Unbroken.

di _StayStrong
(/viewuser.php?uid=129951)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 19 settembre 1979. ***
Capitolo 2: *** Falle vedere chi sei. ***
Capitolo 3: *** Contro ogni previsione. ***
Capitolo 4: *** Sangue di Purosangue. ***
Capitolo 5: *** Il lato oscuro. ***
Capitolo 6: *** Il bene nel male. ***
Capitolo 7: *** Non doveva finire così. ***
Capitolo 8: *** Sono io ad aver perso. ***
Capitolo 9: *** Bisogno di contatto. ***
Capitolo 10: *** Fotografia di una madre. ***
Capitolo 11: *** Promettimelo. ***
Capitolo 12: *** In attesa della verità. ***
Capitolo 13: *** Vorrei poterti portare via. ***
Capitolo 14: *** Erin Lastrange. ***
Capitolo 15: *** Mancanze. ***
Capitolo 16: *** Voglio vederla. ***
Capitolo 17: *** Lo specchio. ***
Capitolo 18: *** Azkaban. ***
Capitolo 19: *** Il primo incontro. ***
Capitolo 20: *** Hai mai pensato a me? ***
Capitolo 21: *** Tutta questione di destino. ***
Capitolo 22: *** Ricordi e fantasmi. ***
Capitolo 23: *** Svolta. ***
Capitolo 24: *** Il frutto del Bene. ***
Capitolo 25: *** Epilogo. ***
Capitolo 26: *** AVVISO! ***



Capitolo 1
*** 19 settembre 1979. ***


La stanza di Bellatrix Lastrange era ampia e in ombra, delle pesanti tende di velluto verde non lasciavano nessuno spazio al sole settembrino, se non per un piccolo spiraglio formato dove i due drappeggi si dovevano congiungere. L’arredamento era sobrio, per essere una stanza della Malfoy Manor, al centro troneggiava un letto a baldacchino di sera nera e sul pavimento di ebano scuro spiccavano il tappeto verde e due poltrone che quasi sembravano troni, una verde e una rossa. Poltrone che avevano visto anni di confidenze tra sorelle.
 

Draco riuscì ad entrare nella stanza della zia senza troppi sforzi, la porta era rimasta socchiusa e ancora regnava un forte profumo di muschio e cenere, non era passato molto tempo dall’ultima volta che quella donna schiva, pazza e dalla personalità altalenante tra il crudele maniacale e la dolcezza più profonda, ben nascosta, era stata lì.

La guerra era finita da un po’, i Mangiamorte più pericolosi erano stati arrestati e Draco, come la madre e altri, erano stati rilasciati, perché pentiti, o costretti ad unirsi al Signore Oscuro, ma Bellatrix no, non aveva scampato la prigione, neppure se era più morta che viva. L’avrebbero incarcerata anche da morta se solo avessero potuto, era impossibile anche solo pensare che lasciassero in custodia alla sorella Narcissa l’eterna amante di Voldemort. Non alla sorella più debole che non l'avrebbe saputa tenere a freno.

Appena entrato in camera Draco incominciò a frugare nei cassetti della zia, ne apriva uno alla volta e poi cercava, mandava all’aria di tutto, dalla biancheria intima della donna, alle calze, come con le sciarpe. Doveva assolutamente trovare quei documenti, un Accio però non sarebbe bastato, sapeva che Bellatrix non avrebbe mai lasciato quelle carte così indifese.

Maledette carte, venite fuori, cazzo!, pensò tra se Draco Malfoy che alla zia non assomigliava per niente, i suoi lineamenti squadrati, gli zigomi alti, i capelli biondi e gli occhi di ghiaccio, mentre la zia aveva i capelli neri, ricci e crespi, con dei profondi occhi color nocciola, quasi dorati.

Frugava, sbatteva, rompeva e lanciava Draco, senza sosta. Doveva trovare una risposta alle sue domande. Domande che aveva incominciato a porsi il giorno prima della guerra, sentendo la madre e la zia parlare, fuori in giardino, vicino alla serra con i pavoni albini...
 
Sua zia piangeva, era la prima volta che la vedeva piangere, la guardava disgustato da dietro ad un albero, mentre Narcissa le metteva una mano sulla spalla; anche lei aveva gli occhi lucidi, sembrava capire appieno la sorella. Bellatrix, che ha sempre avuto il viso più rotondo di Narcissa, in quel momento sembrava scavata, le occhiaie risaltavano sulla pelle bianca e continuava a sbattere la mano al muro, con un cerca veemenza, come se volesse distruggerlo.
“Bella, basta”gli disse la sorella cercando di calmarla, aveva posato ora entrambe le mani sulle sue spalle, la donna dai capelli scuri cercò di fermarsi, ma prese le mani dell’altra tra le sue con un tale impeto e una tale velocità che Draco ebbe quasi paura per la madre. Bellatrix non aveva un temperamento stabile, poteva essere la più dolce delle donne il secondo prima e il secondo dopo la più crudele delle assassine, la conosceva bene.

Era lei che di sera, quando era bambino andava a volte a leggere le fiabe, altre a farlo spaventare proiettando davanti a lui le immagini dei suoi peggiori incubi e divertendosi nel vederlo spaventato.


“Cissy, l’ho trovata. L’ho finalmente trovata” disse Narcissa abbassò lo sguardo, doveva saperebenissimo di cosa stesse parlando la sorella “Mi somiglia tanto, sai. E io l’ho torturata, io le ho fatto del male Cissy. Ho fatto del male a mia figlia” era disperata, né Narcissa né Draco l’avevano mai vista così disperata, ma Draco era troppo impegnato per pensare all’ultima parola della zia per accorgersi del suo stato d’animo. Come poteva, Bellatrix Lastrange,innamorata da un vita del Signore Oscuro, avere una figlia? Tenuta nascosta poi.

“Bella, basta. Non è tua figlia, non puoi considerare tale una ragazza che non hai cresciuto tu” disse, ma peggiorò solo la situazione, neppure lei credeva alle parole che aveva detto, ma doveva far in modo che la sorella si ricomponesse, mancava poco al momento in cui sarebbero state chiamate a combattere contro Hogwarts, contro tutti, anche i propri cari.

“L’ho tenuta dentro di me nove mesi, e io sono stata solo capace di torturarla, di godere del suo dolore”rispose Bellatrix “Cissy, ti prego, aiutami” pregò la sorella.

Narcissa estrasse la bacchetta e la puntò alla testa della sorella che chiuse per un attimo gli occhi, non avrebbe più provato dolore: “Ti prego Cissy, non farmi più soffrire, lei non deve soffrire. Non voglio metterla in pericolo...” la sorella la guardò per un po’ e sospirò, la bacchetta ancora puntata alla testa dell’altra.

“Ne sei sicura, potresti proteggerla, fare ammenda dei tuoi errori” le fece notare la bionda ma Bella annuì, certo che ne era sicura. Sua figlia la odiava, voleva la sua morte, e non avrebbe mai saputo  o creduto nella sua maternità.

Durante la battaglia, proteggila da me” disse alla sorella, lei annuì e poi si guardò intorno, non accorgendosi del figlio, così vicino a loro, così vicino da aver sentito tutto, pur non avendo capito nulla.

“Oblivium”disse in un sospiro, e la memoria di Bellatrix fu modificata, per la seconda volta nella sua vita.
 
Draco era davanti all’armadio della zia, lo aprì servendosi della magia e poi si tuffò dentro, tra tutti i vestiti lunghi, neri e sgualciti, pizzi e merletti.

La guerra era passata, così come l’inquisizione suprema ai Mangiamorte e lui doveva assolutamente sapere qualcosa in più. Lui, Draco Malfoy era stato ingannato dalla zia che diceva di adorarlo; lui, Draco Malfoy aveva una cugina, da qualche parte e gli era stato tenuto nascosto; lui, Draco Malfoy, l’ex principe delle Serpi, aveva una cugina che era stata torturata dalla sua stessa madre ma lei non lo sapeva. Ne lei né Bellatrix.

Dopo qualche minuto trovò, in un angolo dell’armadio, una cassetta, era di legno scuro, con al centro una pietra preziosa, verde, il colore della casata. Il colore di Serpeverde e dell’uomo che Bella amava più della sua stessa vita.

Draco l’aprì avidamente, e dentro vi trovò quello che cercava, si alzò da terra e prese a sfogliare quei documenti. Documenti del San Mungo, che dava la nascita di una bambina, di nome Erin Lastrange, il 19 settembre del 1979, lo stesso anno in cui era nato lui. Poi degli altri documenti, Babbani, chiaramente falsificati che recavano la stessa data di nascita ma con un nome e un cognome diverso, per spezzare tutti i vincoli con la madre naturale.

Il ragazzo rimase a bocca aperta ed occhi spalancati.

Poi solo tre parole, quasi sussurrate.

“Non è possibile”
 
 
 
 
 
 
 
  

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Falle vedere chi sei. ***


Draco entrò nella sala da pranzo con passo svelto e insolitamente pesante, con in mano la scatola di legno contenente i documenti che scaraventò con forza sul tavolo, nella parte opposta rispetto a quella della madre, seduta a capo tavola, cinque metri distante da lui. Quella sala metteva i brividi, scura, il tavolo stile imperiale, così come le sedie, di legno nero e cristallo, che aveva visto fin troppe riunione tra Mangiamorte e che aveva ospitato pranzi e cene per Voldemort. Narcissa riconobbe subito la scatola, appena il figlio la scaraventò sul tavolo e subito si chiese come avrebbe potuto spiegare cosa fosse successo, ormai quasi diciotto anni fa.

“Per quanto pensavate di tenermelo nascosto, Madre?”chiese con tutta la rabbia e la veemenza che aveva in corpo dopo la scoperta; che la zia gli avesse tenuto segreta una notizia del genere poteva capirlo sforzandosi, ma non la madre che l’aveva sempre portato in palmo di mano, l’unico vero genitore che abbia mai veramente avuto.

“Per sempre, Figliolo, per sempre. Così come per tua zia Bellatrix”rispose la donna serafica, cercando di mantenere la calma e alzandosi, andando verso il figlio e prendendo la scatola, la osservò per qualche momento, quel monile di legno lo aveva regalato lei stessa alla sorella, per il suo sedicesimo compleanno, dicendole di tenerlo come nascondiglio per i suoi più bei ricordi, come la nascita della figlia e i documenti di quella che era diventata crescendo così tanto lontana da lei.

Draco la guardava con il respiro veloce, mentre accarezzava la pietra incastonata nella scatola, non sapeva cosa pensare, aveva fin troppi sentimenti che prendevano possesso del suo corpo. Amore, odio, pena, risentimento, rabbia, rassegnazione, compassione e poi ancora rabbia.

“Perché non mi avete mai detto niente?”chiese lui ancora, sua madre tentò di avvicinarsi per posare la sua mano sulla guancia del figlio, ma il ragazzo si scosto, Narcissa non poteva non capirlo, lei avrebbe reagito probabilmente nello stesso modo

“Perché anche tua zia non doveva ricordare niente, aveva fatto in modo di dimenticare la nascita”rispose la donna, il ragazzo abbassò la testa, lo sapeva, era presente quando lei ha modificato la memoria della sorella, probabilmente neppure per la prima volta.

“Vi ho viste quel giorno, vicino alla serra”disse appoggiando una mano sulla bacchetta, infilata nella tasca anteriore dei pantaloni neri e serrando la mano intorno ad essa, le nocche stavano diventando bianche, non era arrabbiato tanto perché nessuno gli avesse mai detto nulla, quanto per la scoperta di chi fosse la figlia di Bellatrix.
Narcissa annuì lievemente.

“Draco, mia sorella non è sempre stata come l’hai conosciuta tu” disse la donna leggendo negli occhi del figlio solo disprezzo, la sua voce era melliflua “Bellatrix finché ebbe la tua età era una ragazza dolce, affidabile, completamente sbagliata per la casa dei Serpeverde. Lei con noi non c’entrava assolutamente nulla con tranelli, cattiverie, dispetti, era sempre stata calma e posata. Cambiò dopo, con l’ascesa di Tom Riddle. Se ne innamorò perdutamente...” disse, i suoi occhi erano acquei mentre pensava a ciò che una volta era stata la sorella, nulla in confronto alla donna tra le sbarre.

“Lei, lei è figlia di Voldemort?”chiese Draco in un misto tra lo schifato e lo spaventato, no, lei non poteva assolutamente essere figlia sua, non aveva nessuna caratteristica dei Riddle.

Ma ne ha poche anche con i Lastrange e i Black, disse una vocina dentro alla sua testa; fortunatamente la madre negò subito.

 “No, Draco, non è figlia del Signore Oscuro. Ma di un uomo che fu sedotto da Bellatrix, dopo l’ennesimo rifiuto da parte dell’uomo che amava veramente...”rispose Narcissa, perdendosi per un attimo nei sui pensieri.

Amava la sorella, anche se era così diversa da lei, l’amava per il ricordo che conservava nel cuore della ragazzina pura con la quale sia lei che Andromeda, erano cresciute. Ragazzina che, a volte, tra uno sbalzo d’umore e l’altro, riusciva ancora a prendere il sopravvento. Faceva parte dell’altra faccia della medaglia di una doppia personalità compulsiva. Narcissa si ricordava esattamente i nove mesi della gravidanza, nove mesi in cui aveva rivisto quella ragazza che odiava il verde e l’argento, che odiava se stessa per ciò che era diventata.

“Non riesco a capire...”disse Draco confuso, Bellatrix per lui era sempre stata indecifrabile, sapeva del disturbo di personalità, era più che evidente, ma non pensava che una persona così crudele potesse essere nel contempo così fragile, che fosse nata buona.

“Non avrai altre risposte da me, Figlio mio”gli fece notare la madre prendendo la scatola e facendola svanire sotto gli occhi di Draco, riportandola nel posto in cui era stata trovata.

“Non voglio altre risposte, mi bastano i due nomi sulla carta”disse lui dando le spalle alla madre e dirigendosi verso la porta, in quello stesso momento Narcissa lo bloccò con un colpo di bacchetta, costringendolo a girarsi verso di lei. Lui aveva il volto tirato, la fronte aggrottata, la rabbia non l’aveva per niente abbandonato.

“Domani partirai per Hogwarts”disse la madre, solo lei sapeva l’idea che le era appena balenata in testa, una folle idea, più folle della sua vita, del suo matrimonio e persino della sorella.

Draco la guardò spalancando gli occhi il più possibile e alzando un sopracciglio.

“Non se ne parla”disse sibilando in risposta alla madre “Non tornerò in quel posto per essere umiliato” non poteva neppure pensarci, sarebbe stato l’unico Mangiamorte, anche se pentito, lui non aveva mai chiesto di diventarlo, ma sarebbe stato solo, nessuno l’avrebbe considerato, nessuno avrebbe parlato con lui, del suo gruppo no nera rimasto nessuno, alcuni erano morti, altri scappati come il suo migliore amico, altri ancora erano stati messi in prigione, come Theodore.

“Devi andare, devi farlo per te, per far capire agli altri che sei pentito. I Malfoy staranno cadendo a picco ogni giorni che passa, ma tu ti devi rialzare, la tua vita è lunga e potresti ancora essere rispettato. Potresti conoscere meglio tua cugina...”disse guardando il figlio negli occhi, ghiaccio puro, esattamente come quelli del marito, gli stessi occhi di cui si era innamorata appena dopo il matrimonio programmato. Draco all’ultima parola sussultò, il suo cuore incominciò a battere nel petto,come non faceva più da tempo, e non per paura.

“Madre, io non posso farcela”disse sprezzante, ma sprezzante verso se stesso. La madre si avvicinò e appoggiò la sua mano sul petto del ragazzo, lui non si scostò al tocco.

“Si che puoi”rispose le madre “Fai vedere a tutti il vero Draco, quello che ho cresciuto io, non quello che ha ostruito tuo padre, fallo vedere anche a lei” disse, lui annuì e poi si rigirò, ma la madre lo bloccò ancora, questa volta senza l’ausilio della magia.

“Draco, ti sei arrabbiato veramente perché ti abbiamo tenuto nascosto una cosa così grande, o te la sei presa perché provi qualcosa nei confronti di quella ragazza?”chiese a bruciapelo, Draco si girò verso la madre, stizzito ancora di più per quella domanda e poi, senza rispondere, oltrepassò la porta, smaterializzandosi poi in camera sua.


 
 
 
 
  

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Contro ogni previsione. ***


La Sala Grande era silenziosa, si sentiva la presenza di tutte quelle morti durante la battaglia aleggiare tra quelle mura, nessun primo giorno era mai stato così silenzioso. I maghi che avevano fatto ritorno erano pochi, i più grandi erano decimati, i più piccoli invece, anche le nuove reclute, non avevano neppure il coraggio di far domande, di chiedere il perché di tutto quel silenzio, che fu poi interrotto dalla nuova Preside, Minerva Mc Granitt che diede il via al banchetto. Si sentiva per lo più vociare, un vociare che dava incredibilmente fastidio ad Hermione Granger, affiancata da Harry Potter e Neville Paciock, che a volte guardava nella direzione della fidanzata Luna. La guerra era finita, Voldemort era morto e insieme a lui anche gran parte dei loro amici, tra cui Fred, Tonks, Lupin, ma soprattutto erano morti Ginny e Ron. Le metà di Harry e di Hermione, era morto un membro del Trio, era morto parte del cuore di entrambi i grandi eroi della guerra.

Hermione guardava il suo piatto vuoto, non riusciva a pensare a nulla se non all’ultima volta che era stata in quel castello,  quando Ron le era morto tra le braccia e quante volte si erano seduti a quel tavolo, il tavolo di Grifondoro, insieme a chiacchierare e a litigare.

Le sembrava passato un’infinità di tempo, era tutto troppo lontano da lei, orami quei posto non le appartenevano più, guardava la sua spilla da Caposcuola, avrebbe dovuto condividerla con Ron, ma invece...

“Herm, stai bene?”chiese Harry posando una sua mano su quella dell’amica, che era stretta a pugno sopra il tavolo, le nocche erano bianche e i muscoli tirati. Harry la guardava preoccupato, e presto anche Neville si girò verso di lei, tentando di sorridere. Tutti avevano perso qualcosa in quella guerra, persino parte di loro stessi. Ma se alcuni alle perdite era già stato sfortunatamente abituato, per Hermione era una cosa nuova.

La ragazza aveva il volto scavato, era più magra di qualche mese prima, i ricci erano raccolti in una coda alta e le sue occhiaie erano qualcosa di spaventoso, non dormiva da tempo, i suoi sonni erano agitati e pieni di immagini di morte; era di gran lunga quella più provata. Gli occhi avevano smesso di emanare luce propria, l’oro si illuminava solo quando riusciva a piangere, raramente. Per il resto erano spenti. Poteva ridere, sorridere, ma niente era come prima.

No, Hermione Jane Granger, si era a poco a poco lasciata andare al suo dolore, non lo aveva ancora superato e non sapeva quando avrebbe avuto il coraggio di farlo.

“Sta a te, Herm” le aveva detto il suo migliore amico pochi giorni prima della partenza per Hogwarts, in casa dei Granger “Puoi superare il dolore che ti attanaglia, ma devi essere tu a deciderlo. Ron, come tutti gli altri, vivranno sempre nel tuo cuore, se chiudi gli occhi puoi sentirlo” ed era vero poteva sentire una sorta di sollievo solo quando chiudeva gli occhi, senza addormentarsi, poteva sentire ancora la voce di Ron, quasi sussurrata, che le diceva che non doveva mollare, che doveva vivere anche per lui.

“Si, sto bene” rispose Hermione rilasciando il pugno e prendendo per mano l’amico; ma non stava bene veramente, se avesse potuto avrebbe incominciato ad urlare in mezzo alla sala, fregandosene dei commenti che avrebbe sentito. Era pur sempre un membro del Trio Salvatore del Mondo Magico.

Harry le strinse forte la mano, per lui era diverso, lui era abituato, riusciva a vedere sempre il lato positivo, amava Ginny più di se stesso, la portava nel cuore, sapeva che le era vicina, anche se non con il corpo e gli bastava.

Neville sorrise di nuovo e poi rimase imbambolato a guardare verso la porta d’ingresso della Sala, dove si erigeva una figura tenebrosa, slanciata, con la divisa nera e lo stemma del casato di Salazar Serpeverde puntato contro il petto.

Tutti si erano girati verso quel ragazzo dalla pelle diafana e i capelli biondo platino, cresciuto rispetto la battaglia, tutti tranne Hermione, che ancora non si era resa conto di niente.


Draco era sulla porta, sentiva lo sguardo di tutti puntato addosso, per qualche secondo ebbe voglia di tornare da dove era venuto e imboccare la sua scopa per andarsene da quel posto. La marte restante del Trio era al suo solito posto, ma le mancanze erano fin troppo evidenti, il posto di Weasley era stato preso da Paciock, una volta noto come l’amico imbranato dei tre. Ma il suo volto si posò su una persona in particolare.

Erano tutti in silenzio, ma poi questo fu interrotto da un Serpeverde, di un anno più piccolo di Draco, che lo apostrofò indignato: “Non sei degno di stare qui, Malfoy”.

Quando quel nome fu pronunciato la ragazza dagli occhi dell’oro e i capelli ricci alzò lo sguardo, quando vide che il Malfoy in questione era proprio Draco, ebbe un impeto di ira nei suoi confronti, non tanto per lui in se, quanto per il fatto che era un Mangiamorte e che in quel momento si trovava proprio li in quella sala.

“Vattene” disse un’altra voce levatasi dalla sala, questa volta era una giovane strega di Tassorosso a parlare, i professori si alzarono in piedi ma neppure loro sapevano cosa dire; Minerva Mc Granitt fece segno a Malfoy di venire avanti, intimando gli altri studenti di chiudere la bocca.

Hermione aveva ripreso a stringere i pugni e si alzò di scatto, contro ogni previsione, Harry si alzò con lei e gli occhi di Draco incontrarono quelli di Hermione per la prima volta dopo tanto tempo, per la prima volta veramente.

“Herm, siediti” disse Harry “Non fare cavolate, controllati, ti prego. Dobbiamo essere d’esempio” continuò l’amico, ma la ragazza era già sul piede di guerra, si diresse verso Malfoy quasi a passo di marcia, il ragazzo che nel frattempo aveva fatto solo un passo verso la tavola dei Serpeverde si fermò a guardarla, non capendo il perché di quell’avvicinamento.

Negli occhi di lei, però, c’era solo odio, odio e rabbia.

Me ne frego dell’esempio, pensò la ragazza una volta vicina a Malfoy, ci fu un momento in cu sembrò che le loro vesti si fossero scambiate, gli occhi di Hermione erano lo specchio di quelli di Draco e lui ne ebbe paura per un secondo, non l’aveva mai vista così.

Poi alzò il braccio e con tutta la forza che aveva in corpo, tirò uno schiaffo al ragazzo che si piego di lato e si toccò la guancia colpita con la mano.

“Questa è per tutto il male che avete inferto” sibilò la ragazza, poi, sotto gli occhi di tutti, uscì dalla Sala, camminando come se niente fosse. 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Sangue di Purosangue. ***


Il bambino che era sopravvissuto, guardava la sua migliore amica di sottecchi mentre aspettavano che entrasse in Professor Lumacorno per la loro prima lezione dopo la battaglia, erano stati lontani da Hogwarts per circa un anno, non avevano percorso quei corridoi da studenti per troppo tempo; pensava che ritornare sui banchi sarebbe stato un tocca sana per Hermione, anche solo la vista della Sala Grande, ma non era così.
 

Per farla scendere con loro per fare colazione c’era voluta tutta la sua persuasione e lo stesso per farla andare poi a lezione con lui e Neville, insieme ai pochi Serpeverde del loro anni che erano rimasti, tra cui anche Malfoy.

Hermione sfogliava il suo libro con non curanza, tanto per far qualcosa ed Harry se ne accorgeva, vedeva che non c’era vita nello sguardo dell’amica, quel poco ardore l’aveva visto solo la sera prima, quando era andata a prendere a schiaffi Draco, Ron ne avrebbe riso e poi sarebbe corso da lei per complimentarsi. Al solo pensiero Harry abbassò la testa e portò la mano al cuore, il suo migliore amico mancava anche a lui, come gli mancava la sua fidanzata. C’erano notti in cui non riusciva neppure a dormire, esattamente come Hermione, che si girava e rigirava nel letto in cerca di risposte che non arrivavano mai, e quando riusciva ad addormentarsi era stremato e non sognava. Non sognava più dalla fine della battaglia.

Doveva andare tutto bene, sapevano che ci sarebbe stato il rischio di perdere chi più si amava, ma mai avrebbe pensato che cinque delle persone per lui più importanti sarebbero arrivate a mancare; non di nuovo. Pensava di aver perso già abbastanza, a quanto pare c’era sempre qualcuno che era pronto a contraddirlo. Poi si girò ancora verso Hermione, avrebbe pagato tutto l’oro del mondo per capire che cosa passasse nella testa della sua migliore amica, per aiutarla. Era l’unica persona importante, l’unica che considerava parte della sua famiglia, che le era rimasta.

Gli sembrava di star perdendo anche lei, ogni giorno che passava, se la sentiva scivolare tra le dita in un baratro in cui non sarebbe mai riuscito a raggiungerla, ma lui non poteva più far nulla, se non aspettare che la ragazza rincominciasse a vivere.

Lumacorno entrò dalla porta sorridente e facendo l’occhiolino a lui ed Hermione, nel primo banco, l’unica cosa che non era cambiata, poi entrò di fretta Malfoy, Hermione non alzò neppure lo sguardo, ma Harry notò che lui le girò alla larga per raggiungere il suo posto, nell’ultimo banco, tra le file di Grifondoro e isolato da tutti gli altri, con solo il calderone come compagno e il suo libro.

“Bene, ora che ci siamo tutti” esordì Lumacorno con il suo fare viscido ma estremamente cordiale “Vorrei che voi apriste il vostro libro di pozioni a pagina trecentoquaranta. Chi sa dirmi, senza leggere, che cosa si a la pozione Armotente?” chiese per poi incominciare a guardarsi intorno, solitamente era Hermione che aveva un risposta a tutto, Harry le diede una leggera gomitata ma l’amica si girò verso di lui alzando le spalle.

“Neppure lei lo sa, Signorina Granger?” chiese il vecchio professore lisciandosi il suo panciotto in attesa di una risposta, sembrava che anche a lui mancasse la mano alzata della più intelligente tra i Grifondoro, tutti gli occhi erano puntati su di lei.

“No, non lo so” rispose lei piatta, atona, tutto ciò che potesse ricordare il suo tono da saputella era sparito, Lumacorno lanciò un’occhiata ad Harry, come se la colpa di quell’improvviso mutismo fosse sua e lui abbassò la testa, Hermione se ne accorse e abbassò anche lei la testa, ma sul libro, per cercare delle informazioni, si rendeva conto non essere la stessa ragazza che aveva combattuto la battaglia finale.

“E’ la pozione che permette ai maghi dal cuore puro di poter aprire qualsiasi tipo di porta, mentale, reale o figurata” disse una voce innaturalmente bassa, proveniva dai banchi in fondo, era Malfoy che aveva appena parlato.

“Quindi non tu, Serpe” lo apostrofò un ragazzo della sua stessa casata, che però aveva combattuto con tutti gli altri contro Voldemort, gli sputò addosso, ma Malfoy non reagì, Harry si girò leggermente e pensò che alla fine tra quel ragazzo pentito ed Hermione non ci fosse molto di diverso, avevano entrambi perso qualcosa, un pezzo di loro stessi.

“Ragazzi, vi prego” ammonì Lumacorno “Dieci punti a Serpeverde per la risposta corretta. Complimenti Malfoy” disse “Ora vi prego di incominciare tutti con il lavoro, gli ingredienti sono sui vostri banchi” annunciò, poi con un colpo di bacchetta fece apparire ciò di cui i ragazzi avevano bisogno. Hermione prese un barattolo e lo aprì, all’interno c’era del sangue di Purosangue, così almeno recitava l’etichetta. Harry la guardò cambiare espressione e le tolse la boccetta dalle mani, la ragazza era diventata bianca. L’ultima cosa che avrebbe sopportato di vedere era del sangue, quel tipo di sangue.

Ron era un purosangue, pensò la ragazza seguendo con gli occhi la boccetta mentre passava dalle sue mani a quelle di Harry, apprensivo.

La stava per invadere un altro moto di rabbia, mista a tristezza, non riusciva più a trattenere le sue emozioni, nessuna, soprattutto quelle. Harry le mise una mano sulla spalla, anche Lumacorno si era accorto che c’era qualcosa che non stava andando per il verso giusto.

“Herm, tranquilla, va tutto bene” disse Harry all’orecchio di lei, ma il suo respiro si era già fatto veloce e i suoi occhi stavano bruciando di una luce che non aveva mai visto prima, stava per scoppiare. In meno di una frazione di secondo Hermione aveva già dato una manata al calderone, facendo girare tutti al rumore dei cocci che si spaccavano, insieme a tutti gli altri ingredienti. Una volta sfogata la sua rabbia così, prese il libro e corse fuori.

Appena dopo di lei, Malfoy la seguì, e la bloccò prendendola per un braccio, questa si girò inviperita e lui quasi si spaventò, quel fuoco negli occhi l’aveva già visto e non parlava della sera prima.

“Hermione” disse, era la prima volta in tutta la sua vita che chiamava per nome la Mezzosangue, la stessa che aveva sbeffeggiato con i peggiori insulti, e pronunciare quel nome non aveva nessun pessimo gusto, come si era immaginato al suo primo anno. Anzi.

“Lasciamo stare, Malfoy”disse lei inveendo contro di lui “O non mi farò nessuno scrupolo a cruciarti qui. Siamo intesi?” la ragazza li strappò il suo braccio dalla stretta e lui la lasciò andare.
 
 
 
  

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Il lato oscuro. ***


Come era cambiato il preside di Hogwarts, dopo la morte di Silente e poi anche quella di Piton, era cambiata la parola d’ordine per l’accesso nell’ufficio, conosciuta solo dai membri dell’Ordine della Fenice per la sicurezza del posto. Hermione era stava convocata nell’ufficio della Mc Granitt non per aver scaraventato un calderone a terra ed averlo rotto, neppure per lo schiaffo dato a Malfoy nella Sala Grande, bensì perché lei, come tutti gli altri, era preoccupata per la salute della ragazza, che aveva preso da subito sotto la sua ala protettiva, esattamente come Silente aveva fatto a suo tempo con Harry Potter.

“Per sempre nel cuore di ogni persona, Ordine della Fenice, Esercito di Silente” disse la ragazza ancora prima che le statue le potessero chiedere la parola d’ordine, in questo caso una frase in onore di tutte le vite che erano andate perse in battaglia. Le mura crearono un varco e poi entrò nella porta, nell’ufficino non era cambiato nulla, c’erano ancora i quadri dei presidi appesi al muro, ma quello di Silente era vuoto, si trovava in quello della sorella in un’altra sala, sicuramente. Tutti gli altri dormivano, tranne quello di Severus Piton che guardava la ragazza con una certa severità. Non era stata mai stata la sua preferita, ma era una mente brillante e l’aveva vista crescere, l’aveva osservato in ogni anno della sua via fino a quel momento.
 

A Mc Granitt entrò in quel momento in presidenza, dalla porta che la collegava direttamente con la sua camera.

“Minerva, a cosa devo il piacere?” chiese la ragazza lasciandosi abbracciare dalla Professoressa, le due donne aveva incominciato a darsi del tu appena dopo la guerra mentre collaboravano alla cattura di alcuni Mangiamorte e l’aveva aiutata a far recuperare la memoria ai genitori, modificandone di nuovo i ricordi.

L’anziana donna provava una profonda stima nella giovane Grifondoro a lei ormai seconda per la direzione dell’Ordine della Fenice. E la stima era ricambiata anche dall’altra parte. Hermione ne aveva fatta di strada in quegli anni e se ne erano accorti tutti coloro che avevano avuto il piacere di conoscerla.

Nonostante la giovane età era una strega in gamba, le mancavano solo i MAGO, poi sarebbe potuta diventare qualunque cosa volesse. Avrebbe fonato il CREPA e sarebbe diventata un Auror. La Preside era estremamente orgogliosa di lei, quanto era preoccupata.

“Hermione, accomodati pure” le disse facendo segno alla sedia davanti all’enorme cattedra della donna, la ragazza ringraziò con un cenno del capo e si sedette.

“C’è qualcosa che non va con l’Ordine?” chiese Hermione con la solita professionalità di sempre, cercando di camuffare il suo stato d’animo, ma la donna scosse la testa.

“C’è qualcosa che non va nel tuo comportamento, e sono preoccupata” rispose la donna con una dolcezza quasi innaturale, aveva sempre desiderato diventare madre, magari di una ragazza intelligente e solida, proprio come la sua interlocutrice, ma le era sempre stato negato. Si era innamorata di un uomo che l’aveva tradita, e poi dopo il divorzio si era innamorata di nuovo, ma del suo Capo, del più grande Mago della Magia Bianca in circolazione, che però non la degnava neppure di uno sguardo, non sotto quell’aspetto.

I suoi desideri di maternità vennero bruciati in poco tempo.

Forse era proprio per quello che si era affezionata così tanto a quella ragazza.

“Non hai motivo di esserlo, io sto bene” rispose la Grifona sorridendo alla Preside, ma un sorriso non può sempre coprire il dolore, rischia di assomigliare molto più ad una smorfia.

“Hermione, se non cambi atteggiamento sarà costretta da allontanarti da questo posto per il tuo bene, è questo che vuoi?” la donna era stata piuttosto diretta, esplicita, non parlava mai per mezzi termini e riusciva a leggere negli occhi di quella ragazza.

“Certo che no” rispose Hermione mandando giù un groppo in gola e ricacciando indietro le lacrime, non voleva lasciare Hogwarts, era l’unico posto che la faceva sentire ancora vicina a quella parte di sé che aveva perso insieme al suo fidanzato e a Ginny, che poteva considerava la sua unica amica donna.

“So che cosa provi, anche io ho perso delle persona che amavo in questa battaglia, Cara” disse la Mc Granitt cogliendo l’attenzione della ragazza “Ma dobbiamo andare avanti, il tempo del lutto è finito, vai avanti. Sono sicura che Ronald Weasley vorrebbe lo stesso” concluse, a solo nome del ragazzo Hermione sussultò e un tremito le percorse la schiena, non riusciva a passare la fase del lutto, Ron per lei non era ancora sbiadito, doveva ancora realizzare cosa fosse veramente successo, o peggio ancora, era proprio perché lo aveva realizzato che si sentiva così vuota e persa.

“Dobbiamo trovare il coraggio di rialzarci in piedi” disse ancora quando vide di non avere risposta dall’altra parte; Hermione guardò l’altra donna negli occhi e per un attimo ebbe paura di crollare, di scivolare da una rupe e non potersi aggrappare da nessuna parte.

“Ho paura, Minerva” disse per la prima volta ad alta voce, gli occhi di Piton la stavano quasi perforando, come se volesse leggerla dentro.

“Di cosa, Cara?” chiese dolcemente la donna, Hermione si asciugò una lacrima che le era sfuggita e le stava bagnando la guancia, la Preside sentì il suo cuore sciogliersi.

“Non saprei spiegartelo, io non controllo sempre le mie azioni, lo schiaffo a Malfoy, si lo volevo dare da tempo, ma non volevo farlo così, ho sentito solo tanta rabbia e questa ha preso il sopravvento, la sessa cosa oggi a Pozioni” ammise guardando l’altra strega negli occhi, ma prima che le potesse rispondere una voce dietro la cattedra fece capolino. Era la voce di Piton, severa e lenta come sempre, scandiva ogni parola che usciva dalla bocca, come se stesse sputando dei semi di uva.

“Se è del tuo lato oscuro, Signorina Granger, che ha paura. Penso che ci debba fare l’abitudine, ognuno di noi ne ha uno. Lei non è meno degli altri, anzi” disse, Hermione guardò il quadro per qualche secondo, non capiva il perché di quelle parole, ma prima che lei potesse rimuginarci su la Mc Granitt intervenne.

“Hermione, questa è una fase del lutto, in alcuni è più presente che in altri, non averne paura” disse, la ragazza annuì debolmente, non voleva piangere, non li, non in quel momento, non quel giorno. No, non voleva piangere e basta “Ora vai a riposarti” le disse, la ragazza si alzò, fece un leggero cenno del capo a Piton e abbracciò la esile donna che considerava come una specie di madrina, poi se ne andò.

Quando le porte si chiusero alle sue spalle ma Mc. Granitt si voltò verso il quadro del suo predecessore e lo fulminò “Come ti permetti Severus, di spaventare così quella ragazza, è già abbastanza provata” disse, Severus la guardò come se stesse parlando con una sconosciuta e non con la donna altera che non si lasciava prendere dai sentimenti che aveva conosciuto nei suoi anni nella scuola.

“Minerva, ci sono ancora cose che tu non sai” rispose.
 
 
 
 
 
 
 
  

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Il bene nel male. ***


“Minerva, te ne prego, vai vicino al pensatoio” disse Piton alla collega facendo segno di andare verso destra dal quadro “E poi prendi la boccetta che trovi nel secondo scafale nella terza fila, conta partendo dall’interno” continuò a spiegare l’ex capo della casa Serpeverde, la Mc. Granitt si diresse verso il pensatoio, in un angolino della stanza, chiuso in una teca di vetro, e una volta aperta, si spostò gli occhiali a mezzaluna sulla punta del naso, la vecchiaia avanzava e la sua vista non era buona quanto il suo udito.

La trovò subito, la prese in mano. L’etichetta sull’ampollina recava il nome di battesimo di Piton e al suo interno c’era un ricordo, luccicava, era argenteo e sembra va quasi esser fatto d’acqua.

 

“L’ho trovato, Severus” disse la strega, lui annuì in segno d’assenso.

“Allora che aspetti, Minerva? Guardalo, non dovrò mica dirti tutto io” ribatté facendo innervosire la donna che non sopportava le maniere di Piton da quando era ancora solo uno studente.

Minerva fece scivolare il ricordo nel pensatoio e poi immerse dentro la testa, le immagini dapprima erano sfuocate, poi incominciarono a prendere consistenza, era in un ricordo privato di Piton.

 

Era il 19 settembre del 1979, era una sera fredda sebbene fosse appena finita l’estate e incominciato l’autunno, il San Mungo era pieno ma Severus era riuscito a smaterializzare lui stesso e Bellatrix nella camera privata dei Malfoy, con i quali la donna si era imparentata da qualche anno. Il mago fece scivolare la donna incinta dalle sue braccia al letto dal materasso morbido e le coperte di seta, piangeva e portava i capelli neri ribelli stretti in una coda alta, il suo viso era pieno grazie alla gravidanza e gli zigomi, solitamente pronunciati, non risaltavano come qualche mese prima.

C’è stato un tempo in cui Severus e Bellatrix erano amici, un tempo in cui lui avrebbe fatto di tutto pur di aiutarla, perché era l’unica persona con cui poteva veramente parlare, l’unica a sapere che lui era innamorato da un vita della donna che aveva appena sposato il suo acerrimo nemico.


Bellatrix respirava profondamente, tenendosi la pancia come se avesse paura che potesse scappare, le faceva male ogni porzione del suo corpo, le acque si erano rotte e Severus aveva appena fatto chiamare un Medimago che però non era ancora arrivato.

“Severus, ti prego, dimmi che sta bene” disse la donna con un filo di voce, era un tono di supplica, leggero ma potente, che andò dritto nel cuore dell’uomo che si era seduto vicino a lei tenendole una mano, quella non impegnata ad accarezzarsi la pancia “Severus, sta scalciando, sta scalciando” disse ancora la donna spostando la mano dell’uomo sulla sua pancia scoperto, una lacrima di commozione quasi invisibile si fece strada sulla guancia di Piton, disarmato sentendo tanta vita pulsare nel corpo dell’amica, che da nove mesi era ritornata quella di una volta.

L'amore per la vita che teneva dentr di se era più forte dell'Oscurità che l'aveva invasa.


“Sta bene. Starà bene, te lo prometto” rispose accarezzando la testa a Bellatrix, nessuno della sua famiglia era venuta ad assistere al parto, gli unici a saperlo, Lucius e Narcissa, non potevano muoversi, ed erano stati legati da un patto di segretezza, che si sarebbe spezzato solo se uno di loro fosse morto. Se il garante fosse morto, in questo caso lo stesso Severus.

Urlò come una forsennata alla contrazione che le arrivo nel momento in cui l’uomo aveva parlato, la guardava e non sapeva che cosa fare, se non aspettare chi di dovere.

Bellatrix incominciò a piangere.


“Speravo che questo momento non arrivasse mai” disse in un filo di voce, cercando di trattenere il fiato per combattere contro i calci della bambina, che sembrava vivace, esattamente come lei.

“Non sei obbligata a darla via, Bella. Puoi tenerla, ti aiuterò io” disse Severus accarezzando la fronte di quella donna che ora sembrava una bambina cresciuta troppo in fretta, nell’ombra di una famiglia potente che aveva fatto le sue scelte per lei, che si era innamorata del Male. Era così impossibile da credere in quel momento, dove stava per dare alla luce la sua bambina. Frutto di una pazzia di una notte, ma fortemente voluta da lei, dal primo momento in cui capì che c’era qualcosa che nasceva dentro di lei.

Quella bimba era il frutto del bene nel male.


“No, Severus, no” disse con il respiro rotto e le lacrime che ormai le bagnavano il viso completamento “Ricordati cosa mi hai promesso, Erin deve vivere lontano da tutto questo, lei deve crescere lontana da me, voglio che appartenga alla Luce, la luce più pura, non di una corrotta” disse la donna prendendo di nuovo il mago per mano e stringendogliela.

Severus tentò di trattenere le lacrime, era stato uno stupido solo a proporglielo e riaprire una ferita che già sanguinava da mesi. Non avrebbe mai potuto tenerla senza farle del male, l’unica cosa che ancorava Bellatrix alla persona che era anni fa, quella buona, era quella bambina. Era ovvio che appartenesse alla Luce, e non alle Tenebre, come la madre.

Lei era Luce, come Severus.


“Non me ne sono dimenticato” rispose allora lui guardando negli occhi Bella, erano due pozze scure, marroni, ma a volte avevano le sfaccettature dell’oro, quando era una ragazzina erano quasi orati, il male è stato capace di corromperla nelle peggiori delle maniere.

“Una volta nata, modificami la memoria. Erin deve essere al sicuro, da tutti, dalla magia nera, soprattutto da me...” disse la donna in un sussurro, di nuovo.

Il Medimago nel frattempo era arrivato e con un colpo di bacchetta  fece dilatare ancora di più la cervice, poi nel giro di pochi minuti e poche urla, la bimba uscì e Bella perse i sensi.

Severus prese in braccio quel fagottino di due chili e le diede un bacio sulla fronte. Aveva dei ciuffetti di capelli ricci e gli occhi orati.


“Erin, Erin Lastrange” disse mentre la bambina lo guardava sorridendo, la luce in quello sguardo era esattamente quello di Bella.

 
Quando la Mc. Granitt si sollevò dal Pensatoio traballò, la testa le girava e si sentiva mancare, non poteva credere a ciò che aveva appena visto, si chiedeva come mai non si fosse accorta prima di quella straordinaria somiglianza con la Bellatrix che aveva avuto il piacere di conoscere anni prima, bambina curiosa e vispa, ancora pura, con quella arrivata anni dopo.

Si girò verso Piton, non si capacitava neppure del fatto di come un uomo all’apparenza così freddo, potesse portare dentro di se talmente tanto amore, sia per Lily che per un’amica  dall’anima persa e per la sua bambina.

“Severus, io...” disse la strega lasciandosi cadere sulla sedia che prima era stata occupata da Hermione, per poter guardare in faccia il quadro.

“Lei non deve sapere niente...” disse lui prima che l’altra potesse dire qualcosa “Lascia da parte la tua anima Grifona, Minerva. Non ne faremo parola, finché non ce ne sarà bisogno”
 
 
 
 
 
  

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Non doveva finire così. ***


Hermione era seduta appena sotto il Platano Picchiatore, che da dopo la fine della guerra era rimasto immobile, privo di vita, un po’ come se fosse morto anche lui, come se fosse in un lutto perenne. Guardava verso la discesa, dove una volta lei, Ron ed Harry erano scappati da Lupin che si stava trasformando e dove avevano incontrato Sirius per la prima volta. Lo stesso platano che ha ammortizzato la caduta della macchina volante dei Weasley e che poi l’aveva distrutta.

Era un posto pieno di ricordi quello. Pieno zeppo e forse aveva sbagliato a sedersi li. Sotto di lei la vecchia coperta di Ron, quella che usavano insieme quando uscivano per studiare sull’erba. Aveva le gambe contro il petto e la testa appoggiata alle ginocchia, quando sentì i passi di qualcuno avvicinarsi a lei, inesorabilmente, sempre più decisi.

Non era Harry, il suo modo di camminare lo riconosceva, e non era neppure Neville o Luna.
 

Si girò di scatto con la bacchetta in mano e mettendosi in posizione d’attacco.

Era Draco.


Ne aveva riconosciuto il profumo di muschio e pioggia, troppo intenso, che poteva portare all’assuefazione, quel profumo le invadeva le narici, le era quasi mancato.

Draco però fu più veloce e disarmò la ragazza con un incantesimo non verbale, lei si avvicinò di più a lui e cercò di colpirlo, esattamente come la prima sera nella Sala Grande, ma  lui le prese a mano,  non capiva perché lei voleva combattere, perché non potesse vederlo come qualcuno che non fosse una minaccia; lei invece capiva di aver paura di Malfoy, ogni volta che lo guardava e incontrava i suoi occhi.

“Lasciami stare, Malfoy. Se devi prendere per il culo qualcuno, non cercare me” disse, la stretta di lui si allentò e le lasciò il braccio, continuando però a guardarla negli occhi, stava cercando qualcosa, la stessa cosa che aveva visto il giorno prima, quella stessa luce infuocata negli occhi.

Malfoy l’aveva sempre sbeffeggiata, quando le passava vicino finiva sempre con la faccia a terra, circondata da sputi e con qualche insulto inerente al suo sangue, ecco perché aveva paura, perché erano stati anni di soprusi e lei era stanca.

Eppure, negli occhi del ragazza, in quel momento poteva leggere la sua stessa paura, e il pentimento; possibile che si fosse veramente pentito? Che quello che dicevano in giro fosse vero, che non era altro che una vittima, come sua madre? Lui, come tanti altri.

“Non sono qui per questo” rispose il ragazzo, non si era accorto di essere uscito con le maniche della camicia nera arrotolate fino ai gomiti, neppure del fatto che il Marchio Nero fosse in bella vista, sbiadito confronto a pochi mesi prima, ma presente; quando vide che gli occhi della ragazza si erano appena posati proprio su quel braccio, lo coprì con la mano, ma Hermione, gliela tolse inaspettatamente. Gli prese il braccio tra le mani e il ragazzo rabbrividì, era un tocco caldo sulla sua pelle fredda.

Lei passò le dita sul disegno, come per accarezzarlo, le sembrava tremendamente freddo, esattamente come la persona che lo portava, lo sentì tremare sotto il suo tocco, ma non alzò il viso per vedere l’espressione che aveva in volto il ragazzo. Piuttosto, si lasciò andare al ricordo che le aveva provocato quel Marchio.
 
Il padre della Parkinson aveva appena scagliato una maledizione contro Ron, nell’ala est del Castello ed Hermione non era riuscita a fargli da scudo con qualche incantesimo, non se ne era neppure accorta, intenta com’era a scagliare una maledizione senza perdono ad un altro Mangiamorte che gli aveva raggiunti mentre cercavano di stanare quella serpe di Nagini, per ucciderlo. Ron cadde a terra in un tonfo sordo e lei appena sentito cadere il corpo corse verso il ragazzo.

Si inginocchiò di fianco a lui e lo sollevò un po’, giusto per appoggiare la testa di Ron appena sul suo seno, vicino al cuore, si avvicinò per sentire se respirava ancora, il cuore diminuiva i battiti ogni secondo che passava, gli occhi incominciarono a riempirsi di lacrime, e il suo cuore le pulsava nel petto fino quasi a farle male.

“Hermione...” disse il ragazzo cercando di aprire gli occhi, lei gli accarezzò una guancia e posò le sue labbra su quelle del rosso, si erano appena messi insieme, si erano appena detti la verità, non poteva finire così.

Non ti sforzare, Ron, andrà tutto bene” cercò di tranquillizzarlo lei, ma sapeva pur non essendo un Medi Mago che le ferite sul suo corpo non potevano rimarginarsi sul momento neppure con il più abile incantesimo e che stava perdendo fin troppo sangue.

“Non andrò tutto bene, Mione” disse ancora il ragazzo, quasi in un sussurro, lei lo strinse ancora di più a se e lasciò libero sfogo alle sue lacrime, il ragazzo raccolse tutta la forza che aveva per alzare il braccio e trovare la guancia di lei con la mano, lei l’afferrò e la tenne stretta.

“Non doveva finire così...” disse la ragazza guardando gli occhi di Ron che pian piano perdeva luce e vita “Non doveva finire così...” ribadì, stava morendo anche lei con lui, una parte di lei se ne stava andando, la parte bambina, la parte che rideva e scherzava con lui.

“Non è ancora finita Herm” disse il ragazzo cogliendola di sorpresa, il rossore se ne stava andando dalle sue guancie, era tutto troppo reale, Ron se ne stava andando e lei non poteva fare nulla “Tu sei ancora viva. Promettimi che andrai avanti e che vivrai per tutti e due...” disse, ma lei non fece più in tempo a rispondere che sentì la mano di Ron perdere calore e vita, era morto. Lei lo abbracciò e gli diede un bacio sulla fronte, mentre piangeva e urlava. Urlava, non poteva fare altro, urlava per tutto il dolore che aveva in corpo.
 
“Non doveva finire così...” disse Hermione sotto voce mentre Draco continuava a guardarla, gli occhi di lei erano puntati sul suo braccio,  ma la sua mente era altrove, lontana mille miglia, dove lui non avrebbe potuto assolutamente raggiungerla. Poi d’un tratto la ragazza sollevò lo sguardo e andò ad incontrare gli occhi di Draco. Gli occhi della Grifona erano colmi di lacrime, aveva ricordato uno dei momenti più brutti della sua vita e per la prima volta dopo forse troppo tempo, incominciò a piangere a dirotto, facendosi spazio tra le braccia di Malfoy.

“Vieni qui” gli disse lui, stringendola forte a se, avevano avuto ruoli differenti nella guerra, avevano combattuto per parti diverse e con motivi e scopi diversi, ma avevano perso entrambi qualcosa.

E fu la prima volta che Hermione Granger si lasciò andare a Draco Malfoy. 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Sono io ad aver perso. ***


Angolo dell'autrice:
Ciao ragazzi!
Volevo ringraziare tutti, chi recensisce, chi ha messo nelle preferite, seguite e ricordate questa storia
e volevo informarmi che fino al prossimo 8 OTTOBRE (corrente anno ovviamente AHAH),
non riuscirò più ad aggiornare per un pò di problemi di tempo, connessione e personali.
Mi scuso già ora e spero che abbiate pazienza.
GRAZIE ANCORA,
Stay strong,
Francy.

Draco teneva stretta la ragazza dai capelli ricci e ribelli e con una mano le accarezzava ritmicamente la schiena, come se non avesse mai fatto altro, piangeva sommessamente ormai sembrava l’unica cosa che sapesse fare, lui depositò un bacio delicato tra i suoi capelli, sulla testa, ma lei parve non accorgersene. Poi si staccò da lui e si mise a guardarlo negli occhi, fu in quel momento che Draco incominciò a macchinare le sue idee. Si stava perdendo in quegli occhi così diversi dai suoi, così più caldi e più scuri, con delle sfaccettature orate che ricordavano la sua casa d’appartenenza, e poi di nuovo, quella luce, quel barlume, anche se solo sfuocato da tutto quel dolore che provava.

Un barlume che era solito vedere nelle vecchie foto di casa sua.

Gli occhi e i capelli erano uguali, ma poi tentò di districarsi da quei pensieri contorti; no, non poteva essere vero, non Hermione.

Le accarezzò delicatamente una guancia ma ancora una volta la ragazza non sembrò accorgersi di niente, lo stava guardando come se volesse cercare qualcosa che aveva perduto.

Malfoy era come spaventato.

Solo gli occhi, e i capelli, il modo in cui si muovono, pensò.

La Grifona aveva il viso rotondetto, ma nessuna traccia di zigomi pronunciati, aveva delle fossette leggere quando sorrideva, ma nulla poteva avvicinarla a Bellatrix, doveva esserci assolutamente un errore, sua mamma aveva sbagliato i suoi calcoli.


“Hermione...” disse, ma non lo stava ascoltando, era persa nei suoi pensieri e ora si chiedeva da quando la chiamasse Hermione, forse da quando si era accorto che non era così diversa da lui, da quando si era accorto che il loro dolore era lo stesso anche se per scomparse e dipartite diverse, o forse perché non le aveva mai tolto gli occhi di dosso da quando entrambi avevano undici anni.

Hermione, dal canto suo, non stava neppure guardando gli occhi del ragazzo che aveva davanti, i suoi erano ancora troppo impannati di lacrime, era ancora persa nei suoi pensieri, era come sospesa in un limbo, doveva vedeva gli occhi di Ron, ed era sempre più difficile sopravvivere, poi senti un bacio tra i capelli e Draco chiamarla dolcemente, con la mano che ancora si muoveva sulla sua schiena, mentre l’altra era appoggiata sul fianco.

Quel Draco, che non era tanto diverso da lei, quello lo aveva capito da se.

E lui in quel momento le aveva dato quel calore che nessun altro era riuscito a trasmetterle durante quel periodo di lutto perenne, non si era mai sentita così protetta, ne sentito quel calore quando si sdraiava di notte accanto ad Harry e lui l’abbracciava finché non si addormentavano entrambi.

“Hermione...” sentì chiamare ancora ed il suo nome, pronunciato da quel ragazzo che per anni era stato un suo nemico le provocò un terribile brivido alla schiena. Terribile. Terribilmente bello.

Lei scosse leggermente la testa e scivolò già dai suoi occhi un’altra lacrima, chiuse un attimo gli occhi e poi li riaprì.

“Ti senti meglio?” le chiese ancora, prima che lei parlasse, guardò per un attimo il ragazzo e poi le appoggiò una mano sul petto, poteva sentire il suo cuore battere come il suo sotto il suo tocco, quante differenze inutili avevano creato in quegli anni? Poi il suo sguardo si abbassò ancora sul marchio, lui ebbe paura per un attimo di rivedere la stessa reazione precedente nella ragazza, invece si limitò ad accarezzargli il braccio.

“Forse” rispose lei seguendo di nuovo i contorni del disegno con l’indice, questa volta fu lui a rabbrividire. La guardava mentre gli accarezzava il braccio e non poté non notare quanto fosse bella, quanto fosse cresciuta, il percorso che aveva fatto.

“Non l’ho mai voluto ”disse lui in un soffio, si riferiva al Marchio Nero, lo stesso che Hermione continuava ad osservare e a toccare, neppure lei sapeva precisamente il perché; continuava a ripetersi che era per curiosità, che voleva conoscere qualcosa in più su di lui, ma la verità era che guardandolo qualcosa di lei aveva incominciato a pulsare, facendole ritornare in mente le parole di Piton, nell’ufficio della Mc. Granitt.

“Lo so, ma hai combattuto contro di noi” rispose lei semplicemente tornado poi a guardare il ragazzo, questa volta guardandolo veramente negli occhi, in quelle enormi pozze di ghiaccio poi il suo sguardo si abbassò sulle labbra di lui, che stavano tremando, erano carnose, come le sue. Arricciò un attimo le dita appoggiate sul petto di Draco, e lui abbassò la testa, sorpreso da quel gesto.

E sentì un maledetto bisogno di giustificarsi.

Un Malfoy, giustificarsi, con una Mezzosangue.

“Se non lo avessi fatto la mia famiglia sarebbe morta, tutta la mia famiglia” disse, ma con l’espressione tutta la mia famiglia, lui intendeva soprattutto sua madre, se fosse morto suo padre o la zia non gli avrebbe fatto ne caldo ne freddo, per lui loro erano solo la rovina della sua famiglia, i primi ad abbassarsi al male, volontariamente, senza obblighi famigliari. Erano gli anelli deboli, non come sua madre che aveva deciso alla fine da che parte stare o come sua zia Andromeda, che aveva già deciso da tempo, ammirava quella donna. La stessa zia che gli era stato insegnato a disprezzare.

Hermione gli posò una mano sulla guancia e lui si lasciò andare al tocco delicato della ragazza per un attimo, prima di vederla raccogliere la coperta che aveva a terra e scappare via, non aveva avuto il coraggio di fermarla.

Lei prese e corse via, era già la seconda volta che sfuggiva così da Draco. Ma stava ricominciando a piangere, non voleva più piangere davanti a lui. Lui si era arruolato nell’esercito di Voldemort a forza, per proteggere la sua famiglia, e ci era riuscito. Lei si era arruolata nell’Esercito di Silente e nell’Ordine della Fenice, ma non era riuscita a salvare chi doveva.

Lui aveva vinto, a modo sua, lei invece, aveva fallito. 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Bisogno di contatto. ***


La sera dopo, dopo una giornata di lezioni passate con i Corvonero, Harry ed Hermione si trovavano seduti davanti al fuoco che scoppiettava allegramente nel camino, entrambi erano concentrati a guardare quelle fiamme e intercettare un po’ del loro calore. Fu Harry il primo a parlare.

“Herm, a che stai pensando?” le chiese, la ragazza si girò verso di lui e abbozzò un sorriso, tirandosi indietro con le mani i ricci, che ormai si stavano trasformando in boccoli ad ogni centimetro in più che prendevano.

“Ieri pomeriggio sono stata un po’ con Malfoy, con Draco” rispose  alzandosi in piedi ed andando a sedersi su una delle poltroncine di pelle rossa, lui si girò lasciandosi scivolare sul pavimento appena davanti a lei, non poteva pensare di cavarsela solo con una frase del genere.

“Come con Malfoy? Herm, io non mi fido di lui” disse Il Bambino che è Sopravvissuto alla sua migliore amica, che lo stava guardando come se volesse incenerirlo, gli scappò un sorriso, era una reazione tipica di Hermione.

“Perché, Harry, se non ti fidi tu non dovrei fidarmi io? ”chiese viperina, e dopo qualche secondo scoppiarono a ridere entrambi, erano fantasmi di ricordi lontani, ogni volta che la ragazza veniva contraddetta o da lui o a Ron, rispondeva male, come fosse stata anche lei una piccola serpe.

“E’ cambiato”continuò poi lei, Harry alzò le spalle, poco convinto, stava parlando dello stesso ragazzo che l’aveva maltrattata per anni, un Mangiamorte pentito, lo stesso che aveva preso una volta a pugni e pochi giorni prima un ceffone davanti a tutta la Sala Grande.

“Cosa te lo fa pensare?” chiese  il ragazzo, andarle contro non sarebbe servito a nulla, avrebbe fatto e frequentato comunque chiunque aveva voglia, senza eccezioni. Inoltre Harry considerava positivo il fatto che incominciasse a pensare ad altro, anche se Draco, che esulasse dall’Ordine e dalla Guerra.

“Ieri mi ha trovata seduta sotto il Platano Picchiatore da sola, e poi mi sono messa a piangere, lui mi ha abbracciata e ha aspettato che finissi di piangere, poi mi ha detto, senza che chiedessi nulla che è stato con Voldemort per proteggere i suoi genitori...” spiegò cercando di trovare un appoggio nell’amico di sempre, l’unico che le era rimasto se si toglieva Neville e Luna.

“Stai attenta” le disse, lei annuì e poi si alzò stiracchiandosi un attimo e andando ad abbracciarlo, il ragazzo ricambiò con slancio e sorrise, c’era qualcosa in quella stretta che lo rincuorava, era come quella della vecchia Hermione.

“Vado a farmi un bagno caldo, nel bagno dei Prefetti” annunciò poi la ragazza una volta allentata la stretta, lui guardò l’ora ed Hermione sorrise di nuovo.

“Ma siamo in coprifuoco” le fece notare, lei alzò le spalle e rise ancora, c’era qualcosa di magico in quella risata o forse era solo così per le orecchie di Harry che non ricordava l’ultima volta che Hermione aveva riso, forse la quella volta era la prima appena dopo la guerra.

“Ci siamo fatti una certa fama, Harry. Non penso che qualcuno ci riprenda per un coprifuoco, starò attenta comunque”disse schioccandogli un bacio sulla guancia e facendo apparire davanti a se un asciugamano piegato, rosso con i bordi oro. Poi uscì dalla Sala Comune, dirigendosi al terzo piano.

Ma durante il tragitto Hermione aveva incominciato a pensare, probabilmente troppo, si guardava intorno, apparentemente non era cambiato nulla, solite torce che illuminavano i corridoi di notte, soliti rumore, soliti quadri, soliti colori; ma c’era qualcosa in lei che era cambiato.

Si era lasciata andare a Malfoy, al suo calore, alla sicurezza che le trasmetteva, si era lasciata andare come ormai non faceva da tempo, come riusciva fare solo con Ron, che le mancava ad ogni respiro che faceva, ma ormai doveva andare avanti, aveva ragione lui, doveva vivre per tutti e due. Doveva ricominciare a vivere, anche se era difficile, avevano ricominciato tutti, perché lei no?

Poi adesso c’era Draco, quel legame invisibile tra loro che pensava di sentire solo lei, quella voglia quasi viscerale di sentirlo vicina, inumana.

Quando entrò nel bagno dei Prefetti non si accorse del fatto che era già occupato, la vasca era appena voltato l’angolo e non ci fece caso, si spogliò e si coprì con l’asciugamano per il breve tragitto che l’avrebbe portata dai lavandini alla vasca.

Quando arrivò alla vasca trovò Draco, che la stava guardando come un pesce lesso, neppure lui si era accorto di non essere da solo, lei sorrise. Aveva un non so che di malizioso quella casualità ed Hermione ne sorrise.

“Me ne vado subito” disse Draco facendo come per alzarsi, il suo fisico era perfetto, non era spallato come lo era stato Ron, ma era bello, Hermione posò subito lo sguardo su di lui, e un brivido, simile a quello del giorno prima, le percorse la schiena.

“No” disse muovendo la mano “Resta. Non mi dirai che hai vergogna di me? A quanto sembra ti sei passato metà ragazze della tua Casa prima della guerra, io non sono molto diversa da loro” lo disse con una naturalezza che non le apparteneva veramente, qualcosa di nuovo, Hermione era diventata più donna con la guerra, i suoi pensieri erano maturati, come le sue pulsioni. Draco la guardò sorpreso, non riusciva a credere alle sue orecchie, l’Hermione con il quale era cresciuto non era mai stata così lasciva; l’avrebbe visto e sarebbe scappata via con le guance rosse.

Qualcosa lo eccitò terribilmente e per un attimo ringraziò la schiuma, che poteva coprire quello che stava avvenendo appena sott’acqua soprattutto quando con naturalezza si lasciò scivolare di dosso l’asciugamano, rimanendo nuda e poi lasciandosi andare nell’acqua. Draco non sapeva più cosa aspettarsi.

La ragazza si lasciò scivolare prima nell’acqua e poi andò verso di lui, con qualsiasi altra ragazza non si sarebbe fatto scrupoli, avrebbe presa, l’avrebbe convinta a lasciarsi andare, ma non poteva farlo anche con quella ragazza, ma era anche verso che non sapeva cosa quella ragazza avrebbe potuto fare.

Le si avvicinò con sicurezza e poi appoggiò la schiena al petto del ragazzo.

“Malfoy, non essere così teso, ho solo bisogno di un po’ d’affetto” disse lei “Come ieri” aggiunse, ma voleva ben altro, per la prima volta in vita sua, Hermione Granger, quella Hermione Granger, voleva un altro tipo d’affetto, un altro tipo di contatto fisico.

Aveva deciso di ripartire, in quinta.

Si lasciò andare contro il petto del ragazzo, pietrificato, non sapeva dove mettere le mani, dove appoggiarle, se stringerla a se o limitarsi a stare fermo; era troppo preso da quei pensieri per accorgersi che Hermione si era mossa, ma non altrettanto preso quando si lascio scappare un fremito abbastanza esplicito quando lei posò la sua mano sula sua erezione, sempre rimanendo di spalle.

Non aveva mai fatto una cosa del genere, ma ne aveva sentito parlare, sapeva come comportarsi, Ginny era stata un’ottima maestra raccontandole dei suoi rapporti con i ragazza avuti prima di Harry.

Gli sfuggì anche un sospiro mentre la mano di Hermione andava su e giù dal suo membro, già eretto, era una tentazione per chiunque, e aveva preso a sfregare sensualmente la sua schiena contro il petto di lui che la tirò più a se, stando attento a non farle male al braccio girato indietro e allungò la mano verso la femminilità di Hermione, una volta avvenuto il contatto lei inarcò la schiena facendo appoggiare la testa sulla spalla di lui, schiudendo leggermente la bocca dal piacere.

Si muovevano all’unisono, tra i loro sospiri e il loro piaceri, venne prima lui e poi lei. Draco agognava un bacio, anche solo uno, dopotutto erano già piuttosto intimi considerando quello che era appena accaduto, ma Hermione si limitò a girarsi verso di lui sorridere, rossa in volto e uscire dall’acqua, così com’era entrata.

Lui restò a bocca asciutta.

Lei uscì dal bagno con un sorriso stampato sulle labbra, senza sapere esattamente il perché.
 
 
 
  

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Fotografia di una madre. ***


Era tardi, estremamente tardi, ed Hermione non entrava mai neppure con un secondo di ritardo in classe durante le lezioni, soprattutto se della Mc. Granitt. Quella mattina, però aveva già cinque minuti di ritardo e marciava a passo svelto verso l’aula, non guardando in faccia nessuno, la lezione di Trasfigurazione Avanzata si sarebbe tenuta con i Serpeverde e lei aveva fin paura a guardare in faccia Malfoy dopo la sera prima nel bagno dei Prefetti, non sapeva che le era preso, sapeva solo che lo voleva, che voleva sentirsi più vicina a lui, anche se nella maniera più sbagliata, la maniera di Malfoy, l’unica che pensava avrebbe mai accettato.
 

Quando entrò la Mc. Granitt smise subito di parlare e tutti si girarono verso la ragazza, Hermione per un attimo si ritrovò a pensare se per caso avesse qualcosa addosso di sbagliato, se si potesse vedere o capire il fatto che avesse avuto un rapporto del genere con Malfoy, che lo avesse toccato e si fosse lasciata toccare, provandone piacere. Magari sembrava sporca anche fuori e non se ne era accorta. Poi però scosse dalla testa quei pensieri e pensò positivo, forse era solo perché era la prima volta che si presentava in ritardo a lezione da quando aveva undici anni.
 

Solo per quello.
 

Lei andò a sedersi dritta tra Neville ed Harry, in prima fila, senza neppure degnare di uno sguardo Draco, che invece la stava fissando, sarebbe arrossita inutilmente davanti a tutta la classe.

La Mc. Granitt le sorrise amorevole, come una madre fa con la figlia e riprese a parlare.


“Bene, ora che ci siamo tutti, possiamo iniziare” disse “E visto che si tratta di un corso avanzato di Trasfigurazione gradirei che la mia miglior alunna facesse una piccola dimostrazione di quello che imparerete” annunciò sorridendo di nuovo ad Hermione e invitandola, con un cenno della mano ad alzarsi e raggiungerla davanti alla cattedra. La ragazza si alzò diligente sotto gli occhi di tutti, lei ne era consapevole, sentiva quelle occhiate bruciarle sulle spalle e sulla schiena, lei era una delle Salvatrici, tutti si aspettavano qualcosa da lei, qualcosa di grande.

“Sentiti libera di fare ciò che vuoi” le disse la Mc. Granitt, lei le sorrise e chinò leggermente il capo, poi chiuse per un attimo gli occhi come per concentrarsi.

Poi apparve, in un battibaleno, un cane, al posto di Hermione, un fantastico e bellissimo Labrador color cioccolato dagli occhi dorati, che si mise seduto facendo ciondolare da una parte all’altra la coda, guardando i ragazzi seduti sulle sedie, un coro di applausi si levò dall’aula e sembrò comparire un sorriso sulle labbra del cane.

“Brava, Cara. Ora trasfigurati in un’altra persona, sono sicura tu sia già capace di farlo” disse la Professoressa, tutti la guardarono sbalorditi, era proprio quello l’intento del corso, riuscire a trasformarsi in altre persone, senza usare delle pozioni precise, come la Polisucco, bisognava semplicemente essere in grado di mutare la propria forma.

Il cane così, diventò presto una donna; una donna spaventosa che fece tremare ogni studente, tutti sapevano chi era.

Bellatrix Lastrange stava sorridendo alla platea di giovani Grifoni e Serpeverde.

Draco sussultò, non poteva credere ai suoi occhi, perché tra tutti proprio lei? Per esorcizzare la paura, per una piccola vendetta della giovane contro colei che l’aveva maltrattata? Anche la Mc. Granitt si spaventò di quella scelta, facendo violenza contro se stessa per evitare di trattener e un gridolino o portare la mano davanti alla bocca.

Era reale.

“Signorina Granger, può bastare” disse la strega cercando di mantenere un contegno, e Bellatrix lasciò spazio ad Hermione, di nuovo e la somiglianza, a quel punto, per Draco, era quasi lampante “Posso chiederle il perché dell’ultima scelta?” chiese la Preside, senza ombra di rimprovero nella voce, solo sincera preoccupazione.

“Perché mi è semplice, ho già preso le sue sembianze una volta, le sue caratteristiche mi sono famigliari, quando lo si fa una volta la seconda è più semplice, anche se prima è stata usata la Polisucco” spiegò la ragazza non riuscendo a capire perché Minerva avesse gli occhi lucidi, forse anche lei aveva troppi ricordi spiacevoli di quella guerra, magari legati alla Mangiamorte della quale aveva preso le sembianze.

“Si, hai perfettamente ragione” disse poi la più anziana aprendosi in un sorriso, poi la ragazza si sedette al suo posto, continuando a sentire gli occhi delle persone addosso, Harry la guardava preoccupata, mentre Neville le appoggiò una mano su ginocchio.

“Sei Stata bravissima, Herm” le disse il ragazzo all’orecchio “Pensa se quella dannata Serpe ti avesse vista, sarebbe morta nel giro di pochi secondi, sei superiore a lei” disse riferendosi all’assassina dei suoi genitori, Hermione sorrise e appoggiò la sua mano su quella di Neville, Draco, poche file più indietro vide quel gesto e rabbrividì. Allora era per ripicca che si era trasfigurata nella zia?

La Mc Granitt incominciò poi a spiegare ma spesso buttava l’occhio sulla Grifona in prima fila, era sinceramente preoccupata, lei non era Silente, non sapeva gestire una situazione del genere, lui avrebbe saputo che cosa fare o cosa dire, avrebbe saputo parlare con Hermione e farle sapere che era stata prescelta per un compito ancora più difficile di quello di Harry, che le avrebbe sconvolto la vita e le sue convinzioni. Lei si stava solo facendo scivolare di mano la situazione.

Mentre la Preside spiegava, Hermione si avvicinò con le labbra all’orecchio del suo migliore amico che si girò lievemente verso di lei, si accorse che i suoi occhi erano lucidi.

“Mi manca la guerra, Harry” disse tutto d’un tratto, il ragazzo abbassò lo sguardo e le prese una mano, quella appoggiata sul banco “Mi manca Ron, avrei voluto morire al suo posto” concluse la ragazza, il suo migliore amico le strinse ancora di più la mano, Minerva si accorse del gesto e dovette far appello di nuovo a tutte le sue forze per non correre ad abbracciare quella ragazza che le sembrava più indifesa che mai.
 
 
  

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Promettimelo. ***


Appena dopo la lezione Draco era appena fuori dalla porta dell’aula che aspettava che uscisse Hermione, impegnata a parlottare con gli altri due salvatori del Mondo Magico, il nuovo trio, insomma. Neville aveva ormai preso il posto di Ron, per quello che sapeva Draco erano rimasti ai vertici dell’Esercito di Silente e poi entrati di diritto nell’Ordine, come anziani, nonostante la loro giovane età.
 

Poi la vide sorridere dolcemente ad Harry e fu percosso da un moto di gelosia, non sapeva che cosa provava, non sapeva neppure chi fosse Hermione, ma era come se fosse sua, sua e di nessun altro.

I ragazzi uscirono e videro il ragazzo biondo aspettare fuori dall’aula, si  bloccarono tutti e tre, Hermione  lo guardò dritto negli occhi, con un’espressione indecifrabile in volto.

“Che ci fai qui, Malfoy?” chiese Neville estraendo la bacchetta e puntandogliela contro, riflesso incondizionato che non ebbe una risposta da Draco, che teneva ancora le braccia incrociate e stava guardando ancora la ragazza, sposto i suoi occhi sul viso di Paciock solo qualche istante dopo, quando la Grifona aveva posato una mano sul braccio dell’amico.

“Neville, non c’è bisogno di una bacchetta” disse sorridendo e lui ubbidì al comando, si accorse solo in quel momento del potere che poteva avere Hermione su quei ragazzi, probabilmente non essendone neppure consapevole al cento per cento.

“Mangiamorte” sibilò il ragazzo a denti stretti mettendo la sua arma nella tasca della casacca, si sentiva sotto giudizio, il Prescelto lo stava scrutando con aria severa, non riusciva a fidarsi di lui.

“Vorrei parlare da solo con Hermione” disse usando di nuovo il nome di battesimo della ragazza che annuì lievemente.

“Puoi dire quello che devi dire a lei anche a noi” disse Harry ponendosi davanti all’amica, lei alzò gli occhi al cielo e a Draco scappò un sorriso.

“Harry, Neville, state tranquilli. Malfoy non mi farà niente, abbiamo già parlato, non c’è motivo per cui voi non possiate fidarvi, ora. E poi so difendermi da sola” disse tra l’irritato e il divertito, i ragazzi sospirarono quasi all’unisono e lei rispose con un sorriso.

Poi se ne andarono.

Lei era imbarazzata, sentiva gli occhi del ragazzo su di lei e lo sentiva avvicinarsi, abbassò la testa, nessuno dei due sapeva che c’era qualcuno che li stava osservando appena dietro la porta dell’aula, la Mc. Granitt.

“Di cosa vuoi parlarmi?” chiese poi alzando la testa ma ancora rossa in viso, sperava che non tirasse fuori la storia del bagno dei Prefetti, non sarebbe riuscita a sostenere il suo sguardo.

“Dell’altra sera” rispose lui, la ragazza respirò profondamente, proprio quello che temeva e che avrebbe volentieri evitato.

“Non è successo nulla l’altra sera” rispose lei, il ragazzo sorrise e prima che lei potesse opporsi la prese per mano e la trascinò appena dietro la colonna, in modo che nessuno avrebbe potuto vederli, o almeno così pensava.


Le prese il volto tra le mani e appoggiò delicatamente le labbra su quelle della ragazza, che contro ogni previsione, si schiusero appena subito dopo quel tocco leggero, invitandolo ad entrare. Con dolcezza incominciò a giocare con la lingua di lei, movimenti tranquilli, un bacio dolce, che sapeva ancora di caffélatte e pancakes dell’ora prima e di menta. Le mani di lei ora cingevano i fianchi di lui teneramente, poi ne spostò una fino ad arrivargli sul petto.

Draco non sapeva il perché di tutta quell’attrazione nei confronti della ragazza, ma era dannatamente bella, e amava l’alone di mistero che poteva vedere solo lui e che la circondava ogni volta che la vedeva, gli aveva dato alla testa. Hermione invece, da canto suo, non riusciva a smettere di baciarlo, trovava in lui la stessa disperazione che vedeva in lei e una comprensione che non poteva avere da nessun altro, no, Draco non era per niente male, neanche un po’, ma prima di ammetterlo ad alta voce ci sarebbe voluto del tempo.

Si staccarono con riluttanza, sarebbero stati li ancora per minuti, ore se necessario, ma dovevano anche riprendere fiato. Draco si era perso negli occhi della ragazza, infinitamente tristi.

“Cosa c’è, Hermione? Che ti succede?” le chiese dolcemente a bassa voce, lei gli accarezzò una guancia lasciandosela appoggiare sul palmo, era lui il primo tra i due che cercava e anelava quel tipo di calore.

“Ho paura” rispose lei continuando a guardarlo; non lo aveva mai detto a nessuno, neppure ad Harry, Neville o Luna che erano gli unici amici più stretti che le erano rimasti. Solo alla Preside.

“Di cosa?” chiese lui paziente cingendole la vita con entrambe le braccia e tirandola più vicina a se, lei non lo respinse e lasciò aderire i loro corpi, come se fosse una cosa normale, come se fosse un gesto abitudinario.

“Di tutto, anche di te. Ho paura, e basta” rispose ancora con una lacrima che le bagnava il viso, il ragazzo la catturò con un dito e poi le sorrise.

“Non devi avere paura di me, non ti farò del male” disse accarezzandole la cicatrice che era rimasta della ferita che Bellatrix le aveva lasciato sul braccio, Mezzosangue, così c’era scritto “Non voglio più sentire parlare di questioni di sangue, non voglio più vedere persone soffrire” aggiunse, la ragazza annuì.

“Promettimi che non mi farai mai del male, Draco. Promettimelo...” lo pregò la ragazza non potendo credere alle sue orecchie, stava veramente parlando con quei toni e quelle maniere con Draco Malfoy, la guerra aveva proprio sconvolto la vita di tutti.

“Te lo prometto” disse il ragazzo posandole ancora una volta un leggero bacio sulle labbra.

La Mc Granitt intanto osservava la scena stupita, presa in contropiede, doveva assolutamente prendere in mano la situazione.

Doveva assolutamente parlarne con Severus.
  

 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** In attesa della verità. ***


Quando Minerva Mc. Granitt entrò nel suo ufficio le fu impossibile non buttare l’occhio sul quadro vuoto di Silente, era stato chiaro nelle sue volontà voleva un po’ di tempo per mettere a posto i rapporti con la sorella e la madre, passava la maggior parte del tempo nei quadri delle due donne.
 

“Minerva, vedo che qualcosa di attanaglia” disse la voce di Severus Piton che sorrideva alla donna dall’alto della posizione del suo quadro, di fianco a quello di Silente. La donna scosse la testa e si lasciò cadere sulla poltroncina davanti al quadro dell’uomo.

“Pensieri Severus, pensieri” disse facendo materializzare davanti a se un bicchiere di acqua e una piccola pastiglia babbana per il mal di testa, era rimasta veramente scossa da quello che aveva visto; certo, non era una ragazzina aveva già visto due persone baciarsi, ma quando queste erano la Granger e Malfoy la situazione non era per niente normale.

“Non tenermi sulle spine, sai che odio aspettare” le fece notare il Mago che la guardava impaziente, leggeva nell’amica una notevole preoccupazione.


“Ho visto i due giovani baciarsi e parlare, Severus. Hermione parla con il giovane Malfoy come non parla neppure con i suoi amici di sempre, si fida e sembra stia per nascere un giovane amore” disse non sapendo se essere felice o schifata dalla situazione, era indubbiamente contenta per Hermione se questo la faceva sentire bene, ma non si fidava neppure lei del ragazzo e neppure dalla storia che era dietro a tutto quel sentimento scoppiato come un fulmine mentre il cielo e sereno.

“I Malfoy si sposano sempre tra cugini, non c’è nulla di scioccante o di pericoloso in questo, Minerva” disse Piton che invece non sembrava minimamente preoccupato, per lui tutte quelle scene da madre apprensiva della strega erano a dir poco esagerate.

“Non usare neppure la parola matrimonio” disse la Mc. Granitt alzandosi in piedi di scatto irritata e incominciando a camminare avanti indietro per la lunghezza della sala. Piton alzò gli occhi al cielo.

“Non l’ho usata infatti” disse, nutriva uno strano piacere nel torturare la vecchia strega che gli aveva dato così tanto filo da torcere mentre era in vita.

“Smettila di usare quel tono con me, Severus” lo rimproverò la Preside che ancora non aveva smesso di marciare come un’ossessa facendo evanescere il bicchiere ormai vuoto.

“Sai quanto me che la ragazza dovrà compiere presto il suo destino, Erin deve capire” disse il mago cercando di non alterare ancora di più Minerva che si era nel frattempo fermata appoggiando le mani alla sua cattedra.

“Non chiamarla Erin, il suo nome è Hermione” disse, era arrabbiata, non riusciva ancora a credere che tutto quello che le era stato raccontato fosse vero; Hermione non si meritava di ritrovarsi con tutta la sua vita sottosopra, aveva già sofferto abbastanza quella ragazza, e la donna lo sapeva bene, anche Piton, ma lui da dopo la morte di Lili era diventato un uomo insensibile.

“E’ ora di parlare con i ragazzi, Minerva, non c’è altra soluzione” disse severo Piton non lasciando spazio a troppe repliche da parte della donna che si era lasciata ricadere sulla poltrona, con la testa tra le mani.

“Non è necessario, lasciamo che i loro sentimenti crescano” rispose seccata lei e impotente, non avrebbe potuto far niente per impedire che la vita della ragazza fosse da ribaltare, alla fine tutti hanno il diritto di sapere la verità.

“No, da quello che mi racconti il rapporto con Draco potrebbe aiutarla, è nato spontaneamente senza vere e proprie costrizioni, ma le condizioni mentali di Hermionedisse calcando il nome della ragazza “potrebbero presto evolversi e peggiorare, potrebbe diventare come la madre, preda dei suoi stessi sentimenti. Deve essere preparata al peggio. Deve sapere la verità o farà la stessa fine della madre” disse mentre la Mc Granitt stava pulendo gli occhiali da vista nella gonna, cercando si sfuggire dagli occhi del collega, non voleva che lui potesse cogliere il tormento che la stava divorando.

“Va bene, e sia” rispose la donna ritirandosi poi nelle sue stanze.

Intanto il mago stava già viaggiando tra i quadri, cercando di raggiungere uno dei tanti di quelli appesi nella Sala Comune dei Grifondoro, quando riuscì a farsi spazio in uno dei quadri vuoti della Sala cercò con lo sguardo la ragazza, seduta sul divano che chiacchierava amorevolmente con il suo migliore amico e Paciock, aveva vegliato  su quei ragazzi per quasi tutta la loro vita, soprattutto su Potter, figlio dell’unico vero amore della sua vita. Ma con la ragazza era diverso.

Era stata una lotta continua vederla crescere così palesemente somigliante alla madre nei modi di fare e per l’atteggiamento da so – tutto – io. Persino la luce che sprigionavano i suoi occhi orati era la stessa luce di Bella, della Bella che era stata sua amica tra i corridoi della scuola. Della Bella che come lui non voleva far parte di Serpeverde, che voleva disfarsi di tutte le catene che la famiglia le imponeva. Della ragazza pura e sorridente che era prima, prima di essere corrotta dal male.

Guardava la ragazza sorridere e l’uomo poteva sentire una morsa al cuore, i ricordi di lui e dell’amica erano ancora vivi nella sua memoria, non lo lasciavano mai.

“E’ ora di riportare indietro tua madre, Erin” sussurrò guardando un’altra volta la ragazza sorridere. 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Vorrei poterti portare via. ***


La biblioteca diventava ancora più silenziosa di quanto già non fosse quando entrava il più giovane dei Malfoy, nessuno alzava la testa per guardarlo ma le occhiate non mancavano mai ad arrivare, soprattutto quel giorno, quando si diresse direttamente, invece che al solito tavolo isolato vicino alla finestra, al tavolo dei quattro vertici dell’Esercito, intenti a studiare e a fare i loro compiti quotidiani. I ragazzi non si accorsero della sua presenza finché il ragazzo biondo alto ed allampanato non si schiarì la voce ed Hermione alzò lo sguardo per sorridergli.

“Posso sedermi qui con voi?” chiese tenendo tra le braccia due quaderni e il libro blu di Trasfigurazione Avanzata, i ragazzi alzarono la testa e lo guardarono come se avesse appena detto una bestemmia, persino Luna lo stava guardando a bocca aperte.

“Certo, siediti pure” disse Hermione face dogli segno di sedersi nella sedia vuota tra lei e Luna, ma Neville, che provava un odio profondo verso Draco, non perché fosse un Malfoy ma in quanto Mangiamorte, ringhiò invece di parlare.

“Non ci provare nemmeno” disse Paciock, la Grifona gli lanciò un’occhiata torva, che non bastò a far star zitto l’amico, Draco si accorse che Harry lo stava fissando ancora, come il giorno prima quando aveva chiesto se poteva parlare da solo con Hermione.

“Neville” disse Luna svegliandosi dal suo stato di shock momentaneo e posando lievemente una mano sul braccio teso del fidanzato, lo guardava come se non esistesse altro uomo all’infuori di lui sulla faccia della terra, Harry alzò gli occhi al cielo “E’ solo Malfoy” completò poi la frase, con una beatitudine e tranquillità che solo lei poteva avere. I ragazzi sorrisero tra loro mentre Draco non aveva ancora capito se sedersi o meno.

“E’ un Mangiamorte, Luna. Non solo Malfoy” fece presente Neville, Hermione sospirò e poi guardò ancora il ragazzo prima di parlare di nuovo, Harry non aveva ancora aperto bocca, aspettava che lo facesse lei.

“Si, un Mangiamorte pentito, se è qui è perché possiamo fidarci di lui, è stata una decisione di Minerva” disse Hermione chiamando tranquillamente la Preside per nome davanti ai ragazzi, Draco si sentiva estraniato da quella conversazione, non poteva rispondere se non lo avrebbe fatto a tono e se stava zitto, come in quel caso, la conversazione pur riguardandolo non chiedeva un suo contributo attivo, parlavano come se lui neppure ci fosse.

“Minerva non sempre ha optato per scelte giuste” le fece presente Neville riferendosi ad un episodio di guerra, dove la Mc. Granitt gli disse di star lontano da Nagini “Se avesse dato retta a lei, tu non saresti qui” fece presente alla ragazza, ora era Draco ad alzare gli occhi al cielo, era stato escluso, come immaginava, ma ascoltava attentamente cosa stavano dicendo i ragazzi.

“Voleva solo proteggerti, Neville, voleva proteggere te e tua nonna, ci è riuscita” ribatté la riccia facendo finta di non aver sentito l’allusione ad una sua possibile morte.

Il ragazzo grugnì.

“Mettiamola ai voti...” propose soavemente Luna, la situazione aveva un non so che di comico a vederla da fuori, Harry fece cadere la testa tra le mani, scocciato da quella situazione o per nascondere delle risate, dipendeva dai punti di vista. Draco si schiarì ancora la voce facendo voltare i ragazzi ancora un volta verso di lui.

“Ci sarei anche io, non so se vi siete accorti” incominciò a dire, Hermione sorrise diventando rossa fino alla punta dei capelli, Neville lo fulminò con lo sguardo “O è si o è no, decidetevi. Posso sempre andare da un’altra parte” completò guardando quasi solamente Hermione.

“Puoi sederti” disse Harry prendendo finalmente parola, alla fine era sempre stato lui il leader del gruppo, se non avesse preso la parola la discussione sarebbe andata avanti per secoli.

Malfoy ringraziò e si sedette vicino ad Hermione, appoggiando i quaderni sul tavolo e il libro per terra, come era solito fare quando studiava nella sua Sala Comune.

“Ma, Malfoy. Questo non significa che fai parte del gruppo, né che ci fidiamo di te. Significa solo che a quanto pare Hermione si fida, finché lei continuerà a farlo la tua presenza potrà essere sopportata. Vero, Neville?” chiese sorridendo infine all’amico che annuì debolmente, non poteva far altro che accettare, anche mettendo ai voti i voti non si sarebbe giunta ad alcuna conclusione, Luna avrebbe votato con lui e Harry con Hermione, sarebbe finita lo stesso in parità.

“Non vi chiederei mai di diventare vostro amico, so le perdite che gli altri Mangiamorte vi hanno causato” disse guardando verso Neville che era stato quello più segnato dalla famiglia di Draco “Ma io non sono come loro e ho perso anche io qualcuno di importante” disse, Hermione raggiunse una mano del ragazzo, appoggiata sulle gambe, salda al ginocchio e  fece intrecciare le sua dite alle sue, sotto il tavolo, dove nessuno si sarebbe accorto di quel contatto intimo.

Draco si sentì sollevato nel sentire la stretta della ragazza, almeno lei l’aveva capito.

“Tu non hai perso i tuoi genitori, Malfoy”disse in un soffio Neville, un altro ragazzo cresciuto in fretta, che non portava cicatrici solo sul corpo.

“No, ma ho perso la mia migliore amica, esattamente come voi avete perso...” incominciò a dire, ma quando sentì la stretta di Hermione allentarsi non andò avanti e rafforzò la sua.

Come voi avete perso Ginny e Ron, avrebbe voluto dire.

Lui in battaglia aveva veramente perso la sua migliore amica, entrambe le sue migliore amiche, le ragazze con cui era cresciuto e a volte divideva il letto per gioco e per piacere.

Pansy e Daphne.

Pansy era una Mangiamorte incallita, Daphne invece non ne poteva più della guerra, a lei era toccata la stessa sorte di Draco. Poi Tiger era morto, Goyle era fuggito chissà dove, come Blaise.

“Non c’è bisogno di parlarne” disse Harry, gli altri convennero con lui e abbassarono la testa ritornando sui proprio compiti. Hermione guardava Draco di sottecchi, gli aveva lasciato la mano per poter continuare a scrivere.

Con un abile incantesimo non verbale incantò la pergamena davanti ad Hermione e tra le righe che stava rileggendo la ragazza comparve per alcuni istanti un’altra frase, che arrivava da Draco.

“So che cosa provi, vorrei portarti via da tutto questo dolore, ma so di non potere, perdonami” la ragazza abbassò di nuovo la mano e strinse di nuovo quella del ragazzo per qualche secondo.

Lo so, pensò lei. 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Erin Lastrange. ***


Erano ancora in biblioteca quando si sentirono, sul pavimento di legno, il ticchettio delle scarpe con il tacco di Minerva Mc. Granitt, che una volta entrata si era diretta a passo spedito verso i cinque ragazzi seduti intorno ad un tavolo rotondo, tra la sezione di Trasfigurazione e quella di Pozioni. La strega alla vista di Malfoy insieme agli altri quattro rabbrividì, ma decise di non lasciarsi prendere dai mille pregiudizi dei Grifondoro verso i Serpeverde, era la Preside, doveva essere superiore a quelle cose; tuttavia non riusciva a capire il perché di quel legame improvviso.

Quando la videro avvicinarsi alzarono la testa e Neville diventò di tutti i colori “Dimmi che non mi ha sentito dire che non sempre ha ragione” disse il ragazzo sussurrando in direzione di Harry che tentò di trattenere una risata.

“Granger, vorrei che tu mi seguissi in Presidenza, subito” disse gentilmente, poi posò gli occhi su Draco “Credo sia opportuno che venga anche lei, Signor Malfoy” aggiunse poi ritornando a guardare Hermione che non sapeva che cosa aspettarsi da una convocazione, con Draco poi.

“Posso chiederle il motivo?” chiese mantenendo il lei date e circostanze, la Mc. Granitt le sorrise un’altra volta e la incitò ad alzarsi con la mano.

“Appena saremo fuori di qui ”rispose, i due ragazzi si alzarono, lasciando lì i libri e seguirono l’anziana ma risoluta strega fino alla Presidenza, camminando senza parlare. Hermione era appena dietro di lei, Draco appena di fianco, lui capiva ancora meno il motivo della convocazione.

“Minerva, mi puoi dire...” incominciò la ragazza una volta che giunsero alle porte dell’ufficio, ma le parole le si smorzarono in bocca nel momento in cui vide Narcissa Malfoy seduta su una delle poltrone e il quadro di Piton sul tavolo. Draco le prese istintivamente la mano, senza pensarci, e la ragazza la strinse.

Proprio non capiva, perché Narcissa era lì?

“Madre?” chiese Draco trascinando Hermione nella stanza, la donna si avvicinò al figlio e lo abbracciò, strappandolo per un attimo alla stretta di Hermione, che dopo un rapido cenno del capo verso Piton e Narcissa si lasciò cadere sulla poltrona di velluto blu scuro.

“Potrei sapere il motivo della convocazione?” chiese la ragazza guardando solamente Piton che aveva l’aria di sapere molte più cose in confronto a Minerva che si era seduta al suo posto, appena dietro la scrivania, alle spalle di Piton.

“Certamente Signorina Granger” rispose Piton con il suo solito tono superiore, macinando ogni parola, Hermione si sporse un po’ di più sulla sedia, sentiva gli occhi di tutti puntati addosso.
Guardò per un attimo Draco e si accorse che stava quasi tremando e che non riusciva a sostenere il suo sguardo, pensò che doveva essere successo qualcosa di grosso “Le spiacerebbe raggiungere il Pensatoio? All’interno ci sono due ricordi uno mio e una della Signora Malfoy, le sarei grato se li guardasse” disse ancora, la ragazza si alzò titubante e andò verso il Pensatoio, che aveva visto forse solo una volta in tutti gli anni in cui era stata ad Hogwarts.

Appoggiò la testa sul velo dell’acqua e subito fu trasportata nei ricordo della nascita di una bambina e in quello di Narcissa e Bellatrix vicino alla serra dei Pavoni bianchi.  Non riusciva a capire, la zia di Draco si stava disperando per una bambina e poi per una ragazza che aveva riconosciuto come sua figlia e che aveva torturato, ma aveva torturato tantissime persone, che poteva saperne lei? Una volta finito di vedere quei ricordi si girò verso le tre persone e il quadro che erano li con lei e alzò le spalle, con gli occhi lucidi, era sicuramente una storia commovente; Bellatrix con istinto materno, non l’avrebbe mai detto.

Poi un momento di lucidità e capì.

Non era più difficile fare due più due, i presenti videro la ragazza sbiancare e poi irrigidirsi.

“Non può essere” disse a bassa voce, Draco si alzò e andò ad abbracciare la ragazza, che però rimase inerme, con le braccia lungo i fianchi e la mente che vagava chissà dove. Il ragazzo, dal canto suo, era rimasto a bocca aperta, sebbene sapesse e ne avesse ormai la conferma ancora non riusciva a credere e collegare tutti i pezzi.

Aveva sperato fino all’ultimo, sperato fosse un errore.

Poi la lasciò andare, restando comunque sempre al suo fianco.

“Erin, andrà tutto bene, vedrai” disse Narcissa Malfoy con dolcezza cercando di avvicinarsi alla nipote ma lei si scostò velocemente, come se tutto d’un tratto avesse paura di tutti loro, il corpo non rispondeva quasi più ai suoi comandi era scossa da piccolo scosse elettriche, era arrabbiata, delusa, non sapeva che cosa pensare, non sapeva più nulla.

“Io mi chiamo Hermione, non Erin” disse guardando la madre di Draco negli occhi e poi spostando lo sguardo verso la Mc. Granitt che ancora non aveva detto nulla.

“Ma sei nata come Erin Lastrange, Hermione” disse la donna, in quello stato confusionale assomigliava in modo impressionante alla madre, Draco non poteva saperlo non aveva mai visto foto della zia quando aveva all’incirca la loro età, ma Narcissa e Piton si.

Hermione si voltò verso Draco e gli puntò il dito contro il petto, oltre tutto si sentiva anche tradita, tradita dal ragazzo al quale aveva cercato di aprire il cuore.

“Tu, tu sapevi tutto, vero? E’ per quello che mi hai avvicinato?” chiese al ragazzo, lui scosse la testa e quando la ragazza si stava per allontanare la prese per un braccio.

“No, non ti ho avvicinato per quello” rispose lui, Narcissa e la Mc. Granitt guardavano quella scena tra i due giovani con una morsa al cuore.

“Lo sapevi?” ripeté ancora Hermione rimarcando la domanda alla quale Draco non aveva ancora risposto, il Serpeverde non sapeva che cosa rispondere.

Sapeva, non sapeva? Aveva trovato dei documenti, aveva trovato il suo nome associato a quello della figlia della zia, aveva parlato con sua madre e lei glielo aveva confermato, ma non ci credeva, pensava in un errore.

Si, Draco sapeva, ma sperava non fosse vero.

“Si, lo sapevo, Erin” rispose a mezza voce abbassando lo sguardo, la ragazza guardò la Preside e poi corse fuori dalla porta, lei ultime parole che sentirono i presenti furono.

“Io sono Hermione”
 
 
  

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Mancanze. ***


Hermione andò dritta nella gufiera, dove pensava che nessuno l’avesse trovata e si sedette con i piedi a penzoloni sul muretto che divideva il balconcino che circondava il perimetro della stanza con il vuoto. Sentì dei passi venire verso di lei, ma non fece neppure una piega, finché non si accorse che l’anziana strega che l’aveva raggiunta si era seduta di fianco a lei e le aveva messo un braccio amorevolmente intorno alle spalle. La ragazza si fiondò in quella stretta nascondendo il viso bagnato dalle lacrime sulla camicia della donna.

“Dimmi che non è vero, Minerva, ti prego” disse Hermione scossa dai singhiozzi, la donna la strinse ancora più forte a se e ricacciò indietro le lacrime provocate dalla disperazione della ragazza, disperazione che avrebbe voluto trovare un modo di evitare.

“Purtroppo è vero, l’ho saputo anche io da poco” rispose la donna mentre la Grifona alzava la testa dal petto dell’altra tirando su con il naso e asciugandosi gli occhi con la manica del suo golfino grigio perla, parte della divisa scolastica.

“E i miei genitori?” chiese Hermione lasciando perdere per un attimo il suo sguardo nel vuoto, oltre la Foresta Proibita e persino l’orizzonte.

“Cosa vuoi sapere?” chiese la Mc Granitt guardando il profilo della ragazza, lei scosse un attimo la testa e chiuse gli occhi, come per riprendere coscienza di sé.

“Mi hanno cresciuta loro, che cosa sanno di tutto questo?” specificò la ragazza tirandosi indietro una ciocca ribelle di capelli e voltandosi verso la Preside aspettando una risposta.


“Nulla, loro non sanno nulla, Cara. Per loro sei loro figlia” rispose “Appena sei nata Piton li aveva già trovati, quando ti ha portato lì ne ha modificato ad entrambi i ricordi e alle persone a loro vicine per ricordarsi della gravidanza e far in modo che loro pensassero che fossi figlia loro. Ha fatto un gran lavoro, voleva bene alla Signorina  Lastrange” spiegò la Mc. Granitt cercando di capire che cosa passasse nella testa della ragazza che aveva ripreso a respirare regolarmente.
 

Hermione non riusciva ancora a credere alle proprie orecchie, non sopportava il fatto che le era stato tenuto nascosto chi fosse veramente fino a quel momento, era arrabbiata con Draco perchè sapeva e non le aveva detto nulla, era arrabbiata con se stessa per non averlo mai capito da sola, ma come avrebbe potuto?
Sua madre era la stessa donna che l’aveva torturata, la stessa di cui aveva preso le sembianze per intrufolarsi alla Gringott nella sua cella di sicurezza, la stessa che aveva ucciso i genitori di Neville, che la chiamava Feccia e Mezzosangue, era una delle peggiori Mangiamorte in circolazione.

Che cosa poteva pensare? La donna dei ricordi era assolutamente diversa dalla donna che aveva conosciuto lei durante gli anni.

“I tuoi genitori ti hanno sempre voluto bene, come se fossi stata veramente loro” le disse Minerva dandole delle leggere pacche sulla spalla, la ragazza annuì tirando ancora su con il naso.

“Lo so” rispose la ragazza, non avrebbe mai messo in discussione la buona fede di sua madre e suo padre, le avevano donato tutto l’amore di cui erano capaci, le avevano insegnato ad amare, a fidarsi; tutto quello che era lo doveva a loro, sarebbero stati sempre e solo loro i suoi genitori “Perché non mi ha tenuta con sé?” chiese poi la ragazza pensando per un attimo ancora alla madre naturale.

“Per proteggerti” rispose una voce che arrivava alle sue spalle che la fece alzare in piedi, seguita subito dopo anche dalla Preside che continuava a cingerle le spalle. Narcissa Malfoy era davanti a loro, nell’alto della sua statura, era una donna sicura di sé, altera, per certi verso poteva ricordare la Mc Granitt, ma aveva fatto scelte diverse.

“E’ meglio che vi lasci sole per un po’” disse la più anziana tra loro, dando un lieve bacio sulla testa alla sua pupilla e poi allontanandosi; Narcissa aveva gli stessi occhi del figlio, due pozze di ghiaccio, profonde e fredde, era l’opposto di sua sorella, doveva aver preso dalla parte opposta della famiglia. La donna sorrideva dolcemente ad Hermione, ma la ragazza poteva solo guardarla con disgusto, e un pizzico di soggezione. Si avvicinò alla nipote ma lei si scostò nuovamente, come aveva fatto poco prima nell’ufficio e Narcissa annuì dolcemente.

“Non voglio spaventarti” disse la donna, Hermione incrociò le braccia sul petto, per proteggersi dal freddo che la stava attanagliando.

“Perché non mi hai preso tu con voi se il problema era Bellatrix invece di portarmi via?” chiese la ragazza, doveva avere delle risposte alle sue domande, se da un lato era felice per non essere cresciuta con quella famiglia ma con i suoi genitori babbani, dall’altro lato si sentiva rifiutata e respinta.

“Io ero già incinta di Draco all’epoca” rispose la donna “E le cose per te non sarebbero state diverse da come sono state poi per lui. Tua madre voleva che crescessi lontana da tutto quel male che ci circondava, e lontana da lei che aveva una personalità instabile, che ha tutt’ora. Non pensare che ci sarebbe dispiaciuto averti con noi” concluse la donna, Hermione continuava a guardarla con uno sguardo pieno di rancore e la donna non poteva far altro che capirle la ragazza che aveva davanti.

“E mio padre chi è?” chiese Hermione, la donna bionda scosse la testa, non lo sapeva.

“Bellatrix ammaliava qualcuno quasi ogni sera” rispose senza scendere nei particolari, non poteva sapere chi fosse il padre di Erin e Bellatrix non glielo aveva mai rivelato, probabilmente perché neppure lei sapeva, non si ricordava neppure se era un Babbano o un Mago.

“Tu sapevi chi ero?” chiese la ragazza ancora mentre si stava alzando un vento potente da est che rendeva quella conversazione ancora più inquietante di quello che già era.

“Lo so da poco prima della battaglia finale e Draco non ne era sicuro, non dare colpe a lui, non c’entra nulla, sperava che le carte fossero sbagliate” rispose la donna, Hermione annuì e si girò ancora verso la Foresta Proibita mentre sentiva una mano ossuta della zia appoggiarsi sulla sua spalla e stringe gliela leggermente, in segno di conforto.
  

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Voglio vederla. ***


La camera di Hermione non era stata mai insonorizzata da incantesimi e protetta come in quel momento, mentre lei e tre dei suoi migliori amici erano seduti in terra a gambe incrociate in cerchio davanti al caminetto. Il fuoco scoppiettava e si sentiva il rumore leggero della legna che stava bruciando e riscaldando la stanza. Hermione cercava di trovare un po’ di appoggio dai suoi più cari amici, sapeva che l’avrebbe avuto, ma era preoccupata soprattutto per uno di loro.

“Neville, io...” incominciò a dire guardando il ragazzo che si era concentrato sul fuoco pur di non parlare, vedeva chiaramente dagli occhi dell’amico che la notizia che lei fosse la figlia di Bellatrix lo aveva scosso più di quanto immaginasse. Luna era ancora con la bocca aperta e gli occhi alzati verso il cielo, come se aspettasse che qualcosa cadesse dal soffitto della stanza rivelando che era stato tutto uno scherzo di pessimo gusto; Harry guardava Hermione spaesato, come se non la conoscesse, ma era solo una fase di passaggio, continuava a chiedersi come facesse una ragazza dolce e sensibile come la sua migliore amica ad essere figlia di una vera e propria arpia.
 

“Neville, io...” ripetè un’altra volta, ma le parole le morirono in bocca, cosa poteva dirgli per rincuorarlo dopo aver appena confidato che era la figlia di chi aveva ucciso i suoi genitori? Fu Neville a parlare per primo, appena ne ebbe la forza.

“Non ti preoccupare” le disse a mezza voce cercando ancora di metabolizzare la notizia, poi si lasciò andare ad un lungo sospiro che portò gli occhi di Luna allo stesso livello di quello degli altri ragazzi, aveva smesso di cercare un’illuminazione.

“No, invece mi preoccupo” aveva risposto prontamente la ragazza, erano le quattro parole più scontate che avrebbe potuto dire e nel contempo anche le più indicate. Aveva raccolto i capelli in una coda alta, per evitare che le sparassero da tutte le parti, per evitare di accorgersi di assomigliare al mostro che le aveva dato la vita. Non riusciva a smettere di considerarla come tale.

“Non devi” disse di nuovo lui questa volta guardandola negli occhi e poi sorridendole timidamente, alla fine era la stessa ragazze che lo aiutava a scuola, la stessa che quando piangeva lo abbracciava, la stessa con cui aveva combattuto, la stessa amica di sempre.

“Si, ma...” provò ancora a parlare Hermione, ma il ragazzo le fece segno di non parlare, lei lo guardò e rispose al sorriso, Harry le mise un braccio intorno alle spalle e la tirò verso di sé dandole un bacio sulla fronte.

“Herm” disse Neville ancora “Ricordati sempre che noi siamo figli di chi ci cresce, non di chi ci mette al mondo. Per noi rimarrai sempre Hermione Granger, non sarai mai Erin Lastrange” era riuscito a completare la frase senza balbettare, la ragazza si staccò dalla presa di Harry e si fiondò tra le braccia di Neville, che impreparato si sbilanciò portandosela dietro e trovandosela sopra, mentre era scoppiata a piangere.

Il ragazzo la strinse timoroso e cercò di sollevare se stesso e l’amica aiutato da Luna che batteva tranquilla la mano sulla schiena della riccia.

“Stai tranquilla ‘Mione” disse Luna sorridendole “Tutto questo non cambia le cose tra di noi” ribadì ancora anche la ragazza facendosi più vicina accompagnata subito dopo da Harry.

“Siamo i soli a saperlo?” chiese poi il suo migliore amico, la ragazza si ricompose ma rimase vicina a Neville con la testa appoggiata alla spalla del ragazzo che le cingeva la vita dolcemente.

“Si, voi tre, Severus, Minerva, la Signora Malfoy e Draco” rispose la ragazza, Luna la guardò aggrottando le sopracciglia.

“Draco sapeva?” chiese la ragazza bionda dai capelli lunghissimi tirati indietro da due rametti di ciliegio e uno di pesco messo trasversalmente, era rimasta la stessa di sempre, nulla poteva intaccare il suo modo di vedere le cose e il suo eterno essere bambina.

“Non ne era sicuro” rispose Hermione “Aveva trovato dei documenti ma aspettava la prova decisiva, così mi ha detto” concluse poi, erano passati quattro giorni da quando era stata chiamata in Presidenza con il ragazzo e le era stata della la verità sul suo passato ed era riuscita a rivolgere la parola a Draco senza la voglia di puntargli una bacchetta contro solo quella mattina, che aveva avuto il permesso di parlare della situazione ai ragazzi.

L’aveva supplicata di credergli, che lui voleva esserle amico, voleva starle accanto perché era lei, non perché era Erin Lastrange, che non voleva che pensasse fosse solo opportunismo da parte sua. Ma lei era un’orgogliosa Grifondoro, non poteva dargliela vita subito, sapeva di potersi fidare, lo sapeva ogni volta che lo guardava negli occhi, era incapace di mentire, benché l’avesse fatto per anni.

“E tu gli credi?” chiese Harry guardandola, lei annuì decisa.

“Si, gli credo. So che dice la verità” rispose poi a parole, Harry non riusciva ancora a capire quel rapporto che Hermione aveva allacciato con Draco che alla fine era anche suo cugino, ma non sarebbe stato lui a chiedere spiegazioni, sapeva che anche lei non sarebbe stata capace a dargliele e non sarebbe certo stato lui a separarli, dopotutto da quando c’era lui in mezzo lei aveva ricominciato a sorridere.

“Dobbiamo sigillare il patto di segretezza, ragazzi, mi dispiace ma sono costretta a farlo, nessuno deve sapere nulla fino a nuovo ordine” disse poi rompendo il silenzio che si era creato, la sua identità avrebbe dovuto rimanere nascosta finché qualcuno non fosse stato pronto a rivelarla, e quel qualcuno era proprio Hermione, almeno così le aveva spiegato Piton il giorno prima nel suo ufficio, ma quando lei chiedeva spiegazioni del perché di così tanta segretezza fino al punto di non potersi fidare della parola dei suoi amici, questo rispose che faceva troppe domande, come quando era ancora una sua studentessa di pozioni.

“Va bene” disse Harry, Luna annuì, subito seguita anche da Neville, presero la bacchetta tutti e quattro e incisero un taglio sui palmi delle loro mani destre poi le misero una sopra l’altra.

“Promettete solennemente di mantenere il segreto?” chiese Hermione rispettando la formula del rituale, i ragazzi rispose un sì in coro, poi, sempre insieme aggiunsero un'altra strofa della formula “Finché non verrà rivelato dalla portatrice” un filo di luce bianca e rossa creò un nodo di mangia tra le loro mani, ancora una sopra l’altra e poi scomparì.

Il patto era appena stato sigillato.

--------------------------------------------------------------------------------------------------

Hermione dopo aver suggellato il Patto di Segretezza si diresse velocemente verso il bagno dei Prefetti, mancava solo un’ora alla cena e lei aveva bisogno di restare un po’ da sola con i suoi pensieri, non aveva il coraggio di guardarsi allo specchio da quando le avevano detto che era la figlia di Bellatrix, così prese con se un po’ di coraggio e si diresse verso gli enormi specchi del bagno, circondati di ferro battuto. Aveva paura di trovare delle somiglianze con la madre, sapeva che se vedeva le cose nella prospettiva esatta le avrebbe anche trovate.

Sospirò e sciolse i capelli dalla coda, lasciandoli liberi di caderle sulle spalle i ricci si erano ormai trasformati in boccoli, ma c’erano ancora delle ciocche che andavano dove volevano. Si appoggiò con le mani al lavandino spostando il peso su di esse e si avvicinò di più con i viso alla superficie che la stava riflettendo.

Il facciotto rotondo, anche se ormai scavato, era vagamente somigliante a quello della madre, ma i suoi tratti erano molto più morbidi, mentre quelli della donna erano più pronunciati. Sicuramente i capelli, anche se di colore più chiaro di quelli di Bellatrix che portava un castano scuro.

Poi gli occhi, glieli aveva visti mentre la torturava, solo al pensiero un tremito la scosse dalla testa ai piedi, avevano la stessa tonalità di marrone e poi le lentiggini, più pronunciate in lei appena sotto gli occhi e meno nella madre.

Gli occhi di Hermione  divennero lucidi e presto non riuscì più a vedere la sua immagine riflessa in modo nitido, però sentì qualcuno appoggiarle le mani sulle spalle, era di almeno quindici centimetri più alto di lei e aveva la sua stessa espressione sul viso.

“Che mi succede?” chiese la ragazza guardando attraverso lo specchio Draco che ora le cingeva le spalle in quello che doveva essere un abbraccio, fece appoggiare il suo mento tra il collo e la spalla destra della ragazza.

“Sei confusa” rispose lui a bassa voce in un sussurro, la ragazza rabbrividì leggermente, quando erano insieme la tensione era palpabile, si sentiva che tra i due stava nascendo qualcosa, qualcosa che spaventava entrambi.

“E’ anche colpa tua” ribatté lei decisa rimanendo ferma, fissando gli occhi del ragazzo riflessi, lui gli sorrise, un sorriso sghembo che avrebbe potuto far andare Hermione decisamente fuori di testa, d'altronde era una donna anche lei.

“Perché?” chiese il ragazzo depositandole un bacio tra i boccoli castani chiari, lei si lasciò andare ad un leggero sospiro che fece eccitare lui e che fece aderire il suo petto alla schiena di lei e lei riusciva a sentire quell’eccitazione, la stessa che provava anche lei e che non era assolutamente normale in una situazione del genere, non per lei che era sempre stata la classica ragazza perfetta.

“Perché non ti capisco, perché ora?” chiese la ragazza, lo voleva veramente sapere, perché proprio in quel momento quell’avvicinamento e non prima, quando le cose stavano andando male.

“Perché ho avuto il coraggio solo ora di avvicinarti, perché eravamo sulla stessa barca, e lo siamo ancora. Prima non mi avresti mai guardato e avrei pagato caro il mio interesse nei tuoi confronti, non sai mai cosa si può nascondere sotto l’odio ostentato” le disse il ragazzo provocando un altro brivido nel momento stesso in cui le mani di lui stavano scendendo per le braccia di lei, coperte solo dalla camicia dell’uniforme.
 
“Io non ti ho ancora perdonato” gli fece notare lei riferendosi al fatto che non le avesse detto nulla dei suoi sospetti.

“Sai benissimo che non mi avresti creduto, come non credevo io a me stesso” rispose dandole un leggero bacio sul collo che la fece tramare di nuovo, il ragazzo ci sapeva fare e le se ne accorgeva ogni volta che si ritrovavano da soli, era diverso dal Draco che pensava di conoscere da quando avevano undici anni.

Lei si girò, vinta da quello che provava e cercò subito le labbra del ragazzo, facendole posare sulle sue, le loro lingue si cercavano come matte e quando si trovarono incominciarono una danza molto simile alla lotta che fece sorridere Draco che si scosto per mordicchiare dolcemente le labbra della ragazza che si lasciò andare ad un sospiro di piacere.
Il giovane Malfoy aveva una
certa esperienza in campo di ragazze ed Hermione lo sapeva, anche per quello non si sorprese quando la sua mano si fece strada sotto l’orlo della sua camicia per raggiungere il suo seno. Quella volta fu lei a sorridere e incominciò a baciare il collo di Draco che tirò indietro la testa e incominciò a slacciare i bottoncini della sua camicia, bianca come la sua, ma con lo stemma di Serpeverde al posto di quello di Grifondoro. Poi si sentì sollevare finché non poté sedersi sull’orlo ampio del lavandino.

Fece scivolare velocemente la camicia del ragazzo a terra e lo stesso fece con la sua, si lasciò andare alla sterra di Draco sentendo il calore dei loro corpi a contatto, era inesperta, ma le sue mani avevano già trovato la strada verso la cerniera dei pantaloni di Draco che intanto stava approfondendo ancora di più il bacio che già era di fuoco.

Non dovette passare molto tempo al momento in cui erano tutti e due completamente nudi, uno stretto all’altra, come se non volessero altro. Certo, Hermione aveva immaginato la sua prima volta in un modo più romantico, ma la passione che la stava invadendo era troppo forte, talmente forte che non si accorse neppure che Draco l’aveva già penetrata dolcemente e che non aveva provato nessun dolore dovuto alla prima esperienza, provò subito un immenso piacere e si strinse ancora di più al ragazzo, in piedi davanti a lei che le stava baciando l’incavo dei seni per poi passare alla sua bocca ancora, avrebbe voluto che il tempo si fermasse proprio in quel momento, con lui dentro di lei. Erano entrambi all’apice del piacere, le spinte di lui si facevano sempre più decise e quando vennero, prima lui e poi lei, Draco la baciò dolcemente sulle labbra e poi ancora sulla guancia, abbracciandola come se fosse la cosa più preziosa al mondo, e forse lo era.

“Draco...” disse la ragazza dopo qualche minuto, ancora abbracciati, senza la più pallida voglia di staccarsi e dover separarsi per la cena “Voglio vederla, voglio vedere mia madre” disse, lui la strinse ancora di più a sé, voleva proteggerla, l’avrebbe protetta da tutto, come suo padre non aveva mai fatto con la madre.

“Non è una scelta solo tua, dobbiamo parlarne con la Mc. Granitt” rispose dandole un bacio sulla fronte, la ragazzo al contatto delle labbra con la sua pelle chiuse gli occhi e poi annuì leggermente.

 
 
 
 
 
  
 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Lo specchio. ***


Lo specchio delle Brame, come l’aveva soprannominato Neville, era stato spostato nella stanza delle Necessità, riportata a nuovo dopo essere stata incendiata durante la Guerra. Era in un angolo intatto, sopravvissuto ad ogni tempo e spazio, imponente. Hermione lo stava guardando da lontano, ci mise un po’ di tempo prima di trovare il coraggio di avvicinarsi, quello le avrebbe mostrato il suo desiderio più grande, che non sapeva più neppure lei quale fosse.
 

Si posizionò davanti allo specchio e poi sollevò la testa, per vedere cosa le stava mostrando e sorrise. Un sorriso e una lacrima, forse anche due.

“Che cosa vedi?” chiese il suo migliore amico, che l’aveva seguita fino all’interno della stanza, lei se ne era accorta ma aveva preferito non dire nulla, ultimamente si sentiva lontana mille miglia da ciò che prima era stata la sua vita, avere accanto Harry l’avrebbe fatta sentire meglio. Nel frattempo il ragazzo si era avvicinato e l’aveva abbracciata timidamente, come aveva fatto Draco poco prima, lei si lasciò andare facendo appoggiare la propria schiena al petto del ragazzo.

“Vedo i miei genitori e dietro di loro Bellatrix, sorride” rispose timidamente la ragazza “Ma è diversa, assomiglia a me” le veniva da piangere  ma si trattenne  “Poi ci sono io, appena vicino ai miei genitori e due uomini mi tengono per mano, da una parte c’è Ron, dall’altra Draco, si guardano e sorridono” disse mentre un’altra lacrima calda le scivolava sulla guancia per poi atterrare sulla sua bocca, Harry la strinse ancora di più a se e scoppiò a ridere, la ragazza si girò tra le sue braccia finché non poté guardarlo in faccia, dando le spalle allo specchio.

“Potter, che cavolo ridi? Io sono seria” disse mettendo il broncio, lui le posò un bacio sulla fronte, paterno e poi le sorrise, facendola girare ancora verso lo specchio.

“Io non vedo quello che vedi tu, ma guarda, ti sembrerebbe possibile vedere Ron e Malfoy vicini e magari parlare da amici?” chiese il ragazzo trattenendo una risata, Hermione fissò un punto preciso dello specchio e poi sorrise scuotendo la testa; Draco era presente in quell’immagine proprio perché Ron non c’era più, se no le cose sarebbero andate diversamente.

“Le cose sarebbero andate diversamente se...” incominciò la ragazza ma poi si bloccò, un’ombra passò nei suoi occhi, ancora non riusciva a dire la parola morte e collegarla a Ron, era più forte di lei, lo faceva per non soffrire, o almeno così pensava lei, ma peggiorava solo la situazione a volte.

“Se lui fosse ancora qui” completò Harry pensando per un attimo anche a Ginny “Ma Malfoy avrebbe fatto parte della tua vita lo stesso, anche se in modo diverso” le fece notare, lei annuì e il suo sguardo si poso sull’immagine della madre naturale, le sembrava fin meno pazza di quello che era nel riflesso, era la stessa donna dei ricordi di Piton, con un viso sano.

“Certo che non è una pillola facile da mandar giù” disse Hermione lasciandosi definitivamente alle spalle lo specchio per guardare in viso il suo migliore amico “Insomma, Ron e Ginny sono mancati da poco e le cose erano già difficili così, ora mi viene detto che la persona che pensavo di essere in realtà non è mai esistita, non del tutto...” continuò la ragazza, gli occhi verdi di Harry esploravano ogni centimetro del viso della ragazza, finché non si fermarono in quelli di lei, due pozze d’orate.

“Tu sei Hermione, sei sempre la stessa persona, il fatto che tu sia una Lastrange non cambia nulla, solo i tuoi dati anagrafici. Per il resto rimani sempre la mia migliore amica, una delle eroine della Guerra, una strega della Luce, la so – tutto – io un po’ fastidiosa ma simpatica ed estremamente brillante, la mente assoluta del gruppo. Sei sempre tu, Herm. E se un giorno non dovessi ricordartelo basta che mi guardi negli occhi, per me sarai sempre tu” le disse stringendola forte a se, la notizia aveva scosso lei quanto lui, in modo diverso forse, ma lo aveva intaccato e se prima era preoccupato per le condizioni di salute psicologica di Hermione ora lo era doppiamente.

“Posso chiederti una cosa?” chiese il ragazzo mentre Hermione era ancora stretta a lui.

“Da quando chiedi se puoi chiedere?” chiese la ragazza di rimando scherzando e riprendendo un po’ di colore che prima aveva perso quando si era specchiata.

“Che cosa provi per Malfoy?” chiese, la ragazza sospirò e abbassò il viso, prendendo a giocare con la cravatta della divisa di Harry, dove il rosso e l’oro spiccavano ancora più dell’enorme spilla della Casa, ma non era abbastanza forte per contrastare le guance rosse della ragazza appena fatta la domanda, Harry dovette trattenere un sorriso. La conosceva bene, probabilmente se ne era innamorata, ma non se ne era ancora resa conto.

“Non lo so” rispose lei “Quando sto con lui sto bene, mi piace il calore che riesce a trasmettermi e le sensazioni, mi sa prendere in un modo diverso, ha sofferto anche lui e sembra mi capisca” continuò lei, Harry le aveva sollevato con pollice e indice il mento per costringerlo a guardarlo negli occhi, non doveva vergognarsi.

“Provi per lui quello che provavi per Ron?” chiese, era quello che gli premeva di più di sapere, voleva saperla al sicuro, non voleva che soffrisse ancora di più e aveva paura che Malfoy potesse illuderla o ingannarla, d'altronde non poteva pensare diversamente, lui aveva conosciuto un Draco diverso da quello che Hermione sembrava di vedere in quel momento.

“Ron rimane Ron” rispose lei “Ma spero che andando avanti provi per lui le stesse cose” ammise “Mi trovo veramente bene, Harry. E’ diverso” il ragazzo annuì debolmente, non riusciva ancora a crederci, per certi aspetti era incredibile quanto il fatto che fosse figlia di Bellatrix. Si stava innamorando del suo più acerrimo nemico, di chi l’ha sempre presa in giro e sbeffeggiata.

“Ti stai innamorando?” chiese ancora lui, le guance della ragazza divennero ancora più rosse e lui appoggiò le appoggiò una mano su quella destra, che gli sembrava ancora più rossa dell’altra, lei sorrise.

“Credo di si” rispose mettendo la mano su quella del ragazzo e poi scoppiando a ridere insieme per la situazione assurda che si era andata a creare.

“Io, figlia di Bellatrix e innamorata di Draco” disse tra le risate, Harry rise ancora di più; non ridevano così da tempo, forse troppo. Ma ridevano di gusto. Qualcosa di buono alla fine, tutta quella situazione l’aveva portata.
 
 
 
  

 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Azkaban. ***


Piton e la Mc. Granitt non credevano ancora alle proprie orecchie, davanti  a loro c’era una Hermione più cocciuta che mai, accompagnata da quello che fino a poco tempo prima era uno dei suoi nemici, che chiedeva un permesso speciale per andare ad Azkaban, nella prigione senza tempo del Mondo Magico. La Preside la guardava preoccupata, non le avrebbe mai voluto dare quel maledetto permesso, ma Piton era di tutt’altro avviso, da quando era diventata un quadro era molto più fastidioso di quando era ancora vivo.

“No, Hermione, non se ne parla, è troppo presto, lo hai appena saputo e non sei ancora riuscita a metabolizzare la notizia”disse la donna seduta sulla sua sedia al di la della cattedra, gli occhi di Hermione divennero come due fessure, era in piedi con le mani appoggiate fermamente sulla scrivania, mentre Draco era appena dietro di lei, spaventato dall’irruenza che la ragazza aveva mostrato nel momento stesso in cui era entrata in presidenza.
 

“Non ti sto esattamente chiedendo il permesso, Minerva”ribatté con fermezza “Sono un membro dell’Ordine, esattamente come te, posso andare e venire dalla Scuola e da Azkaban a mio piacimento” continuò, una mano di Draco si poggiò leggera sulla schiena della ragazza, un invito a calmarsi, ma lei neppure si rese conto di quel tocco.
 

“Devi capire la mia preoccupazione, Cara. Hai appena saputo, perché vuoi andare ora?” chiese la donna, la ragazza scosse le spalle mentre Piton le studiava l’espressione, quasi come per captare qualche segnale.

“Capisco, sto solo chiedendo di vederla, voglio parlare con lei” spiegò la ragazza, in quel momento Piton scosse leggermente la testa, la ragazza si accorse e si voltò verso di il ritratto dell’uomo.

“Tu vuoi portarla indietro, non è vero?” chiese calmo, Hermione si sedette sulla poltrona, accompagnata subito dopo da Draco, il cui volto era tirato, somigliando ancora di più al padre.

“Voglio capire cosa è successo” rispose lei guardando prima Severus e poi la Preside che stava battendo la bacchetta ritmicamente sul piano della scrivania.

“Bellatrix è passata al lato oscuro da troppo tempo, ormai” disse Piton “Non pensare che un incantesimo contrario all’Oblivium possa servire. Se vuoi rivedere la donna dei nostri ricordi devi cercare di riportarla alla Luce per vie naturali, e solo tu puoi farlo” concluse l’ex Mangiamorte facendo quasi rabbrividire la Mc. Granitt al solo pensiero di mettere sulle spalle di Hermione un altro peso così grande e neppure tutto, ancora Hermione non sapeva che cosa si sarebbero aspettati tutti da lei.
“Mi sta accordando il permesso, Piton?” chiese la ragazza guardando il ritratto, mentre la Mc. Granitt si stava muovendo sulla sedia come se l’avesse appena morsa una tarantola e aveva accelerato il ritmo della bacchetta sulla scrivania.

E il permesso fu accordato, non potevano ribattere né fermarla se aveva già preso una sua decisione, per quanto ardua potesse sembrare ed ora era alle porte della prigione, senza la divisa di Hogwarts, accompagnata da Draco che con il posto aveva già una certa confidenza.

I Dissenatori circondavano la fortezza trascinandosi in aria per tutto il suo perimetro, solo a vedendoli Hermione ebbe freddo, Draco se ne accorse e la spinse dentro il portone principale, lei fece scivolare il cappuccio del mantello dai suoi boccoli e lui fece lo stesso con il suo, mettendole una mano sulla schiena invitandola ad avanzare per il corridoio.


La ragazza si guardava intorno spaventata, mai avrebbe voluto passare dentro Azkaban più di mezza giornata, da visitatore, non riusciva a credere che ci fossero persone che avrebbero speso là dentro la loro intera esistenza.

Draco invece si guardava intorno con circospezione, lui quel luogo lo aveva evitato per un soffio, aveva passato solo una notte dentro nella stessa cella del padre e ancora prima, quando aveva poco più di undici anni, quando andò con sua madre a trovare la zia.

“Fermati ora, devono identificarci” disse il ragazzo prendendo per un gomito Hermione e forzandola a fermarsi appena davanti ad un gabbiotto di vetro che aveva al suo intorno uno degli Auror addetti alla prigione, la ragazza sorrise leggermente.

“A noi non serve”rispose tirando fuori dalla tasca del mantello una tesserina magnetica con impresso sul davanti uno stemma che Draco conosceva bene, quello dei Black, parte della sua famiglia e le lettere OdF, Ordine della Fenice.

Il ragazzo sbarrò gli occhi.

“Come fai ad averla? Pensavo solo i membri più anziani l’avessero” fece notare, Hermione sorrise ancora e fece vedere la tessera all’uomo del vetro che ancora prima di posarci su gli occhi abbassò la testa in segno di rispetto verso la ragazza e con la mano fece cenno di proseguire.

“Io sono seconda alla Professoressa Mc. Granitt” rispose come se fosse la cosa più normale del mondo, Draco sospirò e le prese la mano, lei lasciò che le loro dita si intrecciassero e poi strinse ancora di più la presa.

“Sei tranquilla?” chiese ancora il ragazzo mentre si dirigevano verso la cella, lui sapeva benissimo dove si trovava la zia, la sua cella era sempre la stessa da anni, ogni volta che entrava ed usciva da quella prigione magica a lei riservavano quella di isolamento, la ragazza scosse la testa “Vedrai che andrà tutto bene, fai accostare alla cella prima me, quando ti chiamo vieni...” le disse ancora portando il dorso della mano di lei vicino alla sua bocca e dandole un leggero bacio, stava tremando.

Le lasciò andare la mano e si avvicinò alle sbarre. Sua zia era rannicchiata in posizione fetale sotto l’unica finestra presente di quella cella, troppo in alto per vedere fuori e troppo piccola per tentare una fuga.

“Zia Bella” chiamò, la donna alzò la testa di scatto e si alzò, aveva il volto scavato, i capelli crespi che le cadevano sulla schiena, di un castano scuro, più scuro di quanto ricordasse. Appena la donna vide il nipote si portò verso le sbarre, gli occhi quasi fuori dalla testa. Draco la guardava e non riusciva a riconoscerla, come poteva, lei, essere la madre di Hermione.

“Sei venuto a tirarmi fuori, mio giovane nipote?” chiese con una voce aguzza come la punta di un coltello e affilata come una lama.

“No,sono venuto qui per farti conoscere una persona” disse tendendo una mano verso la parte di corridoio nascosta alla vista della donna, appena i suoi occhi incontrarono quelli della figlia l’espressione cambiò.
 
  

 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Il primo incontro. ***


La ragazza si avvicinò alle sbarre della cella tenendo per mano Draco e non appena i suoi occhi si incontrarono con quelli della madre, le sembrò quasi di vedere i suoi stessi occhi riflessi da uno specchio, avevano le stesse striature orate, lo stesso colore caldo; ma se sugli occhi di Bellatrix quel colore faceva quasi paura, su quelli di Hermione trasmetteva calore.

Poi la ragazza era sicura che se avesse tagliato i suoi capelli anche solo di qualche centimetro sarebbero ritornati ad essere ricci come quelli della donna davanti a lei, accentuandone ancora di più la somiglianza, ma non avrebbe rinunciato ai suoi boccoli, non per assomigliare a lei. Bellatrix la guardava truce, aspettava solo una mossa per poterla insultare, quando Hermione mosse un altro passo verso di lei la donna girò il volto di scatto verso quello del nipote.
 

“Draco, nipote caro, non pensavo che ti saresti abbassato a tanto” disse incominciando a sputare veleno “Sei venuto fin qui per presentarmi la fidanzatina Mezzosangue?” chiese, il ragazzo strinse i pugni, stava per pronunciare un incantesimo non verbale a Hermione lo bloccò appena se ne accorse. Draco avrebbe cruciato la zia seduta stante se non fosse stato per la ragazza.
 

“Oh” disse Bellatrix accorgendosi del gesto e cacciando gli occhi quasi fuori dalle orbite “Che abominevole scenetta, Draco, sei sempre stato un debole, non meriti il nome dei Malfoy, tantomeno dei Black” continuò la donna, il viso scavato da Azkaban, i vestiti sporchi e i capelli impolverati, gli occhi truci da assassina.

Hermione continuava a guardarla, come se cercasse in lei qualcosa che le potesse ricordare il volto della donna dei ricordi di Piton, la Bellatrix buona, quella della Luce.

“Se c’è qualcuno qui che non merita di essere una Black quella sei tu, Bellatrix” ribatté Draco inviperito, Hermione si voltò verso di lui per qualche secondo, per la durata della frase, i tratti del suo volto erano tesi, tirati, la fronte aggrottata e gli occhi ridotti a due fessure. La donna scoppiò in una fragorosa risata, metallica che ricordò vagamente ad Hermione le risate delle streghe di pezza che la madre adottiva attaccava fuori dalla porta la sera di Halloween.

“Non dirmi che ti sei innamorato...” disse ancora la donna cercando di deridere il nipote, le cui nocche erano diventate ancora più bianche, la pelle già diafana, ora sembrava quasi essere stata messa in un bagno di candeggina.
 
“Tu non conosci l’amore, vero?” chiese inaspettatamente Hermione facendo riportare l’attenzione su di lei, gli occhi della donna erano diventati furenti.

“Come osi, ragazzina, feccia” disse apostrofandola, se non le fossero stati bloccati i poteri tramite i bracciali d’argento dell’Ordine, l’avrebbe uccisa, Hermione ne era certa “Tu non sai nulla della mia vita” sputò ancora senza ritegno alcuno, la vicinanza con Voldemort in tutti quegli anni l’aveva fatta diventare un mostro.

“So molto più di quello che credi” ribatté la ragazza avvicinandosi di più alle sbarre, i nasi delle due donne avrebbero potuto incontrarsi, Draco prese un braccio alla ragazza e la fece allontanare, Bellatrix rise ancora e poi scosse la testa, disapprovava il nipote, fino all’ultimo, ma per lei Draco era sempre stato solo un debole.

“E io sono pronta a giurare, sulla mia anima corrotta, che so molto più io del tuo fidanzatino. Torturandoti ho visto anfratti della tua pelle che sono sicura che lui non avrà ancora toccato, vero?” chiese fingendo  dolcezza sparando cattiverie a raffica, Draco si trattenne dallo schiantarla dall’altra parte della cella, mentre Hermione arrosì di colpo e fu assalita dalla rabbia.

“Ti ricordi, Mezzosangue? Il nostro intenso tu per tu?” chiese ancora, Hermione rabbrividì, certo che se lo ricordava, se lo ricordava più che bene, non ha mai provato così tanto dolore fisico in vita sua se non sotto la bacchetta di Bellatrix Lastrange.

La sua pelle ne portava ancora i segni.

“Come potrei dimenticarlo” sibilò la ragazza portando gli occhi sul suo braccio sinistro, coperto dal mantello, quella cicatrice era un contrassegno, era un ricordo, era qualcosa che avrebbe voluto dimenticare, un segno indelebile che le avrebbe ricordato per sempre la guerra e il suo essere una parte fondamentale del trio “Ma non sono io ad aver torturato la mia stessa figlia” disse ancora la ragazza Draco la guardò preoccupato, erano rimasti d’accordo che non avrebbero fatto parola con Bellatrix del suo essere madre, non quel giorno.

Ma la donna, non capì.

“Se persino i tuoi genitori ti torturano, allora sei proprio Feccia, come pensavo” disse dando le spalle ai due ragazzi “Ma come biasimarli? Sei solo un’altra debole, esattamente come mio nipote” continuò voltandosi poi verso il ragazzo che la stava fulminando con gli occhi, Hermione stava raggiungendo il limite di sopportazione.

Poi una parola.

Una sola.

Uscita quasi per sbaglio, in un sussurro.

“Mamma...” disse Hermione quasi come una preghiera lasciando cadere le sue difese e la corazza da eroe che aveva tenuto fino a quel momento.

Bellatrix la guardò stranita e poi rise ancora.

“Che ti torturi fino a quando non avrai più respiro” ribatté la donna, glaciale come sempre, vipera, serpe, quale era nata.

Draco prese per mano Hermione e la trascinò via.
  

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Hai mai pensato a me? ***


Draco la prese tra le braccia e si smaterializzò nella camera da Caposcuola della ragazza, piangeva Hermione, piangeva come se avesse perso qualcuno di nuovo e Draco con sapeva come consolarla, non aveva mai consolato nessuno, non si era mai fatto consolare da nessuno e per lui erano cose nuove, come il sentimento che provava per la ragazza che teneva stretta a sé e stava appoggiando sul letto a baldacchino rosso e oro, tutto troppo Grifondoro pe ri suoi gusti, ma si era ripromesso di non badare più ai colori, né al sangue.

La fece sdraiare e poi si sdraiò anche lui, le cinse la vita con un braccio e la tirò a se, facendo aderire la schiena di lei al suo petto, era in preda ai singhiozzi, ma quando sentì il bracco di Draco cingerle la vita si affrettò a prenderlo per mani, quasi fosse un’esigenza vitale, tirandolo ancora più a sé.

Il ragazzo le scosto con la mano libera i boccoli dalla guancia che non era appoggiata al cuscino e ci mise sopra la sua; guancia a guancia, stretti in una morsa che li faceva sentire parte l’uno dell’altro.

Hermione stava bagnando il cuscino con le sue lacrime, non riusciva a smettere, passò una buona mezz’ora prima che i singhiozzi cessarono, Draco le diede un casto bacio sulla guancia, stringendola, se possibile, ancora di più.

“Perché, Hermione?” le chiese quando la sentì più tranquilla “Lei non ti ha cresciuta, non è veramente tua madre, perché te la prendi tanto?” chiese ancora vedendo che la ragazza non rispondeva, lei fu percorsa da un brivido. Certo, Draco aveva perfettamente ragione, lei non era sua madre, mamma è colei che ti cresce, non necessariamente chi ti crea, ma se prima gli insulti della donna non le facevano nessun effetto, con la sua nuova consapevolezza della realtà, la facevano stare terribilmente male.

“Ho sentito per la prima volta in vita mia il legame di sangue” rispose la ragazza a voce bassa “Ho sentito che c’è qualcosa che mi lega a lei, e mi fa male” disse girando leggermente la testa per incontrare gli occhi del ragazzo, che gli posò un leggero bacio sulla labbra.

Poi sentirono un lieve fruscio, da quando la guerra era finita non avevano più eretto il divieto della smaterializzazione all’interno della scuola, ma aveva si eretto tutt’altra protezioni, ideate ai tempi dallo stesso Silente e dalla Mc. Granitt. I due si sedettero di scatto sul letto, come fossero stati appena colti in flagrante e si ritrovarono il sorriso e gli occhi di Narcissa puntati addosso, Draco cinse ancora la vita della ragazza; non si sentiva a suo agio in presenza della madre, era come sempre portato a difendersi, anche se le voleva bene, era stato suo padre a fargliela temere, per i suoi stupidi preconcetti.

“Vorrei parlare con mia nipote da sola, Draco, se non ti dispiace” disse, il figlio guardò la ragazza che stava fissando sua madre con un vuoto quasi assoluto negli occhi e si avvicinò con la bocca al suo orecchio.

“Per te va bene?” le chiese, lei annuì debolmente accennando un sorriso e il ragazzo scese dal letto e si diresse verso la madre, che lo abbracciò teneramente e poi si avviò verso la porta della stanza.

Una volta uscito la donna si portò vicino alla nipote e si sedette sul letto, accanto a lei, seguita in ogni movimento dagli occhi dell’altra.

“Vorrei farti vedere una cosa, Erin” disse la donna cercando nella sua borsa qualcosa, Hermione annuì di nuovo e poco dopo Narcissa le porse una vecchia foto istantanea, sbiadita, giallognola e mangiata ai bordi, era una foto che ritraeva lei e Bellatrix quando frequentavano Hogwarts. Hermione la prese e la guardò per un attimo, Narcissa con il tempo non era cambiata, era solo diventata più anziana, ma la fisionomia era rimasta la stessa, invece quella di Bellatrix era completamente cambiata.

La foto era stata scattata davanti al Platano Picchiatore e le due si tenevano a braccetto sorridendo.

“Quella foto l’ha scattata Lucius” ricordò la donna cercando di decifrare l’espressione della nipote, tra il sorpreso e il malinconico, Bellatrix in quella foto assomigliava terribilmente alla ragazza che aveva davanti, Hermione era la fotocopia della madre da giovane.

“Perché me la fai vedere?” chiese la ragazza con gli occhi incollati ancora sull’immagine della madre che rideva, le sembrava quasi di ritrovare se stessa in quella vecchia foto ingiallita.

“Perché vorrei che tu capissi che lei non è sempre stata come l’hai conosciuta tu” le disse appoggiando la sua mano, dalle dita lunghe ed affusolate su quella più cicciottelle della nipote.

“Continuate tutti a dirmelo o a farmelo notare, non so a che scopo, tanto lei ora è così” disse la ragazza sollevando la testa e incontrando gli occhi grigi di Narcissa che la guardavano con tenerezza, la donna le sorrideva ed Hermione stava incominciando a fidarsi della donna, almeno quanto so fidava del figlio.

“Cara, Bella una volta era esattamente come te, apparteneva ad una Casa che apparentemente con lei non c’entrava nulla. Era dolce, carismatica, brillante, buona, poi con il tempo è andata fuori di testa. Si era innamorata della persona sbagliata che l’ha tirata sulla cattiva strada adulandola...” le spiegò, Hermione in parte era stufa di sentire sempre la solita tiritera, sempre la solita storia, dall’altra il fatto di scoprire un altro lata della madre la metteva quasi in ace con se stessa, convincendola che lei poteva essere migliore di quello che vedeva.

“Si è innamorata di Voldemort, non solo della persona sbagliata” fece presente Hermione, la donna annuì tristemente e abbassò gli occhi verso la foto, un tempo le cose erano diverse e lei lo sapeva bene.

“L’amore non sempre ci porta a fare le scelte giuste. E’ mutata sotto i miei occhi, Hermione. E’ stato bruttissimo vederla cambiare sempre in peggio. Ma ormai qualcosa le aveva preso la testa e con il tempo la perse, e se le prime volte conservava dei barlumi di lucidità, due anni dopo la tua nascita li perse del tutto, diventando il mostro che conosci. La Luce, l’amore, l’ha abbandonata. Ho ritrovato mia sorella sol quel giorno, vicino alla serra” disse ancora la donna, Hermione le stava stringendo la mano, la teneva stretta, davanti a sé aveva parte della sua famiglia, sua zia, lo stava realizzando solo in quel momento.

“Hai mai pensato a me, zia?” chiese d’un tratto senza pensarci, senza aver mai programmato una frase del genere. Né l’aveva mai chiamata zia.

“Non sapevo che eri tu, ma ho pensato ad Erin tutti i giorni, ad ogni compleanno, ogni giorno che vedevo crescere mio figlio pensavo a lei, a come avrebbe potuto essere. E ora che ti vedo, sono felice che tu non sia cresciuta nella nostra famiglia, il mondo avrebbe perso qualcosa di favoloso”disse la donna tirando a se la nipote a abbracciandola.
  

 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Tutta questione di destino. ***


Hermione non sapeva più se valesse la pena lottare. Come poteva valerla lottare per una madre che ti ha abbandonata quando eri piccola, seppur per salvarti? Come poteva valere la pena di combattere per una persona che ti disprezzava? Parlare con la sua neo scoperta zia, Narcissa, non era riuscita a tranquillizzarla, tanto meno il fatto che era stata convocata, di nuovo, nell’ufficio della Mc. Granitt che doveva già essere stata avvisata sull’esito della visita, molto probabilmente dallo stesso Draco.

Er era proprio con sua zia che si stava dirigendo verso l’ufficio.

“Tu sai perché?” le chiese, la donna annuì risoluta, teneva il passo svelto della nipote che percorreva quei corridoi quasi correndo, con una sicurezza che quasi la spaventava, mentre lei non si ricordava neppure la strada per raggiungere il dormitorio del figlio, una volta anche suo.

“Minerva ha convocato una piccola riunione tra i membri più fidati dell’Esercito e dell’Ordine, Erin” rispose la donna chiamando di nuovo Hermione con il suo vero nome, la ragazza non riuscì a trattenere una smorfia provocata sia dal sentire quel nome che dall’idea della riunione. La donna se ne accorse.
 

“Se ti da fastidio...” incominciò a dire ma si fermò appena vide che la nipote l’aveva presa sottobraccio, come se fosse la cosa più naturale del mondo, quando l’aveva chiamata zia per la prima volta, poco prima, le si era sciolto il cuore.

“Non è che mi da fastidio, zia. Ma io sono Hermione, non Erin. Sono ed esclusivamente Hermione” disse arrivando davanti alla porta della Presidenza sussurrando la parola d’ordine, le statue si spostarono e si ritrovò davanti una scena quasi famigliare, un tavolo rettangolare lungo, che prima non c’era e tutto intorno delle sedie, quasi tutte occupate, tranne due. Molly Weasley si alzò con gli occhi lucidi e allargò le braccia, Hermione fu la prima persona che vide, assomigliava da morire a Ron.

Una volta viste le braccia allargate della donna lasciò il braccio di Narcissa e si buttò addosso a Molly che l’avvolse in un abbraccio da orso, quasi da toglierle il fiato.

 

“Tesoro, Hermione. Non voglio più passare così tanto tempo lontana da te e da Harry, siete parte della famiglia” disse, la ragazza annuì tirando su con il naso, le lacrime le erano sfuggite, l’abbraccio di Molly per lei era come l’abbraccio di sua madre, era parte della sua famiglia magica, quella per la quale aveva lottato, quella di cui avrebbe dovuto diventare ufficialmente parte dopo la guerra.
 

Poi il ritratto di Piton, che occupava una sedia, si schiarì rumorosamente la voce: “Oh, Severus, sei sempre il solito guasta feste” disse Molly dando due leggere pacche sulla schiena di Hermione e sorridendo a Narcissa che aveva preso posto vicino al figlio.
 

Hermione guardò chi c’era.

Draco e Narcissa, parte di quella che avrebbe dovuto essere la sua vera famiglia; Harry, Neville e Luna, vertici dell’Esercito e suoi più cari amici; Piton, Minerva, Molly, Arthur, Bill e poi Andromeda, l’altra zia, sorella di Narcissa e di Bellatrix.

Prese posto tra Harry e Draco e guardò sorridendo chi la circondava.

“Posso chiedere perché siamo qui?” chiese la ragazza con le dita intrecciate a quelle di Draco, alla sua sinistra, la prima a parlare fu la Mc. Granitt.

“Abbiamo saputo della visita in carcere, ci dispiace di come sia andato il primo tentativo” disse la donna, guardando apprensiva la ragazza.

“Primo ed ultimo per quel che mi riguarda” rispose veloce Hermione, non aveva intenzione di ritornare in quel posto di rivedere quella donna.


“Hermione cara, la situazione è più complicata di quanto credi” le fece notare Arthur Weasley che l’aveva sempre considerata la sua seconda figlia femmina, gli costava fin troppo ammettere che quella ragazza dolce e combattiva che aveva conosciuto e visto crescere fosse figlia di un essere spregevole, che aveva ucciso una parte della sua famiglia.

“Perché sembrate tutti sapere qualcosa che io non so?” chiese ad un certo punto quasi stizzita, era seduta intorno ad un tavolo con parte della sua famiglia e gli amici di sempre, chi l’aveva accompagnata per anni nel bene e nel male, e tutti sembravano nasconderle qualcosa, la cosa incominciava a darle veramente sui nervi.

“Perché è così, ‘Mione” disse Bill attirando l’attenzione della ragazza, a sentire quel nomignolo, nato da Ron, i suoi occhi divennero lucidi, il ragazzo era più alto di Ron, meno robusto, meno muscoloso, aveva una cicatrice che gli segnava il volto, ma aveva gli stessi occhi del ragazzo che Hermione aveva amato e gli stessi capelli, nessuno avrebbe potuto dire che non fossero stati fratelli.

“Cosa vuol dire?” chiese la ragazza mentre la mano di Draco le stava stringendo compulsivamente la sua, la poteva sentire irritarsi ed irrigidirsi, sapeva che, per peggiorare la situazione, Hermione cominciava anche ad avere paura.

“Vede, signorina Granger” incominciò a parlare il Professor Piton dal suo quadro “Potter non è l’unico ad essere nato con uno scopo preciso, anche lei ha subito la stessa sorte” Harry si voltò verso l’amica notando l’espressione preoccupata che si stava dipingendo sul suo viso.

“Certo, io ho già adempito al mio compito, sono stata la mente del gruppo, ho combattuto e sono un membro del Trio, io ho già fatto il mio dovere” disse irritata, aveva già perso troppo, non voleva perdere qualcun altro, non le andava giù il fatto di dover essere ancora al centro di qualcosa, prima la guerra, ora quella situazione improbabile che la stava facendo diventare matta.

“Qui non si parla di dovere, Granger, si parla di destino” ribatté con una certa veemenza Piton, facendo irritare ancora di più la ragazza che lo guardava sempre più spazientita.

“Severus, penso che non le serva tutta questa arroganza, calmati” disse la Mc. Granitt rimproverando il mago che borbottò qualcosa di indecifrabile, poi si voltò verso Hermione sorridendole “Vedi Hermione, quello che Severus voleva dire è che se Harry era destinato a portare la pace nel Mondo Magico, tu si stata destinata a riequilibrarlo, la notte che sei nato era tutto già stato scritto, in una Profezia” spiegò la donna, Hermione si portò la mano libera alla testa e sentì la mano di Harry scorrerle tranquilla sulla schiena, per infonderle un po’ di tranquillità, che però non arrivava. Troppe notizie tutte insieme.

“Di cosa si tratta esattamente?” chiese allora la ragazza guardando la sua Professoressa, era sempre stata la sua preferita, dal primo giorno ad Hogwarts e la cosa era reciproca.

“La Profezia dice che oltre ad una delle paladine della guerra saresti nata da una Luce corrotta e che avresti dovuto ridonare equilibrio al sangue, eliminare le differenze riportando definitivamente la Luce nella magia e sposando qualcuno che è della tua stessa stirpe, ma con sangue diverso a metà” completò la donna, Hermione guardò di riflesso verso Draco che era rimasto a bocca aperta di fronte alle parole della Preside.

“Non penso di capire” rispose Hermione ma era una falsa verità, aveva già capito qualcosa, ma voleva delle conferme, voleva essere sicura.

“Hermione Cara, neppure noi capivamo quando un mese Minerva ci ha convocati qui per la prima volta” disse Molly facendo riferimento ai soli membri dell’Ordine “Eravamo a conoscenza della Profezia ma non sapevamo che riguardasse te finché Piton non ci ha spiegato come stavano realmente le cose. La Profezia, in poche parola dice che tu, quale Mezzosangue dovrai portare riequilibro nel mondo magico sposando un Sangue Puro, per annullare definitivamente tutte le differenze. La vostra unione sarà un esempio, inoltre l’uomo dovrà avere...” disse Molly ma Hermione l’aveva già bloccata, quindi aveva capito giusto, il suo cuore stava accelerando i battiti, le stava per uscire dal petto, ci volle gran parte del suo autocontrollo per completare la frase delle donna.

“Dovrà avere la parte pura del mio sangue, io sono figlia di Bellatrix quindi deve avere sangue Black” disse girandosi verso Draco “Dimmi che tu non sapevi anche questo...” disse quasi fosse una preghiera, avrebbe potuto sopportare tutto anche quella Profezia, ma non di essere stata ingannata da Draco, non voleva che lui si fosse avvicinato a lei solo per dovere o per Profezia.

“No, io non sapevo nulla. Te lo giuro” disse il ragazzo stringendole ancora di più la mano tra la sua ed Hermione ci credette, non poteva fare altro che credergli.

“Perché ora?” chiese Hermione, Neville era ancora a bocca aperte, anche per lui la situazione non era semplice, era quasi surreale, era quello che ci metteva di più ad assimilare i cambiamenti, quello che faceva assolutamente più fatica.

“Perché era il momento giusto” rispose Piton “E perché dovrai dare altre possibilità a tua madre. La profezia contempla anche lei, devi riportarla alla Luce” le intimò quasi fosse una minaccia.


 

Angolo dell'Autrice:
In contemporanea a questa storia ho incominciato a pubblicarne un'altra, sempre una Dramione, che verrà aggiornata una volta alla settimana,
vi va di leggere il primo capitolo e dirmi  che ne pensate?
If you only knew. 

Un bacione,
_StayStrong


  
 

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Ricordi e fantasmi. ***


Dalla Torre di Astronomia la vista era quasi mozzafiato e le stelle si potevano ammirare in tutta la loro bellezza, erano tantissime, non si potevano contare, neppure se si fosse voluto. Hermione e Draco erano seduti sulla coperta di plaid del Serpeverde, i loro fianchi si toccavano, i loro nasi all’insù e una braccio di Draco cingeva le spalle ad Hermione che abbracciava le sue gambe, pensierosa.

Non aveva mai avuto il coraggio di chiederle niente sull’ex fidanzato e lei non aveva mai detto nulla, ma c’erano della volte che gli sembrava quasi di leggere nella sua mente qualcosa, lo vedeva quando pensava a lui e si perdeva nei ricordi, come quando Bill l’aveva chiamata con il nomignolo che il ragazzo le aveva affibbiato già dal primo anno i suoi occhi erano diventati lucidi e un’ombra era passata sul suo viso, quell’ombra che solitamente, quando stava con lui, non compariva quasi mai. Nessuno l’avrebbe mai detto, ma erano uno la medicina dell’altro. Hermione faceva stare meglio Draco e in qualche modo anche Draco faceva stare meglio Hermione, anche se i primi approcci erano stati tutt’altro che romantici. Poi si girò verso la ragazza.
 

Ed eccola di nuovo, quell’espressione.

Draco la cinse più stretta e gli occhi della ragazza divennero lucidi, stava ancora guardando le stelle, quando incominciò a parlare la voce era quasi un sussurro.


“Non è stato un colpo di fulmine, sai?” Hermione sorrise debolmente al pensiero, si ricordava benissimo la prima volta che vide Ron, era con Harry, sull’Espresso per Hogwarts, voleva far diventare giallo Crosta ma il tentativo fallì “In realtà pensavo fosse un po’ idiota. Ero altezzosa, mi credevo chissà chi solo perché sapevo tutto quelli che gli altri ignoravano, ma loro, Ron ed Harry, mi hanno fatto scendere dal piedistallo. Mi sono resa conto di essere innamorata di lui dal terzo anni, dal Ballo del Ceppo” continuò a ricordare la ragazza ricordandosi quante lacrime aveva versato per lui, che non la degnava neppure di uno sguardo, era la sua migliore amica, non poteva vederla in un altro modo “Lui era diverso, mi faceva ridere, mi piaceva prenderlo in giro e lui mi lasciava fare e rideva anche lui, mi piaceva quel suo modo strano di essere protettivo. Quando eravamo in giro per la ricerca degli Horcrux amavo addormentarmi con le nostre dita intrecciate, è stato il mio primo amore, era un amore puro, forte, quasi nascosto per certi versi. Un amore che ha portato al sacrificio, non glielo perdono neppure adesso” disse mentre una lacrima scendeva sul suo viso, Draco allungò una mano e la raccolse tra le sue dita, la ragazza gli sorrise e appoggiò la testa sulla sua spalla, prendendo a guardare verso l’orizzonte.

“Non è colpa tua se è morto” la rassicurò Draco, ma la sentì sospirare, Hermione era dannatamente testarda, se si metteva in mente una cosa era quella e basta.

“Ma al posto suo avrei dovuto esserci io, quella maledizione doveva colpire me” disse di nuovo lei, la voce era spezzata dai singhiozzi, piangeva sommessamente, non riusciva a lasciarsi il passato alle spalle.

“Sai, George è venuto qui al Castello per cercare tra le mura il fantasma di Fred” disse ancora, Draco aveva quasi paura che lei avesse fatto lo stesso con Ronald, era così, si rese conto in quel momento, aveva coraggio di provare gelosia verso una persona morta “Non l’ha trovato e c’è rimasto male; ma se veramente ci fosse stato, sarebbe subito andato a cercarlo. Io non ho mai cercato quello di Ron, rincorro già parecchi fantasmi da sola” ammise la ragazza, Draco l’ascoltava in silenzio, con il cuore che batteva all’unisono con quello di Hermione che nel frattempo, raccontando, aveva smesso di piangere.

“Non pensavo come lasciarli indietro. Combattevo continuamente per uscire da un tunnel che mi ha imprigionata dopo la sua morte e poi sei arrivato tu. Ho visto nei tuoi occhi, tanto dolore quanto quello che provavo io...” disse ancora Hermione, a quanto sembrava quella sera aveva deciso di parlare, di provare a scaricare un po’ tutta la tensione e la tristezza accumulata in quei giorni.

“So che cosa vuol dire, a me rimane solo mia madre e ho perso Daphne e Pansy, erano le mie migliori amiche e Pansy per lungo tempo era stata anche la mia compagna” disse Draco sollevando la testa verso il cielo, era sicuro che entrambe lo stavano ascoltando, e magari erano proprio li vicino a loro, magari con Ron e poteva solo immaginare lo sguardo che avrebbe potuto fare Pansy alla vista di lui abbracciato ad Hermione, il solo pensiero lo fece sorridere.

“Io sto bene con te, Draco”disse la ragazza puntando i suoi occhi dorati in quelli di ghiaccio di lui “E pensi di essermi innamorata di te, proprio perché non sei poi tanto diverso da me” Draco sorrise e le diede un leggero bacio sulle labbra lei gli mise una mano tra i capelli biondi ossigenati e lo tirò più a se,voleva sentire quel calore particolare che solo lui poteva trasmetterle.

“Anche io mi sono innamorato di te, sei così dannatamente fiera, dannatamente Grifondoro...” disse sorridendo annunciando quelli che prima, per lui, potevano essere solo dei difetti.

“Ma ho bisogno di sapere una cosa...” disse poi Hermione, Draco le prese le mani tra le sue, erano gelide nonostante fuori si stesse bene.

“Tutto quello che vuoi” le disse dolcemente, ormai non si riconosceva più, il vecchio Draco non avrebbe mai detto una cosa del genere, non a quella ragazza che aveva vicino, ma mai come in quel momento riusciva a  capire che il vecchio lui non era altro che una menzogna costruita a puntino dal padre.

“La Profezia dice che...” incominciò a dire ma il ragazzo la zittì velocemente.

“So che cosa dice la Profezia e sono felice di farne parte ”disse prima che la ragazza potesse in qualche modo obiettare.

“Mi avresti sposata lo stesso, ti saresti innamorato di me se fossi stata solo la Mezzosangue Hermione Granger e non Erin Lastrange, tua cugina?” chiese lei e lui capì quali fossero i suoi dubbi in quel momento, che cosa la facesse preoccupare e fremere così tanto.

“Tra le due ho sempre preferito la Mezzosangue Granger, mi sembra più combattiva, anche se insopportabilmente maestrina e so – tutto - io” scherzò lui mordendole il labro inferiore e incominciando a baciarla con passione. Hermione sorrise in quel bacio. Alla fine forse è vero, dopo un uragano, o nel bel pezzo di uno, si può intravedere un’occhiata di sole.
 


 

Passate anche da qui --->  If you only knew. 

 
 
  

 

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Svolta. ***


Azkaban sembrava ancora più tetra della prima volta in cui ci aveva messo piede, le faceva sempre uno strano effetto, tra quei corridoi aveva camminato i peggiori maghi del Mondo Magico, i peggiori assassini di tutti i tempi, tra cui anche sua madre.
 

Si voltò verso Harry che si era offerto di accompagnarla e l’amico le mise una mano sulla spalla sorridendole, chiaro invito ad andare avanti per la sua strada. Non aveva voluto Draco con se, l’avrebbe protetta troppo, avrebbe fatto innervosire di più Bellatrix e avrebbe portato la situazione ad una portata quasi fuori controllo. Harry invece, sarebbe stato più discreto e tranquillo, sarebbe rimasto nascosto nell’ombra, glielo aveva promesso.
 

Non avrebbe interferito.

“Vorrei entrare nella cella della Lastrange” si ritrovò a chiedere Hermione ad una delle guardie del settore ovest, l’uomo robusto e di almeno un mezzo metro più alto di lei la guardò interdetto, a nessuno era permesso di entrare nelle celle, neppure ai famigliari.

“Mi dispiace Signorina, non posso permetterglielo” rispose l’uomo con una serietà degna del suo lavoro, Harry allora fece scivolare il cappuccio della mantella dalla sua testa e la ragazza fece lo stesso, il mago davanti a loro impallidì.

“Dovevate identificarvi subito, non negato la proposta” disse trovandosi davanti e riconoscendo due dei salvatori del Mondo Magico, tra cui Harry Potter, Hermione sorrise compiaciuta, c’erano dei luoghi in cui la loro fama li precedeva e poteva veramente essere utile a qualcosa.


“Allora possiamo sicuramente sperare in un si e anche per la richiesta di entrare con la bacchetta” azzardò un Harry insolitamente audace e che si stava abituando ad usare a proprio vantaggio la propria posizione.

“Certo, non sarò io ad impedirvelo, vero è che la prigioniera è tra le più pericolose...” tentò di avvertirli, ma Hermione aveva già fatto un passo avanti e aveva messo una mano sul braccio dell’uomo, delicatamente, come per rassicurarlo.

“Abbiamo affrontato di peggio, non correremo nessun pericolo” disse, poi l’uomo chinò leggermente il capo in segno di rispetto e li lasciò passare, Harry si fermò appena dove il muro faceva angolo ed Hermione, prendendo fiato, si diresse verso l’entrata della cella, dove Bellatrix la strava fissando con aria di sfida.

Bellatrix soffocò un ringhio quasi animalesco alla vista di Hermione, non pensava che quella Mezzosangue potesse veramente osare tanto, di nuovo e per giunta questa volta, entrando persino nella sua cella, che ormai era diventata una sorta di casa.

“Che ci fai qui, Feccia?” chiese sprezzante, Hermione però non si scompose, quella volta era preparata, sapeva che cosa doveva fare o dire, sapeva esattamente come comportarsi, ne aveva discusso allungo con Draco e la Mc. Granitt, persino con Narcissa.

Nessuna provocazione le avrebbe fatto fare marcia indietro e non avrebbe pianto per parole che era sempre stata abituata a sentirsi dire da gente come lei, come sua madre.

Era a quattro metri di distanza dalla donna, prese dalla tasca della mantella la foto che le aveva donato Narcissa e gliela scaraventò contro, in un’irruenza che non era mai stata la sua, una sicurezza che veniva dal fatto che Harry era appena li fuori, che la sorvegliava da vicino.

Bellatrix prese la fotografia tra le mani e dopo averla guardata un attimo posò gli occhi sulla ragazza, alzandosi di scatto e avvicinandosi quasi pericolosamente a lei con passo di marcia e gli occhi roventi, lo specchio di quelli di Hermione.

“Chi ti ha dato questa? Rispondi!” le ordinò facendole sventolare la foto appena sotto il naso, lo poteva vedere anche lei e la sua mente malata che la ragazza che aveva davanti e quella nella foto, la lei di troppo tempo fa avevano delle caratteristiche comuni, ma c’era una parte del suo cervello, quella più vasta e più oscura che non voleva ammetterlo.

“Narcissa” rispose Hermione secca, senza garbo, la donna scaraventò l’immagine a terra e ci posò sopra un piede, non staccando gli occhi dalla giovane strega dai capelli ricci.

“Come osi, Stupida! Devi portare rispetto, lei è la Signora Malfoy, per te” disse sputando sul mantello della ragazza, Hermione cercò di contenere un moto d’ira stringendo i pugni, prese la bacchetta e la sventolò in aria e in una frazione di secondo davanti alle due donne apparve un piccolo pensatoio, una bacinella piena d’acqua, che Hermione prese tra le mani.

Poi con un incantesimo non verbale fece immergere parte del volto della donna nell’acqua magica e aspettò, era una delle poche chance che aveva, se non fosse cambiato nulla dopo che Bellatrix avesse visto i due ricordi che erano stati fatti vedere anche a lei, Hermione avrebbe gettato semplicemente la spugna, nessuno avrebbe potuto obbligarla a ritornare in quella cella, davanti ad una dona ch neppure la riconosceva.

Non poteva combattere contro un nemico che non conosceva e che era persino sua madre, non poteva riportare a galla la Luce da una donna che si era innamorata della personificazione del Male, facendolo diventare una delle sue poche ragioni di vita.

Lei non poteva fare della sua vita una Profezia, non voleva essere obbligata ad un destino che forse non le apparteneva del tutto, si era innamorata di Draco, l’ultima persona al mondo che sarebbe dovuta venire dopo Ron, non era già abbastanza?

Non avrebbe compiuto lo stesso il suo destino? Che c’entrava la donna davanti a sé con la testa immersa nell’acqua e che l’aveva torturata facendole del male e basta?

Aveva ucciso Sirius, i genitori di Neville, centinaia e centinaia di persone innocenti.

Era possibile che dentro di se ci potesse essere un barlume di Luce, ancora?

Poi la donna riemerse da quei ricordi che in parte erano anche suoi e si lasciò cadere sulle ginocchia, ai piedi di Hermione che fece evanescere la bacinella e la guardò senza sapere che fare, il volto di Bellatrix era coperto dalle sue mani, non le lasciava intravedere nessuna espressione.

Poi la vide smuoversi, un singulto, poi un altro.

“Erin”disse alzando il volto verso Hermione.

Bella stava piangendo.


 

 

ANGOLO DELLA FRANCY:
Ragazzi vi ricordo di pessare a leggere l'altra mia DRAMIONE, che verrà aggiornata una volta la settimana--->  

If you only knew.  
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Il frutto del Bene. ***


“Erin” disse alzando il volto verso Hermione, era scossa e tutto d’un tratto sembrava diversa, eppure non era cambiato niente, la ragazza si accasciò di fronte alla madre e la guardò negli occhi, lucidi di lacrime, era quasi come guardarsi allo specchio.
 

“Come mi hai chiamata?” chiese Hermione non smettendo di guardarla, la donna allungò una mano verso il viso della ragazza, le sue mani erano affusolate, scheletriche, diverse da quelle di una volta ma identiche a quelle che avevano scagliato le Cruciatus sulla figlia che fece violenza su se stessa pur di non ritrarsi di scatto a quel tocco, timoroso e delicato allo stesso tempo.
 

Posò prima le punta delle dita, poi tutto il palmo, la guardava come se fosse la prima volta, la prima volta realmente, faceva scorrere gli occhi sulla figlia dall’alto in basso, non ci credeva.
 

Non poteva credere che fosse li, con lei e che era lei.

 

Hermione guardò la donna e come si stava comportando, era visibilmente confusa e lei non sapeva se essere delusa o meno, non si aspettava nulla da quella visita, non si aspettava che la riconoscesse, né che si ricordasse di lei, niente, ma ora che era successo, si sentiva estremamente fuori luogo, avrebbe voluto abbracciarla, contro ogni previsione, ma si tratteneva.

Stupido orgoglio Grifondoro, pensò la ragazza, le stesse parole che avrebbe probabilmente pensato Draco, se solo fosse stato li con lei.

“Erin, mezzosangue” ripeté la donna ancora, ancora più confusa, con un tono molto più soave e leggero della voce acuta e sgraziata delle altre volte, la stessa voce dei ricordi di Narcissa e di Piton, una preghiera leggera, sottovoce, quasi a voler significare qualcosa.

Hermione era rigida, non sapeva che cosa fare, poi si fece coraggio e prese la mano della madre che era appoggiata sulla guancia e la posò sul suo cuore, mentre con quella libera toccò il petto della madre, dove sentiva pulsare quel cuore che pensava non avesse.

Si lasciò andare e il suo volto venne rigato dalle lacrime.

“Il mio cuore batte esattamente come il tuo, mamma. Hermione, Erin, sono comunque tua figlia. Non siamo poi così tanto differenti, abbiamo combattuto entrambe seguendo il cuore, anche se in tu l’hai fatto dalla parte sbagliata” disse la ragazza sentendo scivolare la mano della madre, lei la prese nella sua e la congiunse all’altra, aveva le mani incredibilmente gelide e poteva vedere la pura che stava provando, insieme alla confusione, esattamente come lei.

“Tu sei frutto di Male, non potevo tenerti con me” disse quasi come giustificarsi, Hermione si fregò via le lacrime con la mani con della mantella e poi strinse le mani della madre, più di quanto avesse fatto prima “Volevo darti qualcosa di migliore...” disse abbassando la voce ad ogni sillaba “E poi ti ho torturata” disse ancora, il dolore di Bellatrix era quasi palpabile, soprattutto dopo la vista della cicatrice di Hermione, scoperta dal tessuto del mantello.

“E’ passato, tu mi hai dato più di quello che potevo desiderare. Sono cresciuta piena di amore, in una famiglia dove io sono sempre stata messa al primo posto, dove mi sono stati insegnati dei valori, che mi hanno portata fino a qui, oggi” disse alla madre che aveva ripreso a guardarla negli occhi e aveva accennato un sorriso tirato, non era ancora del tutto convinta.

“Mamma, io non sono frutta del Male, io sono frutto della Luce che c’era in te prima di tutto questo e c’è n’è ancora di Luce, io posso vederla, prova a vederla anche te...” la pregò, vedendo Harry che si stava avvicinando alle sbarre ed osservava la scena sbalordito, prima di entrare anche lui nella cella e mettersi dietro alla ragazza, poggiandole una mano sulla spalla.

Bellatrix alzò lo sguardo verso Harry e poi lo abbassò ancora verso la figlia che la fece alzare tirandola su per le mani, senza lasciargliele un secondo. Il ragazzo cinse la vita con un braccio alla migliore amica, guardando con sospetto la donna che aveva davanti, non riusciva a fidarsi, ecco perché era entrato.

“Me la vuoi portare via?” chiese la donna rivolgendosi ad Harry, lui la guardò perplesso e strinse la presa alla vita della ragazza che se ne accorse.

“No, non mi porterà via” rispose Hermione al posto del ragazzo che evidentemente aveva perso l’uso della lingua per qualche strano motivo che non voleva sapere in quel momento.

“Non posso crederci, mia figlia...” disse ancora Bellatrix guardandola; era vero, le assomigliava terribilmente, assomigliava alla bambina cresciuta all’ombra dei Black, del Sangue Puro, di un Casato nobile quanto potente. Aveva gli stessi lineamenti dei Black, Bella poteva notare gli stessi suoi occhi e quelli della sorella Andromeda, lo stesso mento di Narcissa, ereditato dal padre, rotondo, non eccessivamente appuntito. Hermione, Erin era una Bella in miniatura, la Bella della Luce.

“In te deve esserci quella Luce che ho perso io, sei una del Trio...” disse ancora, Harry alzò il sopracciglio, non aveva mai visto la Lastrange in uno stato così umano.

“Dovresti essere fiera di lei, Mang...Bellatrix” disse correggendosi in tempo, non poteva insultarla così apertamente, doveva abituarsi all’idea che quella donna fosse la madre della sua migliore amica, dell’unica persona che gli rimanesse veramente, dell’unica parte di famiglia che non l’aveva mai abbandonato, lei era sua sorella.

La donna lo guardò interrogativa, ma non riuscì a reggere lo sguardo del giovane, Harry Potter rimaneva Harry Potter, il ragazzo che aveva perseguitato fino alla fine, quello che voleva morto, insieme alla figlia.

“Lo sono, ora che posso esserlo, lo sono” disse tirando a se la figlia e abbracciandola, Harry la lasciò andare e si godette quella scena, con due donne che non potevano essere così diverse ma così simili nello stesso tempo, poi un sussurro.

“Perdonami, ti prego, perdonami” disse Bellatrix alla figlia che, per tutta risposta, la strinse ancora di più in quella morsa d’orso.


 

Angolo della Francy:
Buona sera a tutti, volevo avvisarvi che il prossimo capitolo sarà quello finale e che
ho un'altra Dramione in corso, e volete leggere i primi due capitoli andate qui---> 
  If you only knew. 
e fatemi sapere che ne pensate! (:
Stay Strong,
#Francy

  
 

  
 

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Epilogo. ***


EPILOGO

Hermione si stiracchiò, girandosi tra le braccia del marito che di notte non la lasciavano mai andare un secondo. Si girò verso di lui e gli posò un leggero bacio sul naso e scostò una ciocca di capelli biondi dagli occhi prima di cercare di alzarsi senza farlo svegliare.

 

Erano passati quattro anni da quel giorno ad Azkaban e solo uno e mezzo dal giorno del loro matrimonio, ancora vivo nella sua memoria, e un anno dalla nascita di Ginny, Ginevra Pansy Malfoy, che portava i nomi delle migliori amiche di entrambi, entrambe scomparse nella guerra magica.

Pensando alla figlia si ricordò di essersi addormentata con lei tra le braccia la notte passata. Si erano addormentati tutti e tre insieme, si lasciò prendere dal panico e passò una mano tra i suoi capelli, più corti di quattro anni fa, tagliati scalati in una caschetto irregolare. Si girò di scatto verso il marito e lo scosse con forza. Lui aprì prima un occhio e poi l’altro, alzando un sopraciglio.
 

“Che succede?” le chiese mettendosi a sedere e vedendo l’espressione spaventata che aleggiava sul viso della moglie “Herm, che diavolo succede?” chiese ancora.

“Dov’è Ginny?” chiese lei di rimando, lui allargò le braccia e guardò sul fianco del letto, anche lui si ricordava di essersi addormentato con le due donne della sua vita, insieme.

Si alzò e prese per mano la moglie, andando già per le scale del Manor, completamente ristrutturato, il nero e il grigio avevano lasciato spazio al bianco e al legno chiaro.

“Vedi, nessun motivo di preoccuparsi, ti spaventi per poco” disse Draco cingendo la vita alla moglie.


Ginny era seduta a gambe incrociate nel suo box insieme al cugino Teddy di ormai cinque anni, stava tentando di insegnare alla più piccola a fare un puzzle e le tre donne della famiglia Black erano li che li stavano osservando, finalmente unite. Narcissa, Andromeda e Bellatrix, sua madre che proprio in quel momento, sotto le protesta di Teddy, prendeva dal box Ginny per portarsela in braccio.

Il rapporto con la madre, seppur tempestoso e insicuro, nel primo anno dalla ricongiunzione, ora era quasi perfetto, Bella aveva ripreso tutti gli aspetti da Maga della Luce lasciando uscire tutta l’oscurità che c’era prima in lei, i genitori di Hermione, quelli babbani, erano stati avvisati della Profezia e non l’avevano mai abbandonata tentando di allacciare un rapporto civile con la madre naturale della figlia, che viveva sotto il suo stesso tetto con il marito e la nipote.

Il Mondo Magico non aveva preso molto bene la notizia all’inizio, la mente del trio non poteva essere una Black, né una Lastrange, ma poi accettarono di buon grado, anche il matrimonio con il giovane Malfoy e il lieto evento fu un esempio per tutti, la Profezia si era avverata, come quella di Harry, tempo prima, che stava entrando in casa giusto in quel momento, per salutare i suoi due figliocci.

Le cose erano cambiate, ma nel contempo, non erano cambiate per niente.

A volte si dovevano ancora abituare loro, seppur erano passati quattro lunghi anni.

Bellatrix si portò vicino alla figlia e al nipote, ormai anche genero e porse ad Hermione la bambina che teneva le piccole braccia allungate verso la madre.

“Grazie mamma” disse Hermione prendendo la piccola, che aveva gli stessi lineamenti di Draco, lo stesso colore dei capelli ma ricci come quelli della madre, e come quest’ultima aveva preso anche gli occhi, era magnifica, era una bambina solare, piena di vita e Draco si era completamente rimbambito da quando era nata. Adorava la figlia, la innalzava sopra ogni cosa, come faceva con Hermione.

La ragazza si guardò intorno, era così che doveva essere.

Lei con in braccio sua figlia, sua e di Draco, che le cingeva dolcemente la vita, con la mano di sua madre appoggiata su un braccio che sorrideva a lei e alla bambina. Con il suo migliore amico che le veniva incontro con Teddy Lupin per mano, che aveva preso l’abitudine di chiamarla zia e con Narcissa e Andromeda che sorridevano da più lontano.

Era così che doveva essere.

Poi si sfiorò lentamente la pancia, senza che nessuno se ne potesse accorgere, neppure Draco che era impegnato a scherzare con Harry, solo a pensarlo sembrava inverosimile.

Dentro di lei c’era già un’altra vita, che presto avrebbe fatto compagnia a Ginny nelle giornate in cui Teddy non poteva venire  a giocare.

E sapeva già che era una maschio, se lo sentiva, anche se era solo al primo mese e poteva saperlo solo lei, Draco l’avrebbe saputo la sera stessa, quando si sarebbero ritirati di nuovo nella loro stanza.

Sorrise dolcemente, Hermione Erin Jean Malfoy e i suoi occhi divennero leggermente lucidi mentre Draco le posava un leggero bacio sulle labbra.

La famiglia si sarebbe presto allargata. 

Ronald Blaise Malfoy ci avrebbe impiegato altri otto mesi per nascere, ma era già presente.

Avrebbe completato il quadro della famiglia felice.

I due ragazzi si guardarono negli occhi, né Draco né Hermione erano mai stati così felici, come in quel momento.
 
 
 
 
 
 
  

 

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** AVVISO! ***


Scusate il disturbo e l'avviso, ma se lo leggete vuol dire che mi seguivate o seguite ancora le mie storie che stanno cambiando e mutando con il tempo, mi piacerebbe che voi passaste dalla mia pagina su facebook, che ho appena aperto dove darò sfogo ai miei pensieri, esattamente come faccio qui e spero che vi piaccia.

Potrete trovarmi qui ---> http://www.facebook.com/pages/Parole-dagli-occhi-verdi/219504818123386?sk=notes#!/pages/Parole-dagli-occhi-verdi/219504818123386?sk=wall 
Un bacione,
#StayStrong.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=807763