Fili d'argento

di Zolie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: promessa ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Fili d'argento
Prologo

Jake sentì un rumore improvviso. Afferrò la sua pistola e proseguì. Il vecchio magazzino abbandonato era immerso nel buio, non si vedeva quasi nulla. Jake imprecò mentalmente. Chi l’avrebbe detto che qualche mese prima si sarebbe ritrovato in quella situazione? Era ancora dubbioso sulla missione. Non è che avesse paura, ma solo non gli sembrava giusto tutto quello che stava accadendo. Se fosse stato lui a poter scegliere, non avrebbe certamente fatto la stessa scelta dei suoi superiori.
Un rumore interruppe i suoi pensieri. Jake intravide un’ombra. Che gli piacesse o meno, gli ordini erano ordini. Si mise a correre. Questa volta non si sarebbe fatto seminare di nuovo.

**

L’ombra correva agile nei vari corridoi del magazzino. Arrivò al punto dove aveva lasciato il compagno ferito: uno dei soldati gli aveva sparato, ma per fortuna lo aveva colpito solo di striscio. Tirò fuori dalla sua borsa tnecessariocessario per ricucirgli la ferita. Non che avesse dimestichezza con queste cose, non si era mai ritrovata in una circostanza simile nè aveva pensato che ci si sarebbe trovata, ma di sicuro non lo avrebbe lasciato in quella condizione. Si levò la felpa e la mise, come una coperta, addosso all’amico, che stava tremando. Forse era messo peggio di quanto non avesse pensato. Ma non importava. Così come lui aveva mantenuto la sua promessa, lei avrebbe fatto lo stesso.

**

Il generale Steel avanzava a tentoni nel medesimo magazzino. Un ghigno poco rassicurante gli attraversò per un attimo il volto. La sua missione sarebbe stata portata a termine, non importava quale sarebbe stato il prezzo da pagare. Non aveva bisogno dell’aiuto di nessuno. Nemmeno di quel ragazzo, Jake. Non gli serviva a nulla una persona con un quoziente intellettivo superiore alla media, ma per nulla convinto di quel che faceva. Aveva troppi scrupoli morali, si chiedeva continuamente se quello che faceva era giusto oppure no. Stell neanche lo voleva, glielo avevano, per così dire, appioppato, e lui non aveva potuto rifiutarsi di prenderlo con sè. Certo, aveva potuto protestare, e state certi che l’aveva fatto. Inoltre, quel ragazzo era giovanissimo, aveva compiuto da pochi mesi 18 anni, ed era principalmente un analista. Non aveva avuto nessuna esperienza sul campo prima di allora, ed al generale era toccato il compito di addestrarlo. E non solo a combattere, anche a obbedire a suoi ordini. Ma alla fine lo aveva piegato. Probabilemente il ragazzo continuava a pensare come voleva lui, ma eseguiva tutto ciò che gli veniva detto. Sempre meglio che niente.
Adesso, Steel lo aveva pure perso da qualche parte lì dentro. Sinceramente non gli dispiaceva. Provava una sorta di odio per Jake.
Il generale ritornò a pensare alla sua missione. L’avrebbe realizzata, e assieme a questa, avrebbe anche portato a compimento la sua vendetta.
Non vedeva i due fuggitivi da nessuna parte. Ma lui li avrebbe trovati. L’altra volta era quasi riuscito a prenderli, ma gli erano sfuggiti per pochissimo. Avevano detto che niente li avrebbe ostacolati nel realizzare il loro sogno.
- Un sogno?- pensò Steel sprezzante – Non c’è niente di più stupido.- Lui non aveva avuto che un sogno dopo la morte di Alicia: la vendetta.
Svoltò in un altro corridoio. Scorse due sagome nel buio. Un lampo di felicità gli passò negli occhi. Li aveva trovati, a furia di girare per quell’enorme posto. Il ragazzo era ferito, a giudicare dalla mano che teneva premuta sul fianco. Indossava anche questa volta una felpa, il cappuccio era calato sugli occhi. La ragazza, d’altro canto, aveva il volto scoperto. Era la prima volta che Steel la vedeva senza niente che le nascondesse la faccia.
I capelli biondi e ricci, scendevano lungo la sua schiena, fino all’altezza del bacino. I lineamenti dolci ma allo stesso tempo marcati, suggerivano che potesse avere 16 anni all’incirca. Ma erano gli occhi che colpirono l’attenzione del generale. Non vi si leggeva paura, nè rassegnazione, ma un’aria di sfida.
Steel non era mai stato il tipo da tirarsi indietro. Anche se sperava che i due non si arrendessero spontaneamente, questa sarebbe stata la scelta più logica per loro.
- Cos’è un sogno, in fondo?- disse il generale sottovoce, mentre puntava la sua arma verso la ragazza. – Un’illusione. Nulla di più –


Angolino dell’autrice:
Buongiorno a tutti! Questa è la mia prima storia in assoluto! Spero che vi ispiri almeno un po’. Penso che la svilupperò principalmente su un genere di fantasy e azione, ma avevo intenzione di inserire qualche scena di altri generi (tipo comici e romantici). Nei prossimi capitoli userò un flashback per raccontare come i personaggi si sono ritrovati in questo posto.
Accetto critiche di qualunque genere, specie se possono aiutarmi a migliorare. Il titolo è provvisorio, rimarrà finchè non mi verrà in mente niente di meglio. Però se vi piace potrei anche lasciarlo.
Un immenso grazie a chi deciderà di seguirmi e lascerà una recensione.
Baci,
Zolie

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Capitolo 2
*** Capitolo 1: promessa ***


Buongiorno a tutti! Mi lancio nel primo capitolo... credo che il titolo della prima parte vi faccia capire di che cosa parlerò... buona lettura! Spero vi piaccia!

Parte 1: come tutto cominciò

Capitolo 1: promessa

“I progetti sono promesse che la fantasia fa al cuore; e il cuore non rifiuta mai questi pericolosi regali.” (Jean Louis Vaudoyer)

2 Mesi prima
Omar si allontanò velocemente dalla stazione per evitare i controlli della polizia. Tutto quel casino era incominciato poche settimane prima: gli uomini, non si sapeva bene come, avevano scoperto di non essere gli unici sulla Terra. E la loro reazione non era tardata a venire. Tutti quelli come lui erano stati semplicemente classificati come non-umani, mentre contro di loro era stato mandato l’esercito per catturarli. Per farne che cosa, una volta presi? Non lo si sapeva.
- Che cosa stupida – pensò Omar. Loro, che da sempre si erano nascosti per non turbare l’equilibrio già fragile del mondo, ora cercavano di tornare nell’ombra da dove gli umani tentavano di tirarli fuori per forza. Ma già gli esseri umani erano sempre in guerra, gli uni contro gli altri, allora che cosa sarebbe successo se ci fossero stati in mezzo anche loro?
Inoltre, chi credeva che i non-umani fossero uniti formando un gruppo compatto, si sbagliava di grosso. Loro erano divisi, se così si può dire, in specie, alcune completamente differenti dalle altre; e questo ora non li aiutava. Da quando erano stati scoperti, ognuno pensava a sè, lasciando che gli altri si arrangiassero.

Omar tirò un sospiro di sollievo, ormai si era allontanato abbastanza dal blocco di polizia. Già, lui era un non-umano. Aveva quasi 16 anni, li avrebbe compiuti fra due mesi, a gennaio. I suoi capelli, di un curioso color arancione, legati in una coda lunga fino a metà schiena, erano nascosti sotto il cappuccio della felpa, così come le orecchie a punta. Per voler essere precisi, lui poteva essere paragonato all’idea che gli uomini avevano degli elfi. Come tutti quelli della sua specie, Omar aveva una pelle chiarissima, quasi bianca, invece i suoi occhi erano color ambra.
Per fortuna i militari, si preoccupavano per lo più di identificare gli adulti non-umani, considerati per chissà quale motivo più pericolosi. Gli uomini si erano sbagliati un altra volta: perchè a tutti quelli come lui, era stato insegnato a combattere sin da bambini, anche se molti dopo non ne avevano avuto bisogno. Fino a quel momento. L’unica cosa certa, per Omar, era che lui si sarebbe difeso, se si fosse trovato in necessità.
E molto probabilemnte ci si sarebbe trovato. Si stava dirigendo infatti verso una delle zone più militarizzate in assoluto. E tutto per salvare una delle poche persone a cui tenesse veramente.
Era da ben quattro anni che non la vedeva. L’aveva dovuta lasciare quando si era trasferito e se non era cambiato nulla, le sarebbe servito dell’aiuto per sfuggire ai controlli dei militari: dall’età di sette anni infatti, quando erano morti i suoi genitori, era stata portata in un orfanotrofio, il cui giardino confinava con quello della casa dove abitava allora Omar. Nessuno nell’intero istituto sapeva che lei non era umana, per il fatto che era riuscita a creare, con un incantesimo, una perenne illusione ottica che nascondeva il suo vero aspetto. Era stato suo padre, maestro di magia, a insegnarle questa tecnica e anche lei – riflettè Omar – era sempre stata molto abile in quel campo. In fondo, molti usavano il suo stesso sistema, per poter vivere assieme agli uomini. Ma un illusione prima o poi cadeva, in particolare quando qualcuno capiva che quello che mostravi non era il tuo vero aspetto: si può ingannare la percezione, ma non eliminare dei sospetti dalle menti.
In ogni caso, per quanto ne sapeva Omar, lei non aveva mai svelato il suo segreto se non a lui stesso ed alla sua famiglia.

Prese un pullman. Ormai gli mancavano solo due giorni di viaggio. Senza accorgersene, si addormentò su uno dei sedili.

Novembre. Quattro anni prima. Nevica. È quasi mezzanotte, è tutto buio. Ma lui non ha paura. Passa attraverso un buco nella recinzione raggiungendo il giardino dell’orfanotrofio.
La bambina è già lì. – Omar! – esclama.
Lui le si avvicina. Ha in mano una piccola scatolina e senza dire una parola, gliela da. Se proprio sarà obbligato a non vederla più per chissà quanto tempo, vuole lasciarle un qualcosa che le permetta di non dimenticarlo.
Lui le aveva già spiegato perchè doveva trasferirsi. I suoi genitori dicevano che lì non erano più al sicuro, non hanno altra scelta se non partire e andare lontano. Al ragazzino piange il cuore al pensiero di non poter più vedere quella che era diventata la sua migliore amica.
Nel frattempo, la bambina osserva la scatolina: è davvero graziosa, blu con un fiocchettino rosso. O almeno, le sembra di quel colore, è buio e la piccola torcia non le permette di vedere molto. Dopo un momento di indecisione la apre: contiene una finissima catenina d’argento con un piccolo ciondolo, anch’esso d’argento, a forma di cuore.
- È bellissima! – esclama. Non sa esattamente cosa dire, è da molto tempo che non riceve regali... Lo abbraccia e così non si accorge che lui è diventato tutto rosso in viso.
- Un giorno tornerai? – mormora lei; sono ancora abbracciati.
Trascorre un attimo di silenzio. Omar si slega dall’abbraccio e fissa negli occhi la bambina.
- Questa è una promessa – dice infine – Tornerò a prenderti, Zolie. -



Angolino dell’autrice:
Rieccomi qui! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Un grande ringraziamento a quelli che hanno letto il precedente!
Baci, Zolie

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