Uno che non sono io

di fri rapace
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Remus passeggiava con apparente noncuranza per Diagon Alley da almeno un’ora quando finalmente la vide. Non che la stesse sul serio cercando, si era recato lì solo per procurare a Molly gli ingredienti per l’ennesima Pozione Disinfestante: non la stava neppure ascoltando quando si era lasciata sfuggire che quel pomeriggio Tonks si sarebbe incontrata con il suo ragazzo.
Scosse la testa, era davvero penoso che a trentacinque anni ancora si ostinasse a mentire a quel modo a se stesso. Tonks non gli aveva mai confidato che usciva con qualcuno, permettendogli di lasciarsi andare a stupide e infantili fantasie. Ce la stava mettendo tutta per sciogliere il pugno di rabbia e gelosia che gli annodava lo stomaco, ma senza molto successo.
La sbirciò affondare il cucchiaino in una coppa, mentre il suo accompagnatore rideva del gelato che le era finito sul naso.
Lui era giovane, piacente. Adatto.
Senza rendersene conto si avvicinò al tavolo della Gelateria Florian dove sedevano e si svegliò dalla trance solo quando fu dritto impalato davanti a loro.
“Grazie, non ci serve niente,” gli sorrise il giovane, concedendogli un’occhiata sommaria.
“Come?” chiese lui, confuso.
“Qualunque cosa desideri venderci, noi non siamo interessati,” chiarì. Non sembrava particolarmente disturbato dalla sua presenza e il tono era tutto sommato gentile.
Il tavolino d’improvviso si sollevò di una spanna, come per effetto di un Incantesimo di Levitazione, e il fiato gli si mozzò in gola.
“Tesoro, fai attenzione, mi hai colpito per sbaglio con un calcio,” soffiò rivolto a Tonks, quando ebbe ritrovato la voce.
“Per sbaglio?!” gli sibilò contro lei, con due occhi che facevano paura. “Remus, scusalo, non voleva offenderti, te l’assicuro.”
“Tu lo conosci?” comprese il ragazzo, arrossendo visibilmente. “Oh. Ops… io… mi spiace moltissimo!” si alzò subito in piedi malgrado la gamba dolorante, e gli porse gentilmente la mano. “Magnus, piacere. Siediti con noi, ti offro un gelato per scusarmi dell’imperdonabile equivoco.”
Remus gliela strinse aggressivamente, allentando la presa un secondo prima di iniziare seriamente a fargli male.
Tonks non sembrò molto entusiasta della proposta di Magnus, tuttavia non decise di accettare l’offerta per ripicca, ma perché aveva appena scoperto che il modo in cui lui l’aveva chiamata, quel ‘tesoro’, gli aveva fatto stritolare il foglietto con le indicazioni degli acquisti per Molly nel pugno e aveva bisogno di sedersi. Due minuti come requiem per il povero foglietto erano necessari, e sicuramente meno incriminanti dei due minuti per le ossa di quel simpatico ragazzo che era stato così vicino a dover celebrare.
Sentendosi messo alle strette dagli sguardi insistenti di Tonks, buttò lì la prima cosa che gli venne in mente.
“Magnus, cosa credevi che vendessi?”
Fu lei a rispondere, obbligandolo così a voltarsi e affrontarla a viso aperto.
“Pensava avessi sconfinato da Nocturne Alley per rifilarci qualche cianfrusaglia. Tipo amuleti contro i Vampiri, o i Lupi Mannari.”
“Venduta da me la merce perderebbe di ogni credibilità,” commentò lui, pensieroso.
L’offerta di quella robaccia inutile aumentava sempre quando c’era sentore nell’aria di qualcosa di molto spiacevole. Durante la Prima Guerra Magica i venditori ambulanti erano aumentati di pari passo all’intensificarsi delle scorribande dei Mangiamorte.
Magnus gli sorrise perplesso.
“Perché, sei forse un Vampiro?” scherzò.
“No, un Vampiro no,” disse in tono misterioso. “Temo di avervi rovinato lo stesso l’appuntamento, però,” aggiunse, fermamente intenzionato a non mollare la sedia neanche sotto Cruciatus.
“Proprio,” borbottò Tonks, guardandolo di traverso.
Non l’aveva mai trattato così, di solito con lui era sempre allegra e divertente. Quando erano soli gli stringeva la vita mentre camminavano, o gli metteva un braccio attorno alle spalle. Una volta l’aveva persino preso per mano. Probabilmente aveva frainteso i suoi gesti, tra l’altro assolutamente innocenti, e anche se non l’aveva mai vista così espansiva con nessun altro dell’Ordine, questo non significava che provasse qualcosa per lui.
Forse quei momenti di intimità che gli facevano così bene, per lei erano solo un modo per placare la nostalgia per quel fidanzato che, visto i mille impegni, doveva poter frequentare di rado.
Si ordinò risoluto di smetterla di fare il ragazzino: anche se sentiva molto male nel vederla accanto a un altro uomo, aveva il diritto di uscire con chi le pareva senza dover rendere conto a lui. Quindi aprì seccato il variopinto menù posato sul tavolino e ordinò il gelato più grosso della lista, promettendosi di mangiarlo il più lentamente possibile.
“Quel gelato ha l’area di una delle torte di Molly, e tu al massimo ne prendi una fetta. Non riuscirai mai a finirlo tutto, e in caso contrario ti sentirai male,” lo riprese Tonks.
Sentì all’improvviso il cuore alleggerirsi: si preoccupava forse per lui?
“Beh, potresti darmi una mano tu a finirlo,” le propose con un sorriso dolce. Lei lo guardò come se pensasse che fosse ammattito.
“Voi due mangiate assieme?” indagò Magnus sospettoso. “E chi è Molly?”
Tonks sbuffò.
“Uff, Remus è mio… boh… zio,” stabilì con una risatina divertita che a Remus non arrivò mai: la sua mente aveva chiuso i battenti subito dopo la parola ‘zio’. Trattenne a stento un gemito: aveva tredici anni più di lei, ma probabilmente ne dimostrava mille di più. Tanto valeva che lo spacciasse per suo padre, pensò abbattuto.
“Lui è tuo zio?” ripeté Magnus perplesso. “Non sapevo che tuo padre avesse un fratello più giovane.”
Quindi lui conosceva i genitori di Tonks! Era una cosa seria! Sprofondò nella sedia: era molto contrariato e senza neppure la soddisfazione di avere il diritto di esserlo.
“Sì, beh, non è che può stare a dirti proprio tutto!” lo liquidò disinvoltamente lei.
Remus notò allarmato che Magnus lo stava studiando fissamente.
“In effetti vedo una certa somiglianza,” commentò.
Tonks ingoiò il cucchiaino che si era appena cacciata in bocca con grande soddisfazione.
“Ma che dici?” tossì, sputandolo in grembo a Remus.
“Perché non mi chiami zio?” le chiese, cercando di convincersi che non voleva affatto rigirare il coltello nella piaga, ma solo mostrarle una falla nella storia che si era inventata per camuffare la sua doppia vita: era un membro anziano dell’Ordine della Fenice ed era suo dovere istruirla!
Lei recuperò il cucchiaio sfiorandogli involontariamente l’ultimo posto dove in quel momento avrebbe dovuto mettere le mani e glielo picchiettò contro la fronte, tatuandolo con svariate impronte appiccicose.
“Non ti ci mettere anche tu!” sorrise, palesando la soddisfazione per quello che sembrava ritenere un gioco molto spassoso.
“Di cosa ti occupi, Remus?” la interruppe Magnus, studiando i suoi abiti malandati con la mente rivolta altrove, probabilmente in elaborate supposizioni su Tonks e quel suo presunto zio sbucato dal nulla.
 “Antiquariato,” improvvisò. Era bravo a mentire, in quel frangente dimostrava più faccia tosta perfino di Tonks. Inoltre aveva decisamente bisogno di distrarsi dalla mano di lei che… estromise un po’ goffamente quei pensieri dalla mente, con la spiacevole impressione che la sua età mentale fosse d’improvviso precipitata di una ventina di anni. “Frugare nella roba che gli altri gettano via alla ricerca di qualcosa di… interessante, per me non è solo un hobby, ma una cosa necessaria.”
Magnus annuì, partecipe.
“Oh, ti capisco! Anche io ho una grande passione!”
“Sì?”
“Acquari!”
Remus decise di dargli corda.
“Possiedo anche io un acquario.”
“Sul serio?” fece l’altro, eccitato. “D’acqua dolce o marino?”
“No… niente acqua per me.”
Magnus parve deluso.
“Oh. Un pezzo d’antiquariato, immagino.”
“Sì, bla bla bla!” fece loro il verso Tonks. Pareva ripiombata nel cattivo umore e Remus pensò di proporle di tornare a prenderlo a cucchiaiate, visto che prima la cosa le aveva messo allegria. “Desiderate che vi lasci soli? No, perché siete così ben assortiti che inizio a credere di essere di troppo!”
Le parve tanto frustrata che il senso di colpa ebbe finalmente la meglio sulla sua stupida gelosia. Era sul punto di congedarsi, quando Magnus cinguettò:
“Tesoro, mi spiace così tanto che ti sia sentita messa da parte!” prendendole una mano e posandoci sopra un tenero bacetto.
D’altro canto, pensò piegando il suo cucchiaino in due con un unico gesto, non poteva permettersi di rimborsare il gelato e lasciarlo a metà sarebbe stato uno spreco imperdonabile!
Tonks mostrò un lieve disagio per il gesto affettuoso, ritrasse la mano e la agitò per incitare Remus con impazienza:
“Ne hai ancora per molto con quel gelato? Io e Magnus vorremmo restare soli!”
E attaccò la sua coppa, accogliendo infine la sua proposta di aiutare a finirlo.
Era stato proprio un idiota, si stava rendendo odioso quando, ne era certo, prima di quella giornata le stava molto simpatico.
“Scusami,” disse in tono involontariamente scontroso.
Lei non lo degnò di uno sguardo, pareva molto nervosa.
“Ti sta andando gelato dappertutto,” ritentò, prendendo un tovagliolino per asciugarle il viso.
Tonks si ritrasse sorpresa, con il quadrato di carta appiccicato al naso.
“Remus, stai rendendo tutto più difficile, lo capisci o no?” si lamentò. “A me già pesa di brutto far soffrire le persone, e…” inspirò forte, tirandosi in piedi.
“Che fai, tesoro? Non facciamo più compagnia a tuo zio?” le chiese Magnus sorpreso.
Lei gli indicò con il capo l’uscita.
“Ci si vede, Remus,” lo salutò senza guardarlo.







Non sono sicura che Remus sia IC, ma io lo immagino molto geloso ^^ Il titolo è una citazione della canzone "Mia" dei Modà, che finalmente ho usato in un contesto più affine al testo (Xela ne sa qualcosa XD). Non aspettatevi granché da questa storia, eh, solo una cosina leggera per disintossicarmi dai Contest ^^
(un ringraziamento a Ely79, la mia Beta, che ha evitato che pubblicassi la ff con annessi verbi del tutto inventati XD)

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Tonks riuscì ad acchiappare Kingsley un attimo prima che sparisse nel suo ufficio.
“Ehi!” lo salutò.
“Ehi anche a te,” gli fece eco lui con un sorrisetto.
“Posso parlarti due secondi?”
Kingsley scrollò le spalle.
“D’accordo,” acconsentì, guidandola alla propria scrivania.
Le altre postazioni dell’ufficio erano in quel momento deserte, ma Tonks decise di andare subito dritta al punto perché sapeva che Savage e Dawlish potevano arrivare da un momento all’altro. Era in corso una qualche indagine in cui lei non era stata coinvolta.
“Senti, tu conosci Remus?”
Lui aggrottò la fronte, guardando lontano quanto glielo permetteva l’angusto spazio dell’ufficio.
“Intendi quel tipo allampanato che bazzica il nostro lugubre secondo quartier generale? Credo di averlo notato, sì.”
Tonks sbuffò.
“Non prendermi in giro, sai cosa intendo!”
“Certo, scusami.”
“No, scusami tu, ma oggi mi prende un po’ male…”
Kingsley la studiò preoccupato. Era la ‘piccola’ sia dell’Ordine che del reparto Auror e il fatto che gli altri stessero in pensiero per lei solo perché era la più giovane la faceva arrabbiare sempre di più man mano che passava il tempo. Era ormai un anno che prestava servizio al Ministero, non era più una novellina!
“Non lo conosco molto più di quanto lo conosca tu.”
“Beh, meglio che niente. Non è un bamboccio, vero?” aggiunse a bruciapelo, sperando così di ottenere un giudizio istintivo e perciò sincero.
“Un bamboccio?”
“Di solito è così maturo e autoritario!”  ridusse la voce a un bisbiglio. “Tutti nell’Ordine danno un gran peso al suo parere e spesso si finisce con il fare ciò che dice,” argomentò, cercando di non palesare troppo quanto cieca fosse la sua ammirazione.
“È così,” confermò Kingsley.
“Già! Ma ieri mi è scaduto un sacco…”
Era rimasta molto delusa dal comportamento tenuto da Remus il giorno precedente, si era comportato come un immaturo e ora temeva di essersi sbagliata sul suo conto. Aveva ventidue anni ed era attratta da uomini che non fossero tali solo in senso anagrafico: non voleva certo trovarsi invischiata in una relazione con un uomo di tredici anni più vecchio che richiedeva le stesse attenzioni di un quindicenne, perché quella era la sua età mentale!
Sarebbe stato… imbarazzante. E per niente erotico. Desiderava un amante, non un bebè!
Kingsley, che era una persona discreta, non chiese spiegazioni, limitandosi ad attendere in silenzio che lei proseguisse.
“Voi due avete pochi anni di differenza, vi frequentavate a Hogwarts?” investigò.
Remus era così chiuso, scherzava e parlava parecchio, ma mai di sé. Si era resa conto di non conoscerlo affatto: aveva battezzato la sua reticenza con l’affascinante termine ‘misterioso’, invece di domandarsi il perché del suo comportamento.
“Non direi, no. Remus faceva parte di una combriccola molto esclusiva.”
“Rimarrei delusa se mi raccontassi cosa combinavano?”
Kingsley puntò gli occhi nei suoi, sorpreso. Tonks dava spesso dimostrazione del suo intuito, ma la gente aveva la sgradevole abitudine di dimenticarsene ogni volta.
“A scuola erano considerati i migliori e, come te e tanti altri ragazzi, non erano particolarmente ligi alle regole,” non si scompose lui. Il messaggio era chiaro: non intendeva esprimere un giudizio su di loro.
Kingsley era molto bravo a misurare le parole, non si sbilanciava quasi mai.
“Io non mi comportavo affatto bene, e lo racconto in giro senza vergogna perché non ho mai fatto nulla che non volessi fare. Ho una morale che non ho mai tradito.”
Kingsley abbozzò un sorriso.
“Tu sei una ragazza forte: sei persino sopravvissuta a Malocchio. Non è da tutti!”
Gli sorrise, lusingata dal complimento.
“È che io credevo che anche Remus fosse forte,” rispose, senza riuscire a nascondere la delusione.
Lui strinse le mani sulla scrivania, inclinando leggermente la testa di lato.
“Dovresti parlarne con lui. Scommetto che sei abbastanza forte da capire che essere ‘forti’non significa essere perfetti.”
 

***

Remus si svegliò quando il sole era già alto. Aveva preso sonno molto tardi a causa del caldo soffocante di quei giorni e alcuni pensieri su cui preferiva non tornare subito a rimuginare non l’avevano certo aiutato a rilassarsi.
I Weasley si erano trasferiti a Grimmauld Place da qualche settimana, quindi sarebbe stato costretto a vestirsi per raggiungere il bagno: amava avere gente attorno, ma c’erano anche alcuni svantaggi che non aveva calcolato.
A causa dell’affollamento si poteva disporre della lavanderia secondo turni rigidissimi e lui non aveva praticamente quasi più nulla di pulito.
Frugò sul pavimento, raccattando una camicia e un paio di pantaloni stropicciati, che si infilò mentre contemporaneamente dava un’occhiata nel cassettone accanto al letto.
Aveva ancora della biancheria e un paio di camice pulite, ma era agli sgoccioli: il suo guardaroba contava pochi capi, se non poteva fare il bucato più che spesso presto sarebbe rimasto in mutande… o più probabilmente anche senza quelle.
Aprì la porta della camera, pregustandosi una lunga doccia fredda, e andò a sbattere contro…
“Tonks!” esclamò stupefatto.
“Dobbiamo parlare!” esordì lei, senza apparentemente notare il suo aspetto più arruffato del solito.
Remus, imbarazzato dalla propria performance alla gelateria, mise su un’aria di convincente indifferenza.
“Mi sono appena alzato,” le fece notare, sperando di potersela dare a gambe.
Tonks sporse il labbro inferiore, scrutandolo con i suoi luminosi occhi scuri.
“Io esco con Magnus, te ne farai una ragione,” affermò, alzando un po’ il mento in un atteggiamento di sfida.
Voleva litigare, ma lui non era disposto a darle corda. Sapeva come sarebbe andata a finire: lei avrebbe dovuto fare delle scelte, e lui non era mai stato la prima scelta per nessuno in vita sua. Non per James, che se fosse stato costretto a scegliere tra lui e Sirius avrebbe optato per Felpato quasi senza batter ciglio, non per Harry, che non lo calcolava minimamente malgrado avesse sempre cercato di far sentire la propria voce.
Per Tonks sarebbe stato lo stesso. Visto che avrebbe comunque scelto Magnus, che lo facesse esclusivamente per sua decisione, senza coinvolgerlo.
“Come vuoi,”  le rispose a denti stretti.
Lei accentuò il broncio, accusando il colpo.
“Cioè non ti fa arrabbiare che io abbia flirtato con te – perché l’ho fatto veramente, non te lo sei immaginato! – e ora me ne vengo fuori così?”
Remus fissò lo sguardo sulla macchia di umidità che stava scollando la tappezzeria dal muro alle sue spalle.
“Va bene così.”
“No! No che non va bene!”
Non gli sfuggì la delusione nella sua voce.
“Cosa vuoi che ti dica? Che ti ordini di lasciare Magnus? Mi odieresti. L’altro giorno mi sono comportato come un deficiente, ho perso la testa. Mi spiace.”
“Quasi quasi ti preferivo deficiente,” brontolò lei. “Ed è vero, ci sono rimasta male per la tua caduta di stile, ma io sono l’ultima persona al mondo che può fare di una stupida caduta una colpa imperdonabile.”
La sua battuta assolutrice lo fece sentire subito meglio, ma lei non aveva finito.
“Il punto è che sono io che ho sbagliato a non dirti niente di Magnus. Mi sono comportata in maniera pessima e tu dovresti cantarmele per bene, ti ho messo nella condizione di farlo solo un minuto fa! Invece decidi che ho ragione perché temi che ti tenga il muso?”
Era incredula, e a ragione. Lei l’aveva visto sempre e solo assieme ai membri dell’Ordine, e ormai non taceva più con nessuno, Sirius compreso. Se aveva qualcosa da dire lo faceva davanti a tutti, senza darsi troppa pena per la loro opinione; finché si trattava di lavoro, o di tenere a bada Felpato, era all’altezza della situazione. Il problema era che con lei si andava sul personale, sui sentimenti. Ed era ancora talmente difficile, per lui.
“Io l’avrei spiegato in maniera meno colorita, ma… è più o meno così,” ammise.
“Remus, questo atteggiamento mentale è il peggior tipo di sottomissione: aver paura di fare ciò che è giusto per non dare fastidio a chi è nel torto!” fece una pausa per dargli modo di difendersi, ma lui rimase immobile e silenzioso. “Così non va, non è su queste basi che si costruisce una relazione sana.”
Sentì il cuore afflosciarsi in un misero mucchio nel petto. Tonks l’aveva centrato in pieno, aveva descritto su cosa si era basata ogni sua relazione, d’amicizia o d’amore che fosse.
Chiaramente non era adatto a lei, che desiderava qualcosa di vero fino in fondo, non paura e quel comportamento da branco che non gli veniva dal lupo, come gli avrebbe fatto comodo sostenere, ma dalla sua patetica necessità di farsi voler bene.
“Non vedo dove stia il problema, tu un uomo lo hai già. O almeno, non ho controllato in maniera approfondita, ma suppongo che Magnus lo sia, anche se ancora non ha neppure l’ombra di una barba.”
Quasi si morse la lingua, e quella da dove gli era uscita?
“Tu non sai nulla di Magnus,” si indispettì lei, anche se dall’espressione del viso sembrava aver appena aperto gli occhi su un particolare che non aveva mai notato prima. “È vero, sembra ancora un ragazzino… Per le Mutande di Merlino! Chissà se si rade o davvero non ne ha ancora bisogn…”  scacciò l’argomento dalla mente con un gesto seccato. “Ma non è questo il punto! Per lui è difficile…”
“Anche per me è difficile. E non una cosa in particolare, lo è più o meno tutto,” lo disse in maniera svagata, come fosse una cosa su cui ridere su. Poi si sentì male, la gelosia era una bestia quasi peggiore del lupo: lo stava obbligando a esporsi e lui non voleva farlo. Finché la loro relazione – se così poteva essere definita – era stata superficiale era stato bello, e piacevole, ma così… così no. “Torna da lui, adesso. Per lui è difficile, avrà bisogno del tuo aiuto. Insomma, un giorno o l’altro la barba inizierà  a crescergli – succede a tutti! - e tu dovrai insegnargli a…” notò che gli occhi di lei si inumidirono, come se l’avesse profondamente offesa. Stava sul serio cadendo molto, molto in basso. “Scusa. Ora la pianto.”
“È davvero questo che pensi?”
Remus evitò il suo sguardo.
“Tu un uomo lo hai già,” ripetè cocciuto.
“Sì!” esclamò lei, frustrata. “E visto come ti stai comportando vedrò di tenermelo stretto!”
Girò sui tacchi e marciò verso la scalinata che portava al piano di sotto, trovandosi il vuoto sotto ai piedi al primo scalino non calcolato.
Cadde scendendone almeno quattro con il sedere prima di riuscire a tirarsi in piedi, indifferente allo scivolone, come fosse stata di gomma.
Remus rimase impalato a guardarla uscire in strada, chiedendosi come quella ragazzina riuscisse a far crollare tutte le sue difese, mettendolo a nudo come nessun’altro prima d’allora era riuscito a fare.
 
 
 
 

Un capitolo un po’ palloso, immagino, ma necessario. Ho immaginato cosa potesse aver attratto Tonks all’inizio, e Remus, negli scambi di opinione dell’Ordine, ha davvero questo ruolo centrale, non è un uomo solo per via dell’età, ma si comporta come tale; anche le persone più grandi di lui, o più qualificate, gli danno retta e chiedono la sua opinione. Ho pensato che per lei, che l’aveva idealizzato non poco, sarebbe stato difficile all’inizio accettare che non era solo ‘forte’. Quindi immagino una Tonks meno matura di quella che vediamo del settimo libro, che accetta le debolezze del marito senza batter ciglio, ma comunque non una bambina.  Ha 22 anni, lavora da un anno, probabilmente vive da sola… insomma, non è un’adolescente, è molto giovane, ma adulta. E non fatevi venire strane idee, Magnus ha la sua età ;-)

 
Ultimamente ho letto un sacco di libri interessanti, e tante citazioni mi hanno dato modo di pensare… come questa:
 
Questo atteggiamento mentale è il peggior tipo di sottomissione: aver paura di fare ciò che è giusto per non dare fastidio a chi è nel torto.
‘Agent 6’, Tom Rob Smith

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Remus si sentiva in colpa. Non che il sentimento gli fosse estraneo, era una cosa con cui doveva convivere di frequente, ma questa volta era particolarmente tormentato perché non riusciva a inventarsi una giustificazione decente: aveva insultato gratuitamente un ragazzo che era stato gentile con lui. C’era poco da ricamarci sopra.
Aveva immaginato più volte Tonks raccontare a Magnus l’infantile offesa a cui si era aggrappato, accarezzandogli accuratamente le guance con il doppio fine di consolarlo e capire se davvero era ancora glabro come un ragazzino.
Avrebbe dovuto fare qualcosa. Tipo trovarlo e torcergli una qualche parte del corpo fino a… si massaggiò con forza le tempie. L’avrebbe trovato e, senza torcergli nemmeno un capello, gli avrebbe porto le proprie scuse.
Addocchiò Sirius sparire nella stanza da letto di sua madre, ora tana di Fierobecco, trascinandosi appresso un sacco pieno di topi morti.
Sapeva che l’amico non voleva essere disturbato quando faceva compagnia all’enorme pennuto, ma quello era forse l’unico posto dove poteva parlargli a quattr’occhi oltre al bagno, e visto che non intendeva farsi una doccia assieme a lui, lo seguì.
Fierobecco era accucciato sull’ormai lacero copriletto del monumentale talamo a baldacchino, circondato dai grumi di lana ammuffiti che aveva estratto dal materasso con gli artigli.
Remus fece un breve inchino, che l’animale accolse placido.
Sirius, sorpreso, si voltò di scatto, piantandogli nello stomaco il suo disgustoso bottino.
“Che ci fai qui?” gli chiese scontroso.
Remus guardò abbattuto la camicia macchiata di sangue di topo: era l’ultima che gli era rimasta.
“Scusami, Felpato, ma vorrei parlarti, e preferirei farlo qui piuttosto che in bagno.”
“Se Harry fosse qui, userebbe di certo il Mantello dell’Invisibilità di James per nascondersi in bagno!” affermò lui con grande orgoglio, lo sguardo sognante. “Insomma, ha un’età in cui le ragazze iniziano a interessare. Hermione o Ginny potrebbero andare, per lui. Ma forse è davvero sveglio e allora punterebbe su Tonks. Una ventenne che fa la doccia è una cosa che ogni quindicenne dovrebbe vedere a scopo didattico!”
“Harry non è quel genere di persona,” sbottò Remus seccato. Tonks d’ora in avanti non avrebbe più avuto il permesso di darsi una rinfrescata a Grimmauld Place dopo i turni dell’Ordine, neppure se fosse scivolata in una pozza di moccio di Troll durante un pedinamento. Cosa che, tra l’altro, era già successa, ma lei aveva una casa sua, che la usasse! Harry di certo non avrebbe mai fatto quello che si augurava Sirius, e neppure Ron. Ma riguardo ai gemelli non ci avrebbe affatto messo la mano sul fuoco. “Harry è un ragazzo molto maturo per la sua età,” mormorò piccato, serrando poi i denti con tanta rabbia da sentirli scricchiolare: Magnus aveva sicuramente visto Tonks nuda, e non c’era nulla che potesse fare per evitare che capitasse di nuovo.
“Appunto, è quello che ho detto.”
Remus rilassò la mascella, prendendo un profondo respiro a labbra socchiuse per riconquistare il controllo.
“Sirius, la tua idea di maturità andrebbe riveduta. Per Harry sei come un padre, sai?” gli spiegò, facendosi serio. Sirius non aveva ancora ben focalizzato il suo ruolo.
L’amico sbuffò, lanciando un grosso ratto a Fierobecco, che lo acchiappò soddisfatto al volo.
“Ti piace come ho dissacrato il giaciglio dove i miei nobili genitori hanno concepito me e il mio santissimo fratello?”
Remus rise.
“Molto suggestivo, sì.”
“Sapevo che tu avresti capito.”
“Certo.”
Le battute furono seguite da un silenzio imbarazzato. Era difficile riallacciare un rapporto d’amicizia dopo così tanti anni, e capivano quanto fosse stata essenziale la presenza di James. Lui era i Malandrini. Tutto quello che avevano in comune, ormai, si riduceva a un passato finito nel peggiore dei modi possibili.
Remus si fece coraggio e prese nuovamente la parola.
“Sirius, Tonks è tua parente, giusto?”
Lui sembrò sollevato nel sentire nuovamente la sua voce.
“Sì. Andromeda, sua madre, era la mia cugina preferita.”
Remus annuì, incoraggiandolo a proseguire.
“L’ultima volta che l’ho vista è stato poco prima che venisse diseredata. Avevo dodici anni, e lei e Bellatrix sembravano quasi gemelle. Praticamente identiche!”
Remus fu scosso da un brivido, e si augurò mentalmente di non doversi mai scontrare con lei. Aveva pensato di cercare Magnus tramite i genitori di Tonks, dato che alla gelateria aveva lasciato intendere che si frequentavano. Ma era meglio puntare su suo padre, decisamente. Insomma, ci teneva a piacere loro almeno un po’, ma assolutamente senza nessun secondo fine.
“E il signor Tonks? L’hai mai conosciuto?”
Sirius lo scrutò sospettoso.
“Ma a te cosa importa?”
La domanda non lo preoccupò, aveva preparato una giustificazione con i fiocchi.
“Tonks fa parte dell’Ordine della Fenice, il che li mette in pericolo. Essere informati ci pone un passo avanti rispetto ai Mangiamorte, in caso di rappresaglie.”
Sirius rimase un attimo immobile e pensieroso, poi se la bevve senza batter ciglio.
“Già, vero.”
“Allora?”
“Allora che?”
“Conosci il padre di Tonks?”
“Ho incontrato Ted in due occasioni, ovviamente lontano dal contesto famigliare. Andromeda me l’ha presentato dopo aver avuto il permesso di mia madre di portarmi a fare un giro. Non ha dovuto insistere molto, allora ero già stato Smistato a Grifondoro e non vedeva l’ora di disfarsi di me,” fece una pausa, osservando con soddisfazione Fierobecco pulirsi il becco spalmato di frattaglie di topo, sfregandolo contro uno dei bracci che sostenevano il baldacchino. “Era un ragazzo molto alla mano, paziente con i bambini. È riuscito a sopportare me per un giorno intero senza imprecare una sola volta… non è da tutti.”
“Meglio,” sorrise Remus, felice.
“Come?”
“Niente, niente.”
Sirius alzò le sopracciglia.
“Oggi sei strano, Lunastorta. Non quanto me, ma questo posto schifoso è maledetto… aspetta di averci passato un altro mese e vedrai. Quando la vita fa schifo come la mia è controproducente cercare di mantenere la sanità mentale.”
Remus si strinse nelle spalle con un mezzo sorriso.
“Sono un Lupo Mannaro, nessuno si aspetta che io sia sano di mente.”
“Ottimo alibi. Molly, invece, ha smontato il mio. A quanto sembra dodici anni ad Azkaban non valgono quanto i tuoi anni da licantropo.”
Remus sospirò. Molly e Sirius non facevano altro che beccarsi a vicenda, e lui spesso si trovava a dover fare da paciere, per cui non poteva prendere le parti di uno o dell’altra, doveva rimanere neutrale.
“È preoccupata per Harry,” cercò di spiegargli ancora una volta.
“Anche io lo sono. Lui è il mio figlioccio. Non il suo, il mio!”
Remus aspettò che si fosse calmato, prima di replicare.
“E dovresti esserne felice. James e Lily avevano scelto te. È una cosa bellissima.”
Sirius annuì cautamente.
“La gente si lamenta sempre delle cose brutte che gli capitano senza che se le sia meritate,” proseguì pacatamente Remus. “Ma non parla mai delle cose belle, di cosa ha fatto per meritarle.”
Lui sembrò rifletterci su, che era più di quello che avesse sperato. Se Sirius non usciva dal vortice di commiserazione, le cose sarebbero andate sempre peggio.
“Sono io quello che dice cose profonde, non tu,” commentò infine, scostando i lunghi capelli neri dal viso per liberare uno sguardo carico di rimprovero: gli aveva rubato la parte.
Remus non riuscì a evitare di scoppiare a ridere.
“Come non detto!”
Non aveva fatto nulla per meritarsi Tonks, ma almeno poteva dimostrarle che non era l’essere meschino che aveva offeso senza motivo il suo ragazzo, ma una persona che cercava di rimediare ai propri errori.
Ora doveva solo incontrare Ted Tonks, lontano dalla sua abitazione e dalla moglie identica a Bellatrix Lastrange, possibilmente. Avrebbe chiesto ad Arthur dove lavorava.
 

 
 
 
Scusate il ritardo…  tra l’altro in questo capitolo avrebbe dovuto esserci anche la parte con Remus e Ted e conseguente casino, ma in questo momento ho molti impegni e non ho tanto tempo per scrivere.
Per cui, per non farvi aspettare ancora, ho deciso di puntare su capitolini più corti e più facili per me da gestire, spero non vi dispiaccia.
Mentre lo scrivevo ho realizzato sorpresa che Andromeda doveva per forza essere stata diseredata prima di Sirius, non so bene perché mi ero fissata del contrario!
Riguardo Sirius, Andromeda e Tonks seguo il Canon: Ron dice che Sirius non aveva mai visto Tonks prima di finire ad Azkaban, per cui immagino che i contatti con Andromeda fossero cessati con l’allontanamento di lei dalla famiglia Black.
 
“La gente si lamenta sempre delle cose brutte che gli capitano senza che se le sia meritate, ma non parla mai delle cose belle, di cosa ha fatto per meritarle.”
 

‘Non è un paese per vecchi’
Cormac McCarthy

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Remus aveva trovato senza troppe difficoltà la serra dove Ted Tonks lavorava. Seguire Coccole era stato facile: il gufetto tondo e grasso, a ogni pigro battito di ali, copriva meno strada di lui a ogni falcata.
Arthur sapeva qual era il lavoro del signor Tonks, era stato nelle buste paga del Ministero per certi rifornimenti Top Secret, ma non ricordava di preciso dove fosse la sua serra, così gli aveva suggerito lo stratagemma del gufo. Remus non possedeva rapaci, e Kingsley, che aveva seguito in maniera stranamente interessata la conversazione, gli aveva offerto il suo.
Mentre il gufo spariva svolazzando pericolosamente tra le feroci piante della serra, Remus pensò che era davvero buffo che un omone come Kingsley avesse dato un nome come ‘Coccole’ al suo animaletto. Chissà come gli era venuto in mente.
Notò un uomo sulla quarantina con una divisa verde avanzare goffamente tra le piante: evitò per un soffio un Bulbo Balzellante che aveva provato a schiaffeggiarlo sulla nuca, per finire dritto tra le fauci di un Geranio Zannuto, che gli strappò via una spanna di mantello.
Malgrado tutto, quando lo raggiunse, un sorriso amichevole gli tendeva le labbra.
“Posso aiutarla?” gli chiese gentilmente.
Remus seppe subito che si trovava di fronte a Ted Tonks: sua figlia, al contrario di lui, era magra e il colore di occhi e capelli non coincidevano (anche se qualche volta il biondo aveva fatto capolino sulla sua testa matta), ma la forma del viso era la stessa, così come l’aria simpatica e quell’atteggiamento di noncuranza nei confronti delle loro figuracce.
Ricambiò il sorriso, che sbiadì un poco quando ricordò che Coccole era sparito nella serra e se qualcuna di quelle pericolose piante l’avesse inghiottito restituendogli solo uno scheletrino, non gli sarebbero bastati mille anni per racimolare la cifra necessaria a risarcire Kingsley.
“Il mio gufo…”
“Oh, non si preoccupi, la mie piante sono del tutto innocue,” lo rassicurò Ted, mentre quella grossa alle sue spalle, che Remus non riconobbe, frustava con foga l’aria cercando di affettare un’inerme farfallina. “Creature adorabili, vero?” proseguì pieno d’affetto.
Remus preferì non aprire bocca, sperando così di lasciar cadere l’argomento.
Ted non sembrò accorgersi del suo disagio.
“Allora, quante ne prende?” lo incalzò, allargando le braccia.
Lui scosse le mani davanti al viso.
“No, io… non sono qui per questo.”
“Ah no?”
“Lei è Ted Tonks, vero?”
L’altro allargò il sorriso.
“Esatto! E lei è…?”
Remus gli porse la mano.
“Remus Lupin. Sono un amico di sua figlia Ninfadora.”
Ted annuì.
“Ah, sì! Avrei dovuto capirlo subito! Hai proprio l’aspetto di uno di quelli!” esclamò con entusiasmo, passando subito a un approccio meno formale senza apparentemente accorgersene.
Remus abbassò il capo, guardandosi istintivamente addosso: i vestiti vecchi e lisi, la camicia ripulita in modo approssimativo, le scarpe senza quasi più suola. Ma che razza di gente frequentava quella ragazza? Avrebbe dovuto farle un discorsetto!
Ted riconquistò la sua attenzione con una pacca amichevole sulla spalla.
“Non devi sentirti in difficoltà, io so tutto. Non mi fraintendere, sono molto in pena, non era una cosa programmata e lei è ancora così giovane… ma allo stesso tempo non posso fare a meno di essere orgoglioso,” una smorfia gli storse la bocca. “Però… dovesse capitarti di incontrare mia moglie… sappi che lei non l’ha presa altrettanto bene. Te lo dico per la tua incolumità.”
Remus ricambiò la confidenza con uno sguardo spaesato: non aveva idea di cosa stesse parlando, l’unica cosa chiara era che ci aveva visto giusto riguardo alla pericolosità della signora Tonks.
“Io stavo cercando Magnus,” azzardò, rinunciando a chiedere una qualunque spiegazione, malgrado la curiosità. La vita privata di Tonks non era affar suo, anche se faceva male pensarlo.
Ted si accarezzò pensierosamente il mento.
“Certo, avrei dovuto capirlo subito. Visto il suo passato, credo fosse inevitabile… un orfano della Prima Guerra Magica, povero ragazzo.”
Remus sentì un dolore acuto allo stomaco: il senso di colpa glielo stava letteralmente sciogliendo.
“Oh…” mormorò.
All’improvviso Ted urlò a squarciagola, facendolo sobbalzare.
“Magnus! Vieni qui! Ti vogliono!”
Il ragazzo si Materializzò davanti a loro a una velocità sorprendente. E non era solo.
“Oh, signor Tonks, vedo che è venuto suo fratello a trovarla!”
Tonks, che era comparsa un passo dietro di lui, affondò il viso nelle mani.
“Mio fratello?” chiese Ted, osservando Remus in tralice.
“Sì, lui. Remus. Suo fratello,” tentò nuovamente Magnus, prima di capire che c’era qualcosa che non andava. Il suo tono era forzatamente allegro, sotto sotto sembrava molto provato.
Ted era passato a scrutare Tonks, che ora sbuffava apertamente.
“I miei genitori sono Babbani, non avrebbero mai chiamato un bambino con un nome simile,” osservò, senza smettere di fissare la figlia.
“Quanto vorrei che la sobrietà ‘nominativa’ dei nonni fosse stata infettiva,” grugnì Tonks in maniera molto sfacciata, considerando che la bugia che aveva raccontato era appena stata smascherata avrebbe potuto essere un po’ più accomodante.
“Mi… mi dispiace,” si scusò Remus per lei. Era così dispiaciuto per tutto e tutti in quel momento, che si sarebbe accollato le colpe di chiunque gli fosse capitato a tiro, ringraziandolo per avergliele cedute.
Visto quello che indossava era chiaro che Magnus lavorava lì, per questo era a portata di strillo quando Ted l’aveva chiamato. Sul perché ci fosse anche Tonks non voleva azzardare ipotesi: qualunque cosa avesse immaginato, per quanto innocua, sarebbe bastata a fargli schizzare il sangue alla testa per la gelosia, e lui non voleva più essere geloso.
All’improvviso l’essere al cospetto del padre della ragazza di cui si era… beh, poteva anche ammetterlo, di cui si era innamorato, lo tramortì.
In fondo non era neppure lì per lei, si disse, non stava certo per chiederla in sposa a Ted – prevaricazione maschilista che tra l’altro gli avrebbe di sicuro valso un calcio tra le gambe da parte della ragazza – doveva ricomporsi… doveva…
Fece un lungo respiro, che sciocco che era, non si riconosceva più. Lui, che sapeva mantenere il sangue freddo davanti a venti Mangiamorte, ora si riduceva in quello stato per così poco. Forse stava invecchiando.
Si chiese per quanto tempo fosse rimasto impalato come un idiota a pensare: a giudicare dall’espressione di Ted, Magnus e Tonks capì che doveva essere stato per troppo tempo.
“È stato tutto un equivoco, è solo colpa mia,” disse un po’ impacciato. “Sono qui per parlare con Magnus.”
Il ragazzo sembrò sorpreso.
“Va bene, chiaritevi mentre io faccio due paroline con la mia dolce bambina.”
Ted mise un braccio attorno alle spalle di Tonks e cercò di guidarla verso il folto della serra, lei lo lasciò fare solo dopo un lungo sguardo sospettoso.
“Volevo scusarmi con te,” iniziò quando furono soli. Mostrarsi sinceramente pentito non fu un problema.
“Tu non sei lo zio di Tonks.”
“No, non direi.”
Magnus ora pareva sulla difensiva.
“Oh. Ho capito.”
“Non dovevo prendermi gioco di te alle tue spalle, mi spiace.”
“È Tonks che mi ha mentito, in fondo,” tagliò corto l’altro, e Remus capì che non l’aveva presa affatto bene, che si sentiva giustamente offeso. Povero ragazzo, chissà cosa doveva aver passato durante la Prima Guerra: aveva provato sulla propria pelle cosa voleva dire perdere tutto a causa di essa.
“Sono stato un idiota.”
“Okay.”
Il ragazzo si studiò le mani, l’aria affabile del loro primo incontro era stata del tutto cancellata dal suo viso, sostituita da qualcosa di indefinito.
“Tonks mi ha proposto di sposarla,” buttò lì con leggerezza, solo per spezzare il silenzio.
Per Remus fu come ricevere un colpo inaspettato dritto nello stomaco.
“Lei lo ha proposto a te?” chiese, la voce fioca.
“Ti pare strano?”
“No, no… è decisamente da lei.”
Ripensò alle parole di Ted, a quella cosa non programmata che aveva fatto uscire dai gangheri la signora Tonks. Ora tutto quadrava.
“È incinta?” si lasciò sfuggire, maledicendosi ancora una volta per la perdita di controllo.
“Remus!”
Era la voce di Tonks, e probabilmente quello che aveva sentito non era stato il suo primo richiamo.
Non riuscì a valutare da quanto tempo fosse lì, sperò non abbastanza da aver sentito la sua ultima uscita.
“Sei tornato tra noi?”
“Credo…”
“Si può sapere cosa cerchi?” gli chiese. Non era arrabbiata, solo curiosa.
“Coccole,” le rispose candidamente. Non era una bugia.
Lei si sciolse in una maniera che lo allarmò, lo sguardo colmo d’emozione.
“Oh. Sei molto dolce,” mormorò, presa come non mai mentre se lo mangiava con gli occhi.
Remus non seppe dove trovò la forza di spiegarsi.
“Credo che tu abbia frainteso,” si sforzò di articolare, anche se il modo in cui lo stava guardando era tanto bello da fargli allargare nel petto un dolore strano, che non aveva mai provato prima. Un dolore a cui non avrebbe voluto rinunciare mai.
Lei gli prese una mano…
“Non mi stai ascoltando…” provò nuovamente.
… e gliela strinse forte.
“Okay, non ascoltarmi.”
Poi con la coda dell’occhio vide Magnus e ricordò… lui li stava guardando, non potevano…
Si staccò da lei.
“Quando trovi il gufo di Kingsley restituisciglielo, per favore,” le disse, Smaterializzandosi subito dopo.
 

 
 

Eccomi tornata! Questa volta ci ho messo un po’ meno tempo ad aggiornare ^^
Sto facendo del mio meglio.
Spero vi sia piaciuto :-)

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Remus fu intercettato da Ginny Weasley mentre cercava di sgattaiolare nella propria stanza. Avrebbe dovuto sentire il cuore più leggero ora che le cose con Tonks si erano sistemate definitivamente, e se le voleva davvero bene provare almeno una punta di felicità per la nuova vita che l’aspettava. In fondo farsi una famiglia non era stato, quando era ancora abbastanza giovane da illudersi, anche uno dei suoi più grandi desideri? Invece si sentiva uno straccio, tanto da agognare addirittura la solitudine, cosa che prima d’allora gli era stata imposta e aveva sempre odiato.
“Professor Lupin, Tonks ha fatto un salto qui poco fa e visto che lei non si trovava, ha lasciato a me un messaggio da riferirle.”
Remus si voltò verso la ragazza con in testa una gran confusione. Non riusciva a distinguere quello che provava, né a capire se fossero sensazioni piacevoli o meno.
Stiracchiò le labbra in quello che sapeva essere un sorriso gentile, limitandosi ad annuire. Quando non si era certi di cosa poteva venir fuori dalla propria bocca era meglio tacere, pensò prudentemente.
Ginny per un attimo assunse la stessa espressione che corrucciava il viso della madre quando intuiva che c’era qualcosa di storto, ma durò solo un attimo.
“Ha detto che l’aspetta in Macklin Street alle quattro per comprare il vestito.”
Lui inghiottì l’irritazione nel sentir nominare ‘il vestito’, lasciando trasparire solo la perplessità per quell’assurda proposta.
“Aspetta me? Sei sicura di avere capito bene?”
“Certo.”
“Tu saresti una compagnia molto più adatta,” osservò ragionevole.
Ginny si esibì in un sorrisone lusingato.
“Lo pensa sul serio?” esclamò tutta eccitata. “Ed è disposto a ripetere la sua affermazione davanti a Fred e George, nel caso non mi credessero quando me ne vanterò con loro?”
Remus la osservò, molto sorpreso. Sapeva di possedere un ottimo intuito, ma neppure in mille anni avrebbe potuto supporre che i gemelli nutrissero un qualche interesse per gli abiti da sposa.
“Nessun problema,” concesse divertito. “Anzi, ci terrei molto.”
“Però con Tonks ci deve proprio andare lei, io sono solo una ragazzina, non possiedo certo tutta la sua esperienza,” concluse, con l’aria risoluta di chi si impone di tornare con i piedi per terra.
“La mia esperienza?” ripeté lui disorientato. “Se tu non te la senti, avrebbe potuto chiedere a tua madre,” tentò. Non voleva certo farla rimanere male spiegandole che la sola idea che lui potesse avere una qualche esperienza in quel campo era assurda.
“Mia madre?” sbottò lei indignata, tirando fuori tutto il suo caratterino. “Vuole forse mettere Tonks in pericolo? Ha idea di come potrebbe conciarla?” e lo lasciò con quella che riconobbe essere un’occhiata di costernato rimprovero.
Ripreso da una quattordicenne. No, le cose non stavano affatto andando meglio.
 

***

 
Tonks era molto perplessa, proprio non riusciva a spiegarsi lo strano comportamento di Remus. Arrivati davanti al negozio di abbigliamento militare Babbano smesso, era passato nel giro di pochi secondi dallo sconcerto (questo? Ne sei proprio certa?) a una strana ilarità a stento trattenuta.
Sembrava proprio ridersela sotto ai baffi, e ogni nuovo capo che indossava era una rinnovata fonte di divertimento. Per lui.
Dopo diversi infruttuosi cambi d’abito, alcuni capitomboli e non poche gaffe con il commesso Babbano, Tonks era stanca, con i capelli fuori controllo e parecchio seccata. Fare compere con Remus era peggio che doversi sorbire sua madre!
Scostò la tenda del camerino di prova con insolito pessimismo.
“Questo?” propose a Remus, che la squadrò da capo a piedi.
“Davvero intendi indossare quello? Ohi ohi!”
Otto vestiti diversi, un unico commento da parte sua. Sempre lo stesso.
Si impose di mantenere la calma.
“Che c'è stavolta? Non è abbastanza mimetico?” sibilò, studiando seria la maglietta verde oliva di tre taglie più grande e i pantaloni che minacciavano di scivolarle giù a ogni respiro, tirati verso il pavimento dal peso di sei capienti tasconi. “Guarda, fosse per me mi vestirei di fuxia, ma...”
Il sorrisetto di Remus si accentuò.
“Di fuxia? Sul serio?” ribatté, come se volesse incoraggiarla a farlo veramente e si stesse pregustando la scena.
“Sì, beh, però mi rendo conto che non sarebbe adatto,” rispose.
Non escludeva che quella tortura fosse una prova messa in piedi da quel pazzo di Malocchio per valutare la sua capacità decisionale.
In quel caso, una sfuriata non gliel’avrebbe levata nessuno: era una Metamorfomagus, i travestimenti erano la sua specialità! Non le era mai passato per la testa di indossare le sue magliette dei concerti per nascondersi nella boscaglia dietro al maniero dei Malfoy, proprio per quel motivo si era decisa a fare shopping, cosa che tra l’altro odiava. Si pentiva solo di aver chiesto l’aiuto di quel simpaticone del suo excompagno dell’Ordine preferito. Era felice del fatto che fosse tornato a essere divertente, mettendo da parte i musi e le gelosie, ma ora stava esagerando nel senso opposto!
Remus sembrò deluso dal suo comportamento responsabile.
“Senti, io non so cosa ti passa per la testa, ma ora ho proprio bisogno di bere qualcosa. Dai qua!” decise, sottraendogli la bottiglietta di Burrobirra a cui si attaccava ogni volta che gli scappava da ridere.
Lui reagì in una maniera del tutto inaspettata.
“Ehi! Ma cosa ti viene in mente?” le disse con voce dura, riprendendosi il maltolto. “Se volevi bere alcolici, avresti dovuto pensarci prima! Esistono un buon numero di anticoncezionali in commercio e sono tutti efficaci. Vuoi che te li elenchi e ti spieghi come si usano?”
Tonks sbatté le palpebre.
“Cosa?”
“Certo,” proseguì, concentrando lo sguardo sull’ampia scollattura della t-shirt troppo grande che lei indossava. “Se l’avessi fatto con me, non ne avresti avuto bisogno. Io non posso riprodurmi.”
Tonks sentì la testa girare per la confusione.
“Sarebbe a dire che ci stai provando con me? È l’approccio più bislacco che abbia mai ricevuto!”
Remus sembrò tentato.
“Mi piacerebbe, ma...”
“Ti piacerebbe?!”
Lui si mostrò offeso.
“La cosa ti stupisce? Sono un uomo anch'io, sai. E sono due ore che ti osservo spogliarti, non sempre dietro la tendina tral’altro, senza un minimo di riguardo né per me, né per il bambino.”
“Cioè mi sbirciavi, razza di...” si interruppe, facendo un veloce esame di coscienza. In effetti non aveva fatto molto per cercare di essere discreta. Ma non era rotolata fuori tre volte dal camerino mezzo svestita, strappando anche in un’occasione la tenda calpestandola sotto ai piedi, per cercare di sedurlo. Era solo la sua solita imbranataggine, e... “Aspetta un secondo, ma quale bambino? Qui non ci sono bambini!”
“Tu e Magnus...”
“Io e Magnus abbiamo sempre usato le dovute precauzione. Per Merlino, Remus! Pensavi mi fossi fatta mettere incinta?”
Gli occhi di lui lampeggiarono, ma la sua ira si risolse subito in un rossore imbarazzato.
“Ma... e  il vestito per il matrimonio, allora?” obiettò, indicando il mucchio di vestiti scartati gettati sul pavimento.
“Chi si sposa?”
“Tu e Magn...” Remus si zittì, valutando attentamente come proseguire.
“Ma come ti è venuto in mente? E pensavi che intendessi andare all’altare vestita così?” gli chiese sconcertata. “Mia madre... BUM!” urlò subito dopo, senza poter trattenere le risate. “Già! BUM! E mi Schiantava! Immagino tutta la scena...” socchiuse gli occhi e si godette il filmino mentale a lungo, prima di riuscire a tornare seria. “Non ha ancora digerito il fatto che sono entrata nell’Ordine, questo sarebbe stato il colpo di grazia. Ma tu ancora non l’hai capito perché alla gelateria Magnus ti aveva invitato a sederti?”
Remus si strinse nelle spalle.
“Simpatia? Colpo di fulmine?”
Tonks ridacchiò, rifilandogli una sberla amichevole sulla nuca.
“Che idiota che sei! No, sapeva che volevo lasciarlo ma che non avrei potuto umiliarlo davanti a un amico... o zio... o quello che sei per me,” gli strizzò l’occhio. “Insomma, sei stato solo una proroga al momentaccio in cui l’avrei mollato in lacrime.”
“La verità è che l’hai lasciato in lacrime, allora,” comprese lui, rilassandosi visibilmente.
“Non proprio,” ammise. “Io non sono il genere di donna per cui si piange. Tranne quando faccio del male fisico a qualcuno a causa della mia disastraggine, ovvio. Temo di essere più che altro un simpatico passatempo,” accennò a un sorrisetto,  per fargli capire che la dura realtà non la feriva minimamente. Ci aveva fatto il callo.
Remus si mostrò colpito dalle sue parole.
“Chi ti ha detto questo?” le chiese dolcemente.
“Gli uomini perdono la testa per donne tipo la ragazza di Bill,” rispose lei, sfidandolo a contraddirla.
“Gli uomini.”
“Esatto.”
“Ma i lupi mannari...”
“I lupi mannari cosa?”
“Uhm?”
“I lupi mannari cosa?” insisté, sulle spine.
“Oh, niente...” svicolò lui, ma senza levarle gli occhi di dosso.
“Guarda che ho ancora in ostaggio Coccole,” lo minacciò.
“Ora ne vorrei un po’, grazie,” le disse lui, come se stesse facendo un’ordinazione al ristorante.
“Sarebbe a dire che ci stai provando con me, vero?” si accertò Tonks, temendo di aver frainteso di nuovo e desiderasse invece fare merenda con una coscia del tenero gufetto che non aveva avuto ancora occasione di restituire a Kingsley.
Lui la prese per mano quasi con urgenza e l’accompagnò nel camerino di prova, estraendo la bacchetta da sotto la giacca. L’incantesimo Salvio Hexia, con cui li Occultò, fu una risposta più che sufficiente.





In spaventoso ritardo... ma alla fine ce l'ho fatta! Evito di fare pronostici per il prossimo capitolo, incrociamo le dita XD
Se trovate delle incongruenze ditemelo, perché malgrado abbia la storia scritta a penna è passato così tanto tempo dallo scorso capitolo che potrei aver confuso qualcosa.

Grazie per la pazienza
Fri













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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Bussavano forte alla porta da almeno mezz'ora quando Tonks finalmente si decise a dar retta all'ospite.
Era così presa dagli ultimi eventi che dentro la sua testa, appena il lavoro e l'Ordine le davano tregua, tutto si faceva piccolo piccolo in un angolino e all'improvviso esistevano solo lei, Remus e quel fantastico camerino di prova, il posto più romantico ed eccitante che avesse mai frequentato.
“Tonks! Dove Merlino eri finita? Stavo per usare la bacchetta!” le ansimò in faccia un Magnus visibilmente preoccupato. “Oh, tesoro, temevo fosse successo il peggio!”
Lei sbatté gli occhi infastidita.
“Non chiamarmi 'tesoro'!” lo riprese. “E' linguaggio di coppia e noi non lo siamo più. Mi spiace.”
Ci voleva polso per troncare una storia, cosa che a lei in genere non mancava, ma che le costava un considerevole sforzo usare quando c'erano di mezzo i sentimenti altrui.
Magnus aggrottò appena la fronte, le girò attorno e raggiunse senza una parola l'ingombro tavolo del suo cucinino. Si era sfilato una copia della Gazzetta del Profeta dal mantello e la posò sullo schieramento di tazze e bicchieri vuoti che occupavano, incastrati come in un puzzle, ogni centimetro del tavolo.
Quello è un lupo mannaro!” esordì, invitandola ad avvicinarsi. “Proprio così!”
Tonks riconobbe l'articolo della Skeeter sull'allora ultimo acquisto di Albus Silente per la sempre vacante cattedra di Difesa Contro le Arti Oscure. La giornalista sosteneva che l'unico scopo del lupo mannaro Remus J. Lupin era stato, fin dal principio, quello di selezionare gli allievi più grassi per poterli usare come snack durante i pleniluni, a partire dal tondo Neville Paciock. Lavoro di routine per un mostro come lui, ma la situazione era davvero precipitata quando Sirius Black, evaso da poco e vecchio amico del 'professor Lupin', gli aveva dato il compito di sbranare nientemeno che Harry Potter.
“Anche se apparentemente poco commestibile, la carne sull'osso è  molto più saporita,” pare avesse argomentato Black per convincere il goloso amico.
Tonks aveva già letto quella porcheria anni prima, rammaricandosi di non aver incrociato quel professore così interessante durante la sua carriera scolastica.
“Allora?” la sollecitò Magnus, visibilmente deluso dalla sua mancata reazione.
“Boh,” borbottò lei alzando le spalle. “Non sono così convinta che la carne attaccata all'ossa sia migliore. A me un po' di ciccetta piace, ammorbidisce...”
Magnus scosse il capo, incredulo. Quello che finalmente aveva capito sembrava non piacergli affatto.
“Tu lo sapevi? Sapevi quello che era?” l'accusò ferito, abbandonando le braccia lungo i fianchi, i pugni chiusi.
“Sì, ma non fa niente. I pregiudizi...”
Non fa niente?” ripeté lui, e pareva davvero sconvolto.
Tonks si rese conto di aver sottovalutato la situazione: quando aveva aperto la porta pensava che lui fosse solo ancora un po' scocciato per essere stato mollato perché, doveva ammetterlo, ci era rimasto male sul momento, ma c'era ben altro sotto.
“I miei genitori sono stati ammazzati da quelli! Stavano tutti dalla parte di Tu sai Chi e i Mangiamorte se ne servivano come armi! E tu... tu... credevo fossi un Auror! E invece te la fai con le Creature Oscure amiche dei pluriomicidi!”
Tonks gli strinse un braccio, era molto addolorata per lui.
“Mi spiace, io non lo sapevo,” gli disse dolcemente, ma lui si divincolò, tirando su con il naso.
“Te la fai con i cani dei Mangiamorte!” l'accusò nuovamente con voce rotta e il viso, ancora così simile a quello di un ragazzino, congestionato.
Era sempre stato un giovane molto fragile, incline alle parole dolci e alle tenerezze, spesso ostentate, come se avere un pubblico rendesse più reale la loro relazione. Era gentile e poco incline all'ira ma spesso non sincero, cosa che li aveva fatti litigare in più di un'occasione. Questa volta però l'idea che lui stesse mentendo non la sfiorò neppure: era troppo sconvolto.
“Remus non ha niente a che fare con loro. E' anche lui una vittima come te, lasciami spieg...”
Lui le brandì contro il quotidiano.
“Ha quasi sbranato Harry Potter!”
“La Gazzetta è una porcheria e tu lo sai!”
Magnus, per nulla persuaso, scosse incredulo la testa, indietreggiando con un braccio teso dietro la schiena.
“Vedrai!” mormorò.
Tonks non si sentì minacciata, solo dispiaciuta.
“Vedrai!” ripeté. “Lo dirò a tuo padre, lui darà ragione a me!”
La sua uscita era così infantile che tutto ciò che suscitò in Tonks fu compassione.
“Se può farti sentire meglio...” tentò comprensiva.
Lui parve deluso.
“Lo farò. Qualcosa farò!” promise a denti stretti, trovando infine la porta con la mano e sbattendosela alle spalle.

***

“Non avrei dovuto farlo,” mormorò nuovamente Remus tra sé e sé e Sirius, fino ad allora assorbito totalmente dai propri pensieri, finalmente si accorse della sua presenza.
“Oh! Lunastorta!” esclamò. “Cos'è che non avresti dovuto fare?”
Non attese una risposta, prese invece una delle sedie della sala da pranzo e si accomodò di fronte a lui, studiandogli attentamente il viso.
“Sembri diverso. Più rilassato e... cos'è quell'aria soddisfatta?” rifletté ad alta voce. “E' come se tu avessi... Aspetta! Sei tornato a Hogwarts senza di me? A sgranchirti le gambe nella Foresta Proibita?  Non mentirmi, non c'è niente che mi tiri su come tornare ai vecchi tempi!”
Remus sorrise, era proprio quello che gli serviva.
'Mi tiri su'? Pensavo stessimo parlando di me,” ironizzò divertito. Era comodo parlare con Sirius, era così distratto ed egocentrico che poteva sfogarsi con lui senza doversi preoccupare di essere ascoltato davvero. Un po' di sollievo con il minimo della fatica: non chiedeva altro.
Sirius parve non afferrare.
“Diciamo che ho fatto un po' di ginnastica,” approfondì allora. In fondo era la sacrosanta verità: lui e Tonks avevano sgranchito parecchi muscoli, pompato sangue a velocità folle e... si morse forte le labbra. Ricordare troppo poteva portare a risvolti imbarazzanti.
“Ma non a Hogwarts,” si sincerò Sirius.
“No.”
Ma non era ancora soddisfatto.
“Allora sei stato con Harry?” indagò geloso.
Remus non poté reprimere una smorfia, il doppio senso involontario era agghiacciante!
“Su, Lunastorta, non fare quella faccia, 'La carne sull'osso è molto più saporita', ricordi?”
Lui ricordava, ricordava eccome.
“Conservi ancora quella copia della Gazzetta del Profeta?”
Sirius raccolse dalla tavola l'ultimo numero del quotidiano, appena arrivato via gufo e ancora arrotolato, fingendo di leggerlo.
“Certo. Conto di contattare al più presto la Skeeter per proporle di scrivere i miei futuri dialoghi. Visto che ora è disoccupata sarà una grande occasione per tornare sotto i riflettori, per lei. Personalmente, trovo abbia talento,” ghignò, lanciandogli il fogliaccio. “Ma si può sapere perché sei pentito di aver fatto ginnastica? Senza offesa, ma ne avresti proprio bisogno.”
Remus spiegò il giornale ridendo. Non aveva tutti i torti, ne aveva un grandissimo bisogno. Anche nel senso che intendeva lui.
“Non sono pentito della ginnastica, ma di aver omesso informazioni a... un membro dell'Ordine,”
ammise.
Avrebbe  dovuto dire a Tonks che era stato Magnus a mettergli in testa l'idea del matrimonio, mentendogli. Sul momento aveva temuto di fare una figura meschina facendo la spia, ma poi, riflettendoci, aveva capito che, per quanto lui sembrasse innocuo, avrebbe potuto fare anche di peggio. Tonks doveva essere informata.
L'occhio gli cadde su uno degli articoli al piede delle pagine centrali della Gazzetta.
“Il feroce lupo mannaro e il padre del 'Ragazzo che è Sopravvissuto': altre ombre sul passato del giovane squilibrato affamato di protagonismo?” titolava.
Troppo tardi.




Rieccomi! Stavolta sono stata piuttosto veloce, no?
Spero che il capitolo non sia troppo confuso, nel caso, chiedete ^^
ciao ciao
Fri



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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


“Davvero ha fatto questo?” esclamò Lucy incredula. “Non sembrava proprio il tipo capace di una qualsiasi cattiveria. Era così... tenero!”
Tonks ripiegò la Gazzetta del Profeta, ripensando a quello che era successo quella mattina. Arrivata al Ministero della Magia era inciampata in... non sapeva bene cosa, finendo con la pancia sulla scrivania di Robards e ribaltandosi dall’altra parte. Quando si era ripresa dalla botta aveva scoperto di essersi trascinata dietro tutte le cianfrusaglie del collega, compresa la copia della Gazzetta che si era poi portata a casa.
Aveva faticato a rimanere con le mani in mano nel suo ufficio tutta la mattina, e quando finalmente il suo turno era finito si era Materializzata direttamente alla serra di suo padre, pronta a fare il terzo grado a Magnus.
Lucy, seduta davanti a lei all’altro capo del tavolo della sua cucina, passò la bacchetta sul bordo dei bicchieri che ancora non aveva trovato la voglia di mettere a posto, con l’intento di pulirli, riuscendo però solo a farli suonare come dei flauti con la tosse.
Era l’unica amica di Hogwarts che aveva continuato a frequentare una volta finita la scuola, ed erano riuscite a rimanere in contatto solo perché anche lei lavorava al Ministero, nel Dipartimento delle Catastrofi e degli Incidenti Magici.
“Ci ho parlato, e...” iniziò a confidarsi, ma venne interrotta dal vortice che turbinò al centro della stanza.
“Ahi...” le sfuggì, quando l’uomo che si era Materializzato ebbe smesso di girare su se stesso, indovinando senza troppa fatica il motivo della visita tanto repentina.
Era pronto a partire subito all’attacco, era palese, ma quando notò che non era sola si bloccò, allarmato.
“Lui chi è?” approfittò subito Lucy, fissandolo curiosa. “Aspetta, aspetta! È quel tipo buffo di cui mi hai raccontato?”
Remus mormorò un flebile: “Come buffo?”, che Tonks coprì involontariamente con la propria voce:
“Dipende... se intendi Remus...”
Lui si irrigidì ancora di più, mettendosi sulla difensiva come se l’avesse appena sbattuto con le spalle al muro e colpito allo stomaco.
“Di quanti ‘tipi’ le hai raccontato, di preciso?” masticò tra i denti, trattando le parole come bocconi da fare a pezzi.
Lucy, ignara della tensione piombata nella stanza, proseguì tranquilla:
“Quindi sei tu?”
Lui sciolse i pugni e si passò i palmi sul mantello rattoppato, con tutta l’aria di stare riflettendo molto velocemente.
Tonks si sentiva strana nel vederlo tanto in difficoltà, e anche se non riusciva a capire il motivo del suo disagio, sentì forte il desiderio di alzarsi e andare ad abbracciarlo.
Solo la certezza che non gli avrebbe fatto piacere un gesto simile davanti ad altri la trattenne seduta al suo posto: era buffo come il desiderio di soccorrere chi non voleva aiuto potesse essere molto più forte di quello di farlo con chi lo esigeva manifestamente.
“Insomma, sei tu o no?” lo spronò nuovamente Lucy.
“Questo dipende da cosa ti ha raccontato Tonks su di me, suppongo...” formulò cauto Remus, in un tono scherzoso vagamente forzato.
Lucy scoppiò a ridere, non aveva ancora notato l’imbarazzo del suo interlocutore, che stava chiaramente vivendo l’interrogatorio come una serie di dolorosi Cruciatus.
“Oh, Tonks mi ha dett...”
“Lucy!” la zittì, guardandola intensamente. Per nulla al mondo doveva fare allusioni sul fantastico camerino di prova di cui alla fine le aveva solo accennato qualcosina... ma poco poco...
Lei capì al volo, risolvendo la situazione con un:
“Io sono Lucy,” seguito da un gesto della mano con cui invitò Remus ad accomodarsi accanto a lei.
Lui spostò il peso da un piede all’altro, rimanendo sul chi vive.
“Remus Lupin, visto che mi pare del tutto inutile negare...” decise infine, accogliendo l’invito a sedersi.
“Per Merlino, Tonks, stavolta ti sei trovata davvero un uomo! Non mi avevi detto che era così grande!” commentò Lucy compiaciuta.
Lei si strinse nelle spalle, non aveva mai riflettuto sull’età di Remus, perché non le era parsa una questione importante.
“Quindi eri davvero dello stesso anno di James Potter!”
Remus non guardò Lucy ma lei, con un’espressione indecifrabile.
“Stavamo discutendo dell’articolo apparso oggi sulla Gazzetta,” gli spiegò. “Dalla faccia che hai messo su sono certa che l’hai visto…” gli spiegò.
Lui sembrò provare una piccola fitta, la fronte che si aggrottava appena.
“Sono venuto qui per questo. Quindi Lucy ha letto che sono un…” lasciò la frase in sospeso, studiandosi attentamente le mani strette in grembo.
Lucy scoppiò a ridere di gusto:
“Oh, non ti preoccupare, nessuno potrebbe mai pensare che tu sia un feroce lupo mannaro! Più della metà delle cose che ci propina la Gazzetta del Profeta sono porcherie!”
Remus alzò appena gli occhi su Tonks e lei capì che buona parte della sua preoccupazione era dovuta proprio a quello: Lucy sapeva cosa era?
Ma lei non le aveva detto nulla, anche quel particolare le era parso di scarsa importanza.
Remus sembrò sollevato, non la stava compromettendo agli occhi dell’amica, che lo vedeva come una persona normale.
“Perdonami, Lucy,” le si rivolse gentilmente. “Ma vorrei discutere con Tonks in privato. Ti spiace se ci assentiamo un attimo? Suppongo che andare in un’altra stanza sia sufficiente.”
Tonks osservò in tralice l’amica.
“Non sottovalutarla,” disse serissima.
“Ehi!” protestò l’altra, fingendosi arrabbiata. “Guarda che la ficcanaso universalmente riconosciuta sei tu!”
“Solo perché mi faccio regolarmente beccare, al contrario di te!”
“La discrezione non è un difetto,” ammiccò Lucy, alzandosi e prendendo il mantello. “Ciao ciao Remus, piacere di averti conosciuto!”

 
***

Una volta rimasti soli, Remus riacquistò l’espressione arrabbiata che aveva appena apparso nella stanza, come se l’avesse tenuta in serbo per lei.
“Mi spiace per quello che ha combinato Magnus,” esordì Tonks, non perché lo temeva, ma perché era la verità.
“Spiace più a me. Ha infangato James per colpirmi! Sapeva che se non avesse infilato il nome ‘Potter’ nella sua balla, a nessun giornalista sarebbe importato di scrivere di uno stupido lupo mannaro!”
Tonks avvicinò la sedia alla sua, grattando rumorosamente il pavimento.
“Ma avresti dovuto vederlo, era talmente sconvolto! Anche prima, quando sono andata da lui per dargli un pugno su quella sua zucca vuota…”
“Lo difendi?” sbottò lui, per nulla impietosito.
“Beh, è facile parlare per te, tu non c’eri.”
“Cos’ha fatto? Ha pianto? Oh, poverino…” grugnì sarcastico, con una cattiveria di cui non credeva fosse capace.
“Sei ingiusto, tu non sai nulla!”
“Spiegami, allora,” la sfidò, incrociando le braccia al petto.
“Ha scoperto quello che sei e… i suoi genitori sono stati uccisi durante la Prima Guerra dai lupi mannari alleati con Voldemort. Insomma, l’ho lasciato per te e non capisce che non sei come loro, prova a metterti nei suoi panni!”
Remus tornò a fissarsi le mani, scuro in volto.
“Nessuno vede differenze tra me e i miei pari. Questo lo capisco. Ma non doveva mettere in mezzo altre persone. Harry viene già regolarmente umiliato su ogni numero di quel maledetto giornale, non doveva toccare la sua famiglia.”
“Lui non voleva…”
“No! A lui semplicemente non importava!” si infiammò Remus. “Come pensi si sentirebbe se per vendicarmi adesso andassi io a raccontare qualcosa di schifoso su suo padre?”
Tonks si morse le labbra, non aveva preso in considerazione quel punto di vista.
“Hai ragione, ma visto il suo passato posso capire…”
Remus la guardò con commiserazione, cosa che la fece sentire molto stupida.
“Cazzate. Magnus non è certo l’unico ad avere perso i genitori in maniera violenta durante la guerra, questo non gli da’ carta bianca per andare in giro a denigrare i genitori degli altri ragazzi che hanno patito la sua stessa sorte. Questa scelta l’ha fatta da solo, ed è patetico che i farabutti abbiano sempre qualcun altro da incolpare.”
Tonks pensò a sua madre, educata da Black. Sarebbe stato facile per lei usare la propria famiglia come alibi per ogni suo errore, ma non gliel’aveva mai visto fare. E nessuno, neppure lei, l'aveva mai giustificata con quella scusa. Tuttavia non si arrese, perché non si riteneva così tanto nel torto come Remus la giudicava.
“Remus, tu hai ragione, ma Magnus non ha fatto una cosa così grave e non metterà in piedi nessun altro casino, te l’assicuro. L’ho minacciato di brutto e guarda che so fare davvero paura!”
Lui l’ascoltava distrattamente, come preso da altro.
“E se lo facessi davvero? Se andassi davvero alla Gazzetta con una storia sui suoi genitori? Saresti così facile al perdono anche con me?” la provocò, ancora in collera, ma con gli occhi tristi.
Tonks, presa alla sprovvista, cercò dentro di sé una risposta sincera. Probabilmente la stessa che lui aveva supposto.
“No, non credo. Ho un’opinione troppo alta di te per perdonarti una cosa simile.”
In fondo il suo era un complimento, ed era così che Remus doveva prenderlo. Forse avrebbe trovato la risposta ingiusta, visto che sapeva della sua infanzia di certo non più facile di quella di Magnus, ma Remus era migliore di lui. Malgrado negli ultimi giorni l’immagine idealizzata che si era fatta di lui si fosse via via fatta meno solida, aveva capito che a essersi sbagliata era stata lei: nessuno era perfetto ed era stato infantile da parte sua crederlo possibile.
“Ma anche io ne ho bisogno…”
Le aveva parlato con un tono tanto strano da farla preoccupare.
“Oddio, Remus, bisogno di che cosa?”
“Del tuo perdono. Non lo vedi? Me la sono presa con te anche se tu non hai colpa di quello che ha fatto Magnus, solo perché… non lo so.”
Tonks aggrottò la fronte.
“Ah… già. Non ci avevo neppure pensato, fai te.”
Lui accennò un sorriso, prima di continuare.
“Io lo so che sbaglierò in continuazione con te, e tu già in partenza mi neghi il tuo perdono… ”
Finita la frase trattenne il fiato di colpo, sorpreso dalle sue stesse parole, e sembrò lambiccarsi alla ricerca di una scappatoia.
“Ma non voglio parlare di me,” si affrettò a chiarire scrutandola con apprensione, come se si aspettasse di venire subito sommerso da un fiume di domande sulle sue insicurezze.
Tonks provò la stessa intensa sensazione di quando l’aveva visto inerme davanti alla curiosità di Lucy e rispose d’istinto: si sporse verso di lui, schioccandogli un bacione a labbra chiuse sulla bocca: i gesti potevano essere più di conforto di mille parole.
Lui non reagì, ma quando lei fece per ritrarsi le mise le mani sulle guance, trattenendola.
“Grazie,” le mormorò contro le labbra.
“Il tuo respiro mi fa il solletico al naso,” ridacchiò lei, chiudendo anche il suo viso tra le mani.
“Sei bella, sai?”
“Sono un ‘tipo’, diciamo,” scherzò, piacevolmente sorpresa dal complimento.
“Sei l’unico ‘tipo’ di cui mi piacerebbe parlare ad un amico,” le appoggiò la fronte contro la sua, avevano gli occhi così vicini da vedere nient’altro che il colore immenso di quelli dell’altro. “Tonks... me lo dai un altro bacio?”
 
 
 
 
 
 
Ok, sono moooolto in ritardo. Ma ormai non è più una novità. La storia è quasi finita, comunque, e come sempre vi ringrazio per la pazienza e vi invito a farmi notare incongruenze e pasticci, se ce ne sono ^^
Non mi era mai capitato di dovermi dilungare tanto nella scrittura di una long…
 
 
“Cazzate. Magnus non è certo l’unico ad avere perso i genitori in maniera violenta durante la guerra, questo non gli da’ carta bianca per andare in giro a denigrare i genitori degli altri ragazzi che hanno patito la sua stessa sorte. Questa scelta l’ha fatta da solo, ed è patetico che i farabutti abbiano sempre qualcun altro da incolpare.”
 
Questa è una parafrasi adattata al contesto di una frase di “Uomini che odiano le donne” di Stieg Larsson. Ho adorato Lisbeth, la protagonista femminile, quando la dice: sono completamente d’accordo con lei. Maltrattamenti, traumi ect… non sono una giustificazione. Si sceglie di fare del male e lo si fa perché è quel che si vuole, altro che ‘poverino’.
(ps- qualcuno ha visto il ramake americano del film svedese tratto da questo libro, in uscita in questi giorni al cinema? Se sì… com’è?)

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Tonks ammiccò, trattenendo un sorriso.
“So cosa ci vorrebbe, adesso!” affermò, lasciando la questione in sospeso, certa che lui avesse già capito.
Remus si succhiò il labbro, chinando il capo e fingendo di cercare una risposta nelle mattonelle polverose del pavimento dell’abitazione di lei.
“Ti piacerebbe...?”
“Cosa?” lo incalzò, appendendosi alle sue spalle. Non stava più nella pelle, era adorabile!
“Un appuntamento?”
Sorprendentemente, pareva che trascorrere qualche ora sola con lui fosse quello che più desiderava.
“Però io non ho molti soldi,” chiarì subito, sperando che non si illudesse che potesse organizzare cose come costose cene a lume di candela.
“Su, non fare quella faccia da Cioccorana!” obiettò subito lei, ridacchiando. “Quello che ho in mente non costa niente ed è uno spasso assicurato!”
Remus non riuscì a impedirsi di mutare espressione. Forse intendeva replicare quello che era successo nel camerino?
“So benissimo a cosa stai pensando!” lo avvertì Tonks, incrociando le braccia al petto. “Quindi sputa pure il rospo.”
“Hai frainteso,” cercò di battersela lui.
“Non credo proprio.”
“Faccia da Cioccorana, rospo... dovrei assomigliare a un lupo, non a un anfibio...”
Tonks liquidò il suo tentativo di cambiare discorso con uno sbuffo.
“Non cercare di confondermi, tanto non attacca! Comunque non ti preoccupare, se non ti ci senti portato, ti insegnerò io a saltare,” lo minacciò enigmatica. “E mi raccomando, non dimenticare di portare la tua scopa!”
 
***
 
Trovare un giorno libero per entrambi non fu facile. Quando finalmente Remus si presentò all’appartamento di Tonks con la sua scopa sottobraccio, erano ormai passate due settimane dal loro ultimo incontro al di fuori dei turni dell'Ordine.
Tonks lo salutò con un entusiastico abbraccio che costò a entrambi un bernoccolo sulla fronte, prima di trascinarlo dentro con una certa irruenza.
“Ti stavo aspettando!” trillò, indicando la sua camera da letto. “È già tutto pronto!”
Remus sapeva che avrebbe dovuto almeno provare a obiettare davanti a tanta audacia, ma in fondo avevano già fatto l’amore in precedenza e lui la desiderava così tanto che non aveva la forza di...
Perse il filo dei pensieri varcando la soglia della stanza.
“Ma cosa?!” sbottò esterrefatto.
Aveva le dimensioni della Sala Grande di Hogwarts, tanto che per contrasto il letto sembrava un modellino per le bambole, così come la cassettiera, che vibrava sotto i colpi di qualcosa che cercava di liberarsi dal suo interno con violenza.
Si chiese confusamente perché Tonks tenesse un Molliccio tra la biancheria intima.
“Incantesimo di Estensione Irriconoscibile,” spiegò lei, abbracciando la stanza con lo sguardo. “Ci so fare, eh?”
“Eccome!”
“Ti piace il Quidditch?”
Remus strinse appena gli occhi, intuendo finalmente le sue vere intenzioni.
“Molto. E tu? Eri nella squadra di Tassorosso?” domandò, studiando il campo da gioco. In fondo non era deluso dalla trovata di Tonks, la voglia di divertirsi non l’aveva mai abbandonato, anche se la vita, per tanti anni, l’aveva privato di ogni possibilità di lasciarsi andare a frivolezze.
Lei fece una smorfia.
“No. Ho dovuto sgobbare come una matta per strappare a Piton i voti che mi servivano per essere ammessa al corso per Auror, non mi rimaneva molto tempo per fare altro. Quel vecchio untuoso ha derubato i Tassorosso di una stella del Quidditch!”
“Ha la mia età...” borbottò Remus, avvertendo una fastidiosa fitta tra le costole.
Tonks sgranò gli occhi.
“Quello? Sì, figurati!”
“Guarda che è vero...”
Tonks appellò la scopa e quella che gli parve una mazza da Battitore, liberando poi con la bacchetta ciò che teneva intrappolato nella cassettiera.
“Oh,” si limitò a commentare Remus, riconoscendo un Bolide. Avevano un’aria molto pericolosa, lei e la palla di ferro che iniziò subito a sfrecciare impazzita per la stanza.
“Guarda il lato positivo, potresti sempre cadere sul letto. Non è impossibile,” gli sorrise perfida, spiccando il volo per attirare il Bolide verso di sé.
Remus pensava, vista la struttura esile di Tonks, che volesse giocare a rincorrere il Boccino d’Oro, e si preoccupò non poco quando il Bolide si gettò su di lei, non credeva possibile che nelle sue braccine potesse avere abbastanza forza da respingerlo.
Si sbagliava di grosso.
Era stato veloce, ma malgrado quello non era stato colpito solo per un soffio.
“Non sottovalutarmi!” gli consigliò Tonks.
No, non l’avrebbe fatto più, questo era certo!
“E tu non sottovalutare me, sono bravo a scappare.”
“E a nasconderti,” aggiunse Tonks, ributtando energicamente il Bolide nella sua direzione.
Remus, troppo occupato a evitare di farsi sfondare la faccia dalla palla di ferro per riflettere, decise di andare subito al sodo.
“Qual è di preciso lo scopo di questo gioco?” domandò trafelato. “Non ci sono porte, né Pluffe con cui segnare punti…”
Tonks cercò nello spazio attorno a lei la palla, preparandosi a colpire di nuovo.
“Non ha senso, vero?”
“No.”
“Come non lo ha nasconderti con me,” lo studiò intensamente.
Aveva capito l’antifona: d’altronde lo sapeva già, non si sarebbe accontentata di quel poco che invece, a tutti gli altri, bastava sapere di lui. Con lei sarebbe stato costretto ad esporsi. “Bella lezione, vero, professore?” proseguì ispirata. “Mi ci vedo così tanto ad insegnare a Hogwarts!”
“In quanto a pericolosità, seconda neppure ad Hagrid,” borbottò Remus tra i denti.
“Come?”
“Ehm… Quindi se ti parlo a cuore aperto, la smetti di cercare di ammazzarmi?”
“Esatto! Io voglio conoscerti, conoscerti davvero. Ci stai?” esclamò lei, già trionfante.
Remus attese che colpisse il Bolide, indirizzandolo lontano da lui, prima di rispondere.
“No!” rise, a pericolo scampato.
Tonks gli puntò subito contro la scopa, e in un attimo gli fu addosso, semplificando al Bolide il suo compito: ora aveva un unico obiettivo.
Entrambi vennero abbattuti, e precipitarono mancando di parecchie misure il letto.
“Male?” bofonchiò Tonks, tentando di alzarsi dal pavimento con i fianchi doloranti tenuti tra le mani.
Remus, steso a pancia in giù, aprì un solo occhio, facendo leva sulle braccia.
“Visto la tua vasta esperienza nonché la promessa di insegnarmi a saltare, credevo sapessi che quando si cade da un’altezza che lo consente, bisogna girarsi in volo e parare il colpo con le mani,” espose, assumendo un’aria grave. “Comunque sì, fa male, ma almeno io non sono caduto sul mio fondoschiena.”
Lei strinse nella mano destra la mazza che l’aveva accompagnata nella caduta.
“Rimediamo subito!” gli sorrise angelica, dandogli una sonora sculacciata.
“Scommetto che non hai mai provato nulla del genere,” stabilì orgogliosa.
“Hai ragione, mia madre era una dilettante, in confronto a te,” soffiò lui, con le lacrime agli occhi.
Rotolò prudentemente sulla schiena, in modo da sottrarre la parte lesa ad ulteriori, amorevoli attenzioni.
“E questo non è che l’inizio,” disse lei d’improvviso seria, lo sguardo risoluto.
Remus percepì la freddezza del pavimento attraverso i vestiti lisi: non era una sensazione piacevole.
‘Quando si rimettono i piedi per terra, tutto il divertimento finisce,’ pensò, e non alludeva affatto alla caduta. Ora che aveva la certezza che la sua relazione con Tonks non esisteva più solo nella sua testa, sarebbe stato costretto ad affrontare quei problemi che fino ad allora si era concesso di accantonare.
Tonks si sdraiò accanto a lui e gli fece voltare la testa verso il suo viso: la sentì così vicina ed era così bello che capì che no, non era pronto ancora. Cercava sorrisi e affetto, il tempo per i problemi poteva aspettare ancora un po’.
“Cioè intendi picchiarmi di nuovo?” le chiese, sforzandosi di replicare l’espressione che gli era valsa il simpatico appellativo da Principe Azzurro in attesa del bacio della bella principessa.
“No, Faccia da Cioccorana!” colse al volo lei. “Questo non è che l’inizio della nostra fantastica storia d’amore.”
Remus le fece un caloroso sorriso, trovava la sua genuinità irresistibile. Sapeva come avrebbe dovuto risponderle: con quel ‘ti amo’ che gli era salito subito alla gola. Ma non era pronto neppure per quello. Tonks avrebbe dovuto avere tanta pazienza con lui.
“Assomiglio davvero a una Cioccorana?” le chiese invece.
Tonks avvicinò la bocca alla sua, assaggiandogli le labbra come se fossero fatte di crema.
“Ma no, stupidotto! In realtà sei un gran fico, ma hai lo stesso sapore dolcissimo!”

 
 
 

Ed accomi qui con il capitolo finale. Finalmente, direte voi :-/
Visto che Tonks nel quinto libro è sempre rosa cicca e contenta, ho voluto scrivere un finale allegro, di problemi Remus e Tonks ne hanno già avuti fin troppi nei libri successivi ;-)
Spero vogliate lasciarmi un commentino finale, ho riletto la long e non è poi così male come credevo XD Certo, non è neanche un granché, ma spero vi abbia divertito almeno un pochino.

Grazie a tutti per la pazienza :-)

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