La complicata vita di Eleonora

di Funhouse
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***




Capitolo 1

 

 

 

 

Il desiderio lancinante di vederti ancora.

La paura di venire ferita ancora.

Perché non riesco a vivere la mia vita?

Perché riesci sempre a manipolarmi?

Ho paura di te.

Ho paura di quello che provo per te.

Ho paura, ma ti cerco comunque.

Ti voglio.

Ma farò ancora in tempo?

 

 

 

 

 

 

 

Desiderare così tanto una cosa e vedersela scappare dalle mani era una cosa che mi accadeva spesso.

Fidarsi di persone che voglio solo approfittare di te era una routine.

Il mio carattere così dannatamente aperto, la mia boccaccia mai zitta, il mio pensieri troppo veloci.

La mente mi portava in mondi sconosciuti che mi escludevano dal mio di mondo.

Sospirai di nuovo.

Per l'ennesima volta non avevo ascoltato la spiegazione di Mark.

-Ele, ho capito che non è nei tuoi piani avere un futuro, ma questa occasione non la puoi buttare via.

Guardai attentamente Mark.

Era un bel ragazzo, ma non uno di quelli che ti fa girare la testa per strada.

Era posato, calmo, riflessivo ed innamorato.

Innamorato della sua bella Caterina: la ragazza più dolce del mondo, nonché mia sorella.

Non per vantarmi, ma essere l'artefice di una coppia mi fa decisamente sentire importante.

-Eleonora! Perché oggi non riesci proprio ad ascoltarmi?

Sbattei più volte le ciglia.

-Scusa Mark. Continua pure.

Lui mi guardò di sfuggita, per poi ricominciare un discorso che non sentii in partenza.

Ero decisamente in un altro mondo in quel momento, avevo da poco ricevuto un lavoro ed ero al massimo della felicità.

-Eleonora!

Guardai Mark aggrottando le sopracciglia.

-Si?

-Mi vuoi ascoltare si o no?

-Ti sto ascoltando!

Mi guardò scettico.

-Ah, mi stavi ascoltando! E che stavo dicendo di preciso?

Sogghignai, fregata! Ma la mitica Eleonora non ne sarebbe mai uscita perdente, mai!

-Del fatto che devo prendere questo lavoro con serietà, impegno e felicità!

Lui mi fissò divertito.

-Prima o poi mi dovrai spiegare come fai. Ele sei impossibile!

-Lo so, sono la migliore!

Lui mi diete un cazzotto giocoso che però arrivò dritto dritto sul mio livido.

-Ahi Mark, mi hai fatto male.

-Non mi dire che la mitica ed indistruttibile Eleonora Leardi si è fatta male? Che deboluccia!

-Stai zitto che ti difendevo sempre alle superiori.

-Non è colpa mia se sono cresciuto tardi. Però ora per me sei solo una nanerottola di una metro e settantacinque.

-Parla la montagna! Sei solo altro un metro e novantasei. Mica sei tanto alto.

-Ci sono sempre ventuno centimetri di differenza carina!

Sbuffai infastidita, mi dava sui nervi quando mi si dava della bassa, anche perché non lo ero.

-Quando hai detto che comici?

-Lunedì, il preside mi deve presentare alla classe.

-Uh, la mia professoressa preferita!

Lo fissai schifata.

-Io non sono una professoressa!

Invece lui mi guardò con una faccia che stava per ma che sei cretina?

Solo che io neanche lo degnai di una risposta.

-Sono solo una supplente di una che è rimasta incinta! S U P P L E N T E! Cos'è che non capisci di questa parola?

-Uhm, devo dire che la L e la P mi complicano un po' la situazione, ma per il resto mi sembra vada tutto bene.

Gli rifilai uno scappellotto il testa.

-Sei proprio uno scemo!

-Tu invece una professoressa secchiona! Alle superiori facevi tanto la trasgressiva, ma a scuola andavi sempre bene, a parte il fatto che ti sei quasi beccata l'espulsione, ma va bene così!

-Non rivangare momenti passati Mark. Non sopporto i ricordi.

Lo sentii sbuffare.

-Hai venticinque anni Eleonora. Sono passati sei anni, quando ci passerai sopra e ricomincerai?

-La fai facile tu. Io non sono come te, non ci...riesco.

-Non puoi andare avanti così.

Chiusi gli occhi, assaporando il silenzio che si era formato.

-Lo so, ma che ci vuoi fare. La mia vita è fatta di ricordi. Non riesco a dimenticarli, certe volte vorrei tanto entrare nella mia testa e cancellare tutto. Dimenticare, anche per un minuto, per un secondo.

Non volevo piangere ancora, avevo dato troppo.

Mi battei le mani sulle cosce, cercando di rallegrare l'aria che era diventata decisamente irrespirabile.

-Comunque, Lunedì si comincia!

-Ele, ti ricordo che è domani Lunedì.

Mi girai a guardarlo stranita.

-No, domani è Sabato!

-No, domani è Lunedì!

Ci guardammo in cagnesco.

Al mio via mentale scattammo ad afferrare i nostri cellulari.

18 Gennaio.

18 Gennaio.

Se è uno scherzo vi prego svegliatemi che non è divertente.

-Cristo santo.

-Io te l'avevo detto. Poi pensala come ti pare.

Mi alzai di scatto senza neanche degnarlo di una risposta.

-Io vado, stammi bene. Ricorda, voglio un nipote al più presto!

Notai le sue guance diventare rosse come il fuoco e sorrisi.

Quando era dolce!

Cominciai a correre per le stradine desolate di Dragona.

Guardai di sfuggita l'orologio.

17:20

Merda!

Affrettai il passo e presi per un soffio l'autobus diretto alla stazione di Acilia.

Dentro la metro mi misi comoda ad ascoltare Down, canticchiando qualche parola.

Sarei diventata professoressa.

Professoressa?

Proprio io?

Odiavo i professori.

Ma questo era anche il suo sogno.

Lo aveva detto quella notte.

 

La neve stava scendendo veloce sulla mia testa.

Imprecai.

Da quanto nevicava ad Ostia?

Cominciai a correre più veloce, finché non vidi la sua figura nell'ombra.

Se ne stava appoggiato ad un palo della luce fulminato, ma io riuscivo comunque a distingue i suoi lineamenti.

-Ciao.

-Ehi.

Mi sorrise, come non faceva con nessuno.

Un sorriso sincero, che riservava solo a me.

Sorrisi anche io, ricevendo come risposta la sua mano che mi scompigliava i capelli.

-Che si fa?

-Prima è passato Tom con la roba.

Lo guardai di traverso.

-E che aspetti? Che si congeli? Avanti comincia a rollare!

-Già fatto tesoro!

-Non mi chiamare tesoro.

-Ah, giusto! Il mio maschiaccio se no si arrabbia.

-Io non sono tua.

Lui si fermò a guardami, mentre si stava accendendo la canna.

Nei suoi occhi si accese una strana luce.

-Tu se Mia!

Lo fissai un secondo, per poi distogliere lo sguardo, imbarazzata.

Solo due cose riuscivano ad imbarazzarmi: il professore che mi rimproverava se avevo sbagliato ed i suoi occhi.

I suoi dannatissimi occhi che mi lasciavano sempre più confusa.

Si avvicinò al mio viso, rialzando il mio con le sue mano ghiacciate.

I miei occhi incontrarono i suoi.

Freddi come il ghiaccio, ma in quel momento pieni di una luce diversa, strana.

-Tu sei sempre stata mia.

Non riuscivo a staccarmi da quello sguardo, mi ammaliava ogni volta.

Ero vittima di un suo gioco, ma non me ne importava.

Quel gioco mi piaceva.

Mi avvicinai ancora di più a lui.

-Allora tu sei mio.

Lo vidi sorridere ed il mio cuore perse un battito.

-Come desidera.

Poi, lentamente, si impossessò delle mie labbra.

Sentii la sua lingua chiedere un permesso silenzioso leccando le mie labbra.

Le schiusi subito, senza oppormi.

Io non potevo, non ci riuscivo.

La sua lingua mi provocò brividi su brividi, la sua mano che risaliva piano piano il mio fianco mi fece tremare le gambe.

Il suo respiro sul mio collo mi fece andare in confusione, poi la sua mano uscì dalla mia maglia, il suo viso tornò lontano ed il mio cuore pianse.

Lacrime silenziose, dolorose.

-Tieni.

Mi passò la canna in silenzio, guardando da un'altra parte.

Assaporai lentamente quel che rimaneva della canna, poi stizzita la buttai a terra passandoci la scarpa sopra.

-Cosa pensi di fare dopo?

Mi fermai a guardarlo, il suo viso rivolto alla luna era rilassato, ma provato.

-Non lo so.

-Mi piacerebbe insegnare.

Lo guardai perplessa.

-Tu vorresti insegnare?

-Si.

-Questa è buona.

Scoppiai a ridere, inconsciamente. E mente lui mi rifilava uno sguardo sorpreso, io mi piegavo in due dalle risate.

-Dico sul serio.

Mi bloccai all'istante.

-E cosa di preciso?

-Matematica.

-Dove?

-Non lo so.

-Sarebbe bello per una volta ritrovarsi dietro una cattedra e infliggere compiti ardui alla classe.

Lui mi fissò divertito.

-Perfida.

Gli sorrisi strafottente.

-Eh lo so, sono fatta così.

Lui allora mi afferrò per le spalle.

-Ce la faremo? Dico a diventare professori.

Lo guardai per poi alzare le spalle.

-Forse si o forse no. Tutto sta da noi.

-Allora ce la faremo!

Non avevo mai visto tanta determinazione nei suoi occhi e la cosa mi fece sorridere.

-Andiamo? Tom ci aspetta.

Scattai in avanti.

-Chi arriva prima alla tua moto la guida.

-Non vale signorinella!

-Tutto è lecito in guerra ed in amore.

Vinse lui, come al solito, ma non mi rattristai.

Il solo pensiero di poter star abbracciata a lui senza una scusa mi fece ritornare il sorriso.

 

 

Quando arrivai a casa sentii dei rumori provenire da dentro.

La aprii titubante e la scena che mi ritrovai davanti mi fece spalancare gli occhi sorpresa.

-Marta!

La mia cagnona si buttò su di me scodinzolando.

-Che cavolo stavi facendo?

Lei, per tutta risposta, cominciò ad abbaiare.

-Sei senza speranza tesoro!

Entrai in cucina e vidi uova, latte, biscotti, verdure e pane spalmati per terra.

-MARTA!

Scossi la testa sconfitta, ero stanca e l'indomani avrei dovuto cominciare un nuovo lavoro.

Si prospettava una serata complicata e soprattutto faticosa.

Dopo aver pulito il disastro di Marta mi buttai a letto con tutto i vestiti.

Relax, pace, muscoli rilassati, letto caldo.

Avevo bisogno solo di questo.

Mi addormentai subito.

La notte passò tormentata, sognai di nuovo lui.

Però quel sogno sembra più un incubo.

Le sue spalle si allontanavano velocemente, io correvo, ma non riuscivo a raggiungerlo.

Poi, vidi una ragazza, il volto non esisteva ma il suo corpo c'era e si stava abbracciando a lui.

Mi svegliai di colpo urlando.

Il mio cellulare cominciò a tremare.

Guardai distrattamente l'ora.

6:30

Doppia merda.

Con un colpo di reni mi ritrovai in piedi e, dopo aver afferrato i vestiti preparati la sera prima, mi catapultai in bagno rispondendo.

-Si?

Ele, dove sei?

-A casa.

Lo sai che giorno è oggi?”

-Lunedì.

Datti una mossa, tra mezz'ora sono sotto casa tua.”

-Santo Mark!

Lui neanche mi rispose, riattaccò e basta.

Mi fiondai sotto la doccia gelata e dopo essermi messa i vestiti, le mie adorate scarpe ed essermi truccata in modo non troppo eccessivo, mi catapultai in cucina.

Solo che ricordai che Marta mi aveva buttato tutto il cibo per terra.

-Grazie tante Marta.

Abbaiò nella mia direzione.

Le preparai la colazione e, dopo essermi mangiata una mela, mi catapultai fuori.

Mark non era ancora arrivato, perfetto.

Guardai nervosa l'ora.

7:00

Quando vidi la sua macchina in lontananza quasi urlai.

Mi fiondai dentro e Mark partì velocemente.

Arrivai alla scuola alle sette e mezza.

-In bocca al lupo Ele, mi raccomando spacca tutto.

-Crepi! Sarà fatto signore.

Mi sorrise dolce, poi se ne andò sgommando.

Fissai la possente struttura della scuola.

L'Anco Marzio si mostrava in tutta la sua grandezza.

Il Liceo Classico mi aveva sempre messo paura, ma era l'ora di vincere le paure e buttarsi nella mischia.

Con passo deciso mi avviai verso la presidenze, che sotto indicazione di una bidella depressa trovai subito.

Bussai tre volte, decisa.

-Avanti.

La mia decisione scomparve all'improvviso, lasciando posto alla paura.

Mi diedi uno schiaffo in piena faccia.

Eleonora Leardi non è una persona fifona.

Mai sarebbe dovuta esserlo!

-Salve!

-Oh, lei deve essere Eleonora Learchi vero?

-Leardi, comunque si.

-Si si, scusi. Mi presento, sono il preside di questa scuola e la presenterò personalmente alla sua quarta F. Come già saprà è stata chiamata per l'insegnamento delle materie scientifiche.

-Me la sono sempre cavata con la matematica.

Il preside mi guardò alzando il sopracciglio.

Bene, potevo anche starmi zitta.

-Stavo dicendo che l'abbiamo scelta perché ci sembrava la più adeguata.

-Sono onorata.

-Bene, ora se mi vuole seguire la porterò personalmente nella IV F.

Il cuore cominciò a pompare più sangue del dovuto.

Seguii in silenzio il preside, mentre i ragazzi entravano sbuffando e guardandomi incuriositi.

Si fermò davanti ad una classe da cui veniva un chiasso mostruoso.

Il preside aprì di scatto la porta e davanti mi trovai dei ragazzi che stavano fumando.

Riconobbi subito l'odore ed una fitta mi colpì il cuore.

Scossi la testa piano, non dovevo, non volevo, ricordare ancora.

-Ragazzi un po' di disciplina! Neri! Dammi quella roba!

Il mio cuore di fermò nel petto.

-Ma signore preside, quale roba?

Quella voce così simile, ma non uguale mi perforò il petto.

-Neri, non fare il bambino, solo perché la signorina Leardi si deve presentare non ti mando in presidenza, capito?

Il ragazzo in questione posò i suoi occhi sui miei.

Il cuore ormai era partito per un mondo tutto suo.

Verdi. Così diversi.

Quel sorriso strafottente che gli ci aprì in volto, quel volto.

Così simile al suo.

Il mio respiro si era fatto irregolare.

Chiusi gli occhi un istante, poi li riaprii di scatto.

Mi ero calmata.

-Bene, signorina se questa classe di sconclusionati le darà ancora fastidio non si faccia scrupoli a chiamarmi.

-Certo.

Il preside se ne andò e con lui la mia forza.

Mi diressi a passa instabile alla cattedra e mi lasciai andare con un sospiro sulla sedia.

Chiusi gli occhi massaggiandomi le tempie.

-Professoressa, non dovrebbe fare l'appello o presentarsi?

Aprii di scatto gli occhi ed incrociai lo sguardo di una ragazzina minuta che portava gli occhiali.

Era carina, ma quei fondi di bottiglia le coprivano il viso.

-Si si.

Afferrai il registro con la mano tremante.

-Laura Berti.

-Presente.

-Mirko Conti.

-Presente.

-Sebastiano Cormi.

-Presente.

-Luca Damiani.

-Presente.

-Silvia De Monici.

-Presente.

-Antonio Di Bene.

-Presente.

-Ludovica Fermini.

-Presente.

-Andrea Ferrille.

-Presente.

-Lucrezia Gosta.

-Presente.

-Davide Lanterna.

-Presente.

-Cristian Listi.

-Presente.

-Giacomo Mauriti.

-Presente.

-Monica Marchi.

-Presente.

Guardai attentamente il nome che veniva dopo: Mattia Neri.

Il mio cuore sussultò ancora.

E con voce tremante dissi quel dannato cognome.

-Mattia Neri.

-Presente.

Alzai lo sguardo, mi fissava con aria di sfida.

Non ero sicura che mi avesse riconosciuto.

Pregai con tutta me stessa in un vuoto di memoria per il ragazzo.

-Giuseppe Nunti.

-Presente.

-Gianluca Poletti.

-Presente.

-Livia Resta.

-Presente.

-Alessandro Ruffini.

-Presente.

-Emanuele Sancia.

-Presente.

-Claudio Svani.

-Presente.

-Antonella Torre.

-Presente.

-Benedetta Virna.

-Presente.

Chiusi il registro di scatto e mi alzai.

-Bene, mi chiamo Eleonora Leardi e vi scongiuro non datemi del lei! Per il momento non credo sia opportuno cominciare subito la lezione, fatemi qualunque domanda e io vi risponderò, dopo, però, tocca a me fare la domanda.

-Grande prof!

Guardai stizzita un ragazzo in fondo.

-Scusi, perché non posso darle del lei?

Fu la ragazza minuti di prima a porre la domanda, Silvia De Monici.

-Mi mette a disagio. Quanto ti manca?

Silvia mi guardò confusa, poi rossa in viso mi rispose.

-1,50 dall'occhio destro e 1,75 da quello sinistro.

-Uhm.

-Prof che taglia porta?

-Scusa, mi ripeteresti il tuo nome?
-Ruffini, Alessandro Ruffini.

-Beh, Alessandro ti dico solo non sono affari tuoi.

I ragazzi cominciarono ad urlare cose imprecisate.

-Stai ripetendo l'anno vero?

Quello mi guardò perplesso.

-Si, come ha fatto a capirlo?

-Segreto professionale. Qualche altra domanda?

Di domande ne arrivarono tante, ma mai una sua.

Se ne stava in silenzio, con le braccia incrociate sul petto che mi fissava.

Quel suo sguardo così simile al suo.

Poi parlò.

-Lui lo sa, professoressa?

Mi aveva riconosciuto.

-No. Sta...sta bene?

-No. Perché?

-Volevo solo respirare di nuovo quest'aria. È...è...

È fidanzato?

Non finii la frase, ma lui capì.

Scosse la testa ed io mi sentii sollevata.

-Professoressa è tornata per lui?

Mi fermai a fissarlo, i suoi occhi così strafottenti mi fissavano, mentre sorrideva malefico.

Il suono della campanella mi salvò.

-Arrivederci.

Mi affrettai a prendere la borsa e scappai da quella classe.

Da Mattia Neri.

Da colui che non avrei voluto rivedere.

Da Lorenzo Neri.

Qual nome che ancora mi provocava una fitta lancinante all'altezza del cuore.

Che ancora mi faceva battere il cuore.

Sospirai sconfitta.

Ce l'avrei fatta?

In quel momento sperai tanto di si.

 

 

 

°§°

 

Sono stata veloce eh? xD

Allora, vi piace?

Spero tanto di si!
Ditemi che ne pensate, ci tengo!

Un bacione,

Funhouse^^

 

 

 

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Nel capitolo precedente ho scritto che gli occhi di Mattia erano verdi, scusate.

Mi sono confusa xP Sono marroni! Buona lettura xDD 
Ed ecco a voi Mattia :) Che ne pensate?

 

 

Capitolo 2

 

 

 

 

Sognarti è il più bel peccato commesso.

 

 

 

 

Guardai distrattamente l'ora, di nuovo.

Erano sempre le sette.

Che felicità!

Sbuffai di nuovo, alzandomi stanca.

Il cellulare cominciò a suonare quella musica così familiare.

-Pronto?

Si può sapere dove abiti?”

Roteai gli occhi stanca.

-Non lo saprai mai.

Vuoi che dica a mio fratello che ti trovi qui?”

Stronzo.

-No.

Allora dimmi dove abiti.”

Gli dissi la via in un sussurro.

Arrivo.”

Chiusi gli occhi rimandando indietro le lacrime.

Il labbro inferiore cominciò a tremarmi, le lacrime a scendere, il respiro a mozzarsi.

Stavo crollando, in silenzio.

Da sola.

In bagno mi sciacquai la faccia, per poi andare in camera a mettermi una maglia decisamente troppo grande per il mio corpo.

Il campanello suonò nel silenzio delle mie azioni.

Chiusi gli occhi, tirando un sospiro profondo.

Con la mano che mi tremava ed il passo incerto mi diressi alla porta.

Aprii in silenzio, lentamente.

-Professoressa. È un piacere rivederla.

-Non posso dire la stessa cosa di lei Neri.

Neri.

Perché quel cognome riusciva sempre a farmi tremare.

Le sue dita ghiacciate si avvicinarono alla mia guancia, per poi scendere giù, fino al mio collo.

Un brivido mi scosse.

-Posso entrate?
Un sussurro, dolce, detto così piano da risultare inesistente.

-Prego.

Si avvicinò ulteriormente a me, chiudendosi la porta alle sue spalle.

I miei occhi incontrarono i suoi, perché erano così diversi?

-Sei così bella Ele.

Perché quella voce era così dannatamente diversa dalla sua?

Sospirai lentamente.

-Che sei venuto a fare qui?

La sua mano di ritrasse, come scottata.

Il suo sguardo era ferito, deluso.

-Non avevo niente da fare.

Deglutii a vuoto, perché mi ricordava così lui, certe volte?

-Vuoi qualcosa da bere?

-No.

-Da mangiare?

-No.

-Cosa vuoi Mattia?

-Voglio te.

Sorrisi dolcemente, non si poteva negare che fosse tenero.

-Dico sul serio Eleonora. Lo già che non dimenticherai mai mio fratello, ma io non ti sto chiedendo di dimenticare. Ti chiedo solo di essere mia, quando vorrò. Forse per sempre, forse fino a quando non mi stuferò.

Lo guardai sconvolta.

Era veramente così stupido?

-Ma...ma ti senti quando parli?

-Si.

-Stai sparando una marea di cazzate, lo sai questo?

-No, sto solo dettando le mie regole. Tu non vuoi incontrare Lorenzo, beh il prezzo per il mio silenzio sei tu.

Il sangue mi si ghiacciò nelle vene.

Da quando mi facevo mettere i piedi in testa da un ragazzino presuntuoso e strafottente?

-Io non sono un oggetto.

-Non ho mai detto questo.

Abbassai la testa, i suoi occhi color cioccolato mi mandavano in confusione, lui mi mandava in confusione.

Sentii le gambe cedere.

-Va bene.

Soffiai queste parole con il cuore pesante.

Soffiai la mia condanna.

Il suo corpo mi incastrò al muro, le sue mani risalivano lentamente il mio corpo.

Quando si intrufolò sotto la mia maglietta persi un battito ed un gemito mi sfuggì.

Lo sentii sorridere mentre la sua dolce tortura continuava, mandandomi in estasi.

Chiusi gli occhi e buttai la testa all'indietro.

Afferrai i lembi della sua maglietta e la tirai su, velocemente, bisognosa di contatto umano.

Quando alzai lo sguardo, i suoi occhi mi fissavano.

La sua bocca mi tentava, il suo sguardo mi scioglieva.

Credevo di essere all'inferno.

Lui era la mia tentazione ed io ero il povero agnellino finito per sbaglio in un posto popolato da sensazione troppo forti per il mio cuore ancora troppo fragile.

Mi fiondai sulle sue labbra, succhiandole, venerandole, amandole.

Amandole?

Eleonora, ma che vai a pensare!

Le sue braccia mi sollevarono, per poi lanciarmi sul divano.

Gli levai frettolosamente i jeans e mentre lui mi continuava a baciare, divenni sua.

Forse fu l'emozione, forse fu il dolore, ma in quel momento Lorenzo scomparve dalla mia mente.

In quell'attimo Lorenzo non mi tormentò più.

In quel momento Mattia mi fece sognare, ridere, forse.

In quel momento c'era solo Mattia.

Poi, si lasciò andare sopra di me, mentre io lo abbracciavo nel più assoluto silenzio, rotto solo dai nostri respiri irregolari.

Quando si alzò sentii un freddo improvviso.

-Bene, io vado.

Non risposi neanche, non ce l'avrei fatta.

Mi abbracciai da sola, mentre le lacrime scendevano lente sulle mie guance.

Quando sentii la porta chiudersi le mie lacrime aumentarono.

-Da quand'è che sei diventata una puttana Eleonora?

Mi graffiai la pelle, cercando di mandare via quell'odore così diverso, ma che allo stesso tempo mi piaceva.

Forse anche di più.

Mi alzai a fatica, raccattai i vestiti sparsi per la stanza ed uscii.

Avevo bisogno di chiarirmi le idee, quindi andai a casa di Mark.

Bussai più volte alla porta, poi mi venne ad aprire Cate.

-Ehi sorellona, che faccia da funerale! Che è successo?

La sua voce era contenta, in quell'istante la invidia con tutte le mie forze, ma quello era solo un inutile capriccio.

-Niente di così eclatante. C'è Mark?

-Si è in cucina. Vi lascio soli a parlare, io vado a fare la spesa. Ciao ciao sorellona.

-Ciao Cate.

Dopo essermi chiusa la porta alle spalle mi fiondai in cucina.

Vedere Mark con il grembiule mi faceva sempre ridere, allora perché in quel momento avevo solo voglio di piangere?

-Ele, che è successo di così grave da non farti morire dalle risate?

-Mi sono fatta un alunno.

Quasi gli cadde la pentola che teneva in mano.

-E la cosa buffa è che mi è piaciuto. E la cosa ancora più buffa è che è Mattia, Mattia Neri.

Lo vedo aprire la bocca per poi richiuderla, senza parole.

-Che ti devo dire Ele?

-Che ne so io. Sono venuta perché non ce la faccio più. Cosa farò domani? Come mi comporterò? Se è come il fratello farà finta di niente. Classico modo di fare dei Neri.

Mi riavviai i capelli in preda all'ansia.

-Devi stare calma. Lui vuole giocare no? Allora fallo giocare Ele: ormai ti può ricattare. Lui è minorenne, sei tu nel torno e ti licenzieranno sicuramente. E questo non deve assolutamente accadere. Capito?

Guardai Mark con una faccia sconvolta.

-Dovrei...stare al suo gioco?

-Si.

-Dimmi che il mio caro amico ragionevole si è bevuto qualcosa di forte?

-Sono lucidissimo mia cara. Adesso sta a te decidere se continuare il gioco oppure no.

-Non sono un oggetto.

-Questo lo so Ele, ma non puoi veramente permetterti di essere licenziata.

Aveva ragione, purtroppo.

Lo guardai sconsolata.

-Fa che questo gioco non mi procuri più casini di quelli che già ho, perché saprò già a chi rivolgermi per una pistola e saprò sicuramente contro chi usarla.

Lo vidi deglutire appena, per poi aprirsi in un sorriso più che finto.

-Eleonora cara, non sono io che mi sono portato a letto un mio alunno.

-Però sei tu che mi hai fatto credere che fosse la cosa giusta continuare.

-Touche. Comunque ti fermi a cena?

-Io in quella casa non ci torno!

-Non ti voglio qui stanotte, siamo intesi?

-Certo sporcaccione.

Lui mi guardò storto. Beh forse non ero io quella che poteva giudicarlo, ma che ci volete fare: mi diverte!

Mia sorella tornò subito dopo con uno sguardo indagatore. Tanto lo sapevo già che a letto avrebbero parlato di me: non esiste donna più curiosa di mia sorella.

La cena passò veloce, si stava avvicinando sempre di più il ritorno a casa.

Dopo saluti vari mi ritrovai al freddo per strada.

Camminavo svelta e le nuvolette bianche uscivano dalla mia bocca.

Vicino al portone di casa tirai fuori le chiavi ed entrai.

Dopo aver salutato il vecchietto con il cane mi diressi verso il mio appartamento.

Quando lo vidi fermo immobile davanti alla porta di casa, il mio cuore si bloccò.

Quelle spalle così grandi che tante volte avevo abbracciato.

Quei capelli corti, che amava tenere lunghi.

Le braccia erano immobili sui fianchi.

-Perché non mi hai avvertito?

Sobbalzai nel sentire la sua voce, ancora perfetta.

-Perché sei qui?

Mi meravigliai di sentire la mia voce ferma e sicura.

Lui si girò di scatto, infuriato.

-Perché sono qui? Eleonora, cazzo, te ne sei andata e torni dopo non so quanto e l'unica cosa che riesci a dire è perché sono qui?

I suoi occhi erano fiammeggiati ed io avevo paura.

Una paura matta di vederlo andare via, questa volta lui per primo.

Mi fermai i fissarlo: i suoi occhi così azzurri da farmi girare la testa, i suoi capelli neri e le sue labbra sottili così perfette.

Lui mi scrutava a sua volta, ma il suo sguardo era carico d'odio.

Sospirai.

-Vuoi entrare?

-No.

Lo sapevo già che non sarebbe entrato, ma che costa provare?

-Che vuoi fare?

-Non sei cambiata affatto Eleonora. È stato un piacere rivederti.

Camminò velocemente verso l'ascensore, mentre io rimanevo immobile, ghiacciata.

Quando entrò nell'ascensore scattai verso di esso e vidi i suoi occhi, come i miei, inondati di lacrime.

Non mi sorrise, mi fissò, fino a quando le porte dell'ascensore non si chiusero definitivamente.

Mi lasciai cadere addosso al muro, con le lacrime che ormai non riuscivo più a trattenere.

Perché era tornato? Perché mi doveva sempre fare male?

Eleonora, mi sembra che sei stato tu a lasciarlo per paura.

Io non ho mai avuto paura. È stata colpa sua.

Ad interrompere i miei pensieri ci pensò quel dannato telefono.

Martina.

Era da secoli che non la sentivo.

-Pronto?

Sei una grandissima stronza!”

Rimasi in silenzio.

Come puoi ucciderlo ogni volta? Ti ci diverti?”

Chiusi gli occhi un secondo, avevo sempre saputo della cotta di Martina, ma la cosa mi dava comunque fastidio: chi era lei per giudicarmi?

-Ma che cavolo vuoi? È venuto lui da me, io non lo avrei voluto vedere.

Una risata sprezzante mi arrivò dal telefono.

Sempre a nasconderti dietro agli altri. Non sei cambiata di una virgola.”

-Tu invece sei diventata più stronza.

Non rispose, ma sentivo che stava sorridendo.

Ti avverto Eleonora, stai lontana da Lorenzo. Non te lo voglio ripetere ancora.”

-Ma chi cavolo sei tu per dirmi quello che devo o non devo fare?

Sono la sua ragazza.”

Riattaccò ed io rimasi il silenzio con il telefono che scivolava dalla mia mano immobile, come me del resto.

Fidanzata?

Mi aveva mentito.

Le lacrime tornarono prepotenti. Mattia mi aveva mentito. Ero stata di nuovo presa in giro, ma che ci potevo fare.

La gente di divertiva a prendersi gioco di me, era così divertente.

Chiusi gli occhi cercando di mandar via quelle lacrime odiose che continuavano a scendere interminabili.

Poi delle braccia forti mi circondarono le spalle.

Riconobbi subito quel profumo e cercai di allontanarmi da lui.

-Shh, stai buona.

Tirai su col naso e nascosi la faccia sulla sua spalla.

-Perché gliel'hai detto?

-Mi è scappato il tuo cognome e Lore si è alzato di scatto. Non l'ho fatto apposta.

-Gli hai detto dove abitavo?

-No, l'ha scoperto da solo.

-Sono stanca.

Lo sentii sorridere, poi mi sollevò, mentre io, vicino alla porta, tiravo fuori le chiavi e le infilavo nella toppa.

Mi portò fino al letto e mi accarezzò la fronte.

-Dormi bene Eleonora.

Neanche gli risposi: ero già tra le braccia di Morfeo.

Quella notte feci un sogno strano.

C'erano Lorenzo e Mattia.

Il primo mi diceva che ero falsa, l'altro mi sorrideva provocante.

Io guardavo l'uno e poi l'altro.

Poi Lorenzo scomparve piano piano ed al suo posto venne un letto.

-Giochiamo?

La voce provocante di Mattia mi fece svegliare tutta sudata.

Che cavolo voleva dire quel sogno?

 

 

°§°

 

Scusate l'immenso ritardo >.<

Allora, che ne dite?

Eleonora è confusa e per chi non lo avesse capito è la figlia di Erica :)

Per chi non ha letto la prima storia si spiegherà con il tempo chi è Erica, perché salterà fuori xD

Come la famiglia Neri!

Ora vi saluto e buon proseguimento su EFP xD

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Lorenzo


Capitolo 3

 

 

 

 

 

Vorrei scriverti una lettera. Solo che mi mancano le parole.

 

 

 

 

 

Guardai di traverso Antonio Di Bene, l'alunno chiacchierone della classe.

Di solito ci si aspetta una ragazza, ma lui era veramente impossibile.

-Antonio.

-Scusi prof, ma io 'ste cose mica le capisco.

Sospirai profondamente.

-Cos'è che non capisci Antonio?

-Un po' tutto prof, vede lì c'è quel numero che io non mi ritrovo.

Mi passai la mano tra i capelli, tirai un sospiro e mi avvicinai a passo incerto al banco di Antonio.

-Fammi vedere.

Mi venne il mal di testa solo a guardare quei numeri scritti a casaccio, ma cercai di rimanere calma e gli spiegai nel modo più semplice possibile che quattro per quattro faceva sedici e non otto.

Per mia fortuna la campanella suonò ed io scappai letteralmente dalla classe, dopo avergli assegnato degli esercizi.

Guardai fuori dalla finestra del corridoio ed intravidi una macchina parcheggiata in malo modo fuori dalla scuola.

C'era Massimo, il bidello, che sbraitava contro una figura che non riuscivo a notare dalla mia posizione.

Però la macchina mi era familiare, quindi decisi di scendere giù a controllare, visto che avevo l'ora libera e dopo dovevo fare supplenza in un primo.

La voce arrabbiata di Massimo mi arrivò forte e tremante all'uscita, invece la persona parlava così piano, o normalmente, che non riuscivo a distinguere.

Poi la voce di Martina mi arrivò dritta alle orecchie.

-Ma che vuole? Sto aspettando una persona e non ho trovato nessun altro parcheggio, le do per caso fastidio?

La voce di Massimo era così alterata che si mangiava le parole mentre parlava, ma riuscii a salvarlo dalla situazione andando contro Martina arrabbiata.

-Che c'è, mi aspetti per menarmi?

Massimo mi guardò stupito, mentre Martina sorrideva strafottente.

-Chi ti dice che stia aspettando proprio te?

-Sesto senso.

Ci fissammo furiose e non sentimmo neanche che la campanella era suonata.

Massimo ci guardava supplicanti, mentre intorno a noi si era formato un gruppetto di ragazzini curiosi.

Mi accorsi solo di avere il suo sguardo su di me, mi accarezzava la schiena.

Martina stava per parlare, ma la sua voce lo interruppe.

-Senti bella, questa è una scuola e se non vuoi che chiami la preside ti conviene andartene.

I suoi occhi si spalancarono, mentre io mi sentii più sollevata.

-Ma...ma Mattia!

La sua bocca si spalancò sorpresa.

-Sei sorda o cosa? Te ne devi andare.

Non mi girai a guardarlo, ma immaginai il suo viso contratto.

Martina mi guardò con puro odio, poi senza salutare nessuno se ne andò, con grande gioia di Massimo che non ci stava più sperando.

-Ehi Matto, come la conosci?

-È la ragazza di mio fratello.

-Lorenzo è fidanzato?

La voce di Silvia si levò nel silenzio.

-Si.

-Ah. Non lo sapevo.

Neanche io.

Solo che io non ero nessuno per intromettermi.

Ero stata una stupida, ma non ero l'unica ad avere torto.

La ragione e il torto non si dividono mai con un taglio così netto che ogni parte abbia soltanto dell'una o dell'altro.

Mi girai in silenzio e con il capo basso mi allontanai, solo che venni fermata da Mattia.

Il suo braccio mi tenne ferma ed io portai gli occhi su di lui.

-Dimmi.

Lui sorrise sprezzante, per poi lasciarmi ed andarsene arrabbiato, seguito dalla sua combriccola di pecore.

Rimasi da sola con Silvia, che mi guardava con la faccia di una che sa tutto.

-Ti serve qualcosa?
-Lo so che tu sei la famosa Eleonora Leardi che è riusciva a far breccia nel cuore dell'inavvicinabile Lorenzo Neri.

La guardai stupita, per poi indossare la maschera più confusa che avessi.

-Non so di cosa tu stia parlando?

-Professoressa, non sono così stupida. Perché la sua voce trema ogni volta che pronuncia quel cognome? Perché la ragazza di Lorenzo sarebbe dovuta venire da lei? Perché Mattia l'ha difesa? Stiamo parlando di Mattia, lo stronzo della scuola. Lei è decisamente una persona importante della vita di Lorenzo ed anche di Mattia. Solo che non riesco ancora a capire il perché di questo allontanamento.

La guardai con gli occhi spalancati: ero così prevedibile?

Sentii le lacrime salite, dolorose come sempre e gli occhi di Silvia si spalancarono stupiti.

-Mi...mi dispiace professoressa. Mi scusi!

-Non ti scusare Silvia. È colpa mia, non tua. Sono così cretina che mi sono lasciata scappare l'unica persona che avessi mai amato per uno stupido capriccio. Cerco tutti i giorni di non pensarci, poi, però, il suo sguardo ferito mi torna ogni volta davanti agli occhi. La certezza di aver sbagliato si presenta prepotente ad ogni mio risveglio. La paura di non riuscire a sopravvivere mi lascia senza fiato. Sei mai stata innamorata?

Ormai le lacrime scendevano veloci, mentre Silvia mi guardava in silenzio, senza batter ciglio.

-Si.

I suoi occhi erano così puri e visibilmente innamorati, ma allo stesso tempo tristi, che mi rispecchiai in lei, quando avevo la sua età.

Mi scappò un sorriso, che però si spezzò subito nel vedere Martina che mi guardava con gli occhi pieni di lacrime.

-Sei una scema.

Non dissi niente.

-Sei una grandissima cogliona. Ti sei lasciata scappare Lorenzo. Tu non lo ami più.

Rimasi a guardarla in silenzio: io non amavo più Lorenzo?

-Sei solo corrosa dai ripensamenti.

Poi si girò e scappò verso la macchina, in lacrime.

Il mio sguardo rimase immobile a fissare qualcosa che in realtà neanche vedevo.

-Professoressa?

Le lacrime non uscivano, ma il mio sguardo spento era più doloroso di mille piccole gocce salate.

-Professoressa, è suonata la campanella. I-io vado?

Mi scossi un attimo, come se fossi appena ritornata nel mondo dei vivi e guardai alla mia destra, dove c'era una Silvia imbarazzata che dondolava sulle gambe.

-Scusa, vai pure.

-Niente scuse professoressa, credo che quella Martina abbia ragione.

Quel almeno spero sussurrato dalle labbra di Silvia non mi arrivò e per certi versi fu un bene.

Senza aggiungere altro si girò e corse dentro scuola, io invece mi diressi in segreteria per avvertire che mi ne stavo andando a casa.

Dovevo fare ancora un'ora di lezione, ma il mio cuore non avrebbe sopportato ulteriormente quelle mura così familiari e simili.

Vagai senza meta fino al famoso parchetto.

Un sorriso amaro mi riempì il volto.

Forse Martina aveva ragione.

Forse non lo amavo più, e allora perché riuscivo a ricordare ogni minimo particolare della mia vita con lui ed ogni sentimento provato?

Il suo sorriso che si presentava tutti i giorni al risveglio, il suo profumo che mi ricordava tanto la cioccolata, le sue braccia che mi avvolgevano di notte mentre dormivamo, il suo respiro sul mio collo, la sua bocca tentatrice e quelle mani che dio solo sa quanto amavo.

Scoppiai a ridere sprezzante: mai, mai avrei potuto dimenticarmi di lui. Mai.

Forse era una maledizione, un dolore così lancinante che mi colpiva il cuore anche solo a pensarlo.

Forse ero sadica.

Mi facevo male da sola ripensando a lui, ma ne avevo bisogno, come l'aria.

Serrai gli occhi quando una mano mi si posò leggera sulla mia spalla.

Riconobbi il profumo e mi girai di scatto.

-Dovresti essere a scuola ora.

-Ti ci diverti ad essere così fastidiosa?

Accennai un sorriso ed il mio sguardo si posò sopra la sua bocca, corrucciata in un modo adorabile.

-Sono fatta così.

Lo sentii ridere vicino al mio orecchie ed il mio cuore cominciò a pompare più sangue del dovuto.

Il suo respiro alla menta mi destabilizzò e i suoi denti che mordicchiavano il mio lobo mi fecero rabbrividire, purtroppo non per il freddo.

Non so il perché e non so con quale forza mi staccai.

-Smettila.

Lui mi guardò confuso, per poi indurire lo sguardo.

-Perché? Non mi sembrava ti desse fastidio.

-Invece si.

-Giusto, non sono mio fratello.

Spalancai gli occhi confusa: cosa voleva dire con questo?

-Non fare quella faccia bambi, non mi incanti.

Lo guardai ancora più confusa: che cavolo stava dicendo?

-Mattia, sei per caso diventato matto?

Lui neanche mi rispose, spostò lo sguardo sul laghetto, pensieroso.

-Sai, ieri Lorenzo ha lasciato Martina.

Mi girai velocemente verso di lui.

-Stai scherzando?

-Ti sembro persona che scherza su certe cose?

Feci finta di pensarci e per tutta risposta mi arrivò un cazzotto sul braccio.

-Ahi, stupido.

Sorrise appena, per poi tornare subito serio.

-Hai piazza pulita ora.

Ci fu un silenzio quasi irreale.

Poi, battendosi le mani sulle cosce, si alzò.

-Divertiti.

La sua voce fredda mi arrivò dritta al cuore, che sembrò quasi spezzarsi.

-I-io...

-Tu cosa, Eleonora? Che cosa vuoi, ancora?

Quelle sue parole mi ferirono come lame taglienti conficcata nel cuore.

Scoppiò a ridere strafottente.

-Sii felice.

Poi, come una folata di vento, andò via.

Camminava lentamente, come se stesse aspettando che io lo rincorressi per fermarlo.

Solo che non mi mossi e lui continuò a camminare.

Ad allontanarsi da me.

E la cosa mi diede particolarmente fastidio.

Non so spiegare bene che sentii, ma fu come sentirsi portar via una parte di se stessi.

Le lacrime mi tornarono su, pungenti come aghi.

-Perché piango? L-lui non...non...era niente per me.

Chissà perché, ma quelle parole mi sembrarono dette da un'altra persona.

Non mi sentivo più padrona del mio corpo e la cosa mi spaventava.

-Perché...perché cosa Eleonora? Cosa vuoi dire? Avanti? Stiamo aspettando tutti.

Mi coprii la faccia con la mano, mentre le lacrime scendevano lente e bollenti come lava.

Mi tirai su dopo non so quanto tempo, vidi solo che era buio.

-Sei una scema! Una grandissima scema Eleonora.

-Come darti torto.

Mi voltai di scatto, vedendo sotto il lampione la figura di Martina.

-Sei proprio una scema.

Il mio sguardo si intenerì un po', le lacrime smisero di cadere ed un piccolo sorriso di aprì sulle mie labbra.

-Che ridi? Ti ho fregato il ragazzo ti rendi conto? Io dovrei essere la tua migliore amica e che faccio? Ti frego il ragazzo.

-Non stavamo più insieme.

-Non importa. Era comunque un tuo ex e si sa, mai mettersi con gli ex delle amiche: ci sono solo più casini.

Mi scappò una risata, seguita poi anche dalla sua.

-Mi sei mancata.

-Tu no. Stavo bene prima che tornassi.

-Stronza.

-Lo so già da sola, grazie.

-Marty, perché hai lasciato Lorenzo?

-Magari lo avessi lasciato io.

-La solita scema. Dovevi essere più veloce.

-Lo sai vero che questa conversazione non ha senso?

-Si.

Scoppiammo a ridere tutte e due, contemporaneamente.

Poi ci fu un attimo di silenzio, dove lei mi guardò senza emettere fiato.

-Sei stata con Mattia?

La guardai senza proferire parola.

-Eleonora, sei stata con Mattia?

-Si.

Un sussurro mi uscì dalle labbra.

-Ele. Io non te lo vorrei dire, ma Mattia è fidanzato.

Sentii il mio cuore rompersi.

Perché? Lui non era mio.

-Ah e con ciò? Penso che lo rivedrò solo a lezione.

-Eleonora.

-Che c'è?

-Non sei brava a mentire.

-Non capisco di cosa tu stia parlando.

Lei scosse la testa sconfitta.

-Sei senza speranza.

Alzai le spalle noncurante, per poi avvicinarmi a lei ed abbracciarla.

-Mi sei mancata sul serio.

-Anche tu e scusa della telefonata e della scenata.

-Fa niente. Vuoi salire?

-No grazie, devo scappare a lavoro.

Guardai distrattamente l'orologio.

-Ma Marty, solo le dieci passate!

-Ti ricordo che lavoro all'Alitalia, e oggi ho il turno di notte.

-Che brutta storia.

-Vero, comunque domani ti chiamo e andiamo a Roma.

-Ok!

Dopo aver salutato Martina, mi fiondai su per le scale.

Arrivata alla porta cercai tremante le chiave e con le mani, che ormai avevano vita propria, le infilai nella toppa ed entrai.

Mi richiusi la porta alle spalle e mi lasciai andare seduta.

Nascosi la testa fra le braccia e le gambe e mi dondolai per non so quanto tempo.

La testa mi scoppiava e la mani non la smettevano di tremare.

Però le lacrime non uscivano.

Fidanzato?

Con chi?

Il respiro mi si mozzò il gola e le lacrime cominciarono a scendere pensando a lui con un'altra donna o ragazza.

Mi passai la mano tramante sulla fronte e cercai di tranquillizzarmi, ma non riuscivo più a smettere.

Un singhiozzo più forte degli altri mi scosse tutto il corpo.

Fidanzato. Mattia.

Mattia. Fidanzato.

Perché?

Perché mi dava così fastidio?

Spalancai gli occhi sconvolta.

Non poteva essere.

No.

Non volevo, non potevo.

Lui era più piccolo e per di più minorenne.

Si, però non ci hai pensato due volte ad andarci a letto!

Stai un po' zitta, voce del cavolo.

Sentii gli occhi chiudersi per la stanchezza.

Non riuscii neanche ad alzarmi, allora mi sdraiai lì: davanti alla porta, con il freddo delle mattonelle che mi penetrava il corpo.

Il suo sorriso sbarazzino fu l'ultima cosa che vidi, prima di cadere nella braccia di Morfeo.

 

 

°§°

 

Ehilà!

Come state?

Io sono sommersa di compiti e tanto tanto stress.

Spero che vi piaccia e mi raccomando, ditemi che ne pensare!

Abbiamo lasciato una Eleonora un po' confusa: secondo voi che cosa avrà mai scoperto? ;)

Ora vi saluto, e scusatemi ancora per aver postato solo ora questa capitolo!

Spero di essermi fatta perdonare :D

Un bacione

Eliana^^

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

 

 

 

 

 

Chiunque abbia mai amato porta una cicatrice.

 

 

 

 

 

Afferrai uno straccio nel ripostiglio per poi tornare velocemente nel bagno.

Faceva un freddo cane e io, rincoglionita quale sono, ero uscita ancora gocciolante con uno striminzito asciugamano dal bagno.

Passai lo straccio sulle specchio appannato, che mostrò il mio riflesso, non più opaco, dubbioso.

Le profonde occhiaie che solcavano il mio viso in quei giorni erano scomparse, il sorriso era tornato, ma una consapevolezza dolorosa mi torturava il cuore.

Mi ero innamorata, di nuovo, cosa che non credevo possibile.

Non a me, non di un'altra persona all'infuori di Lorenzo.

Afferrai stizzita il phone e cominciai ad asciugarmi i capelli, che diventarono presto una criniera biondastra.

Sbuffai torturandomi il labbro inferiore.

Come avevo fatto ad innamorarmi?

Così velocemente poi.

Era statisticamente impossibile, almeno spero.

Forse era solo un'immaginazione, forse era solo un vano tentativo di dimenticare.

Di lasciarsi tutto alle spalle.

Incontrai i miei occhi nello specchio: erano così strani, diversi.

Colpevoli.

È vero che si dice che l'amore non ha età, ma che cavolo: è minorenne!

Solo io potevo andarmi ad inceppare in questa situazione.

Poi spunta fuori che è fidanzato.

Non sono mica un'adolescente nella prima fase ormonale: dovrei aver superato tutto ciò!

Ma, forse, non sono mai cresciuta.

Fissai distrattamente l'orologio: le sette di sera.

Afferrai il telefono e digitai il numero di Martina.

Pronto?”

-Marty, oggi si esce!

Ele, sicura?”

-Mai stata più sicura in vita mia. Forse trovo anche l'uomo della mia vita!

Sarà meglio lasciarli fuori gli uomini, credo che tu abbia troppi problemi per la testa e sia troppo fragile per avere una botta e via.”

-Sto benissimo, passami a prendere alle nove sotto casa mia. Ciao!

Non le diedi neanche il tempo di rispondere, riattaccai troppo velocemente.

Mi vestii con cura, ma mi ritrovai comunque con un'ora di anticipo.

Mi buttai sul divano ed accesi la televisione, cercando qualcosa di interessante.

Però il campanello mi distrasse da un'accesa litigata tra un gatto ed un cane.

Aprii la porta senza neanche vedere chi fosse e mi maledii all'istante.

Il suo sguardo mi accarezzò il corpo, mentre io mi davo della stupida in tutte le lingue del mondo.

-Esci?

-Sembra di si.

-Con chi?
Perché quel dono da geloso? Tu non sei geloso.

-Con Martina.

E perché tu invece sei così stupida?

-Uhm, dove andate?

-Non lo so.

-Uhm.

I suoi occhi color cioccolato si fermarono sulla mia bocca rossa e piena.

-Cerchi qualcosa Mattia?

-Te, e ti ho trovata.

-Contenta per te, adesso te ne vai?

-Perché non rispondi alle mie chiamate?

-Sei fidanzato.

Scema.

Il suo sguardo si allargò, poi un sorriso provocante di impossessò delle sue labbra.

-Fidanzato?

-Si.

-Posso sapere da chi hai ricevuto questa informazione top secret?

-Che ti importa?

-Pura e semplice curiosità. Comunque già credo di sapere chi te l'ha detto.

Chiusi un attimo gli occhi, per poi riaprirli all'istante e ritrovarmi il suo viso a pochi centimetri dalla mia faccia.

Sobbalzai ed indietreggiai all'istante in casa, con lui che mi seguiva con quel suo sorriso così dannatamente bello.

-Questa conversazione si sta facendo noiosa Mattia, ti chiedo gentilmente di andartene da casa mia.

-Come siamo suscettibili mia cara, mi stavo divertendo così tanto.

-Beh, io no. Quindi fuori da casa mia!

Alzò le mani in segno di resa, mentre io tiravo un sospiro di sollievo.

-Silvia.

Lo guardai stranito sull'uscio della porta.

-È Silvia la mia ragazza.

Ebbi la sensazione di sentire qualcosa spezzarsi.

È il tuo cuore.

-E con questo? Non mi importa.

-Bene.

-Bene, ciao.

Gli sbattei la porta in faccia e cercai di trattenere le lacrime, il mio dannatissimo trucco non si doveva sbafare.

Quando sentii il citofono sobbalzai, nuovamente, e pregai in tutte le lingue del mondo che non fosse lui.

Vedere Martina mi fece tirare un sospiro di sollievo.

-Ehi, andiamo?

-Yeah!

Entrai nella sua macchina velocemente e sperai con tutta me stessa di riuscire a divertirmi.

-Voglio bere.

-Ele, per favore, non fare cazzate.

-Dubiti per caso di me?

-Che sia mai! Io dubitare di te? Ma dico, stiamo scherzando?

-Scema.

-Mai quanto te.

-Ah ah spiritosissima.

Arrivate alla discoteca, mi fiondai fuori dalla macchina senza neanche aspettarla.

Entrai e mi buttai subito sugli alcolici e in poco tempo, non reggevo molto l'alcol, mi ritrovai a ballare sui tavoli con una Martina arrabbiata e tanti fischi d'apprezzamento.

Poi una mano calda si posò sulle mie gambe ed io sussultai.

Saltai giù dal tavolino e con la vista annebbiata seguii quelle mani tentatrici.

La musica si fece più bassa e la voglia di vomitare era tanta, ma preferii non dire niente.

Rimasi immobile al centro della stanza, con lo sguardo fisso sull'uomo che si stava spogliando davanti a me.

Trattenni il fiato quando le sue mani arrivarono ai jeans.

Poi, con un passo incerto, mi avvicinai a quella figura e gli accarezzai il petto nudo.

Aveva un bel corpo.

La mia mano scese giù, lasciando segni con le unghie, per poi finire sulla cintura dei suoi jeans che in poco tempo volò a terra.

Soffiai sulla sua bocca, mentre i sui gemiti si espandevano nella stanza.

Poi le sue possenti mani mi bloccarono, facendomi sdraiare sul divanetto vicino.

I suoi occhi erano di un verde intenso, la sua bocca bollente e rossa.

Tentai più volte di baciarlo, ma lui si scansava, lasciandomi un'insoddisfazione dentro.

Le sue labbra cominciarono a baciare il mio collo, scendendo sempre più giù, fino ad arrivare al mio seno, per poi passare al mio ombelico.

Per poi scendere ancora e mandarmi in estasi.

I suoi occhi non lasciavano il mio viso, le sue mani accarezzavano le mia labbra e la sua bocca mi mozzava il respiro.

Poi si bloccò e la cosa mia fece mugolare infastidita.

-Non ti fermare.

La mia voce così storpiata dal piacere mi fece sussultare.

-Calma gattina.

Quella voce così profonda e sensuale mi fece accaldare ancora di più.

Poi si impossessò di me, senza permesso, il quale non avrei mai negato.

I nostri gemiti si confondevano alla musica che veniva da fuori, i nostri sospiri si mischiavano nelle bocche dell'altro, le nostre urla ci cullavano in quella danza fatta di passione.

Un gemito più forte spezzò l'aria, seguito dal mio.

Ansimante, ma felice, mi lasciai andare sul divano e il suo corpo si affiancò al mio.

Non dissi niente, non ne vedevo il motivo.

Ero andata a letto con uno sconosciuto.

Martina mi avrebbe ucciso, ne ero sicura, ma in quel momento era l'ultimo dei miei problemi.

Buttai l'occhio alla mia destra e lo vidi, fermo con il torace che si alzava e si abbassava regolare.

-Alessio.

-Cosa?

-Mi chiamo Alessio.

-Oh, Eleonora.

Lo sentii ridere, arrossii di botto.

-C-che c'è?

-Niente.

Lo sentii girarsi verso di me, mentre il mio sguardo si stava interessando molto al soffitto.

Il colore era molto bello, c'erano macchie rosse ovunque o forse me lo stavo immaginando?

La sua mano che percorreva il contorno del mio corpo mi fece sussultare.

Poi levò la mano e si alzò, come se niente fosse.

Lo guardai rivestirsi senza dire niente, lo guardai mentre mi fissava in silenzio.

Lo guardai mentre usciva senza dire niente.

Stronzo.

Quella fu l'unica parola che mi venne in mente.

Mi alzai barcollante, mi vestii ed uscii da quello stanzino maledetto.

Quando vidi Martina le andai incontro e la trascinai fuori: in quel momento volevo solo tornare a casa.

-Ehi, tutto bene?

Neanche le risposi, non avevo la forza per fare un discorso di senso compiuto.

Quando arrivai a casa scesi dalla macchina, la salutai con la mano facendole il segno che l'avrei chiamata l'indomani e mi fiondai su per le scale.

In casa raggiunsi velocemente il bagno, dove vomitai di tutto e di più.

Respirai profondamente, non avevo neanche la forza per farmi la doccia, quindi mi buttai sul letto e mi addormentai all'istante.

Il giorno dopo, il sole, mi colpì la faccia brutalmente.

E pensare che era Sabato e avrei potuto dormire fino a tardi!

Sentii quella macchina infernale del mio cellulare squillare come un ossesso, solo che quella non era la mia suoneria.

Mi alzai confusa e la testa cominciò a girarmi vertiginosamente.

Me la bloccai con la mano, nel vano tentativo di placare un po' il dolore.

Raggiunsi il telefono e accettai la chiamata.

Biascicai un pronto e una voce bassa e roca mi fece sussultare.

Eleonora, giusto?”

-Si, chi parla?

Non so se si ricorda di ieri sera, comunque sono Alessio.”

Rimasi ferma: Alessio?

Chi era Alessio?

Ieri sera?

-Ah! Lo stronzo. Ricordo ricordo.

Sentii una lieve risata ed immagina quei capelli neri come la pece buttati all'indietro e il sorriso su quelle labbra tentatrici che non ero riuscita a baciare.

Non credo di meritare quel soprannome, signorina.”

-Chi le dice che non sono sposata?

Sesto senso.”

Corrucciai la fronte e cercai di reprimere un sorriso.

-Comunque, come ha avuto il mio numero di telefono?

Ehm, veramente voi avete mio telefono.”

Staccai il telefono dall'orecchio e mi ritrovai un cellulare che non era decisamente il mio, che era malandato e con qualche tasto mancante.

-Oh!

Sentii la sua risata arrivarmi all'orecchio e per quale strano motivo arrossii.

-Come facciamo?

Oggi proprio non posso venire a riprenderlo, lavoro.”

-Di Sabato? Ma neanche io che sono professoressa lavoro!

Altra risata, altro aumento cardiaco.

Non sono fortunato come lui, signorina. Comunque se non le dispiace potrebbe portarmelo. Mi serve per il lavoro.”

-Oh, non c'è problema. Posso venire all'ora di pranzo. Dove?

Andrà benissimo al Bar la Luna. Non so se ha presente?”

Si, e si trovava in culo alla luna!

-Ehm, credo vada bene. Allora a dopo, tratti bene il mio telefono.

Cerchi di non distruggere il mio. Ci tengo.”

Spalancai gli occhi, ma...che cavolo!

-Certo. A dopo.

Mi uscì una voce fredda e neanche gli diedi tempo di rispondere.

Sono una persona troppo permalosa.

Guardai l'orologio: le dieci e venti.

Cavolo!

Mi fiondai sotto la doccia e dopo essermi infilata un paio di jeans e una maglietta qualunque mi fiondai fuori, dopo aver dato da mangia a Marta e aver preso una mela.

Corsi come una pazza alla stazione e presi il treno per un pelo.

Dopo non so quanto tempo scesi a Piramide e mi diressi verso l'autobus.

Dopo un'oretta mi ritrovai davanti al Bar, con un'ora d'anticipo e lo stomaco che brontolava.

Entrai e mi mangia un pezzo di pizza gommosa che faceva letteralmente schifo.

Guardai l'orologio e vidi che non era neanche passata mezz'ora, così decisi di alzarmi e andare a fare una passeggiata.

Mi ritrovai in parchetto pieno di cani e corridori.

Mi lasciai andare su una panchina e sbuffai.

Il pensiero mi andò a Mattia. A quest'ora doveva stare a scuola.

Immaginarlo seduto scomposto sulla sedia mentre rispondeva male ai professori mi fece sorridere.

Però era fidanzato.

Con Silvia, una mia alunna. Come Mattia del resto.

Io cosa volevo?

Dicevo tanto di essere innamorata di Lorenzo, ma alla fine ero riuscita a dimenticarlo (?)

In questo momento credo di essere innamorata di Mattia, ma è fidanzato.

Che cosa voglio realmente?

Qualcosa mi toccò la spalla ed io mi girai di scatto.

Poi il sorriso di Alessio mi fece tremare il cuore.

-Ciao, vuoi andare a mangiare qualcosa?

Rimasi imbambolata a fissarlo: era vestito con giacca e cravatta, i pantaloni gli fasciavano il corpo lasciando una bella visuale, la cravatta era annodata malamente e i capelli se ne stavano in un disordine pianificato.

Era di certo un bel vedere.

-Si, con piacere.

Lui mi guardò curioso, per poi scuotere la testa e incamminarsi verso il ristorante lì vicino.

Camminava lento, posato e i miei occhi non riuscivano a staccarsi dal suo corpo.

Le immagini di ieri si erano fatte più nitide e si era formato un inspiegabile rossore sulle mie guance.

Facevo tanto caldo oggi eh!

Ma se fa una freddo cane!

-Vieni?

-A-arrivo.

Ma che fai Eleonora? Ti metti a balbettare?

Mi passai stanca la mano sulla faccia e tirai un respiro profondo.

Ce la potevo fare, stavo diventando una donna troppo facile.

Mi sedetti al tavolo e lo fissai attentamente, dopo avergli restituito il telefono.

Perché il mio cuore batteva così?

Perché ero così dannatamente attratta dagli uomini?

Lorenzo, Mattia, ed ora Alessio.

Eleonora cara, datti una calmata! Ti stai comportando come un'adolescente alle prime cotte.

Però di una cosa ero sicura: la mia vita si stava complicando.

 

 

 

°§°

Ed eccomi di nuovo qui, con un clamoroso ritardo!

Però posso dire a mia discolpa che è stato il temporale di Lunedì: ha fatto saltare la corrente a tutto il condominio e per non parlare dei compiti vari e della mia dannata influenza!

Bene, dalle recensioni ricevuto ho potuto notare che non sono stata molto chiara, ma è proprio la vita di Eleonora a non essere chiara!

Poi, ora l'ho resa ancora più dura con l'arrivo di Alessio.

Lancio una domanda: secondo voi che ruolo avrà Alessio nella storia?

Ve ne lancio un'altra: Silvia scoprirà mai del tradimento? E se si, che succederà?

(per chi non lo avesse capito, Silvia è l'alunna di Eleonora)

Ok, ora basta xD

Vi lascio liberi e spero di riuscire a pubblicare il più presto possibile!

Un bacione

Eliana^^

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