Misunderstoods

di emychan
(/viewuser.php?uid=827)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Messaggio ***
Capitolo 2: *** Decisioni ***
Capitolo 3: *** Trappola ***
Capitolo 4: *** Fratelli ***
Capitolo 5: *** Risveglio ***
Capitolo 6: *** Cap.6:Silenzio ***
Capitolo 7: *** Confessioni ***
Capitolo 9: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Messaggio ***


Come promesso eccomi con la mia nuova storia!
Partiamo dall'inizio, come già detto è stata scritta per il contest 'All you need is love' indetto su Efp da superkiki92 che ringrazio per avermi inviato la correzione della storia ed essere stata anche la mia beta in sostanza!!!:DDD
L'argomento del contest era 'L'amore fa male'.

La storia è arrivata al terzo posto!!!!:DDD Ecco il banner!!**

Spero vi piaccia! Rispetto al solito, Arthur sarà un po' differente, spero non risulti OOC andando avanti. 

Avevo voglia di sperimentare un po' col suo cervello d'asino, pur rimanendo IC... non so se ci sono riuscita, me lo direte più avanti!:D


Misunderstoods


Cap.1:Messaggio


Arthur osservò in silenzio il messaggio che gli era stato consegnato poco prima da una delle guardie.

Aveva riconosciuto la scrittura al primo sguardo e, intimando alla guardia di non dire nulla a nessuno della missiva, si era chiuso nelle

sue stanze.

Sapeva che nessuno si sarebbe stupito delle sue azioni. Non era raro, per i membri della famiglia reale, tenere conversazioni epistolari

segrete.

Nessuno avrebbe mai potuto sospettare l’oggetto di quel particolare messaggio.

Il principe lo attendeva da tempo ormai.

In fondo erano passate settimane da quando aveva inviato Lancelot in missione, a seguire le loro tracce, e il cavaliere non era altro che

efficiente e fedele.

Abbastanza discreto da restare al sicuro, ma abbastanza determinato da scoprire ciò che desiderava.

Ed eccola lì la risposta, puntuale come il suono delle campane di mezzodì.

Morgana si nascondeva nel vecchio regno di Cenred.

Non ufficialmente, certo, ma non essendoci un erede al trono, era stato piuttosto facile per lei e Morgause conquistare il potere.

Una marionetta nelle loro mani era stata messa sul trono, pronta a tenere rapporti con i regni vicini e a coprire le loro tracce. Fino ad

allora. 

Arthur era stato ossessionato dall’idea di ritrovare la sorellastra per mesi, dal giorno in cui aveva recuperato il regno e salvato suo

padre, ma i nuovi impegni, il nuovo ruolo da reggente, gli impedivano di lasciare la città per lunghi periodi di tempo.

Quello e il fatto di voler nascondere le ricerche a Merlin.

Non voleva che il suo servo tornasse a pensare a Morgana proprio ora che sembrava essere tornato a sorridere.

Perciò aveva chiesto a Lancelot di cercare la verità e il cavaliere era partito senza alcuna obiezione. Nella lettera gli spiegava come

avesse attraversato diversi regni fingendosi un semplice cacciatore di avventure, questo gli aveva permesso di ascoltare numerosi

racconti da mercanti e tavernieri, mercenari e contadini.

Metterle insieme, diceva, non era stato difficile, tutti gli indizi conducevano ad un’unica risposta: Morgana era a Cenred e si preparava

in silenzio al prossimo attacco.

Quanto a Morgause, nessuno l’aveva riconosciuta, ma si diceva che ci fosse una donna gravemente ferita a corte.

Una donna che nessuno poteva visitare a parte la sorella. 

Arthur, come Lancelot, non aveva dubbi che si trattasse di lei.

Doveva verificarlo di persona? Gli chiedeva infine. La decisione spettava solo ad Arthur.

Con un sospiro, il principe di Camelot bruciò la missiva nel camino e osservò le fiamme divorarla lentamente pensando al da farsi.

Aveva atteso mesi quel momento, cercando senza sosta, senza riposo.

Incapace di accettare il tradimento, la perdita, il modo in cui la magia l’aveva strappata da lui, da loro.

Per tutto quel tempo aveva immaginato cosa fare, cosa dire, come affrontarla, ma adesso che l’aveva ritrovata, non era certo di volerla

davvero incontrare o di volerla davvero riportare indietro.

Anzitutto Arthur non era mai stato bravo con le parole, non era bravo ad affrontare il dolore né a contenere la rabbia. Il suo

temperamento era rinomato in tutto il palazzo dopotutto.

Trovarsi davanti Morgana dopo quello che aveva fatto a suo, al loro padre... non era certo di poterla perdonare, né di volerci provare,

forse neppure per Merlin.

Ed eccolo lì il nocciolo di ogni cosa.

Il vero motivo della sua febbricitante ricerca di una strega che aveva ucciso il suo popolo e voltato le spalle ad ogni cosa senza un

rimpianto, il suo servitore.

Talmente devastato dalla perdita della donna, che Arthur aveva temuto a lungo per la sua salute.

Da quando avevano recuperato il regno e distrutto l’esercito immortale di Morgause, Merlin era stato l’ombra di se stesso.

Il sorriso stanco, i cerchi neri sotto gli occhi costantemente arrossati, il viso pallido e sempre più magro, Arthur l’aveva guardato

sprecarsi in silenzio. 

Giorno dopo giorno.

Per quanto desiderasse tornare al passato, a quando tutto andava bene e Merlin era solo un’idiota dai modi irriverenti, non poteva

riavvolgere il tempo.

La sua spada e tutti gli allenamenti del mondo non gli avrebbero mai concesso quel potere. Poteva solo aspettare e sperare che le cose

migliorassero.

Ma intanto Merlin continuava a soffrire, e Arthur non poteva più sopportarlo.

Per questo continuava a cercare. Per Merlin, avrebbe riportato indietro Morgana, a qualunque costo.

Il problema era come riuscirci.

Il principe sperava che, se le avesse parlato, se le avesse fatto capire che poteva accettare le sua magia, Morgana sarebbe tornata in sé

e Merlin sarebbe tornato a sorridere.

Avrebbe accettato ogni cosa pur di rivederlo felice, sebbene il pensiero di lasciarlo a lei, gli fosse insopportabile.

Arthur scosse la testa. Aveva già accettato la verità, molto tempo prima.

Non aveva senso tornare a quell’amarezza proprio adesso.

Merlin amava Morgana e questo era quanto.

Non c’era niente che potesse fare per cambiare le cose.

Qualcuno bussò alla porta distogliendolo dai suoi pensieri. Immaginando si trattasse di un servo, il principe ordinò di entrare.

“Di chi era il messaggio?” Non era un servo, ma Gwaine che si richiuse la porta alle spalle, fissandolo in attesa di una risposta.

Era da giorni che il cavaliere gli stava col fiato sul collo, chiedendogli notizie di Lancelot, della sua improvvisa partenza, di questi affari

personali che lo avevano allontanato da Camelot senza spiegazioni.

Tra tutti era il solo che metteva in dubbio le sue parole, una vera spina nel fianco.

Il principe sapeva che ne aveva parlato anche con Merlin e la cosa non gli piaceva affatto, quei due avevano una pessima influenza

l’uno sull’altro. Conoscendoli, potevano decidere di andare in cerca del cavaliere da soli.

Se Merlin avesse scoperto di Morgana, probabilmente avrebbe voluto vederla, e Arthur non poteva ancora permetterlo. Non se

rischiava di venir ferito ancora una volta dalla donna.

“Lascia perdere Gwaine, credimi, non ti riguarda” mormorò in risposta, pur sapendo di combattere una guerra persa.

“Forse no, ma sono certo che c’entri Merlin in qualche modo”.

“E perché lo pensi?” gli chiese secco. Forse un po’ troppo, a ben rifletterci.

È raro che tu nasconda qualcosa a Merlin. In genere è il primo a conoscere ogni tuo pensiero, eppure, nemmeno lui sa dove si trovi

Lancelot e qualcosa mi dice che non sappia neppure del messaggio di cui ti sei liberato così in fretta” gettò un’occhiata verso il camino.

Arthur sospirò andandosi a sedere al tavolo e puntellandovi i gomiti “Lui non deve saperne niente” gli ordinò in tono severo.

Gwaine alzò un sopracciglio “Cos’hai combinato stavolta?” gli chiese sospettoso.

Tipico di lui pensare che avesse fatto qualche torto al servo, ogni volta che Merlin mostrava cenni di rabbia o tristezza o chissà che

altro, il cavaliere non faceva che tormentarlo accusandolo di averne combinata una delle sue e ordinandogli di scusarsi, una cosa

davvero irritante.

“Niente, sir Gwaine. Non gli ho fatto assolutamente niente”.

È per questo che è così giù di corda ultimamente?”

“Che vuoi che ne sappia? Merlin è una tale ragazzina” scosse le spalle scostando lo sguardo, non voleva rivelare i segreti del ragazzo.

Non era suo compito dirlo a Gwaine.

“Arthur, non credi che...” l’uomo s’interruppe guardandolo in silenzio con aria fin troppo seria.

“Cosa?” lo incalzò seccato il principe.

“Non credi che possa essere geloso di te e Gwen?” chiese, facendolo quasi scoppiare a ridere. Magari lo fosse, avrebbe voluto

rispondergli “Ne dubito seriamente” disse invece, scegliendo di versarsi del vino. Per come stava andando quella conversazione,

avrebbe avuto bisogno di bere, e molto.

“Come fai ad escluderlo? Sono molto vicini, forse si è innamorato di Gwen e tiene tutto dentro per non farti arrabbiare. Sarebbe tipico

di Merlin” spiegò l’altro, continuando a tenere quell’espressione seria che stonava col suo viso.

Persona sbagliata, teoria giusta, rifletté tra sé il principe. In effetti non aveva preso in considerazione come vederlo fidanzato con

Ginevra avrebbe potuto ripercuotersi sul suo servo. Forse vederli insieme gli aveva ricordato di Morgana e ciò che aveva perso. Senza

saperlo, forse aveva peggiorato le cose, rendendolo ancora più infelice di prima.

Ma era stato lui a spingerlo in quella direzione, pensò con una stretta al cuore.

È stato Merlin a spingermi ad avvicinarmi a Ginevra” disse con una smorfia, cercando di non pensare all'amaro rimpianto che gli

provocava il solo ricordo.

Il modo in cui il servo lo aveva spinto tra le braccia della ragazza, in cui l’aveva convinto ed aiutato a farsi avanti. A dichiararsi a lei.

Talmente idiota da non rendersi conto di cosa gli stesse facendo con le sue parole.

Di quanto lo distruggesse con la sua gentilezza. Con la sua totale indifferenza.

“Però...” mormorò ancora incerto il cavaliere.

“No, Gwaine” lo fermò con un gesto. Incapace di ascoltare oltre quell’assurda teoria che risvegliava troppe ferite ancora dolorose “Ti

assicuro che Ginevra non c’entra niente. Probabilmente Merlin è triste perché vedermi con lei gli ha ricordato chi non può avere”

spiegò con voce colma di rammarico.

Come lo ricordo io, ogni istante della mia vita, aggiunse nella propria mente.

Sempre più confuso, il cavaliere fissò Arthur in attesa di una spiegazione, di un nome, ma il principe non era sicuro di poterlo

accontentare.

Era un segreto di Merlin in fondo. Un segreto che custodiva gelosamente da anni, che non aveva mai rivelato neppure allo stesso

Arthur.

Però sapeva anche che, se non gli avesse detto la verità, Gwaine avrebbe continuato a scavare e domandare rischiando di peggiorare la

situazione.

“Non dovrà mai uscire da questa stanza” gli ordinò bevendo le ultime gocce del suo vino.

“Sicuro” scosse le spalle l’altro, andandosi a sedere all’altro capo del tavolo.

“Sono serio. Merlin non mi ha mai rivelato nulla, ma era ovvio... soprattutto per me” gli spiegò in tono grave

Per me che cercavo i segni, che lo osservavo per capire se avrei mai potuto... interruppe il pensiero prima ancora di finirlo.

Doveva smetterla di farlo, di ferirsi ancora e ancora, come uno stupido.

Aveva Ginevra adesso, doveva pensare a lei. Doveva amare lei. Solo lei.

“Morgana” esalò infine, lasciando l’altro a bocca aperta.

Tbc


Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Decisioni ***


Grazie a speranza, chibisaru81 e SeleneKyoto per aver commentato lo scorso capitolo!!!:DDD

E grazie a tutti coloro che l'hanno inserita  tra le seguite!!!:DD

Solo tre commenti!:((

E' timidezza, il fatto che ancora non è successo granché oppure non vi piace molto la storia??ç_ç



Cap.2: Decisioni

“Morgana” esalò infine, lasciando l’altro a bocca aperta.

***

Cosa?” sibilò incredulo.

“Merlin era… è innamorato di Morgana, lo è stato per molto tempo. Per un po’ ho anche creduto che fosse ricambiato, ora non ne

sono così certo. Poteva essere tutto un piano, non lo so”.

E come doveva aver ferito Merlin quella scoperta. Lui che era così ingenuo, così fiducioso.

Cosa aveva provato di fronte a quel tradimento? Come si era sentito, quando l’aveva vista tradire ogni cosa? Eppure era rimasto al

fianco di Arthur, fingendosi forte. Pronto a combattere contro la donna che amava. Fedele al principe, e a Camelot.

Non poteva negare di aver provato una profonda soddisfazione nel sapere che avesse scelto lui e non lei.

”Merlin?” disse Gwaine, le labbra increspate come se si trattenesse a stento dal ridere.

Se fosse a causa del pensiero di Merlin con una donna qualsiasi o con Morgana, Arthur non lo sapeva. Quell’immagine non gli aveva

mai provocato ilarità in fondo, ma solo un doloroso nodo allo stomaco e un vago malessere dal quale non riusciva a liberarsi nemmeno

adesso. 

Ancora ricordava il giorno in cui lo aveva capito, il giorno in cui tutte le sue speranze erano crollate.

Come gli aveva intimato di lasciar perdere, di dimenticarla. Come aveva cercato di ferirlo dicendogli che lei era troppo per lui, che non

avrebbe mai potuto essergli neppure amica. 

Non era servito a nulla ovviamente.

E come poteva biasimarlo per questo? Morgana era bella.

Il suo fascino non aveva mai lasciato indifferente neppure lui, la sua intelligenza, la sua fierezza.

Lei era tutto ciò che un uomo poteva desiderare.

Per qualcuno cresciuto in un piccolo villaggio sperduto, che non aveva mai incontrato una nobile prima di allora, doveva rappresentare

un sogno avvolto nella seta.

Come poteva pretendere che Merlin, l’ingenuo, stolto Merlin, resistesse ad un richiamo simile?

“Quando scomparve…” pronunciò a fatica intorno al nodo che gli si era formato in gola “Quando scomparve, Merlin non riusciva a

darsi pace. Credo si sentisse colpevole, confuso. Venne con me a cercarla, ogni volta. Non c’era modo di convincerlo a restare

indietro” s’interruppe al ricordo troppo nitido di quei giorni.

L’aria ferita, gli occhi sempre gonfi e rigati di rosso del suo servo. Non avrebbe mai dimenticato come sembrasse, anche allora, ad un

passo dalla morte.

Tutto per lei. Sempre per lei.

Perché era scomparsa sotto ai loro occhi. Perché non era riuscito a proteggerla. Perché l’amava.

Era stato durante quei viaggi che aveva davvero accettato la propria sconfitta.

Merlin non lo avrebbe mai ricambiato, non avrebbe mai provato quel tipo di sentimento per Arthur. E il principe aveva accettato la resa

e aveva giurato a se stesso di ritrovarla. Di riportarla a Camelot. Per sé, per suo padre, ma soprattutto, per Merlin. Perché potesse di

nuovo essere felice.

Avrebbe mentito per loro se fosse stato necessario, avrebbe finto di non vedere ciò che facevano e, un giorno, quando sarebbe
       
diventato re, avrebbe concesso loro di sposarsi.

Lo uccideva farlo, ma allo stesso tempo, sarebbe stato peggio vedere quel lento degrado che il suo servo sembrava subire nell’anima.

Arthur non poteva accettarlo. Preferiva perderlo piuttosto che vederlo soffrire.

“Posso immaginarlo, quando decide di fare qualcosa non è facile fargli cambiare idea” annuì il cavaliere con un sorriso.

“Per niente” sospirò il principe “Quando venne ritrovata, le cose sembrarono tornare a posto. Merlin era di nuovo felice, ma successe

qualcosa... si allontanarono credo. Morgana…” si fermò alla ricerca delle parole giuste, ma Gwaine lo interruppe “Ha deciso di

uccidere tutti e prendersi la corona” concluse per lui “Non deve essere stato facile per lui”.

“No, credo proprio di no” mormorò scuotendo le spalle. Nonostante le apparenze Merlin sapeva nascondersi bene, era quasi

impossibile capire cosa stesse pensando. O provando.

Quel suo dannato sorriso nascondeva sempre i suoi sentimenti.

“Non ti ha mai detto niente?” gli chiese in tono dubbioso, come se l’idea che proprio Merlin potesse tenere un segreto simile, fosse a

dir poco scioccante. 

Forse lo era per Gwaine, abituato a vedere la maschera del servitore sempre allegro e sorridente, ma Arthur sapeva che c’era ben altro

in lui, segreti che non condivideva con nessuno, forse nemmeno Gaius. Un’oscurità che portava da solo come un peso ineluttabile,

incapace di fidarsi di chiunque altro. Un’altra realtà che aveva accettato a malincuore molto tempo prima.

“Forse sente che non lo prenderei sul serio o che non lo capirei. Non lo so. Merlin non parla molto di sé. Sembra non avere segreti, ma

in realtà non fa che nascondersi da tutti” mormorò fissando la brocca ormai vuota, Gwaine l’aveva prosciugata in fretta. Doveva

saperlo che invitarlo a restare nelle sue stanze, non avrebbe fatto bene alla sua scorta di liquore.

“Che brutta storia” disse infine il cavaliere passandosi una mano sul mento coperto di barba.

Arthur rimase in silenzio, non c’era bisogno di dire nulla. Era stato un amore impossibile dal momento in cui era nato. Per Uther, per le

loro posizioni sociali e poi… per quello che era accaduto dopo.

Pensare che era riuscita ad ingannarli tutti.

Arthur si sentiva in colpa per averle permesso di usare Merlin in quel modo.

Perso nel suo dolore aveva rifiutato di chiedere, di guardare. Aveva ignorato i due, cercando di non creare loro problemi. Cercando di

inghiottire la propria gelosia, si era convinto che Morgana ricambiasse i sentimenti del suo servitore. Aveva interpretato come prove i

loro sguardi, i loro sorrisi, il modo in cui la donna era sempre pronta a sgridare Arthur per come lo trattava, a difenderlo dal re, a

coprire ogni suo errore.

L’aveva odiata per questo. L’aveva detestata, perché sapeva che era l’unica avversaria che non poteva sconfiggere. L’unica guerra che

non poteva combattere.

Mai, nemmeno per un istante, aveva creduto che Morgana potesse fare una cosa simile.

E in fondo, era Merlin. Come avrebbe potuto non amarlo? Il principe non c’era mai riuscito.

“La stai cercando, non è vero? È questo il vero motivo del viaggio di Lancelot” disse infine Gwaine.

Arthur annuì “È riuscito a trovarla” disse senza guardarlo, fissandosi le mani come in cerca di una risposta ai suoi dubbi “È nel regno di

Cenred”.

“Nascosta in piena vista, il trucco più vecchio del mondo” sorrise il cavaliere.

Entrambi rimasero in silenzio, ognuno preda dei propri pensieri.

“Vuoi incontrarla?” non c’era alcun rimprovero nella voce dell’altro, nessun commento sul suo essere erede o reggente, ma era

naturale.

Gwaine era sempre stato un amante delle situazioni disperate, delle missioni suicide, e quella non era altro che questo. Andare da solo a

cercare Morgana, provare a farla ragionare, Arthur sapeva che era una follia, un viaggio senza ritorno. Sua sorella gli aveva fatto

capire in modo piuttosto chiaro cosa pensava di lui e del suo regno.

Non avrebbe esitato ad ucciderlo. Però “Ho altra scelta?”

“Potresti parlare con Merlin” rispose Gwaine scuotendo le spalle, come se quella fosse la cosa più ovvia del mondo. Non che non ci

avesse pensato.

Migliaia di volte a dire il vero.

Aveva immaginato di affrontarlo a testa alta chiedendogli dei suoi sentimenti.

Costringendolo a dirgli la verità, forse confortandolo e aiutandolo a guarire dalle sue ferite.

Sarebbe stata la strada più naturale, più logica.

Ma Arthur non era quel tipo di persona.

Parlare di sentimenti lo imbarazzava, consolare gli altri lo metteva a disagio e, come se non bastasse, il pensiero di sentire la verità dalle

labbra di Merlin, di sentirgli dire che amava Morgana ed era distrutto dalla sua perdita, non era certo di poterlo sopportare.

Avrebbe reso tutto troppo reale.

“Non voglio che faccia niente di avventato” rispose, mentendo anche se solo per metà.

Era vero che Merlin non pensava mai a ciò che faceva, c’era il pericolo che andasse a cercarla da solo, per parlarle, ma non era l’unico

motivo che lo spingeva a tanta segretezza, lui che odiava mantenere segreti e bugie.

“Non possiamo fare finta di niente, peggiorerà se non proviamo a parlargli” brontolò Gwaine guardandolo, stavolta sì, con rimprovero.

“Non possiamo forzarlo Gwaine, non sarebbe giusto” gli rispose il principe, ma sapeva che, in verità, non era solo alla salvezza di

Merlin che pensava.

“E così è giusto? Merlin è nostro amico, se soffre per amore dovremmo stargli accanto. Fargli sapere che siamo lì per lui”.

“Non è così semplice, Merlin non vuole farcelo sapere, si sentirebbe in imbarazzo e si chiuderebbe in se stesso” cercò di farlo

ragionare.

“Perciò la tua soluzione è farti ammazzare da Morgana e farlo sentire ancora più in colpa? Complimenti principessa è proprio un’idea

degna di… un asino, per citare qualcuno”.

“Ho solo bisogno di un po’ di tempo, Gwaine, nient’altro. Mantieni il segreto per un paio di giorni” non lo ordinò esplicitamente perché

sapeva che l’altro non l’avrebbe presa bene, ma non lo avrebbe nemmeno pregato di fargli quel favore.

“Solo un paio di giorni, poi svuoterò il sacco” brontolò infine il cavaliere.

Arthur sapeva quanto quella promessa fosse importante, mentire a Merlin, per Gwaine, era un grande sacrificio.

Il cavaliere si alzò “Cerca di non farti uccidere” gli disse prima di uscire.

Una volta solo, Arthur prese un foglio bianco e intinse la penna nel calamaio.

Aspettami al confine. A-’ scrisse in fretta, senza fermarsi a pensare oltre.

La decisione era presa.

Tbc


Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Trappola ***


Pochi giorni di ritardo, ma sono in periodo di esami perciò vi chiedo comprensione, supporto morale e tanta nutella per 

tirarmi su!:DD

Come sempre un grazie speciale a Chibisaru e SeleneKyoto che hanno commentato lo scorso capitolo e a chi legge, mette in preferite e seguito!!I love you!!!!xDDD

Finalmente un po' di Merlin in questo capitolo!!!

Cap.3:Trappola.


“Non capisco perché non posso venire con voi”.

Merlin si sentiva decisamente confuso.

Quando il principe gli aveva ordinato di preparare le sue cose per un viaggio di alcuni giorni, aveva naturalmente concluso di doverlo

seguire. Non capitava quasi mai che potesse restare al castello mentre Arthur era fuori e, ad essere sinceri, vista la frequenza con cui

attirava i guai, non era consigliabile lasciarlo girare da solo per la foresta.

Solo che stavolta gli aveva ordinato di restare indietro. E a giudicare dal suo tono non era un comando negoziabile. O uno scherzo.

Arthur era serio, voleva davvero che Merlin rimanesse al castello.

Non era mai successo prima di allora.

“Da quando ti interessa venire a caccia?” gli chiese il principe con aria stupita.

Merlin smise di gettare roba nella borsa per scuotere le spalle “È solo che mi sembra strano, tutto qui” rispose in tono evasivo. Non era

da Arthur tutto questo mistero, tutte queste bugie.

Per stare più tranquillo, gli aveva detto.

Non aveva alcun senso “Potrebbe essere pericoloso, tutto qui” spiegò piegando un mantello foderato di pelliccia. Di notte avrebbe fatto

freddo nei boschi.

In tutta risposta il principe gli gettò un’occhiata torva “Non ho bisogno del tuo permesso per andare a caccia, Merlin”.

Dal suo tono il mago capì che stava finendo la pazienza, in genere a quel punto avrebbe ceduto alle sue richieste, ma stavolta anche

quel metodo sembrava aver fallito.

Se non stava attento rischiava perfino di finire alla gogna.

Stupido asino.

È solo che mi sembra strano che andiate a caccia da solo…” provò ancora una volta. Il principe lo interruppe in tono esasperato “Se

serve a farti stare zitto, non sarò solo. Mi incontrerò con Lancelot lungo il cammino” gli disse secco, quasi sfidandolo ad obbiettare.

Se non altro questo lo tranquillizzò. Il cavaliere sarebbe stato in grado di difenderlo se ce ne fosse stato bisogno. Eppure c’era qualcosa

di strano in tutta quella storia, qualcosa che Arthur voleva tenergli nascosto.

“La borsa è pronta” mormorò distratto, ripercorrendo con la mente gli ultimi giorni alla ricerca di qualcosa di strano che potesse

risolvere il mistero. Non trovando niente, il mago sospirò tra sé , forse si creava troppi problemi. Forse Arthur voleva solo un po’ di

tempo per sé, lontano dagli impegni sempre più opprimenti di palazzo.

Certo, questo non spiegava perché dovesse preferire la compagnia di Lancelot alla sua, non che fosse geloso, ma almeno pretendeva

una ragione.

“Perfetto, tornerò tra tre, quattro giorni al massimo. Cerca di non cacciarti nei guai in mia assenza” lo canzonò afferrando la propria

borsa.

Merlin sbuffò, ancora offeso e vagamente ferito dal fatto che Arthur non lo volesse con sé.

Sapeva di essere infantile, ma il principe gli permetteva di seguirlo ovunque, perfino in battaglia senza lamentarsi. Perché proprio

stavolta, doveva dimostrarsi così testardo?

“Ci proverò” gli rispose, cercando di scacciare quel viscido presentimento che iniziava a farsi vivo nel suo stomaco. Non sarebbe

accaduto nulla al principe, era solo l’abitudine a farlo sentire così in ansia “Arthur…” lo fermò sulla porta “Fate attenzione” gli disse

infine, in tono serio.

Arthur sembrò sul punto di rispondere con una delle sue battutine, ma nel vedere l’espressione del suo servo, si limitò ad annuire ed

uscì in silenzio.

Merlin lo guardò montare a cavallo e sparire oltre i cancelli di Camelot dalla finestra.

La sensazione di aver sbagliato a permettergli di partire da solo non scomparve, anzi.

Si trasformò in un vero e proprio disagio che lo distraeva dai suoi lavori e non lo lasciava dormire la notte. Più tempo passava, più si

acuiva la sensazione di dover fare qualcosa.

Era ovvio che il principe gli avesse nascosto qualcosa, ma non capiva cosa potesse essere e, per quanto cercasse nelle sue stanze o

chiedesse agli altri cavalieri, non c’era alcun indizio di cosa stesse accadendo.

L’unico che sembrava al corrente di qualcosa era Gwaine.

Ogni volta che gli chiedeva di Arthur o di Lancelot, il cavaliere lo invitava alla taverna e cambiava discorso, come se volesse

nascondergli qualcosa di spiacevole. Il che non faceva che metterlo ancora di più in allarme, ma Gwaine non avrebbe mai lasciato il

principe nei guai, ne era certo.

Perciò il suo comportamento era ancora più inspiegabile.

Nel frattempo erano passati quasi due giorni da quando il principe era partito e i timori del mago erano sempre più forti.

Merlin stava attraversando il cortile, quando li vide.

Gaius gli aveva chiesto di raccogliere delle erbe che aveva finito, il mago era stato quasi tutta la mattina a fissare il sottobosco alla

ricerca di radici di cui non ricordava neppure più il nome.

Era stanco ed affamato, aveva voglia di dormire e magari farsi un bagno caldo, ma tutto questo avrebbe dovuto aspettare perché

Gwaine era in cortile e non era da solo: Lancelot era con lui.

Il cavaliere sembrava appena tornato, l’aria stanca ed affamata testimoniavano il suo lungo viaggio.

Merlin si guardò attorno, cercando il principe, ma non c’era traccia né di lui né del suo cavallo. Se fosse tornato, sicuramente lo

avrebbe mandato a chiamare immediatamente. La premonizione che lo tormentava da giorni si fece insostenibile, Merlin quasi corse

dai due.

“E la principessa?” sentì chiedere Gwaine con aria stranamente preoccupata “Doveva incontrarti al confine”.

Il mago si fermò, aveva sentito bene? Per quale motivo il principe voleva spingersi così lontano da Camelot?

“Il principe?” rispose Lancelot, guardandolo confuso e stupito “Non ha mai risposto al mio messaggio”.

“Come sarebbe a dire? Era davanti a me quando lo ha scritto” sbottò incredulo Gwaine.

Merlin non capiva la metà del loro discorso, non aveva idea di quale messaggio stessero parlando, né di fosse stato realmente Lancelot,

ma dal viso di entrambi, una cosa era chiara: il principe era in pericolo.

Senza aspettare oltre, col cuore che gli sembrava pulsargli nelle tempie come ogni volta che Arthur si metteva a rischio, si intromise nella loro

discussione “Cosa succede?” chiese con voce quasi stridula “Dov’è Arthur?”

A quel nome, sia Lancelot che Gwaine si scambiarono un’occhiata d’intesa e chinarono il capo, distogliendo lo sguardo.

Merlin si sentì raggelare “Cosa sta succedendo?” chiese a stento, quasi incapace di respirare. Arthur era ferito? O peggio era già

“Dov’è Arthur?” ripeté a denti stretti, fissandoli uno alla volta, esortandoli in silenzio a dire la verità.

Fu Gwaine a cedere per primo “Abbiamo un problema” disse con un sospiro “Temo che la principessa sia finita in un’imboscata”.

Merlin sentì mancargli un battito. “Spiegati” ordinò al cavaliere, stringendo le mani a pugno.

Sapeva che non doveva farlo andare da solo. Sapeva che avrebbe dovuto seguirlo. 

Arthur era incapace di prendersi cura di sé, finiva sempre nei guai, attirava sempre il pericolo e, adesso, era da solo.

Tbc


Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Fratelli ***


Eccomi!!!!!:D

Civile sostenuto con successo!:DD

Ed eccomi come promesso ad aggiornare!

Grazie a SeleneKyoto per aver commentato! 

La storia sembra riscuotere poco successo, come mai?? Cosa non funziona?:((

In attesa del prossimo capitolo vi rimando alla mia nuova one-shot: Tre carte

E se vi piace Slam Dunk: Assurdo

Cap.4: Fratelli

Arthur non aveva mai viaggiato completamente da solo.

Per ovvie ragioni suo padre non l’aveva mai permesso, non che avesse mai sentito la necessità di restarsene solo tra i boschi o a

caccia.

La vita di un principe era già abbastanza solitaria, e lui amava stare in compagnia degli altri.

Certo, per gran parte dei suoi ventiquattro anni, si era dovuto accontentare della falsa amicizia di nobili e cavalieri, di qualche servo

tremante troppo impaurito per parlargli, ma era sempre meglio di niente.

Poi era arrivato Merlin e tutto era stato più semplice.

Era stato difficile all’inizio, adattarsi a qualcuno che gli diceva in faccia ciò che pensava, senza preoccuparsi di ferirlo o farlo infuriare,

ma nel profondo, Arthur aveva amato quel lato del suo servo fin da subito.

Merlin rappresentava quella persona che aveva sempre disperatamente cercato, quella parte della propria vita che era rimasta vuota e

dolorante.

Merlin era il suo primo amico. La prima persona che aveva amato davvero.

Non quell’amore che ti lascia sveglio la notte o che ti fa sudare le mani, non era mica una ragazza, ma qualcosa di più sereno. Di più

naturale.

Quel sentimento che arriva senza fare rumore, senza provocare problemi. Quell’amore che ti coglie impreparato e ti lascia l’amaro in

bocca quando scopri di provarlo, perché mai te lo saresti aspettato.

Era anche il sentimento più sconveniente che Arthur potesse provare.

Perché Merlin era un servo. Perché Merlin era un uomo.

Perché Merlin, non lo ricambiava e non lo avrebbe mai fatto.

Sfortunatamente, il suo era anche quel tipo di amore che non potevi mettere a tacere. 

Che non potevi scacciare né dimenticare. Che ti faceva soffrire, per tutta la vita.

Il principe lo sapeva e aveva cercato in tutti i modi di combatterlo, ma era un mostro che la sua spada non poteva uccidere.

Un mostro che, per essere nascosto, l’aveva reso meschino e bugiardo.

Aveva baciato una donna che non amava, aveva dichiarato sentimenti che sapeva di non provare.

Aveva mentito al mondo intero e giocato col cuore di chi non lo meritava.

Gwen era dolce, era buona, era bella.

In un’altra vita, in un’altra storia, Arthur l’avrebbe resa la sua regina senza rimpianti, ma non in questa.

Per quanto ci provasse, non erano le sue labbra che desiderava né il suo corpo che sognava.

Provava qualcosa per lei, certo, ma non era così stupido da credere che fosse amore.

Non nel senso più puro del termine. Non nel modo in cui amava Merlin.

Per Gwen poteva migliorarsi, poteva combattere e struggersi.

Vederla con Lancelot lo distruggeva, ma con Merlin era diverso.

Per lui aveva voglia di piangere. Per lui non aveva forza per combattere o infuriarsi, saperlo di qualcun'altra lo uccideva e lo spogliava

di ogni difesa.

Per Merlin avrebbe voluto essere il re migliore della terra e, quando prima di una battaglia, il suo servo lo vestiva dicendogli che

credeva in lui, nel suo destino, Arthur sentiva di aver già vinto.

Non c’era sentimento che potesse offuscare un incanto simile. Purtroppo.

Dopo una notte in compagnia dei suoi soli pensieri, finalmente il principe raggiunse il punto in cui avrebbe dovuto incontrare Lancelot.

Era una radura poco distante dal confine con Cenred.

Il suo cavallo sembrava agitato, aveva difficoltà a controllarlo da quella mattina, più di una volta si era fermato lungo il sentiero,

indietreggiando spaventato. Arthur aveva dovuto faticare a lungo per convincerlo ad avanzare.

Non capiva perché si comportasse in quel modo, non c’era niente di strano lì intorno.

Sentendolo di nuovo fermarsi, il principe strinse le redini esortandolo a continuare. Lmarei scosse il muso e nitrì spaventato,

indietreggiando di qualche passo.

Confuso Arthur si guardò attorno, non c’era nessuno, ma la foresta era troppo silenziosa; passandogli una mano tra la criniera bianca

per tranquillizzarlo, il principe smontò ed estrasse la spada.

“Quella non ti servirà” la voce era femminile e arrivava dagli alberi intorno alla radura.

Arthur si voltò, cercando il suo nemico, ma prima che potesse reagire, la sua spada volò a terra.

“Chi sei?” gridò il principe avanzando di un passo, forse poteva recuperare il pugnale che teneva nascosto nello stivale.

“Non mi riconosci più?” rami spezzati e lenti passi annunciarono l’arrivo di qualcuno.

Nascosta da un lungo mantello nero, gli occhi verdi più gelidi di quanto li ricordasse, Morgana gli sorrise “Ciao, fratello” sputò con

disprezzo.

“Morgana” pronunciò incredulo il principe. Incapace di dire altro ora che l’aveva davanti agli occhi.

“Ho saputo che mi cercavi” la strega si levò il cappuccio scoprendo i lunghi capelli neri e lo studiò da capo a piedi “Hai deciso di

lasciarmi il trono?”

La rabbia che si era ripromesso di sconfiggere fu più prepotente di quanto si aspettasse “Come hai potuto farlo? Come hai potuto

tradirci in quel modo?” le chiese quasi gridando.

Non aveva programmato di lottare con lei, né di sfidarla, ma trovarsela di fronte così spavalda, così piena di odio e disprezzo per chi

l’aveva sempre amata, aveva risvegliato tutto il dolore del tradimento.

“Devi crescere Arthur, restare attaccato alle gonne di tuo padre non ti ha mai fatto molto bene, sei così stupido” lo canzonò la donna

girandogli attorno come un predatore.

Il principe la seguì con sguardo furente, le braccia incrociate sul petto “Mio padre può aver fatto scelte sbagliate, ciononostante non

meritava ciò che gli hai fatto” le rispose con voce tremante per la rabbia “E gli altri? Le persone innocenti che hai ucciso? Nemmeno

loro lo meritavano”.

“Un sacrificio necessario. Dovresti capirlo meglio di chiunque”.

“E Merlin? Anche lui era un sacrificio necessario?” sibilò con una punta di disgusto.

Come poteva parlarne in quel modo? Tutte quelle persone morte a causa della sua vendetta, tutta quella sofferenza, e lei si comportava

come se non le importasse.

La reazione al nome del suo servo non fu affatto quella che Arthur si aspettava, tutto il viso di Morgana si contorse in una maschera

d'odio e disprezzo che lo fece indietreggiare inorridito.

Mai le aveva visto un’espressione simile “Merlin” sibilò con rabbia “Quel piccolo verme traditore. L’avrei ucciso con molto piacere e,

quando lo avrò tra le mani, si pentirà di avermi intralciato”.

La minaccia era pura e sincera, Arthur inghiottì a vuoto, confuso e vagamente spaventato.

Non c’era alcuna traccia di amore in Morgana, nessun rimpianto, niente a cui potesse appellarsi per riportarla in sé.

Non c’era dubbio che li odiasse, Merlin più di tutti, anche se non ne capiva la ragione.

Forse si sentiva tradita perché il servo si era schierato col principe e non con lei?

Comunque stessero le cose, Arthur ringraziò il cielo di non aver portato con sé il ragazzo, non sapeva come avrebbe potuto reagire di

fronte a un rifiuto simile. Onestamente, non sapeva nemmeno come avrebbe potuto guardarlo in faccia sapendo la verità.

“Tu gli manchi” provò a dirle “Lo sta distruggendo”.

In tutta risposta, Morgana scoppiò a ridere di gusto “Sei davvero stupido Arthur, mi chiedo se capirai mai qualcosa di quello che ti

circonda”.

Il principe la guardò confuso.

“Il tuo caro, dolce Merlin, ha cercato di uccidermi più di una volta, perché mai dovrei mancargli?”

Arthur scosse la testa incredulo, non era possibile. Stava mentendo.

Merlin non era tipo da… non avrebbe mai fatto del male a nessuno. Neppure a Morgana. Soprattutto a Morgana.

La donna osservò la sua reazione in silenzio, il capo chino su una spalla, un sorriso canzonante stampato sul viso di porcellana “Ci sei

rimasto male?”

“Non ti credo. Merlin ti ama” scosse ancora il capo, riconciliare le due immagini era impossibile.

Merlin non avrebbe mai fatto una cosa simile. Mai.

“Chiediglielo, allora. Chiedigli cosa successe il giorno in cui Morgause mi prese con sé. Il tuo Merlin non è altro che un bugiardo e un

traditore” sibilò con astio e Arthur non poteva credere a quelle accuse, ma ricordava quel giorno.

Come Merlin fosse rimasto solo con Morgana e suo padre nella sala del trono, come Morgause l’avesse presa con sé. Come di fronte

all’interrogatorio del re, il suo servo fosse stato incerto, evasivo “Smettila! Non crederò mai a quello che dici!” gridò “Perché deve

essere in questo modo, Morgana? Se mi avessi detto della magia…”

“Cosa?” lo interruppe lei “Avremmo giocato alla famigliola felice, fratellone? Avresti tenuto il mio segreto per tutta la vita come il

nobile cavaliere che sei? Avresti mentito ad Uther per me?”

Arthur non esitò ad annuire, ci aveva già pensato. Ci aveva riflettuto per giorni, per settimane, chiedendosi ogni se, ponendosi ogni ma,

e la risposta era sempre la stessa, non avrebbe mai consegnato Morgana, nemmeno a suo padre.

“Potevamo convincerlo a cambiare le leggi, possiamo ancora farlo. E se non funzionasse, un giorno sarò re. Ti proteggerò io” disse in

tono quasi pregante. Cercando disperatamente di risvegliare in lei un barlume di quella ragazza che lo tormentava a corte e lo sfidava

ogni giorno a duello. Di quella donna che lottava per il giusto, e per chi amava, con tutte le sue forze.

Ma quella donna, purtroppo, non esisteva più.

“Sei patetico” gli sibilò contro, le sue iridi verdi si tinsero d’oro e Arthur volò per aria, come una bambola rotta, il suo corpo sbatté

contro il tronco di un albero e cadde riverso a terra, tra i rami rotti di un cespuglio senza foglie.

“Immagino sia un addio, fratello” furono le ultime parole che sentì prima di perdere i sensi.

Tbc


Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Risveglio ***


Ecco come promesso il mio aggiornamento!!!

Buon Natale a tutti i lettori!:DDD

Grazie a SeleneKyoto, chibisaru81, Sarahpoxy, Crownless e Speranza che hanno commentato e a tutti coloro che seguono la storia!!!

Spero che il capitolo vi piaccia! Direi che è quello centrale!:DD

A presto!

Kiss

Emy

Cap.5: Risveglio.


Merlin non riusciva a capire.

Gwaine e Lancelot gli avevano spiegato in fretta l’accaduto, il folle piano del principe di riportare la sorellastra a casa.

Come avesse mandato Lancelot a seguirne le tracce nel regno di Cenred per scoprire dove si fosse nascosta, come fosse partito da solo

per affrontarla, ma fosse caduto in una trappola, tesa quasi sicuramente dalla stessa Morgana.

Probabilmente il messaggio del principe era stato intercettato da uno dei soldati di Cenred.

Quello che Merlin non capiva era il mistero. Se Arthur voleva parlare a Morgana, se ancora sperava di poterla riportare indietro, perché

aveva sentito il bisogno di nasconderlo da lui?

Non l’avrebbe certo deriso per questo, anzi.

Gli sarebbe sembrato strano il contrario.

C’era qualcosa che ancora non gli veniva rivelata, un pezzo del puzzle che gli veniva tenuto nascosto per qualche ragione.

Lo sappiamo gli aveva detto Gwaine, non devi più fingere con noi.

E Lancelot gli aveva sorriso come se comprendesse.

L’unico a non capirci nulla era Merlin.

Il mago non aveva tempo per cercare di risolvere il mistero, Arthur poteva lottare per la propria vita in quello stesso momento. Doveva

sbrigarsi.

Perciò non aveva sprecato un secondo, incurante dei richiami di Gwaine o di Lancelot o di chiunque altro, aveva sellato il proprio

cavallo ed era partito.

Non aveva bisogno di armi o provviste.

Doveva solo trovare Arthur.

Possibilmente vivo.

Merlin pregò con tutte le sue forze di arrivare in tempo, la sua magia ed ogni scorciatoia che conosceva, lo aiutarono ad arrivare al

luogo dell’appuntamento il prima possibile.

Per fortuna era stato Lancelot a scegliere la radura nella quale si sarebbero incontrati, altrimenti avrebbe dovuto cercare il principe alla

cieca.

Merlin non voleva sapere come sarebbe finita in quel caso.

Fu la familiare voce di Morgana a farlo fermare, con le redini strette fra le mani e il respiro fermo in gola.

Il mago scese da cavallo e si avvicinò lentamente alla radura, giusto in tempo per vedere il principe cadere esanime a terra.

Morgana gli dava le spalle, intenta com’era ad osservare il suo operato.

Furente ed oltraggiato, Merlin la vide alzare la mano verso il principe e prepararsi a dargli il colpo di grazia.

Senza attendere oltre, tese la mano verso di lei, la forza della sua magia la colpì in piena schiena facendola gridare e gettandola a terra.

Purtroppo non durò neppure il tempo sufficiente per controllare che il principe stesse bene.

Morgana si rialzò, spolverandosi il vestito senza mostrare alcun timore.

“Guarda chi è venuto a salvare il suo principe, il cagnolino traditore” gli disse “Uno stregone, che sorpresa. Anche se a pensarci bene,

ha un senso”.

“Vattene Morgana” sibilò con rabbia, il palmo teso verso di lei, pronto a colpirla, se avesse cercato di ferire ancora Arthur.

“Pensi che ti perdonerà? Pensi che ti accetterà per quello che sei?” gli chiese canzonandolo “Ti ucciderà, ecco cosa farà, e ti

dimenticherà in fretta, come un servo qualunque”.

Merlin scosse la testa, sapeva che stava solo cercando di manipolarlo “Lui non è così” disse con convinzione “Potrebbe odiarmi,

imprigionarmi, forse esiliarmi, ma quando gli spiegherò ogni cosa, sono certo che capirà”.

“Povero illuso” rise la strega “Sarà divertente, Merlin” indietreggiò sorridendo maligna “Vederti bruciare”.

Un incantesimo dopo era svanita nel nulla, lasciando il mago solo nel bosco col principe.

Con gambe tremanti, Merlin quasi corse da lui, trovandolo ancora privo di sensi.

Subito controllò il battito del suo cuore, premendogli due dita sul collo e sospirò sollevato scoprendolo ancora vivo.

Il corpo di Arthur era rimasto a terra, abbandonato in un groviglio di rami secchi, senza foglie.

Con un gemito di panico, di dolore, il mago si lasciò cadere al suo fianco.

Il cuore gli rimbombava ancora nelle orecchie, l'adrenalina gli scorreva nel sangue.

C'era andato così vicino. Troppo.

Un attimo dopo e Arthur sarebbe stato...

“Idiota” mormorò “Sei un grandissimo idiota” ripeté per poi cadere in silenzio.

Le mani tremanti trovarono il viso dell'altro, ne tracciarono i contorni esitanti, impaurite, fino a trovarne il respiro. Caldo e regolare,

vivo.

Merlin esalò e sorrise, un singhiozzo gli uscì dalla gola.

Si tappò la bocca pur di fermarsi, ma era già troppo tardi.

Si strofinò gli occhi per cancellare il calore che sembrava avvolgerli, ma le lacrime cominciarono a scendere una dopo l'altra. In un

silenzioso quanto doloroso sfogo.

Arthur poteva essere...

E tutto a causa sua.

Tutto per i suoi sbagli, per i suoi segreti.

Merlin si sentiva perso sotto il peso di un'immensa colpa.

Rimase lì seduto, a piangere in silenzio, mentre l'ignaro principe dormiva su un fianco, una guancia premuta sul terreno, le gambe

contro il petto e un braccio piegato accanto al viso, col palmo rivolto verso l'alto.

Non sapeva per quanto tempo fosse rimasto lì seduto, ma quando si asciugò le guance, il sole era già tramontato e l'aria si era fatta più

fredda facendolo rabbrividire nella giacca.

Qualcuno gli toccò una spalla facendolo sobbalzare, voltandosi Merlin incontrò gli occhi sgranati di Arthur.

“Merlin” mormorò il principe con voce roca “Cos'è successo?” gli chiese confuso, i vestiti spiegazzati e i capelli arruffati, sentì

l'impulso di abbracciarlo e gridargli contro allo stesso tempo.

“Dov'è Morgana?” saltò su a sedersi e subito al mago tornò la voglia di piangere.

Perché ancora una volta aveva fallito.

Aveva permesso a Morgana di scappare, di scomparire nel nulla, e Arthur avrebbe sofferto di nuovo.

In tutta risposta scosse il capo, l'espressione del principe fu sufficiente a fargli distogliere lo sguardo e nascondere il viso tra le ginocchia

per la vergogna e il rimorso.

Arthur rimase a lungo in silenzio, assorto nei suoi ricordi. Probabilmente pensando a quanto inutile e idiota fosse Merlin.

“La ritroveremo” mormorò infine con decisione. Il mago annuì nonostante volesse gridargli di aprire gli occhi, di lasciar perdere prima

che Morgana riuscisse ad ucciderlo davvero.

“Ma lei...” continuò con voce incerta, quasi rotta “Lei non è più quella di prima, Merlin”.

Il servo non rispose. Lo sapeva fin troppo bene.

Aveva assistito all'orribile trasformazione della donna giorno per giorno.

“Non credo sia in grado di amare nessuno ormai, né di tornare da noi” finì in un sussurro “O da te” aggiunse dopo un battito e Merlin

alzò il capo sorpreso.

Arthur lo fissò dritto negli occhi, con una convinzione tale da farlo tremare “La cercherò, lo sai, fino alla fine dei miei giorni se sarà

necessario...”

E sarà la tua fine avrebbe voluto rispondergli, ma la determinazione del principe, la sua sicurezza, gli impedivano di interromperlo.

“Ma anche se la riportassi indietro con la forza, temo non cambierebbe nulla” concluse il principe voltando il viso verso il cielo e

chiudendo gli occhi.

Il cuore di Merlin parve spezzarsi di fronte a quel dolore, avrebbe voluto piangere anche per il suo principe, ma era così debole da non

poter fare nulla. Neppure consolarlo.

“Dimenticala, Merlin” gli arrivò il sussurro di Arthur.

La voce tanto bassa e soffice che, se non fosse stato per quello sguardo di nuovo su di sé, Merlin non avrebbe creduto di averlo

sentito.

“Dimenticati di lei, non ti ha mai meritato” continuò più in fretta. Come se temesse di perdere il coraggio per dire quelle cose.

Merlin rimase a guardarlo incredulo, quasi incantato, mentre le sue mani si avvicinavano al proprio volto e tutto il corpo del principe

sembrava farsi più vicino trasmettendogli il suo calore.

Non capì cosa stesse accadendo, troppo confuso dalle parole e dai suoi gesti, finché le braccia di Arthur, calde e confortanti come le

aveva sempre immaginate, si posarono sulle sue spalle, attorno alla sua schiena e il viso del principe si perse nell'incavo del suo collo. 

La sua pelle ad un soffio dalle labbra dell'altro.

Arthur lo stava abbracciando.

Merlin trattenne il fiato, incapace di muoversi per paura che quell'attimo perfetto potesse svanire da un istante all'altro.

“Io non ti avrei mai fatto una cosa simile, non ti avrei mai ferito” disse contro il suo orecchio e allora, nel gemito sorpreso di Merlin, le

labbra di Arthur lo accarezzarono.

Un tocco così lieve che, se non fosse stato per il calore capace di emanare, Merlin avrebbe creduto di aver sognato.

Ma era accaduto, e il servo trasalì da capo a piedi sentendo il viso diventare paonazzo.

Un pozzo di fame e desiderio sembrò aprirsi nel suo stomaco, qualcosa di insaziabile che gli gridava di muoversi e stare fermo allo

stesso tempo, ma che sfortunatamente, Merlin non riusciva a capire.

Prima che potesse reagire in qualunque modo, il principe si era già allontanato “Mi dispiace” gli disse rimettendosi in piedi.

“Arthur?” provò a fermarlo, a richiamarlo a sé. Perché la sua pelle era troppo fredda senza di lui e il suo cuore batteva troppo

lentamente.

“Non accadrà più, ti do la mia parola” promise in fretta, senza guardarlo, dandogli le spalle.

E Merlin lo osservò scappare, incapace di spiegarsi cosa fosse accaduto o perché il suo cuore si fosse stretto tanto dolorosamente a

quelle ultime parole.

Tbc

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Cap.6:Silenzio ***


Ecco il seguito!

Grazie ad elfin emrys per aver commentato tutti i capitoli della storia!

Spero ti piaccia!xDD

E anche se in ritardo, buon anno a tutti!xDD

Cap.6: Silenzio.


Era difficile da spiegare, quello che provava.

Era stato come accendere una candela in una stanza completamente buia.

Solo che non si era mai accorto di quanto fosse buio intorno.

Le labbra di Arthur sulla sua pelle avevano risvegliato una fame che non sapeva neppure di poter provare, e questo lo spaventava a

morte.

Merlin non aveva mai desiderato nulla con la stessa intensità.

Aveva creduto di amare Freya, questo sì. E il suo sentimento era stato vero e puro.

Aveva voluto proteggerla dal mondo, curare le sue ferite, parlarle per ore.

Quello che provava per Arthur non era affatto puro.

Quando pensava a lui, vedeva solo le sue labbra, le sue mani, parlargli era il suo ultimo pensiero. Non voleva affatto parlargli.

E lo spaventava.

Perché non sapeva cosa fare, come reagire.

Perché lui era un servo, un mago, un ragazzo e Arthur era... Arthur.

Ma per quanto si ripetesse che sarebbe passata, che presto avrebbe dimenticato ogni cosa, stare da solo col principe diventava ogni

giorno più difficile.

Quando lo aiutava a cambiarsi o lo preparava per la notte, quando poteva sfiorare la sua pelle, ricordava le sue labbra e il suo

abbraccio e diventava sempre più difficile controllarsi, impedirsi di fare qualcosa di stupido, di chiedergli qualcosa di altrettanto idiota.

Soprattutto perché ancora non capiva cosa voleva.

Era attrazione? Era, osava pensarlo, amore?

Per il primo Arthur lo avrebbe canzonato, ma per il secondo? Non era certo di volerlo scoprire. 

E c'era il fattore Gwen da considerare.

Lui meglio di tutti sapeva quanto il principe l'amasse, non era giusto rovinare la loro amicizia per il proprio egoismo.

E comunque il principe si comportava come se nulla fosse accaduto, come se nulla fosse cambiato. Forse era davvero così.

Arthur era stato scosso, confuso dall’assalto di Morgana, aveva reagito senza pensare. Per quanto ne sapeva, poteva aver pensato a 

Gwen in quel momento e non al suo servo.

Non era colpa sua se, quel semplice gesto, aveva risvegliato quell'infinito pozzo di avidità in lui.

Se adesso non passava un solo istante senza pensare al principe, senza guardarlo, senza ricordare com’era stato sentirne il calore.

Sentire le sue labbra sul collo, il suo fiato, il battito del suo cuore contro il petto.

Merlin stava lentamente impazzendo. E per questa malattia non c’era alcuna cura, purtroppo.

“Merlin, hai preparato la mia armatura come ti ho detto?” l'improvvisa voce del principe lo spaventò, l’elmo che stava finendo di

lucidare ruzzolò sul pavimento dell’armeria con un orribile suono, il mago sperò vivamente che non si fosse ammaccato o avrebbe

dovuto ricominciare tutto daccapo.

In genere svolgeva quel compito da Gaius o nelle stanze del principe, era un compito lungo e noioso, per il quale preferiva trovarsi in

compagnia, poter parlare con qualcuno e far passare più in fretta il tempo, ma Gaius stava visitando una famiglia del villaggio quella

sera e Arthur... le sere passate tranquillamente davanti al camino del principe era finite, purtroppo.

Il principe sospirò e si chinò per raccogliere l’elmo dal pavimento.

Merlin si voltò, ma il suo sguardo si fermò all’altezza del collo del principe. Per qualche ragione gli risultava difficile fissarlo dritto in

viso dal giorno in cui avevano rivisto Morgana.

“Stavo giusto finendo, sire”.

“Perché sei chiuso qui dentro?” chiese il principe senza dare cenno di volergli restituire l’armatura.

“Dove dovrei essere?” finse di non capire Merlin.

Arthur si avvicinò allo sgabello sul quale si era seduto e posò l’elmo accanto agli altri pezzi dell’armatura osservandola con le labbra

arricciate.

Non parlavano più molto ormai. In fondo era normale, a cominciare le loro conversazioni era sempre stato Merlin e adesso che perfino

lui si ritrovava senza parole, tutta la loro amicizia sembrava sull’orlo un precipizio.

Per quanto lo ferisse saperlo, Merlin non riusciva a trovare una soluzione, la cosa peggiore era sapere che il proprio inspiegabile rifiuto,

stava ferendo anche Arthur.

Arthur, che aveva l’animo più nobile che conoscesse, che era incapace di fidarsi degli altri se non dopo molto tempo, che si

nascondeva dietro alla sua nobiltà per nascondere la sua incapacità in tutte le questioni di amore e amicizia.

Arthur, che non meritava affatto il suo meschino comportamento.

Lo vedeva ogni volta che si allontanava dal suo tocco, che ne evitava lo sguardo, che fingeva di non sentirlo chiamare in un corridoio,

il principe non capiva cosa stesse accadendo né il perché. 

Ovviamente non voleva chiederlo per imbarazzo, per paura di spezzare quel perfetto equilibrio di cui sembravano prigionieri loro malgrado. Per paura di peggiorare le cose forse.

“Merlin…” mormorò l’altro e il tono era così strano su quelle labbra che stavolta Merlin non poté fare a meno di fissarlo negli occhi.

Fu come uno schiaffo in pieno volto vedere il dolore che stava provocando al suo principe senza volerlo.

Arthur sembrò sul punto di dirgli qualcosa, ma quando incontrò i suoi occhi, scosse la testa “Vai a prepararmi un bagno caldo” disse

invece, incrociando le braccia sul petto e voltando il capo.

Il mago annuì, pensando in fretta a qualcosa da dire, qualcosa che li salvasse, che proteggesse quello strano legame che li aveva

sempre tenuti insieme, ma la sua mente rimase assolutamente vuota.

Sentendosi sconfitto, chinò il capo e se ne andò in silenzio.


Ci volle quasi una clessidra per portare l’acqua necessaria alle stanze del principe. Era la prima volta che lo faceva senza alcun aiuto da

parte della magia e adesso capiva perché Arthur sembrava sempre così stupito, quando preparava i suoi bagni.

Evidentemente i servitori precedenti non avevano le sue stesse ‘doti’ a rendere tutto più veloce.

Purtroppo, questo rendeva anche più ovvio ad entrambi come Merlin cercasse di evitare il più possibile di ritrovarsi per troppo tempo

solo col principe.

Cosa che sembrava iniziare ad irritare Arthur.

È pronto?” sbottò dopo averlo seguito con lo sguardo per quasi tutto il tempo, seduto sul bordo del letto.

“Ancora un istante, sire” mormorò Merlin rovesciando l’ultimo secchio di acqua calda nella vasca del principe e controllandone la

temperatura con le dita “Perfetto” si congratulò con se stesso.

“Non ci hai mai messo così tanto prima, Merlin. Non starai per caso peggiorando?” brontolò sarcastico Arthur togliendosi la tunica e

gettandola sul letto.

Sotto gli occhi sgranati di Merlin, che si era voltato per dare una degna risposta al suo reale sarcasmo, il principe si spogliò del tutto

lasciando cadere i pantaloni a terra e fissandolo come volesse sfidarlo a dire qualcosa.

Il mago avrebbe davvero voluto chiedergli cosa credeva di fare, ma alla vista di Arthur completamente nudo in mezzo alla stanza, la

bocca gli si seccò completamente.

Non era la prima volta che lo vedeva così, d'altronde era il suo servo.

Lo aiutava a cambiarsi almeno due o tre volte al giorno e, quando era ferito, capitava che lo aiutasse ad entrare ed uscire dalla vasca,

ma quello... era del tutto diverso.

Non era certo di poter sopportare quella vicinanza proprio ora.

Ora che la sua mente era così in tumulto e la sola vista quell'infinita pelle dorata faceva strane cose al suo respiro e al suo battito

cardiaco. 

Ignaro del suo sconforto, o solo volutamente sadico, Arthur si immerse nell'acqua calda con un lungo gemito, Merlin quasi scappò dalla

stanza.

”Non startene lì impalato, lavami la schiena” gli ordinò secco e il servo strinse gli occhi maledicendo la sua sfortuna “Come?” gracchiò

a denti stretti.

“La schiena, ho un braccio indolenzito dall’allenamento” Arthur lo guardò come se non capisse cosa ci fosse di tanto strano nella sua

richiesta ed in effetti non c'era nulla che non andasse, a parte il fatto che Merlin pensava di poter svenire da un momento all'altro. O

saltare addosso al principe.

Entrambe le cose non sarebbero finite molto bene “Non- sarebbe meglio chiamare qualcun altro?”

“No” disse il principe porgendogli un panno “O c’è qualche motivo particolare per cui non vuoi toccarmi?” la voce del principe si fece

più secca, più irritata e Merlin trasalì.

Sapeva di trovarsi molto vicino ad una vera sfuriata da parte dell'altro, ma tutta quella situazione era diventata insostenibile. Era come

avere un mostro al centro della stanza che entrambi fingevano di non vedere solo per non parlarne. Non potevano continuare così.

Merlin scosse il capo afferrando il panno con mano tremante, preda del panico più assoluto. Non appena le sue dita toccarono la

stoffa, però, la mano del principe si strinse attorno al suo polso con forza.

Merlin gemette in parte per lo stupore, in parte per il piacere del contatto con la pelle dell'altro e chiuse di nuovo gli occhi per sfuggirgli.

“Se è per quello che è accaduto, mi sono già scusato, Merlin. Pensavo fossimo d’accordo di dimenticare l'intera faccenda”.

Il mago avvertì un vago tremore nella voce dell’altro, ma forse si sbagliava.

Sentendosi improvvisamente nauseato, il mago si morse il labbro per non gridargli contro.

“Avete fatto tutto da solo, sire” rispose con tono risentito, amaro “Non mi avete chiesto nulla”.

Si pentì subito di averlo detto. Di aver rivelato all'altro quanto patetico fosse diventato dopo un solo misero gesto di affetto.

Dopo un abbraccio senza valore che il principe aveva subito rinnegato, ma ormai era lì. In piena luce. Il suo patetico bisogno. 

La sua fame ignobile. 

“Che intendi dire?” chiese Arthur e, di fronte al suo silenzio, la presa sul suo polso si strinse fin quasi a fargli male.

“Solo che non potete…” sussurrò Merlin spalancando gli occhi e fissandolo dritto in viso, un viso segnato dalla confusione e dalla

rabbia. 

Con un respiro prese fiato e si strappò alla sua presa “Non potete fare quello che avete fatto e sperare che tutto sia come prima, non

funziona così. Non può funzionare così” sibilò alzandosi in piedi, troneggiando su Arthur forse per la prima volta da quando lo aveva

incontrato.

“Perciò continuerai ad evitarmi per sempre?“ quasi gridò l'altro “Era solo… non so neppure io cosa fosse, Merlin! Non significava

niente! È stato solo uno sbaglio!”

E il mago desiderò di poter tornare ad ignorare ogni cosa, a fingere che nulla fosse cambiato, ma quel dolore sordo e intenso che le

parole di Arthur gli avevano appena provocato, non gli avrebbero permesso quel conforto.

Tutto perché Arthur aveva agito da asino, come sempre. Senza pensare a nessuno, oltre a se stesso.

Aveva bisogno di conforto e lo aveva preso da Merlin, senza neppure chiedergli il permesso.

Senza preoccuparsi di ciò che avrebbe risvegliato, di ciò che avrebbe provocato e calpestato.

Non avrebbe dovuto stupirsi di questo. Era normale in fondo.

Arthur era un principe e Merlin un servo. Per quanto lo capisse, niente poteva cambiare il fatto che fosse ferito.

“Posso andare adesso?” chiese in un bisbiglio tremante, chinando il capo perché aveva esaurito sia forza che coraggio ormai.

Arthur lo osservò in silenzio, forse cercando una scusa per trattenerlo, forse contemplando quanto fosse patetico il suo servo.

Infine, con un sospiro che suonava tanto come una sconfitta, gli disse di andare. 

Merlin sentì come se quella corda, che li aveva sempre tenuti uniti, si fosse spezzata per sempre.

Tbc



Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Confessioni ***


Eccoci! Il prossimo sarà l'epilogo!

Mi scuso per il ritardo, ma come forse ho già detto sto cercando di laurearmi e sono presa dagli ultimi esami e la tesi, quindi il tempo per scrivere e pubblicare è quello che è purtroppo!T__T

A parte questo, ieri notte sono stata folgorata da una mezza idea, il tema l'ho visto spesso nel fandom, ma personalmente non mi ha mai convinto(del resto non mi convincevano neppure le modern e ho scritto ripetizioni:P) perciò ho deciso per una specie di piccolo sondaggio:

Che ne pensereste di una storia in cui Merlin è in realtà una ragazza?? Non come frutto di un incantesimo ecc, ma proprio una ragazza vera e propria che si finge maschio (ai motivi ci penserò se mai l'idea avrà un seguito:PP), le dareste una possibilità o la evitereste come la peste????xDDD

Cap.7: Confessioni

Arthur colpì con un pugno il tavolo. I piatti che contenevano la sua cena vibrarono, il vino nel calice traboccò oltre il bordo scivolando

sul legno lucido e creando una piccola pozza.

Il principe la fissò con odio prima di passare un braccio sul tavolo e gettare tutto ciò che c’era sopra, vassoi e posate, sul pavimento.

Il tonfo riecheggiò per tutta la stanza.

Ancora non bastò a farlo sentire meglio.

Quattro anni.

Quattro dannati anni passati a nascondersi, per non rovinare ogni cosa, e un solo maledetto attimo di debolezza aveva cancellato tutto.

Merlin lo odiava, provava ribrezzo e Arthur non sapeva cosa fare, cosa dire, per rimettere insieme i cocci della loro amicizia.

Non lo aveva mai visto così spaventato, così arrabbiato, come quando era uscito dalle sue stanze per andare a nascondersi da Gaius.

Probabilmente era ancora rintanato lì.

Con un sospiro Arthur fissò la macchia di vino versato allargarsi sul pavimento.

“Sire, state bene? Ho sentito…” la guardia piombata nella sua stanza si fermò, posando lo sguardo sul disastro che era diventata la sua

stanza.

Il principe quasi arrossì per l’imbarazzo, colto come un bambino nel bel mezzo di una crisi isterica, perfetto.

“Sono solo inciampato” mormorò “Chiama il mio servo, che venga a ripulire questa roba” ordinò incrociando le braccia sul petto “E

digli che non accetto alcuna scusa, di nessun tipo” chiarì in tono severo.

La guardia annuì prima di uscire, non era raro che principe e servo avessero qualche incomprensione, la richiesta non sarebbe suonata

strana a nessuno.

Sospirando Arthur gettò un altro pezzo di legno nel camino per riattizzare le fiamme, non sapeva nemmeno lui perché lo aveva fatto

richiamare.

Non c’era niente che potesse dire per cambiare le cose, Merlin gli aveva fatto capire chiaramente che non poteva dimenticare ciò che

era accaduto, ciò che Arthur aveva fatto. Iniziava a chiedersi se non fosse meglio dire la verità e mettere fine a tutta quella storia.

Non si faceva illusioni, sapeva bene che Merlin non avrebbe mai accettato i suoi sentimenti, né tanto meno li avrebbe ricambiati, ma

forse avrebbe capito che non si era preso gioco di lui, che non voleva approfittarsi del suo servo in alcun modo.

O forse lo aveva già capito. Forse aveva già chiari i sentimenti di Arthur ed era proprio questo a disgustarlo.

Forse sarebbe stato meglio restare in attesa, sperare che le cose si risolvessero da sole. Che Merlin trovasse la volontà di perdonarlo e

dimenticare tutto, come aveva sempre fatto.

Il principe lo sperava, perché non poteva immaginare la propria vita senza il servo al suo fianco. 

La guardia si affacciò nuovamente alla porta con aria turbata “Sire?”

Non vedendo Merlin, il principe quasi gridò per la rabbia e la frustrazione, cosa doveva fare? Pregarlo in ginocchio di tornare da lui? 

“Dov’è Merlin?” chiese digrignando i denti.

“Alla taverna con sir Gwaine, sire. Pare siano entrambi molto ubriachi e senza il denaro per pagare il conto. L’oste chiede di voi, sire”.

La guardia sembrò imbarazzata dal rivelargli quelle informazioni. Se per il fatto che un cavaliere tenesse quel comportamento o che un

servitore si prendesse simili libertà, Arthur non lo sapeva. In entrambi i casi sarebbe stato sulla bocca di tutti il giorno dopo.

Sospirando, il principe prese la giacca ed uscì. 

Chiaramente Merlin aveva deciso di farlo impazzire.


A pensarci bene, era la prima volta che vedeva Merlin ubriaco.

Certo, l’aveva portato in una taverna più di una volta, e il suo servo non disdegnava mai un boccale di sidro o di birra, soprattutto se a

pagare era il principe, ma non andava mai oltre i suoi limiti. Come se temesse di lasciarsi andare a chissà quali imbarazzanti confessioni

sotto l’influsso dell’alcol.

Questo non significava che non si fosse mai chiesto come sarebbe stato vederlo inebriato.

Incapace di reggersi sulle gambe e tutto risatine e battute idiote.

Oppure, visto che quello era il suo stato da sobrio, forse l’avrebbe visto arrabbiato. O triste.

Quelli erano gli ubriachi peggiori, rifletté il principe con un tremito.

In genere passavano la sera a raccontarti le loro sfortune e a piangerti sulla spalla fino ad addormentarsi, per poi dimenticare ogni cosa

l’indomani. Davvero terribile.

Infine c’erano quelli che perdevano ogni logica e parlavano a ruota libera.

Più di una volta, Arthur si era domandato che genere di ubriaco potesse essere Merlin.

Avrebbe dovuto immaginare che, essendo la seccatura che era, il servo non appartenesse a nessuna di queste categorie. Il suo stato era

un miscuglio di tutte in effetti.

Quando era arrivato alla taverna, l’oste, e perfino alcuni dei clienti, lo avevano guardato con un certo sollievo.

Gwaine si era già addormentato sotto ad un tavolo, un calice vuoto ancora stretto tra le mani.

Merlin invece era seduto su uno sgabello dal bancone, intento in una profonda conversazione… con un barile.

Arthur sospirò passandosi una mano tra i capelli. Ovviamente il suo servo doveva essere un chiacchierone anche dopo aver ingurgitato

chissà che cosa.

“Sire, non avrei voluto chiamarvi a quest’ora, ma il vostro servo ha già bevuto più di quanto potrebbe permettersi un cavaliere e gli

altri clienti iniziano ad essere disturbati dal suo…” l’uomo s’interruppe facendo scivolare lo sguardo verso Merlin, che nel frattempo

aveva messo un braccio attorno al suo ‘compagno’ e adesso rideva di gusto.

Il principe non sapeva se deriderlo o picchiarlo.

“Hai fatto bene” gli disse slacciando una piccola borsa di monete d’oro dalla sua cintura e consegnandola all’uomo “Spero che questi

bastino per entrambi” fece cenno verso la forma priva di sensi di Gwaine.

L’oste annuì soddisfatto “Grazie, sire” disse con un sorriso sdentato tornando a pulire il bancone ed ignorando completamente il servo

che, cercando di bere dal suo boccale, era riuscito a svuotarselo in faccia.

Voltando gli occhi al cielo, Arthur gli posò una mano sulla spalla “Merlin, credo che tu abbia bevuto abbastanza” gli disse.

In tutta risposta il servo si voltò verso di lui e si posò un dito sulle labbra “Shhh… Arthur non deve sapere che sono qui” gli disse

sussurrando.

Il principe sorrise scuotendo il capo “Non glielo diremo allora, ma dobbiamo andare prima che ti veda qui”.

Afferrandolo sotto a un braccio, Arthur lo costrinse ad alzarsi e lo trascinò fuori dalla locanda, quasi di peso.

Una volta lontano da occhi indiscreti, si passò il braccio di Merlin intorno alle spalle, cominciando il lento viaggio verso il palazzo.

“Che cosa vuole quel babbeo? Ho finito i miei lavori” brontolò poco dopo.

“Non mi hai portato la cena e non hai più soldi per comprarti da bere. Detto questo, domani parleremo della tua irritante abitudine di

spendere i miei soldi alla taverna” lo rimproverò il principe.

A quelle parole Merlin s’imbronciò, continuando ad aggrapparsi ad Arthur per non cadere, ma restando stranamente in silenzio per

tutta la strada.

Solo quando arrivarono al corridoio che li avrebbe portati da Gaius e, invece di andare nella giusta direzione, Merlin proseguì in

silenzio verso le stanze del principe, Arthur cercò inutilmente di farlo ragionare “Hai sbagliato strada” gli disse, tirandolo dalla parte

opposta.

Merlin lo guardò come se fosse stupido e ridacchiò, Arthur giurò a se stesso che l’avrebbe ridicolizzato all’infinito per quella risatina da

ragazzina.

“Ma io non vado da Gaius, vado dal principe” gli spiegò come fosse un bambino “Devo spegnere le candele” gli disse annuendo e

proseguì barcollante, senza voltarsi indietro.

Passandosi una mano sul viso, Arthur lo raggiunse e lo aiutò a proseguire. In qualunque stanza volesse andare, sperava che si

addormentasse in fretta.

Non credeva fosse possibile, ma da ubriaco il suo servo era ancora peggio che da sobrio.

Una volta entrato nelle stanze del principe, Merlin venne finalmente sopraffatto dalla stanchezza.

Arthur lo abbandonò sul letto e si massaggiò la spalla dolorante, nonostante apparisse magro, non era facile trascinarselo dietro. 

“Non dire ad Arthur che ho bevuto” lo supplicò aprendo gli occhi arrossati e stanchi  “Si arrabbierà, non voglio che si arrabbi ancora di

più”.

“Terrò il tuo segreto, Merlin” sorrise Arthur andando a sedersi vicino a lui e togliendosi gli stivali. 

“Perché credi che Arthur sia arrabbiato con te?” gli chiese dopo un attimo di silenzio, Merlin non rispose, forse non lo aveva neppure

sentito ubriaco com’era.

Il principe decise di togliergli le scarpe e la giacca per farlo stare più comodo, dubitava che sarebbe riuscito a riportarlo al suo letto in

quelle condizioni.

“Arthur è cattivo” arrivò la risposta, il principe lo guardò corrugando la fronte.

“Ah, sì?” chiese sentendosi stranamente divertito dall’intera conversazione “E perché?”

Merlin sospirò “Non glielo dirai?” si voltò su un fianco e lo fissò implorante, Arthur quasi rise “Ti do la mia parola” promise.

“Perché è bello, caldo… e ha un buon odore. Lo sai che ha un buon odore? Anche dopo essersi allenato tutto il giorno, non è davvero

giusto da parte sua. E io non lo sapevo neanche, finché non l’ho sentito. È davvero un pessimo principe, mi fa sentire tutto... strano e

poi- poi fa finta di niente. Mi dice di dimenticare tutto. Non pensi sia un pessimo principe?” 

Arthur lo guardò con occhi e bocca spalancati, tra tutte le cose che si aspettava di sentire quella non era nemmeno in lista. Col cuore

improvvisamente in gola, cercò di formulare mille domande prima che la sua mente si concentrasse su un altro pensiero “Che intendi

dire con strano?”

“Non lo so” corrugò la fronte Merlin “Strano” ripeté come se fosse ovvio “Un buon principe non farebbe così” s’imbronciò e, di

fronte a quell’espressione, Arthur quasi lo baciò.

Strano non era certo la dichiarazione che avrebbe sperato, ma significava qualcosa.

Merlin non era rimasto indifferente, aveva reagito al suo bacio, al suo abbraccio e non con disgusto come immaginava. Certo, era

ubriaco, ma aveva detto che aveva un buon odore, forse nella strana e semplice mente di Merlin significava che era attratto da lui.

Arthur si sentì mozzare il fiato in gola a quel pensiero, osava sperare?

“E cosa farebbe un buon principe invece?” gli chiese con voce tremante.

Il servo lo fissò a lungo in silenzio, come se la risposta fosse un problema molto complesso da risolvere. Alla fine gli fece cenno di

avvicinarsi, Arthur non se lo fece ripetere due volte sdraiandosi su un fianco e avvicinandosi al suo servo.

“Dovrebbe baciarmi di nuovo…” mormorò “Proprio qui” indicò un punto poco sotto l’orecchio, dove le labbra di Arthur lo avevano

sfiorato solo pochi giorni prima “Per darmi la possibilità di capire, di sapere se... se mi farebbe sentire di nuovo così…” sospirò alla

ricerca della parola giusta “Strano” ripeté.

Gli occhi del principe fissarono affamati la pelle bianca e tenera che Merlin aveva indicato, ricordandone il sapore, il calore, quasi

leccandosi le labbra al pensiero di esaudire il desiderio del servo. Se lo avesse voluto, Arthur lo avrebbe baciato ovunque per farsi dire

cosa provava.

Ma strano non era sufficiente. Doveva avere di più prima di concedersi il lusso di averlo.

Maledicendo il suo servo per essere ubriaco e incomprensibile, il principe lo fissò in viso “Intendi dire a disagio?” gli chiese “Ti ha dato

fastidio che ti toccasse in quel modo?” 

Per suo sollievo, Merlin scosse la testa “No” mormorò “Ed è questo il problema, no? Avrei dovuto sentirmi così… e invece…” le sue

guance si tinsero lievemente e Arthur sentì di nuovo il battito accelerargli nelle vene.

Merlin chiuse gli occhi e rimase in silenzio “Invece?” lo esortò il principe temendo che si fosse addormentato.

Il servo spalancò gli occhi, fissandolo quasi con stupore, come se non ricordasse di essere con lui

Strano…” ripeté per l’ennesima volta, Arthur quasi gridò per la frustrazione “Come se avessi sempre fame, ogni volta che lo vedo,

tanta fame, ma anche se mangio ne voglio di più. È stupido, così stupido… ed è colpa sua. Prima non ero così affamato. Non ci ho

neppure mai pensato” gli spiegò in un sussurro.

Col cuore in gola e mani tremanti, Arthur studiò il viso di Merlin, le pupille dilatate, le guance arrossate dall’alcol, e sentì di volerlo

baciare, stavolta sulle labbra “Vuoi che Arthur ti baci di nuovo?” disse avvicinandosi ancora, fino a sentirne il respiro sul viso.

Quando Merlin annuì sospirando, il principe smise di controllarsi e, tutto ciò che aveva provato e desiderato negli ultimi anni, tutto ciò

che aveva sognato e voluto, divenne improvvisamente possibile.

La sua bocca affamata divorò quella dell’altro e, quando sentì Merlin rispondergli, gemette e strinse le mani tra i suoi capelli.

Le mani di Merlin caddero sul letto, stringendo le coperte fin quasi a strapparle e Arthur scese a baciargli il collo, strofinando la bocca

in quel punto, quel meraviglioso punto sotto all’orecchio, che aveva dato inizio a tutto. Morse la pelle candida, la leccò e la baciò fino a

renderla piacevolmente rossa e livida.

Strappò i lacci della sua tunica e fece scivolare le mani sotto di essa gemendo al contatto con la pelle fresca e soffice del suo servo,

gloriandosi del momento come un uomo affamato davanti ad un banchetto.

I suoi occhi cercarono quelli di Merlin aspettandosi la passione, il desiderio, il permesso di andare oltre, ma l’altro si era addormentato.

Stavolta per davvero. 

Arthur lo guardò in silenzio, frustrato e deluso, quasi tentato di risvegliarlo con uno scossone e obbligarlo a finire quello che avevano

cominciato, ma in fondo era meglio così. Non voleva che la loro prima notte fosse frutto di una birra di troppo. E nemmeno che Merlin

se ne pentisse o si nascondesse dietro il suo stato d'ebrezza.

No, Arthur aveva Merlin esattamente dove voleva adesso e non lo avrebbe fatto scappare mai più.

Con un sorriso si accontentò di passargli un braccio sulle spalle e li  coprì entrambi con una coperta. 

Avrebbero avuto modo di continuare l’indomani. Questo era certo.

Tbc

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Epilogo ***


Eccolo qui! Con questo si conclude anche questa storia!^^

Chiedo di nuovo scusa a tutti per il ritardo, dal lato positivo c'è che oggi ho dato il mio ultimo esame!!! Finalmente!!!^^

Come sempre ringrazio tutti coloro che hanno letto e commentato, aggiunto tra i preferiti e tra le ricordate!^^

Un grazie a SilviAngel, elfin emrys e chibisaru81 per aver commentato lo scorso capitolo!!!^^

Spero vi piaccia!!! Buona lettura! E alla prossima storia!!!

Epilogo

Furono la voce confusa di Merlin, e i suoi gomiti ossuti conficcati tra le costole, a risvegliarlo.

Arthur non era certo un tipo mattiniero, ma quello era decisamente il peggior modo di svegliarsi.

“Vuoi stare fermo?” sibilò sentendo il suo servo agitarsi tra le coperte, afferrandogli le braccia nel vano tentativo di difendersi, le bloccò

contro il proprio petto.

Tutto senza nemmeno aprire gli occhi.

Oh” sussurrò la voce di Merlin al suo orecchio, Arthur quasi sperò che riconoscendolo, sarebbe tornato a dormire fino ad un’ora 

decente, ma ovviamente non fu così. D’altronde Merlin non faceva mai come gli veniva richiesto.

Nemmeno il tempo di addormentarsi nuovamente, che l’altro prese di nuovo ad agitarsi “Cosa succede? Perché sono nel vostro…” 

probabilmente concluse con letto, ma il suo borbottio era così veloce e privo di senso che il principe non lo capì.

Quasi poteva immaginare i suoi occhi spalancati e le guance paonazze.

Gli avrebbe addirittura fatto pena, se la notte prima non lo avesse lasciato da solo sul più bello.

“Torna a dormire, Merlin” gli ordinò voltandosi su un fianco e dandogli la schiena.

Poteva affrontare quel dramma più tardi, a sole alto e, possibilmente, a stomaco pieno.

“Non siete stupito di trovarmi qui?” gli chiese stupidamente l’altro.

Arthur sospirò mentalmente “No, Merlin. Non lo sono perché ti ci ho messo io”.

Il gemito strangolato del suo servo, quasi valse il sonno perduto.

Avendone finalmente pietà, Arthur aprì un occhio e si voltò a guardarlo.

Decisamente paonazzo. Anche boccheggiante adesso, notò con una certa soddisfazione.

“Ti sei dichiarato Merlin, non ricordi?” continuò con tono indignato, solo per vederlo sprofondare ancora di più nella vergogna, 

sentendosi sempre più soddisfatto.

Era crudele lasciarsi andare così al suo lato peggiore, ma stavolta Merlin lo meritava davvero, si giustificò con una nota di stizza.

Lasciargli credere che il suo bacio non gli era piaciuto, che l’aveva spaventato. Idiota.

“Io… cosa?” gracchiò con voce stridula l’altro tornando a dimenarsi furiosamente tra le coperte. Arthur non lo fermò e, con 

tutti i suoi sforzi, Merlin riuscì a rotolare sul pavimento con un tonfo.


Stavolta il principe scoppiò a ridere “Ci avrei scommesso che eri un ladro di coperte a letto”.

Cosa?” gracchiò di nuovo Merlin, rimettendosi seduto, finalmente libero dalla sua gabbia di stoffa. Con un gemito si portò una mano 

al capo e strinse gli occhi, i postumi della sua gita alla taverna sembravano farsi sentire.

“Non stupirti di avere mal di testa” lo canzonò il principe “Dopo tutto quello che hai bevuto ieri notte è un miracolo che tu sia ancora 

vivo”.

“Non ricordo niente” si lamentò il servo.

“Nemmeno i nostri baci appassionati?” Arthur mise su il broncio e Merlin sgranò gli occhi arrossendo di nuovo. Inconsciamente si 

toccò le labbra con le dita e il principe seguì il movimento con interesse.

Merlin, sto scherzando” lo rassicurò con un sorriso.

Non che fosse vero, i baci appassionati c’erano stati eccome, ma forse era meglio tenersi la storia per dopo. Per quando Merlin

sarebbe tornato a letto, possibilmente.

“Davvero divertente” brontolò l’altro rimettendosi in piedi e cercando i suoi stivali sul pavimento.

“Non era proprio una vera dichiarazione” continuò fingendo di non sentirlo Arthur “Eri troppo ubriaco per un discorso assennato, hai 

detto… com’era?” con un sorriso, notò come Merlin si fosse  fermato, uno stivale indosso e uno ancora in mano. La sua espressione 

inorridita rivelò al principe come iniziasse a ricordare qualcosa dell’accaduto “Ah sì” si lasciò cadere al centro del letto, le braccia 

spalancate.

Arthur” sibilò Merlin, rosso in volto, ma il principe lo ignorò.

“A quanto pare sono bello e caldo… e non dimentichiamo il mio buon odore”.

Merlin inciampò e quasi cadde a terra, il principe lo osservò divertito “Dimmi, Merlin…” trascinò il nome tra i denti. Il servo sobbalzò 

e si voltò lentamente a guardarlo col viso paonazzo “Mi annusi spesso?”

Fingere di essere ancora serio, fu davvero difficile di fronte all'espressione inorridita dell’altro.

“Io non… ero ubriaco!” sbottò infine sventolando lo stivale, che ancora teneva in mano, per aria.

“Quindi non vuoi che ti baci ancora?” gli chiese il principe fissandolo dritto negli occhi.

Merlin annuì per poi scuotere in fretta il capo.

Guardò da Arthur alla porta e viceversa, ma il princiope lo fermò subito “Non pensare di scappare” gli ordinò “O ti rincorrerò per il 

corridoio e ti trascinerò indietro".

“Tu hai detto di non parlarne” gli disse infine in tono supplicante, guardandolo con gli occhi sgranati “Di dimenticarlo”.

Arthur quasi imprecò, erano ancora a quel punto, allora? Dovevano ripetere l’intera discussione da capo? 

“Non pensavo che mi avresti ricambiato, Merlin! Non con la storia di Morgana e il modo in cui era finita” si difese il principe 

sentendosi esasperato, non era così che aveva sperato di passare la mattina.

Merlin lo fissò ovviamente confuso “Morgana?” chiese incerto “Cosa c’entra Morgana con tutto questo?” fece un cenno ad indicare 

loro due e il letto, Arthur quasi rise di nuovo. Sarebbe mai riuscito a dirlo a voce alta?

“So che stavate insieme, non sono idiota. I fiori, i misteri, era tutto un po’ troppo ovvio, non credi?”

Il servo lo osservò a lungo in silenzio. Troppo a lungo.

Un enorme sorriso canzonante gli dipinse le labbra, il principe sentì il bisogno di tirargli contro qualcosa. Qualsiasi cosa.

“Credevate che amassi Morgana?” chiese incredulo Merlin “Morgana?” ripeté come se il solo pensiero lo inorridisse e divertisse allo 

stesso tempo.

Il principe iniziò a pensare di aver interpretato male la situazione. O Merlin era diventato un attore formidabile.

“Siete più idiota di quanto credessi, allora” disse il ragazzo in tono meravigliato “Inizio davvero a preoccuparmi per il regno”.

“Merlin, sei a un passo dal finire alla gogna”.

Il servo sorrise e scosse il capo “Sire, non ho mai amato, né amerò mai Morgana in quel modo. Era un’amica e come tale provavo 

affetto per lei, ma non… amore” gli spiegò in tono tanto serio e deciso, con sguardo tanto limpido, che il principe non poté fare a meno

di credergli.


Fu come se un enorme pesogli fosse stato tolto dalle spalle e Arthur si sentì libero, finalmente.

“Oh” mormorò ancora incredulo “Va bene, allora” gli disse stupidamente.

Rimasero in silenzio a lungo, entrambi incapaci di fare la domanda o dire le parole che avrebbero potuto legarli o separarli per sempre.

“Volete che vi porti la colazione?” chiese infine Merlin fissando gli occhi sul pavimento.

“Prima non vuoi sentire la risposta?” chiese Arthur senza muoversi di un millimetro e senza incrociare i suoi occhi.

“Risposta?”

“Alla tua impertinente dichiarazione di ieri notte” disse in tono arrogante.

Merlin avvampò di nuovo “Io non credo di…” cercò di evitare il discorso, ma il principe lo fermò.

“C’è una persona per cui provo qualcosa da moltissimo tempo. È un sentimento assoluto che ho nascosto e combattuto per anni, 

convinto di non avere speranze, che il suo cuore appartenesse già ad un’altra persona. Adesso però, credo che potrebbe ricambiarmi e 

questa speranza mi rende incapace di pensare a chiunque altro. Voglio solo quella persona al mio fianco. E non penso di poterla 

lasciare andare, anche se me lo chiedesse”.

Nel silenzio che seguì a quelle parole, Merlin si morse il labbro con aria afflitta e occhi lucidi “Io non…” balbettò a vuoto e, nel sentire 

il suo tono disperato, Arthur si voltò a guardarlo incredulo. Non era certo così che credeva di veder accolta la propria dichiarazione, 

non dopo averci pensato per anni. Non dopo la notte appena trascorsa.

Aveva sperato troppo in fretta? Lo aveva spaventato in qualche modo?

“Mi dispiace di avervi messo in imbarazzo” gli disse il servo con voce tremante “Non accadrà più”.

Fece per andarsene, ma il principe si inginocchiò sul letto e lo afferrò dal braccio prima che potesse allontanarsi “Merlin, hai capito 

cosa ti ho appena detto?”

“Sì, che volete sposare Gwen, lo sapevo già. Sono stato stupido a credere che-" si fermò abbassando lo sguardo colmo di lacrime "Ma 

vi giuro che non ho mai pensato a voi in quel modo. Non fino ad ora almeno”.

Gwen? Io parlavo di te, Merlin” disse esasperato il principe.

Me?” lo guardò incredulo il servo.

Esasperato e stufo di doversi spiegare, Arthur lo tirò contro di sé, facendolo cadere sul letto e baciandolo a lungo nel tentativo di fargli 

capire quanto fosse serio.

“Oh” mormorò l’altro riprendendo fiato “Allora va bene” mormorò come intontito.

Il principe sorrise contro le sue labbra “Grazie della tua approvazione, Merlin. Non so come sopravviverei senza”.

“Tecnicamente…” gli rispose Merlin, mentre il principe cercava di sfilargli la tunica “Senza non potreste fare… questo”.

Arthur lo guardò incredulo “Merlin” sibilò irritato slacciandogli i pantaloni “Che ne dici di usare le tue energie per qualcos’altro, oltre 

parlare a vuoto?”

Merlin finse di pensarci a fondo “Credo di poterlo fare, sire” rispose infine in tono serio.

“Grazie al cielo” mormorò Arthur tornando a baciarlo.

Merlin non ebbe altro di cui lamentarsi per molto tempo.

Avrebbero dovuto parlare ancora, di molte cose.

Di Morgana, di Gwen, di destini e segreti, ma per il momento, tutto il resto poteva aspettare.

Tutto tranne il loro nuovo legame.

end


Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=869270