Il canto del sangue

di Sybeoil
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Di nuovo insieme ***
Capitolo 2: *** L'ayoith ***
Capitolo 3: *** Il sangue canta ***
Capitolo 4: *** Tenebra per Tenebra ***
Capitolo 5: *** La profezia dell'acqua e del fuoco ***



Capitolo 1
*** Di nuovo insieme ***


Capitolo 1

 

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"I ricordi sono pezzi importanti di vita
che ti seguono anche quando scappi,
non odiarli, impara ad amarli e sarai completa"

 

 

 

Erano trascorsi ormai due anni dal giorno della grande battaglia, in cui una parte del suo stesso cuore si era arreso alla vita macchiandosi di morte. Due lunghi e difficili anni che Shiack, l’unico uomo a cui aveva voluto bene come un padre, l’aveva abbandonata. All’inizio non era stato facile accettare la sua morte e le conseguenze che ne derivavano, ma con il passare del tempo e soprattutto con l’aiuto dei suoi amici, Amalia era riuscita ad andare avanti. Sforzandosi di ricordarsi che il suo posto era tra i vivi, nonostante respirasse aria satura di morte, la bella bionda delle Terre Centrali era stata in grado di mantenere salda la sua sanità mentale. Il dolore, così come la paura, erano sentimenti estranei alla ragazza dallo sguardo glaciale che era stata e continuava ad essere il sogno proibito di molti uomini. Emozioni deboli e insensate, così li erano stati descritti durante il suo allenamento per diventare assassina e così lei aveva cominciato a vederli. Mano a mano che trascorrevano gli anni il suo animo andava indurendosi riducendo al minimo la capacità di provare dolore, paura e qualsiasi altro sentimento che non fosse rabbia e voglia di vendetta. Forse fu per questo che nel momento esatto in cui i suoi occhi, ancora iniettati di sangue, scorsero il corpo esanime del suo maestro qualcosa dentro di lei si ruppe in modo inesorabilmente lento. Le sembrò quasi di udire uno schiocco secco, come di una lastra di marmo che si spezza sotto il peso di forti martellate. Lo scudo rude e potente con il quale si era difesa per tutti quegli anni si era disintegrato, lasciando che il suo animo venisse corrotto da dolore e paura. Non era stato facile difendersi da quelle due belve assetate di sangue che parevano divorarle le carni ogni volta che il ricordo di Shiack si affacciava nei suoi pensieri. Persino Xavier aveva cominciato a credere che Amalia potesse davvero cadere in depressione, ma per fortuna sua e di tutto il Mondo Conosciuto ciò non era accaduto. Inaspettatamente invece, un giorno la bionda si era alzata dal suo letto a baldacchino che condivideva con il moro ed era scesa nella grande sala mensa con un enorme e sincero sorriso stampato sul viso d’angelo a fare colazione. Da quel giorno il sorriso e il buonumore non l’avevano mai abbandonata, salvo quei casi in cui la rabbia tornava a bussare alla sua porta. In quel caso era meglio non disturbarla a meno che non ci si volesse ritrovare con una spada conficcata nel fianco o peggio rinchiusi a vita nelle buie celle delle segrete.

Era il giorno del secondo anniversario della morte di Shiack e come già era accaduto l’anno precedente, i quattro eroi del Mondo Conosciuto si ritrovarono sotto le porte del palazzo della Gilda. Neifel era semplicemente perfetta nella sua lunga tunica turchese rifinita in oro zecchino e corredata di cintura di pelle di daino che richiamava il colore della collana e degli orecchini. I lunghi e ondulati capelli rossi come il fuoco ricadevano sulle spalle nude in morbide ciocche scarlatte, gli occhi di un verde penetrante simile alle acque dei laghi d’alta montagna, sorridevano sereni alla bionda che la osservava nostalgica. Il ragazzo che era con lei sembrava anche lui, rilucere di una lucentezza fuori dal comune. I morbidi e setosi capelli biondi arrivavano quasi alle spalle ricadendo in modo scomposto sugli occhi cristallini. L’abbigliamento elegante e sobrio, con il quale era vestito, lo rendevano estremamente attraente donandogli un aspetto referenziale. La leggera camicia di morbida flanella spiccava sotto la pregiata giacca di velluto blu notte accompagnata da un paio di pantaloni neri aderenti come una seconda pelle. Un grosso ciondolo a forma di ruota nella quale era incastonata una stella lo catalogavano come membro onorario del Senato, mentre il sottile anello d’oro bianco incastrato nell’anulare sinistro, faceva di lui un uomo sposato. Non di meno erano i due ragazzi posti di fronte a loro, strabilianti nel loro abbigliamento.

Il moro, il cui sorriso aveva il potere d’incantare ogni fanciulla del paese, era vestito in modo sobrio ma elegante, degno di un membro del Senato ma nonostante tutto abbastanza comodo nel caso la sua natura di assassina si fosse dovuta risvegliare. Un paio di pantaloni da cavallerizzo color crema erano abbinati ad una giacca marrone con cuciture d’oro dalle quale spuntava all’altezza del colletto, un leggera camicia di pregiato lino. Il tutto era accompagnato da un paio di stivaloni neri e dallo stesso ciondolo che il biondo recava al collo.

Ma dove la natura superò se stessa fu nella figura di Amalia, catalogabile come meraviglia dell’universo, nel suo vestito di seta frusciante color sabbia. Un unico pezzo di stoffa sottile e aderente come una secondo pelle copriva le curve prorompenti e della bionda lasciando però scoperta metà schiena sulla cui pelle diafana spiccavano le cicatrici di guerra. I lunghi capelli biondi erano raccolti in un elegante chignon dal quale sfuggivano ciuffi ribelli che ricadevano sulla fronte e ai lati del viso. Gli occhi lapislazzuli brillavano sotto il sottile strato di ombretto grigio ottenuto con della cenere mischiata a incenso. Al collo solo il medaglione che la riconosceva presidentessa del Senato, un elaborato ciondolo di forma rotando su cui erano incisi un serpente con la bocca spalancata e un delicato giglio per indicare la sua letalità mista a dolcezza.

Così come i loro padroni anche i cavalli erano all’apice della loro bellezza. Il pelo di tutti e quattro sembrava risplendere alla luce del tramonto, gli zoccoli erano stati ferrati e ripuliti per consentire una marcia più rapida ed infine le selle erano state appositamente costruite dal miglior conciatore di pelle della città. Erano tutti pronti per la grande cerimonia che si sarebbe tenuta da lì a pochi giorni eppure i loro cuori faticavano ancora ad accettare la realtà.

< Mia signora > interruppe un assassino < Siamo pronti per partire > annunciò chinando la testa.

< Quante volte vi ho detto che non dovete chiamarmi in quel modo e soprattutto che non dovete fare gesti del genere? > domandò esasperata la bionda un attimo prima di sbuffare sonoramente.

< Mi scusi è che… me ne dimentico > balbettò il giovane assassino troppo timido per alzare lo sguardo e fissarlo in quello della bionda.

< George, ti ordino di guardarmi negli occhi quando mi parli e soprattutto ti ordino di darmi del tu > Il tono perentorio con il quale Amalia aveva parlato non ammetteva repliche, perciò a meno che il giovane ragazzo non si volesse trovare a trascorrere una notte nelle segrete, gli conveniva fare come diceva.

< D’accordo mia…Amalia > si corresse subito. < Così va meglio, ed ora che siamo tutti pronti possiamo andare > annunciò trionfante la ragazza.

A soli vent’anni la bionda più ammirata e al contempo contestata di tutto il Mondo Conosciuto si ritrovava a capo della più grande congrega di assassini dove doveva impegnarsi giorno dopo giorno, affinché tutto filasse liscio come l’olio. Bisogna ammettere che all’inizio ebbe qualche piccola difficoltà nel farsi accettare come nuovo capo, se non altro da parte dei membri anziani, ma alla fine era riuscita a convincere anche loro. Il “mai arrendersi” che andava ripetendosi ogni ora di ogni giorno si era rivelato alla fine molto utile consentendole di non gettare la spugna ma di lottare contro vecchie e bigotte convinzioni. Nonostante la cattiva reputazione che ancora circondava la Gilda come un aria malsana, la gente cominciava a fidarsi di più degli uomini dalla divisa scarlatta. Il loro obbiettivo principale infatti non era più quello di compiere omicidi su commissione, cosa che ovviamente facevano ancora, ma bensì cattura e uccidere tutti i vecchi fedeli servitori di Hoord. Il Senato stesso aveva avanzato quest’idea che Amalia era stata bel lieta di accettare e che come era immaginabile, aveva scaturito reazione molto diverse tra loro. C’era all’interno della Gilda, chi lo reputava un ottimo modo per risollevare il nome della congrega in modo che non risultasse solo un covo di spietati assassini, cosa che alla fine dei conti erano realmente, mentre altri l’avevano reputata un oltraggio all’antica e prestigiosa arte dell’assassinio. Dopo averne valutato con cura i pro e i contro la bionda aveva preso la sua decisione, spendendo una lettera al Senato nella quale confermava la sua partecipazione a tale progetto. Da quel giorno quasi la metà di tutti gli assassini erano impegnati in giro per le Cinque Terre nel tentativo di catturare e uccidere i vecchi seguaci di Hoord.

Anche in quel momento qualche uomo scarlatto stava percorrendo strade di altre città seguendo le tracce di uno di quei bastardi senza cuore.

Al pensiero di uno di quei vermi che ancora era libero di camminare sullo stesso suolo sul quale camminava anche lei la mani della bionda si strinsero alle briglie dell’animale che emise un leggero sbuffo mentre procedeva a passo sostenuto.

< Lo so che non dovrei pensare a certe cose > sussurrò la ragazza rivolta alla bestia su cui era sistemata < Ma non riesco a non farlo >

Un altro sbuffo da parte dell’animale fece sorridere la bionda che ripensando a chi appartenesse prima quel meraviglioso esemplare sentì la rabbia montarle dentro. Questa volta il cavallo attirò la sua attenzione sbattendo la testa su e giù. < So che non dovrei pensare nemmeno a questo, ma ripeto che non ci riesco, soprattutto che se ripenso a ciò che eri obbligato a sopportare >

Il sorriso, prima disteso della ragazza, andò sciamando fino a trasformarsi in una smorfia di disgusto. < Ok, ok la smetto > mormorò notando che il cavallo si era arrestato voltando la testa nella sua direzione e cercando di morderle una mano.

< Non c’è bisogno di essere così cattivi > aggiunse scherzando e spronandolo al galoppo. Il potente destriero nero come la pece prese a correre rapido come il vento fendendo l’aria come un aeroplano.

Il rumore di zoccoli che calpestavano il terriccio umido del sottobosco si mimetizzò con il rumoroso vociare prodotto dagli altri assassini che passeggiavano al trotto uno accanto all’altro. Solo quando ebbe raggiunto gli altri tre in testa alla colonna arrestò la sua corsa per passare al piccolo trotto. < Non cambi mai eh? > domandò Neifel sorridendo divertita. < Beh sai come si dice, il lupo perde il pelo ma non il vizio > rispose lei ammiccando. < Mi sei mancata sai? > aggiunge poi spostando lo sguardo dalla figura della rossa ad un punto imprecisato davanti a lei.

< Mi sei mancata anche tu > rispose la rossa con voce commossa prima di scoppiare in una fragorosa e contagiosa risata.




 

Angolo autrice:
Bentornatiiiiiiii, eccomi di nuovo qui con il sequel de La Gilda, storia che ha riscosso parecchio successo. Non smetterò mai di ringraziare tutti coloro che l'hanno seguita con passione e che l'hanno criticata: senza di voi non avrei potuto fare nulla.
In questo primo capitolo si ha una prima visione della vita dopo la morte di Shiack e di Hoord, si rincontrano i vecchi eroi e la nostra bella Amalia che come sempre rimane eccezionale. Dato che non c'è molto da dire vi lascio chiedendovi di criticare questo primo capitolo esaminandolo nel profondo.
Alla prossima, Sybeoil!

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Capitolo 2
*** L'ayoith ***


 

Capitolo 2

 

 

 

 

 

La marcia procedeva lenta, interrotta spesso da soste di media durata, volte a far riposare tutti gli assassini che andando contro gli ordini di Amalia si erano ostinati a seguirla verso la capitale. Di quel passo ci avrebbero messo una settimana, se non di più, per raggiungere Kadheral che normalmente distava non più di due giorni e mezzo di cammino. L’irritazione di Amalia era visibile sui tratti del suo viso delicato. La bocca era stirata in un’unica linea rosso cremisi su cui troneggiava uno sguardo glaciale in grado di far gelare il sangue anche al più coraggioso degli uomini. Le mani piccole e veloci erano serrate attorno alle briglie del suo stallone che avvertendo il disagio della sua padrona aveva preso a scalciare irritato. A poco erano valse le sue esortazioni a muovere quei loro culi flaccidi e dimostrare al Mondo Conosciuto di che pasta erano fatti gli assassini della Gilda. Dopotutto avevano una reputazione da difendere! A quanto pare però le varie Tute Rosse non erano della stessa idea perché se ne stavano pigramente seduti sulle massicce radici degli alberi a fumare un sigaro o chiaccherare tra loro bevendo un sorso di whisky. < Giuro che ora scendo da cavallo e li convinco uno ad uno a muovere quel culo rammollito che si ritrovano > sussurrò mentre un pericoloso lampo di luce scarlatta gli attraversava lo sguardo.

< Tesoro, devi stare calma in fondo che importa se arriviamo in ritardo, ci aspetteranno comunque > cercò di rabbonirla il moro poggiandole una mano dietro la schiena nel tentativo di avvicinarla a se per scoccarle un tenero bacio sulle labbra. < Cosa importa se arriviamo in ritardo? > ripeté incredula e se possibile più contrariata di prima la bionda, che con un gesto stizzoso aveva levato la mano di Xavier da dietro la sua schiena e si stava accingendo a smontare da cavallo. < Amalia che fai, per favore fermati non è il caso > gli urlò dietro il moro inutilmente. Purtroppo quello era l’unico lato del suo carattere che non aveva subito modifiche dopo la grande battaglia. Impulsiva era e impulsiva era rimasta. Rassegnato a sentire le sue urla perdersi per tutto il bosco il moro si posizionò più comodo che poté sulla sella della sua cavalcatura scoccando un occhiata rassegnata alla rossa e al biondo che se ne stavano vicini. < E’ inutile che ci provi Xavier, non cambierà mai. Lei è una Ayoith è nel suo DNA essere impulsiva e sconsiderata > puntualizzò la rossa sorridendo in direzione del moro.

< Cosa è una Ayoith? > domandò quest’ultimo incuriosito dalle parole di Neifel. < Una Ayoith è una discendete della Ninfa originaria, colei che venne plasmata dalle acque del mare e illuminata dalla luce del Sole. La Ninfa della quale gli Dei stessi si innamorarono >

< Quindi tu mi stai dicendo che Amalia, la MIA Amalia, discende dalla linea diretta di sangue della Ninfa Originaria? > domandò incredulo il moro. < Esatto > rispose pacatamente la rossa. < E ti sto dicendo che proprio per questo motivo non potrai mai cambiare il suo modo di essere o di pensare > aggiunse sospirando.

< Si può sapere che cosa state aspettando? > Le urla della bionda giunsero alle orecchie dei tre ancora più amplificate di quanto avessero immaginato. < Mi…mi scusi mia signora > balbettò il soldato più vicino alla bionda. < Riprendiamo subito la marcia > aggiunse trangugiando in tutta fretta quello che rimaneva del whisky.

< Vi conviene muovervi o giuro sulla Dea che vi recido le giugulari una ad una > sibilò di rimando Amalia sperando così di incutere abbastanza timore da convincerli a riprendere il cammino.

< Subito signora! > scattò questo imitato all’istante dai suoi compagni.

Ruotando su se stessa in modo tanto elegante e composto, come se al posto di aver minacciato una manica di assassini avesse semplicemente chiaccherato in modo amabile e pacato con una dolce vecchietta, la bionda tornò dai tre ancora comodamente in sella alle loro cavalcature.

< Molto bene, ora possiamo riprendere la nostra marcia > annunciò trionfante quando fu a portata d’orecchie.

Con un solo, agile balzo, che a molti sarebbe valso uno strappo al linguine, Amalia salì in groppo al suo stallone afferrandone le redini e spronandolo a riprendere il cammino.

< Non era il caso di minacciarli così duramente > commentò Xavier affiancandosi. < Sì invece, se volevo che riprendessero a muovere quei loro culo molli > replicò divertita la bionda voltandosi per guardare il moro che come per magia sorrise a sua volta, troppo debole per resistere allo splendore dell’Ayoith.

< In ogni caso li hai davvero spaventati > disse sempre sorridendo

< Guarda come marciano composti e ordinati > aggiunse voltandosi per guardare le file di Tute Rosse che marciavano ordinate dietro di loro.

Anche Mal, si voltò ad ammirare la sua opera di conversione, soddisfatta di come ancora riuscisse ad incutere terrore.

Negli ultimi tempi si era un po’ rammollita e temeva seriamente che questo suo rammollimento potesse in qualche modo influire sul potere che aveva sulla Gilda. Per fortuna però, le storie che la vedevano protagonista di tremendi omicidi, erano ancora ben impresse nella mente di quelli che ormai poteva considerare i suoi uomini.

< Comunque di cosa parlavate voi due prima? > chiese ammiccando in direzione della rossa e del moro che si scambiarono uno sguardo carico di sottointesi. < Niente di importante > rispose la rossa cercando di cambiare discorso. < Piuttosto, hai saputo cosa intendono fare in memoria di Shiack? > domandò la rossa riuscendo a distogliere così l’attenzione della bionda dal piccolo segreto che qualche minuto prima si erano confidati lei e Xavier.

Doveva ricordarsi che più tardi gli avrebbe dovuto parlare per avvertirlo di non rivelare ad Amalia, per nessuna ragione al mondo, le sue vere origini. L’estate scorsa, quando era tornata nelle sua amate Terre dell’Ovest, tra le foglie verdi e i rigogliosi boschi aveva ricevuto ordine tassativo di non rivelare le vere origini di Amalia fino a quando non si fosse mostrato necessario. Gli anziani su questo erano stati chiari, se lei avesse anche solo lasciato trasparire la verità, le avrebbero tolto Jason e lei questo non poteva permetterselo. Non dopo essere finalmente riuscita a trovare un equilibrio stabile tra i suoi poteri, il suo sangue Ninfico che sembrava cantarle dentro le vene e quelle emozioni così potenti e irrazionali da lasciarla spiazzata ogni volta.

Il viaggio che dalle Terre Centrali l’aveva condotta a quelle dell’Ovest, casa sua, era stato lungo e a tratti stancante ma finalmente era tornata in quella che sarebbe per sempre stata parte di lei. Finalmente era a casa.

Ogni cosa era esattamente come la ricordava. La foresta verde e rigogliosa ospitava flora e fauna di ogni genere, la magia riempiva l’aria, la terra, l’acqua e il fuoco con il suo profumo che sapeva di libertà, di vita. Ogni singola foglia, ogni singolo ramo di quel mare verde smeraldo era rimasto intatto , privo di un qualunque mutamento ai suoi occhi che ne sembravano un riflesso tanto erano verdi e profondi.

Istintivamente le labbra rosse e piene si curvarono in un sorriso sincero, malinconico per alcuni versi, ma pur sempre bellissimo, come lo definì il ragazzo che era con lei.

< E’ bello vederti ridere > le disse affiancandosi con il cavallo a quello di lei.

La ragazza, rapita da quello spettacolo, staccò gli occhi dai piccoli bagliori creati dalla luce riflessa sulle foglie lucide degli alberi, per dedicare la sua attenzione alla fonte di tutto quel caos dentro di lei. Mai prima di allora il suo cuore era stato in grado di provare tanto e tutto assieme. Per le Ninfe i sentimenti, le emozioni e qualsiasi altra cosa avesse a che fare con sensazioni diverse dalla fame, la sete o il bisogno di pregare, erano banditi. Esclusi, interdetti.

Erano questi i pensieri che le vorticavano in mente mentre con occhi colmi di gratitudine guardava l’uomo accanto lei, benedicendo gli Dei per lo splendido dono che le avevano fatto e chiedendo loro che potesse durare in eterno.

< Cosa c’è? > le domandò il ragazzo notando il suo sguardo perso. < Grazie > rispose semplicemente lei riprendendo il cammino e puntando verso Est.

< Grazie di cosa? > chiese il ragazzo non capendo. < Per aver scelto me > disse lei girandosi a guardarlo per dedicargli il più bello dei suoi sorrisi. < Ti amo > sussurrò il biondo raggiungendola. < Ti amo anche io, e mi fa così strano poterlo dire che quasi non ci credo > mormorò lei sottovoce.

< Credici, perché io non ti lascio > la rassicurò il ragazzo stringendola in una abbraccio soffocante.

Un profumo di gelsomini e rose selvatiche solleticò le narici dei due amanti, radicandosi nei polmoni, fino a colmarli. Finalmente, dopo tanto camminare, erano giunti nelle Pianure delle Foires. Terre splendide, verdi, rigogliose, uniche e perennemente sature dell’odore di migliaia di fiori.

< Bambina mia > esclamò una donna dalla folta chioma bruna quando vide il cavallo della rossa varcare il confine che separava quelle terre dalla foresta.

< Madre! > esclamò la ragazza smontando da cavallo e correndo in contro alla donna, che nel frattempo aveva abbandonato ciò che stava facendo per ricongiungersi alla figlia. < Come stai bambina mia? > domandò dopo averla stretta tra le braccia per quasi dieci minuti e aver pianto lacrime calde. < Bene madre, sto bene > disse lei staccandosi dall’abbraccio e andando a prendere la mano del biondo, rimasto in disparte, tra le sue. < Madre, questo è Jason > disse rivolta alla madre, che con gli occhi colmi di stupore, si ritrovò a stringere la mano ad un umano.

< E’ un piacere conoscerla > esclamò il ragazzo educatamente. < Il piacere è mio ragazzo > rispose affabile la donna scoccando un occhiata in tralice alla figlia che le sorrise serena. < Sarete stanchi, venite pure accomodiamoci in casa >

La donna dalla corporatura minuta li fece strada attraverso una serie di casupole di legno fino a raggiungerne una più grande delle altre.

La piccola porta in legno di frassino fu aperta e loro poterono accomodarsi all’interno, rimanendo piacevolmente sorpresi. L’arredamento della stanza che dava sulla porta d’entrata era spartano sì, ma elegante. Al centro troneggiava un prezioso tappeto tessuto a mano nelle tinte del rosso cremisi e porpora alla cui destra era sistemata un modesta credenza contente piatti e bicchieri di cristallo scintillante. A ridosso della rampa di scale che si arrampicava fino al piano di sopra, era sistemata una scrivania anch’essa in legno, su cui erano poggiati spessi volumi dall’aria ammuffita. Accanto ai grossi libri era sistemato un piccolo calamaio ed una piuma d’oca bianchissima, alcuni fogli con inciso su qualche strano disegno erano sparsi su tutta la superficie di legno accanto a mazzi di erbe secche e profumate.

< Da questa parte > li invitò la donna. I due seguirono la bruna in una stanza un po’ più piccola della precedente in cui scoppiettava allegro un fuoco caldo e rilassante e dove al centro si ergeva un grosso tavolo circolare. Sistemate tutto intorno al tavolo c’erano quattro sedie di splendida fattura su cui i due ospiti si accomodarono mentre la donna metteva dell’acqua a bollire.

< Spero vi vada del tè > disse la donna aprendo l’anta di un piccolo mobile sistemato a ridosso del camino. < Certo > rispose educato il ragazzo, che non riusciva a staccare gli occhi da un grosso dipinto appeso alle sue spalle.

Su uno sfondo di un mare in tempesta, dove l’oceano burrascoso si confondeva con il cielo plumbeo rotto da aguzza saette, sorgeva l’immagine di una donna coperta solo da schiuma bianca. Gli occhi dello stesso colore tempestoso del cielo dietro di lei, i capelli talmente chiari da sembrare bianchi, le labbra socchiuse sembravano essere state bagnate da due succose ciliegie. La mano sinistra propensa verso lo spettatore che ne veniva attratto inesorabilmente con il desiderio di sfiorare quella pelle che sembrava essere seta. Un pugnale lungo, elaborato e inciso con strani simboli dall’eleganza soprannaturale spuntava dalla mano destra stretta a pugno, da cui si diramavano intricati ghirigori che andavano ad arrampicarsi sul braccio della ragazza per allargarsi poi sulla spalla e terminare in un elegante maschera floreale che le incorniciava lo sguardo.

< Ti piace? > domandò la donna notando l’interesse con cui il ragazzo osservava il quadro, rapito da tanta bellezza e tanta familiarità. < Molto > ammise con voce roca. < Sai, quella donna rappresenta l’antica stirpe delle Ayoith > spiegò la donna mentre versava il tè in tre tazze di porcellana. < Cosa è un’Ayoith? > domandò il ragazzo curioso. < L’Ayoith è l’antica Ninfa originaria creata dagli Dei e di cui loro stessi si innamorarono > spiegò la rossa sorseggiando pacatamente il suo tè.

< Però, non somiglia a qualcuno che conosciamo? > disse come soprapensiero il biondo stringendo le palpebre per concentrarsi. Era dal momento in cui i suoi occhi si erano posati sulla figura seminuda della ragazza che una strana sensazione di familiarità si era impossessata di lui. Era certo di averla già vista eppure non ricordava dove, né chi in effetti potesse essere. Ora però che conosceva la sua identità gli sembrava assurdo, se quella era la Ninfa originaria di sicuro non poteva conoscerla. < Certo > rispose la rossa come se fosse ovvio. < Assomiglia ad Amalia > chiarì subito dopo.

Ecco a chi assomigliava. < E’ vero > assentì il ragazzo sorseggiando il tè < Ma come fa ad essere identica a lei? > domandò leggermente confuso. < Semplice > intervenne la donna dalla chioma bruna. < Amalia è una, anzi la, diretta discendente dell’Ayoith originaria > Per poco al ragazzo non andò per traverso il tè quando la sua mente elaborò le parole udite cogliendone il pieno significato.

< Per questo Neifel è stata mandata nelle Terre Centrali. Il suo compito come sacerdotessa magica del popolo delle Ninfe dell’Est è quello di proteggere la discendente dell’Ayoith e preservarne la ragione > snocciolò la donna prima di alzarsi e sparire attraverso una piccola porta dalla parte opposta di quella da cui erano entrati. < Vuoi dire che Amalia è in un certo senso, una specie di Dea? > domandò il ragazzo ancora sconvolto quando furono soli. < Più o meno > specificò la rossa. < Quando l’Ayoith fu creata dagli Dei, questi le donarono poteri straordinari perché volevano che assomigliasse a loro. Dentro di lei infusero la conoscenza, la bellezza, la saggezza, il fuoco, il fulmine, l’acqua, i venti e la terra >

< Ma Amalia non può fare tutte queste cose > la interruppe il ragazzo.

< Hai ragione > convenne la rossa annuendo col capo. < Questo perché negli anni seguenti alla sua creazione l’Ayoith cominciò a sentire un legame molto più forte con l’aria e l’acqua che con gli altri elementi. Questo perché la Dea dell’aria e il Dio dell’acqua le infusero, egoisticamente, poteri superiori nei loro elementi >

Lo sguardo del ragazzo era talmente rapito da non accorgersi nemmeno della donna che rientrata nella stanza aveva poggiato sul tavolo un grosso volume rilegato in vecchia pelle con macchie d’umidità su tutta la superficie. In alto sulla copertina erano incise grosse lettere dorate in un lingua che il biondo non aveva mai visto e che non capì. < Questo libro racconta la storia del nostro popolo > spiegò la donna aprendo alla prime pagine. < Appartiene alla mia famiglia da che ne ho memoria ed che qui che ho appreso tutta la storia sull’Ayoith > aggiunse tornando con lo sguardo a molti anni prima. < Si dice che il sangue dell’Ayoith sia maledetto, che nelle sue vene, gli dei abbiano instillato l’essenza della morte stessa > mormorò in tono greve alzando lo sguardo verso il dipinto che sembrò scrutarli dall’alto della sua importanza.

 


 

 

 

 

 

 Angolo autrice:     
Un caloroso bentornato a tutti quelli che seguono la storia e che ne hanno seguito la precedente. Ringrazio le due ragazze che hanno recensito il capitolo precedente, ve ne sono grata.
Dunque torniamo a noi e alla storia. Come avrete capito i segreti riguardo le origini di Mal non sono ancora finiti e forse mai finiranno. Il ramo della sua famiglia che discende dalla Ninfe appartiene niente popò di meno che alla linea di sangue della Ninfa originaria: l'Ayoith. Misteri e segreti pericolosi sono stati tramati nell'ombra molti anni prima della nascita di Amalia, cionostante riusciranno ad invadere anche la sua di vita, ssconvolgendola a tal punto che la bella bionda sarà costretta a dover prendere un'ardua decisione. Un leggenda velata di bugie e mistero aleggia intorno alla figura leggendaria dell'Ayoith il cui sangue sembra essere maledetto.
E ancora, Neifel sarà davvero chi dice di essere o anche lei nasconde un segreto?
Alla prossima, Sybeoil!






 

 

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Capitolo 3
*** Il sangue canta ***


 

Capitolo 3

 

 

 

Il sangue canta, la carne mormora.

La figlia di Tenebra si è destata.

Giace cieca su di un letto di Luce.

Occhi scarlatti e cuore di fuoco.

Destati figlio è tempo di sangue.

L’uomo si svegliò accaldato e ansante. Quella voce, quei ricordi lo avevano scosso nel profondo dell’animo e ora che era sveglio i pensieri sembrano capaci di concentrarsi solo su quelle parole. La donna che giaceva accanto a lui profondamente addormentata si mosse pigramente emettendo un mugolio sordo per voltarsi dall’altra parte dell’enorme materasso e riprendere a dormire.

Lentamente, per evitare di svegliare la sua sposa, l’uomo si alzò fino a sedersi appoggiando la testa coperta da folti capelli grigi e ricci sulla testiera in legno del letto a baldacchino. Tirando profondi respiri riuscì infine a calmarsi fino a riportare il battito del suo cuore accelerato ad una velocità normale. Sapeva che prima o poi quel giorno sarebbe arrivato, lo aveva atteso e desiderato per così tanto tempo che dopo un po’ aveva addirittura cominciato a smettere di crederci. Ma con lui c’era sempre quella voce. Con lui c’era il suo Dio, e lui non lo avrebbe mai abbandonato. Se davvero il giorno era giunto avrebbe dovuto comunicarlo subito a sua fratello. Lui aveva il diritto di sapere. Senza stare a pensarci su sollevò le pesanti coperte di morbida lana e si sedette sul letto poggiando i piedi nudi sul grosso tappeto circolare.

Dandosi la spinta con le mani l’uomo si alzò del tutto rimanendo coperto solo da un paio di slip anch’essi di lana. L’ampio petto marmoreo era coperto da un’ispida peluria grigia che andava assottigliandosi verso il basso ventre fino a scomparire in un’unica piccola striscia, all’interno delle mutande.

Il viso stanco era ingrigito da una leggera peluria che ricopriva guance e mento e di cui l’uomo andava molto fiero. Gli occhi rossi come il sangue scrutavano l’oscurità della sua camera da letto come un rapace. Avanzando sul pavimento freddo afferrò una leggera vestaglia nera e nonostante il freddo pungente, uscì dall’ampia camera diretto dal fratello.

Il corridoio del castello nel quale viveva era umido e freddo, illuminato da una fila di torce ordinatamente sistemate lungo i due muri ad intervalli di pochi l’una dall’altra. Grossi arazzi facevano la loro comparsi di tanto in tanto ad “abbellire” l’atmosfera tetra e cupa che aleggiava su quel posto. Grandi immagini di bestie infernali impegnate in combattimenti cruenti era tutto ciò che poteva scorgersi.

Mentre camminava l’unico pensiero che gli vorticava in testa era quello legato alla vendetta, all’odore ferroso del sangue e al suo incantevole canto. Era da troppo tempo che le sue mani non si macchiavano di quel liquido caldo e denso. Quasi senza accorgersene arrivò davanti alla porta del fratello. Il legno di noce scuro era stato da poco lucidato riuscendo così a brillare alla luce delle due torce appese alle estremità. Un grosso pannello d’ottone svettava sul lato destro della porta indicando il nome di colui che occupava quella camera dell’immenso maniero. Hormeg Jolinus Van Kopfeis. Fratello di sangue e di sorte dell’uomo che stazionava davanti la sua porta.

Da dentro la stanza si sentivano provenire piccoli mugolii soffocati, misti a gemiti d’estasi. Probabilmente il giovane doveva aver invitato alcune ragazza dell’harem nella sua camera da letto per allietargli la nottata.

Fregandosene beatamente della scena che avrebbe potuto trovarsi davanti l’uomo posò la mano sulla maniglia della porta abbassandola e spingendo. La stanza era ampia e calda, riscaldata da un grosso fuoco che scoppiettava allegro all’interno di un enorme camino di marmo nero.

Davanti ad esso erano sistemate due poltrone dall’aria molto comoda ai cui piedi era incastrato un grosso tappeto circolare sulle tinte del verde scuro. A ridosso della parete nord della stanza, accanto a due grandi finestroni, era sistemata una delle più belle scrivanie in legno di quercia decorato dell’intero regno. Sopra di essa vi erano sparpagliati diversi fogli bianchi e alcune penne d’oca. Un enorme letto a due piazze con la struttura in legno e un grosso baule sistemato al fondo, occupavano il centro della stanza ospitando un uomo giovane e prestante e due giovani ragazze disinibite. Come sospettato dall’uomo il ragazzo quella sera aveva prelevato due delle più belle ragazze dell’harem privato del castello e le aveva portate con se in camera per allietarsi la nottata.

< Fratello! > esclamò il ragazzo sudato e ansimante. < Che ci fai qui? > chiese sorpreso. < Devo dirti una cosa molto importante > spiegò l’uomo in tono grave. < Però è meglio che mandi vie le due puttane > aggiunse muovendo la mano in direzione delle due ragazze.

< Non farmi questo, almeno stanotte lasciami divertire > mugolò il ragazzo allungando una mano verso i seni di una delle due e cominciando a giocarci. < Anzi, che ne dici di unirti a noi? > domandò divertito all’idea. L’uomo sembrò pensarci un po’ poi scosse leggermente la testa rimanendo fermo dov’era.

< Prima devo parlarti > chiarì solenne. < Bene dì pure allora > disse il ragazzo mollando la presa sui seni della ragazza che riprese a respirare regolarmente ma non per molto, visto che quello la costrinse a piegarsi in avanti per penetrarla da dietro.

< E’ successo > disse l’uomo dai capelli grigi. < Cosa è successo? > domandò l’altro cominciando a spingere e provocando nella ragazza sordi mugolii. L’altra nel frattempo, quella che era rimasta senza niente da fare, stanca di doversi “divertire” da sola era scesa dall’enorme letto e si era avvicinata all’uomo ancora fermo sulla soglia.

Con sensualità gli afferrò una mano e se la posò sul seno destro cominciando a muoverla prima lentamente poi sempre più forte fino a quando l’istinto animalesco dell’uomo prese il sopravvento.

Per quanto avesse cercato di resistere a quella tentazione infatti, l’uomo non ci era riuscito, cedendo alle carezze lascive della lussuria. Chiudendosi la porta alle spalle si tolse la leggera vestaglia nera e posò anche l’altra mano sul seno della ragazza, mentre questa lo conduceva vicino al caminetto. Quando furono davanti al fuoco scoppiettante una delle due mani dell’uomo scese fino al sesso della donna cominciando ad esplorarlo prima con le dita per scendere poi con le labbra.

Quando la punta della sua lingua fredda sfiorò il sesso caldo della donna questa sospirò di piacere appoggiandosi con tutto il peso sulle spalle dell’uomo che risalì lentamente lungo l’addome della donna fino ad incontrarne i prosperosi seni. Ormai in totale possesso della lussuria l’uomo ne mise uno in bocca succiandone e torturandone il capezzolo fino a sentire il sapore ferroso del sangue sulla lingua e l’urlo di dolore della donna che con mani esperte aveva nel frattempo sfilato le mutande all’uomo. Questo, in preda ad una potente erezione si era lasciato cadere su una delle due poltrone invitando la ragazza ad accomodarsi a cavalcioni su di lui. La ragazza eseguì obbediente sentendo l’organo di lui penetrarle dentro. Poi con un vigore del tutto sconosciuto l’uomo cominciò a muoversi lentamente aiutato dalla donna che ne seguiva ogni movimento per trarre quanto più piacere possibile. Poco alla volta le spinte aumentarono d’intensità, fino a quando divennero così rapide, da procurare il fiatone ai due. Ormai cieco, tanta era la lussuria dentro di lui, l’uomo fece alzare la donna un attimo prima che questa raggiungesse l’apice del piacere facendola abbassare con la testa verso la preponderanza del suo basso ventre. Capendo all’istante le intenzioni dell’uomo la ragazza socchiuse le piccole labbra dando così piacere all’uomo. Anche stavolta la interruppe un secondo prima che questa gli facesse raggiunge l’orgasmo alzandosi su gambe malferme, accalorato e sudato per dirigersi verso il letto dove il fratello era ancora impegnato con l’altra ragazza. Facendo un piccolo gesto con la mano al ragazzo lo fece allontanare dalla donna che però rimase nella stessa posizione attendendo che l’altro uomo la penetrasse e le procurasse piacere.

Il ragazzo nel frattempo, si era alzato dal letto ed era andato dall’altra ragazza, conducendola accanto alla finestra. Qui cominciò a torturale i seni con i denti mentre la sua mano andava ad esplorare il piccolo mondo al di sotto della cintura.

Quando si fu stancato di quel gioco e la ragazza stava per raggiungere l’orgasmo la prese per mano conducendola sul duro pavimento in pietra e facendocela sdraiare su. Divaricandole le gambe per quanto umanamente possibile, la penetrò con violenza. Spingendo con la forza di un animale emettendo suoni gutturali e provocando nella ragazza piccoli urletti di dolore misto ad estasi. Quando fu quasi al culmine del piacere diede due ultime spinte degne di una vera bestia e poi si lasciò andare, invadendo il sesso di lei con il suo liquido. Sudato e ansante si accasciò sul corpo nudo della ragazza anche lei stanca e sudata. Dal letto nel frattempo si sentivano provenire suoni gutturali fino all’ultimo, più forte dei precedenti, segno che anche il fratello aveva finito.

Quando entrambi si furono ripresi spostarono le ragazze ordinando gli di piegarsi sui loro sessi e “giocarci” e presero a parlare.

< Dicevamo? > domandò il fratello più giovane. < Dicevamo che è arrivato il momento di partire > spiegò l’altro sorridendo malefico.

< Questa notte mi è apparso in sonno rivelandomi che è finalmente giunto il momento. Finalmente otterremo la nostra vendetta >

Quelle parole si persero nell’aria calda della stanza mentre fuori il sole sorgeva ad illuminare un mondo di ghiaccio.

< Come sarebbe a dire che è giunto il momento? > domandò la donna seduta all’altra estremità del lungo tavolo su cui erano adagiate prelibatezze di ogni genere. < Sarebbe a dire che finalmente potrò ottenere la vendetta tanto agognata e il nostro popolo sarà libero > spiegò l’uomo infilzando con la forchetta un grosso pezzo di pesce.

< Quando salperete? > chiese ancora la donna. < Questa notte > rispose il ragazzo seduto alla destra dell’uomo. < Prima ci sbrighiamo e prima arriveremo nel Mondo Conosciuto > aggiunse.

La donna sospirò e poi riprese a mangiare mentre i due cominciarono a discutere riguardo al viaggio che avrebbero intrapreso di lì a poco.

< Hai detto che l’esercito è stato avvisato della partenza, giusto? > domandò l’uomo al ragazzo per essere sicuro che tutto fosse perfetto.

< Certo > rispose quello con ovvietà < Ci ho pensato io stesso. Il Generale Deiter si sta occupando di radunare gli uomini > aggiunse sorseggiando dell’acqua.

L’uomo dai capelli brizzolati sorrise maligno lasciando vagare lo sguardo lungo l’immensa sala da pranzo. Era una delle stanze più grandi ed eleganti del castello. Gli alti muri in pietra erano stati tappezzati con antichi arazzi che riprendevano le gesta del loro popolo, schiavo della crudeltà, della lussuria e del peccato. Ad intervalli regolari di circa quaranta centimetri erano sistemate grosse torce in legno che gettavano coni di luce soffusa sul pavimento di fredda pietra. Al centro, un lungo tavolo in scuro legno di noce, occupava gran parte della sala. Alle sue spalle una piccola porticina conduceva alle cucine e veniva usata principalmente dai servi del padrone per condurre le pietanze nella sala quando questo le richiedeva. Alle spalle dell’uomo un grosso camino di marmo nero, quasi del tutto identico a quello nella stanza da letto del fratello, si estendeva per metà della lunghezza della parete occupandone un quarto in altezza. Davanti al fuoco scoppiettante erano sistemate tre grosse poltrone in preziosa pelle antica di drago, radunate attorno ad un piccolo tavolino di cristallo su cui gli uomini erano soliti giocare a carte o bere whisky, l’unica bevanda in grado di contrastare il freddo glaciale di quelle terre dimenticate dagli Dei.

Terminato il pranzo, la donna si ritirò nelle sue stanze private, accompagnata da un ancella mentre i due uomini si accomodarono davanti all’enorme camino per godersi un po’ di solitudine.

< Sai fratello > cominciò il più giovane < Non immaginavo che questo giorno sarebbe arrivato > disse alzando il bicchiere di fragile cristallo in direzione dell’uomo che gli sedeva di fronte.

< Nemmeno io > ammise l’uomo ricambiando il gesto < Ma finalmente ci riprenderemo ciò che è nostro di diritto. Questa volta quella puttana dell’Ayoith non riuscirà a fermarci > sibilò.

< Al meraviglioso canto del sangue di Tenebra > disse il fratello sollevando il bicchiere sopra la testa e andando ad incontrare quello dell’uomo, producendo un sonoro “cin”.





 

Angolo autrice:

Un caloro ben tornato dalla vostra Sybeoil! Vorrei ringraziare S_Anonima_E e Irine per aver recensito il capitolo precedente e per avermi dedicato tante belle parole! Non le merito, ma grazie lo stesso! Ringrazio anche tutte le persone che seguono le vicende di questi strani personaggi nel silenzio delle loro case. Bene ora torniamo a ciò che davvero ci interessa, ovvero la storia.
Questo capitolo, come credo abbiate già capito, è più altro un capitolo di transizione che mi serviva per far capire parte di ciò che prossimamente accadrà ad Amalia ed ai suoi amici. Immagino abbiate notato tutti la lussuria dei due uomini, bene, perchè questo non è ancora niente. Il popolo di cui loro le guide è un antico popolo di persone senza cuore e senza morale. All'esterno possono sembrare identici agli abitanti del Mondo Conosciuto ma il loro sangue è nero come la notte più buia. Loro, sono Tenebra, perciò aspettatevi questo ed altro.
Cosa sarà questa fantomatica vendetta che tanto attendevano? E cosa c'entra l'Ayoith in tutto questo?
Se per caso siete curiosi di scoprirlo, beh continuate a seguire la storia e non ne rimarrete delusi.
Alla prossima, Syeboil!

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Tenebra per Tenebra ***


 

Capitolo 4

 

"A volte il confine tra bene e male
è più sottile di quanto ci si aspetti. 
A volte è così sottile da non sapere
dove comincia uno e finisce l'altro" 

 

 

 

Il terreno umidiccio del bosco che circondava per intero le Terre Centrali stava lentamente cedendo il posto alla terra arida. Le Terre del Sud cominciavano ad allungare le loro mani tramutando il clima fresco e temperato delle Terre Centrali in quello torrido e desertico in cui vivere era davvero difficile. Benché gli uomini cominciassero ad accusare segni di stanchezza dovuti alla lunga marcia a cui Amalia li aveva sottoposti per rimediare al ritardo che le avevano procurato fermandosi a metà del cammino per “riposare” lei non sentì ragioni. La bionda infatti, ancora furiosa per il prezioso tempo che le avevano fatto perdere, aveva costretto le innumerevoli Tute Rosse che la seguivano come una compatta marea di ombre scarlatte, a marciare per tutta la notte e il giorno seguente senza la minima possibilità di una sosta ristoratrice.

< Per favore Mal, fermati un secondo e fai riposare quei poveracci. Sembra che stiano per dare l’anima agli Dei > intervenne la rossa assumendo un tono supplichevole con il quale riusciva quasi sempre ad ottenere ciò che voleva, almeno quando si trattava di dover convincere Jason. La bionda voltò il suo sguardo di ghiaccio verso di lei sorridendo crudelmente e assomigliando in modo terrificante a Hoord.

< Mi dispiace, ma questo è il modo in cui alla Gilda puniamo le insubordinazioni. Io stessa sono stata allenata seguendo un metodo dedito alle sopportazioni fisiche del dolore, della paura, del freddo e del caldo > replicò fredda la bionda. < Lo so > accondiscese la rossa benevola < Ma magari mostrare un po’ di compassione potrebbe, che so migliorarli > aggiunse nel tentativo di andare incontro a quegli uomini di cui non invidiava le sorti. < Dispiace anche me vederli così, ma su questo non posso transigere > replicò lei con tono che indicava la sua volontà di chiudere la conversazione lì. < Sai non è per qualcosa ma diventare troppo morbidi con gli assassini indicherebbe un mutamento delle antiche sacre leggi che regolano la vita alla Gilda > continuò poi la bionda con lo sguardo perso nel vuoto davanti a lei < Agli albori della nostra nascita i Fondatori imposero che gli assassini venissero raccolti dalla strada fin dalla più tenera età e fossero cresciuti usano metodi che voi definireste crudeli >

Jason e Neifel guardarono la bionda esterrefatti da ciò che sentivano. Non potevano credere che esistesse qualcuno tanto pazzo da recuperare poveri bambini di strada a cui la vita si era già opposta così duramente, e pensare di catturarli, chiuderli in qualche buco dimenticato dagli Dei e torturarli.

Era una cosa, crudele, insensata e terribilmente sbagliata. Per Neifel poi era anche solo impossibile da immaginare. Alle Ninfe veniva insegnato fin dal principio il rispetto per qualsiasi forma di vita e anzi le veniva imposto di aiutarla in tutti i modi possibili. Le Ninfe erano creature soavi, dolci ma anche combattive e distruttive. Rispettavano la vita in qualunque sua forma, per questo “capire” il metodo d’insegnamento degli assassini le era risultato così difficile, ma alla fine era riuscita almeno in parte ad accettare l’idea che dei bambini soffrissero le pene dell’inferno.

< Ti dispiacerebbe non parlarne più? > domandò con gli occhi che le si riempivano di lacrime ad ogni parola pronunciata da Amalia.

< Come preferisci > si limitò a dire lei tornando a fissare il suo sguardo verso gli ultimi rimasugli di boscaglia, le cui ombre sembravano fremere.

Quello, strano da dirsi ma purtroppo veritiero, era il punto più buio dell’intero bosco che sembrava aver concentrato tutte le sue più buie ombre al confine tra le Terre Centrali e quelle del sud.

Una strana sensazione alla nuca, come una specie di formicolio, spinse la bionda a guardarsi in torno con aria circospetta stringendo gli occhi nei punti in cui le ombre si infittivano.

Il cielo, prima terso e limpido senza neanche uno straccio di nuvola ad inquinarne lo splendido manto, ora si stava lentamente oscurando. Grossi banchi di nuvole nere cariche di pioggia si avvicinavano al piccolo esercito con una velocità impressionante e in pochi istanti furono sulle loro teste pronti a scatenare la furia di cui gli Dei gli avevano dotate molti anni addietro.

< Ma chi diavolo… > Xavier non fece in tempo a terminare la frase che una serie di uomini con occhi scarlatti e denti aguzzi sgusciarono fuori dalle ombre più nere e presero ad attaccarli.

Fu come ritrovarsi a combattere con delle specie di demoni evocati da chissà quale infero. Erano forti, terribilmente forti, veloci come saette, letali e maledettamente inquietanti. Alcune Tute Rosse che marciavano in prima fila furono abbattute come flebili ramoscelli ricadendo al suolo con il ventre o la gola squarciati.

< Neifel > urlò la bionda nel mezzo della battaglia < Cosa diavolo sono questi cosi? > strillò ancora respingendo l’attacco di uno di loro che con un balzo le si era lanciato addosso puntando alla gola candida e scoperta.

Mentre gli altri si impegnavano con tutte le loro forze a respingere l’attacco di quei demoni, la rossa e la bionda si spostarono a lato della battaglia per discutere sulla natura di quei cosi e cercare di trovare un modo di sconfiggerli.

< Non ne ho la più pallida idea, ma di sicuro non sono di queste terre > rispose la Ninfa ansimando per lo sforzo sostenuto.

< E allora cosa cazzo ci fanno qui? > chiese Amalia con ancora il panico negli occhi. < Non lo so > urlò isterica la rossa sollevando le mani in aria < Ma dobbiamo fermarli > disse severa.

< Ok, allora torniamo là in mezzo e vediamo di fare fuori quei luridi bastardi > ghignò Amalia ruotando la spada stretta nel suo pugno e lanciandosi nuovamente nella battaglia con la furia negli occhi.

< Santissimi Dei, speriamo che non siano ciò che penso > sussurrò la rossa ai cespugli che stavano ad ascoltarla in silenzio, anonimi testimoni dell’inizio della fine.

Un gruppo di quattro di quegli esseri, dopo aver squartato con i loro affilatissimi denti, un assassino che si era dato la briga di combatterli da solo si allontanarono dal suo corpo ormai esangue per dirigersi verso quello succulento della bionda che si batteva sfruttando tutti i trucchi di era capace e constatando con enorme rammarico che forse non sarebbero stati sufficienti in quella battaglia.

< E’ lei? > domandò uno degli esseri a quello che sembrava esserne il capo. < Sssssiii > rispose quello spargendo saliva tutto intorno.

< Ssssembra buona > ansimò uno di loro non riuscendo a reprime il suo istinto. < Non dobbiamo toccarla, hai sentito cosa ha detto. Il suo sangue serve puro > lo ammonì il capo.

< Prendiamola > ordinò poi seguendo gli altri che si erano già lanciati verso di lei. < Amalia! > urlò Xavier accorgendosi del gruppo di esseri che si erano lanciati alla carica verso di lei troppo impegnata con altri tre di loro per accorgersene.

Con un colpo di spada rabbioso, il moro finì il suo avversario e si precipitò dalla ragazza per la quale aveva perso la testa. Nessuno le avrebbe torto anche solo un capello.

Ora i due si trovavano schiena contro schiena, uniti in vita e nella morte; proprio come hai vecchi tempi.

< Pronto? > sussurrò la bionda al moro dietro di sè. < Sono nato pronto > rispose quello ghignando e staccandosi per sferrare un affondo con il quale riuscì a colpire uno dei sette demoni.

< Il solito sbruffone > commentò divertita la bionda sbuffando con fare teatrale.

< Vorrei davvero sapere come cazzo fanno quei due a ridere e scherzare anche in una situazione come questa > disse il biondo ansimando rivolto verso la rossa che ricorrendo all’arte della magia aveva spedito uno di quei demoni e metri di distanza. < Sono assassini, li viene naturale > rispose prendendolo da parte.

< Devi aiutarmi > sussurrò cercando di nascondersi alla vista degli altri.

< Immagino avrai capito che non sono esseri “comuni” > cominciò greve

< Sono stati evocati con la magia nera e solo quella purtroppo può respingerli >

Ormai non c’erano più dubbi: quegli essere erano stati creati servendosi di magia oscura, un genere di magia che gli Dei avevano bandito dal Mondo Conosciuto migliaia di anni addietro.

La rossa li aveva osservati mentre li combatteva trovando conferma alle sue peggiori ipotesi.

< Cosa? > aveva nel frattempo domandato il biondo. < Sono esseri malvagi Jason e devo ricacciarli da dove sono venuti > spiegò la rossa accalorandosi. < Come? > chiese il ragazzo ingoiando un improvviso groppo che gli si era formato in gola.

< Mi serve Amalia > disse la rossa passando ad osservare l’assassina che lottava al centro della boscaglia. < Amalia? > chiese il biondo non capendo come lei potesse esserle d’aiuto.

< Ti ricordi quel quadro a casa mia? > disse la rossa sperando di riuscire a spiegargli in poche parole la vera natura di Amalia.

Il ragazzo fece un cenno d’assenso e lei tornò a parlare. < Ecco, quella è l’antenata di Amalia solo che non è esattamente pura come sembra > disse esitante. Rivelare quei segreti ad umano poteva costargli i suoi poteri ma non aveva altra scelta. < Cosa vorrebbe dire? > domandò ancora il biondo sempre più confuso.

< Vorrebbe dire che il suo sangue è “avvelenato” dalla Tenebra, Jason. Amalia è buona ma in lei scorre quello che gli Dei e le Ninfe chiamano Sangue di Tenebra > spiegò rapidamente. < Solo lei ha il potere di cacciarli ma per farlo devo risvegliare la furia che giace assopita dentro di lei e per farlo mi servi tu > concluse guardando il ragazzo con le lacrime agli occhi.

Dopo averci riflettuto su qualche istante il biondo annuì serio. < Cosa devo fare? > disse sollevandosi in piedi. < Devi attaccarla Jason, farla impazzire e scatenare la furia, al resto ci penso io > disse spiccia la rossa scoccando un bacio sulle labbra del ragazzo che con sguardo deciso si avviò verso il centro della battaglia.

La bionda era ancora impegnata con cinque di quei demoni, alle sue spalle Xavier si batteva con altrettanta furia e determinazione. Da lontano l’ombra sfocata di Jason si avvicinava ai due brandendo la spada con la quale si faceva largo tra i corpi riversi a terra privi di vita. In mente un solo fondamentale obbiettivo: scatenare la furia di Amalia.

Notando il suo arrivo la bionda sorrise aspettandosi rinforzi ma rimando profondamente delusa e sorpresa da ciò che invece il biondo fece.

Senza proferir parola Jason, alzò la lunga spada intarsiata di rubini e cominciò a menare violenti fendenti alla bionda cogliendola di sorpresa.

< Jason che cazzo fai, sei impazzito? > gridò questa cercando di difendersi. < Mi dispiace > disse solo il biondo continuando imperterrito nel suo compito. < Jason! > tuonò il moro cercando di muoversi nella sua direzione senza però riuscirci. < Jason che cazzo fai? > urlò furioso.

< Xavier è inutile che ti agiti > gli sussurrò la rossa a poca distanza da lui. < Cosa vuoi dire? > domandò quello cercando di muovere la gamba destra divenuta pesante come pietra. < Sei paralizzato, mi spiace ma non ho altra scelta > spiegò guardandolo con la disperazione negli occhi.

< Neifel, che cazzo sta succedendo? > urlò furibondo.

< Scusa > disse semplicemente la rossa voltandosi poi per affrontare uno dei demoni.

< Jason fermati > lo supplicò la bionda che continuava a difendersi senza però reagire. < Amalia mi dispiace non posso > rispose il biondo addolorato. < Cosa vorrebbe dire? > chiese la bionda cominciando a sentire la rabbia montarle dentro. < Devi combattere, sei troppo debole > spiegò il ragazzo dicendo la prima cosa che gli venne in mente per provocarla. < Io non sono debole > sussurrò Amalia tra i denti rispondendo ad un affondo del biondo.

Un lampo di luce scarlatta attraversò lo sguardo della bionda le cui mani presero a tremare. < Sei debole e i tuoi genitori erano degli idioti, degli stupidi senza cervello > continuò il biondo notando l’efficacia del suo metodo. < Non osare > sibilò furiosa. < Tu non sai NIENTE > strillò.

Ce l’aveva fatta, Amalia era preda della più cieca furia. I suoi occhi scarlatti sembravano mandare lampi carichi d’ira in tutte le direzioni.

Il sottile reticolo di vene appena sotto le pelle del collo prese a pulsare come impazzito e la bocca le si storse in un ghigno di pura cattiveria.

< Jason che hai fatto, sei impazzito? > urlò Xavier che assisteva alla scena impotente e immobile.

< Amalia! > la chiamò la rossa attirando la sua attenzione. < Amalia fermali, dì loro di smettere > urlò nella sua direzione.

< Perché dovrei? > domandò la bionda che aveva ormai perso la sua umanità. < Perché sai che è giusto così. Le Tenebre sono in te ma non ti possiedono, fermali Amalia basta una tua parola >

La bionda sorrise e si diresse verso la rossa incurante della battaglia che ancora infuriava intorno a lei. < Sai che ti dico? > disse quando fu a portata d’orecchie < Che me ne resterò qui a godermi lo spettacolo >

commentò annuendo con convinzione.

< Non mi lasci altra scelta allora > commentò sconsolata la rossa chiudendo gli occhi e raccogliendo intorno a sé le forze della natura.

Un grosso globo di luce le si formò nel palmo della mano sinistra prendendo a roteare su sé stesso in attesa di essere scagliato contro la sua vittima.

Pregando affinché il suo piano funzionasse la rossa allungò il braccio dinnanzi a sé liberando così la magia che si diresse rapida verso il corpo paralizzato del moro.

< Nooooooo! >

Un urlo atroce echeggiò per tutto il bosco svegliando gli uccelli che riposavano ignari sui rami dei grandi alberi. La bionda sconvolta si era lanciata verso Xavier, che nel frattempo era rimasto immobile con gli occhi spalancati per il terrore e lo stupore impotente e immobile, ponendosi tra lui e la sfera di luce appena in tempo per assorbirne l’effetto.

< Basta! > tuonò poi in tono autoritario, facendo tremare così la terra sotto di loro.

Come spinti da una forza più grande di loro i demoni si bloccarono accasciandosi al suolo privi di vita, mentre lo sguardo sconvolto del moro seguiva il corpo della bionda cadere a terra.

 


Angolo autrice:

 

Bentornati cari assassini! Per prima cosa ringrazio le ragazze che recensiscono e tutti coloro che leggono la mia storia in silenzio. Seconda cosa mi scuso per il ritardo e per eventuali delusioni derivanti da questo nuovo capitolo e in fine passo a commentare il mio lavoro.
Dunque, in queste righe i nostri assassini si trovano ad affrontare qualcosa di oscuro, potente e molto, molto antico. I Demoni, così come li definiscono loro sono esseri dalle sembianze animalesche con occhi scarlatti e pupilla gialla e denti aguzzi. Si nutrono principalmente di carne e sangue di vittime che squarciano senza ritegno. Sono stati evocati attraverso la magia nera e perciò questa è l'unica cosa che può fermarli. Amalia riesce in tutto ciò ma quali conseguenze avrà questa azione su di lei?
Rimante con me e scopritelo nel prossimi capitoli.
Alla prossima, Sybeoil!
 

P.S Un piccolo commento anche negativo sarebbe gradito da parte di chiunque! 

 

 

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Capitolo 5
*** La profezia dell'acqua e del fuoco ***


 

Capitolo 4

 

 

 

 

Voci basse e concitate le riempivano la mente come uno sciame d’api impazzite. Svolazzavano da una parte all’altra del cervello, rimbalzando sulle pareti e procurandole una dolorosa emicrania. Avrebbe tanto voluto dire loro di smettere di cianciare ma proprio non ce la faceva. Si sentiva debole e spossata, come se avesse appena sostenuto il duello più lungo e stancante di tutta la sua vita. Sentiva i muscoli delle braccia e delle gambe bruciare. Il cuore le batteva all’impazzata dentro il petto, rimbombando contro la stessa cassa toracica dentro la quale era costretto. Uno strano groppo sembrava comprimerle le gola impedendole di parlare, mentre le punte delle dita sembrano essere congelate. Non si era mai sentita tanto male in tutti i suoi vent’anni. Nemmeno dopo aver lottato quasi senza sosta contro Hoord. Nemmeno quando aveva appreso la verità sui suoi genitori.

Una voce più delle altre parve esploderle in testa. Era roca, profonda e familiare. Tese le orecchie il più possibile per riuscire a catturare tutte le parole che quella continuava a blaterare.

< No Neifel, non me ne frega un cazzo se quello era l’unico modo > stava dicendo in tono arrabbiato, quasi furente < Non dovevi nemmeno pensarla una cosa del genere > continuò imperterrita la voce.

< Mi dispiace davvero > rispose la voce sottile di una donna < Ma ti giuro che quello era l’unico modo per fermarli > aggiunse un po’ più convinta di prima. < Poteva andare tutto storto! > tuonò la voce maschile

< Te ne rendi conto? > chiese poi aumentando il tono di un’ottava.

< Si > ammise l’altra riluttante < Ma tu non conosci la storia, non sai perché > aggiunse in un sussurro roco.

< Allora illuminami > ringhiò sarcastica la voce maschile.

< Non mi è concesso di rivelare segreti di questa portata ad un essere umano > si giustificò quella < Per ora dovrai avere fiducia > aggiunse con tono di chi non intende proseguire oltre.

Proprio non riusciva a capire a cosa quelle due voci a lei tanto familiari si riferissero. Di sicuro doveva essere una cosa piuttosto grossa, dato che destava tante preoccupazioni, pensò cercando di muovere le gambe nel tentativo di sollevarsi a sedere. Gli occhi fino a poco prima serrati, le si spalancarono di colpo quando una tremenda fitta di dolore le si spanse dalla caviglia al resto del corpo. Cercò di reprime l’urlo che le era affiorato spontaneo alle labbra senza però riuscirci. Il groppo che le bloccava la gola impedendole di parlareparve sciogliersi, lasciando via libera alla voce che ne approfittò per uscirne in un solo getto. In pochi istanti le voci di prima assunsero un corpo e un’identità che con sua grande sorpresa si trovò a riconoscere. C’erano tutti: Xavier, con i suoi capelli spettinati e gli occhi gentili preoccupati come poche altre volte erano stati, Neifel con la sua chioma rosso cremisi e gli occhi di un potente azzurro cielo velati di lacrime e infine Jason, con i suoi corti capelli biondi e lo sguardo di chi ha qualcosa da farsi perdonare.

Tutti lì, piegati sulle ginocchia davanti a lei che se ne stava stesa con gli occhi sbarrati e le labbra serrate.  

< Come ti senti? > le domandò Xavier afferrandola per le braccia e aiutandola a sollevarsi a sedere.

< Cosa è successo? > domandò lei ignorando la domanda. I tre si scambiarono uno sguardo carico di sottointesi e poi fu Neifel a rispondere. < Sei svenuta > spiegò dolcemente. Amalia scosse il capo vigorosamente. < Intendo dire, cosa è successo per davvero > ripeté scoccando uno sguardo esortativo ai tre davanti a lei.

< Sei svenuta > confermò Jason timidamente. < Si, sai quei demoni ci hanno colto di sorpresa e uno di loro ti ha colpito dietro la nuca > disse la rossa intervenendo nel discorso. Xavier continuava a non guardarla preferendo di gran lunga il tappeto di foglie ai suoi piedi.

Amalia sapeva che c’era qualcosa che non andava. Qualcosa che le stavano nascondendo, glielo aveva sentito dire prima, quando tutti e tre la credevano ancora priva di coscienza, ma fece comunque finta di niente. Insistere dopotutto non l’avrebbe portata da nessuna parte. Conosceva quei tre abbastanza bene da sapere che se non volevano dirle una cosa non lo avrebbero fatto nemmeno sotto tortura. Cercando perciò, di reprimere il moto di stizza che le stava affiorando dentro, annuì seria.

< Credo di essermi slogata la caviglia > disse poi portandosi una mano nel punto da cui prima aveva sentito provenire la fitta di dolore.

La zona intorno alla caviglia e dietro il tallone era gonfia e viola. Sentiva il sangue pulsare sotto la superficie della pelle e l’osso tremare. Forse non era solo slogata, magari era rotta.

< Fammi dare un occhiata > disse Xavier avvicinandosi alla caviglia di Amalia. Dopo un esame di qualche minuto, il suo verdetto fu quello che le bionda aveva immaginato.

< E’ rotta > mormorò. < Immaginavo > disse lei cercando di alzarsi.

< Che fai? > domandò Jason sconvolto. < Beh dobbiamo rimetterci in viaggio > rispose lei con ovvietà nella voce. < Non se ne parla proprio > la sgridò il moro.

Le sembrava di essere tornata bambina, quando alla Gilda, Shiack la sgridava dicendole che non si doveva giocare per il palazzo con i coltelli. < Ma non possiamo arrivare in ritardo > protestò lei accalorandosi. < Non me ne frega niente se arriveremo in ritardo, tu non ti muovi da qui, fino a quando Neifel non ti ha riaggiustato quella caviglia > tuonò Xavier autoritario.

Mettendo su il suo tipico broncio, la bionda si rimise seduta allungando davanti a se la gamba ferita in modo da esporla alla magia della rossa.

Questa si piegò prontamente dinnanzi a lei e con fare piuttosto bizzarro cominciò ad accarezzarle la zona dove l’ematoma era più evidente, mormorando parole in una lingua sconosciuta.

Dopo qualche istante trascorso nel più totale silenzio, rotto solo dal respiro dei quattro e dalle parole concitate della rossa, si udì un forte crac e Amalia serrò i denti per non urlare. Sorridendo soddisfatta la rossa si alzò e annunciò trillante che la caviglia ora, era come nuova.

< Bene è tutto sistemato > disse sorridendo. < Sistemato un cavolo > le fece eco la bionda guardandola accigliata < Mi hai fatto malissimo > aggiunse poi accarezzandosi il punto in cui prima troneggiava un grosso ematoma violaceo.  

< Beh non posso mica fare miracoli > rispose la Ninfa fingendosi offesa.

< Lo so > borbottò la bionda < Vorrei solo che non fosse così doloroso > mormorò più a se stessa che agli altri.

< Bene ora che sono tutta intera, direi che possiamo riprendere il cammino > disse in tono rallegrato.

< A proposito di questo > intervenne Jason con aria cupa < C’è stato un piccolo problema > comunicò con voce roca.

< Che tipo di problema? > chiese subito la bionda oscurandosi.

< Ecco, quei… quei cosi hanno ucciso metà dei tuoi uomini > disse tutto d’un fiato, sperando che comunicarlo veloce avrebbe sortito un effetto meno disastroso.

< Loro… che cosa? > strillò Amalia furibonda. < Dove sono adesso? > domandò perentoria.

< Chi? > chiese Jason disorientato. < I miei uomini > rispose secca lei.

< Beh li abbiamo seppelliti, sai Neifel ci ha dato una mano con la magi > spiegò abbassando lo sguardo.

< Bene > mormorò la bionda dirigendosi nella direzione in cui la terra risultava smossa. < Prima di partire dovrò rivolgere una preghiera agli De,se volete potete aspettare in sella ai vostri cavalli con gli altri sopravvissuti > aggiunse allungando il passo per lasciarsi gli altri alle spalle.

Arrivata nel punto più buio di tutto il bosco, dove la terra era stata smossa da poco,  si lasciò cadere in ginocchio.

Gli occhi limpidi presero a bruciarle, come se le lacrime minacciassero di sgorgare fuori da un momento all'altro. Tirando un lungo respiro cercò di calmarsi e di rigettarle indietro, congiunse le mani al petto e cominciò a pregare la Dea Morte.

< Per te si sono battuti allo stremo delle forze. Ti hanno servito fedelmente. Versato sangue su tua commissione. Ti hanno adorato e venerato. Accogli queste anime nel tuo regno > mormorò a mezza voce.

Una voce il cui suono poteva essere scambiato per il canto di mille anime morte tuonò nella sua testa < Figlia mia, le anime dei tuoi soldati troveranno posto nel mio regno, ma tu devi promettermi una cosa >

Sapeva a chi apparteneva quella voce, l’aveva udita anche due anni prima, quando Shiack l’aveva chiusa nelle segrete del Palazzo della Gilda.

La Morte era tornata a parlarle.

< Qualunque cosa > promise lei alzando lo sguardo al cielo velato di grigio. < Promettimi che proteggerai il tuo sangue a costo della vita. Devi promettermi che per quanto la Tenebra possa tentarti tu non cederai. Sii forte bambina mia e il Mondo Intero te ne sarà grato > disse quella in tono disperato.

< Cosa vorrebbe dire che devo proteggere il mio sangue? > domandò Amalia non capendo a cosa si riferisse. Cosa centrava il suo sangue in tutta quella storia? < Non posso rispondere a questa domanda > spiegò cordiale la voce.

< Abbi fiducia in colei che d’acqua sembra fatta ma che del fuoco è figlia > sussurrò prima di svanire.

< Chi sarebbe? > domandò ancora la bionda senza ricevere risposta.

< Rispondi! > gridò rivolta al cielo.

Niente! In risposta solo il sordo echeggiare delle foglie degli alberi mosse dal vento.

Mentre tornava indietro per aggregarsi ai suoi compagni già montati in sella ai loro cavalli pensò a chi fosse questa fantomatica donna che d’acqua sembra fatta ma che del fuoco è figlia.

Lei fino ad ora non aveva conosciuto nessuno che potesse rispondere a tali requisiti, pertanto quando Neifel le chiese se fosse pronta per partire sorridendole, lei rispose < Pronta! > e spronò il cavallo al piccolo trotto.

 

 

 

 

Angolo autrice:
Salve a tutti, bentornati. Ringrazio di cuore tutti coloro che leggono la storia e chi la commenta e chiedo scusa per il ritardo con cui pubblico ma la scuola sembra volermi soffocare tra liberi e ricerche varie. Sono davvero usausta e pensare che quest'anno per la scuola si protrarrà fino a Luglio! Mi sento male solo a pensarci.
Tornando a noi, in questo capitolo la Morte torna a parlare con la nostra Mal, rivelandole un altro piccolo pezzo del grande mistero che è la sua vita. La profezia in questione parla di una donna che sembra fatta d'acqua che ma che in realtà dentro, nasconde il fuoco. Solo la protagonista della profezia potrà aiutarla nello scontro che molto presto si troverà a combattere. Solo lei saprà guidare il suo animo lungo i sentiri di una lotta combattuta tra Tenebra e Luce, tra Sangue e Terra.
Riuscirà Amalia a capire chi si cela dietro le parole della Morte? Il suo sangue sarà al sicuro?
Se siete curiosi allora continuate a leggere e commentate. Ogni vostro consiglio, bello o brutto, è ben accetto.
Alla prossima, Sybeoil!

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