsi che tra poco diventerai veramente una Leto. Conoscendo Jared tutto è possibile. E i tuoi cos'hanno detto? " domandò Vicki. Io non riuscivo ad immaginarmi un futuro così, non ho mai avuto un buon esempio di matrimonio e non avrei mai pensato di sposarmi.
" è ancora presto! " rispose Fran.
" I miei si sono rassegnati, forse hanno capito." risposi.
" Oh! dobbiamo salire sul palco. Jared ci chiama!" esaclamò Vicki. Mi aiutò ad alzarmi e ci precipitammo verso le scale. Shannon e Tomo ci salutarono. Erano sudati fradici.
Era il momento di una canzone vecchia ' The Kill'. Jay la introdusse dicendo : " Oh quanto amo questa canzone! Parla di perdere la testa per qualcuno di speciale. Voi siete la mia famiglia e come tale dovete essere avvisati di quello che è accaduto. Ora vorrei farvi conoscere la persona che mi fa impazzire...ehm sapete chi è ". Fran mi spinse, lasciai la stampella e mi diressi verso lui. C'era silenzio,ma quando capirono chi fossi iniziarono ad urlare il mio nome, erano contenti. Tomo mi porse il microfono e dissi : " Ciao! ehm si Jared vi ha detto tutto,non so che altro aggiungere...sapete chi sono e mi sembra strano trovarmi in questa situazione, è vero che anche io salgo continuamente sul palco ma-ma io vi amo!" . Jay notò che non avevo la stampella, così mi abbracciò.
" Come break me down bury me bury me all i wanted was you..." cantò insime al pubblicò.
" Portate una sedia e un'altra chitarra " disse al tecnico. Arrivò quello rischiesto e m' incitò a suonare con lui. Fin'ora non avevo mai suonato la chitarra davanti a tante persone.

01.00
Tutto era finito. La prima data era andata benissimo. Eravamo in hotel, tutti nelle proprie camere. Il mio dolore era diminuito, ora potevo saltare,ma per precauzione mi ero seduta sul letto. Non ero stanca e neanche Jared. Non avevamo ancora scaricato tutta l'energia che avevamo.
" Sai eri così tenera ed indifesa davanti al pubblico" disse lui. Si era avvicinato a me.
" Non è facile per me, soprattutto se non ho il mio basso che mi difende." risposi. Si era perso tra i suoi pensieri, continuava ad osservare la scritta ' Provehito in altum' che mi ero tatuata sul polso. Alzò la testa, mi sorrise e avvicinò il viso al mio.
" Dobbiamo finire quello che i BB hanno interrotto..." sussurrò divertito. Cercò di persuadermi con il suo solito sorriso, mi conosceva troppo bene e sapeva che era il mio punto debole. Superò la distanza che c'era tra noi, le nostre labbra si incontrarono. Il mio cuore iniziò a battere forte, temetti di avere la tachicardia. In tutte le storie che avevo avuto in questi ultimi anni nessuno mi aveva fatto vivere queste emozioni. Era qualcosa di nuovo che mi mandava in crisi. Lo strinsi a me, volevo sentirlo mio. Le mie mani affondarono nei suoi capelli. Le sue scivolarono lungo i fianchi, rafforzò la presa. Mi stese lentamente sul letto, era sopra di me. Avevamo perso la ragione. Le nostre labbra si volevano,diventavano sempre più egoiste. Le sue mani si spostarono sotto la mia maglietta, me la sfilò ed io feci lo stesso con lui. I nostri corpi si incontrarono, provai un brivido quando la mia pelle sfiorò la sua. Sentivo i suoi muscoli. In un attimo ci ritrovammo nudi. Mi aprì lentamente le gambe, io le adattai ai suoi fianchi. Iniziò a spingere lentamente. Era dentro di me. Aumentò i ritmo. Continuava a baciarmi,soffocava i miei gemiti, non mi lasciava respirare. Si fermò, sentì un liquido scorrermi dentro. Non mi preoccupai delle possibili conseguenze, lo strinsi a me. Mi baciò il collo, non voleva lasciarmi. Tutto era diventato surreale.

 

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Capitolo 11
*** 11 ***


Fuori faceva freddo. Pioveva, si sentivano le gocce cadere contro le foglie per poi finire per terra. Oggi sarei partita per Londra, domani avrei iniziato il tour. Fran non sarebbe venuta con me, forse mi avrebbe raggiunto tra un mese o due; non lo sapevamo. Il clima in casa era teso, tutti saremmo andati via chi in un paese chi in un altro. Saremmo tornati tra più di un anno.
Eravamo arrivati all'aeroporto. Tutti era no venuti a salutarmi. Helen, Matt e Cole erano già arrivati da un po' : erano pronti per partire.
I miei amici mi accompagnarono fino al check-in e iniziarono ufficialmente i saluti. Fran mi saltò addosso, era in lacrime. Non era mai rimasta da sola, doveva decidere se seguire i Mars o rimanere a LA. Non mi disse niente, mi abbracciò soltanto. Si avvicinarono Tomo e Vicki, mi abbracciarono e dissero: " Falli sognare,impazzire e fa in modo che non si scordino niente del concerto. Fai la brava. " Poi arrivò il turno di Shannon. Mi strinse a se, l'abbraccio era troppo forte, il mio viso sprofondò nel suo petto, sentivo il suo odore. Mi sarebbe mancato. " Fai la brava rock-star" sussurrò Shan. " E tu prenditi cura di Frà, altrimenti sai cosa succederà. Mi mancherai Shanimal. " risposi. Per ultimo si avvicinò Jared. Lui mi baciò,mi strinse a se e sussurrò :" Ricorda...Jump and touch the sky. Ti amo " . " Ti amo. Ciao" risposi con un filo di voce. Ecco, li avrei lasciati per chissà quanto tempo. Mi girai un'ultima volta per salutarli.
Ero in aereo,tra venti minuti saremmo decollati. Tutta la prima classe era occupata dal nostro staff. Gli assistenti continuavano a comunicarci informazioni sul clima londinese e noi li mandavamo in panico con richieste strane. Iniziavo ad annoiarmi, così presi il mio BB e inviai un tweet London we'r comin'...

*Jared*
Tra un'ora sarebbe iniziato il nostro concerto. Ero nel backstage, nella stessa situazione delle altre volte,ma solo. Intorno a me c'era il caos, i tecnici continuavano a chiedermi le cose e a provare i livelli del volume di ogni strumento. Le grida degli Echelon aumentavano sempre di più. Shannon e Fran erano da qualche parte insieme. Vicki e Tomo stavano parlando. Solo io come compagna avevo la solitudine. Non avevo ricevuto nessun tweet. Niente.
" Jared! Jared! Jared mi senti?!" gridò Frà, era preoccupata. Chissà da quanto tempo mi stava chiamando. Mi girai di scatto e le sorrisi. " Si? " risposi facendo finta di niente.
" Ti vedo più pensieroso del solito. Senti la sua mancanza ? Anch’io sto come te,ma per me è la prima volta. Forse col tempo miglioro.... ". Non le lasciai finire la frase che iniziai : " Ti sbagli. Non ci si abitua mai, anzi peggiora sempre di più. Sì, mi manca. Non sai quanto vorrei essere lì con lei, ma non posso deludere la nostra famiglia. Vorrei essere là per proteggerla come ho fatto sempre, l'ho vista crollare,piangere ed io sono sempre stato al suo fianco per aiutarla. Ma ora sono qui, così lontano che non posso fare altro che salire sul palco e aspettare. L'unica consolazione siete voi. " .
" Non fare così. Possiamo sempre andarla a trovare quando avremo una settimana libera. " rispose lei. Era ancora giù di morale, glielo leggevo in viso. Non aveva detto neanche ' Ciao' a Reneé e questo non se lo sarebbe mai perdonato. Non aveva senso questo suo tormento, dal mio punto di vista era normale, tante volte ci siamo salutati così. Per noi era normale.
Era ora di suonare. Le gambe mi tremavano, il cuore batteva forte. L'adrenalina saliva sempre di più, ma la passione mi spinse su per le scale e mi ritrovai davanti alla mia famiglia. Tomo era nella sua postazione, saltellava e muoveva le dita. Shannon si era sistemato, tra poco avrebbe iniziato con Escape. Mi sistemai vicino al microfono e spettai la musica.

*Reneé*
"Hey siamo arrivati " mi disse Helen. Mi ero appena svegliata. Avevo dormito durante tutto il viaggio,non avevo neanche mangiato. Decisi di alzarmi, ma avvertì un dolore al ginocchio. Era terribile.
" Grandioso ! Ehm..puoi chiamare il medico del tour ? " risposi.
" Come mai? Avevo notato che eri strana,ma..." rispose, era preoccupata. Durante i viaggi sono sempre stata io quella più attiva e oggi era la prima volta che non avevo fatto niente.
" Mi fa male il ginocchio. Digli di raggiungerci in hotel. " dissi. Il dolore aumentava, non riuscivo ad appoggiare la gamba. Non avrei mai annullato il concerto per questo motivo, non avrei mai deluso 20 000 persone. Sono sempre riuscita a suonare in queste condizioni e oggi non mi sarei tirata indietro.

Eravamo davanti all'hotel. C'erano tanti paparazzi, flash continui e gente che gridava i nostri nomi. Helen e Matt scesero subito dalla macchina e si fermarono a fare foto e autografi. Cole mi portò direttamente in camera. Il dottore era lì, seduto in una poltrona. Mi stesero sul letto e iniziò la visita. Il dolore aumentava ogni volta che mi sfiorava, si era gonfiato e le lacrime mi rigavano il viso. Era insopportabile.
" Ho una buona notizia, ma..." disse con aria dubbiosa. " Continui" insistette Cole. Era spaventato, non mi aveva mia vista soffrire così. Continuava a toccarsi i capelli. Cercava di rimanere calmo, ma non ci riusciva.
" Allora, sta sera può suonare. Prima di salire sul palco le farò una puntura, ma appena scende devo rivisitarla con un esperto, così decidiamo se operare o no. " continuò il dottore. Il mondo mi cadde addosso, avrei dovuto aspettare sei ore per sapere il mio destino. Ero certa che sarei stata operata, l'altro dottore doveva solo confermare. Sarei rimasta un mese ferma, avrebbero posticipato il tour : questo mi mandava in bestia. Helen e Matt ci raggiunsero e Cole raccontò tutto. Erano preoccupati per me, su come modificare le date, su tutto. Decisero di spostare le date inglesi alla fine del tour e iniziarono a cercare una casa grande vicino all'ospedale. In un'ora tutto il mondo era stato informato. Helen si stese accanto a me, mi accarezzo la guancia e disse : " Chiamo Jared. ". Io annuì e mi addormentai.

*Jared*
Era finito tutto. I fan erano impazziti ed anch’io. Tutto era stato perfetto,ma non avevo ancora ricevuto notizie da Londra. Andai a cambiarmi quando sentì il mio cellulare squillare. Finalmente mi stava chiamando.
" Pronto . " risposi.
" Pronto sono Helen ". Non mi aspettavo lei, non le ero mai andato a genio e ora mi chiamava? . Da quando la conosco, le ho sempre riconosciuto la sua bellezza e le sue doti vocali, ma anche se era alta, mora e con occhi verdi aveva un caratteraccio. Io non sono mai riuscito a capirla, solo Reneé, Cole e Matt erano capaci;infatti andavano d'amore e d'accordo.
" Come mai te ? " chiesi.
" Volevo dirti che il nostro tour è stato posticipato di un mese. Rimarremo stabili a Londra perché domani opererano Reneé al ginocchio e dovrà fare la riabilitazione qui. Vado, ciao. " chiuse il telefono. Me la sentivo che c'era qualcosa che non andava, ma non pensavo così grave. Andai ad avvisare gli altri. Rimasero tutti sorpresi; Shan, Vicki e Fran erano senza parole, solo Tomo disse qualcosa d’incomprensibile. Probabilmente era un' imprecazione in croato. Volevano raggiungerla tutti, ma solo Fran ed io saremmo partiti domani, gli altri avrebbero sistemato le date.

Arrivammo a Gatwick e fummo assaliti da flash. Iniziammo a correre con le valige in mano e ci dirigemmo verso l'uscita. Fermai il primo taxi che vidi e andammo verso l'hotel .
Notai Cole fermare un bus, così lo chiamai, ma non mi sentì. Inizia a correre.
" Hey ! fermati ! " gridai. Avevo il fiatone, non avevo mai faticato così in vita mia. Finalmente si girò, era sorpreso di vedermi, neanche a lui ero simpatico e non sapevo il motivo.
" Scusa, ma sto andando in ospedale. Se vuoi, vieni con me, così ti porto a casa nostra e ti dico dove si trova lei. " rispose. Era evidentemente agitato. Feci cenno a Fran di seguirci. Ci sedemmo e iniziammo a girovagare per Londra. Non conoscevo quelle strade e Cole non cercava di collaborare. Finalmente arrivammo a 'casa', era un palazzo di quattro piani, tipico inglese. C'erano tanti appartamenti e a noi toccava il n° 8 al terzo piano. Entrammo e notai che tutto era pronto per noi, sapevano del nostro arrivo. C'erano tre camere, due bagni, un salotto e una cucina. Tutto in perfetto ordine e riscaldato. Scelsi la mia stanza e Fran si preparò per uscire. Fuori pioveva a catinelle e c'era tanto vento.
Cole bussò alla porta, era ora di andare. Stavolta ci spostammo in macchina. Lui guidava, Frà era seduta dietro ed io davanti . Continuava il silenzio , nessuno si azzardava a parlare. In mezz'ora raggiungemmo l'ospedale. Entrammo e cercammo un’infermiera a cui chiedere informazioni.
" Scusi Reneé si trova vicino a ostetricia vero?" chiese Cole. Non aveva capito,questi inglesi non capivano l'americano.
" Vogliamo sapere, dove si trova una paziente" dissi lentamente.
" Ah va bene. Il nome? " chiese l'infermiera.
" Reneé, è arrivata sta mattina. " rispose Cole.
"Si trova al quarto piano. " disse lei.
Ci precipitammo verso l'ascensore. Arrivammo al piano,c'erano tante donne in cinta e i bambini piangevano. Superammo il corridoio e svoltammo a destra. Eravamo arrivati. Entrammo in camera, non c'era nessuno con lei. Stava dormendo, le avevano dato gli anti-dolorifici e tra poche ore si sarebbe operata. Helen era andata via e Matt stava spiegando tutto ai fan. Ci sistemammo sul divano e aspettammo che si svegliasse. Il silenzio era insopportabile.
" Chi rimarrà con lei sta sera ? " chiese Fran.
" Io, voi sarete stanchi immagino..." disse Cole.
" No, rimango io, voi andate pure, è un mio dovere. " risposi. Non volevo perdermi neanche un secondo. Annuirono e uscirono dalla stanza, non potevano stare più di due persone con lei. Ora ero da solo.
 

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Capitolo 12
*** 12 ***


*Jared*

Ero solo, lei era entrata in sala operatoria. Erano passate due ore e non sapevo che fare. Il mio nervosismo aumentava, nessun medico mi voleva dire niente. Decisi di fare un giro per il reparto. Il corridoio era vuoto, neanche un’anima. Sembrava che fossi l’unica persona in tutti l’ospedale. Mi diressi verso maternità, almeno là avrei trovato un po’ di movimento. C’erano futuri papà che aspettavano davanti alla sala parto, erano più nervosi di me. Lungo il corridoio camminavano le future mamme, dentro le loro pance c’era un’altra vita, che cosa straordinaria! Continuai a camminare e raggiunsi la sala dei neonati. Mi fermai davanti al vetro. Erano così piccoli e indifesi; alcuni piangevano, altri dormivano indisturbati o erano svegli. Non riuscivo a staccarmi dal vetro, loro mi fissavano e muovevano le mani, sembrava che mi chiamassero per prenderli. Continuavo a osservarli, ero incantato.
" Qual è il suo?" chiese qualcuno. Mi girai subito. Vidi una donna bionda, molto bella. Sicuramente era venuta a vedere suo figlio o figlia.
" Ehm…nessuno, sono solo di visita e sono rimasto incantato da loro " risposi indicando i neonati.
" Lo so,il mio è quello là. Mi sta aspettando. " continuò lei. Mi sorrideva, aveva capito che ero in imbarazzo.
" Come si chiama? " domandai.
" James, è nato ieri. Ora vado da lui. Vuole venire? " chiese lei. Annuì, volevo vederli da vicino e dovevo trascorrere il mio tempo in qualche modo. Lei mi sorrise e mi fece strada. Entrammo nella stanza. Era calda e aveva un profumo strano, sapeva a latte. Ci avvicinammo a James, era piccolo, aveva gli occhi celesti come i miei. Continuava a fissarmi: era incredibile, un neonato mi metteva in imbarazzo. La mia nuova amica, mi porse il bambino, dovevo prenderlo in braccio perché lei stava preparando il cambio. Le mie braccia si adattarono a lui, inizia a cullarlo, e James mi stingeva un dito con tutta la forza che aveva. Era una delle rare volte i cui avevo preso in braccio un neonato.
" Ora lo devo cambiare, sempre se non vuoi farlo te.." disse lei.
" No, fai te, non sono pratico in queste cose" risposi ridandole James.
" Ok, ma come mai sei qui? So chi sei…"continuò.
" Sto aspettando che Reneé esca dalla sala operatoria ed è per questo motivo che rimarrò un mese a Londra" dissi.
" Ah mi dispiace. Allora ti vedrò per altri due giorni e imparerai a cambiare i pannolini. " rispose lei.
"Vedremo…ora devo andare. Ci vediamo. " dissi. Mi diressi verso la porta, lancia un’ultima occhiata ai bambini e mi diressi verso il corridoio. Entrai in camera e la trovai lì. Era appena arrivata, era sotto l’effetto dell’anestesia, dormiva. Non volevo fare rumore, così mi stesi sul divano e mi addormentai anch’io.

*Reneé*
Aprì gli occhi lentamente, mi sentivo scombussolata. Ero riposata, ma non mi azzardavo ad alzare le lenzuola per vedere la mia gamba. Non mi sono mai piaciuti gli ospedali e neanche i medici, non m’importava se erano dentisti o altro, non mi sono mai stati simpatici. Mi ero stufata di guardare il soffitto, così mi sedetti e vidi Jared dormire sul divano. Era perso nel mondo dei sogni, i suoi capelli erano incasinati, era troppo grande per quel posto e non era coperto. Mi sarei alzata per andare da lui, ma non avevo il coraggio di rischiare. Presi il mio libro preferito ‘ Orgoglio e Pregiudizio’ e inizia a leggere. Passarono tre ore e finalmente si svegliò.
" Buon Pomeriggio!Dormito bene?" chiesi. Non alzai lo sguardo dal libro.
"Mah sì, è da tanto che sei sveglia?" domandò lui sbadigliando. Intravidi i suoi capelli, erano sparati in alto, come quelli di Goku.
" No, solo tre ore, ma mi sono persa nella lettura " risposi continuando a leggere.
"Come va la gamba?" chiese avvicinandosi a me.
" Bene!Vieni vicino a me e stenditi su questo letto che quel divano è troppo piccolo per te" dissi, gli feci cenno di avvicinarsi. C’era spazio per lui. Si sedette sul letto e lentamente si stese accanto a me. Mi cinse le spalle con un braccio, appoggiai la testa sulla sua spalla e continui con la mia lettura.
"Ventesima volta che leggi questo libro?" domandò divertito.
"Forse anche la trentesima, adoro la relazione che c’è tra Mr. Darcy ed Elizabeth" risposi.
"Quanto siamo simili!" esclamò lui.
"Vero, entrambi vi fate tanti problemi, siete degli studiosi, complessi, timidi, ma te non sei arrogante come Darcy" dissi.
"Grazie del complimento .Quando eri in sala operatoria, sono uscito a fare un giro, l’agitazione mi stava torturando, e ho preso in braccio un neonato. Sono così belli…" disse. M’immaginai subito la scena, Jared con un bebè, sarebbe stato un ottimo padre.
"Racconta"insistetti. Volevo saperne di più.
"Allora, mentre stavo guardando i neonati,ho conosciuto una ragazza. Stava andando da suo figlio James e mi ha chiesto quale fosse il mio. E siccome doveva cambiarlo, me lo diede a me, così non lo rimetteva nella culla" continuò .
"Che dolce!Saresti un ottimo papà" dissi.
"E tu un’ottima madre, ma un po’ pazza"disse sorridendo.
"Aspetteremo cosa ci riserverà il futuro, chi sarà il fortunato?" domandai. Delle immagini si materializzarono davanti a me, un bebè dagli occhi celesti tra le braccia dello zio Shannon. Era ancora troppo presto per pensare a queste cose, ma se dovesse succedere, avrei accettato.
"Lui o lei sicuramente saranno fortunati,ma io no. Sei già abbastanza strana così, immagina con gli ormoni in subbuglio. Meglio non pensarci" rispose. Povero Jared l’avrei fatto impazzire.

La settimana in ospedale passò velocemente. Iniziai a camminare, sembravo una bambina di un anno che fa i primi passi e cade tra le braccia del papà. In questi giorni conobbi James e sua madre Sara, imparai a cambiare i pannolini e lo imparò anche Jared. Ma sta sera sarei dovuta tornare a casa, dove mi aspettavano tutti i miei amici. Non vedevo l’ora d’incontrarli, volevo mangiare i cibi preparati da Tomo, sentire le cazzate di Shan, ascoltare Fran e avere il mio letto.
"Si torna a casa!" esclamò Jared. Era contento, l’ospedale lo rendeva pigro e più pignolo del solito.
"Finalmente!Da domani potrò iniziare a girare per Londra come una turista" risposi.
"Allora sarà la prima cosa che faremo" disse lui. Era ora di uscire, mi metteva pensiero camminare e sentire il tipico freddo londinese di novembre. Mi mancava il caldo di LA. Uscimmo dall’ospedale e fummo travolti da flash e gente che ci faceva domande d’ogni tipo. Riuscimmo a farci spazio tra la folla ed entrammo in macchina. Nel giro di dieci minuti arrivammo a casa. Era una palazzina tipica inglese, mi ricordava la casa di Mr. Bean.
Jared aprì la porta dell’ appartamento n°8, ci dirigemmo verso il salotto e trovammo tutti lì. Mi stavano aspettando, si avvicinarono per salutarmi facendo attenzione alla mia gamba. Solo Shannon mi abbracciò così forte che mi sollevò da terra.
"Finalmente la pazza è tornata in famiglia" disse Shan ridendo. Lui mi trattava come se non fossi stata in ospedale, questo mi faceva stare bene. Non volevo essere trattata come una malata perché non lo ero.

Era sera e tutti erano andati nei propri appartamenti. Shannon e Fran stavano con noi in casa, la loro camera era accanto alla nostra. Sentivo tutti i loro discorsi. Cercavo di non curiosare, ma l’orecchio si ribellava.
"Shhh…" sussurrò Jared.
"Sei mia e di nessun altro. Se chiudi gli occhi, so che vedrai cosa sento, voglio te. Dimmi cosa senti per me. Non avere paura, so cosa voglio" disse Shan. Sicuramente stava sussurrando, ma la sua voce era troppo grave. Non avevo mai sentito Shannon dire queste parole, per una volta si era mostrato insicuro. Non riuscimmo a capire la risposta di Fran, così Jared lasciò stare la sua curiosità.
"So che vuoi spiare tuo fratello,ma non mi sembra giusto, per cui distraiti" sussurrai, per evitare che gli altri ci sentano.
Jared mi strinse a se,con una mano mi cingeva i fianchi e con l'altra teneva la gamba operata. Iniziò a cantare "One night one night to change your life One love one love to lose your mind. Heaven can wait now it's time to go go go go gooooo....".
La sua voce era dolce,leggiadra. Sembrava un sogno, avevo il privilegio di sentirlo cantare quando volevo, non dovevo pagare nessun biglietto. Lo stinsi a me, ora sentivo solo la sua melodia, intorno a noi non c'era niente.
" è proprio questo che intendevo" gli sussurrai all'orecchio. Non rispose, mi diede solo un lieve bacio.
" Questo non l'avevo intuito..." continuai.
"Sono un uomo pieno di sorprese, chiedilo a Bart" disse.
"Quando lo incontrerò glielo chiederò" risposi. Mi baciò un altra volta,ma con più voga. Stava attento alla mia ferita, aveva paura di toccarmi. Si staccò da me con delicatezza ed io appoggiai la testa sul suo petto. Mi accarezzò la testa e disse : "Ti amo, non importa quanti errori ho fatto e farò. Non voglio essere lontano da te un'altra volta, eccetto per lavoro, in bagno o quando uno di noi non vuole vedere un film. Dovrai sopportarmi per un po'..." .

 

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Capitolo 13
*** 13 ***


Berlino, 1 Dicembre.

Sta sera avrei iniziato ufficialmente il tour mondiale. La città era fredda, pioveva e il vento mi accarezzava il viso. Con me c’erano Jared, Fran, Tomo e Shan; li avrei dovuti incontrare in una caffetteria in centro. Vicki non era potuta venire, perché doveva rimanere a LA per lavoro. Gironzolavo per la città come una persona normale, sembravo invisibile. Forse ero troppo coperta. Presi il metro e raggiunsi il centro di Berlino. Non ero abituata a questo clima; temetti di congelare, per una volta mi mancava casa. Continuavo a camminare, c’erano così tante caffetterie che dovetti entrare in tutte per vedere chi c’era dentro. Finalmente raggiunsi il Café Einstein. Entrai convinta di rivedere tutti, ma trovai solo Jared. Era seduto vicino alla finestra e come suo solito aveva il Balckberry in mano. Anche lui era coperto per il freddo nonostante dentro facesse caldo. Appena mi vide si diresse verso di me, mi strinse a sé e mi baciò lievemente. Mi portò al tavolo e ordinammo il tea.
"Agitata, per sta sera?" chiese con voce roca.
"Mah sì, è la mia prova del nove davanti a 15 000 persone " risposi con un filo di voce. Avevo il mal di gola ed ora anche la voce stava andando via.
"Andrà tutto bene" disse sorridendo.
"Speriamo. Mi sembri serio. Cos’è successo?" domandai.
"Ah niente, il tuo patrigno mi ha chiamato e mi ha detto delle cose…non so se sono vere,ma" non gli lasciai finire la frase che gli risposi subito : " Cosa?!? Tu mi chiedi se siano vere?Oh, ma è ovvio che no, mi sorprende questo. Tu lo sai benissimo com’è, ora è meglio che me ne vada". Uscì in fretta da quella caffetteria, ero furiosa.
Inizia a camminare senza meta, la pioggia mi bagnava. Non sapevo se stavo piangendo, le gocce mi rigavano il viso, forse era acqua, questo non m’importava. Ero troppo arrabbiata, non potevo crederci. Jared mi faceva queste domande? Non aveva senso, quante volte mi aveva visto piangere per colpa del mio patrigno. Ha sempre saputo tutto, sapeva che non siamo mai andati d’accordo, sapeva che l’ho sempre odiato, sapeva ogni singolo dettaglio e non sopportavo che fosse di nuovo questo il motivo delle mie sofferenze. Non volevo che avesse a che fare con la mia ragione di vita, Jared. Continuavo a camminare, ma ora piangevo. Il sole stava calando, ciò significava che tra poco sarei dovuta andare all’O2 World per suonare. Avevo bisogno di Shan, del suo abbraccio così forte che mi faceva sentire al sicuro, avevo bisogno di parlargli, ma non lo trovavo.

*Jared*
Capì subito cos’avevo fatto, uscì immediatamente, ma fu troppo tardi. Ormai si era persa tra la folla. Inizia a camminare sotto la pioggia, non m’importava se mi stavo bagnando, dovevo trovarla. Dovevo scusarmi, non potevo aver fatto del male a una parte di me. Il cellulare continuava a squillare, era Emma, non le risposi. Più giravo per Berlino più mi sentivo uno schifo. Cercavo qualcosa che potesse aiutarmi, ma nessun libro, nessun poeta aveva la soluzione per questo problema. Sapevano solo parlare dell’amore che trasforma, disperato, tormentato, ma niente che riguardasse il mio stato d’animo. Forse Pablo Neruda poteva aiutarmi ‘In questa storia solo io muoio e morirò d’amore perché t’amo, perché t’amo, amore, a sangue e fuoco’, continuavo a ripetermi questi versi. Mi sentivo ferito da me stesso, ero il mio stesso assassino e ora sarei morto per aver tentato di trovare l’amore. Ormai era sera, non l’avevo trovata e continuavo a sentirmi uno schifo.
"Jared!Jared!" sentì urlare. Era la voce di mio fratello, ma non poteva essere lui, a quest’ora doveva essere già al concerto. Forse era stato avvisato dell’accaduto ed era venuto a prendersela con me. Mi fermai e lo aspettai. Stava correndo, era tutto bagnato come me. "Si?" risposi.
"Che cavolo ci fai qui? È ora di andare" disse, aveva il fiatone.
"Credi che non lo sappia?" domandai irritato.
"Che hai fatto?" chiese.
"Succede che sono stupido, ho litigato con Reneé. Sì, hai capito bene, ora puoi anche prendertela con me" risposi.
"Sei un deficiente, bast…ma non ti rendi conto di che fortuna hai?Non troverai mai qualcuno che ti sopporta come lei, neanche io sarei capace e tu te la lasci sfuggire?Devi subito andare da lei e sperare che vada tutto bene" disse, era anche lui arrabbiato. Ci teneva a Reneé, era come una sorella per Shan e se avesse saputo il motivo del litigio, sarei morto ora. Non gli risposi, non c’era bisogno di altre parole. Lui continuava a fissarmi, era severo, per una volta ero stato io lo stupido. Non era una bella sensazione e volevo liberarmene al più presto.
"Dai, ora andiamo al concerto" disse Shannon.

Eravamo arrivati all’arena, da fuori si sentivano le grida e la musica. Entrammo immediatamente e ci dirigemmo verso il backstage. C’era Emma che ci aspettava, non mi disse niente, ci portò a un lato del palco da dove potevamo vedere. Cercai Fran, la vidi in prima fila a destra, era il lato di Reneé e come tutti i fan saltava, cantava e faceva mille foto. Poi vidi Tomo, si trovava dall’altra parte del palco, stava controllando i volumi con i tecnici. Inizia a godermi il live. Mi concentrai sulla folla che saltava e gridava; c’era chi piangeva o sveniva, tutto questo accadeva grazie alla musica. I miei occhi cercarono Reneé. Era lì con il suo basso che suonava, i suoi capelli lunghi e lisci le nascondevano il viso: era persa nel suo mondo.

01:30
Tutto era finito. Non avevo ancora parlato con Reneé. Ogni volta che cercavo di avvicinarla, mi sfuggiva o spariva. Dovevo inventarmi qualcosa, così decisi di lasciarle un biglietto:
"Riditela della notte,
del giorno, della luna,
riditela delle strade contorte dell’isola,
riditela di questo rozzo ragazzo che ti ama,
ma quando apro gli occhi
e quando li richiudo,
quando i miei passi vanno,
quando tornano i miei passi,
negami il pane, l’aria,
la luce, la primavera,
ma il tuo sorriso mai,
perché io ne morrei. (P.N)

Raggiungimi se vuoi. Io ti aspetto…".
 

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Capitolo 14
*** 14 ***


*Reneé*
Trovai un biglietto nel mio camerino. Era di Jared, lo lessi subito, volevo raggiungerlo, ma non potevo perchè prima avrei dovuto fare il Meet and Greet.
"Non vai da lui?" chiese qualcuno . Era Tomo, avrei riconosciuto la sua voce anche da lontano.
"Sì, ma ora devo incontrare i fan" risposi secca. Anche se avevo staccato dal mondo per due ore, ero ancora arrabbiata. Non con Jared, forse un po’, ma non era colpa sua. Tutto era dovuto ai miei scheletri nell’armadio che mi tormentavano da una vita.
"Cerca di capirlo. Lui può sembrare grande, ma certe volte non lo è. Non lo fa apposta, tu lo sai bene, per cui prova a fare quello che ti ho detto " disse.
"Va bene, ma ora per favore lasciami andare " risposi. Dovevo fare tutto in fretta se volevo raggiungere Jared in albergo ed io non conoscevo Berlino così bene per cui non volevo perdermi.
"Ok, ci vediamo domani piccolo panda. Ti voglio bene" disse. Lo abbracciai subito, era il padre che non avevo avuto.
" Ti voglio bene anch’io. Se senti Vicki, salutamela. " dissi roca, la voce mi era andata via.
Entrai subito nella stanza in cui mi aspettavano i 5 fortunati. Matt, Cole e Helen stavano già facendo le foto con loro. Io mi diressi verso una ragazza mora, era emozionatissima, non riusciva a costruire una frase. Cercavo di aiutarla, ma stavo peggiorando le cose. Le firmai il CD, feci una foto con lei e cercai di farla rilassare; se reagiva così con me, figuriamoci con Cole. Lui oltre ad essere quello piùcalmo era anche il rubacuori del gruppo; era bello, i suoi occhi chiari erano capaci di catturare qualsiasi ragazza, ma non è mai stato un ragazzo da una relazione vera. Passai subito agli altri, loro erano un po’ più rilassati. Mi regalarono braccialetti, ritratti, peluche e tante altre cose. Erano i regali in anticipo per il mio compleanno.
Fuori continuava a piovere, così presi un taxi e mi diressi verso l’hotel.

*Jared*
Stavo aspettando da più di mezz’ora, le mie speranze stavano svanendo, ma non era possibile, una parte di me non se ne sarebbe mai andata. Non sapevo più che fare, guardavo la pioggia cadere, il vento muovere le foglie, mi preparavo un discorso, ma niente faceva trascorrere il tempo. Toc Toc qualcuno aveva bussato. Andai ad aprire la porta, era lei. Il mio cuore iniziò a battere come non mai, stavo provando la stessa sensazione di quando le confessai il mio amore. Non ero mai stato preso così da qualcuno, ma con lei era diverso, niente aveva più senso. Non sapevo che dire, così la strinsi a me. Le mie braccia non volevano lasciarla andare e le sue facevano lo stesso. Il mio viso era affondato nei suoi capelli, sentivo il suo dolce profumo. Ma dovetti lasciare la presa, non potevo non dire niente dopo quello che avevo fatto.
"Sì lo so, sono stato uno stupido, bastardo e tutto quello che vuoi. Fai quello che ti pare di me, fammi soffrire, piangere, tormentami, ma non andartene via per una mia cavolata" dissi. Sapevo benissimo che non mi avrebbe mai lasciato, ma una piccola parte di me continuava a ripetermi di stare attento. Non potevo perdermela, qualcuno se la sarebbe presa ed io sapevo chi era, Cole. La gelosia mi corrodeva dentro, non sopportavo l’idea di poterla vedere solo ogni 4 mesi e che Cole passasse 24h su 24 con lei per un anno. Non avevo mai provato questo sentimento, tra poco sarei impazzito, ma era in Tour mondiale e non potevo farci niente.
"Non prendertela con te stesso, è anche colpa mia e dei miei tormenti"rispose lei.
"Sì, ma io…"non lasciò finire che iniziò subito a parlare : "Shhh, questa è la nostra ultima sera insieme, ti rivedrò tra non so quanto, non voglio trascorrere tutta la notte vedendoti in queste condizioni". Mi azzittì con un dito. Anch’io volevo quello che lei voleva, ma era strano che lo esplicitasse. Forse c’era lo zampino di mio fratello. Volevo sentirla mia, sentire il suo corpo contro il mio e perdermi nell’oblio. Non volevo sprecare il tempo, per cui la spinsi contro il muro e la baciai. In un primo momento lei non reagì, ma dopo qualche secondo mi assecondo e mi strinse a sé. Le mie mani le tenevano il viso, le sue la mia schiena. Il mio istinto stava uscendo, dopo tutto non ero così diverso da Shannon, io riuscivo a controllarmi, almeno fin’ora. Volevo di più, le mie mani si spostarono lungo le sue gambe; le alzai, le portai verso i miei fianchi e la premetti con più forza contro il muro. Lei si adattò al mio corpo, eravamo come fuoco e ghiaccio che si sfiorano. Ero assetato, assetato di lei. Le sue mani fredde mi sfiorarono la schiena nuda, gemetti e le morsi un labbro. Io le sfilai la maglietta, finalmente i nostri corpi s’incontrarono. Si stavano fondendo. La presi e la posai sul letto. Continuavo a baciarla, non la lasciavo respirare. Le aprì delicatamente le gambe e iniziai a entrare in lei. Aumentai il ritmo, soffocavo i suoi gemiti con le mie labbra, non mi sarei più separato da lei. Adoravo sentirla mia.
Era mattino, tra poco lei sarebbe partita per Monaco ed io per Washington DC. Lei stava ancora dormendo, le accarezzavo i capelli, tra meno di due ore ci saremmo salutati.
"Ciao" disse sbadigliano.
"Hey come stai?" chiesi.
"Benissimo" rispose.
"Sono contento, sta notte hai infranto le tue regole, sono sorpreso" dissi.
"Qualche volta bisogna lasciare andare i propri istinti e poi ti rincontrerò tra 4 mesi" rispose.
"Sono d’accordo con te" affermai. Sapevo che era un’eccezione, non mi sarei abituato.
**
Era l’ora dei saluti. Fran era già entrata nel tour bus, non voleva vederci andare via. Per lei è sempre stato duro questo momento. Cole, Matt e Helen erano pronti per partire, stavano aspettando Reneé. Tomo si avvicinò a lei e l’abbracciò, sembravano padre e figlia. Poi arrivò il turno di mio fratello, la strinse a sé e le sussurrò qualcosa d’incomprensibile. La salutai per ultimo, non le dissi niente, l’abbracciai solamente. Non c’era bisogno di parole. L’accompagnai fino alla porta del bus e le diedi un ultimo bacio. Mi girai un’ultima volta, erano già partiti.
"Dai Bro, andiamo a far impazzire la gente di Washington DC!" disse Shan. 

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Capitolo 15
*** 15 ***


*Reneé*

Ormai erano tre mesi che ero in tour. Ogni giorno mi addormentavo e mi svegliavo in un paese diverso, mi sentivo disorientata, ma per fortuna c’era Fran. Tutte le mattine mi avvisava sul clima, il nome del posto e la lingua parlata. Era diventata la mia assistente personale e aveva stabilito una tradizione, voleva avere un ricordo di ogni città e dovevo sceglierlo io la mattina stessa del nostro arrivo.
Oggi eravamo in Norvegia a Oslo e faceva molo freddo.
"Svegliati che è ora!" disse Frà. È sempre stata più attiva di me; dopo un live mi raccontava tutte le sue impressioni ed io mi addormentavo sulla sua spalla. Parlava per ore e ore da sola finché Cole non mi portava a letto.
"Altri cinque minuti" mugugnai.
"Eh no!Oggi facciamo un giro turistico a Oslo" insistette. Quando si trattava del nostro rito, si comportava come una bambina; mi avrebbe tormentato per tutta la mattinata, così decisi di alzarmi.
"Va bene, ma lasciami vestire e fare colazione in pace!" risposi.
Erano le 8.00 del mattino e solo noi due eravamo sveglie, persino quelli che dovevano montare il palco dormivano. Finalmente uscimmo dal Tour bus. Fuori c’era la neve e tirava un vento gelido. Prendemmo un taxi e ci dirigemmo verso il centro della città. Oslo era piena di vita nonostante facesse freddo. La gente mi aveva riconosciuto e ogni tanto qualche ragazzo si avvicinava per una foto o autografo.
"Uffa!Ogni volta che ci interrompono mi dimentico cosa volevo dirti" sbuffò Frà.
"È una conseguenza dell’essere mia amica e dovresti migliorare la tua memoria" risposi ridendo mentre autografavo un CD.
"Certo come no! È colpa della mia memoria! Sto congelando entriamo in quel negozio" disse. Aveva il naso rosso e cercava di riscaldarsi le mani con il suo respiro.
"Finisco con lui e andiamo subito a comprare qualcosa" risposi. Feci l’ultima foto ed entrammo in un negozio.
Appena mettemmo piede dentro Fran si perse tra le felpe, ne prese alcune e le diede a me. Poi si diresse verso un altro reparto e scelse altri vestiti.
"Oggi viene Jared?" domandò gridando dal camerino.
"Si, prima del concerto. Perché me lo chiedi?" risposi.
"Ah niente, mi mancava…avevo notato una cosa, ma Shannon viene o…"disse. Era uscita e si stava ammirando davanti allo specchio.
"Niente d’importante, siete diventati più fisici e possessivi" sussurrò imbarazzata.
"Continua..." insistetti, sapevo a cosa si riferiva,ma preferivo farla parlare.
"Mi vuoi proprio male…Ehm fate sesso sicuro si o no?! Io mi preoccupo" rispose, il suo imbarazzo era salito a mille.
"Così tante storie per una semplice domanda!La risposta è no e ora ti dico tutto quello che vuoi sapere…Primo, non ho paura di rimanere incinta. Secondo, la cosa che m’intimorisce di più che partorire sono le punture che dovrei fare se accadesse, lo devo fare perché ho un sangue raro. Si, lo so sono tutta particolare. Ah ultima cosa, sei prevedibile" risposi passandole altri capi.
"Grazie della risposta…Ehm sono davvero così prevedibile?" chiese.
"Lo sanno tutti, e il primo a notarlo è stato Shannon" precisai.
"Grazie di rendermi partecipe nelle vostre vite" rispose con tono sarcastico.
Finalmente il nostro giro era finito, così ci dirigemmo verso la Valhall Arena. Davanti ai cancelli c’era una fila lunghissima; c’era chi fumava o beveva qualcosa di caldo. Sembrava non sentissero freddo. Appena ci videro, ci salutarono e iniziarono a cantare i cori di alcune canzoni. Noi ricambiammo il saluto e al primo fan che vidi, dissi: "Mi raccomando non ammalarti, che sta sera impazzirai".
Entrammo nel backstage e incrociammo Vicki. Appena la vidi le saltai addosso e l’abbracciai.
"Mi sei mancata" sussurrai.
"Anche tu mio piccolo panda, ma per favore non stritolarmi, altrimenti te la dovrai vedere con Tomo" rispose sorridendo.
"Perché?" chiesi lasciando la presa.
"Sta per arrivare un piccolo Milicevic" rispose divertita dalla mia espressione. Fran ed io avevamo le lacrime agli occhi. Il pensiero di un piccolo Mofo in giro per casa mi faceva andare su di giri.
"Su, ora andate a lavorare e se Tomo ve lo dice fate finta di essere sorprese" continuò Vicki.

Andai a prendere il basso e inizia ad accordarlo. Ero al settimo cielo, oggi avrei suonato come non mai. Stavo per provare il pedale, quando sentì qualcuno prendermi da dietro. Era Jared.
"Lo so che sto diventando un Ninja, ma un saluto posso ancora averlo" disse abbracciandomi con più forza.
"Oh! Mi dispiace, ma sei invisibile" risposi.
"Allora smetterò di allenarmi per un po’, e un bacio me lo merito?" chiese. Non feci in tempo a rispondere che mi girò verso di lui e i suoi occhi celesti m’incantarono. Se ne approfittò del momento e mi baciò. Mi strinse a sé, io affondai il viso nell’incavo del collo per sentire il suo profumo e lui iniziò a dondolare come se stesse ballando. In quel momento mi resi conto che Francesca aveva ragione, il mio rapporto tra me e Jared stava diventando più fisico. Ogni volta che c’incontravamo, succedevano sempre le stesse cose: lui arrivava all’improvviso, poi c’era il concerto e per ultima cosa si passava direttamente in camera da letto.
"Hai saputo la bella notizia?" chiese accarezzandomi i capelli.
"Si, ci sarà un piccolo Tomo in giro per casa Milicevic" risposi.
"Sei pensierosa, cosa ti occupa la mente oltre a me?" domandò ridendo.
"Mah niente, oggi Frà mi ha fatto notare che siamo diventati più fisici e possessivi di prima, tutto qua" dissi.
"Pensandoci ha ragione. Secondo te mio fratello cosa fa?!La stessa cosa, solo che lui si ritieni più intelligente di me perché ogni tanto usa precauzioni, ma secondo me se tu rimanessi incinta sarebbe un miracolo della vita formatosi dalla fusione di due persone che si amano. Sarei contento di cullare un piccolo o piccola Leto" disse.
"Ed io ho paura delle punture" dissi .
"Potrai stritolarmi il braccio ogni volta che dovrai farle!" esclamò ridendo.

O1.00 pm
Tutto era finito, la gente era impazzita e noi pure. Cole si era fatto male alla caviglia, ma questi erano solo dettagli. Forse era stato uno dei migliori concerti fin ora.
Ero in hotel con Jared, stavamo guardando un film avvolti da una coperta. Tra poco avrebbe messo in atto l’ultimo punto della solita scaletta. Per l’ennesima volta avrebbe usato il suo sorriso per persuadermi a entrare in me ed io come sempre l’avrei lasciato fare.
"Perché stiamo vedendo un film in Norvegese?" domandò. Anche se non capiva niente, era preso dalla storia e ogni tanto commentava sulle azioni dei personaggi e si lamentava delle loro decisioni. Quant è buffo quest uomo!
"Non deve esserci un senso per tutte le cose" risposi appoggiando la testa sulla sua spalla.
"Hai ragione, ti volevo dire una cosa…" disse.
"Si?" chiesi. Continuava a fissare lo schermo ed io aspettavo la sua risposta.
 

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Capitolo 16
*** 16 ***


*Jared*
Altri quattro mesi del tour erano passati. Oggi ci saremmo incontrati a LA. finalmente avevamo una pausa tra un continente e l'altro; Tomo, Shannon ed io saremmo andati in Europa e i Black Sheep in America.
Fui il primo ad arrivare a casa. Aprì la porta e vidi che tutto era rimasto come l'avevamo lasciato. Un raggio di sole illuminava le bacchette di mio fratello posate sul tavolo. Il telecomando era sul divano, dove l'aveva lasciato Fran. In cucina c'era la lista della spesa fatta da Tomo. Tutto era ricoperto dalla polvere. Posai la valigia vicino alla porta e aprì tutte le finestre. Mi diressi verso il giardino, il prato era cresciuto, la piscina piena di foglie e la cassetta della posta straripava di lettere. Faceva troppo caldo, così rientrai in casa e andai a controllare il piano. C'era ancora lo spartito di Reneé, era tutto scarabocchiato e pieno di simboli. Iniziai a suonare la melodia, mi ricordava Alibi, ma aveva qualcosa che la rendeva più leggera e rilassante. Mentre suonavo cantavo, cercavo di darle un testo, ma non trovavo parole migliori dei miei soliti 'Ueeeioooh' .
"Posso interrompere il genio?" domandò Reneé. Riconobbi subito la sua voce, mi girai subito e la vidi. Era lì appoggiata alla porta con i capelli sciolti e gli occhiali da sole che mi sorrideva.
"Certo!Sei te il genio che l'ha composta" risposi. Si avvicinò a me con una matita e cambiò qualche nota. Prese il mio posto e iniziò a suonare. Le sue dita si muovevano più velocemente delle mie, non guardava neanche la partitura, sembrava la conoscesse già a memoria.
"Sembra che il tempo non sia passato qui...pensa, Vicki è in cinta di quattro mesi, Shannon è più strano ed io sono qui con te" disse continuando a suonare.
"Già tra poco ci sarà un piccolo Mofo che ci verrà a trovare ogni tanto" risposi. Mi stavo immaginando la scena, Tomo con il piccolo in braccio e noi che siamo talmente presi da lui che il futuro papà sarà costretto a darci il numero per prenderlo.
"Questo è solo l'inizio...cosa volevi dirmi l'altra volta?" chiese.
"Che avevo parlato con Fran dell'argomento bebè e ho capito di essere egoista, tu sai cosa voglio,ma io non ho mai chiesto il tuo parere" risposi sedendomi accanto a lei.
"Anche io sarei contenta, non vedrei l'ora di cullarlo e di farlo vedere a Shan, ma non sarei capace di guardare il risultato del test e neanche te, ne sono sicura...per cui ho bisogno di avere tuo fratello al mio fianco, così ce lo riferirà lui" rispose appoggiando la testa sulla mia spalla. L'idea di un bambino mi attirava, sentivo il bisogno di crearmi una famiglia e ora mi sentivo pronto, avevo trovato la persona giusta. L'unica mia paura era il tour, entrambi facevamo un lavoro che richiedeva energia e sforzo fisico. Inoltre non si sta’ mai fermi in una città per più di due giorni. Io mi sarei preoccupato come un pazzo e lei no, avrebbe continuato a fare quello che vuole. Non si sarebbe mai fermata, avrebbe continuato a suonare finché la pancia glielo avrebbe permesso.
"Mi prometti che sarai più attenta durante i concerti?" chiesi. Si avvicinò a me, mi baciò e sussurrò:"Va bene, ma nei miei limiti". La baciai di nuovo. Sapevo che i suoi limiti non potevano definirsi tali, mi avrebbe fatto impazzire lo stesso.
"Bene tra tre settimane avrai la risposta" disse contenta. Era la prima volta che lei aveva un segreto con me ed io ero quello che aspetta con ansia.

Ormai era sera e Fran e Shannon no erano ancora tornati. Intanto avevamo messo a posto casa, il gas, la luce e l'acqua erano stati riattivati. Decisi di cucinare,ma non trovai niente di commestibile. Continuavo a smanettare con le pentole e piatti per farle capire che stavo cucinando veramente. "Cos'ha in programma lo chef?" chiese.
"è un segreto, vai a fare quello che vuoi, ti chiamo io quando è pronto!" gridai. Le lanciai uno sguardo intimidatorio, non volevo che scoprisse che la mia era tutta scena.
"Va bene, se mi cerchi sono di sopra" rispose. Fece subito dietro front e salì in camera. Dovevo farmi venire un'idea, non potevo servire solo dello yogurt, che per altro era anche scaduto da più di un mese. Chiamai un ristorante vegetariano e ordinai Tempeh e altri piatti. Appena finì la telefonata sentì aprire la porta. Erano Shan e Fran. Non li lasciai entrare, riuscirono a posare solo le valige. "Che c'è Bro?" chiese mio fratello.
"Ritornate domani mattina, per favore fatemi questo favore" insistetti.
"Va bene, ma dicci il motivo" disse Fran.
"Volete diventare zii si o no?!" risposi irritato. Sapevo che era un grande passo, ma insieme ne avevamo fatto tanti e ora non ci saremmo fermati.
"Oddio!Ti pare il modo di dirci certe cose?!Ora ce ne andiamo da Tomo" disse Shan. Tornarono in macchina e in pochi minuti se ne andarono. Dopo qualche secondo arrivò il fattorino con il cibo. Mi precipitai in cucina e feci sparire le prove del mio imbroglio. Tutto era pronto, mancava solo lei. Salì in camera per chiamarla. La trovai davanti allo specchio in intimo che si asciugava i capelli. Non era mai stata così provocante, forse si, ma oggi la trovavo più irresistibile del solito. Lei continuava a smanettare con il phon, la chiamai, ma non mi sentì. Mi avvicinai a lei e la presi da dietro spegnendo il phon. I suoi capelli mi bagnavano la maglietta, le stavo tenendo la pancia; davanti agli occhi si materializzarono delle immagini. La vidi vomitare, la pancia crescere e soffrire per le punture, forse stavo chiedendo troppo. Ma tornando al presente, in quel preciso istante, le nostre immagini riflesse erano in armonia.
"Ti voglio" sussurrai.
"Sono qui" rispose. Le sue mani cercarono il mio viso e le sue labbra le mie. Era da tanto che non avevo un contatto così ravvicinato con lei. Mi mancava il suo sapore a vaniglia, non credo che una persona possa avere il suo gusto, ma per me lei era dolce. Sapeva a vaniglia.
"Forse ti sto chiedendo troppo" sussurrai.
"No, sono io che ho preso troppo da questo mondo" rispose. La baciai di nuovo e la strinsi a me, sentivo la sua pelle contro la mia. La portai verso il letto. La stesi tenendole i polsi, mi fermai a guardarla, sembrava così innocente sotto di me, ma era solo un'apparenza. Lei mi guardava come per dirmi Che cosa aspetti?. Non mi feci pregare due volte e la baciai con più voga. Sciolse la mia presa e le sue mani si posarono sulla mia schiena. Iniziammo a fonderci.

Era mattino, la mia cena era andata a farsi fottere e Shannon e Fran erano già a casa. Un raggio di luce entrava dalla finestra, illuminava i suoi capelli. Riuscivo a vedere tutti i vari riflessi del suo colore castano-ramato. Non volevo svegliarla, così mi alzai delicatamente e andai a preparare la colazione. Al piano di sotto c'erano Fran e mio fratello, stavano guardando la Tv avvolti da una coperta.
"Allora si o no?" chiese Fran.
"Non si dice Buongiorno?" gridai dalla cucina.
"Buongiorno....si o no?" domandò di nuovo, era sulla soglia della porta con le braccia incrociate che aspettava una risposta.
"Non lo so" risposi.
"Lascia mio fratello e le sue crisi,vieni qua" gridò Shan dal salotto.
"Futuro zio taci!" gridammo in coro. Stavo mettendo su il caffè e cercando dei biscotti nella dispensa vuota, quando vidi entrare Reneé.
"Avevi preparato tutta questa cena, mi dispiace di non averla mangiata" disse. Non dubitava delle mie qualità
culinarie.
"Figurati, ora l'impresa è fare la colazione" dissi sorridendo.
"Andiamo a mangiare le donuts?" chiese.
"Ho fatto subito centro eh!" esclamai.
"Eh no, questo dovrà dircelo Shannon!" rispose seria.
"Cosa dovrei fare io?" chiese mio Fratello. Era appena entrato in cucina e stava già abbracciando Reneé.
"Quando dovrà fare il test sarai te a vedere il risultato e poi ce lo dirai"risposi.
"Sarò zio!Hai sentito piccolino, avrai Shanimal che ti proteggerà!" esclamò felice. Stava parlando con la pancia, nonostante non si sapesse ancora nulla.
 

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Capitolo 17
*** 17 ***


*Fran*
Le tre settimane erano passate e Reneé non ci aveva detto ancora niente. Io avevo notato qualcosa di strano ma nulla di ufficiale. La nostra vita andava avanti, concerto dopo concerto continuavamo a girare di città in città conoscendo nuova gente.
Oggi eravamo in Messico. Tutto lo staff dormiva, il viaggio era stato stressante. Solo io ero sveglia. Renata era in uno stato di dormiveglia, non sapevo se svegliarla o no.
"Ti diverti a osservami eh?!" esclamò da sotto le coperte.
"Se devo stare in mezzo a tanti artisti, dovrò pur fare qualcosa!" risposi. Adoravo osservarli, intorno a loro c’era un’aura diversa, avrei voluto poter entrare nelle loro teste per capire come funziona il loro modo di pensare e di agire. Li ho sempre considerati gente d’altro mondo, strambi, particolari, difficili da incontrare.
"Avanti, dimmi cosa vuoi fare…"continuò, senza uscire dal letto.
"Non lo so, ora ci penso" risposi.
"Mentre fai funzionare i neuroni chiamo Shannon" disse. Si alzò e si andò a cambiare. Avevo capito il motivo della telefonata, c’era qualche sintomo che non avevo notato, ma era impossibile sono sempre stata con lei, non poteva essermi sfuggito. Prese il telefono, si sedette accanto a me e aspetto che rispondesse. Iniziò la loro conversazione, non capivo il suo inglese quando parlava con Shan, stava usando lo slang. Sembrava lo facesse apposta. Ogni tanto rideva o annuiva, ma non avevo compreso neanche una parola.
"Che aspetti?!Io vado al fast-food!" esclamò contenta. Chissà cosa si erano detti. Non risposi, presi la borsa e le feci cenno di uscire.
"Shannon e Jared arriveranno sta notte dal Portogallo, dovrai aiutarmi a trascorrere il tempo…Detesto i giorni in cui non c’è un concerto" disse mentre beveva il suo milk-shake al cioccolato. Nel suo vassoio c’erano un hamburger vegetariani a due piani e una confezione maxi di patatine. Il mio era quasi vuoto, c’era solo una fetta di torta.
"E cosa facciamo?" chiesi.
"Giriamo senza meta, facciamo shopping e compriamo vari test di gravidanza" rispose. Era così tranquilla quando parlava di questo argomento; al contrario io ero agitata per il tour,per tutti i viaggi e per la sua vita.
"Va bene e se è positivo come lo dirai a tutti?" domandai.
"Come l’ho detto a te, non è così difficile" rispose. Non capivo, dove trovava tutta quella calma, sembrava fosse una cosa normale che accade tutti i giorni. In effetti, lo era, ma di solito chi lo sapeva si limitava alla famiglia e agli amici, non a tutto il mondo.

*Jared*
Finalmente eravamo arrivati in Messico, erano le tre del mattino e le strade erano piene di vita. Mio fratello stava guidando la macchina. Aveva un sorriso stampato in viso, non mi aveva riferito la loro conversazione e questo mi torturava. Detestavo non sapere le cose.
Eravamo davanti all’Hotel, ero agitato e le gambe mi tremavano, avevo paura che non mi reggessero, ma dovevo arrivare in quella camera e aspettare fuori.
"Dai muoviti!" gridò Shan.
"Arrivo!" risposi. Lui era già dentro, stava chiedendo alla receptionist la camera e il piano.
"Muoviti!Dobbiamo arrivare al settimo piano!" gridò di nuovo. Pendemmo l’ascensore e arrivammo davanti alla porta n° 789. Shannon bussò due volte. Ci aprì Reneé, era contenta di vederci. Saltò subito tra le braccia di mio fratello e poi passo tra le mie. La strinsi forte e la baciai. Dopo qualche minuto arrivò Fran, salutò per primo Shan e poi mi raggiunse.
"Ora per favore, rimanete fuori a non origliate che Reneé ed io andiamo a fare voi-sapete-cosa" disse mio fratello.
La mia tortura iniziava ora.

*Reneé*
Ero da sola con Shannon, per una volta non avremmo combinato uno dei nostri soliti casini, avremmo fatto qualcosa di più importante. "Vieni qua" disse. Mi avvicinai a lui e mi abbracciò. Ero avvolta dalle sue braccia, il suo profumo mi circondava, mi sentivo al sicuro. La sua presenza mi tranquillizzava. Ora potevo definirmi pronta.
"Ora vai, io ti aspetto qui sul letto" continuò lasciando la presa. Presi il test più efficace ed entrai in bagno. Il mio nervosismo era alle stelle, neanche il palco mi metteva così in ansia e ora fare semplicemente la pipì mi spaventava. Continuavo a fissare lo specchio ripetendomi ‘ Fallo!’.

Uscì dal bagno dopo dieci minuti e trovai Shannon seduto sul lato destro del letto. Stava twittando qualcosa e non si rese conto della mia presenza.
"Quanto dobbiamo aspettare?" domandò continuando a guardare lo schermo dell’i-phone.
"Ehm…c’è scritto dieci minuti" risposi. Mi sedetti al suo fianco e appoggiai la testa sulla sua spalla. Lui appoggiò la sua sopra la mia e mi accarezzò la guancia.
"Bene, tra poco vedremo i due cadaveri fuori dalla porta" disse ridendo. Ogni volta che lo sentivo ridere mi tirava su di morale, il suo stato d’animo era contagioso per chi gli stava intorno. Continuava a smanettare con il cellulare, era tranquillo, fin troppo. Il tempo passava lentamente, sentivo i passi continui di Jared e il rumore dell’orologio ogni volta che avanzava di un minuto. La mia mente iniziò a perdersi tra i pensieri. Immaginai la mia vita con un bambino. Tutto sarebbe cambiato, i pannolini, i biberon, le notti insonni, il parco e Jay che culla un neonato. Shannon sarebbe diventato un ottimo zio e lo stesso Fran, Tomo e Vicki.
"Hey!è ora!!" esclamò. Era davanti a me con il test in mano, continuava ad agitarlo davanti ai miei occhi. Aveva visto il risultato.
"Di che colore vuoi la cameretta?Io avevo pensato a…" non gli lasciai finire la frase che lo abbracciai. Lui mi alzò da terra e mi fece girare come una bambina. Era positivo, tra poco a casa sarebbe arrivato un altro Leto, un piccolo o piccola Leto.
"Hai capito bene, sarò zio, tu mamma e mio fratello una sottospecie di papà" mi sussurrò all’orecchio.
"Glielo diciamo?" chiesi
"Va bene, ma torturiamoli un po’" rispose facendo l’occhiolino.
Aprì la porta lentamente e li vidi camminare avanti e indietro. Jared aveva le mani tra i capelli e fissava un punto fisso del corridoio. Fran contava tutte le città in cui era stata.
"È fatta!" esclamò Shan. Si fermarono di colpo e si diressero davanti a noi.
"Sappiate che qualunque sia il risultato niente cambierà" dissi.
"Allora?Vogliamo il risultato!"insistette Jared.
"Lo diciamo?" chiese il maggiore dei Leto.
"Per favore non torturateci così" disse la mia amica.
"Congratulazioni fratellino, tra nove mesi cullerai mio nipote!" disse Shannon ridendo. Gli occhi di Jared s’illuminarono, erano lucidi. Mi baciò immediatamente, mi stinse a se e poi passo alla mia pancia. L’accarezzò e le sussurrò "Benvenuto in famiglia, scusami se ti sveglierò ogni tanto con la mia voce. Ti voglio bene". Poi vidi Fran, rideva e piangeva, era tra le braccia di Shan che la guardava dolcemente. Lui era l’unico calmo, l’aveva sempre saputo il risultato.

"Tutto era successo per caso e ora siamo qui che aspettiamo qualcuno che non conosciamo, ma sappiano che sarà speciale. E noi saremo pronti come sempre. Forse tutto ciò è dovuto alla nostra caduta in amore, l’inglese ha ragione, noi siamo sprofondati e ogni giorno cadiamo sempre più giù fino all’apice della perfezione. Credo che la raggiungeremo tra poco" disse Jared. Da quando eravamo tornati in camera, non aveva fatto altro che accarezzare la pancia e di ripetermi di fare attenzione sempre. Avremmo iniziato un’altra attesa.
 

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Capitolo 18
*** 18 ***


*Jared*
Le mie visite stavano diventando più frequenti, non volevo che lei prendesse l’aereo. Partivo insieme a Tomo, poi al primo scalo lui andava da Vicki a LA ed io prendevo il volo per il paese in cui si trovava. Oggi sarei andato in Brasile a San Paolo. Era un mese che non la vedevo e oggi avrebbe fatto la sua prima ecografia. Mio fratello non era potuto venire, ma voleva essere informato di tutto attraverso una videochiamata.
"Devi smetterla di fare tutti questi viaggi!Io posso prendere l’aereo fino alla diciassettesima settimana e sappi che quando finirò il tour a Londra dovrò volare per ritornare a casa" disse. Era seduta sul divano a gambe incrociate e stava mangiando delle patatine aromatizzate a qualche salsa strana. Per me era strano vederla così, è sempre stata attiva a quest’ora, suonava o componeva, ma oggi si dedicava a mangiare le schifezze.
"Ormai sei nell’ottava settimana, per cui entro il quarto mese, devi finire il giro del mondo e tornare di corsa a LA…a che ora c’è la visita?" chiesi.
"Tra un’ora" rispose Fran. Lei mi teneva informato di quasi tutto, a ogni concerto occupava il suo solito posto, si godeva la serata e come le avevo fatto promettere, controllava. Forse la stavo sfruttando troppo.
"Oddio! Sentite quest’odore?!" esclamò Reneé. Frà ed io ci guardammo allibiti, non notavamo niente di strano, ma ripensandoci era ovvio, tutti i suoi sensi si erano aguzzati.
"Hai fumato le Lucky Strike" continuò puntandomi il dito contro.
"Si, lo ammetto…" risposi. Non fece in tempo a replicare che si precipitò di corsa in bagno, l’odore le aveva provocato la nausea.
"È normale, ieri è stata colpa di Cole e del dopo barba. Sai qual è il risultato?Lui non può più usare niente che abbia un profumo, in compenso è la vittima dei suoi attacchi affettivi o cambiamenti d’umore" disse Fran. Era seduta dietro di me, stava scrivendo qualcosa al computer.
"In effetti, è più strana del solito" risposi. M’immaginai la stessa scena che mi aveva descritto con mio fratello. Lui di solito usa dopo barba con un profumo ben definito, per cui la reazione sarebbe stata più esilarante; Shannon che non sa che fare e lei incavolata con lui.
"Agitato?" domandò.
"Si, non per la visita, ma per le cose che potrebbero venirle in mente. È la prima volta che sono da solo con lei incinta " risposi.
"Se ha voglia di qualcosa, devi dargliela al più presto possibile, altrimenti non la vuole più e se ha la nausea, inventati qualcosa, ma credo che oggi sarà normale" disse continuando a scrivere.
"Lei non è mai normale, figuriamoci ora!" esclamai. Ora dovevo preparami psicologicamente sia all’idea di vedere chi stavamo aspettando sia al suo nuovo stato d’animo.
"Andiamo!" disse Reneé. Era pronta davanti alla porta.
"Certo!" risposi alzandomi dal divano.

Stavo guidando verso lo studio del dottore. La radio era accesa, stavamo sentendo gli Aerosmith con "I don’t wanna miss a thing". La voce di Steven Tyler occupava le nostre menti e noi presi dalla musica cantavamo Don't wanna close my eyes Don't wanna fall asleep 'Cuz I'd miss you baby And I don't wanna miss a thing 'Cuz even when I dream of you The sweetest dream would never do I'd still miss you baby And I don't wanna miss a thing…
Fuori faceva caldo ed era umido, neanche il finestrino aperto aiutava. Lei era seduta dietro occupando tutti e tre i posti. Il sole non la sfiorava e nonostante ciò continuava a lamentarsi per il clima.
"Tra poco arriviamo e lì sarà fresco, a te non andrà bene lo stesso, per cui distraiti" dissi continuando a guardare la strada. Tutti i cartelli erano in portoghese e le mie conoscenze in spagnolo non servivano tanto erano scarse.
"Va bene" rispose imbronciata. Sembrava una bambina, mi ricordava sua sorella da piccola. Una volta mi aveva pregato di metterla sulle mie spalle, ma le risposi di no perché mi faceva male la schiena e lei fece il broncio come ora lo fa sua sorella maggiore.
"Cosa mi racconti?" domandai.
"I nomi, ieri Cole mi ha dato il dizionario dei nomi, ne ho scelti alcuni. Se fosse femmina, sceglierei Lilian, Rosemary, Melrose o Delilah. Per un maschio…Axel, Chris, Matt o Isaak. Non mi viene in mente altro" disse. Si era seduta in mezzo per stare più vicino a me, aveva appoggiato il viso sul mio sedile e guardava attentamente la strada.
"Quando non ci sono, stai sempre con Cole eh?! I nomi mi piacciono, ma penso che quando l’avrò tra le mie braccia potrò dire : Si, hai la faccia da…e poi le daremo il nome" risposi.
"Geloso eh?! Frena, siamo già arrivati, ora devi tornare in dietro di qualche metro" disse ridendo.

Eravamo arrivati. Nella sala d’attesa c’erano altre due coppie. Le pance delle due donne erano già grandi, dovevano essere al settimo o ottavo mese. Non vedevo l’ora che quella di Reneé diventasse grande, così avrei potuto conoscere il piccolo; magari cullarlo e cantargli qualcosa come ninna nanna. Volevo che il tempo passasse velocemente per sentire le sue manine stringere le mie e per vedere Shannon cambiare un pannolino.
"Reneé, il dottore ti aspetta" disse l’infermiera.
"Eccoci" rispose. Entrammo nella stanza. Era buia e c’era un lettino, a destra una sedia e a sinistra il dottore che ci aspettava. Lei salutò e si sistemò vicino al suo posto. Io mi sedetti vicino a lei. L’infermiera accese la macchina, alzò la maglietta a Reneé e le mise il gel.
"Allora, oggi vedremo come si è adattato l’utero e se possiamo anche il battito del piccolo, poi le prescriverò le altre ecografie da fare" disse il medico sedendosi di fronte a me.
Iniziò la visita. Nello schermo vidi una piccola pallina, era lui o lei. Le sue dimensioni erano di 2 o 5 cm e pesava qualche grammo. Tutto era apposto, i vasi sanguigni si erano formati, era un piccolo fagiolino pieno di vita. Il suo cuore era piccolissimo e batteva forte. Mi venne subito in mente mio fratello, suo nipote andava a ritmo come lui. Sentendo quel Tum Tum Tum mi venne la pelle d’oca, io avevo creato quel piccolo essere che aveva qualcosa di simile a me e ora lo stavo vedendo per la prima volta.
"Quella è la testa, ora è più grande del resto, ma se fate attenzione potete notare che la schiena si sta formando e nel terzo mese crescerà ancora e gli arti si formeranno. Per oggi abbiamo finito tutto è perfettamente apposto. Le consiglierei di fare la prossima ecografia al quinto mese, le sue condizioni fisiche sono ottime" disse.

*Reneé*
La giornata era finita. Il concerto era stato magnifico, Shannon era stato informato del risultato dell’ ecografia e ora non ci restava che partire per il prossimo paese, l’Argentina. Jared sarebbe rimasto per altri tre giorni con me.
"Che giornata!" dissi sbadigliando. Ero stanca, affamata e bisognosa d’affetto.
"Già, emozionante. Peccato che non sente ancora, dovrò aspettare altri tre mesi" disse stringendomi a sé.
"Maglio così,perché se in futuro lo sveglierai, sarò io quella che lo sentirà muoversi e tu quello che sopporterà le mie lagne. Goditi questi primi mesi"risposi. Ero sprofondata nel letto, mi si stavano chiudendo gli occhi quando sentì le labbra di Jay sulle mie. Mi stava baciando ed era sopra di me.
"Che cosa hai intenzione di fare?!" domandai irritata. Tra poco avrebbe assistito a un mio cambiamento d’umore. Non mi rispose, mi baciò di nuovo.
"Questo piccolo sente ogni movimento,non voglio disturbarlo o spaventarlo. Non può ancora sentirmi, per cui non posso dirgli che è colpa di suo padre che fa lo stupido; preferirei dirglielo quando si ritroverà in questa famiglia strana" continuai. Jared scoppiò a ridere e si stese accanto a me.
"Bene, ora se vuoi fare qualcosa di utile, stai fermo che ti userò come cuscino e…" sbadigliai.
"Ora sono cantante, fotografo, attore e cuscino ambulante!" esclamò divertito. Lui non sembrava stanco, era attivo come sta mattina. "Non ti fa male un altro lavoro e per favore non fumare in mia presenza o prima di venire da me,perché quell’odore è orribile. Lo so che quando fumi sei sexy, ma meglio di no" dissi. Mi sorrise e mi baciò. Mi stavo addormentando tra le sue braccia. Prese la coperta e la sistemò sopra di noi, iniziò a cantare, non capivo che canzone era, ma sembrava una ninna nanna.

 

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Capitolo 19
*** 19 ***


*Reneé*

Altri tre mesi erano passati, avevo girato tutto il Sud America e ora sarei tornata a LA per una settimana per poi ripartire per Londra. Avrei dovuto fare l'altra ecografia e magari visitare Vicki. Non la vedevo da mesi e volevo abbracciarla,sentire scalciare il piccolo Mofo. Ormai era arrivata al nono mese e in questi giorni avrebbe dovuto partorire. Jared, Shannon e Tomo sarebbero arrivati da un momento all'altro; loro avevano finito il tour perchè volevano trascorrere il mese di Dicembre a casa.

Io ero già arrivata a LA da qualche ora ed ero in macchina con Fran. Lei stava guidando verso casa Milicevic mentre io le facevo da TomTom.
"Ma che sorpresa!"esclamò Vicki. Era tutta sorridente e solare. La sua pancia era grande, ma se si girava non sembrava neanche incinta.
"Ciao!" dissi cencando di abbracciarla, ma era impossibile. La mia pancia si scontrava contro la sua, non potevo più saltarle addosso come facevo prima.
"Come stai?" domandò Fran.
"Benissimo, accomodatevi" rispose Vicki. Ci fece cenno di entrare e ci condusse il salotto.
"Tomo arriva tra venti minuti, forse ci sono anche Jared e Shannon" continuò lei.
"Allora aspettiamo con te...é una maschio?" chiese Fran.
"Oh si, credo che lo chiameremo Andreas. E tu cosa mi racconti?Come va tra te e Shan?" domandò Vicki.
"Come al solito" rispose.
"E tu Reneé?" chiese Vicki.
"Mah niente di che, oggi ho un'ecografia e non vedo l'ora di vedere casa mia" dissi. Il piccolo si stava muovendo, non mi lasciava stare seduta. Solo quando salivo sul palco si fermava, così decisi d'imbrogliarlo alzandomi.
"Ma suoni con la pancia?" chiese.
"Già, devi vederla...durante le prove corre qua e là, accorda il basso e suona la batteria. E quando è ora del concerto sembra che non abbia nessuno in grembo!" disse Fran.
"Povero Jared! Lo fai impazzire!" escalmò Vicki ridendo.
"Povero io?!" gridò qualcuno dal corridoio. Erano arrivati gli uomini di casa. Dopo qualche minuto li vidimo sbucare dalla porta. Tutti e tre sorridevano e come al solito indossavano gli occhiali da sole. Tomo baciò Vicki e le accarezzo la pancia. Shannon si sedette accanto a Fran e le cinse le spalle. Jared si avvicinò a me, mi baciò e salutò il piccolo.
"Cosa ci fai in piedi?" mi sussurrò all'orecchio.
"Tuo figlio o figlia si muove troppo" risposi.
"Suona" disse indicando il piano.
"Posso usare il piano?" chiesi. Tomo annuì e si avvicinò a me per salutarmi. Iniziai a suonare, avevo composto una canzone da poco. Non era ancora definita, ma era diversa dal sound della mia band. Le dita iniziarono a correre lungo la tastiera, la mia voce accompagnò la melodia sensa rendersene conto Stay under this moonight, leave them run away, leave them speak about us Now it's time for you and me under this moonlight... Al mio fianco si era seduto Shan e di fronte a me c'era Tomo. Continuavano a osservare le mie mani scorrerere qua e là, erano presi dalla musica.

*Jared*

La mattina a casa Milicevic era trascorsa velocemente. Tomo aveva preparato il pranzo, era da tanto tempo che non ci riunivamo come una vera famiglia o che ci comportavamo normalmente. Mio fratello e Fran avevano preso la mai macchina e se ne erano andati non so dove. Reneé ed io eravamo tornati a casa, tra poco saremmo dovuti andare in ospedale per l'ecografia e poi agli studi televisivi per un Talk Show.

Lei era stesa sul divano e si accarezzava la pancia mentre parlava con il bambino. Stavano facendo una vera e propria conversazione.
"Di che parlate?" chiesi. Io ero seduto sull'altro divano e come al solito stavo usando il mio Blackberry.
"Mah sto parlando di suo zio, me, Vicki,Tomo, Fran...voglio abituarlo a questa famiglia. Ti vuoi presentare?" disse continuando a guardare la curva della pancia. Posai il BB sul tavolino e mi avvicinai a lei.
"Ehm...sono Jared, ma puoi chiamarmi papà, non vedo l'ora di cullarti. Che altro ti posso dire? Ah si, avrai una famiglia gigantesta, oltre a noi ci sono gli Echelon, non li conosco tutti personalmente, ma ti ameranno di sicuro. Infine scusami se qualche volta ti sveglieremo suonando o cantando, e poi perdonami se qualche volta sarò strano. Se ti andrò a prendere all'asilo in ciabatte, non è colpa mia. Ti voglio bene" dissi. Reneé mi prese la mano e la posò sopra la pancia.
"Aspetta" sussrurrò. Rimanemmo in silenzio per qualche minuto e finalmente sentì scalciare. Fu un leggero colpo che si ripetè due volte, era il mio primo contatto quasi diretto con lui o lei. Alzai lo sguardo e incrociai gli occhi di Reneé, lei mi stava cambiando la vita donandomene un'altra. Le sorrisi, non avevo ancora realizzato che tra quattro mesi sarei diventato padre.
"è ora di andare" dissi.
"Uffa.." mugugnò alzandosi dal divano.

*Reneé*

L'infermiera aveva preparato tutto ed io ero già pronta. Mi sentivo la pancia viscida e umina, detestavo quel gel. Jared era seduto accanto a me e continuava a ridere per la mia faccia disgustata. Dopo qualche minuto arrivò la ginecologa e iniziò la visita.
"Ma che bella pancia!Siete molto giovani, è il primo vero?" domandò. Sorrisi e mi girai verso Jared, anche lui sorrideva; nessuno si sarebbe mai immaginato che aveva vent'anni in più di me.
"Si" rispose Jay.
"Immaginavo, questa è la testa, vedete...qui c'è il naso, la bocca e il mento. Ecco le braccia, la pancia e le gambe. Ora è di circa 20 cm , se volete vi dico il sesso" disse la ginecologa. "No, vogliamo che sia una sopresa" risposi. Finalmente era finita, potevo togliermi quel gel fastidioso. Ora dovevo precipitarmi agli studi Tv di LA, sta sera Cole ed io eravamo ospiti ad un Talk Show. Era da tanto che non stavo sotto le telecamere, che non indossavo vestiti o tacchi. Non sapevo neanche se avevano la mia taglia o se dovevo suonare. L'unica cosa certa era che a Jared non andava di lasciarmi con Cole.

*Jared*

Avevo già lasciato Reneé agli studi tv. Sarei voluto rimanere, ma ora dovevo precipitarmi in ospedale. A Vicki le si erano rotte le acque mentre lei e Tomo erano al ristorante. E io dovevo andare a casa loro a prendere la borsa per lei e il bambino. Tra poche ore il mio compagno d'avventura, nonche famiglia sarebbe divenatato padre.

Finalmente arrivai in ospedale. Chiesi subito informazioni a un'infermiera e mi diressi verso il piano n°3. Tutti gli ascensori erano occupati, così decisi si salire le scale. Entrai in camera e vidi Tomo con le mani tra i capelli rivolto verso la finestra che continuava a ripetere "Respira. Respira". Vicki era così presa dalle doglie che non si rese conto della mia presenza. "Eccomi" dissi interrompendo la scena.
"Grazie mille! Ti devo un favore" disse Tomo.
"Figurati, per Andreas farei di tutto" risposi posando la roba.
"Va bene, ma ora vai da Reneé!" esclamò Vicki, le sue doglie aumentavano sempre di più e il suo carattere da comprensivo stava passando a irritabile. Tomo mi spinse verso la porta, non feci intempo a salutarli che un medico mi aveva già chiuso la porta in faccia. Il reparto maternità era così caotico. C'erano donne che aspettano di partorire, papà che davanti alla sala parto camminano come dei pazzi e neonati che piangono. Tra poco avrei vissuto anche io questo.

Stavo per salire in macchina quando mi arrivò un SMS "Ho finito la diretta. Come sta Vicki?E Tomo?. Se ce la fai a verire ti aspetto altrimenti ritorno a casa con Cole. XO R."
Di nuovo Cole, nonostante avessi la sicurezza che lei era mia, mi mandava sui nervi sapere che dovevo dividerla con lui. Non potevo oppormi, lavoravano insieme, suonavano da una vita nella stessa band, con lui stava vivendo il suo sogno. Ma sapere che l'unica cosa che avevo in comune con lui era lei, no era piacevole; persino i suoi genitori preferivano lui a me, solo sua sorella mi adorava. Non ho mai preteso si essere venerato, ma almeno considerato o cercato di conoscere; con loro non si poteva ragionare, me lo ripereva sempre Reneé. A lei bastava sapere che l'amavo, lei ricambiava e il resto non conta.

"Ciao" disse salendo in macchina.Indossava un vestito bianco che le risaltava la pancia,aveva anche dei tacchi, non era normale vederla così, ma quando accadeva rimanevo sempre senza parole.
"Wow, ti hanno legato per vestirti così o lo hai fatto di tua spontanea volonta?" domandai sorridendo.
"Haha Non vedo l'ora di togliermeli" disse.
"In effetti hai ragione..."risposi.
"Smettila!Ora andiamo da Tomo" disse dandomi una botta sulla spalla.

Vicki era entrata in sala parto da poco e Tomo era con lei. Reneé ed io stavamo aspettando fuori. Lei continuava a camminare avanti e indietro, i tacchi facevano rumore, ma non poteva farne a meno, aveva bisogno di distrarsi suonando con qualcosa. Io ero seduto, cercavo di mantenere la calma, ma più ci pensavo più mi agitavo. Tra solo quattro mesi, sarei entrato io in quella sala e sarei uscito con mio figlio o figlia tra le braccia. Da quella porta sarebbe uscita la mia nuova vita.

Dopo due ore Tomo uscì e Vicki la portarono in camera. Reneé corse da lei ed io la seguì per tenerla d'occhio. La stanza era piena di gente, c'erano Shan,Fran,Terry, c'era persino Cole. Lui e Tomo avevano un ottimo rapporto, solo io ero l'eccezione. Mi feci spazio tra la folla e trovai Tomo. Era accanto a sua moglie, stava cullando Andreas. Non l'avevo mai visto così, era così preso da quel piccolo essere: dipendeva da lui. Vicki li guardava sorridendo, era tornata serena come sempre. Poi notai Reneé, aveva preso in braccio il piccolo, lo cullava e gli cantava una ninna nanna. Davanti a miei occhi c'erano tre perfetti genitori.

 

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Capitolo 20
*** 20 ***


*Jared*

Ultima data del tour di Reneé. Tutta la crew era pronta e i 30 000 fan stavano delirando: mancava solo la musica. Io ero nel backstage e come al solito c'era confusione. Matt era in piedi vicino a me che continuava a suonare contro la ringhiera. Helen controllava il volume del micrifono e parlava con il loro produttore John. Cole era insiema a Reneé, stavano accordando gli strumenti, scegliendo i jack e decidendo come modificare alcuni pezzi. Sta sera avrebbero sorpreso tutti. Mancavano solo mio fratello e Fran; loro non erano venuti perchè Shan aveva una sopresa in serbo per non so chi.
"Come mai non parli?" chiese Matt continuando a ripetere il ritmo della prima canzone.
"Mi vuoi davvero sentire?" domandai.
"Si, ormai fai parte della mia vita, cioè stai con una delle mie amiche più care e non posso non parlare con te" disse.
"Che vuoi sapere?"chiesi. Questo discorso con Matt non mi stupiva, forse era l'unico che in quella band, oltre a Reneé, mi capiva. Dopo tutto non eravamo così diversi, a prima vista può sembrare normale, ma una volta conosciuto a fondo si capisce che sta più con la testa sulla luna che qui. Era anche una tra le prime persone che dopo essere stati avvisati della gravidanza aveva gioito; Cole lo stava accettando e Helen era al settimo cielo.
"Mah, voglio sapere a cosa stai pensando"disse.
"Al concerto e che è la prima volta che assisto alla sua ultima data, per una volta ho finito prima di lei. Non so cos'aspettarmi, lei che suona davanti a tutti con la pancia, ormai è diventata più grande e le impiccia. Bah non so se sono contento o agitato" risposi.
"Tranquillo ci sono io...e Cole. Lo so che lo odi, ma devi riconoscergli che quando non c'eri l'ha tenuta d'occhio" disse.
"Lo so, ma.." mi interruppe subito dicendo:" Ah, sembrate dei bambini!Io sono consapevole di ciò che Cole prova per lei, e non lo difendo, ma anche te non dovresti dargli motivo di farsi avanti. Ora sta al suo posto a causa del piccolo, ma quando litigherai con lei, credi che si terrà in disparte?! Il risultato è che tu impazzirai e che Reneé si incazzerà di più. A lei non importa se Cole c'è o no, le basti te, per cui lascialo stare...e ora lasciami andare sul palco" .
Mi girai subito e li vidi tutti in fila, pronti a calcare la scena. Non vedevano l'ora di suonare. Matt saltellava sul posto. Helen fissava le scale, il suo sguardo era determinato, forse anche un po' intimidatorio. Cole era vicino a Reneé, stavano riscaldando le dita, lei faceva delle armonizzazioni e lui degli accordi. La pancia si notava tantissimo; infatti il basso lo aveva messo più giù del solito, non avevo idea di come avrebbe suonato per tre ore.

01.00 pm

Finalmente il tour era finito, niente più viaggi, solo io e lei. Stava posando i bassi nelle custodie e Cole la stava aiutando. Io stavo sistemando i jack, ne aveva tantissimi e di vari colori.
"C'è sempre il tuo ragazzo eh?!"sbuffò Cole, credeva che non l'avessi sentito.
"Smettila" sussurrò Reneé. Lo fulminò con lo sguardo, ma non servì a farlo rimanere zitto.
"Ah è solo un'osservazione, non si fida di me vero?" continuò lui.
"Si, non mi fido di te. Cosa c'è di strano?!" risposi.
"Niente, cioè ho passato 18 mesi 24h su 24 con lei e non hai detto niente e ora inizi a replicare?!" disse. La mia irritazione stava aumentando, sarei stato capace di sbatterlo contro il muro, ma cercai di tenere a mente le parole di Matt.
"Secondo te non ho detto niente?! Chiedilo a Matt!Non ho mai sopportato quest'idea di vederla solo ogni 3 o 4 mesi. E tu credi che mi possa fidare di te, dopo tutto quello che so sul tuo conto?! Di lei mi fido, tutto quello che mi dice è sacro, non obbietterei mai, ma per te è un altro discorso...è rimmarra tale.Ora non vedo l'ora di tornare a L.A" dissi. Gli stavo gridando contro senza rendermene conto. Lui mi guradava come se volesse sfidarmi, non lo sopprtavo, era più forte di me.
"Finalmente ti fai avanti! C'è ne voluto!Tu sarai anche Jared Leto, ma a me non mi importa, non mi fermerai e se tuo fratello si unirà a te non sarà un problema per me. Per una volta ti comporterai come un uomo!" gridò. Si era avvicinato a me, mi fissava ed io facevo lo stesso. Reneé non era più nella stanza, si era persa tutto il litigio, ma non era ancora finito.
"Non ho bisogno di fingere di esserlo, lo sono già" dissi.
"Smettetela!E tu Jared,per favore vai di là che è arrivato il taxi per l'albergo...e tu Cole, faremo i conti dopo." disse Matt. Si era intromesso, stava tra di noi, ci teneva separati. Io non sarei mai arrivato ad una rissa, ma il mio avversario si e se fosse stato così avrei risposto allo stesso modo e l'avrei fatto pentire di avermi sfidato.

*Reneé*

Il taxi girovagava per Londra. La città era andata a letto, i lampioni illuminavano le strade vuote e i locali continuavano a godersi la notte. Ogni tanto si intravedeva un ragazzo ubriaco in compagnia degli amici che passeggiavano senza scarpre lungo la riva del Tamigi.
"Ehm... scusi ci può portare e Primrose Hill?" disse Jared al tassista.
"Certo, c'impiegherò altri dieci minuti" rispose.
"Cosa vuoi fare?" domandai.
"Una sorpresa, ora dormi che devi essere lucida per dopo" sussurrò cingendomi le spalle. Appoggiai la testa nell'incavo del collo e mi addormentai. Sentivo il suo profumo, il suo calore; lui mi stringeva se e mi accarezzava i capelli.

"Svegliati, siamo arrivati" disse. Apri gli occhi lentamente, mi rotrovai in braccio a lui. Il taxi era andato via, ora eravamo in un parco su di una collina da dove si vedeva tutta la città. Mi lasciò mettermi in piedi. Intorno a noi c'era la neve, gli alberi erano spogli e tanti lampioni illuminavano il percorso: sembravano tante piccole lucciole sospese nell'aria. Da quell'altura vedevo il London eye illuminato e tutte le varie luci di Londra. Ero davati ad uno spettacolo.
"Come mai qui?" chiesi abbracciandolo, il vento mi faceva venire i brividi.
"Sorpresa" disse sorridendo.
"Cosa devo fare per meritarmela?"domandai.
"Camminiamo" disse. Iniziammo a seguire la strada di fronte a noi. Non c'era nessuno, solo le stelle e la luna. Continuammo a camminare per un po', lui non parlava ed io nemmeno.
"So che non hai avuto un buon esempio di matrimonio ed è per questo che non ci credi, io ti capisco bene....e volevo chiderti di stare per tutta la vita con me, non voglio riti o chiesa. Sarà qualcosa di unico solo nostro. Vuoi unirti a me?" disse.
"Si, ma dovrai sopportare la mia pazzia" risposi. Lui mi baciò, le sua labbra erano avide, piene di passione, non mi avrebbe più lasciata. Io lo stringevo a me, non mi sarei mai aspettata una proposta di "matrimonio"; in effetti non lo era, non sapevo come definirlo. L'atmosfera era magica, la mia vita lo era, ci mancava solo il piccolo. Stavamo raggiungendo la perfezione.
"T'amo senza sapere come, nè quando, nè da dove,t'amo direttamente senza problemi nè orgoglio: ti amo perché non so amare altrimenti, in questo modo in cui non sono e non sei,così vicino che la tua mano sul mio petto vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno... " disse staccandosi da me.
"Dovresti ringraziare Pablo Neruda per queste parole" dissi.
"Già, ha scritto quello che provo per te. Ti amo" sussurrò.

 

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Capitolo 21
*** 21 ***


8 Dicembre L.A

*Jared*

Oggi il sole risplendeva alto in cielo e gli uccelli cinguettavano allegramente. Il clima era ottimo, non faceva freddo, eravamo a 17°c: era la giornata perfetta per il compleanno di Reneé. Tutti si erano organizzati la propria sorpresa, ma nessuno sapeva cosa si erano preparati gli altri.Lei stava ancora dormendo, era avvolta dalle coperte, il suo respiro era regolare, non si sarebbe mai immaginata quello che sarebbe successo oggi. Decisi di alzarmi e di andare a preparare la colazione. Scesi le scale di corsa, dovevo trovare un’orchidea, fare i pumcake, il caffè etc. Al piano di sotto trovai Shannon intento a cucinare e Frqn che lo osservava ridendo.
"Buon giorno!" dissi. Mio fratello si girò sorridendo, era tutto sporco di farina, non era capace a cucinare.
"Hey! Ti unisci a noi per la colazione?" chiese Frà, continuava a ridere, cercava di smettere,ma non ce la faceva.
"Certo, io cucino, è meglio e tu cerca un’orchidea" risposi.
" Grazie Bro, vi lascio ai fornelli" disse Shan. Si tolse la farina da dosso e uscì alla ricerca del fiore preferito di Reneé. Presi subito il comando, iniziai a mischiare tutti gli ingredienti mentre Fran faceva il caffè. Dovevamo fare tutto in fretta perché lei non doveva svegliarsi. In venti minuti riuscimmo a finire tutto. Shannon era riuscito a trovare il fiore: non dovevamo far altro che salire su in camera.
Entrammo in camera in punta di piedi. Lei si stava svegliando, si girava e rigirava sotto le coperte, il sole le dava fastidio. Mio fratello uscì dalla camera per prendere la chitarra, non sapevo cosa aveva in mente.
"Buon compleanno" disse Fran. Reneé si sedette subito, aveva un’espressione incredula; probabilmente con tutto quello che aveva da fare, si era dimenticata che oggi era il suo 22esimo compleanno.
"Oh grazie per avermelo ricordato!Quanto siete dolci" disse. Io le posai subito la colazione sul letto e mi sedetti accanto a lei. Fran le porse l’orchidea e si sedette alla sua destra.
"Io vi amo!" disse Reneé, si stava commuovendo.
"Non fate piangere mia cognata!" esclamò ridendo Shan. Era entrato da poco, aveva la chitarra in mano.
"Oh Shanimal…vieni qua" continuò lei. Lo abbracciò forte il suo istinto materno si stava facendo avanti.
"Aspetta, ora Fran ed io ti dobbiamo dare il nostro regalo, poi puoi fare quello che vuoi" disse mio fratello.
Iniziò a suonare una melodia, non lo avevo mai visto comporre in questi giorni, chissà da dove l’aveva tirata fuori. Mentre lui suonava Fran, tirò fuori una scatolina, sicuramente lì c’era l’altro regalo.
"Ti piace?è tua" disse Shan.
"Certo che si, non so come ringraziarti" rispose. I suoi occhi erano lucidi, quella canzone le aveva toccato il cuore.
"Non è finita qui, ora chiudi gli occhi e dammi un braccio" disse Fran. Io le coprì gli occhi con le mani e cercai di capire cosa c’era in quella scatola. Vidi un bracciale, aveva un solo ciondolo, era strano, sembravano tante cose incrociate. Non riuscivo a capire cos’era, ma mi piaceva.
"Ora puoi vedere" disse Shannon.
"Vedi quel ciondolo?Sta a significare che ci saremmo sempre per te, non importa dove siamo" continuò lui. Reneé non rispose, ora era veramente in lacrime. Abbracciò subito Fran e poi passo a mio fratello. Lui la sollevò dal letto, fece quasi rovesciare il vassoio. Poi la posò tra le mie braccia, io la strinsi forte e la baciai. Sentì un piccolo colpo contro la mia pancia, era il bambino.


Ding Dong Erano arrivati Tomo, Vicki e il piccolo Andreas. Reneé andò ad aprire di corsa, non vedeva l’ora di incontrarli. Li vidi arrivare in salotto, erano sorridenti come sempre. Lei aveva in braccio il bambino. Vicki portava la carrozzina e Tomo aveva sulla spalla la borsa con i pannolini. Non mi ero ancora abituato a vederlo in veste di papà.
"Oh cambi Andreas?" domandò Vicki.
"Va bene, tocca sempre a me Eh?!" disse Tomo. Lo prese e lo stese davanti a lui. Gli slacciò la tutina e con faccia disgustata aprì il pannolino. Usò le salviettine e prese il cambio ma Andreas fece la pipì. I pantaloni del neopapà erano bagnati e noi non facevamo altro che ridere.
"Haha quando toccherà a te, vedremo se riderai" disse Tomo.
"Tanto ti manca ancora un po’…ora passiamo alla festeggiata" disse Shan. Vicki si alzò e prese una custodia di una chitarra, mi sembrava familiare, ma non ricordavo dove l’avevo vista.

"Non voglio annoiarti con i discorsi vari, ma sappi che a me ha portato fortuna e spero che la dia anche a te" disse Tomo. Non avevo ancora capito di cosa si trattava, ma vedendo la faccia di Reneé capì che era molto importante. Lei aprì la custodia e tirò fuori una Gibson Les Paul Custom nera; ora la riconobbi. Era una delle chitarre più importanti per Tomo, aveva composto tante canzoni con essa ed era vera la storia della fortuna.

*Reneé*
Era sera, tutti se ne erano andati via. La cena l’aveva preparata Tomo e come al solito si era inventato una nuova ricetta, aveva preparato la sua famosa torta di mele con cannella e Jared l’aveva aiutato. Shannon aveva trascorso tutta la sera con Andreas, gli aveva cambiato il pannolino e ogni tanto lo concedeva a Vicki. Ora la casa era vuota, stavo cercando Jared quando vidi dei petali di rosa sparsi per terra. Sul piano c’era un biglietto con scritto "Seguimi..", le luci di casa erano abbassate in modo da creare un’atmosfera misteriosa e i petali mi stavano conducendo verso il giardino. Gli alberi erano decorati con le luci di Natale e per terra al posto dei petali c’erano le rose rosse. Continuavo a seguire quelle piccole macchie rosse, più mi avvicinavo a destinazione più aumentavano gli indizi. Finalmente arrivai davanti ad un tavolino, c’erano due sedie ed una era occupata da Jared. Si era cambiato, era leggermente più elegante; sorrideva e in mano aveva una coppa forse di champagne.
"Finalmente sei qui" disse facendomi accomodare.
"A cosa devo questo regalo?" domandai.
"è il tuo compleanno e sono pazzo di te" rispose. Prese la mia coppa e ci versò un liquido, non sapevo cos’era, ma di sicuro niente d’alcolico. Me la porse delicatamente e iniziò a parlare:"Tranquilla è una bibita scozzese che sembra champagne, è una specie di coca-cola…Non sono un genio con i regali, e non voglio stupirti, sarebbe troppo scontato. Voglio solo trascorrere una magnifica serata con te, lasciamo che tutto scorra come deve". Si avvicinò di più a me e cercò il mio viso. Gli sorrisi e lui sfiorò le mie labbra con le sue. Mi sorrise e mi baciò, si muoveva delicatamente, il suo profumo si univa al mio respiro e come dice Charles Baudelaire il suo profumo mi trasportava in climi che incantano. Ogni volta che si avvicinava a me, riusciva a farmi perdere in lui, a farmi mancare il respiro, c’era qualcosa di così affascinante nella sua natura. Non era la gioia perché la sua bellezza era tale per la malinconia che c’era al suo interno, era come un libro che più lo sfogli, più lo ami.
Il bacio ci stava portando oltre,la mia pancia non impicciava, ma lui aveva paura.
"Sei sicura?" sussurrò.
"Si, lo so che l’hai chiesto alla mia ginecologa" risposi.
"T’odio quanto t’amo, pazza di cui vado pazzo" disse.

 

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Capitolo 22
*** 22 ***


*Reneé*

Ero a casa con Shannon. Jared sarebbe stato via per tutta la giornata per questioni di lavoro e Fran era andata a fare dei colloqui in giro per la California. Io ero già sveglia e Shan lo stesso, non sapevamo cosa fare. Le decorazioni di Natale erano già state messe e tutto era al proprio posto. Forse saremmo usciti a fare un giro in spiaggia.
"Hanno suonato alla porta…apri tu?"domandai. Ero in salotto e non volevo alzarmi dal divano. Ultimamente il bambino si stava muovendo molto e certe notti non mi lasciava dormire.
"Va bene!" gridò Shan dal corridoio.
"Chi è?"chiesi gridando.
"è Cole!" rispose. Le sue visite erano rare, e il più delle volte si trattava di cose importanti. Forse era qui per via del mio compleanno, oppure aveva bisogno di me; anche se dopo un tour non ci vedevamo molto, quando aveva un problema o semplicemente bisogno di parlare veniva da me. Lo vidi arrivare, era sorridente come sempre. Solo con Jared s’induriva, con suo fratello era un’altra storia; tra di loro c’era un’intesa strana, non erano amici, ma neanche nemici, erano qualcosa di più che dei semplici conoscenti.
"Hey!Come stai?" disse.
"Benissimo tu?" risposi.
"Bene, temevo che mi aprisse Jared, in quel caso sarei morto…"disse con tono ironico.
"Mio fratello non ti avrebbe fatto mettere piede qui!Comunque siamo da soli per tutto il giorno e non sappiamo che fare…hai qualche idea?" rispose Shan.
"Mah…sono qui perché per il compleanno di Reneé non sono venuto e poi ti devo dire una cosa che vuole fare John" disse.
"Cos’è successo?" domandai. Quando si trattava del nostro produttore, c’era sempre qualcosa di strano.
"Ci ha chiesto di trasferirci tutti a New York City entro il mese di gennaio, perché ha intenzione di farci lavorare con l’Island Records per il nuovo album…lo so che lo pubblicheremo tra due anni, ma ha detto così" rispose serio.
"Oh mio Dio!Non potrò vedere mio nipote tutti i giorni, ma anche mio fratello la seguirà a NYC e per cui anche io…ci hai appena scombussolato la vita Cole!" disse Shan.
"Ma non credo di poter trasferirmi là, non posso prendere l’aereo e se aspetto il parto, non posso comunque partire…Ora è meglio distrarsi, dopo ne riparlerò con Jared e Tomo" dissi.
"Allora andiamo al molo!" esclamò il maggiore dei Leto. Cole era pensieroso, si notava che era preoccupato, neanche per lui era una scelta facile mollare tutto e ripartire da un'altra parte.


La giornata passata in compagnia di Shannon e Cole fu divertente. Mi accompagnarono a comprare le ultime cose che ci mancavano per il bambino e andammo da Vicki. Pranzammo da lei, e come al solito Shan prese in possesso Andreas, gli raccontava tutte le cavolate che aveva fatto Tomo e ogni tanto cercava di comportarsi come un bravo zio. Ma ora ero tornata a casa; Fran aveva chiamato Shannon e lui era andato da lei, intanto io aspettavo che arrivasse Jared. Non avevo controllato la posta e nemmeno la segreteria telefonica. Andai a svuotare la casetta della posta, c’erano bollette, pubblicità e lettere da parte dei fan. Rientrai n casa e premetti il pulsante per ascoltare i messaggi lasciati e con grande sorpresa sentì la voce di Sara.
"Ciao! Sono Sara, la mamma di James. Ho saputo che avete finito il tour e volevo invitarvi a una festa che abbiamo organizzato a casa nostra, ah dimenticavo ci siamo trasferiti a Los Angeles e l’indirizzo è 2607 Glendower Ave. Ci vediamo"
Era da una vita che non sentivo la sua voce e il suo accento così British. Conoscendo lei e suo marito Chris, la festa sarebbe stata di sicuro sofisticata, con la musica, i bicchieri di champagne e gli stuzzichini ricercati. A questo punto mancava solo Jared e il vestito adatto. Per avvisarlo dell’invito gli mandai subito un messaggio e mi precipitai di sopra per tentare di trovare qualcosa nell’armadio.
"Secondo me lì non troverai niente, prendi quello turchese in alto a destra" disse qualcuno alle mie spalle. L’uomo di casa era tornato, era appoggiato alla porta della cabina armadio e mi guardava divertito, mentre io cercavo disperata un vestito.
"Ben tornato, hai ragione prendo quello e queste scarpe" risposi uscendo da quella stanza. Prima che potessi appoggiare le cose sul letto, lui mi prese per i fianchi e mi girò verso di se. Mi abbracciò e mi baciò dolcemente, poi mi lasciò andare.
"Oggi sembriamo due persone normali che fanno cose ordinarie" continuai.
"Spiegati" disse. Ora stava cercando lui qualcosa da mettersi, era in mezzo ai suoi smoking e cravatte.
"Tu oggi sembri il marito che la mattina presto va al lavoro ed io quella che resta a casa con i figli" risposi. Mi ero già messa il vestito, arrivava fino al ginocchio, aveva la scollatura a cuore e il tessuto era pieno di ricami. L’avevo messo tanto tempo fa, e ancora mi entrava, risaltava la pancia, ma era carino.
"Però considera che i genitori sono dei musicisti…sei bellissima" disse. Anche lui era pronto, mi guardava sorridendo e anch’io, era stupendo. Ogni volta che si vestiva elegante, riusciva a lasciarmi senza parole, anche se i capelli erano spettinati e la camicia senza cravatta era sempre perfetto.
"Grazie, mi devo solo sistemare i capelli e mettere queste" dissi indicando le scarpe.
"Tua madre ti aveva detto che in gravidanza non puoi mettere i tacchi e ora li stai indossando…quanto siete strane voi donne!" esclamò divertito.
"Esagerato!Sono solo 8 cm!" dissi ridendo. Lui iniziò a ridere e mi fece cenno di scendere giù. Prese le chiavi della macchina e ci dirigemmo verso la casa di Sara e Chris.
"Com’è andata oggi con mio fratello e Cole?" domandò guardando il semaforo rosso.
"Bene…ti volevo dire che John desidera che ci trasferiamo a New York City per il nuovo album, non so che fare…"risposi. Mi girai verso di lui, e lo notai serio, pensieroso, neanche per lui era una bella notizia.
"Tu non puoi volare e New York si trova dall’altra parte del paese, se è necessario, ci trasferiremo, ma non ora" disse.


Finalmente raggiungemmo l’indirizzo. La casa era grande quanto la nostra, era tutta bianca con dettagli di legno. Si sentiva la musica provenire dal giardino e le luci illuminavano creavano dei giochi d’ombra.
Entrammo dalla porta che dava sul retro della casa. C’erano tante macchine parcheggiate fuori quanti gli invitati dentro. Fummo subito notati da tutti, che iniziarono a salutarci e sorriderci, non credo erano abituati a vederci.
"Ciao, speravo di rincontrarvi" disse Sara. Si era avvicinata a noi facendosi spazio tra la folla, aveva in braccio James che ormai aveva un anno. Il bambino si lanciò tra le braccia di Jared, sembrava si ricordasse di lui; entrambi avevano gli occhi celesti uguali e insieme formavano una bella coppia.
"Ciao!" dissi. Jared le sorrise, era troppo indaffarato con James.
"Scusate, ma Jamy adora chi ha gli occhi come i suoi…è ora di andare a nanna" disse riprendendo suo figlio. Il bambino continuava a fare segno con le mani di voler essere preso da Jared, ma era troppo lontano.
"Ben arrivati, accomodatevi" disse Chris occupando il posto della moglie.
"Ciao" disse Jay stingendogli la mano.
"C’è un bebè in arrivo" disse.
"Già, dove posso lasciare la giacca?" risposi.
"Oh dammela a me, intanto voi fate come a casa vostra io vi raggiungo tra poco" disse allontanandosi.
"Mi concedi questo ballo?" domandò Jared sorridendo.
"Certo" risposi. Lui mi prese per mano e mi portò verso la pista. La musica era un lento, tutti in torno a noi erano capaci di ballarlo e Jared cercava di imitarli. Si muoveva lentamente, era diventato un bravo ballerino. Gli altri invitati ci guardavano curiosi e ogni tanto commentavano.
"C’è qualcosa che mi tiene la gamba" sussurrò.
"è James" dissi. Il bambino era in pigiama, aveva il dito in bocca e stava tirando i pantaloni a Jared. Gli stava facendo cenno di prenderlo in braccio chiudendo e aprendo la manina.
"Vieni qua e balla con noi" disse alzandolo da terra. James appoggiò la testa sulla spalla di Jared e con una mano mi teneva vicino a sé : ci stavamo comportando come dei genitori.
"Dai, è ora di dormire…ora ci pensiamo noi a farti addormentare" continuò lui.
Entrammo in casa e ci sedemmo sul divano. James si sedette sulle mie gambe ed io lo cullai. Jared prese la coperta, lo coprì e iniziò a cantare "No warning sign No Alibi We're fading faster than the speed of light Took our chance Crashed and burned No we'll never ever learn I fell apart But got back up again and then I fell apart But got back up again yeah.. We both could see Crystal clear That the inevitable end was near…"

 

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Capitolo 23
*** 23 ***


*Jared*

Ultimamente stavo passando più tempo fuori che a casa con Reneé. Stavo lavorando sul nuovo singolo di un cantante che voleva collaborare con me, per cui per non metterci tanto avevo deciso di finire tutto in una settimana, ma facendo così la maggior parte della giornata non la trascorrevo con lei. Quando andavo via, era sveglia e quando ritornavo, dormiva, sembrava un’eternità che non ci parlavamo. Oggi per fortuna avevo terminato la canzone e stavo tornando a casa.
Davanti al vialetto vidi altre macchine, erano tre, ma non erano né di mio fratello né di Tomo, forse erano venuti degli amici suoi. Aprì la porta aspettandomi di vedere qualcuno, ma non c’era nessuno in salotto. Sentivo della musica provenire dal piano di sopra, non era un cd, erano Helen, Matt e Cole. Riconobbi subito il loro modo di suonare; c’era il ritmo coinvolgente della batteria, la chitarra aggressiva, il basso ritmato, ma la voce non era femminile, qualcosa non quadrava. Anche lo stile era diverso sembrava metalcore, forse stavano sperimentando nuove cose. Posai la giacca e salì di corsa le scale. Aprì la porta e mi trovai davanti ad uno degli spettacoli più belli della musica quando i musicisti sono così presi dalla melodia che si fondono con essa e iniziano a creare. Matt e Reneé stavano dando il ritmo, Cole cantava e insieme a Helen cercava di seguirli con la chitarra.
"Ciao!"dissi.
"Hey! Ti piace?" disse Matt. Tutti si erano fermati e stavano posando gli strumenti. Reneé spense il suo amplificatore e si diresse verso di me. La baciai e le cinsi i fianchi.
"Oh si, state provando qualcosa di diverso…" risposi.
"Giusto, come mai sei tornato presto?" domandò lei.
"Ho finito la canzone…se vuoi, me ne vado" dissi sorridendo.
"No, non provarci!" esclamò.
"Ok, ormai sei qui, noi possiamo anche andarcene" disse Helen. Gli altri annuirono, si alzarono dalle loro postazioni e si avvicinarono a noi per salutare Reneé. Tutti l’abbracciarono e le accarezzarono la pancia. La casa si era svuotata, c’eravamo solo io e lei. Continuavo a stringerla a me e sentivo dei piccoli calci contro di me. Era il bambino. Ogni volta che l’abbracciavo si faceva sentire, anche lui era geloso della mamma.
"Stai fermo qui che ti devo far sentire una cosa" disse sciogliendo la mia presa. Prese la chitarra che le aveva regalato Tomo, si sedette e iniziò a suonare. Le sue dita si muovevano agili sulle corde, le note si susseguivano e componevano una melodia triste. Non capivo a cosa si era ispirata, stava facendo uscire il suo lato malinconico, che conoscevo solo io ed ero l’unico in grado di capire. Dopo un po’ iniziò a cantare, non era facile sentirla perché non si riteneva una grande cantante, ma io ero convinto del contrario. L’ho sempre considerata come un’artista completa, sapeva suonare vari strumenti e cantare, sotto alcuni aspetti era meglio di me.
"It hurts when you say nothig and nothis is enough I try to follow you, but you’re far away. I’ve been so far way, do you remember me?...i’m sorry if i make you cry, i’m sorry if i stole your lips…Time to say goodbye, time to say goodbye" .
"Qualche consiglio?" disse smettendo di suonare.
"Va bene così, vorrei sapere come finisce" risposi.
"Mi dispiace,ma non l’ho ancora finita" disse contenta.
"Dovrò aspettare…che giorno è oggi?" domandai. Mi ero dimenticato qualcosa, ma non ricordavo cosa e sapevo che era urgente, aveva a che fare con il Natale.
"Il 24…Oh Gosh!Domani arrivano i miei genitori e tua madre!" disse preoccupata. Posò subito la chitarra e si precipitò al piano di sotto. Anch’io me ne ero completamente dimenticato, dovevamo preparare tutto di corsa; le stanze, la cucina, i regali e il cibo dovevano essere pronti entro 24h.
"Che posso fare io?" chiesi gridando. Ero ancora nella stanza degli strumenti, la sua canzone mi aveva imbambolato.
"La spesa!Ehm la lista è sul tavolo, Tomo ha scritto tutto, se manca qualcosa, chiamalo!" disse. Scesi le scale di corsa, presi il foglio e uscì a fare la spesa. Non mi ero mai incaricato di certe cose, e non avevo la minima idea di dove trovare alcuni ingredienti.

Il supermercato era affollato e i clienti avevano gli occhi puntati verso di me. Cercai di non farci caso e di finire il prima possibile. In pochi minuti riuscì a prendere il tacchino, il prosciutto affumicato, i mirtilli per la salsa, le patate, le spezie varie e l’eggnog: tutto rigrosamente vegetariano. Tutto era pronto per il pranzo di domani, mancava solo Tomo come chef. Dopo aver controllato di aver preso tutto andai a pagare; la cassiera continuava da osservarmi e dovetti farmi il conto da solo. Lasciai i soldi e ritornai a casa.
"Sei un buon quasimarito" disse mio fratello.
"Grazie, potresti aiutarmi con la spesa?" domandai.
"Va bene" sbuffò. Io presi due buste e lui le altre due, non mi sarei mai immaginato di trovarmi in una situazione del genere. Dentro casa, c’erano Tomo, Vicki, Andreas e Fran. Tutti erano indaffarati in qualcosa, c’era chi cucinava, impacchettava i regali o sistemava la casa. Sembravamo una vera famiglia. Eravamo un avera famiglia.
"Chi deve fare la salsa prenda questa busta!" dissi. Non feci in tempo a posarla che Tomo se l’era portata via in cucina. Reneé stava tirando fuori i piatti, le posate, le candele e tutto ciò che serviva per allestire la tavola; mentre lui si dava da fare tra i fornelli. Solo io me ne stavo con le mani in mano.

00.00pm
Ufficialmente era Natale e al piano di sotto tutti i nostri amici si erano addormentati sui divani. Reneé ed io eravamo in camera nostra. Lei continuava a osservarsi la pancia ed io guardavo lei. Il bambino era cresciuto e si muoveva molto, di conseguenza lei non dormiva tanto e anch’io. Quando si svegliava nel mezzo della notte, cercavo di annoiarla con i miei discorsi, ma il più delle volte accadeva il contrario, parlavamo fino all’alba senza rendercene conto.
"Vieni qua" sussurrò.
"Che c’è?" domandai.
"Se vieni qua, te lo dico" rispose sorridendo. Aveva qualcosa in mente, lo capivo dal suo sguardo.
"Eccomi" dissi avvicinandomi al letto. Appena fui abbastanza vicino a lei, mi baciò. Io ricambiai all’istante e la strinsi a me, mi stavo dimenticando della sua pancia, ma quando sentì i soliti calci contro di me, inizia a ridere. Non voleva proprio che mi avvicinassi a lei ed io avevo paura di fargli male.
"Lo senti?" domandò.
"Certo!è gelosissimo!" risposi ridendo.
 

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Capitolo 24
*** 24 ***


*Reneé*

It’s Christmas time!!

Oggi sarebbero arrivati i miei genitori, non li vedevo da una vita, loro sapevano che ero incinta, ma non mi avevano mai visto con il pancione: non sapevo cos’aspettarmi. Tra poco sarebbe arrivata anche la madre di Jared; con Constance avevo un rapporto magnifico, mi trattava come una figlia e certe volte mi capiva di più della mia stessa madre. Io ero già sveglia, il clima natalizio si stava facendo sentire, l’aria sembrava più frizzante ed anche il mio spirito lo era. Jared continuava a dormire, aveva nascosto la testa sotto il cuscino per non essere disturbato dalla luce e l’unica parte del corpo che si poteva intravedere da sotto le coperte, erano le mani. Non volevo svegliarlo bruscamente, così mi alzai e andai a cambiarmi. Ogni giorno che mi vestivo e poi andavo a guardarmi allo specchio, mi sembrava che la pancia era più grande. Ero arrivata quasi al settimo mese e mi sentivo come una mongolfiera ambulante ma Jared mi ripeteva sempre che ero magnifica e le mie lamentele finivano lì. Ritornai in camera e lo ritrovai nella stessa posizione in cui l’avevo lasciato, ma non poteva dormire ancora per molto, tra poco la casa sarebbe stata affollata dai parenti e amici. Mi avvicinai al letto, presi la coperta e la tirai giù. L’aria fredda sfiorò la sua pelle e lui iniziò a borbottare qualcosa d’incomprensibile, con una mano cercava la coperta e con l’altra la sveglia.
"Buongiorno!" esclamai contenta.
"Giorno…"rispose sbadigliando. Si era seduto sul letto, il viso era ancora assonnato e i capelli sparati in aria.
"Andiamo, vestiti" dissi con le mani sui fianchi.
"Quanto sei rompi" disse sbadigliando di nuovo.
"E tu no eh?!" risposi. Lui mi sorrise e con una mano mi tirò verso di se. Mi baciò, sorrise di nuovo e disse:" No, io sono perfetto". Iniziai a ridere e lo spinsi verso la porta del bagno. Appena vi si chiuse dentro, scesi al piano di sotto per controllare come stavano procedendo i preparativi. Tutto e tutti erano pronti. Shannon stava guardando la Tv insieme a Vicki mentre Frà giocava con Andreas. Solo Tomo stava lavorando, era in cucina che si dava da fare con il dolce.
"Ben alzata" disse mentre montava la panna.
"Hey!che dolce stai facendo?" chiesi cercando di curiosare.
"La Red velvet…come state?" disse.
"Mah bene, oggi siamo attivi" risposi avvicinandomi a lui. Con un braccio mi abbracciò e mi diede un bacio sulla fronte.
"Hey tu!lo so che mi senti, per cui comportati bene con la mamma. E tu piccolo panda va ad aprire la porta, qualcuno ha suonato" continuò.

Erano arrivati i miei genitori, mia sorella e Constance. Jared li stava facendo accomodare e si salutavano calorosamente. Non li avevo mai visti così con lui, c’era qualcosa sotto. Appena mi videro, corsero da me e mi abbracciarono come non mai.
"Buon Natale!Come stai?" dissero in coro.
"Bene, come mai questo calore?" risposi. La loro reazione mi aveva stupito, forse ero io che non li vedevo da tanto, oppure era lo spirito natalizio che aveva effetti strani sulla mia famiglia.
"A te la gravidanza fa male!Ti sembra che non ci siamo mai comportati così con te?" domandò mio padre divertito. Io annuì, non mi ero ancora abituata alla loro presenza.
"Tua figlia è sempre buffa!è maschio?" disse mia madre.
"Non lo sappiamo, vogliamo che sia una sorpresa" rispose Jared. Si era infilato vicino a me, aveva notato la mia reazione e di sicuro voleva tenermi d’occhio.
"Imprevedibili come sempre" disse mia sorella.
"Scusate, ma devo andare da Constance" dissi facendomi spazio tra di loro. Appena la trovai, l’abbracciai e lei come tutti mi chiese come stavo e informazioni sul bambino.


Il pranzo si era svolto come in una famiglia normale. Tutti avevano fatto i complimenti a Tomo per la sua cucina, ma ora era arrivato il momento dei regali. L’albero era pieno di pacchi di varie dimensioni, non vedevo l’ora di scoprire cosa c’era. Shannon iniziò a distribuire i regali, il primo toccò a Fran, Shan le aveva regalato un buono con scritto "Valido per far fare a Shannon Leto quello che vuoi" . Il secondo fu per Vicki, poi per Tomo,Natalie,Andreas, Constance…ci fu qualcosa pesino per il nuovo arrivo. Rimasero quattro pacchetti, Jared ne prese due e si avvicinò a me. Poi ne presero uno anche Tomo e Shannon. Jay ne aprì uno e tirò fuori una scatolina, era come quella dell’anello che mi aveva regalato un po’ di tempo fa. Mi prese la mano sinistra e iniziò a parlare:" Divideremo la vita, la casa, la pazzia, avremo i nostri alti e bassi,ma abbiamo deciso di attraversare tutto insieme…vorresti passare il resto della tua vita con me?...non intendo un matrimonio, nessuno farà quello che ci inventeremo noi" . L’anello era bellissimo, c’era un brillante che sotto la luce rifletteva i colori dell’arcobaleno.
"Oh mio Dio!Certo che lo voglio!" risposi commossa. Jared mi baciò, era contento anche lui. Mia madre e Constance avevano le lacrime agli occhi. Mio padre sorrideva: finalmente stava accettando l’uomo della mia vita.
"Ti amo. Beh ora credo sia ora di svelare cosa contiene l’altra scatola…Tomo?"continuò lui.
"Lo sapete tutti, John vuole che tutti vadano a vivere a NYC, e ieri abbiamo scoperto che anche il nostro manager lo vuole…Ehm ecco le chiavi delle nostre nuove case newyorkesi!". Nel giro di pochi minuti, la mia vita era cambiata. Tra meno di tre settimane mi sarei trasferita, mi stavo per "sposare" e per la prima volta i miei genitori erano contenti.


*Jared*

La giornata in famiglia era passata velocemente. Si era creata un’atmosfera diversa tra di noi. Tutti erano in armonia con l’altro, io avevo stretto un legame con la famiglia di Reneé e loro avevano iniziato ad accettarmi. Ma ormai a casa eravamo rimasti solo lei ed io, le luci dell’albero illuminavano il salotto, i piatti erano stati lavati e noi stavamo riguardando le foto che avevo fatto oggi.
"Sei davvero bravo" disse.
"Sei tu quella perfetta, ecco perché le foto vengono così belle" risposi.
"Smettila di adularmi, sono una mongolfiera!" si lagnò.
"No, sei irresistibile" precisai.
"Spudorato adulatore" disse. Mi divertiva quando faceva così, ma preferì azzittirla baciandola che sentirla controbattere ogni cosa che le dicevo. Le presi il viso con le mani e lo avvicinai al mio. Lei spostò le sue sulla mia schiena ed io la strinsi con più forza a me. Sentì i soliti calci, ma non ci feci caso. Volevo solo lei. La baciai con più voga, lei mi assecondò e nel giro di pochi secondi mi ritrovai sopra di lei. Mi ero completamente dimenticato che aveva qualcuno in grembo
 

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Capitolo 25
*** 25 ***


*Reneé*
Oggi ci saremmo trasferiti definitivamente a New York City. Non avevamo idea di che casa aspettarci, sapevamo solo l’indirizzo e che si trovava in uno dei quartieri più importanti. Jared stava guidando ed io seduta dietro gli facevo da Tom Tom. Non conoscevamo bene la zona dell’Upper East Side e continuavamo a girare intorno a Central Park. Shannon, Fran, Tomo,Vicki e gli altri avevano già trovato la loro casa; non abitavamo insieme, ognuno di noi aveva il proprio appartamento, ma rimanevamo sempre nella stessa zona. Il sole splendeva alto in cielo e fuori faceva un freddo cane. Per strada c’erano ancora dei residui di neve, gli alberi erano spogli, ma nonostante tutto ciò c’era chi faceva jogging, chi correva per evitare di arrivare tardi al lavoro o chi faceva la sua camminata mattutina con il caffè in mano.
"Mi puoi dire l’indirizzo?" domandò.
"Va bene, 130 East 79th Street" risposi.
"Ok, ora siamo su Park Ave, non dobbiamo far altro che svoltare a destra" disse appoggiandosi al volante.
"Ma va!Te l’avevo detto prima!" esclamai.
"No, te volevi passare per Madison Ave!" disse.
"Aah quanto siete complicati voi uomini" sbottai.
"Siamo arrivati!" disse contento.
Scesi subito dalla macchina e mi precipitai vicino a lui. Davanti a me vidi un palazzo color corallo, era di sette piani, c’era il portiere e tanta bella gente che usciva da lì. Era una bella zona, verde, vicina al parco, l’unica cosa che mi mancava della mia L.A era il clima. Jared prese le chiavi di casa e mi fece cenno di entrare. Appena il portiere ci vide, aprì subito la porta e ci salutò cortesemente. Internamente sembrava la hall di un hotel, c’erano due ascensori, due rampe di scale e anche i maggiordomi. Era un ambiente diverso da quello in cui ero abituata a vivere.
"Bello eh?Forse un po’ troppo da figli di papà, ma dovrai abituarti" mi sussurrò all’orecchio. Chiamò l’ascensore e in pochi minuti arrivò. Quando si aprirono le porte, notai che anche lì dentro c’era qualcuno che lavorava per te; entrammo e notai che oltre ai bottoni che indicano il piano, c’è n’erano altri che indicavano come aprire la porta del piano. In quel momento tutto mi parve complicato. Il ragazzo che era con noi premette il pulsante con il numero sette e poi un altro di un colore diverso. Nel giro di cinque minuti arrivammo a casa; mi aspettavo di uscire in un corridoio, ma la porta mi lasciò direttamente dentro l’appartamento.
"Non si sono risparmiati eh?!" dissi entrando in salotto. Anche all’interno era stupendo, il soggiorno era spazioso e illuminato da una grande finestra che dava su Central Park, la cucina era supermoderna e la sala da pranzo da urlo.
"Già, ma non è finita qui, vai al piano di sopra" disse sorridendo. Non avevo notato delle scale, eppure si trovavano nel salone; salì subito le due rampe di scale e arrivai in un corridoio. C’erano cinque porte, aprì la prima a destra ed entrai. Era la stanza mia e di Jared, anche lì c’era tanta luce che illuminava il letto, la cabina armadio era il doppio di quella vecchia e il bagno aveva due lavandini, due specchi e la doccia-vasca. Tutto era magnifico. Mi stesi sul letto per testare la sua morbidezza quando vidi Jared sopra di me.
"Ti piace?" domandò.
"Si!è bellissima" dissi entusiasta.
"Mai quanto te"sussurrò. Non mi diede il tempo di controbattere che mi stava già baciando. Mi strinse a se e mi spinse verso i cuscini.
"Ahi!" esclamai;qualcosa mi aveva fatto male alla schiena. In quel momento Jared tolse un giocattolo per bambini da dietro di me.
"Cole…"mugugnò serio.
"Cosa?" domandai.
"Ti devo far vedere una cosa" disse alzandosi dal letto. Mi coprì gli occhi e mi condusse in un’altra stanza.
"Ora puoi vedere"continuò. Eravamo nella stanza del bambino, poiché non si sapeva il sesso, i colori usati erano il giallo, il verde e l’arancione. C’era la culla, il fasciatoio, l’armadio, una sedia a dondolo vicino alla finestra e una chitarra. Nel muro era dipinto un bosco fiabesco e anche nei mobili che erano tutti bianchi, c’erano degli animali disegnati.
"Ti piace?" chiese.
"Sono senza parole" dissi continuando a osservare ogni singolo dettaglio della cameretta.
"Mi fa piacere, mi ha aiutato Cole e mio fratello" disse.
"Cole?!" domandai. Non era normale un rapporto così ravvicinato tra i due.
"Si, devo ammettere che non è poi così male quel ragazzo" rispose. Si notava benissimo che per dire quelle parole gli c’era voluto del tempo, ma l’importante era che non avrebbero più litigato, almeno per ora.



Ero da sola, Jared era andato a fare un’intervista ed io non sapevo che fare. Decisi di uscire e fare un giro per Central Park. Cercai di evitare i vicini e il portiere, non mi ero ancora abituata alla gente che abitava lì. Fuori era freddo, il vento era così forte che mi faceva lacrimare gli occhi e il cielo minacciava la pioggia. Attraversai tutta Madison Ave ed entrai nel parco. C’erano molte persone, alcune camminavano con i fidanzati oppure erano genitori che correvano dietro ai figli. Tutti mi avevano riconosciuto, nel loro volto vedevo l’insicurezza, non sapevano se avvicinarsi o no. Io continuai a camminare facendo come se niente fosse, arrivai fino al lago ghiacciato; ormai ero stanca e mi andava un qualcosa da mangiare. Mi stavo avvicinando per comprare un hot dog quando sentì qualcuno parlare:"Se fossi in te, andrei a comprarlo da quel signore là in fondo". Non era una voce familiare, così decisi di girarmi per scoprire chi era. Vidi un ragazzo alto, biondo, dagli occhi azzurri, era carino.
"Perché?" domandai.
"Se ne vuoi mangiare uno davvero buono, faresti bene a darmi retta" rispose.
"Va bene, ma vieni anche tu che offro io" dissi contenta. Finalmente avevo trovato una persona normale.
"Non sei come le altre celebrità" disse avvicinandosi a me.
"Beh grazie…e tu chi sei?" chiesi.
"Oh che sbadato, mi chiamo Alex" rispose.
"Piacere, io sono Renata" dissi.
"Tutto il mondo sa chi sei, comunque piacere" disse divertito.
"Bene, allora che mi racconti?Io mi sono trasferita qui e non conosco nessuno a parte te" risposi prendendo i due hot dog.
"Allora ti terrò compagnia io, ti farò da guida, sempre che Jared non se la prenda…Ah ma perché dovrebbe farlo?!Io sono gay" disse.
"Bene!Sei il mio nuovo amico Newyorkese" risposi.
"Scusa, ma ora devo andare al lavoro…tieni il mio numero, ci vediamo domani!" disse frettolosamente.
Lo conoscevo da poco, ma c’era qualcosa in lui che mi dava fiducia: avevo trovato un nuovo amico.
 

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Capitolo 26
*** 26 ***


*Jared*
"Svegliati"sussurrò lei. Eravamo ancora a letto, era domenica ma Reneé continuava a volermi alzato. Oggi mi avrebbe presentato qualcuno, non sapevo chi era, da dove veniva, se era un maschio o una femmina, sapevo solo che lei lo o la conosceva.
"Altri cinque minuti" mugugnai. Cercai di fermarla abbracciandola, ma non la trovai al mio fianco. Alzai la testa dal cuscino e la vidi seduta di fronte a me, aveva le gambe incrociate e mi guardava scocciata.
"Eh no, non arriveremo in ritardo da Alex!" insistette.
"Chi è Alex?!" domandai.
"è il mio amico" rispose tirando la coperta.
"Oh no, non bastava Cole?!" sbottai.
"è gay!Tranquillo, ora alzati che tra mezz’ora arriva" disse alzandosi dal letto.
"Oh, potevi dirlo prima!" dissi sorridendo. Ed eccomi qua, comandato da lei. Mi ero ripromesso varie volte di non ricadere nello stesso burrone comunemente chiamato amore, ma lei mi aveva intrappolato e ora mi ritrovavo così. Sono ricaduto in quell’assurda sensazione, sembra che dei fuochi d’artificio mi esplodano nello stomaco, ma è piacevole. Sto riperdendo i sensi a causa sua, un suo sorriso, sguardo, smorfia, non importa cosa faccia, mi toglie il respiro e divento dipendete della mia droga, lei. È più forte di me, non lo faccio perché lo voglio, ne ho bisogno, non mi servono tante parole, mi basta un semplice "ciao" per sentirmi bene.
"Hai fatto?" domandò da dietro la porta.
"Si, ora esco"risposi. Aprì la porta e trovai davanti a me, era bella come sempre, non potei non baciarla. La tirai all’improvviso verso di me, la strinsi e posai le mie labbra sulle sue. Le sue mani si posarono sopra le mie spalle e le mie sui suoi fianchi.
"è arrivato" sussurrò staccandosi da me.

In salotto c’era un ragazzo seduto sul divano. Era alto, biondo, occhi azzurri, aveva qualcosa di particolare. Lo analizzai da ogni punto di vista possibile, mi parve una persona apposto.
"Piacere, Jared" dissi avvicinandomi a lui.
"Alex" rispose stringendomi la mano. In quel momento arrivò Renata, lei lo abbracciò, sembravano degli amici di vecchia data. Ultimamente aveva trascorso con lui la maggior parte del suo tempo; Frà era impegnata con il lavoro e Vicki aveva da fare con Andreas.
"Scusalo, ma è geloso" disse lei.
"Oh, figurati…è Cole il problema giusto?" domandò il nostro nuovo amico.
"Sai tutto eh?!" dissi.
"Haha non solo io, tutto il mondo è alla conoscenza del conflitto che hai con lui, sinceramente sono d’accordo con te"rispose.
"Bravo, hai guadagnato un punto in più" disse lei.
"Beh, come al solito vi devo lasciare, mio fratello mi chiama. Ci vediamo dopo"dissi. Baciai di sfuggita Reneé e uscì di corsa.


*Reneé*

Eravamo al Third Rail Coffee, oggi mi avrebbe fatto conoscere un’altra parte dell’East Village. E come prima tappa aveva scelto questa caffetteria che era famosa per le sue forme disegnate sul cappuccino e per la sua qualità. Internamente era molto pomposo, si capiva benissimo che ci trovavamo nei quartieri alti, i clienti intorno a noi parlavano delle loro future vacanze negli Hamptons e delle nuove collezioni degli stilisti. Solo noi due stavamo parlando del nostro pranzo a base di pizza.
"Voi due siete una bella coppia" disse.
"Oh, non me lo avevano mai detto" risposi bevendo il mocaccino.
"è vero, quando vi ho visto insieme, ho notato un’armonia indescrivibile, anche chi sta intorno a voi, si sente a suo agio. Ho notato che vi muovete a seconda di dov’è l’altro, lui ti segue con lo sguardo, ma non controllando, è una specie di ammirazione mista a perdizione e tu fai la stessa cosa. Non avete bisogno di molte parole, vi bastano gesti e sguardi, siete il simbolo dell’amore dal mio punto di vista" spiegò.
"Beh grazie, e con Brandon come va?" chiesi.
"I maschi sono tutti uguali e abbiamo deciso di seguire ognuno la propria strada" rispose.
"Beh che ci facciamo qui senza fare niente?! Andiamo a comprare un abito per me, metterò in atto la tua idea" dissi. Volevo distrarlo, anche se lo conoscevo da meno di un mese, non ce la facevo a vederlo giù di morale.
"Va bene, ma dovrai raccontarmi tutto!" disse. Uscimmo in fretta dalla caffetteria, salimmo in un taxi e ci dirigemmo verso il Bloomingdales. Andavamo là per un vestito, Alex voleva che Jared ed io andassimo a cena insieme perché secondo lui ultimamente non ci passavamo tanto tempo insieme. Ci mettemmo venti minuti per arrivare al negozio, come al solito c’era traffico. Entrammo in questo grande centro commerciale, c’erano tutte le marche possibili da quelle come Prada a quelle come Mayoral. Alex si perse tra i vari abiti, ne scelse tre e mi trascinò verso il camerino. Per primo provai il vestito colo rosa pallido, era fasciato sul seno e morbido dalla pancia in giù. Mi passo delle scarpe grigie da abbinarci, mi fece fare una sfilata e poi ritornai a cambiarmi. Andammo avanti così per un’ora finché non scelse l’abito più adatto. Il prescelto fu il vestito di color rosso, ora doveva solo aspettare che trovassi un giorno libero.



Finalmente ero tornata casa, oggi avevo girato mezzo East Village. Anche Jared era tornato a casa, Shan lo aveva trattenuto tutto il giorno perché aveva intenzione di fare una sorpresa a Fran, ma non era capace di metterla in atto da solo.
"Hey, è da un po’ che non parlo con te. Tra poco arriverai in questa famiglia, comunque se io voglio la mamma non essere geloso. Ti voglio bene" disse accarezzando la mia pancia. Il piccolo scalciò, sembrava che gli avesse risposto.
"Non puoi spiegargli prima del tempo certe cose eh?!" dissi ridendo. Lui mi zitti baciandomi e ricademmo nelle nostre voglie.
"Domani farai un servizio fotografico" sussurrò staccandosi.
"Cosa?!" domandai.
"Shhh…" disse ribaciandomi. Adoravo le sue labbra.
 

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Capitolo 27
*** 27 ***


*Jared*

Stavo preparando la mia Nikon Reflex D3000. Era da un po’ di tempo che non fotografavo una persona cui tenevo, così oggi avevo deciso di fare un servizio fotografico a Renata. Volevo farlo tutto in bianco e nero, i suoi tre tatuaggi si dovevano vedere bene e anche la pancia. Le foto dovevano essere artistiche e piene di vita, doveva essere un ricordo che magari avrei potuto mostrare a nostro figlio. Inoltre volevo immortalare la bellezza e inserire la foto più interessante nel mio nuovo book fotografico.                        
  “Come devo vestirmi?” chiese.                                                                                                                                                        
“In intimo, possibilmente bianco e il reggiseno a fascia…voglio che il tatuaggio sulla spalla si veda” risposi.  “Sono pronta” disse uscendo dalla cabina armadio. Era seduta sul divano e aspettava le mie indicazioni, aveva i capelli mossi, il make-up era lieve e come al solito nel suo polso sinistro aveva un sacco di braccialetti.                                                                                                          
“Ehm…alzati, vai verso la finestra, comportati normalmente…passa la mano sinistra tra i capelli” dissi sistemandomi dietro all’obiettivo. Lei si alzò subito e diresse il suo sguardo fuori verso Central Park. Io iniziai a scattare mille foto, cercavo di fotografarla da ogni prospettiva possibile. Lei continuava a gironzolare per casa mentre io le facevo da “paparazzo”. Riuscì a immortalare varie volte la farfalla tatuata sul braccio sinistro. Quel tatuaggio mi è sempre piaciuto, era una farfalla in stile giapponese circondata da petali di ciliegio; rappresentava il suo continuo inseguimento dei sogni.                                                                            
 “Va bene?” domandò.                                                                                                                                                            
 “Perfetta, ora andiamo in bagno” risposi riguardando le foto fatte fin ora.                                                                     
  “Posso vedere?” domandò. Si era avvicinata me, era alle mie spalle in punta di piedi che cercava di curiosare.                               
 “Lo stai già facendo” dissi.                                                                                                                                     
 “Caspita!sono bellissime” sussurrò.                                                                                                                                        
  “Ora, per favore entra nella vasca, non ho la minima idea di cosa tu possa fare…inventati qualcosa” dissi ritornando al mio ruolo di fotografo. Lei entrò nella vasca e si stese, stava creando una posa, ma non ne ebbi bisogno, stavo già scattando. Immortalai il suo viso con i capelli che glielo incorniciavano e la piuma tatuata sulla scapola.                                                                                                  
“Eh Ehm…” disse qualcuno alle mie spalle. Era Francesca, era appoggiata alla posta del bagno che ci guardava sorridendo.
 “Ciao!” disse Renata uscendo dalla vasca. Frà le saltò subito in collo, non la vedeva da un po’ a causa del lavoro e le mancava la sua presenza in casa.                                                                                                                                
 “Che fate?” domandò.                                                                                                                                                                 
“Un servizio fotografico…comunque sei arrivata al momento giusto, scattaci una foto insieme, così finisco” risposi dandole la Reflex. Le spiegai come usarla e mi avvicinai a Renata. Ora avremmo fatto una foto più divertente, come quelle che ci faceva Terry.  Io indicai la sua pancia con faccia stupita e lei fece la stessa cosa con me. Frà continuava a scattare e noi cambiavamo ogni volta espressione.
Ci stavamo divertendo come matti.



 “Andiamo al Wollman Rink?” domandai.                                                                                                                                         
  “A pattinare?!” chiese.                                                                                                                                                        
“Si” risposi. Era da un po’ che non pattinavo e non volevo rimanere a casa; ormai lei era arrivata all’ottavo mese e tra poco avrebbe passato più tempo dentro che fuori, volevo godermi l’ultimo mese con lei.                
 “Non sono brava con i pattini” mugugnò. Questa era una delle poche cose che non sapeva fare e in cui io eccellevo. Lei parlava più lingue oltre all’inglese, sapeva disegnare, suonare vari strumenti, cantare, fotografare, era tuttofare.                                                    
“Ti aiuto io” dissi dandole il cappotto.                                                                                                                                          
“Aah va bene, riesci a convincermi sempre” sbuffò. Indossammo i cappotti, sciarpe e guanti. Scendemmo già con l’ascensore cercando di non dare nell’occhio; i nostri vicini non sapevano di preciso chi eravamo, ma i loro figli si e ogni volta che uscivamo ci fermavano per qualsiasi cosa. Ci avevano persino consigliato la scuola per nostro figlio! Prendemmo un taxi e ci dirigemmo verso la 5th Ave al Central Park.  Il parco era grande, dovemmo sorpassare il lago e poi arrivammo alla pista. Ormai era arrivato il tramonto, ma c’era ancora qualcuno che pattinava, l’atmosfera era romantica. Gli alberi erano ancora spogli e dietro di noi s’innalzavano dei grattacieli, non c’era il solito caos della città.                                             
Vieni” sussurrai. Io ero già nella pista, lei mi guardava impaurita, aveva paura di perdere l’equilibrio e di cadere.                         
 “Avanti, ci sono io” insistetti. Finalmente riuscì a trascinarla. Iniziai a pattinare, la tenevo vicina me stringendole la mano, cercavo di non andare veloce, ma non ce n’era bisogno lei era capace a pattinare. Non riuscivo a pensare a niente che non fosse capace di fare.

 
*Renata*

“Non mangiare tutti quei bom bom al cioccolato” disse senza staccare gli occhi dal libro che stava leggendo.
“Uffa!” mugugnai. Odiavo quando mi diceva cosa potevo fare o no.                                                                                   
“Non fanno bene né a te né al bambino” continuò.                                                                                                                     
  “Che stai leggendo?” domandai.                                                                                                                                             
“Cime tempestose, ma non cambiare discorso, lo so che li stai mangiando, non ho bisogno di vedere” disse.                          
“Ugh!Ma sono così buoni” risposi. Lasciò a sua lettura, si avvicinò a me e prese i cioccolatini.                                 
 “Ora me li mangio io” disse, sorrise come per prendermi in giro.                                                                                  
 “Uffa!Io non ti parlerò più in inglese, inizierò a comunicare in spagnolo o in tedesco !” dissi facendogli la linguaccia.                   
“Vedi?Hai una mamma pazza!” esclamò ridendo. Continuava a tenere i bom bom in mano, ne stava scegliendo uno, ma era impossibile, tutti erano buoni.                                                                                                             
 “Jared Joseph Leto non iniziare, voglio il mio cioccolato!” insistetti.                                                                                           
“No, non te li do” disse divertito.                                                                                                                                                 
  “E invece si” sbuffai.                                                                                                                                                                
“Preferisci del semplice cioccolato belga a me?” domandò ironico.                                                                                   
 “Beh loro non mi fanno arrabbiare” risposi. Iniziò a ridere, si avvicinò a me e posò le sue labbra sulle mie. 
“Li preferisci ancora?” chiese.                                                                                                                                                                  
 “Che scelta ardua!” esclamai.
Jared mi guardò male e fece il broncio. Sembrava un bambino; m’immaginai subito nostro figlio o figlia nella stessa situazione, la scena era esilarante.                                                                            
 “Ma no!Preferisco te!” continuai.                                                                                                                                           
“Bene, perché io ti amo” disse sorridendo.

  
 

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Capitolo 28
*** 28 ***


*Jared*

Eravamo nella stanza del bambino e stavamo preparando la borsa per l’ospedale. Il giorno del parto era in ritardo di una settimana, lei non era nervosa, continuava a vivere le sue giornate come sempre, ma io avevo capito che si era stufata di aspettare.
"Ho una sorpresa per te" disse.
"Sono iniziate le doglie?" domandai sistemando i body.
"No, ci viene a far visita un mio amico, non so se ti ricordi di lui" rispose.
"Chi è?" chiesi.
"Ville!" esclamò contenta. Questo nome mi riportò subito alla mente vari ricordi piacevoli. Ville Valo era il cantante di una band lovemetal, era finlandese e con lui avevamo girato vari festival come il Rock am Ring e il Rock in Rio.
"Ha detto che tra poco viene qua e mi ha invitato al concerto di sta sera" continuò. Non sarei mai riuscito a dissuaderla da questa idea, lei non si sarebbe mai persa un live degli H.I.M, tanto meno se era stata invitata da uno dei suoi più grandi amici. A me non restava che accompagnarla e sperare che non si rompano le acque.
"Bene, ti accompagno" risposi.
"Non preoccuparti…secondo me entro sta sera iniziano i dolori" disse toccandosi la pancia.
"Spero che non accada quando siamo al concerto!"esclamai. Lei fece subito un’espressione contrariata e continuò a controllare che avessi messo tutto. Secondo me la mia teoria non era poi così sbagliata, anche mio fratello la pensava come me, secondo lui suo nipote sarebbe nato sta notte perché domani era il suo compleanno, per cui diventava il suo regalo.


"è arrivato!" gridò dal piano di sotto. Scesi subito le scale e li vidi abbracciati. Ville non era cambiato, era sempre magro, alto e aveva con se sempre quella sua aura da ragazzo maledetto. Lui la stringeva a se, in un primo momento fui geloso, ma riguardandoli inizia a ridere. Il loro abbraccio si era interrotto, Ville le aveva detto qualcosa e lei cercava di picchiarlo, ma era troppo alto e non riusciva a dargli lo schiaffo.
"Ciao futuro papà" disse Valo, tenendo ferma Reneé con un braccio. Sembravano dei bambini.
"Hey!Vedo che sei già vittima di Reneé" risposi divertito.
"Sono abituato, anche mia moglie era così quando sono nate le mie bambine" disse.
"Come stanno?" domandò lei sedendosi sul divano.
"Alice ha iniziato l’asilo e la piccola Denise ha appena nove mesi. Ora sono a Helsinki con la mamma, mentre io sono i tour" rispose.
"Che carine!Il nostro non si decide a nascere!" sbuffò.
"Se vieni al concerto nascerà" disse Ville.
"Allora andiamo subito!" esclamai. Uscimmo subito, prendemmo la mia macchina e Valo iniziò a guidarmi verso l’Irving Plaza. Nel giro di mezz’ora arrivammo a destinazione, dovemmo attraversare mezza città e nel frattempo loro due ripassavano la scaletta . Davanti alla porta c’era una fila lunga di fans, ci avevano riconosciuto e stavamo scattando mille foto. Dopo qualche autografo riuscimmo a entrare e gli H.I.M iniziarono il soundcheck. Reneé ed io ci sistemammo nell’area vip insieme alla fidanzata del batterista. Le prove durarono poco e in meno di un’ora iniziò il concerto. Era la prima volta che accompagnavo Reneé a un live che non era né suo né mio. I fans iniziavano a cantare e saltare. Il mio sguardo si concentrò su Valo, io e lui avevamo uno stile completamente diverso nel cantare. Io sul palco saltavo, giravo su me stesso, diventavo una specie di animale. Lui rimaneva vicino all’asta del microfono, l’unico movimento che vedevo era quello della sua gamba, ma riusciva a farmi venire i brividi. La sua voce era così grave che certe volte incuteva paura. Ero così preso che mi dimenticai di Reneé. Mi girai e la vidi persa quanto me, cantava, scattava foto e come ogni fan iniziò a commuoversi senza rendersene conto. Stavano suonando la sua canzone preferita "Ode to Solitude", lei cantava e piangeva, non l’avevo mai vista così, forse era così anche ai miei concerti.
"Come va New York?" chiese Valo. La folla rispose gridando.
"Vi state divertendo eh?! Questa canzone la dedico a una mia cara amica che ora è qui. Lei è incita e il suo ragazzo la sta tendo d’occhio. ‘Buried alive by Love’ è per te" continuò. I fans gridarono così forte che il pavimento tremò. Poi vidi Reneé, sorrideva e le lacrime le rigavano il viso, ma la sua felicità si fermò all’istante. Mi prese il braccio e con le unghie mi lasciò il segno: le doglie erano arrivate. Si girò verso di me, i suoi occhi erano pieni di paura mista a dolore, non sapevo che fare.
"Arrivederci New York City!" gridò Valo. Per fortuna il concerto era finito, ora potevamo dirigerci all’ospedale. Cercai Ville, ma c’era troppa confusione nel backstage. Iniziai a innervosirmi, lì tutti parlavano più finlandese che inglese e non riuscivo a trovare Valo. Finalmente lo vidi, corsi subito da lui, lo fermai e dissi :" Sta per nascere!" "Cazz…andiamo!" disse. Lasciò il manager e ritornò con me di corsa da Reneé. Lei continuava a camminare e ogni tanto nel suo viso si formava una smorfia di dolore.
"Andiamo al New York Downtown Hospital!" disse.
Inizia a guidare, il mio nervosismo era a mille, cercavo di mantenere la calma come Tomo, ma non ci riuscivo. Ville era seduto dietro con lei, la stava distraendo e contando ogni quanto tempo arrivavano le doglie. Io guidavo come un matto, c’era troppo traffico.
"Oh oh si sono rotte le acque!" disse Valo. Ora anche lui era agitato quanto me.
"Cosa?!C’è troppo traffico" risposi.
"Cazzo! Muoviti, vai contro senso, non m’importa! Basta che arrivo in ospedale!" esclamò lei. La sua calma era finita e il suo nervosismo stava prendendo il sopravvento. Non controbattei, non era una buona idea farlo a una donna durante il travaglio. Girai il volante e sorpassai più macchine possibili. Ville continuava ad assisterla, ma lei era arrabbiata e gli stava stritolando la mano. I dolori diventavano più forti.


Finalmente arrivammo all’ospedale. Un infermiere ci condusse a maternità e ci diede una stanza. Ora lei era stesa a letto, continuava a lamentarsi del dolore. Io stavo sbiancando, non l’avevo mai vista soffrire così. Ville era seduto sulla poltrona, stava chiamando mio fratello perché io ero troppo agitato. Non potevamo ancora entrare in sala parto, la sua dilatazione non era abbastanza; continuavo a camminare avanti e indietro. Non avevo ancora capito che tra poche ore sarei diventato padre.
"Smettila di camminare, il peggio viene dopo" disse Valo.
"Non farmi pensare…Ehm cosa ha detto Shannon?" domandai.
"Che arriva tra poco con Tomo" disse. Lui era tornato calmo, continuava a fare zapping in Tv.
"Stai fermo!" gridò lei. Il mio continuo movimento la stava irritando. Mi avvicinai al letto per cercare di assisterla. Lei mi afferrò la mano e iniziò a stritolarla.
"Ahi!" dissi. Ville scoppio a ridere, ma Reneé lo fulminò con lo sguardo e tacque subito.
"Se tu fossi al mio posto, sapresti cos’è il vero dolore" disse lei con aria minacciosa.
"Non è colpa mia" precisai.
"Ah no?!" esclamò.
"Ehm forse si…senti chiamo un’infermiera" dissi uscendo dalla stanza. Cercai un’ostetrica, ormai erano passate due ore e mezzo da quando si erano rotte le acque e lei stava diventando insopportabile.
"Scusi, può venire con me?" domandai al primo medico che vidi.
"Certo" rispose. Ritornai da lei con il medico. Ora Valo era accanto a lei, le teneva la mano e aveva lo sguardo spaventato. Forse era arrivato il momento.
"è ora, andiamo in sala parto" disse il medico. In quel momento il viso di Reneé s’illuminò, non vedeva l’ora che arrivasse questo momento per quanto doloroso sia. Questo era "il peggio" cui si riferiva Valo. Un’infermiera mi diede un camice verde, lo indossai subito ed entrai con lei nella sala parto. Non fecero in tempo a farle l’epidurale che iniziarono a incitarla a spingere. Io mi sistemai al suo fianco, le stingevo la mano e cercavo di collaborare. Lei continuava a guardarmi male e a stritolarmi la mano. I medici continuavano a ripetere "1,2,3,spingi!". C’erano dottori ovunque, c’era chi le teneva le gambe, chi era pronto per il bambino e chi guardava il monitor con il battito cardiaco.
"Congratulazioni è una femmina" disse il medico che avevo chiamato prima. Finalmente dopo la quarta spinta era uscita fuori. Vidi quel piccolo corpicino tutto insanguinato che gridava, mi ricordava me quando cantavo "Attack" e iniziai a fantasticare sulle sue capacità canore. Me la posarono subito tra le braccia, continuava a piangere, io cercavo di calmarla cullandola, ma niente da fare: era testarda come la madre.
"Shhh c’è papà" sussurrai. Lei, ancora senza nome, mi strinse l'indice con tutta la forza che aveva, aprì lentamente gli occhi e si calmò. Poi mi girai verso Reneé, era esausta, ma sorrideva contenta.
"Scusi, ora la dobbiamo lavare, poi gliela riportiamo" disse un’infermiera togliendola dalle mie braccia.


Eravamo tornati in camera. C’erano tutti, mio fratello, Fran, Matt,Helen, Cole, Tomo, Vicki; Ville li aveva chiamati tutti. La piccola era tra le braccia di Reneé, con lei non piangeva, si ricordava della sua voce. Shannon la prese in braccio delicatamente, iniziò a cullarla e a dirle qualcosa. Lei continuava a osservarlo, sembrava che lo stesse analizzando.
"Come si chiama la mia nipotina?" domandò.
"Ehm Lilian…Si, Lilian Leto" disse Reneé
La mia vita era iniziata di nuovo, sta volta con una nuova persona, la mia piccola Lily.
 

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Capitolo 29
*** 29 ***


*Reneé*

Ormai erano passati tre mesi da quando Lily era entrata nelle nostre vite. Stavamo diventando dei bravi genitori; avevamo stabilito dei turni per quando si svegliava la notte, ma la maggior parte delle volte io dovevo trascinare Jared fuori dal letto e aiutarlo a preparare il biberon. Lui era bravo a farla addormentare; infatti, ogni sera le cantava una canzone e lei dopo i primi versi cedeva. Io completavo il lavoro cambiandola e dandole da magiare, per il bagnetto dovevamo essere in due, lui la teneva ed io cercavo di lavarla mentre Jared continuava a dirmi di stare attenta. Infondo eravamo bravi, forse non quanto Tomo e Vicki, ma ce la cavavamo. Oggi saremmo tornati in studio dopo tanto tempo, anche Lily sarebbe venuta con me. C’eravamo già organizzati, quando dovevo incidere io Jared la teneva e quando toccava a lui, era il mio turno. Era anche la prima volta che l’avrebbe vista qualcun altro al di fuori delle nostre band. Gli Echelon l’avevano vista poco dopo la nascita con le foto dei giornali, ma dopo noi avevamo "chiuso" con il mondo esterno; i paparazzi ci seguivano e non ci andava di mostrare così la nostra vita privata, loro l’avrebbero conosciuta quando noi l’avremmo presentata personalmente, ma senza giornali o altro, sarà una semplice riunione di famiglia.
"Lily, siamo arrivati al lavoro di mamma e papà" disse. Jared la prese in braccio e la coprì con una coperta. Io presi il basso in spalla e la borsa di Lily.
"Non guadarmi così, dentro non ci sarà tanto casino" continuò.
"Ti ha risposto?" domandai divertita. Erano buffi, lui le faceva domande e discorsi seri e lei lo guardava spaesata ma ogni tanto sorrideva. Lily era un mix di Jared e me, aveva gli occhi celesti come il cielo, i capelli scuri con dei riflessi ramati e la pelle morbida baciata dal sole.
"Mi ha guardato male" sbuffò.
"In effetti, ha ragione" risposi aprendo la porta. Dentro c’era casino come al solito, assistenti e cantanti correvano qua e là, ma quando ci videro entrare con la piccola si fermarono e si avvicinarono per guardarla. Lei non s’intimorì, iniziò a scalciare e a muovere le manine, continuava a sorridere e Jared cercava di tenerla ferma. Quel posto le era piaciuto, forse era un segno del suo amore per la musica; a casa era abituata a sentire Shannon suonare, Jared cantare e me comporre, ormai era normale per lei trovarsi in mezzo a dei "pazzi".
"Dobbiamo andare allo studio n°8" disse Jay. Mi feci spazio tra la folla e ci dirigemmo verso l’ascensore.
"Bello eh?!" domandò. Lily rispose sorridendo.
"Siete buffi!" esclamai pigiando il bottone.
"è figlia nostra, non potrà mai essere normale" rispose.
"Giusto, quando dovrà andare all’asilo o quando ci sarà la giornata in cui i papà spiegano il lavoro che fanno…Tu dovrai parlare della band, degli Echelon e tutti compagni di classe ti adoreranno" dissi.
"Adoreranno anche te, soprattutto se inizi a cucinare…potresti battere Tomo se ti ci impegni" rispose uscendo dall’ascensore. Ci trovammo in un lungo corridoio, il nostro studio era l’ultimo a destra, aprimmo la porta e vidi Tomo e Shan. Appena ci videro presero Lily, anche loro iniziarono a parlare con lei. Lily adorava zio Shannon, ogni volta che lo vedeva sorrideva e voleva stare solo con lui; con Tomo era la stessa storia, ma Andreas era geloso di Lilian.
"Eh eh iniziamo?" chiese Jared. Presi Lily dalle braccia di Tomo e mi sedetti sul divano. Shan si sedette vicino a me e Tomo vicino al loro produttore.
"Inizia prima la voce" disse il maggiore dei Leto riprendendosi sua nipote.
"Ok, inizio con Save me" rispose Jared. Lily lo cercò al suo fianco, ma non lo trovò, iniziò a disperarsi, ma dopo tanto curiosare lo vide dietro al microfono con le cuffie e lui le sorrise.
" Hang me down on a river bed with the other dead…i will die without a sound…Hang me down on a river bed with the other dead…I will sing the whole way down…save me, save me…" cantò. Tomo stava regolando i volumi, Shan era preso dalla voce del fratello e lo stesso Lily.

*Jared*


Era il turno di Reneé. Eravamo nello studio n°10, dentro c’erano tutti. Cole accordava la sua chitarra e riscaldava le dita. Matt regolava la batteria e mi guardava divertito, non si era ancora abituato a vedermi sotto veste di padre. Helen era seduta accanto a me e giocava con Lily; non l’avevo mai vista così, mi è sempre sembrata fredda e antipatica, questo suo nuovo lato non mi dispiaceva. Per ultimo notai Renata, lei stava facendo delle armonizzazioni, era già dentro il vetro, il basso era collegato, non doveva far altro che suonare.
"Reneé inizia con Moonlight" disse Cole. Lui si sedette vicino a John e le diedero il via. Lei annuì e iniziò a suonare. L’introduzione mi piaceva, era lenta, leggiadra, avevo già sentito questa canzone, ma non completamente. Dopo qualche minuto iniziò a cantare, in quel momento tutti rimasero presi da lei, erano incantati e sorpresi. Solo Cole sorrideva, forse lui era l’unico che sapeva di questa cosa. Anch’io ero spiazzato, non aveva mai voluto cantare in un cd e ora lo stava facendo. Lily era concentrata, non stava più scalciando, i suoi occhi erano fissi sulla mamma, non si perdeva neanche un movimento. Osservava come muoveva le dita, il suo viso; anch’io nella sua stessa situazione.
"Va bene?" domandò Reneé.
"Perfetta!" disse John.
"Bene, Cole è il tuo turno" rispose uscendo da quella cella. Helen si alzò e cedette il posto a Reneé.
"Wow!" esclamai.
"Esagerato" disse prendendo Lily.
"No, credimi. Tu stavi là e non te ne sei resa conto, ma qui tutti erano incantati" risposi serio. Lei scoppiò a ridere, non si riteneva una brava cantante.
"Oh povere noi!Papà sta delirando!" esclamò divertita.
"Dovresti cambiarle il pannolino" dissi. Reneé le aprì lentamente il pannolino, entrò in apnea e cercò di non schifarsi. Anche se era piccola e carina era una tortura cambiarla. Io la guardavo divertito, pochi minuti fa stava incidendo un disco e ora era entrata in "modalità mamma".


Finalmente eravamo tornai a casa, Lily dormiva come un angioletto, Reneé preparava i biberon in anticipo ed io bevevo un caffè. Continuavo a osservarla mentre smanettava con il latte etc. Dopo il parto era tornata come prima, forse ora era anche più magra e bella. Mi alzai senza far rumore e mi avvicinai a lei. La strinsi da dietro e le baciai il collo. Lei continuava a fare quello che stava facendo, cercava di non cedere a me, ma non ci riusciva.
"Do you really want? Do you really want me…" sussurrai.
"Hurricane" rispose lei. Cercavo di farla arrendere cantando, ma era un osso duro:prima di me c’era Lily. La girai verso di me, ora avevo il suo viso vicino al mio, il mio respiro le sfiorava le guance. Le mie mani presero le sue gambe e la alzai da terra. Inizia a baciarla con più voga, le mie labbra pretendevano le sue e il mio corpo il suo. Per un momento lasciò stare i biberon, posò le sue braccia sulle mie spalle e iniziò ad assecondarmi.
"Attento, così mi bruci" sussurrò staccandosi da me.
Le sorrisi, non mi ero reso conto che la cucina era accesa. La spostai verso il tavolo e continuai a baciarla. Volevo farla mia…
 

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Capitolo 30
*** 30 ***


*Reneé*

Era una mattina come tutte le altre, il clima era estivo; era iniziato da poco Agosto e la temperatura media era di 29°. Io ero sveglia, non c’era nessun rumore in casa, forse Jared e Lily stavano ancora dormendo. Mi girai dall’altra parte del letto e non vidi nessuno al mio fianco. Jared non c’era. Andai verso la cameretta di Lilian, forse stava con lei, ma niente non c’era nessuno. La culla era stata rifatta e il pigiama di Lily piegato. Corsi in salotto, quei due mi stavano facendo preoccupare. Non erano neanche lì. Chiamai Shannon, Tomo, Vicki, ma nessuno mi seppe dire niente. Mi stavo già arrendendo quando vidi un biglietto sul tavolo della cucina. Era la scrittura incasinata di Jared. "Chiama Fran" Solo due parole, nessuna spiegazione, nessun motivo della loro scomparsa, quanto lo odiavo quando faceva così. Cercai di pensare a cosa gli era potuto venire in mente, ma non c’era niente, ultimamente stavamo parlando dei Tour che avremmo iniziato tra meno di un anno e di come gestirci con Lily. Niente di tutto ciò poteva essere collegato a sta mattina. Dopo qualche minuto di riflessione chiamai Frà, le pregai di venire qua e di spiegarmi cosa intendeva Jared per "chiama Fran". Nel frattempo che arrivasse la mia amica, andai a cambiarmi. Fuori faceva caldo, per cui era meglio vestirsi leggeri, indossai degli shorts, una maglia con una triad stampata davanti, le mie amate converse, legai i capelli in una coda e scesi giù ad aprire la porta. Frà era tranquilla, forse non dovevo preoccuparmi.
"Hey!Come mai così agitata?" domandò.
"Beh Jared e Lily non ci sono, è da quando mi sono svegliata che non li vedo…non mi ha detto niente" sbuffai.
"Rilassati, è con suo padre, starà bene" disse tranquilla.
"Lo so, ma un minimo avviso no?!" dissi irritata.
"Andiamo a fare un giro ok?" chiese. Annuì, presi il mio Blackberry, gli occhiali da sole e uscimmo da casa. Il solo picchiava forte, non c’era neanche un po’ di vento, solo un caldo insopportabile. Fran fermò un taxi e mi spinse dentro con tutta la sua forza. Iniziai a pensare che stesse nascondendo qualcosa.
"Dove andiamo?" chiesi.
"A Time Square, dobbiamo incontrare Alex" rispose sedendosi accanto a me.
"Ma ieri non mi ha detto niente lui" dissi.
"Se l’è scordato di dirtelo, ma ci sono io no?!" disse sorridendo.
"Si, si, ma dimmi dove sono Jared e Lily" precisai. Secondo il biglietto che avevo trovato in cucina, lei doveva sapere qualcosa, ma non era così, o lei stava fingendo di non saperlo oppure era all’oscuro di tutto.
"Lo scopriremo più tardi" rispose. Stava guardando fuori dal finestrino.
"Cosa?!" dissi.
"Ogni cosa a suo tempo"disse continuando a guardare la città.
"Oh guarda, siamo arrivate" continuò. Io la fulminai con lo sguardo e uscì dal taxi. Davanti ai miei occhi vidi Alex, era tutto sorridente; non era capace di mantenere un segreto ed io l’avrei scoperto a costo di doverlo torturare a morte. Lui mi abbracciò immediatamente e prendendomi per mano mi condusse al BK Whopper Bar.
"Ehm che facciamo oggi?" chiesi bevendo la mia coca-cola.
"Giriamo per Time square e poi magari passiamo per il Central Park…che ne dici Fran?!" disse Alex.
"Va bene" rispose.
"Non volete proprio svelare il segreto eh?!" mugugnai.
"Segreto?" chiese Alex con faccia sorpresa.
"Si, quello che state cercando di nascondere, lo so che c’entra Jared e voi gli state coprendo le spalle" sbuffai.
"Ma che dici!" esclamò Fran divertita.
"Avete sentito bene!"dissi.



Finalmente il mi giro senza meta a New York era finito, avevamo visto più posti in una sola mattinata che in tutti e cinque i mesi che siamo stati qui. Alex iniziava a farsi sfuggire dei dettagli del cosiddetto segreto, per ora avevo capito che Jared e Lily erano al Central Park e che Fran sapeva tutto. Eravamo arrivati al parco, la gente che era lì mi guardava con più attenzione del solito, sembrava che persino loro sapessero cos’era il segreto. C’era chi sorrideva, mi salutava o mi diceva "buona fortuna". Chissà cosa avevano visto, ma pensandoci su era possibile tutto, da Jared potevo aspettarmi qualsiasi cosa. Dopo qualche minuto arrivammo al lago e trovammo un altro biglietto con scritto "Vai al Promenade di Brooklyn". Un altro indizio di Jared.
"Bene, dobbiamo prendere un altro taxi!" disse Alex esausto. Ritornammo indietro e prendemmo il primo taxi che vidi. Ci stavamo dirigendo verso Manhattan. Ormai il sole stava per tramontare e non avevo ancora visto Lily. Dopo un po’ arrivammo al ponte di Brooklyng e Fran mi portò verso la Promenade. Finalmente vidi Jared, aveva in braccio Lilian e al suo fianco c’erano Tomo, Shannon e Vicki. Dietro di loro c’erano i grattacieli illuminati dalla luce rosea del sole. Le nuvole erano viola, arancioni e rosse : il paesaggio era stupendo. Mi avvicinai subito a lui, avrei voluto digliene quattro, ma mi azzittì con un dito.
"Ti ricordi la storia del matrimonio? Beh eccoci qua…come avevo già detto, sarà qualcosa di unico, non c’è una chiesa e neanche un prete…Beh per questo c’è Tomo" disse sorridendo. Rimasi senza parole, aveva organizzato tutto questo solo per "sposarmi", aveva convinto Alex e Fran a portarmi in giro per mezza New York. Tutti avevano mantenuto bene il segreto e il risultato voluto l’aveva ottenuto. Non sapevo che dire, non sapevo se ridere, piangere o baciarlo.
"Jared mi ha dato il ruolo più importante, non ho mai fatto una cosa del genere…non vi prometto niente" disse Tomo sistemandosi tra me e Jay. Shannon prese Lily e si sistemò al mio fianco.
"Io vi conosco da una vita, tu sei il mio piccolo panda e tu il pazzo con cui suono. Vi voglio bene e so quanto vi amate, so anche che non siete delle persone da matrimonio…ecco il motivo per cui sono io il vostro unitore…Ehm si dice così?" continuò il chitarrista. Vicki mi sorrise come per incoraggiarmi.
"Grazie dell’introduzione, io posso dirti che ti amo, che non posso non averti, forse sarò egoista, ma ne ho bisogno. Vuoi passare tutta la vita con me?" disse Jared.
"Si, tutto è così surreale, ma si" dissi commossa. Oggi aveva superato se stesso.
"Mi fai l’uomo più felice del mondo; so bene che ti farò arrabbiare, piangere o impazzire, ma non voglio perdermi neanche un minuto di te" continuò lui.
"Dopo averti conosciuto ho scoperto cosa significhi sorridere solo perché ci sei, sei importante nella mia giornata, non so cosa farei in questo momento se non ci fossi te, probabilmente sarei in studio a lavorare. Ti amo, non vorrei mai dovermi separare da te, mi hai regalato i momenti più belli della mia vita senza rendertene conto. Ti amo" dissi.
"Non so se si possa dire anche in questo caso, ma puoi baciare la sposa" disse Tomo. Tutti intorno a noi iniziarono a ridere, questo non era un matrimonio come gli altri. Era qualcosa che solo Jared ed io potevamo dirci di possederlo, nessuno aveva mai fatto una cosa del genere e nessuno lo avrebbe mai fatto.
Jared prese il mio viso tra le mani e lo avvicinò al suo. Le sue labbra così delicate e dolci si muovevano avidamente e le mie le assecondavano. Non lo avrei più lasciato, con lui avevo iniziato una nuova vita, piena di emozioni e avventure.
 

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