Appetite for Destruction

di EdenGuns
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Eden ***
Capitolo 2: *** Michelle ***
Capitolo 3: *** Duff ***
Capitolo 4: *** Slash ***
Capitolo 5: *** Eden ***
Capitolo 6: *** Axl ***
Capitolo 7: *** Michelle ***
Capitolo 8: *** Izzy ***
Capitolo 9: *** Duff ***
Capitolo 10: *** Steven ***
Capitolo 11: *** Slash ***
Capitolo 12: *** Eden ***



Capitolo 1
*** Eden ***


1. Eden
 

« Welcome to the jungle
We've got fun'n'games
We got everything you want
Honey, we know the names
We are the people that can find
Whatever you may need
If you got the money, honey
We got your disease»

Welcome to the jungle, GN'R

 

Tirai su la zip dei pantaloni e porsi la mano.

Le banconote erano stropicciate e fredde, ma per me era come toccare il paradiso: soldi uguale dose.
« Vai, puttanella! Vai a rovinarti la vita.»

Annuii distrattamente, senza che le dure parole di quel ragazzo potessero minimamente scalfirmi.

Uscii dalla stanza del motel fremente, immaginando già la sensazione dell'eroina nelle vene. Il freddo che mi colpì fuori da quelle quattro decadenti mura mi diede la forza di arrivare fino alla macchina e infilarmici.

Un grugno infastidito della ragazza ubriaca nei sedili posteriori mi fece sorridere. Stava per addormentarsi, e quello voleva dire più dose per me.

« Ci hai messo più del solito.»

Michelle, la mia migliore amica, mi guardava infastidita, con i capelli scuri scompigliati e l'aria svogliata.

« Cinque ore per farglielo andare in canna.»

Lei rise. « Se non si arrapa davanti a te allora mi sa che ha qualche problemino all'amichetto.»

Mise la marcia e partì sgommando.

Los Angeles pullulava di relitti umani in cerca di una dose. E li capivo benissimo; a volte ero io, a volte era Michelle, ma qualcuno doveva pure procurarsi i verdoni per comprarla.

E fare sesso per soldi era il modo più facile che conoscevamo.

« Quanto ti ha dato?» chiese, senza togliere gli occhi dalla strada.

Tirai fuori i soldi e li contai, abbandonando il capo al sedile.

« Centotrenta.»

Lei ghignò: « Complimenti.»

Più mancia, ma la terrò per me.

Si diventava paranoici, possessivi, avari. Ma che cazzo te ne fregava quando te la iniettavano in vena? Quando riuscivi quasi a toccare il cielo con un dito?

Non mi ricordavo neanche come ero finita in quel giro. Forse qualche cattiva compagnia.

Rimasi a fissarmi le gambe che avevo appena aperto ad uno sconosciuto strette nei jeans.

Ero scappata di casa, ogni tanto incontravo mia sorella, che mi copriva.

Per i miei ero stata rapita, o roba del genere.

Ops.

La macchina si fermò e io scesi.

« Che facciamo con Daisy?» chiese, indicando col capo il corpo collassato sui sedili posteriori.

Feci spallucce: « Lasciala lì, non se ne accorgerà neanche.»

Non mi ricordavo neppure dove l'avevamo incontrata.

Con passo deciso sui tacchi ci avviammo verso il locale stracolmo di gente.

Suonavano i Guns N' Roses, una nuova band che stava riscuotendo piuttosto successo in giro per la città. Avevo sentito dire che forse erano riusciti a farsi notare, ma non ricordavo precisamente come.

« Eden piantala di imbambolarti.»

Michelle mi strattonò per il braccio. Ci facemmo strada tra le gente, mentre la musica mi entrava in testa. Avevano un bel sound, decisamente. Potevo sentire il suono profondo delle corde del basso vibrarmi sotto pelle. Una sensazione davvero eccitante; avevo sempre amato quello strumento a quattro corde, sin da quando ero bambina e mio padre me ne insegnava i rudimenti.

« Well, well, well, you never can tell
Well, well, well, my Michelle.
»

Io e la mia migliore amica ci scambiammo uno sguardo che valeva più di mille parole.

Con una sola occhiata mi aveva chiesto di andare avanti senza soffermarmi troppo. Le parole di quella canzone, che il cantante snocciolava graffiante, sembravano narrare la sua vita. In una maniera assurdamente simile. Ma alcuni particolari non combaciavano.

Sapevo che non era dedicata a lei, semplicemente non voleva ascoltare di quanto fosse disastrosa la sua esistenza.

La nostra esistenza.

« Coincidenze.»

Continuò a camminare velocemente, come per scappare dalle parole del cantante.

La seguii, improvvisamente spaventata dall'idea di essere lasciata lì da sola.

Sbucammo in un corridoio dalle pareti sporche, costellato da figure poco raccomandabili.

« Dolcezze!»

Un uomo che puzzava di vodka si avvicinò a noi pericolosamente. I capelli biondi gli ricadevano impastati sul viso, storto in una smorfia.

« Vattene, non ce n'è per te.»

Michelle gli diede una leggera spinta con la mano e lui cadde a terra.

Troppo ubriaco anche per provarci.

Scavalcai il suo corpo e procedetti spedita verso una piccola porta nera al culmine del corridoio.

Bussai due volte e quella si accostò, lasciando entrare uno spiraglio di luce.

« Che volete?» disse una voce senza volto.

Scossi la testa.

Io 'ste cagate proprio non le so fare.

« Il solito.»

Michelle allungò tutti i centotrenta dollari, ricevendo in cambio la roba.

La porta si richiuse appena lei strinse il pugno intorno al sacchetto.

Eccola, era lì. Sentivo come l'acquolina in bocca.

« Dove andiamo, a farci?» chiesi, impaziente.

Lei non rispose, limitandosi a riprendere il cammino a ritroso.

La seguii trepidante. Incredibile quanto fossi succube di quella roba; Michelle era meno dipendente, ma era sulla buona strada tanto quanto me.

Uscimmo da un'altra porta e entrammo in una stanzetta spoglia, che faceva come da anticamera ad altri luoghi.

Lei puntò verso un uscio mezzo sfasciato, con appeso sopra un cartello che recitava a caratteri cubitali qualcosa come “vietato l'accesso” o “solo il personale”, o entrambi.

Non che me ne fregasse.

La camera era buia, con un grande letto sfatto e una specchiera dal ripiano costellato da alcolici. Mi ci avvicinai e presi una bottiglia di rum. Svitai il tappo con mano poco ferma, mentre Michelle sfoderava un cucchiaio e un accendino.

Si era seduta per terra e armeggiava con grande calma con il pacco di siringhe sterilizzate che si era portata dietro.

Ci teneva moltissimo a quel tipo di igiene. Sosteneva che così non ci saremmo prese qualche bella malattia, ma io credevo che probabilmente l'avremmo contratta comunque, dato che facevamo sesso non protetto. Ed era tutto così surreale, il fatto che si drogasse e ci tenesse alla sua salute contemporaneamente.

Bevvi un lungo sorso di rum, e lasciai che le calde fiamme dell'alcolico mi lambissero la gola secca.

Non riuscivo più aspettare.

« Cazzo» imprecai, andando a sedermi davanti a lei con la bottiglia in mano.

Le sue mani dalle lunghe dita affusolate stavano lavorando per sciogliere la droga.

Fissai come ipnotizzata la fiamma dell'accendino sotto il cucchiaio, mentre il penetrante odore di bruciato si insinuava nelle mie narici.

Prese la siringa, tirò indietro la stantuffo e aspirò tutto il contenuto dall'arnese abbrustolito.

Me la consegnò con un sorriso beffardo e mi guardò afferrarla con mani tremanti.

« Con calma Eden, sennò faccio io.»

Scossi la testa compunta e mi tolsi il giubbotto di pelle, lanciandolo lontano.

Intanto lei era tornata a preparare la dose per se stessa.
Strinsi attorno al mio braccio il laccio emostatico e cercai una vena decente. Riuscii a concentrarmi, mordendomi le labbra fino a sanguinare, e infilai l'ago sotto pelle.

Un piccolo dolore quando spinsi l'eroina in circolo nel sangue e poi l'annebbiamento della mente, la tanto agognata incoscienza.

Mi sdraiai per terra, ancora col laccio stretto fino a farmi male.

Le mani calde di Michelle me lo sfilarono, poi tutto divenne appannato e al di fuori di me.

Il rumore della porta che si apriva cigolando, qualcuno che mi prendeva di peso portandomi sul letto.

Una massa di capelli biondi, una di capelli scuri, una scia bollente di baci sulla pelle.

Sentii Michelle gemere, poi anch'io sentii qualcosa.

Delle mani mi stava spogliando, mentre altre passavano prepotenti tra le mie gambe.

Ero talmente fatta che non riuscivo neanche a muovere un muscolo; rimanevo passivamente ferma, con uno sconosciuto che si stava facendo proprio davanti a me.

Vidi lo scintillio della fiamma sotto il cucchiaio di nuovo.

A giudicare dai respiri affannati e ritmici che sentivo in sottofondo, qualcuno si stava dando da fare ai piedi del letto.

« Come ti chiami?»

Una voce impastata mi stava sussurrando all'orecchio.

Mugugnai vagamente il mio nome poi quello prese a baciarmi il collo, mentre l'altro mi faceva scivolare le mutandine lungo le gambe, e con una sua spinta decisa quasi non mi fece urlare.

Il resto fu solo gemiti e ricordi sfuocati.

 

« Svegliati, Eden, svegliati.»

Mi sottrassi alle mani gelide che mi scuotevano, scontrandomi contro qualcosa di caldo.

La mia testa rimbombava e i suoni intorno a me mi arrivavano ovattati, ma doppiamente fastidiosi.

Aprii gli occhi e mi resi conto di essere completamente nuda.

Michelle mi porgeva dei vestiti, con lo sguardo corrucciato.

« Ma dove cazzo siamo?»

Alla mia destra avevo un ragazzo moro che sembrava collassato, dall'altra parte il corpo di quello biondo che avevo urtato prima.

Ho fatto sesso con entrambi.

Iniziavo a ricordarmi piccoli particolari della sera prima, come le loro labbra che si posavano dappertutto e l'odore di alcol e sudore.

E il fatto di essere andata a letto con due ragazzi mi scioccava troppo, in modo surreale, considerata la vita di eccessi che conducevo.

Iniziavo però a chiedermi davvero come quei tizi fossero arrivati, con un determinato scopo, come se qualcuno li avesse informati.

Michelle non mi diede tempo di chiedere nulla, tirandomi giù dal letto quasi di peso.

Stavo per toccare con il piede il pavimento, quando sentii una presa ferrea attorno al polso. Mi voltai spaventata e incontrai lo sguardo del ragazzo biondo. I capelli mossi gli ricadevano sul viso dolce e gli occhi imploravano di restare.

Mio Dio.

« Merda» imprecò Michelle, tirandomi via.

Lui cercò di alzarsi, ma i postumi della sera prima glielo impedirono.

« Sono Duff! Ti prego, chiedi di me!»

La ragazza mi tirò fuori da quella stanza contro la mia volontà e l'ultima cosa che vidi fu quel viso contratto dal dolore e la sua mano tesa verso di me.

Duff, non me lo scorderò.

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Capitolo 2
*** Michelle ***


2. Michelle

 

« Cars are crashin' every night
I drink'n'drive
Everything's in sight
I make the fire
But I miss the firefight
I hit the bull's eye every night»
It's so easy, GN'R

 

« Non avresti dovuto farlo.»

Gli occhi azzurri di Eden mi scrutavano l'anima, mentre cercavo una scusa per giustificare le mie azioni.

Porco mondo.

Un espressione che spesso sbucava nella mia mente, stando a specificare come ritenevo io il pianeta: un insieme di inutili esseri umani che si attaccavano tra loro, provocando disturbi nell'equilibrio della vita.

Continuavano ad annunciare l'estinzione della nostra specie, senza serie conseguenze. Ma che succedesse sul serio! La natura ringrazierebbe.

« Non hai nulla da dire?»

Fui riscossa dalle mie riflessioni e tornai a guardare la mia migliore amica seduta sul divano sfasciato di casa nostra.

« Mi spiace, davvero.»

Avevo perso una scommessa con quello stupidissimo cantante e poi si era aggiunto quell'altro col nome strano, Rizzy o Izzy: portare un'amica e della roba dopo un loro concerto.

Quando mai, cazzo! E non volevano un'amichetta qualunque, volevano proprio Eden.

C'era quella pertica ossigenata che se n'era innamorato, o roba del genere.

Non potevo tirarmi indietro. Speravo solo che lei non se ne ricordasse dopo la dose che le avevo preparato.

Avrei dovuto calcolare il fatto che ormai una dose sola non è abbastanza per lei.

« Ma li conoscevi?»

Mi morsi il labbro: « Non proprio. Li ho incontrati qualche sera fa, sono riusciti a rimorchiarmi. Ci giravano in giro da un po', solo che tu non eri uscita quella volta e si sono accontentati di me.»

Lei mi guardò in disappunto. Come non capirla? Anch'io mi sarei incazzata.

« E non me ne potevi parlare?»

Scossi la testa, chinando il capo a guardarmi la punta delle scarpe.

« Non avresti accettato, e io non avevo scelta.»

Un lieve odore di bruciato si insinuò nelle mie narici e nello stesso momento Eden imprecò.

« L'arrosto!»

Corse in cucina, con i capelli scuri e lunghi che svolazzavano nell'aria.

La seguii camminando, ancora rimuginando sulle mie azioni.

La stanza era piccola, con un tavolo di legno scheggiato al centro e allineati alle pareti banconi e mobiletti vari. Tutto era verdino e beige, in un azzardato abbinamento di colori sbiaditi.

Quella casa me l'avevano lasciati i miei quando erano morti; era semidistrutta ma per me era un importante ricordo, che avevo voluto condividere con l'ultima persona cara che mi era rimasta al mondo, Eden.

Anche per questo mi sentivo doppiamente in colpa. Lei si fidava ciecamente di me, e “venderla” in quel modo era stata una mossa davvero squallida.

Pregavo solo che mi perdonasse.

« Cazzo» sussurrò, abbassandosi per aprire il forno.

Dall'elettrodomestico fuoriuscì una densa massa di fumo nero e caldo, che annebbiò in poco tempo la cucina.

Aprii l'unica finestrella per arieggiare la stanza, facendo entrare anche più liberamente i raggi del sole di Los Angeles. Era una bella giornata, che avrei voluto passare in spiaggia. Ma ormai la mia vita si attivava solo di notte, a ritmo di sesso, droga e rock n' roll.

« L'arrosto è andato.»

Svuotò la teglia nel cestino sotto il lavandino con una smorfia.

« Pazienza, dai. Preparo un'insalatina veloce io.»

Lei mi guardò.

Mi conosceva troppo bene, sapeva che non mi offrivo mai per cucinare e che dovevo assolutamente farmi perdonare. Così mi lasciò fare, andandosi a sedere su di un bancone.

Giocherellava con due cucchiai in legno, senza smettere di fissarmi. Io intanto facevo finta di impegnarmi nella preparazione dell'insalata.

« Michelle?»

Mi voltai: « Dimmi.»

« E quel Duff?» chiese, arrossendo visibilmente.

Le sorrisi, avvicinandomi a lei.

« McKagan, mi pare. Se chiedi in giro ti diranno anche dove abita.»

I suoi occhi brillavano, ma ostentava indifferenza.

« Non mi freghi, Eden. E non fare quella faccia!»

Ridemmo.

« Ti odio» mi disse, sorridendo.

La abbracciai, affondando il viso tra i suoi morbidi capelli.

« Scusami, ancora.»

Mi strinse.

« Passato, Michelle. L'importante è che hai capito.»

Annuii.

Questa volta sì.

 

Eden era sotto la doccia, io stavo leggendo sdraiata sul divano un libro che lei mi aveva comprato al compleanno. Gli occhi iniziavano ad appannarsi e le palpebre a farsi pesanti, ma avevo quasi finito il capitolo e dovevo resistere. Inutilmente. Poggiai il volume per terra e mi abbandonai completamente al caldo abbraccio delle coperte.

Il suono del campanello però mi fece sobbalzare.

« Vai tu ad aprire!» urlò lei, da sotto la doccia.

Grugnii infastidita, rotolando giù dal letto con tutte le coperte. Tentai di districarmi da quegli enormi pezzi di stoffa che sembravano improvvisamente boa constrictor e raggiunsi la porta, aprendola.

« Ciao.»

Amy, la sorella di Eden, entrò in casa. Sembrava nervosa, non riusciva a rimanere ferma e si torceva le mani.

« Te la vado a chiamare» dissi preoccupata, eclissandomi nel corridoio.

Raggiunsi il bagno e vi entrai.

« C'è tua sorella.»

Lei sbucò da dietro la tenda della doccia, con i capelli pieni di shampoo.

« Cosa?»

« Sbrigati.»

Tornai nel salottino, trovando Amelìe ancora in piedi.

« Siediti pure. Vuoi qualcosa da bere?»

Lei scosse la testa, per entrambe le proposte.

Ma che cazzo è successo?

« Amy, come mai qui?»

Lei corse ad abbracciarla, scoppiando a piangere. Guardai quella scena mordendomi un labbro, impacciata e terrorizzata. Eden cercava di consolarla, non capendo lei stessa il motivo.

« Devi tornare a casa.»

La mia migliore amica strabuzzò gli occhi, scostandola da sé.

« Ma che dici?»

Amy si asciugò col braccio una lacrima e con l'altra mano si riavviò i capelli biondo scuro.

« Lo so che non vuoi, ma mamma e papà non sanno più dove sbattere la testa. La sento piangere tutte le notti, Eden.»

Presi per il braccio sua sorella e la portai alla porta, delicatamente.

« Non mi sembra il caso» dissi, e la salutai.

Così le fa solo del male.

Mi voltai, trovando Eden seduta sul pavimento con gli occhi lucidi.

Corsi da lei e la abbracciai forte.

« Non piangere, tesoro.»

Lei si aggrappò alla mia schiena, respirando a singhiozzi.

Era stata una dura scelta per lei andarsene di casa, ma non voleva far vedere ai suoi quanto stesse buttando via la sua giovane vita in piaceri estremi.

Ricordavo ancora le prime notti, costellate dai suoi pianti disperati, finché la grande quantità di alcol che trangugiava non la faceva addormentare del tutto.

« Ma non pensa che sarebbe peggio se io fossi lì in queste condizioni?» disse, contro l'incavo del mio collo.

« Ssh, non ci pensare.»

Rimasi a cullarla così per lungo tempo, finché non si calmò.

Perché l'hai fatto, Amy?

 

Passarono alcuni giorni, in cui non uscimmo di casa.

Eden era ancora scossa per la visita della sorella, e mangiava poco.

Mi faceva stare male vederla così depressa, così escogitai un modo per tirarla su di morale.

« Vado a fare la spesa» annunciai, uscendo dalla porta principale.

Lei non rispose, presa com'era dal disco che andava dei Pink Floyd.

La casa non era tanto lontano, qualche isolato fatto di buona lena e ci sarei arrivata velocemente. Le strade era quasi deserte, se non si contavano barboni e venditori ambulanti di hot dog che vi bazzicavano.

Arrivai davanti alla casetta, facendo non poca fatica per riconoscerla. Erano tutte uguali, solo che quella era più disastrata.

Andai a bussare la porta e un ragazzo altissimo e biondo venne ad aprirmi.

« Ciao, Duff.»

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Capitolo 3
*** Duff ***


3. Duff

 

« Well, I'm a West Coast struttin'
One bad mother
Got a rattlesnake suitcase
Under my arm
Said, I'm a mean machine
Been drinkin' gasoline

And, honey, you can make my motor hum»

Nightrain, GN'R

 

Rimasi imbambolato a fissare quella ragazza dai capelli color cioccolato.

Era l'ultima persona che mi aspettavo di vedere e il mio pensiero corse subito a quella che avevo dedotto fosse la sua migliore amica; avevo preso una bella sbandata per lei.

La vedevo in giro praticamente tutte le sere e rimanevo ogni volta incantato dai suoi occhi azzurri, incorniciati da lunghe ciglia nere, e dai capelli scuri e mossi, che le arrivavano alle scapole, muovendosi sinuosi ad ogni suo passo. Per non parlare del suo corpo dalle curve eccitanti, che avrebbero mandato in estasi qualsiasi essere con del testosterone.

Me per primo.

Poi quella sera, alla “riscossione” della scommessa, ci avevo fatto sesso. Ma nulla mi aveva soddisfatto, tutto per il fatto che anche Izzy ci era andato insieme. Ed eravamo fatti, appena finito il concerto, così ricordavo vagamente l'accaduto. Non gliene facevo una colpa, anch'io avevo provato a fare cazzate del genere, solo che con lei era diverso.

Avrei voluto fossimo da soli.

Eh già, proprio una bella sbandata.

E le avevo detto anche di chiedere di me, ma ormai erano passati giorni e avevo perso la speranza di vederla apparire sulla soglia di casa mia. Proprio come aveva appena fatto la sua migliore amica.

Amara delusione di un inguaribile romantico.

« Senti, ti ricordi Eden?»

Il mio cuore mancò un colpo al suono di quel nome e tornai a prestarle attenzione.

« Certo che mi ricordo di lei» dissi, mordendomi l'interno del labbro.

Mi sorrise, riavviandosi i lunghi capelli.

« Voleva chiedere di te in giro, solo che è successa una cosa che l'ha fatta, diciamo, rattristire. Che ne dici di farle una bella sorpresa?»

La guardai stupito, chiedendomi se mi stesse prendendo in giro.

Allora le importava di me!

Mantieni la calma, Michael, mostrati disinvolto.

« Che intendi?»

Sorrise sorniona: « Se la facessi uscire e la portassi in un certo locale, ti faresti trovare lì? Così magari fate due chiacchiere e lei si tira su di morale.»

Presi un respiro per calmare la mia voglia di urlare al mondo la mia gioia e annuii.

« Allora a stasera, da Gazzarri's.»

« V-va bene. Devo portare anche gli altri?»

Lei scosse la testa. « Quando arrivi chiedi a Fanny, la barista, di Michelle. Ti indicherà il tavolo dove io e Eden saremo sedute.»

Il mio cuore impazzì al solo pensiero di quell'incontro.

Mi sorrise un'ultima volta, poi fece per andarsene, ma fu come illuminata da un qualcosa che si era dimenticata.

« Ah,» disse « non offrirle da bere. Né altro. Ci devi solo parlare, ok? Se le torci un capello ti taglio le palle.»

E detto quello se ne andò.

L'unica cosa che si torce qui è il mio stomaco.

« Chi era Duff?» chiese la voce di Steven, da dietro di me.

Mi voltai, sorridendo ebete e lui mi rivolse uno sguardo stralunato.

« Mi fai paura quando fai così. Allora, chi era per illuminarti così la giornata?»

Continuai a sorridere a trentadue denti, mentre sentivo già la mascella indolenzirsi.

Steven continuò a ripetermi la stessa domanda infinite volte, come un fastidioso e petulante disco rotto.

Solo che ero ancora troppo incredulo e sognante per esserne infastidito.
« Adler, finiscila, ORA!»

PopCorn si abbassò in tempo per schivare lo scappellotto di Axl. Gli fece la linguaccia e mi raggiunse sul divano dove mi ero seduto, ancora sorridente.

« Come mai hai la faccia più stupida del solito, McKagan?»

« Simpatico come sempre, Rose. Si dia il caso che io stasera abbia un appuntamento con quello splendore di Eden.»

Lui mi guardò preso in contropiede: « E chi cazzo è?»

Scossi la testa: loro la conoscevano solo con il suo soprannome che le era stato affibbiato da Slash.

« SuperBombaSexyDalleTetteD'oro.»

Ok, abbiamo tutti capito che Slash non è un campione in finezza.

Axl si animò subito. « Oh.»

Prese di mano la birra a Steven e ne bevve un lungo sorso, mentre quello protestava con un broncio.

« Bel nome. Piuttosto, per caso quell'altra ragazza ha perso un'altra scommessa e l'ha messa in palio di nuovo?»

Abbandonai il capo allo schienale del divano, pensando agli occhi azzurri di Eden.

« No, però due minuti fa è passata a dirmi se volevo andare a parlarci stasera.»

Quasi Axl non si strozzò con la birra che stava bevendo e sputacchiò in giro tutto il liquido.

Io e PopCorn ci ritraemmo appena in tempo.

« Sei un fottutissimo fortunato di merda, McKagan!»

Risi mentre si puliva la bocca con il braccio.

« Puoi dirlo forte, amico. Non vedo l'ora di vederla...»

« E di scopartela.»

Slash era solito ad indelicate apparizioni del genere, commentando inopportunamente conversazioni che non lo riguardavano.

« L'ha già fatto, non ricordi? Qualche sera fa!» disse Steven.

Il mio scappellotto però non lo riuscì ad evitare e rimase a massaggiarsi mortificato la botta rossa sul collo.

« Ah già. Però io mi sono fatto quell'altra, che non era niente male.»

Gli altri annuirono insieme, ridacchiando.

« Non me la voglio scopare» iniziai, pronto per un discorso pieno d'amore.

« Oddio, va che mi sta diventando frocio!»

« Che razza di uomo sei, McKagan?!»

« Un romanticone! Non è vero?» intervenne Steven, cingendomi le spalle col braccio e sorridendomi complice.

Scossi la testa, sconsolato.

« Anche Adler! Volete che vi lasciamo soli?»

Axl e Slash ridevano mentre Steven sorrideva innocentemente.

Me lo scollai di dosso.

« Anche scopare, ma non solo. Va bene così? Con lei sento che sarà diverso.»

Quei due non la smettevano di ridacchiare e io iniziavo a sentirmi parecchio preso per il culo.

Voglio vedere quando vi innamorate voi, stronzi.

« Vabbe', Duff, vorrà dire che quando riuscirai a portartela a letto faremo una festa.»

Detto questo, tutti si dileguarono in altre stanze, lasciandomi a gongolare da solo.

Esco con Eden, cazzo!

 

Il locale pullulava di gente, e i tavoli era oscurati dalla massa.

Nervoso continuavo a cercare il viso di Eden, senza soddisfacenti risultati.

Per l'occasione avevo indossato una giacca bianca, con i pantaloni di pelle e gli stivali da cowboy; mi sentivo un gran fico, ma avevo timore del giudizio che lei avrebbe potuto darmi.

Mi avvicinai al bancone.

« Sto cercando Fanny» dissi, alla prima barista che si fermò.

Un'altra donna, poco più in là, si voltò: « Sono io, di che hai bisogno?»

Sulla quarantina, capelli biondi e occhi verdi, stava pulendo con un panno il bicchiere che teneva in mano.

« Devo chiedere di Michelle.»

Lei sorrise, indicandomi con un cenno del capo un punto non ben distinto tra la gente.

« Tavolo 22, appena sotto il palco.»

Ringraziai e, col cuore in gola per l'emozione, mi immersi nella folla.

Con qualche spintone ricevuto e dato, riuscii a riemergere, individuando il tavolo. Eden era seduta di spalle rispetto a me, mentre Michelle le stava al lato opposto. Stavano chiacchierando animatamente, ridendo, quando quella si accorse della mia presenza.

Mi avvicinai un po' titubante, con il cuore che batteva forte.

« Guarda chi c'è!»

Eden si voltò all'esclamazione dell'amica e rimase a fissarmi con la bocca aperta.

Michelle si alzò, mi prese per il braccio e mi fece sedere nel posto che aveva appena liberato.

« Bene, io vado a prendere qualcosa da bere.»

E si eclissò, lasciandoci soli.

« Che ci fai qui?» chiese, torturandosi le mani per il nervosismo.

Sorrisi, inebetito dalla sua bellezza.

« Un giro, sai. Non dovevamo suonare stasera, quindi...»

A quanto potevo vedere Eden portava un vestito nero molto attillato, che lasciava un profondo scollo sulla schiena bianca.

Non saltarle addosso, Michael, calmati.

Presi dei respiri profondi e iniziai con un'ovvietà: « Sei proprio bella.»

Evitai il “stasera” perché per me lo era sempre, e comunque.

Lei sorrise dolcemente, sembrando sciogliersi.

« Anche tu.»

E il ghiaccio è rotto.

« Che strumento suoni?»

La guardai preso in contropiede; nessuna delle ragazze che frequentavo di solito si era mai interessata alla mia musica, né tanto meno avrebbe fatto domande, per evitare di annoiarsi.

« Il basso.»

Le si illuminarono gli occhi.

« E' il mio strumento preferito» ammise, arrossendo e abbassando lo sguardo.

Amavo la sua malcelata timidezza, a contrasto col suo prorompente aspetto fisico.

Ma allora hanno ragione Slash e Axl, sto diventando frocio.

« Davvero?» chiesi, interessato.

Annuì. « Mio padre lo suonava in una band e me ne ha insegnato i rudimenti. Ma non lo suono da così tanto tempo! Ormai non mi ricordo più neanche dove si mettono le mani.»

Cos'è, la ragazza perfetta? Non poteva essere così bella e interessarsi anche di musica.

Mi vuoi sposare?

Trattenni una risata e lei mi guardò incuriosita.

« Che c'è?»

Scossi la testa: « Stavo pensando che è strano il fatto che tu sappia suonare il basso.»

Arrossì di nuovo.

« Beh, è una passione che ho da sempre. Sin da quando ero piccola.»

« E' una bella cosa. Qualche volta magari ci possiamo vedere, così ti lascio provare il mio basso» azzardai.

Eden annuì, sorridendo.

« Mi farebbe piacere.»

Continuammo a parlare, come fanno due vecchi amici, come se ci conoscessimo da una vita.

Capii che la sua bellezza andava oltre al corpo; era brillante, simpatica. Più stavo con lei più mi stupiva.

« Che ne dici di fare una passeggiata?» propose.

Mi alzai prontamente e le porsi la mano, che lei strinse. La sua era piccola e calda, incredibilmente morbida e vellutata. Ci feci strada tra la folla, senza smettere di tenerla.

Fuori l'aria era fredda e lei rabbrividì.

« Vorrei darti la mia giacca, solo che sotto non ho nulla. Se ti potessi abbracciare, però...»

Eden scosse la testa ridendo. « Va bene, ma non approfittarne troppo.»

Cantai vittorioso dentro di me appena si rifugiò sotto il mio braccio.

Iniziammo a camminare.

Non c'era nessuno in giro, a quell'ora; erano tutti dentro al locale, o tentavano di entrarci.

« Mi potresti accompagnare a casa?»

Rimasi spiazzato: « E la tua amica?»

« Se n'è andata appena mi ha lasciata con te. Probabilmente era tutto nei suoi malvagi piani, anche il fatto che ti avrei chiesto di accompagnarmi.»

Risi.

Non smetterò mai di ringraziarti, Michelle.

« Non è molto lontano, solo qualche isolato.»

Cercai di mettermi in luce con una piccolissima bugia: « Non ti preoccupare, sono un gran camminatore.»

Lei scoppiò a ridere.

« Non ci credo neanche se mi paghi e scommetto che tra poco avrai il fiatone. I fumatori non hanno buoni polmoni, sai?»

Fregato.

« Come hai fatto a capirlo?»

Lei indicò senza dire nulla il pacchetto di Marlboro che spuntava dalla tasca della mia giacca.

« E quel lucchetto?»

« Sid Vicious, hai presente?» dissi, un po' emozionato.

Sembrò illuminarsi: « Oh, Sex Pistols! Interessante. Li ascolto spesso, ma i miei preferiti rimangono i Pink Floyd.»

No, seriamente, sposami!
Sorrisi, stringendola impercettibilmente.

Chiacchierando eravamo quasi arrivati.

« Ecco, è quella lì.»

Piccola e poco stabile, era migliore della nostra solo per un evidente tocco femminile.

La accompagnai fino alla porta.

« Beh, allora ciao» dissi, un po' con la morte in cuore.

Non avrei voluto lasciarla.

Lei mi regalò un altro di quei suoi sorrisi delicati e schivi, e non riuscii a trattenermi: le posai un casto bacio sulle labbra.

Non si ritrasse, ma non tentò neanche di prolungarlo.

« Ciao, Duff. Grazie ancora.»

Entrò in casa, senza smettere di guardarmi negli occhi, finché la porta non si chiuse davanti a me.

Tornai a sorridere ebete, incamminandomi verso casa.

Quel dolce contatto aveva annullato completamente quello di qualche sera prima; dovevamo ricominciare da lì, come se ci fossimo incontrati per la prima volta.

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Capitolo 4
*** Slash ***


4. Slash

 

« Some people got a chip on their shoulder
An' some would say it was me
But I didn't buy that fifth of whisky that you gave me
So I'd be quick to disagree!»
Out ta get me, GN'R

 

« Fermati!»

Merda, merda, merda!

Continuai a correre cercando di seminare quei due sbirri che mi stavano alle calcagna; già sentivo il fiato corto e la milza indolenzirsi.

Ma che diamine, per una volta che non facevo nulla!

Era scoppiata una rissa in quel nightclub, mentre ero a pomiciare con una bella ragazza sul divanetto. Li avevo semplicemente ignorati, solo che quando era arrivata la polizia, gli agenti avevano deciso di fare una bella retata senza precedenti.

E senza un preciso motivo mi ero ritrovato a correre a perdifiato cercando di scappare da quei due idioti.

Fottutissimi, insulsissimi, piedipiatti.

Girai l'angolo e mi guardai indietro senza smettere di correre: sembravano essere spariti.

Mentre iniziavo a ritenermi salvo, col cuore più leggero, mi scontrai violentemente contro qualcosa.

Io e l'altra persona ruzzolammo per terra, tra grida irritate.

« Ma guarda dove cazzo vai!» esclamò, ma prima che potesse aggiungere altro, la portai in una rientranza del muro, tappandole la bocca.

Mi misi un dito sulle labbra per intimarle il silenzio e rimasi in ascolto.

I passi frettolosi dei due poliziotti passarono oltre e tirai un gran sospiro di sollievo.

Poi i denti di quella ragazza affondarono nella mia mano e io mi ritrassi spaventato.

« Ahia!» protestai, soffiando sulla ferita.

« Ma se non sanguina neanche... Ehi, ma tu sei quello di qualche sera fa!»

Alzai lo sguardo.

Vi prego, ditemi che non l'ho messa incinta.

Poi incontrai quegli occhi scuri. « ...Michelle, giusto?»

Annuì. « Mi sfugge il tuo nome, però.»

Scossi la testa, ridacchiando: « Non sono solito dirlo in quelle occasioni. Comunque Saul, ma chiamami pure Slash.»

Sorrise, studiandomi con lo sguardo; sembrava non abbassare mai la guardia.

« Sei un amico di Duff, immagino.»

Assunsi un'aria interrogativa. « Lo conosci?»

« Non ti ha raccontato che sono passata stamattina da voi per chiedergli se gli andava di passare del tempo con la mia amica?»

Mi tornò in mente la scena di svariate ore prima, e ricordai.

« Sì, ora ho capito. Ma non riesco a intuirne il motivo» ammisi.

Insomma, se volevi tirare su di morale la tua amichetta potevi chiederlo a me! Io sì che so come fare cambiare umore alle donne.

« Lui è interessato, lei anche... Non funziona così?»

Risi. « Penso di sì.»

Michelle si guardò intorno.

« E se uscissimo da 'sto buco?»

Mi ero completamente dimenticato di essere in una stretta rientranza; probabilmente perché la vicinanza con lei non mi dispiaceva per nulla.

Guardandola bene avevo constatato che era proprio una bella ragazza: capelli lunghi color cioccolato e occhioni scuri da cerbiatta; fisico decisamente interessante, con curve piazzate al punto giusto e un bel seno abbondante, che personalmente mi faceva impazzire.

Non era un segreto che adorassi le tette.

In quel preciso momento indossava un paio di striminziti shorts in jeans e una canottiera larga e scollata a stampe, che lasciava intravedere il reggiseno in pizzo nero.

Con calma, Saul, non devi stuprarla.

« Hai ragione.»

Lasciai che uscisse per prima, poi la seguii a ruota.

« Mi vuoi dire perché quei due poliziotti ti stavano inseguendo?»

Mi grattai la testa, pensieroso.

« Solita rissa, anche se per una volta non c'entravo. Ma sai come sono fatti i piedipiatti!»

Scosse il capo ridendo: « Solita scusa.»

E prese a camminare con passo spedito.

La raggiunsi con una corsetta, prendendola per il braccio: « Ehi, non stavo mentendo.»

Lei annuì, scettica.

Riprese a camminare ed io mi affrettai a seguirla.

Non sapevo precisamente il motivo, in fondo avrei potuto prendere e andarmene; ma c'era qualcosa che mi obbligava a stare lì a passeggiare fianco a fianco con quella ragazza.

« Come va con la band?» chiese, voltando il capo per guardarmi negli occhi.

Nessuna mi chiedeva mai di quello.

Forse perché me le scopo prima che possano anche solo dirmi il loro nome.

« Non male, abbiamo trovato un agente.»

Lei assunse un'espressione interessata e felice per noi.

« Complimenti! Sappi che sarò la prima a comprare il disco. Mi piace un sacco la vostra musica.»

Mi riempii d'orgoglio nel giro di pochissimo. « Grazie mille, siamo i migliori sulla piazza.»

Rise.

« Anche modesti vedo!»

Arrossii scuotendo lievemente la testa, in modo che i riccioli mi ricadessero sul viso, oscurandolo.

Continuammo a camminare per un po' in silenzio ed io mi lasciai guidare da lei, ignaro della meta.

« Ehi, ma dove stiamo andando?» chiesi, ad un certo punto.

Michelle non rispose, continuando col suo inesorabile cammino.

Arrivammo davanti ad una casetta piccola e piuttosto disastrata, simile per molti aspetti a quella dove vivevamo noi.

Andò alla porta, infilò la chiave e aprì.

Non mi voltai, non me ne andai e non mi ritrassi neanche quando, appena averla chiusa, mi si era attaccata con fervore alle labbra.

Rimasi per una frazione di secondo spiazzato, poi ricambiai il bacio con passione.

Oh, fanculo, non dico mai di no alle donne, io.

 

Mi svegliai un po' confuso. Invece di vedere il famigliare soffitto con le perdite, vidi la mia immagine riflessa in un gigantesco specchio.

Quasi non mi spaventai a vedermi così improvvisamente, di prima mattina. Poi notai una figura esile accanto a me, accoccolata sul mio petto nudo.

Ricordai la notte, che avevamo passato facendo sesso finché non eravamo crollati. Dio, era instancabile! Non che a me dispiacesse, ma prima o poi così il mio uccello si sarebbe staccato. Mi era particolarmente piaciuto il fatto dello specchio; rendeva il tutto più eccitante.

Appena tiro su un po' di soldi ne prendo uno anch'io.

Tornai al presente e mi misi a rimuginare.

Avevo l'abitudine di svegliarmi prima della ragazza, in modo da potermi rivestire tranquillamente e fuggire senza troppi piagnistei. Ma ancora qualcosa mi trattenne, come ancorato, a quel letto sfatto, accanto ad una semisconosciuta.

Mentre pensavo stavo accarezzando distrattamente i suoi capelli morbidi.

« Buongiorno.»

Sobbalzai, mentre lei si stiracchiava.

« Ehi.»

Si allungò per sfiorare le labbra con le mie e tornò ad accoccolarsi al mio petto.

« Senti, Slash, che ne dici di non fare troppo domande? Rimaniamo così, senza drammi.»

Avevo appena trovato la compagna di divertimenti perfetta.

Eppure qualcosa dentro di me sprofondò, lasciando un tonfo sordo a riecheggiare nella mia gabbia toracica. Non avevo mai provato una sensazione del genere, e sinceramente non sapevo dargli nome.

« Senza drammi.»

Che avessi trovato qualcuno più bravo di me a giocare con i sentimenti?

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Capitolo 5
*** Eden ***


5. Eden

 

« I used ta do a little
But a little wouldn't do
So the little got more and more
I just keep tryin'
Ta get a little better
Said a little better than before»
Mr. Brownstone, GN'R

 

Non stavo più nella pelle, dovevo dirle quello che era appena successo; c'erano tutte le luci accese, quindi dedussi fosse già tornata a casa.

Il mio cuore martellava come un ossesso, ripensando a quell'attimo in cui le nostre labbra si erano sfiorate.

Respira, con calma.

Incontrai la mia immagine riflessa nello specchio dell'entrata: sorridevo involontariamente, con le guance arrossate per l'emozione.

Incredibile quanto quel ragazzo fosse riuscito a sconvolgermi totalmente. Era stata una serata speciale, che mi aveva fatto capire quanto fosse importante scordare il nostro primo incontro. Volevo ricordarlo così Duff, gentile e non fatto. Con quella giacca bianca che lasciava intravedere il petto liscio, e quel dolce sorriso bello da morire.

Mentre mi teneva stretta a lui lungo la via di casa, mi ero sentita come mai prima.

Dio mio, mi sto rammollendo.

Neanche i miei pensieri cinici però riuscirono a smontare l'euforia che brulicava in tutto il mio corpo. Corsi su per le scale, saltando due gradini alla volta, diretta alla stanza di Michelle.

Aprii con slancio la porta e mi trovai davanti una scena che non mi sarei mai aspettata di vedere: la mia migliore amica e un tizio tutto riccioli stavano scopando, con una complicità strana, come se lo facessero insieme da una vita. Eppure ero sicurissima di non averlo mai visto con lei.

Richiusi l'uscio lentamente, senza che loro si accorgessero di niente. Non che il fatto mi sconvolgesse più di tanto, solo che avevo visto Michelle come cambiata.

Raggiunsi la mia camera e mi spogliai, infilandomi sotto le coperte.

Nella mia mente si ripeteva infinite volte la serata passata con quella pertica bionda, ripercorrendo particolari quali le leggere fossette che apparivano agli angoli delle sue labbra quando sorrideva.

Mi addormentai ancora con la sua immagine impressa nella testa e marchiata sul cuore.

Inutile negarlo, sono appena stata colpita e affondata dal rocker più dolce che abbia mai incontrato.

 

« E poi?»

Michelle si sporse sul tavolo della cucina verso di me, brandendo un cucchiaio pieno di cereali.

« Niente, sono entrata in casa.»

Lei scosse la testa: « Non si fa così. Dovevi saltargli addosso!»

Trattenni una risata.

« Ho notato come metti in pratica i tuoi consigli.»

Piegò la testa di lato, masticando a bocca chiusa e assumendo un'espressione interrogativa.

« Il ricciolo ti ha soddisfatta? Hai urlato tutta notte!»

Lei arrossì di colpo, sfuggendo al mio sguardo.

« Beh, l'ho incontrato per caso e una cosa tira l'altra...»

Risi. « Certo, certo.»

Non era un tipo che si faceva sottomettere facilmente e tornò subito alla ribalta: « E' un amico di Duff, sai? Prova a farci sesso da sobria e poi ne riparliamo! Non ho mai provato nulla del genere. Ti prende con quelle sue braccia e poi le sue mani... Oh...»

« Ok, Michelle, recepito» dissi, bloccandola.

Amavo quelle chiacchierate tra amiche, quando per un momento la nostra esistenza sembrava quasi normale. Ma non lo era, per nulla. Dietro quegli attimi di vita quotidiana si nascondeva il demone della droga, in buona compagnia con quello della solitudine che aleggiava sui nostri animi.

Ed eccolo, per l'ennesima volta, quel bisogno di dimenticare il presente; mi tormentava le viscere, pungeva sotto pelle.

Passai una mano sulla mia fronte, improvvisamente sudata.

« Tutto bene?» chiese, guardandomi preoccupata.

Scossi la testa.

Mostrai l'interno gomito, alludendo all'eroina. Lei fece una strana smorfia con la bocca, continuando a mangiare in silenzio.

« Che c'è, Michelle?»

Posò il cucchiaio lentamente, per guardarmi dritta negli occhi.

« Io voglio smettere.»

Io non posso smettere.

Fu il primo pensiero che mi baluginò nella mente, stordendomi.

E per la prima volta mi sentii abbandonata anche da lei, che mi aveva sempre sostenuto. Nel bene, ma sopratutto nel male.

« Insieme ce la faremo Eden.»

Ne ho bisogno.

« Sarà difficile, lo so.»

Non riuscirei ad affrontare questa vita con mente lucida.

« Ma vedrai che quando tutto sarà finito, starai meglio.»

Ho bisogno di quell'incoscienza.

Mi alzai dalla sedia, allontanandomi dal tavolo.

« Non credo di esserne capace.»

Sospirò: « Pensavo che con Duff ci avresti pensato meno.»

Sentii la rabbia crescere prepotente dentro di me.

« Lui non c'entra.»

Anche Michelle si alzò, venendomi vicino.

Posò la mano sul mio braccio: « Sì, invece. E lo sai bene.»

Sentii le lacrime pungermi gli occhi.

C'era una lotta dentro di me; non volevo abbandonare tutto quello che mi aveva aiutato a sopravvivere in quella giungla, ma ciò che iniziavo a provare per Duff spingeva per emergere sul mio lato oscuro.

Mi presi la testa tra le mani, chiudendo gli occhi.

« Vanno bene gli sballi, ma leggeri. Stiamo andando alla deriva, e stanotte ho scoperto che le cose si apprezzano di più vivendole in prima persona, e non guidate dalla droga. Non quel tipo, non così tanto. Ce la possiamo fare, Eden, lo so.»

Mi prese tra le braccia, stringendomi forte.

« Promettimi solo che almeno ci proverai» sussurrò.

Lui aveva vinto.

« Non lasciarmi mai, avrò bisogno ancora di più del tuo supporto.»

« Sono e sarò sempre qui al tuo fianco, Eden.»

Speravo solo che ne valesse la pena.

 

Non sapevo come, ma in qualche modo mi aveva convinta.

« Forza, bellezza, è ora di fare strage» disse, tirandomi una sonora pacca sul sedere ridendo.

Andavamo al Troubadour, dove i Guns N' Roses avrebbero suonato, e mi aveva anche fatto promettere di concludere qualcosa con Duff.

Come se non l'abbia già in programma.

« Guido io.»

Uscimmo di casa, raggiungendo l'auto mentre lei sventolava le chiavi correndo sui tacchi.

Scoppiai a ridere quando, dopo aver traballato un po', era caduta faccia a terra sul vialetto.

« Così impari a fare la figa.»

Lei mi fece la linguaccia, alzandosi col mio aiuto. « Giuro che sarà la prima e ultima figura di merda della serata.»

Annuii, sorridendo: « Certo, tranquilla Michelle.»

 

Il locale era pieno di gente. La popolarità di quella band aumentava di giorno in giorno, e iniziavano a farsi vedere i primi fan.

Ci recammo nel loro camerino, con un certo nervosismo. Michelle bussò alla porta, mentre io continuavo a sistemarmi la gonna troppo corta.

« Si può?»

C'era una luce soffusa e un odore di bruciato.

Hanno appiccato un incendio?

La stanza era piccola e quadrata, con una fatiscente specchiera sul lato opposto a quello occupato da casse di alcolici.

Incontrai lo sguardo di Duff, che era seduto sull'unico divanetto con aria pensierosa, e il mio cuore mancò un colpo.

Si alzò sorridendo piacevolmente stupito, e mi raggiunse.

« Ciao» disse, chinandosi per posarmi un caldo bacio sulla guancia.

Sorrisi a mia volta, mentre un eccitante brivido mi percorreva la schiena nello stesso istante in cui le sue labbra bollenti avevano sfiorato la mia pelle di ghiaccio.

Michelle mi diede una gomitata facendomi l'occhiolino, poi andò dal ricciolo che la attendeva con trepidazione. Si scambiarono un veloce saluto prima di attaccarsi l'uno all'altra come se lei fosse l'acqua e lui stesse morendo di sete.

Duff scosse la testa, tornando a guardarmi.

« Come mai qui?» chiese, scostandomi un ciuffo ribelle dal viso.

Mi sentii avvampare al suo dolce gesto.

« Beh, Michelle aveva tanto voglia di vedere il suo amico e ho pensato che sarebbe stato carino passare a salutare anche te.»

Lui sorrise di nuovo, lasciandomi senza fiato.

« Rimani per vederci suonare, vero?»

Annuii, entusiasta: « Certo che sì.»

« Sono felice. Ti dispiace se ti presento agli altri?»

Scossi la testa e lui mi cinse le spalle con un braccio, stringendomi a sé.

« Ragazzi, questa è Eden.»

I quattro rimanenti membri della band si voltarono a guardarmi, compreso il ricciolo che lasciò un attimo Michelle per fissarmi.

« Ciao.»

« Piacere» disse un biondino con un sorriso da occhio a occhio.

« E loro sono Slash, Izzy, Steven e Axl.»

Il ragazzo coi capelli rossi puntò i suoi occhi su di me, carezzandomi con lo sguardo a lungo. Uno strana sensazione mi pervase lo stomaco, mentre le sue labbra si inarcavano in un sorriso malizioso.

« Noi ora andiamo a fare in giro, vero Bill?» disse quello col cappello strano, prendendo per braccio lo strano tipo e portandosi via anche il biondino.

Rimasi un attimo spiazzata.

« Bill...?» chiesi a Duff, voltandomi per guardarlo negli occhi.

Sorrise.

« I nostri veri nomi.»

Mi si illuminarono gli occhi: « E qual è il tuo vero nome?»

« Michael.»

Il suono di quella parola si fuse dolcemente all'immagine del ragazzo bello e dannato che avevo davanti a me, creandomi una calda sensazione di profonda sicurezza.

« Perché fai quella faccia?» mi chiese, sorridendo.

Scossi la testa: « Nulla, pensieri.»

Slash e Michelle stavano ancora pomiciando e stava per sfociare in qualcosa di più, così decidemmo di cambiare stanza.

Era un piccolo stanzino, dove erano riposti gli strumenti. I miei occhi furono inevitabilmente attratti da una siringa usata per terra, che lui scalciò via distrattamente.

Mi morsi il labbro per non pensarci.

« Voglio smettere di farmi in vena.»

Dovevo dirlo a qualcuno, avevo bisogno di un ulteriore supporto.

Duff mi guardò sorpreso.

« Mi potresti aiutare?» chiesi, a bassa voce.

« Certo... Cosa vuoi che faccia?»

Mi torsi le mani, pensando: « Distraimi, in qualsiasi modo.»

Spiazzato dalle mie parole, mi rimase a fissare senza muovere un muscolo.

Se non prendo l'iniziativa io!

Allacciai le braccia attorno al suo collo, alzandomi sulle punte delle scarpe perché anche con i tacchi rimaneva troppo alto per me, e lo baciai.

Rispose subito, prendendomi in braccio e tastandomi i glutei con decisione.

Con le spalle contro il muro, senza toccare terra e avvinghiata a quel ragazzo, mi sentii come volare. Avevo appena iniziato, eppure sentivo già la differenza.

Michelle aveva ragione, senza droga tutto era diverso.

E per la prima volta avevo scelto io cosa fare; lo desideravo, volevo sentirlo ed era il primo ragazzo che mi facesse provare sensazioni così forti con un solo bacio.

Intrecciai le dita ai suoi capelli mossi e morbidi, spingendolo ancora più vicino a me.

« Non sai da quanto aspetto questo momento» mi sussurrò all'orecchio, prima di mordicchiarne il lobo.

Scossa da brividi di piacere, riuscivo solo ad assecondarlo, trattenendo a stento i gemiti. Sentivo già qualcosa premere contro il mio basso ventre e scesi da lui per levargli il chiodo di pelle.

Mi sfilò il top e con le lunghe dita sganciò abilmente il reggiseno.

Gli presi il viso tra le mani e tornai a baciarlo, mentre Duff mi carezzava i fianchi con tocco deciso.

Stavo iniziando ad armeggiare con la zip dei suoi pantaloni di pelle quando la porta si spalancò.

« Amico è ora di and... Oh.»

Mi bloccai rossa in viso.

Il tecnico rimase a fissarmi con la bocca aperta. Duff allora si affrettò a coprirmi le nudità col suo chiodo e ad abbracciarmi in modo che non si intravedesse nulla.

« Asciugati la bava Jim, non ce n'è per te. Comunque arrivo» disse, stringendomi.

L'uomo se ne andò dicendo qualcosa sugli ormoni e sui giovani.

Ancora stretta a lui, alzai il capo per guardarlo in viso.

« Devo andare a suonare» sussurrò, insinuando le mani sotto il suo giubbotto sulla mia schiena nuda.

Fui percorsa da un ennesimo brivido e mi allungai per baciarlo.

« Dammi il tempo per rivestirmi e vengo con te.»

Gli restituii il chiodo e, senza preoccuparmi minimamente di coprirmi, recuperai con calma tutta la mia roba, infilandomi lentamente gli indumenti guardandolo negli occhi. Lo vidi mordersi un labbro e girarsi dall'altra parte per resistere alla tentazione.

Sorrisi e appena finii di sistemarmi uscimmo insieme.

« Eccovi!» esclamò Michelle, seduta ad aspettarci nel camerino.

Poi notò le nostre mani intrecciate e i nostri gli sguardi felici e si raddolcì.

« Vabbe' dai, per sta volta vi perdono» disse, guidandoci fuori per il corridoio.

Si sentivano già le urla eccitate e i tamburi della batteria rullare.

« McKagan, sbrigati!» si sentì.

Duff in tutta risposta si fermò improvvisamente, facendomi voltare per baciarmi.

Nulla di casto in quel gesto, solo tanto desiderio represso dall'interruzione di prima.

« Continueremo, non è mica finita qui» disse.

Gli sorrisi estasiata e gli augurai buona fortuna.

Lo guardai allontanarsi verso il palco con quell'andatura decisa e mi morsi un labbro.

Mi tirerai pazza un giorno di questi, McKagan.

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Capitolo 6
*** Axl ***


Sto per stravolgere il motivo per cui è stata scritta Sweet child o' mine cambiandone la persona a cui è stata dedicata. Non uccidetemi ç-ç
Vi preannuncio anche che le vite private dei nostri cinque amabili cazzoni saranno drasticamente modificate, ma che comunque i lavori in quanto album e carriera rimarranno tali.
Grazie mille per l'attenzione, ora evaporo e vi lascio al capitolo.
(Grazie di cuore a chi recensisce, a chi segue e a chi semplicemente legge. Se vi va lasciate un commento giusto per farmi capire la vostra opinione, per me sacra.)
Un bacio e buona lettura

_______________________

 

6. Axl

 

« Just a' urchin
Livin' under the street
I'm a hard case
That's tough to beat
I'm your charity case
So buy me somethin' to eat
I'll pay you another time»
Paradise City, GN'R

 

Quelle gambe! Ma perché tutte le fortune a McKagan?

Insomma, il sottoscritto è molto più figo. Appena si stufa di quello splendore me la prendo io, oh sì.

Perché se ne stuferà, vero?

Dal modo in cui la guardava, però, non ne ero così sicuro; non avevo mai visto Duff preso in quel modo da una ragazza. Di solito andava a “chi capita prendo”, facendosi la tizia in questione senza neanche chiederle il nome, magari.

Ma gli brillavano gli occhi in una maniera inconfondibile. Per non parlare di quando si incantava a pensarla,

perdendosi in una qualsiasi piccolezza che gliela ricordava.

Dio, che invenzione stupida l'amore. Alla fine lascia soltanto l'amaro in bocca, ed io ne so qualcosa.

« Ragazzi, questa è Eden.»

« Ciao» disse Jeff.

« Piacere.»

Steven sorrideva talmente tanto che probabilmente gli si sarebbe slogata la mascella da un momento all'altro.

« E questi sono Slash, Izzy, Steven e Axl.»

Quelle curve mi stavano facendo uscire pazzo. Passavo gli occhi in rassegna di tutto il suo corpo, che per la prima volta avevo il piacere di studiare da vicino.

Incontrò il mio sguardo; nei suoi occhi c'era un misto di inquietudine e desiderio.

A tutti piace il peccato.

Sorrisi malizioso.

« Noi ora andiamo a fare un giro, vero Bill?»

Jeff mi prese per il braccio, trascinando fuori sia me che Steven.

Chiuse la porta alle nostre spalle e mi fulminò.

« Ti conosco, Rose. Quando fai quella faccia non è mai nulla di buono.»

Ma perché deve sempre capire quello che penso?

« Non so di che tu stia parlando» mentii, vagamente.

« Non ti permetterò di scopartela, hai capito? Non vedi quanto cazzo Duff ci tiene?»

Incrociai le braccia al petto, infastidito.

« Jeff, stiamo parlando di McKagan. Se la porterà a letto finché non se ne stufa e sotto un'altra! Ormai dovresti conoscerlo.»

Lui scosse la testa, compunto.

« Ieri notte, quando è tornato a casa, abbiamo parlato. Riconosco quando qualcuno è innamorato e, fidati, lui lo è di brutto. Di solito tu in una ragazza cosa noti per prima cosa, quanto ha le tette grosse o la lieve fossetta sulla guancia destra quando ride?»

Cazzo.

« Le tette, decisamente» intervenne Steven, che stava giocando alla battaglia dei pollici da solo.

Jeff lo ignorò: « Capisci ora? Non gli rovinerai l'esistenza solo per un capriccio. E comunque lei non te la darebbe.»

Ero quasi deciso a lasciar perdere, ma quella punzecchiatura ferì la mia carne viva.

Nessuno resiste ad Axl Rose.

« Vedremo Jeff, vedremo.»

E me ne andai.

La signorina Eden non mi resisterà. Nessuna donna mi può resistere.

 

Cacciai un urlo, graffiante, e le luci si spensero.

Il pubblico era ancora in visibilio, potevo sentire come ci acclamava. Scesi dal palco velocemente, seguito dal resto della band.

« Eden.»

Mi voltai e vidi Duff e quella ragazza baciarsi. Il mio stomaco si torse, facendomi mancare il fiato.

Da quando sono invidioso?

Mi morsi con violenza un labbro mentre loro si scambiavano tenerezze.

In quale lasso di tempo si erano innamorati?

Non è umanamente possibile.

« Bill, vieni via.»

Jeff mi prese per il braccio, accompagnandomi fino in camerino.

« Lo sapevo, io.»

Chiuse la porta e io guardai altrove. Non volevo fargli leggere dentro di me ancora.

« Ora l'hai visto con i tuoi occhi, non è vero? E ti rode il fatto che lei se ne sia già innamorata. Ma io ti do un consiglio da amico: dimenticala. Qualunque cosa tu stia pensando, so benissimo che la riguarda. Non è e non sarà mai tua, fattene una ragione.»

Odiavo Isbell quando aveva ragione. Ma non potevo accettarlo; non potevo arrendermi. Sentivo che lei mi apparteneva in qualche modo.

Ma che cazzo mi succede?

Fui travolto da un abbraccio di Jeff.

« E' tuo amico, Bill. Non puoi fargli questo.»

Lasciai che le sue parole sedimentassero nella mia mente.

Non posso fargli questo.

 

« Slash sta facendo rissa!»

Corremmo tutti sotto il palco, dove una marmaglia di gente si accapigliava.

« Che è successo?» chiesi a Duff, che teneva Eden stretta a sé.

Scosse la testa: « Uno ci ha provato con Michelle e Slash gli ha mollato un pugno in faccia. Poi soliti amici che intervengono... Tra poco dovremo farci sotto anche noi.»

Sbuffai.

Intanto Eden stava cercando di convincerlo a non intervenire.

« Non posso abbandonare un amico nel momento del bisogno.»

Lei annuì capendo la situazione, poi gli prese il viso tra le mani tirandolo verso di sé per baciarlo.

Ci sarà un motivo se non c'è nessuno che ti implora di non andare.

Dio, pure la mia mente complottava contro di me.

« Vieni con me, Duff?»

« Arrivo amico, un secondo.»

Incrociai le braccia al petto, nervoso.

Le accarezzò il viso, sorridendo.

« Vai a casa, e porta via anche Michelle. Ti vengo a trovare appena sono libero dalle prove, va bene?»

« Sì, ciao Duff. Ma stai attento»

Si scambiarono un ultimo bacio, poi lei mi fece un cenno di saluto e prese la sua migliore amica per la vita.

« Ma Slash...?»

« Tranquilla, ora ci pensano loro.»

Si allontanarono insieme, mentre Duff ed io ci buttammo nella mischia.

Almeno mi sfogo un po'.

 

« Ma si può sapere perché diamine l'hai colpito?» chiesi, tamponandomi l'occhio con un impacco al ghiaccio.

Slash sbuffò, finendo di passare la pomata su uno dei numerosi ematomi causati dalla rissa.

« Le ha tirato una pacca sul sedere chiamandola troietta. Pensi davvero che non avrei reagito?»

Feci per rispondergli, ma Duff mi sottrasse la parola.

« Io avrei fatto lo stesso» ammise.

Bene, ci mancano solo i protettori delle donzelle in pericolo.

Sospirai, lasciandomi andare allo schienale del divano.

« Perché non avresti fatto la stessa cosa?» mi chiese McKagan, che si massaggiava distrattamente le nocche arrossate.

Chiusi gli occhi, cercando di non pensare: « Forse.»

Anche per il fatto che in quel momento pensare equivaleva a perdermi nell'immagine di Eden, e non ne capivo il perché.

William, ti ordino di togliertela dalla testa.

Fosse facile.

« Tutto bene, Rose?»

Guardai Duff negli occhi.

Qualunque cosa io provassi per quella ragazza, doveva ben sepolto in me.

Jeff aveva ragione, non potevo fargli questo. Era uno dei miei migliori amici, sempre pronto ad aiutarmi, e neanche per il mio orgoglio di maschio ferito da una conquista mancata avevo il diritto di farlo soffrire.

Le sarei stato lontano, ma se fosse stata lei ad avvicinarsi... Beh, allora sarebbe diverso.

« Niente, mi fa male l'occhio.»

Sorrise: « Io penso di essermi rotto tutte le nocche-»

Mi sforzai di ridere, ma il mio riso risultò stridulo e vuoto.

Per fortuna nessuno se ne accorse; solo Jeff mi lanciò uno sguardo preoccupato.

 

Erano passati alcuni giorni dalla rissa.

Mi ero svegliato improvvisamente nel cuore della notte a causa di un incubo e, incapace di riprendere sonno, mi ero messo al tavolo della cucina a scrivere.

Picchiettavo con la biro sul tavolo, privo di idee.

Eden e Michelle avevano dormito a casa nostra, l'una nella camera di Duff e l'altra in quella di Slash. Il ricciolo si era immediatamente chiuso nella stanza con la ragazza, dando inizio ad una serie di rumorosi gemiti imbarazzanti.

La pertica era rimasto in soggiorno con l'altra e il resto della band, chiacchierando.

Eden era simpatica, spigliata, e si era creato un bel feeling tra noi e lei; poi si erano ritirati in camera, quando Duff non poteva più aspettare.

Mi si era congelato il cuore a vederli così complici e passionali, mentre giocavano maliziosamente verso la stanza. Avevo deciso di andarmene a dormire, ed ero crollato appena dopo aver posato la testa sul cuscino.

Un dolce incubo, per la precisione.

C'era una grande luce che si infrangeva sulla nostra pelle, creando tenui bagliori dorati, e si sentivano i gabbiani emettere quel loro strano verso in sottofondo. Vedevo la scena dal fuori, come se fossi lo spettatore. C'eravamo io e Eden, che facevamo l'amore. Sì, nonostante vedessi me e lei abbracciati, sentivo tutte le sensazioni che avrei provato se fosse stata la realtà. Una calda tensione nello stomaco, le sue labbra morbide, la sua pelle liscia sotto le mie dita. Mi aveva sussurrato qualcosa all'orecchio, poi si era staccata da me, allontanandosi. Una siringa era improvvisamente apparsa tra le sue mani e con un movimento fluido se l'era conficcata nel braccio. La scena era cambiata drasticamente, con Eden stesa tra le braccia di Duff senza segni di vita e lui che mi urlava che era tutta colpa mia e che mi odiava.

Mi ero svegliato sudato e ansante, col cuore che martellava contro la gola.

Dei passi mi distolsero dai miei pensieri e mi voltai.

Eden avanzava assonnata, con i pantaloncini e la maglia dei Sex Pistols appartenenti a Duff. I capelli scuri le ricadevano scompigliati sulle spalle, incorniciando il suo viso fine.

Rimasi un attimo incantato dall'immagine deformata dal suo seno prosperoso, poi scossi la testa guardando altrove.

« Ciao Axl, come mai sveglio?» chiese, avvicinandosi.

Deglutii. « Non ho sonno. Te, invece? Duff dov'è?»

« Sta dormendo. Volevo preparargli la colazione, ma non pensavo fosse ancora notte.»

Le brillavano gli occhi quando parlava di lui.

Sorrisi a stento, tornando a fissare il foglio bianco.

Sentii la sua mano posarsi su una mia spalla, in un amichevole gesto di saluto.

« Io ho fame. C'è qualcosa da mangiare qui?»

La sentii armeggiare con le antine delle dispense e emettere buffi suoni a seconda di quello che trovava.

Mi girai con la sedia, in modo da poterla guardare, e presi foglio e biro.

Canticchiava, con un bel sorriso che le arricciava gli angoli delle labbra.

She's got a smile...

Le parole si rigettavano dalla mia mente in inchiostro su quella pagina bianca come una cascata. Sentivo già la melodia risuonarmi nelle orecchie.

« Che fai di bello?» mi chiese, mettendo una pentola sul fuoco.

Incontrai i suoi occhi azzurri e fui illuminato da un nuovo verso.

She's got eyes of the bluest sky...

Mi sentivo fremere. Scrivere aveva il potere di sfogare i miei più enigmatici pensieri, e ancora una volta mi aveva chiarito le idee.

Intanto Eden si muoveva a ritmo della vecchia canzone che canticchiava, giocherellando con le sue ciocche di capelli.

Avrei dato qualunque cosa per poterla stringere e per poter rifugiare il viso in quella giungla scura che le incorniciava il volto.

Her hair reminds me of a warm safe place...

Annotai l'anno a fine pagina e piegai il foglio in quattro.

La canzone era scritta, il titolo evidente.

Sweet child o' mine.

Quanto avrei voluto fosse davvero mia.

Mi morsi un labbro guardandola piegarsi per assaggiare quello che stava cucinando e mi alzai.

Non dovevo pensarci neanche. Non era mia, era di Duff, e così sarebbe rimasto.

« Buonanotte, Eden» dissi, tornando in camera e chiudendomi dentro.

E così sarebbe rimasto, vero?

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Capitolo 7
*** Michelle ***


7. Michelle

 

« Everyone needs love
You know that it's true
Someday you'll find someone
That'll fall in love with you
But oh the times is takes
When you're all alone
Someday you'll find someone
That you can call you own
But till then ya better...»
My Michelle, GN'R

 

« Allora io vado.»

Slash scosse la testa, insinuando le mani sotto la mia maglietta.

Percepii un brivido mentre le sue dita si avvicinavano pericolosamente al gancetto del reggiseno.

« Fermo, furbetto.»

Rise, facendomi scivolare sotto di lui per l'ennesima volta.

Le sue labbra si incollarono alle mie con foga, dando inizio a quella silenziosa lotta che nessuno dei due voleva perdere.

« Eden mi ha chiamata dieci minuti fa, devo andare.»

Lui emise un grugnito infastidito.

« Se rimani qui con me, Duff potrebbe scoparsela di nuovo e entrambi sarebbero più felici.»

Risi.

« Considerando il fatto che non la sento più chiamarmi, penso che si stiano dando da fare comunque.»

Un forte urlo di piacere confermò la mia teoria.

« Veniva dal soggiorno; stanno scopando sul divano dove io mi siedo tutti i giorni. Non voglio convivere con lo sperma di McKagan!»

Scoppiai a ridere per la sua buffa espressione.

« Oppure sul tavolo. Sai come sarebbe eccitante?»

Slash sorrise maliziosamente: « Non provocarmi, piccola.»

Poi sembrò ricordarsi che ci mangiava sopra e fece una smorfia.

« Sarebbe stato meglio se gli altri non fossero usciti. Almeno erano obbligati a stare in camera!»

Lo baciai per farlo smettere di blaterare.

Non riuscivo a stargli lontana.

Era pura attrazione fisica. Bestiale attrazione fisica.

Ne ero pure incredibilmente gelosa e, a giudicare dalla rissa che aveva scatenato qualche giorno prima, anche lui lo era.

Avevo detto “senza drammi”, ma più ci passavo del tempo e più me ne innamoravo.

E' inutile cercare di nasconderlo.

Purtroppo la mia idea di amore era stata distorta dal mio passato. Quando ero bambina, vedevo i miei genitori odiarsi e tradirsi; poi, alla morte di mia madre, avevo visto mio padre ammalarsi di cancro e morirne. Semplicemente non avevo mai creduto nel lieto fine.

E non era nei miei piani, e forse non rientrava neanche nelle mie capacità, legarmi sentimentalmente ad una persona.

Tanto meno a un tipo come Slash, che le relazioni serie non sapeva neanche dove stavano di casa.

« Sei pensierosa.»

Scivolò via da me e si stese al mio fianco, accendendosi una sigaretta.

Ne allungò una accesa anche a me ed io aspirai avidamente, per poi sbuffare fumo.

Non c'era mai stato però un vero e proprio dialogo, tra noi. Tutto si riduceva al rapporto carnale, di cui ormai avevo fisicamente bisogno. Come sostituto alla droga, diciamo.

Rimanemmo per un po' in silenzio, senza che nessuno dei due parlasse.

Ognuno perso nei suoi pensieri.

« Facciamo sesso?» chiesi, a bassa voce.

Lui mi guardò: « Speravo me lo chiedessi.»

 

« Ciao, Duff. Eden, piantala di sbaciucchiartelo che dobbiamo andare.»

La tirai via con la forza dalle braccia del biondo e con lei uscii di casa.

I due ragazzi ci guardavano dalla porta, percepivo il loro sguardo addosso.

Montando in macchina li vidi salutarci con la mano, sorridendo un po' ebeti. Eden mandò un ennesimo bacio a quel tizio e salutò Slash con un cenno sorridente.

« Com'è andata?» chiesi, mentre chiudeva la portiera.

Lei si voltò verso di me, rimase a guardarmi negli occhi per un tempo interminabile e infine caccio un urlo eccitato.

Mi tappai le orecchie, infastidita: « Ma sei pazza?!»

Eden mi abbracciò euforica.

« Avevi ragione, totalmente. Senza droga è meglio, sì. E Duff... Mio Dio.»

Risi.

« Allora il biondo ci sa fare!»

« Mi ha fatto impazzire stanotte. E poi è stato diverso, Michelle. Io con lui ho fatto l'amore, non solo del semplice sesso.»

Le brillavano gli occhi, e ne rimasi stupita.

Non l'avevo mai vista così e non sapevo se esserne felice o preoccupata.

E se l'avesse fatta soffrire? Se la stesse solo usando?

Dovevo chiedere a Slash; lui lo conosceva bene Duff e non mi mai avrebbe mentito.

Non è vero?

Con uno strano presentimento girai le chiavi nel cruscotto e feci retromarcia sul vialetto.

 

Soffocai una risata, guardando Eden arrossire per l'ennesima volta.

« E dai, Duff apprezzerà.»

Il camerino era abbastanza grande per far cambiare entrambe.

Avevamo in programma una serata al locale con i ragazzi ed eravamo in giro da tutto il pomeriggio per negozi, in cerca di qualcosa di carino da mettere.

La boutique di intimo però era stata un'idea mia. Lei aveva tentato in tutti i modi di non entrare, ma alla fine aveva ceduto.

« Non mi sento a mio agio, Michelle.»

Cercò invano di coprirsi di più il seno, adornato da uno splendido push-up di pizzo rosso.

« Invece stai benissimo, e sei anche molto sexy.»

Si guardò allo specchio, spalancando gli occhi azzurri.

« E guarda gli slip! Mi si vede tutto il culo.»

Sorrisi maliziosamente: « Non ti ho detto mica per niente che Duff apprezzerà!»

Fece una smorfia con la bocca.

La presi per le braccia, facendola voltare in modo che stessimo faccia a faccia.

« Ti fidi di me?»

« ...Forse.»

Sorrisi divertita dalla sua timidezza.

« Lo vuoi fare impazzire questo uomo?»

Annuì emozionata, mordendosi un labbro.

« E allora sfodera le tue armi! Ne hai da vendere, tesoro.»

« Dici che lo devo comprare?»

« Che domande! Certo, e anche subito. Io prendo quello nero e poi andiamo a casa.»

« Ti stava da Dio, cazzo.»

Le sorrisi, abbracciandola.

« Forza, rivestiti che dobbiamo pagare.»

 

Il locale era pieno e dovemmo cercare i ragazzi per un po' prima di trovarli seduti ad un tavolino appartato.

Ci avvicinammo a loro, fasciate in due vestitini mozzafiato che, modestamente, avevo scelto io.

Vidi il rosso guardare Eden in modo non molto casto, poco consono al ruolo di conoscente disinteressato.

Che avrà in mente pel di carota?

« Ciao ragazze!»

Mi sedetti in braccio a Slash, baciandolo con passione.

Si levarono fischi d'apprezzamento e risate che ignorai, troppo presa da quelle lussuriose labbra carnose.

« Ciao anche a te» sussurrò senza fiato, appena mi staccai.

Gli sorrisi, andandomi a sistemare sulla sedia libera accanto a lui.

« Allora, a cosa dobbiamo questo ritrovo?» chiese Eden, avvolta dalle braccia di Duff, che poggiava la testa sulla sua spalla.

Izzy si allargò nel primo sorriso che avessi mai visto sul suo volto affilato: « Ci hanno fatto un contratto!»

« Ma è fantastico!» esclamai, sinceramente felice per loro.

« Congratulazioni ragazzi» rincarò Eden.

L'atmosfera era eccitata, e dopo il terzo bicchiere di rum iniziavo a vedere un po' annebbiato.

« Steve ma chi è quel manico di scop... ehm, ragazza che hai lì?» chiesi, ridacchiando.

Ormai non avevo più il controllo delle mie azioni.

La morettina che l'aveva raggiunto da poco mi lanciò uno sguardo di fuoco, avvinghiandosi ancora di più al biondino.

« Questa è Adrianna, la mia ragazza» disse, un po' imbarazzato.

Notai che, però, la “sua ragazza” guardava Slash un po' troppo insistentemente.

« Che cazzo hai da guardare?»

Il mio tono tendeva pericolosamente alla minaccia e anche Eden se ne accorse. Si staccò da Duff e posò la mano sul mio braccio, cercando di calmarmi con un'occhiata apprensiva.

Intanto Adrianna si era alzata, fronteggiandomi.

« Io guardo tanto e quanto voglio chi mi pare e piace, stronza.»

Pensava seriamente di potermi far paura?

Mi alzai a mia volta, guardandola negli occhi con aria di sfida.

« E' mio» sibilai.

Slash non fece nulla e rimase a guardare la scena con un certo malcelato piacere. Gli altri ridacchiavano.

« Non è tuo un cazzo di niente, troia.»

« Non ti permettere» esclamò Eden, affiancandomi.

All'improvviso Adrianna le tirò uno schiaffo in pieno volto che per la violenza le provocò un sanguinante taglio.

Successero molte cose in pochissimo tempo.
Duff si era alzato furioso, soccorrendo Eden; Axl aveva fatto lo stesso, creando un imbarazzante momento tra lui e l'amico. Io in tutta risposta avevo mollato in preda alla rabbia un gancio destro sul muso di quella tizia e Slash mi aveva presa per la vita, tirandomi via. Erano volati insulti e avevo sfiorato la rissa, poi fummo tutti buttati fuori dal locale.

Steven si era scusato e aveva portato via Adrianna, lasciandoci soli a tirare le somme di quel disastro.

« Ti fa male, piccola?»

Duff accarezzava dolcemente il viso di Eden, con lo sguardo addolorato.

« Ho provato di peggio» si schermì lei, con un faticoso sorriso tirato.

Io mi ero accasciata sul marciapiede, tenendomi la testa tra le mani.

« Mi spiace» sussurrai, in un attimo di lucidità.

L'alcol mi scorreva nelle vene, facendomi guardare la scena come se fossi provenuta da un universo diverso.

« Non ti preoccupare, Michelle. E' stata una grande stronza, ma tu evita di alzare così tanto il gomito la prossima volta.»

« Se prova ancora ad avvicinarsi a te la pesto, non me ne frega un cazzo se è una donna. Non ti deve neanche sfiorare» stava dicendo Duff a Eden.

Chiusi gli occhi.

Sono un idiota. Una completa idiota.

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Capitolo 8
*** Izzy ***


8. Izzy

 

« There wasn't much
In this heart of mine
There was a little left
And, babe, you found it
It's funny how I never felt so high»
Think about you, GN'R

 

La siringa era rotolata per terra, lontana da me.

Slacciai il laccio emostatico e abbandonai il capo allo schienale del letto.

A fare da colonna sonora a quella pericolosa incoscienza c'era Highway to hell. In un certo senso era la canzone perfetta per il momento.

Le palpebre si facevano pesanti, le membra sempre più stanche e la percezione della realtà andava scemando.

La porta si aprì improvvisamente e io voltai il capo infastidito.

« Che cazzo stai facendo, Jeff?»

Oh, fanculo Bill, vatti a fare un giro.

Chiusi gli occhi ignorandolo.

« Quando la smetterai, eh?»

Mi strattonò per il braccio, cercando di ottenere una minima reazione da me.

« Fatti i cazzi tuoi.»

Lui rise amaramente: « Pensi che non me ne freghi nulla di come si sta riducendo il mio migliore amico?»

Schiusi le palpebre; era in piedi davanti a me, con le braccia incrociate e lo sguardo pieno di doloroso sarcasmo.

« Non è una novità, Bill. E' da una vita che sto così» sussurrai.

Lui mi guardò, con quegli smeraldi ardenti capaci di scrutarti nel profondo.

Ma così facili da leggere per me.

« Non voglio vederti morire.»

Scoppiai a ridere, senza però alcuna nota di gioia nella mia voce.

« Se morirò sopravviverai.»

Strabuzzò gli occhi e si sedette sul bordo del letto.

« No, e lo sai.»

Non esternava i suoi sentimenti facilmente e quando lo faceva gli risultava faticoso, quasi fisicamente.

Un particolare che mi aveva sempre affascinato di quel ragazzino, dall'aria così innocente, che però picchiava gli insegnanti. Ci eravamo conosciuti a scuola, a Lafayette, e l'avevo preso sotto la mia ala protettiva senza un preciso motivo. Semplicemente mi stava a cuore.

Avevamo condiviso ogni cosa, persino una ragazza una volta. E ci volevamo bene, nonostante tutto.

« Senti Bill, ora non è il momento.»

Scosse la testa: « Io non voglio vederti così.»

Iniziava quasi ad infastidirmi, e la droga in circolo non contribuiva a mantenermi calmo.

« E poi da che pulpito; mi sembra che neanche tu sia un santarellino. Comunque se non mi vuoi vedere basta che tu esca dalla mia stanza.»

Richiusi gli occhi, sospirando.

« Almeno io mi so controllare.»

« Ma non riesci a non prenderti una cotta per la ragazza di uno dei tuoi più cari amici. Complimenti signore dell'autocontrollo.»
Il silenzio regnò sovrano per del tempo quasi interminabile.

« Hai ragione, davvero. Ma è difficile...»

Le ultime parole che sentii, prima di sprofondare nel sonno.

 

« Duff, non siamo soli.»

« Sono tutti chiusi in camera, non usciranno facilmente...»

Accostai il più piano possibile la mia porta, con l'intenzione di uscire di casa senza fare rumore.

Nel salotto c'erano quei due, ormai inseparabili, a fare loro cose di cui non volevo sapere nulla. Eden gli era seduta a cavalcioni sopra, sul divano, e le mani di Duff massaggiavano senza ritegno i suoi glutei.

Scossi la testa, ancora con i sintomi della dose addosso e mi mossi il più silenziosamente possibile.

« E se arrivano gli altri?» stava chiedendo la ragazza, mentre lui lottava per sfilarle la maglietta.

« Ti preoccupi per niente, dolcezza.»

La baciò con passione, infilando le mani sotto la misera stoffa che la copriva.

Rimasi fermo in piedi, un po' scioccato, e incrociai le braccia al petto.

Non credevo ai miei occhi: avevano piena conoscenza l'uno dell'altra, anche se si conoscevano da qualche settimana o poco più.
Non che io avessi la cognizione del tempo. Ma dall'incontro con quella stronza di Adrianna mi pare fossero passate almeno tre settimane.
Ma “qualche” non è tipo sinonimo di “tre”? No? O forse è passata più di qualche settimana...
Ecco, di nuovo!
Oh Jeff, ma perché ti devi incasinare con 'ste cose inutili?

Insomma, il tempo a che serve? Tanto se ti annoi passa lento, se ti diverti veloce; è sempre così. Nulla di più.
Un gemito mi fece tornare alla realtà bruscamente. Eden era rimasta in reggiseno e lui la baciava sempre più coinvolto.
Non vedo le mani di Duff... Ah, ecco il perché del verso.
Scossi la testa desolato e cacciai un rumoroso colpo di tosse.

Vediamo se i due ragazzi tanto vogliosi l'uno dell'altra si accorgono di me.

Entrambi continuarono il loro passionale percorso senza degnarmi di uno sguardo.

Evidentemente no.

« A me spiace davvero interrompere, ma...»

Si girarono entrambi di scatto e lei diventò tutta rossa.

« ...Izzy!»

Duff si grattò la testa imbarazzato mentre Eden si avvolse con la coperta appoggiata al bracciolo del divano.

« Non per altro, ma almeno andate in camera.»

« Sì, mi spiace.»

Risi: « Non ti preoccupare. Lo so che Duff può essere parecchio insistente.»

Sorrise.

« Beh, io vado. Buona scopata.»

Abbassarono lo sguardo sorridendo imbarazzati e mi salutarono con un cenno. Io presi il giubbotto dalla sedia nell'entrata e uscii vittorioso, ripensando alle loro buffe espressioni.

 

Giusto un giro per prendere aria.

La dose non mi aveva stroncato perché ormai troppo poca per me, ma mi aveva lasciato un disorientante senso di vuoto.

Mi strinsi nel giubbotto di pelle mentre camminavo per le fredde strade di Los Angeles, con una sigaretta stretta tra le labbra sottili.

Era quasi Natale, intermittenti lucine iniziavano ad adornare i negozi e l'aria si faceva gravida di dolci aspettative.

Una festività che non mi aveva mai colpito più di tanto; semplicemente mi passava sopra, come la maggior parte delle cose, d'altronde. Mi limitavo a fare e ricevere regali, a partecipare alle cene se ne fossero state organizzate e ad augurare buone feste a tutti.

Entrando nel negozio di dischi fui percorso da un brivido per il brusco cambio di temperatura.

« Stradlin, ma chi si vede!»

Andai alla cassa dove un ragazzo con dei dread lunghissimi e corvini mi sorrideva agitando la mano.

« Ehi Bon, come va la vita?»

« Bene, amico, non c'è male.»

Sorrisi a mia volta, guardandomi in giro.

« Qualche novità?» chiesi, crogiolandomi nel tepore del piccolo ambiente.

« Ho dei vinili nuovissimi, vuoi vederli?»

« Che scherzi? Certo che li voglio vedere.»

Con una pacca sulla spalla mi accompagnò nel retrobottega, strapieno di dischi e strumenti vari.

Jeff, benvenuto in paradiso.

C'era un lieve odore di vecchio, che io particolarmente amavo; uno di quei profumi che ti porterai fino alla tomba, come quello del tuo primo amore o del tuo libro preferito.

Bon iniziò a mostrarmi vari vinili e ne mise su uno, dal sound psichedelico.

Adoravo quel ragazzo. Ci si riusciva a parlare senza tante preoccupazioni, aprendosi in un modo che non si sarebbe mai pensato di fare. Solo perché si era sicuri che lui non avrebbe mai tradito.

Canticchiava col cantante della band che suonava in sottofondo, come era solito fare mentre rollava uno spinello.

Io intanto strimpellavo sulla chitarra che mi aveva detto di provare.

« Come va con la tua ragazza?» chiesi.

Sospirò forte, accendendosi la canna: « E' strana, sfuggente. Piange e mangia. Fa praticamente solo quello, ormai. E non vuole che scopiamo.»

Deglutii soffocando un colpo di tosse.

Un po' incinta. Ma lo scoprirà da solo.

« Non lo so, prova a starle più vicino.»

« Le ho provate tutte, Izzy! E la amo troppo per lasciarla andare...»

L'amore, sempre l'amore.

Ma Cristo, scopare e basta è più soddisfacente e non crea brutte situazioni.

Quando lo capirà l'umanità?

Come quei due, Duff e Eden. Non avevo mai visto due persone tanto innamorate l'una dell'altra, per giunta in pochissimo tempo. Avevano un rapporto che probabilmente si sarebbe potuto costruire solo dopo anni di convivenza. E lui era così perso, quando lei non c'era.

Indivisibili.

E Axl. Come la guardava.

Non riesco a capire se il suo sia solo un capriccio o vero interessamento.

« Come va con la band?»

Mi riscossi guardando smarrito Bon.

« Ehm, bene. Ci hanno fatto un contratto» dissi, tirandomi sulla fronte il cappello.

Lui si aprì in un grande sorriso: « Cazzo Stradlin, e me lo dici così? Tra poco starò qui a vendere il vostro primo disco e a raccontare di quando il famoso chitarrista dei Guns N' Roses veniva a farsi una canna e ad ascoltare buona musica con me!»

Risi.

« Io metto le mani avanti! Per ora con i soldi del contratto ci prenderemo una bella casa, poi vediamo come va.»

« Sempre il solito ragazzo ragionevole. Lasciati trasportare dall'entusiasmo!»

Sospirai.

Fosse facile.

Bon notò il mio disagio e si affrettò a cambiare argomento: « Ti va di ascoltare i Floyd?»

Mi si illuminarono gli occhi.

« Cazzo, sì!»

 

Era mezzanotte e qualcosa. Almeno, così diceva il mio orologio scassato.

Nello studio di registrazione c'era un persistente puzzo d'alcol e Slash stava intrattenendo me e gli altri della band con delle battute.

Steven non si era presentato e Axl non aveva voce, così avevamo registrato solo le parti delle chitarre e del basso di una o due canzoni. Il lavoro procedeva a rilento.

Stiracchiai le braccia, attento a non lasciar cadere la mia sigaretta accesa, e sbadigliai.

« Sei una mezza sega, Stradlin. E' mezzanotte e hai già sonno.»

Risi per la voce da trans che Axl aveva.

« Taci testa di cazzo con la voce da travione.»

Gli altri risero a loro volta, tornando poi alle loro attività.

Chiusi gli occhi, abbandonando il capo allo schienale della scomoda poltrona su cui sedevo.

Sentii Slash iniziare a strimpellare per tenersi in allenamento; un riff mi colpì particolarmente.

« Rifallo.»

« Eh?»

Lo guardai, incitandolo con la mano.

Lui fece spallucce e lo riprodusse di nuovo.

« Mi piace.»

Mi si accese qualcosa dentro, scaldandomi il cuore.

Allungai la mano e presi la mia chitarra: « Continua.»

Slash si lasciò andare, facendo scorrere con fervore le dita sulle corde tese.

Mi accordai con lui e costruii una melodia correlata alla sua. Sentii anche il suono profondo delle corde di Duff accompagnarci.

« E' bellissima, cazzo» esclamò Axl, per quello che gli permetteva la sua voce.

Concentrato, scrissi le note sul primo spartito sporco di vodka che mi capitò a tiro.

E' lei, sì.

« E cosa ci scriviamo su?» chiese Duff, continuando a suonare con scioltezza.

Axl sembrò illuminarsi e iniziò ad armeggiare nella tasca del suo giubbotto. Ne sfilò un foglio spiegazzato e lo aprì, con un certo luccichio negli occhi.

« Ecco, io ho scritto questa cosa... Non so perché, mi è venuta spontanea senza pensare a qualcuno in particolare.»

Quando mentiva sorrideva come un ebete.

Che cazzo avrà fatto ancora?

« Si intitola Sweet child o' mine.»

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Capitolo 9
*** Duff ***


9. Duff

 

« She's got eyes of the blues skies
As if they thought of rain
I hate to look into those eyes
And see an ounce of pain»
Sweet child o' mine, GN'R

 

« Entra pure.»

Axl chiuse la porta della mia stanza alle sue spalle, lanciando uno sguardo furtivo a Eden, che stava dormendo sul letto.

« Scusami. Volevo solo dirti che stasera ci troviamo in studio io, te e Slash per fare qualche modifica a Sweet child o' mine

Annuii mentre mi infilavo la prima maglietta che mi era capitata a tiro.

« Hudson dice che vuole cambiare la sua parte di chitarra...»

Soffocai una risata. Il ricciolo aveva chiaramente detto che la canzone non gli piaceva per niente, che era troppo smielata e che non l'avrebbe mai messa sull'album. Il suo piano era quello di comporre qualcosa di talmente orribile che anche Axl non avrebbe potuto far altro che scartare il pezzo.

Dal mio canto, non è che mi dispiacesse più di tanto il ritmo.

Era il testo che mi ricordava qualcosa...

« Duff?»

Mi voltai.

Eden si era messa seduta, stropicciandosi gli occhi con le mani.

« Sono qui.»

La raggiunsi e mi ci sedetti accanto, sfiorando con la punta del dito la pelle candida della sua spalla.

Lei si allungò per darmi un bacio e poi si accoccolò tra le mie braccia, assonnata.

« Ciao Axl» disse, sorridendo.

« Ciao Eden.»

Sono io o gli brillano seriamente gli occhi?

Rose sembrò riscuotersi da un pensiero e si congedò con una scusa.

Appena si chiuse la porta, lei mi sfilò la maglietta. Non era un gesto con fini sessuali, le piaceva solo poter sentire il profumo della mia pelle.

Parole sue.

Mi stesi sul letto con lei abbracciata a me. Iniziò a passare la punta dell'indice sulle linee delle mie costole, respirando piano.

« Di cosa aveva bisogno?»

« Stasera dobbiamo andare in studio.»

« Quindi non vieni da me?» chiese, con una nota di delusione.

Mi si strinse il cuore.

Mi sento impotente davanti a lei.

La presi per i fianchi e la feci sdraiare su di me, con l'orecchio sul mio cuore.

« Non fare così, ti prego» sussurrai.

« Così come?»

« Non essere delusa.»

Lei sorrise, cercando con la mano la mia.

« Non ti preoccupare, terrò compagnia a Michelle.»

Con l'altra le carezzai i capelli: « Sicura?»

Rise.

« Duff, posso sopravvivere.»

Ecco, quello deluso ora sono io.

Si alzò in modo da mettersi seduta a cavalcioni su di me e si chinò fino ad arrivare col viso a pochi millimetri dal mio.

Già sentivo il cuore accelerare e sfiorare l'infarto.

« Ma non per più di una sera» sussurrò, per poi baciarmi con ardore.

Dio, se sei lassù, ti ringrazio di cuore.

Ogni volta che vedevo i suoi occhi azzurri riflettere la mia immagine mi ritenevo l'uomo più fortunato del mondo.

Non riuscivo a starle lontano; mi era fisicamente impossibile. Appena lei chiudeva la porta per andarsene sentivo un gran senso di vuoto nello stomaco, come se mi avessero appena tolto l'aria.

E senza aria non si vive.

« A che pensi? Non mi hai nemmeno palpata! E lo fai sempre» disse, con un'espressione buffa.

Risi.

« Niente.»

Le carezzai il viso fine e passai successivamente le mani al suo splendido sedere, strizzandolo velocemente.

« Contenta?»

Lei mi tirò un leggero schiaffo, ridendo.

« Sei proprio un idiota.»

Annuii con un sorriso sghembo: « Lo so.»

Mi scompigliò i capelli, scendendo con la mano fino alle labbra. Le sfiorò passando il dito avanti e indietro, poi sospirò e scese da me avvicinandosi allo specchio.

Emettei un verso contrariato e la seguii.

Si stava guardando con una smorfia, cercando di sistemarsi una ciocca ribelle.

La abbracciai da dietro allacciando le mani sotto il suo seno e lei chiuse gli occhi appoggiandosi a me.

« Sei bellissima.»

« No.»

Scossi la testa.

Ma perché le donne sono così insicure?

« Sì, invece. Guardati.»

La nostra immagine riflessa nello specchio mi fece battere forte il cuore.

« Mi piaccio di più quando ci sei tu al mio fianco.»

No, seriamente Dio, grazie mille.

Le baciai la testa, poggiandoci poi il mento sopra.

Era così piccola in confronto a me, e così bello poterla stringere.

« Sai una cosa?» chiese, voltandosi verso di me per guardarmi negli occhi.

« Cosa?»

Mi abbracciò la vita sorridendo.

« Sono felice di averti incontrato.»

Mi abbassai per darle un bacio sul naso: « Anch'io.»

Poi arrossì fino alla punta dei capelli, sorridendo imbarazzata.

« Che c'è?» chiesi, ridacchiando.

Incatenò il nostro sguardo e schiuse le labbra: « Ti amo, Michael.»

Il mio stomaco si rivoltò, la mia mente si fuse e il mio cuore saltò nel vuoto senza fare ritorno.

Tre fottutissime parole mi aveva detto, solo tre. E furono le più belle che avessi mai sentito in tutta la mia vita.

« Anch'io ti amo, Eden» sussurrai, sincero.

Mi chinai per posare le labbra sulle sue, rigettando in quel bacio tutto l'amore che provavo per lei.

Cazzo se ti amo.

 

Lo studio di registrazione era gremito di strumenti vari e di alcol. Mentre sorseggiavo la mia vodka trattando la bottiglia delicatamente, manco fosse una persona vera, guardavo nel vuoto.

Avevo un serio problema con gli alcolici. Il mio fegato era talmente tanto abituato ad essi che anche dopo quattro bicchieri di tequila riuscivo ancora a essere sobrio.

E non chiedetemi come.

Axl no. Infatti iniziava già a gironzolare canticchiando canzoni sconce e facendo il coglione. E neanche Slash, per niente.

L'unico ancora a posto ero io quando entrò Adrianna.

Mi morsi la lingua per non insultarla, al ricordo dello schiaffo che aveva tirato a Eden.

« Ehi, dov'è Stevie?» chiese Rose, prendendola sotto braccio.

Al suono di quel nome lei fece una smorfia, agguantando una bottiglia di rum.

« Stasera voglio solo divertirmi.»

Buttai giù un lungo sorso di vodka. Le chiavi dell'auto ce le aveva Slash e non me le avrebbe mai date in quelle condizioni; tendeva ad essere più fuori di testa del solito quando si ubriacava.

Un leggero annebbiamento.

Mi sa che è la seconda bottiglia che mi faccio fuori.

Adrianna iniziò a ballare in modo sensuale davanti a noi, strusciandosi sul petto di Axl.

Deglutii, chiudendo gli occhi. Sentivo i freni inibitori andare a farsi fottere.

Un verso di piacere appartenente ad Axl mi perforò i timpani e schiusi faticosamente le palpebre pesanti.

Era entrata una sua amica, con i capelli biondo platino, e si stava avvicinando a me. Rimasi immobile, guardando Adrianna mezza nuda darci dentro con il mio amico.

Ma che cazzo ci faccio qui?

Stavo lottando contro l'ubriacatura, quando quella mi si sedette in braccio, iniziando a baciarmi il collo.

Non avevo la forza materiale per liberarmi da lei.

Mi stava aprendo la cerniera dei pantaloni, finché il ricordo della mattina non inondò la mia mente alla deriva.

Mi aveva detto ti amo.

E anch'io la amavo.

Scossi la testa e mi alzai, senza preoccuparmi neanche di tirare su la zip.

Non puoi mandare a puttane tutto così, testa di cazzo.

Uscii senza voltarmi, senza che quelli se ne accorgessero più di tanto, camminando a piedi verso la casa di Eden.

Faceva freddo ed ero mezzo ubriaco, ma il pensiero di lei guidò i miei passi uno dopo l'altro, verso l'unica persona che amavo e che avrei mai amato.

Non volevo andare a letto con una qualunque.

Volevo fare l'amore solo con lei.

« Duff?»

Era in giardino con Michelle, stavano guardando le poche stelle che adornavano il cielo nero.

Le andai incontro prendendola tra le braccia.

« Io ti amo... Io...» balbettai.

Lei mi zittì poggiando un dito sulle mie labbra.

Mi portò in camera sua, e ci sdraiammo sul letto. Rimasi abbracciato a lei per tutto il tempo, finché non mi ero addormentato cullato dalle sue dolci carezze.

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Capitolo 10
*** Steven ***


Piccola nota: il capitolo di Steven è una vera sfida per me, un esperimento più che altro.
E' un personaggio molto aperto e limpido, ma tutti sappiamo che ha avuto gravi problemi con la droga che hanno portato gli altri ad allontanarlo dalla band. Quindi ho deciso di scavarci più a fondo per quanto mi è possibile, e di scrivere di quell'aspetto più oscuro di lui.
La “prima parte” è volutamente più demenziale, proprio per sottolineare questi due lati opposti in Steven.
(Grazie mille come al solito a chi recensisce! Per me la vostra opinione è sacra, vi ripeto, quindi se lasciaste un commento sarò felice di leggerlo e prendere in considerazione le vostre critiche. Quindi grazie di cuore in anticipo)
Beh, non mi resta che augurarvi buona lettura ;)

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10. Steven

 

« I been lookin' for a trace
Lookin' for a heart
Lookin' for a lover
In a world that's much too dark
You don't need my love
You want satisfaction
You don't need my love
You gotta find yourself another piece of action»
You're crazy, GN'R

 

Rotolai giù dal letto sbattendo la testa.

Come se non fossi già abbastanza rincoglionito.

Mi massaggiai la nuca piagnucolando e raggiunsi la porta della mia stanza, aggrappandomi alla maniglia manco fosse un'ancora di salvezza.

Vidi Axl uscire dalla camera di Duff e ridacchiai: « Avete fatto una cosa a tre?»

Lui rise, arrossendo leggermente.

« Coglione» tagliò corto poi, allontanandosi verso il soggiorno.

Com'è strano Rose da quando ci sono in giro quelle due.

Feci spallucce; infondo a me non cambiava la vita. Axl era sempre lunatico e ormai ci avevo fatto l'abitudine. Mi faceva incazzare talmente tanto a volte da non riuscire a rivolgergli più la parola per un giorno intero, ma ero troppo buono per portare rancore. Così appena mi guardava, anche minimamente, dispiaciuto, lo perdonavo. Ma non mi aveva mai chiesto scusa.

Non l'aveva mai chiesto a nessuno.

Feci per aprire la porta del bagno, ma era chiusa.

« Slash esci!»

Perché è sempre Hudson che si chiude in bagno.

« PopCorn vai a fare un giro» urlò da dentro, ansimando.

Oh ma Cristo, sono tutti in calore qui!

Scossi la testa e uscii di casa, appartandomi in un cespuglio. Iniziai a canticchiare mentre tiravo giù la cerniera dei pantaloni per esprimere i miei bisogni fisiologici al meglio.

Qualcosa di duro improvvisamente iniziò a colpirmi svariate volte sulla schiena.

« Piccolo maniaco! Nelle mie rose, vattene!»

Una vecchietta mi picchiava con la sua borsa in acciaio inox come stesse brandendo uno battipanni.

« Ahia, signora!»

Cercai di parare quei fendenti, ma quella donna era piccola e magrolina quando incredibilmente forte e arzilla.

Izzy passò lì davanti, guardando la scena divertito.

« Stradlin! Vieni ad aiutarmi!»

« Più forte signora, più forte» disse, facendo il gesto con le mani.

« Ti odio!»

« Anch'io!»

Mi mandò un bacio ridendo ed entrò in casa.

Se riesco a sopravvivere vedi te, stronzo del cazzo.

In uno scatto d'ira disarmai la vecchietta, facendo volare la borsetta svariati metri più in là.

« Basta. BASTA! Me ne vado.»

Tirai su la cerniera velocemente e feci per andarmene.

« Caro, aspetta!»

Mi voltai esasperato, grattandomi la testa.

« Vuoi dei biscotti al cioccolato, orsettino? Li ho appena sfornati.»

Non perché sono un po' peloso e allora tutti mi devono scambiare per un orsacchiotto, però.

Rimasi un attimo spiazzato dalle sue parole. In fin dei conti mi aveva appena picchiato selvaggiamente, perché avrebbe dovuto offrirmi dei biscotti?

Ma sembrava così tenera e indifesa, una nonnina che avrei voluto avere per me.

Nonostante vivessi sempre al limite, convivendo con droghe e alcol, c'era ancora una parte di me rimasta intatta dalla mia infanzia. Ero buono di indole e tendevo a essere più bambinesco degli altri quattro, senza un apparente motivo. E il mio aspetto da cherubino biondo con gli occhi azzurri non aiutava la mia credibilità in quanto macho senza cuore.

Guardai quegli occhietti scuri infossati tra la pelle rugosa e alzai le spalle.

Perché no? Io amo i biscotti al cioccolato.

 

Dopo essere stato viziato da quella dolce donnina, che chiamavo nonna in modo confidenziale, ero andato a casa di Adrianna.

Mi ero appena fatto in vena quando lei mi si era accovacciata accanto.

« Sesso?» sussurrò, passando la punta della lingua sul mio collo.

Rabbrividii.

« Che domande.»

La presi per i fianchi e la feci sedere su di me, slacciandomi la cintura.

Lei intanto giocava con i miei capelli, aspettando passiva che la spogliassi io.

Adrianna l'avevo conosciuta ad un concerto, forse.

Sapevo solo che improvvisamente me la trovavo ovunque, sopratutto dentro al mio letto.

I nostri respiri iniziavo ad essere ritmici e ansimanti, mentre insieme ci muovevamo su quello sporco pavimento disseminato di siringhe usate.

La domanda affiorò alle mie labbra spontaneamente, quasi contro la mia volontà: « Allora sei la mia ragazza.»

Era più un'affermazione, senza dubbi.

E la sua risposta mi spiazzò più di quanto credessi.

« Ma che cazzo dici?»

Si allontanò da me, infilandosi i jeans.

Rimasi a guardarla appoggiando il capo al muro lercio, socchiudendo gli occhi.

Il mio cuore era stato raso al suolo; mi sentivo dannatamente più vulnerabile quando ero sotto effetto della droga. Ma anche più capace di essere duro.

Un connubio alquanto singolare, davvero, ma nel mio profondo si combatteva una battaglia che durava da una vita.

Luce e ombre.

Di solito vinceva il “bene”, grazie alla mia indole, ma la droga apriva le porte a quella parte di me più oscura, quella di cui addirittura mi vergognavo.

« Però non ti sei lamentata quando ti ho presentata agli altri come tale» sputai, velenoso.

« Almeno quella puttanella se ne stava zitta» disse, allacciando i bottoni dei jeans.

Infilò la maglietta che indossavo prima e si legò i capelli in una coda, evitando accuratamente il mio sguardo.

« Ma vaffanculo. Stai qui, vieni a letto solo con me, a quanto posso constatare, e non vorresti essere definita la “mia ragazza”? Cristo, è ipocrisia.»

Senza che me ne accorgessi avevo scagliato la bottiglia vuota di Nightrain sul muro, mandandola in frantumi.

« Sei fatto, Steve. Non sai neanche quello che dici.»

Risi amaramente, alzandomi.

« Parlò la brava ragazza» la canzonai.

Lei mi lanciò uno sguardo di fuoco; dietro a quegli occhi azzurri impenetrabili però si nascondeva la paura. Per quello che avrei potuto fare a lei, a me.

« Senti, io me ne vado, te fai quel cazzo che ti pare.»

Si infilò i tacchi e fece per uscire dalla porta, ma io la fermai agguantandola per un braccio.

« Mi fai male» sussurrò, guardandomi negli occhi.

Sapeva com'ero fatto e sapeva dove andare a colpire per rendermi inoffensivo.

Allentai la presa, lasciando che sfilasse il braccio con una brusca mossa.

« Vediamo se non vado a letto con altri» disse, digrignando i denti.

Arretrai fino a ricadere a terra, inciampando in una bottiglia di Jack Daniel's.

La guardai uscire e sbattere la porta, poi presi l'ultima siringa già pronta e la conficcai nel braccio con violenza.

Alla fine sei sempre l'unica che rimane accanto a me.

 

Quando mi svegliai, una debole luce filtrava dalla tapparelle abbassate.

Era mattina, e di Adrianna nessuna traccia.

Non che me ne preoccupassi; i postumi si facevano sentire prepotenti, più forti della ferita che quella donna aveva lasciato sul mio cuore.

Strano però definirla così. Avevo sempre accompagnato alla parola “donna” la figura di un qualcuno di fiero ed elegante, con l'aria da adulto. Quando io stesso non ero che un giovane ragazzo che giocava con pericoli più grandi di lui.

Mi alzai traballante, raggiungendo il tavolo ed aggrappandomici per mantenere l'equilibrio.

Iniziai a cercare in giro una qualsiasi mia maglietta.

Ne ho dimenticata una qualche settimana fa.

Misi sottosopra tutta la sua camera prima di trovarla; era sotto il cuscino del letto, piegata accuratamente.

Scossi la testa, sempre più confuso dai comportamenti di quella strana tizia.

Prima diceva di non essere la mia ragazza, poi trovavo che dormiva con il mio profumo sotto il naso.

Neanche un diamante ha così tante sfaccettature.

Ma lei non era un diamante, era soltanto una spogliarellista ubriacona e drogata.

Che mi aveva colpito più di quanto potessi immaginare, ma che non si meritava il mio amore.

No, per niente Steve.

Mi vestii e uscii, non prima di aver lasciato una simpatica scritta sullo specchio rotto con l'indelebile nero, trovato tra le siringhe usate.

You're just a bitch, nothing special.

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Capitolo 11
*** Slash ***


11. Slash

 

« I been thinkin' 'bout
Thinkin' 'bout sex
Always hungry for somethin'
That I haven't had yet
Maybe, baby, you got somethin' to lose
Well, I got somethin'
I got somethin' for you»
Anything goes, GN'R

 

« Slash esci!»

Adler pensava seriamente di distogliermi da quello che mi stava facendo Michelle?

« PopCorn vai a fare un giro!» urlai, ansimando.

Presi la ragazza per le cosce, issandola sul bordo del lavandino.

Lei mi sorrise felina, traendomi a sé con un bramoso gesto delle mani.

« Forza, Saul, fammi sentire viva.»

Le strappai l'ultimo indumento che la copriva e ubbidii al suo comando. Iniziò subito ad assecondare le mie spinte, aggrappandosi alla mia schiena e graffiandomela.

Sopportavo il dolore solo perché il piacere era più forte, ma a volte sembrava mi stesse squarciano la pelle in impeti di passione un po' troppo coinvolgenti.

Mi baciò per trattenere un gemito e mi morse il labbro.

« Cristo, Michelle» la rimproverai, nonostante il suo essere selvaggia rendesse il tutto più eccitante.

Lei sorrise maliziosamente e iniziò a torturarmi il collo con le labbra.

Raggiungemmo insieme l'orgasmo e mi accasciai sul suo corpo, scosso da brividi di piacere.

« Ci riesci sempre perfettamente» sussurrò, infilando la mano nella mia chioma ricciola e ribelle.

Finite quelle lotte carnali rimanevamo solamente in silenzio, scambiandoci magari qualche insolita tenerezza. Le baciai la guancia morbida, poi mi staccai per recuperare i vestiti.

« Senti Hudson, lo so che è un po' presto, ma se diventassi la tua ragazza, diciamo... fissa?»

Mi voltai lentamente, ancora con l'uccello all'aria.

« La mia... cosa?» mugugnai, infilandomi i boxer e saltellando su un piede.

Deglutii.

Una cosa seria? Io?

Mi grattai la testa, evitando il suo sguardo.

« Era solo una proposta, ricciolo, non andare nel panico.»

Scese dal lavandino e iniziò a rivestirsi.

Mi morsi il labbro guardandola. Se le avessi detto di no di sicuro non mi avrebbe più rivolto la parola o, peggio ancora, avrebbe chiuso con me senza ripensamenti.

La presi per un braccio, facendola voltare verso di me.

« Non è per te, lo sai. E' che non potrei darti quello che ti aspetti» ammisi.

Lei fece una smorfia.

« Senti, hai ragione. Avevo detto di non coinvolgerci troppo, ma mi è stato impossibile. Ma ora è un problema mio, no? Pensavo fosse lo stesso per te, ma fa nulla. Non ti preoccupare, davvero.»

Si infilò la canottiera, tirando i lembi fino ai fianchi e sistemandola.

« Michelle...»

Scosse la testa: « Slash, piantala. E se devi fare così per tutto il tempo, beh, io me ne vado.»

Fece per uscire dal bagno, ma io la fermai.

« No, davvero. Stai qui con me.»

Mi guardò negli occhi, con un nuovo luccichio in essi.

« Ci posso provare. Ma non ti aspettare chissà cosa, ormai mi conosci.»

« La speranza è l'ultima a morire.»

Allacciò le braccia attorno al mio collo e mi baciò con trasporto.

« Non ci amiamo, Slash, ma ci possiamo lavorare.»

Ma non prometto niente, e lo sai.

 

« Axl ha detto che stasera ci troviamo allo studio, te l'ha detto?»

Eravamo in cucina; io seduto con in braccio Michelle, Duff che stringeva Eden.

« Sì, gliel'ho chiesto io. Non metterà quella ballad del cazzo sul nostro album.»

« Quale?» chiese la sua ragazza, interrogando con lo sguardo la pertica.

« Sweet child o' mine, te la faremo sentire.»

Scossi la testa.

Eravamo duri e crudi noi, mica un branco di checche innamorate!

Ad eccezione di Duff, che però teneva una certa dignità nell'esserlo.

E il nostro primo album doveva essere proprio come noi, colpire veloce e potente. Doveva buttarli a terra tutti.

In ginocchio.

« A me non piace. E' troppo sdolcinata.»

E poi Duff non si era ancora accorto che quell'altro idiota l'aveva dedicata alla sua ragazza. Ma se l'avevo capito io, cosa c'era di così difficile nel percepirlo?

Insomma, Axl la guardava come fosse la cosa più bella al mondo, Duff pure.

Perché nessuno si fa delle domande, qui?

« E come fa?»

« Non è ancora finita, abbiamo solo abbozzato un po' di parti. Stasera vedremo» rispose lui, sorridendomi complice.

L'avrei conciata da buttar via; una specie di polpettone di generi che neanche Axl avrebbe potuto sopportare.

« Vedremo, esatto.»

Risero.

Michelle si accoccolò a me, poggiando il capo sulla mia spalla. La avvolsi tra le braccia, cullandola leggermente.

Avrei provato a controllarmi, davvero. Ma c'era uno strano presentimento dentro di me, qualcosa che mi faceva presagire il peggio.

Scossi la testa scacciando quel pensiero e il mio sguardo fu attirato da quei due, che si stavano baciando teneramente.

Loro sì che si amavano. Ero io quello impossibilitato alla vita di coppia. Duff invece era riuscito ad aprirle il cuore, a mettere da parte le altre.

E io ne sarei stato capace?

La risposta colpì forte contro il mio cuore, come un ariete.

Rimaneva solo a me smentirla o assecondarla.

 

Eravamo nello studio da circa un'ora, la mia intenzione di distruggere Sweet child o' mine era scemata dopo la terza birra, e giacevo lungo disteso sul tappeto accanto alla batteria.

Ogni volta che chiudevo le palpebre alcune stelline accecanti apparivano nel mio campo visivo e la testa mi girava.

Sentivo Axl intonare qualche canzone idiota e sconcia, ma era come se provenisse da lontano.

« Ehi, dov'è Stevie?» chiese, improvvisamente.

Mi voltai lentamente per guardare la scena e lo vidi prendere Adrianna sottobraccio.

« Stasera voglio solo divertimi» aveva risposto lei con una smorfia e agguantando una bottiglia di rum.

Duff era seduto con gli occhi chiusi e l'aria assente, mentre faceva dondolare la sua vodka distrattamente.

Scoppiai a ridere senza un preciso motivo, contorcendomi sul pavimento. Sentivo l'alcool ribollirmi nelle vene e la testa pulsare al ritmo dei battiti del mio cuore.

« Fa caldo.»

Lanciai via il cilindro e mi sfilai il giubbotto di pelle, mugugnando qualcosa.

Era appena entrata una seconda ragazza, biondo platino, e si stava avvicinando a Duff. Lui rimase fermo immobile, con gli occhi aperti fissi nel vuoto e l'aria piuttosto ubriaca.

Non mi passò neanche per l'anticamera del cervello il pensiero di Eden.

Eppure si alzò improvvisamente, scostandola e uscendo in fretta, con le idee improvvisamente più chiare.

Non ci feci neanche caso; ero troppo ubriaco anche per rendermi conto di me stesso.

Axl e Adrianna ormai stavano scopando ed io mi eccitavo solo a guardarli.

Lo so già che ho la carne troppo debole.

Così quando quell'altra tizia mi si era messa sopra non avevo detto di no.

Avevo chiuso gli occhi e immaginato di stare con Michelle, nulla di più.

 

« Slash! Porca troia, svegliati!»

Rotolai di fianco e mi alzai a fatica.

Senza neanche accorgermene stavo già vomitando nell'unico cestino esistente in quello studio che puzzava in modo schifoso.

Mormorai una bestemmia stupita tra i conati e mi accasciai a terra.

Ma che cazzo ho combinato?

La testa mi scoppiava, e le urla di Axl non contribuivano a farmi stare meglio. Mi tappai le orecchie, grugnendo.

« Piantala, coglione. Abbiamo fatto un bel casino.»

Guardai il vuoto e mi venne in mente tutto, improvvisamente.

L'ho tradita.

Mi presi la testa tra le mani, cercando di rassettare i miei pensieri.

Avevo scopato con Adrianna, la ragazza di Steven, e con quell'altra bionda, tradendo Michelle.

Coglione, coglione, coglione!

« Dimmi che non è successo davvero» sussurrai, fissando il viso provato di Axl.

Lui fece una smorfia, desolato.

« Non ho intenzione di dirle niente.»

No, non avrei rovinato tutto così. Era stato solo un errore, a me non importava nulla di quelle due e lei non l'avrebbe mai saputo. Non l'avrei permesso

L'avevo pensata tutto il tempo ed ero ubriaco, c'era un motivo.

Mi auto convinsi che fosse la cosa giusta e mi alzai, aiutato da Axl.

« Slash, io... ho registrato.»

« Che cazzo hai fatto?!»

Si grattò la testa, strizzando gli occhi verdi.

« Mi è venuta l'ispirazione. Hai presente Rocket Queen

Sospirai, adirato e deluso da me stesso.

« Che cazzo c'entra?» ringhiai.

« Nell'intermezzo musicale, sai. Ci sta bene.»

Sbuffai, scioccato.

« Siamo appena andati a letto con la ragazza di un nostro caro amico ed è l'unica cosa cui riesce a pensare? Il disco? Ma vaffanculo, Rose.»

Mi prese per il braccio, obbligandomi a guardarlo negli occhi: « Volevo solo dirtelo. E ti ricordo che tu hai appena tradito Michelle.»

Era sulla difensiva, ma potevo percepire il suo tono ostile lacerarmi il cuore.

Dopo le sue parole, tutto era diventato più reale.

Sono un pezzo di merda.

« Spera solo che lei non lo venga a sapere» continuò, senza lasciare la presa.

Il mio stomaco si torse.

« Non glielo dirai, vero?»

Scosse la testa.

« Promettilo.»

« Non fare l'idiota» esclamò, allontanandosi.

« Ti ho detto di prometterlo» dissi di nuovo, fermo.

Si voltò per guardarmi negli occhi.

Sapeva che non scherzavo e si sentiva dannatamente in colpa anche lui per quello che avevamo fatto.

« Lo prometto. Ma tu dimmi che la smetteremo con queste cose. Hai visto Duff, no? Lui ha avuto la forza di non cedere, nonostante fosse ubriaco.»

Mi morsi violentemente il labbro.

« E' che lui la ama.»

Abbassò il capo, come ferito.

Ma ero troppo terrorizzato da quello che avevo appena combinato per farci caso.

« Siamo dei grandissimi figli di puttana.»

Sospirai: « Già.»

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Capitolo 12
*** Eden ***


12. Eden

 

« Don't ever leave me
Say you'll always be there
All I ever wanted
Was for you to know that I care»
Rocket Queen, GN'R

 

Lanciai via la terza sigaretta e infilai tra le labbra la quarta, passando la fiamma dell'accendino sull'estremità per accenderla.

Stavo seduta sulla seggiola di legno scheggiato nel balconcino al di fuori della mia camera, rimuginando.

Mille pensieri si susseguivano nella mia mente al ricordo della serata prima. Io e Michelle eravamo sdraiate in giardino a parlare, guardando le stelle, ed improvvisamente era apparso Duff completamente ubriaco. Gli ero andata incontro, sorpresa, e lui mi aveva stretto forte dicendo di amarmi.

Puzzava di vodka.

L'avevo tenuto con me sul letto, carezzandolo per tranquillizzarlo, ma ero furiosa. Si era ubriacato di nuovo, e la cosa non mi piaceva per niente.

Una settimana prima avevamo fatto un patto: se io avessi smesso con la droga lui avrebbe dato un taglio all'alcool.

E sarebbe stato difficile, lo sapevamo entrambi. Ma eravamo d'accordo che l'avremmo fatto insieme.

Non pretendevamo chissà cosa, o di smettere totalmente. Il mondo in cui vivevamo portava troppe tentazioni con sé per ignorarle dalla prima all'ultima; solo di andarci più cauti. E di non arrivare per l'ennesima volta alla perdizione totale.

Sentii le sue labbra sull'incavo del collo e fui percorsa da un brivido, che cacciai prontamente. Dovevo essere lucida per potergli parlare seriamente.

« Ciao, piccola» disse con voce languida, parandosi davanti a me.

« Michael, dobbiamo parlare.»

Si bloccò preso in contropiede e mi guardò negli occhi.

« Mi chiami così solo quando è una cosa seria» disse, accovacciandosi per arrivare alla mia altezza e tenendosi in equilibrio aggrappandosi alle mie ginocchia.

La mia mano andò a sfiorare il suo viso, inevitabilmente. Quando mi guardava così tutte le mie barriere scemavano senza esitazioni; ma dovevo rimanere irremovibile.

Almeno ci provo.

« Cos'è successo ieri sera?»

Abbassò il capo.

Gli presi il mento obbligandolo a guardarmi negli occhi: « Lo sai che a me lo puoi dire.»

Lui sospirò.

« Eravamo in studio, ieri. Abbiamo fatto qualche brindisi, poi un bicchiere tira l'altro e... Beh, Axl era ubriaco, Slash pure. Io mi ero fatto fuori due bottiglie di vodka e mi girava la testa. Poi sono arrivate Adrianna e un'altra ragazza.»

Trattenni il respiro, aspettandomi il peggio.

« Ti ho quasi tradita, Eden. Quella mi si era messa addosso, ed io non riuscivo a muovermi. Avevo bevuto troppo...»

Una calda lacrima mi scese per la guancia, ma Duff l'asciugò con una carezza prima che potesse infrangersi nel vuoto.

« Ti prego, non piangere.»

Il mio cuore palpitava veloce, l'angoscia mi lacerava la carne. Improvvisamente mi sentii come vuota.

« L'hai baciata?» chiesi, in un doloroso sussurro.

« No.»

Frugai nei suoi occhi, ma non vi trovai menzogna.

« Non potrei mai baciare nessun'altra» sussurrò, prendendomi il viso tra le mani « che non sia tu.»

Congiunse le nostre labbra ed io repressi le lacrime, aggrappandomi a lui con forza.

Non avrei sopportato neanche l'idea di Duff con un'altra.

« E se tu non fossi riuscito a resistere?» chiesi, appena mi fui scostata.

« Non succederà mai» rispose, sorridendo.

Sorrisi a mia volta, leggermente.

Lui mi sistemò una ciocca ribelle sfuggita alla coda dietro l'orecchio con una dolce carezza.

« Comunque non avresti dovuto bere.»

Fece una smorfia dispiaciuta: « Lo so, e me ne pento. Ma tutti brindavano, e sai come sono fatti. Se avessi rifiutato mi avrebbero preso per il culo per il resto della mia vita.»

Annuii, un po' più tranquilla.

« Dai, non pensiamoci più. Piuttosto, ieri stavo parlando con Michelle, e lei ha proposto di fare l'albero di Natale tutti insieme, come fossimo una grande famiglia. Vi andrebbe, a voi ragazzi?»

Duff si aprì in un gran sorriso, annuendo vigorosamente: « Dimmi solo quando.»

« Questo pomeriggio.»

 

Il salotto era stato riempito di scatoloni vari, estratti da chissà quale cantina o soffitta polverosa, che aspettavano solo di essere aperti.

Io e Michelle stavamo scegliendo gli addobbi più belli e meno vecchi, mentre i cinque ragazzi si stavano adoperando per districare i rami del sintetico abete.

C'era un'atmosfera strana, quasi tesa, nonostante tutti avessero un sorriso stampato sulle labbra. Steven era particolarmente giù, Axl e Slash assenti.

Improvvisamente mi sentii avvolgere da due braccia forti e tirata all'interno della cucina.

« Lo sai che sei molto sexy quando apri scatoloni?» sussurrò Duff, con la voce più sensuale che riuscì a trovare.

Scoppiai a ridere e lo tempestai di piccoli pugni per lo spavento che mi aveva fatto prendere.

« E tu invece lo sai che sei un idiota? Mi hai fatto morire di paura! Pensavo fossi una specie di addobbo animato» protestai.

Stavolta fu lui a ridere, mentre mi riempiva di baci. Feci finta di esserne infastidita, quando invece avrei pagato per potere approfondire quel lieve contatto.

« Dai che dobbiamo andare ad aiutare gli altri.»

« Ma se la caveranno da soli per cinque minuti, su!»

Lo guardai con aria severa: « Pensi davvero che io abbia voglia di una sveltina con te in cucina

Lui fece spallucce, avvicinandosi pericolosamente.

« Non saprei. Ma sono sicuro che se facessi così...»

E infilò la mano sotto la mia maglietta, salendo fino all'altezza del cuore e stuzzicando la stoffa del reggiseno.

« ... Oppure così...»

E iniziò a torturarmi il collo con piccoli baci roventi.

« ... Ti inizierebbe a piacere come idea, quella di una sveltina con me in cucina

Mi morsi il labbro per non cedere, ma capii fin da subito che sarebbe stato inutile.

Arretrò fino a chiudere la porta a chiave e tornò da me in un soffio.

« Ancora dubitante, signorina Grant?»

Mi sfilai la maglietta e gliela lanciai addosso: « No, signor McKagan. Sono tutta sua.»

 

L'albero era pronto; luccicava, avvolto in fili d'argento spelacchiati e costellato da ammaccate palline blu. Non era molto, ma era perfetto nella sua semplicità.

Ciò che lo rendeva speciale era l'essere stato fatto insieme.
E il cilindro sgualcito di Slash come punta.

« Non è male, dai.»

« Sì, pensavo peggio.»

Eravamo seduti tutti sul divano, stretti tra di noi per il poco spazio, osservando il povero alberello indifeso sotto esame.

Mi sentivo quasi soffocata talmente ero schiacciata tra Duff e Axl, ma insieme creavano un bel calduccio, che in quel freddo pomeriggio non avrei disdegnato per nessun motivo al mondo.

Anche perché la caldaia è rotta.

« Quindi il Natale lo passiamo insieme, no?» chiese Izzy.

Girai il capo per guardarlo e sorrisi: « Esatto, qui. State per la cena e cuciniamo noi! Non mi fido del vostro talento culinario.»

Risero.

« Come darti torto?»

Mi accoccolai a Duff e chiusi gli occhi, mentre nasceva un'accesa discussione sul menù della futura serata.

« Tutto bene, piccola?» mi sussurrò.

« Benissimo.»

L'atmosfera sembrava essersi sciolta; Steven era tornato ad essere il simpaticone di sempre, Axl e Slash partecipi e sorridenti.

Qualunque fosse la loro preoccupazione, sembrava essersi attenuata. O almeno dimenticata per un momento.

Non che non me ne importasse, ma preferivo non pensarci in quel particolare periodo. Era quasi Natale e la serenità avrebbe dovuto regnare su tutti noi a prescindere.

Almeno per ora.

 

« Allora, chiudi gli occhi...»

Serrai le palpebre obbediente, ma morivo dalla curiosità.

La famosa cena era arrivata e passata in un batter d'occhio, lasciando il momento dei regali come ultima delizia.

Sentivo Duff trafficare con qualcosa, probabilmente della carta velina, di cui era piena la borsa che avevano portato.

« Ma dove diamine si è cacciato?»

Sbirciai, socchiudendo gli occhi, e lo ritrovai accovacciato mentre frugava nel sacchetto.

Mi scappò una risata e lui se ne accorse.

« Non barare, eh.»

Tornai a serrare le palpebre e dondolai sui talloni, impaziente.

« Ecco, ora puoi guardare.»

Duff mi porgeva una scatoletta quadrata, color porpora, di velluto. Io la presi tra le mani, rigirandola emozionata.

« Cos'è?» chiesi, con un groppo in gola.

« Aprila, no?»

« Se lo vuoi sapere con quel regalo è andato via buona parte dei suoi soldi per il contratto» si intromise Slash.

Michelle gli tirò uno scappellotto zittendolo, per poi accoccolarsi al suo braccio.

Feci scattare la minuscola serratura in oro bianco.

Dio, deve costare una fortuna anche solo la scatola.

All'interno, posata delicatamente su un cuscinetto di seta color perla, c'era una collana anch'essa d'oro bianco.

Il ciondolo era molto fine, a forma di cuore, e sulla parte rivolta a me vi era incastonato un piccolo diamante.

« Duff, io...»

Sentivo le lacrime spingere per uscire, ma le ricacciai indietro.

Non sono mica una femminuccia.

« Giralo.»

Con mano tremante voltai il ciondolo; c'era incisa una sola parola, che mi fece battere talmente forte il cuore da sentirne il battito forte e chiaro infrangere il silenzio.

Mine.

« Aspetta che ti aiuto a metterla.»

Estrasse la collana ed io mi girai emozionata, scostando i capelli per facilitargli l'operazione.

Allacciò il gancetto dietro il mio collo e posò il cuore sulla scollatura con una carezza. Poi mi abbracciò da dietro e con le labbra lasciò un bollente bacio sulla spalla lasciata nuda dal vestito.

« Ti amo» mi sussurrò.

Mi voltai verso di lui per guardarlo negli occhi.

« Ci sono tantissime cose che ti vorrei dire, Michael. Ma avremo ancora un sacco di tempo per parlarne, no? Per ora ti dico solo che ti amo come non ho mai amato nessuno, e lo sai.»

Gli posai una carezza sul viso angelico e lo attirai a me per un bacio.

In quel momento non esisteva nessun altro, se non noi.

Avevo trovato quella persona di cui tanto si parlava, quella con cui condividere la vita; le gioie varie, i molteplici dolori. Ma entrambi sapevamo che avremmo passato tutto insieme.

 

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Oddio, è già finita. Quasi mi commuovo! E' stata una bellissima avventura, condivisa con le mie fantastiche amiche che sostenevano questa storia dapprima che nascesse :')
E con voi, mie care lettrici, che lasciate recensioni e non, che ringrazio moltissimo. Per i complimenti, ma soprattutto per l'apprezzamento di questa mia piccola follia!
Davvero, un grazie di cuore a tutte. A chi l'ha messa nelle seguite e a chi addirittura nelle preferite; mi avete fatto emozionare. Non avrei mai pensato, davvero :')
Beh, per vostra fortuna/disgrazia ci sarà un seguito, che spero vi piacerà!
Quindi, alla prossima!
Un bacio,

Eden

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