Ain't no mountain high enough di KatiePeanut88 (/viewuser.php?uid=118098)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II. ***
Capitolo 3: *** Capitolo III. ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV. ***
Capitolo 5: *** Capitolo V. ***
Capitolo 1 *** Capitolo I ***
>
2
mesi o giù di lì.
Per
la detective erano stati lunghissimi.
Sessanta giorni che erano
sembrati sessant’ anni.
Non
riuscire a muoversi per quasi un mese
era stato inconcepibile per lei, sempre così attiva e
dinamica..
Straordinaria, a quanto dicevano i medici, era la sua
capacità di
ripresa. Beckett, in tutto il piano della rianimazione dell’
ospedale, era definita con diversi nomignoli: "La donna
d’acciaio",
"Wonder Woman", "Speedy Gonzales", "Elastic Girl".
Kate,
ad ogni
affermazione dei dottori, roteava gli occhi come solo lei sapeva
fare, abbozzava un sorriso e fissava la finestra. Avrebbe davvero
voluto uscire di lì. Era terribilmente snervante non poter
respirare
aria diversa, non riuscire a fare le cose che lei normalmente
reputava banali. Nulla era semplice, persino le cose più
comuni, nel
suo stato, le diventavano estremamente pesanti e difficili.
La
sua regola, quella che si era posta dopo tutto quello che le era
successo, era: Non ti
arrendere, persisti nel tuo obiettivo. E Kate
era cocciuta. Continuava a dire alle infermiere che poteva pettinarsi
da sola, oppure che avrebbe mangiato da sola la gelatina di frutta.
Oramai le attività più insolite erano queste
comprese la lettura
dei giornali o lo zapping con il telecomando. L'importante era tenere
la mente occupata.
Katherine
Beckett non voleva l’aiuto di nessuno. Solitaria e tenace non
lasciava trasparire una smorfia di dolore davanti a suo padre, non si
lasciava sfuggire un gemito di sofferenza in presenza dei suoi amici.
Ad
un occhio sensibile
questi erano tutti segnali di quanto lei
soffrisse e di quanto non volesse far preoccupare i suoi cari.
A
quell’occhio
attento si spezzava il cuore nel vederla così
fragile
ma coraggiosa nel voler apparire ancora la Kate Beckett che tutti
conoscevano.
Allo
stesso occhio premuroso,
quella donna in quel lettino non emanava
forza quanto tenerezza.
Sì,
perché Kate, così esile, così
impaurita, non lo era mai stata.
“
Sto
bene, quante volte ve lo
devo dire?” ripeteva come un mantra.
Continuare
a dire quella frase forse avrebbe potuto convincere gli altri. E per
adesso le bastava.
Non
voleva essere più un problema.
Desiderava
essere trasparente. Tratteneva il respiro in presenza dei ragazzi per
non fare troppo rumore. Si
faceva piccola piccola in quella barella per cercare di non dare
fastidio, si sentiva ingombrante.
La
sua capacità di dividere in scomparti razionali le sue
emozioni era
incredibile. Da una parte il lavoro, dall’altra le risate, da
una
parte la serietà professionale, dall’altra la
famiglia. Da un lato
il bianco, dall’altro il nero. Da una parte il giusto,
dall’altra
lo sbagliato. Per lei, era così..
Non
aveva ancora trovato qualcuno che le facesse vedere quante sfumature
si stava perdendo nel suo viaggio.
No,
in verità aveva incontrato quel qualcuno: semplicemente lei
si
limitava a due possibilità, non aveva bisogno di
distrazioni. Doveva
recuperare le sue forze fisiche. Come se poi il vero problema fosse
il suo corpo.
Si
sentiva soffocare. Più cercava di rimanere impassibile a
tutto
quello che stava vivendo più si sentiva avvampare quando
pensava a
quel maledetto giorno.
Tutto
ricominciava all’infinito.
Il
calore del proiettile dentro di lei, l’odore acre del suo
stesso
sangue. Nelle orecchie quelle parole. Quel fruscio di sentimenti
sussurrati ma che rimbombano nel suo cuore come se fossero stati
urlati a squarciagola.
Deve
essere distaccata. Deve impedire all’unica persona che ha
quel
potere, di farle calare le barriere che con fatica si è
costruita in
tutto questo tempo. Non è aridità
d’animo.
Semplicemente
è sopravvivenza.
***
*** ***
Tre
settimane dopo la dimissione dall’ospedale tutto era sfocato.
Kate
cercava disperatamente di mettere tutto in ordine. Nella valigia,
nell’armadietto, persino sul bancone
dell’accettazione mentre
stava firmando i fogli del rilascio. Impilava le cartelle secondo un
ordine di grandezza che si era prestabilita.
Almeno così, ad un
occhio scrupoloso,
sembrava.
I
ragazzi avevano accompagnato Lanie e
la detective a casa di quest’ultima . Dopo averle aiutate con
i
bagagli le salutarono dal finestrino
della macchina.
“Chiamateci,
per qualsiasi cosa…” disse Ryan con uno sguardo
preoccupato
“Basta
un fischio e arriviamo a sirene spiegate..” Esposito
rincarò la
dose.
”Sì,
chi sei? Flash.. Tranquilli, ce la caveremo alla grande vero baby? Ah
no aspetta, forse Javi potresti andare a comprarci della Vodka, credo
che avremmo bisogno di Vodka e di altri super-al…”
il discorso
di Lanie, mentre gli occhi del suo ragazzo stavano uscendo
letteralmente dalle orbite, finì bruscamente.
“Ciao
Esposito, ciao Ryan. Vi chiamo domani mattina! Va tutto bene! Non
preoccupatevi .” Cominciava a diventare un ritornello questa
frase.
Le
due amiche si incamminarono verso l’ingresso del palazzo.
Kate fece
strada verso l’ascensore e si affrettò a premere
il pulsante di
chiamata.
“Mi
sento in colpa. Non dovresti stare con me. Non ho bisogno della baby
sitter Lanie. Mi basta che mi aiuti un attimo a portare la valigia e
i sacchetti, e poi puoi tornare da Esposito. Davvero…! Io
sto
bene..” Ecco, ancora quella vocina che le diceva
“Statemi
lontano” Le porte dell’ascensore si aprirono.
“Ma
cosa ti viene in mente ora?? Lo sai quando è
l’ultima volta che
siamo state insieme io e te per una vera serata tra donne?”
“Mmmmm”
“Ecco,
appunto!” incalzò la Parrish.
“Lanie,
io non voglio......”
“......Essere
un disturbo! Sì, me lo hai ripetuto circa 36 volte in
macchina!
Francamente qui chi mi disturba non sei tu tesoro! Hai visto come ci
ha squadrate quello lì….?”
“Chi?”
chiese Kate.
“Quello
lì, vicino al corridoio. Alto, jeans scuri, senza
maglietta.”
“Senza
maglietta??” La voce della detective salì di
qualche tono.
“Particolare
che ho notato, già, già ” concluse
Lanie facendole l'occhiolino.
“Ah,
è il vicino del secondo piano.”disse Kate atona
dopo aver capito a chi si stava riferendo la sua amica. .
“Ah
ah, allora l’hai visto pure tu! Pensavo fosse una
visione.”
“Lanie!!”
“Sono
solo una buona osservatrice! Oltre a sapere che ha degli addominali
fantastici, sappiamo anche il suo nome?”
“No.
La smetti?"chiese Beckett sbuffando.
“No,
hai ragione. Che cosa ce ne importa del nome.. Non andiamo su queste
sottigliezze noi…”
“Ora
potresti per cortesia farla finita?” Kate sapeva del
grandioso modo
che aveva Lanie per riempire i silenzi e cambiare argomento. Ma
questo soggetto la infastidiva leggermente ora.
“Mmmmm,
certo, tu lo puoi vedere tutti i giorni!”
“Oh
ma sentila!!”
Lanie
sorrise. Un po’ di tensione se ne era andata.
Le
porte dell’ascensore si aprirono nuovamente al piano di
Beckett.
Eccoci
arrivate.
Il
cuore le batteva fortissimo. Aveva paura. Aveva il terrore di trovare
qualcosa di diverso.
Kate
continuava a fissare la porta del suo appartamento.
“Ehm,
dolcezza, io sto tenendo un sacchetto della spesa e la tua valigia.
Capisco che tu abbia bisogno di due minuti per riprenderti ma non
possiamo farlo dentro casa, così io mi sgravo di tutti
questi pesi?”
In
men che non si dica Beckett estrasse la chiave dalla giacca, la
infilò nella toppa della serratura e la girò.
Aprì la porta, forse
troppo piano. Lanie sfiorò la spalla contusa di Kate e diede
uno
spintone alla porta per aprirla totalmente.
La
detective si aggirò nell’ingresso, guardandolo
come se fossero anni
che non lo vedeva.
“C’è
un profumo diverso. Lo senti?” chiese Beckett alla sua amica.
“No,
non saprei...” Lanie cominciò ad annusare
l’aria in modo un po’
troppo eclatante “ No, nessuno strano odore.”
“Tu
dici? Questo è gelsomino? Io non uso il gelsomino. Mai usato
né per
deodorare ambienti, né per pulire pavimenti. E comunque
è da quasi
un mese che non metto piede qui ed è tutto pulitissimo, e
sembra di stare
in una serra?”
“Ah,
sì.. Forse sono stati dei vandali… Mentre
passavano sono rimasti
scioccati dal tuo arredamento cheap
and chic ed hanno pensato di
venirti incontro dandoti una spolverata un po’ qui e un
po’ là!
Che gentil uomini questi ladri newyorkesi, eh?!” mentre le
usciva
questa frase dalla bocca, Lanie avrebbe voluto strangolarsi.
“Lanie!!”
“Non
è colpa mia…” Questa discussione non
avrebbe avuto risvolti
positivi, pensò. “ Io gli ho detto che non ti
avrebbe fatto
piacere, che l’avresti presa come un’ invasione
della tua privacy…
Gliel’ho ripetuto un sacco di volte ma è testardo.
No aspetta,
testardo non è l’aggettivo che volevo usare..
Quello che volevo
invece è in….”
“In..credibilmente
ottuso! Secondo te è sordo? No perché quando gli
hai specificato in
10 lingue diverse che non lo volevo tra i piedi, credi non ti abbia
sentito?” Era furiosa.
“Come
hai fatto a capire di chi stavo parlando?”
Silenzio.
No, in verità la stava incenerendo con gli occhi.
“Tesoro,
non mi ha detto : Sai, ho l’intenzione di entrare in casa di
Beckett e di fracassare tutto quello che trovo a portata di mano. Mi
impresteresti le chiavi di casa sua? Oppure:
Lanie potresti darmi le chiavi dell’appartamento di Beckett,
vorrei
farle una sorpresa, vorrei dare fuoco ad ogni cosa così
quando torna
trova un cumulo di cenere ad aspettarla a braccia
aperte…!”
Riprese
fiato, ora stava agitando le mani in aria.. e quando Lanie Parrish
iniziava a farlo non era un buon segno…poi
continuò: “ Mi ha
detto: Lanie, ho pensato che forse potremmo dare una ripulita
all’appartamento di Kate..Togliere la polvere e lavare magari
il
bagno? La cucina, ecco potremmo riempire il
frigorifero…” Questo
mi ha detto. Non mi ha minacciato con un coltello, non mi è
sembrato
armato di cattive intenzioni Kate! Si è semplicemente
offerto di
farmi un favore, di farti un favore. Tutto qui. Però se ti
dà
fastidio ora chiamo il vicino del secondo piano, che mi sembra ci
abbia squadrate troppo nell’ascensore, gli chiedo se mi
impresta un
po’ della sua polvere ed un po’ della sua
immondizia. Tu mi aiuti
a sporcare di nuovo i pavimenti, io svuoto di nuovo il frigo. E siamo
a posto. Partiamo da zero. Ti va? Gli vado a citofonare?” il
tono
dell’arringa della dottoressa calò.
La
detective rimase immobile. In silenzio. Al centro dell’
ingresso.
Non
fece né un passo avanti, né un passo indietro.
Lì ferma. In
bilico.
“
Allora
…? Ci sei …?” la
risvegliò la patologa.
“No,
lascia stare...”
“Ah,
peccato… Pensavo quasi di averti convinta. Ci saremmo
divertite!
Almeno,
io con il tuo vicino, mi sarei divertita…”
“Lanie??!!
Ti prego! L’ultima volta che ho controllato avevi una storia
con un
mio collega ? Giusto?”
“Mmm,”
sbuffa “ sì detective, confermo la sua
supposizione. Mi rilascia
ora o sono in arresto per 'Battutetroppopromisque'?”
“Divertente,
davvero…” Beckett abbozzò un mezzo
sorriso.
“Ohi
dolcezza, quello l’ho visto. Era un quarto di un sorriso di
quella
ragazza che conoscevo. Hai presente? Quella
brunetta…”
“Sì,
va beneeee, hai reso l’idea…” La
detective cominciò ad
occupare più spazio nel piccolo appartamento. Si tolse con
delicatezza la giacca. Lo sgomento iniziale lasciò spazio ad
una
sorta di miscuglio di emozioni che prontamente vennero tutte
accorpate nell’insieme ‘Sentimenti’.
Chiusi. Sigillati.
Si
girò verso l’amica “Che dici se me ne
vado un secondo in camera,
così disfo la borsa, mi metto qualcosa di comodo e poi ti do
una
mano?”
“Vai
pure tesoro, non devi chiedermi il permesso…Tu puoi fare
tutto
quello che ti senti.. Basta che rimani obiettiva e riconosci i tuoi
limiti. Non fare troppi sforzi, e se hai bisogno di me, caccia un
urlo…”
“Lanie,
non devo correre la maratona. Ed ho disdetto i salti con
l’asta
proprio poco fa. Per cui stai serena!”
“
Oh,
meglio per me allora..” E
si guardarono. La dottoressa strizzò l’occhio a
Kate. Per un
secondo tutto sembrò tornato come era prima.
La
detective con il sorriso. Lanie che fa qualche battutina per tirarle
su il morale.
Entrata
in camera sua, Kate si sentì rigenerata e protetta da quelle
quattro
mura che tenevano al sicuro anche il suo cuore.
Tutto
era in ordine, almeno lì. I cuscini avorio erano al centro
esatto
del letto. Il copriletto color lavanda non aveva una grinza. La
lampada era sul lato sinistro del comodino.
Tutto
era perfettamente a posto.
Sì,
tutto era decisamente troppo in ordine.
Si
voltò per cercare il portagioie dei suoi genitori, sul
casettone
e...
Cantuccio mio:
Eccoci qui.
Allora.......
Questa storia nacque in
una notte buia e tempestosa di tanti anni orsono... no,
scherzi a parte ( o apparte?), l'ho scritta a giugno. Poi per traversie
varie non l'ho postata prima.
Saranno più
capitoli questa volta, e aggiornerò una volta alla settimana.
La narrazione prende
l'avvio dall'inizio della 4 stagione quindi ci sono possibili spoiler.
io per coerenza ho segnato dall'inizio spoiler
generali.
Grazie come sempre a
tutte voi che leggete, a tutte voi che recensite, a tutte voi che mi
inserite negli autori preferiti, nelle sotrie ricordate seguite e
preferite. Grazie.
Un grazie al mio
monolocale. Che te lo dico a fa'? Grazie, sempre.
Grazie a tersicore150187
per tutti gli incoraggiamenti, le note e le pressioni psicologiche ;)
GRAZIE a tutte coloro
che stanno dall'altra parte del muro.
A presto..
RM :)
PS: dal prossimo
capitolo cambierò il mio nickname che diventerà KatiePeanut88.
|
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Capitolo 2 *** Capitolo II. ***
ra
"Si
ama solo ciò che non si possiede del tutto. M. Proust"
***Flash
back.***
“Tu
forse non hai capito, hai frainteso, e comunque questo non è
né il
luogo né il momen.....”
“Io
avrei frainteso Castle? Sentiamo...prima mi dici che non sono mai
presente nella vita di Kate, poi che adesso sono ansioso ma quando
c'è davvero bisogno di me io non sono con lei.”
“Io
non ho detto....possiamo spostarci....”
“Oh
sì Castle, tu hai proprio detto questo! Sai che io sono un
medico?!
E che se non sono venuto alla funzione di quel Capitano era
perché
stavo lavorando? Stavo salvando delle vite, io! Hai presente?? Credi
che se avessi potuto non sarei stato vicino alla donna che
amo?”
Una
fitta.
“Esatto”
pensò Rick. Il problema non si poneva. Josh non era con Kate
quando
quel maledetto proiettile le si era conficcato nel petto. Josh non
c'era. Rick sì. Era Rick che la guardava mentre le si
chiudevano gli occhi stancamente. Josh non c'era. Era una semplice
constatazione.
“Ho
solo detto che sicuramente avresti potuto aiutare, e che se ci fossi
stato sapresti cosa è successo, senza chiedere 10 versioni
diverse
ad ognuno di noi e senza indagare sul lavoro dei paramedici che sono
stati davvero veloci:: se non ci fossero stati loro...” le
parole si
fermarono.
Ogni
volta Rick riviveva tutto, all'infinito.
Erano
notti che non riusciva a chiudere occhio. Il peso del corpo di Kate,
il suono che fece mentre cadeva a terra. Il suo respiro che si
affievoliva pian piano.
E
lui che le sussurava quelle parole, come se solo quelle potessero
bastarle per tornare da lui.
Un
brivido gli percorse la schiena. Le mani gli tremarono.
Josh
lo guardò. Era come se i pensieri di Castle fossero
proiettati su un
maxi-schermo nel corridoio dell'ospedale.
“Ho
provato a salvarla, ma...”
“Sei
arrivato tardi Castle. Io l'ho salvata. Io l'ho operata. Visto,
è
finito tutto come doveva finire! Non trovi? Il fidanzato che salva la
sua ragazza in sala operatoria. Magari potrebbero farci un servizio
alla televisione,
sarebbe una buona pubblicità per l'ospedale!”
disse ironico il dottore.
“Ma
cosa stai...?” la rabbia di Rick era aumentata alle stelle.
“Sto
solo dicendo che ho rimediato io a tutto. Ho risolto io “il
caso “
mentre con l’indice e il medio di entrambe le mani
apostrofava
l’ultima parola
Rick
non rispose. Guardò Josh negli occhi, senza proferire
parola.
“Ah,
ecco! È questo il problema? Il tuo problema, Mister Egoismo,
è che IO ho salvato la vita di
Kate, e tu no. Tranquillo Cowboy, anche se oggi non sei tu l'eroe del
giorno, non preoccuparti, non appena si sveglia le dico che le hai
tenuto la mano in ambulanza per tutto il tragit....”
Un
tonfo spesso. Uno schiocco. Come quando un secchio pieno d'acqua si
rovescia.
Fu
tutto velocissimo.
Un
dolore lancinante si irradiò dal polso al braccio dello
scrittore.
Josh
si voltò massaggiandosi la guancia.
"Ma
porca .. ma c'ha la mascella di piombo?"
Fu il primo pensiero di Castle.
Il
secondo pensiero fu invece "Non
ci vedo niente, ho la testa che mi scoppia."
Josh gli aveva sferrato un pugno in un occhio, aprendogli il
sopracciglio sinistro.
“Stai
lontano da lei, non è di tua
proprietà!” gli urlò il medico.
“Kate
non è di proprietà di nessuno,
imbecille!”
Un
altro pugno. Non riusciva a capire dove. Tutto gli faceva male tranne
il piede destro. Forse era stato proprio il piede destro ad essere
colpito. Boh, non era importante.
“Cosa,
ti da fastidio che tu non possa possederla,
dottore?”
“Castle,
finiscila o ti sbriciolo...!”
Esposito
e Ryan arrivarono attirati più che altro dal volume della
discussione in atto.
Dopo
aver separato i due pugili improvvisati, Espo si voltò verso
all'amico “Ecco Kev, ti avevo detto che non dovevamo
lasciarlo da
solo!”
“Non
era da solo, ci sarebbe dovuta essere Lanie con lui!”rispose
l'irlandese.
“Dai
avanti, colpiscimi, fai vedere ai tuoi amichetti quanto sei uomo,
così poi potrai andare da Kate e dirle....” Josh
stava incitando Rick alla rissa.
“Ok,
adesso basta. Calmatevi tutti e due. Siete entrambi nervosi, tutti
quanti lo siamo. Ma comportarsi come dei bambini non
risolverà le
cose. “ Esposito guardò Castle e gli
sussurrò “Yo bro, ti ha
conciato male!” Rick non rispose.
Ryan
allontanò Josh, che si incamminò dall'altra parte
del corridoio.
“Non
è niente.” rispose Rick, continuando a toccarsi la
parte lacerata.
“Voi state qui con Kate, nel caso in cui si svegli. Se
succede
qualcosa, chiamatemi ok? Io vado a cercare un'infermiera.”
“Tranquillo,
c'è Lanie insieme a lei. Dai che ti accompagno.”
Gli disse di
rimando Ryan
“No,
ragazzi, sto bene. Ho bisogno di stare un attimo da solo. Ci
ritroviamo tra un paio d'ore! Ok?”
“Vai
tranquillo Castle, la teniamo sotto controllo noi. Ora vatti a
sistemare che se Beckett ti vede così, ti sfascia l'altro
occhio! ”
Già,
Kate non avrebbe dovuto sapere di questo sgradevole siparietto.
Kate...Quanto è che non pensava a lei? 10 minuti? Ecco,
erano
bastati per fare un gran bel casino!
Doveva
ricordare a Beckett che davvero lui non era Chuck Norris. Il dolore
al polso era pulsante e continuo. Si incamminò in uno dei
cento
corridoi di quell'ospedale che oramai cominciava a conoscere a
memoria. Si affacciò all'infermeria:
“Salve,
buongiorno, mi servirebbe che qualcuno mi rimetta a
posto.....” il
cuore, pensò.
Nella
camera di Kate, Lanie si era parata dalla porta, come per attutire
tutti i suoni che provenivano dall'esterno.
La
donna sul lettino era sotto shock. Aveva sentito tutto. Dai commenti
sprezzanti di Josh ai tonfi dei colpi.
“Tesoro,
esco un secondo, vado a vedere cosa sta succedendo...”
“Non
voglio che si avvicinino più a me. Non voglio vederli,
né sentirli
mai più. Hai capito Lanie?”
Le parole che aveva
sentito le avevano fatto più male di cento pugni.
***fine
flash back
Cantuccio mio:
Buona sera atutte quante!
Ecco il secondo capitolo di questa
storia...
Non c'è molto da dire: questo
flashback mi serve per far capire che sta succedendo ...
Un grazie al mio monolocale, che anche se in
minifont è riuscita a trovare un modo per leggere, grazie.
Un grazie a voi che state
leggendo e a chi ha lasciato un commento.
Non vi interesserà, ma io domani parto e me ne vado a
festeggiare Halloween con una parte di Family in una regione denominata
Abruzzo... Non so che cosa ne uscirà, spero di non andare in
overdose di divertimento, perchè potrei non riprendermi
presto... Twitteremo come delle folli, se twitter
collaborerà...
PS
Il mio nickname, come vedete , non è cambiato... Spero che
l'amministrazione di EFP veda e provveda...
un bacio
a presto,
RM ( futura KatiePeanut88 )
|
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Capitolo 3 *** Capitolo III. ***
"Ci
vuole più coraggio per dimenticare, che per ricordare." S.
Kierkegaard
…..tulipani.
Uno splendido vaso di
cristallo sovrastava lo specchio sul cassettone
di legno. Lei non aveva vasi di cristallo.
L'ansia
la assalì sino a quasi urlare: “Lanie!!”
“Arrivo
tesoro, che c'è ?” quando la dottoressa
piombò in camera,
trafelata non capì immediatamente quale fosse il problema
“Stai
bene?”
“Togli
quei fiori, per favore.” Kate era appoggiata con una mano
all'armadio e dava le spalle al vaso.
“Quali
fi...” Lanie si voltò e vide. “Oh ma che
belli! Sono
meravigliosi, guarda che col..”
“Lanie!Ti
prego, puoi toglierli senza fare commenti e portarli via?”
“Ma
cosa sono? Gerani?”
la donna sussurrava e con calcolata lentezza stava prendendo il
contenitore di cristallo tra le mani.
“Non
sono gerani, sono tulipani. Tulipani
screziati.” ora la voce della
detective la stava tradendo.
“Aaaaahhhh.
Rilassati, vedi, sto trasportando questi ORRIBILI tulipani SCABRATI
fuori dalla tua camera. Ok? Chissà chissà
però chi li avrà messi
qui!? Che inopportuno! Li porterò al nostro famoso vicino
del
secondo piano....” cinguettò sibillina Lanie,
mentre usciva dalla
stanza socchiudendo dolcemente la porta con il piede.
Il
profumo era ancora nella stanza. Era troppo forte. Kate si sentiva
soffocare, quei boccioli colorati la stavano aggredendo.
Potevano
dei fiori assalire qualcuno? Sembrava di sì.
Li
mandava Rick. Non c’erano dubbi.
Con
Josh, dopo la chiacchierata non amichevole, Kate aveva deciso di
scrivere la parola FINE a quella rel….quella cosa che
avevano
insieme, qualsiasi cosa fosse.
“Io
per te sono rimasto, ho rinunciato al mio lavoro per cosa?”
Una
semplice frase era rimasta impressa nella sua mente. Non tanto Josh,
il suo sorriso, i suoi modi gentili, i suoi baci. No. L’unica
cosa
che si ricordava di lui erano quelle parole e quello sguardo
insignificante.
Probabilmente
ora stava aiutando dei bambini dall’altra parte del mondo.
Probabilmente invece di commiserarsi e cercare di rimettere insieme i
cocci sparsi della sua vita, Josh ora stava salvando vite umane.
Sì,
tante.
Forse
sarebbe bastato se avesse salvato la vita di una sola persona.
Ma
questo il dottore non poteva farlo. A Kate non serviva qualcuno che
salvasse il suo corpo. A lei serviva uno che fosse in grado di
salvare la sua anima dal buio in cui voleva stare.
“Grandioso
Josh, credi che mi rinfaccerai la tua scelta a vita? Ogni volta che
litigheremo tirerai fuori questa storia, vero?”gli aveva
ringhiato.
Avrebbe
voluto spingerlo via, dalla camera, dalla sua esistenza.
Lanie
aveva avuto ragione. Aveva fatto bene a chiarirsi con lui. Oddio,
più
che altro aveva fatto chiarezza dentro di sè. Aveva capito
una cosa
semplicissima: Josh non era fatto per lei. O lei non era fatta per
Josh. Una cosa era lampante: per loro due nessuna canzone aveva un
senso, Kate non sarebbe mai stata pronta per tuffarsi in una
relazione profonda con Josh. Lui non sarebbe mai stato disposto a
stare insieme a Kate al suo fianco. Né ora, né
tra un mese, né tra
un anno. Erano forse troppo simili, o forse troppo diversi. Cercare
una motivazione non era fondamentale. Era finita.
Ora
doveva liberare la mente e concentrarsi per ritrovare dei motivi per
i quali valesse la pena allontanarsi dalle ombre che vedeva intorno.
E
i tulipani le davano fastidio.
“Dolcezza…”
In
tutto questo Kate non si era accorta che Lanie era tornata nella
camera.
“Ohi!”
disse stremata Kate “Non mi guardare così. Sto
bene.”
“Sì…”
Lanie abbassò lo sguardo. "Vieni a mangiare? Mi aiuti a
cucinare qualcosina?"
“Pensavo
andassimo tutte a casa dal vicino del 2 piano!?”disse Beckett
per
cercare di smorzare la pesantezza del momento.
“Ah
ah! Lo vedi che sei tremenda!!”
“Dai
scherzo! Che prepariamo di buono?”
Dopo
la cena le due donne si rannicchiarono sul divano, ognuna con un
barattolo di gelato tra le mani.
“Ok,
programmino di stasera?”chiese Kate con un sorriso sulle
labbra. Si
era rilassata un pochino, forse per la cena, forse per la birra,
comunque sembrava meno tesa e nervosa di qualche ora prima.
“Divano,
gelato, film, e se non ci basta ho comprato una bottiglia di Vodka,
ma acqua in bocca con Espo…”mentre lo diceva
bisbigliava come se
qualcuno potesse sentirla.
“Lanie,
sono ancora in convalescenza! Non posso.”
“Kate,
sono un medico, se ti dico che puoi fare uno strappo alla
regola!”
“Ah
beh, se è la dottoressa che me lo assicura! No
perché pensavo che
fosse la mia amica.....sai, tende a non essere proprio
obiettiva.”
“No,
no, è la dottoressa Parrish, tranquilla! ” Lanie
le strizzò
l’occhio.
“Che
hai preso al noleggio?”domandò la detective.
“Sorpresa!!
Credo che ti piacerà perché se non ricordo male
è uno dei tuoi
film preferiti”
Lanie
inserì il DVD nel lettore.
Il
titolo comparve a lettere cubitali sullo schermo.
“Ta
daaa!! Il pianeta proibito!!!! Eh, ti ho stupita?!! Me lo sono
ricordata, tutte le volte che hai cercato di portar....!”
Kate
aveva gli occhi lucidi.
Incredibile.
Più cercava di non pensarci più tutto la
riportava da lui.
“Castle…”
sussurrò Beckett.
Non
riuscì a continuare.
Le
parole le morirono così sulla bocca.
Si
torturava il labbro inferiore. Un nodo alla gola si formò
quasi
istantaneamente.
Era
la prima volta che nominava il nome del suo partner dal giorno in cui
aveva chiesto all’amica di non farlo avvicinare al lei. Non
aveva
voluto rivolgergli una sola parola. Non si azzardò a
guardarlo negli
occhi il giorno della dimissione dall’ospedale.
Lui,
d’altra parte, aveva ascoltato il volere di Kate. Certo, la
detective si era stupita in un primo momento del fatto che
quell’uomo, lo stesso che non rispettava mai nessun divieto o
ammonimento, questa volta non avesse cercato di mettersi in contatto
con lei.
Forse
Lanie gli aveva raccontato che, dalla camera, Kate aveva sentito
tutto.
Forse
Castle aveva immaginato come la detective si fosse potuta sentire.
Sicuramente Rick lo aveva capito, era una delle persone più
sensibili che avesse mai conosciuto.
Era
stato tutto strano.
Lanie
aveva convinto Kate a parlare con Josh. Ma per quanto riguardava
Castle, nemmeno Jim riuscì a smuoverla.
Nessuno
capiva perché Beckett lo avesse allontanato così
. Sì, un conto
era essere infuriate, già… ma in fondo Castle non
aveva fatto nulla
per meritarsi quell’affronto. Le parole che aveva pronunciato
quella maledetta sera non erano state né offensive
né
irrispettose.
“Lanie,
non so cosa fare..”
“Kate,
ascolta. Ora sei stanchissima. Quindi non so se…”
“Io
devo proteggerlo!” La voce strozzata e le lacrime che le
rigavano
il volto la rendevano troppo vulnerabile.
“Tesoro…”
Lanie si avvicinò a Beckett e provò a
tranquillizzarla.
“Tu
non capisci! Lui non è come sembra Lanie! Alexis... e i
fiori…poi
lui mi guarda…. E Josh…”
“Ok,
ora non riesco a seguirti…”
Prese
un bel respiro, un altro ancora; si asciugò le lacrime
inutilmente
perché altre le scesero subito dopo bagnandole le guance.
“Ha
una figlia, capisci?”
e si fermò.
“
Sì,
lo capisco che abbia una
figlia?!” Lanie aveva già intuito tutto, ma voleva
mantenersi sul
vago per cercare di far sfogare Kate.
“
Bene,
tu lo capisci ma lui no!
Perché lui non lo capisce Lanie? Perché non ci
pensa alle cose,
perché deve agire sempre senza pensare come un bambino
dell’asilo?
Perché, ogni volta che ce l’ho vicino lui rischia
la vita? Perché
continua a farlo, perché non realizza che mi deve stare
lontano? Ti
rendi conto che avrebbe potuto morire quel dannatissimo giorno? E poi
fare a pugni con Josh!? Con Josh?! Ma cosa c’entra
lui?”
“Ehm….
È …Era il tuo
fidan……?!”stava per ricordarle Lanie ma
Kate
la interruppe bruscamente.
“Ma
cosa c’entra tra me e Castle? Perché si deve
impicciare di cose
che non gli riguardano! Una persona normale avrebbe capito dopo le
prime volte in cui rischi la vita di starmi lontano, no?! E se fosse
successo qualcosa a lui? Ci hai pensato? Io ci penso sempre, Lanie!
Tutte le notti non riesco a dormire. Mi vedo davanti a sua figlia e a
sua madre mentre devo dire loro che Castle è morto per colpa
mia!”
Stava tremando, oramai stava piangendo, completamente senza
difese.
“Tu
lo stai allontanando perché ….” Lanie
capì tutto subito. Era
veloce e perspicace in queste cose. Aveva intuito che tra la
detective e lo scrittore sarebbe nato qualcosa il giorno stesso del
loro primo incontro di tre anni prima.
“Devi
parlargli Kate, devi spiegargli perché non lo vuoi
più vedere.”
“Allora
non mi stai a sentire nemmeno tu??!! Io
non…”
“No,
ascoltami tesoro. Se fosse successo qualcosa, se davvero fosse
successo qualcosa a Castle quel giorno, e tu non avessi avuto la
possibilità di dirgli nulla? Come ti saresti sentita ?
Devi
spiegargli, devi dirgli quello che hai detto a me Kate, dovete
chiarirvi. Lui è l’unico che può
aiutarti a stare meglio, è
completamente inutile che io faccia finta di niente, e che eviti di
usare tutte le parole che possono ricollegarti a lui come penna,
libro scrittore, infantile, crisi isterica sorriso, occhi,
sedere,........
“Lanie!”
“…no
era per dire! Potrei anche usare pugni, o caffè! Ma sai
quanto è
difficile chiedere un caffè a Javier in tua presenza?
Cioè, sembra
di giocare a quel gioco del Taboo. Hai presente : Baby, mi porteresti
una tazza di quel liquido che adoro e prendo la mattina appena
sveglia, che mi fa eccitare e non dormire e del quale non posso
vivere senza..?”
Kate
la stava guardando, il suo sopracciglio sinistro era salito in modo
vertiginoso.
“No,
ok, mi stai guardando come Javi. Vedi, mi fai dire..!”
Scoppiarono
in una risata entrambe.
“Ascoltami,
prenditi il tuo tempo. Però promettimi che gli parlerai.
”
“Non
cambio decisione, io…”
“Non
ho detto che devi cambiare decisione, ho solo detto che vorrei che tu
gli spiegassi il motivo per cui hai preso questa schifezza..ehm
volevo dire...cosa!"
“OK…”
sbadigliò Kate. Era stravolta, gli occhi gonfi e arrossati.
Decise
di andare a letto, sperando di riuscire riposare. Si alzò
dal divano
e si incamminò verso la camera.
“Aspetta
dolcezza!” la fermò Lanie. La donna
andò sopra il soppalco. Nel
scendere le scale aveva in mano il vaso di tulipani.
Kate
roteò gli occhi. “Non roteare gli occhi a me,
carina!?”le disse
di getto la dottoressa.
“Ti
avevo detto di buttarli o mi sbaglio?! Perché nessuno mi
ascolta!?”
“Mi
dispiace dissentire mia cara detective ma lei, cito testualmente..
”
si mise in posa con il vaso tra le mani volendo imitare Beckett
“
...mi ha detto: Puoi togliere quei fiori?”
Kate
la stava ad ascoltare e intanto sorrideva impaziente.
“Togliere
non è sinonimo di buttare. Io li ho tolti come mi ha detto,
li ho
tolti dalla sua camera e li ho spostati portandoli sul soppalco. Ma
temo che stiano meglio nella sua stanza. Boh, sarà il
colore?!”
“Seh,
sarààà??”
“Già.....”mentre
parlavano, erano entrate nella camera e Lanie aveva sistemato il vaso
nell’originale postazione. “Vedi, sono perfetti! E'
come se fosse
stata la stanza ad essere disegnata a posta per questi fiori!”
“Ola
la… ma che poesia! “
“Che
ci posso fare, Sono su di giri! ”
“Calma
i motori! .Non ti ho detto...."
“Sì,
lo so! Ma il fatto che tu stia prendendo in considerazione remota la
possibilità di parlargli è già
tanto…” Lanie sapeva che una
volta incontratisi, quei due si sarebbero chiariti. E Kate avrebbe
cambiato idea. Era naturale. Era fisiologico. Era l’unica
cosa
giusta che poteva accadere.
“Ok,
come dici tu?!”
“Notte
tesoro.”
“Notte
Lanie, grazie!”
“Di
cosa!? Hai fatto tutto tu??!! Ci sentiamo domani mattina? Facciamo
colazione insieme?”
“Certo!
Fammi uno squillo quando arrivi a casa, ok!?”
“Tranquilla,
buona notte.”
“Notte.
Ah…!”
“Tirati
la porta appresso mentre esci….” Mimò
il tono di Kate
“Sì…ciaoooo!!”
Silenzio.
Ora Beckett era da sola. Pace e calma. Non sentiva angoscia o ansia.
Forse sarebbe riuscita a dormire stanotte. Era davvero
stanchissima.
Si
sdraiò solo un attimo per riprendere le forze. Lo sguardo
andò a
poggiarsi sul cassettone.
Lanie
aveva ragione. Erano perfetti.
Kate
si domandò se Castle sapesse quale fosse il significato del
tulipano
screziato.
Sì,
probabilmente sì. Se c’era una cosa che adorava di
quell’uomo
era che in ogni gesto rivolto a lei poteva sempre scorgere quel
qualcosa che li legava ad un livello più intimo.
Un
sorriso sincero le si dipinse sul volto.
Per
la prima volta da quando venne ricoverata, riuscì a dormire.
Non
ebbe nessun incubo.
Anzi
sognò..Sognò di essere in mezzo ad un
campo…di … tulipani….
Tulipano
screziato.
Questo
fiore in particolare simboleggia l’amicizia e l' amore. IL
fiore
che rappresenta il vero amore infatti non è la rosa ma il
tulipano.
“Perfetto per dire che amate e amerete per sempre.”
Cantuccio mio:
Rieccomi.
Dopo 3 giorni di frenesia
connectica in famiglia nella patria dei confetti, sono tornata.
Nulla dire, la storia va
avanti... Castle non c'è ancora, o meglio....c'è
sempre ma non fisicamente..
Grazie alla Muusa splendida che
mi ha corretto i refusi "geraniosi".
Questo capitolo è
stato pubblicato senza l'appoggio morale del mio Monolocale
perchè il raffreddore e l'areosol sono già
snervanti e intasanti, ci manco io con questa roba... rimettiti
presto. :*
Un grazie a tutte voi che state leggendo e a
chi ha recensito.
Un grazie per esserci all' OFD.
RM
|
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Capitolo 4 *** Capitolo IV. ***
“Ama
la verità, ma perdona l'errore.” Voltaire.
Al
suo risveglio, la prima cosa che vide Kate furono i fiori.
Aveva
dormito? Pareva di sì. Si sentiva ristorata ed era una
sensazione
strana, ma piacevole.
Si
alzò.
Da
quando era stata ricoverata, il suo orario interno non era
più così
preciso. Andava a letto presto e si svegliava ad intervalli regolari.
Non riusciva a chiudere gli occhi per più di tre ore
consecutive e
quando la mattina sarebbe dovuta essere riposata, si sentiva ancora
più stanca della notte precedente.
Suo
padre le aveva detto di prendere dei sonniferi ma lei non credeva di
averne bisogno.
Non
erano dei calmanti che le servivano.
Andò
in bagno per farsi una doccia. Uscì dalla cabina, la pelle
si era
colorata tutta di un rosa salmone e benché stravolta, era
riuscita a
riprendersi da tutta la serata precedente. Si vestì facendo
attenzione a non compiere movimenti azzardati e dopo essersi messa un
velo di trucco uscì di casa.
Doveva
farlo. Assolutamente.
Si
sentiva stracolma di cosa da dire. Come un lavandino otturato. Doveva
assolutamente liberarsi da quel macigno che aveva in gola.
Prese
l’ascensore. Il cellulare squillò in borsa. Erano
più o meno due
mesi che non sentiva la sua suoneria.
Pregò
che ci fosse un cadavere. Poi le venne in mente che il distretto non
avrebbe potuto chiamare, ancora per una settimana lei era agli
“arresti domiciliari”, o almeno era così
che si sentiva.
Rispose
senza guardare lo schermo del telefono. Sperava ,
desiderava che fosse
lui.
“Beckett”
era tutto straordinariamente normale.
“Buon
giorno detective.”
Kate
guardò il cellulare un paio di volte. La voce non le era
affatto
familiare. No, non era lui.
“Buon
giorno, parlo con…?”
“Salve,
sono il Capitano Gates.”
“Mi
scusi…??.. Non sen…” La comunicazione
si interruppe.
All’
arrivo al piano terra dell’ascensore le porte si
aprirono.
Beckett
guardava stranita l’oggetto tra le mani come se stesse
prendendo
fuoco.
“Una
mano?” una voce maschile le chiese.
“Eh?
Cosa? Scusi…” Disse confusamente la donna mentre
usciva dalla
cabina. “No, no grazie ehm…”
“Salve,
mi presento, sono Jasper Field“
“Il
vicino del 2° piano.”concluse la detective. Lui le
porse la mano e
lei gliela strinse. Poi scoppiò a ridere. “No, mi
scusi, non
volevo riderle in faccia! Io sono…”
“Beckett,
il tuo nome è scritto sul citofono!” le fece
l’occhiolino
“Già”
un silenzio calò nell’atrio del condominio.
Poi
il telefonino della donna incominciò a squillare di nuovo.
“Scusi
ma dovrei…”
“Oh,
non preoccuparti, per qualsiasi cosa comunque sai dove sono! Sale,
zucchero, un aiuto se si rompesse qualcosa…”
Terzo
squillo. Quarto squillo. “OH, grazie. Mi scusi ma ora dovrei
andare. Arrivederci!”
“Ciao..!”
Si
allontanò e uscì dal portone.
“Beckett”rispose
al cellulare. "Salvata
da un telefonino"
pensò.
“Era
l’ora dolcezza! Dormivi? Ti ho svegliata?”
“Buon
giorno Lanie! No, non mi hai svegliata. Sto uscendo di casa ora. Eri
tu prima in ascensore?
“Cosa?
In ascensore? Dove stai andando?”
“Già…prima…prima
che quello del 2 piano …Sto andando….”
“Tesoro,
io non so di cosa tu stia parlando! Oddio, hai una commozione
cerebrale, sei caduta? Il vicino del 2 piano, ma
cosa…?”
“No!
Mi hanno chiamato mentre ero in ascensore, ma probabilmente non
c’era
linea e la comunicazione si è
interrotta…”
“E
cosa c’entra il fusto senza maglietta?”Lanie stava
già
formulando mille ipotesi per cercare di placare la sua
curiosità.
“Quale
fusto senza maglietta?”una voce fuori campo fece sorridere
Kate che
la riconobbe subito.
“Javi,
quante volte ti ho detto che non devi origliare le conversazioni che
ho al telefono?”
“Chica
non stavo affatto origliando! Sono qui a meno di 3 centimetri, non
è
origliare, anche se mi tappass…..”
“Ragazzi!
Tutto ok? Starei ore ad ascoltarvi mentre bisticciate ma sto cercando
di fermare un taxi e se …”
”Kate,
no! Non osare riagganciare! Hai capito?! Voglio i dettagli."
”Uff!
Jasper Fields. Occhiolino. Mi ha dato del tu dopo 1 minuto che ci
siamo presentati.”rispose la detective con tono lamentoso.
“Quindi
l’abbiamo già cancellato dalla
lista?”Disse Lanie sbuffando.
“Quale
lista?” chiese Esposito
“Ma
la smetti!Oh… Tesoro non posso parlare,
c’è qualcuno qui che fa
fatica a capire cosa voglia dire “Non impicciarsi”
Ci vediamo
alle 9.30 per colazione.Preparati
all’interrogatorio?”
“Perfetto,
mandami un messaggio per dirmi il posto!”
”Sarà
fatto detective.”
“Ciao,
salutami Espo!” E terminò la chiamata.
Salita
sul taxi, istruì il conducente sulla destinazione.
________
“Arrivati
signora. Sono 15 $ e 39 cents. “
“Grazie.”rispose
Kate, pagò e uscì dalla macchina.
L’aria
frizzante della prima mattina la rinvigoriva .
Si
avvicinò al cancello di ingresso del Woodlands Cemetery.
Quella
sensazione di benessere che aveva provato la mattina appena sveglia,
la abbandonò istantaneamente.
Forse
non era stata una grandiosa idea.
No.
Non fu affatto una grandiosa idea.
Raggiunse
a fatica la lapide.
Si
fermò come se i suoi piedi e le sue gambe fossero bloccati
da cubi
di cemento.
Il
telefonino squillò. Questa volta lo spense.
Non
riusciva a parlare. Tutte le sensazioni che aveva ermeticamente
chiuso esplosero dentro e fuori di lei come una bomba. Aveva mille
cose da dire. Ma dalla sua bocca non uscì nulla se non un
gemito.
Non
era pronta.
To
a beloved father and husband.
R.I.P.
Roy
Captain Montgomery
22.11.1953
– 13.05.2011.
Era
troppo presto.
Rivisse
tutto quanto. Il colpo, la musica, il pianto della moglie del
Capitano, lo sguardo di Castle, lo sparo, il dolore, “I love
you…Stay with me..”
Si
accasciò per terra.
Le
lacrime ormai non smettevano di scenderle dagli occhi.
C’erano
pochi fiori ai piedi della stele. Un mazzo di zinnie*, delle
margherite**, delle rose ***.
Le
parole di Lanie le risuonarono nella mente . “E
se….”
Non
aveva potuto salutare Montgmery, non sarebbe mai stata pronta per
farlo. L’aveva perdonato. Quell’angoscia e quella
tensione
nell’hangar di un mese fa diventarono esasperanti.
“Someone
willing to stand by your side…”
Avrebbe
davvero voluto che Castle fosse lì con lei. Ora. Non avrebbe
dovuto
dire niente. Solo essere lì.
Si
riprese a fatica. Sfiorò la pietra fredda e passò
le dita più e
più volte sul nome inciso sulla lapide.
“I’m sorry..”
Solo
questo riuscì a dire.
Stemperò
le parole nell’aria come se prendessero il volo e potessero
raggiungere il Capitano, ovunque egli fosse. Poche parole ma cariche
di significato.
Rimase
ancora lì per un po’. Da sola. Stava raccogliendo
tutti i pensieri
e tentava disperatamente di fare ordine dopo quello sconquasso
emotivo.
La
ferita sul petto aveva smesso di pulsare. Grazie al cielo.
Dopo
un po’ di tempo, si sentì meglio. Come se quest'
incontro,
inevitabile prima o poi, avesse prodotto un effetto doloroso al
momento ma benefico per il futuro. Un primo piccolo passo per
iniziare a camminare in avanti.
Ad
un ignaro passante quella donna avrebbe potuto sembrare affranta per
la perdita presumibile di un caro.
Ad
un
occhio accurato,
invece, quella esile figura appariva come una donna che aveva vissuto
in pochi anni troppo dolore ma che stava dimostrando, ancora una
volta, la sua innata forza a superare le avversità.
Quell’occhio
vigile
non smise di seguirla da lontano. Avrebbe voluto sostenerla, offrirle
un braccio per rialzarsi. Ma sapeva che non era il momento. Sperava
d’altronde che ci sarebbe stata, prima o poi,
un’altra
occasione.
Simbologia:
*Zinnia: significano "piango la
tua assenza".
**Margherite: simboleggiano la
semplicità .
**Rose bianche: simbolo di
unità.
Cantuccio mio:
Buona sera a tutte...
Pubblico e vi dirò che
spero di avere un'illuminazio su come andare avanti... :) è
tutto in testa, un po' shakerato... devo solo riuscire a far venire
fuori un'idea sensata...
Grazie a chi sta leggendo. Grazie
a coloro che stanno recensendo... :)
Un
saluto al mio monolocale, unica e insostituibile.
un
grazie alla Family, sempre presente..
A presto (spero)
RM :)
|
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Capitolo 5 *** Capitolo V. ***
Riacceso il
cellulare ricevette due messaggi.
Il primo era
una chiamata persa dal distretto. Richiamerò dopo, si disse.
Il secondo
era da Lanie:
#
Cafè du Pris Bistrot, 54th EASTCllinwood Deatails hon ;)
Kate
sorrise, e scrisse all’amica:
*
Gr8 Gimme 20mins. Luv xxx K
Per fortuna
il Cafè che aveva scelto Lanie era raggiungibile anche a
piedi. Beckett ora aveva bisogno di camminare. Doveva metabolizzare
quello che era appena successo.
E pensare
che quando era ragazzina le dicevano in continuazione “Kate,
pensa prima di agire! Non puoi sempre fare tutto quello che ti salta
per la testa!” oppure “Hai pensato alle conseguenze
delle tue azioni?”.
Era una
testa calda, o forse solo un’adolescente come tante, che si
sente padrone del mondo e non accetta nessun consiglio.
Ora invece
non faceva altro che razionalizzare, pensare a tutto ciò che
poteva accadere dopo, al perché stava facendo quella cosa,
al motivo che la spingeva a comportarsi come faceva.
Quante cose
erano cambiate da quel periodo per lei, la ragazza solare, vivace,
allegra, a tratti anticonvenzionale, ma proprio per questo speciale. Le
mancava sentirsi speciale per qualcuno.
________
Arrivata
al bistrot, intravide Lanie dalla vetrata
Guardò
per un attimo in alto. Si passò una mano sul cuore, sopra
l’anello di sua madre. Inspirò. Poi
entrò nel locale.
Lanie la vide subito e le fece un cenno.
“Ehi
dolcezza” si alzò per abbracciare la detective.
“Ciao
Lanie!”
“Allora?
Tutto bene? Dove te ne sei andata così presto
stamattina?” le chiese la dottoressa.
“Al
cimitero, da Montgomery”
Gli occhi
spalancati dell’amica rimasero fissi su di lei e per poco non
sputò tutto ciò che aveva in bocca.
Kate
chiamò la cameriera e ordinò un succo di frutta.
“Lanie,
stai bene?”
“Cos….
Ma … tu.,…. “balbettava. Che succedeva,
l’aveva presa in contropiede. “Un succo di frutta?
Ma da quando bevi il succo di frutta alla mattina? Niente
caffè?”
“No,
sono in riab ….”
“Oh
smettila ti prego con questa cosa della riabilitazione! Il
caffè lo puoi bere, non c’è mica nulla
di male” disse Lanie.
“Non
riesco.” Si girò da una parte, e si mise a
guardare i passanti, dall’altro lato della finestra. Gente
sconosciuta, che ora sembrava molto più interessante del
discorso in cui si stava imbarcando con Lanie.
Si
voltò di nuovo verso l’amica. “Non ha
più lo stesso sapore. “ La Parrish colse una
leggera frustrazione nella voce di Beckett. Alzò le
sopracciglia come a dire “Ma non mi dire!?”
“Hai
presente quando da piccola mangiavi i marshmellow del campo estivo.
Beh, quando torni a casa provi a rifarli, ma non hanno lo stesso
sapore. Non è il marshmallow..è..”
“..è
chi lo porta.” concluse la frase Lanie.
Il telefono
squillò. Beckett rispose con la mente assente.
"Beckett"
"Sì,
pronto, sono il Capitano Gates. L'ho chiamata poco fa ma evidentemente
è caduta la linea."
Silenzio.
Kate non riusciva ad articolare suoni comprensibili. Guardò
Lanie con gli occhi sbarrati.
"Mi sente
detective?"
"Si" .
"Bene, oggi
c'è la riassegnazione dei ruoli, ci sarà una
piccola riunione al distretto e sarebbe utile che lei fosse presente."
Beckett non
poté parlare. Provò, si impegnò, ma
nulla. Annuì e balbettò "Sì, ci
sarò"
"Bene,
allora alle 11.00. Arrivederci "
Kate
guardò il telefono. Lanie percepì un tremolio
alla mano della detective.
"Kate..."
Beckett
uscì più in fretta che poté dal
locale, in preda ad una crisi di panico. Si appoggiò alla
vetrata e piano piano si lasciò scivolare giù,
sfinita..
Lanie la
ritrovò pochi minuti dopo seduta per terra, con il mento
appoggiato sulle ginocchia, le gambe raccolte al petto.
La
dottoressa si accucciò e la guardò: "Tesoro
andiamo a casa, forza, per oggi credo tu abbia fatto abbastanza"
"Non sono
pronta" Kate sentenziò e scosse la testa.
"Sì
che lo sei..."
"No! Lo
psicologo mi ha dato il permesso di riprendere servizio ma io non sono
pronta. Se sapessero che ho avuto questa crisi di panico? Cosa dici? Mi
darebbero il permesso di prendere un'arma? "
La Parrish
non rispose subito. Doveva usare poche parole, ma efficaci.
“Kate,
respira...respiri lunghi e lenti..é solo un momento, ora
passa, vedrai...” Lanie guadava la sua amica e si sentiva
impotente: non poter aiutare qualcuno a cui tieni è una
delle cose più difficili da sopportare.
“Ora
tu ti alzi, bellezza, ti riprendi, andiamo a fare un po' di shopping
pazzo e forsennato, e poi andiamo alla riunione al distretto. E non mi
dire che non ne hai voglia perchè si farà a modo
mio. Su, forza...” e aiutò Beckett a rialzarsi.
#Kate
Durante il
tragitto in macchina, Kate pensò a mille cose: era agitata
per il rientro al distretto, non sapeva come comportarsi con la Gates,
non sapeva cosa dire se “lo” avesse visto
…
Quando la
detective fece il suo ingresso al 12th Lanie era lì, dalle
porte dell'ascensore ad aspettarla.
“Ciao
baby, tutto ok?”
“Sì,
tutto ok..” rispose Kate alla sua amica.
“Yo
Beckett, sei venuta alla fine!”
“
E certo Espo, Lanie non riusciva più a
sopportarti!”
Ryan
sorrise. Tutti quanti stavano tentando di comportarsi nel modo
più normale possibile.
"No, no
Sign.Giudice, non credo sia il caso."
Una voce
nuova intrigò Beckett.
"Buongiorno
detective, la sua fama la precede!" Il capitano Gates si
avvicinò.
La giovane
donna cercò di carpire più informazioni possibili
dalla stretta di mano forte e decisa, dallo sguardo autoritario.
"Buongiorno
Signora"
"Mi chiami
Capitano. Si accomodi la riunione inizierà fra poco." E
detto questo la Gates sparì dalla visuale della detective
che si girò verso Esposito e Ryan i quali non si fecero
pregare per un commento: " É terribile Beckett! É
dispotica, non lascia spazio ad inventiva personale, è da un
mese che ci fa riempire scartoffie..!"
"Ok, non
preoccupatevi, le parlerò io.."
Il nuovo
capitano rientrò nella saletta e tutti quanti presero i
propri posti a sedere.
Kate rimase
in piedi, in fondo alla sala.
"Perfetto,
possiamo iniziare. Allora, come tutti saprete da oggi avviene l'
inserimento ufficiale della mia figura professionale al distretto in
qualità di nuovo Capitano. Inoltre la detective Beckett
è tornata e benchè non rientrerà
subito al comando della squadra, è comunque un piacere
accoglierla di nuovo tra di noi.”
Sentendo
quelle parole Kate ringraziò abbozzando un sorriso e si
interrogò mentalmente su quanto sarebbe durato il periodo di
scartoffie.
Ryan si
voltò e le disse: “ Non so quando ti libererai
della tua scrivania Becks”
“Nemmeno
io.” rispose lei preoccupata.
Era strano.
Voleva tornare a lavorare e nello stesso tempo credeva di non riuscire
a mantenere la situazione sotto controllo. Stava bene. Eppure.... Si
sentiva tranquilla. Ma....
Ma forse
sentiva di non essere più la Kate di prima.
In una
manciata di secondi un profumo inconfondibile la avvolse.
Istintivamente si voltò.
Ed eccolo.
Dopo mesi.
Ecco Rick. Castle. Dopo due mesi spesi a cercare di cancellarlo, eccolo
a pochi metri.
Kate lo
osservò attentamente: lo scrittore stava gesticolando,
agitando le mani in modo buffo mentre parlava al cellulare.
“
No, no tranquilla, ho tutto scritto...nella mia mente.. Sì.
Sì....Ascolta, arrivo! Temporeggia, so che ce la puoi fare
Gina!”
Ah, stava
parlando forse del libro? Sì..Probabile.
Non appena
Castle terminò la conversazione, Kate si girò di
nuovo e provò a riportare l'attenzione alla riunione. Stava
provando a calmarsi pensando che di lì a poco Rick le
sarebbe venuto vicino..... Ma aspettò. La riunione
finì. Quando Kate si volse, dietro a sè non
trovò nessuno, ma intravide sul suo tavolo il bicchiere del
caffè. Il suo
caffè.
#Rick
Rick
entrò al distretto sapendo bene che Beckett sarebbe venuta
alla riunione.
Aveva
chiesto alla Gates di poter essere esentato dal presenziare alla
riunione, ma in fondo sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare
questa situazione, avrebbe dovuto confrontarsi con lei, con Kate.
In tutti
quei mesi l'aveva osservata da lontano. Poche volte. Per caso. Forse il
destino. Forse solo coincidenze. Fortunate coincidenze.
Non appena
le porte dell'ascensore si aprirono, Castle indivduò subito
la figura della sua detective: in piedi, appoggiata allo stipite della
porta.
Rivederla,
così bella, così semplicemente Kate,
così in disparte, gli fece più male del previsto.
Si
bloccò, come se ogni suo movimento avesse potuto rompere
quel fragile equilibrio.
Scattarle
una foto non sarebbe bastato per immortalare la sua bellezza, ma lo
fece lo stesso.
“Come
stai? Anche tu qui? Tutto bene? Fa freddo eh? “ Iniziare una
conversazione non gli era mai sembrato così difficile.
Il telefono
glì squillò.
“
No, no tranquilla, ho tutto scritto...nella mia mente..
Sì...Sì....Ascolta, arrivo! Temporeggia, so che
ce la puoi fare Gina!”
Si tolse la
giacca, era un poco agitato.
Doveva
tentare un approccio leggero, scherzoso. No forse era meglio un deciso
ed incisivo “Ciao Kate! Ti ho pensato in questi mesi, avrei
voluto chiamarti ma... Ma... “
Niente. Il
cellulare squillò di nuovo.
Rispose:
“ Castle. Sì, Gina, ho capito! Mmm, ok,
arrivo!”
E come era
arrivato, se ne andò, lasciando il
caffè sulla scrivania di Kate.
Cantuccio mio:
Mi scuso per il ritardo... Ma davvero questa parte mi ha dato qualche
problema...
Ullallà. Dopo vari stenti e infiniti travagli, questo
capitolo è venuto alla luce.
Ci stiamo avvicinando al momento fatidico. Abbiate fede. o Angol ,
dipende dai punti di vista... ok. Sclero finito
Detto ciò, un grazie come sempre a tutte quante. Tutte.
Grazie al mio monolocale che mi ha consigliato e mi ispira per scrivere
ancora. prendetevela con lei.
Un saluto,
RM :)
ps: il giorno di aggiornamento da ora sarà il
venerdì. :) quindi a venerdì prossimo.
xxx
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