Zio Maddy

di telesette
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 4: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quarto ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Sangue...

Le mani di Sasuke erano rosse di sangue, si trattava forse del suo ? No, ora che la rabbia era passata, stava cominciando a ricordare: davanti al corpo disteso e sanguinante di quell'imbecille che belava piagnucolante con il naso spaccato; le urla degli altri ragazzi e delle guardie dell'istituto che gli risuonavano nelle orecchie; le braccia bloccate dietro la schiena e il rumore della porta che veniva chiusa dietro le spalle... Finalmente cominciava a ricordare!
Erano passati già tre anni da quando suo fratello Itachi aveva ammazzato la sua intera famiglia, tranne lui. Quel massacro indescrivibile, quella scena raccapricciante ancora davanti agli occhi... Sasuke aveva smesso di parlare da allora, incapace di accettare un orrore troppo più grande di lui. Lo avevano messo in un istituto per orfani ma, a causa del suo mutismo, non era ancora riuscito ad ambientarsi e sovente capitava che qualche ragazzo lo avvicinasse per prenderlo in giro. Così era accaduto anche quella volta: dimenticando per un attimo il suo dolore, gli occhi di Sasuke si accesero di rosso; le sue orecchie registrarono le risate di scherno e lui vide il volto di quell'idiota assumere i tratti del fratello; in men che non si dica, afferrò quel ragazzo per il bavero e cominciò a devastargli la faccia a cazzotti in preda a un furore indescrivibile...
Era la terza volta in un mese che Sasuke mandava qualcuno in infermeria, senza un motivo apparente. Il direttore dell'istituto non sapeva più come comportarsi.

- E' la terza volta che quel ragazzo crea scompiglio all'interno dell'istituto - esclamò il direttore, Danzo Shimura, rivolgendosi al suo interlocutore.
- Capisco il suo disappunto, direttore - rispose il maestro Iruka. - Sasuke è un ragazzo profondamente turbato, ha perso tutta la famiglia in modo tragico, il fratello omicida e...
- Per favore, risparmi le sue considerazioni - tagliò corto Danzo, alzando una mano per metterlo a tacere.

Iruka tacque malvolentieri. Il direttore si avvicinò alla finestra, dandogli le spalle, e sospirò gravemente.

- Abbiamo settecentocinquanta ragazzi qui dentro - fece notare Danzo gravemente. - Alcuni con problemi, altri no, ma NON siamo un "centro medico" per handicappati pericolosi...
- Sasuke non è un handicappato - protestò Iruka energicamente. - E' vero, soffre di una particolare forma di autismo ma la prego tuttavia di considerare che...
- Me ne rendo conto benissimo - lo interruppe ancora l'altro. - Il punto è proprio questo: non possiamo assumerci la responsabilità per Sasuke Uchiha; è evidente che questo non è il luogo adatto per far fronte al suo stato di salute fisico e mentale; per questo devo presentare istanza all'Assistenza Sociale e chiedere che gli venga trovata un'altra sistemazione!
- Ma...
- E' nell'interesse di tutti, Iruka - sottolineò Danzo. - Un altro episodio come quello di oggi e ne andrà di mezzo il nome dell'istituto... Non voglio soggetti disturbati e psicotici qua dentro, sono stato abbastanza chiaro ?

Iruka strinse il pugno, fremendo di rabbia, tuttavia non poté fare altro che annuire.

- Perfettamente, signore, si è espresso molto chiaramente!
- Molto bene, è tutto per ora, puoi andare!

Iruka uscì dall'ufficio del direttore senza dire una parola ma, non riuscì ad evitare di sbattere energicamente la porta dietro di sé.

***

Chiuso nella sua stanza, Sasuke era immobile sul letto con lo sguardo assente e gli occhi incollati sul pavimento. Ormai non aveva più nemmeno il ricordo di una vita "normale", dopo che la sua gli era letteralmente crollata in frantumi, tutto ciò che aveva davanti a sé era un numero insignificante di giorni vuoti. La vita sembrava così priva di significato, senza più alcuna gioia, non c'era più nulla eccetto la rabbia e un odio inspiegabile verso tutto e tutti indistintamente. Attraverso la feritoia della porta, Iruka lo guardò preoccupato; erano mesi che si trovava lì e non aveva ancora detto una parola; come insegnante avrebbe voluto aiutarlo ma, riconoscendo tristemente i suoi limiti, capì che la mente di quel ragazzo era un problema al di sopra delle sue capacità.
Iruka chiuse lo sportello con rassegnazione e attraversò il corridoio, sinceramente preoccupato per la sua sorte, domandandosi se esistesse davvero qualcuno o qualcosa in grado di scuoterlo da quella difficile situazione.

( continua )

 

NOTA DELL'AUTORE:
approfitto di questo spazio per salutare e ringraziare una persona sulle cui parole ho riflettuto molto ultimamente. Saluto dunque scarlett666, ringraziandola tardivamente e dedicandole questa storia con tutta la sincerità possibile.
Grazie!

 

NOTA:

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Capitolo 2
*** Capitolo Primo ***


Nessuno osò contestare l'esplicita richiesta del direttore Shimura di attribuire a Sasuke una nuova sistemazione. Gli incartamenti che Danzo aveva presentato presso la commissione del Tribunale dei Minori non lasciava dubbi sul fatto che un istituto non fosse l'ambiente più indicato per un ragazzo così traumatizzato. Forse le autorità avrebbero fatto meglio a considerare il suo inserimento in una clinica specializzata, una casa di cura, un luogo insomma dove i suoi inspiegabili scoppi di violenza sarebbero stati tenuti sotto controllo...
Solamente il maestro Iruka si adoperò per proporre una soluzione alternativa. Durante l'assemblea infatti, Danzo si accigliò parecchio nel sentirsi contestare da uno dei suoi insegnanti ma non intendeva permettere che quel guastafeste di Iruka boicottasse la sua manovra per rinchiudere Sasuke nella struttura che aveva in mente.

- Apprezziamo molto il suo interessamento, maestro Iruka - fece Danzo con voce tagliente. - Ma le ricordo che il ragazzo non ha mostrato alcun segno di volersi integrare e, dato che il tempo concessogli per ambientarsi è stato ampiamente superato, ritengo opportuno che...
- "Tempo concessogli per ambientarsi" - ripeté Iruka incredulo. - Non credo alle mie orecchie, stabilire addirittura un tempo per dare modo a un ragazzino di accettare una realtà più grande di lui... Al diavolo signori, stiamo parlando di un essere umano!
- Un essere umano affetto da gravi problemi di squilibrio mentale - sottolineò Danzo impietoso. - Non possiamo assumerci la responsabilità di un soggetto pericoloso per sé e per altri, soprattutto in un ambiente dove gli adolescenti vivono praticamente ammassati l'uno accanto all'altro!
- E allora con che coraggio possiamo definirci "educatori" ?!? 

Danzo masticò amaro. Iruka lo stava sfidando su un terreno pericoloso e sembrava non temere assolutamente la sua autorità come direttore. In un primo momento fece per ribattere ma il giudice che presiedeva l'assemblea sembrava interessato dalla piega che stava assumendo quella discussione.

- Maestro Iruka - esclamò l'anziano individuo, aggiustandosi sul volto gli occhiali cerchiati di ottone. - Alla luce dei fatti, non posso che definire ammirevole il suo intervento tuttavia io e gli altri membri di questa commissione dobbiamo attenerci ad una linea più "concreta", nell'interesse legale e civile del ragazzo! Ovviamente non nego che a chiunque piacerebbe vedere ogni singolo caso di affidamento su un piano per così dire umano ma, in tutta sincerità, non vedo come sia possibile un'altra valida alternativa a quella proposta dal qui presente direttore Shimura! Il giovane Uchiha è orfano, nessuno può assumersi la sua tutela, dunque non vedo come...
- Conosco bene il caso di Sasuke Uchiha - esclamò Iruka deciso. - L'ho studiato molto attentamente e, proprio per questo, mi permetto di proporre a questa assemblea un'altra soluzione nell'interesse del ragazzo!
- Prego, maestro Iruka - lo invitò il vecchio. - Siamo tutt'orecchi, esponga pure la sua idea!

Iruka era visibilmente agitato tuttavia, affinché la sua proposta godesse della dovuta attenzione da parte dei presenti, cercò di mantenersi il più calmo e convincente possibile.

- La famiglia di Sasuke è morta in seguito ad una strage perpetrata dal fratello maggiore del ragazzo, Itachi - spiegò Iruka. - All'epoca dell'accaduto, i medici che visitarono Sasuke concordarono che il profondo shock emotivo, dovuto a quella indescrivibile tragedia, era da ritenersi responsabile del suo attuale stato di salute; suo fratello Itachi è stato poi arrestato e rinchiuso tuttora in un carcere di massima sicurezza e...
- Maestro Iruka - lo interruppe il giudice. - Queste cose risultano già agli atti, la prego di venire al dunque!
- Certo presidente, mi scusi... Quello che voglio dire è che, esaminando meglio la scheda del ragazzo, ho trovato un nome tra i parenti più prossimi; si tratta di uno zio da parte di madre, un certo Madara Uchiha, che è vivo e vegeto!

Il presidente strinse gli occhi perplesso.

- Per quale motivo non è stato fatto subito presente questo elemento ?

In quella Danzo scattò in piedi furibondo. Iruka stava rischiando seriamente di compromettere i suoi progetti e non poteva assolutamente permetterlo.

- Presidente, la persona in questione è un uomo sulla cinquantina, attualmente disoccupato e con problemi di alcolismo; da ricerche più accurate inoltre è venuta fuori una rissa per ubriachezza e danneggiamento a beni pubblici, risalente a non più di sei mesi fa!

Tutti gli occhi si puntarono improvvisamente su Iruka, il quale si sentì come un imputato davanti alla pubblica accusa. Lo sguardo severo del giudice e dei presenti era la prova che Danzo aveva riportato tutti dalla sua parte in un unico colpo.

- Maestro Iruka - esclamò gelido l'anziano giudice. - Davvero lei ha considerato opinabile l'affido di un tredicenne alla tutela di un individuo con questi precedenti ?
- Con il dovuto rispetto signori, c'è anche altro sul conto del signor Madara!

L'atmosfera si stava facendo rovente: Iruka non avrebbe desistito tanto facilmente ma, ora più che mai, Danzo intendeva fargli sentire il peso della sua autorità. L'unica possibilità era convincere il giudice che il signor Madara Uchiha non fosse assolutamente il soggetto deprecabile presentato dal direttore Shimura ma non aveva comunque molti elementi per sostenere l'eventualità di un affido.

- Si spieghi meglio, Iruka - tagliò corto il giudice. - Che intende con "altro" ?
- Per esempio non è stato precisato che il signor Madara ha sì avuto problemi economici e gravi inclinazioni al bere ma da qualche tempo ha cominciato a frequentare un circolo di alcolisti anonimi e a dare segni di reintegrazione nella società; vive a Konoha, una comunità tranquilla, in un ambiente sano e confortevole; ha una casa di proprietà in ottime condizioni, svolge diversi lavori come inserviente ed è perfettamente in regola con le tasse e tutte le altre spese!
- E cosa può dirci invece della sua fedina penale ?

Danzo fece quella domanda a bruciapelo, facendo sfoggio di un insopportabile sogghigno. Dal momento che sapeva benissimo dove intendeva andare a parare, Iruka trovò il suo sarcasmo non solo di cattivo gusto ma anche profondamente sleale.

- Questa è una domanda scorretta, direttore Shimura!
- Maestro Iruka - sentenziò il giudice bruscamente. - Risponda alla domanda, per favore!

Le mani di Iruka sbiancarono, a causa dello sforzo con cui le dita premevano sopra il tavolo, tuttavia dalla sua risposta dipendeva il destino di Sasuke... diveva stare molto attento.

- Come ha detto prima il signor Danzo - fece Iruka, trattenendosi a stento. - Risultano effettivamente un paio di denunce per rissa e atteggiamenti violenti a carico del signor Uchiha: dagli elementi noti risulta evidente il profondo lutto, a seguito della prematura scomparsa della moglie morta di cancro, motivo che lo ha spinto per un certo tempo ad abbandonarsi alla propria disperazione; tuttavia in entrambi i casi le autorità hanno constatato che i danni provocati si limitavano ad un paio di bottiglie rotte e schiamazzi molesti in locale pubblico; nessuno ha subito danni rilevanti e il suddetto è stato sollevato dalle accuse con formula piena... Madara Uchiha oggi è un uomo chiuso e riservato ma è una persona onesta, che non ha niente di cui vergognarsi di fronte alla società, e questo è quanto!

Nella stanza scese un profondo silenzio, rotto solo dal respiro del giudice che, a mani giunte sul tavolo, meditava dubbioso sulla questione esposta.

- La sua proposta presenta molti punti interrogativi, Iruka - osservò il vecchio, sollevando lo sguardo. - Sinceramente mi riesce difficile pensare che affidare un ragazzo traumatizzato alle cure di un uomo altrettanto sofferente possa essere una valida soluzione! La legge sulla tutela dei minori è molto chiara in proposito e non...
- Presidente - la voce di Iruka suonava quasi come una supplica. - Firmando il trasferimento di Sasuke Uchiha nella struttura suggerita dal direttore Shimura, obbligheremo un ragazzo di tredici anni a vivere legato a un letto con le catene ai polsi; Madara Uchiha è una persona che ha sofferto molto ma è anche un uomo che cerca ogni giorno la forza per andare avanti e soprattutto una ragione per ricominciare a vivere; riavvicinando il ragazzo a ciò che resta della sua famiglia, possiamo aiutare non una ma "due vite"... Ci pensi bene prima di emettere il verdetto, la prego!
- Basta adesso - tuonò Danzo spazientito. - Vostro Onore, tutto questo è semplicemente ridicolo, c'è una legge da rispettare e...
- Direttore Shimura - lo interruppe il giudice. - Mi permetto di ricordarle che sono io a presiedere questa commissione e, tenendo conto del fatto che ci sento benissimo, la pregherei di restare calmo!

Danzo ingoiò quell'ammonimento come una sorta di offesa, ciononostante fu costretto a tacere e ad osservare il richiamo del giudice senza obiettare alcunché.

- Maestro Iruka - proseguì poi il vecchio, rivolgendosi al docente. - Devo arguire che la questione le sta particolarmente a cuore, o sbaglio ?
- No, Vostro Onore, non sbaglia!
- E' disposto dunque ad assumersi tutte le responsabilità del caso e le conseguenze relative alle decisioni in merito ?
- Sì, assolutamente!

Il giudice si alzò in piedi, guardando i presenti con aria interrogativa. Dal momento che nessuno a parte Danzo sembrava voler prendere posizione sulla faccenda, il vecchio comprese che la decisione finale dipendeva esclusivamente da lui.

- In qualità di giudice istruttore, concedo l'accoglimento parziale della sua richiesta, maestro Iruka: Sasuke Uchiha verrà affidato alla tutela di suo zio per un periodo di prova, sotto la sua diretta supervisione; questa assemblea si riunirà qui, a un mese da oggi, per decidere se mantenere l'affido in modo definitivo o procedere altrimenti nell'interesse morale e materiale del giovane... E' tutto!

L'assemblea si sciolse tranquillamente, senza alcun trambusto o mormorio di disapprovazione. Iruka tirò un sospiro di sollievo, la decisione del giudice era più di quanto osasse sperare al momento, aveva a disposizione un mese per garantire a Sasuke un ambiente sano e confortevole e per aggiustare le cose nel migliore dei modi. Stava ancora pensando a questo quando, con un violento strattone, sentì una mano afferrarlo alla spalla.

- Pensi di essere molto furbo, vero Iruka ? - la voce di Danzo era fredda e monocorde ma assai minacciosa. - Ti avevo avvertito di non provare a metterti contro di me: alla fine di questi trenta giorni, non sarà il giudice il tuo problema o tantomeno la commissione... sarò io!

***

Alcune ore più tardi, presso la sala riunioni di un imponente edificio ai margini della periferia, Danzo era atteso presso un'altra assemblea molto più sinistra e inquietante della precedente. La scarsa fonte di illuminazione non consentiva di guardarsi chiaramente intorno e l'uomo seduto a capo dell'enorme tavolo rettangolare aveva il volto completamente nascosto nell'ombra. Nel momento in cui Danzo bussò alla porta, il misterioso individuo poggiò i gomiti tenendo le dita giunte davanti a sé.

- Avanti - esclamò con voce sottile e autoritaria allo stesso tempo.

Danzo entrò nella stanza, scusandosi per il ritardo, e si sedette all'altro capo del tavolo.

- La stavamo aspettando da un pezzo, direttore Shimura - sentenziò uno dei presenti alla sua destra, un individuo magro con un grosso paio di occhiali cerchiati. - Per caso ha trovato traffico strada facendo ?

Danzo non rispose e si limitò a scoccargli un’occhiataccia. L’uomo seduto a capo della misteriosa riunione cominciò a sfogliare gli incartamenti che aveva davanti a sé e, per un attimo, qualcuno ebbe l’impressione di intravedere un sorriso sulle sue labbra.

- Devo ammettere che il profilo di questo ragazzo, Sasuke, è molto interessante - esclamò. - Sono certo che sarà un ottimo soggetto per i nostri esperimenti…

Danzo tossì nervosamente. L’uomo sollevò la testa dalle scartoffie con aria infastidita.

- Purtroppo si sono verificate delle… complicazioni - fece Danzo con un filo di voce.
- “Complicazioni” - ripeté l’altro.
- Purtroppo!
- Hm - sorrise l’uomo con gli occhiali, aggiustandosi le lenti rotonde sul viso. - Strano, quando abbiamo concordato il prezzo per trasferire il ragazzo nel nostro centro di ricerche sperimentali, non si era mai parlato di eventuali complicazioni…
- Si tratta di un imprevisto - si affrettò a spiegare Danzo. - Uno dei miei insegnanti, uno sciocco di nome Iruka, ha convinto il giudice a bocciare la mia richiesta di trasferimento e ad ottenere che il ragazzo venga affidato all’unico parente rimasto in vita!

L’uomo con gli occhiali sollevò la testa, in modo tale che le sue lenti furono attraversate da un sottile raggio luminoso, e subito rivolse a Danzo un sorriso sprezzante.

- Dovrebbe scegliere meglio i suoi dipendenti, direttore Shimura, “se i cani cominciano a mordere la colpa è del padrone!”
- Sistemerò la faccenda infatti, vi chiedo solo di pazientare e…
- Il tempo è prezioso, Shimura - sentenziò l’individuo misterioso, con un tono di voce più simile al sibilo di un serpente. - Soprattutto il mio tempo!

La fronte di Danzo cominciò ad imperlarsi di sudore, tuttavia si sforzò di mantenersi calmo e di rassicurare l’interlocutore.

- Vi garantisco che è solo una faccenda momentanea: il tizio che dovrebbe prendersi cura del ragazzo non ha le possibilità necessarie di rappresentare un ostacolo ai nostri progetti; al termine del periodo di prova, quando verrà confermato il completo fallimento del tentativo, saranno le carte a parlare e noi potremo concludere l’accordo in modo definitivo!
- Lo spero per te, Shimura - tagliò corto l’uomo, tirando fuori lo zippo e accendendosi una sigaretta. - Lo spero proprio per te!

La debole fiammella dell’accendino illuminò per un attimo parte del volto dell’uomo, mettendo in evidenza la sua carnagione chiarissima e i lunghi capelli scuri che ricadevano ai lati del volto sottile. Gli occhi emanarono una vivida luce minacciosa prima che, con un secco rumore metallico, costui scomparisse nuovamente nell’ombra.

( continua )

 

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Capitolo 3
*** Capitolo Secondo ***


La maschera di un comico può nascondere molte cose. Quella di Madara “Maddy” Uchiha però giaceva ormai in un angolo, abbandonata e coperta di polvere. 
Il Grande Maddy, l’uomo capace di suscitare risate solo con lo sguardo, non sembrava più neanche l’ombra di ciò che era: stanco, arrabbiato, pieno di problemi e insofferente a tutto ciò che lo circondava.Una volta le televisioni locali facevano carte false per accaparrarsi Maddy come ospite ( risate, divertimento e gli ascolti che salivano a dismisura ), bastava il suo carisma e la sua travolgente vivacità, per appassionare grandi e piccini davanti alla sagoma del suo irresistibile personaggio. Versatilità, capacità d’improvvisazione, nessuna volgarità e un infantilismo ai limiti dell’impossibile… Questo era Maddy, almeno fino a qualche tempo fa.

La voglia di ridere e far ridere gli altri è l’essenza della vita per un comico. Senza di quella, è come se la sua intera esistenza non abbia più alcun significato; come se bere, mangiare o addirittura respirare costituisca per lui nient’altro che un’indicibile sofferenza. La verità era che qualcosa nell’anima allegra e giocosa di Maddy si era spezzata, assieme al più grande amore della sua vita. Da quando sua moglie era morta alcuni mesi addietro, vittima di un cancro incurabile, era come se qualcuno gli avesse aperto il cuore con una lama per estrarre tutti i suoi sentimenti… Il dolore lo aveva scavato dentro, privandolo di tutto e trasformandolo in una specie di guscio vuoto. All’inizio il desiderio di buttarsi tutto alle spalle e scomparire nell’oblio dell’alcool era forte ma, dietro al suo comportamento autolesionista, c’erano anche altri gravosi motivi che una parte di lui preferiva non dimenticare.
Da mesi ormai trascorreva le sue giornate tra un lavoro saltuario e l’altro e, nel tardo pomeriggio, si metteva a sedere davanti alla propria casa, con la barba incolta e lo sguardo assente. A vederlo sembrava proprio un disadattato e, in tutta sincerità, nulla lasciava supporre che fosse in grado di assumersi la responsabilità di un ragazzino. Eppure, quando il professor Iruka giunse a Konoha quel giorno, Madara non immaginava nemmeno lontanamente a che genere di impegno sarebbe andato incontro. 
La macchina del professore si fermò davanti casa dell’Uchiha, sotto gli occhi stupiti dell’intera comunità incuriosita. Da quando in qua un asociale come il vecchio Madara attendeva visite? Eppure quell’elegante signore in giacca e cravatta, una volta sceso dal veicolo, si avvicinò proprio a lui.

- Signor Uchiha? - domandò.

L’altro non rispose neanche, lo sguardo spento e gli occhi fissi davanti a sé, tuttavia Iruka ripeté la sua domanda.

- Mi chiamo Iruka Umino, e sono qui per parlarle di una cosa molto importante!

Madara sollevò il capo, guardando Iruka con indifferenza, dopodiché si alzò lentamente dalla sua sedia e si accinse a rientrare in casa. Ma quando Iruka fece per seguirlo, con suo grande stupore, l’uomo gli sbatté la porta in faccia senza tanti complimenti. Iruka rimase fermo sulla soglia, completamente spiazzato dalla velocità e imprevedibilità del gesto, incapace di concepire tale comportamento.

- Ehi lei, senta - esclamò una voce alle spalle del professore.

Iruka si voltò di scatto per incrociare lo sguardo con quello che, ad occhio e croce, poteva essere un vicino di casa o un passante curioso… In entrambi i casi, era evidente che si trattava di qualcuno con una voglia matta di cogliere l’occasione per farsi i fatti altrui.

- Non per impicciarmi, per carità - disse ipocritamente, avvicinando Iruka con un sorriso. - Ma perde tempo, se spera di parlare col vecchio Uchiha… Da quando è morta sua moglie, è completamente andato!
- Certo, mi rendo conto, ma io devo parlargli assolutamente!
- Oh beh, in tal caso, le auguro buona fortuna… Ne avrà bisogno, per riuscire a parlare di qualcosa con quello!

Ciò detto, il ficcanaso tornò sui suoi passi e Iruka cominciò a chiedersi se stesse realmente facendo la cosa migliore. A giudicare da ciò che aveva appena visto, Madara Uchiha non sembrava decisamente il tipo da accogliere a braccia aperte il suo prossimo ( figuriamoci poi un nipote che non aveva mai visto né conosciuto in vita sua ). Tuttavia Iruka doveva assolutamente convincere quell’uomo ad assumersi le sue responsabilità, come genitore adottivo di Sasuke, altrimenti sarebbe stato tutto inutile.

- Signor Uchiha… Signor Uchiha!

Iruka bussò energicamente alla porta, ignaro che l’altro fosse pressoché sordo ad ogni tipo di richiamo. La mente di Madara era come la sua casa, deserta e silenziosa, e il suo corpo sembrava privo di qualunque reazione… compreso il naturale battito delle palpebre. Anche se dall’interno non giungeva alcuna risposta, Iruka non si diede per vinto e continuò a tempestare la porta a suon di nocche, chiamando a gran voce l’Uchiha perché venisse ad aprirgli.

- Signor Uchiha - esclamò deciso. - Non me ne andrò di qui, finché lei non avrà ascoltato quel che ho da dirle, mi ha capito? Apra subito questa porta!

Per un attimo Madara sembrò rendersi conto di quel rumore insistente di colpi fuori della porta, anche se piuttosto lontano alle sue orecchie, e solo dopo riuscì a realizzare che qualcuno stava bussando con l’evidente intenzione di parlargli. 
Nonostante la mano scorticata e arrossata dall’insistente battere sul legno, Iruka continuò a bussare imperterrito. Ad un tratto la porta si aprì verso l’interno e, dal momento che vi si era appoggiato con tutto il peso, il poverino perse l’equilibrio ed inciampò goffamente in avanti riuscendo per fortuna ad aggrapparsi allo stipite. Una volta ripresosi e guardandosi intorno, Iruka poté constatare con i suoi occhi l’ambiente: la casa non era molto grande ma quantomeno confortevole; lo stretto corridoio che partiva dall’ingresso, collegato con le camere da letto in fondo e la porta del bagno sulla destra, a sinistra presentava un ampio divisorio che immetteva nel soggiorno; la sala da pranzo era subito oltre, così come la cucina, e le finestre erano chiuse con le tende tirate; le stanze erano immerse in una totale penombra e, già dalla soglia, si avvertiva chiaramente l’aria viziata. Iruka tossì appena e seguì il padrone di casa il quale, subito dopo avergli aperto, si era messo a sedere davanti a un ampio tavolo rettangolare. A vederlo sembrava quasi stordito, come se si fosse appena svegliato, tuttavia la domanda che fece ad Iruka lasciava intendere che fosse perfettamente consapevole della sua presenza.

- Che cosa vuole ?

Dopo essersi schiarito la voce ( cosa non facile, in quella puzza di chiuso ), Iruka si accomodò a sedere di fronte all’Uchiha e con calma cominciò a spiegargli il motivo della sua visita.

 

***

 

- Allora, cosa mi risponde ? - domandò Iruka, dopo aver esposto la situazione al suo interlocutore. - Come le ho detto, il Tribunale dei Minori ha emesso un affido temporaneo: se lei accetta di prendersi la responsabilità di suo nipote, durante questo periodo di prova, gli assistenti sociali valuteranno se rendere l’affido definitivo o meno!
- Stronzate - rispose Madara con un grugnito, buttando via il foglio che Iruka gli aveva dato da firmare. - Per quello che mi riguarda, può prendersi quel pezzo di carta e ficcarselo in quel posto… Perché non voglio assolutamente saperne di questa storia, né di mio nipote né di chiunque altro!
- La prego, cerchi di ragionare - provò a dire Iruka. - Vivere con lei è l’unica possibilità che resta a quel ragazzo, per poter condurre una vita normale; se lei rifiuta di firmare quel documento, suo nipote verrà rinchiuso come un animale!
- Gliel’ho già detto, non me ne frega niente!

Prima che Iruka potesse ribattere qualcosa, Madara si alzò dal tavolo e andò a prendere una bottiglia di qualcosa.

- Credevo che lei avesse smesso di bere - scattò subito Iruka, sbattendo entrambe le mani sul tavolo.

Per tutta risposta, Madara gettò con noncuranza l’intero contenuto della bottiglia nella stufa. A contatto con l’alcool, la fiamma si rinvigorì vistosamente. Madara chiuse il vano superiore e aggiunse un po’ di carbone attraverso lo sportellino inferiore, dopodiché si voltò nuovamente a guardare Iruka.

- Questo è l’unico modo in cui utilizzare questa porcheria - spiegò Madara, buttando la bottiglia vuota nell’immondizia. - Almeno così è utile a qualcosa…

Iruka si sentì fortemente in colpa. Per un attimo si era lasciato ingannare dalle apparenze ( cosa comprensibile, visto l’aspetto disadattato dell’altro ), eppure lui stesso aveva esaminato il profilo di quell’uomo attraverso i suoi documenti. Madara Uchiha non era più un alcolizzato, anche se la comunità di Konoha non aveva comunque una buona opinione di lui, ed era l’unico parente ancora in vita del piccolo Sasuke. Per quanti dubbi potessero insinuarsi nella sua mente, Iruka non aveva altra scelta se non quella di convincere quel vecchio ostinato a prendersi le sue responsabilità.

- Signor Uchiha - disse. - La prego, cerchi di riflettere: non le sto parlando di un estraneo ma di suo nipote, un ragazzino di appena tredici anni fortemente traumatizzato; può sembrarle incredibile ma, per quanto le sia difficile da capire, c’è qualcuno che ha ancora bisogno di lei; provi a mettere da parte il suo dolore, e si sforzi di capire quanto sia importante per lui la sua decisione!

Madara gli voltò le spalle, senza battere ciglio.

- Non posso - mormorò. - E anche se potessi, non credo che ne sarei capace… A malapena sono in grado di provvedere a me stesso, figuriamoci se posso prendermi cura di un moccioso!
- Quel moccioso - sottolineò Iruka con evidente fastidio. - Ha tutta una vita davanti a sé, la stessa vita che a lei sembra non interessare, e solamente lei è in grado di aiutarlo!

Madara sospirò.

- Lei è veramente un individuo ostinato, signor…
- …Iruka, Umino Iruka!
- Mi dica - proseguì Madara. - Per quale motivo pensa che io sarei la persona più adatta a prendermi cura di quel ragazzo ?

Iruka tacque un momento, prima di rispondere.

- Perché entrambi avete qualcosa per cui soffrire - esclamò. - Un essere umano può piangere i propri cari e tormentarsi fino all’infinito ma… Due dolori simili possono avvicinare una famiglia!
- Io non ho nessuna famiglia - ribatté secco l’Uchiha. - E adesso se ne vada, non ho voglia di ascoltare oltre le sue sciocchezze!

Iruka raccolse da terra il documento per l’affido temporaneo di Sasuke e, dopo averlo steso con cura sul tavolo, si rivolse ancora una volta a Madara.

- Una firma - disse. - Una sola firma, per decidere del destino di suo nipote: forse a lei non interessa se lo rinchiuderanno; se lo terranno incatenato ad un letto, imbottito di tranquillanti; o se finirà per distruggersi, a causa un dolore troppo grande per un ragazzino… Ma lei è sicuro che riuscirà a dormire, portando sulla coscienza il peso di suo nipote, sapendo che oggi ha rinunciato alla possibilità di aiutarlo?

Madara non disse nulla. Lo sguardo fisso su Iruka e sul foglio di carta che aveva davanti. Iruka non poteva sapere se le sue parole fossero riuscite a smuovergli quella tal cosa comunemente chiamata “coscienza”. Tuttavia, qualunque cosa stesse pensando l’uomo in quel momento, era chiaro che l’indifferenza iniziale sul suo volto era scomparsa quasi del tutto.

 

( continua )

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Capitolo 4
*** Capitolo Terzo ***


Mentre attraversava le villette di Konoha, guardando fuori dal finestrino della macchina con sguardo assente, Sasuke pareva del tutto incurante di ciò che stava accadendo. Iruka gli aveva spiegato tutto eppure, anche se aveva compreso perfettamente, il ragazzo sembrava non trovare alcuna differenza tra il dover vivere con suo zio ( che peraltro neanche conosceva ) o nell’Orochimaru’s Hospital Institute, dove il direttore Danzo era tanto desideroso di rinchiuderlo.
La macchina si fermò davanti alla villetta dello zio di Sasuke, sotto lo sguardo stupito dei vicini e tra le chiacchiere concitate di questi ultimi. Madara Uchiha non era visto molto di buon occhio a Konoha, la gente gli aveva affibbiato i nomignoli di: orso, asociale, e via dicendo… Praticamente tutta la comunità riteneva quel tale Iruka un folle, se pensava veramente di affidare un bambino alle cure di quel vecchio scorbutico. Iruka però non era uno stupido, semplicemente non riteneva Madara un cattivo soggetto; così come non riteneva Sasuke un violento, solo per i suoi incomprensibili scoppi di collera; a differenza degli altri, il buon maestro era abituato a vedere più a fondo nel cuore delle persone per capire la loro era indole. Era ovvio che Sasuke fosse tormentato da qualcosa, qualcosa che la sua mente aveva preferito chiudere nel suo mutismo ( forse per proteggersi ), e probabile che il signor Madara, malgrado le apparenze, non fosse affatto un uomo freddo e insensibile. Iruka era convinto che i due dovevano conoscersi, per recuperare almeno in parte ciò che avevano perduto: gli affetti, i sentimenti, le emozioni e la serenità… Entrambi avevano bisogno l’un l’altro di una famiglia.

- Siamo arrivati, Sasuke - esclamò Iruka, rivolgendosi al ragazzo con un sorriso.

Sasuke non disse nulla, ovviamente, e si limitò a guardare davanti a sé con occhi spenti. Iruka non ci fece caso e, una volta sceso dalla macchina, fece rapidamente il giro sull’altro lato per aiutarlo con la valigia e i suoi effetti personali.
Frattanto nei pressi di Villa Uchiha si era radunato un bel mucchio di curiosi, tutti intenti ad osservare Sasuke e a confabulare tra di loro, ma il ragazzo era troppo assorto nei suoi pensieri per accorgersi della loro presenza. Madara era lì, proprio davanti alla porta di casa, ed entrambi si guardarono negli occhi senza provare nulla di particolare. Per fortuna fu Iruka a rompere il ghiaccio tra i due.

- Questo signore è tuo zio, Sasuke - spiegò il maestro, cingendo le spalle del ragazzo con un braccio. - So che probabilmente per te è difficile da accettare: una casa nuova, una persona che non conosci…

Silenzio. Sasuke era insensibile a tutto, sia che ciò lo riguardasse o meno; l’unica cosa che la sua mente aveva registrato delle parole di Iruka era il fatto che l’uomo davanti a lui fosse suo zio, il resto era come se non lo avesse nemmeno sentito.
Improvvisamente, sentendo un paio di mani contro le sue spalle, Sasuke sembrò riscuotersi per un attimo dalla sua perenne indifferenza. Il ragazzo fissò gli occhi in quelli del maestro Iruka, così intensi e colmi di affetto, ma non ebbe alcuna reazione.

- Abbi cura di te, Sasuke - mormorò Iruka con un sorriso. - Sono certo che ti troverai bene!

Ciò detto, l’uomo si rialzò e si avvicinò a Madara.

- Signor Madara, non ho parole per ringraziarla, se lei non avesse accettato di…

Madara sollevò la mano, troncando lì la conversazione.

- L’idea di affidarmi questo marmocchio è vostra, perciò vostra sarà anche ogni responsabilità - puntualizzò l’Uchiha in tono secco. - Ho accettato solo perché non voglio noie, tutto qui; se fossi in lei, aspetterei prima di ringraziare!
- Si ricordi comunque che Sasuke è un bambino traumatizzato, la sua presenza potrà aiutarlo a…
- L’unico aiuto che può avere da me lo vede anche lei - tagliò corto Madara. - Posso dargli da mangiare e un tetto sulla testa, per il resto, ci piscio sopra le sue scartoffie!
- Signor Madara - ribatté Iruka severo. - Le ricordo che, a partire da adesso, lei è ufficialmente il tutore legale di suo nipote: le mie “scartoffie”, come le chiama lei, le impongono tassativamente di provvedere al benessere del ragazzo e alla sua educazione!
- Benissimo allora, per quanto mi riguarda, può riportarselo indietro anche subito!

Iruka strinse nervosamente i pugni lungo i fianchi ma non aggiunse una parola. Forse era stato troppo ottimista, nel pensare che Madara Uchiha si sarebbe preso cura di Sasuke, ma non aveva scelta. L’unica alternativa era che il ragazzo finisse legato come un animale selvatico, e ciò era indubbiamente peggio dell’indifferenza di quell’uomo.

- Allora - domandò Madara, tenendo le braccia conserte. - Che cosa ha deciso di fare?
- Sasuke rimarrà con lei - rispose il maestro deciso. - Degli assistenti sociali si presenteranno una volta ogni settimana, tenendo conto dei progressi così come di qualunque aspetto negativo circa la vostra convivenza, e questo fino al termine del mese concordato!
- Nient’altro?
- Nient’altro - concluse Iruka.
- Allora veda di togliersi dalle scatole!

Iruka ingoiò anche quell’atteggiamento e, dopo aver salutato Sasuke con una gentile pacca sulla testa, rimontò dunque in macchina e si allontanò da Villa Uchiha.
Non appena se ne fu andato, la folla dei curiosi si dileguò a poco a poco così Sasuke e lo zio rimasero soli a fissarsi davanti alla porta di casa. Nei loro occhi non c’era traccia di alcuna emozione: non sapevano niente l’uno dell’altro, erano meno che degli estranei, eppure dovevano vivere entrambi sotto lo stesso tetto; nessuno dei due disse nulla, Sasuke era immobile con la valigia sottobraccio e Madara si limitava a scrutarlo silenzioso; alla fine però, ovviamente infastidito dall’espressione di quel moccioso, il vecchio Uchiha decise di averne abbastanza.

- Andiamo, vieni dentro - esclamò brusco. - C’è una camera in fondo al corridoio, puoi sistemarti lì o dove accidenti ti pare… Basta che non mi ritrovi la tua valigia sul pavimento!

Come Sasuke entrò in quella casa, per un attimo gli sembrò di aver messo piede in una specie di museo: l’ambiente era pieno di vari oggetti, la maggior parte recanti i segni del tempo; le tende erano tirate e c’era un’insopportabile puzza di chiuso, la stessa che aveva fatto tossire Iruka la prima volta che era venuto lì, ciononostante Sasuke sembrava non risentirne affatto; lo sguardo del ragazzo esplorò attentamente ogni angolo, memorizzando la posizione di ogni cosa lì intorno, e solo il rumore della porta alle sue spalle sembrò riscuoterlo.

- La serratura è arrugginita - spiegò Madara con noncuranza. - Vedi di abituarti, come faccio io!

Sasuke non rispose. Madara gli passò accanto senza nemmeno considerarlo e si mise a sedere davanti al tavolo del soggiorno. Per alcuni istanti rimase lì a contemplare il vuoto dopodiché, sentendosi osservato, si voltò verso il corridoio e vide che Sasuke era ancora lì immobile.

- Beh - grugnì infastidito. - Hai intenzione di mettere le radici lì, per caso? Fila, non mi piace essere guardato in quel modo!

Per tutta risposta, Sasuke strinse ancora di più la valigia sotto il braccio e sparì oltre il corridoio.

- Dannato moccioso - mormorò Madara, passandosi una mano sulla fronte. - Che cosa mai da avrà da fissarmi, mi domando?

Madara si sentiva a disagio, lo sguardo del ragazzino gli aveva messo addosso una strana inquietudine, non era più abituato ad avere gente attorno e la cosa lo infastidiva enormemente. Tutto ciò che l’uomo desiderava era starsene in silenzio con i suoi pensieri, fors’anche dimenticare di avere dei pensieri, nient’altro.

- Non avrei dovuto accettare - mormorò. - In malora quel professore e le sue stronzate, non me ne importa niente di quel moccioso, non mi importa niente di nessuno… Nessuno!

 

***

 

Come Sasuke entrò nella piccola stanza, con quel tanfo ancora più penetrante e la mancanza di ossigeno, era impossibile non mettersi a tossire. D’istinto il ragazzo si avvicinò alla finestra per aprirla e far entrare un po’ d’aria fresca.
Fuori tutto era normale: la lunga strada diritta dalla quale era arrivato, le file di case ed abitazioni tutt’attorno, gli alberi disseminati ordinatamente e i cani liberi di scodinzolare tranquilli… Era da tanto che non vedeva più cose del genere, dalla cella d’isolamento dove lo tenevano rinchiuso il più delle volte, ma ai suoi occhi tutto ciò sembrava finto e inutile. Quella che probabilmente per molti era la cosiddetta normalità, Sasuke la vedeva come un modo assurdo e ipocrita di nascondere la realtà; come se quelle case accoglienti, quegli alberi ordinati e quei cani felici servissero a celare l’aspetto più brutto di ogni abitante di quella sciocca comunità di conformisti; per quanto lui ne sapeva infatti, nessun essere umano era in grado di vivere la perfezione e la quiete ( sia celandosi dietro le loro case dipinte e colorate o i loro sorrisi di plastica stampati in volto ). Quello che faceva rabbia a Sasuke era l’assurda pretesa di attribuire un’immagine falsamente pulita a qualcosa di sporco come la maggior parte delle persone. Lui odiava quel modo di fare ( dire una cosa e pensarne invece un’altra ), era ciò che gli aveva tolto completamente la fiducia negli altri e non sopportava quelli che pretendevano di passare per buoni, anche a costo di fingere.
Lasciando la finestra aperta, per far circolare un po’ d’aria fresca, Sasuke appoggiò la valigia sul letto e sistemò le sue cose ordinatamente. Non aveva molto con sé, a parte alcuni vestiti e pochi oggetti personali, ma quel poco che aveva valeva ancor meno per lui. I suoi affetti, le cose più importanti della sua vita, non esistevano più ormai. Suo fratello aveva sterminato la sua stessa famiglia, davanti ai suoi occhi increduli, e niente poteva esprimere il dolore straziante di aver perso tutto… Tutto eccetto la vita, una vita ora priva di qualsiasi gioia e sentimento, e doveva accettare la situazione per ciò che era: era solo, non aveva nessuno accanto, e a nessuno sarebbe più importato nulla di lui. La mente di Sasuke era avvolta da una specie di corazza, una corazza che lo proteggeva dal mondo esterno ( la gente sorrideva per mascherare il proprio dolore, lui no ) e dietro a quel suo sguardo serio, apparentemente privo di qualsiasi emozione, si nascondeva in realtà una profonda sofferenza. Aveva scelto di tenere il suo immenso lutto, malgrado fosse solo un ragazzo, per non dimenticare mai l’orrore che aveva provato quel giorno.

***

 

Nel frattempo Madara, abituato com’era a stare da solo, si era quasi dimenticato del suo giovane ospite. Oltretutto Sasuke era talmente silenzioso che era comunque difficile accorgersi della sua presenza. Il tempo di aggiungere in tavola un secondo coperto e avvertire il ragazzo che la cena era pronta, Madara si sentiva ancora a disagio ma non tanto da confinare Sasuke nella sua stanza per non incrociare il suo sguardo.

- Ragazzino, vieni a mangiare!

Sasuke comparve in sala da pranzo, senza dire una parola, e si fermò davanti alla tavola apparecchiata con lo sguardo fisso verso il padrone di casa. Madara ebbe per un attimo l’impulso di lasciar perdere la zuppa e scaraventargli il mestolo addosso, invece si rassegnò a quello sguardo torvo e indicò la sedia di fronte alla sua.

- Andiamo, mettiti a sedere - esclamò. - Non vorrai mica mangiare in piedi?

Sasuke non batté ciglio e rimase perfettamente immobile. Madara lo osservò stupito, probabilmente chiedendosi che diavolo gli stesse passando per la testa, alla fine però decise che la cosa non era poi così importante: l’accordo prevedeva che gli desse da mangiare e da dormire, indipendentemente dal modo…

- Ecco qua, tieni - disse brusco, allungando un piatto di zuppa davanti al ragazzo. - Senti, se hai fame, mettiti a sedere e mangia… In ogni caso smettila di fissarmi, mi dai fastidio!

Madara sbatté il piatto sul tavolo con violenza ma, dal momento che Sasuke non aveva alcuna reazione, la sua pazienza era praticamente esaurita.

- Basta - urlò. - Ti ho detto di smetterla di fissarmi, hai capito ?!?

In quella il lavello della cucina schizzò improvvisamente un forte getto d’acqua ( probabilmente c’era da stringere un tubo o qualcosa del genere ), tanto che Madara si dimenticò completamente del resto.

- Dannazione - imprecò. - Ci mancava solo questa ora, devo andare a prendere gli attrezzi…

Subito però, dopo essere andato a prendere la cassetta dei ferri nel ripostiglio, si accorse che lo scroscio era cessato. Sasuke aveva chiuso il rubinetto principale dell’acqua ( cosa che, per la cronaca, Madara avrebbe dovuto fare subito ) ed era rimasto pressoché indifferente a contemplare il laghetto sotto i suoi piedi. Come Madara rientrò nella stanza, appoggiando sul tavolo la cassetta, Sasuke agguantò una chiave inglese e, senza dir niente, si limitò a stringere la guarnizione allentata del tubo che perdeva. Madara lo osservò senza credere ai suoi occhi e, non appena questi ebbe finito, si riscosse solo per agguantare lo straccio ed asciugare la pozzanghera che si era formata in cucina. Sasuke rimise a posto l’attrezzo nella cassetta e, come se niente fosse, si mise a sedere e cominciò a mangiare la sua minestra.
Madara era completamente spiazzato, non sapeva neanche cosa dire, quel ragazzino taciturno lo aveva lasciato a bocca aperta per lo stupore. Dal momento però che era stanco e affamato, dopo tutta una giornata, il pensiero di sedersi a tavola e mangiare ebbe la meglio. Entrambi dunque consumarono la cena nel silenzio più totale e senza nemmeno guardarsi in faccia, tuttavia Madara non riusciva a dimenticare che per un istante era stato quasi sul punto di ringraziarlo.

( continua )

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Capitolo 5
*** Capitolo Quarto ***


A partire da quella sera, zio e nipote iniziarono così una strana convivenza.
Entrambi incapaci di relazionare col resto del mondo, tra loro si era come instaurato qualcosa di difficilmente spiegabile: Sasuke non parlava, ma si faceva capire benissimo, mentre Madara parlava quel tanto che era necessario; e col trascorrere dei giorni, man mano che si abituavano alla situazione, tutti e due cominciarono in qualche modo ad accettare la presenza l'uno dell'altro.

***

Come dai termini dell'affidamento, Madara si impegnò per mandare a scuola Sasuke presso lo Tsunade's College. Qui Sasuke era stato assegnato ad una classe differenziale, assieme ad altri ragazzini con problemi, ma fin da subito sembrava fin troppo evidente che non aveva alcuna voglia di stringere amicizie...
L'insegnante incaricato, certo Kakashi Hatake, era un tipo alquanto comprensivo. Di norma era abituato ad avere a che fare con sbalzi di umore e caratteri difficili, come il temperamento focoso del giovane Naruto Uzumaki o la personalità multipla di Sakura Haruno ( la quale sovente si metteva a parlare da sola, spesso con atteggiamento nevrotico e schizofrenico ).
I due allievi e lo stesso Kakashi, nonostante la maschera inespressiva di quel ragazzo così silenzioso, cercarono subito di comunicare in qualche modo col nuovo arrivato.
Specialmente Naruto.

- Ciao - esclamò il biondo piantagrane, offrendo la mano al taciturno nuovo compagno.

Sasuke osservò quella mano con indifferenza, quasi quel gesto di amicizia non significasse nulla per lui, ma Naruto sembrò non farci molto caso perché, di fatto, prese la mano dell'Uchiha e la scrollò energicamente.
Nella classe differenziale tutti avevano una storia difficile alle spalle, né più né meno, e l'essere discriminati dai cosiddetti "normali" faceva nascere una sorta di affiatamento reciproco.
Ma Sasuke era diverso da Naruto, era diverso da chiunque altro.
Nessuno poteva neanche lontanamente immaginare cosa quel ragazzo avesse visto, quale orrore avesse provato, e di conseguenza non poteva trovare alcun punto in comune con lui. L'unica reazione che ebbe Sasuke, non appena Naruto smise di stringerlo, fu semplicemente quella di ignorarlo e di andare a sedersi al suo posto.
Mentre le passava di fianco, Sakura avvertì quasi un brivido di emozione.

- A... Accidenti, che figo - mormorò sottovoce.
- Un così bel ragazzo dev'essere MIO - esclamò invece la sua alter-ego, facendo capolino nella sua testa e instillandole vani pensieri di conquista sentimentale.

Il primo approccio di Sasuke con la sua nuova classe non ebbe alcuna grave conseguenza.
A differenza dell'istituto dove era stato precedentemente, nessuno gli si faceva vicino per prenderlo in giro. Di norma la sua mente rifiutava ogni tipo di relazione con l'esterno, isolandosi da tutto quanto, e ogni brusca interruzione poteva farlo uscire letteralmente dai gangheri... specie se il ragazzo finiva con l'associare le mani di un moccioso arrogante con le rosse mani sporche di sangue di suo fratello Itachi.
Gli unici a mostrare un qualche interesse per lui, a parte la gentile cortesia del maestro Kakashi, sembravano essere quel biondo scocciatore di nome Naruto e la ragazzina dai capelli rosa, seduta tre banchi più avanti, che non smetteva di voltarsi a guardarlo da che aveva preso posto dietro di lei.
Sasuke accettò la situazione con indifferenza, la stessa con cui aveva accettato di trasferirsi a casa di zio Madara, e così rimase zitto e immobile per tutta la durata della lezione.

***

Per i primi giorni, almeno finché non fosse stato constatato un qualche miglioramento, Iruka stesso si offrì di accompagnare il ragazzo durante il tragitto da casa a scuola e viceversa. Come al solito Sasuke non dava segno di voler esprimere alcunché. La sua mente era altrove, persa in chissà quali pensieri, e i suoi occhi fissavano nel vuoto con aria assente.

- Allora - fece Iruka, rivolgendogli un caldo sorriso. - Com'è andato il tuo primo giorno, ti sei ambientato?

Nessuna risposta.

- A giudicare da come quei due ragazzi ti hanno salutato davanti alla scuola, sembrerebbe che tu ti sia fatto subito degli amici... E' una bella cosa, no?

Silenzio.
Iruka sospirò fortemente, evitando di porre altre domande, e poco dopo la macchina raggiunse il vialetto davanti la casa di zio Madara. Sasuke scese, con movimenti quasi meccanici, e scomparve oltre l'uscio senza nemmeno degnare il povero Iruka di uno sguardo. Il professore rimase lì per qualche istante, rivolgendo in silenzio una preghiera per lui, dopodiché mise in moto e si allontanò dall'abitazione senza fretta.

***

Di nuovo l'ora di cena...

Come la sera precedente, Madara e Sasuke si ritrovarono seduti uno di fronte all'altro.
L'altra volta, un po' per la novità e un po' per la difficoltà di accettare la situazione, Madara si era lasciato andare ai propri nervi. Stavolta però, facendo mostra di una calma e lucidità a lungo sopìte, l'ex comico si rese conto di doversi comportare ben diversamente.
In fin dei conti Sasuke gli era stato affidato e, volente o nolente, adesso ne era comunque responsabile.
In passato aveva avuto a che fare con i ragazzi, anche se con tutt'altro spirito e in tutt'altra situazione, ma ciò non lo aiutava certo a penetrare il muro di silenzio di quel ragazzino insofferente.
Per un attimo Madara si morse il labbro, scegliendo con cura le parole da adoperare, ma alla fine decise che non c'era nulla che potesse dire al momento.
Sasuke era un giovane traumatizzato, incapace di comunicare come gli altri, di conseguenza le parole erano inutili.
Grattandosi la nuca nervosamente, riflettendo invece sul fatto che la cena mancava di sale, d'istinto allungò la mano per prendere la saliera e la avvicinò al ragazzo affinché potesse prenderla più comodamente.
Sulle prime Sasuke sembrò ignorare la cosa, lo sguardo imperscrutabile come al solito, poi invece i suoi occhi incontrarono quelli dello zio e le sue labbra si mossero appena.

- Grazie - mormorò.

Madara parve un tantino sorpreso, ma annuì con un lieve cenno del capo, e si rimise a mangiare senza dire una parola.
Ovviamente non poteva sapere che quella era la prima cosa che Sasuke diceva da tre anni a questa parte.

( continua )

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