Misunderstoods di emychan (/viewuser.php?uid=827)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Messaggio ***
Capitolo 2: *** Decisioni ***
Capitolo 3: *** Trappola ***
Capitolo 4: *** Fratelli ***
Capitolo 5: *** Risveglio ***
Capitolo 6: *** Cap.6:Silenzio ***
Capitolo 7: *** Confessioni ***
Capitolo 9: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Messaggio ***
Come
promesso eccomi con la mia nuova
storia!
Partiamo dall'inizio, come già detto è stata
scritta per il contest 'All
you need is love' indetto su Efp da superkiki92
che ringrazio per avermi inviato la correzione della
storia ed essere stata anche la mia beta in sostanza!!!:DDD
L'argomento del contest era 'L'amore
fa male'.
La
storia è arrivata al terzo posto!!!!:DDD
Ecco il banner!!**
Spero
vi piaccia! Rispetto al solito,
Arthur sarà un po' differente, spero non risulti OOC andando
avanti.
Avevo
voglia di sperimentare un po' col suo cervello d'asino,
pur rimanendo IC... non so se ci sono riuscita, me lo direte
più avanti!:D
Misunderstoods
Cap.1:Messaggio
Arthur
osservò
in silenzio il
messaggio che gli era stato consegnato poco prima da una delle
guardie.
Aveva
riconosciuto la
scrittura al
primo sguardo e, intimando alla guardia di non dire nulla a nessuno
della missiva, si era chiuso nelle
sue stanze.
Sapeva che
nessuno si
sarebbe stupito
delle sue azioni. Non era raro, per i membri della famiglia reale,
tenere conversazioni epistolari
segrete.
Nessuno avrebbe
mai potuto
sospettare
l’oggetto di quel particolare messaggio.
Il principe lo
attendeva da
tempo ormai.
In fondo erano
passate
settimane da
quando aveva inviato Lancelot in missione, a seguire le loro tracce,
e il cavaliere non era altro che
efficiente e
fedele.
Abbastanza
discreto da
restare al
sicuro, ma abbastanza determinato da scoprire ciò che
desiderava.
Ed eccola
lì la
risposta, puntuale
come il suono delle campane di mezzodì.
Morgana si
nascondeva nel
vecchio regno
di Cenred.
Non
ufficialmente, certo,
ma non
essendoci un erede al trono, era stato piuttosto facile per lei e
Morgause conquistare il potere.
Una marionetta
nelle loro
mani era
stata messa sul trono, pronta a tenere rapporti con i regni vicini e
a coprire le loro tracce. Fino ad
allora.
Arthur era stato
ossessionato dall’idea
di ritrovare la sorellastra per mesi, dal giorno in cui aveva
recuperato il regno e salvato suo
padre, ma i
nuovi impegni, il nuovo
ruolo da reggente, gli impedivano di lasciare la città per
lunghi
periodi di tempo.
Quello e il
fatto di voler
nascondere
le ricerche a Merlin.
Non voleva che
il suo servo
tornasse a
pensare a Morgana proprio ora che sembrava essere tornato a
sorridere.
Perciò
aveva
chiesto a Lancelot di
cercare la verità e il cavaliere era partito senza alcuna
obiezione.
Nella lettera gli spiegava come
avesse
attraversato diversi regni
fingendosi un semplice cacciatore di avventure, questo gli aveva
permesso di ascoltare numerosi
racconti da
mercanti e tavernieri,
mercenari e contadini.
Metterle
insieme, diceva,
non era stato
difficile, tutti gli indizi conducevano ad un’unica risposta:
Morgana era a Cenred e si preparava
in silenzio al
prossimo attacco.
Quanto a
Morgause, nessuno
l’aveva
riconosciuta, ma si diceva che ci fosse
una
donna gravemente ferita a corte.
Una
donna che nessuno poteva visitare a parte la sorella.
Arthur, come
Lancelot, non
aveva dubbi
che si trattasse di lei.
Doveva
verificarlo di persona? Gli chiedeva infine. La decisione spettava solo
ad Arthur.
Con un sospiro,
il principe
di Camelot
bruciò la missiva nel camino e osservò le fiamme
divorarla
lentamente pensando al da farsi.
Aveva atteso
mesi quel
momento,
cercando senza sosta, senza riposo.
Incapace di
accettare il
tradimento, la
perdita, il modo in cui la magia l’aveva strappata da lui, da
loro.
Per tutto quel
tempo aveva
immaginato
cosa fare, cosa dire, come affrontarla, ma adesso che l’aveva
ritrovata, non era certo di volerla
davvero
incontrare o di volerla davvero riportare
indietro.
Anzitutto
Arthur non era mai stato bravo con le parole, non era bravo ad
affrontare il dolore né a contenere la rabbia. Il suo
temperamento
era rinomato in tutto il palazzo
dopotutto.
Trovarsi davanti
Morgana
dopo quello
che aveva fatto a suo, al loro padre... non era
certo di
poterla perdonare, né di volerci provare,
forse neppure
per Merlin.
Ed eccolo
lì il
nocciolo di ogni cosa.
Il vero motivo
della sua
febbricitante
ricerca di una strega che aveva ucciso il suo popolo e voltato le
spalle ad ogni cosa senza un
rimpianto, il
suo servitore.
Talmente
devastato dalla
perdita della
donna, che Arthur aveva temuto a lungo per la sua salute.
Da quando
avevano
recuperato il regno e
distrutto l’esercito immortale di Morgause, Merlin era stato
l’ombra di se stesso.
Il sorriso
stanco, i cerchi
neri sotto
gli occhi costantemente arrossati, il viso pallido e sempre
più
magro, Arthur l’aveva guardato
sprecarsi in
silenzio.
Giorno dopo
giorno.
Per quanto
desiderasse
tornare al passato, a quando tutto
andava bene e Merlin era solo un’idiota dai modi
irriverenti, non poteva
riavvolgere il
tempo.
La sua spada e
tutti gli
allenamenti del mondo non gli avrebbero mai concesso quel potere.
Poteva solo aspettare e sperare che le cose
migliorassero.
Ma intanto
Merlin
continuava a soffrire, e
Arthur non poteva più sopportarlo.
Per
questo continuava a cercare. Per Merlin, avrebbe riportato indietro
Morgana, a qualunque costo.
Il problema era
come
riuscirci.
Il principe
sperava che, se
le avesse
parlato, se le avesse fatto capire che poteva accettare le sua magia,
Morgana sarebbe tornata in sé
e Merlin
sarebbe tornato a sorridere.
Avrebbe
accettato ogni cosa
pur di
rivederlo felice, sebbene il pensiero di lasciarlo a lei,
gli
fosse insopportabile.
Arthur scosse la
testa.
Aveva già
accettato la verità, molto tempo prima.
Non aveva senso
tornare a
quell’amarezza proprio adesso.
Merlin amava
Morgana e
questo era
quanto.
Non
c’era niente
che potesse fare per
cambiare le cose.
Qualcuno
bussò
alla porta
distogliendolo dai suoi pensieri. Immaginando si trattasse di un
servo, il principe ordinò di entrare.
“Di
chi era il
messaggio?” Non era
un servo, ma Gwaine che si richiuse la porta alle spalle, fissandolo
in attesa di una risposta.
Era da giorni
che il
cavaliere gli
stava col fiato sul collo, chiedendogli notizie di Lancelot, della
sua improvvisa partenza, di questi affari
personali
che lo
avevano allontanato da Camelot
senza spiegazioni.
Tra tutti era il
solo che
metteva in
dubbio le sue parole, una vera spina nel fianco.
Il principe
sapeva che ne
aveva parlato
anche con Merlin e la cosa non gli piaceva affatto, quei due avevano
una pessima influenza
l’uno
sull’altro.
Conoscendoli, potevano
decidere di andare in cerca del cavaliere da soli.
Se Merlin avesse
scoperto
di Morgana, probabilmente avrebbe
voluto vederla, e Arthur non poteva
ancora permetterlo. Non
se
rischiava di
venir ferito ancora una volta dalla donna.
“Lascia
perdere
Gwaine, credimi, non
ti riguarda” mormorò in risposta, pur sapendo di
combattere una
guerra persa.
“Forse
no, ma
sono certo che c’entri
Merlin in qualche modo”.
“E
perché lo pensi?” gli chiese
secco. Forse un po’ troppo, a ben rifletterci.
“È raro che tu nasconda qualcosa
a
Merlin. In genere è il primo a conoscere ogni tuo pensiero,
eppure,
nemmeno lui sa dove si trovi
Lancelot e
qualcosa mi dice che non
sappia neppure del messaggio di cui ti sei liberato così in
fretta”
gettò un’occhiata verso il camino.
Arthur
sospirò
andandosi a sedere al
tavolo e puntellandovi i gomiti “Lui non deve saperne
niente” gli
ordinò in tono severo.
Gwaine
alzò un
sopracciglio “Cos’hai
combinato stavolta?” gli chiese
sospettoso.
Tipico di lui
pensare che
avesse fatto
qualche torto al servo, ogni volta che Merlin mostrava cenni di
rabbia o tristezza o chissà che
altro, il
cavaliere non
faceva che
tormentarlo accusandolo di averne combinata una delle sue
e
ordinandogli di scusarsi, una cosa
davvero
irritante.
“Niente,
sir
Gwaine. Non gli
ho fatto assolutamente niente”.
“È per questo che è
così giù di
corda ultimamente?”
“Che
vuoi che ne
sappia? Merlin è
una tale ragazzina” scosse le spalle scostando lo sguardo,
non
voleva rivelare i segreti del ragazzo.
Non era suo
compito dirlo a Gwaine.
“Arthur,
non
credi che...” l’uomo
s’interruppe guardandolo in silenzio con aria fin troppo
seria.
“Cosa?”
lo incalzò seccato il
principe.
“Non
credi che
possa essere geloso di
te e Gwen?” chiese, facendolo quasi scoppiare a ridere. Magari
lo fosse, avrebbe voluto
rispondergli
“Ne dubito seriamente”
disse invece, scegliendo di versarsi del vino. Per come stava andando
quella conversazione,
avrebbe avuto
bisogno di bere, e molto.
“Come
fai ad
escluderlo? Sono molto
vicini, forse si è innamorato di Gwen e tiene tutto dentro
per non
farti arrabbiare. Sarebbe tipico
di
Merlin” spiegò
l’altro, continuando a tenere
quell’espressione seria che stonava col suo
viso.
Persona
sbagliata,
teoria giusta,
rifletté tra sé il principe. In effetti non aveva
preso in
considerazione come vederlo fidanzato con
Ginevra avrebbe
potuto ripercuotersi sul suo
servo. Forse vederli insieme gli aveva
ricordato di Morgana e ciò che aveva perso. Senza
saperlo,
forse
aveva peggiorato le cose, rendendolo ancora
più infelice di prima.
Ma era stato lui
a
spingerlo in quella
direzione, pensò con una stretta al cuore.
“È stato Merlin a spingermi ad
avvicinarmi a Ginevra” disse con una
smorfia, cercando di
non pensare all'amaro
rimpianto che
gli
provocava il
solo
ricordo.
Il modo in cui
il servo lo
aveva spinto
tra le braccia della ragazza, in cui l’aveva convinto ed
aiutato a
farsi avanti. A dichiararsi a lei.
Talmente idiota
da non
rendersi conto
di cosa gli stesse facendo con le sue parole.
Di quanto lo
distruggesse
con la sua
gentilezza. Con la sua
totale indifferenza.
“Però...”
mormorò ancora incerto
il cavaliere.
“No,
Gwaine” lo fermò con un
gesto. Incapace di ascoltare oltre quell’assurda teoria che
risvegliava troppe ferite ancora dolorose
“Ti
assicuro che
Ginevra non c’entra
niente. Probabilmente Merlin è triste perché
vedermi con lei gli ha
ricordato chi non può avere”
spiegò con
voce colma di rammarico.
Come lo
ricordo
io, ogni istante
della mia vita, aggiunse nella propria mente.
Sempre
più
confuso, il cavaliere fissò
Arthur in attesa di una spiegazione, di un nome, ma il principe non
era sicuro di poterlo
accontentare.
Era un segreto
di Merlin in
fondo. Un
segreto che custodiva gelosamente da anni, che non aveva mai rivelato
neppure allo stesso
Arthur.
Però
sapeva
anche che, se non gli
avesse detto la verità, Gwaine avrebbe continuato a scavare
e
domandare rischiando di peggiorare
la
situazione.
“Non
dovrà mai uscire da questa
stanza” gli ordinò bevendo
le ultime gocce del
suo vino.
“Sicuro”
scosse le spalle l’altro,
andandosi a sedere all’altro capo del tavolo.
“Sono
serio.
Merlin non mi ha mai rivelato nulla, ma era ovvio... soprattutto per
me” gli spiegò in tono grave.
Per me che
cercavo i segni, che
lo osservavo per capire se avrei mai potuto... interruppe il
pensiero prima ancora di finirlo.
Doveva smetterla
di farlo,
di ferirsi
ancora e ancora, come uno stupido.
Aveva Ginevra
adesso,
doveva pensare a
lei. Doveva amare lei. Solo
lei.
“Morgana”
esalò infine, lasciando
l’altro a bocca aperta.
Tbc
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Decisioni ***
Grazie
a speranza, chibisaru81
e SeleneKyoto
per aver commentato lo scorso capitolo!!!:DDD
E
grazie a tutti coloro che l'hanno inserita tra le
seguite!!!:DD
Solo
tre commenti!:((
E'
timidezza, il fatto che ancora non è successo
granché oppure non vi piace molto la
storia??ç_ç
Cap.2:
Decisioni
“Morgana”
esalò infine, lasciando
l’altro a bocca aperta.
***
“Cosa?”
sibilò incredulo.
“Merlin
era… è innamorato
di Morgana, lo è stato per molto tempo. Per un po’
ho anche
creduto che fosse ricambiato, ora non ne
sono
così certo. Poteva essere tutto un piano, non lo
so”.
E come doveva
aver ferito Merlin quella
scoperta. Lui che era così ingenuo, così
fiducioso.
Cosa aveva
provato di fronte a quel
tradimento? Come si era sentito, quando l’aveva vista tradire
ogni
cosa? Eppure era rimasto al
fianco di
Arthur, fingendosi forte. Pronto a combattere contro la donna che
amava. Fedele al principe, e a Camelot.
Non poteva
negare di aver provato una
profonda soddisfazione nel sapere che avesse scelto lui e non lei.
”Merlin?”
disse Gwaine, le labbra
increspate come se si trattenesse a stento dal ridere.
Se fosse a causa
del pensiero di Merlin
con una donna qualsiasi o con Morgana, Arthur non lo sapeva.
Quell’immagine non gli aveva
mai provocato
ilarità in fondo, ma
solo un doloroso nodo allo stomaco e un vago malessere dal quale non
riusciva a liberarsi nemmeno
adesso.
Ancora ricordava
il giorno in cui lo
aveva capito, il giorno in cui tutte le sue speranze erano crollate.
Come gli aveva
intimato di lasciar
perdere, di dimenticarla. Come aveva cercato di ferirlo dicendogli
che lei era troppo per lui, che non
avrebbe mai
potuto essergli
neppure amica.
Non era servito
a nulla ovviamente.
E come poteva
biasimarlo per questo?
Morgana era bella.
Il suo fascino
non aveva mai lasciato
indifferente neppure lui, la sua intelligenza, la sua fierezza.
Lei era tutto
ciò che un uomo poteva desiderare.
Per qualcuno
cresciuto in un piccolo
villaggio sperduto, che non aveva mai incontrato una nobile prima di
allora, doveva rappresentare
un sogno
avvolto nella seta.
Come poteva
pretendere che Merlin,
l’ingenuo, stolto Merlin, resistesse ad un richiamo simile?
“Quando
scomparve…” pronunciò
a fatica intorno al nodo che gli si era formato in gola “Quando
scomparve, Merlin non riusciva a
darsi pace.
Credo si sentisse colpevole, confuso. Venne con me a cercarla, ogni
volta. Non c’era
modo di convincerlo a restare
indietro” s’interruppe al
ricordo troppo nitido di quei giorni.
L’aria ferita,
gli occhi sempre gonfi e rigati di rosso del suo servo.
Non avrebbe mai
dimenticato come sembrasse, anche allora, ad un
passo dalla
morte.
Tutto per lei.
Sempre per lei.
Perché
era scomparsa sotto ai loro
occhi. Perché non era riuscito a proteggerla.
Perché l’amava.
Era stato
durante quei viaggi che aveva
davvero accettato la propria sconfitta.
Merlin non lo
avrebbe mai ricambiato,
non avrebbe mai provato quel tipo di sentimento per Arthur. E il
principe aveva accettato la resa
e aveva giurato
a se stesso di
ritrovarla. Di riportarla a Camelot. Per sé, per suo padre,
ma
soprattutto, per Merlin. Perché potesse di
nuovo essere
felice.
Avrebbe mentito
per loro se fosse stato
necessario, avrebbe finto di non vedere ciò che facevano e,
un
giorno, quando sarebbe
diventato re, avrebbe
concesso loro di sposarsi.
Lo uccideva
farlo, ma allo stesso
tempo, sarebbe stato peggio vedere quel lento degrado che il suo
servo sembrava subire nell’anima.
Arthur non
poteva accettarlo. Preferiva
perderlo piuttosto che vederlo soffrire.
“Posso
immaginarlo, quando decide di
fare qualcosa non è facile fargli cambiare idea”
annuì il
cavaliere con un sorriso.
“Per
niente” sospirò il principe
“Quando venne ritrovata, le cose sembrarono tornare a posto.
Merlin era di nuovo felice, ma successe
qualcosa... si
allontanarono credo. Morgana…” si fermò
alla ricerca delle
parole giuste, ma Gwaine lo interruppe “Ha deciso di
uccidere tutti
e prendersi la corona” concluse per lui “Non deve
essere stato
facile per lui”.
“No,
credo proprio di no”
mormorò scuotendo
le
spalle. Nonostante le apparenze Merlin sapeva nascondersi bene, era
quasi
impossibile
capire cosa stesse pensando. O provando.
Quel suo dannato
sorriso nascondeva
sempre i suoi sentimenti.
“Non
ti ha mai detto niente?” gli
chiese in tono dubbioso, come se l’idea che proprio Merlin
potesse tenere un segreto simile, fosse a
dir poco
scioccante.
Forse lo era per
Gwaine, abituato a
vedere la maschera del servitore sempre allegro e sorridente, ma
Arthur sapeva che c’era ben altro
in lui, segreti
che non condivideva con nessuno, forse nemmeno Gaius.
Un’oscurità che
portava da solo come un peso
ineluttabile,
incapace di
fidarsi di chiunque altro. Un’altra realtà che
aveva
accettato a malincuore molto tempo prima.
“Forse
sente che non lo prenderei sul
serio o che non lo capirei. Non lo so. Merlin non parla molto di
sé.
Sembra non avere segreti, ma
in
realtà non fa che nascondersi da
tutti” mormorò fissando la brocca ormai vuota,
Gwaine l’aveva
prosciugata in fretta. Doveva
saperlo che
invitarlo a restare nelle
sue stanze, non avrebbe fatto bene alla sua scorta di liquore.
“Che
brutta storia” disse infine il
cavaliere passandosi una mano sul mento coperto di barba.
Arthur rimase in
silenzio, non c’era
bisogno di dire nulla. Era stato un amore impossibile dal momento in
cui era nato. Per Uther, per le
loro posizioni
sociali e poi… per
quello che era accaduto dopo.
Pensare che era
riuscita ad ingannarli
tutti.
Arthur si
sentiva in colpa per averle
permesso di usare Merlin in quel modo.
Perso nel suo
dolore aveva rifiutato di
chiedere, di guardare. Aveva ignorato i due, cercando di non creare
loro problemi. Cercando di
inghiottire la
propria gelosia, si era
convinto che Morgana ricambiasse i sentimenti del suo servitore.
Aveva interpretato come prove i
loro sguardi, i
loro sorrisi, il modo
in cui la donna era sempre pronta a sgridare Arthur per come lo
trattava, a difenderlo dal re, a
coprire ogni
suo errore.
L’aveva
odiata per questo. L’aveva
detestata, perché sapeva che era l’unica
avversaria che non poteva
sconfiggere. L’unica guerra che
non poteva
combattere.
Mai, nemmeno per
un istante, aveva
creduto che Morgana potesse fare una cosa simile.
E in fondo, era Merlin. Come
avrebbe
potuto non amarlo? Il principe non c’era mai riuscito.
“La
stai cercando, non è vero? È
questo il vero motivo del viaggio
di Lancelot” disse infine Gwaine.
Arthur
annuì “È
riuscito a trovarla” disse senza guardarlo,
fissandosi le mani come in cerca di una risposta ai suoi dubbi
“È nel
regno di
Cenred”.
“Nascosta
in piena vista, il trucco
più vecchio del mondo” sorrise il cavaliere.
Entrambi
rimasero in silenzio, ognuno
preda dei propri pensieri.
“Vuoi
incontrarla?” non c’era
alcun rimprovero nella voce dell’altro, nessun commento sul
suo
essere erede o reggente, ma era
naturale.
Gwaine era
sempre stato un amante delle situazioni disperate,
delle
missioni suicide, e quella non era altro che questo. Andare da solo a
cercare Morgana,
provare a farla ragionare, Arthur sapeva che era una
follia, un viaggio senza ritorno. Sua sorella gli
aveva fatto
capire in modo
piuttosto chiaro cosa pensava di lui e del suo regno.
Non avrebbe
esitato ad ucciderlo. Però
“Ho altra
scelta?”
“Potresti
parlare con Merlin”
rispose Gwaine scuotendo le spalle, come se quella fosse la cosa
più
ovvia del mondo. Non che non ci
avesse pensato.
Migliaia di
volte a dire il vero.
Aveva immaginato
di affrontarlo a testa
alta chiedendogli dei suoi sentimenti.
Costringendolo a
dirgli la verità,
forse confortandolo e aiutandolo a guarire dalle sue ferite.
Sarebbe stata la
strada più naturale,
più logica.
Ma Arthur non
era quel tipo di persona.
Parlare di
sentimenti lo imbarazzava,
consolare gli altri lo metteva a disagio e, come se non bastasse, il
pensiero di sentire la verità dalle
labbra di
Merlin, di sentirgli
dire che amava Morgana ed era distrutto dalla sua
perdita, non
era certo di poterlo sopportare.
Avrebbe reso
tutto troppo reale.
“Non
voglio che faccia niente di
avventato” rispose, mentendo anche se solo per
metà.
Era vero che
Merlin non pensava mai a
ciò che faceva, c’era il pericolo che andasse a
cercarla da solo,
per parlarle, ma non era l’unico
motivo che lo
spingeva a tanta
segretezza, lui che odiava mantenere segreti e bugie.
“Non
possiamo fare finta di niente,
peggiorerà se non proviamo a parlargli”
brontolò Gwaine
guardandolo, stavolta sì, con rimprovero.
“Non
possiamo forzarlo Gwaine, non
sarebbe giusto” gli rispose il principe, ma sapeva che, in
verità,
non era solo alla salvezza di
Merlin che
pensava.
“E
così è giusto? Merlin è nostro
amico, se soffre per amore dovremmo stargli accanto. Fargli sapere
che siamo lì per lui”.
“Non
è così semplice, Merlin non
vuole farcelo sapere, si sentirebbe in imbarazzo e si chiuderebbe in
se stesso” cercò di farlo
ragionare.
“Perciò
la tua soluzione è farti
ammazzare da Morgana e farlo sentire ancora più in colpa?
Complimenti principessa è proprio un’idea
degna
di… un asino,
per citare qualcuno”.
“Ho
solo bisogno di un po’ di
tempo, Gwaine, nient’altro. Mantieni il segreto per un paio
di
giorni” non lo ordinò esplicitamente
perché
sapeva che
l’altro
non l’avrebbe presa bene, ma non lo avrebbe nemmeno pregato
di
fargli quel favore.
“Solo
un paio di giorni, poi svuoterò
il sacco” brontolò infine il cavaliere.
Arthur sapeva
quanto quella promessa
fosse importante, mentire a Merlin, per Gwaine, era un grande
sacrificio.
Il cavaliere si
alzò “Cerca
di non farti uccidere” gli disse prima di uscire.
Una volta solo,
Arthur prese un foglio
bianco e intinse la penna nel calamaio.
‘Aspettami
al confine. A-’
scrisse in fretta, senza fermarsi a pensare oltre.
La decisione era
presa.
Tbc
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Trappola ***
Pochi
giorni di ritardo, ma sono in periodo di esami perciò vi
chiedo comprensione, supporto morale e tanta nutella per
tirarmi
su!:DD
Come
sempre un grazie speciale a Chibisaru e SeleneKyoto che hanno
commentato lo scorso capitolo e a chi legge, mette in preferite e
seguito!!I love you!!!!xDDD
Finalmente un po' di Merlin in
questo capitolo!!!
Cap.3:Trappola.
“Non
capisco perché non posso venire
con voi”.
Merlin si
sentiva decisamente confuso.
Quando il
principe gli aveva ordinato
di preparare le sue cose per un viaggio di alcuni giorni, aveva
naturalmente concluso di doverlo
seguire. Non
capitava quasi mai che
potesse restare al castello mentre Arthur era fuori e, ad essere
sinceri, vista la frequenza con cui
attirava i
guai, non era
consigliabile lasciarlo girare da solo per la foresta.
Solo che
stavolta gli aveva ordinato
di restare indietro. E a giudicare dal suo tono non era un comando
negoziabile. O uno scherzo.
Arthur era
serio, voleva davvero che
Merlin rimanesse al castello.
Non era mai
successo prima di allora.
“Da
quando ti interessa venire a
caccia?” gli chiese il principe con aria stupita.
Merlin smise di
gettare roba nella
borsa per scuotere le spalle “È
solo che mi sembra strano, tutto qui”
rispose in
tono
evasivo. Non era
da Arthur tutto
questo mistero, tutte queste bugie.
Per
stare più tranquillo, gli
aveva detto.
Non aveva alcun
senso “Potrebbe
essere pericoloso, tutto qui” spiegò
piegando un mantello foderato
di pelliccia. Di notte avrebbe fatto
freddo nei
boschi.
In tutta
risposta il principe gli gettò
un’occhiata torva “Non
ho bisogno del tuo permesso per andare a caccia, Merlin”.
Dal suo tono il
mago capì che stava
finendo la pazienza, in genere a quel punto avrebbe ceduto alle sue
richieste, ma stavolta anche
quel metodo
sembrava aver fallito.
Se non stava
attento rischiava perfino
di finire alla gogna.
Stupido
asino.
“È solo che mi sembra strano che
andiate a caccia da solo…” provò ancora
una volta. Il principe
lo interruppe in tono esasperato “Se
serve a farti
stare zitto, non
sarò solo. Mi incontrerò con Lancelot lungo il
cammino” gli disse
secco, quasi sfidandolo ad obbiettare.
Se non altro
questo lo tranquillizzò.
Il cavaliere sarebbe stato in grado di difenderlo se ce ne fosse
stato bisogno. Eppure c’era qualcosa
di strano in
tutta quella
storia, qualcosa che Arthur voleva tenergli nascosto.
“La
borsa è pronta” mormorò
distratto, ripercorrendo con la mente gli ultimi giorni alla ricerca
di qualcosa di strano che potesse
risolvere il
mistero. Non trovando
niente, il mago sospirò tra sé
, forse si creava troppi problemi. Forse Arthur
voleva solo un po’ di
tempo per
sé, lontano dagli impegni sempre
più opprimenti di palazzo.
Certo, questo
non spiegava perché
dovesse preferire la compagnia di Lancelot alla sua, non che fosse
geloso, ma almeno pretendeva
una ragione.
“Perfetto,
tornerò tra tre, quattro
giorni al massimo. Cerca di non cacciarti nei guai in mia
assenza”
lo canzonò afferrando la
propria
borsa.
Merlin
sbuffò, ancora offeso e
vagamente ferito dal fatto che Arthur non lo volesse con sé.
Sapeva di essere
infantile, ma il
principe gli permetteva di seguirlo ovunque, perfino in battaglia
senza lamentarsi. Perché proprio
stavolta,
doveva dimostrarsi così
testardo?
“Ci
proverò” gli rispose, cercando
di scacciare quel viscido presentimento che iniziava a farsi vivo nel
suo stomaco. Non sarebbe
accaduto nulla
al principe, era solo
l’abitudine a farlo sentire così in ansia
“Arthur…” lo fermò sulla
porta “Fate attenzione” gli disse
infine, in tono
serio.
Arthur
sembrò sul punto di rispondere
con una delle sue battutine, ma nel vedere l’espressione del
suo
servo, si limitò ad annuire ed
uscì
in silenzio.
Merlin lo
guardò montare a cavallo e
sparire oltre i cancelli di Camelot dalla finestra.
La sensazione di
aver sbagliato a
permettergli di partire da solo non scomparve, anzi.
Si
trasformò in un vero e proprio
disagio che lo distraeva dai suoi lavori e non lo lasciava dormire la
notte. Più tempo passava, più si
acuiva la
sensazione di dover
fare qualcosa.
Era ovvio che il
principe gli avesse
nascosto qualcosa, ma non capiva cosa potesse essere e, per quanto
cercasse nelle sue stanze o
chiedesse agli
altri cavalieri, non c’era
alcun indizio di cosa stesse accadendo.
L’unico
che sembrava al corrente di
qualcosa era Gwaine.
Ogni volta che
gli chiedeva di Arthur o
di Lancelot, il cavaliere lo invitava alla taverna e cambiava
discorso, come se volesse
nascondergli
qualcosa di spiacevole. Il che
non faceva che metterlo ancora di più in allarme, ma Gwaine
non
avrebbe mai lasciato il
principe nei
guai, ne era certo.
Perciò
il suo comportamento era ancora
più inspiegabile.
Nel frattempo
erano passati quasi due
giorni da quando il principe era partito e i timori del mago erano
sempre più forti.
Merlin stava
attraversando il cortile,
quando li vide.
Gaius gli aveva
chiesto di raccogliere
delle erbe che aveva finito, il mago era stato quasi tutta la mattina
a fissare il sottobosco alla
ricerca di
radici di cui non ricordava
neppure più il nome.
Era stanco ed
affamato, aveva voglia di
dormire e magari farsi un bagno caldo, ma tutto questo avrebbe dovuto
aspettare perché
Gwaine era in
cortile e non era da solo: Lancelot
era con lui.
Il cavaliere
sembrava appena tornato,
l’aria stanca ed affamata testimoniavano il suo lungo viaggio.
Merlin si
guardò attorno, cercando il
principe, ma non c’era traccia né di lui
né del suo cavallo. Se fosse tornato, sicuramente lo
avrebbe mandato a chiamare immediatamente. La premonizione che lo
tormentava da
giorni si fece insostenibile, Merlin quasi corse
dai due.
“E la
principessa?” sentì chiedere
Gwaine con aria stranamente preoccupata “Doveva incontrarti
al
confine”.
Il mago si
fermò, aveva sentito bene?
Per quale motivo il principe voleva spingersi così lontano
da
Camelot?
“Il
principe?” rispose Lancelot,
guardandolo confuso e stupito “Non ha mai risposto al mio
messaggio”.
“Come
sarebbe a dire? Era davanti a
me quando lo ha scritto” sbottò incredulo Gwaine.
Merlin non
capiva la metà del loro
discorso, non aveva idea di quale messaggio stessero parlando,
né di fosse stato realmente Lancelot,
ma dal
viso di entrambi, una cosa era chiara: il principe era in pericolo.
Senza aspettare
oltre, col
cuore che gli sembrava pulsargli nelle tempie
come ogni volta che
Arthur si metteva a rischio, si intromise nella loro
discussione
“Cosa succede?” chiese con voce quasi stridula
“Dov’è
Arthur?”
A quel nome, sia
Lancelot che Gwaine si
scambiarono un’occhiata d’intesa e chinarono il
capo,
distogliendo lo sguardo.
Merlin si
sentì raggelare
“Cosa sta succedendo?” chiese a stento, quasi
incapace di
respirare. Arthur era ferito? O peggio era già
“Dov’è
Arthur?” ripeté a denti stretti, fissandoli uno
alla
volta, esortandoli in silenzio a dire la verità.
Fu Gwaine a
cedere per primo “Abbiamo
un problema” disse con un sospiro “Temo che la
principessa sia
finita in un’imboscata”.
Merlin
sentì mancargli un battito. “Spiegati”
ordinò al cavaliere,
stringendo le mani a pugno.
Sapeva che non
doveva farlo andare da
solo. Sapeva che avrebbe dovuto
seguirlo.
Arthur era
incapace di prendersi cura
di sé, finiva sempre nei guai, attirava sempre il pericolo
e,
adesso, era da solo.
Tbc
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** Fratelli ***
Eccomi!!!!!:D
Civile sostenuto
con successo!:DD
Ed eccomi come
promesso ad aggiornare!
Grazie a SeleneKyoto per
aver commentato!
La storia sembra
riscuotere poco successo, come mai?? Cosa non funziona?:((
In attesa del
prossimo capitolo vi rimando alla mia nuova one-shot: Tre
carte
E se vi piace
Slam Dunk: Assurdo
Cap.4:
Fratelli
Arthur non aveva
mai viaggiato
completamente da solo.
Per ovvie
ragioni suo padre non l’aveva mai permesso, non che avesse
mai sentito la necessità di restarsene solo tra i boschi o a
caccia.
La vita di un
principe era già
abbastanza solitaria, e lui amava stare in compagnia degli altri.
Certo, per gran
parte dei suoi
ventiquattro anni, si era dovuto accontentare della falsa amicizia di
nobili e cavalieri, di qualche servo
tremante troppo
impaurito per
parlargli, ma era sempre meglio di niente.
Poi era arrivato
Merlin e tutto era
stato più semplice.
Era stato
difficile all’inizio,
adattarsi a qualcuno che gli diceva in faccia ciò che
pensava, senza
preoccuparsi di ferirlo o farlo infuriare,
ma nel
profondo, Arthur
aveva amato quel lato del suo servo fin da subito.
Merlin
rappresentava quella persona che
aveva sempre disperatamente cercato, quella parte della propria vita
che era rimasta vuota e
dolorante.
Merlin era il
suo primo amico. La
prima persona che aveva amato davvero.
Non
quell’amore che ti lascia sveglio
la notte o che ti fa sudare le mani, non era mica una ragazza, ma
qualcosa di più sereno. Di più
naturale.
Quel sentimento
che arriva senza fare
rumore, senza provocare problemi. Quell’amore che ti coglie
impreparato e ti lascia l’amaro in
bocca quando
scopri di provarlo,
perché mai te lo saresti aspettato.
Era anche il
sentimento più
sconveniente che Arthur potesse provare.
Perché
Merlin era un servo. Perché
Merlin era un uomo.
Perché
Merlin, non lo ricambiava e non
lo avrebbe mai fatto.
Sfortunatamente,
il suo era anche quel tipo di amore che non potevi mettere a tacere.
Che non potevi
scacciare né
dimenticare. Che ti faceva soffrire, per tutta la vita.
Il principe lo
sapeva e aveva cercato
in tutti i modi di combatterlo, ma era un mostro che la sua spada non
poteva uccidere.
Un mostro che, per essere nascosto,
l’aveva reso meschino e
bugiardo.
Aveva baciato
una donna che non amava,
aveva dichiarato sentimenti che sapeva di non provare.
Aveva mentito al
mondo intero e giocato
col cuore di chi non lo meritava.
Gwen era dolce,
era buona, era bella.
In
un’altra vita, in un’altra
storia, Arthur l’avrebbe resa la sua regina senza rimpianti,
ma non
in questa.
Per quanto ci
provasse, non erano le sue
labbra che desiderava né il suo corpo che sognava.
Provava qualcosa
per lei, certo, ma non
era così stupido da credere che fosse amore.
Non nel senso
più puro del termine.
Non nel modo in cui amava Merlin.
Per Gwen poteva
migliorarsi, poteva
combattere e struggersi.
Vederla con
Lancelot lo distruggeva, ma con Merlin era diverso.
Per lui aveva
voglia di piangere. Per
lui non aveva forza per combattere o infuriarsi, saperlo di
qualcun'altra lo uccideva e lo spogliava
di ogni difesa.
Per Merlin
avrebbe voluto essere il re
migliore della terra e, quando prima di una battaglia, il suo servo
lo vestiva dicendogli che
credeva in lui,
nel suo destino, Arthur
sentiva di aver già vinto.
Non
c’era sentimento che potesse
offuscare un incanto simile. Purtroppo.
Dopo una notte
in compagnia dei suoi
soli pensieri, finalmente il principe raggiunse il punto in cui
avrebbe dovuto incontrare Lancelot.
Era una radura
poco distante dal
confine con Cenred.
Il suo cavallo
sembrava agitato, aveva
difficoltà a controllarlo da quella mattina, più
di una volta si
era fermato lungo il sentiero,
indietreggiando
spaventato. Arthur
aveva dovuto faticare a lungo per convincerlo ad avanzare.
Non capiva
perché si comportasse in
quel modo, non c’era niente di strano lì intorno.
Sentendolo di
nuovo fermarsi, il
principe strinse le redini esortandolo a continuare. Lmarei scosse il
muso e nitrì spaventato,
indietreggiando
di qualche passo.
Confuso Arthur
si guardò attorno, non
c’era nessuno, ma la foresta era troppo silenziosa;
passandogli una mano tra la criniera bianca
per
tranquillizzarlo, il
principe smontò ed estrasse la spada.
“Quella
non ti servirà” la voce
era femminile e arrivava dagli alberi intorno alla radura.
Arthur si
voltò, cercando il suo
nemico, ma prima che potesse reagire, la sua spada volò a
terra.
“Chi
sei?” gridò il principe
avanzando di un passo, forse poteva recuperare il pugnale che teneva
nascosto nello stivale.
“Non
mi riconosci più?” rami
spezzati e lenti passi annunciarono l’arrivo di qualcuno.
Nascosta da un
lungo mantello nero, gli
occhi verdi più gelidi di quanto li ricordasse, Morgana gli
sorrise “Ciao, fratello”
sputò con
disprezzo.
“Morgana”
pronunciò incredulo il
principe. Incapace di dire altro ora che l’aveva davanti agli
occhi.
“Ho
saputo che mi cercavi” la
strega si levò il cappuccio scoprendo i lunghi capelli neri
e lo
studiò da capo a piedi “Hai deciso di
lasciarmi il
trono?”
La
rabbia che si era ripromesso di sconfiggere fu più
prepotente
di quanto si aspettasse “Come hai potuto farlo? Come hai
potuto
tradirci in quel
modo?” le chiese quasi gridando.
Non aveva
programmato di lottare con
lei, né di sfidarla, ma trovarsela di fronte così
spavalda, così
piena di odio e disprezzo per chi
l’aveva sempre amata, aveva
risvegliato tutto il dolore del tradimento.
“Devi
crescere Arthur, restare
attaccato alle gonne di tuo padre non ti ha mai fatto molto bene, sei
così stupido” lo canzonò la donna
girandogli
attorno come un
predatore.
Il principe la
seguì con sguardo
furente, le braccia incrociate sul petto
“Mio padre può aver fatto scelte sbagliate,
ciononostante non
meritava
ciò che gli hai fatto” le rispose con voce
tremante per
la rabbia “E gli altri? Le persone innocenti che hai ucciso?
Nemmeno
loro lo
meritavano”.
“Un
sacrificio necessario. Dovresti
capirlo meglio di chiunque”.
“E Merlin?
Anche lui era un
sacrificio necessario?” sibilò con una punta di
disgusto.
Come poteva
parlarne in quel modo?
Tutte quelle persone morte a causa della sua vendetta, tutta quella
sofferenza, e lei si comportava
come se non le
importasse.
La reazione al
nome del suo servo non
fu affatto quella che Arthur si aspettava, tutto il viso di Morgana
si contorse in una maschera
d'odio e
disprezzo che lo fece
indietreggiare inorridito.
Mai le aveva
visto un’espressione
simile “Merlin”
sibilò con rabbia “Quel piccolo verme traditore.
L’avrei ucciso
con molto piacere e,
quando lo
avrò tra le mani, si pentirà di avermi
intralciato”.
La minaccia era
pura e sincera, Arthur
inghiottì a vuoto, confuso e vagamente spaventato.
Non
c’era alcuna traccia di amore in
Morgana, nessun rimpianto, niente a cui potesse appellarsi per
riportarla in sé.
Non
c’era dubbio che li odiasse, Merlin più di tutti,
anche se non ne capiva la
ragione.
Forse si sentiva
tradita perché il
servo si era schierato col principe e non con lei?
Comunque
stessero le cose, Arthur
ringraziò il cielo di non aver portato con sé il
ragazzo, non
sapeva come avrebbe potuto reagire di
fronte a
un rifiuto simile. Onestamente, non sapeva nemmeno come avrebbe
potuto guardarlo in faccia sapendo la verità.
“Tu
gli manchi” provò a dirle “Lo
sta distruggendo”.
In tutta
risposta, Morgana scoppiò a
ridere di gusto “Sei davvero stupido Arthur, mi chiedo se
capirai
mai qualcosa di quello che ti
circonda”.
Il principe la
guardò confuso.
“Il
tuo caro, dolce Merlin, ha cercato di uccidermi più di una
volta,
perché mai dovrei mancargli?”
Arthur scosse la
testa incredulo, non
era possibile. Stava mentendo.
Merlin non era
tipo da… non avrebbe
mai fatto del male a nessuno. Neppure a Morgana. Soprattutto
a
Morgana.
La donna
osservò la sua reazione in
silenzio, il capo chino su una spalla, un sorriso canzonante stampato
sul viso di porcellana “Ci sei
rimasto
male?”
“Non
ti credo. Merlin ti ama”
scosse ancora il capo, riconciliare le due immagini era impossibile.
Merlin non
avrebbe mai fatto una cosa
simile. Mai.
“Chiediglielo,
allora. Chiedigli cosa
successe il giorno in cui Morgause mi prese con sé. Il tuo
Merlin
non è altro che un bugiardo e un
traditore” sibilò con astio e
Arthur non poteva credere a quelle accuse, ma ricordava quel giorno.
Come Merlin
fosse rimasto solo con
Morgana e suo padre nella sala del trono, come Morgause
l’avesse
presa con sé. Come di fronte
all’interrogatorio del re, il suo
servo fosse stato incerto, evasivo “Smettila! Non
crederò mai a
quello che dici!” gridò
“Perché deve
essere in
questo modo,
Morgana? Se mi avessi detto della magia…”
“Cosa?”
lo interruppe lei “Avremmo
giocato alla famigliola felice, fratellone? Avresti
tenuto il
mio segreto per tutta la vita come il
nobile
cavaliere che
sei? Avresti mentito ad Uther per me?”
Arthur non
esitò ad annuire, ci aveva
già pensato. Ci aveva riflettuto per giorni, per settimane,
chiedendosi ogni se, ponendosi ogni ma,
e la risposta
era sempre la stessa, non avrebbe mai consegnato Morgana, nemmeno a
suo padre.
“Potevamo
convincerlo a cambiare le
leggi, possiamo ancora farlo. E se non funzionasse, un giorno
sarò
re. Ti proteggerò io” disse in
tono quasi
pregante.
Cercando disperatamente di risvegliare in lei
un barlume di quella ragazza che lo tormentava a corte e lo sfidava
ogni giorno a
duello. Di quella donna che lottava per il giusto, e per chi
amava, con tutte le sue forze.
Ma quella donna,
purtroppo, non
esisteva più.
“Sei
patetico” gli sibilò contro,
le sue iridi verdi si tinsero d’oro e Arthur volò
per aria, come
una bambola rotta, il suo corpo sbatté
contro il
tronco di un albero
e cadde riverso a terra, tra i rami rotti di un cespuglio senza
foglie.
“Immagino
sia un addio, fratello”
furono le ultime parole che sentì prima di perdere i sensi.
Tbc
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Risveglio ***
Ecco
come promesso il mio aggiornamento!!!
Buon
Natale a tutti i lettori!:DDD
Grazie
a SeleneKyoto,
chibisaru81, Sarahpoxy,
Crownless e Speranza che hanno
commentato e a tutti coloro che seguono la storia!!!
Spero
che il capitolo vi piaccia! Direi che è quello centrale!:DD
A
presto!
Kiss
Emy
Cap.5:
Risveglio.
Merlin non
riusciva a capire.
Gwaine e
Lancelot gli avevano spiegato
in fretta l’accaduto, il folle piano del principe di
riportare la
sorellastra a casa.
Come avesse
mandato Lancelot a seguirne
le tracce nel regno di Cenred per scoprire dove si fosse nascosta,
come fosse partito da solo
per
affrontarla, ma fosse caduto in una
trappola, tesa quasi sicuramente dalla stessa Morgana.
Probabilmente il
messaggio del principe
era stato intercettato da uno dei soldati di Cenred.
Quello che
Merlin non capiva era il
mistero. Se Arthur voleva parlare a Morgana, se ancora sperava di
poterla riportare indietro, perché
aveva sentito
il bisogno di
nasconderlo da lui?
Non
l’avrebbe certo deriso per
questo, anzi.
Gli sarebbe
sembrato strano il
contrario.
C’era
qualcosa che ancora non gli
veniva rivelata, un pezzo del puzzle che gli veniva tenuto nascosto
per qualche ragione.
Lo
sappiamo gli aveva detto
Gwaine, non devi più fingere con noi.
E Lancelot gli
aveva sorriso come se
comprendesse.
L’unico
a non capirci nulla era
Merlin.
Il mago non
aveva tempo per cercare di
risolvere il mistero, Arthur poteva lottare per la propria vita in
quello stesso momento. Doveva
sbrigarsi.
Perciò
non aveva sprecato un secondo,
incurante dei richiami di Gwaine o di Lancelot o di chiunque altro,
aveva sellato il proprio
cavallo ed era
partito.
Non aveva
bisogno di armi o provviste.
Doveva solo
trovare Arthur.
Possibilmente
vivo.
Merlin
pregò con tutte le sue forze di
arrivare in tempo, la sua magia ed ogni scorciatoia che conosceva, lo
aiutarono ad arrivare al
luogo
dell’appuntamento il prima
possibile.
Per fortuna era
stato Lancelot a
scegliere la radura nella quale si sarebbero incontrati, altrimenti
avrebbe dovuto cercare il principe alla
cieca.
Merlin non
voleva sapere come sarebbe
finita in quel caso.
Fu la familiare
voce di Morgana a farlo
fermare, con le redini strette fra le mani e il respiro fermo in gola.
Il mago scese da
cavallo e si avvicinò
lentamente alla radura, giusto in tempo per vedere il principe cadere
esanime a terra.
Morgana gli dava
le spalle, intenta
com’era ad osservare il suo operato.
Furente ed
oltraggiato, Merlin la vide
alzare la mano verso il principe e prepararsi a dargli il colpo di
grazia.
Senza attendere
oltre, tese la mano
verso di lei, la forza della sua magia la colpì in piena
schiena
facendola gridare e gettandola a terra.
Purtroppo non
durò neppure il tempo
sufficiente per controllare che il principe stesse bene.
Morgana si
rialzò, spolverandosi il
vestito senza mostrare alcun timore.
“Guarda chi è venuto a salvare il
suo principe, il cagnolino traditore” gli disse
“Uno stregone,
che sorpresa. Anche se a pensarci bene,
ha un
senso”.
“Vattene
Morgana” sibilò con
rabbia, il palmo teso verso di lei, pronto a colpirla, se avesse
cercato di ferire ancora Arthur.
“Pensi
che ti perdonerà? Pensi che
ti accetterà per quello che sei?” gli chiese
canzonandolo “Ti
ucciderà, ecco cosa farà, e ti
dimenticherà in fretta, come un
servo qualunque”.
Merlin scosse la
testa, sapeva che
stava solo cercando di manipolarlo “Lui non è
così” disse con
convinzione “Potrebbe odiarmi,
imprigionarmi,
forse esiliarmi, ma
quando gli spiegherò ogni cosa, sono certo che
capirà”.
“Povero
illuso” rise la strega
“Sarà divertente, Merlin”
indietreggiò sorridendo maligna
“Vederti bruciare”.
Un incantesimo
dopo era svanita nel
nulla, lasciando il mago solo nel bosco col principe.
Con gambe
tremanti, Merlin quasi corse
da lui, trovandolo ancora privo di sensi.
Subito
controllò il battito del suo
cuore, premendogli due dita sul collo e sospirò sollevato
scoprendolo ancora vivo.
Il corpo di
Arthur era rimasto a terra,
abbandonato in un groviglio di rami secchi, senza foglie.
Con un gemito di
panico, di dolore, il
mago si lasciò cadere al suo fianco.
Il cuore gli
rimbombava ancora nelle
orecchie, l'adrenalina gli scorreva nel sangue.
C'era andato
così vicino. Troppo.
Un attimo dopo e
Arthur sarebbe stato...
“Idiota”
mormorò “Sei un
grandissimo idiota” ripeté per poi cadere in
silenzio.
Le mani tremanti
trovarono il viso
dell'altro, ne tracciarono i
contorni esitanti, impaurite,
fino a trovarne il respiro. Caldo e
regolare,
vivo.
Merlin
esalò e sorrise, un singhiozzo
gli uscì dalla gola.
Si
tappò la bocca pur di fermarsi, ma
era già troppo tardi.
Si
strofinò gli occhi per cancellare
il calore che sembrava avvolgerli, ma le lacrime cominciarono a
scendere una dopo l'altra. In un
silenzioso
quanto doloroso sfogo.
Arthur poteva
essere...
E tutto a causa
sua.
Tutto per i suoi
sbagli, per i suoi
segreti.
Merlin si
sentiva perso sotto il peso
di un'immensa colpa.
Rimase
lì seduto, a piangere in
silenzio, mentre l'ignaro principe dormiva su un fianco, una guancia
premuta sul terreno, le gambe
contro il petto
e un braccio piegato
accanto al viso, col palmo rivolto verso l'alto.
Non sapeva per
quanto tempo fosse
rimasto lì seduto, ma quando si asciugò le
guance, il sole era già
tramontato e l'aria si era fatta più
fredda
facendolo rabbrividire
nella giacca.
Qualcuno gli
toccò una spalla
facendolo sobbalzare, voltandosi Merlin incontrò gli occhi
sgranati
di Arthur.
“Merlin”
mormorò il principe con
voce roca “Cos'è successo?” gli chiese
confuso, i vestiti
spiegazzati e i capelli arruffati, sentì
l'impulso di
abbracciarlo e
gridargli contro allo stesso tempo.
“Dov'è
Morgana?” saltò su a
sedersi e subito al mago tornò la voglia di piangere.
Perché
ancora una volta aveva fallito.
Aveva permesso a
Morgana di scappare,
di scomparire nel nulla, e Arthur avrebbe sofferto
di nuovo.
In tutta
risposta scosse il capo,
l'espressione del principe fu sufficiente a fargli distogliere lo
sguardo e nascondere il viso tra le ginocchia
per la vergogna
e il
rimorso.
Arthur rimase a
lungo in silenzio,
assorto nei suoi ricordi. Probabilmente pensando a quanto inutile e
idiota fosse Merlin.
“La
ritroveremo” mormorò infine
con decisione. Il mago annuì nonostante volesse gridargli di
aprire
gli occhi, di lasciar perdere prima
che Morgana
riuscisse ad ucciderlo davvero.
“Ma
lei...” continuò con voce
incerta, quasi rotta “Lei non è più
quella di prima, Merlin”.
Il servo non
rispose. Lo sapeva fin
troppo bene.
Aveva assistito
all'orribile
trasformazione della donna giorno per giorno.
“Non
credo sia in grado di amare
nessuno ormai, né di tornare da noi”
finì in un sussurro “O
da te” aggiunse dopo un battito e Merlin
alzò
il capo
sorpreso.
Arthur lo
fissò dritto negli occhi,
con una convinzione tale da farlo tremare
“La cercherò, lo sai, fino alla fine dei miei
giorni se sarà
necessario...”
E
sarà la tua fine avrebbe
voluto rispondergli, ma la determinazione del principe, la sua
sicurezza, gli impedivano di interromperlo.
“Ma
anche se la riportassi indietro
con la forza, temo non cambierebbe nulla” concluse il
principe
voltando il viso verso il cielo e
chiudendo gli
occhi.
Il cuore di
Merlin parve spezzarsi di
fronte a quel dolore, avrebbe voluto piangere anche per il suo
principe, ma era così debole da non
poter fare
nulla. Neppure
consolarlo.
“Dimenticala,
Merlin” gli arrivò
il sussurro di Arthur.
La voce tanto
bassa e soffice che, se
non fosse stato per quello sguardo di nuovo su di sé, Merlin
non
avrebbe creduto di averlo
sentito.
“Dimenticati
di lei, non ti ha mai
meritato” continuò più in fretta. Come
se temesse di perdere il
coraggio per dire quelle cose.
Merlin rimase a
guardarlo incredulo,
quasi incantato, mentre le sue mani si avvicinavano al proprio volto
e tutto il corpo del principe
sembrava farsi
più vicino
trasmettendogli il suo calore.
Non
capì cosa stesse accadendo, troppo
confuso dalle parole e dai suoi gesti, finché le braccia di
Arthur,
calde e confortanti come le
aveva sempre
immaginate, si posarono
sulle sue spalle, attorno
alla sua schiena e il viso del principe si perse nell'incavo del
suo collo.
La sua pelle ad
un soffio dalle labbra
dell'altro.
Arthur lo stava
abbracciando.
Merlin trattenne
il fiato, incapace di
muoversi per paura che quell'attimo perfetto potesse svanire da un
istante all'altro.
“Io
non ti avrei mai fatto una cosa
simile, non ti avrei mai ferito” disse contro il suo orecchio
e
allora, nel gemito sorpreso di Merlin, le
labbra di
Arthur lo accarezzarono.
Un tocco
così lieve che, se non fosse
stato per il calore capace di emanare, Merlin avrebbe creduto di aver
sognato.
Ma era accaduto,
e il servo trasalì da
capo a piedi sentendo il viso diventare
paonazzo.
Un pozzo di fame
e desiderio sembrò
aprirsi nel suo stomaco, qualcosa di insaziabile che gli gridava di
muoversi e stare fermo allo
stesso tempo,
ma che sfortunatamente,
Merlin non riusciva a capire.
Prima che
potesse reagire in qualunque
modo, il principe si era già allontanato
“Mi dispiace” gli disse rimettendosi in piedi.
“Arthur?”
provò a fermarlo, a
richiamarlo a sé. Perché la sua pelle era troppo
fredda senza di
lui e il suo cuore batteva troppo
lentamente.
“Non
accadrà più, ti do la mia
parola” promise in fretta, senza guardarlo, dandogli le
spalle.
E Merlin lo
osservò scappare, incapace
di spiegarsi cosa fosse accaduto o perché il suo cuore si
fosse
stretto tanto dolorosamente a
quelle ultime
parole.
Tbc
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** Cap.6:Silenzio ***
Ecco
il seguito!
Grazie
ad elfin emrys
per aver commentato tutti i capitoli della storia!
Spero
ti piaccia!xDD
E anche se in ritardo, buon anno
a tutti!xDD
Cap.6:
Silenzio.
Era difficile da
spiegare, quello che
provava.
Era stato come
accendere una candela in
una stanza completamente buia.
Solo che non si
era mai accorto di
quanto fosse buio intorno.
Le labbra di
Arthur sulla sua pelle
avevano risvegliato una fame che non sapeva neppure di poter provare, e
questo lo spaventava a
morte.
Merlin non aveva
mai desiderato nulla
con la stessa intensità.
Aveva creduto di
amare Freya, questo
sì. E il suo sentimento era stato vero e puro.
Aveva voluto
proteggerla dal mondo,
curare le sue ferite, parlarle per ore.
Quello che
provava per Arthur non era
affatto puro.
Quando pensava a
lui, vedeva solo le
sue labbra, le sue mani, parlargli era il suo ultimo pensiero. Non
voleva affatto parlargli.
E lo spaventava.
Perché
non sapeva cosa fare, come
reagire.
Perché
lui era un servo, un mago, un
ragazzo e Arthur era... Arthur.
Ma per quanto si
ripetesse che sarebbe
passata, che presto avrebbe dimenticato ogni cosa, stare da solo col
principe diventava ogni
giorno
più difficile.
Quando lo
aiutava a cambiarsi o lo
preparava per la notte, quando poteva sfiorare la sua pelle,
ricordava le sue labbra e il suo
abbraccio e
diventava sempre più
difficile controllarsi, impedirsi di fare qualcosa di stupido, di
chiedergli qualcosa di altrettanto idiota.
Soprattutto
perché ancora non capiva
cosa voleva.
Era attrazione?
Era, osava pensarlo,
amore?
Per
il primo Arthur lo avrebbe canzonato, ma per il secondo? Non era
certo di volerlo scoprire.
E c'era il
fattore Gwen da considerare.
Lui meglio di
tutti sapeva quanto il
principe l'amasse, non era giusto rovinare la loro amicizia per il
proprio egoismo.
E comunque il
principe si comportava
come se nulla fosse accaduto, come se nulla fosse cambiato. Forse era
davvero così.
Arthur era
stato
scosso, confuso dall’assalto di Morgana, aveva reagito senza
pensare. Per quanto ne sapeva, poteva aver pensato a
Gwen in quel
momento e non al suo servo.
Non era colpa
sua se, quel semplice
gesto, aveva risvegliato quell'infinito pozzo di avidità in
lui.
Se adesso non
passava un solo istante
senza pensare al principe, senza guardarlo, senza ricordare
com’era
stato sentirne il calore.
Sentire le sue
labbra sul collo, il suo
fiato, il battito del suo cuore contro il petto.
Merlin stava
lentamente impazzendo. E
per questa malattia non c’era alcuna cura, purtroppo.
“Merlin,
hai preparato la mia
armatura come ti ho detto?” l'improvvisa voce del principe lo
spaventò, l’elmo che stava finendo di
lucidare
ruzzolò sul
pavimento dell’armeria con un orribile suono, il mago
sperò
vivamente che non si fosse ammaccato o avrebbe
dovuto
ricominciare
tutto daccapo.
In genere
svolgeva quel compito da
Gaius o nelle stanze del principe,
era un compito lungo e noioso, per il quale preferiva trovarsi in
compagnia,
poter parlare con qualcuno e far passare più in fretta il
tempo, ma Gaius stava visitando una famiglia del villaggio
quella
sera e
Arthur... le sere passate tranquillamente davanti
al camino del principe era finite, purtroppo.
Il principe
sospirò e si chinò per
raccogliere l’elmo dal pavimento.
Merlin si
voltò, ma il suo sguardo si
fermò all’altezza del collo del principe. Per
qualche ragione gli
risultava difficile fissarlo dritto in
viso dal giorno
in cui avevano
rivisto Morgana.
“Stavo
giusto finendo, sire”.
“Perché
sei chiuso qui dentro?”
chiese il principe senza dare
cenno
di volergli restituire l’armatura.
“Dove
dovrei essere?” finse di non
capire Merlin.
Arthur si
avvicinò allo sgabello sul
quale si era seduto e posò l’elmo accanto agli
altri pezzi
dell’armatura osservandola con le labbra
arricciate.
Non parlavano
più molto ormai. In fondo era normale, a cominciare le
loro conversazioni era sempre stato
Merlin e adesso che
perfino
lui si
ritrovava senza parole, tutta la loro amicizia
sembrava sull’orlo un
precipizio.
Per quanto lo
ferisse saperlo, Merlin
non riusciva a trovare una soluzione, la cosa peggiore era sapere che
il proprio inspiegabile rifiuto,
stava ferendo
anche Arthur.
Arthur,
che aveva l’animo più nobile che conoscesse, che
era incapace di fidarsi degli altri se non dopo molto tempo, che si
nascondeva dietro alla sua nobiltà per nascondere la sua
incapacità in tutte le questioni di amore e amicizia.
Arthur, che non
meritava affatto il suo
meschino comportamento.
Lo vedeva ogni
volta che si allontanava
dal suo tocco, che ne evitava lo sguardo, che fingeva di non sentirlo
chiamare in un corridoio,
il principe non
capiva cosa stesse
accadendo né il perché.
Ovviamente non
voleva chiederlo per
imbarazzo, per paura di spezzare quel perfetto equilibrio di
cui sembravano prigionieri loro malgrado. Per paura di peggiorare le
cose forse.
“Merlin…”
mormorò l’altro e il
tono era così strano su
quelle
labbra che
stavolta Merlin
non poté fare a meno di fissarlo negli occhi.
Fu come uno
schiaffo in pieno volto
vedere il dolore che stava provocando al suo principe senza volerlo.
Arthur
sembrò sul punto di dirgli
qualcosa, ma quando incontrò i suoi occhi, scosse la testa
“Vai a
prepararmi un bagno caldo” disse
invece,
incrociando le braccia sul
petto e voltando il capo.
Il mago
annuì, pensando in fretta a
qualcosa da dire, qualcosa che li salvasse, che proteggesse quello
strano legame che li aveva
sempre tenuti insieme,
ma la sua mente
rimase assolutamente vuota.
Sentendosi
sconfitto, chinò il capo e
se ne andò in silenzio.
Ci volle quasi
una clessidra per
portare l’acqua necessaria alle stanze del principe. Era la
prima
volta che lo faceva senza alcun aiuto da
parte della
magia e adesso
capiva perché Arthur sembrava sempre così
stupito, quando preparava
i suoi bagni.
Evidentemente i
servitori precedenti
non avevano le sue stesse ‘doti’ a rendere tutto
più veloce.
Purtroppo,
questo rendeva anche più ovvio ad entrambi come Merlin
cercasse di
evitare il più possibile di ritrovarsi per troppo tempo
solo col
principe.
Cosa che
sembrava iniziare ad irritare
Arthur.
“È
pronto?” sbottò dopo averlo
seguito con lo sguardo per quasi tutto il tempo, seduto sul bordo
del letto.
“Ancora
un istante, sire” mormorò
Merlin rovesciando l’ultimo secchio di acqua calda nella
vasca del
principe e controllandone la
temperatura con
le dita
“Perfetto” si congratulò con se stesso.
“Non
ci hai mai messo così tanto
prima, Merlin. Non starai per caso
peggiorando?” brontolò
sarcastico Arthur togliendosi la tunica e
gettandola sul
letto.
Sotto gli occhi
sgranati di Merlin, che
si era voltato per
dare una degna
risposta al suo reale sarcasmo, il principe si
spogliò del
tutto
lasciando
cadere i pantaloni a terra e
fissandolo come volesse sfidarlo a dire qualcosa.
Il
mago avrebbe davvero voluto chiedergli cosa credeva di fare, ma alla
vista di Arthur
completamente nudo in mezzo alla stanza, la
bocca gli si
seccò
completamente.
Non era la prima
volta che lo vedeva
così, d'altronde era il suo servo.
Lo aiutava a
cambiarsi almeno due o tre
volte al giorno e, quando era ferito, capitava che lo aiutasse ad
entrare ed uscire dalla vasca,
ma quello...
era del tutto diverso.
Non era certo di
poter sopportare
quella vicinanza proprio ora.
Ora che la sua
mente era così in
tumulto e la sola vista quell'infinita pelle dorata faceva
strane cose al suo respiro e al suo battito
cardiaco.
Ignaro del suo
sconforto, o solo
volutamente sadico, Arthur si immerse nell'acqua calda con un lungo
gemito, Merlin quasi scappò dalla
stanza.
”Non
startene lì impalato, lavami la
schiena” gli ordinò secco e il servo strinse gli
occhi maledicendo
la sua sfortuna
“Come?”
gracchiò
a denti stretti.
“La
schiena, ho un braccio
indolenzito dall’allenamento” Arthur lo
guardò come se non
capisse cosa ci fosse di tanto strano nella sua
richiesta ed in
effetti non c'era nulla che non andasse, a parte il fatto che Merlin
pensava di poter svenire da un momento all'altro. O
saltare addosso
al principe.
Entrambe le cose
non sarebbero finite
molto bene “Non- sarebbe meglio chiamare qualcun
altro?”
“No”
disse il principe porgendogli
un panno “O c’è qualche motivo
particolare per cui non vuoi
toccarmi?” la voce del principe si fece
più
secca, più irritata e
Merlin trasalì.
Sapeva di
trovarsi molto vicino ad una
vera sfuriata da parte dell'altro, ma tutta quella situazione era
diventata insostenibile. Era come
avere un mostro
al centro della
stanza che entrambi fingevano di non vedere solo per non parlarne.
Non potevano continuare così.
Merlin scosse il
capo afferrando il
panno con mano tremante, preda del panico più assoluto. Non
appena
le sue dita toccarono la
stoffa,
però, la mano del principe si
strinse attorno al suo polso con forza.
Merlin gemette
in parte per lo stupore,
in parte per il piacere del contatto con la pelle dell'altro e chiuse
di nuovo gli occhi per sfuggirgli.
“Se
è per quello che è accaduto, mi
sono già scusato, Merlin. Pensavo fossimo
d’accordo di dimenticare
l'intera faccenda”.
Il mago
avvertì un vago tremore nella
voce dell’altro, ma forse si sbagliava.
Sentendosi
improvvisamente nauseato, il
mago si morse il labbro per non gridargli contro.
“Avete
fatto tutto da solo, sire”
rispose con tono risentito, amaro “Non mi avete chiesto
nulla”.
Si
pentì subito di averlo detto. Di aver rivelato all'altro
quanto
patetico fosse diventato dopo un solo misero gesto di affetto.
Dopo
un abbraccio senza valore che il principe aveva subito rinnegato, ma
ormai era lì. In piena luce. Il suo patetico
bisogno.
La sua fame
ignobile.
“Che
intendi dire?” chiese Arthur
e, di fronte al suo silenzio, la presa sul suo polso si strinse fin
quasi a fargli male.
“Solo
che non potete…” sussurrò
Merlin spalancando gli occhi e fissandolo dritto in viso,
un viso segnato
dalla confusione e dalla
rabbia.
Con un respiro
prese fiato e si strappò
alla sua presa
“Non
potete fare quello che avete fatto e sperare che tutto sia come
prima, non
funziona
così. Non può funzionare
così” sibilò
alzandosi in piedi, troneggiando su Arthur forse per la prima
volta da quando lo aveva
incontrato.
“Perciò
continuerai ad evitarmi per
sempre?“ quasi gridò l'altro “Era
solo… non so neppure io cosa
fosse, Merlin! Non significava
niente! È
stato solo uno sbaglio!”
E il mago desiderò di
poter tornare
ad ignorare ogni cosa, a
fingere che nulla fosse cambiato, ma quel dolore
sordo e intenso che le
parole di
Arthur gli avevano
appena provocato, non gli avrebbero permesso quel conforto.
Tutto
perché Arthur aveva agito da
asino, come sempre. Senza pensare a nessuno, oltre a
se stesso.
Aveva bisogno di
conforto e lo aveva
preso da Merlin, senza neppure chiedergli il permesso.
Senza
preoccuparsi di ciò che avrebbe
risvegliato, di ciò che avrebbe provocato e calpestato.
Non avrebbe
dovuto stupirsi di questo.
Era normale in fondo.
Arthur era un
principe e Merlin un
servo. Per quanto lo capisse, niente poteva cambiare il fatto che
fosse ferito.
“Posso
andare adesso?” chiese in un
bisbiglio tremante, chinando il capo perché aveva esaurito
sia forza
che coraggio ormai.
Arthur lo
osservò in silenzio, forse
cercando una scusa per trattenerlo, forse contemplando quanto fosse
patetico il suo servo.
Infine, con un
sospiro che suonava
tanto come una sconfitta, gli
disse
di andare.
Merlin
sentì come se quella corda, che
li aveva sempre tenuti uniti, si fosse spezzata per sempre.
Tbc
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Confessioni ***
Eccoci!
Il prossimo sarà l'epilogo!
Mi
scuso per il ritardo, ma come forse ho già detto sto
cercando di laurearmi e sono presa dagli ultimi esami e la tesi, quindi
il tempo per scrivere e pubblicare è quello che è
purtroppo!T__T
A
parte questo, ieri notte sono stata folgorata da una mezza idea, il
tema l'ho visto spesso nel fandom, ma personalmente non mi ha mai
convinto(del resto non mi convincevano neppure le modern e ho scritto
ripetizioni:P) perciò ho deciso per una specie di piccolo
sondaggio:
Che
ne pensereste di una storia in cui Merlin è in
realtà una ragazza?? Non come frutto di un incantesimo ecc,
ma proprio una ragazza vera e propria che si finge maschio (ai motivi
ci penserò se mai l'idea avrà un seguito:PP), le
dareste una possibilità o la evitereste come la peste????xDDD
Cap.7: Confessioni
Arthur
colpì con un pugno il tavolo. I
piatti che contenevano la sua cena vibrarono, il vino nel calice
traboccò oltre il bordo scivolando
sul legno lucido e creando una
piccola pozza.
Il
principe la fissò con odio prima di
passare un braccio sul tavolo e gettare tutto ciò che
c’era sopra,
vassoi e posate, sul pavimento.
Il
tonfo riecheggiò per
tutta la stanza.
Ancora
non bastò a farlo sentire
meglio.
Quattro
anni.
Quattro
dannati anni passati a
nascondersi, per non rovinare ogni cosa, e un solo maledetto attimo di
debolezza aveva cancellato tutto.
Merlin
lo odiava, provava ribrezzo e
Arthur non sapeva cosa fare, cosa dire, per rimettere insieme i cocci
della loro amicizia.
Non
lo aveva mai visto così
spaventato, così arrabbiato, come quando era uscito dalle
sue stanze
per andare a nascondersi da Gaius.
Probabilmente
era ancora rintanato lì.
Con
un sospiro Arthur fissò la macchia
di vino versato allargarsi sul pavimento.
“Sire,
state bene? Ho sentito…”
la guardia piombata nella sua stanza si fermò, posando lo
sguardo
sul disastro che era diventata la sua
stanza.
Il
principe quasi arrossì per
l’imbarazzo, colto come un bambino nel
bel mezzo di una crisi isterica, perfetto.
“Sono
solo inciampato” mormorò
“Chiama il mio servo, che venga a ripulire questa
roba” ordinò
incrociando le braccia sul petto “E
digli che non accetto alcuna scusa, di nessun
tipo” chiarì in tono severo.
La
guardia annuì prima di uscire, non
era raro che principe e servo avessero qualche incomprensione, la
richiesta non sarebbe
suonata
strana a nessuno.
Sospirando
Arthur gettò un altro pezzo
di legno nel camino per riattizzare
le fiamme, non
sapeva nemmeno lui perché lo aveva fatto
richiamare.
Non
c’era niente che potesse dire per
cambiare le cose, Merlin
gli aveva fatto capire chiaramente che non poteva dimenticare
ciò che
era accaduto, ciò che Arthur aveva fatto.
Iniziava a
chiedersi se non fosse meglio dire la verità e mettere fine
a tutta
quella storia.
Non
si faceva illusioni, sapeva bene
che Merlin non avrebbe mai accettato i suoi sentimenti, né
tanto meno
li avrebbe ricambiati, ma
forse avrebbe capito che non si era preso
gioco di lui, che non voleva approfittarsi del suo servo in alcun
modo.
O
forse lo aveva già capito. Forse
aveva già chiari i sentimenti di Arthur ed era proprio
questo a
disgustarlo.
Forse
sarebbe stato meglio restare in attesa,
sperare che le cose si risolvessero da sole. Che Merlin trovasse la
volontà di perdonarlo e
dimenticare tutto, come aveva sempre fatto.
Il
principe lo sperava, perché non poteva
immaginare la propria vita senza
il
servo al suo fianco.
La
guardia si affacciò nuovamente
alla porta
con aria turbata
“Sire?”
Non
vedendo Merlin, il principe quasi
gridò per la rabbia e la frustrazione, cosa doveva fare?
Pregarlo in
ginocchio di tornare da lui?
“Dov’è
Merlin?” chiese digrignando i denti.
“Alla
taverna con sir Gwaine, sire.
Pare siano entrambi molto ubriachi e senza il denaro per pagare il
conto. L’oste chiede di voi, sire”.
La
guardia sembrò imbarazzata dal rivelargli quelle
informazioni. Se per il fatto che un cavaliere tenesse
quel comportamento o che un
servitore si prendesse simili libertà,
Arthur non lo sapeva. In entrambi i casi sarebbe stato sulla bocca di
tutti il giorno dopo.
Sospirando,
il principe prese la giacca ed uscì.
Chiaramente
Merlin aveva deciso di
farlo impazzire.
A
pensarci bene, era la prima volta che
vedeva Merlin ubriaco.
Certo,
l’aveva portato in una taverna
più di una volta, e il suo servo non disdegnava mai un
boccale di
sidro o di birra, soprattutto se a
pagare era il principe, ma non
andava mai oltre i suoi limiti. Come se temesse di lasciarsi andare a
chissà quali imbarazzanti confessioni
sotto l’influsso dell’alcol.
Questo
non significava che non si fosse
mai chiesto come sarebbe stato vederlo inebriato.
Incapace
di reggersi sulle gambe e
tutto risatine e battute idiote.
Oppure,
visto che quello era il suo
stato da sobrio, forse l’avrebbe visto arrabbiato. O triste.
Quelli
erano gli ubriachi peggiori,
rifletté il principe con un tremito.
In
genere passavano la sera a
raccontarti le loro sfortune e a piangerti sulla spalla fino ad
addormentarsi, per poi dimenticare
ogni cosa
l’indomani.
Davvero terribile.
Infine
c’erano quelli che perdevano
ogni logica e parlavano a ruota libera.
Più
di una volta, Arthur si era
domandato che genere di ubriaco potesse essere Merlin.
Avrebbe
dovuto immaginare che, essendo
la seccatura che era, il servo non appartenesse a nessuna di queste
categorie. Il suo stato era
un miscuglio di tutte
in effetti.
Quando
era arrivato alla taverna,
l’oste, e perfino alcuni dei clienti, lo avevano guardato con
un
certo sollievo.
Gwaine
si era già addormentato sotto
ad un tavolo, un calice vuoto ancora stretto tra le mani.
Merlin
invece era seduto su uno
sgabello dal bancone, intento in una profonda conversazione…
con un
barile.
Arthur
sospirò passandosi una mano tra
i capelli. Ovviamente il suo servo doveva essere un chiacchierone
anche dopo aver ingurgitato
chissà
che cosa.
“Sire,
non avrei voluto chiamarvi a
quest’ora, ma il vostro servo ha già bevuto
più di quanto
potrebbe permettersi un cavaliere e gli
altri clienti iniziano ad
essere disturbati dal suo…” l’uomo
s’interruppe facendo
scivolare lo
sguardo verso Merlin,
che nel frattempo
aveva messo
un braccio attorno al suo ‘compagno’ e adesso
rideva di gusto.
Il
principe non sapeva se deriderlo o
picchiarlo.
“Hai
fatto bene” gli disse slacciando una piccola borsa di monete
d’oro
dalla sua cintura e consegnandola all’uomo “Spero
che questi
bastino per entrambi” fece cenno verso la forma
priva di sensi di Gwaine.
L’oste
annuì soddisfatto
“Grazie, sire” disse con un sorriso
sdentato tornando a pulire il
bancone ed ignorando completamente il servo
che, cercando di bere dal suo boccale, era riuscito a svuotarselo in
faccia.
Voltando
gli occhi al cielo, Arthur gli
posò una mano sulla spalla “Merlin,
credo che tu abbia bevuto abbastanza” gli disse.
In
tutta risposta il servo si voltò
verso di lui e si posò un dito sulle labbra
“Shhh… Arthur non deve sapere che sono
qui” gli disse
sussurrando.
Il
principe sorrise scuotendo il capo “Non glielo diremo allora,
ma dobbiamo andare prima che ti veda
qui”.
Afferrandolo
sotto a un braccio, Arthur
lo costrinse ad alzarsi e lo trascinò fuori dalla locanda,
quasi di
peso.
Una
volta lontano da occhi indiscreti,
si passò il braccio di Merlin intorno alle spalle,
cominciando il
lento viaggio verso il palazzo.
“Che cosa vuole quel babbeo? Ho
finito i miei lavori” brontolò poco dopo.
“Non
mi hai portato la cena e non hai
più soldi per comprarti da bere. Detto questo, domani
parleremo
della tua irritante abitudine di
spendere i miei soldi alla taverna”
lo rimproverò il principe.
A
quelle parole Merlin s’imbronciò,
continuando ad aggrapparsi ad Arthur per non cadere, ma restando
stranamente in silenzio per
tutta la strada.
Solo
quando arrivarono al corridoio che
li avrebbe portati da Gaius e, invece di andare nella giusta
direzione, Merlin proseguì in
silenzio verso le stanze del principe,
Arthur cercò inutilmente di farlo ragionare
“Hai sbagliato strada” gli disse, tirandolo dalla
parte
opposta.
Merlin
lo guardò come se fosse stupido
e ridacchiò, Arthur giurò a se stesso che
l’avrebbe ridicolizzato
all’infinito per quella risatina da
ragazzina.
“Ma
io non vado da Gaius, vado dal
principe” gli spiegò come fosse un bambino
“Devo spegnere le
candele” gli disse annuendo e
proseguì barcollante, senza voltarsi
indietro.
Passandosi
una mano sul viso, Arthur lo
raggiunse e lo aiutò a proseguire. In qualunque stanza
volesse
andare, sperava che si
addormentasse in fretta.
Non
credeva fosse possibile, ma da
ubriaco il suo servo era ancora peggio che da sobrio.
Una
volta entrato nelle stanze del
principe, Merlin venne finalmente sopraffatto dalla stanchezza.
Arthur
lo abbandonò sul letto e si
massaggiò la spalla dolorante, nonostante apparisse magro,
non era facile trascinarselo dietro.
“Non
dire ad Arthur che ho bevuto”
lo supplicò aprendo gli occhi arrossati e stanchi
“Si arrabbierà, non voglio che si
arrabbi ancora di
più”.
“Terrò
il tuo segreto, Merlin”
sorrise Arthur andando a sedersi vicino a lui e togliendosi gli
stivali.
“Perché
credi che Arthur sia arrabbiato con te?” gli
chiese dopo un attimo di silenzio, Merlin non rispose, forse non lo
aveva neppure
sentito ubriaco com’era.
Il
principe decise di togliergli le scarpe e
la giacca per farlo stare più comodo, dubitava che sarebbe
riuscito
a riportarlo al suo letto in
quelle condizioni.
“Arthur
è cattivo” arrivò la
risposta, il principe lo guardò corrugando la fronte.
“Ah,
sì?” chiese sentendosi
stranamente divertito dall’intera conversazione “E
perché?”
Merlin
sospirò “Non glielo dirai?”
si voltò su un fianco e lo fissò implorante,
Arthur quasi rise “Ti do la mia parola” promise.
“Perché
è bello, caldo…
e ha un
buon odore. Lo sai che ha un buon odore? Anche dopo essersi allenato
tutto il giorno, non è davvero
giusto da parte sua. E io non lo
sapevo neanche, finché non l’ho sentito. È
davvero un pessimo principe, mi fa
sentire tutto... strano
e
poi-
poi fa
finta di niente. Mi dice di dimenticare tutto. Non pensi sia un pessimo
principe?”
Arthur
lo guardò con occhi e bocca
spalancati, tra tutte le cose che si aspettava di sentire quella non
era nemmeno in lista. Col cuore
improvvisamente in gola, cercò di
formulare mille domande prima che la sua mente si concentrasse su un
altro pensiero
“Che
intendi
dire con strano?”
“Non
lo so” corrugò la fronte
Merlin “Strano”
ripeté come se fosse ovvio “Un buon
principe non farebbe così”
s’imbronciò e, di
fronte a
quell’espressione, Arthur quasi lo baciò.
Strano non era
certo la dichiarazione che avrebbe sperato,
ma significava qualcosa.
Merlin
non era rimasto indifferente, aveva reagito al suo bacio, al suo
abbraccio e non con disgusto come immaginava. Certo, era
ubriaco, ma aveva detto che aveva un buon odore, forse nella strana e
semplice mente di Merlin significava che era attratto da lui.
Arthur
si sentì mozzare il fiato in
gola a quel pensiero, osava sperare?
“E
cosa farebbe un buon principe invece?”
gli chiese con voce tremante.
Il
servo lo fissò a lungo in silenzio,
come se la risposta fosse un problema molto complesso da risolvere.
Alla fine gli fece cenno di
avvicinarsi, Arthur non se lo fece
ripetere due volte sdraiandosi su un fianco e avvicinandosi al suo
servo.
“Dovrebbe
baciarmi di nuovo…”
mormorò “Proprio qui” indicò
un punto poco sotto l’orecchio,
dove le labbra di Arthur lo avevano
sfiorato solo pochi giorni prima
“Per darmi la possibilità di capire, di sapere
se... se mi farebbe sentire di nuovo
così…”
sospirò alla
ricerca della parola giusta “Strano”
ripeté.
Gli
occhi del principe fissarono affamati la pelle bianca e
tenera che Merlin aveva indicato, ricordandone il sapore, il calore,
quasi
leccandosi le labbra al pensiero
di esaudire il desiderio del servo. Se lo avesse voluto, Arthur lo
avrebbe baciato ovunque per farsi dire
cosa provava.
Ma strano non era
sufficiente. Doveva avere di più
prima di concedersi il lusso di averlo.
Maledicendo
il suo servo per essere ubriaco e incomprensibile, il principe
lo fissò in viso “Intendi dire a
disagio?” gli chiese “Ti ha
dato
fastidio che ti toccasse in quel modo?”
Per
suo sollievo, Merlin scosse la testa “No”
mormorò “Ed
è questo il problema, no? Avrei
dovuto sentirmi così… e
invece…”
le sue
guance si tinsero lievemente e Arthur sentì di nuovo il
battito accelerargli nelle vene.
Merlin
chiuse gli occhi e rimase in
silenzio “Invece?”
lo esortò il principe temendo che si fosse addormentato.
Il
servo spalancò gli occhi,
fissandolo quasi con stupore, come se non ricordasse di essere con
lui
“Strano…”
ripeté per l’ennesima
volta, Arthur quasi gridò per la frustrazione
“Come se avessi
sempre fame, ogni volta che lo vedo,
tanta fame, ma anche se mangio
ne voglio di più. È
stupido, così stupido… ed è colpa sua.
Prima non
ero così affamato. Non ci ho
neppure mai pensato” gli spiegò in un sussurro.
Col
cuore in gola e mani tremanti,
Arthur studiò il viso di Merlin, le pupille dilatate, le
guance
arrossate dall’alcol, e sentì di volerlo
baciare, stavolta sulle
labbra “Vuoi che Arthur ti baci di nuovo?” disse
avvicinandosi
ancora, fino a sentirne il respiro sul viso.
Quando
Merlin annuì sospirando, il
principe smise di controllarsi e, tutto ciò che aveva
provato e
desiderato negli ultimi anni, tutto ciò
che aveva sognato e voluto,
divenne improvvisamente possibile.
La
sua bocca affamata divorò quella
dell’altro e, quando sentì Merlin rispondergli,
gemette e strinse le
mani tra i suoi capelli.
Le
mani di Merlin caddero sul letto,
stringendo le coperte fin quasi a strapparle e Arthur scese a
baciargli il collo, strofinando la bocca
in quel punto, quel meraviglioso punto sotto
all’orecchio, che aveva dato inizio a tutto. Morse la pelle
candida,
la leccò e la
baciò fino a
renderla piacevolmente rossa e
livida.
Strappò
i lacci della sua tunica e fece
scivolare le mani sotto di essa gemendo al contatto con la pelle
fresca e soffice del suo servo,
gloriandosi del momento come un uomo
affamato davanti ad un banchetto.
I
suoi occhi cercarono quelli di Merlin
aspettandosi la passione, il desiderio, il permesso di andare oltre,
ma l’altro si era addormentato.
Stavolta
per davvero.
Arthur
lo guardò in silenzio, frustrato e deluso, quasi tentato di
risvegliarlo con uno scossone e obbligarlo a finire quello che avevano
cominciato, ma in fondo era meglio così. Non voleva che la
loro prima notte fosse frutto di una birra di troppo. E nemmeno che
Merlin
se ne pentisse o si nascondesse dietro il suo stato d'ebrezza.
No,
Arthur aveva Merlin esattamente dove voleva adesso e non lo avrebbe
fatto scappare mai più.
Con
un sorriso si accontentò di
passargli un braccio sulle
spalle e li
coprì entrambi con una coperta.
Avrebbero
avuto modo di continuare
l’indomani. Questo era certo.
Tbc
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Epilogo ***
Eccolo
qui! Con questo si conclude anche questa storia!^^
Chiedo
di nuovo scusa a tutti per il ritardo, dal lato positivo c'è
che oggi ho dato il mio ultimo esame!!! Finalmente!!!^^
Come
sempre ringrazio tutti coloro che hanno letto e commentato, aggiunto
tra i preferiti e tra le ricordate!^^
Un
grazie a SilviAngel,
elfin emrys e chibisaru81 per aver commentato lo scorso
capitolo!!!^^
Spero
vi piaccia!!! Buona lettura! E alla prossima storia!!!
Epilogo
Furono
la voce confusa di Merlin, e i
suoi gomiti ossuti conficcati tra le costole, a risvegliarlo.
Arthur
non era certo un tipo mattiniero,
ma quello era decisamente il peggior modo di svegliarsi.
“Vuoi
stare fermo?” sibilò
sentendo il suo servo agitarsi tra le coperte, afferrandogli le braccia
nel vano
tentativo di difendersi, le bloccò
contro il proprio petto.
Tutto
senza nemmeno aprire gli occhi.
“Oh”
sussurrò la voce di Merlin al suo orecchio, Arthur quasi
sperò che riconoscendolo, sarebbe tornato a
dormire fino ad un’ora
decente,
ma ovviamente non fu così. D’altronde Merlin non
faceva mai
come gli veniva richiesto.
Nemmeno
il tempo di addormentarsi
nuovamente, che l’altro
prese di nuovo ad agitarsi “Cosa succede? Perché
sono nel vostro…”
probabilmente
concluse con letto, ma il suo borbottio era
così
veloce e privo di senso che il principe non lo capì.
Quasi
poteva immaginare i suoi occhi
spalancati e le guance paonazze.
Gli
avrebbe addirittura fatto pena, se
la notte prima non lo avesse lasciato da solo sul più bello.
“Torna
a dormire, Merlin”
gli ordinò voltandosi su un fianco e dandogli la schiena.
Poteva
affrontare quel dramma più
tardi, a sole alto e, possibilmente, a stomaco pieno.
“Non
siete stupito di trovarmi qui?”
gli chiese stupidamente l’altro.
Arthur
sospirò mentalmente “No,
Merlin. Non lo sono perché ti ci ho messo io”.
Il
gemito strangolato del suo servo, quasi valse il sonno
perduto.
Avendone
finalmente pietà, Arthur aprì
un occhio e si voltò a guardarlo.
Decisamente paonazzo.
Anche
boccheggiante adesso, notò con una certa
soddisfazione.
“Ti
sei dichiarato Merlin, non
ricordi?” continuò con tono indignato, solo per
vederlo
sprofondare ancora di più nella vergogna,
sentendosi
sempre più soddisfatto.
Era
crudele lasciarsi andare così al
suo lato peggiore, ma stavolta Merlin lo meritava davvero, si
giustificò con una nota di stizza.
Lasciargli
credere che il suo bacio non
gli era piaciuto, che l’aveva spaventato. Idiota.
“Io…
cosa?” gracchiò con
voce stridula l’altro tornando a dimenarsi furiosamente tra
le
coperte. Arthur non lo fermò e, con
tutti
i suoi sforzi,
Merlin riuscì a rotolare sul pavimento con un tonfo.
Stavolta il principe scoppiò a ridere “Ci avrei
scommesso che eri un ladro di
coperte
a letto”.
“Cosa?”
gracchiò di nuovo
Merlin, rimettendosi seduto, finalmente libero dalla sua gabbia di
stoffa. Con un gemito si portò una mano
al
capo e strinse gli occhi,
i postumi della sua gita alla taverna sembravano farsi
sentire.
“Non
stupirti di avere mal di testa”
lo canzonò il principe “Dopo tutto quello che hai
bevuto ieri
notte è un miracolo che tu sia ancora
vivo”.
“Non
ricordo niente” si lamentò il
servo.
“Nemmeno
i nostri baci appassionati?”
Arthur mise su il broncio e Merlin sgranò gli occhi
arrossendo di
nuovo. Inconsciamente si
toccò
le labbra con le dita e il principe
seguì il movimento con interesse.
“Merlin,
sto scherzando” lo
rassicurò con un sorriso.
Non
che fosse vero, i baci appassionati
c’erano stati eccome, ma forse era meglio tenersi la storia
per
dopo. Per quando Merlin
sarebbe tornato
a letto,
possibilmente.
“Davvero
divertente” brontolò
l’altro rimettendosi in piedi e cercando i suoi stivali sul
pavimento.
“Non
era proprio una vera
dichiarazione” continuò fingendo di non sentirlo
Arthur “Eri
troppo ubriaco per un discorso assennato, hai
detto…
com’era?”
con un sorriso, notò come Merlin si fosse fermato,
uno stivale
indosso e uno ancora in mano. La sua espressione
inorridita
rivelò al
principe come iniziasse a ricordare qualcosa dell’accaduto
“Ah
sì”
si lasciò cadere al centro del letto, le braccia
spalancate.
“Arthur”
sibilò Merlin, rosso in volto, ma il principe lo
ignorò.
“A
quanto pare sono bello e
caldo… e non dimentichiamo il mio buon odore”.
Merlin
inciampò e quasi cadde a terra,
il principe lo osservò divertito “Dimmi, Merlin…”
trascinò il
nome tra i denti. Il servo sobbalzò
e
si voltò lentamente a guardarlo col viso paonazzo
“Mi annusi spesso?”
Fingere
di essere ancora serio, fu
davvero difficile di fronte all'espressione inorridita
dell’altro.
“Io
non… ero ubriaco!” sbottò
infine sventolando lo stivale, che ancora teneva in mano, per aria.
“Quindi
non vuoi che ti baci ancora?”
gli chiese il principe fissandolo dritto negli occhi.
Merlin
annuì per poi scuotere in fretta il capo.
Guardò
da Arthur alla porta e
viceversa, ma il princiope lo fermò subito “Non
pensare
di scappare” gli ordinò “O ti
rincorrerò per il
corridoio
e ti trascinerò indietro".
“Tu
hai detto di non parlarne” gli
disse infine in tono supplicante, guardandolo con gli occhi sgranati
“Di dimenticarlo”.
Arthur
quasi imprecò, erano ancora a
quel punto, allora? Dovevano ripetere l’intera
discussione da
capo?
“Non
pensavo che mi avresti
ricambiato, Merlin! Non con la storia di Morgana e il modo in cui era
finita” si difese il principe
sentendosi
esasperato, non era così che aveva sperato di passare la
mattina.
Merlin
lo fissò ovviamente confuso
“Morgana?” chiese incerto “Cosa
c’entra Morgana con tutto
questo?” fece un cenno ad indicare
loro
due e il letto, Arthur quasi rise di nuovo. Sarebbe mai riuscito a
dirlo a voce alta?
“So
che stavate insieme, non sono
idiota. I fiori, i misteri, era tutto un po’ troppo ovvio,
non
credi?”
Il
servo lo osservò a lungo in
silenzio. Troppo a lungo.
Un
enorme sorriso canzonante
gli dipinse le labbra,
il principe sentì
il bisogno di tirargli contro qualcosa. Qualsiasi cosa.
“Credevate
che amassi Morgana?”
chiese incredulo Merlin “Morgana?”
ripeté come se il
solo pensiero lo inorridisse e divertisse allo
stesso
tempo.
Il
principe iniziò a pensare di aver
interpretato male la situazione. O Merlin era diventato un attore
formidabile.
“Siete
più idiota di quanto credessi,
allora” disse il ragazzo in tono meravigliato
“Inizio davvero a
preoccuparmi per il regno”.
“Merlin,
sei a
un passo dal finire alla gogna”.
Il
servo sorrise e scosse il capo “Sire, non ho mai amato,
né amerò mai Morgana in quel modo.
Era un’amica e come tale provavo
affetto
per lei, ma non… amore”
gli spiegò in tono tanto serio e deciso, con sguardo tanto
limpido,
che il principe non poté fare a meno
di credergli.
Fu come se un enorme pesogli fosse stato tolto dalle spalle e Arthur si
sentì libero,
finalmente.
“Oh”
mormorò ancora incredulo “Va
bene, allora”
gli disse
stupidamente.
Rimasero
in silenzio a lungo, entrambi
incapaci di fare la domanda o dire le parole che avrebbero potuto
legarli o separarli per sempre.
“Volete
che vi porti la colazione?”
chiese infine Merlin fissando gli occhi sul pavimento.
“Prima
non vuoi sentire la risposta?”
chiese Arthur senza muoversi di un millimetro e senza incrociare i
suoi occhi.
“Risposta?”
“Alla
tua impertinente dichiarazione
di ieri notte” disse in tono arrogante.
Merlin
avvampò di nuovo “Io non credo
di…” cercò di
evitare il discorso, ma il principe lo fermò.
“C’è
una persona per cui provo
qualcosa da moltissimo tempo. È un
sentimento assoluto che ho
nascosto e combattuto per anni,
convinto
di non avere speranze, che
il suo cuore appartenesse già ad un’altra persona.
Adesso però,
credo che potrebbe ricambiarmi e
questa
speranza mi rende incapace di
pensare a chiunque altro. Voglio solo quella persona al mio fianco. E
non penso di poterla
lasciare
andare, anche se me lo chiedesse”.
Nel
silenzio che seguì a quelle
parole, Merlin si morse il labbro con aria afflitta e occhi lucidi
“Io non…” balbettò a vuoto e,
nel sentire
il
suo tono
disperato, Arthur si voltò a guardarlo incredulo. Non era
certo così
che credeva di veder accolta la propria dichiarazione,
non
dopo
averci pensato per anni. Non dopo la notte appena trascorsa.
Aveva
sperato troppo in fretta? Lo aveva
spaventato in qualche modo?
“Mi
dispiace di avervi messo in
imbarazzo” gli disse il servo con voce tremante
“Non accadrà
più”.
Fece
per andarsene, ma il principe si
inginocchiò sul letto e lo afferrò dal braccio
prima che potesse
allontanarsi “Merlin, hai capito
cosa
ti ho appena detto?”
“Sì,
che volete sposare Gwen, lo
sapevo già. Sono stato stupido a credere che-"
si fermò abbassando lo sguardo colmo di lacrime "Ma
vi
giuro che non ho mai pensato a voi in quel modo.
Non
fino ad ora almeno”.
“Gwen?
Io parlavo di te,
Merlin” disse esasperato il principe.
“Me?” lo
guardò incredulo il
servo.
Esasperato
e stufo di doversi spiegare, Arthur lo tirò contro di
sé,
facendolo cadere sul letto e baciandolo a lungo nel tentativo di
fargli
capire quanto
fosse serio.
“Oh” mormorò l’altro
riprendendo fiato “Allora va bene”
mormorò come intontito.
Il
principe sorrise contro le sue
labbra “Grazie della tua approvazione, Merlin. Non so come
sopravviverei senza”.
“Tecnicamente…”
gli rispose Merlin, mentre il principe
cercava di sfilargli la tunica “Senza non potreste
fare… questo”.
Arthur
lo guardò incredulo “Merlin”
sibilò irritato slacciandogli i pantaloni “Che ne
dici di usare le
tue energie per qualcos’altro, oltre
parlare
a vuoto?”
Merlin
finse di pensarci a fondo “Credo
di poterlo fare, sire” rispose infine in tono serio.
“Grazie
al cielo” mormorò Arthur
tornando a baciarlo.
Merlin
non ebbe altro di cui lamentarsi
per molto tempo.
Avrebbero
dovuto parlare ancora, di
molte cose.
Di
Morgana, di Gwen, di destini e
segreti, ma per il momento, tutto il resto poteva aspettare.
Tutto
tranne il loro nuovo legame.
end
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=869270
|