La mia vita da Roleplayer

di Hero98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il primo incontro non si scorda mai... ***
Capitolo 2: *** Primi giorni insieme... ***



Capitolo 1
*** Il primo incontro non si scorda mai... ***


E’ stato un’incontro strano ed ero anche molto piccola… Avevo soltanto tre anni e lui ne aveva nove, il triplo.
Era inverno, ero in strada a giocare con la neve con alcuni amichetti dell’asilo, giocavamo a fare pupazzi di neve ed io ero molto entusiasta di quell’idea. Adoravo usare la fantasia e inventarmi cose che gli altri non si sarebbero mai aspettati di vedere o immaginare. Ero lì che modellavo la neve prima in una grande palla poi in una più piccola e alla fine la modellavo nei minimi dettagli. Ecco una bella bocca sorridente, un nasino all’insù e due grandi occhi dolci e rassicuranti. Aveva anche fatto una sciarpa con le foglie degli alberi e usato dei rami per le braccia. Mancavano solo i capelli. Come potevo farli?
Nel frattempo i bambini che giocavano con me si incuriosirono e mi chiesero: “E questo qui, chi sarebbe?” Aspettavo da molto quel momento, spiegare agli altri le mie creazioni era l’obiettivo che mi ponevo ogni giorno. Sorrisi e risposi: “Lui non è un semplice pupazzo di neve. Lui è il MIO pupazzo di neve! Non so ancora come si chiama ma so che con lui ci divertiremo un mondo! E’ un golosone e gli piace scherzare, non vi sta simpatico?” Ah, la fantasia… adoravo quella parola. Fantasia. Senza quella come potevo vivere? Peccato che i bambini non conoscevano il significato di quella parola come molti dopotutto. Vorrei spiegarvelo per evitare incomprensioni. La fantasia è ciò che si ha nel cuore. Ora penserete: “Ah che noia, è arrivata la filosofa che ci vuole dare le dritte su come vivere e spiegarci la cose anche se non è nessuno in realtà!” e condivido pienamente questa reazione. Io non sono nessuno. Ed è per questo che uso la fantasia. La fantasia può permettere anche a un pupazzo di neve di essere qualcuno. E’ così nella mia fantasia posso anche volare, essere imperatrice del mondo, andare alla scoperta dell’universo… insomma posso fare tutto ciò che non si può fare nella realtà. Ma mai la fantasia deve invadere la realtà. Se questo accadesse noi non sapremmo più chi siamo realmente. Io allora non sapevo esattamente chi ero. Sapevo solo di chiamarmi Ilaria e di essere una bambina di tre anni che adora giocare. E basta.
Fu così che fui canzonata da dei bambini: “Ilaria si inventa le cose! Ilaria non sa essere seria! Ilaria non fa ridere!” E mi lasciarono sola fra le lacrime vicino a quello stupido pupazzo di neve senza capelli. Non avevo più amici e la cosa mi rendeva tremendamente triste. Ed ero sola. E come se non bastasse iniziò a nevicare. Avevo freddo quindi mi accoccolai su una panchina lì affianco e mi strinsi le ginocchia tenendo la sciarpa sopra la bocca. I miei occhi erano gonfi e rossi e le guance, rosse anch’esse ma per il freddo, erano rigate dalle lacrime. Ed è così che mi trovò Alfred. In quello stato pietoso da lui definito tenero e coccoloso.
Arrivò sorridendo con un hamburger in mano e si sedette affianco a me sulla panchina gustandoselo. Io mi ero accorta che era arrivato qualcuno perciò alzai la testa e lo osservai. Era veramente buffo. Aveva la faccia paffuta e due grandi occhi azzurri che occupavano la maggior parte del suo viso. I capelli poi… biondi con due ciuffi che facevano da contorno alla faccia e sulla riga spostata leggermente a destra spuntava un ciuffo a forma di virgola. Non so perché ma rimasi molto colpita da quei capelli. Avevo voglia di tirargli quel ciuffetto per sapere com’era fatto, mi incuriosiva molto.
Lui si accorse che lo stavo guardando e mi sorrise. Che bel sorriso, dolce e sereno, proprio come quello del MIO pupazzo di neve. Io non avevo voglia di sorridere, stavo ancora piangendo e avevo freddo. Dopotutto stava nevicando. Ma cosa ci faceva lì un ragazzino di nove anni da solo a mangiare hamburger? Continua a sorridermi e non capivo il perché.
“Cosa fai qui?” mi decisi a chiedere infine, con una voce un po’ rauca e nasale che era smorzata leggermente dai singhiozzi. Dopotutto non avevo ancora smesso di piangere. Lui continuando a sorridere prese un fazzoletto e me lo porse. Poi, dopo che mi asciugai le lacrime e mi soffiai il naso, finalmente mi rispose sempre sorridendo: “Mangio hamburger!” Lo guardai perplessa. Questo l’avevo capito. E credevo lo sapesse anche lui così pensai volesse prendermi in giro.  Sbuffai. Non ero dell’umore giusto per scherzare ma lui continuava a guardarmi sorridendo così decisi di stendere un velo pietoso su ciò che mi aveva detto prima e di riformulare la domanda in modo diverso: “No, intendevo dire come mai sei qui a mangiare hamburger da solo mentre nevica?” Lui mise il dito indice sul mento e restò così per un minuto. Stava pensando. Possibile che non sapesse neanche lui cosa ci faceva lì?
Finalmente parlò: “Uhm… diciamo che mi piace stare all’aria aperta anche con la neve. E poi avevo bisogno di tranquillità!” poi indicò il mio pupazzo di neve. “Quello l’hai fatto tu?” sorrideva e aveva gli occhi che brillavano. Doveva piacergli molto. “Si” risposi “ma non mi piace… è la causa di tutti i miei problemi.” Non sapevo perché ma avevo voglia di confidarmi con quel ragazzino. Mi ispirava fiducia. E poi mi avrebbe fatto bene sfogarmi. Lui sorridendo mi porse un hamburger. Non chiedetemi da dove lo tirò fuori perché non saprei rispondervi. Presi l’hamburger e lo morsi. Era così caldo. E buono. “Sai, mi piace usare la fantasia, avevo inventato quel pupazzo di neve per dargli un’anima e una personalità e per far divertire così i miei amichetti… Ma a quanto pare non hanno apprezzato. E’ un inutile ammasso di neve!” mi accorsi di aver ricominciato a piangere. Lui mi guardò e sorrise. Cosa c’era di divertente? Una persona che piange non mi sembra divertente.
“Sei molto tenera e coccolosa e mi viene voglia di abbracciarti!” questo è tutto ciò che disse un attimo prima di stringermi fra le sue braccia. Ero sorpresa. Perché aveva fatto una cosa del genere? Non ci conoscevamo e di solito non si abbracciano le persone con cui non si ha confidenza. Eppure mi sembrava di conoscerlo da tanto tempo. Quel suo abbraccio era così caldo e confortante. Mi sentivo come dire… protetta. “Perché stai facendo questo?” non riuscii a trattenermi, dovevo chiederglielo. “Te l’ho già detto, perché sei tenera e coccolosa!” sciolse l’abbraccio e andò davanti al MIO pupazzo. “Certo che è davvero bello… peccato solo che non ha i capelli!”
Ero ancora immobilizzata. Dovevo riprendermi da ciò che era appena accaduto.
Ricapitolando ero stata abbandonata ma un ragazzino misterioso era arrivato e si era preso confidenza. Per giunta mi sembrava di conoscerlo da sempre.
Andai anche io vicino al pupazzo e gli diedi un calcio “Non avrei mai dovuto costruirlo!” E stavo per dargliene un altro ma il ragazzino mi fermò. “Non distruggere una cosa che hai creato solo perché non ti ha soddisfatta. Dagli un’altra possibilità, prima di tutto completandolo. Fagli i capelli!” E sorrise per l’ennesima volta. Guardai il MIO pupazzo di neve. Era molto bello per essere stato fatto da una bambina di tre anni. “Non so che taglio di capelli fargli” dissi. Non riuscivo davvero a capire come coprire quella testa bianca. “Pensaci bene e lo capirai! Dopotutto è una tua creazione!” Ci pensai molto. Alla fine mi decisi e iniziai a modellare la neve sopra la testa del MIO pupazzo. Terminato si vedeva un caschetto che gli dava l’aria molto seria. Ma non mi piaceva. Il MIO pupazzo doveva essere allegro non una persona noiosa con un banale caschetto. E fu allora che mi venne un lampo di genio.
Guardai il ragazzino al mio fianco che continuava a sorridere, poi presi un po’ di neve e la modellai sopra il caschetto del pupazzo. Ed ecco qui che si materializzò un ciuffetto a forma di virgola sulla sua testa. Ora si che aveva l’aria simpatica. Sorrisi. Metteva allegria solo a guardarlo. Allora chiesi al ragazzino sorridente: “Come ti chiami?” E lui rispose: “Alfred F. Jones e sono l’eroe!” Lo guardai sbigottita. Lui era un eroe?
“Cos’è un eroe esattamente?” ero molto curiosa della risposta che mi avrebbe rifilato. “Be’, un eroe è una persona che aiuta le persone in difficoltà e cerca di proteggere le persone care.” Quella risposta mi piacque tantissimo. Lo guardai con ammirazione. Era solo un ragazzino di nove anni.
“Io sono Ilaria.” Affermai con sicurezza. Finalmente avevo capito chi ero veramente. Ero, e sono tutt’ora, Ilaria, non una ragazza qualunque, non un’Ilaria qualunque. Sono Ilaria, la player di Al.
 
A proposito lo sapete che fine ha fatto il pupazzo di neve? Ha vinto un concorso per il più bel pupazzo di neve della città ed è stato esposto in un museo cittadino. Ebbene si, quello è il MIO, e ripeto MIO, pupazzo di neve. MIO e di nessun altro.

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Capitolo 2
*** Primi giorni insieme... ***


Da quel giorno andai a vivere con Al. Lui viveva, e vive tutt’ora, in un appartamento all’ultimo piano di un palazzo. Per essere più precisi al tredicesimo piano. Ha scelto quell’appartamento perché rappresentava il numero delle prime colonie inglesi in America. Ingegnoso. Era, ed è tutt’ora, uno splendido appartamento. Grande e lussuoso che però mette allegria e fa sentire le persone che lo visitano a proprio agio. Un appartamento perfetto direi. Un bagno grande e spazioso con una doccia e una vasca, una camera da letto luminosa ed accogliente con due scrivanie, quattro armadi e un letto a castello molto ampio, una cucina moderna con tutte le tecnologie immaginabili, una sala da pranzo con al centro un enorme tavolo e un soggiorno con lunghi divani in pelle e una TV a plasma a 50 pollici posizionata davanti ad essi.
Quando arrivai per la prima volta a casa sua era ormai sera. “Cosa ti andrebbe di mangiare per cena? Ti vanno bene gli hamburger?” mi chiese Al.
Ne aveva mangiato uno poco prima, possibile che ne volesse altri? “Si va bene…” risposi sorridendo. Dopotutto gli hamburger erano buoni. Infatti me li gustai insieme ad Al. Lui sorrise per tutta la serata. Alle dieci decidemmo di andare a letto.
Quando entrai per la prima volta nella camera da letto rimasi a bocca aperta. Era stupenda. La carta da parati era a strisce rosse e bianche, il soffitto era blu con disegnate tante stelle bianche e il pavimento era di moquette blu. Quattro grandi armadi erano poggiati su una parete e alla parte opposta c’era il letto a castello con affianco un’enorme finestra. Certo che i letti del letto a castello erano esageratamente grandi, ci andavano due persone in uno solo. Io non lo notai subito. Lo notai solo dopo che mi ero messa in pigiama e stesa sul mio letto, quello di sotto. Non riuscii ad addormentarmi subito, non ero abituata a quel letto. La stanza era buia e non si sentiva nessun rumore tranne il respiro lieve e silenzioso di Al che dormiva sul letto di sopra. Io ero raggomitolata sotto le coperte e guardavo il muro. Era molto lontano da me. Il letto era larghissimo. Allungai un braccio tentando di toccarlo ma non riuscii a raggiungerlo. Dopo un po’ chiusi gli occhi e mi addormentai. Per poco però. Infatti a mezzanotte ero di nuovo sveglia.
Quando aprii gli occhi non capii bene dove mi trovato ma poi girando la testa e volgendo lo sguardo alla stanza mi ricordai di essere a casa di Al, da quel giorno anche la mia casa. Non riuscivo a prendere sonno quindi mi alzai e mi affacciai alla finestra. Era notte fonda ma la luna piena illuminava tutto tanto che sembrava che il sole fosse già sorto. Non si sentiva niente, le strade erano troppo lontane, trovandosi l’appartamento al tredicesimo piano. Mi voltai e sentii il lieve respiro di Al. Salii quattro gradini della scala affianco al letto a castello e lo guardai mentre dormiva. Era veramente carino: capelli color grano e occhi azzurro cielo. Mentre dormiva poi aveva un’espressione così calma e rilassata che metteva tenerezza quindi non potei fare a meno di sorridere. Lo continuai a guardare per qualche minuto poi decisi che forse era meglio andare a dormire. Tornai nel mio letto raggomitolandomi di nuovo sotto le coperte e chiusi gli occhi riaddormentandomi.
Mi risvegliai ancora una volta alle quattro. Dopo aver provato più volte a riaddormentarmi mi alzai e mi affacciai alla finestra. Stesso risultato di prima. Tornai a guardare Al mentre dormiva. Mi tranquillizzava. Provai a toccargli la guancia con l’indice, era morbidissima. Allora sorrisi e tornai a letto per riaddormentarmi di nuovo. Questa volta per l’ultima volta. Infatti mi svegliai alle nove quando il sole era ormai sorto e non potevo più riaddormentarmi.
Rimasi a letto per un po’, sentivo dei rumori provenire dall’altra stanza. Mi alzai e salii i soliti quattro gradini per vedere il letto di Al. Era vuoto quindi dedussi che si fosse già svegliato. Andai in cucina e lo trovai alle prese con i fornelli.
Mi avvicinai a lui e gli chiesi: “Cosa cucini di buono?” Lui si girò, in un primo momento mi guardò con aria sorpresa poi sorrise e mi rispose: “Ben svegliata! Sto preparando delle frittelle per colazione!” si rigirò e fece saltare due frittelle sulla padella. Lo guardai sorridendo senza avvicinarmi troppo per non dargli fastidio. Quando finì di cucinare le frittelle le mise in due piatti e le posò sul tavolo in sala da pranzo, poi tornò in cucina e prese una caffettiera dai fornelli e ne versò il contenuto in due tazze per poi portarle in sala da pranzo. Allora si sedette e mi fece segno con la mano di accomodarmi al posto affianco al suo. Io ubbidii e iniziai a mangiare la mia frittella. “E’ deliziosa!” commentai sorridendo. Lui mi sorrise e continuò a mangiare la sua. Dopo che ebbi finito sbirciai dentro la mia tazza e notai che dentro c’era cioccolata calda. Allora la bevvi e ringraziai Al: “Era tutto squisito! Ti ringrazio molto!” Lui mi sorrise e mi abbracciò. “Sei così tenera e coccolosa!” diceva sempre la stessa cosa, ma non mi dispiaceva. Adoravo abbracciarlo.
Era divertente vivere con Al, ogni giorno trovava qualcosa di nuovo da fare: un giorno guardammo un film, un altro giocammo ai pirati, un altro al principe e alla principessa, un altro ancora provammo alcuni giochi di società… Non ci annoiavamo mai.
Le prime notti andarono più o meno come la prima, ma man mano che passava il tempo mi abituai e mi svegliai sempre di meno nel cuore della notte finché riuscii a dormire tranquillamente tutta la notte.
I primi giorni che passammo insieme furono quelli dopo Capodanno, durante le vacanze invernali. Naturalmente le vacanze finiscono, non durano in eterno. E quei giorni passarono davvero in fretta. Arrivò il giorno in cui dovetti tornare all’asilo, o più precisamente alla scuola materna. La sera prima mentre guardavamo la TV in soggiorno sdraiati sul divano, Al mi disse sorridendo: “Domani ricomincia l’asilo! Apre alle 8 e mezza vero?” Io lo guardai storto, me ne ero quasi dimenticata e comunque non volevo tornare in quel posto orribile. “Si ma non voglio andarci.” Risposi distogliendo lo sguardo e portandolo alla TV, stavano dando un documentario sugli animali che vivono ai Poli e mi sembrava piuttosto interessante. Al si avvicinò a me e mi posò la testa sulla spalla. Io continuai a guardare la TV ignorando quel gesto, non era la prima volta che lo faceva. A me non dispiaceva di certo ma in quel caso sapevo che aveva un motivo ben preciso. Infatti poco dopo mi chiese: “Perché non vuoi andarci?” Io rimasi in silenzio, non volevo rispondergli, lui lo capì e spense la TV. Io mi girai verso di lui e lo guardai male. “Non voglio andarci e basta.” Risposi infastidita e feci per alzarmi. Lui però mi prese la mano e mi costrinse a rimanere seduta. Mi girò verso di lui per la spalla e mi guardò dritta negli occhi. Io lo guardai, aveva degli occhi bellissimi azzurro cielo, profondi e penetranti. Impossibile resistergli. Allora abbassai lo sguardo e vuotai il sacco: “Non ho amici all’asilo e non sto neanche tanto simpatica alle maestre… che senso ha andarci?” Lui sorrise e mi abbracciò. “Ma devi andarci lo stesso… Così farai vedere loro come sei forte e chissà che non cambino idea nei tuoi confronti” cercò di convincermi senza molti risultati. Non volevo saperne, sapevo che mi sarei annoiata, volevo stare con Al. Solo con lui mi divertivo, solo lui mi capiva, solo e soltanto lui.
Andammo a dormire. Quella notte mi svegliai una sola volta alle tre e mi affacciai alla finestra. Non riuscivo a vedere il cielo, era coperto. “Niente stelle…” mormorai senza accorgermene. “Le puoi vedere benissimo anche in questa stanza.” Mi girai di scatto e dietro di me trovai Al che mi sorrideva. Era sveglio anche lui e si stropicciò un occhio sbadigliando. “Vieni sul mio letto.” Mi prese per mano e mi fece salire i sette scalini della scala affianco al letto a castello per raggiungere il suo. Mi sdraiai vicino al muro e lui affianco a me. Era la prima volta che dormivamo insieme. Lui si girò verso di me e mi sorrise accarezzandomi i capelli con la mano. Anche io gli sorrisi. Ma non capivo cosa intendesse prima. Si vedevano le stelle?
Mi misi sdraiata sulla schiena e guardai il soffitto. Il soffitto blu con tante stelle luminose disegnate sopra. Ecco cosa intendeva. Mi voltai verso di lui ma si era già addormentato. Allora tornai a guardare il soffitto e contai le stelle. Una, due, tre quattro e così via fino a cinquanta. Cinquanta stelle. Mi venne da ridere ma cercai di trattenermi per non svegliare Al. Non era di certo una coincidenza. Quanto può essere geniale quel ragazzino? Mi rigirai verso di lui e gli accarezzai la guancia con la mia manina morbida e paffuta. Poi mi addormentai tenendolo per mano.
La mattina seguente fu lui a svegliarmi con il solito sorriso stampato sul viso. “E’ ora di alzarsi dormigliona, devi andare all’asilo!” Non mi piacque molto quella frase infatti sbuffai e mi girai dall’altra parte. “E dai Ilaria! Non fare i capricci!” disse smuovendomi un po’. Io mi rigirai verso di lui e gli chiesi: “Vieni anche tu?” Lui sgranò gli occhi, non si aspettava una domanda del genere. “B-but… non posso, io sono troppo grande!” Misi il broncio. Senza di lui non sarebbe stato divertente andare all’asilo. “Dai, ti prometto che all’uscita ci facciamo una lunga passeggiata!” sorrise e mi premette leggermente il naso con l’indice. Io sorrisi. “E va bene…” L’importante era stare con lui.



// Bè... era tanto che non aggiornavo questa storia e mi è dispiaciuto. Questo capitolo l'avevo già pronto l'ho solo riadattato. Mi dispiace solo che la bimba sembra più grande per avere tre anni xD
In ogni caso ho risistemato la grafica di tutte le altre mie storie pubblicate ora che finalmente ho capito come funziona! Spero vi piaccia!

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